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Tuesday, October 21, 2025

Grice e Lazzari

 

* PRECETTI 

DELLA RETTORICA 

Coi quali fi aflegna alli Giovani ftudiofi , 
una facile, ed utile maniera d’imparare 

L’ ARTE ORATORIA 

DATI IN LUCE 

<‘L ReWA Ity 

D xA L V A B B A T 

D. ANDREA LAZZARI 


URBINATE 


Acc. Nafc. Mift. A/Tbrd. Fra Placidi il Moderato . InneR» 
Errante già Raffrontato. Fra gli Àrcadi della Colon. 
Mideaa Mirtillo Tirreno. Socio Letterario dell’ 
Acc. (jìeorgica de’foilevati &c. &c. ed ora 
Maeftro d’ Eloquenza, e Rettore nel 
-iT V* Pernio. di Pefaro. , > < y '' 7 



IN CESENA MDCCIXXXIT. 

i i . ■ K Sgfe^ L-i - j 


Per Gregorio BiaGni all* Infegna di Pallade 

• Con Lic. de Sup» 


DPROBROMS.J 


**> 


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Uterc bis % Vii quare mellora & Ifoc. Orat. Z 


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“J 

A SUA ECCELLENZA 
IL SIGNOR 


Da FILIPPO ALBANI 

De’ Principi di Soriano &c#&c* 



ANDREA LAZZARI, 


• V_ . *4 ' 

^ tenuità dell 1 òpera 9 io 
Metto alla luce 1 mi determinato di porle 
in fronte il voftro nome, EcceLLéNTiS* 
Simo Principe « Lo fplenàore infieme col 
f angue in voi trasfufo delle due Pro fapie 
Cybo ed Albani 1 già per [e fi effe pili , che 
fare non ft pojfa con artifizio fo parlare , col 

* 2 foto \ 




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iv 

folo nome lodate , ed i vofiri talenti , <r fe 
penetrazione vofìra rarijjtma ne giovanetti , 
quale Voi fiere, di Joli tre lujlri, benché 
negli Albani comune , fono quegli ornamen- 
ti , che io tn Voi ravvifo ben capaci di ag- 
giungere tal' eftrinfeco merito al mio Libro , 
da compen/arne in gran parte la mancanza 
dell' intrij eco nata dall' inf uffici enza dell'au- 
tore . 

E' ben vero , che la mefcbinità dell' of- 
ferta , fproporzionata del tutto alla gran- 
dezza del voflro merito , dovrebbe farmi 
fembrare temerario il mio pen fiero . Ma non 
francando io, che full' efempio degl' incom- 
parabili vofiri Genitori , e Germani la vo - 
fra grandezza riponete nell' abboffarvi , e 
la gloria maggiore in quella umanità e cor - 
tefta , per cui tanto fi diftingue , ed amabi- 
le fi rende ad ogni genere di perfone la vo- 
ta illuftre Famiglia ; e molto piìt avendo 
io fìeffio di cotejìa f ingoiare umanità degli 
Albani riprove così fegnalate nella mia ca- 
fa , ed in perfona del mio Zio fpccialmentc 
f Arciprete Giambattifìà Martei : fu quefli 
riflejji mi fono fatto coraggiofo ; anzi o cre- 
duto di moflrarvi con quefìo fleffio il mio 
rifpetto , poickb quanto b pili debole la co- 
fa , per cui fi fceglie un jfofìegno , tanto pila 

fot- 


\ 


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forte , fegno è, che fi reputa il foftegno pre- 
scelto . 

Degnatevi dunque di accettare con beni- 
gno gradimento qutfio mio prefente , e pro- 
ludete fin dagli anni teneri a cofe grandi , 
cominciando full' orme de' vofiri Maggiori a 
dare ancor Voi de' pubblici atteflati di jìima y 
dt amore , di protezione per le lettere , c 
per chi brama di coltivarle ; mentre io fer- 
mo in quefìa ben fondata fiducia col piU 
dtvoto ed umile offequio profondijfimamente 
all' E. V* ni inchino . 


t 






L’AU- 


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vi 

L* AUTORE 

A L L 1 GIOVANI STUDIOSI. 





*tT L motivo, che mi ha indotto a dare alla luce 
Jg, quella Rettorica Italiana, è fiato unicamente 
di cercare, o Giovani Studio!! , il voftro uti- 
le , c vantaggio , e non la gloria di comparire pref- 
fo il mondo Uomo Letterato , come alcuni pur 
troppo diranno. Conofco in quella circofianza me 
fieffo, nè mi vanto efier tale, e qualunque cofa 
ini fi dica, non mi picco di letteratura. Scrivo, e 
compongo per mio diletto, e fuo danno chi ciò 
con approva. Molti mi criticheranno. Ci vorrà 
pazienza . Ma faranno forfè que’ uomini nelle lima* 
ce arti efperti , e nelle belle cognizioni illuminati ? 
Io credo, che quelli mi fapranno compatire con 
quella benignità , con cui mi hanno in altre occa- 
fioni riguardato . Saranno dunque gl* invidiofi, ignoran- 
ti, ed oziofi? Appunto. La critica è di quelli foli 
propria, i quali danno fiato alla bocca fenza Tape- 
re che dicono , profferifcono motti, e fentenze ridi- 
cole, e pretendono da un detto formare giudizio 
d* una perfona . Si dirà ancora , che non mi fon di- 
fcofiato dagli altri Autori , anzi che ho avuto i 
medefimi per efemplari. Quello è un punto, che 
toccato fempre mi farà onore . I precetti generali 
fon fempre i medefimi ; oltre di che è fempre pru- 
denza non difcollarfi dall’ufo comune. Ognuno fa, 
qual credito fin da gran tempo confervi la Retto- 
rica Latina del P. Decolonia, e quella Italiana del 

P.’Scr- 


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vi} 

P. Serra Cappuccino ; che* nelle fcuole Tempre fi de- 
Jfiderano quelle . Io dunque ho leguitato in tutto e 
per tutto le ve digit Cti detti, eci altri accreditati 
Autori , ed altro non ho pretelo di fare , che por- 
li in chiaro, e facilitare la memoria voftra , o 
Giovani , che bramate di apprendere la vera Arte 
Oratoria , la quale per efier difficile , ed alquanto 
rara ha piu di tutte le altre Arti e pregio, e glo- 
ria. Per tanto fin da quello punto veggio con ba- 
golar mio piacere, che quell’opera è ricercata, c 
' che molte perfone fi avvedono dell’ utilità della 
medefima* lo che rendefi manifello dagli avvili 
particolari , che lo Stampatore riceve da diverfi luo- 
ghi, e dallo fpaccio prodigiofo dell’ ifleffa. Avrei 
potuto , lo confeflo , renderla più ampia , e volu- 
minofa; ma mi fon contentato così, e non ho vo- 
luto porvi cofa alcuna, che non folle affolutamen- 
te necelfaria , e che non apportale agli ingegni vo- 
ffri un evidente vantaggio . Non il gran numero di 
regole , ma 1’ ufo frequente d’ un piccol numero di 
effe giova più che ogni altra cofa- e 1* efercizio 
ajuta,e promove notabilmente più che i precetti. 
Col tempo, e nelle occafioni ben lo conofcerete. 
Che fe il metodo con cui è fiata efpofta, mi fi 
diceffe effer troppo puerile : io rifpondo , che di 
quello difetto , ( che io per altro noi credò ) , me 
ne chiamo in colpa , ma non voglio emendarmene . 
Chi però mi fa di ciò reo , fi mollra poco informa- 
to di quella chiarezza, che ricercali nelle Scuole- 
ed è un pretendere, che i Giovani di colpo inten- 
dano quel che intende un dotto, ed avanzato ne- 
gli anni: Quanto all’Ortografia non voglio pren- 
dermene un minimo dolor di tefia: Ognuno ha la 


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vnj 

fua , e pretende aver ragione j Oltre di che mi pa- 
re, che un punto dì più, una virgola di meno, 
una lettera fuor di propofito raddoppiata , ed altre 
minuzie fimili metter non debbano il Letterario 
mondo a rumore* tanto meno, quanto che man- 
car non può giammai il falutevol ripiego, di por- 
re le partite a debito dello Stampatore. 

Ora quelli Precetti di Rettorica,o Giovani Sfu- 
diofi , a voi fon diretti . Voi graditeli , e ponete 
tutto il voftro Audio nell’ impararli . Che fe ciò 
farete , come lo fpero , tengo per certo , che fod- 
disfarete al defiderio de’voftri Maggiori, che han- 
no di vedervi avanzati nelle belle lettere, e cor- 
ri i penderete àlle premure dei Maeftri, che tanto 
fi affaticano nell’ iftruirvi . 

«g , .g-^l g g= 3 g.nB il r..-j^ =ae --r- ■. £> 

Vidit prò Illuflrifs. ac Reverendifs. D. Vie. 

C en. Bartolucci . 

Francìfcus Canoni cus Tadini Revifor. 

IMPRIMATUR. 

» ^ *, Mi # # " 

Jo. B. Bartolucci Vie. Gen. 


Vidit prò ofdmod. R. P. Vie. S. Ofpc. Cafena. 
Comes Francìfcus Fattiboni Confultor . 

IMPRIMA TUR. 

F. Antonius Gatti Vie. S. Offìcii Caefen*. 

* 

LI- 


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I 


LIBRO PRIMO 

. S 1 

DEGLI ELEMENTI 

DELLA RETT OR ICA. 

«£■ ■■ — r ■ D» 

PARTE PRIMA 

CAPO P R I M 

Cofa Jìa Rettorica . 

Cofa certiffima, cd a tutti maniferta* 
che fi trova una certa virtìi di parla- 
re, della quale gli uomini tutti in 
qualche modo, e naturalmente parte- 
cipano. Noi vediamo per efperienza, 
che ognuno col fuo difcorfo cerca di perfuaderc 
3’ altro ; e benché alcuni neppur fappiano cofa fia 
Rettorica* pure formano un parlar sì bello, efpri- 
mcnte , ed elegante , che forprcndono coloro , da 
cui vengono afcoltati . Ciò a parlar chiaramente da 
niun altra cofa proviene, fe non perchè tutti han- 
no la Rettorica naturale, ed il medefimo dicafi 
della Dialettica; Imperciocché fi vede, come tutti 
gli uomini fanno in qualche modo difputando op- 
porre alle opinioni , e ragioni degli altri , e difen- 
dere, e foftenere le loro. La qual cofa, fe ben fi 
confiderà , procede perchè con ragioni probabili , e 
comuni la Dialettica fi accorta ali’ intelligenza de« 

A ’ gli 




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% Libro Primo 

r \ ' 

gli Uomini, e da quello nafce appunto quella fi- 
militudine , e convenienza , che i Filofofi hanno po- 
lla tra la Dialettica, e la Rettorica. Ora elfendo 
la Rettorica partecipata da ciafcuno naturalmente, 
riceve, come tutte le altre cofe, dall’arte la Tua 
perfezione . Quell’ arto fi acquida coi buoni precet- 
ti , efercizio continuo nel comporre, e lettura di 
fceltiflimi, e buoni Autori . L’efperienza così c’in- 
fegna, e pedone le più accreditale così collante- 
mente follengnno. Per venire meglio del tutto in 
cognizione vediamo cofa fia quell’arte, che infegna 
a ben comporre. 

La Rettorica in diverfe maniere fi diffinifce . 
Ariflotile nel Libro I. della fua Ret. cap.VlII. di- 
ce elfer quella una facoltà di vedere , ( o come 
egli in un altro luogo traduce ) di trovare quello, 
che è perfuafibile in ciafcuna cofa. Il Cavalcanti 
nel Libro I. della fua Rettoria fembra approvare una 
tale definizione, e la fpiega più chiaramente con 
dire . La Rettorica è facoltà di parlare accomoda- 
tamente per perfuadere in ogni materia. Quintilia- 
no poi la chiama arte di ben parlare in modo di- 
vcrfo, dal familiare, cioè ornatamente, e diffufa- 
mente. > . 

w*. ’ • < 

Quella voce Rettorica viene dal Greco, che in 
latino dicefi DiElio , feu oratoria , fi ve eloquenti a , 
cd in volgare ferba il fuo nome Rettorica, o fia 
arte Oratoria. Alcuni però diftinguono la Rettori-. 
Ca dall’ Eloquenza , come che la prima fia un arte , 
che dà i precetti di ben comporre, la feconda fia 
l’ufo, e la pratica dell’arte medefima . Quindi è, 
che ancor jl Rettorico è differente dall’Oratore,, 
per infegnare il primo l’ artifizio di ben dire, per 

. __ cfer- 

• J 


Degli Èlemfnti della Rettorica . A 

cfercitare 1’ altro quello con trattare vere , e divel- 
le caule. 


C A PO lì. • 

, .• , . • 

.. i 

Del fine della . Rettorica . > < 

1 *" # ». . i 

Dalle fopracitate definizioni beri fi Comprende 
qual fia l’officio dell’ Oratore,- ed il fine. Parli 
l’Oratore. non per altro motivo,- fe tìon per* per* 
fondere l’ Uditore , o a fuggire una cola , fe è cat- 
tiva, ovvero ad abbracciarla fe è buona,- ed òlle- 
Ha. Dunque il fine di lui è perfoadere, cioè gene- 
rare nella mente dell’ Afcoltatore opinione, e cre- 
denza di quello , eh’ egli intende dimoflrargli . E lìc- 
come quello è il fine di ciafcuna cofa , per il con- 
feguimento della quale fi opera , ed al quale s’ in- 
dirizzano i niezii, come il fine nella mercatura è 
l’acquiftarfi ricchezze, perchè tutto quello, che fa 
il Mercatante lo fa per acquiftare le medefime* ed 
il fine della guerra è la vittoria, 1 perchè tutte le 
fatiche, e tutti i travagli, che nel guerreggiare pur 
troppo s’ incontrario , tendono a quella, e lo fteffo 
avviene nell’ altre cofe; Cosi quello è il fine riella 
Rettorica , per cónfeguire il quale la ufiamo , e al 
quale è ordinato tutto 1’ artifiziofo parlare , il 
quale ognuno confetterà etter diretto a perfoadere • 
perchè l’intenzione di ciafcuno , che ufa la Retto- 
rica è perfoadere ad altri quel che ei s’è prope- 
llo dimoflrare.- . . .... 

•v Perfoade poi l’ Oratore in ire modi , col provai 
re una cofa, col dilettare efponendola , cori move- 1 ' 
re gli animi perorando a favore, o contro li fletta. 

-• ...» Al 11 


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Libro Prime 


4 

Il provare attribuifcono comunemente i Rettorici 
a neceffità ; il dilettare a dolcezza , e foavità * il 
movere gli affetti a vittoria. Ben fortunato dun- 
que quell’oratore, che giugnerà ad effer vittoriofo 
con l’efficacia del fuo difcorfo. Quanti però cer- 
cheranno ogni ftrada, e fi ferviranno di fortiffime 
ragioni per ottenere quella vittoria , e pure non 
avranno il loro intento . Ma che ? Sarà forfè colpa 
dell’ Oratore medefimo? Il Medico intende di fa- 
llare l’infermo, ma fe quello fuo oggetto a lui fia 
impedito, o dalla difubbidienza , e negligenza dell’ 
Infermo , o dalla violenza dell’ infermità , o da al- 
tra cagione, ha egli nondimeno fatto l’officio fuo 
fe egli ha curato colui fecondo l’arte. Il Nocchie- 
ro quantunque non conduca la nave in porto, eh’ è 
il fuo oggetto , per effere sforzato dalla tempella , 
ha nulladimeno foddisfatto il fuo debito, fe quan- 
to ricerca l’arte fua ha operato. Il Capitano dell’ 
Efercito , il cui fine è la vittoria , non vince al- 
cuna volta , o per il foverchio valore de’ Nemici , 
o per qualche cafo fortuito ; ma fenza dubbio 
merita d’ effere valorofo riputato, quando egli ha 
fatto quanto può fecondo la difciplina, ed il retto 
ufo dell’ arte "della guerra per vincere. Similmente 
l’Oratore non fempre confeguifce il fin fuo di per- 
fiiadere, il quale non è in fua potefià, o per la 
natura della maniera, la quale porge alcuna volta 
poche, e deboli ragioni, o per la mala difpofizior 
ne dell’ Uditore , o per altre cagioni * ma può , e 
(deve anzi fempre parlare accomodatamente per per- 
vadere; lo che facendo confeguifce quello, eh’ è 
3n (uo potere, e fi deve giudicare, ch’egli abbia 
pii’ officio fuo pienamente foddisfatto. 

s / ' CA- 

\ 


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I 


Degli Èlementi della Rettorica ; £ / 

CAPO III. 

' J ' * t 

Della materia della Rettorica , 

Benché ciafcuna fcienza abbia un determinato, 4 
proprio (oggetto, la natura, e proprietà del quald 
ella confiderà , come 1 ’ Aritmetica ha per fuo i! 
numero, la Filofofia naturale le cofe naturali & c.j 
pure la Rettorica non ha una propria materia ,> nel» 
la quale ella s’adoperi, ma tutto ciò che cade 
fiotto i (enfi può edere della medefima argomento « 
Quindi è che Quintiliano nel libro u al cap. Ih 
chiamò queft’ arte circumcurrente , cioè che fi éften- 
de in tutte le cofe. Benché però queft’ arte fi al- 
larghi tanto , come fi è détto , pure fi reftringe più 
alle cofe* le quali alla vita civile appartengono 
Quefto manifefta Ariftotile in molti luoghi della 
fua Rettorica, dicendo, che ella non ha un (og- 
getto determinato, e ch’ella confiderà quello f che 
è atto a perfuadere in qualunque materia, ma ai 
giudicj > alle confultazioni , ed alle dimoftrazioni 
maffimamente l’accomoda,- e la reftringe, dove (t 
tratta delle azioni umane, dell’utile, dell’ oneftcr* 
del giufto, ed altro, che tutto è materia morale* 
e civile. Cicerone ancora nei tre libri, che man- 
dò a Quinto fuo fratello , fòttopone all’ Oratore' 
ogni materia, e vuole, eh’ egli polla parlare di 
qualunque cofa, ma più propriamente lo fa opera- 
re circa le cofe civili .* circa i giudicj e i confi- 
gli pubblici , in fornirla alle cofe appartenenti alla 
Repubblica la dirigge. E finalmente Qiiintiliaho , 
benché affermi , che la materia di quella è qua- 
lunque cofa le farà propoli* * nondimeno 1 in tre 

A 3 ' ge- 


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(f Libro Primo , 

generi di caufe , Giudiciale , Demofirativo , Deli- 
berativo la refiringe, ma principalmente al genere 
giudiziale s L’ avvertimento poi , che fu di ciò dar 
fi può a’ Giovani , fi è che affumano propofizioni 
ampie, cioè che fomminiftrino materia di dire, e 
non fecche in guifa, che non fappiano in che mo- 
do provarle. 

Ciò che può cadere in differtazione oratoria fi 
nomina quefiione . La quefiione è di due forti , 
una dicefi infinita, l’altra finita, cioè una univer- 
fale , particolare l’ altra , La prima , la quale può 
chiamarfi Tefi ,è quella che non è riftretta a’ tem- 
pi , luoghi , perfone &c, V, G. fe fia utile la co • 
guidone dell' Ifioria , La feconda poi , la quale fi 
chiama Jpotefi , o Controverfia è quella , che non 
fi efiencje generalmente, ma viene determinata da 
qualche particolare circofianza V. G f fe fta utile 
ad un Principe la cognizione dell ’ Ifioria , Uno adun- 
que , che fappia diftinguere il genere dalla fpecie , 
fubito intende qual fià la quefiione infinita, o fi- 
nita . 

Sia la quefiione o univerfale, o particolare in 
due generi ella fi può dividere; in genere di co- 
gnizione; in genere d’azione. Le queftioni di co- 
gnizione, fono quelle, che. dirette fono alla cogni- 
zione di qualche cofa, o per dir meglio il fine 
delle quali è di fapere qualche cofa: feV, G. /’ e/o- 
qucn^a dipenda piu dalla natura , che dall' arte. Se 
la Lma Jìa corpo opaco &c, Le quefiioni di azio- 
ne fono quelle, che riguardano qualche operazio- 
ne V, G. fe fi deve fare la guerra &c. Vogliono 
alcuni , che fia cofa piò propria dell’ Oratore trat- 
tare le queftioni particolari, che le univerfali. 

♦ ' CA- 


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Degli Elementi della Rettorica . 

CAPO IV. 

Delle parti della Rettori ea . 


i 


Tutta la forza dell’Oratore, dice il P. Serra 
nella fua Rettorica 116. I. cap. IV. e tutta la fa- 
coltà oratoria trovafi diftribuita ^fecondo l’ opinio- 
ne di tutti in quelle cinque parti, Invenzione , Di- 
fpofizione , Elocuzione , Memòria , Azione . Di que- 
lle cinque però le prime due fonò le più importan- 
ti , cioè f invenzione , c la Diipofizione • perchè 
la prima comprende l’arte dell’ argomentare, quel- 
la di conciliare gli animi , e quella del muovere 
le affezioni , che fono le tre cofe , che fervono al 
far fede, e nelle quali Ila ripolla tutta la grand’ 
arte di perfuadere . La feconda ' patrie comprende 
tutta la condotta , ordine , e flruttura dell’ Orazio- 
ne. Quindi non fenza ragione Contendono , che l’In- 
venzione , e la Diipofizione fienò rifpetto all’ Orafl* 
tore quello eh’ è il Corpo , è 1~ Ànima rifpetto al- 
l’Uomo, e che l’elocuzione fia in riguardo all’O- 
ratore quello, che fono i, vellimenti in riguardo 
ad una perfona . E ficcome i vellimenti non con- 
corrono a conllituire la perfona in effer di uomo j 
ma folo in elfer di uomo veltito m cosà V Elocu- 
zione non concorre a conllituire l’ Oratore , in effer 
d’ Oratore , ma folo in elfere d’ Oratore ornato . Al 
mal s’ appigliano dunque coloro , fecondo l’ efprelfa 
mente di Cicerone , i quali follengono , che l’ Elocuzio- 
ne fia l’immediata formatrice dell’ Oratore, quella 
che fa diltinguerel’ Oratoria da tutte le altre facoltà. 

Delle tre parti principali della Rettorica , cioè 
Invenzione , Difpofizione , ed Elocuzione a fuo luo- 
go in modo diffufo parleremo . A 4 CA- 


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S ' ' Libro Primo ' 

CAPO.V. 

Dei generi della Rettorica , e degli flati 
delle Caufe . 

. I generi della Rettorica fono due: l’uno popola- 
re, e forenfe, che principalmente confiderà le a- 
zioni umane, e .tratta per lo più, queftioni civili, 
e materie morali ; L, altro è filofofico , ed accade- 
mico , che confiderà tutte le cofe , ma con manie- 
ra grave , acuta , ed ingegnofa . Le propofizioni 
univerfali, ed attratte fono piuttofto materia del 
genere filofofico, ed accademico, che del genere 
forenfe, c popolare. La maggior parte poi delle 
orazioni deglfiOratori fono più nel genere popo- 
lare, di quettor che nel filofofico. II primo diffe- 
rifee dal fecondo in quello, che nel genere popo- 
lare le colè non fi trattano tanto acutamente, quan- 
to nel filofofico, il quale è diretto più a manife- 
ftare la verità, che la bontà di una cofa; ed in 
quello ha più. luogo l’ argomentazione , che la per- 
fuafione , e però partecipa più del dialettico , e del 
dimoftrativo , di quello che partecipi il genere po- 
polare, e forenfe . Quelli due generi fi fuddividono 
in tre altri generi', Deliberativo, Giudiziale , c Demo- 
ftrativo . Il Deliberativo che chiamali con altro nome 
Confutativo fi divide in fuafione , e dittùafione, cioè in 
configliare, o fconfigliare. II giudiciale fi divide 
in acuufe, ed in difele , perchè neeeffàriamente fan- 
no una di quelle due cofe coloro, i quali conten- 
dono in giudizio. Il Dimoftrativo fi divide in lo- 
de, ed in biafimo, ed alcuni lo chiamano Lauda- 
tivo , dandogli il nome della parte migliore , dove 

il 


/ 


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Degli Elementi della Rettorie a . ^ 

il nomedi dimoftrativo ben li fi compete, perchè co» 
lode, e con biafimo fi dimoftra la buona, e la rea ( 
qualità della cofa di cui fi parla. Diede a ciafeu- 
no di quegli Ariftotile il fuo tempo • il futuro al 
deliberativo, perchè delle cofe future fi dà confi- 
glio, il pattato al giudiziale, perchè l’accufa, e 
la difefa fta circa le cofe fatte al Dimoftrativo 
diede come più proprio, e principale il prefentej 
perciocché fi loda fpecialmente quello , che è nel- 
la perfona. Ma in quello genere dette anche luo- 
go al tempo pattato, e futuro, per dar rifalto dal- 
le cofe fatte da quella perfona alle cofe prefenti, J 
e per congetturare il dilei valore, e virtù. 

A ciafcuno di quelli tre generi è attegnato an- 
cora il fuo fine; perchè colui, che dà configlio, 
rifguarda principalmente, o all’utile, o al nocivo 
come fine fuo , perchè e configlia come di cofa ' 
utile, e feonfiglia, come di dannofa. If giuflo, o 
l’ ingiullo appartiene al genere giudiziale. L’onefto 
poi al genere dimoftrativo. Ma fe per cafo l’utile 
fi lt?da, allora la propofizione dell’utile diventa in 
genere dimoftrativo • fe Tonello fi configlia, l’o- 
neflo è del genere deliberativo , e fi difende in ge- 
nere Giudiziale. Bifogna adunque confiderare le 
parti , fotto cui le Orazioni- fono trattate , ed allora 
ad ognuno riufeirà facile l’intendere a qual genere 
debbono ridurfi le Orazioni degli Oratori , 

Benché alcuni lo flato- delle caufe abbiano attri- 
buito foltanto alle colè giudiziali , pure noi feguen- 
do l’opinione di Fabio, e Cicerone, non avremo 
dubbio alcuno d’ attribuirlo ancora alle caufe di- 
moftrative, e deliberative. Lo fiato nafee dalla 
femplicc oppofizione, o negazione, che fi fa d’una 


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; 310 Libro Primo . 

/ 

dofa, come in quefto efempio. Dice uno tu hai 
uccifo Antonio, rifponde l’avverfario, io non l’ho 
uccifo; e così ne nafce qucfta queftione, fe egli 
l’ha uccifo, o nò. Così. Rofcio ha uccifo il Pa- 
dre: il difenfore dice: Rofcio non ha uccifo il Pa- 
dre. Dalla negazione fatta all’ accufatore , nafce 
quella queftione: fe Rofcio abbia uccifo il Padre . 

Lo flato di qualunque caufa può eflere di tre 
forti . Congetturale , Definitivo , e Qualitativo ; o 
fia di conghiettura , di definizione , di qualità . Nel- 
lo flato congetturale fi cerca , fe la cola in realtà 
fia tale, come fi dice, an res fit ; cioè fe De jota - 
ro abbia tramate infidie a Cefare . Nello flato di 
definizione fi cerca che fia ? Quid res fit ; v. g. Se 
Antonio fia inimico della Patria. Nello flato di 
qualità fi cerca quale fia la caufa, qualis fit res ; 
Come fe fia fiata utile alla Repubblica la feverità 
di Manlio contra il Figlio. Il P. Serra per com- 
prendere bene li flati Oratorj , o fiano controverfie 
oratorie fi ferve di quefto Efempio; viene uno in- 
colpato di aver fatta un’azione cattiva, fe rifpon- 
de non feci nafce lo flato conghietturale . Se rifpon- 
de qteed feci non efi hoc nafce lo flato diffinitivo. 
Se rifponde quod feci jure faSlum efl nafce Io flato 
di qualità. Strettamente, e quafi propriamente pi- 
gliando la controverfia delle qualità , ella contiene 
le difpute , nelle quali fi cerca , fe una cofa è fat- 
ta giuridicamente , o no , e rifguarda al tempo paf- 
fato , e così al genere giudiziale appartiene; e que- 
lla forte di controverfia fi divide principalmente in 
due, l’una delle quali chiamafi giudiziale aflbluta r 
ed c quando noi difendiamo il fatto aflolutamente 
come lecito, ed oneflo fenza ufare cofa alcuna c- 

ftrin- 


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Degli Elementi della Rettorica . 1 1 

ftrinfeca per difefa . L’altra chiamali Giudiziale 
afìfuntiva ; percipcchè , come lignifica quella parola 
afluntiva , noi procacciamo , e pigliamo ajuti ef- 
trinleci per difendere il fatto, il quale non pollia- 
mo come lecito , ed affolutamente difendere . Di 
quelli fiati tratta diffufamente il Cavalcanti, ed il 
P. Serra , come fi può vedere nelle loro Rettori - 
che. A noi bada d’aver accennate le divifioni pili 
neceffarie, ed aver dato un lume per conofcere i 
medefimi , che uno poi impofieffandofi nell’ arte 
Oratoria può con leggere i detti , ed altri Au- 
tori venire in pieno dilcernimento di quelli , e co? 
.nofcere il loro artifizio , 

CAPO' VI. 

. . tì • ' i 

Della utilità della Rettorica . 

■ • •■. . . l . • • . 

Non -v* è al mondo profelfione , che rendali così 
«niverfalmente vantaggiofa ad ogni condizione di per- 
fone , quanto 1’ Oratoria . Ed in fatti chi è colui , 
che non abbia bifogno talvolta d’ indurre alcuno a 
predargli qualche ajuto , ad ottenere qualche grazia, 
a liberarfi da qualche infortunio? E ficcome niu- 
no può ajutare il fuo corpo , fe non ha forza per 
reggerlo, così Biuno può avere facoltà di perfua- 
dere,o difenderli col fuo dire, fe non ha alle ma- 
ni 1’ Arte Oratoria . Siano adunque Nobili , o Ple- 
bei , fiano Poveri , o Ricchi tutti frequentemente 
fi trovano in tali cimenti d’aver di bifogno di far 
ufo di quella grande profelfione . Mediante quella 
ognuno può giovare al fuo interefle, laper 1’ arte 
d’ infinuarfi negli altrui animi . Con quello uno fi 
procaccia benevolenza altrui , impara 1’ arte di fa* 

per 


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12 Libro P t ìnto 

per muovere or 1’ una; o 1* altra paflione, l'"arte 
in fomma d’ indurre 1’ altrui volontà al proprio 
volere. E qui farei infinito fe ptetendeffi d’ enu- 
merare ad uno ad uno i vantaggi della Rettorica . 
Arifiotele nel lìb. x+^tl cap. VI. dimoftta quelli con 
quattro ragioni. La prima è prefa dall’ officio, e 
dall’ ufo di effa , perchè la Rettorica ferve a fare , 
che i Giudici feguano con equità, e ferve a di- 
fendere le cofe vere , e grulle , le quali fenza dì 
quella farebbono opprelfe dalle falfe , ed ingiufle . 
La feconda dalla perfona degli Uditori, i quali, per 
lo pili fono poco , o nulla efercitati nelle feienze , 
e intendono pili i difeorfi degli Oratori , di quello 
che quelli dei Filofofi , o di altri , che difeorrefiero 
fecondo i principi particolari delle feienze. La ter- 
za dall’ effetto della ftelfa Rèttorica, che è 1’ arte 
di perfuadere. La quarta dall’ officio, e dalle azioni 
dell’ Uomo • per la ragione di fopra addotta , che 
ficcome ad un uomo è utile aver, forza di corpo 
per poterfi ajutare; e così è utile allo ftefTo avee 
facoltà di perfuadere, e di difenderfi col fuo dire.- 

PARTE SECONDA. 

CAPO PRIMO. 

' * • 0 * 

Del Periodo . 


I L Periodo Voce. Greca, che in latino chiamafr 
C 'retti ttts y fi diffinifee un fentimento breve, e 
p^ifetto, il quale è corppofto di certe determinate 
parti, o fieno membri, che hanno dipendenza vi- 

cen- 


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/ 


Degli Elementi della Rettorìca . 1 3 

cendevole fra loro, e fono uniti come quafi con un cer- 
to vincolo, e legame. Così il Decolonia ,‘ ovvero 
come dice Demetrio Falerèo, è una compofizione 
di membri, e d’ipcifi ben acconci a fare compito, 
e perfetto , tutto il concetto , eh’ ella contiene . 
L’ertenza dunque del Periodo confitte in formare 
un fentimento perfetto. 

capo ir. 

Delle Parti del Periodo. 

Il Periodo è compotto di membri , o d’ incili . 
Il membro è una parte del Periodo, che contiene 
un qualche fentimento , ma fofpefo , ed* imperfetto . 
Nè fenza ragione è fiato quello nel difeorfo infti- 
tuito . Perchè è cofa neceflaria , che il parlar no- 
ftro abbia qualche cofa , che lo divida , e lo pofi, 
perchè fe fotte fenza diftinzione, e termine alcuno 
verrebbe ad ettere lungo , infinito , ed atto non pu- 
re a ftraccare , ma certamente a fuffocare il Par- 
latore . Quello adunque, che lo divide, e lo po- 
fa è chiamato membro. Cadauno de’ membri con- 
tiene un intiera fentenza, come fi vede nei mem- 
bri del preferite Periodo del Boccacio. „ Umana 
„ cofa è l’avere compalfione degli afflitti • 2. e co- 
„ me che a ciafcuna perfona ftia bene; 3. a colo- 
„ ro è maflimamente richiefio;4. li quali già han- 
„ no di conforto avuto mefticre j, 5. ed hanno- 
„ trovato in alcuni . Egli è véro , che quello . 
periodo è comporto di cinque membri, ma è ve- 
ro altresì, che in ciafcuno de’ membri evvi un in- 
tero fentimento , che tutti uniti formano, un perio- 
do perfettamente compito . L’ in- 


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14 1 "Libro Primo 

L’ indfo b una parte del membro , nel quale an» 
che il concetto reità imperfetto. Con quello nome 
po.Tono chiamarli le parole feguenti , /’ ira , lo sde* 
gno , /’ ambizione /limolavano Pietro ec. Benché pe- 
rò l’incifo non è comporto Tempre d’ una fola pa- 
rola, ma può ertere di due, o tre, come in que- 
llo efempio „ credemi , non v’ è cola alcuna piu 
„ bella , non v’ è cofa alcuna più avvenente , rè 
„ più amabile della virtù. „ Dai quali tre incifi 
vien formato un lolo membro , ed un folo Periodo . Da 
qui lì arguifce , che può formarfi ancora un Periodo 
comporto di tutti incifi , ed ancora viene ad ertere 
Periodo di un membro folo , come vedremo . 

CAPO III. 

Delle varie forti de' Periodi « 

» 

•• • j 

Il Periodo può ertere di più membri comporto , 
benché Cicerone voglia, che non debba il medefi-. 
mo paflare i quattro membri , altrimenti acquifti 
il nome di orazione Periodica. Di più con gran 
ftento ammette il Periodo di un fol membro , ben- 
ché in moltiflimi Autori, ed in Cicerone medefi- 
mo fi trovi. La lite dunque è del puro nome , non 
del fatto. Poiché nell’ orazione a favore di Mar- 
co Marcello trovafi quello belliffimo Periodo com- 
porto di moltirtimi incifi, che tutti infieme forma- 
no un fol membro. Sovente foglio dinanzi met- 
„ termi , ed in ifpefli ragionamenti di buon grado 
„ avere alla lingua, tutte le gefta de’ noftri coman- 
,, danti, delle ftraniere genti, dei potentirtimi pò* 
„ poli , e de’ chiariflimi Rò non poterfi a paragon 


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Degli Elementi della Rettorica . 

„ mettere colle tue, nè per,accefo sforzo d’impe* 
„ gnate contefe, nè per numero di battaglie, nè 
,, per diverfità di paefi , nè per la celerità di re- 
,, carie a compimento , nè per diffomiglianze di 
„ guerre, nè già elferfi potute difgiuntiffime terre' 
„ cb’palft da alcuno in lpazio più breve f sfare, che 
„ fiate ne fieno colle tue , non dirò , navigazioni , 
„ ma vittorie cercate : „ e lo Speroni . „ Final» 
„ mente con quai vocaboli , o in tutto , o in par* 
„ te le colpe loro depriverò? „ Concedefì però 
fenza dubbio , e controverfia alcuna poter formare 
il Periodo di due, di tre, di quattro membri, i 
quali devono elfere uniti fra loro in maniera tale, 
che uno ad uno , cioè il fecondo al primo , il quar- 
to al terzo ben corrifponda , come può vederli chia- 
ramente dai feguenti efempj . 

Efempj del Periodo di due Membri . 

Cicerone nell’ orazione a favore di Marcello for- 
ma quello bimembri Periodo . „ Adunque , o Cajo Ce- 
„ fare, ed aperto m’hai la interrotta confuetudinc 
„ del mio viver primiero; e dinanzi a tutti quelli 
„ hai un tal fegnale in alto levato a concepire He» 
„ te fpéranze fu d’ ogni pubblico affare v „ eMon- 
fig. della Cafa. „ Perchè fe l’utile vi configlia a 
„ ritenere Piacenza , fecondo , che quelli vogliono , 
„ che altri creda, l’onore, e. la giuflizia troppo 
„ miglior configlieri, e di troppo maggior fede 
„ degni , dall’ altro lato ve ne fconfigliano elfi. „ 


Eferx f 


J 


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\6 Libro Primo 

Efempj del Periodo di tre Membri . 

• Cicerone nella medefima orazione a favore del 
fopraddetto M. Marcello dà a noi quello celebre 
efempio del Periodo di tre membri . ,, Perocché tan- 
„ to di fplendore è nella vera lode, tanta dignità 
„ nella grandezza dell’animo, e del configlio , che 
„ pare, che quelle cofe dalla virtù fiano donate, 
j* f altre poi dalla fortuna prellate „ Ed il celebre 
Monfignor della Cafa „ Adunque fe così fono vo- 
„ Uro, come udite, che fono, non immeritamente 
„ ardirò di porgere i prieghi miei alla voltra Al- 
,, tezZa dalla quale fola ogni mia pace, ogni mio 
,, bene , e la mia falute venire mi puote , e non 
altronde. „ 

Efempio del Periodo di quattro Membri . 

Del Periodo di quattro membri fi dà un d'em- 
pio perfetti filmo ricavato dall’Orazione di Cicero- 
ne, in difcfa di Aulo Cecinna. „ Se quanto può 
„ alla Campagna, e nei luoghi deferti 1’ audacia, 
,, tanto nei giudicj valefle la sfacciataggine, non 
„ meno cederebbe nella caufa A. Cecinna all’ im- 
„ pudenza di Sedo Ebuzio , che allora nell’ ufare 
„ la forza , cedette all’ audacia . Ed il Cafa . „ Per 
„ la qual cofa io fono certiflìmo, che sì crudele 
9 , configlio non entrò mai nel benigno animo di 
„ vodra Maeftà , nè mai vi fia ricevuto : anzi fo- 
„ no ficuro, che le vodre orecchie medefime ab-. 
„ borrifcono tal voce barbara, e fiera. „ 

, • ;ca. 


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% 

Degli Elementi della Rettorica. 17 
C A P O I V. 

D ’ altre di ver fitti de ’ Periodi , cioè rotondi , *ua- 
lubil't\ e conci fi , e dell' ufo dei fuddetti . 

Oltre i Periodi teflè nominati vi fono ancora 
i Periodi rotondi , che ancora fi chiamano quadra- 
ti , i più perfetti di tutti , effondo per lo più com- 
poni di quattro membri , e tutti fra di loro con 
iommo artificio concatenati . Altri fono Periodi 
volubili, perchè con molta pienezza comprendono 
un ampio giro, ritenendo fempre la chiarezza del- 
la coftruzione, e del concetto. Altri finalmente 
fono concifi, perchè diftinti dalle molte interpun- 
zioni , fenza la vicendevole artificiofa córrifponden • 
za delle parti. 

Efempio del Periodo rotondo , e quadrato . 

Il Lollio nell’Orazione al Papa Paolo UT. for- 
ma un Periodo di fimil forte. „ Onde ficcome la 
„ fanità , ed il vigore del corpo è di gran lunga 
„ più grato a coloro, che d’ una grave infermità 
„ fono liberati , che a quelli , che non hanno mai 
„ fentito male alcuno, ed il cibo per la fame, e 
„ l’acqua per la fetc maggiormente fi apprezza* 
„ così quello pubblico trionfo, per li molti trava- 
„ gli ed angnfcie dal mondo patite , apparirà mol* 
„ to più illuftre, più celebre ] e più gloriofo. 

Efempio del Periodo pieno , e volubile . 

Di fimil forte può eflere quello del Salvini nelle 

B Pro- 


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Libro Primi 


iS 

Profe Sacre , che trovafi nell’ Orazione di S. Bene» 
detto* „* Concio fi acofachè io debba in quello luo- 
« g°i c ^i nanz * a vo * ragionare, divotiflìmi Udi- 
„ tori, delle lodi di quel gran Padre, che a quc- 
„ Ila a tutti venerabile, e da me fempre riverita 
„ Adunanza dà il nome j fé io dicefli fui bel prin- 
„ cipio del miodifcorfo sbigottita vacillare lamen- * 
„ te e quafi perderfi in un mare di virtù meravi- 
,, gliofe, e grandi, fe io quello dicefli, forfè che 
„ il mio dire farebbe al vero fimigliante, e voi 
„ per buona, e per giulta la cagione d’ una cosi 
„ fatta dubitazione, e temenza approverefle . „ 

■ EfempJ del Periodo Concifo. 

*• 

Del Periodo concifo abbiamo un efempio, degno 
d’eflere oflervato in Cicerone nell’orazione contro 
Pifone , nella quale così di punta , e di taglio ferifce , 
e rimprovera il fuddetto. Imperciocché non ci ha 
„ in inganno prefi coteflo fervil colore, non leru» 

„ vide guancie , non i putridofi denti : gli occhi f 
„ le ciglia, la fronte, tutto finalmente il vifo,che 
„ gli è un cotal tacito ragionar della mente, ha 
„ tratto in inganno gli uomini , quello ha gabbato, 

„ ingannato, e fedotto coloro , a’ quali non era no- 
„ to : pochi quelli tuoi lordi vizj conofcevamo , 

„ pochi l’ ottu fi tà dèlia mente, la ftupefazione , c 
„ e frivolezza della lingua. „ E quell’ altro rica- 
vato dagli ammaeftramenti degli Antichi : ,, Il 
3, cuore accefo dall’ira fi commuove, il corpo tre- 
„ ma', la lingua s’impaccia, la faccia s’ infiamma , . 

„ inafprifconogli occhi, non fi riconofcono i denti, 

„ forma il grido la bocca, ma dentro non fa che 
,, parla . „ I Pe- 


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Degli Elementi delta Rettori ’c a < lp 

1 Periodi rotondi , o fiano quadrati fi concedo-» 
no agli Oratori nelle amplificazioni, e nelle lodi y 
ma non già dove vi fia di bifogno di - configliare , 
o di difendere, e molto meno all’ Tftorico . Per 
quello appunto la dettatura dalle Storie volgari del 
Bembo , e delle latine del Bruti , viene alquanto 
cenfurata . 

Dei Periodi pieni , e volubili fi farà ufo negli 
^efordj , ed anche in mezzo all' orazione , quando fi 
tratti delle Iodi di qualche perfona &c. , e quando 
s’ abbia ad ingrandire qualche fatto, ed azione ma-* 
ravigliofa. 

De’ Periodi poi concili urto devefi fervóre fpe- 
cialmente nell’ opporre all’ avverlàrio qualche cofa , 
e nel rifpondere alle oppofizioni del medefimo . Seb- 
bene non fi può dar certa legge d’ un tal ufo , e fi 
rimette al buon giudizio dell’Oratore, che dovrà 
accomodare alla varia natura delle cofe la teffitura , 
e la varietà de’ Periodi : quello fi awerfifce però 
di non ufare troppo frequentemente l’ iftclTa manie- 
ra del Periodo, per non incorrere nel difetto di 
quel mal Sonatore , che tocca fempre l’ illeffa corda . 

Non fempre poi la forma del Periodo farà per 
legge compolla, o di foli membri, o di femplici 
incili, ma di quelli, e di quelli rigirati, e conca- 
tenati infieme,gli uni polli in principio , gli altri nel 
line: oppure all’ oppoflo fecondo il concetto, che 
vuol provare, o aggrandire l’Oratore. Su di que- 
llo gioverà molto fare continue, ed afiidue offer- 
vazioni fopra le orazioni di Cicerone, e proponefi 
quello grande Oratore, perchè al dire del Padre 
Serra, circa quello punto fi denterà ritrovare feor- 
ta ficura da qualunque altro Oratore* 

B z CA* 


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2,0 Libro Primo 

CAPO V. 

r * 

Delle particelle , •verbi., voci , che hanno for^a di 
legare i membri , e formare i Periodi „ 

In due maniere fi può attaccare un membro co» 
l’ altro , con la congiunzione e , e con la fofpenfio- 
re. La fofpenfione fi forma da alcune particelle le 
.. quali alcune fono Angolari, cosi dette, perchè po- 
lle in un membro lo fofpendoBO fenza però afpet- 
tare altra particella fofpenfiva rifpondente . Di tal 
natura fi è il poiché , come ancora la particella 
mentre „ v. g. Mentre che lo Scolare quello dice- 
va , la mifera Donna piangeva di continuo . ,, 

Li Participj hanno l’ iftcfla forza , che hanno le 
dette particelle , e lo flelfo dicali dei Gerundi , co- 
me può vederfi fubito in pratica. 

Altre particelle fofpenfive fi trovano , dette accop- 
piate , in quanto che vanno a due , a due , in gui- 
fa che ove una fe ne ritrovi , di neceflità bifogna , che 
feguiti l’altra, o efplicitamente , o tacitamente. 
Alcune di quelle fono quantunque , benché , come , 
quante volte , non pure , fi * alle quali rifpondono 
nondimeno , non perciò , così , tante volte , ma , che , 
Gli Efemp’j fono innumerabili . Nell’ orazione di 
Cicerone a difefa della fua Cafa, fi legge quello 
Periodo comporto con una delle fopra nominate 
particelle,,, Siccome molte cofe fono 'divinamente 
„ Hate , o Pontefici , ritrovate da voftri maggiori , 
„ ed iftituite - cosi nulla, fu di più nobile divifato, 
„ che l’aver erti voluto, che voi medefimi, a re» 
„ ligiofi riti degli Dei immortali, ed all’incarico 
s, della Repubblica prefedefte, acciocché i ragguar* 

„ devo» 


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Degli Eleni enti deità Petloricà . i f 

,y devoliflimi , e rifpettabiliffirrri Cittadini le coftf 
„ pubbliche bene amminiflrando , ed i Pontefici le 
„ religiofe cerimonie faggiamente interpretando f 
„ la Repubblica Confervafife'ro , y Cosi, nell’ora* 
zione à difefa di T. Annio Milone ; „ Sebbene io’ 
„ dubito , o Giudici , non fra difdicevole Cofa , cher 
y> facendomi a ragionare d’ uomo fortiflimo , timor 
„ prenda , ed affai difconvenga , che dove T. An* 
„ nio Milone più della falute della' Repubblica fi 
,, conturba , che della fua, non pofla io alla fua 
caufa pari grandezza d’ animo arrecare ; pure que- 
„ fla novella guifa di difufato giudizio m’ atterri* 
,, fce gli occhi , i quali in checchefia fi fcon trino / 
„ l’antica confuetudine del foro>-é la primiera u* 
*, fanza rkercano de’ giudizi.,, La particella e , fèb- 
bene fia congiuntiva , conte abbiamo veduto può 1 
divenire fofpenfiva , ed è allora quando fi ripete ir» 
tutte le due claufule, come farebbe a dire; Iddio/ 
il quale è giufto sà rimunerare , e sà punire i rei 
&c. „ dove la e intreccia le due claufule ,- e di- 
venta attaccamento accoppiato rifpondendo a feflef- 
fo : il che ferve a rendere il parlare non folo Pe* 
riodico , ma armoniofo , e magnifico , come fi ve- 
de chiaramente in quel luogo della Cafa, ove di- 
ce „ Pur Dario , e Ciro , e Serfe , e Mekiade , o 
Pericle , e Filippo , e Pirro &c. 

L’ efpofte accoppiate particelle fpeciahtiente , come 
Ognuno ben vede, formano due parti di Periodo j 
una delle quali , vien chiamata comuneiliente P>o - 
ufi > cioè prima parte del Periodo, l’ altra off, odo* 
Ji , cioè feconda parte del Periodo . Quelle parti- 
celle poi , di Ciri abbiamo parlato ,■ fervono' molto 
ad unire la Protali r con l’ Apodofì , Come fi vede 

B 3 nei 


ai . Libro Primo 

nei citati efempj , e fpecialmcnte in quello a fa* 
vore di Cecinna. 

CAPO VI. 

Del numero oratorio , o fia dell* armo* 
nia del Periodo. , 

Ogni Periodo benché concifo, e fpezzato ricer- 
ca la fua armonìa, ma fpecial mente il Periodo qua- 
drato , o fia rotondo Queft’ armonia non è quella 
che féntefi giornalmente ne’ poemi , e cantici , ma 
è una certa \rifonanza , che fi dà al parlare Orato- 
rio confiftente in una retta pofizione di parole, le 
quali allettano le orecchie di chi l’afcolta. A ben 
formare queft’ armonia ricercali un bello ftudio di 
fapere trafportare , ed unire le parole , o fia co- 
me noi diciamo , di fare bene la trafpofizione , 
tramezzando le parole brevi con lunghe , pigliando 
vocaboli , che non faccino fra di loro cffonia , e 
voci , che non fieno afpre , e proprie dell’ Italiana 
favella più tofto, che della Latina. Tra le molte 
regole, che fu di quello fi danno, le principali fo- 
no le prefenti . Nel principio del Periodo porte fi 
devono parole , che diano al medefimo un certo 
movimento grave , ma non perciò troppo lento , e 
tale in fortuna, che abbia qualche .dignità, quale 
li darebbero alcune parole di due flllabe , e di più 
di due, c le benefonanti , c quelle, che avellerò 
1’ accento maflimamente sù della penultima , benché 
nell’ antepenultima , e nel fine avendolo non difdi- 
cono. Tali fono, quando , benché , perciocché , adun- 
que t tentò , aveva , volevano , intefero , e fintili . Ma 

il 



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^Jegli Elementi della Rettori ca . Xj 

il fine più fi confiderà , e però richiede una certe 
pofatura grave, e (labile, alla quale fono più ac- 
comodate le molte fillabe, e che hanno l’accen- 
to fpecialmente nella penultima j mai però, o di 
raro nell’ ultima, perchè mancherebbe troppo la 
chiufa del Periodo . Così ancora pare , che le pa- 
role d’ una fillaba polle nel fine , o più infieme non 
fieno atte a produrre buona armonìa, potendo le 
medefime nel principio più facilmente elfere ricevu- 
te. Qaefte univerfali confiderazioni fi limitano alle 
volte, perchè diverfa armonia, a diverfe materie, 
e forme di dire fi richiede. Il fin qui detto fi 
comprovi almeno con un efempio prefo dal Boc- 
caccio.,, E poiché 1* ufato cibo affai fobriamen- 
„ te ebbi prefo, non potendo la dolcezza de’ paf- 
„ fati ragionamenti dimenticare, grandi(fima par- 
„ te di quella notte fenza incomparabil piacere tut- 
„ ti meco rifpetendogli trapaflai . „ In quello Pe- 
riodo fi fcnte certamente grande rifonanza in ogni 
parte, la quale perirebbe, fe nel principio, e nel 
mezzo, e nel fine fi mutaffe qualche cofa. Dicali 
nel principio „ e poiché il cibo ufato „ fuona fenza 
dubbio men bene per la trafpofizione di quella pa- 
rola cibo . Mutifi il fine dell’ altro membro così „ 
„ non potendo dimenticare la dolcezza de’ragiona- 
„ menti palfati,, cade quell’armonìa, che prima 
aveva, e fi guaflerà ancora fe nel principio dell* 
altro membro in vece,, di grandiflima,, porrafli 
buona • e romperai!» l’armonia fe nel fine del Pe- 
riodo in luogo di quella parola ,, trapalai , „ fi 
metterà ripetendo , e diradi,, trapalai tutti meco 
ripetendogli , o tutti quelli meco ripetendo „ . 

B 4 CÀ« 


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24 Libro Primo 

capo vir. 

D alcune Figure atte a dare armonia al Periodo, 

Per rendere armoniofo il difcorfo fi ftabilifcono 
alcune figure , che confittone in pura , e femplice 
pofizione di parole. Di tal forte fono il Proto^ete 
ma, Mo [ore urna , ed Epi^euma , le quali tre figure 
fono una figura fola connotante un verbo , che con- 
giunge, o due incifi , o due membri in divifi liti. 
Se il verbo è io principio, e congiunge due incifi 
fegnenti , come „ Cicerone fu ftimato e per la fua 
eloquenza , e per il modo di perorare „ allora la 
figura fi dice Protozeupia. Se il verbo è in mez- 
zo, e congiunge un incifo in principio, e l’altro 
in fine, come farebbe dicendo „ Cicerone per la 
fua eloquenza fu ftimato, e per il modo di pero- 
rare ,, dove il verbo fu ftimato pofto in mezzo fo- 
ft iene i due incifi , l’ uno in principio , e 1 * altro in 
fine , la figura fi dice Mofozeuma . Se il verbo è 
in fine, c congiunge i due incifi precedenti, come 
farebbe dicendo ,, Cicerone e per -la fua eloquen- 
za, e per l’arte di perorare fu ftimato, dove il 
verbo fa ftimato pofto in fine foftiene i due incifi 
precedenti , la figura fi dice Epizeuma . Quefte tre 
figure poi dai Latini vengono chiamate col folo 
nome di Conjnnftio , e in volgare congiunzione . A 
quefte tre figure fi aggiungono il Compar , o fi a 
eguaglianza, ed è una figura, che rende il Periodo 
rifonante a cagione dell’ eguaglianza ne’fuoi mem. 
bri , la quale poi non fi deve confiderare così ri- 
gorofamente, che fi debbano numerare le fillabe, 
come fuol dirfi, ad occhio. ■ 

L’ Tper- 


I 


/ 


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Vegli Elementi della Rettorica, 25 

L’Iperbato ancora ferve a rendere rifonante il 
Periodo, e fi fa quando fi perverte l’ordine alle 
parole, anteponendoli ciò che dovrebbe efler porto 
dopo, e polponendofi ciò, che dovrebbe anteporfi „ 
o frapponendo ciò, che naturalmente non fi dovreb- 
be. Quelle, ed altre figure fono quelle che fervo- * 
no per dare ornamento, armonia, e grazia all’ i 
fteflo Periodo, le quali poi con l’efcrcizio fi for- 
mano naturalmente. 


l - « 


*» .*> ? 


PARTE TERZA 

CAPO PRIMO 


Velia Cria , e fue divijìoniw 


A Cciò li Giovani portano in qualche maniera 
efercitarfi nel comporre, dopo la fpiegazione 
del Periodo fogliono alcuni li medefi mi. trattenere 
in rtendere qualche Favola , o Narrazione . Ma fem- 
bra quello eflere an eferrìzio troppo puerile, ed 
impigrirli più torto le menti loro , di quello , che 
alquanto folle va fA'. Non fi difapprova però total- 
mente un tal metodo; ma ftimafi cofa più a prò- 
pofito inlegnare a loro il modo di amplificare qual- 
che fentenza utile, o detto di memoria degno. 
Delle Grie io parlo; l’ efercizic* delle quali oltre 
l’ eflere ai principianti alquanto utile, viene da tut- 
ti approvato, acciò in qualche modo li Giovani 
prendano gufto al comporre , e fappiano parlare in 
qualche maniera ordinatamente. Nè ciò lènza «ra- 
gione, mentre Quintiliano nel lib . 1. al capo 9% 


4 


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1(5 ' Libro Primo 

r 

dì fimili infinuazioni , alle quali ancor noi ben volen- 
tieri aderiamo. 

La Cria voce Greca, che in Latino fuona «/»?», 
4 frx^ tttititatemX e una fpiegazione d’ un qualche fat- 
<5 "to, o detto utile, e degno di memoria. Quella 
.*«.»* giuflamente può chiamarfi orazione imperfetta, men- 
tre è compolla come vedremo di certe parti , ma 
non di cert’ ordine , come 1* orazione perfetta • nè 
trovali nella prima quella forza di convincere, e 
perfuadere, come nella feconda. 

Tre forti di Crie fi danno, altre fi chiamano 
crie verbali , che confillono in parole , cioè in un 
detto profferito fentenziofamente da qualche celebre 
autore ; altre confillono in azioni operate da un 
qualche uomo infigne, degne veramente d’ elTere 
efpolle; altre finalmente fi formano da fentenze, e 
da fatti infieme ; O per meglio dire , altre fono 
Crie verbali, altre attive, altre mille. Per cono- 
feere le medefime più chiaramente fi accennano que- 
lli eferapi. 

4 *>• f » I' S.Us. ■ 

Efempj di Crie Verbali. 

- Con la fatica fi vince il tutto — Virg. 

- Crefce l’amore al denaro, quanto crefce il de- 
naro ifleffo — Giove». 

Li vizi s’ imparano ancora fenza Maellro — Senec. 
Niuno in un fubito diventa^ malvagio — Gìov. 
E’ cofa più decorofa vincere fe lleffo, che 1* i- 
nimico « Val. Maff. t 

Non v’ è rifparmio più onello, che quello del 
tempo — Senec. 

Efem» 


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Degl! Elementi della Rettorica. VJ 
Efempj di Crie Attive . 

Il Saggio Pittagora interrogato una volta quan- 
to folle lunga la vita dell* uomo , comparve alla 
prefenza di tutti , ed appena comparfo fuggì dagli 
occhi degli alianti : affinchè da quella veloce fuga 
ben conghietturaflero la brevità della fragile , c 
breve vita degli utomini. 

Pompeo il grande mandato ambafciadore nell’A- 
fia dal Re degli Illirici venendo corretto a pale- 
fare le determinazioni del Senato pofe un dito del- 
la fua mano ad una lucerna ardente , permettendo 
più torto , che forte abbruciato , di quello ohe ma- 
nifeftare i decreti del medefimo. 

Efempj di Cria Mijla . 

Diogene Filofofo avendo una volta veduto nel 
foro uria rtatua di marmo, fe ne andiede a quella 
fupplichevole , e ftefe la mano per molto tempo, 
come che le chiedefle una qualche moneta. Mara- 
vigliandofi i di lui amici, ed interrogandolo, qual 
cola mai facefle , rifpofe . Io mi artùefaccio alla 
ripulfa. Sigifmondo Imperatore non potendo fop- 
portare di eflere fopra modo lodato da un adulato- 
re , ed eguagliato quali agli Dei , tale adulazione 
impedì , e premiolla con uno fchiaffo . Dolendoli 
l’adulatore, dille, e perchè mi percuoti, a cui erto 
fubito rifpofe, e perchè mi deridi? 


CA- 


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il Libvo Pirrno , ' 

capo ir. 

Delle Parti della Cria * 

I 

Veduto avendo di quante forti fieno le Crie, 
rettaci a vedere, come le medefime fi debbano am- 
plificare . Otto fono i capi , i quali infegnano a 
ftendere la Cria di qualunque forta. I. La Lode- 
%. La Parafrafi; 3. La Caufa- 4. Il Contrario • 
5. Il Simile 3 6 . L’Efempioj 7. Il Tettimonio de- 
gli Antichi^ 8. L’Epilogo. 

La lode dunque è il primo capo,' dal quale fi 
deve incominciare ad ^fporre la Cria . Quella paf- 
fa fiotto fpecie di picciolo efordio, il quale fuolc 
prenderli dalle lodi dell’ autore di quella fentenza , 
di quel fatto, che uno ha prefio per aflunto. Que- 
lla lode deve elfiere egualq al merito , e non alte- 
rata in guifia , che palli in derilione. In vece di 
lodare poi l’ autore fi può lodare ancora l’ arte ? la 
feienza , la virtù ,• in cui fu eccellente quell’ ifteflo 
autore ; e intanto dalli quello avvertimento , per 
non fentire dai Giovani fempre ripetere la medefi- 
me cantilena. 

La Parafrafi come l’ ideila voce Greca fi ditno- 
llra battantemente , è un’ efipofizione molto chiara, 
e molto copiofa di una fentenza, o d’ un fatto. 
Devefi adunque dopo la lode mettere in villa in 
diverfe maniere il fatto, o il detto , acciò fi pofla 
con più facilità intendere da tutti . 

La Caufa è la ragione, la quale prova la fen- 
tenza, o l’azione adùnta. Quello da alcuni dicefi 
edere il capo principale della Cria, in cui è ripo- 
lla tutta la forza maggiore, e però non un moti- 
vo 


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Degli Elementi della Rettorica . 19 

vo fidamente deve addurli ■. ma molti , fé farà pof- 
fibile fi devono apportare, ed amplificare. Il cer- 
car dunque il perchè è fiato detto quel fentimen- 
to , o fatta quell’ azione è il trattar la Cria dal 
luogo della caufa . 

Il Contrario è una ragione ricavata dalle cofe 
oppofie all’ aflunto , come fe per lodare il filenzio, 
uno prima efponefle i danni , che provengono dal 
troppo difcorrere. Così dopoché uno ha dimoftra- 
to , che l’ozio, e la pigrizia è l’origine, e caufa 
di tutti i vizi ; difcende a provare il contrario , 
cioè che la fatica , e 1’ applicazione è un prefidio 
ftabile per confervare i buoni coftumi , l’ innocenza, 
e l’illibatezza della vita. 

Il Simile è un addurre una fimilitudine , la qua- 
le fia a propofito , e conveniente a dilucidare la 
cofa efpofta ; v. g. Se uno volefle lodare la fatica , 
e la diligenza potrebbe dire con Cicerone. „ Co- 
„ me il Cavallo è deftinato al corfo, il Bue all*. 
„ aratro , il Cane alla guardia , ed alla bufca , co- 
,, sì l’uomo è deftinato ad operare ragionevolmen- 
„ te , ed a ben riflettere fu di quel che opera . 

L’ efempio è un rapporto d’ una cofa fatta da un 
uomo degno di ftima, applicato alla prelente di 
cui parlali ‘ v. g. fe uno doveffe provare eflere co- 
fa decorofa il morire per la patria, potrebbe por- 
tare l’ efempio di Codro ultimo Re degli Ateniefi, 
il quale più tofto , che vedere la fua patria in ma- 
no degl’inimici fpontaneamentc efpofe la vita fua 
alle morte. 

11 Teftimonio degli antichi è una fentenza di 
qualche antico fcrittore, la quale fi adduce per 
conferma dell’ argomento , che trattafi . V. g, fia 

que- 


/ 


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3© Libro Primi 

» 

quella una fcntenza „ ognuno deve pili torto per- 
donare le ingiurie ricevute, che delle medefime 
prendere vendetta,,; quella fi proverà da un detto 
di Tacito antico Scrittore , che lafciò fcritto„mol- 
tiflime cofe vincerfi col difprezzo „ ovvero con 
l’altro „ che le calunnie, ed improperj non cura- 
ti prefto hanno fine. „ 

L’epilogo finalmente è una breve conclufione di 
tutta la Cria, nella quale in poche parole fi ripe- 
te quel tanto, che fu diffufamente di fopra efpofto; 
nella qual parte fi efortano le perfone a feguire 
qualche virtù, o a fuggire qualche vizio. Ed ec- 
co i capi , che compongono una Cria , e che infe- 
gnano ad adornarla, ed amplificarla. A maggiore 
intelligenza ftimo proprio addurre qui un efempio 
d’ una Cria verbale ricavata dal Decolonia , in cui 
potrafli vedere l’ artifizio ufato nell’efporre la me- 
defi ma . 

Cria Verbale ~ Il tempo della noftra vita è per 
v tutti breve, ed irreparabile — Virg. Eneid. IO. 

Dal Laudativo . „ 

Benché fia ftato femore ad ogni ottimo Poeta 
infinuato, che egli frammifehi l’utile col dolce, o 
a meglio dire, che col dilettare infegni,o coll’in- 
fegnare diletti; nulla di meno io credo, che alcun 
Poeta in quello paragonar fi debba con il Principe 
de’ Poeti Virgilio Marone. Imperciocché egli non 
folamente tutti i Poeti sì Greci , come Latini , . 
che furono prima, e dopo di lui di gran lunga fu- 
pera in eleganza , in dolcezza , in faviezza , in ret- 
to giudizio, nella bellezza del dire, nell’armonia, 

e fcc- 


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I 


Degli Elementi della Rettoriea . 31 

e fceglimento delle parole, e non tanto ha quello 
di buono, che a i di lui verfi perfezionati dall’in- 
gegno, teffuti con induftria,e fatica, nulla aggiun- 
ger fi può , niente detrarre , niente mutare , che 
però una volta con tutta ragione fu detto di lui, 
che le Mufe , ed Apollo non parlavano dlverfa- 
mente da lui, e che Giove ifteflo, fe fofie Poeta 
non in altra maniera parlerebbe* ma ancora ( lo 
che è di maggiore rilievo ) e per lo ftil follerato, 
c per i faggi precetti utili ,e vantaggio!! dei qua- 
li abbonda, s’è acquiftato quell’ onore, che meri- 
tevolmente chiamar fi può ottimo maeftro di vi- 
ta, e di virtù. Fra gli altri documenti però di- 
retti a ftabilire una vita perfetta , ed a riformare 
gli umani collumi , de’ quali il di lui celebre Poe- 
ma in ogni dove b pieno , il più vantaggiofo , c 
lodevole fi è quello primieramente, che egli efpo- 
ne nel libro decimo dell’ Eneidi intorno alla brevi- 
tà del tempo, e la tranfitoria, e caduca vita de- 
gli uomini «Breve è per tutti, ed irrecuperabile il 
tempo di nollra vita. „ 

Dal Parafrajlico . 

Cosi è certamente : un corfo di vita ci è fiato 
limitato dalla natura tanto breve, e tanto fugace, 
che appena nati , e venuti alla luce fubito dobbia- 
mo partire dallo fiato di qucfto mondo, ed il no- 
Aro vivere fi deve cangiare con una dura morte. 
Quefia vita , che noi tanto apprezziamo , ed a cui 
andiamo dietro s) perduti , altro non è che un momen- 
to, un ifiante di tempo, ed un affai piccolo inter- 
vallo , che palTa fra la nofira vita , e la nofira 

mor- 


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Ltbro Primo 


3 a 

morte. Sen partano le ore velocemente , un dì cac- 
cia l’altro, e gli anni vicendevolmente come in 
un baleno fen fuggono, la vecchiaia infenfibilmente 
fopravviene alla gioventù, e la morte Tempre im- 
provvidi, e non mai afpettata fopraggiunge alla vec- 
chiaja : e quel che è peggio fi è , che quando è 
. fparito quello breviflimo tempo di vita , è tanto 
irreparabile il corfo del medefimo, che in niun 
conto fi può più richiamare. 

Dalla Caufa, 

t , r 

Nè però v’è motivo da lamentarli giallamente 
di quello sì piccolo, e breve corfo a noi concerto 
di vita. Imperciocché oltre che la vita nollra è 
ballantemente lunga , fe Tappiamo fervircene ; Tap- 
piamo inoltre, che noi appunto perchè nati fiamo, 
per collante legge, e Arabile finalmente dobbiamo 
morire. E chi mai trovar fi può sì llolto , che non 
fappia efiere quella la mercede fvcnturatiflima , ed 
altresì la pena giulìiflima del peccato; erter quella 
la condizione , e la forte de’ mortali ; tutte le co- 
fe umane erter caduche, e poco durevoli, ed a 
mille mutazioni foggette , che niuna cofa creata 
può eflcre perpetua, ed eflere a ciafcuno prefcritto 
un certo determinato , e breve fpazio di tempo per 
confeguire la felice vita nel Cielo? Ed eflendo (la- 
ta una volta quella nollra vita mortale circonfcritta ne* 
Tuoi termini , e confini , ed eflendofi allungata in 
molti fecoli , noi abbiamo ridotta più breve que- 
lla coi nollri mancamenti , e fcelleraggini , e più 
predo la tarda neceflità affrettò il paltò alla lon- 
tana morte. . . > 

Dal 


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Degli , Elementi della Rettorica . 33 

Contraria . 

Al Contrario poi quando una volta dopo' il 
corfo di quella miferabile vita , la noftra Anima fa- 
ri fciolta dalla comunicazione del corpo terreno, e 
da ogni infezzione del medefimo libera : Quando 
finalmente godremo nel Cielo fra gli Spiriti Beati ' 
una gloria eterna, non fi dovrà allora punto pii» 
temerne il cambiamento delle cofe, nè le vicende 
umane , nè la mutazione de’ tempi , nè dell’ età ; 
non vi farà più corfo di ore , nè di giorni , nò 
anni • ma fempre godremo con l’ iftefio Iddio ftan- 
do fempre uniti con lui con fomma felicità, e (la- 
bilità, beatitudine, che durerà in eterno, 

Dal Simile. 

O forte noftra dunque degna, non mai abbaftan- 
za da efTere compianta ! O noi poco accorti , anzi 
ftolti; fe porte in obbllo quefte cofe ftabili, ed 
eterne non anderemo dietro ad altre cofe, fe non 
che ad ombre, ed immagini. Imperciocché fe noi 
veramente vogliamo formare giudizio fu delle co- 
fe più dalla verità, che dalla opinione, qual cofa 
alla fine è quella fragile, e fugace vita, le non un 
fumo leggiero, che in un tratto di tempo fpari- 
fce ? Se non un precipitofo torrente , il quale con 
un vano ftrepito prettamente fcorrc?Se non un fio- 
re, che in breve perde il fuo bello, che in cam- 
po fiorifce nella fera , cade nella notte ? Se non un 
ombra, e fantafma apparente, che fparifce dalle 
noftre /nani, limile ai veloci venti, e a un breve 
fonno ? 

■ '■» G Dall* 


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34 


"Libro Primo 
Dall ’ Ef empio . 

Potrei in quello luogo chiamare, io teflimonio • 
quegli Eroi Crifliani , e fapientiflimi uomini d’ o- 
gni tempo, i quali ricompenfarono la brevità ma- 
ravigliofa della vita fugace con altrettante fatiche, 
con tanti fudori,ed incelfanti affanni. Potrei chia- 
mare in teftimonio tante Vergini, tanti uomini 
Principi ,, tanti nobili Giovanetti , i quali Roma* 
catifi della Ieggierezza , ed incoftanza di quelle co- 
fe umane, quelle cofe, le quali dai ciechi uomini 
vengono riputate per le prime le filmarono unnul- 
Ja , e con fommo contenta , ed eguale prontezza eb- 
bero in difpregio gli allettamenti dei piaceri , i vez- 
zi , e gli accarezzamenti delle ccfe caduche , e mon- 
dane . 


Dal Teftimonio degli Antichi. 

Quello volle infinuare S. Paolo ai Corinti , al- 
lorché difTe loro „ il tempo e breve Quello i- 
ftelfo di nuovo inculca a noi il pazrentifTimo Giob- 
be, mentre infpirato dallo fpirito Divino così par- 
la „ i giorni degli uomini fono brevi e quello 
era il penderò di Orazio, benché Gentile nel dare 
ad Albio Tibullo fuo fedele Amico quelli avverti- 
menti nel lib. 14. delle fue Epiftole . 

. Speranze aver non dei, né fdegno ardente, 

Nè mordace timor, nè cure felle. 

Se ultimo credi ciafcun dì predente. 


Dal 


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r 


Degli Èlementì della FLettoricà.- 33' 
Dal Breve Epilogo .• 

ElTendo adunque il tempo così breve, e così ir-» 1 
reparabile, altro non ci reità ,- che noi per quanto 
polliamo procuriamo di non' dar luogo alla pigri- 
zia, ed alla negligenza j poiché non' è lecito* in al- 
cuna maniera fra tante anguftie' lo (tare oziofi , e 
• ci ridurremo in' uno flato miferabile , ed infelice , 
fe permetteremo di elfere’, attefa la noflra trafcu- 
raggine privati di una cofa la piu preziofa' di tut- 
te. Quello - fole* dunque ci rimane,- che cori pre- 
llezza ufo facciamo di quello tempo, e ben l’irrw 
pieghiamo a noltro vantaggio j giacché a guifa d’un ! 
torrente che' Velocemente (corre , il medelìmc* 
palfa . 



G z 


• - V - 

Li- 


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LIBRO SECONDO 

DELI/ ELOCUZIONE. 

PARTE PRIMA 

CAPO PRIMO 

Cofa Jta Elocuzione , e in che conjìjla . 

"'ftP' * Elocuzione , 1? quale non è altro , fe non 
-.111 a che una bella forma , che fi dà al parlare , 
viene dagli ftudiofi dell’ Eloquenza fomma- 
xnente pregiata . Nè fenza ragione , poiché a tutti 
comunemente fembra , che le cofe nude, e di av? 
venenza fpogliate quantqnque belle , ed efficaci , 
non badino per -fe fteffe a penetrare entro dell’ a- 
nimo dell’ Uditore , o del Lettore con quella for- 
za, e foavità,che fi defidera; ma che a fare que- 
llo abbiamo tanto di virtù, quanto dagli ornamen- 
ti maffimamente ne ricevono. Quello ornamento 
al difcorfo oratorio arreca Elocuzione , di cu i or 3 
parliamo, la quale da Cicerone fi diffinifce un ac- 
comodamento proprio di parole, e di fentenze,chc 
jufafi nell’efporre la materia ritrovata al difcorfo. 
Certamente prima dell’ Elocuzione viene l’ Inven- 
zione , mentre prima deve l’Oratore al {iiodifcor- 
fo trovare la materia y e poi con eleganza , ordine, 
e dignità difporla , e però dell’ Invenzione dovref- 
£mo trattare. Ma ficcome quella porta feco mol- 


; r 


te 


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Dell’ Elocu^ìoiìe . 

te difficoltà, le quagli dall* Elocuzione in qualche 
maniera fi fciolgono, però anteporremo l’ Elocuzio- 
ne all’ Invenzione , fe'guendo la condotta del Voffio/ 
del Decolonia , e di altri eruditìffimi Precettori . 

L’elocuzione dunque cónfifte in difpofiziorie pro- 
pria di parole. Qucfle altre fono proprie , altre 
traslaté. Le pròprie danno chiarezza al difeorfo* 
e la bontà dell’ Elocuziorte , dice Ariftotile nel li- 
bro 3. della fua Rettoria, è la chiarezza. Quindi 
importa molto -fape're il proprio linguaggio per Con-» 
feguire quello fine , e riufeir bene nell’ Italiana fa- „ 
velia . Alcune avvertenze però fi devono averé in' 
ordine alla fcefta delle parole * cioè , che nòn fie- 
no vili, nè plebee, nè afpre da 'pronunciarli^ notr 
di lingua flxanierà', non troppo antiche, òè difufa- 
tè , non ofeure , rton nuove , non fordide , nè difò-' 
nelle . Le tranilate poi fono quelle , che fertdon<y 
grazia, bellezza, ed ornamento al dire, che in Gre- 
co fi chiamano Tropi, di cui' noi lungamente qn¥ 

/" parleremo . 

Ù A F a IL* 

. f »*.*« 1 

Ùe T rapi , e loro fpecié.' 

Nafce, al dir d’ Àriflotile nel libro 3. della Reti 
tor. la chiarezza del dire 1 dalle parole proprie , e 
l’ornamento viene da’ Tropi. Quello' Tròpo paro- 
la Greca , che in latino fimna vertó , cioè trasfe- 
rire , transitare , è un trafporto’ di un Verbo , 0 di 
un nome dal fuo luogo proprio ad un altro: cosY 
il Buommaftei'.'Qieflò poi fi fa quahdò’ tra fa’ do- 
la 6 unificata vi è qualche proporzionfe perchè al- 

C 3' tra* 


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3 $ Jjtbro Secondi , 

bramente difdice: ^quando ,ne ri lui ti bellezza nell* 
immagine, che fi rapprefenta, e diletto in chi a- 
fcolta, Moltiflimi Scrittori , e Latini, e Italiani 
diflero per efempio le liete biade. Quello vocabo- 
lo lieto non è già proprio .di ,effe , ma dell’ uomo , 
con tutto ciò translatafi a quelle attefa la raflbmi- 
glianza dell’uno, e dell’altro, poiché fembra , che 
l’amenità, e la verdura, .e il rigoglio de’feminati 
raflomigli non poco al portamento , ed al brio d’un 
uomo giovane , e lieto . Così difle il 3occaccio . 
„ Non accorgendofi .dell’ amorofo veleno, «che co- 
gli occhi beveva „ transferifce all’Anima ciò che 
è del corpo , e agli occhi .piò .che è proprio della 
.bocca . 

„ Secondo gli antichi Rettorici dodici fono i Tro- 
pi, o le transazioni , fette di una fola parola, e 
/cinque di molte . D’ una yoce fono i feguenti . 

Metafora 3 ,o trafportazjonc . 

Sinedocbe , o comprendimento . 

Metonimia , o denominazione . 

Antonomafia , anche in volgare post detta 

Onomatopeja , Finzione di nome. 

£atacrfji t o Abufione . 

Metalejjì , o Rifacimento. 

Di fentenze fono i feguenti . 

/Allegoria , posi detta ancora in volgari . 

Ironia , o divi/ionc . 

Perifrafì , o Circonlocuzione . 

Iperbole , o T rapajftmento del vero. 

Ad uno ad uno quefli Tropi con la maggior 
jbrevità ora fi fpiegano. 

? CA- 


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• J 



I Dell' Elocuzione. 

CAPO III. 

Della Metafora. 

, La Metafora , dice il P. Serra , è un trafporta- 
mento di un nome non proprio in luogo del pro- 
prio, per cagione di qualche fimiglianza • ovvero» 
proporzione , che fi trova nella qualità tra una co- 
fa, e l’altra . Quella fra gli altri Tropi induce 
chiarezza , dolcezza , energia , ed evidenza nell’ ora- 
zione; e fi fa per due cagioni, o per neceffità, o 
per ornamento. Anche i Contadini dicono per ne- 
celfità ingemmare le viti , e luffuriare i campi . An- 
zi come ofierva il Falerèo vi fono alcune co fe, che 
fi dicono piu chiaramente, o piu propriamente con 
le Metafore, che con gli llefli nomi ben proprj, 
come quello fremi , la battaglia , che non fi po- 
trebbe, fcambiata quella nella propria efprimere, 
nè più propriamente, nè meglio. Anche il Boc- 
caccio difle : fece il campo rifonare , e fremire . Di 
più poco manca, che l’ufo, fenza che noi ce ne 
accorgiamo , non riduca tutte le parole in Metafo- 
re per translatare elfo molto fi curamente , chiaman- 
do chiara la voce, acuto l’uomo, rozzi i collumi, 
lungo l’ Oratore , ed altre , che sì gentilmente fono 
trasportate, che elle pajono limili in tutto alle 
voci proprie . La Metafora , che ferve per necefii- 
tà ha un fol fonte, dice il Buommattei, eh’ è il 
mancamento delle paro'e atte ad efprimere quella * 
cofa , come coltivar 1’ ingegno . Quello ^ Un dir 
Metaforico cavato da quella diligenza thè fi po- 
ne ne’ campi per farli fruttiferi , che fi tira a quella dili- 
gènza , che li pone , perchè l’ ingegno diventi fruttifero ; 
e quello fi fa, perchè quell’ azione non ha nome proprio, 
che fa pofia accennare. C 4 La 



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40 Libro Secondo ' j 

La metafora, che s’adopra per ornamento na- 
fce da piU fonti , perchè ella fi ufa , o per eviden- 
za, o per brevità, o per difetto , o per crefcere, 
o feemare , o per oneftà , come ardere di fdegno , 
fiume di eloquenza , fpecchio d’ oneftà , trafitto da 
angofeie , cadere in un fallo . 

Df’ Varj modi delle Metafore. 
m ... * *» * ✓ 

In quattro modi fi fa la Metafora» Primo tra- 
sferendo il fignificato da cofe animate ad altre pu- 
re animate, come chi trasferisce il valore proprio 
degli augelli al penfier proprio dell’ uomo* onde: 
difle il Petrarca 

Volo con l’ali dei penfieri al Cielo. \ 

Così Virgilio w eli' Entid. 4. trafporta alla for- 
mica la ProviJenra , ed il [acche ggi amento proprio 
dell’uomo in quei celebri verfi ■ : 

* 4 c velati ingente m &c. cusì tradotti dal Caro» 
Qual è quando le provide formiche 
Delle lor vernareccie vettovaglie - • • 
Pcnfofe , e procaccievoli fr danno 
*4 depredar di biade un grande acervo» 

< Secondo da una cofa inanimata ad un altra , che 
inanimata pur fia* come fe uno dicefle con Cice- 
rone . „ Qui noi tiriamo le vele del noftro difeor- > 
fò „ • ovvero ufando pioggia per le lagrime : onde 
difle il Petrarca 

Pioggia di lagrimar, nebbia di fdegnr. 

.ET Alamanni » 

Tornan d’ Argento i rufcelletti, e i fiumi» 
Terzo* da cofe animate ad inanimate; come chi 
trasferisce il rifo proprio deiruomo all’ erbe , ed ai 
fiori . , , . ì Ri- ■ 

) 


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* V 

Dell* Elodu^ìomie .' 41 . 

r Ridon or per le piaggie erbette , e fiori •• Petrattai 
«d altrove dille •* 

L’Erbetta Verde * e i fior di color mille 
Pregati pur, che il bel piè li prema, e tocchi. 
£ Dante < . . . . . . . . . finché il ramo 
Vede alla terra tutte le fue fpoglie. 

• Cicerone a favore di Q_* Ligario parlò in que« 
fto genere di Metafore. „ Imp: , o Tuberone , quel- 
j, la tua fguainata fpada nel campo farfalico che 
<, facea? Quella tua punta al fianco di chi era ri* 
„ volta ? Quale il fentimento era delle tue armi ? 
„ Quale l’ intenzion tua ? Gli fguardi ? Le mani ? 
„ L’ardor dell’ animo? Che pretendevi ? A che 
„ avevi rivolte le brame? „ 

Quarto finalmente da cofe inanimate ad anima- 
te, come col Poliziano. 

Nè poi viril penfiero in voi germoglia*- 
e di fimil forte farebbe H trafporto della temprila 
propria dell’ aere all’ uomo . ■ 

Tranquillo' porto avea moflrato Amore 
Alla mia lunga, e torbida tempefta. Petrar. 

Le Metafore, che danno movimento, ed azione 
alle cofe, che ne fon prive, vengono riputate le 
piò leggiadre, e belle. Quindi Ariftotrle dice ef« 
fere cofa ottima introdurre nel difeorfo le cofe ina* 
rimate, còme operanti a guifa delle animate r e 
quelle giuftamente le chiama il Cardinal Palhavi- 
cino Metafore d’arte. _ 

Siccome le Metafore berr ufatè , ed a tempo ren- 
dono il difeorfo elegante, grato, e bello, cosi 
mal’ tifate , e prefe come fuol dirfi alla lontana de- 
formano il medefìmo . Però dice il Buommattei , 
che le Metafore non fieno trafportate per modo , 


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t 41 Libro Secondo » 

che. dieno nell* ofcuro . Viziofe dunque in primo 
luogo fono le Metafore, che non fon ben propor- 
zionate, e mal convengono per eflere troppo alte, 
o troppo bafle : troppo alte farebbero , fe uno nomi- 
nafle un uomo molto grande monte, raccenderli de- 
gli occhi, folgorare , le quali tutte manifeflamente 
accrefcono troppo la cofa , alla quale Raccomodano * . 
ficcome difconvenevoli farebbono per efler troppo 
balfe, fe uno chiamale il tuonare mormorare del 
Cielo , piovere lagrimare &c. le quali per bafliezza' 
fono ridicole . In fecondo luogo le Metafore non 
fieno troppo dure, e deformi, afpre, (piacevoli, vi- 
Ji , ed monelle , come Jlridor di poefia , in vece di dire 
bontà della voc c,Jlrepitc della Cetera, per il fuono. 

<■ In terzo luogo , che non fieno improprie , come 
attingere i frutti , per efler quella parola troppo im- 
propria ai frutti, 

* In quarto luogo , che non freno difiimili , come i 
grandi , e fmifurati pavimenti del Cielo , la llrad a 
efler fiorita d’armi, che troppa diflimiglianza han- 
no le armi co’ fiori , e molto piti diflimile , e Ara- 
vagante è quella, che dille apollo ejfer vedovo dalla 
faretra . 

In quinto luogo, che la parola trafportata non 
fia pih Aretta della propria, come accennò il fuo 
gran difguAo, che meglio era dire palesò, feoper* 
le , e cofa tale. 

In feflo luogo, che l’ufo delle metafore non fia 
troppo frequente per non rendere il difeorfo ofeu- 
rO, « naufeato . Poiché fe elle aflomigliano ai ve- 1 
Aimenti , elle furono introdotte per neceflìtà , e poi * 
cominciarono a fervire per ornamento , bifogna con* 
fiderare, che come il parco, e modefio ornamento.) 

. . delle 


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Dell ’ Elocuzione . 45 

delle velli è lodato così il fuperfluo è biafimato, 
e prefo per un fegno di vanità, e di leggerezza 
d’ animo . 

Il tempo poi di ufarle fi è , dove gli affetti van- 
no a guifa di torrente, e feco ne traggono, come 
cofa neceffaria , una gran piena di metafore . 

Per addolcire le metafore , le quali fembrano 
troppo ardite, ed avanzate uno può far ufo di 
quei temperamenti , per cpsì dire , quafi , fe così 
deve dirjt , fe più conviene più animofamente parla- 
re • poiché la correzione foggiunta mitigai’ arditez- 
za'. Quelli fono gli avvertimenti , che f'ogliono dar- 
li intorno alla Metafora dagli Autori piìi famofi, 
c di miglior gufto: con tutto ciò nel fervircene 
dobbiamo Tempre feguire i dettami del giudizio , 
poiché in qualunque componimento, dice il Cardinal 
Pallavicino, le regole poffono chiamarfi gli fini- 
menti dell’opera, ma l’Architetto è il folo giu- 
dizio. 

CAPO IV. 

Della Sinedocbe . 

La Sinedoche, che comprendimento fi dice è un 
Tropo, col quale efpritnendofi una parte s’intende 
il tutto , o dal tutto la parte , o dalle antecedenti 
cofe fi rilevano le confeguenti : la quale definizio - 
ne abbraccia nove modi, con cui fi fa la Sinedo- 
che e prima quando fi prende. 

i. La parte per il tutto, come il tetto per la 
cafa , la fronte per il vifo , la punta della fpada , per • 
tutta la fpada ; ora per tempo ; onde dille il Petrarca . 

Cofe, che a raccontarle è breve 1 ’ ora. 

a. Il 




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44 Libro Secondo 

2. Il tutto per la parte; come la felva per uh 
albero 1 il fatte per una parte del ntedefimo, freddo 
anno per l’ inverno ; onde difle il Petrarca . 

Come il freddo anno oltre l’ondofo mare, 

— Caccia gli Augelli &c. , 

3. Quando fi nomina uno in cambio di molti * 

0 il numero del meno per quello del più : così Ti- 
to Livio difle il vincitore Romano in vece di dire 

1 Romani vincitori, e de’ Latini , e Greci difle il 
Petrarca . 

Ma fe.il Latino, e ’l Greco 

Parlan di me dopo la morte è un vento. 

4. Molti per un folo,- come parlando Cicerone' 
di le fleflo, difle noi Oratori , e contro Pilone il me- 
defimo difle „ O fiolti Camilli , Curj, Fabrizj & c. 
così appreflo i Poeti fono frequentiflime quelle vo- 
ci, petti , cuori , in vece di petto , cuore. 

5. Il genere per la fpecie , come /’ ^fnimale qua- 
drupede in vece del Cavallo, ed in vece dell’Aqui- 
la difle il Petrarca 

E fui l’uccel, che pili per l’aere poggia, 
così arme in vece di zajjpe. 

L’ Avaro zappator /’ arme riprende . — Petrarca . 
- 6 '* La fpecie per il genere, come la Tigre per 
qualunque Fiera . Il vento Euro per qualunque ven- 
to: La porpora di Tiro per qualfivoglia porpora. 

7. La Materia per la forma, come il faro per 
la Spada ,■ il pino per la nave , T oro , e /’ argento 
in luogo della cofa formata d’ oro, e d’ argento. 
Còsi l’oro invece dei denari, come difle Virgilio 
fedelmente tradotto dal Beverini coi feguenti verfi,- 

A che non forzi un mortai petto infame 
„ Dell’oro ingorda, c fcellerafa fame?. 

; . ’ s. il 


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Dell ’ Elocuzione , 4 $ 

8. Il Numero determinato per 1* indeterminato 
come mille volte per fpefle volte , mille per molti. 
Così difle Cicer. nella 2. Divinazione „ Potrei 
addurre qui feicento altri efempj. „ 
g. Finalmente l’antecedente fi deduce, ed inten- 
defi il confeguente , come del Sole cadente , la Se- 
ra, e il dì dall’Aurora. Così predo Dante. 

Il giorno fe ne andava , e l’ aer bruno 
Toglieva gli animai, che fono in terra ^ 

Dalle fatiche loro 

Anche il Poliziano 

Già cede al grillo la fianca Cicala 
Già il rozzo zappator dal campo Igombra 
E giù dall’ alte ville il fumo efala; 

La Villanella all’uom fuo il defeo ingombra . 
Ora per recapitolare quanto abbiamo fin qui 
detto , fi fa la Sinedoche in nove modi , ponendo 

1. La parte per il tutto. 

2. Il tutto per la parte . 

3. Uno per molti . 

4. Molti per uno . 

5. 11 Genere per la fpecie, 

6 . La fpecie per il genere ■ 

7. La Materia per la forma . 

• §. Il numero determinato per l’ indeterminato 
g.' L’antecedente per il confeguente, 

C A P O V. 

Della Metonimia . 

La Metonimia, che in lingua Italiana dierfi 
Twfncm inazione fi fa quando il lignificato di una 
, * cofa 


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46 Libro Secondo 

Cofa fi reca ad un altro , e ciò può fuccedere prin- 
cipalmente in fette modi, 

E prima quando fi pone il continente in vece 
del contenuto, come /’ Italia per gl’ Italiani . Roma 
per i Romani . Cielo per gli abitanti celefti . Terra 
per gli Abitanti della medefima. Un efempio di 
Metonimia tratto da quello luogo abbiamo da Ci- 
cerone nella fua orazione a difela della Legge Ma- 
nilia,, Tellimonio è \' Italia cui quel vincitore Lu- 
„ ciò Siila confefsò effere fiata per valore, ed av- 
vedimento fuo liberata . Tellimonio è la Sicilia 
„ la quale pef ogni parte da molti rifchi circon- 
„ data fviluppolla non col terrore della guerra, ma 
„ colla celerità del ripiego. Tellimonio è/’ */ffl ri* 
„ c* ,d a gran truppe inimiche oppreffa,del Sangue 
di quei medefimi fu ripiena. Tellimonio è la Gal - 
„ Ha per la quale alle legioni noftrefi aperfe alla 
„ Spagna la via coll’ univerfale eccidio de’ Galli. 
,, Tellimonio è la Spagna , la quale fpeffiflimo ri- 
„ mirò affai nemici fuperati da quella , ed abbat- 
,, futi, , dove la Sicilia , 1 ’ ^Affrica , la Gallia , la 
Spagna fi ufurpa in vece degli abitanti delle me- 
deli me Provincie.- 

a. Quando al contrario fi prende il contenuto pel 
continente, cosi Virgilio diffe che ardeva Ucalego - 
ne in vece della cafa, ove effo albergava. ' 
t Già il fuo vicino Ucalegone ardea . Caro . 

gy Quando fi pone la caufa per l’effetto, come 
Paura ,- in vece di Pallore , da quella cagionato , 
come cantò il Petrarca 

E di Bianca paura il vifo tinfe. 

4. Al contrario l’effetto perla caufa, come /re/- 
foraggine per l’ifteffo fcellerato, c Virgilio nel- 
libro a. dell’Ehcid: diffe or 


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Dell ’ Elocuzione . 47 

...... or afcoltate 

Le malizie de’ Greci .• e da quell uno . . .'Caro : 
Conofceteli tutti t ....... . 

In latino dille il Poeta citato crimine , che vien 
pollo in vece del perfido’ Sinonr autore del delit- 
to . Così Cicerone trattò quello luogo nella prima 
orazione contro' Ver re. „ Le quali cofe l’impudi- 
„ cizia nella malvagità , la crudeltà nei fupplizj, 
>, l’avarizia nelle rapine, la fuperbia nelle ingiù- 
j, rie avrebbe potuto' farli , ch’eflb avelie foppor- 
,, tato quelle cofe tutte per un triennio , elfendo 
„ quello- folo Pretore. 

5- Si fa ponendofi l’inventore per la cofà ritro- 
vata , conte Giove r e Minerva per la potenza , e 
dottrina. Bacco per il vino. Marte per la guerra. 
Cerere per le biade iftcire,onde di Virgilio fu tra- 
dotto nel libro 2. della Giorgica . 

L’ alibi ata collina a Bacco è cara 
Amano i talli l’aquilóne, e ’l freddo. 

6 . Quando- fi prende il pofleflore per la cofapof- 
feduta, ovvero l’Autore per il fuo libro* come 
Netunno per il mare, Cic.* per le fue orazioni &c. 

Dante dille. 

Galeotto fu il libro', e chi lo fenile . 

7. Si fa la Metonimia, quando fi ufa il fegno per 
la cofa fegnata, come la foga per la pace, la fafcia 
per il Magillrato , l’ Alloro per la vittoria , Cipre/- 
fo per la morte, lo S cetra , ed il Trono per l’Im- 
pèro* onde difle Dante 

E come a MfelTaggier, che porta olivo 
Traile la gente per udir novelle. 


CA- 


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4 * Libro Secondo 

capo vr. 

• » 

Dell' *Ant anomali a . 

L’ Antonomafu, che in noftra favella fuona Pro* 
nominazione è un Tropo, che pone qualche appella» 
lione in vece del nome. Cosi Dante chiamò Bea- 
to Regno il Paradifo, domator dei Centauri Tefeo, ; 

dardi ti deli' Impero l’ Italia , maggior Poeta Virgi* 
lio, e nemico per Antonomafia vien detto il De* 
monio. In fei modi può farfi. , 

1. Adoperando il nome Patronimico in cambio 
del proprio, come chi dicerte Alcide per Ercole, 

Stride per Agamennone. 

2. Adoperando alcun aggiunto fenza il fuo So- 
ftanti vo , come dicendo il tradi tor d' Egitto in ve- 
ce di Tolommeo, i due chiari Trojani per Ettore, 
ed Enea. 

3. Ufando i nomi patrj Citerea , o la Ciprigni 
Dia per Venere. 

4. Adoperando i nomi appellativi in vece dei 
proprj , come il Poetai in vece di Omero, 1 ' %A» 
poflolo delle genti in vece di S. Paolo. 

5. I nomi proprj per gli Appellativi , per efem- 
pio Trafone per un vanagloriofo , Mecenate per il 
Protettore de’ Letterati . 

6 . Adoperando i nomi delle genti , e nazioni , 
come Cretefe per Bugiardo , Cartaginefe per manca* 
tor di fede. Quello è un Tropo più torto ufato 
dai Poeti, di quello che dagli Oratori, 


CA* 



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Dell * Elocuzione . 49 

CAPO VII. 

v , . 

Dell Onotnatopeja . 

L’ Onomatopeja , che in italiano direbbefi Nomi- 
nazione è una formazione d’un nome non prima 
ufato . Quello è un tropo famigliariflimo a’ Gre- 
ci , accetto a’ Latini ; oggidì però non si facilmen- 
te approvato dagl’ Italiani . Molte voci abbia- 
mo però de’noftri, che fe non fi poflono dire tut- 
te fpettanti al fuddetto, accompagnano nulla di me- 
no le cofe; per efempio il vagire de’ Bambini, il 
ruggire de’ Leoni , il nitrire dei Cavalli , 1 ’ urlare 
de’ Lupi , il crocitare de’ Corvi , il muggire de’ Bo- 
vi, il trutilar dei Tordi, e limili raccolti dal 
Varchi nella fua Dafne, così feri vendo. 

I Serpenti fifebiar , gracckiaro i Corvi, 

Le Rane gracidar , bajaro i Cani , 

Belarono i Capretti , urlaro i Lupi , 

Ruggirono i Leon, mugghiato i Tori, 
Fremiron gli Orfi , e gli Augei notturni 

* S’udiron Jlrider &c. 

Convien però avvertire, che non è lecito l' in- 
ventar nuove voci in grazia dell’ Onomatopeja , ma 
ci potremo folamente fervire delle già ritrovate da 
buoni Autori. 

CAPO Vili. 

Della Càtacrejì . 

La Catacrefi, cioè abuftone , fi fa quando a una 
cofa eh’ è priva di nome fi adatta quello, che le 

d , uà 


Libro Secondo \ 

fìà meglio, e l’è piu vicino, come appreflo Dan- 
te 

I’ venni in luogo d’ogni luce muto. 

Cosi il nome Parricida , che lignifica uccifore 
del Padre, fi prende ancora per uccifore della So- 
rella , e della Madre . 

Quello Tropo è molto limile alla Metafora* ma 
in ciò fi dillingue da quella , che la Metafora fi 
può fare anche, quando la cofa abbia il proprio 
luo nome * laddove la Catacrefi dalla proflima co- 
fa, purché vi palfi fimilitudine , dà il nome a 
quella, che ne va priva. 

CAPO IX. 


Della MetalcJJi . 


La Metalelfi, o Traffun^ìone , che anche Rifali- 
mento fi chiama , fi fa , quando fi ufa un vocabo- 
lo, da cui non fi giunge a capire la cofa da elfo 
lignificata ^ fe norr per molti gradi . Dilfe per efem- 
pio Virgilio 

......... dopo alquante rejle 

Vedrò con maraviglia il regno mio . J 

Cioè dopo alquanti anni* e vuole, che di gra- 
do in grado fcorriamo colla mente dalle refle alle 
fpighc, dalle fpighe alle biade, dalle biade all’ e- 
ftate, e dall’eftate agli anni. Quello è un Tropo 
inufitatiflfimo , ed affatto difconvenevole . I noftri 
più acconciamente mifurano il tempo dalla rivolu- 
zione de’ Pianeti , o delle Sragioni . 

Ma s’ ella vive fotto molti Soli 
In cambio di dire pm meli 


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ì)ell' Elocuzione* 

e già tre voi té 

Ha il nudo mietitor tronche le Spighe.- 
Così dicefi tre verni , tre ejlati &c. per tre anni/ ; 

CAPO X. 

Dei Tropi di Sentenze/ 

Dell ’ Allegoria * 

L’Allegoria è una continuazione di Metafore y 
óvvero è un Tropo, che motiva una cofa con le 
parole , ed un altra' col fenfo, onde a tutta ragio- 
ne chiamafi divet'Jlloquio , perchè s’intende una co-' 
fa tutta diVerfa da quella, che fi dice. Di un ta- 
le Tropo abbiamo un èfempio in Cicerone nell’o- 
razione contro L. Pifone, nella quale così con Al- 
legoria di lui parla. „ Nè così timido fui, che io 
„ il quale in graviffimi turbini , e flutti avea la 
„ nave della Repubblica governato, e falva in por- 
„ to allocata , una nuvoletta della fronte tua te- 
„ mefli, ed il contaminato fiato del tuo Collega. I 
„ Veduto ho altri venti : ho altre procelle’ con 
„ l’animo preveduto: ad altre imminenti tempefle 
„ ho fatto fronte ,■ ma me folo a quefte ho parato 
„ innanzi per la univerfale falvezza ,, •’ Un’ altro 
efempio ci dà degno di offervazione Q. Orazio Fiac- 
co nell'Ode 14. del libro 7 ., il qual fotto Allego- 
ria della nave , così parla’ alla Rep. Rom. , che ri^ 
parava' le guerre civili. 

O Nave a Teti ih grembo 
Te nuov’onde trarran ? Che fai? del porto 
Tenace afferra il lembo 

D 2 Poco 

/ 


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3 a Libro Secondo 

Poco meno , che aflòrto . 

E di remi fpogliato 

Non ti avvedi qual gema ogni tuo lato ? 

Dall’ Affrico veloce 

L’ Alber qual gema infranto , e qual le vele » 
Qual contra l’odio atroce 
D’ un mar così crudele , 

Già di farte sfornito 

Poffa appena durar il fen fdrufcito ? 

Non hai più vela intera, 

Nè più Numi a favor dal male oppreffa : 
Benché per Figlia altera 
Fi a, che vanti te fleffa 
Delle Pontiche balze, 

E l’ inutil tuo nome , e ’l germe innalze , 
Nulla fi fida in vero 
Di poppa ornata , e di gentil naviglio 
Il timido Nocchiero, 

Ah! fe a grave periglio 

Non vuoi di fcherzo infano 

De’ venti foggiacer, fuggi lontano. 

Ciò che dianzi fu mio 

Tedio nojofo, e mio faflidio greve 

Or cangiafi in defio. 

Ed in penfier non lieve. 

Fuggi le perigliofe 

Onde, che fon fra Cicladi fpumofe. 

Ognuno vede, che in quell’ Allegoria la Nave è 
prefa per la Rep., i flutti per la guerra civile, il 
porto per la pace, il remeggio per i foldati, i Noe» 
cbieri per i Magiftrati , e l’albero della Nave per 
i principali Capitani . Devefi però avvertire , che 

l’Allegoria non fi continui tanto a lungo, e ne fia 
° *■ ofeu- 


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/ 


\ 


Dell * Elocuzione . 53 

, ofcura, acciocché non diventi Enigma, o Indovi- 
nello , come noi 1 * appelliamo . Ciò fuccede non di 
rado pretto i Poeti. Eccone un efcmpio tratto dal 
Berni . 

Qual Animai è quel, che ftranamente 
Patteggia fcnza pié, come una Spofa? 

E quale è quel , che con quattro alia china , 
E poi con due, e poi con tre cammina? 

CAPO XI. 

Dell' Ironia . 

L’ Ironia , che anche derilione fi chiama , è un 
tropo di fenfo contrario a quello, che Tuonano le 
parole; benché dalle circoftanze, e dal tuono, con 
cui le pronunciamo, ben vengono in cognizione gli 
Uditori di quel che vogliamo dire.v. g. vogliamo 
bialimare uno , lo lodiamo , ma in maniera tale , 
che fi conofca, che la lode degenera in biafimo. 
Dà Cicerone un efempio nell’orazione a difefa di 
Milone „ Ma noi folli fiamo, che abbiamo ardi- 
„ mento di mettere a paragone con P. Clodio Dru* 
„ fo, l’ Africano, Pompeo, e noi fletti: quelle 
„ occafioni comportabili furono, niuno può con 
„ raffegnato cuore portare la morte di P. Clodio: 
„ ftà in duolo il Senato: l’equeftre ordine fi rat- 
,, trilla; tutta la Città è di malinconia confunta* 
fquallidi fono i Municipi , le Colonie abbattute; 
„ finalmente le campagne illette dolenti fono per 
„ la perdita di Cittadin si benefico, sì falutare, e 
„ sì manfueto. „ Ognuno ben vede il parlare Iro- 
nico , confiftente nel fingere dolore per la morte di 
Clodio. D 3 - Il 


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< 5 ^. Libro Secondo 

11 Conte Gozzi negl’ impareggiabili Tuoi fermonì, 
dopo averci defcritto gli abufi de’ tempi moderni -, 
conchiude con queffa graziofa Ironia , 

. oh quai valenti nuore, 

E da faccende, e cafalinghe, e quali 
Attente Mogli a novellini fpofi , 

Quello beato fecolo apparecchia ! 

Qiando poi l’Ironia coda di parole, che deri- 
dono, ed infultano, e maltrattano acerbamente, 
allora chiamafi Sarcafmo, cioè amara derjfione, o 
beffa. BelliflGma è quella di Dante, che s’intende 
fopra la Città di Firenze, travagliata dalle interne 
fazioni . 

Godi Firenze , poiché fei si grande , 

Che per mare, e per terra batti l’Ale, 

E per l’ Inferno il tuo nome fi fpande . 

CAPO XII. 

Della Perifrafi . 

La Perifrafi, la quale da molti vien polla nel 
numero delle Figure , e quante volte una cola 
che potrebbe fpiegarfi con una , o poche parole , 
noi la fpieghiamo eon molte. Si chiama Perifrafi, 
che è quanto dire Circonlocuzione , o frafeggiamen- 
to; ed £ in ufo sì prelfo gli Oratori , come prelfo 
ancora i Poeti, In quella devono efercitarfi i Prin- 
cipianti, acciò imparino una cofa ad efporla in 
afpetto diverfo , con piò parole , fentenze , proprie- 
tà y ed eleganza. Guardifi però, che la medefima 
non troppo foprabbondi, e fia a propofito, acciò 
fla’ Perifrafi , non cada in Periffologia , cioè in trop- 
> — -i pa 


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Veli' Elocuzione. 


SS 


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ìì 


» 


3 » 


pa fuperfluitk di ^difcorfo. Cicerone nell’orazione 
a favore di Milone , fembrandoli cofa molto grave 
il dire Clodio efler flato uccifo dal detto Milone, 
volle mitigare il di lui misfatto con qucflo raggi- 
ramento di parole. „ Il quale avendo lafciato il 
nemico chiufo in mezzo alle fpade, non gli an- 
davano per la mente gli ellremi compagni , ne’ 
quali fcontratofi , che accefi eran di fdegno , e 
„ della vita del Padrone difperavano in quelle pe- 
ne rimafe , che i fedeli fervi per la vita del pa- 
drone da lui cercarono di efigere con ardore. 
Perchè dunque li manomife? „ Il Petrarca fpie* 
gò in quattro verfi , facendo ufo di quello luogo , 
Dio Creatore . 

Quel , che infinita Providenza , ed arte 
Usò nel fuo mirabil Magiflero, 

Che creò quello , e quell’ altro emisfero 
E manfueto più Giove, che Marte. 

E nell’Egloga prima di Virgilio, in cui vuol 
dire, è già la fera fu tradotto elegantemente da 
Andrea Lori 

E dalle Ville, benché fien lontane 
Si vede ufcir il fumo, e giù difcende 
Dagli altiflimi monti maggior l’ombra. 

Ed il Bembo in quelli vedi così defedile 
quattro flagioni . 

E quando il giorno breve 

Copre le rive, e le piagge di neve, 

E quando il lungo infiamma le campagne, 

E quando aprono i fiori , 

E quando i rami poi tornan minori . 

Da qui ben fi vede, che quello è un Tropo non 
folo ufato dagli Oratori, ma fpeffiflimo da’ Poeti 
ancora . D 4 La 


le 




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I 



§<£ ’ Libro Secondo 

La Perifrafi poi ferve ad ingrandire il difcorfo, 
ancora in modo fublime, come notò Longino • per- 
ciò difle il Boccaccio. „ Il valorofo popolo anti- 
camente difcefo dal Trojano Enea „ per accennare 
i Romani. 

. Serve a fcanfare ingegnofamente certe parole , che 
recano noja o dolore, e adoperafi ancora alle vol- 
te per decenza , quando la modeltia , e 1* oneftà , 
ed il coflume non foffre, che la cofa fi nomini 
col nome proprio. 

Finalmente ferve a dare piò chiarezza, bellezza, 
ed ornamento al difcorfo, come quella Perifrafi 
ufata dal Dante. 

Il nome del bel fior, che fempre invoco 
cioè Mar. Vergine 

Onde non immeritevolmente definì Sofipatro Ca- 
ribo nel 4. della Gramat. la Perifrafi un difcorfo 
lungo con eleganza formato, e farfi quello per pro- 
durre con ogni decoro la brevità, e per evitare 
col circuito delle parole la bruttezza , e deformità 
di qualche cofa. Ma foggiunge il citato Longino, 
fe quella ufafi fmodcratamente , fa cadere nel lan- 
guido, e vana rende l’orazione. 


CAPO XIII. 

i 

Dell ’ Iperbole . 


J 


L’ Iperbole , eh’ è quanto dire trapaflamento dal 
vero fi fa, o accrefcendo, o diminuendo le cofe, 
non già perchè uno voglia far credere quella tal 
cofa, o più grande, o più piccola di quel che fia 
( perchè quello farebbe un mentire )> ma fidamen- 
te 

\ 


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Dell' Elocuzione, J7 

te per far formare agli Uditori il giufto concetto 
di quella cofa, che fi tratta. Quindi è, che diffe 
Seneca , che 1* Iperbole narra cofe incredibili per 
far concepire cofe credibili . Un Iperbole di accre- 
fci mento farebbe quella - più crudele d* una Tigre , 
più ardente del fuoco , pii i duro d' un diamante . 
Quindi il Berni difie. 

.... veloce piìi che vento, e Arale 
Come un Corvo nerifiimo era nero. 

E prcfio il Dante leggeli 

In un bogliente vetro 

Gittato mi farei per rinfrefcarmi. 

Nell’ Iperbole di diminuzione eccone gli cfempj, 
più leggiero d' una piuma , più povero d’ Irò &c. 
L’ Iperbole rende vaghezza alle volte al difcorfo . 
Poiché, dice il Falerèo, ficcome talora quel che è 
grande utilmente fi fminuifce, così ancora quel, 
che è piccolo fi aggrandire. Freddiffima ancora 
fopra ogni altra cofa può effe r la medefìma , fe non 
fia bene ufata. Quella è di tre fpecie. Perciocché 
o ella è detta per via di rafiomiglianza , come nel 
corfo fumile ai venti • o per eccello , come più bian • 
co della neve , o per impofiìbilità , come quella* 
fermò il capo al Cielo . Ogni Iperbole poi ha dell 
imponibile, non trovandoli cola più bianca della 
neve, nè alcuno, che egual fia ai venti nel corfo* 
ma l’ultima fi chiama mafiìmamente imponibile, 
ed è quella appunto la cagione, perchè ogni Tper« 
bole è fredda , per la propinquità , che ha con 
l’imponibile. Per la qual cofa in ogni Iperbole, o 
fia di accrefcimento , o di diminuzione bifogna u- 
fare mediocrità,, cosi, che febbene di fua natura 
ella forpafia la noftra credenza , pure non dee ufcj« 
re dai confini, nè dalle nofire mifure. Que- 


A 



Libro Secondo 


Quelli fono i Tropi fecondo la dottrina de’ Ret- 
forici Greci, e Latini. Il D. Mazzoni parlando 
di quelli è di parere che l’antica opinione forte- 
nuta dall’ufo dica molte cofe fuperflue fu quello 
propofito, Imperciocché i Tropi per giudicio di 
lui , ed altri , non fono più , che quattro , e na- 
fcono tutti da quattro luoghi Topici, prendendo 

E er un luogo quelli , che febbene pajono doppj , 
anno però tanta corrifpondenza inlieme , che fi pof- 
fono pigliare per un folo. 11 primo luogo è la 
cagione , e l’ effetto , il fecondo è il tutto , e la par- 
te , il terzo quel che nafce dalle comparazioni , o 
comparati , il quarto è quello, cha ha origine da- 
gli oppoffi , o almeno dai diffimili. Ora quando pi- 
gliali l’effetto per la caufa, o la caufa per l’effet- 
to , allora li fa la Metonimia ; quando fi prende 
il tutto per la parte , o la parte per il tutto • Si 
chiama Sinedoche; quello, che fa menzione nei 
comparati è Metafora; quella che la fa negli op- 
porti, e nè diffimili chiamafi Ironia, e 1’ Antono- 
mafia può ridurfi alla Sindoche, Quelle fono quelle 
fpecie de’ Tropi più-ufati, che devono Ilare a’ Gio- 
vani più a cuore di ben intendere, ed imparare, 
riducendofi tutti gli altri a quelli accennati. 



PAR- 



Deli? Elocuzione. ^p 

PARTE SECONDA 

DELLE FIGURE DI SENTENZE. 
CAPO PRIMO. 

Cofa Jìa Figura in genere. 

A Quel fonte alla fine veniamo ,. da cui deriva 
tutta la vaghezza, ed ornamento del dilcor- 
fo : £’ tMnoo ormai di abbandonare il parlare ufa- 
to , e comune , e follevare il penfiero a cofe pili 
alte. LaRettorica non chiamerebhefi arte, fe dalla 
jnedefima fi trattafiero le cofe ordinariamente , come 
trattanfi tra domeftici , e familiari . V” è dunque qual - 
che luogo, jl quale infegna a trattare le cofe con in- 
duftria , ed artifizio . Quello chiamafi Figura , la 
quale fi diffinifce un modo di favellare, che s’ al- 
lontana dal comune ufo , o fia dalla forma del par- 
lar naturale, ed ordinario/ ovvero, come dice il 
Cavalcanti, la Figura è quafi un abito, del quale 
il parlare fi velie, e fi adorna, come farebbe quan- 
do una cofa, che noi potreflìmo efprimere fempli- 
cemente,e col modo comune, ed ordinario l’efpri- 
meflimo per via, v. g.\ d’interrogazione, e di Ri- 
pulsione delle medefime parole, o con altro mo- 
do, che le dafie ornamento; di che fia quello e- 
fempio . Direbbefi femplicemente parlando ,, quel- 
la guerra fu la rovina della Germania ma figu- 
ratamente, e per Interrogazione fi direbbe. „ E 
chi negherà quella guerra efler fiata la rovina del- 
la Germania? „ Così. Cicerone figuratamente par - 

lò 


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6o . Libro Secondo . 

Io del perfido Catilìna. „ Vivi, e ancor vivi noft 
per deporre, ma per maggiormente accrelcere il 
tuo foverchio ardire ! „ I 

La Figura è differente dal Tropo in ciò , che 
1’ uno fi fa col trafportare il lignificato d’ una pa- 
rola a quello d’ un altra, come fi è detto di fo- 
pra ; laddove la figura fi fa egualmente bene in 
parole proprie, e in traslate, lo che non fi può 
fare ne’ Tropi, come per modo d’ efempio . 

• Non fon colui , non fon colui , che credi : Dante. 

Dove la figura confifte nel ripigliamento del pro- 
nome colti’ , Non è però che non fi pollano incon- 
trare infieme in un medefimo concetto, e Tropi, 
e Figure, come vedefi fempre quafi in ogni luogo , 

di Cicerone ifteflo. 

Di due fpecie fono le figure* altre fi dicono di 
dettatura, o fieno di parole, ed altre di concetto, 
ovvero di fentenze. Figure di parole fono quelle, 
che fi ufano per dar grazia, ed ornamento al di- 
fcorfo* di fentenze, o di concetto quelle altre , 
che recano gravità, e veemenza alle cofe medefi- 
me . Siccome però dice il Decolonia nel fuo libro 
primo della Rettorica , le cofe devonfi prima conce- 
pire in mente, e poi con parole efprimerle.* però 
prima parleremo delle Figure, le quali appartengo- 
no alle fentenze, poi di quelle, che appartengono 
alle parole. E perchè le Figure de’ concetti altre 
fembrano piu adattate alle prove, altre all’ ornamen- 
to , ed altre alla mozione degli affetti , però le di« 
vireremo in quelle tre dalli» 


CA- 


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6 1 


Dell ’ Elocuzione . 

CAPO II. 

Delle Figure alle Prove Adattate . 

Dell 5 xAntitefi . 

L’ Antitefi voce Greca , che in Idioma volgare 
è lo flelTo, che contrappollo , o fia oppofizione è 
una Figura, in cui le parole fono contrarie alle 
altre, che feguono,e i fentimenti fra di loro con- 
traddicono . Quella dà grazia al difcorfo , quando 
temperatamente fia ufata . Moltiffimi efempj fi pof- 
fono avere da Cicerone concernenti una tal figura , fra 
i quali mi pare polla avere il primo luogo quello 
della feconda Catilinaria , in cui ben fi conofce la 
forza di quello fchema , e l’ artificio , che porta 
feco nell’ufarlo. „ Imperciocché quinci combatte 
il moderato riferbo, quindi le llemperate maniere, 
quinci la pudicizia, quindi li flupri * quinci la 
lealtà, quindi la frode, quinci la pietà, quindi la 
ribalderìa , quinci la ferma inalterati quiete, quin- 
di l’alterazione d’animo perturbato: quinci il de» 
coro , quindi la fconcezza , quinci la moderazione, 
quindi la paflione, l’equità finalmente, la tempe- 
ranza, la fortezza, la prudenza, le virtù tutte a 
contrailo vengono coll’ ingiuflizia , col ludo , colla 
codardìa , colla temerità , e con tutti i vizi .* l’ab- 
bondanza per ultimo coll’ indigenza , la buona con- 
dotta con la fciagurata, la mente alfennata con la 
pazzia, la buona fperanza viene a fronte con la 
difperazione delle cofe tutte . „ E predo il 
Boccaccio ,, Tant’ acqua avrai da me a folleva» 
mento del tuo caldo, quanto fuoco ebbi da te ad 

al- 


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ÓIa Libro Secondo 

alleggerimento del mio freddo. E F. Concordiò 
Ammaell. 183. diffe ,, I trilli hanno in odio l’al- 
legro , i giocondi il trillo , i veloci il pofato , i 
pigri f accorto „ . Ed il Petrarca . 

O viva morte , o dilettofo male . 
cd altrove 

E gli atti Tuoi foavemente alteri , 

E i dolci fdegni alteramente umili . 

CAPO IIL 

Della Sojlent anione , 0 fofpen/ìone . 

Quella Figura, che Sollentazione , o fofpenfione 
fi chiama, li forma dall’Oratore col tener fofpefo 
per qualche tempo l’ Uditore , prima di efporgli il 
lentimenfo , o altre cofe , delle quali fi tratta . 
Quella figura è affai bella, e tiene attento, ed in 
afpetfazione l’Uditore per fentire dove vada a fi- 
nire il difcórfo, la quale, altresì riufeirà tediofa , 
fe alla fine non rifolverà qual cofa voglia dire, o 
voglia fare l’Oratore^ Eccone un efempio di Ci* 
cerone ricavato dalla terza orazione contro Verre * 
„ Vedete ora un altra/ pazzia , vedete come s’ in- 
„ viluppi, mentre diviluppar fi vuole. Allenio il 
„ follevatore oppone : chi ? Qualche confanguineo , 
„ ovvero affine? Non già qualche Terminefe , one- 
„ Ha, e nobil perfona? Neppur quello.* un Sicilia* 
„ no per avventura, nel quale qualche fplendore, 
„ e decoro fia? Nulla meno. Chi dunque? UnCit- 
„ tadino Romano,,. Ed un altro trovali regiflrato 
nella fella orazione contro Verre. „ Mi pare, o 
„ Giudici, che Aiate in afpettazione di fapere qua- 


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Dell * Elocuzione. 

„ le fode l’efito di queda cofa ; perciocché codui 
,, non ha mai fatto cofa fenza guadagno , e rapina . 
„ E che mai operar fi poteva in sì fatto negozio? 
„ Qual utile fi ritrae? Afpettate pure uri azione , 
„ quanto vi volete mai , malvagia , vincerò noti per 
„ tanfo 1’ afpettaziorte vodra . Condannati efiendo co- 
„ fioro a titolo di fcelleraggine , e di congiura , confe- 
„ gnati al fupplizio, al palo legati, all’ improvvifo 
„ in fir gli occhj di molte migliaja di perdine fu- 
„ rono fciolti , ed a quel Leonida loro padrone re- 
,, dituiti . , y 

Dai Poeti ancora è ufata qu eda Figura » ufandola 
Marziale nel libro 6. , e l’ Anodo nel lib. ^.Jlan^.1. 
Chi mi darà la voce, e le parole 
Convenienti a sì nobil foggetto? 

Chi F ale al verfo prederà ,. che vole 
Tanfo , che arrivi all’ alto mio concetto ? 
Molto maggior di quel furor, chfc fuole. 

Ben or convietì , che mi rifcaldi il petto.* 
Che queda parte al mio Signor fi debbe^ 

Che canta gli Avi , onde l’ origin ebbe » 

CAPO IV, 

Della Comunicatone . 

La Comunicazione è una Figura , che dall’ O- 
ratore fi fa , o deliberando co’ Giudici, o diman» 
dando configlio agli defii Avverfarj in quedo mo- 
do „ A voi Aedi, o Sapienfiffimi Giudici, chie- 
„ do configlio, cofa dimiate , eh’ io debba fare, 
» e tale certo me lo darete, quale fi è quello, che 
5 , io fteffo intendo di dover prendere neceflariamen* 

te. 


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■ 6\ Libro Secondo 

te . ,. Agli Awerfar j poi così . „ Or via dite voi 
„ ftefli, fé volete rispondere il vero, dite, che av- 
„ refie voi fatto in tal cafo , e pericolo ? „ Nel fare 
quella Figura hanno luogo tali modi di parlare , 
quali fono, che mi confìggiate? Voi ne domando: che 
farefte voi , fe fofìe in quel termine ? Fate conto, che 
fi tratti di cofa comune , e che voi fiate a quell* 

propofli &c. 

\ 

CAPO V. 

Della Correzione . 

La Correzione detta con altro nome Ritratta- 
zione , è una Figura , che dal nome ifteffo ben fi 
capifce , come debba formarli . Imperciocché cor- 
reggerfi in un detto non è altro, che Scambiarlo 
con un altro artificiofamente , che più al cafo Sem- 
bra in acconcio. L’efempio dell’ Orazione prima 
contro Catilina meglio il tutto diluciderà . Dopo 
di aver la Patria ifteffa rimproverato Catilina, e 
rinfacciati tutti a lui gli affronti fattili * cosi con- 
chiude il difeorfo con la Figura di Correzzione . 
■„ Sebbene che giova , che io parli ? Potrà forfè fuc- 
„ cedere, che alcun ftrano accidente ti abbatta ? 
„ Che ti emendi una volta ? Che mediti qualche fu- 
„ ga? Che per la mente rivolghi di andertene via 
„ di quà ? ed or pur foffe vero , che gli Dei immorta' 
„ li, ti mctteffero nell' animo quello sì bel penfìero ! ,, 
Quella può confi fiere ancora in una o due paro- 
le , e allora chiamafi ornamento di parole , che 
toglie la prima per foftituire un altra, che meglio 
ila conveniente , ed a propofito , come 


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Dell ’ Elocuzione. 6$ 

11 mio Signore, an^i il nemico «i/o, Petrar. 

E più fotto ■ * * 

Quelli in fua prima età fu dato all’arte 
Di vender pùrolette, au^i menzogne. 

CAPO VI. 

Delle Figure piu’ atte a dilettare. 

.* 1 / 

Dell' .Apojlrofe . 

L’ Apoftrofc voce Greca , che nel parlar noftro 
lignifica converfione è una Figura, la cui natura è 
tale, ch’ella rivolge il parlare dal corfo fuo*e da 
quelli, ai quali parliamo, rivolgiamo il noftro di- 
fcorfo ad altre perfone vive, morte, prefenti , e 
aflenti , vicine , o lontane , agli Dei , alle Città , 
alle Provincie, e ad altre cofe inanimate, e pri- 
ve d’ogni fentimento , monti, felve, e limili . Di 
quella Figura fi poffono dare quefti efempj. Rivol- 
ge Cicerone nell’ Epilogo dell’ orazione in difefa di 
Milone il fuo parlare ai Giudici , ed a quei vaio- 
rolì uomini , i quali (lavano armati intorno al giu- 
dizio dicendo. „ Voi, voi chiamo io, valorofiflì- 
„ mi uomini, i quali avete a prò della Repubbli- 
„ ca molto fangue verfato, e voi Centurioni, e 
„ voi Soldati chiamo io nel pericolo d’un uomo, 

„ d’un cittadino invitto: non folamente in fu gli 
„ occhi voftri, ma voi eflcndo ancora colle armi- 
„ addoffo, e fovraftanti a quello giudizio , slgran- 
„ de eccelfa virtù farà ella da quella Città difcac- 
,, ciata? Sarà efterminata ? Sarà affatto sbandita? 

,, Ahi me mifero &c. „ Tale è quello del Boc- * 

E caccio 


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66 . Libro Secondo . 

caccio nella Fiammetta. „ E tu onefta vergogna 
,, tardi da me conofciuta perdonami &c. „ e nella 
prima orazione di Cicerone contra Catilina così 
parla agli Dei invocandoli. „ Ma tuo Giove, che 
„ flato lei da Romolo cogli aufpicj medefimi co- 
„ ftituito, ond’è fiata quella Città rimetta in pie- 
„ di, te della medefima, e di quell’impero ftato- 
re nominiamo, terrai lungi coflui , ed i fqoi al- 
„ leati dagli altari tuoi , e dagli altri tempj , dal- 
„ le abitazioni, e dalle mura della Città, e dalla 
j, vita, e dagli averi di tutti i Cittadini, ed agli 
„ eterni fuppliz; vivi facrificherai , e defonti tutti 
„ gli avverfarj de’ buoni, i nemici della Patria, 
„ gli Aflaffini dell’Italia in confederazione di fee- 
„ leratezze tra loro, ed in nefanda alleanza con* 
„ giunti . „ . . . , • 

Nel fare quella Figura fi aflegnano tre regole da 
oflervarfi. La prima fi è, che di quella figura di 
raro uno deve far ufo. Poiché fe molto {petto fi 
adopera, forma il difeorfo puerile, freddo, e vile, 
a. Benché alcuni fiano d’opinione, che l’Apoftro- 
fe non fi potta ulare nel principio del difeorfo - pu- 
re vediamo ciò efler falfo* per ufàrla elegantemen- 
te Cicerone nel principio della prima Orazione con- 
tro Catilina. „ E fin a quando, o Catilina tu ti 
abufi della noftra fofferenza &c. „ Ciò fuccede, co- 
me vedremo, in formare gli efordj ex abrupto. 3 . 
ài Poeti ancora è permeilo alle volte di lervirfi di 
una tale Figura . Li Efempj fono innumerabili . Il 
Petrarca per il primo ce ne dà piene teftimo* 
manze . 

O poggi» o fiumi, o felve, o campi, 

O tellimonj della mia grave vita, 

«... . Quan- 


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M. 



Dell * Elocuzione . ' 6*} 

Quante volte m’udifle a chiamar morte? 

Ed il Taffo nella Gerufal. > 

Mifero di che godi? oh quanto nielli 
Fiano i trionfi, ed infelice il vanto? 

Ed il Caro così tradufTe di Virgilio nell’ £« 
tfeid. 4 . 

Spoglie, mentre al Ciel piacqui amate, e care 
A voi rend’io quell’ Anima dolente. 

Voi l’accògliete, e voi di quell’ angòfcia 
. Mi liberate : Ècco io fon giùnti al fine 
Della mia vita , e di mia forte il corfd 
Ho già compito, or la mia grande immago 
Nè andrà fotterra, e qui di me che lalcio? 

CAPÒ Vlf. 

I 

Dell * Tpotipojt t 

L* Ipotipofi , o fia definizione è una Figura , che 
fi fa col raccontare una o piu azioni, o vere, a 
finte, ma con efprelfione così vivace, che ferhbri- 
no non folamente udirfi , o leggerfi , ma vederfi 
con gli òcchi proprj. Le fapprefentazioni , che fi 
fanno al vivo mediante quella Figura , fi prendono 
dalle confidemioni delle parti, caufe, effetti, ed 
aggiunti , quali luoghi vedremo ad uno ad uno a 
fuo tempo < Quella figura' per lo pii» fi forma col 
far ufo del tempo prefèntc, o imperfetto* in una 
parola ogni efatta definizione, che fa il parlare 
operante , dirli può Ipotipofi ; Da quella figura Ci- 
cerone così defcrive al vivo la crudeltà, e barbà- 
rie di Verre nell’ azione 6. contro il medefimo* 
„ Effo da fellonia, e da fmania forprefo fi -porta 

E l - nel 


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I 


6S- . Libro Seconda 

nel foro, gli occhi erano accefi, da tutta la faccia 
crudeltà fpirava; ftavan tutti afpettando, qual cofa 
mai folle per fare, o dove per andare.* quando 
d’ improvvifo comanda, che colui fia tratto fuori 
per forza, ed in mezzo alle piazze fpogliato,e le* 
gato , e che fi preparino le verghe : Quel povero, 
uomo gridava d’elfer Cittadino Romano; „ Nè 
inferiore fembra elfer quella Tpotipofi di Virgilio ufa- 
ta nel libro 8. dell’ Eneidi nel defcrivere i Ciclopi. 

. . . .or v’accingete all’opra 

Senz’altro indugio, e fu ciò detto appena, 
Che divife le veci , e i magifteri , 

A fondere, a bollire, a martellare 

Chi quà , chi là fi diede . Il bronzo , c l’ oro 

Corrono a rivi, e s’ ammaflficcia il ferro.* 

Si raffina l’acriajo, e tempre, e leghe 
In piò guife fi fan d’ogni metallo. 

Di fette falde in fette doppi unite 
Ricotte affuoco, e ribattute, e falde 
, Si forma un fodo , e fmifurato feudo , 

Da poter folo incontro all’ armi tntte 
Star de’ Latini . Il fremito del vento , 

Che fpira da gran mantici, e le ftrida. 

Che ne’ laghi attuffati, e nell’incudi 
Battuti fanno i ferri in un fol tuono 
, Nell’antro uniti, di tenore in guifa 
Corrifpondono a colpi de’ Ciclopi , 

Ch’ al moto delle braccia or alte , or balle 
Con le tenaglie , e co’ martelli a tempo 
Fan concerto , armonìa , numero , e metro . Caro. 

Ed il Poliziano deferive, anzi dipinge graziola* 
Mente la Primavera così : 

Zeffiro già di bei fioretti adorno 

Avea 


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■ -r fc. 


6g 


Dell * Elocuzione. 

Avea da monti folta ogni pruina , 

Avea tatto al fuo nido già ritorno 
La franca rondinella peregrina &c. 

Quella Figura è quafi la più ufata delle altre j 
ed alle volte porta feco unite altre Figure fecondo 
le circoftanze in cui fi adopera. Poiché dice il P. 
Serra . i . 1 * Ipotipofi unita ai ripulimenti , e ripe- 
tizioni ferve all’ eccitamento dell’ira. „ Che face- 
„ va, Tuberone, quella tua fpada impugnata, nel- 
„ la battaglia di Farfaglia? Il fianco di chi ricer- 
„ cava quella punta? Qual era la tua mente? &c. 
dice Cicerone nell’ orazione a favore di Ligario. 

2. Congiunta con le interrogazioni , e ripetizioni , 
ferve per efporre fotto gli occhi le conghietture , 
„ Dovralfi egli ancora^ in cofe tanto chiare gir 
„ prendendo argomenti , e conghietture ? Non pare 

a voi o Giudici , quelle cofe , che udite di ve- 
„ derle con i proprj occhj . Non ifeorgete quel mi- 
„ fero nafeente di fua difgrazia ritornarli da cena- 
„ non gli agguati a lui teli ? Non il fubito , ed im- 
,, provvifo aflalto? Non vedete voi in quella ucci- 
„ {ione Glaucia? „ non fi trova anche Tito Ro« r 
feio prefente? &c. Così Cicerone nell’ orazione a 
favore di Serto Rofcio Amerino. 

3. Serve per mettere in ridicolo,* e in digredi- 
to con l’accufa l’accufatore, ,, Degna è bella co- 
,, fa era il confiderare la negligenza di coftui ufa- 
„ ta nell’ accufare . Credo,* che reggendo elfo que- 
„ fri eccellenti uomini federe in quelle fedie, an- 
„ dalfe fra fe fteflo difeorrendo , qual di loro avef- 
„ fe a rifpondere non penfando punto di me, per 
„ non aver io per l’ addietro trattata caufa alcuna 
„ pubblica , e pofciachè trovo r che niuno di quelli,. 

E 3 che 


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7* Libro Secondo 

w che poffiono , o fogliono , era per arringare , co- 
„ minciò ad ufare così fatta negligenza , che a fuo 
„ arbitrio fi fermava» di poi fe ne, andava pafleg- 
„ giando, ed alle volte ancora chiamava il fervo, 
„ cred’ io per imporci , che procurale per la cena 
„ tenendo quella nobile raunanza , e prefenza voftra 
„ per una folitudine. Pervenne ultimamente alla 
„ fine del fuo arringo, e fi pofe a federe, lo al- 
„ lora mi levai in piedi. Parve, che egli prendef- 
„ fe fpirito &c. „ Così Cicerone nella citata ora- 
zione a favor di Rofcio. 

4. Serve per rendere invidiofo, ed odiofo l’av- 
verfario, e notili la Ripetizione; ,, com’egli fe 
ne vada co’ capelli ben pettinati , ed unti di odori- 
feri unguenti Scorrendo frequentemente per la piaz- 
za , feguito da una gran comitiva di Cittadini Ro- 
mani . Voi vedete , Giudici , come difpregi cia- 
fcuno, come non penfi, che vi fia uomo, che gli 
tenga paragone; come fe folo ricco, fe folo poten- 
te reputi. „ Cic. nel luogo citato, 

5. Serve per ifchernirlo, e beffarlo, con l’aju- 
to però dell’ Ironia, la quale rendefi fempre più 
piacente con l’ajuto della Ripetizione. „ Così io 
„ mi voglio dare a credere , che non, volevi , e 
„ non ardivi ragionare del tuo credito con unCit- 
,, tadino tuo parente ; e come fpelfo avviene , aven- 
„ doti meflo in animo di fare quello uffizio, e 
„ venirne a parlamento; ed elfendoti a ciò appa- 
„ recchiato molto innanzi, e penfata la forma del* 
„ le parole, che dovevi ufare, a guifa di uomo 

timido, e di fanciullefca verecondia ripieno , pre- 
n fornente rimanevi dall’imprefa, di un fubito ti 
„ ufcivano di mente le parole; ed effendo bra- 
> „ m»fo 


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Dell ’ Elocuzione. yi\ 

„ mofo di pur favellare feco di tal cofa,non ave» 
„ vi cuore per non recargli moleflia,e diflurbo.,, 
così Cicerone neir orazione a favore di P. Quin- 
zio & c. r 

Quelle oflervazioni , che fi potevano tralafciare 
fi fono qui polle, affinchè li Giovani fi trattenghi- 
no un poco in quella Figura , e vi formino lludio 
particolare , dipendendo per lo più la bellezza del 
difcorfo dalle vivaci defcrizioni. 1 ■ ' . 

CAPO Vili. 

Della Profopopeja . 

• __ • • • • • • i + 

La Profopopeja, che volgarmente chiamali in- 
troduzione di perfone, è una Figura piena di vee- 
menza, quando Ila verifimile, ed a tempo ufata. 
Quella fi diffinifce una figura colla quale s’intro- 
duce a parlare una perfona ancor lontana, e mor- 
ta , priva d’ ogni fentimento , e di ragione , come 
farebbe una Città, una virtù, un vizio, Un Ange- 
lo, un Beato, accomodandole con la nollrfc fanta- 
fia, ed arte il difcorfo, ed i fentimenti al Sogget- 
to ben proporzionati , e tutto ciò fi fa per una cer- 
ta licenza, che dall’Oratore fi prende* Di quella 
Figura ce ne dà un efempiò Cicerone elegantiflimo 
nell’ orazione prima contro Catilina , nella quale co- 
sì introduce a parlare la Patria contro il medefimo. 
„ La qual Patria, o Catilina; cosi teco procede, 
„ e per certo modo feco fletto ragiona. Già fon 
„ molti anni, che niuna fcelleraggine fu è, fe non 
„ per mezzo tuo veduta ; niuna fozzura fenza di 
te* fono fiate a te folo impunite, e libere lo 

£ 4 ucci- 

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yz Libro Secondò 

uccifionl di molti Cittadini , a fe folo impuni- 
„ ta , c libera la vcflazione , ed il Taccheggio de- 
„ gli Alleati : tu avuto hai potere non folamente a 
„ non curar le leggi , ed i criminali procedi , ma 
' per abbatterli ancora , e conculcarli . Quei pattati 
„ eccefli , benché non furono da fopportare , li fo- 
„ ftenni nondimeno , come ho potuto ; ora poi ben 
„ ti dico , che per cagion di te folo ricolma fon di 
„ timore , ogni romor che fi levi , Catilina , fi te- 
„ me: ella è incomportabil cofa, che non paja po- 
„ terfi prendere contro di me di fegno , che alieno fia 
„ dalla tua perverfità . Laonde di quà ne parti , e 
„ quello timor mi leva, fe vero è, per non elfe- 
„ re opprefla : e fc falfo , acciocché finifea pur di 
„ temere una volta . Se la Patria teco , come ho 
„ detto , in fi fatto modo parlalfe , forfè ottener 
„ noi dovrebbe, eziandio non potette por mano al- 
„ la forza? „ 

Se ne incontra un altra belliflima nell’ orazione 
dello Speroni in morte della Duchefla d’ Urbino, 
oye dal Cielo cosi codetta fi fa parlare al marito, 
„ Ponga in pace il cor voftro, la voftra fomma 
prudenza , o Conforte della mia vita &c. 

. Un- altro efempio di quella figura fi ricava da 
Cicerone nella Divinazione contro Verre. „ Tutta 
w la Sicilia fe ad una voce parlalfe così direbbe : 
Cajo Verre tu tolto m’hai, e portato viatut- 
„ to ciò, che d’oro vi era, e d’argento, e che 
„ (d’ornamenti nelle mie Città, ne* miei foggiorni, 
„ e ne’ miei Tempj, e tutti i diritti, che pergra- 
r zia del fenato , e del popolo Romano in ciafcu* 
,* ; na cofa m’avea: per qual titolo a tenor della 
« legge contro milioni di fellerzi da fc ripeto. Se 


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Dell* Elàc unione . 

„ la intiera provincia , come ho detto , parlar po« 
teffe, quelle parole uferebbej e poiché ciò non 
„ potea , l’ attore di quelle cofe fi ha fcelto , chi 
„ ha idoneo riputato . „ 

E finalmente Fazio degli Uberti fa in unSonet- 
to di definenze fdrucciole cosi parlare l’Avarizia. 
Io fon la mapra Lupa d’ avarizia 
Di cui mai l’appetito non è fazio: . * 

Ma quanto piò di vita ho lungo fpazio , 
Più moltiplica in me quella trillizia. 

Io vivo con fofpetto , e con malizia: 

Nè elemolina fo, nè Dio ringrazio: 

Deh odi s’ io mi vendo , e s’io mi ftrazio 
Che mojo di fame, e dell’oro ho dovizia &c. 
Quella Figura differifce dall’ Apollrofe in quello, 
che , nella Profopopeja fingefi parlare la perfona i- 
ftefla , benché lontana , o cofa inanimata * nell’ A- 
pollrofe poi l’Oratore iftefib parla a quella pcrfo- 
na, o cofa irragionevole. * ■ 

CAPO IX,. ; ; . 

Dell ’ Etopeja. 

. * ** . * • t ^ •-#*/' * » t 

L’ Etopeja , che dimoflrazione dagli Italiani vien 
detta , è una Figura , colla quale fi efprimono i 
collumi, l’indole, l’ingegno, ed altre prerogative, 
o difetti all’ animo appartenenti . Sallullio così con 
arte defcrive Catilina . ,, Lucio Catilina nato di no- 
„ bil Stirpe fu di grande rebultezza d’ animo, e 
„ di corpo , ma però d’ ingegno malvagio , è per- 
„ verfo. Fin dalla fanciullezza' fu inclinato alle 
„ guerre civili, ftragi, rapine, diifenfioni, e di* 

•> ftor 3 


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74 Libro Secondo •. 

„ fcordie; e quivi impiegò il tempo di Tua gio- 
„ ventò .11 di lui corpo era l'offerente della dieta, 
„ del gelo, della veglia, più di quello che uno 
„ crede . Avea un animo audace , ingannatore , rap- 
„ prcfentatore , ed infingitore di qualunque cofa, 
„ defiderofo della roba altrui, fcialacquatore della 
„ Tua. Di libidine, e cupidigia ardeva; era abba- 
„ ftanaa eloquente, poco però fapiente. 11 di lui 
„ penderò era Tempre intento a defiderare cofc 
„ (moderate , incredibili , e troppo alte . „ 
e Plauto cosi defcrive maravigliofamentc i collumi 
di un vecchio avaro, e fordido, che dà quelli co- 
mandi ad un Tuo fervo. 

Guarda di non indur perfona alcuna 
Nella mia cafa : che fe alcun ti chiede 
Il fuoco, eflinto fuvi appena accefo, 

E l’acqua, digli, in un balen (vanita. 

Quella cagion farà, che ognun ti sfugga, 

Nè ti chiegga il peltello, e nè il mortajo; 
Che fe brama il coltello, ovver la (cure, 

( Il qual tedio arrecar fanno i vicini ) 

Da’ Ladri il tutto effer rapito , efponi . 

Il Taffo al canto z. del fuo Goffredo forma con 
vivaciflimi colori il ritratto, cd i collumi di A- 
lete. 

Alete è l’un, che da principio indegno 
:Tra le brutture della plebe è forto. 

Ma f innalzare ai primi onor del Regno 
- Parlar fecondo , lufinghiero , e fcorto, 
f Pieghevoli collumi, e vario ingegno 
... Al finger pronto, all’ ingannare accorto; 

Gran fabbro di calunnie , adorne in modi 
v ; Nuovi, che fono accufe , e pajon lodi. 

- Che 

.> 

i 


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Dell * Elocuzione, 



7 $ 


Che fe uno efprimefle le doti buone., e cattive 
del corpo, come la bellezza, o la deformità del 
volto, o gli abiti, o gli andamenti, a altre azio- 
ni efterne della perfona, in tal cafo appellali Pro - 
fopografia . Eccone un efempio dell’ Ariofto , Ugua- 
le deferivo cosi la fraude. 

Avea piacevol vifo, abito onefto. 

Un umil volger d’occhi, un andar grave, 

Un parlar sì benigno, e sì modello, 

Che parea Gabriel, che dicefle Ave. 

Era brutto, e difforme in tutto il retto, 
e finalmente Marziale così lepidamente deferì ve Zoi- 
lo uomo deforme . . 

Di pelo rolTo, negro, zoppo, e guercio, 

E’ un gran prodigio , Zoilo , fe lei buono * 


CAPO X. 


Delle Figure atte a muovere gli affetti 

« 

Dell ’ Efclam azione , 

*■ • •* - • ' • • * 

L’ efclamazione , dice il P. Serra, è una forino- 
la di dire efprimente paflione ; e va per ordinario 
accompagnata con qualche Interiezione . Di tal for- 
te fono oh , ab , ahi , le quali alle volte fi trala- 
feiano , ed allora fi fottintendono . Quella Figura 
non ufafi mai fui principio del difeorfo , ma fi ado- 
pera dopo d’etter ftata raccontata, o provata una 
cofa grande, maravigiiofa , o fatto prodigiofo; co», 
me ben feorgefi in tutti quafi gli Autori : Porta 
feco moltiflime efpreffioni, e dà un gran rifalto al 
difeorfo ufata a tempo proprio. 

i. Ser- 


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1 


7 * 


% 


Seconde 


\ 


i- Serve per efprimere Io fdegno, 'ed ira. „ O 
efecrabile avarizia, e ingorda! „ 

Serve per efprimere il grande agitamento del- 
l’Oratore. „ O tempi! o collumi! „ 

3. La meraviglia. „ O liberalità di Natan, 
quanto fei tu maravigliofa ! 

4. La tenerezza. „ O Figliuola mia, che caldo 
fa egli ! „ 

5. Il contento, e l’allegrezza! „ O dolci lette- 
re , due in tempo ricapitatemi ! „ 

O gioja , o ineffabile allegrezza ! 

6. La compaflione. 

O degli uomini inferma, e inftabil mente! 

7. L’ammirazione. 

O noftra vita , eh’ è si bella in villa , 

Com’ perde agevolmente in un mattino 

Quel , che in molt’ anni a gran pena s’ acquili a ! 

8. Serve per dare eccedente ingrandimento ad un 
fatto. „ Sello Rofcio è accufato d’aver uccifo il 
„ Padre: cofa, immortali Dei, fcellerata , e ne- 
,, fanda , e tale, che in quello delitto ogni quali- 
tà di fcelleratezza fi contiene. „ Cic. a favore di 
Sello Rofcio A merino. 

9. Serve per efprimere alto concetto, e grande 
Rima verfo d’ alcuno. „ O fortunato Giovane, il 
„ quale ha trovato Omero banditore delle fue vir- 
,, tu. Cic. a favore di Archia Poeta. 

• I o. Serve con l’ Ironia per deridere , e beffare 
1 * Awerfario . „ O nobile tellimonio, Giudici! O 
,, gravità degna d’ afpettazione ! \0 vita onefla, e 
,, tale, che volentieri volgerete l’animo a giudi- 
„ care fecondo la fua teflimonianza . „ Cic: a fa- 
vore di Sello Rofcio Amerin. ,;•• •: *. t .-U. 

.v 11 




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Dell ' 1 Elocuzione . 

' li. Serve al rimprovero, e vi fi vede la corre- 
zione, e r Antitefi unite. ,, O crudele Caftore, 
„ per non dir fcellerato, ed empio, il quale effen- 
„ do Nipote, ha addotto l’Avolo in pericolo del- 
„ la vita, ed ha recato lo fpavento della fua gio- 
„ vinezza a colui , di cui doveva difendere , e co- 
„ prire la vecchiezza . ÌX Cic. a fav. del Re De- 
jotaro . 

Quella Figura ha luogo fpecialmente nelle Am- 
plificazioni , e nelle Perorazioni , o dopo che l’ O- 
ratore avrà perfuafo cofe grandi all’Uditore. Poi- 
ché l’efclamare in cofe frivole è cofa puerile, c 
niente lodevole. 


CAPO XI. 

Della DubìtaZ one • 

La Dubitazione è una Figura, che fi fa allora-, 
quando moftrafi di dubitare di ciò, che devefi di- 
re, o quando fi chiede, d’onde s’abbia ad inco- 
minciare il difeorfo, o dove finire: E benché dal 
puro nome ben fi comprenda, come quella figura 
pofTafi fare, pure a migliore intelligenza mi appi- 
atterò a regiftrare i feguenti efempj . Cicerone nel- 
f orazione a favore di Cluenzio dubita in fimi! 
guifa. „ Certamente quanto a me, io non fo do- 
„ ve mi voltare . Negherò io elfer fiata quell’ in- 
,, famia del giudicio corrotto ? ,, Ed altrove . „ Op- 
,, porrommi io alle brame di perfone nobiliffime? 
„ Scoprirò io i favori , l’ intenzione , ed i loro pen- 
„ fieri? „ E Demoftene nell’Orazione della Coro- 
na . ,, Ma benché non mi manchi gran materia da 




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Libro Secondo 


« dire contro dì te; io nientedimeno flò in dub- 
„ bio di qual cofa debba prima parlare & c. „Un 
altro efcmpio elegantiffimo fi ricava dallo Speroni 
nell’Orazione in morte della Duchefla d’ Urbino, 
„ Ma la mia Orazione da qual parte delle fue lo- 
„ di prenderà il Tuo principio? Ove avrà ella il 
„ Tuo fine? e con qual ordine ragionando trafcor* 
,, rerà le altre doti di quella Illuflre Signora ? ,, 

I Poeti ancora fanno ufo di quella Figura, come vede* 
fi in moltifiìmi luoghi del Petrarca» e fpecialqiren* 
te nel Sonetto 232. 

Che fai ? che penfi ? che pur dietro guardi , 
Nel tempo , che tornar non puote mai ? & c. 

E di Virgilio così tradulfe il Caro , nel libro 
dell' Eneid. 4. • 

E che farò così delufa poi ? 

Chi piò mi feguirà de’ primi Amanti? 
Profferirommi per Conforte io flelfa 
. D’un Zingaro, d’un Moro, o d’un Arabo* 
Quando n’ ho vilipefi , e rifiutati 
Tanti, è tai tante volte? Andrò co’ Teucri 
In full’ armata? Mi farò foggetta 
Di Regina , ch’io fono, e ferva a loro? 

Si certo , che gran prò fin qui riporto 
Delle mie loro ufate cortefie/ 


E grado me n’ avranno , e grazia poi . 

Ma ciò dato ch’io voglia: chi permette 
Ch’io l’efeguifca? chi così fchernita 
Volentier mi raccoglie? Ahi sfortunata 
Dido ! che ancor non vedi a che fei giunta, 
F le frodi non fai di quella iniqua 
Schiatta di Laomedonte : e poi che fia 
Per quello ? Deggio folci in compagnia 

Di 


* 


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79 


'Dell' Elocuzione 

Dì marinari andar femmina errante? 

O condur meco i miei Fenicj tutti 
Con altra armata ? e trarli un’ altra volta 
D un altra patria in mare in preda a’ venti 
Senza alcun prò, fenza cagione alcuna; 

Quando anco appena di Sidon gli traili 
^ Per ritorli da man d’empio Tiranno? 

* Ah muor piuttollo, come degnamente 
Hai meritato, e pon col ferro fine 
Al tuo grave dolore ...... 

capo xir. 

Dell' Obfecr anione , o fi a Preghiera . 

% 

L’ Cbfecrazione , o fia Deprecazione , o preghie- 
ra è una Figura, con la quale domandiamo ilfoc- 
co#fo , e l’ ajuto o di Dio , o dell’ uomo . Quella 
in quali tutte le Orazioni di Cicerone è ufata , ed 
ha luogo principalmente nelle Perorazioni, e ferve 
maggiormente ad eccitamento della compaffione. 
Di quella Figura elegantemente fervefi il detto Ci- 
cerone nell’ Orazione a favore del Re Dejotaro. 
,, Laonde, o Cajo Cefare, per la fede, collanza, 
„ e clemenza tua primieramente da quello timore 
,, liberaci , acciocché fofpetto non abbiamo , che 
„ regni in te parte alcuna d’iracondia. Per code- 
„ Ha delira ti prego , la quale Ofpite tu porgerti 
,, al Re Dejotaro Ofpite, per codclla delira, io 
» dilli , non tanto nelle guerre , e nelle battaglie , 
» quanto nelle promefle , e nella fede cortante . Tu 
» volerti nella fua cafa entrare, tu rinnovare Fan» 
» tica ofpitale attinenza: ti accolfero i fuoi Dei 

Pe- 


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S <5 Libro Secondo 

„ Penati, e Tare, cd i facri focolari del Re De- 
„ jotaro te videro placato, ed amico. „ E nell* 
Orazione a favo*» di Quinzio . „ Ora elfendo io 
„ venuto al fine di quella caufa , la qualità dell* 
„ affare, G. Aquilio, e la grandezza del pericolo 
,, muovono P. Quinzio a pregare, a fupplicare te, 
,, e quelli configlieri per la l'uà avanzata età, e 
,, per ritrovarli privo d’ogni favore, di niun altra 
„ grazia, fuorché vogliate feguire la natura, c 
„ bontà voftra „ &c. 

E di Virgilio nel libro 6. delle fue Eneidi cosi 
tradufle il Caro. 

ed io, Signore invitto 

Per la fuperna luce, per quell’aura 
Onde fi vive, pel tuo Padre Anchife, 

Per le fperanze del tuo Figlio Julo 
Pregoti a fovvenirmi : o che di terra 
Mi cuopra ( come poi }. cercando il corpo 
Per la fpiaggia di Velia, o in altra guifa 
S’ altra nè ti fowiene , o ti fi inoltra 
Dalla tua Diva Madre, che non fenza 
Nume divino un tal palfaggio imprendi . 
Porgimi la tua delira, e teco tràmmi 
Oltre a quell’ acque, perchè morto almeno 

Pace trovi , e ripofo 

c ficcome quella è una Figura, come ognuno vede 
piena di veemenza, e di tenerezza, però non man- 
cano altri Efempj da Oratori, e Poeti Tofcani, i 
quali riufeirebbe tediofo qui tutti regiftrare. Non 
polfo però fare a meno di non regiftrare quel vago 
efempio del TafTo, in cui cosi Armida prega Gof- 
fredo . 

Per quelli piedi, onde i fuperbi, e gli erapj 

Gal- 


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Dell * Elocuzione .' 8l 

Calchi : per quefta man , che il dritto aita * 
Per l’alte tue vittorie, e per que’tempj 
Sacri , cui detti , e cui dar cerchi aita , 

Il mio defir , tu che puoi folo , adempi , 

E in un col regno a me fervi la vita 
La tua pietà • ma pietà nulla giove 
S’anco te il dritto, e la ragion non move. 

CAPO XIIT. 

DelT Imprecazione. 

L’imprecazione è una Figura, con la quale fi 
efpone il male contro qualcuno , quetto defiderando, 
o imprecando . Quefta Figura non fpeflo fi ufa da- 
gli Oratori , ma foio in quelle circottanze , in cui 
lì ha da riprendere qualche uomo iniquo , e mal- 
vagio , o da inveire contro qualche vizio . Quefta 
dimoftra collera, ed abbominazione, che fi ha o al- 
la pedona, o alla qualità della medefima . Nell’o- 
razione a favore del Ke Dejotaro usò tal’ impreca- 
zione Cicerone contro Cefare: „ Ti mandino gli 
„ Dii alla malora, o fuggitivo, talmente fei non 
„ folamente uomo da nulla, e malvagio, ma ba- 
j, lordo , e forfennato . ,, Ed il Boccaccio . „ O 
„ maledetto quel giorno , ed a me piìi abbomine- 
,, vole, che alcun altro, nel quale io nacqui. „ 
Quelli termini però poco fi ufano , perchè cagiona- 
no orridezza, e a chi gli afcolta, e molto piò la 
devono caufare a coloro, che li profferifcono . L’ A- 
riofyo ufa bene quefta Figura , cosi maledicendo un 
fuo Archibugio. 

O maledetto, e abbominofo ordigno 

F Che 


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Libro Secondo 


tl 

Che fabbricato nel Tartareo fondo 
Fotti per man di Belzebù maligno , 

Che ruinar per te difegnò il mondo. 

All’ Inferno , onde ufcifti, ti ralligno 
Così dicendo lo gittò in profondo. 

E del noftro Virg. Marone così tradufle il Caro. 
Ma la terra m’ingoi, e ’1 Ciel mi fulmini, 

E nell’ abbiflo mi trabbocchi in prima , 

Ch’io ti violi mai pudico Amore. 

CAPO XIV. 

Dell' Interrogazione . 

Ancor difcorrendo famigliarmentc, lènza artifi- 
zio alcuno, e naturalmente fi fa formando quella 
figura. Quella, dice Giambattifta Bilfo nella fua 
Introduzione alla volgar Poe/ia fi adopera non per 
faper cofa ignota , e dubbia , ma per dare maggior 
energia , e forza al dire . Poiché maggiormente ri- 
fatta la lode, il biafimo, la riprenfione, la derifio- 
uè, la confufione altrui, facendola per via d’In- 
terrogazione , che di femplice affermazione, o ne- 
gazione. Vale innoltre mirabilmente ad efprimere 
in fe ftelfo, o a rifvegliare negli altri varj affetti 
dell’animo, come farebbono lo fdegno, l’ammira- 
zione, la compatitone, e fimili. Qualunque libro 
fi legga, fi vede l’ufo di quella Figura. Con que- 
lla Cicerone riprende Lucio Catilina nella fua pri- 
ma Orazione. „ Non t’avvedi paleli elfere i tuoi 
„ difegni ? Non ifcorgi forfè la tua congiura già 
„ elTere foppraprefa dalla contezza, che n’han tut- 
„ ti quelli? E chi mai di noi ti penfi, che igno- 

» ri s 


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Dell ’ Elocuzione < 

„ ri , clic t’ abbi nella pattata notte , e nella prece- 
„ dente operato, dove flato fii , chi convocato ab- 
„ bi , e quale deliberazione prefa ? Ahi trilli tempi , 
„ ahi rei coflumi ! ,, Con le y^uali interrogazioni 
T ifleffo Cicerone punge più acremente Catilina , di 
quello che fe freddamente dicefie, o Catilina fon 
paleft i tuoi configli , e nota la tua congiura &c. 

Un intero Sonetto d^ Interrogazioni ha comporto 
il Petrarca, eh’ è il 158. della feconda Parte, e 
nella Canzone Italia mia &c. così parla. 

Non è quello il terren , eh’ i* toccai pria ? 
Non è quello il mio nido, 

Ove nudrito fui si dolcemente ? 

Non è quella la Patria, in ch’io mi fido? 

CAPO XV. 

Della Subbiezjone « 

Se alla detta Figura d’ Interrogazione vi è ag-^ 
giunta la rifporta , allora chiamerafli figura di fub- 
biezione . Non sbaglierebbe dunque colui , fe dicef- 
fe , eflere quella una doppia figura , che ferve o 
per rifpondere a quel che ci viene richierto, o per 
accrefcere la lode, o il biafimo, o il delitto & c. , 
o per fcemarlo più che fi può. Così fa Cicerone 
nell’Orazione a difefa della legge Manilla. „ Im- 
,, perciocché qual v’ è mai così difufata cofa , quan- 
„ to che un giovane privato metta in piedi un e- 
„ fercito nel tempo più malagevole della Repubbli- 
« ca ? L’ ha egli in piè metto : Che a quello pre- 
,, fieda? Ha egli prefieduto: che per fua condotta 
„ ottimamente neìrimprefa riefear V’ha egli riu- 
F z „ fcito 4 


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*4 Libro Secondo 

„ fcito. Che v’è mai cofa fuor dell’ ufato, quan» 
„ to è, che ad uno affai giovane, la cui età mol* 
„ to era dal Senatorio grado lontana , reggimento, 
„ ed efercito fi ccnferilce? la Sicilia, e l’Affrica 
„ fi concedeffe, e la guerra da doverli in quella 
„ guidare? In quelle provincie con Angolare inte- 
„ grità portofli , gravità , e valore , recò in Affri- 
„ ca a compimento una guerra di mole grandifli- 
„ ma, per mare riconduffe l’ efercito vittoriofo. „ 
Quelle rifpofte, che fuffeguono l’Interrogazione, 
formano la figura di fubbiezione, la quale viene 
ad afiicurare quel tanto, che in qualche modo po- 
ncvafi in dubbio, ed a rifpondcre a quel , che 
chiedevafi . 

CAPO XVI. 

Della Preterizione . 

La Preterizione è una figura , con la quale l’O- 
ratóre dice di non voler dire , o di voler lafciarc 
quelle cofe, che o attualmente dice, o che ha di 
già dette. Quella fu molto ufata da Cicerone nelle 
lue Orazioni , perché al dire del Platina ferve di 
gran lode ad un uomo da bene, e di gran roffore, 
e biafimo d’un uomo malvagio. Della prima qua- 
lità eccone un efempio in Cicerone, nel quale ben 
fpicca la lode, che fa di Pompeo il Grande nell* 
Orazione a favore della Legge Manilia . „ Laonde 
„ io non fon per dire , o Romani quante nobili 
,, imprefe egli abbia in pace, e in guerra, e per 
y, terra , e per mare , e con quanta felicità opera- 
v, toj così che fempre non pure i Cittadini abbia» 

„ no 


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Deir Elocuzione . 8 £ 

„ no a fuoi voleri acconfentito , gli alleati aderito, 
„ i nemici ubbidito, ma i venti ancora, e le qua- 
„ lità varie de’ tempi a feconda de’ cenni fuoi pie- 
„ gato: quello dire in brevilfimo, niuno effervi 
„ giammai flato tanto ardito Se c. „ Del fecondo 
genere eccone uno dal medefimo Tullio regillrato 
nell’Interrogazione contro Vatinio.,, Ed io fofter- 
„ rò, che rimangafi afeofo quel tenebrolìflimo tem- 
„ po della tua tenera età, abbi pure quanto a me 
„ impunemente le pareti nell’ addlefcenza forato, i 
„ vicini efpilato , la Madre battuto , quello premio 
„ la tua indegnità fi porti , che il vituperio dell* 
„ adolefcenza tra le tenebre fia, e tra le fozzure 
,, tue fepolto . Hai alla quellura concorfo con P. 
„ Seltio, dove quelli di nulla parlava altro, fe non 
„ di quello, ch’egli trattava, tu dicevi di penfà- 
„ re ed amminillrare il fecondo Confolato &c. „ 

Acciò i principianti fappiano mettere in pratica 
quella Figura fi affegnano alcune maniere, le qua- 
li infegnano a rendere variabile la flelfa , v. g. Tac- 
cio , paffo fotto ftlenrio , trai af ciò , niente diri , met» 
terò in non cale , mi ajlengo dal dire , mi arroffifcQ 
di dire, non appartiene a me il sparlate , non voglia» 
te afpettare , che io parli , non voglio col mio di 1 cor» 
fo accrefcere dolor maggiore , ho in orrore di ri chi a* 
mare alla memoria , non vorrei ricordarmi , non ef* 
pongo , che farebbe fe io diceffi , per qual motivo ho 
io da ripetere , quante , e sì gran cofe io direi fe 
mi foffe permejfo , mancherebbe a me il tempo fe vo* 
lefft riandare tutte le cofe &c. 

Quella Figura Cicerone la chiama Reticenza • ma 
però a ben confiderarla è affai differente dalla vera 
Reticenza , perchè la Preterizione tanto più dice , 
. . , . F 3 quan- 


1 

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Libro Secondo 

quanto piu finge di non voler dire * laddove la Re- 
ticenza, come torto vediamo, interrompe fubito il 
difcorfo. Per la qual cofa meglio fi converrebbe 
alla Preterizione il nome di finta Reticenza, che 
della vera ora parliamo. 

CAPO XVII. 

Della Reticenza. 

E’ tanto affine la Reticenza alla Preterizione , che 
alle volte i nomi di quefte due Figure promifeua- 
mente fi ufurpano . Quella è una figura , che con 
altro vocabolo chiamali Ritenimento, fi fa quando 
noi interrompiamo, e tronchiamo il parlare. E 
ficcome quello interrompimento è inaspettato, e 
però non v’ è dubbio alcuno , che non dia agio di 
penfare a chi afcolta cofe maggiori , e conghiettu- 
rare cofe affai più grandi di quelle, che fono Hate 
dette. Tale è quel luogo di Demortene nel proe- 
mio dell’Orazione della Corona. „ Perciocché fic- 
„ come a me.... ma io non voglio nel principio 
„ del mio parlare fare malaugurio. „ E nell’ O- 
razione de* Caporani nel Senato Romano, la quale 
fi legge nel Libro Primo della prima Deca .di Ti- 
to Livio. ,, L’altro.... Non voglio male augu- 
„ rarmi; quello, ch’ella non apporti &c..„ Quella 
Figura per quanto feorgefi , fi ufa nelle piò gravi 
commozioni dell’animo. Un illuftre efempio non 
mancaci di Virgilio nel libro primo dell’ Eneidi , 
dove Nettuno cosi riprende i venti tumultuofi, e 
che cagionavano tempefta . 

Tanta ancor tracotanza in voi s’alletta 

Raz- 

* 


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« 7 * 


Dell' Elocuzione. 

Pazza perverfa? Voi voi fenza me 
Nel regno mio la terra , e il Ciel confondere 
E far nel mare un sì gran moto ofate? 

Io vi farò Ma di medierò è prima &c. 

La Reticenza pafla ancora fotto il nome di A- 
pofiopefi , che tacimento noi chiamiamo , perchè 
moftra impeto d’ira nel dicitore tale, e Affatto, 
che non può profferire fe non tronche le parole, c 
fa veementiflima l’Orazione. Per efempio 

Che sì, che sì? Ma intanto 

Conobbe, ch’efeguito era l’incanto. TaJJb « 

CAPO XVIII. 

Dell' Efpulizjone . 

La Figura di Efpulizione , o Ripulimento , che 
dicefi ancora di Trattenimento, o adornamento è 
una figura molto elegante, ed atta a muovere gli 
affetti. Quella fi fa, quando un medefimo fenti- 
mento fi cfpone in diverfe maniere , e fi pone fot- 
to diverfo afpetto, affinchè più altamente ftia im« 
preffo negli animi degli Uditori . Non contento 
dunque l’Oratore di elferfi fpiegato abbaftanza col 
fuo dire, tratta il fentimento fuo in modo diver- 
fo , acciò ben s’ intenda da chi l’ afcolta , nè lui 
abbia taccia di non averlo fuflìcientemente ampli- 
ficato . Quella è una figura degna molto di edere 
ufata dai Principianti fpecialmente , acciò imparino 
a diffonderli nel loro difcorfo , avendo Tempre mira 
però a quel detto, che ogni difcorfo Oratorio deve, 
crefcere , e faprà ben mettere in pratica un tal felle- 
ma, chi faprà ben far ufo della Perifrafi. Cicero- 

F 4 ne 


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88 L ■bro Secondo 

ne nell’ Orazione a -favore di M. Marcello lodan- 
do la clemenza di Cajo Cefare , afata verfo la pcr- 
fona di Marcello, e volendo provare, che tutta la 
gloria di quell’ azione, devefi a Cefare attribuire, 
a quello fentimento reca maeflà, ed ampiezza con 
tal’ Efpulizione . „ Ma però di quella gloria , o 
„ Cajo Celare, la quale ti hai poco fa acquillata, 
„ non hai perfona, di cui ne fei partecipe, tutto 
„ quello, quanto che fia, che è certamente di va- 
,, lor fommo, tutto è dilli proprio di te.Daque- 
„ Ilo vanto nulla per fe il Centurione ne coglie, 
,, il Prefetto nulla , nulla la Coorte , nulla la tur- 
,, ma, che anzi quell’ ifleffa fortuna delle cofe u- 
„ mane Signora, di codella gloria compagna non 
fi prefenta* a te la cede, e tua elfer tutta, e 
„ particolare confetta . Tmperciocchè la temerità 
„ colla fapienza non fi frammifchia giammai, nè 
„ il cafo ammettefi coll’ avvedimento a confulta . „ 
E nell’ Orazione a favore di Sello Rofcio fi trat- 
tiene a ripuiire quello fentimento, ognuno t-enc 
agitato da! rumorio della fua fcelleraggine , così. 
„ Imperciocché giudicar non vogliate , come foven- 
„ te nell’ opere Teatrali vedete-, che coloro, i qua- 
„ li empiamente hanno alcuna cofa , e fcellerata- 
„ mente commelfo, dalle facelle ardenti delle Fu- 
„ rie agitati fieno , e fpaventati . Il reato proprio 
„ di tenor fuo afflige fommamente ciafcuno, la 
„ fcellcraggine propria ciafcuno agita, e pazzia gl* 
„ infinua , fpavento li danno i rei fuoi penfieri , e 
„ la fua fi nderefi . Quelle agli empj fono leaflidue, 
„ e domelliche furie, che notte, e giorno dai fcel- 
» leratiflfimi Figlj efigono le pene dei Genitori. „ 

t / 

CA- 


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Dell' Elocuzione Sp 
CAPO XIX. 

Dell * Epi fonema. 

L’ Epifonema fi può definire cosi ; una breve 
giunta alle cofe dette per accrefcer loro ornamen- 
to • ovvero , come dice il Decolonia è una efda- 
inazione fentenziofa, che Tuoi farli dopo efler fiata 
raccontata, o provata qualche cofa grande, ed in- 
figne . E’ differente però dall’ Efdamazione medefi- 
ma, perchè non fidamente formali quella fenza In- 
teriezione, ma in modo fentenziolo, e con mot- 
teggio . Per efempio col Petrarca . 

Tanta dagli occhi bei fuor di mifura 
Par, che amor’, e dolcezza, e grazia piova. 

Ed il Bembo 

Tutte inafprir le donne, e i Cavalieri: 

Tant’ hanno i cuori adamantini, e fieri. 

Virgilio poi dono d’aver nel l'bro i. dell’ Enei- 
di raccontato i difagi fopportati dai Trojani cosi 
efclama fentenziolàmente 

Di sì gravofo affar, di' si .gran mole 
Fu dar principio alla Romana gente! Caro. 

Ed in altro luogo parlando del crudele, ed em- 
pio Polimnefiore dice 

Sicché dell’amicizia, e dell’ Ofpizio , 

E dall’umanità rotta ogni legge 
Tolfg al [egio fapciul la vita, e l’oro. 

Ahi dellioro empia ed efecrabil fame, 

E che per te *ion ofa , e che non tenta 
Quella umana ingordigia ? . . . . Caro. 

Quefte fono le principali figure, le quali ufa 
l’Oratore diftintamentc ne’fuoi ufficj . Altre, e qua- 


Libro Secondo. 


9 * 

fi innumerabili fi aflcgnano da altri Rettorici , le 
quali perchè alle volte ancor naturalmente fi for- 
mano, da alcuni fi tralafciano . Ma affinchè li Gio- 
vani ne f Arte Oratoria con li maggiori fondamen- 
ti poflibili pollano avanzarli , non {limiamo cofa 
inutile le principali nel capo feguente alla sfuggita 
efporre, le quali toccherà ai medefimi a tempo, e 
luogo opportuno faper appropriare, come dovranno 
fare ancora delle anzidette, non dandofi nelle Ora- 
zioni ficura regola per ufarle a tempo, ma fola- 
mente ciò lafciafi al giudizio, arte, e pratica del- 
1’ Oratore medefimo . 

CAPO XX. 

Definizioni d' altre Figure principali , che da pa - 
recchj Oratori fi ufano . 

Altre Figure , che alle fentenze fi appropiano , fi 
danno le quali abbellirono il difcorfo. Queftc fo- 
no le feguenti. 


I, 

PermiJJione . 

Quella è una figura, con la quale l’ Oratore mo- 
ftra di rimettere le cofe o in tutto, o in parte al- 
la volontà o de’ Giudici , o degli Avverfarj , o de- 
gli Uditori. „ Sia lecito eflere miferi j quantun- 
„ que eflendo quello vincitore, non fi pofla eflere* 
„ ma non parlo di noi, parlo di coloro, che mo- 
u rirono. Sieno fiati ambiziofi , irati, ofiinati „ 

, 8cc. 


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Dell' Elocuzione. pj 

&c. dice Cicerone nell’ Orazione a favore di Q. 
Ligario. 

I I. 

ConceJJìone . 

La conceflione è quando per motivo ragionevo- 
le l’Oratore accorda , e concede all’ Avverfario qual- 
che cola , oppure fa concederla dallo Hello Avver- 
fario , o da altri . Quella Figura per lo più fi ef- 
prime con fimili parole, db, concedo , non nego , fo 
&c. Speflc volte ancora con quelle altre. Sia così , 
vi accordo quejìo Oc. Cicerone dilfe nell’Orazione 
a favore di Sello R. Amerino , „ Glaucia dove , 
j> e da chi intefe egli il fatto, che sì tolfo lo 
» feppe ? Ma fupponi , che 1’ abbia fubito intefo , 
,, «jual cofa lo sforzò a fare in una notte co$ì 
„ lungo cammino? „ 

III. 

Confezione . 

La confelfione è quella figura, con la quale l’O- 
ratore confetta , o fa ad altri confettare una cofa 
per trarne argomento maggiore in fuo vantaggio* 
così il P. Serra. Usò quella Figura Cicerone ncl- 
l’ Orazione a favore di Archia Poeta dicendo . „ Io 
„ a dir vero confelTo effere a quelli fìudj ‘inclina- 
„ to . Vergogninfi gli altri d’ elferfi così fattamen- 
„ te dati agli ftudj delle lettere , che di quelli non 
„ poffono recare cofa alcuna a util comune , nè 
a produrre alla prefenza , ed alla luce degli uomini . „ 

Dia - 

X. 

X 


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Libro Secondo 

I V. 


9 l 


Dialogo . 

Il Dialogo è quando l’ Oratore introduce due a 
favellare infieme , facendo , che 1* uno interroghi , e 
l’altro rifponda . Se il colloquio, dice il P. Ser- 
ra , è realmente feguito , allora il Dialogo può ap- 
pellarli Storico: quando poi è finto dall’Oratore, 
allora chiameraffi Oratorio. Eccone un Efempiodi 
Cicerone a favore di P. Quinzio , ,, Quinzio fi 
„ prefenta a Nevio, e lo prega, che attenda la 
„ prometta. Allora quell’ uomo dabbene, parendoli 
„ d’ averlo ridotto a quel , che delìderava , rifpofe, 
„ che egli non voleva sborfarc il denaro, fe pri- 
„ ma non decideva, feco di tutti i maneggi . Quin- 
„ zio diceva, di quello vedrafli poi- ora vorrei, 
„ fe ti pare, che mi olfervalfi quello, che mi 
,, prometterti. Nega egli di fare ciò,, &c. 

V. 

Ammonizione , ed Efort anione . 

TI nome di quelle due Figure abbartanza fpiega 
la loro effenza, e definizione. Quel che rimane da 
confiderai fi è , che l’ una fi diftingue dall’ altra 
in quello, cioè che l’Ammonizione tende a dillo» 
gliere dal male; l’ Efortazione poi a perfuadere il 
bene. Quelle hanno luogo per lo pili nelle Pero- 
razioni , e dopo d’ aver provato o il vantaggio , o 
il danno di qualche cofa . Cicerone nell’ Orazione 
« favore di Serto Rofcio Amer. dice. „ Levate, 

» © 


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Dell ’ Elocuzione . ^3 

„ o Giudici , quell’ empietà di Roma , non voglia- 
,, te foflenere , eh’ ella più a lungo dimori nella 
„ Repubblica &c. „ E nell’ Orazione a favore di 
Archia . ,, Sia dunque fanto pretto di voi,o Giu- 
„ dici umanilfimi, quello nome di Poeta, il qua- 
le mai fu violato da barbaro alcuno Scc. „ 

V I. 

Ripren/ìone . 

La Riprenfione è quando 1* Oratore fi mette a . 
rimproverare un detto , o un fatto commeffo con- 
tro le leggi , la giuftizia , ed il dovere . A favore 
di Quinzio così ufa tal figura Cicerone. ,, Era e- 
» gli convenevole di fubito correre dal Pretore? 

,, era giuflo di chiedere incontanente, che ti fi 
„ concedette per decreto il poffetto dei beni di 
„ Quinzio ? Cosi dunque precipitofamente correvi 
„ tu a quella eflrema , ed; infefliflima giullizia , che 
„ cofa nè più grave, nè più crudele ti rimaneffe 
„ a poter fare in avvenire. „ 

VII. 

• . » 

Minaccia . 

/ % 

La Minaccia è quando l’Oratore efprime di vo- 
ler arrecare un qualche danno ad alcuno, e fa per 
atterrirlo , fpecialmente fe è avverfario , e contra- 
rio ad un detto, o fatto ottimo. Cicerone fi fer- 
ve di quella Figura nell’ Azione Prima contro Ver- 
rc . „ Finalmente , o Giudici , io fono per trattare 


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9\ ’ Libro Secondo 

» in tal maniera quella caufa , che io farò cono- 
” ffl' * delitti di collui così chiari , così mani- 
>» felli, e. così enormi, che non lìa alcuno, che 
,, ardi fca col fuo favore d impetrar grazia , che lo 
» affolviate . Ho poi una llrada ficura di fpiare, 
” ? poter intendere ogni loro difegno, ed operare 
” * n m °do , che tutti i fegreti loro vengano non 
», olamente intefi da Cittadini , ma anche veduti 
, » dal popolo Romano. „ 

vnr. 

• Predizione . 

Quella è una figura, con la quale l’ Oratore pre- 
alce beni , o mali quafi vaticinando , che da qual- 
che azione pofTono derivare. Così fa Cicerone con 
gelare nell Orazione a favore di Marco Marcello. 
” poflen certamente con inarcato ciglio in am- 
„ mirazion leveranfi , afcoltando , e leggendo i mi- 
„ itan reggimenti, le rette provincie, il Reno, 
„ 1 Oceano, il Nilo lìgnoreggiati • le battaglie ol- 
„ tre numero, le vittorie incredibili , i monumen- 
» ti dirizzati , gli appreflati fpettacoli , ed i ripor- 
„ tati tuoi trionfi : Ma fe quella città non farà 
„ cogli avvedimenti , ed ordinazioni tue in buona 
„ condizione meffa, fidamente il nome tuo quà, 
„ e là decorrerà largamente, ma non avrà fiabile 
„ leggio, e fermo foggiorno. Ancora fra coloro, 

„ che nafceranno vi farà,ficcome tra noi fu, gran 
„ dilparere : mentre alcuni le tue getta innalzeran- 
» al Cielo con lodi , altri per avventura ricer- 
>, cheranno alcuna cofa, c quella eziandìo fopra 

n d’o- 


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Dell' Elocuzione* ' p$ 

,, d’ ogni altro , fe 1* incendio della Civil guerra 
„ non ammorzerai , falute alla patria compartendo, 
„ così che quelle imprefe da neceflità di flato par- 
„ ranno efler precedute, e che quella farebbe fiata 
» opera d’ avvedimento , e di fenno . „ 


Prom’jjtone . 

La Promiflione è una figura , che dall’ Oratore 
fi fa col promettere di voler dire , e fare qualche 
cofa. Ci ferva d’efempio quel palio di Cicerone 
nell’Orazione a favore di Rofcio Amcrino regiflra- 
to . „ Ma verrò io non molto dopo a quello luo- 
n go, il quale tutto ai Rofci appartiene dell’au- 
jj dacia de’ quali ho promelTo di dire , allorché av« 
t> rò confutate le oppofizioni di Eruzio. „ 

X. 

Licenza . 

Quella è una figura*, che ha luogo, quando di- 
nanzi a coloro, che dobbiamo riverire , e temere 
diciamo per nollro diritto qualche cofa un poco 
ardita, non avendo tutta quella confiderazione , che 
forfè, fe ben la cofa fi confiderafle , fi dovrebbe 
avere. Eccone un efcmpio ricavato dalla Rettorica 
di Tullio. ,, Vi maravigliate voi, perché le vo- 
„ lire petizioni non fono intefe, e le voltre ragio- 
„ ni non fono udite, e che niuno di voi fi fa di- 
„ fendere , riputatene pur voftra la colpa , e di ciò 

non 


L'bro Secondo 


96 

„ non vi fate maraviglia, che qual cofa è in voi, 
» perchè l’uomo non vi debba fuggire, e fchivar? 
„ Confiderate bene, chi fono ftari gli amici vollri, 
», e ricordatevi dei i'ervigj , che v’ hanno fatti , ve- 
„ dete i bifogni, che hanno avuto di voi,c come 
„ ne fono (lati ferviti &c. „ 

X I. 

N D'Jlribuxjone . 

La diftribuzione , che appartiene alle fentenze di 
adornamento ha luogo, quando il dicitore dMribui- 
fce un qualche fatto in molte parti , o perfone in 
quello modo.,, Al configlio s’appartiene di conli- 
»» gliar fedelmente il comune, alla podellà s’ appar- 
ai tiene d’ amare i buoni della fua Città , e le lo- 
»» r o opere trarre innanzi, e lodare. „ Quell’orna- 
mento è molto copiofo, perchè in poche parole 
comprende molte cofe , dando a ciafcuna l’ ufficio 
fuo , e fepara le perfone , e divide le cofe . Cosà 
dice Cicerone nella fua Rettorica. 

XII. 

Enfajì . 

L’ Enfafi è una figura , per cui fi efprime pia 
dì quello , che li dice . Per efempio con Dante 
Che cortelia fu lui elfer ^villano . 

Ed il Lazzarini 

Bello è il veder dall’ una parte vinta 
L’invidia, c cinta 

Di 


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97 


Del? Elocuzione'. 

Di ferpi contro a lei fola rivolte. 

Meditar molte 
Menzogne in vano, e poi reftarle in gola 
L* Empia parola. 

XIII. 

I 

Lamento . 

Il lamento è quando l’Oratore lafciando le proi 
ve, palla o a querelarli dei torti ricevuti , o degli ag- 
gravj fatti al fuo Clientolo . A favore di P. Quin- 
zio così parla Cicerone > „ In così fatta caufa P. 
>» Quinzio fi ftarà travagliato, e pieno di noja? 
j» Dimorerà egli mifero piìi a lungo in tanto fpa- 
» vento, e pericolo? E più lo fgomenterà il favo- 
»» re dell’ Avverfario di quello che lo conforterà 
» la fedeltà del Giudice? „ 

XIV. 

Defi derio . 

Il Defiderio è quando l’Oratore efpone Taccefa 
fua brama, che nutre nell’animo, che o a lui , o 
ad altri addivenga qualche cofa . Cicerone nell’O- 
razione contro L. Catilina così dice. ,, E pure vi- 
„ vi , e vivi non per lafciare , ma per confermare, 
» ed accrefcere la tua audacia. Defidero, Padri 
„ conferì tti , d’ effere pietofo; defidero in tanti pe« 
„ ncoli della Repubblica di parere poco confide- 
„ rato; ma oggimai me medefimo condanno di 
»> negofità, e di dappocaggine. „ 

G XV. 


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Libro Secondo 
X V. 


i 




Giuramento .. 

Il giuramento è quando l’ Oratore adduce in te- 
flimonio cofe facre in comprova, ed evidenza di 
quello , che dice . Quella è una figura , che non 
devefi di molto ufare dall’Oratore in atto di giu- 
ramento, ma bensì d’invocazione. A favore della 
legge Manilia Cicerone così fervefi di quella figu- 
ra . „ Chieggo in tellimonio tutti gli Dei , e maf- 
„ fimamente quelli, che fono tutori di quello luo- 
,, go, e Tempio, i quali conofcono pienamente 
„ tutte le menti, e gli animi di colloro, che an- 
„ no maneggi della Rep. , che io non faccio que- 
„ Ho nè per efler molto dalle preghiere di alcuno, 
„ nè per acquillarmi per quella via la grazia di 
„ Gneo Pompeo. „ 


XVI. 

Sentenza . 

Evvi un altro ornamento, che appellati Sentenza, 
il quale tratta della vita, e dei collumi delle gen- 
ti fecondo che fono o debbono effere ragionevol- 
mente. Per efempio. „ Non folamente è povero 
„ colui , che ha poco , ma colui altresì , che fa- 
„ ziar non fi può. Rettor. di Tuli. 

E Dante 

Non è il mondan rumóre altro, che un fiato 
Di vento , che or vien quinci , e or vien quindi, 
E muta nome, perchè muta lato. 

Fra 


i 


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Dell ’ Elocuzione . pp 

Fra le fentenze afcriver fi poflono tutte quelle 
ingegnofe efpreffioni , che contengono in poche pa - 
role gran fenfi , ovvero che dicono pili cofe , che 
parole. Di raro però uferà l’Oratore tale ornamen- 
to , acciocché non paja , eh’ egli voglia ammacftrare 
altrui - ma fe l’ufa a tempo opportuno, e addat- 
tato bene al fatto rende più leggiadro, e dilette- 
vole il filo difeorfo. Così dice Cicerone nella fua 
Rettor. 

CAPO XXI. 

Del Pajfaggio. 

Lafciata da parte la quefiione, fe il paflaggio 
fia figura, o nòj e dato che fofle fe debbafi anno- 
verare tra le figure di fentenze, o di parole, noi 
prendiamo la definizione del medefimo dal nome 
ifleflò , e diciamo , che il paflaggio fi fa quando • 
l’Oratore dalle cofe già dette pafla a quelle, che 
vuol foggiungere . Ed acciocché uno polla far paf- 
faggio da una ragione ad un altra, e formare co- 
me fuol dirli un fol corpo, e così le cofe pollano 
unirli fecondo che richiede l’ufo d’ogni orazione, 
fi aflegna quello luogo, nell’efercitare il quale ri- 
chiedefi non poco artifizio. 

Due forti di paflaggio fi danno, uno perfetto i 
imperfetto 1’ altro. 11 paflaggio perfetto ha due 
parti: la prima rifguarda le cofe già dette: f al- 
tra le cofe, che reflano a dire. L’ imperfetto poi 
ha una fola parte rifguardante foltanto le cofe, che 
per lo più devono dirfi. Tanto l’uno, quanto fai- - 
tro può eflere femplice, cioè fenza figure * figurato 
l’ altro . Dagli Efempj meglio sì gli uni , che gli 
altri fi conofceranno . G z Ejem - 


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i 


jo o Libro Secondo 

Ejempj del Paffaggio Perfetto fen^a figure. 

Quelli chiariffimi alfegna il P. Serra, ch’io qui 
ftefamente riporto. 

x. 

Per pattare da un punto dell’Orazione ad un al- 
tro potrebbe uno fervirfi di quello patteggio • A- 
vendo detto della condizione della guerra , ragio- 
nerò ora della grandezza. Cic. a favore della Leg- 
ge Manil. 

2 . 

Per pattare dalla narrazione alla propofizione d’ af- 
fluito. „ Voi intendete la cagione, volgete ora la 
„ conGderazione a quello, che dovete deliberare.,, 
Ibid. 

3 ' 

Per pattare ad una parte dell’argomento all’al- 
tra. „ E quelle cofe le ho di me dette , affinchè 
„ Tuberone fentendomi a dire di lui le medelìme 
„ cofe, mi concedette il perdono. „ Cic. a fav. 
di Q. Ligar. 

" 4 ; 

Per palfare alla Perorazione. „ Ora eflendo io 
,, venuto al fine di quella caufa , le qualità dell’ 
,, affare di Cajo Aquilio, ed il pericolo di P. 
„ Quinzio lo neceflita a pregare & c. „ Cic. a fa- 
vore di P. Quinzio, ed altri fimili. 

Efempj del paffaggio imperfetto fenga figure . 

I. 

Per palfare da un punto dell’Orazione all’altro. 

Ma con quanta piacevolezza fi va telfendo l’im- 
putazione. Cic. a fav. del Re Dejot. 

* 


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IOI 


) 

Dell ’ Elocuzione 
2 * 

Per paflare da una circortanza all’ altra . „ E 
„ quantunque voi Tappiate con quanta prertezza que- 
,, (le cofe fieno ftate fatte , non fi debbono però 
da me tacere. „ Cic. a fav. della Legge Manil. 

. 1 - 

Per paflare dall’ efordio alla materia, o fia al 
foggetto del difcorfo . „ E veggio , che prima ral- 
„ legrare ragionevolmente mi debbo, che in que- 
„ fta da me non più ufata forma di orare, mi fi. 
„ è prefentata un occafione, in cui non poflono 

ad alcuno mancare le parole . „ Cic. a fav. della 
Legge Manil. 

4 * 

Per paflare alla Narrazione. „ E per comincia- 
,, re da quello , che è origine , e fonte di quanto 
„ io fon per dire. „ Cic. ibid. , ed altri fimili. 

Efempj del Paff aggio perfetto figurato. 

\ 

Quante fono le Figure di fentenze, tante poflo- 
no eflere le maniere di fare i paflaggi figurati si 
perfetti , come imperfetti . Per non riufcire tediofo 
nel regiftrare i diverfi modi di far per tutte le fi- 
gure detti paflaggj , ne aflegnerò uno , lafciando ad 
arbitrio dei Giovani , e loro ingegni di farli diver- 
fi per qualunque figura, che loro più fi aggrada. 
L’efempio è prefo da Cicerone nell’Orazione a fa- 
vore di Serto Rofcio Amerino, in cui vi fi con- 
tiene la Reticenza , e l’ Interrogazione . „ Ma per 
,. lafciare da parte le cofe , che fonofi fatte , da 
„ quelle , che fi fanno , tuttavia non può intendere 
„ ciafcuno, che Crifogono è l’architetto, e l’in- 

G 3 „ ven- 


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m 


102.' Libro Secondo 

„ ventore di tutte, il quale ha procurato, cheSe- 
„ fio Rofcio folle accufato di Parricidio? „ 

Efcmpj del Pajfaggio Imperfetto Figurato. 

Cicerone nell’Orazione a favore del Re Dejo ta- 
ro fa un palfaggio imperfetto per la figura d’ In- 
terrogazione : „ che direte fe la falute de’ Confe- 
„ derati è porta in gran pericolo ? . . . . E qual di- 
„ fcorfo può trovarfi pari al valore diGneo Pom- 
,, peo? ,, E nell’Orazione a favore di Q. Ligario 
fi ferve della figura di Preghiera. „ Ma vedi, ti 
,, prego, o Cajo Cefare, la coftanza di L. Tube- 
„ rone onoratiflimo uomo „ . E nell’ Orazione a 
favore di M. Marcello fa ufo dell’ Antitcfi . „ Ma 
„ perchè il mio ragionamento colà finifea , onde io 
„ l’ho incominciato, ti rendo, o Cajo Cefare gran- 
„ diflime grazie &c. „ ed altri fimili efempj per 
diverfe altre Figure, come fpeflo s’incontrano ne- 
gli Autori sì Latini, che Italiani. 

PARTE TERZA 

DELLE FIGURE DI PAROLE. 

CAPO PRIMO 

Quali fieno le Figure dette propriamente di parole. 

V Edute le Figure di fentenze, rerta a vedere 
quali, e quante fieno le figure del fecondo 
genere, cioè di parole, Quelle confiftono in alcu- 

- — . ne 


N 

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Dell' Elocuzione. 103 

ne mutazioni, o aggiunte, o fimilitudini, che fi 
danno alle parole; quindi è, che meritevolmente 
furono quelle divife in tre dalli, cioè 1. in figure 
d’ Aggiugnimento. a. in figure di Difcioglimento . 
3. in figure di fimilitudine. Di tutti quelli tre 
generi qui parleremo. 

CAPO II. 

Figure di parole dette di accrescimento. 

Otto principalmente fono quelle, cioè Ripetizio- 
ne, Converfione, Compleflione , Conduplicazione, 
o ripigliamento , Traduzione, Sinonimia, Polifin- 
teto , Graduazione , o falimento . 

I. 

- Della Ripetizione. 

La Ripetizione è una figura, che fi fa, quando 
con le medefime parole ripetute s’incomincia il di* 
fcorfo nel modo feguente ad Efempio di Cicerone 
nell’ Orazione contro Catilina . ,, Non ti ha egli 
„ punto commoflb la notturna guarnigion del Pa- 
„ lazzo , non le fcntinelle della Città , non il ti- 
,, more del popolo, non l’accordo di tutti i buo- 
„ ni , non quello luogo adattati flimo per tenervi 
„ Senato, non gli afpetti di colloro, non la lo* 

„ ro prelenza? „ 

Ed il Dante 

Per me fi và nella Città dolente. 

Per me fi và nell’eterna dolore, 

Per me li và tra la perduta gente. 

G 4 IL 


\ 


\ 


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i04 


Libro Secondo . 


, 11 . 

Della Convergono » 

La converfione è una figura del tutto contrarla 
alla Ripetizione , e fi fa , quando con una parola 
ridetta più volte fi chiude il difcorfo, come fa 
Cicerone nell’Orazione contro Antonio. „ Vi do- 
„ lete voi forfè, o Padri confcritti , che fieno fla- 
„ ti uccifi li tre eferciti ? Li uccife Antonio . De- 
„ fiderate eccellentifiimi Cittadini ? Quelli ancora 
„ a voi li tolfe Antonio. La maefià , ed autore- 
„ vole potere di quell’ Ordine è fiato al fommo 
„ agitato, ed afflitto, L’afflifle Antonio. „ 

I I T. 

Della Complejjtone . 

La compleflione è un ornamento, che abbraccia 
ad un tempo e la Ripetizione, e la Converfione* 
e fi fa quando il difcorfo e s’ incomincia , e fi chiu- 
de con la medefima parola . Eccone un efempio di 
Cicerone a favore della Legge Agraria. „ Chi 
9 , promulgò la legge? Rullo. Chi impedì allamag- 
„ gior parte del popolo i vóti ? Rullo . Chi pre- 
„ fiedette ai Comizj ? Rullo . „ 

I V. 

Della Conduplicazione , o rìpi gli amento * 

La conduplicazione è un raddoppiamento di 
parole , che ora ferve all’ Ornato , ed all’ affetto , ora 
alla Magnificenza, ed ora alla Veemenza. Quelle 
fi pofiòno replicare in più modi, cioè o in prin- 
cipio , 


Dell* Elocuzione. r I©J 

cipio, o nel mezzo, o nel fine. All’ ornato. Per 
efempio. 

Non fa , come amor fana , e come ancidc , 

Chi non fa , come dolce ella fofpira , 

E come dolce parla, e dolce ride. 

Alla veemenza . Come il Poliziano . 

Mora lo fcellerato , mora , mora . 

Ed il Dante . 

Ratto, ratto, che il tempo non fi perda. 

E nella Rcttorica di Tullio. ,, Tu non ti mo- 
„ vefti, quando tua madre ti chiamava mercede, 

„ crudele non ti movefti. 

Alla magnificenza. Così il citato Poliziano. 

Dolenti Europa ciafcheduna piagne , 

Europa fuona il lido , Europa riedi . 

Ed il Petrarca 

Io vò gridando pace, pace, pace. 

Maravigliofamente move l’ animo dell Uditore 
il Raddoppiamento, e lo ferifce al cuore via mag- 
giormente, ficcome quando l’uomo e ferito in un 
luogo due volte. Così Cicerone nella fua Retto- 
rica. 

V. 

Della Tradu^ene . 

La traduzione è una ripetizione d’un medefimo 
vocabolo variato co’ cafi , generi , modi , e tempr, 
come. „ Graziofi gl’ inviti , graziofo il pregare , e 
,, pih graziofe furono le accoglienze . „ E 
rone a favor d’Archia difle . „ Pieni fono tutti i 
„ libri, piene le voci degli Uomini faggi» pienà> 
„ l’antichità degli efemplari. „ * 

y ** 


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fa 6 Libro Secondo 

V I. 

"Della Sinonimia. 

La Sinonimia è una Figura, che fi fa, quando 
fi raddoppiano parole, che vengono quali adire lo 
ftelfo, fe non che l’una è più fignificante dell’al- 
tra, ed è molto atta ad efprimere la grandezza di 
qualche cofa . Cicerone nell’Orazione a favore di 
T. Annio Milone fa ufo di quella Figura. „ Ma 
„ che forfè ignorate voi foli , o Giudici , voi nuo- 
, „ vi in quella città fiete , foreltiere fono le vollre 

„ orecchie, nè fi aggirano in quello divolgato ra- 
. „ gionar di Città? & c. 

Ed il Petrarca 

Non fpero del mio affanno aver mai pofa 

Infin , eh’ io mi difoflò , e fnervo , e fpolpo , 

Ed il Berni dille. 

Fa un tumulto , uno llrepito , un fracaffo . 

VII. 

Del Polijtntcto . 

Il Polifinteto voce Greca, che Ripigliamento di 
congiunzioni volgarmente fi chiama è una Figura, 
che delle medefime abbonda , ed ha forza di rappre- 
fentare agli occhi una moltitudine di cofe quali in- 
finita . Cicerone dilfe. „ Quello fuperò tutti gli al- 
„ tri fupremi Comandanti e per la giuflizia,.e per 
, >, la liberalità, e per la temperanza, e per la 
„ fortezza . ,, 

E di Virgilio nel libro fecondo dell’Eneidi co- 
•si tradulfe il Caro 

......... che non più toflo 

Ri- 


i. 


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Dell' Elocuzione. 1GJ 

Rimiri, ov’ abbandoni il vecchio .Anchife ? 

E la cara Creufa, e ’l caro Julo . 

E finalmente il Berni 

E ti leguo, e ti cerco, e chieggo, e chiamo, 

Perchè t’ t adoro folo, e perchè t’amo. 

Spefle volte le copole , dice il Falerèo , porte 
1* una dopo l’ altra fanno le cofe picciole diventare 
grandi, ed orterva dLpiU, che delle congiunzioni 
iervir ci dobbiamo , non come di vano ripieno , in 
quella guifa, che alcuni fi fervono del già fenza 
bi fogno , del certo , del /«?• ma fi bene, come elle 
ferviflero per innalzare , e far V Orazione magnifica, 
come predo Omero leggefi . 

O di Giove figliuolo, o faggio Ulifle 

Che già tornando alle Paterne cafe. 

Dove fe uno levafle la congiunzione ^/^levereb- 
be tutto l’ affetto , e verrebbe ad avvilire, e far 
piccolo il difcorfo. 


Vili. 

Della Gradarione . 

La Gradazione, che da* Greci chiamata viene 
Climax , o fia falimento, ha luogo, quando non 
prima fi parta alla parola, che fiegue, che quella, 
che è già detta un altra volta fi ridice, ovvero, 
come dice il Decolonia , è una figura , con la quale 
per certi gradi o fi afcende all’ alto, o fi difcende al 
baffo , come il nome ifteflo di Gradazione elige , e 
comporta. Qual è quella di Cicerone contro Cati- 
lina . „ Niente operi , niente macchini , niente pen- 
„ fi , che io non fidamente non afcolti , ma ancora 
„ non vegga , e chiaramente non comprenda \ ,% E 


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1 


loS Libro Secondo 

Cicerone nella fua Rettorica difle : ,, che fperanza 
„ di libertà polliamo noi avere, fe quello, che vo- 
„ gliono è lecito loro , e quello che è loro lecito 
„ poflono, e quello, che poflono ardifeono, e quel- 
„ lo che ardilcono fanno, e quello che fanno non ci 
„ difpiace . ,, 

E appreflo il Taflo 

Non cade il ferro mai, che appien non colga. 
Nè coglie appien , che piaga anche non faccia , 
Nè piaga fa, che l’Alma altrui non tolga. 

In riprendere , che uno fa della parola è la mag- 
gior bellezza di quell’ ornamento . Benché però di 
quella figura fe n’abbiano efempj preffo tutti i Pro- 
fatori , ed i Poeti ; nulladimeno devefi ufare forfè 
piu dell’ altre con la maggior temperanza, e dira- 
' do . Poiché ogni cofa benché bella , e piacevole , 
pure ripetuta più volte divien vile , e non curata . 

CAPO III. 

Delle Figure di parole dette per Difcioglimento 

Cinque fono le Figure dette di Difcioglimento , 
o Scollegamento , come altri chiamano , cioè il 
Difcioglimento propriamente detto ; lo Zeugma , la 
Difgiunzione , la Sineciofi , la Reticenza . 

I. 

Del Difcioglimento propriamente detto • 

Quella Figura così vien chiamata, perchè ufan- 
do più parole, e concetti tralafcia il legame delle 
congiunzioni per dar più grandezza, e veemenza 

al 


\ 


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Dell’ Elocuzione « I0<? 

al difcorfo. Qiefla dal Dicolonia pih tofto vien 
chiamata col nomi di Aggiunzione . Un efemnio 
abbiamo dal Paflavanti . „ La penitenza fchifa 
„ l’ avarizia , ha in orrore la lufliiria , caccia il 
„ furore, frena l’amore, calca la fuperbia , ifchiu- 
„ de l’invidia, contiene la lingua, compone i co- 
„ (fumi , ha in odio la malizia . „ 

E Tullio nella fua Rettorica. ,, Ubbidifci tuo 
,, Padre , onora i parenti , fervi agli amici , ofler- 
„ va le leggi. „ 

E preflo il Cafa 

O fonno, o della quieta, umida, ombrofa 

Notte placido figlio &c. 

Ed il Berni 

Fu rotto, fu fconfitto, fu legato. 

I I. 

Del Zeugma . 

Lo Zeugma, che fceveramento da’ Tropi fi chia- 
ma è una figura ufitatifiima , e preflo gli Oratori, 
e preflo i Poeti , e fi fa qualunque volta un ver- 
bo pollo in principio, o in fine,o nel mezzo del- 
l’ Orazione regge più concetti , come per efempio . 

L’ opra , il maeftro , o il di loda la fera . Petr, 
Qui il verbo è nel mezzo. 

In fine , come con Alberto Lollio . „ E così fi- 
„ nalmente la temerità alla ragione, la bugìa alla 
„ verità, le tenebre alla luce daran luogo. 

In principio, come preflo il .'Boccaccio . „ Ufa 
„ dunque lieto a tua elezzione,cd il difcreto con- 
„ figlio, ed il luo dono , ePnteu nelle lagrime con- 
„ fumar lafcia. „ tdiy; 

UT. 


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no 


Libro Secondo 

I I T. 

Dell a Digiunatone. 

Benché quella veramente non fi polla chiamare 
figura per difciogli mento , pure fi vuol dare qui il 
luogo , per elfere tutta oppofla all’ antecedente . E 
di fatto ella chiude ogni membro col fuo proprio 
verbo all’ incontrario del Zeugma . Un cfempio ele- 
ganti (fimo ci dà Cicerone nell’ Orazione a favore 
di Archia Poeta. „ Quelli fludj porgono alla gio- 
„ ventò pafcolo, danno alla vecchiezza piacere, 
„ fono di luftro alla prolperevole condizione, all’ 
„ avverfe cofe fomminiftrano rifugio , e conforto , 
„ dilettano in cafa, non c’ impedirono fuori, con 
„ noi foggiornano la notte, in viaggio vengono, e 
,, fi flann» in villefca dimora. „ E Tullio nella 
fua Rettorica : ,, Il popolo di Roma Numanzia 
„ disfece, Corinto abbattè , Fragella tolfe via &c. „ 

• 1 V * 

Della Sinecìoft . 

' La Sineeiofi è una figura , che accoppia infieme 
due cofe diverfe , e contrarie • per efempio . „ Co- 
„ si manca all’avaro quello, che egli ha, come 
„ quello, che non ha. „ Cosi fa quegli, che fa, 
„ come quegli, che non fa. „ 

V. / 

Della Reticenza . 

La Reticenza è una .figura , la quale fi fa , quan • 
do lafciafi qualche verbo, il quale facilmente fi 

fottin- 


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' Dell 1 Elocuzione . 1 1 f 

fottintende , come dice Cicerone contro Verre . „ Qiie- 
„ Ilo uomo? Quella sfacciataggine ? Quello ardire ?„ 
,Alle quali voci fi fottintende {apporteremo. Cosi 
negli Autori Latini vediamo fpelTb mancare il ver- 
bo ejl ai nomi • e tal mancanza forma quella Fi» 
gura di parole detta di Reticenza , perchè tace , e 
lafcia o quel verbo, o quel nome fottintefo. 

C A P O IV. 

Delle Figure di parole dette per J imilitudine . 

Le Figure di fimilitudine fi dicono quelle, le 
quali accozzano con una certa grazia alcune parole 
infieme, che hanno raflomiglianza fra di loro, e 
quelle fono quattro* cioè la Paranomafia ,o fia An» 
nominazione, le Pari finienti , le Pari confonanti, 
li Commutazione, o fia Rimutamento. 

I. 

Della Paronomajìa . 

* ■o 

La Paranomafia, che i Latini chiamano Anno» 
minazione, e gl* Italiani Biflicclo è uno fcherzo, 
che rifulta da vicinanza di parole per lo più di due 
lillabe differenti di lignificato, e fimili di fuono* 

Io che fi fa o collo fcambiare una , o più vocali , 
o una vocale nella confonante, come fc uno dicef- 
fe „ ridicolo è quell* uomo più per la faccia , che 
„ per le facezie ,, ovvero da Aratore è divenuto 
Oratore . 

Si può fare in tre maniere o col mutare la de* 
finenza delle parole, per efempio 

Io , 


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II* 


Libro Secane}» 

Io non voglio qui Ilare a difputare 
Se la forte creanza, o Creatura. Berne. 

O col Ripigliamennto di alcune voci poco , o 
rulla fra di loro diverfe. Per efempio col fuddet- 
to Berni . 

Ducenti miglia fon fuggito, e fuggo, 

E fuggirò, che di fuggir mi ftruggo . 

O finalmente con la fimiglianza del fuono, e 
colla differenza del fignificato, come 

e volto 

E il tergo al tergo , e il volto afcofo al volto. Taffo 

Non troppo però fi vogliono comportare quelle 
Annominazioni fatte a bello lludio, onde ufifi di- 
ligenza, ed attenzione nel fermarle . 

I I. 

Dei Pari finicnti . 

§ 

Quella figura dai Latini chiamata /imi l iter ca • 
dens è d’ornamento all’Orazione con la definenza 
di alcuni verbi del medefimo cafo. Perciocché non 
meno i nomi , che i verbi hanno i loro cafi . Un 
efemoio nelle fue Profe facre ci dà il Salvini, nel 
quale tutti i verbi finifcono nel medefimo cafo . 
„ O nome dolciflimo &c. te vogliamo Tempre nei 
„ noflri bifogni invocare , a te ricorrere , a te gri- 
„ dare mercè , di te gloriarci , ed onorarci , &c. 

„ tcco vivere, teco rcl'pirare, teco morire. „ 

I I I. 

De’ Pari Confonanti . 

Quella Figura, che dai Latini vien detta /imi» 

li ter 

» * 


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Dell* Elocuzione . 1 13 

liter defìnens , pone infieme nell’ Orazione molti no- 
mi , o verbi , che fi accordano in rima , fenza ri- 
flettere, fe quefti fieno, o non fieno del medefimo 
cafo. Lo Speroni ci dà quello efempio. „ Il qual 
„ nome non ha molto ad andare, che d’odiofo, 
„ di fcandalofo, di abbominevole, di biafimevole, 
„ di difpregiato, di perfeguitato eh* egli è, non ab- 
j, bia per Santo ad edere adorato. „ 


I V. 

Della Commutazione, 


Quella Figura, che Rimutamento chiamali dai 
Tofcani fi fa quando due concetti fra fe contrarj 
li pongono in modo , che dal primo nafea il fecon- 
do • per efempio. ,, Non vivo per mangiare, ma 
„ mangio per vivere,, e predò il Boccaccio .,, Ma 
,, io voglio avanti uomo che abbia bi fogno di ric- 
„ chezza, che ricchezza abbia bifogno di uomo. „ 
Ed ecco efpolle le Figure sì di parole, come di 
fentenze , ed ancora tutto ciò , che principalmente 
fpetta all’Elocuzione. Ora fa d’uopo che palfiamd 
all’altra parte della Rettorica,. che Invenzione fi 
chiama, in cui 1’ Oratore deve porre ogni lludioj af- 
finchè al difeorfo, che deve telfere, lappia trovare 
materia abbondante , ccpiofa , atta a provare , e per- 
vadere. . - t - , 


r 



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ii4 


libro terzo 

della rettorica. 


•dell ’ INVENZIONE. 

«s m — i — » 


CAPO UNICO 

• i. » 

r Cofa fi a Invenzione , e qual il di lei fine • 

(OS Enza l’ invenzione, dice Cicerone , ogni di^cor- 
j^) fo farà frivolo, e puerile: e ficcome colui, 
che vuol fabbricare una cafa , non può accin- 
•gerfi all’opera, fe prima non ha trovata materia 
{ufficiente per edificare la medefima , cosi ^1 Orato- 
re non può déliberarfi a difcorrere , fe pria al fuo 
idìfcorfo non ha preparata la materia, ed ecco il 
fine dell’ Invenzione . Da qui può ognuno ben com* 
prendere, che tutto il pregio dell’Orazione in qua- 
lunque genere ella fia, dipende dal faper ritrovare 
ragioni atte , forti , ed idonee a perfuadere . Quindi 
faggiamente Plutarco efortò varj fuoi dilcepoli ad 
imitare nei loro comnonimenti non le fanciullette , 
che teffono di vaghilfimi fiori le loro ghirlande , 
che poi non giungono a fera , ma le Api , le qua- 
li non di pompofi fiori , ma di foftanze fugofe com- 
pongono il mele , che tanto dura , e tanto diletta . 
Una tal folfanza dà al difcorfo quella parte , di 

cui chiaramente , e diffufamente parleremo , affin* 
' chè 


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DeW Invenzione . if£ ' 

chè pofla da’ Giovani , come la pili importante * al 
meglio che fia polfibile intenderli . 

L’ Invenzione fi diffinifce prelfo Erennio un ri- 
trovamento d’ argomenti , o ragioni , con le quali 
l’ Oratore prova ciò che propone , e determina di 
provare. Per facilitare la ftrada ai Giovani di ri- 
trovare detti argomenti fi aflegnano due luoghi det- 
ti Comuni , ai quali come a due fonti devono ri- 
correre. Li primi fi chiamano Intr inferi , cioè pro- 
venienti dal {oggetto, di cui traffafi; altri EJlr'm* 
feci , o Remoti , cioè che fono lontani dal medefi- 
mo. Dei primi come li piu neceflarj , ed ufati fi 
parlerà diffufamente . Degli altri fuffkientenientc . 

Dell' Amplificazione * 

Siccome però Come vedremo, ogni luogo può 
efifer ballante da fe folo a provare una propofizio- 
ne , elfendo amplificato , ed ingrandito , però prima 
di parlare di quelli Rimo proprio dare un idea 
dall’ amplificazione . Amplificare altro non vuol 
dire, fe non ingrandire, e Rendere a lungo una 
Cofa . Quindi da Ifocrate 1* amplificazione venne 
chiamata arte di raggrandire le cofe piccole . La vera 
però, e genuina definizione di quefia a noi dà Cicerone 
riportata dal Decolonia nella fua Rettorica, e dice effere 
l’amplificazione una molto grave, veemente, ed aliai 
Copiofa maniera di dire, colla quale lì dimoftra la 
bellezza , e magnificenza , o l’ atrocità , e deformi- 
tà d’ una cofa con una efattà enumerazione di tut- 
te le circofianzC , che l’ accompagnano in guif» , che 
ferifcà, e forprenda gli animi, e mova gli affetti 
degli Uditori , c totalmente nella loro memoria ri-* 

H ì man- . 


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Il 6 Libro Ter%p 

manga {colpita. Per far ufo di quella fi deve con* 
cepire il nudo, e femplice fentimento, o propofi- 
zione, che fi vuol raggirare in quel difcorfo, e 
pofcia vertendola di concetti , e di parole , o per 
via di Sinonimi , o di definizioni , o per via di 
antecedenti , di confeguenti , di contrapporti , di en- 
timemi, effetti &c. , o per via d’altri luoghi Ret- 
toria , e maflime degli aggiunti terminare il me- 
defimo. Dalla feria ponderazione, che faremo de’ 
luoghi fuddetti meglio il tutto più chiaramente fi 
conolcerà . 

PARTE PRIMA 

DE' LUOGHI INTRINSECI. 


- I luoghi Oratorj intrinfeci , da cui fi poffono ri- 
cavare gli argomenti, o ragioni fono 15. I. Defi- 
nizione. 2. Aggiunti. 3. Enumerazione delle par-, 
ti. 4. Caufe. 5. Effetti. 6 . Antecedenti. 7. Con- 
feguenti. 8. Genere. 9. Specie, io. Comparazio- 
ne. li. Similitudine. 12. Diffimilitudine . 13. Con- 
trarj. 14. Notazione del nome. 15. autorità. 

CAPO PRIMO. 

Della Definizione. 

$. I. 

L A voce diffinìre porta feco una diligente con- 
fiderazione dell’ effenza di qualche cofa . Quin- 
di non fon da riprenderfi quei Filofofi , i quali af - 

fe- 


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Dell ’ Invenzione. 1 17 

v 

ferifcono eflere la definizione un difcorfo,che fpie- 
ga la natura della cofa . Quando dunque uno cerca 
quid fit quella virtù , o quel vizio , di cui parlali, 
fi prendono argomenti da quello luogo. 

Di due forti può eflere la Definizione , una Dia- 
lettica, l’altra Oratoria. La dialettica definifce u- 
na cofa per il genere, e per la fpecie. Per il ge- 
nere , fe prendefi ciò che è comune all’ altre cole * 
per la fpecie, fe prendefi ciò che è proprio della 
cofa, di cui parlafi, e per cui dall’ altre fi diftin- 
gue . Eccone un efempio . Voglio definire la Retto- 
rica , e dico quella eflere un arte . Ecco il genere , 
per eflere comune a tutte le arti . Aggiungovi di 
ben dire . Ecco la fpecie , propria della ftefla Ret- 
to rica , per cui vien diflinta da tutte le altre arti. 
In fimil modo i Dialettici definifcono l’uomo ani- 
male ragionevole j dove la parola sda male è il ge- 
nere, perchè comune non folo all’ uomo, ma agli 
animali tutti. Ragionevole poi è la fpecie, che al 
fol uomo compete, e fa, che dagli altri tutti il 
medefimo fia contradiftinto . 

La definizione Oratoria non folamente definifce 
una cofa , ma la defcrive , ed amplifica . Quindi è 
che la maniera di diffinire, che ufa foratore è 
tutta diverfa da quella dei ÌDialettici , e Logici . 
Poiché i Dialettici feccamente definifcono le cofe, 
c fenza efagerazione alcuna , laddove 1 ’ Oratore non 
contento di efprimere foltanto la natura della cofa 
s’ interna nei luoghi Rettorici , e col fuo difcorfo 
non forma una femplice definizione , ma piuttoflo 
una definizione. L’ efempio il tutto ci dimoflra . 
L’ uomo dal Filofofo vien definito „ jfnimale ra- 
gionevole • e ficcome una tal definizione è compo- 

, H 3 fla 


Il8 ' Libro Terzo 

(la di genere, e di fpecie; però il medefimo aven» 
do latto T ufficio fuo, non fi eftende in quefta di 
più, L’Oratore però con confiderare gli aggiunti, 
la caufa procreatrice , il diffimile , la comparazio- 
ne lo definirebbe in quefta maniera, come lo defi- 
nifce Cicerone nel lib. I. de Le gibus , „ L’ uomo 
„ è un animale, che prevede, avveduto, ed accor- 
„ to , pieno di configlio , di ragione , di prudenza, 
„ di fenno , formato dall’ Altifiìmo Iddio a gloria 
„ fua. Quefto folo fra tante forte di animali è 
„ partecipe della ragione , efiendo l’ altre cofe tut- 
„ te di quefta prive. E qual mai cofa evvi più 
„ divina non dirò nell* uomo, ma in tutto il cielo 
„ e la terra della ragione iftefla? „ 

$• I I. 

I .modi di fare le definizioni Oratorie fono mol- 
tiflimi, e diverfi . j. In formare quelle fi poflono 
confiderare le parti delle quali è compofta quella 
cofa, di cui parlali, v. g. voglio definire la Ret- 
torica, e dico la Rettorica è un arte, eh’ è com- 
pofta d’ Invenzione , difpofizione , elocuzione , e Proc 
nunciazione , 

. II. Gli effetti , come dice il Decolonia . ,, Il 
„ peccato è la pelle dell’anima, rovina della con- 
„ feienza, danno della vita, di fonore della natura, 
,, eccidio del mondo , odio di Dio . „ 

III. Gli aggiunti , come di Virgilio nel libro 4. 
dell’Eneid. tradufle il Caro. 

E’ quefta fama un mal, di cui null’altro 
E’ più veloce , e com’ più và , più crefce , 

E maggior forza acquifta , è da principio 

Pic- 


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Dell' Invenzione . np 

Picciola , e debil cofa : e non s’ arrifchia 
Di palefarfi* poi di mano in mano 
Si difcuopre, e s’avanza^ e fopra terra 
Sen và movendo , e formontando all’ aura , 
Tanto che il capo in fra le nubi afconde. 

• IV. Si poflono confederare le fimilitudini , com- 
parazioni , in una parola tutti i luoghi Rettorici 
ma fopra d’ogn’ altro è vaga la definizione forma 
ta dalla negazione, ed affermazione. 

V. La definizione detta per negazione, ed affer- 
rnazione fi fa , quando prima dimotlrafi ciò che non 
è proprio di quella cofa , che devefi diffinire , ag- 
giungendo dipoi le vere qualità, e proprietà della 
medefima; ovvero per meglio dire, quando efpo- 
niamo le cofe , che fanno , come fuol dirfi a calci 
fra loro, e fono totalmente contrarie. Un efempio 
eJegantiffimo abbiamo da Cicerone nell’ Orazione 
contro L. Pifone, il quale dalla definizione del 
Confidato dimoftra, che il medefimo non è fiato 
mai vero Confole. „ Tu farai del Confolato tuo 
„ ricordo, ovvero ardirai dire, che fofti Confole 
„ in Roma? E che credi tu, che il Confolato ri- 
„ pofio fia nei Littori , nella toga , nella pretella? 
„ 1 quali ornamenti volerti, te Confole, che fof- 
„ ferò ancora in Serto Clodio. Stimi tu, che con 
„ quelle divife del Clodiano cane fi metta in mo- 
„ ftra il Confolato? Conviene elfcr Confole d’ani- 
„ mo, d’avvedimento, di fede, faviezza, vigilan- 
„ za , premura , e finalmente nell’ univerfale incom* 
„ benza del confolato . „ 


H 4 


vfrHpli* 


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• ^ 


HO • Libro Ter?? 

' ' ' ' §. IH. . 

Amplificazione formata dal luogo della 
definizione. 

\ 

La vera virtìi dell’Uomo confitte in oprar bene. 

S. Gto: Grifojì. 

r „ Qual’ è dunque la vera virtù dell’Uomo? Non 
„ fono le ricchezze, affinchè non temi la povertà* 
„ nè la fanità del corpo per non paventare la debolez- 
„ za di forze , nè la buona fama , ed onore , affin- 
„ chè non ti atterrifcano le maldicenze de’ Uomini, 
,, nè quetta comune vita, affinchè non abbi in or- 
„ rore la morte, nè la libertà, affinchè non pa- 
„ venti la fervitù . Ma qual è la vera virtù 
„ dell’animo? Aver amor a Dio, ed operar bene 
„ con gli uomini? 

$. I V. 

1 % 

Non fittamente una , ma più definizioni fi poffo- 
no unire, e mettere inficme, le quali tutte tenda- 
no alla prova d’un femplice aflunto. Quefte però 
devono convenire , ed elfer ben appropriate alla co- 
fa da definirli . Celebri lono quelle definizioni di 
Cicerone , regiftrate nel libro 2. de Oratore . ,, L’ i- 
„ ftoria è una teftificazione de’ tempi , fplendore 
„ della verità , anima della memoria , guida del 
s , ben vivere, meffaggiera dell’antichità. 

V. 

(Guardifi però di non porre moltiflime di quelle 

de- 


i*. 


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Dell' Invenzione Iti 

definizioni infieme,che rendano ofcuro , e confufo il 
difcorfo , e di non fare l’ Oratore delle medefime 
tanto ufo, che generi noja a chi afcolta, tanto 
più , che non vi è cofa più tediofa , leggera , e del- 
la moltitudine, e dell’ uio frequente di qufefte. 

§. V I. 

"Ufo della Definizione . 

Se alcuno volefle da quello luogo argomentare, e 
trovare ragioni a qualche aflunto , con animo di poi 
difporle, ed amplificarle ,potrebbefi regolare dal pre- 
fente efempio . Dato che uno voglia fofljenere come 
cofa certa , che la temperanza è una grandiflima vir- 
tù , definifca della temperanza ; ed ecco trovata una 
ragione alla fua proporzione , la quale potrà o a fil- 
logifmo , o ad entimema , come più converrà, ridur- 
re , e dirà . 

La moderazione della propria cupidigia è una 
grandiffima virtù. 

Ma la temperanza confille nella moderazione del- 
la propria cupidigia. 

Dunque la temperanza è una grandiffima virtù. 
CAPO II. 

\ 

» ì . i • 

- Degli soggiunti . 

T - 

Il fecondo luogo atto a trovare materia al di- 
fcorfo è quello degli Aggiunti : Per nome di Ag- 
giunti, come infegna Cicerone nella Topica ,inten- 

donfi 


! 


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» 


il% Libro Terzo • 

donfi le circofianze d’ogni cofa, le quali fi ridu- 
cono a certi capi principali, comprefi in quello 
verfo . 

Quifi, quid, ubi , quibus auxiliis , cur , 
modo , quando . 

Ch’ è quanto a dire, la perfona,la cofa, il -luo- 
go, gli ftromenti, gli ajuti, la cagion finale, il 
modo , il tempo . 

Tutti quelli otto aggiunti fi poffono ridurre a 
due principali , cioè agli aggiunti , o fieno circo- 
fianze della perfona , ed agli aggiunti , o circofian* 
ze del fatto, delle quali parleremo diffufamente . 

§. II. 

^Amplificazione formata dal luogo degli soggiunti* 

Verre fu un Uomo rapace — Cicerone nell* *£• 

Zjone 3. contro Vene . 

sAb ^Auxiliis , 

„ Ma io più avanti dico; mofiro, che ricevuto 
„ hai quattro milioni di fefterzj contro le leggi: 

„ affermo , che non ti è fiato conto per un lefter- 
„ zo, ma quando denari davanfi per li tuoi decre- 
„ ti , per gli ordini , per le decife liti , ricercar 
„ non fi doveva per mano di chi follerò fiati con- 
„ tati , ma per foperchieria di chi foflero raccolti. 

„ Quei tuoi feelti Ufficiali erano le mani tue : Le 
„ tue mani erano i Prefetti , i Cancellieri , i Me- 
„ dici, gli accenfi, gli Arufpici, ed i trombetti .* 

„ quanto più alcun t’ era per confanguinità prolfi- 
„ mo , per affinità , e per alcuna attinenza , così , 
j, tanto più riputato era tua mano: tutta quell» , 


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Dell ’ Invenzione . 1 13 

„ tua corte, che più di male alla Sicilia arrecò, 
che fe Hate follerò cento mafnade di Defertori 
„ fervi, man tua fu fenza fallo. Tutto ciò che fu 
„ per alcun di colloro carpito, neceffario è che fi 
„ reputi, non pure a te dato, ma di man tua 
„ contato. „ &c, 

$. III. 

Ufo degli %Agg\unù . 

Un argomento da quello luogo fi potrebbe rica- 
vare dal confiderare gli aggiunti della Perfona , e 
potrebbefi ridurre a quello entimema . Dato dunque 
che uno voglia provare, che Verre fu un uomo 
malvagio , fi confiderino i collumi proprj della 
perfona , e dicafi . Verre fu di perverfi collumi . 
Dunque fu un uomo malvagio. Dalla circoflanza 
del tempo — Verre impiegò tutto il tempo di fua 
gioventù in furti . Dunque fu un uomo malvagio • 
e cosi dicafi degli altri luoghi, che fpettano agli 
aggiunti , e circollanze , ■ * • 

§. IV. 

Non può efprimerfi quanta abbondanza , e copia 
di dire fomminiflri all’ Oratore quello luogo. Io 
llarei per affermare , che elTo per amplificare , ador- 
nare, e defcrivere qualche cola , necefiariamente bi- 
fogni , che ricorra a quello fonte . (Quindi è che 
con tutta ragione da Cicerone ne’ Topici chiamofifi 
luogo veramente Oratorio. Acciò fappiafi ben met- 
tere in pratica quello, {limiamo fare qui diverfe 
P H olfer- 


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124 Libro Ter^o 

odervazioni , efpofte con la maggiore facilità podi* 
bile, e ricavate dalla Rettorica dell’ Encomiato P. 
Serra . 


§. V. 


Cìrcojlanze della Perfona. 


Le Perfone altre fono quelle, eh’ entrano nel 
foggetto di cui fi difeorre , che fono Oratore , Giu- 
dici , Tedimonj &c. ; altre feparate dal foggetto. 
Sia qualunque fi voglia la perfona , le fue circo- 
danze fono dieci, i. Nome. 2. Natura. 3. Vitto. 
4. Fortuna. 5. Abito. 6 . Affezione. 7. Studio. 8. 
Fatti. 9. Cafi . io. Detti. 

Il Nome è quello, con cui fi chiama la perfo- 
na, a cui fi aggiunge qualche epiteto proprio del- 
la ftefla* così dicefi Catone faggio , ArifHde giu - 
fto , Cicerone eloquente , Roma guerriera 8 cc. 

La Natura è quella , la quale fa che una perfo- 
na ci paja più atta d’un altra a fare, o a non fa- 
re una cofa , confederata la di lei età , fedo , for- 
za , proprietà , nazione , e figura . 

Il vitto è quel regolamento di vita, che uno 
tiene , o per il padato ha tenuto , e fi divide in 
educazione, ufo, e coftume. 

La fortuna è una mutazione delle cofe, o di 
profpere in avverfe, o di avverfe in profpere, che 
porta feco ricchezza , potenza , onori , oppure po- 
vertà, viltà, difgrazia. 

L’abito è una perfezione o di animo, o di cor- 
po , acquidata con lo dudio , e con l’ indudria . 
Nell’abito fi confiderano tutte le virtù, e tutti i 
. .. vi- 


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Dell' Invenzione. 12$ 

vìzj acquiffati, che difficilmente roflono fepararfi 
o dall’ animo , o dal corpo . Gli abiti dell’ animo 
fono le arri , le fcienze , le virtù , cioè giuftizia , 
prudenza , umiltà &c. Gli abiti del corpo fono quel- 
li, che con l’aflìduo efercizio fi acquiflano,i qua-' 
li fono 1* arte di correre , di portar pefi , di caval- 
care &c. 

L’affezione fi può confiderare in due maniere, i. 
per quella mutazione, la quale nafce da qualche 
paflione , come la pallidezza , che nafce dal timore, 
l’iracondia dall’ira, 2. per la fteffa paflione. Tut- 
te le affezioni , o fieno perturbazioni fono cagiona- 
te o dalla cupidigia, o dall’ira, o da qualche al- 
tra paflione. L’affezione fi diftingue dall’abito, in 
quanto che l’abito difficilmente fi rimove dal cor- 
po , o dall’ anima . L’ affezione poi facilmente . 

Lo ftudio è una occupazione veemente di qual- 
che cofa, che fi fa con fommo diletto. Sotto que- 
lla circoftanza fi confiderano tutte le occupazioni 
nelle arti, nelle fcienze, nei giuochi, nei piaceri, 
e non folamente le occupazioni reali , ma quelle 
ancora , che fono di fola immaginazione , e di fola 
opinione . 

I fatti poi , i cafi , i detti fi poffono confidera- 
re in ordine a’ tre tempi, al paffato , al prefcnte, 
all’ avvenire . 


§. V I. 

A quelle dieci circoffanze faggiamente neaggiun- 
fe Ariftotele altre otto , che tutte rifguardano la 
perfona, e fono I. Si folus. z. Si primus. 3. Si 
cum paucis . 4. Si precipue. 5. Si tempore opportu- 
no. 


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Il 6 Libro Tergo 

no. 6 . Si crebro. 7 . Si nova bonores fit confequu • 
tut . 8 . Si comparatus praponatur. Dunque fe fi di- 
cene* Socrate è faggio, faggio farebbe circoftanza 
del nome; fi potrebbe cercare, fe fia il primo fag- 
gio, fe fia folo, fe fia faggio con pochi, fe fia e- 
gli principalmente faggio , fe fiali meritato quello 
nome per eflere fiato faggio in tempo opportuno , 
fe per avere molte volte dimoftrata la fua fapien- 
za, fe per elfer faggio abbia acquifiati nuovi ono- 
ri, fe in quello nome debba preferirfi ad ogui al- 
tro. Similmente fe diceflimo dal vitto Socrate non 
fi diletta d’altra cofa, che della fapienza, fi po- 
trebbe cercare, fe fia il primo, fe fia folo, che fi 
diletti della fapienza, &c. e così ad ogni altra cir- 
eollartza perfonale fi pofiono applicare gli otto luo- 
ghi da Arillotele accennati. 

V I L 

Del fine degli Aggiunti , o c'trcojìange 
della Per fon a . 

Il fine degli accennati Aggiunti , o circofianze 
perfonali è di congetturare, o fia di formare giu- 
dizio fopra la perlona ili ella. Vediamo fe fia vero. 
Uno a cagione delle fue azioni eroiche ha ottenu- 
to il nome di grande, di faggio, di manfueto . Dun- 
que fi forma giudizio, che abbia potuto, e volu- 
to fare, e che abbia fatto qualche cofa da grande, 
da faggio, e da manfueto. 

Dalla natura , e primo dall’ età , che fi diflingue 
in giovanezza, virilità , e vecchiezza, fi congettu- 
ra, le abbia fatto una cofa, o nò, per elfere di-' 

verfe 


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Dell * Invenzione . 1 17 

verfe le operazioni di un Giovane da quelle di un uomo 
aflodato, e quelle da quelle d’ un vecchio . Dal feflo pa- 
rimente fi conghiettura che , v. g. quello fia delitti 
non proprio d’ una donna , ma di un uomo , che la 
donna fia più incollante dell’ uomo, e che facilmen- 
te muti opinione. Dalla forza finalmente fi con- 
ghiettura , che il forte non fia fiato aflalito dal de- 
bole, ma che al contrario il debole fia fiato aflalito 
dal robuflo. Dalla figura fi forma giudizio, che 
uno di peffima fifonomia abbia commefio il delit- 
to, di cui è accufato. Dalla nazione fi conghiet- 
tura , che quello , che è probabile in ut* barbaro , 
non fia verifimile in un Romano, &c. fapendofi di 
certo, che ogni nazione ha i fuoi proprj coflumi, 
ed ogni Città ha le fue proprie leggi, inftituti, 
ed opinioni. Dalla proprietà finalmente (che fono 
tutte parti della natura ) fotto qual voce intendeu 
ogni cofa nata in noi, e che trovafi in noi pro- 
priamente non acquiftata per abito* come, farebbe 
l’.eflere uno robufto, gracile, grande, piccolo, bel- 
lo, brutto, veloce, lento &c. Si prendono con- 
getture, fe quella perfona abbia potuto, abbia vof 
luto, ed abbia fattp un azione. 

Dal v'tto ‘ e primo dall’ educazione fi con- 
ghiettura, che, v. g. fi % Tempre malvagio, chi. u* 
na volta fu malvagio, che fia Tempre buono, chi 
è flato educato da buoni genitori , e maeftri . Se- 
condo dall’ufo fi conghiettura, che, v. g. de fi deri 
giudicj ingiufti , chi lervefi di Configlieri perverti, 
che feriva poco ben Latino quel giovane , che fa 
ufo dei libri poco eleganti &c. Terzo dal eoflume 
fe , v. g. ha Tempre avuto coftume di fare opere 
buone, trattare prudentemente &c. 

Dalla 


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lift L ‘òro Ter^o. 

Dalla fortuna fi conghiettura il fatto, o il non fat- 
to, v. g. che tale azione fia propria di un Ricco, 
e non di un povero. Cosi: daH’cffer ricco fi può 
formare giudizio, che fia arrogante , ingiuriofo &c. 
Da un potente conftituito in dignità fi può con- 
ghietturare, che fia uomo d’integrità, di fede, e 
quella conghiettura fi fonda nella grandezza d’ani- 
mo, che hanno quelli, che fono efaltati a grandi 
onori . • 

Dall 'abito fi conghiettura, che colui, il quale 
ha avuto un abito lo abbia fino alla morte, e la 
ragione fi è perchè come fi è detto di fopra, l’a- 
bito difficilmente può fepararfi dal foggetto . Gli 
abiti poi fi congetturano dai fegni. Per efempio 
dall’ efferfi uno ritrovato nel pollo fenza fuggire, fi 
conghiettura la fortezza • così la liberalità dai fegni, 

0 lia dagl; atti precedenti del donatore* e tutto 
ciò, che dicefi degli abiti dell’animo, fi può dire 
degli abiti del corpo . 

Dall’ affez'one i. dall’ira fi conghiettura la ven- 
detta. 2. dalla manfuetudine il perdono. 3. dal ti- 
more f elfere aflalito . 4. dalla fperanza 1’ intrapren- 
dere. 5. dalla difperazione ogni fatto precipitofo. 

Dallo Jludìo. Per conghietturare dalla circoftan- 
za dello ftudio, conviene confiderare, quali fieno 

1 coftumi , che fi ricevono dalle arti , dalle fcien- 
ze , dai giuochi , dai piaceri , quali per efempio fie- 
no i coftumi dei Poeti , dei Filofofi , degli Orato- 
ri. E non folamente devefi cercare 1 ’ occupazione 
reale , ma conviene ancora cercare 1* occupazione 
d’immaginazione, e di opinione, confiderando , fe 
uno, che non è, per efempio, Poeta, voglia parer 
d’efTer tenuto per un Poeta &c. Ritrovata l’occu- 
pa- 


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Dell' Invenzione . izp 

pazione della perfona è facile dalla circollanza dì 
etta il conghietturare , fe abbia potuto, fe abbia 
voluto, fe abbia fatto una cofa, perchè un fatto 
verifimile in un Filofofo , non farà verifimile in 
un contadino* un fatto verifimile in unfoldato non 
farà verifimile in un Monaco & c. 

Dai fatti ,cd ancora dai detti fi prendono conghiet- 
ture . Poiché da un fatto pattato fi conghiettura un 
fatto prefente, ed il fatto, che può avvenire. Co- 
sì da un detto pattato fi conghiettura un detto pre- 
fente , a un detto in avvenire , anzi da’ detti fi con- 
ghietturano i fatti . 

Dagli accidenti. Qui gli accidenti fi prendono 
per li cafuali , e fortuiti , che non hanno origine 
dalle paflioni dell’animo, perchè quelli non fervo- 
no a provare, ma ad efagerare. Per efempio, fe 
una Vergine accufaffe colui, che le rapi violente- 
mente l’onore, ed in quell’ illante cadette un ful- 
mine, potrebbe l’ Oratore alla caufa fautore, efage- 
rare fopra l’accidente feguito , e trarne molte il- 
lazioni contro il Reo . Non fi parla dunque di li- 
mili accidenti , ma bensì di quelli , che foprafanno 
il corpo, o l’animo della perfona, ed in quello li- 
gnificato gli accidenti fono la fletta cofa , che le 
affezioni , o fieno mutazioni , che fi veggono nella 
perfona o prima del fatto , o nell’ illante del fatto, 
o dopo il fatto, dalle quali imitazioni fi traggono 
conghietture del fatto , del poflibile , del futuro . 

J 


Deir 



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130 


Libro Ter^o 

§. Vili. 


• >. * 


Delie c'trcojìan^e del fatto. 

Vedute le circoftanze Perfonali , ed i capi , che 
portano feco loro, fomminifìranti materia valìiffi- 
ma al difcorfo ; re ftaci a vedere , quali fieno , e 
'quante le circoflanze del fatto. 

Il fatto è un breve complelfo di tutto il nego- 
zio, di cui fi difcorre,il quale fuol eflere congiun- 
to a qualche fegno, ed indizio, che ferve di con- 
ghiettura per provare il fatto medefimo . 

§. I X. 

Le circollanze del fatto cioè le cofe, che fi at- 
tribuifcono al fatto fono quattro. I. quelle cofe, 
che fi contengono nello fteflo fatto, 1. quelle, che 
lì confiderano nell’ efecuzione attuale del fatto , 3. 
le cofe aggiunte al fatto. 4. le cofe, che feguono 
il fatto. Di tutte quelle quattro parti daremo di- 
flinto ragguaglio. 

Le cofe che fi contengono nel fatto iflelTo fono 
quelle, che sì neceffariamente fono congiunte al 
fatto , che da elfo non poflono in conto alcuno fe« 
pararfi . Di tale forta farebbe quell’ impulfò , che 
uno ha avuto per fare qualche azione, quel fine, 
che nelle operazioni ha riguardato, la fomma del 
fatto medefimo , la congiunzione di tre tempi , pre- 
fente , palfato , futuro , &c. 

Le cofe, che fi confiderano nell’attuale efecuzio- 
ne del fatto, e che fono infeparabili dall’ azione 
fono cinque. I. luogo. 2. tempo. 3. occafione.4. 
modo. 5. facoltà. Il 


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Dell ’ Invenzione . 1 3 1 

Il luogo è una certa fpecie , o comodo , o in- 
comodo per fare, o non fare qualche cofa , e que- 
llo fi divide in due, nel naturale, e nell’artifiziale. 
Il naturale è uno fpazio , che fempre fu così , co- 
me mare, monte, fiume. Il fecondo è uno fpazio 
che non fempre fu così, come città, cafa &c. Il 
naturale fi fuddivide e nella quantità, nella quale 
fi confiderà , fe lo fpazio fia angufto , fe ampio , fe 
grande &c. ; e nella qualità , in cui fi confiderà , fe 
lo fpazio fia declive, arduo, piano, pieno d’arbo- 
ri Scc. L’ artifiziale poi fi fuddivide in otto . I. 
nel pubblico, come piazza Scc. 2. nel privato, co- 
me cafa Se c. 3. nel facro, come tempio Scc. 4. nel 
profano, come lupanare. 5. nel Religiofo, come i 
fepolcri de’ maggiori . 6 . nell’ intervallo , come fe 
lontano , vicino 8cc. 7. nella pofizionc , come fe 
d’ avanti , di rimpetto Scc. 8. nell’ abitazione , co- 
me fe celebre, fe deferto Scc. Da tutte quelle co* 
fe fi può venire in indizio, fe il luogo fia fiato, 
o realmente fia opportuno per efeguire il fatto. 

Il tempo è uno fpazio opportuno-, che fi confi- 
derà , o per fare , o per non fare qualche cofa , co - 
me farebbe giorno , mefe , anno Scc. , e da quello 
fi rileva, fe la cofa poteva farfi in tanto fpazio di 
tempo , o nò . 

• L’occafione è una idonea comodità di tempo, o 
per fare, o per non fare una cofa, la quale occa- 
fione è di tre forti . Naturale , che è quella , che 
addiviene a tutti quafi nell’ iftcflb tempo, come 
notte, giorno, caldo, freddo Scc. Statuta è quella 
che addiviene col configlio in un certo tempo de- 
terminato, come in giorno feftivo, in tempo di 
nozze Scc. Accidentale, che addiviene a cafo, co- 

. ■ la me 


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1^2 L'bro Ter~o 

me farebbe in tempo di pelle, di attedio & c. 

Il modo è quello , per cui li confiderà in qual 
modo fia ftata fatta la cofa o con prudenza, o con 
imprudenza, o con inganno, ed infidie,o con igno- 
ranza , o con malizia , con neceflità , o con fpon- 
taneo confenfo , e volontà . 

La facoltà confiderà la materia , con cui la co- 
fa, poteva facilmente farfi , come farebbe, fe fi cer- 
catte, come fia flato uccifo un uomo o con le fu- 
ni , o con il ferro , o col laccio . In quella circo- 
flanza fi confiderà tutto ciò, che può concorrere a 
fare il fatto, o aflblutamenje , o più facilmente. 
Quindi fi comprende la cagione efficiente, aufilia- 
ria, inftrumentale &c. gli amici, i fervi, le ric- 
chezze, e tutti i beni di fortuna, i quali facilita- 
no l’efecuzione del fatto. Quelle fono quelle cir- 
collanze, che fi confiderano nell’ attuale efecuzione 
del fatto, ed infeparabili fono dall’azione. Quelle 
poi, che fono aggiunte al fatto fono fei.l.il più. 
2. il meno. 3. il fimile. 4. il contrario. 5. la 
finzione. 6 . il ripugnante. 

Quelle poi , che feguono il fatto fono quelle , 
che per volontà, o per conlìglio degli uomini s’im- 
pongono al fatto, come farebbe, fe il fatto debba 
dirli o furto, o facrilegio, quale fia giudicato da- 
gli uomini , fe crudele , violento , fe utile , fe ìnu- 
fitato &c. Quello è quel tanto , che ricavafi dalla 
Rettorica del P. Serra nel tomo I. intorno agli ag- 
giunti , o circollanze sì della Perfona , come del 
fatto, le quali cofe tutte confiderando non può far 
a meno l’ Oratore di non avere alle mani , ed in 
pronto fufficiente materia al fuo difcorfo. 


1 


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Dell'' Invenzione . 

CAPO III. 

Dell' Enumerazion delle Parti. 



*33 


§. X. 

. Enumerazion delle parti altro non vuol dire , che 
diftribuzione del tutto nelle fue parti . Quindi con 
tutta ragione quello luogo chiamali diflribuzione , 
come fe alcuno volelfe diftribuire la vita dell’ uomo 
in puerizia , adolefcenza , viril età , e vecchiaia . Le 
regole che fi danno per ben efercitare quello luo- 
go fono tre. 1. che affermate tutte le parti, fi 
affermi ancora il tutto . z. che negate tutte le par- 
ti , fi neghi il tutto. 3. che non debbafi , fe fia 
poflibile, lafciar d’ enumerare parte alcuna . Quello 
luogo è molto utile per fare le deferizioni, per 
amplificare, ed ingrandire qualche cofa, come ben 
vedefi dalla prefente amplificazione. 

§. X I. 

sAmplifi camion e formata dall' Enumerazione 
delle Parti . 

Tutti odiano L. Pifone Confole. 

Cic. contro Pifone . 

„ Tutti vogliono per abbominazione lontana dal* 
„ la Repubblica ogni memoria del tuo Confolato, 
„ le azioni, i collumi, la faccia finalmente, ed 
,, il nome : Gli Ambafciadori , che tcco furono 
„ alienati, gli avverfi militari Tribuni, i Centu- 
„ rioni , ed i rimanenti foldati di efercito sì nu- 
,, mcrofo ( fe pur vi fono ),ti portano odio,per- 

I 3 » 

\ 


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1^4 Libro Ter 

„ dizione ti bramano , ti abbominano . L’ Acaja 
„ rifinita, la Teffaglia tribolata, Atene ftraziata, 
Du razzo , ed Appollonia annichilita, Ambracia 
faccheggiata , i Partini, i Bullidefi Ìcherniti,E- 
„ piro rovinata, i Locri, i Focefi , i Beozi di- 
,, vampati , l’ Arcanania , Anfilochia , Perrebia , l’A- 
tamana gente venduta , la Macedonia a’ barbari 
” rilafciata , 1’ Etolia perduta , i Dolopi , ed i Mon- 
„ tanari confinanti dalle Città (terminati, e dalle 
„ campagne ; i Cittadini Romani , che in quei luo- 
« ghi negoziano, te unico, e folo provarono efler 
,, loro pubblico rubatore venuto , infettatore , af- 
„ faflino, ed inimico. „ . 

§. XII* 

V . 

Ufo deli' Enumerazione delle Parti . 

L’ argomentare da quetto luogo non è altro , che 
un formare un Induzione, cioè enumerare molte 
parti, per poi venire alla conclufione del tutto: 
ecco l’efempio. „ Tutta la vita dell’uomo è pie- 
na di miferie. „ 

L’ infanzia è debole , cieca la puerizia , inconfi- 
derata 1’ adolefcenza , laboriofa la virilità, tediofa 
la vecchiaja . Dunque tutta la vita dell’ uomo è 
piena di miferie. 

v » * • . , 

. I 

§. XIII. ■ 

‘ : . i 

Il P. Platina dice , che quetto luogo tiene affer- 
mativamente, e negativamente , e con quetto efem- 
pio Dialettico lo dimottra. „ Si trova di rado in 
, » tt ue * 


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De//’ Invenzione. 13$ 

^quello mondo chi fia fedele, chi affilia nei bi- 
„ fógni, chi foccorra nelle neceflità, chi metta in 
„ rifchio la vita per amor dell’amico. Per 1 * op- 
„ porto Dio è fedele, affirte nei bifogni, foccorre 
„ nelle neceflità , ed ha porta la vita fua per la fa* 
„ Iute noftra. Dunque Dio folo è vero amico. „ 

L’ artifizio confitte nelfaflumere le parti dell’a* 
micizia, le quali fono effer fedele , ajjìjlere , e /occor- 
rere &c. 

CAPO IV. 

. 1 *. 

Delle Caufe. 

* * » 

§. XIV. 

La caufa è quella, che per fe ftefla produce l’ef- 
fetto. Come Iddio è la prima caufa delle cofe crea* 
te , le quali tutte produce colla fua infinita virtìi . 
Quattro fono le caufe. I. materiale, z. formale. 
3. efficiente. 4. finale. 

§. X V. 

La caufa materiale è quella , che contiene tutta 
la materia . La materia poi è quella , da cui fi for- 
ma qualche cofa, o circa la quale fi raggira 1 a- 
zione di quello, che la forma. Come i colori fo- 
no materia, da cui fi forma la pittura* la tavola 
è la materia , in cui fi efprime la pittura * le co- 
fe da dipingerli fono materia , circa la quale il 
Pittore efercita la fua arte. 

* Nelle lodi ferve molto 1 * argomento prefo dalla 
caufa materiale, potendoli ogni opra lodare dalla 

I 4 


Libro Terrò 

qualità, e preziofità della materia, di cut è com- 
porta * e lo fteflo dicali nei biafimi , che però Ci - 
cerone fervefi di quefto luogo per far efagerazioni 
fu dei furti di C. V erre, e ciò con rilevare il va- 
lore della materia , di cui erano comporte le cofe 
rubate. Quando poi fi lodano le feienze dall’og- 
getto, intorno al quale fi vertono , 1’ argomento di- 
cefi prefo dalla materia. 

§. XVI. 

Argomentare da querto luogo non è altro, che 
confiderai di quale materia fia formata quella co- 
fa , di cui parlafi . Eccone in pronto 1* efempio . Il 
corpo dell’ uomo è mortale . Dunque è giufta cofa 
che in lui domini un animo immortale. L’uomo 
è comporto di deboi fango. Dunque non può van- 
tarfi forte. 


$. XVII. 

La caufa formale è quella per mezzo della qua- 
le le cofe acquirtano il loro perfettivo, e diftinti- 
vo dall’ altre. Quando dalla materia non fi può tro- 
vare argomento per il noftro propofito, fi può ri- 
correre alla forma . Se fi vuole per cagion d’ efem- 
pio provare , che non deve temerli la morte , fi può 
provare dall’eflere l’anima, che è forma dell’uo- 
mo immortale. Per lo piò gli Oratori non argo- 
mentano dalle forme intrinfeche, ed occulte, ma 
dalle eftrinfcche , ed accidentali , come dall’ ertrin- 
feca formazione dell’ uomo , delle ftatue , o di Qua- 
lunque altra cofa, o naturale, o artificiofa. Cice- 
rone 


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Dell ’ Invenzione .1 1 37 

rone nella 6 . Verrina efagera il furto fatto da Ver- 
re della ftatua di Diana , col fermarli a deferivere la 
fua bellezza, fimmetria, ed artifizio, con cui era 
formata . 

§. XVIII. 

Ufo della Caufa formale intrinfeca . 

Qual fia la forma intrinfeca è a tutti manifefioJ 
Confiderata dunque quella in qualunque a(Tunto r di 
fua natura ne viene l’argomento, v. g. fia quella 
la propofizione . „ Non conviene all’uomo il tra- 
viare dalla retta ragione „ il perché fi cavi dalla 
forma intrinfeca dell’ uomo , e ne verrà quello ar- 
gomento . L’ uomo ha un animo , che gode della 
ragione . Dunque ad elfo non conviene il traviare 
dalla medefima . Così l’ animo dell’ uomo è immor- 
tale. Dunque non deve temere la morte. 

§. XIX. 

Ufo della Caufa formale efìrinfeca. 

Ammirabile è la proporzione delle parti in quel- 
l’immagine, forprendente la bellezza dei colori. 
Dunque quell’immagine è egregiamente dipinta. 

§. X X. 

La caufa efficiente è un principio attivo di qual- 
che cofa, e quello principio o è creativo, come 
Iddio, o confervativo come l’aria, o dillruttivo, 
come le febbri, e le intemperanze, che cagionano 
: ' la 


*3* Libro Ter?o 

la morte, ovvero efficiente, il quale è libero co- 
me 1* uomo , o neceflario , come il fuoco , ,che ri- 
balda . 

Nell’Orazione a favore di M. Marcello Cicero- 
ne prova , che Cefare è piò gioriofo per la fua cle- 
menza, che per il fuo valore, perchè all’ opere di 
clemenza egli foltanto è la caufa efficiente, non 
così in quelle, che. riguardano il fuo valore, alle 
quali hanno avuto parte e i foldati , e gli altri Ca- 
pitani fubalterni. 


^ XXI. 

- • Ufo della Caufa efficiente . 

Col confiderai l’Autore di qualche cofa, ov- 
vero cofa produca la cofa ifteffa di cui parlali, ri- 
cavafi la maniera d’argomentare da quello luogo, 
come può vederfi da quello efempio. ,, Sapientiffi- 
mo è Iddio vero Creatore di tutte le cofe. Dun- 
que il tutto da lui è flato creato lapientiffimamen* 
te. „ E Cicerone dalla caufa efficiente argomenta 
così . L’ intemperanza rende il corpo debole , e fiac- 
co. Dunque con ogni diligenza fi deve da ognuno 
fuggire . 


§. XXII. 

La caufa finale è quella , in grazia di cui fi o- 
pera . Ogni azione deve riguardare il fuo fine . Quin- 
di è che dall’uomo non fi opera cofa alcuna, che 
non venga diretta, ed appropriata al fine, che lui 
defidcra. Così il foldato fa guerra per riportare 

vitto- \ • 


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Dell ’ Invenzione. ijp 

vittoria.* s’affatica colui per ricevere il promefTo- 
li premio. Quel mercatante è tutto intento alla 
mercanzia per ritrarne il lucro, e l’uomo opera 
criftianamente per fervire Iddio, come deve, e per 
avere la gloria del Cielo, che* 1’ ifteffo Iddio gli 
ha promelfo . 

§. XXIII. 

Amplificazione formata dalla caufa finale. 


Il fine della virtù è la gloria. 

Cic. nell' Or az> a fav. di Arch. Poeta. 

„ La virtù delle laboriofe imprefe , e de’rifcht 
„ niun’ altro guiderdone richiede, che la lode, e la 
,, gloria* la quale dove tolta fia , o Giudici, che 
„ accade , che in quefta sì piccola , e sì breve car- 
„ riera del viver noftro in cotanto faticofegefla ci 
„ efercitiamo? Certam^hte fe l’animo, cofa alcu- 
„ na noli prefentifle in avvenire, e fe tra quei 
„ medefimi confini di mondo, da’ quali il decorfò 
„ della vita è riftretto , il termine imponefle a 
„ tutti i fuoi penfieri ,* nè fi lafcierebbe da sì di- 
„ faftrofe fatiche abbattere, nè farebbe da cure , e 
„ vigilie sì grandi affannato; nè tante volte ver- 
,, rebbe a contrailo con cimento della medelìma 
„ vita: al prefente negli uomini più valenti v’ è 
„ una tale iftinta imprefiione , che notte, e giorno 
„ l’animo con li fproni fufcita della gloria, e fallo 
„ fcorto, non dovere a mifura del tempo, che vi- 
,, viamo, diftenderfi la ricordanza del noftro nome, 
„ ma doverli con tutto il tempo avvenire aggua- 
„ gliarc . ,» . : • • • . • \ 


\ 


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X4© Libro Ter^o 

%. XXIV. 

Ufo della Caufa Finale . 

Voglia l’Oratore provare, che l’uomo non de- 
ve attendere ad ingranare il di lui corpo, ed a 
compiacere la Tua gola, una ragione torto ricave- 
rà dalla confiderazione del fine, perchè egli man- 
gi , e dirà . 

Non vive l’uomo per mangiare, ma mangia per 
vivere. Dunque è cofa indecente, e degna d’abbo- 
ininazione, che egli foltanto intento fia a compia- 
cere la Tua gola. 


CAPO V. 

. Degli effetti . 

$. XXV. 

Gli effetti fono quelli , che hanno origine dalle 
caule, e ficcome porta la caufa ne viene l’ effetto, 
così ne avviene , che gli effetti fenza le caufe non 
fi poffono ritrovare. Da qui ognuno ben vede, che 
da quelli due luoghi fe ne può formare un folo, 
perchè trattando noi gli effetti fubito ricorriamo 
alle caufe , e trattando le caufe agli effetti . Que- 
llo luogo Rettorico è molto obvio ai Giovani , e 
ferve a loro di molto ajuto per comporre, tanto 
più, che tutte le virtù, i vizj , e le paflioni uma- 
ne fi poffono efporre dai loro effetti . Cicerone nell* 
Ottava Filippica prova , che la contel'a , che paffa- 
va tra M. Antonio , e la Repubblica era una vera 
guerra, e ciò dimoftra col ricorrere a quello luo- 

> - S° * 


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Deir Invenzione . *41 

go , cioè alli funefli effetti della guerra, che però 
efpone 1 * oppreflìone di Bruto Confole defìgnato 
raffedio di Modena Colonia del Popolo Romano, 
il faccheggio della Gallia provincia foggetta alla 
Repubblica & c. 


§. X X V I. 

Le caufe, e gli effetti nelle Amplificazioni fi 
poffono ancora unire infieme , e da due luoghi for- 
mare una fola amplificazione, come fe fi diceffe 
con Cicerone celebre Maefiro dell’ arte. „ Tu ti 
„ lamenti , che in molte maniere fia fiata trava- 
« gliata la provincia, ma di grazia attendi alle 
„ cagioni delle difgrazie . In quella regnava l’ am- 
,, bizione, vi dominava la diflolutezza , i Magi- 
„ Arati erano neghittofi , ed il popolo ifteflo era 
„ fommerfo in una grandiflima pigrizia, ed in u- 

„ na vita molle, ed oziofa Afpetta dunque 

„ danni di gran lunga maggiori . Si vuoteranno i 
„ pubblici Erarj, la Religione rimarrà difpregiata, 
„ e negletta , i ladri fenza temere caftigo alcuno 
„ faranno affalti . „ 

' XXVII. 

Amplificazione formata dai foli effetti . 

La Filofofia è degna di lode . ' 

„ La Filofofia madre di tutte le arti qual altra 
„ cofa è, fe non come dice Fiatone, un dono in- 
„ ventato dagli Dei , ed agli uomini conceffo ? 
„ Quella a noi infegna primieramente la venera» 

i zione , 


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141 Libro Ter?» 

„ razione , che agli medefimi predar dobbiamo , di* 
,, poi fi eftende al diritto degli uomini, che con- 
„ fifte nella focietà del genere umano, poi alla mo- 
„ deftia, ed alla grandezza dell’ animo . Quella dal- 
„ la mente, come dagli occhi difcaccia la caligine, 
„ e fomminiftra tante cognizioni , che ci fa vedere 
„ tutte le cofe ce ledi , ci fvela problemi , ed arcani 
„ ai primi, ed eccellenti uomini al fommo ofcuri * 
„ queda in fomma a me fembra avere un’efficacia 
„ divina , producendo cofe sì grandi , ed effetti sì 
„ maravigliofi , e drani . 

§. XXVIII. 

Ufo degli effetti. 

Se l’Oratore confiderà che produca quella cofa, 
di cui parla, trova fubito una ragione da cui ne 
può formare un fimile argomento . Sia queda la 
propofizione , fi deve fuggire la guerra , cerchili 
l’effetto di queda, e farà per edere origine di fom* 
me difgrazie . Diraffi dunque : la guerra è origine 
di graviffime difgrazie . Dunque fi deve fuggire. 
Così l’ubbriachezza rende dupida la mente, e vi* 
ziofi i fentimenti . Dunque i di pregiudizio, e all* 
anima, e al corpo. 


CA* 


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*43 


DelC Invenzione, 

C A P O VI. 

Degli Antecedenti . 

§. XXIX. 

Gli antecedenti fi dicono quelli , che precedono 
qualche cofa, e dai quali di neceflità fuccedono i 
confeguenti . Quindi è , che antecedente , e confe- 
guente fono talmente uniti fra loro, che preceden- 
do gli uni , feguono gli altri , e quella neceflità 
Boezio chiamò neceflità d’ordine. Così la prima- 
vera precede l’eftate, i fiori il frutto, il concepi- 
mento antecede il parto &c. Quintiliano nel l'b. 4. 
al capo io., ed altri Autori gli antecedenti , e 
confeguenti pofero fra il numero degli aggiunti . Ci- 
cerone però è di diverfo fentimento , e più tofto li 
chiama vicini , o fimili agli medefimi . Quel che è 
certo fi è , che non v’è cofa, che provar non fi pof- 
fa da quello fonte. Il citato Tullio nella 7. Filippi- 
ca così fa ufo di quello luogo . 

XXX. 

/ 

• Amplificazione formata dal luogo degli 
Antecedenti . 

E’ cofa vituperofa fare la pace con Antonio, per 
eflere flato giudicato pubblico inimico del Senato . 

Cic. nella 7. Filìpp. 

„ Che di più incoerente v’è mai di quello, che 
,, il fubitamente volere unito eflere con colui per pa- 
„ ce, cui tellè in molti decreti avete nemico pub- 
„ blico non a parole , ma per opere protettalo ? Se 

„ non 


1 


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'144 Libro Ter^P 

„ non fe per avventura, quando a Cajo Cefare per 
„ decreto gli onori alTegnatte, meritati quelli fibbe- 
„ ne, e dovuti, ma fingolari pure, ed immortali, 
„ per quella fola cagione , perchè avelie apprettato 
# , efercito contro di Marc’ Antonio , non avete An« 
,, tonio nemico pubblico proteftato : nè da voi allo- 
„ ra è ftato Antonio nemico pubblico dichiarato, 
8 , quando per autorevole voftro affettato lodati furo- 
„ no i Veterani foldati , che feguirono Cefare : nè 
„ tale il pubblicafte, allora quando alle fortiflime 
„ Legioni , per avere colui abbandonato , che appel- 
„ lavali Con fole , quando nemico pubblico era,pro- 
„ mettefte efenzioni dalla milizia, denari, e terre- 
„ ni . E che ? Quando con ampliflime lodi onorafte 
„ Bruto, per un tal’ augurio di quella ftirpe, e di 
,, quella cafata , nato per liberar la Repubblica , ed 
„ innalzafte l’ efercito di lui a difefa del popolo Ro- 
„ mano guerreggiante con Antonio , e la fedeliflima, 
,, ed ottima Gallicana provincia , non decidefte voi 
„ allora nemico pubblico Antonio ? Come ? Quando 
„ decretafte , che l’ un de’ Confoli , o ambedue mo- 
„ veliero per la guerra, quale mai v’era guerra, fe 
„ nemico Antonio non era ? „ &c. 

• * % 

%. XXXI. 


Ufo degli Antecedenti . 

Il femplice nome d’antecedente dà una chiari Al- 
ma idea come uno debba far ufo di quello luogo. 
Poiché antecedente altro non vuol dire,fe non co- 
là , che precede . Dunque fe uno vorrà dire , che è 
giorno, confiderando quel che precede il giorno, di- 


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Dell * Invenzione. I45 

ri . — E nato il Sole . Dunque è giorno . — Cosi 
volendo dire che l’ Uomo deve morire dirà dagli 
antecedenti in fimil guifa - l’uomo è nato. Dun- 
que deve morire . — Quello è reo di graviflime fcel- 
leraggini. Dunque farà dal Giudice ieveramente pu- 
nito. 


CAPO VII. 


Dei Confeguenti . 

XXXII. 

Li Confeguenti fono quelli, che vengono dopo' 
i loro antecedenti . Come , pollo che uno abbia 
commeffo una colpa , ne fegue , che debba fubire 
la pena . Combattuto , che uno ha valorofamente , 
ne fegue la vittoria . Li confeguenti , benché mol- 
te volte confiderai fotto varj riguardi polfono ad 
un tempo iflelTo chiamarli effetti , pure fono da lo- 
ro in qualche parte differenti , per effere ellranei 
alla cofa , di cui fi dicono confeguenti . Come la 
fuperbia è confeguente della potenza ; la luffuria ò 
confcguente dell’ ozio • la gelofia dell’ amore • la 
lode della virtù : così l’ invidia è confeguente delle 
ricchezze, la compaflione delle miferie, il vendi- 
carfi dell’odio, il premio è confeguente dell’ ope- 
rare virtuofamente &c. Ed intanto tutti quelli li 
dicono confeguenti ; e non effetti , perchè non pro- 
vengono dall’ intrinfeca natura delle cofe. Se un O- 
ratore per efempio voleffe provare , che dalla dot- 
trina ne proviene del bene, potrebbe provarlo dal 
confeguente, che è la liima, e fe voleffe provare, 
che ne viene del male, potrebbe provarlp dal con- 

K fcn 


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■ Jjf6 Libro Ter%o ‘ 

feguente , che è l’invidia. Il luogo de* confai enti 
è molto a propofito per fare gli augurj, e le de* 
fcrizioni delle cole future. Da quello luogo Cice- 
rone nell’ orazione 4. contro Catilina defcrive al 
vivo la rovina , che prevede farà per fuccedere , fe 
non reprimefi il furore degli inimici . ,, Parmi que- 
„ Ha città vedere , fplendore del mondo , e delle 
„ genti tutte riparo, per fubitaneo comune incen- 
„ dio già traboccare, mi fi paran dinanzi al pen- 
„ fiero nell’ opprelTa patria i miferi 3 ed infepolti 
„ gruppi dei Cittadini , mi fi aggira dinanzi agli 
„ occhj l’afpetto, e la fmania frenetica diCetego, 
che nella voftra uccifione imperverfa. Quando 
,, poi all’ animo mi fon recato Lentulo , che pot- 
„ ta corona , ficcom’ egli fteflb confelfato ha di 
„ fperar da’ deliini, e quello Gabinio effer porpo- 
,, rato, coll* efercito Catilina venuto, allora orror 
prendo de* rammarchevoli gemiti delle matrone, 
„ iella fuga delle Verdini , e dei fanciulli , e della 
„ infellazione delle Vertali, „ 

$. XXXIII. 

Amplificazione elei confeguentl ricavata da Virgilio 
nel libro 4 . dell ’ Eneidi . 

Era Notte. 

Era la notte: e già di mezzo il corfo 
Cadean le ftelle, onde la terra, e ’l mare^ 

Le felve , i monti , e le campagne tutte , ■■ 

' E tutti gli animali , i bruti , e i pefci , 

E i volanti, i ferpenti, e ciò che vive 
Avea da ciò , che la lor vita affanna 

Tre* 


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Dell* Invenzione, iqy 

Tregua, filenzio , obblìo, Tonno, e ripoTo, 

$. XXXIV. 

Ufo dei Confeguenti, 

Non v’è cofa, che non fi pofla da quello luo- 
go provare , e ridurla ad argomento . Eccone diver- 
tì etera pj « quell’ uomo porta la cicatrice . Dunque 
è fegno evidentiflimo ,che ricevette la piaga . ~ V ’è 
abbondanza di frutti . Dunque vi fu abbondanza an- 
cor de’ fiori. « Qiiell’uomo terminò l’opera. Dun- 
que l’avea incominciata .« Vinfe gl’inimici. Dun- 
que combattè valorofamente . - Da qui ben ofler* 
vifi , come vadino bene accompagnati gli antece- 
denti con li confeguenti , ed i confeguenti con gli 
antecedenti . 

r 

CAPO Vili. 

Del Genere . 

$. XXXV. 

II Genere dicefi quello, che è comune a molte 
cofe, le quali contiene fotto di fc, come la virtì» 
farebbe il genere, perchè contiene fotto di fe la 
giuftizia, temperanza, prudenza, fortezza &c. Co- 
sì l’albero è il genere, perchè ha fotto di fe il 
cedro, l’abete, il Platano, ed altre fpecie d* albe- 
ri • Chi adunque volefle lodare la fortezza , fi trat- 
tenere prima a difeorrere fopra i meriti della vir- 
tìi in fe confiderà ta, farebbe un ricorrere a pren- 

K 2 dere 


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148 Libro Ter^o 

dere ragioni da quello luogo . Sarebbe pure un ar^ 
cementare dal genere , fe uno lodando 1 umiltà di 
qualche uomo,' fi fermafle nelle lodi dell’umiltà 
in fe ftefi'a confiderata. 

§. XXXVI. 

Il genere fervè molto per amplificare qualunque 
affunto, e ferve, come fuol dirli di ricovero alli 
Giovani per trovare materia al dilcorfo. In due 
maniere fi può trattare quello luogo. 1. difcenden- 
do dal genere alla fpecie , o fia dalla Tefi all’ Ipo- 
tefì , ovvero per parlare pili chiaramente , dalla prò- 
pofizione univerfale alla particolare, come fe per 
provare effere il vizio di fomma rovina agli uomi- 
ni , uno efponefie i danni dell’ ambizione , dell a- 
varizia, dell’invidia &c. z. diftendendofi nel gene- 
re j come fe in lodar la prudenza, prima fi lo- 
dafle in genere la virtìi . Benché però quello fia un 
luogo, che renda il difcorfo pregevole, e fommi- 
nillri all’Oratore ampia facoltà di dire, pure non 
derefi a quello ricorrere fenza bifogno , e lenza pro- 
pofito, acciò non abbia a fuccedcre , come ad alcu- 
ni , 1 quali tanto fi fermano in difcorrere della co- 
fa in genere, che prima di difcorrere al loro pro- 
pofito hanno già confumata la maggior parte del 
tempo. Quello è lo Hello, che un imitare colui, 
il quale potendo quanto prima fare ingrelfo nella 
fua abitazione, fi prende fpaflb di far prima un 
lungo giro. Onde cantò quel poeta di Venofa nel- 
la fua arte Poetica . 

Nec circa vHetn , patulunujue mora beri s orbem . 

Il qual fentimento traduffe il Borgianelli cosi. 

La 


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*49 


Del r Invernatone. 


La materia comun diventa invero 
Di privata ragion, fe lafcerai 
L’ ordine cui trattò l’altrui penfiero. 

Non fi vieta già cosi parlando l’ufo di quello 
luogo , che ufato a tempo , e quando la materia 
lo richiede è di gran giovamento ; ma foltanto l’ a* 
bufo , il quale in tutti i luoghi Rettorici deefi fug- 
gire, per non far perdere al difcorfo quella bellez- 
za , che deve feco portare . 


§. XXXVII. 


Il fito da darli al genere piu proprio, ed adat^ 
tato fi è negli efordj dell’ Orazioni , ne’ quali fi fuol 
premettere qualche principio univerfale, e poi di- 
fcendere alla fpecie , cioè a quella propofizione , o 
aflunto particolare , di cui fi parla . Moltiffimi e- 
fempj .di quello luogo abbiamo da Cicerone . Nel- 
l’ orazione a favore di Sello Rofcio argomenta dal 
genere, ove fi mette a rilevare l’orridezza del par- 
ricidio, e ciò per poter dedurre l’inverifimilitudi- 
ne, che un tal delitto fia (lato commelTo da Sello 
Rofcio , giovane già da lui defcritto di ottimi co- 
llumi. E nell’orazione a favore di Archia così lo- 
da il medefimo Poeta con confiderare il merito di 
tutti i Poeti in genere. 

§. XXXVIII. 

Amplificazione formata dal genere. 

Il Nome dei Poeti deve eflere rifpettabile 

Cic. nell ’ OraZ‘ a fav. di Archia . 

K 3 „ San- 




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ISÓ Libro Terzo 

„ Santo , e venerabile fia appreflo voi , gentili^» 
i, limi uomini, quel nome di Poeta, il quale giam- 
„ mai nazion barbara non ha offefa alcuna recato. 
„ Gli fcoglj, ed i romiti luoghi al favellare rifpon- 
», dono • le difpietate fiere foverVte fi piegano , e fi 
„ fermano al canto, noi con ottime notizie iftrui- 
„ ti non dovremo eflere dalla voce de’ Poeti com- 
„ molli? i Colofonii affermano Omero elfer lor 
„ Cittadino, loro il fanno i Chii , il ripetono i 
„ Salamini , li Smirnefi poi di loro eflere afferma- 
,, no. Nella Città per tanto ancor dedicarono a 
„ lui un tempio- oltracciò affai altri n’hanno tra 
„ lor contratto, e contendono . Coloro adunque un 
„ ettraneo, perciocché poeta era, defiderano anco- 
„ ra dopo morte i coftui vivo, che è noftro, e 
„ per difpofizion fua, e delle leggi, vorremo ri- 
„ gettare? „ 

$. X X X I X. 

Ufo del Genere» 

Per argomentare dal genere foltanto fi affume 
una propofizione generale, e dalle qualità di quel- 
la fi forma un equivalente Entimema. „ Tutte le 
arti fono utili. Dunque fi devono abbracciare. Po- 
che volte però fi aflumono propofizioni generali a 
provare, ma piuttotto particolari* ed allora fi po- 
trebbe argomentare dal genere alla fpecie cosi . Tut - 
te le arti fi devono avere in pregio. Dunque an- 
cora la Poefia, 

.*» , ; - 

CÀ- 


/' 


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Dell' Invertitone . 1 5 1, 

(CAPO IX, 

Della Specie . 

§. X L. 

Non può la fpecie andar difgiunta dal genere, 
come ne anche il genere dalla fpecie. Intefo dun- 
que che uno ha cola fia il genere, ha capito an- 
cor bene cofa è la fpecie. Poiché fe il genere è 
quello che contiene la fpecie, la fpecie è quella, 
che è contenuta nel genere , e laddove il genere è 
comune a molte cofe, la fpecie è quella, che è 
propria folamente a le fletta. Per facilitare il tut- 
to ferviamoci di quello efempio; La vWth fi dee 
amare • quello chiamerebbefi Genere, o Tefi,o pro- 
porzione universale . La temperanza è vrtìt • ecco 
la fpecie , o fia Ipotelì , o propofizione particolare. 
Notifi che la fpecie ancora può contenere fotto di 
fe molte cofe , ma dillinte foltanto dal puro nume- 
ro. Così la vite è una .fpecie, che in fe contiene 
tutte le viti, le quali fra loro dillinte fono fola- 
mente in numero. Per lo piò quella fi unifee al 
genere. Poiché l’Oratore dopo di aver parlato u- 
niverfalmente d’una cofa, con artifizio difcendeaU 
la fpecie . Un efempio abbiamo da Cicerone nell o« 
razione a favore di Archìa Poeta, il quale volen- 
do encomiare f arte Poetica , loda quella dal gene- 
re, dipoi difeende alla fpecie così. ( Dal genere ) 
„ Poiché tutte le facoltà, le quali fpettano all u- 
„ mane lettere, hanno un certo comune legame, e 
,, quafi per certa attinenza fra di loro fono con- 
», giunte.... Quelli Iludj porgono pafcolo allagio- 

K 4 « ven r 


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I 


i$i, 


Libro Terxp 


„ ventù, danno alla vecchiezza piacere, fono alla 
,, condizione profperevole di luflro , alle avverfe 
„ cofe fomminiftrano rifugio, e conforto , diletta- 
,, no in cafa, non c’ impedifeono fuori, con noi 
„ foggiornan la notte, in viaggio vengono, e fi 
„ ftanno in villefca dimora . „ 

( Dalla Specie ) „ Ma pure da’ ragguardevoli , 
,, e pregiatiffimi uomini abbiamo, che gli ftudj 
„ delle altre materie e nel fapere confiftono , e nei 
„ precetti e nell’ arte , che il Poeta per natura è 
„ valente in fe Hello , è da vigore di mente defta- 
„ to , e quafi da un tal divino Spirito invafato . 
„ Laonde per fuo diritto quel noliro Ennio fanti 
», chiama 1 Poeti , perciocché come per alcun do- 
„ no, e fpeciale grazia degli Dei di pregio degni 
„ ci appajano. 

§. X L I. 


Del? ufo della Specie. 


Il Cavalcanti nella fua Rettorica approva più 
l’argomentare dalla fpecie al genere, di quello che * 
dal genere alla fpecie ; Poiché polla la fpecie fi po- 
ne il fuo genere, ma negata quella non però fi ri- 
move il genere* perchè s’ egli è lauro, fegue^che 
fia arbore • ma fe non è lauro non per quello non 
farà arbore, potendo elfere olivo, o altro. Fall» 
dunque f argomento affermativamente così . „ Que- 
llo è governo popolare . Dunque è governo civile . ,, 
E’ liberalità . Dunque è virtù. „ Cicerone nell’ O- 
razione a favore della legge Manilia prova, che 
Pompeo era dotato di fomma virtù, dalla fpecie 

delle 


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Dell' Invenzione. *53 

delle virtù dimo Arando, che egli era forte indu- 
ftriofo , pretto , prudente , temperato , innocente , ed 
adorno d’altre fingolari virtù, così provando il ge- 
nere, che è virtù per le dette fpecie. 

Argomentafi ancora ponendo una fpecie, e muo- 
vendo un altra in quella maniera. Egli è leone. 
Dunque non è cavallo. 

C A P O X. 

« 

Della comparazione. 

t 

§. XLII’ 

La Comparazione , a fia paragone , fi fa . quan- 
do due , o più cofe fi mettono in confronto fra lo- 
ro, riguardata la di loro quantità; ed in quello 
vogliono alcuni , che fia differente dalla fimilitudi- 
ne , la quale ha per proprietà di confiderare la qua- 
lità delle cofe , cioè , che quale è una cofa limile , 
tale fia l’altra in quella maniera, in cui fi pongo- 
no in confronto. Il paragone però riguarda 1 ugua- 
glianza, e l’ineguaglianza, cioè che le cofe com- 
parate o fieno eguali , o maggiori , o minori , co- 
me più avanti vedremo .Quello ben fpiegò ilMar- 
chefe Orfi. Nelle comparazioni , die’ egli non fi ri- 
chiede un’ efatta raffomiglianza fra tutte le parti 
delle medefime , e il foggetto , di cui fi favella . 
Balla , che fi affomiglino le azioni , fu delle quali 
fi fonda la comparazione. Dice per efempio Virgi- 
lio ; che Pandaro chiudendo le porte della Città 
non fi avvide di avervi chiufo anche il Re Turno» 
... . .... e non s’avvide il folle 

Che 


V 

% 


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IJ4 Libro Ter%» / 

Che de* nemici in quella calca ancora 
Era lo detto Re da lui raccolto 
A far de’ fuoi , qual tra le greggi imbelli 
Ircana Tigre immane. 

Simile è l’azione di Turno, che è chiufo nella 
Città, e qui fa grande ftrage dei Trojani, a quel- 
la d’una Tigre, che innav vedutamente è chiufa in 
un ovile, e quivi uccide l’ impaurito armento . Ciò 
bada perchè fia ben fondata la comparazione . Che 
fe alcuno voleffe riprovarla , quafichè fenza pen- 
farvi dica Virgilio, che i Trojani erano gente vi- 
li dima, effendo tali le pecore, che Turno moftrò 
poco valore combattendo quivi, egli potrebbe per 
avventura fvegliare il rifo delle dotte perfone , le 
quali fanno, che le cofe comparate non richieggo- 
no proporzione in tutte le parti • ma debbano loia- 
mente averla nell’azione, per cui fono paragonate. 
Vi fono alcuni i quali pretendono, che la com- 
parazione non fia molto differente dalla fimilitudi- 
ne, fe non in quanto è piu viva, e più animata 
di Iquefta , che il più delle volte fi riduce a pura , 
e. femplice immagine . Comunque fia però noi am- 
mettiamo la differenza di fopra accennata, la qua- 
le viene approvata ancora dal Decolonia nella fua 
Arte Rettorica, e fappiamo edere diverfo 1* artifi- 
zio della Comparazione da quello delia Simiiitudi* 
ne , come ancora farfi in diverfe- maniere , 

§. X L I I I. 

T generi di Comparazione fi affegnano comune- 
mente tre I. %/f pari . II,vf majori ad mintts . Ili, 
*A minori ad majus 


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Dell* Invenzione, tJJ 

$. X L I V. 

I . 

t/jf* Pari, \ 

Pari , ed eguale lignifica quella cofa , che convie- 
ne in quantità, e confeguen temente in parità, con- 
venienza , c per dir così fimilitudine di quantità . 
Noi ancora comunemente parlando diciamo quegli 
efler pari di nobiltà, di ricchezza, di bellezza, di 
valore , di virtìi , di età &c. cioè intendiamo , che 
l’uno non fupera l’altro, nè viene fuperato, e non 
poffiede nè piìi, nè meno di quello, che pofliede 
l’altro. In fornirla quelle cofe fi chiamano pari, 
che non eccedono l’una l’altra, e delle quali fi for- 
ma eguale giudizio» 

§. X L V. 

^fmplìficazione format 0 a* Pari. 

» 

Moltiffime fono le Amplificazioni che forma Ci- 
cerone da quello luogo, ma fopra di tutte elegan- 
te fembra effer quella dell’ Orazione a favore di L. 
Siila, che per ragion d’éfempio qui riporto. 

E’ lecito a lui difendere Siila , effendolo flato 
a 'pari ad Ortenfio. ' 

„ Se la congiura è fiata per mia opera manife- 
„ ftata, è tanto ad Ortenfio palefe, che a me, cui 
,, tu veggendo di quell’onore, autorità, virtù, ed 
„ intendimento fornito non hai dubitato difendete 
,, P. Siila innocente, ricerco quell* ecceflo, che è 
,, flato per Ortenfio aperto alla caufa, a me im- 
,, pedito effer debba: ricerco ancor quello, fe *»•. 

i) «I 


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15 6 Libro Tev^o ' 

,, mi , che io , il quale difendo , debba efler biafi- 
„ mato : che opinioni mai dovrai portare di que- 
„ Ili ragguardevoli Uomini, e chiariflimi Cittadi- 
,, ni dal di cui favore, e nobil grado vedi efler 
„ frequentato quello giudizio, cd onorato, e folle- 
„ muta la caufa di quello innocente ? 

§. X L V I. 

Ufo di queflo luogo detto a’ Pari . 

Il P. Serra dice, che l’argomentazione a pari è 
affatto limile all’ argomentazione ab exemplo . Ari- 
ftotile dice nell’ ufo di quello luogo doverli confi- 
derai, fe fra due fatti vi fia fimilitudine . Quin- 
di fe uno volefie far ufo di quello luogo, e volef- 
fe provare, che a Cicerone deve efler lecito fegui- 
re la guerra civile, potrebbe argomentare così. A 
Catone fu lecito l'eguire la guerra civile. Dunque 
farà lecito ancora a Cicerone. Cosi in quell’ altro 
efempio dal Platina riportato. Gli amici in tut- 
ti i fecoli fono flati incollanti, Dunque incollanti 
faranno, ancor gli amici prefenti , L’ artifizio confi- 
tte nell’ aver aflunto quel termine in tutti i fecoli , 
c nel confederare ciò che liane feguito . 

§. XLvu 

ì . 

ma 'jori ad minus , o fia dal più al meno . 

j * 

Argomentare dal maggiore al minore, dice Ari- 
notele, è un argomentare negativamente, perchè 
fe quello, che pare, che maggiormente dovette ef- 

fere 

f 

. ». 


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Dell * Invenzione. *57 

fere non è , molto meno è quello , che meno pare, 
che doveffe effere , ed apporta quell’ efempio . „ Se 
agli Dei non fono note tutte le cofe ; molto meno 
le fanno gli uomini : , , Il P. Serra nella fua Ret- 
torica dice, l’argomentazione a majori ad minus 
effer quella in cui da una cofa piìi probabile s’ in- 
ferire la propofizione negativa meno probabile . Per 
efempio. Se non abbiamo potuto fopportar Cefare, 
uomo di tante virtù adorno , fopporteremo dipoi 
Marc’ Antonio dedito ad ogni forte d’iniquità? 
„ Di quello luogo evvi un efempio nella divina- 
zione contro Q; Cecilio. „ Che fe io non pollo 
„ ottenere quello attefa la grandezza , e difficoltà 
„ delle cofe, per il confeguimento di cui tutto il 
,, tempo di mia vita invano impiegai , quanto di 
gran lunga tu penfi Scuramente effer lontano da 
„ quelle, le quali non folo mai per l’ avanti ave- 
„ Ili in penfiero, ma neppur per ora veggendole 
„ fott’ occhio puoi fofpettare , quali , e quante 
„ grandi fieno. „ 

§. X L V I I I. 

* »' 1 ; 

Ufo del più al meno. . 

Dal fin qui detto ben fi apprende il modo, con 
cui fi devono prendere argomenti da quello luogo. 
Ridurfi voglia dunque la propofizione affunta ad 
entimema . Nell’ antecedente deve far rifalto il più, 
nel confeguente il meno . Eccone un efempio da 
Arillotile dialetticamente riportato. „ Non ; v’ è 
fedeltà nell’ uomo . Dunque molto meno amicizia . „ 
Ognuno ben vede, che l’ artifizio confille nell’af-' 

fumé- 


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i 5 8 Libro Teny ~ 

fumere quel mezzo termine fedele , il quale com« 
parato al termine amico , viene ad eflere piìi, e 
V amico viene ad eflere meno. Cosi volefle prova- 
re l’Oratore, che la Divina Giuftizia non Appor- 
terà gli uomini ribelli, e malvagi, argomenterà 
da queflo luogo cosi. ,, La Divina Giuflizia non 
Apportò gli Angioli , che peccarono , e Apporterà 
dunque l’uomo viliflimo, fe temerariamente f in- 
fultano? „ 


$. X L I X. 

A minori ad majus , o fia dal meno al pili* 

Dal minore al maggiore, dice Ariftotilc,G fan* 
no argomenti affermativi, perchè fe egli è quello, 
che meno pare, che dovette eflere; a majori fi è 
quello, che pare, che dovette eflere, e per mag- 
giore intelligenza dà queflo efempio. ,, Colui che 
batte il Padre , batterebbe ancora i Parenti . ,, Il 
P. Serra dice l’argomentazione dal meno al piìt 
eflere, quando fi argomenta da una propofìzione 
meno probabile ad un altra piti probabile. Per e- 
fempio i Romani per una minore ingiuria fi fono 
vendicati della Città di Corinto. Dunque li ftefli 
Romani per una maggiore ingiuria debbono vindi- 
carfi di Mitridate. Della comparazione del meno 
al piti fpeflo fi ferve Cicerone, dal che fi può de- 
durre eflere la piti frequente di tutte le altre , co- 
me veder fi puole preflo il medefimo nell’ orazio- 
ne a favore ai Archi» Poeta*. 


Am- 


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Del? Invenzione: 

§. L. : 

Amplificazione formata dal meno al p’ìt, 

' * 1 - 

Archi» Poeta deve e (fere aferitto alla Citta* 

dinanza Romana. 

Cicer . a fav . d > Are hi d Poeta • 

„ I Colofonii affermano Omero effere lor Citta» 
„ dino , loro il fanno i Chii , il ripetono i Salami- 
„ nj , li Smirncfi poi di loro effere affermano . Nel- 
„ la Città ancor dedicarono a lui un Tempio ,_oI- 
„ tracciò affai di piìi n’hanno tra lor contralto» c 
,, contendono . Coloro dunque un eflraneo, percioc- 
„ chè era Poeta il defiderano ancora dopo morte . 
„ Coftui vivo, e che noftro è per difpofizione fua 
„ e delle leggi , vorremo noi rigettarlo ? Mamma- 
,, mente, che Archi» rivolfe una volta tutta 1 ap- 
„ plicaeione, e tutto l’ingegno a celebrare le ina- 
„ prefe, e le glorie del popolo Romano? 

§. l r. 

Ufo di quefio luogo detto a minori ad majus • 

* , #. 

Gli Argomenti , che fi poffono ricavare da que- 
llo luogo fono innumerabili prefTo gli Autori. Ci- 
cerone contro M. Antonio argomenta da quello luo- 
go cosi . „ Che farefli in cafa tua , fe. fei tanto 
infoiente in cafa d’ altri ? ,, E nell’ Orazione in fa- 
vore della Legge Manilia parla di Pompeo. „ E 
farà alcuno, che dubiti quanto profitto abbia coi 
fuo valore a fare Pompeo , il quale con la riputa- 
zione tanto n’ ha fatto? » Ed altrove# » Colui, 

che 


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I So Libro Ter ?» 

che aveva fcannato un fuo famigliare , che farebbe 
ad un inimico? Quefti, e fimili argomenti ognuno \ 
direbbe eflere prefi dal maggiore al minore. Per- 
ciocché confiderarebbe eflere , v. g. maggior cofa bat- 
tere il Padre, che i Parenti , fcannare un famiglia- 
re, che un inimico, eflere infoiente in cafa d’altri, 
che in cafa fua , e fare profitto con la riputazione , 
che col valore. Ma Ariftotele confiderà la cofa in 
quanto ella è , parendo , che meno efler dovefle . 
Secondo gli altri poi fi direbbe, che 1’ argomento 
dal maggiore al minore fofle , quando, ( come in 
realtà fuonano le parole ) da una cofa maggiore fi 
inferifce una minore, come al dir di Quintiliano 
col prefente’ efempio. „ Se qualcuno commette fa- 
crilegio fa anche furto. ,, Quefti tali non diftin- 
guono il modo di argomentare da quello luogo, 
come diftingue Ariftotele • anzi pare, che quello, 
che a lui è maggiore fia a loro minore, e per lo 
contrario il minore fuo fia ad efli il maggiore. 
L’argomentare dunque all’ufo noftro, e d’altri co- 
munemente farebbe cosi. „ Se i mali paflaggieri ci 
àtterrifcono , molto più ci atterrifcono gli eterni. „ 

• ■» 

$. L I I. , 

\ * 

•Artifìcio da ufar/ì nel fare le Comparazioni . 

Tofto che 1’ Oratore ha ritrovato un efempio ,' 
con cui provare la fua propofizione , pub egli fer- 
virfi di quel folo efempio in modo, che 1’ Argo- 
mentazione , per cagione di qualche circoftanza va- 
riata , diventi argomentazione a minori ad ma/us , 
a majdri ad minus >a pari: e ficcome al dir del P. 

Serra 

i 


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Dell' Invenzione tòt 

Serra quelle argomentazioni fono le principali , e 
le più confiderate da quell’ arte, e fono quelle di 
x cui ordinariamente tutti gli ottimi Oratori fi fer- 
vono, però deve ognuno, che afpira all’ Oratoria, 
renderfene perfetto pofleflore . A quello fine qui fi 
alTegna il modo di ufar l’ artifizio nel fare le com- 
parazioni . 


§. L I I I. 

L’ artifizio confille nel ritrovare il più, il me- 
no, e l’ eguale , e dipoi nel riflettere alla propor- 
zione , che v’ è nella circoftanza , che ferve d’ an- 
tecedente all’efempio. Poniamo quell’ argomenta- 
zione ab exemplo , riportata dal P. Serra nella fua 
Rettori ca . „ Serfe prefo, eh’ ebbe l’Egitto s’im- 
poflefsò della Grecia : Dunque fe i Greci lafceran- 
no, che il Re di Perfia prenda l’Egitto, prefo 
1’ Egitto , prenderà anche la Grecia . „ Per fare , 
che quello argomento diventi a minori ad majus , 
conviene aggiungere all’ antecedente dell’ efempio 
qualche circoftanza, per cui l’efempio diventi prò- 
pofizione del meno , e qualche circoftanza alla con- ' 
clufione, per cui ella diventi propofizione del più, 
così . „ Se Serfe con pochi foldatt , e con picciolo 
efercito, quando ebbe prefo l’Egitto, s’ impolfef- 
sò dipoi della Grecia. Dunque tanto più il Re di 
Perfia con moltitudine di Soldati , e con groflo e- 
fercito prefo che avrà l’Egitto s’ impoflfdferà del- 
la Grecia . „ Per fare, che la ftefla argomen- 
tazione ab exemplo diventi argomentazione a ma- 
lori ad nrnus conviene aggiungere una circoftan* 

«a all antecedente dell’ efempio , per cui divenri pro- 

L po- 


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r 


iSz Libro Ter^o 

pofizione del pili, e dipoi aggiungere una circoftan- 
za alla conclufione , che per l’ elempio fi mamfefta, 
per la cui conclufione diventi propofizione del me- 
no cosi. „ Se prefo, che fu l’Egitto non fi potè 
far refiftenza a Serfe uomo di poco valore , ed egli 
s’impoffefsò della Grecia. Dunque prefo, che farà 
l’Egitto, molto meno fi potrà refiftere al Re di 
Perfia, uomo valorofo, ficchè non s’ im padroni fca 
della Grecia. „ Per fare finalmente, che la ftelfa 
argomentazione ab exemplo diventi argomentazione 
a pari , conviene aggiungere dalla parte dell efem- 
pio, e dalla parte delta conclufione una circoftan - 
za egualmente verifimile , e dire cosi : „ S^e Serfe 
con dieci mila uomini prefo , che ebbe 1 Egitto 
s’impadronì della Grecia. Dunque il Re di Perfia 
con dieci mila uomini , prefo che avrà 1 Egitto 
s’ impadronirà della Grecia . ,, 

§. L I V. 

Artifizio da ufarjì nel trovare gli ef empii . 

11 noftro P. Serra nella fua Rettorica aflegna 
due modi artificiofi atti a ritrovare gli efempli . 
Primieramente devefi confidcrare l’operazione uma- 
na , in cui deve paragonarli . La prima parte dell 
efempio con la prima parte della Propofizione . Se- 
condariamente fi deve confiderare 1’ effetto dell’o- 
perazione umana prefa per efempio, e devefi para- 
gonare all* effetto della propofizione, A maggior 
intelligenza del fin qui detto fuppongafi, che la 
propofizione da provare fia quella. ,, Se il Re di 
Perfia prenderà 1* Egitto , prenderà ancor la Gre- 


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Dell * Invenzione K \6% 

eia. Quella propofizione ha due parti, l’una che 
ferve d’ antecedente , l’ altra di confeguente . Ora 
per trovare l’ efempio, conviene andar efaminando 
nelle Morie, fe altre volte fia flato prefo l’Egit- 
to, e poi confiderare, fe quando fu prefo feguì, 
che ancora fofle prefa la Grecia. Ma dato, che 
non fi trovafle l’efempio, che corrifpondefle parte 
per parte alle parti della propofizione • che fi prova 
in tal cafo converrà trovare qualche ragione, per 
cui fia verifimile, che fe il Re di Perfìa s’impa- 
dronirà dell’Egitto s’impadronirà ancora della Gre- 
cia . La ragione verifimile potrebbe eflere , perchè 
l’Egitto è come la porta, dove fi può pattare per 
affalire la Grecia. Converrà dunque cercare, fe 
qualche provincia fervifle di porta per aflalire un 
altra, e ritrovata fi dovrebbe efprimere la llefla 
propofizione colla ragione . aggiunta , e provare la 
propofizione coll’ efempio , che corrifpondefle parte 
per parte non alla propofizione, ma alla ragione 
della propofizione. 

Da qui conclude il prelodato P. Serra, ben ognu- 
no può conofcere, qual campo vaftiflimo fi apra 
per ritrovar efempli . Poiché fe nell’ addotto cafo 
non fi trovafle una ragione adattata al luogo , po- 
trebbe cercarli una ragione adattata alle perfone , 

come nell’ addotto efempio, fe gli Egizj fono po- 
poli piU feroci dei Greci , ovvero , che il Re di 

Perfia è uomo rifoluto, e felice». Ritrovata una 

di quelle ragioni, può cercarfi un efempio , che cor- 
rifponda parte per parte alle parti della propofizio - 
ne per conto delle ragioni ritrovate, e con tale 
artifizio non potranno mai mancare all’Oratore e» 
fempli con cui provare le fue propofizioni . 

L z CA- 


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1^4 Libro T er%o . 

CAPO XI. 

Della Similitudine . 

L V. 

La Similitudine è un confronto di diverfe cofe, 
le quali benché fieno tra di loro affai differenti, 
pure convengono in qualche punto, come v. g. il 
tempo , ed il fiume fono cofe diverfiffime fra loro, 
pure convengono in quefto , che sì l’ uno , che l’al- 
tro con fomma velocità fcorrono, onde d’ Ovidio 
nel lib. 15. delle Metamorfofi traduflc 1 ’ Anguil- 
laia 

' 

v 

Come corre ognor novo il fiume, e ’1 fonte 
Che fempre vcrfo il mar nove onde fcorge* 
Perchè 1 * acqua che pria calò dal monte 
Quella fletta non è ch’or vi fi fcorge 
Quella, che vi paffa ora più non fia, 

Che f altra onda che vien , la fa gir via 

E così giufiamente i tempi fanno, 

Ch’unfugge, unfegue, e fempre han vario fiato,’ 
E rinovano il giorno, il mefe, e l’anno. 

Ma non rifan giammai quel, eh’ è già fiato: 
Vien notte, e poi le tenebre fen vanno, 

Ed apparifee il dì lucido , e grato : 

Viene una notte poi del tutto nova 
Che quella, che fu già, più non fi trova. 

Quelle cofe adunque fi dicono ettere fimili , le 
quali convengono in qualità, ficcome non fpette 
volte diciamo, quello uomo, ettere fimile a quel* 

lo» 


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Deir Invenzione. 1^5 

Io, perchè 1 uno, e l’altro hanno una medelìma 
difpolìzione o di corpo, o di animo, o altra qua- 
lità comune fra loro . Che fe noi moflriamo uia 
cofa per virth d’un altra limile, non facciamo al- 
tro, che congiungere, ed unire le proprietà di un 
foggetto con un terzo. Eccone l’efempio. Voglio 
provare, che la patria perduta, e dipoi riacquilla- 
ta è a noi piti cara, prenderò un’ altra cofa, la 
quale perduta , c riavuta maggiormente ci diletti , 
per fimilitudine della quale verrò a conchiudere 
l’altra in quello modo. „ Siccome la fanità è piu 
gioconda a quelli, che da grave infermità liberati 
1 hanno racquiflata , così la patria è con maggior 
piacere guflata da quegli , i quali dopo qualche 
tempo tornano a goderla . „ 'j 

IVI. 

Di due forti è la fìmilitudine . Perfetta una, im- 
perfètta l’altra. La perfetta è quella, la quale ò 
compolla di due parti; la prima delle quali chia- 
mali Propofizionc , o fia Protafi ( come fu detto 
della prima parte del perfetto Periodo ) che porta 
Ceco quelle particelle , corbe , ftccome , fecondo eh» &c. 

La feconda appellali Reddizione, AlTunzione , o 
Apodolì, a cui corrifpondono quelle particelle, co - 
sì , /imi (niente , non altrimenti , non diverf amente &c. 

L’ efempio poco fa addotto riguarda la fimilitudi- 
ne perfetta. Che fe poi quella è priva di particel- 
le, o fia delle due parti teflè nominate, allora chia- 
merafli Imperfetta, come trovafi fpelfo preflò gli 
Autori si Latini , come Tofcani . 

Il luogo delle fimilitudini è tifato non folo da- 

L 3 8 li 


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1 66 Libro Terno 

gli Oratori, li dV cui efempj, per non edere in- 
finito, io qui tralafcio, ma ancora dai Poeti . Va- 
rj pafli io qui riporto di Virgilio, i quali in di- 
verfi luoghi furono cosi tradotti dal Caro. 

§. L V I I. . 

yjfmplifi cagione fornata dal luogo delle Jìmilitudmi . 

Enea invano fofpira Didone. Virg. lib. 4. Eneid. 

Come annofa , e valida 

Quercia, che fia nell’ Alpi efpofta a Borea, 

S’ or dall’uno, or dall’altro de’fuoi turbini 
E* combattuta fi fcontorce, e tituba: 
Stridono i rami , e ’l fuol di frondi fpargefi; 
E ’l tronco al monte infido immoto , e folido 
Se ne ftà Tempre: e quanto forge all’aura 
Con la fua cimla * tanto in giU ftendendofi 
Sene va con le barbe infino agl’ Inferi * 

Cosi da preci , e da querele aflidue 
Battuto duolfi il gran Trojano, ed angeli, 

E con la mente in fe raccolta, e rigida 
Gitta indarno per lei fofpiri , e lagrime . 

E nel libro la. 

Qual di cima d'un monte in precipizio 
Rotolando fi volge un fa do alpeftro , 

Che dal vento , dagli anni , o dalla pioggia 
Divelto per le piaggie, a fcode, a balzi 
Vada fenza ritegno, o delle felve 
E degli armenti , e de’ Pallori infieme 
Meni guado, rovina, e firage avanti. 

. Tal per l’oppode, e sbaragliate fchiere 
Se ne già Turno 

Ufi 


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Dell * Invenzione. 

§. L V I I I. 

Ufo della fimilltudine . 


i6j 


Dal luogo della fimilitudine , dice Arinotele, 
argomentali e affermativamente, e negativamente. 
Affermativamente, come nell’ efempio di Copra ad- 
dotto. „ Siccome la fanità è più gioconda a quel- 
li , che da grave infermità liberati 1* hanno riacqui- 
lfata * così la patria è con maggior piacere gufa- 
ta da quelli , i quali dopo qualche tempo tornano 
a goderla. „ Negativamente poi come in quello. 
Non fi deve lafciar trafeorrere un tenero ingegno, 
perchè neppure al tenero, e giovane arbore fi la- 
rdano a cafo fpargere i rami fuoi . ,, In quelli ta- 
li argomenti devefi ben avere avvertenza, che la 
cofa,per mezzo della quale vogliamo provare l’al- 
tra, fia tale, ch’ella abbia con quella per altro più 
convenienza, che fi può, acciocché l’argomento le 
polla meglio unire infieme, come negli efempj po- 
di fi può notare. Poiché in quelli la fanità ,e la 
patria hanno quede convenienze,. che ambedue ap- 
partengono a noi, ambedue ci fono care, ambedue 
fi poffono perdere, e riacquidare. 'L'albore ancora 
ha la fua tenera età, l’ingegno fimilmente; quello 
fpande i fuoi rami , quedo fpiega le fue forze tal- 
mente che fi conducono con facilità a quella unio- 
ne,, e fimilitudine, che fi vede. Il medefimo ad- 
diviene negli efempj delle perfone in qualche azio- 
ne , i quali tanto più fono efficaci , quanto mag- 
giore conformità evvi tra quelle perfone ,. o di na- 
zione, o di grado, o di età, o di profeflione, o 
d’altro. Moltiflfimi efempj fi poffono vedere tanto 

L 4 ne* 


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l6% Libro Ter?pl 

negli Oratori , quanto nei Poeti , i quali ben dU 
inoltrano , come fi devono formare le fimilitudini , 
e la proporzione che devefi ferbare nel farle. 

CAPO XIL 
Della DiJJimilitudinc . 

§. L I X. 

Le notizie, che fi fono date del fimile ci fan- 
no abbaftanza conofcere cofa fia il diflimile. Que- 
llo viene ad effere quello, che ha qualità difforme, 
o per meglio dire ripugnante fimilitudine. E fic- 
come la fimilitudine in diverfe cofe porta feco 
proporzione, e convenienza, così la diflimilitudine 
riguarda 1’ improporzione, e differenza. Con tal 
nome non fenza ragione chiamofli da Cicerone nel- 
le fue divifioni Oratorie. Dal diflimile il medefi- 
mo argomenta così nella feconda Filippica. ,, Ma 
non come del facrificio , così anche del configlio • 
li fuole afpettare un dì determinato. „ 

§. L X. 

L* Diflimilitudine non fi ufa tanto fpeflo , co- 
me la fimilitudine, ma a quella fi ricorre, e fi 
prendono da elfa ragioni il pili delle volte nelle ri- 
prove. Trovili quella col conliderare le condizioni, 
e circollanze sì delle cofe, come delle perfone po- 
lle per fimilitudine, perchè la natura, e la pro- 
prietà, la grandezza, e la battezza, il luogo, ir 
tempo , la comodità , e l’ incomodità di quella , o 
• • ' d’ al- 


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Dell' Invenzione l Iffp 

d’altre condizioni la mofirano diffimile all’altra.' 
Scuopre poi dice il Cavalcanti , diflimilitudir.e tra 
le perfone, la nazione, il fello, l’età, i collumi, 
la profeflione, la ftima, la riputazione, lo flato, 
ed altre condizioni , per le quali non andrò cercan- 
do gli efempj, parendomi cofa molto chiara, e fa- 
cile a intenderfi quello luogo. Nell’Orazione a fa- 
vore di L. Murena diflfulamente da Cicerone lì 
ufa il medelìmo al num. 22. Parimenti nella Sella 
Verrina al num. 77., a favore di Seftio al num. 
37. e 38., a favore di Sello Rofcio Amerino al 
num. 72. ed 88. contro Pifone al num. 31., ed 
in diverfe altre fue Orazioni. 

§. L X I. 

Ufo della Dijfimilitudlne . 

• 

Si fa ufo di quello luogo con ricorrere ad una 
cofa totalmente diflimigliante da quella di cui trat- 
taft . Eccone un efempio ricavato dal noftro Mae- 
ftro dell’Arte. Prova egli, che i nollri penfieri 
devono efler diretti all’ eternità , e dal diffimile, co- 
sì , argomenta . „ Se è proprio de’ uomini Barbari 
vivere di giorno in giorno ; t nollri configli , e le 
«olire rifoluzioni devono riguardare il tempo per- 
petuo , ed eterno . ,, Così fe fi volefle provare , che 
Iddio creò l’Uomo tutto diverfo dagli altri Ani- 
mali, li facci il confronto delle proprietà sì dell* 
uno, come degl’ altri, e troverai!» tanta diflugua* 
glianza, che a tutta ragione dovrai!» concludere, 
che in realtà 1 ’ Uomo è diffimile dalle bellie. ,, 
Quanto diffimile dai bruti 1’ Altiffimo Iddio creò 

ruo- 

1 


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17® Libro Ter^o 

l’Uomo! Quelli abbafsò fino alla terra, 1* uomo 
poi innalzò al Cielo. 

Degli animali è proprio andar dietro a cofe in- 
fime, vili, e che vanno facilmente a perire; dell* 
Uomo il riguardare cofe celefli , che di loro natu- 
ra fono eterne ^ Dunque Iddio formò 1* Uomo dif. 
ferente dagli Animali. 

CAPO XIII. 

Dei Contrari . 

§. L X I I. 

Li Contrari fono quelli , che non pofleno Ilare 
in un medefimo foggetto ; e dato che vi ftaflero fo- 
no lontaniflimi 1 * uno dall’ altro . Il Cavalcanti nel 
lib. 3. della fua Rettorica diftingue due forti di 
Contrarj > Alcuni , che hanno mezzo , alcuni nò . 
Hanno mezzo quelli , qualunque de* quali non è ne- 
cellario , che fi ritrovi in un foggetto , come bian- 
co, e nero; ftolto, e fimo, ed altri fimili, dei 
quali non è neceflario, che uno dei due vi fia, 
poiché quel foggetto può eflere roflo,e giallo, che 
fono colori tra il bianco , ed il nero ; cosi non ef- 
fere nè favio, e nè ftolto. Non hanno mezzo que- 
gli, uno dei quali nccelTariamente è nel foggetto, 
dove vi può eflere , come grave , e leggiero , ed al- 
tri . Sì gli uni , come gli altri , come dilfi , non 
poflono Ilare nel medefimo luogo, e tempo. Varj 
efempj ci dà Cicerone nelle fue Orazioni ; come 
può vederfi a favore di Sello Rofcio Amerino al 
num. 75. ed 88.; nella feconda Catilinaria al num. 


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Dell' Invenzione . J7I 

2$., a Favor di Celio al num. 12., e finalmente 
dopo il Ilio ritorno nel Senato al num . 2. Quello 
della feconda Filippica può fervi re a noi di regola, 
come fi poffono formare da quello luogo le Am- 
plificazioni . 

$. L X I I I. . ; 

%/fmpllficazjone formata dal luogo del Contrarj . 

Ad Antonio non fta a cuore la Repubblica . 

Clcer. 2. Filipp, 
„ Attendimi per un poco, e per un tratto di 
„ tempo penfa meco una volta da uomo faggio, 

„ e moderato Ioaflerifco non darli mez- 

„ zo tra quelle cofe. Affermo collantemente , che 
„ quelli , fe non fono veri liberatori della Repub- 
„ blica, difenfori della falute del Popolo Romano, 
* fono piò che ficarj , più che omicidj , più che 
„ parricidj : eflendo cofa più malvagia , ed atroce 
„ l’uccidere il Padre della Patria, che il proprio. 
„ Tu che fei uomo fapiente, ed accorto che rif- 
„ pondi? Se fono parricidj, e perchè per farli ono- 
„ re fono flati ammelfi in quell’ordine, e riguar- 
„ dati fempre nel numero del Popolo Rorpano ì 
„ Perchè , all’ afferir , che tu hai fatto Marco Bru- 
„ to è libero, ed efente dalle Leggi, giacché è Ila. 
„ to lontano dalla refidenza in Città più di dieci 
„ giorni ? Perchè fono fiate confegnate le provincie 
„ a Caflio, e Bruto ?&c. Dunque non fono collo- 
„ ro omicidj - ne fegue, che fecondo il giudizio 
» fieno liberatori. „ 

Ufo 


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17 2, Libro Ter^o 

§. LXIV. 

Ufo dei Contrarj • 

Dai Contrarj nafcono argomenti di tal forta , che 
pofta una cofa fi rimove l’altra nel medefimo fog- 
getto. Onde è fe una cofa è confeguente ad un 
contrario, la cofa contraria è confeguente all’altro 
contrario. Quello luogo dice il P. Platina, ha per 
fua natura di far concludere tanto affermativamen- 
te, quanto negativamente. Sia quella la propofizio- 
ne. Non fi ritrova alcun altro amico di cuipof- 
fiamo riprometterci, fe non che Iddio. .. Quella 
fi potrebbe provare da quello luogo, con ridurla ad 
una tal forma fillogiflica . „ Gli Uomini fono ami- 
ci di fole parole . Ma Iddio è amico di fatti . Dun- 
que Iddio è il folo amico. „ Il P. Platina ripor- 
ta altri entimemi da quello luogo ricavati , i qua- 

h fono tutti dal P. Scgneri addotti nella fua fecon- 
da Predica. 


§. L X V. 

Ai Contrarj fi riducono quelli altri luoghi Ret- 
tona, che dall Oratore li pollino confideiare ar- 
tificamente benché Cembri, che fieno la mede- 
lima cofa , che gli oppolli - Quattro fono quelli . 
i. Contradicent! . 2. Ripugnanti. 3 . Privanti. 4. 
Rifpettivi, o Relativi. * 


l 


Ufo 


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f 


Dell ’ Invenzione . j jd 

§. L X V I. 

Dei Contradicenti . 

Lì Contradicenti fono quelli , che fono opporti 
talmente fra loro, che quella cofa irtefla, che fi 
propone affermando, fi negale proporta negando fi 
afferma . Quella contradizione fi troverà fidamente 
nelle propofizioni • come fe uno dicerte : Milone ha 
tramato infidie a Clodio • Milone non ha tramato 
infidie a Clodio. In primo luogo fi afferma, in 
fecondo luogo fi contradice . Così il dire , giufto 
ingiufto; vergognofo, sfacciato. Come ancora fe 
uno formafle quello argomento. „ La vecchiaja fi 
deve defiderare . La vecchiaja non fi deve defidera- 
re . „ Da quello luogo Cicerone prova nell* Orazio- 
ne a favore di Siila, che il medefimo non ha avu- 
to parte alcuna nella congiura di Catilina, come 
può vederli -al num. 85. Come ancora a favore di 
Celio ufafi quello luogo al num. 5. e nella Ver- 
rina Settima al num. 8 4. 

1 , 

§. L X V I I. 

Ufo dei Contradicenti. 

Da quello luogo fi poflono dedurre confeguenze 
o negative, o affermative , come intender fi può 
dai feguenti entimemi . Il Cavalcanti fa ufo di que- 
llo luogo , argomentando negativamente così.,, L’e- 
fercitare il corpo giova alla fanità. Non può cer- 
tamente fe non giovare. „ 

Dedurne una confeguenza totalmente affermativa 

fa- 


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174 Libro Ter^o 

farebbe l’argomentare così. „ Il millantatore non 
è uomo fapiente . Dunque falfamente fi vanta per 
uomo fapiente. r 

§. L X V J I I. 

Dei Ripugnanti . 


I Ripugnanti fono quelli , che ripugnano fra lo- 
ro, e benché non fono avverfi l’uno all’altro, 
come fono i contrarj ; nondimeno non poffono {la- 
re infieme. La ripugnanza nafce, quando quello, 
cne fegue ad uno degli opporti , fi dà all’ altro, 
come in quefto efempio fi vede. Meo, ed mimi - 
« fono oppolfi^-ed alludere amico feguita il gio- 
vare all amico fuo, all’ edere inimico il nuocere 
all inimico • onde fe noi congiungeremo con l’ ami- 
co il nuocere, e coll’ inimico il giovare avremo 

ripugnanti , non potendo ftare infieme una cofa con 
1 altra. 

II Cavalcanti «/ /;*. 3. dtìu fua RamUa di . 
ce , poterà confiderare la ripugnanza tra le cofe , 
tra il parlare, e tra 1’ operare degli uomini. E i. 
tra le cole , come chi argomentale coll’ efempio 
di lopra accennato , che V amico nuoca , ertendo co- 
a manife a, che il nuocere li ripugni, convenen- 
o eg i il giovare. 2 . tra le parole, come dice 

Cicerone nella feconda Filippica . „ Tu confedavi, 
” che il tuo Patrigno era caduto in così grandi 
” lcelleratezze , e ti lamentavi, che fode flato pu- 

trS L- C ,?P ere > come fi prò vedere in 
rnoltidimi luoghi di Cicerone, e fpecialmentcnell’ 

Orazione a favore di Marco Celio. „ E fappiate, 




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Dell ’ Invenzione . J 75 

o Giudici , che quelle cupidigie , che fono oppo- 
„ Ile a Celio , e quelli fludj , dei quali io difputo 
„ non polTono facilmente effere nella medefimaptr- 
„ fona: perocché egli è impoflibile , che un ani- 
„ mo tutto dato allo sfrenato appetito, dall’ amo* 
„ re, dal defiderio continuo, dalla troppa abbon* 
,, danza, qualche volta dal mancamento impedito 
„ polfa quello ( che f: lia ) che noi facciamone! 
,, dire, reggere non pure col recitare, ma anche 
„ col penfare. ,, E nell’Orazione a favore diMi- 
lone dice. „ Voi vendicate adunque la morte di 
„ colui al quale, fe voi potette , certamente non 
vorrette reftituire la vita. „ 

§. L I X. 

Ufo dei Ripugnanti . 

Dal fin qui detto ben fi vede chiaramente , co* 
me uno debba far ufo di quello luogo . Se uno 
dunque volelfe provare, che colui è un uomo ti- 
mido potrebbe .argomentare dai Ripugnanti cosi - . 
— Colui fugge la prefenza dell’ inimico , teme ad 
ogni ombra del medefimo &c.. Chi dunque lo (li- 
merà valorofo , e forte ? Pollo ciò rettaci folo a con- 
fiderai il fentimento del P. Platina fu dell ufo di 
quello luogo . Dice dunque , che fe trovali cofa ri- 
pugnante detta dall’ avverfario , la noftra caufa ac* 
quifta fede, e quella dell’ avverfario la perde. Di- 
poi foggiugne , che il luogo dei Ripugnanti conchiu- 
de affermativamente, e negativamente, e ferve mol- 
to alla confutazione , o Ila al ribbattimento delle 

ragioni dell’ Avverfario . Ma 1 ’ Oratore dee confide* 

" ' rare 


H«Ma 


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VjC libro Terrò 

rare feparatamente tre cofe . La prima fe 1’ Avver- 
fario parla di fe (letto. La feconda fe parla contro 
di alcuno. La terza fe nel medelimo tempo parla 
di fe fletto, e contro di alcuno. Per poi facilitare 
la maniera di argomentare da quello luogo, attegna 
il folito efempio, „ Gli amici umani non hanno 
parole in bocca più ufitate, quanto che dire, che 
fono veri amici finceri , che Spargerebbero il fan- 
gue, che darebbero la vita &c. ed intanto nelle 
clifgrazie abbandonano, nei pericoli fuggono, nelle 
calamità fi feparano. Dunque non fono veri amici. 
Iddio per lo contrario ha fparfo il fuo. fangue, ha 
data la fua vita, e fi pregia di vincere l’amore 
d’una tenerilfima Genitrice. Dunque folo Iddio è 
il vero amico. „ L’ artifizio confitte in quel ter- 
mine fincero, fpargere il fangue, dare la vita, ed 
in quel ripugnante d’ abbandonare, di fuggire nei 
pericoli &c. 

§. L X X. 

Dei Privanti. 

' -t 

Per nome de’ Privanti intende!! abito, e priva- 
zione. La privazione è un mancamento di qualche 
cola in quel foggetto, che naturalmente la pofla 
avere , e nel tempo , eh’ elfo la debba avere . L’ a- 
bito poi è il poffeflo di quella cofa. Di tal forte 
fono morte, e vita, luce, e tenebre, povertà, e 
ricchezze, moto, quiete, umanità, crudeltà , villa, 
cecità, malattia, fanità,e limili. Un efempio chia- 
ro abbiamo noi da Marziale , il quale così parla 
ad un certo Emiliano nel fuo libro 5 . „ O Emi- 

„ liano 


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Bell Invenzione . 


■'*77 


» lìano Tempre farai tu povero, Tempre mifero, ed 
„ infelice* giacché ora lo Tei, e a’ giorni d’ oggi 
„ le ricchezze ad alcun altro non fi danno, Te non 
„ ai ricchi. „ 

L X X I. 

1 

• * * - • . * r* 'i •. 

Ufo dei Privanti. • : -» 

Da quelli dice il Cavalcanti fi argomenta ih due 
modi per cadauno. Poiché ponendo 1’ abito fi ri- 
move la privazione;, rimoflb l’abito fi pone la pri- 
vazione. Polla la privazione fi rimove l’abito, e 
rimolfa fi pone. V. g. E’ luce. Dunque non fono 
tenebre . Non è in moto . Dunque è in quiete . E* ' 
cieco. Dunque non vede. Noni è cieco. Adunque 
v fde? e • (inaili. Se uno volefie provare, che i Cri- 
fliani col peccare perdono la grazia , potrebbe alle- 
goricamente argomentaré così: -- Li malvagi, .cor- 
cano le tenebre . Dunque hanno in odio la luce . ■ 
i 

. • » “ -L X X I li. ' • , . f ; ; T 

, ‘ ■* ' \ '■ < ' ' 1 

* Bei Rifpettivi , o Relativi. < 


Li Rifpettivi , o fieno Relativi fono quelli , che 
fi riguardano talmente fra loro, che l’uno non può 
* ilare fenza l’altro, come Padre, e Figlio. 11 Pa- 
- dre fi nomina Padre per rifpetto del Figlio ; e co- 
si il Figlio dicefi Figlio, per rifpetto del Padre. 
Tali fono Signore, e Servo; Maeflxo, e Difcepo- 
lo; Moglie, e Marito, Capitano, e Soldato, e li- 
mili . Quelli neli’iflelfo foggetto non poflòno Ilare 
a M . ■ per 


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iy8 Libro Terzo 

per un medefimo rifpetto; perchè colui, eh è Si» 
onore non è Servo rifpetto a quello di chi è Si- 
gnore; ma per diverfi rifpetti,può efTere il mede- 
limo Signore, e Servo; Signore rifpetto al fuo Ser- 
vo • Servo rifpetto a quello , che li fofle Signore . Da 
quello luogo Cicerone così loda Celare nell’ Ora- 
zione a favore di M. Marcello. „ Dal che certa- 
mente ben fi pub comprendere , quanta grande fia 
la lode nel benefizio compartito , effendo sì gran- 
r„ de là gloria nel ricevuto &c. „ 

L X X I I I- , 

. • * . % 1 

Ufo dei Rifpettivi » 

Da quello luogo dei Rifpettivi fi argomenta in 
- quelli modi. Pollo l’uno fi pone l’altro in diverfi 
foggetti, v. g. è Padre. Adunque vi fono i Figli. 
Così Iddio « è Signore * e Padre Onnipotente di noi 
tutti . Dunque noi lo dobbiamo feguire come Ser- 
vi , e Figli di Lui . — Parimente pollo l’ uno fi 
rimuove 1* altro nel medefimo foggetto, t per un 
medefimo rifpetto» v. g. Tu mi fei Servo. Dun- 
que non mi fei Signore. Così rimoffo uno in di- 
verfi foggetti , fi rimuove 1* altro per un medefimo 
rifpetto. — Non ti fon Servo. Dunque non mi 
fei Signore . •• Quelli luoghi , come dilli » fin da 
bel principio, tutti fi devono riferire ai Contra- 
ri , effendo quello il fonte principale , da cui deri- 
vano. 



CA- 


« 


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Dell' Invertitone . ijp 

CAPO XIV. 

\ 

Della Notazione , o interpretazione del Nome . 

LXXI V. 

La Notazione del Nome, che da’ Greci chiama- 
fi etimologia , è una fpiegàzione, o interpretazio- 
ne-, che fi Fa d*un vocabolo, o di un nome; come 
fe uno cercafie da dove abbia avuta la fua origine 
la voce Senati , e troverebbe da Seni bus , cioè da- 
gli uomini affennàti, che formavano il mèdefìrno» 

Così i Confoli furono chiamati così , perchè 1* Ufficio 
loro era di provvedere alla Patria , ed a! bene della 
Repubblica . Alla Notazione del Nome appartengono 
gli Anagrammi di fimil forte /come Roma , *Amor ; 

Logica , Caligo ; Urjula , Laurus ; Maria Virgo , Mi- 
ra Virago ; e fimili. Non Tempre però deVefi faru- 
Ìo della Notazione del Nome, ma Colo quando in 
quel nome, ed in quella Voce l’Oratore vi rinvie- 
ne qualche fale, e qualche cofa, che li poffa fer- 
vire e per lodare, o biafi'mare alcuno, come fa Ci- 
cerone , che fcherza fui nome di Verre,il qual Vo- 
cabolo efprime rapacità . Di pili qrefto luogo vuol 
eflere ufato accortamente, ficchè 1’ interpretazione, . 
non riefca ofcura , hè violenta ,t nè fciocca, è l’ ar- 
gomentò non riefca vano, e puerile; onde coloro 
poffono ufarlo -, i quali intendono bene la proprietà, 
e l’origine delle parole, e che le lingue poffeggo- 
nòi II citato Cicerone nell’ottava Orazione contro 
M. Antonio volendo provare, che può effer guer- 
ra fenza tumulto, t tumulto non ' può effer lenza 
guerra , dall’ inUrttfetazìone del ho me di tumulto co- 

Ma sì 

» 

C- 

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l8o Libro Ter*» 

sì dice. „ Perciochè che altro è il tumulto, fe 
,, non che una sì grande perturbazione, da cui ne 
„ nafce un grandiflimo timore. „ 

L X X V. • 

* Ufo della Notatone del Nome . 

Benché come ho detto, parco debba efiTere Tufi» 
di quello luogo, pure alle volte l’Oratore può di 
quello fervirfi e per abbigliamento della fua propo- 
rzione , e per comprova maggiore della medefima . 
Volefle uno dunque confiderare 1’ etimologia della 
parola Vir , che in Italiano vuol dire Uomo, vedreb- 
be così chiamarfi a virtùte • e da’ una tal confide- 
razione formerebbe fubito un tal argomento . „ L’ Uo- 
mo così vien chiamato a virtute'. Dunque quella 
folo è Uomo, che è virtuofo. ,, 

- * ' ./ •. 

CAPO XV. 

f ’ 

Dell * ^Autorità . 

; i • • ... 

L X X V I. 

i 

Argomentare dall’ Autoriti, dice il P. Serrai 
non è altro fe non che apportare il giudizio , il parere , il 
fentimento o di Dio, o dei Santi, o degli Uomi- 
ni dotti , e verfati nelle fcienze , e nelle arti . Da 
qui ben vedefi , che fi deve allegare il parlare, ed 
li parere di alcuni, che fieno in pregio, e degni 
di fede . E ficcome l’ Autorità altra è Divina , al- 
tra è Umana* così per lo più ne$te Orazioni Sa- 

*■ ere 

t 

* 

‘ 

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Dell* Invenzione . r8l 

ere fi ufa la Divina, nelle Profane l’Umana, ben* 
chè non fia determinato il luogo nè per l’ una , nè 
per 1’ altra. Ciceróne volendo provare nell’ Orazio- 
ne a favore di Milone, che ben fi poteva confef- 
fare on omicidio, ed etterne attoluto, allega il giu- 
dizio fatto di M. Orazio , il quale confettando di 
avere di fua mano uccifa la Sorella, fu liberato. 
Così dall’avere M. Marcello Capitano valorofifli- 
mo, e religiofittimo giudicato, che i Tempj di Si- 
racufa , Città inimica efpugnata a forza d’armi non 
dovettero fpogliarfi degli ornamenti loro, conchiu- 
de Cicerone, quanto empio fia fiato C. Verre,che 
fece togliere dai medefimi Tempj tutti gli orna- 
menti in tempo di pace, ed in tempo, che i Sira- 
cufani erano amici. Quanta forza abbia quefto luo- 
go e per convincere, e per confutare le ragioni con- 
trarie ognuno lo può comprendere, poiché allegata 
un’ Autorità non vi farà prudente, e fapiente, il 
quale atteri fca la cofa efler tale , o che la nieghi . 
Non ettendo dunque a mio credere luogo più noto, 
ed ancor di quello più ufato , fiimo fuperfluo di» 
ftendermi più oltre, e addurre efempli , i quali fa- 
rebbero infiniti. Solo dico, che fe parette a qual- 
cuno , che gli argomenti ricavati da quello luogo 
_ avellerò fembianza di efempio; fappia ceftui ciò 
non etter vero. Poiché nell’ efempio fi fa compa- 
razione della cofa allegata con quella , la quale vo- 
gliamo noi dìmoftrare, che in quelli argomenti fi 
riguarda folo l’Autorità delle Perfone, fopra la qua- 
le è fondata tutta la folta di quelli. 


M 3 


Ufo 


\ 


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I$2 Libro Ter?* 

'J. LXXVU 

Ufo del luogo dell' tutori ti y 

Faremo ufo del luogo dell’ Autorità con addur- 
re il giudizio di qualche perfona, luogo, ed anco- 
ra tempo, il quale denoti la cofa effer (lata in 
tal guifa operata , l’ azione (lare in quei piedi , in 
cui vogliamo, e proviamo che fia. Quello luogo, 
tiene , affermativamente , e negativamente , ma per 
lo più, dice il Cavalcanti, dal medefimo fi argo- 
menta affermativamente, perchè non procede ben 
argomento così fatto. — Cicerone non dice la 
tal cofa ■ adunque ella non è così: — ma ben pro- 
cederebbe fe con il. P. Platina uno diceffe — I più 
prudenti hanno detto, che non vi è amicizia più 
(incera della divina . Dunque Dio folo è il vero 
amico . — Ed ecco al meglio , che fìa poffibije ef- 
pofto, come un Principiante debba fare per ritro- 
var materia alla propofizione affunta . Un ottimo 
Precettore potrà meglio al medefimo mettere in 
chiaro gli accennati precetti , e farli con 1’ cfercU 

zio continuo divenire buoni Oratori. 

» 1 

. PARTE SECONDA 

' - / 

DEI LUOGHI ESTRINSECI. 

' : ' ' ' , ; ■ ;i 

A Bbiamo detto di fopra due effere i luoghi 
oratorj, con i quali uno può trovare ragio- 
ni al fuo aflùnto, cioè intrinfeci , ed eftrinfeci. 

Dei primi già fi è parlato . Refta a dare un qual- 
che 


/ 


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Deir Invenzione . 183 

che lume dei fecondi. Quelli intanto fi chiamano 
eftrinfeci in quanto che non dipendono dalla natu- 
ra , ed eflenza della cofa , di cui trattali , ma fon 
fuori della medefima, e ne llà in potere dell’ora- 
tore il ricercarli, non dipendendo in alcun modo 
dalla di lui arte, ed ingegno, ma folo da loro 
ftelfi : quindi è che Ariflotile chiamolli luoghi pri- 
vi di artifizio , e di arte, Non è per quello però, che 
noni! richiegga accortezza, ed induflria per ufarli. 
Quelli da Quintiliano fi riducono a fei , I . leggi , t. fa- 
ma . 3. tormenti, 4. giuramento. 5. fcritturc. 6 . 
teflimonj . Sembra non richiederli da noi una pre* 
mura grande , ed attenzione nel parlare di quelli , 
e neppure nel trattarli, appartenendo la confiderà - 
zione de’medefimi, e l’ufo alle caufe, che riguar- 
dano il foro , alle quali non è immediatamente di- 
tetta la nollra eloquenza , 

CAPO'PRIMO 

1 * * 

Dille Leggi , 

I,e leggi fono <^uei fcritti giudamente emanati 
per regolamento d’ una Città , o Paefe , per bene 
de’ fudditi , per mantenimento ftahile dell’ equità , e 
giullizia. Non v’ha dubbio, che quelle devono 
avere quelle qualità di loro proprie, acciò fieno 
olfervate. Pollo dunque che fieno piò che giulle 
dico, che da quelle l’ Oratore può trovare qualche 
ragione al fuo alfunto , e per far ufo a dovere di 
quello luogo può, il medefimo 1. lodare le leggi, 
dimoftrare quanto prudentemente, e fantamente ab- 
bia il legislatore kritta quella, legge, quanto fia 

M 4 chia-' . 



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I84 Libro Ter^o 

chiara, nè abbia in conto alcuno bifogno d’ inter* 
prefazione, i. maravigliarli come gli avverfarj fie- 
no tanto arditi in dire contro una legge sì mani- 
glia. 3. efprimere i danni, ed incomodi, che fe- 
direbbero fe le leggi potettero ad arbitrio inter- 
pretarfi . 4. dire , che effendo la legge prefente dì 
rilievo, e * di cofa grande, ne feguirebbcro graviffi- 
mi difordini dal non ubbidire alla medefima , la 
quale appunto per trattare di cofe graviffime, fe 
avelie dovuto eccettuare quel fatto, l’avrebbe ec- 
cettuato. E dato ancora, che una tal legge polfa 
patire le fue eccezioni non però per la ragione ad- 
dotta dall’ avvertano , non però per quella fcufa, 
che adduce in fua difeta* 5. gioverà molto ancora 
'riportare le parole della legge. 6 . fe le parole 
■fembrattero ettere contrarie al fentimento, che u« 
no tiene , potrà fcufarfi con dire • che o quella 
legge è antica, oppure, che le parole della medefi- 
ma non fi devono prendere verbalmente come fuo- 
nano, come tfa Cicerone nell’Orazione a favore di 
Rabido. • .* 

CAPO IL 

Della Fama « " 

' ' i 

La fama pubblici, dice il P. Serra, è uri di- 
fcorfo fparfo tra molti, di cui fi fa l’origine, ed 
il primo autore. Al contrario il rumore è un di- 
fcorft) fparfo tra molti , di cui non fi fa da qual * 
• perfona abbia avuto origine Se la fama è favore- 
vole alla cauta, di cui trattafi , può lodaffi la for- 
za, e l’autorità della medefima, la quale in fuo 
- ■» ; fa- 


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Dell ’ Invitinone .' 1 85 

favore ognuno defìdera . Si può dire ancoraché la 
voce del popolo è quafi un oracolo , che mai , o 
quafi mai inganna. Poiché al dire di Plinio uno 
può ingannare 1* altro , ma non però uno può in- 
gannare tutti. . 

Se poi accade, che la fama pubblica fia contra- 
ria alla caufa di cui trattafi , lì dovrà controver- 
tere, contenerli in effa un cafo eccettuato, in cui 
la fama pubblica non può fervire di prova. Si può 
far vedere per anco l’incoftanza della fama, la qua- 
le fpelfo i detti fuoi fparge con qualche macchia, 
e calunnia &c. , e che al dire di Seneca, le cofe 
fi fogliono giudicare più dall’ opinione, che dalla 
verità. In tal maniera fi diporta Cicerone nell’O- 
razione a favore di Planco , il quale prega i Giu- 
dici a non voler preftar fede nella fua caufa ai 
detti comuni , ed alla fama fparfa^ „ D’ una cofa 
„ fola grandemente vi prego, e vi fcongiuro sì a 
„ cagione di quello , il quale difendo , come anco- 
,, ra del comune pericolo, a non giudicare dover- 
„ fi fottomettere i beni , e Je foftanze degl’ inno- 
„ centi alle finte dicerìe, ed al parlare del volgo 

„ pieno di falfità , e di menzogna Poiché 

„ non v* è cofa tanto veloce , tanto calunniofa , e 
„ niuna cofa più facilmente fi manda fuori , nien- 
„ te più velocemente fi riceve , niente più copio- 
„ famente fi diffonde. „ 


«*. 


CA- 

* 




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*8 6 


Libro Ter?» 

CAPO IH. , 

Dei Tormenti *, 

I tormenti fono quelle pene, che fi danno ai 
rei per farli confelfare la verità' e ficcome la con* 
feffione è una prova più vera , più valida , e più 
potente delle altre prove, però in giudizio per a- 
ver quella, al malfattore fi danno i tormenti . 
Tale confezione però ha forza, e vigore, fe dopo 
i medefimi tormenti il reo ancor perfevera nella 
confezione del fatto . Dalla refiZenza , ( come alle 
volte accade ), che uno fa alle pene, fi può con- 
ghietturare anche l’innocenza di quello, che viene 
accufato, e benché foffe reo di delitto, pure deve 
elfere liberato dal caZigo, attela la perfeveranza 
avuta nel negarlo con tanto fuo fnartoro. Quello 
luogo fi può ribattere con dim.oZrare, elTere affai 
pericolofa , e fallace la confezione, che fi fa a for- 
za dei tormenti , potendo fuccedere alle volte , che 
molti benché innocenti , forprefi dal timore dei tor- 
menti, e dal dolore, che provano in rapportarli, 
fono coZretti a confelfare di aver commeZo, ben- 
ché ne fieno del tutto innocenti. Di quello luogo 
fi ferve Cicerone nell’Orazione a favore di Siila. 
,, L’ accufatore dice , minaccia a noi tormenti , nei 
„ quali, quantunque non fofpettiamo alcun perico- 

lo tuttavia il dolore regola quei tormenti • mo- 
t, dera la natura di qualunque animo, e di qua- 
„ lunque corpo; relaminatore è quello, che re- 
„ gola la libidine, è quello che commove, la fpe- 
„ ranza feduce, il timore avvilifce, e queZc cofe 
,, buone fanno si , che in tante anguZie di cofe non 
„ fi lafci alcun luogo alla verità. CA- 


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Dii? Inventine, 

CAPO IV, 

Del Giuramento , 


18? 


r II giuramento è una negazione, q affermazione di 
qualche cofa folennemente fatta , e con l’ invoca- 
zione di Dio. Il giuramento, dice il P, Serra, 
propriamente non è prova, ma è quello, per cui 
o T attore, o il reo fi fottrae dal pefa di provare, 
cd in mancanza di tutte le prove può fervire di 
prova piena, e perfetta, e fare in giudizio quella 
fede , che farehbe la prova , ed affegna le fpecie de* 
giuramenti , che fi ammettono in giudizio o pcrfta- 
hilire, o per fciogliere le controverfie tra l’attore, 
ed il reo. Il giuramento non v’ha dubbio, che per 
fe fteffa non faccia autorità , attefa l’ invocazione , 
che fi fa del fupremo Iddio ; ma pure all’ attore ò 
permeffo in tre maniere oppugnarli al medefimo. 

con negare il giuramento agli avverfarj , dicendo 
che gli Uomini ernpj giurano facilmente , e ciò è 
cagione , che molti fono fpergiuri , », con dire , 
che intanto neghiamo di ricevere il giuramento da- 
gli avverfarj , in quanto , che noi confidiamo nelle 
proprie ragioni, e che le noftre conghietture giun- 
gono a tale evidenza, che non fa di meftieri di 
avvalorarle col giuramento* effere coftumc dei Uo*- 
mini buoni confidare più nelle ragioni, che ne’giu- 
ramenti ; ed al contrario effer coftumc de’ malvagj 
l’ avere la fteffa facilità di giurare , che di dire il 
falfo • che gli uomini buoni rare volte giurano, e 
giurano foltanto in due occorrenze, o per liberarli 
dall’infamia, o per liberare gli amici dai pericoli. 
3. eoa dimoftrare , che quello, che deve giurare, 


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iSS Libro Terrei' 

efler già folito (pergiurare, e provarlo dalla perfo- 
na , dal fatto , e dalle circoftanze perfonali . 

CAPO V. 

Delle Scritture. 

Le fcritture fono quelle memorie lafcìate in forit* 
to dai noflri antenati , acciò nelle date circoftanze 
fi regolino fecondo le medefime . A quelle fi ridu- 
cono tutte le convenzioni , patti , contratti , tefta- 
menti , codicilli Scc. Se uno ha le fcritture in fa- 
vore, dovrà i. amplificare l’ oncftà, la giuftizia, 
l’utilità delle \nedefime fcritture, e dimoftrare in 
genere, come da qui dipenda il bene della Città» 
delle Provincie , degli Imperj , e che tolta la fede 
alle fcritture, nulla pii», rimane per lo ftabilimento 
del conforzio umano , dell’ efercizio della pietà, del- 
la Religione , e di tutte le altre virtù . x. dimo- 
fìrare come diano pefo alle leggi, come fieno con- 
formevoli all’equità, ed alla legge naturale. 3. fi 
può far vedere efter quefte vere leggi , perchè dall’ 
iftefte leggi corroborate, che però non fi può leva- 
re alle iftefte fcritture cofa alcuna fenza diminuir- 
la alle leggi medefime. 4, far apparire in cafo , che 
faccia di bifogno, che le fcritture fono in qualche 
modo pili utili delle leggi , perchè fono più libere, 
e fervono più al' commercio umano di quello che 
fervono le leggi. 5~*fi può finalmente amplificare 
l’utilità, che deriva dai patti , dalle fcritture, dai 
teftamenti , dai codicilli, e qui dice il P. Serra, 
poftbno aver luogo tutti i fonti dell’ Arte . Cicerone 
nell’ Oraz. a favore di Archia Poeta loda le fcritture* 

dal- 


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Dell ’ Invenzione . , ✓ 1 8 p 

dalle quali contava, che Archia avea avuto domi- 
cilio in Roma , come può vederfi nella fuddetta O- 
razione al numero g. Così ancora nell’ orazione a 
favore di Seflio al numero io. 

Quello, che fi dice delle fcritture in generale 
dir fi può d’una individua lcrittura, di cui fi fap- 
pia il i'uo autore , cofa contenga , di cui fi fappia- 
no le caufe motive, 'e circoftanze del tempo delle 
perfone fottofcritte &c. Poiché dalla medefima fi 
potranno rinvenire innumerabili ragioni valevoli a 
render forte , e convincente la fua prova . Se la 
fcrittura è contraria all’ Oratore potrà eflo ri fiutar- 
la in più modi, e i. con confiderare fe ci fia al- 
tra fcrittura a quella contraria , quale fia prima , 
quale dopo , quale fatta con maggior folennità , 
quale fia più ragionevole, quale più giufta , e qua- 
le delle due nella prefente circoftanza debba annul- 
larli . Zt col confiderare fa vi fieno teftimonj fot- 
tofcritti , e quali , e dar loro debite eccezioni , 3. 
con oflervare fe le parole fono olcure, ed in tal 
cafo fervirfi degli artifizj per chiarirle. 4. fe fia 
la fcrittura fatta con inganno, e- vi fieno concorfi 
motivi ingiufti , quando fu fatta. 5. cercare quali 
motivi d’ impulfo , e quali di raziocinio abbiano 
potuto indurre la perfona a ftipulare quella fcrittu- 
ra &c. 6 . fi potrà ancora dare eccezione all’archi- 
vio , da cui dicefi effer fiata i efiratta , ed ancora 
.all’ Archivili a, ed al Notajo, che n’ha fatta 1 ’ e- 
ftrazione. In lomma fono moltiflimi i fonti, che 
in quello cafo efaminar fi poflono , i quali con più 
diligenza ricercar potrà un Avvocato efiendo fua 
propria infpezione ricorrere a quelli luoghi. 



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ìpó 'Libro Ter%ò 
CAPO VI. 

. JÓei Teflimonj . 

« 

I Teflimonj fonò quelli, che Confermano una co* 
fa. I Teflimonj fono di due generi; l’uno è Fuori 
di pericolo* l’altro è partecipe del pericolo. Que- 
lli può eflfere 0 divinò , e comprende le cofe dette 
dagli Apolidi* dai Profeti* da Crifto* i quali te* 
flimonj fanno grande autorità, 0 umano, e Compren- 
de due fpecie di teflimonj, cioè gli antichi* ed i 
nuovi . Gli antichi fono i Poeti , gli Oratori , ed 
altri Autori illuflri * è quelli pure fanno grande au* 
torità . t nuovi altri fono fuori del pericolo* come 
fono i Giudici cònofciuti * e Celebri * i quali hanno giu* 
dìcato di gualche eofa* il giudizio dei quali è de* 
gno d* ogni rifpetto. Altri fono coflituiti nel peri* 
Colo, é fono quelli, che fe dicono il falfo poffonò 
effere condannati con le pene à loro flabilite. Ite* 
flimonj nuovi* che fono nel pericolo, quando fieno 
perfone illuflri * e di approvati Coflumi, poffonofa- 
te * che il Giudice giunga a dare la fenterizà , quah- 
do però non vi fono prefunzioni , che dìmollrino il 
contrario, Cicerone hellà divinazione cóntro Ver* 
te loda i teflimonj al Hum. - è parimenti nell* 
Orazione a favore di Comedo fa ufo di quello luo* 
go, formando encomj ai detti teflimonj. 

Non fidamente fi può fat ufo di , quello luògo * 
ma ancora confutarlo* Ciò fi farà l. fe fi dimoflra 
eflere i Teflimonj addotti di pervertì Coflumi, có- 
fa Cicerone confutando le tcflimonianze depofle 
dai uomini di cattiva, vita Contro di Fiacco nuirt. 
6. e num. $>* i. fe fi fa Vedere, che Ì teflimonj 

fon» 


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Deli* Invenzione* tpt 

fono inimici di quello , che fi difende , apportando 
i motivi dell’odio» come elegantemente elercita Ci- 
cerone nell’Orazione a favore di Serto Rofcio A me- 
rino nuirt. 104.3. Se fi riproducono altri teftimonj pili 
degni di fede di quelli» che adduconfi dalle parti 
contràrie ; come può vederfi nell’ Orazione a favore 
di Fontejo al num.t^. 4. fe il tertimonio forte un 
folo fi potrebbe dire , che il tertimonio d* uno fuol 
dirfi tertimonio di nefluno» e fi potrebbero efami- 
nare le circoftatìte della perfona della caufa » del fat- 
to, e dare eccezione al tertimonio, ed al giuramen- 
to ifteffo, fe forte feguito . Quello è quel tanto, 
che brevemente abbiamo Rimato bene confiderare 
intorno ai luoghi ertrinfetì , e credo ballante per u- 
*10 , che deve comporre foltanto^ Uno poi , che de- 
ve ingerirfi nelle difefe delle Caufe criminali , e nel- 
le materie legali può ricorrere ad altri Autori, t 
quali fi diffondono in una materia di fimil forte • 

r' ' f , 



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LIBRO QUARTO 

DELLA DISPOSIZIONE. 

CAPO UNICO 

i \ 

Della necejfità della Difpofhnone , e di lei 
definitone . 

€ On la maggior facilirà poflibile abbiamo trat*- 
tato fin’ ora dell’Invenzione, ch-£ la feconda 
Parte della Rettorica* ora 1’ ordine noflrro 
richiede , che fi facci parola della Difpofizione terza 
parte della medefima . Non bada , che l’ Oratore trovi 
materia al fuo difeorfo , ma bifogna che ben la difpon- 
ga con ordine, acciò polla formare una perfetta 
brazione in quella medefitna maniera, che fa d’uo- 
po difponga la materia colui per formare un vero, 
e perfetto edificio . Niuno dunque potrà dire , che 
non fia neceflaria all’Oratore la difpofizione. Poi- 
ché a poter confegpire il fine propollofi di perfua- 
dere non balla r come diceva poc’ anzi l’ avere in- 
gegnofamente trovato , e giudiciofamentc eletto 
quello , che deve diije , ficcome al Capitano dell’e- 
lército non è baftevole per acquillare la defiderata 
vittoria l’aver trovato, e feelto i foldati a piedi, 
ed a cavallo, 1’ artiglierie, e tutte le altre cofe 
neceffarie, fe quelle non fono da lui con buon or- 
dine difpolle, e ad adoperarle fecondo che richieg- 
gono le occafioni della guerra ben preparate . Po- 
lla quefla grande neceffità della difpofizione Orato- 
ria. dico con Bartolommeo Cavalcanti, della me- 
-Li . de- 


' i 

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Della Dlfpoft^ìone . ip% 

defima non poterfi fare efquifiti,e determinati pre- 
cetti , dovendofi accomodarla per lo più all’ infini- 
ta varietà delle condizioni , delle caufe , dei luoghi, 
de’ tempi, e dell’ altre circoflanze. Li generali pe- 
rò , che da tutti i Rettori fi alfegnano , non trala- 
fcieremo di efporre. 

La difpofizione porta feco ordine di cofe* quin- 
di è che faggiamente fi diffinifce da Cicerone una 
diftribuzione ordinata delle ragioni ritrovate. Il 
Cavalcanti ammette due forti di difpofizione , l’ u« 
na naturale, che nafce dall’arte- l’altra alterata, 
che s’accomoda alle condizioni delle caufe, e cir- 
coftanze, e dipende dal giudicio dell’Oratore. Ma 
quella divifione fi confiderà , e fi accomoda più- 
torto tra le parti , che tra le cofe , che le colli tu i- 
fcono. Perciocché ella è cofa certa, che natural- 
mente precede 1’ efordio , di poi legue la proport- 
ene, la prova, la riprova della medefima, e la 
Perorazione ■ ma però quell’ ordine fi può in certa 
guifa alterare, anteponendo, e polponendo quella, 
e quella parte artificiofamente . Tengafi a memoria, 
che le cofe più fon bene ordinate, più fi afcoltano 
volentieri , più facilmente s’ intendono , ed intefe 
per più lungo tempo Hanno imprelTe nell’ animo. 
Che fe al contrario l’ orazione non è ben difpofta, 
diventa un moftro limile a quello , che descrive 
Orazio nel principio dell’Arte Poetica. 

Se collo di cavallo unir volelfe 
Pittor malfaggio ad uman vifo ameno, 

# E varie piume, e membra vi aggiugnefle; 

Talché di vaga donna il volto, e il leno 
Finifle in pefce, a fimile figura 
Tener potrelle, Amici, il rifo a freno? 

, N Pri- 


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ip4 Libro Quarto 

Prima però d’incominciare a difcorrere delle par- 
ti della difpofizione , fa d’uopo dare un faggio del- 
lo flile, che deve avere l’orazione, nel difporla. 
Di quello dunque parleremo , e benché alcuni di 
quello parlino nell’elocuzione; pure io ho llimato 
bene differirlo a quella parte, giacché del medefi- 
mo in quello appunto devefi far ufo. 

PARTE PRIMA 

. DELLO STILE DELL’ ORAZIONE. 

P • é t • * 

CAPO.PRIMO, 

' • ; . .i . 

Cofa fia lo Jìile , e di quante forti . 

L O Stile ( fe vogliamo conliderare la forza, e 
l’origine della voce flelfa ) è un illrumento 
acuto, del quale fervivanfi gli Antichi per lcrive- 
re nelle tavole incerate. Col palfar del tempo que- 
lla voce Stile fi prefe per la Scrittura iflelfa , e per 
lo flefio difcorfo,ed ancora ferbafi quell’ ufo , men- 
tre per lo llile noi intendiamo la forma di tutta 
1’ Orazione . Nel fenfo nollro dunque definiamo elfer 
lo Stile quel carattere , che porta 1’ Orazione . 

Quello è di tre forti . Il primo chiamafi Stile 
fublime. 11 fecondo mediocre. TI terzo infimo. Di 
tutti quelli tre generi di Stile daremo qualche no- 
tizia . 


CA- 



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Della Dìfpojì^jone . 

capo ir. 


1 9 5 


Dello Stile Sublime. 

« 

Lo Stile fublime, che chiamali ancora col no- 
me di ampio, e veemente, è quello, che ha gran- 
dilfima forza , la quale acquifta da fcelte parole , 
da termini eleganti, e da purgati fentimenti in 
guifa , che con la loro vaghezza il medefimo ca- 
giona maraviglia agli Afcoltanti , e fembra in cer- 
ta guifa rapire gli animi loro . Innumerabili fono 
gli efempli, che addur fi polfono di celebri Au- 
tori , che fanno ufo di quello Stile . Noi vediamo 
che Cicerone ufa quello Stile quafi fempre nelle 
fue Orazioni, che fono in genere giudiciale , ,co- , 
n>6 nell’Orazione a favere di S. Rofcio Amerino, 
di Aulo Cecinna, di P. Self io, di L. Cornelio 
Balbo, di Q. Ligario, del Re Dejotaro &c. 

Il P. Decolonia nella fua Rettorica aflegna tre 
maniere, con le quali uno può far acquifto di que- 
llo Stile. In primo luogo, die’ egli , 1’ Oratore può 
formare lo Stile fublime con confiderare gli aggiun- 
ti , e circollanze conhderabili di quella cola , di 
cui parlafi , lafciando quelli , o quelle , che fono 
infime , e di poco rilievo . In (fecondo luogo con 
far ufo delle Metafore prefe da ottimi fonti. In, 
terzo luogo con leggere Autori fceiti,e di elegan- 
te latinità, ed eloquenza, quali fono in materia 
d’Arte Oratoria Cicerone, le Orazioni del P. Pao-i 
lini delle Scuole Pie, dei Vida , Facciolati &c. d’I- 
lloria Latina Cefare, Cornelio Nipote, Salluftio, 
Q. Curzio & c. di Poefia Latina Virgilio, Orazio, 
Ovidio, Lucrezio, Omero, Terenzio, &c. di Pro - 

N i fa 


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ipó Libro Quarto 

fa Volgare le Profe d’ Arcadia , le Profe Fiorenti 
ne, del Salvini &c. , e diverfe altre Orazioni di 
Uomini li più eccellenti • di Poefia Volgare il Ca- 
ro , il Ceva , il Zappi , il Filicaja , il Frugoni , e 
le Poefie parimenti d’ Arcadia & c. d’ Morie Vol- 
gari il Muratori , Echard , ed altri de’ Moderni 
di ottimo gufto , quali farebbe cofa tediofa ad li- 
so ad uno qui regi lì rare. 

CAPO III. 

M 

Dello Stile Mediocre . 

•' » 

• , . • , 

Lo Stile mediocre è quello, che non è nè fu- 
blime , e nè infimo , ma tiene un luogo di mezzo 
tra quelli due. Onde ne avviene, che a formare 
uno ftile di tal forta nè richiedefi maeftà di paro- 
le , nè gravità di fentenze , come nel fublime , e 
neppure un difeorfo volgare , come nell’ infimo . 
Quello da Cicerone vien chiamato ftile florido , e pu- 
lito, in cui fi contengono le delizie , venuftà e leggiadria 
del difeorfo . Non mancano elempj , anzi Orazioni 
intere da un tal ftile formate. Cicerone fa ufo di. 

3 uefto nell’Orazione a favore della Legge Manilia, 
i Archia Poeta , di M. Marcello , nell’ Orazione 
fatta ai Romani dopo il fuo ritorno , ed in quella 
fatta nel Senato. Virgilio ancora fervefi di una tal 
forte di ftile, fpecialmente nel lib. I. della fua 
Georgica . Da qui ben vedefi , che non folo dagli 
Oratori, ma dai Poeti ancora ufafi lo ftile medio-’ 

ere, che ancora chiamafi temperato. v 

* « 

e * • ' 

% V ' * , • s 

CA- 


Digi 


b) 


Della Difpo/ì^jone . \g<y 

CAPO IV. 

Dello Stile Infimo. 

Lo Stile infimo, che feraplice ancora fi appella* 
è quello , che và quali a feconda del parlare , che 
giornalmente fi forma, ed è comporto di parole u- 
fate, e familiari. E’ vero, che non richiede ar- 
monia, fuono, trafpofizione • ma è certo altresì, 
che porta feco un difcorfo puro , piano , e chiaro, 
e benché sfugga le gravi amplificazioni , le figure 
più vivaci , le fentenze più veementi • con tutto 
ciò ammette qualche Tropo non tanto lontano dall’ 
ufo comune, e il più delle volte vibra acute fen- 
tenze, e motti non tanto indifferenti. Certamente 
quali niuna Orazione troveraffv formata dà quello 
Stile, abborrendolo la forma delle medefime; ma 
pure noi vediamo, che l’Orazione a favore di Au- 
lo Cecinna porta feco un carattere tutto proprio 
dello Stile infimo, mentre Cicerone nella fuddetta 
è intento folo a fpiegare , diftinguere , e definire 
le cofe . Nelle amene Narrazioni poi , nelle caufe 
di poco rilievo, e nelle lettere famigliari ha ilfuo 
principale luogo . La più importante , ed effen- 
ziale prerogativa, che deve avere il medefimo fi 
è quella della chiarezza , dello fplendore , e purga- 
tezza, come fcorger fi può da tanti Autori, che 
fcrivono , e narrano si fatti , e le azioni con quello 
Stile. E ficcome tre, come abbiamo veduto, fo- 
no gli ufficj dell’Oratore, cioè provare, dilettare, 
e muovere- così quelli tre ufficj richieggono uno 
flile diverfo . Dì ciò ben ci ammonì il Decolonia 
nella fua Rettorica , quando diede per precetto, che 

N 3 l’ Ora- 

\ 


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tp8 L\bro Quarto 

l’Oratore nel provare fervali ordinariamente dello 
llile femplice; del mezzano nel dilettare, dell’ al- 
to,, e fublime nel muovere gli affetti. Io però mi 
rimetto ai più fapienti , ed addottrinati, foltanto 
dico, che quante fono le differenti fpecie delle 
Compofìzioni , altrettante fi può dire, che fieno le 
differenti foggie di Itile, come la natura fteffa del- 
la Compofizione preferive, e la pratica dei più e- 
raditi Scrittori ci ammaeftra . 


CAPO V. 


Dello Stile Vi^iofo. 

In due maniere può incorrerli nei mancamenti 
dello Stile o per difetto, o per eccelTo . i. Quan- 
,? no ” ^ k u ^° quello Stile, che richiede quel 
ducono , che fi forma, allora può dirfi lo Sti- 
le degenerare nel primo vizio. Se una caufa ri- 
chiede un dir fublime, e mediocre opererà forfè 
bene colui, che la tratterà con Itile puerile , e fred- 
do ? Se una proporzione merita d’ effer chiarifica- 
ta, ed ingrandita non dovrà riprenderfi colui il 
quale la rapprefenterà. ofeuramente , e fedamente? 
Manca di certo coftui nel formare la fua Orazione 
e dove che cerca di far apparir bella lamedefima, 
le fa perdere tutto; il decoro, e la venuftà. Che 
dirò poi di cedui , che fervefi d’ uno Itile gonfio , 
turgido, ed affettato? Non farà inferiore al primo 
il quale fe peccava per difetto, quefto peccherà 
per eccefiTo Marco Tullio Cicerone ( in Bruto , 
{ U d . e Clart f s - Orar. ) irtcì ina a credere, che quel- 
la eloquenza vezzofa, e florida, ma fenza nervi*. 

e fen« 



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Della Difpo/ìxjone ip<? 

e fenza pungolo , la quale fcorgefi in Demetrio Fa- 
lerèo, naicelle da una certa paiììone TeofraRica di 
abbellire, e far da mulico fulla ringhiera* ed in 
fatti non evvi cola più pericolofa di quella della 
fovei chia lindura , e da alcuni forfè non fi vuol 
capire ellere la pelle della vera eloquenza , di quel- 
la dico, che è commovitrice degli animi, io fran- 
camente afl'erilco , che ghiotto levator di (lile non 
è mai pervenuto all’ acquilto di una tale eloquenza. 
Un autore anonimo paragona la cura fuperRiziofa 
di venuRà , e melodìa in un Oratore ai bulli don- 
nel'chi , i quali aflottigliando con garbo lo Roma- 
co allìevolilcono mal a propofito la perfona . Veda- 
li adunque qual vizio fia fervirli nei difcorfl dello 
flilc enfiato, e turgido. Acciò dunque uno pofla 
sfuggire quelt’ incontri , e polla formare 1’ Orazione 
in quello Itile , che fi compete , li dà per configlio 
ai ltudiolì giovani di apprendere prima molto be- 
ne il medefimo, e non alpettare di apprenderlo 
quando fi compone l’ orazione < altrimenti fO' Itile, 
o eloquenza anderà alla peggio. Poiché non v’ è 
eloquenza più dilgraziata di quella , che fchiava è 
fatta dello Itile, e non vi è Itile peggiore, nè più 
affettato , nè più incoerente di quello , che così al- 
la fprovifla , e tumultuariamente fi vuol render bel- 
lo, ed elegante. 11 P. Negherà nella fua moderna 
eloquenza lacra di coltoro parla così. Mi fi dia 
un buon uomo , die’ egli , che li metta in capo di 
tutta derivare ne’ fuoi ieri tti la tolca eleganza an- t 
tica, effendone prima Rato innocente affatto. Dio 
buono! dove ne andrà egli a finire? che mufaico 
capricciofo farà Una cotal dettatura di antico mè- 
fchiata, e di moderno? qual chimera non più ve* 

N 4 duta 


L 


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200 ' Libro Quarto 

duta comporta di membra eftranee, e difcordanti? 
Fatto però che uno ponga attento ftudio , e rego- 
lato di bello ftile , allora sfuggirà quefti vizj , nei 
quali purtroppo miferamente cadono moltiflimi. 

CAPO VI. 

Dello Stile Laconico , sfiati co , ed ittico . 

Vi fono altri diverfi ftili , di cui tutti quafi gli au- 
tori ne fanno menzione. A norma di quefti abbia- 
mo (limato bene dare dei medefimi una qualche 
benché breve notizia. Lo ftile Laconico è uno ftile 
arguto, e breve, col quale molte cofe s’ efpritrr>no 
' in poche parole ; ed intanto chiamafi con quefto 
nome , in quanto che fu molto ulato dai Spartani. 
Quefto a’ giorni noftri vedefi efler da molti al forn- 
irlo gradito, ed ufato fpecialmente nello fcriver 
lettere, e dare ragguagli. 

Le fue proprietà fono tre, femplicità, chiarez- 
za, e brevità, le quali fembrami non aver bifogno 
di fpiegazione . 

Lo ftile Afiatico è tutto contrario al Laconico. 
Poiché quefto è abbondante di voci, diffufo,edin 
molte parole poche cofe efprime. Chiamafi Afiati- 
co per efter (lato in ufo dei popoli dell’ A fia . Non 
v’è dubbio alcuno, che non debbafi fuggire un tal 
• ftile , non elfendovi cofa piìi tediofa , che il fenti- 
re ciarle, e ciance inutili. 

Lo ftile Attico è uno ftile elegante, foave, e 
piacevole , e quefto non è da deprezzarli accoftan- 
enfi quafi al Laconico . Quindi fi nominano fpeffif- 
fimo i fall e motti di Attico, e Zenofonte, il qua- 
- i • le 


S 


\ 


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*01 


Della Dlfpofì^ìone . 

le attefa la leggiadria del fuo difcorfo acquiftolfi 
il nome d 'ittica mufa. Cicerone ancora loda que- 
llo ftile , perchè abbraccia tutte le parti dell’ elo- 
quenza, come egli efprime nel fuo libro de Orato- 
re , e dello fteflo parere è Quintiliano nel l\b. 12 . 
cap. IO. Quello è quel tanto di necelfario, che fi 
aflègna dello Alle, e fua diverfità • moltiffime altre 
cofe fi poflono veder in altri Autori, che di que- 
llo più diffufamente trattano, ma però fe l’Orato- 
re oflerva quel tanto qui efpollo , fenza dubbio fer- 
berà alla fua orazione quel carattere , che li fi 
deve. 

PARTE SECONDA 

DELLE PIARTI DELLJf DISPOSIZIONE 
DELL ’ ORAZIONE. 

CAPO PRIMO 

Dell' ordine , che dee tenerjì nel formare un Oratone. 

A * 

N ON fta a capriccio, come alcuni anticamen- 
te (limarono , fervare 1’ ordine , c la dif- 
polìzione in un’ Orazione . Noi vediamo per efpe- 
rienza, che un fuddito, fe brama una grazia da 
un Principe non fubito arditamente §lie la chiede, 
ma prima procura di conciliarfi 1’ animo del mc- 
defimo, di portarfi con rifpetto, ed umiltà. Le 
affegna di più qualche motivo, mediante cui più 
facilmente polla indurli a concederli ciò, che di- 
manda , c veduto il buon animo dell’ ifteflo Prin- 
cipe 


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201' Libro Quarto 

cipe rincalza le fue preghiere , e nè fi accheta fin- 
ché graziato non fìa. Nella medefima guila fi dee 
diportare l’ Oratore . Conciliarli la benevolenza de- 
gli Uditori, efporre ciò, che vuol provare, por- 
tare prove adattate al Tuo afiunto, confermarle Tem- 
pre piti con ragioni fortiflìme, e finalmente muo- 
vere gli animi degli alianti perorando o a favore , 
ò contro la fua caufa , mettendo in pratica l’ Ora- 
tore quelli avvertimenti , che alla sfuggita li fi 
danno, di ficuro avrà ogni fuo intento. 

Nell’ adeguare le parti dell’Orazione nafce non 
poca difficoltà nell’ enumerazione delle medefime. 
Dicono quelle elfer fei . I. Efordio . z. Divifione . 
3. Narrazione. 4. Confermazione. 5. Confutazio- 
ne. 6 . Perorazione. A dir vero non è da difap- 
provarfi- un adegnamento tale delle parti dell’Ora- 
zione. Poiché noi vediamo in alcune Orazioni di 
Cicerone tutte le già enumerate . Ma ficcome tut- 
te non fono neceffarie, còsi non può. giullamente 
ftabilirfi il numero delle medefime.. Arillotcle nel- 
la fua Rett. al lib. 4Ì' cap. i3.folliene due foltan- 
to edere le parti dell’ Orazione veramente necelfa- ■ 
rie , cioè la propofizione , e la confermazione . Poi- 
ché , dice egli , per (ormare un orazione è necelfa- 
rio, che almeno fi proponga ciocché fi vuol prò-, 
vare, e poi addurre le ragioni, che provino, e chia- 
. ^ rifichino 1* affunto . Una tanta riflrettezza a noi 
non piace. Seguiremd la firada di mezzo, e di- 
remo con Quintiliano quattro elfere le parti dell’ 
Orazione .* Efordio : , Propofizione , Confermazione , 
e Perorazione , o fia Epilogo , e benché la Narra- 
zione, e la Confutazione fra le parti dell’ Orazio-^ 
ne fi enumeri , pure quelle non fembra aver luogo . 

T m - 


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Della Difpofì?jone . 203 • 

Imperciocché la Narrazione non è comune a tutti 
i generi di Orazione , ma fpetta propriamente alle 
giudiziali, nelle quali, come vedremo ha luogo per 

10 più dopo l’ efordio . La confutazione poi oltre , ' 
che non Tempre fi ufa , fi unifce alla conferma , e 
da due parti ne forma una fola. Nulladimeno di 
tutte noi parleremo , e daremo quella contezza ne- 
ceffaria con quella chiarezza, con cui fi potrà. 

capo ir. 

$. r. 

*• 1 , , f 

Dell' Efordio . ' > 

. . ■* i. . * - • 

L’ efordio è un principio , che fuol daffi al dif- 
corfo. Cosi fi diffinifce', dal P. Serra . Cicerone 
prende quello per un preparamento, e difpofizione 
d’animo dell’ Uditore, acciò degnifi afcoltarci fa- 
vorevolmente . Quello vien chiamato col nome di 
Proemio , o lìa introduzione , e ficcome in ogni 
• benché picciola abitazione la porta ferve d’ingref- 
fo nella medefima, così il Proemio ferve di prin- 
cipio a qualunque difcorfo . 

L’ efordio altro è congiunto, altro è feparato. 

11 congiunto è quando fi incomincia con una pro- 
porzione ordinata ad acquilìar benevolenza , ed at- 
tenzione dagli Uditori, che deriva da qualche cir- 
coftanza appartenente alla propofizicne dell’alfun- 
to. Il feparato è quando fi comincia con una pro- 
porzione ordinata ancor elfa ad acquilìar benevo- 
lenza, ed attenzione, ma non appartenente in mo- 
do alcuno coll’ orazione , e per quello chiamafi /e- 

para\ 


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204 Libro Quarto 

parato. Quello però devefi congiungere con la pro- 
pofizione d’affunto, e per quello chiamafi il pili 
artifiziofo, e fi dice effer piò da Oratore il trat- 
tarlo . 

Il Proemio, o fia congiunto, o fia feparato, di- 
ce il P. Serra dee avere tre parti principali . i. t 
Propofizione . 2. Reddizione. 3. Conclufione. La 
prima è quella, da cui fi dà principio al proemio 
ed a cui fi riferifcono tutte la altre parti . La fe- 
conda è una propofizione, che fi allume di nuovo 
in virtìi della prima propofizione. La terza è la 
conclufione, per mezzo della quale dee contenerfi 
il Proemio nell’ affunto . Da qui ben fi vede , che 
l’ efordio formar fi deve da una forma Sillogiftica , 
contener dovendo tre parti tutte unite fra di loro, 
ed una dall’altra dipendente. 

. I I. 

Dei varj gèneri degli efordj . 

4 

\ m f 

Di due forti effere 1’ efordio affermano comu- 
nemente i Rettori .r Uno chiamafi efordio legittimo 
cioè fatto con quelle regole, che l’arte ci fommi- 
niftra * impetuofo l’altro, o fia ex abrupto , che 
fenza artifizio dà principio al difcorfo. Il primo 
prepara gli animi degli Uditori ad afcoltare quel- 
lo, che uno determina provare, rendendo i mede- 
fimi benevoli , attenti , e docili . Laddove il fecon- 
do all’ improvvifo li forprende, e come fe dagli 
alianti prefa aveffe licenza, entra Cubito nell’affun- 
to. Quella forte d’ efordio ben confiderando Ari»' 
ftotile chiamollo Acefalo , cioè fenza capo . Del 


I 




Della Difpofi^jone . 105 

medefimo fa ufo l’Oratore rare volte, ma folame li- 
te quando la caufa efige grandiffima dimollrazione 
di affetti , cioè di dolore, di fdegno, di allegre!» 
za, e nel formarlo per lo più fi adoprano figure 
di apoltrofe, efclamazione , preghiera, licenza &c. 
Degno di ofl'ervazione fi è l’efordio di tal forte 
formato da Cicerone nella prima orazione contro 
Catilina. „ E fino a quando, o Catilinari pren- 
di abufo della noftra pazienza &c. ; finalmente nel- 
la feconda . „ Alla fine , o Romani , fe n’ andò 
quel Lucio Catilina , uomo furiofo , audace , e pe- 
tulante &c. 

Il formare l’efordio ex abrupto ficcome non ri- 
chiede grande artifizio, capace effendo la fantafia 
ifìefla di concepirlo così , non fi affegneranno altri pre- 
cetti , tanto più , che 1’ \ifo del medefimo deve ef- 
fere moderato. Decorreremo però a lungo dell’ e- 
fordio legittimo , che a ben tefferlo fi ricerca gran- 
d’arte, e che per quello chiamoffi parte difficilif- 
lima dell’orazione, che anzi avvertifce efTer me- 
glio quello formare dopo aver terminata l’orazio- 
ne per poter ridurlo a quel fine, a cui tende l a 
propofizione . 

1 1 1 - ’ ' • • • ; 

( . • * ? 

Dei luoghi , onde fi cavano i veri efordj . ‘ ’ 

Sei fono i fonti principali, dai quali fi poflbna 
cavare i veri efordj , che nel noftro fenfo fono 
( quelli, che diconfi congiunti, i quali ad uno ad 
uno qui augneremo.-" ’ ^ : 

I. L’efbrdio fi può prendere' dagli aggiunti del- 
la 


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2o6 Libro Quarto 

la perfona, del luogo, del fatto , del tempo , e que- 
llo è quel fonte a cui il più delle volte fi ricorre, 
come ben lo dimoftra in realtà il maedro dell’ ar- 
te Cicerone. Tre forti di perfone fi poflono con- 
fiderai^, i. la perfona dell’Oratore, che parla, 2. 
la perfona di chi afcolta , 3 la perfona , che è con- 
traria alla caufa , che trattafi . Ed in primo luogo 
ab Oratore , come fuol dirli , può prenderfi l’ efor- 
dio in molti modi. 1. con dimoflrare efler tale il 
dovere fuo , e la fua gratitudine, ad imitazione" 
dell’ efordio di Cicerone nell’ orazione a favor d’Ar- 
chia . 2. efponendo il motivo , da cui è dato' di- 
moiato ad intraprendere, la caufa, il quale farebbe 
lo zelo della falute , il ben della Repubblica , il 
vantaggio comune &c:, come leggefi nell’orazione 
a favore di C. Rabirio, ’fg. dimodrandofi fomma- 
mente premurofo del bene degli Uditori , come 
nell’Orazione dopo.il ritorno ai Romani, 4. efpo- 
nendo i -proprj incomodi:* cioè povertà, folitudine, 
miferie, difgrazie &c. come a favore di P. Siila 
3. efponendo le difficoltà incontrate nell’ adumere 
la cauta, come nell’orazione a favore di P. Quin- 
zio 6 . con implorare l’altrui foccorfo , protedan- 
dofi negli Uditori , e Giudici aver ripodo tutta la 
fperanza, e fe folfe da loro abbandonato non fa- 
prebbe a chi più rivolgerfi , come nell’ orazione a 
favore di Milone , dove dice . Sed me recreat . In 
fecondo luogo ab adverfariis , fi prendono gli efor- 
«Jj con far vedere là loto malignità ponendoli in 
digredito, e difpregio degli Uditori attefe quelle 
maffime cattive, o'e :vizj^ che hanno,e qui fi efpor- 
rà qualche loro azione, che degna fia di abbomina- 
^ione , come Cicerone nell’orazione a favore di Se- 
do 


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Della D 'fpo fifone . . 207 

fio Rofcio A merino efpone la crudeltà di Cri fogo- 
no . Si puole ancora efporre la loro troppa poten- 
za, ricchezza, nobiltà, fupcrbia &c. , le aderenze, 
le amicizie, e far vedere, che l’avverfario confida 
più in quelle cofe, che nella verità della caufa. 
Come Cicerone nell’Orazione a favore di P. Quin- 
zio efpone la prepotenza di Sello Nevio . Si può 
in fine palefare, la loro pigrizia , e negligenza , co- 
me ancora un certo lor modo di vivere affai vile, 
ed indegno di uomo dabbene, come deferive Cice- 
rone nell’orazione a favore di Sello Rofcio Ameri- 
no la negligenza d’ Eruzio accufatore . Tn terzo luo- 
go ab accufatorìbus , fi prendono gii efordj. 1. lo- 
dando le cofe da loro fatte con valore fenza adu- 
lazione , come a favore di Milone loda Cicerone 
il fapere, e la giullizia di Pompeo. 2. cfponendo 
con rifpetto i benefizj da loro compartiti , come 
Cicerone a favore di Quinzio loda il Giudice per 
non aver voluto permettere all’ avverfario una cofa 
che era per rifultare a di lui pregiudizio. 3. pre- 
gandoli a voler rettamente giudicare, e dire il lo- 
ro parere, giacché tutti Hanno in afpettazione di 
udire la rettitudine della loro fentenza , come nell* 
orazione di Sello Rofcio A merino Cicerone dice, 
che tutti Hanno in grandiflìma afpettazione, ed at- 
tendono , che gli fcellerati fieno puniti . Quefio 
è quanto , fecondo il P. Serra , che può confiderai 
fi in prendere gli efordj dal luogo degli aggiunti. 
Se uno poi volefle confiderare gli aggiunti dal luo- 
go, potrebbe fpecchiarfi nell’ elordio dell’ Orazio- 
ne di Cicerone a favore del Re Dejotaro in cui 
qfpone la Hrettezza , • ed angufiia del luogo , in 
cui è trattola la caufa . „ Sono agitato ancora , di* 


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S08 Libro Quarto 

*„ ce egli , dalla Grettezza , ed anguilla del luogo 
„ idelTo, perchè dentro le dome diche pareti trat» 
„ to una caufa sì grande, quanto grande non ven- 
„ ne in contefa alcuna fra le mura d’ una cala; di* 
„ co fuori del raunamento, e di quella moltitudi- 
,, ne, nella quale fi appoggiano gli dudj degli Ora- 
„ tori: ma io mi acqueto negli occhj tuoi, nella 
„ tua faccia, e nel tuo afpettoj a te folo è indi» 
„ rizzato tutto *il mio ragionamento , e quelle co- 
„ fe, le quali alla fperanza d’ ottener la verità , 
„ mi fono graviflime, al movimento dell’ animo, 
„ e ad ogni impeto , e forza dell’ orare , mi fono 
„ più leggiere. Perciocché fe io avelli a trattare, 
„ Cajo Cefare queda caufa nella piazza, effendone 
„ tu afcoltatore , e giudice , quanta gagliardezza mi 
„ apporterebbe il concorfo del Popolo Romano ? 
„ Qual Cittadino non favorirebbe a quel Re , di 
„ cui 1 fi ricorderebbe ogni età edere data fpefanel» 
» le guerre del Popolo Romano ? Riguarderei la 
,, Corte , contemplarci -la piazza , e finalmente ad» 
„ durrei in tedimonio il Cielo idedo . In tal gui- 
„ fa ricordandomi i beneficj degli Dei immortali, 
„ e del Popolo Romano , e del Senato verfo il Re 
„ Dejotaro , in niuna guifa mi potrebbono mancar 
„ le parole . Le quàli cofe rendendo le mura più 
,, ridrette, e indebolendoli principalmente l’azione 
„ della caufa per il 'luogo, è tuo uffizio, o Cefa- 
„ re, il quale fpefle volte hai arringato in favor 
„ di molti il mio animo riconofcer dal tuo, ac- 
„ ciocché più agevolmente, e 1* equità tua, e la 
„ diligenza dell’ udire diminuifca la mia perturbazio- 
« Non folo dagli aggiunti della perfona,del 

tempo, del luogo, e circoftanze del fatto fi può pren- 


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Della Dlfpo/ì^tone .’ 20p 

dere 1* efordio, ma ancora da qualche detto fenten* 
ziofo , da qualche celebre efempio, c da qualche 
azione maravigliofa . Degli efordj di tal forte non 
mancano efempj pretto diverfi autori . Cosi ancora 
lì poflono formare gli efordj dai contrarj, quando 
a primo afpetto rapprefentiamo quelle cofe , che al 
noftro attunto fono contrarie , e di poi fcnza nem- 
meno accorgercene difcendiamo alla propofizione , 
che provar dobbiamo, e quello genere di efordio 
fembra elfere artificiofo . Con tenere folpcfi gli a- 
nimi degli Uditori fi poffano formare i Proemj,e 
quella è un arte di conciliarfi l’ attenzione dei me- 
defimi per il r defiderio, che hanno di udire qual 
Ha lo fcopo dell’ Orazione . Un efempio ci dà Ci* 
cerone nell’Orazione prima contro Cajo Verre , nella 
quale non propone il fuo attunto fin all’ ultimo dell* 
efordio. ,, Quello che maggiormente era da deli* 
„ derarfi , o Giudici , e che lolo pii» fi ricercava per, 
,, ifeemar l’odio portato a quello voltro ordine, e 
„ l’infamia, che ne vjene ai collume tenuto nel 
,, giudicare, a quello maggior bifogno della Re* 
„ pubblica, pare, che non d’avvedimento umano, 
„ ma da divina providenza vi fia conceduto , e po- 
„ Ilo innanzi : perciocché già è invecchiata un o* 
„ pinione , eh’ è di danno alla Repubblica , e di pe* 
„ ricolo a voi , la quale s’ è fparfa non folamente 
„ in Roma , ma anco fra le Nazioni ftranierc per 
„ le lingue di ciafcuno : che per quelli giudicj , che 
„ ora fi fanno , niun ricco fia quanto fi voglia col* 
„ pevole, può elfere condannato. Ora in coteflo 
» „ pericolo, in cui è pollo il vollro ordine, e l’au* 
„ torità del giudicare , trovandofi alcuni , che con 
,, pubblici parlamenti innanzi al popolo, e col prò* 

O „ por 


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aio 


L'bro Quarto 

* „ por nuove leggi fianno apparecchiati , e fi affa- 
„ ticano ci accrefcer fiamme all’ odio dei Senatori: 
„ ecco che è acculato, e condotto per reo al vo- 
„ ftro giudizio Cajo Verre, uomo già dal parer 
„ di tutti condannato, ma dall’ infinita quantità 
„ de’ Tuoi denari , ficcome egli fpera , e lo va di- 
,, cendo , affbluto . ,, 

3. Dalla femplice efpofizione di qualche fatto 
fenza artifizio, ed abbigliamento formar fi puòl’e- 
‘ fordio , come fa Cicerone nell’ Orazione a favore 
di Ligario, il quale cosi alla medefima elegante- 
' menre da principio . „ Un nuovo delitto , Cajo 
,, Cefare, ed innanzi a quello giorno non piùfen- 
' „ tito Quinto Tuberone mio. parente t’ ha denun- 

ciato. Quinto Ligario efier fiato nell’ Affrica, 
„ ed ha avuto ardire di affermare quefio Cajo Pan- 
„ za uomo per altro di nobile intelletto.: rafiicu- 
„ randofi per avventura nella domefiichezza , eh’ 
„ egli ha teco &c. „ ove vedafi , che l’orazione è 
di colpo incominciata dall’ efpofizione del fatto con 
grazia, ed avvenenza. Si può ancora incominciare 
1 efordio da qualche invocazione* come fa Demo- 
fiene nell’ Oraziorie della Corona, e Cicerone a fa- 
vore di Murena . ,, Quello , che io fupplicai agli 
,, Immortali Dei* o Giudici, fecondo il cofiume, 
„ e l’ordine dei maggiori in quel giorno , nel qua- 
„ le coll’ oflervazione degli aufpicj ne’ComizjCen- 
„ turiati L. Murena Confole, che quefia elezione 
„ a me, ed al Magiffrato mio, ed al Popolo, e 
,, Plebe Romana fuccedefie bene, e felicemente* 
„ fupplico ora parimente dagli ftefli Dei immorta- 
n li 1 che il Confolato di queft’ uomo da lui fiot- 
» tenga infieme colla fua falute, che gli animile 

» P»' 


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211 


Della Dlfpofiglone . 

„ pareri voftri fieno conformi alla volontà, e vo- 
„ ti del Popolo Romano, e che ciò apporti a voi, 
„ ed al Popolo Romano pace , tranquillità , ozio , 
„ e concordia . E fe quella folenne preghiera , che 
„ fi ufa nei Comizj confecrata con Aulpicj Con- 
„ folari ha' in fe tanta forza, e religione, quanta 
„ ricerca la dignità della Repubblica : io fomiglian- 
„ temente ho fupplicato, che anche a coloro, i 
„ quali col mezzo dell’ opera mia hanno dato il 
„ Confolato a coftui , quello effetto aweniffe con 
,, contentezza , felicità , e profperità loro &c. 

4. Dalla caufa prendefi l’efordio, rilevando nel- 
la propria caufa ciò , che v’ è di onefio , e di uti- 
le dimoflrando all’incontro la caufa dell’ awerfario 
del tutto iniqua, turpe, e fommamente pregiudi- 
ziale al ben comune, del che fenza numero fono 
gli efempj nelle orazioni di Cicerone , il quale per 
una parte commenda molto la propria caufa , e fcre- 
dita quella dell’ awerfario > 

$. I V. 

Del modo di formare gli efordj preoccupando , 

Oltre alli fin qui efpofti luoghi un altro fe ne 
trova , il quale ferve di molto per formare gli e- 
fordj, e quello chiamafi Preoccupazione . Preoccupa- 
re vuol dire antivedere, e nel noftro fenfo ben im- 
maginarli qual fia l’ opinione dell’ Uditorio , quale 
l’opinione, ch’egli ha della materia, fe penfa,che 
fia ardua, che non fia giufta, che fia utile, che 
fia di pregiudizio &c. , quale opinione egli abb*a 
del luogo , del tempo , delle perfone , fe penfa , che 

O 2 


la 



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iti Libro Quatto 

la materia aVéfle a trattarfi in altro luogo, in al* 
fro tempo, o avanti altre perfone, quale opinione 
fi abbia dell’ Oratore che parla , fe penfa eh’ egli 
non fia di quella età , di quella prudenza , di quel 
configli», che neceffario farebbe in colui , che a- 
Vefle a trattare una tal caufa. Quell’ artifizio di 
preoccupare s’ufa dal principio del difeorfo fino al 
fine, perchè Tempre fa meftieri in qualche luogo 
di fare un piccolo preambolo prima di entrare nel 
difeorfo. Ciò meglio fi può conofcere con leggere 
le Orazioni di Cicerone, nelle quali fi vedrà, che 
poco meno di ciafeuna , cominciando dall’ efordio 
fino al fine, è girata ora con lunghe, ora con pic- 
cioli preoccupazioni , fecondo che porta la materia 
del difeorfo , e fi vedrà , che per lo più quà , e là 
fi defidera dall’arte qualche preoccupazione . In fat- 
ti , dice il P. Serra , qual è quell’ orazione , in cui 
non s’incontri qualche pregiudizio, in cui il pre- 
venire la cofa, che gli avverfarj polTono dire, oa 
cui rifpondere non fia del tutto giovevole al noftro 
aflunto? Qual è mai quel difeorfo , in cui non fia 
d’ uopo l’ antivedere l’ opinione , che hanno gli U- 
ditori della nofìra materia, e per confermarli in 
quella opinione, fe a noi è giovevole, e per ri- 
moverli fe a noi è dannofa ? Qual è mai quel di- 
feorfo, in cui non fia d’uopo prendere licenza da- 
gli Uditori di dire qualche parola , che loro polla 
«fiere ediofa, ovvero di correggerla , o di mode- 
rarla, dopo che fi è detta? Qual è quel difeorfo, 
in cui non giovi talvolta all’Oratore di concedere 
all’ avverfetio qualche cofa, la quale conceduta ven- 
ga ad eflere di giovamento al fuo aflùnto ? Qual & 
mai quel difeorfo, in cui talvolta non fia giove- 
vole 


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t)Ma Vtfpofì^ìone . jjj 

vole il fingere d’efter in dubbio, e di non fapero 
qual partito prendere ? Qual è mai que.1 difeorfo , 
in cui non fia d’uopo talvolta fingere, o di teme* 
re, o di fperare, o di parlare con libertà, o di 
inoltrare timore , o tnftczza , o altra paflione ? Qual 
è mai quel difeorfo, in cui talvolta non occorra 
o il denunziare qualche minaccia , o il fare quali 
che promefla , o il predire qualche cofa futura ? Ed 
dfendo in tanto numero le circoltanzo nelle quali fa 
di meftieri di preoccupare 1’ Uditore , non v’ è at « 
tifizio , che all’ Oratore più abbifognj , quanto quel* 
lo del preoccupare. 

Nè folamente negli efordj , ma ancora in tutto 
le parti dell’Orazione deve girare la preoccupazioa 
ne. Poiché ora è neceflario il far conofcere agliU- 
ditori , o di antivedere , o di avere antiveduto ora 
un pregiudizio, ora una cofa* ora un altra’ Ella 
è neceflaria in molti luoghi per andar fempre cat* 
tivando la benevolenza degli Uditori , affine di te* 
nerli fempre inclinati a fecondare la noftra caufa, 
e non da cflere ufata di fuga, ed a cafo, ma con 
giudizio, con fermezza, affinchè fia diffufa in qua- 
li tutte le orazioni. Da quello artifizio dipendala 
vera eloquenza, e l’Oratore fi diftingue dal puro 
Filofofo, il quale non fa ufo di sì fatte vie indi* 
rette per mettere in villa i fuoi argomenti , non 
riflettendo punto fe gli Uditori fieno, o nò indi* 
nati a una parte più, che all’altra, nè alle circo* 
llanze perfonali di colui, il quale impugna le fue 
prove , nè al tempo , nè al luogo , 

Moltiflime regole aflegna il da noi più volte 
«ommendato P. Serra , le quali infegnan» a forma* 
f.e con artifizio la preoccupazione, J, Può fervjrg 

O 3 là 


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%i 4 Libro Quarto 

]a preoccupazione per pattare con grazia da una co» 
ia all’altra, ed allora quella confifte nel fare un 
preambolo , che fia a propofito per trarre con gra- 
zia gli uditori dalla confiderazione d’ una cofa alla 
confiderazione d’un altra, o fia per far patteggio 
da un argomento all’altro, 2,. Talvolta fi premu- 
nilce il difcorfo per togliere il pregiudizio allano- 
flra caufa, ed allora la preoccupazione confifte nell, 
antivedere le obbjezioni , che poffono etterci fatte 
nell’ andarle difeiogliendo . 3. Talvolta fi premuni- 
re il difcorfo, o prima di predire qualche cofa 
afpra , o prima di profferire qualche parola, che 
poffa eftere ingiuriofa a chi afcolta, ed allora il 
preoccupare confifte nell’ antivedere, enei premette- 
re quelle feufe , e quei motivi , per cui non ci tro- 
viamo obbligati a dover dire quelle parole , che 
pure fappiamo, che fono ingiuriofe ., 4. Talvolta fi 
preoccupano gli Uditori con prendere maraviglia „ 
come l’ avvedano fi fia introdotto a dire cofe tan- 
to deboli, vane, ridicole, ed inutili. 5. Talvolta 
fìngendo timore d’aver d’ efporre le ragioni degli 
avverfarj , quaficchè fieno cosi forti , che 1 ’ Oratore 
non abbia maniera di ributtarle, e quello fuol pra- 
ticai, quando tali ragioni fono facili a feioglierr 
fi . Talvolta dimoftrando confidenza nell’ efporre 
liberamente la ragione dell’ avvedano . 7. Talvolta^ 
fi preoccupano gli Uditori con rapprefentare loro le 
dicerie , o le infamazioni , che a ben confiderarle 
fono ancora di fommo pregiudizio al loro onore, 
e riputazione. Sono fenza numero le maniere del 
preoccupare , ed il precedimento può confiftere in 
mille cofe potendo eftere prevedimento ora di tem- 
po , ora di luogo , ora di età , ora di condizione ( . 


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Della Drfpo/ì^ìone 

ora di paflione &c. E quefto conclude il P. Serra 
è quel grande artifizio, col quale l’Oratore tende 
intidie a’ tuoi Uditori affine di moverli verfo di noi, 
a benevolenza , o per accenderli d’ ira contro degli 
avverfarj &c. , quindi è che il preoccupare è chia* 
mato infidia , e frode, che fi tende all’ Uditore pec 
trarre 1’ animo fuo a piegare più da una parte che 
dall’ altra. 

E’ innoltre da notarfi , che fe l’ Oratore fi preva* 
le di quello artificio non folo nel principio dell’o- 
razione , ma ancora nel decorfo della medefima , a 
per introdurre 1’ obbjezione dell’ avverfario , o qual» 
che fuo argomento, o racconto, o confutazione, 
allora deve connettere la preoccupazione col difcor- 
fo , che precede , e fare eh’ ella quafi nafea da effo 
o almeno, che non fia totalmente difgiunta * ficchi 
volendo l’Oratore fare una preoccupazione fingendo 
o timore, o fperanza &c . , incolpando l’ avverfario 
o altra perfona, o lodando le leggi, o altra cofa* 
allora quel timore, quella fperanza, quell’ incolpa* 
mento, quelle lodi & c. devono in qualche modo 
avere conneflìone col difeorfo precedente , ed effere 
poi come un feme, in cui l’Uditore quafi già pre- 
vegga la qualità delle prove, c>, delle cofe, che fi 
debbono elporre - così può vederfi regiflrato nella 
Rettorica del P. Serra Tom. z. pag. 

*• V. 

' . • » • * • 

Della proprietà, ed ufficj dell' e f or dio . 

* * . 1 * 

Moltiffime fono le proprietà, che deve feco por- 
tare l’efordio. .li deve effere unito con tutta l’o- 

O 4 ra : 

t 


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Il 6 -Libro Quart§ 

fazione , come è unito il capo a tutto il corpo 
dell’uomo, giacché ancor l’efordio chiamali capo 
principale dell’orazione, z. che debba effcre in qual* 
che modo naturale , e quali obvio , e non prefo 
tanto alla lontana , che non abbia correlazione al* 
cuna con l’Orazione che uno forma. 3. che non 
fia ridicolo, e puerile, ma foftanziofo, efprimente, 
ed oratorio, giacché da quello fi può conofcere un 
ottimo dicitore . 4. che fia breve , e formi , come 
vogliono alcuni un terzo d’ orazione ; e quelle , ed 
altre fimili fono quelle proprietà, che deve avere 
l’ elordio . Gli ufficj poi parimente fono tre , cioè 
deve rendere l’uditore favorevole, attento, ed av* 
vertito,che è in quanto a dire l’uno deve procac- 
ciare benevolenza dell’uditore, l’altro il farlo at- 
tento, il terzo avvertirlo, e renderlo difpollo a 
comprendere quello , che fi ha da trattare . Quelle 
ancora devono elfere fparfe , e mantenute per tutto 
il corpo del noftro parlare , e fpecialmente l’ atten • 
zione, la quale come nel principio è più frefca, 
così nel progreffo del parlare ha bifogno d’ elfere 
foflenuta, e rinnovata. Si acquilla poi la benevo- 
lenza dell’uditore I. con dimoflrarfi umile, pru- 
dente, e mite verfo di loro, come fa Cicerone 
verfoilfuo maeflro nell’orazione a favore d’ Archia, 
e benché fieno degni di riprenfione , non dimoflrar* 
fi tanto rigido , fevero , e critico con loro . z. fe 
fi dimoflra molto in loro confidare, il qual atto 
cfercita ottimamente Cicerone nell 11 orazione a fa- 
vore di Sello Rofcio Amerino. 3. fè loda la di 
loro giuftizia, fedeltà, cofiumi , autorità, ed altre 
belle prerogative, come leggefi nell’orazione a fa* 
vore di Mik>ne . L’ attenzione può dall’Uditore ac- 
qui- 


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Della Difpoji^iotte . 417 

quittarfi con far al medefimo delle 11 promeffe, ed 
efeguirle, e con chiederli con bella grazia , che ftie- 
no attenti , ufando alle volte i termini efprefli da 
Cicerone nell’ orazione a favore di Settio. „ Laon- 
„ de, o Giudici; io prego, e vi fupplico, che 
„ vogliate con attenzione, e corteGa afcoltare quel 
» tanto, che fon per dirvi „ &c. Quella fi deve 
rinnovare, come diceva, fpecialmente quando uno 
s’ accorge , che l’ animo dell’ uditore fui primo tut- 
to intento ad afcoltare incomincia a dimollrarlì 
languido, e come fuol dirli sbadigliare. Ad avere 
finalmente l’uditore ben difpollo a comprendere il 
parlar nollro, giova fenza dubbio, e la detta at- 
tenzione con fare apparire, e la bontà, e gli ama- 
bili collumi, con far ufo della brevità ,‘ avvertendo 
Cicerone , dover l’oratore partir più tolto con ani- 
mo difpollo a più udire, di quello che affatto in- 
fallidito , con dividere la fua orazione ne’ fuoi ca- 
pi necelfarj . Quelli fono li tre ufficj da offervarfi 
nell’ cfordio . 

1 

§. V h 

Del difetti, che Ji devono evitare vegli efordj . 

Efpofte le proprietà, e virtù, che deve avere 
l’efordio, rettaci a vedere quali fieno quei vizj, 
nei quali più frequentemente fi cade, e che devon- 
fi con ogni diligenza fuggire: la lunghezza è il pri- 
mo difetto, che fi deve fuggire nell efordio* per- 
chè, come dice Gerardo Voffio^in vece di difpor- 
re gli animi degli Uditori ad afcoltare il rimanen- 
te dell’ oraziooe , di fubito gli anno;»* Cosi anco- 
ra 


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Il8 Libro Quarto 

ra la troppa brevità può eflere un vizio , andando 
a pericolo facilmente , che l’ efordio non abbia quel- 
le doti, che come abbiamo veduto, deve avere. 
Le caute poi infami , fofpette , e dubbiofe ricerca- 
no un Proemio più lungo, di quello, che le fem- 
plici . z. l’ efordio non deve eflere volgare , e co- 
mune , cioè che facilmente fi polla appropriare ad 
ogni caul'a ancorché contraria. Quello farebbe ri- 
fletto, che avere una fella, che a molti giumenti 
può Servire. 3. l’ efordio non deve eflere mutabile, 
cioè che dall* avversario appropriai polla alla Sua 
caufa , e Servire di objezione al nollro difeorfo . 4. 
che non fia prefo sì alla lontana, che non appar- 
tenga in verun conto all* aflùnto. 5. che non Ha 
tanto arrogante , magnifico , e pieno d’ alterigia . 

Oltre a quelle allignate regole , che con atten- 
zione fi devono oflervare nel teflere gli efordj , fe 
ne allignano altre, le quali ftimo proprio il qui 
efporle. Dico dunque, che Siccome le orazioni pof- 
fono eflere in diverfo genere, così di diverfo ge- 
nere poflbno eflere gli efordj . Ed in fatti , dice 
Quintiliano, l’ efordio nelle caufe giudiziali deve 
eflere tutto differente da quello nelle altre caufe . 
Poiché alle accufe, e difefe convengono univerfal- 
mente parlando proemi acuti, pieni di gravità, e 
che non fcuoprino un odiofa Sicurtà eziandìo , dove 
non ci prometteflimò felice fucceflo della caufa . In 
quelli fi sfugga ogni fofpfetto d’ artificio, ed ogni 
dimoftrazione d’ affettazione tanto più , che il giu- 
dice f abborrifee , come cofa apparecchiata contro 
di lui , ma feguitifi una certa moderata diligenza , 
e fi faccia in modo, che i medefimi abbiano mag- 
giore arte afeofa, di quello che la dimollrino* 

Nel- 


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/ 


Della Dlfpoft^ìone . zip 

Nelle caufe poi di genere deliberativo è meno ne- 
cefl'ario l’ efordio , e come c’ infegna Fabio nel li - 
bro 3. al capo 8. apra (blamente campo al difcor- 
fo , e fia principio del medefimo, piano, chiaro, 
e non affettatamente teffuto . Finalmente nel gene- 
re aemoftrativo gli efordj fono più liberi, e al dir 
d’ Ariftotelc nel libro 3. capo 14. fi poffono rica- 
vare dalla materia ifteffa , o da dove piaccia , pur- 
ché addattatamente cadano, ed in fine abbiano con- 
neffione coll’ affunto propollo. Agli efordj di tal 
forte conviene l’ornamento, purché fi fugga V o- 
ftentazione . 


§. .V I I. 

t 

Della Propo/ì^ione Oratoria ,fuà Divifione , 
e Perfezioni . 

A qualunque efordio devefi unire la Fropofìzio* 
ne, ed è quella, in cui l’oratore affiline qualche 
cofa da provare, e che contiene in fe tutta la ve-, 
rità del difeorfo . Quella fi divide nella principale, 
c in quella d’ affunto, come dice il P. Serra. La 
Proporzione principale è quella^, che l’Oratore in- 
tende di perfuadere , td è fine ultimo di tutta 
l’ Orazione . La propofizione d' affunto è quella , 
pel cui mezzo l’Oratore vuol perfuadere la propo- 
fizione principale . Per efempio : Monfignor . della 
Cafa vuol perfuadere ai Veneziani l’entrare in le- 
ga col Papa, col Re di Francia, e con gli Sviz- 
zeri contro l’ Imperatore Carlo V.; quella è la 
propofizione fua principale , ed è il fine ultimo di 

tutta la fua Orazione. La propofisione , eh egli 

pren : 


( 


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42t> Libro Quatto 

prende per aflunto è la grandezza del pericolo, pel 
cui mezzo egli vuol perfuadere la propofizione prin- 
cipale . 

, La propofizione , che fi prende per aflunto , c 
della quale noi parliamo deve avere le fue proprie- 
tà , e virtù , giacché dal faper ben fcegliere , e pro- 
porre la medelima può dipendere lo fcopo di tutta 
l’Orazione. La propofizione dunque I. deve eflere 
femplice, afloluta, diftinta, una fola, e non com- 
porta . Ciò ben avvertì Orazio nella Tua arte Poe- 
tica, quando di lui così tradufle il Borgianelli 
Semplice, ed uno fia quel che hai propofto. 
ed il Nobile Pafqualigo cantò 

Semplice, ed uno, e di adattate membra 
Sia l’Epico Poema 

2. Sia chiara così , che s’intenda ancor da colo- 
ro, dai quali non fi vorrebbe intendere. 3. che 
tutte le ragioni, e le parti feguenti del difcorfo 
confpirino in erta . 4. che non fia fecca, ma che 
fi porta diffufamente trattare, e fomminiftri ampia 
materia, giacché 

Quanto fpiegar non puoi produr non devi. 

5. Che fia portata, ed efprefla in bella forma, 
e benché in fe ftefla prefa apparifca comune, pure 
gli fi deve dare una certa nuovità* che da volga- 
re, che era, raflembri ammirabile, e non più udi- 
ta. 6 . che non fia puerile, coperta di Paradofli. 
ed Enigmi . 

Di due forti poi dicefi poter eflere le propofi- 
zioni, fe vogliamo prertar fede a Seneca. Altre 
contemplative, le quali confiftono nella fola cogni* 
zione di qualche cofa ; come fe la Luna fia corpo 
opaco; fe dalla medefim» abbia origine il fluffb 


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Della Difpojì^ìone ^ 221 

rifluito del mare & c. Altre attive, il fine delle 
quali , è il fare qualche cofa — come fi devono per- 
donare le ingiurie — fi deve fuggire la pigrizia & c. 
Quelle ultime fono le più ufate dai Rettori , come 
che le piu utili , e vantaggiofe . 

Vili. 

Della Divifione . 

Al fine dell’ efordio per lo piti fpetta la divifio- 
ne della già efpofta propofizione , benché però fi 
pofla quella portare dopo aver compiuto il Proe- 
mio, come vedefi efeguire da’ modèrni Prefatori, 
ed Oratori . E’ cofa facile il rinvenire il fine , per .. 
cui fi faccia quella divifione nelle Orazioni , e ciò 
fuccede per tre motivi, come dice il Decolonia. 

I. perchè dà lume, e fplendore all’ orazione 2 . per- 
chè è giovevole alla memoria sì dell Oratore , co- 
me dell’ Uditore . Al primo perchè fa cofa li refla 
provare; al fecondo perchè comprende a che termi- 
ne llia il dicorfo. g. perchè toglie il fallidio di 
afcoltare. Ancor la divifione deve avere le fue re- 
gole, acciò fia ben formata. Quelle dal fopracita- 
to tìecolonia fi alfegnano quattro. La prima è 
che la divifione deve riguardare . adequatamen- 
te la propofizione , la quale rella divifa . La leeone 
da, che ogni divifione fia differente dall altra, nè 
un punto fi contenga nell’ altre. La terza fi è, che 
la divifione non abbia pili che due o tre capi; 
perchè diverfamente cagionerebbe ofeurità aldifcor- 
fo^ La quarta è, che fia piana, femplice , o qua- 
li obvia . Quelle quattro doti ben fi feorgono nel- 
le divifioni formate da Cicerone nelle fue Orazioni, 

Z' A. _ 


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11Z . Librò Quarto 

CAPO III. 

\ 

Della Narrazione. 

v » 

La Narrazione è un racconto che fi fa d’ una 
cofa fucceduta, e nel noflro fenfo è una dichiara- 
zione, e fpiegazione di quella caufa,che noi trat- 
tiamo , come dice Cicerone nelle fue divifioni ora- 
torie . Quella narrazione per lo piti ha luogo , do- 
-po elfer flato formato l’efordio, nelle caule Giu- 
diciali , le quali efigono o il racconto del delitto 
da qualcuno difefo , o dell’ accufa , che o giuda- 
mente, o ingiullamente a qualcuno le fi impone. 
Nelle caufe poi di genere dimodrativo rare volte 
ha luogo quella, e le pure, non fi fa tutta dide- 
fa , come nelle caufe del primo genere , ma fpar- 
titamente , perciocché bifopna trafcorrere per le a- 
, zioni , e dalle azioni feguitar il parlare , o con lo- 
de, o con biafimo. La ragione perchè alle volte 
il genere dimollrativo non ha bifogno di narrazio- 
ne fi è , perchè quelle azioni , che già fono note , 
e celebrate, bada, che fieno {blamente rammemo- 
rate, come per efempio, volendo lodare Achille, 
perciocché ognuno fa le imprefe, eh’ egli operò. 
Ce ne abbiamo nulla di meno a valere con far- 
ne menzione. Ma volendo lodare Critia , bifo- 
gna narrare le azioni fue- perchè molti non fan- 
no , chi egli fia. La narrazione 1. deve edere 
chiara, e non efpoda con grande artifizio, come 
fi può vedere quella di Cicerone nell’Orazione fe- 
conda a favore di Sello Rofcio Amerino. z. deve 
edere almeno probabile , e non del tutto falfa , co- 
si che in niun conto poda crederfi ; che anzi nelle 

caufe 


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Della Dìfpo/ì^jone 223 

eaufe di genere giudiziale, ficcome trattali o di 
accufare o difendere qualcuno, deve eflere vera, 
acciò fi porta rettamente della perfona iftcfla giu* 
dicare. 3. deve eflere giufta ed efprimente; ond’ è 
che quelli, che dicono, che la narrazione dev’ef- 
fer breve, fono degni di rifo* perchè ficcome a 
quel Panattiere, che domandò fe fi dovea far l’in- 
-trifo molle fu rifpofto, e che non fi può intrider 
bene? Così medefimamente avviene in quello, che 
non bifogna , che la narrazione fia lunga, come an- 
che le prove ; perciocché il bene non confitte in 
quello d’efler breve, o di eflere quanto balla ad 
efpor la cola, di che fi parlare a far capace, che 
così fia pallata .* o che ci fia di danno , o d’ ingiu- 
ria : o di tanta importanza, di quanto vogliamo 
che fi creda. Nella medefima poi fi deve inferire 
qualche cola, che moftri la nollra virtù, o che 
feopra il vizio dell’ awerfario ; ovvero frapporvi 
cofa, che fia grata a’ Giudici . La narrazione, 
dice Ariftotele nel lìb. 3. di chi difende è minore, 
che quella dell’ accufatore . E le fue queltioni fono 
o di non l’aver fatto, o che non gli ha fatto dan- 
no, o che non gli ha fatto ingiuria , o che non ha 
fatto tanto quanto gli s’oppone. Onde è che non 
ci dovemo fermare nelle cofe, che fono certe, e 
che non fi poflbno negare; le già non fi facefle 
con intenzione d’entrare in qualcuna di quelle, che 
fi fon dette: come a mottrarc, che febbene è ve- 
ro quel che s’ oppone , non è però , che fia iugiu- 
ria . Deve ancora l’ accufato narrar delle cofe fatte , 
quelle , che facendofi non fono ftate tali da poter 
muovere il Giudice, o a compaffione verfo colui, 
che l’ha patite, o a fdegno contro di lui che l’ha 

com- 


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Libro Quarto 

eommefle. 4* Bifogna ancora, che la narrazione 
fia coftumata, e tale farà sì, che li faranno note 
quelle cofe, che danno notizia del collume. Nei 
genere poi deliberativo non interviene quafi mai 
la narrazione; perchè nefluno narra le cofe da ve- 
nire* e fe pure c’interviene, farà delle cofe paffa- 
te, acciocché rammemorandole fi confulti meglio 
delle future, o veramente farà per lodarle, o per 
biafimarlc . Ma chi fa quello, non lo fa come con* 
figlierò . 

CAPO IV. 

Delle Prove . 

Il provare una propofizione non è altro , che con- 
fermarla con ragioni , ed argomenti . Le prove fo- 
no così necelfarie, che fe non fi adducono la prò- 
pofizione rimane nel fuo eflere primiero . E qui fon 
molto da riprenderfi coloro, che aflumono una cau- 
fa a provare , e poi con il loro difcorfo attendono 
a tutt’ altro, fuorché alla medefima. Il P. Serra 
nel Tom. i. cap. 4. p*%. 178. della fua Rettorie! 
parlando delle prove dice, e(Ter le medefime una 
manifeflazione d’ una cofa dubbia per mezzo d’una 
certa. Per efempio: Davidde è Padre; Dunque nort 
vorrà , che Aflalorine fuo Figlio fia uccifo . Quello 
direbbefi prova, perchè la cofa dubbia cioè fe Da- 
vidde voglia, che Alfalonne rubello, fia o non fia 
uccifo, fi manifella da cofa certa, cioè dall’ efier 
Padre . 

Due forti di prove fi danno, una dicefi artifi- 
ziale, inartifìziale l’ altra . L’ artifiziale è una pro- 
ra 


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Della Di fpo fhrìone . 225 

va conghietturale , che deriva dalle conghietture , e 
fj dice artifiziale , perchè la conclusone deriva af- 
fatto dall’invenzione dell’ Oratore, il quale da’ Se- 
gni mannelli, e verilìmili inferifce la cofa dubbia, 
e in virtù dell’illazione la rende verifirnile. Equi 
ognuno richiami a mente quel tanto , che efpofi al- 
la sfuggita di Sopra , che le prove , ragioni , ed ar- 
gomenti , che Si trovano al Suo affùnto devono ef- 
ière , o vere , o almeno veriSimili , nulla provando 
colui , che falsamente prova . L’ inartifiziale è pro- 
va , che deriva dal fatto fte(To , e fi dice inartifi- 
ziale , perchè la conclufione non deriva dall’inven- 
zione dell’ Oratore , ma nafce appunto dal fatto , da 
teftimonj , dalle Scritture , dalla confeflìone , dalla 
fama , le quali coSe tutte Senza invenzione dell’ Cu- 
ratore fi trovano nella cauSa iftelfa . Quelle prove 
inartifiziali fi dividono in due clafli, cioè in pro- 
ve piene, ed in prove Semipiene. La prova piena, 
è quella che fa tanta fede, che per elfa può ter- 
minarsi la controverfìa della cauSa . La prova , Se- 
mi piena è quella, per cui fi fa qualche fede, ma 
non tanta che badi a terminarfi per elfa la contro* 
verfia . Le prove piene che per lo più hanno luo- 
go nei giudizj fono fette. I. teftimonj. 2. inftru- 
menti , o fieno Scritture. 3. confdfione. 4. eviden- 
za del fatto. 5. giuramento. 6 . Prefunzione giu- 
fta detta da Giureconlulti Prefumptio juris , & de 
jure . 7. fama. Le prove Semipiene che parimenti 
hanno principale luogo nelle caufe giudiziali Sono 
quattro. r. un teftimonio de vìfn , degno di fede. 2. 
comparazione di lettere. 3. Scrittura privata. 4. 
prefunzione non urgente, o fia la fama, la quale 
come abbiamo offervato può Servire ancora di prò* 
va piena. ' P Cin* 


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ZZÒ Libro Quarto 

Cinque fono gli (frumenti de’ quali fervefx 1* O- 
rr.tore per efporre le prove , e lono il Sillogifmo , 
l’Entimema, l’Efempio, l’Induzione, ed il Dile- 
ma, dei quali ad uno ad uno parleremo. 

CAPO V. 

Del Sillogifmo . 

Il Sillogifmo è un argomentazione comporta di 
tre diftinte proporzioni , e le quali hanno tre mem- 
bri ordinati , e combinati in maniera , che v’ ha 
Tempre due , i quali corrifpondonfi in ciafcuna pro- 
porzione. La prima di quefle chiamafi maggiore; 
la feconda minore; e la terza confeguenza , o con- 
clufone. Eccone l’efempia. Sia queirta la propor- 
zione, che uno determini provare.* — La Luna è 
luce. Pidurafli a Sillogifmo cosi. 

Magg. Tutto quello che rende vifibili gli og- 
getti ertemi è luce. 

Min. Ma la Luna rende vifibili gli oggetti 
ertemi. Conci. Dunque la Luna è luce. 

Qui fenza fatica fi dirtinguono le tre proporzio- 
ni , non meno che i tre membri ; Il membro pri- 
mario di quefto Sillogifmo è render vifìbile gliog • 
getti ejìerni ; Il fecondo la luce ; e il terzo la Luna , 
Ma per non confondere le proporzioni , come di- 
ceva , nominiamo la prima Maggiore , la feconda 
M'nore , unite infeme Premeffe. Diamo alla perfi- 
ne nome di Soggetto al primo membro d’una pro- 
porzione ; quel d’ *Attr 'buto al fecondo , e quel dì 
tnex~o a quel membro di Sillogifmo, che è comu- 
ne alle Premeffe . Ed ecco in chiaro la manie- 


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' Della Dijpofigione . 

ra con cui facilmente fi formano i Sillogifmi . 

Dal fin qui detto ben fi conofce, che il mezzo 
non può mai entrare nella condufione. Imp. Il 
mezzo fi agguaglia nella maggiore con /’ Attributo, 
e nella minore col Soggetto della Conclusone . Ed 
è chiaro, che la conclufióne traefi dalle Premeffe 
col farvifi la combinazione dei due differenti mem- 
bri del Sillogifmo. 

Or s’offerva, che il mezzo può collocarfi diffe- - 
rentemente : Imp. è foggetto nella maggiore , e at- 
tributo nella minore , come nell’ addotto efempio; op- 
pure è attributo, o foggetto eziandìo in ciafcuna 
preraeffa nel medefimo tempo . Ecco un efempiodel 
fecondo cafo. 

Ogni uom prudente penfa al futuro; 

Alcuni ciarlatori non penfano al futuro. 

Dunque alcuni ciarlatori non fono prudenti. 
Eccone uno del terzo cafo. 

Niun prudente penfa al futuro; 

Alcuni imprudenti fono ricchi ; 

Dunque alcuni ricchi non penfano al futuro. 
Siccome però non è noftra infpezione il confide- 
rare le figure fillogift iche , ma folo appartiene ai' 
Logici, i quali fono tutti intenti a fcoprire la fal- 
lacia’ dei medefimi , e additare i modi diverfi , con 
cui li formano ; così a noi baffi d’ aver difcorfo fin 
qui del Sillogifmo Filofofico, paffando all’ Orato- 
rio, il quale efige maggiore attenzione, ed artifi- 
zio . » 

Il Sillogifmo Oratorio benché nell’ effer fuo ab- 
bia correlazione col Filofofico , con tutto ciò le par- 
ti fono di maggior numero, ed i nomi di diverfo 
lignificato . Cinque parti ha il Sillogifmo Oratorio . 

P z La 


\ 




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22,8 Lièto Quarto 

La prima chiamafi Proporzione . La feconda Pro- 
va della Proporzione. La terza ^fffunto . La quar- 
ta Prova dell' *4 ([unto . La quinta Conclufione . Que- 
fte parti, benché devono efl'ere orciinate fra loro; 
nulla di meno dall’Oratore fi efpongono in manie-i 
ra diverfa da quelle del Filofofo. Poiché non de- 
ve additarle alla sfuggita, ma amplificarle, ador- 
narle di parole, arricchirle di fentenze , accompa- 
gnarle con figure, così, che fpicchi la di lui ar- 
te. Un efempio del Sillogifmo Oratorio ci dà Ci- 
cerone nel Itb. I. dell’Invenzione, il quale può ve- 
derfi regifirato nella Rettorica del P. Decolonia . 
Può fuccedere però , che 1’ Oratore alle volte ridu- 
ca il fuo Sillogiimo a tre propofizioni , come fa 
il Dialetico, e ciò accade appunto , quando la Pro - 
pofizione o della maggiore, o della minore è sì 
chiara , che non abbia bifogno di prova alcuna • 
così può effere formato da quattro parti, fe fi la- 
ida la prova d’una Propofizione foltanto. Riman 
fempre vero, che la difpofizione del medefimo fil- 
logifmo Oratorio è di gran lunga differente da quel- 
la del Filofofo, e non tanto nella maniera d’ am- 
plificarle , quanto nel modo di porle , potendo an- 
teporre la minore alla maggiore,, la conclufione al- 
la minore , e maggiore . Ciò può vederfi da un e- 
fempio di Cicerorie prefo dall’ Orazione a favore 
di Milone; dove dalla conclufione patta alle pre- 
mette così. „ In qual modo adunque fi può pro- 
„ vare , che Clodio abbia tramato infidie a Milo- 
„ ne? Balla a provare, che in quella così audace, 
„ e così fcellerata beflia , fotte fiata pofta una gran 
„ cagione, una grande fperanza, ed una grande u- 
„ tilità nella morte di Milone. Laonde vaglia in 

v?» 9 uel - 


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Della Difpcjhyone . ny 

„ quelle perfone quel detto di Caffio. cui tor - 
„ na bene . Quantunque i buoni per verun utile , e 
„ comodo non fono indotti alle frodi, ed i mal- 
„ vagì fpeflò per piccola cofa ( i/ftqui ) Certo per 
„ la morte di Milone Clodio acquiflava queflo , 

„ che non folamente farebbe flato Pretore, nonef- 
„ fendo egli Gonfole; perciocché fotto di lui non 
„ avrebbe potuto ordire alcuna fcellerata opera ; ma 
„ anche farebbe flato Pretore fotto a quei Confo- 
„ li, dei quali fe non coll’ ajuto , almeno ftandoe- 
„ glino cogli occhj chiufi , avrebbe fperato di po- 
„ tere in quei fuoi immaginati furori gabbarfidel- 
„ la Repubblica . Li di cui impeti , come quelli 
,, difcorreva , di efferli debitori di tanto benefìzio: 

„ e fe aveffero voluto , avrebbono con difficoltà pa- 
„ tuto romper l’audacia del fcelleratiffimo uomo 
,, già fermata per lungo ufo & c. „ Offervafl , che 
Cicerone incominciò il fuo difeorfo da quella Con- 
clufione — Clodio tramò infidie a Milone. — A 
quella aggiunfe la propofizione. — Quello fece co- 
luta cui fu di giovamento la morte di un altro . 
la quale conferma col detto di Caffio. Palfa dipoi 
alla minore. Ma a Clodio era di fommo utile la 
morte di Milone -, e la prova con dire, che e- 
fìinto Milone fi potevano tenere con ogni facilità 
da lui quei Confoli , i quali chiudendo gli occhj , 
o per dir meglio preftando ajuto all’ ifteflò Clodio, 
elfo potelfe poi nel tempo di l'uà Pretura difturba- 
re la Repubblica. • ' 

E ficcome qui Cicerone finifee il fuo ^ difeorfo 
con la minore, e di lei prova, così nell orazione 
a favore di Celio termina nella propofizione, e di 
lei ragione. Poiché il giuflo, e naturale ordine . 

p 3 ^1 


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230 Libro Quarto 

del Sillogi fino farebbe quello.- Non è verifimile, 
che quello, il quale è tutto intento allo Audio del- 
le belle arti , viva luffuriofamente . Ma Celio è 
tutto intento alle ottime arti. Dunque Celio non 
vive sfrenatamente . — Ma Cicerone con il confueto 
fuo artifizio inverte l’ordine, e prima dimoAra, 
che Celio attende agli onefti Audj delle arti , e da 
qui prova , che quella forte di Uomini non tanto 
facilmente è dedita alle sfrenatezze . Afcoltiamo 
i’ iAeffo Cicerone. „ Ma in Marco Celio ( dirò 
„ oggimai con più confidenza degli oneAi fuoi Au- 
,, dj , perchè ardifeo pure di confefi’are alcune cofe, 
„ rafiicurandomi nel faper voAro ) non fi troverà 
,, alcuna lulfuria , non ifpefe fmoderate , non debi- 
„ ti , non difonefii , ed ingordi conviti : il qual 
„ vizio del ventre , e della gola non folo 1’ età 
,, dell’uomo non diminuifee, ma anche l’accrefce. 
,, Ma gli amori , e quei , che fi chiamano trafiul- 
„ li , i quali non fogliono . recar lunga moleAia a 
„ coloro , che fono più forti di animo ( perchè 
„ trappoco,e preAamente mancano ) mai non ten* 
,, nero coAui occupato, ed impedito. „ Ognuno 
comprenderà, che con queAi detti altro non vuol 
dire Cicerone, fe non che Celio attefe ai Audj 
delle - ottime arti , e che fia così lo prova da- 
gli effetti. ,, Lo avete udito, quando egli per fe 
„ Aeffo favellava, e prima quando acculava, e di- 
„ co ciò per cagion di difefa , e non per vantarlo. 
„ ComprendeAe la qualità della fua Orazione, la 
„ facoltà, ed abbondanza delle fentenze, e delle 
„ parole, mercè della voAra prudenza. Ed in ciò 
„ vedevate in lui non folo rifplendere un chiaro 
„ lume d’ingegno, il quale fpeflò quantunque con 

* in* 


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Della Difpoft^ione . 2.3 1 

„ induflria non fi nudrifca vale nondimeno nelle 
„ fue forze: ma era il fuo parlare ( fe però l’a« 
„ more, che fi porta non mi fa travedere ) ordi- 
„ nato colle fue buone arti, diligente, ed accura- 
» f0 • « Ometta è la prova della minore . Ecco la 
propofizione . 

E’ poco verifimilc, che colui conduca una vita 
sfrenata , il quale fu fempre intento ai dudj delle 
belle arti, la quale in fimile maniera l’ efpone il 
gran Maellro dell’arte, „ e fappiare, o Giudici, 
„ che quelle cupidigie , che fono oppode a Celio , 
„ e quelli dudj, dei quali io ragiono, non agevol- 
„ mente fi polìbno ritrovare in un uomo folo. ,, 
Queda proporzione vien confermata con un argo- 
mento tratto daU’impoflibilità . „ Perciocché non 
„ può avvenire, che l’animo dato ai diletti, im* 
„ pedito alcune volte dall’amore, dal defiderio, e 
„ dalla cupidigia, fpelfo dalla molta copia, ed al- 
„ le volte ancora dal difagio , quello ( ciocché e- 
„ gli fia ) che noi facciamo nel dire, non fola- 
,, mente pollò follenere arringandola anche pen- 
,, fando . „ Accrefce forza al fuo argomento col 
confiderare la rarità degli Oratori . „ Stimate voi, 
,, che fia altra cagione , per la quale, in tanti pre- 
., mj , che agli eloquenti fi danno • in tanto dilet- 
,, to , che fi prende del ben parlare , in tanta lode, 
„ in tanto favore , in tant’ onore , fi abbia trova- 
,, to , e fi trovi cosi poco numero di coloro , che 
,. in quell’arte fi affatichino? Sono da tralafciar 
„ tutti i diletti , e da porre da parte tutti li flu- 
,, dj del trallullarfi , le fede, i giuochi, ed i con» 
„ viti, ed anche quafi il ragionare con i famiglia- 
„ ri» Le quali cofe ritraggono gli uomini dalla 

P 4 “ », fa- 


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'* .2^2 Libro Quarto 

„ fatica, e dallo Audio dell’eloquenza, e non per- 
„ chè manchino gl’ ingegni , e la dottrina ai fan- 
„ ciulli &c. „ Due rifldfioni dagli addotti efempj 
fi pofòno ricavare . La prima fi è che il Sillogif- 
mo (Aratorio può etter comporto di cinque parti, 
come di fopra diceva , benché a ben riflettere niun 
Sillogi imo abbia piu di tre pronunciati * ma però 
lìctcme nel noftro alla maggiore, e minore fi ag- 
giungono le prove ; così diviene intiero Sillogifmo con 
due entimemi, ed in confeguenza chiamali Sillogi- 
Imo di cinque parti . La feconda rifleflione confitte 
nell’ ortervare l’arte, come Cicerone muta, ed in- 
vite l’ordine nel Sillogifmo, e ad efempio non 
folo di quella orazione, ma delle altre fi polfono 
fo-mire delle nuove. E quello balli intorno al Sil- 
logifmo . 

CAPO VI. , 

» . • ' 

Dell' Entimema . 

Ditte pur bene il P. Decolonia , allorché parlan- 
do nella Rettorica fua dell’ Entimema lo chiamò 
parte del Sillrgiftno ,o Sillogifmo imperfetto . Poi- 
ché quando una delle premette è di tal’ evidenza , 
che non v* ha chi porta contrattarla , ella fi ommet- 
te , e dove che prima vi erano tre proprfizioni , 
ora ve ne rettano due; la prima delle quali chia- 
mafi dai Logici, come ancora dagli Oratori flefli 
. Antecedente ; l’ altra Confeguente . Dall’ efempio ver- 
remo in chiaro del tutto. Dicefi dunque. 

Tutti i dotti fon Uomini, 

Dunque tutti i dotti devon’ morire. 

- . Qui 


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Della Dtfpofizjone , 233 

Qui lì lafria la maggiore , ogni uomo de* morire ' 
per effer chiara, evidente, ed incontraftabile . Ma 
non elfendo men evidente la minore , anch’ ella può 
ommetterfi , ed allora ne feguirà quell’ Entimema. 

Tutti gli Uomini devon morire* 

Dunque tutti i dotti devon morire. 

Il P. Serra dice, che l’ Oratore può fervirfi dell* 
Entimema in due maniere , o naturalmente , o al-» 
teratamente. Con maniera naturale fi fa precedere 
1’ antecedente , inferendone dipoi il confegucnte , co- 
me farebbe: l’eloquenza è un arte ’ Dunque fi dee 
defiderare. Con maniera alterata, fi fa precedere 
la conclufione, foggiugnendo dipoi l’antecedente, 
come farebbe la Rettorica devefi confiderare, per- 
chè è un arte. L’Oratore a differenza del Filofo- 
fo fi ferve ordinariamente delle maniere alterate, e 
ciò per due motivi, primo perchè per mezzo di 
effe l’arte refìa piò afcofa* fecondo perchè gli En- 
timemi alterati hanno forza maggiore per muove- 
re gli affetti ^ ed in fatti la conclufione polla fu- 
bito in principio dà maggior vivezza, ea energia 
al difcorfo. Quell’ udir fubito „ La Rettorica de- 
vefi defiderarc ,, mette in attenzione d’ intendere 
1 * antecedente , da cui s’ inferifce . Che fe il Filo- 
fofo procede naturalmente, quello avviene perchè 
non ha altro fine, che inferire la verità della con- 
clufione ; 1 * Oratore al contrario , perchè vuol muo- 
vere gl’ Uditori a fare qualche azione, ed attende 
più principalmente a fare, che le conclufioni muo- 
vano, di quello che mediante effe fi manifelli il 
vero, o il verifimile, fa precedere le Conclufioni, 
le quali efpolle in principio hanno forza d’agitare 
i’ animo degli Uditori , e di muover gli affetti . 


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734 Libro Quarto 

In tre circoftanze di tempo fi fa ufo dell’ Enti- 
mema, primieramente per iftabilire la propofizione 
in modo, che l’ Orazione fondata full’ argomenta* 
zione Entimematica abbia moto progredivo . In 
fecondo luogo l’Oratore dee fervirfi dell’entimema 
quando l’Orazione è talmente fenlìbile, che paja, 
che per la troppo fenfibilità fia troppo vile , e baf- 
fa* quindi febbene la fpecie fcnfibile fia Tempre 
mai la più applaudita dall’arte, ad ogni modo in 
quelle circoftanze, nelle quali l’Oratore fi accorge 
d’elfer troppo fenfibile, dee follevare la fua Ora- 
zione cón 1’ ufo dell’ Entimema . In terzo luogo 
1* Oratore può fervirfi dell’ Entimema , quando li 
preme, che l’Uditore non perda tempo a rifolvere 
perchè l’entimema come diffe Giovenale nella Sa - 
tira 6. è un parlar corto, che viene alle ftrctte, e 
che mette l’Uditore, come fuol dirli , tra ufció, 
e muro , e che fa rifolvere quanto alle forma del 
dire per violenza ; così l’ encomiato P. Serra . Ac- 
ciò duna ue l’Oratore voglia dare più rifalto , e for- 
za alla fuà Orazione, faccia ufo maggiore dell’ ar- 
gomentazione entimematica , di quello che della 
forma Sillogiftica; e la ragione fi è perchè l’Ora* 
tore più Entimematico è, più perfetto fi giudica, 
e coloro, che preferiftono Demoftene a Cicerone 
lo preferifcono per effere Demoftene più acuto nel 
fuo dire , per far ufo degli Entimemi . 


CA* 


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Della Difpo/ì^ìone . 

CAPO VII. 

Deir EJ empio. 


*3S 



L’ efempio qui non fi prende, come nei luoghi 
Oratorj l’abbiamo confiderato , cioè per un fem- 
plice racconto di qualche fatto , ma per una certa 
forma di argomentare diverfa dalle altre. Quello 
fi difhnifce un argomentazione , che prova per mez- 
zo di qualche cola particolare un * altra fimile . Il 
no/lro P. Serra trattando dell’ ufo del medefimo 
dice , che l’ Oratore può fervirfi dell-’ efempio in 
due maniere, cioè o per confermare le ragioni, o 
per illuftrarle, e ripulirle. Quando 1’ Oratore fi 
ferve di quello per confermare le propofizioni , dee 
difporlo nell’ Orazione entimematicaraente mettendo o 
più efempj avanti , che fervono d’ antecedente per 
inferirne la conclufione . In moltiffimi luoghi delle 
fue Orazioni fi ferve Cicerone di quella forma di 
argomentare , ma fpecialmente nell’ orazione a fa- 
vor di Milone, nella quale vuol confermare quella 
conclufione , che fia lecito uccidere un uomo fcel- 
lerato • e porta l’ efempio di Servilio , di P. Na* 
fica, e di Cajo Mario, ed il fuo Hello, co’ quali 
efempli fa vedere non effere cofa ingiulla l’ uccidere 
Un fcellerato ’ ed un sì fatto modo di argomentare chia- 
mafi dai Dialettici a partibus fuffìcìenter enumera- 
ti s . Se poi l’Oratore fi ferve dell’ efempio per il- 
lufl'rare, e ripulire qualche propofizionc , allora dee 
difporlo fenza forma entimematica ,e più tollonar» 
rando, che provando, cioè in modo, in cui pre- 
ceda la narrazione dell’ efempio, e di poi fegua 
l’applicazione della propofizione , la quale da quell’ 

efem; 


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1^6 Libro Quarto 

efempio, che precede, ed in cui ella fi contiene, 
viene illuftrata , cioè fi rende fenfibile, e popolare, 
ed - in quello cafo 1’ efempio più proprio per illu- 
flrare, e rendere fenfibili le propofizioni, e l’efem- 
pio finto , cioè o la Similitudine , o 1 ’ Apologo , 
non negando però che anche 1’ efempio vero non 
fia a ciò valevole. Quando poi l’Oratore fi ferve 
dell’ efempio o fia per confermare , o per illuftrare, 
■ha fempre campo di pattare all’ argomentazione 
dal meno al più , dal più al meno , dal pari , dai 
contrari , prevalendofi dell’ artifizio , che fi è di fo- 
pra fpiegato. Così il P. Serra nel libro i. della 
fua Rett./wg. 180. In quello noftro capo però ha luo- 
go l’ efempio del primo genere, preio per argomen- 
tazione, cioè per amplificare le prove della propo- 
fizione, e dialetticamente confiderato fi potrebbe a 
tal forma ridurre- — Tiberio Gracco meritò la 
morte, per aver molellata la Repubblica. Dunque 
ancor Catilina perturbatore della pace della Rep. 
merita la morte . — In modo Oratorio li fi dà 
diverfo afpetto, come può rilevarfi da quello efem- 
pio di Cicerone , il quale nelle lue Orazioni prova 
non doverfi condannare Tito Annio Milone , per- 
chè uccife Clodio, non effendo fiato condannato 
neppure Orazio nell’ uccifione della fua Sorella. 
„ Ma prima che io venga a quel ragionamento , 
„ eh’ è proprio della noftra caufa , pare , che dob. 
„ biamo ributtar quelle cofe, le quali nel Senato 
„ fpetto fono fiate fparfe dai nemici, dai malvagi, 
„ e nel parlamento al popolo poco innanzi dagli 
„ accufatori , acciocché rimoffo ogni errore poflia- 
„ te veder chiaramente la cofa, che viene in que- 
» fio giudizio. Dicono, che non fi dee lafciargo- 


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Della Difpoft?ìone 13 7 

„ dere di veder lo fplendore di quella vita ad uno 
„ che confetta d’aver ammazzato qualche uomo. 
„ In qual città quelli fciocchi fiimi uomini voglio- 
„ no foftenere una tal cofa? Certo in quella la 
„ quale vide il primo giudizio capitale di Marco 
„ Orazio uomo fortiflimo , il quale non ettendo an- 
,, cora la città libera? fu tuttavia attoluto dal po- 
„ polo Romano, confettando di aver di fua mano 
„ uccifa la Sorella . Evvi alcuno , che non fappia , 
„ che quando fi ricerca della morte d’ alcuno , e 
„ fi fuole del tutto negar di averli fatto 1’ ornici» 
„ dio , o difendcrfi di averlo fatto direttamente , e 
„ con ragione? Se per avventura non volete giudi- 
„ care P. Scipione pazzo , al quale ettendo fedizio- 
„ fornente da Cajo Carbone Tribuno della plebe, 
„ dimandato quello, che della morte diCajoGrac- 
„ co fentiva , rifpofe , che giudicava , eh’ egli fotte 

„ fiato uccifo ragionevolmente Laonde nonfen- 

„ za cagione, o Giudici, i dotti antichi lafciaro- 
„ no nelle loro favole, che colui il quale per far 
„ la vendetta del Padre aveva uccifa la Madre, va» 
„ riandofi le fentenze degli uomini , non folo dal - 
„ la divina fentenza, ma anche da quella della fa» 
„ pientifiima Dea fu attoluto. „ Oflervifi nell’ e» 
lempio citato , in qual maniera fi diftendono le 
prove propofte per via di efempio dall* Oratore , e 
come la forma fia totalmente difiimile da quella 
dei Dialettici , c diverfa da quella dei Filofofi . 


4^8 


Libro Quarto 

capo viir. 


Dell* Induzione . 

Se per prova non uno, raa molti efempj fi p or- 
tano, e dai medcfimi f e ne deduce genuina lacon- 
feguenza, fi argomenta allora dal luogo prelente 
detto d Induzzione. Dunque ognuno può ben com« 
prendere, che 1 Induzione non è altro, fe non un 
argomentazione, la quale da molte propofìzioni par- 
tlcolari inferi fce q uniche cofa. Credo che non vi 
fia luogo più facile : a trattarli di quello, come me- 
g io fi rileverà dagli efempj che addurrò. 

In tre maniere fi fuol far l’ Induzzione i. C on 
iar ufo degli efempj. z. delle fimilitudìni. o. dell’ 

rfavore Z d?r Come fa Cicerone 

n m , T llO , Blb0< » Sc M. CrafTo , fe 
» Q: Metello fe L. Siila, fe C. Mario, fc il 

„ Senato, fe il popolo Romano guidamente dona- 
” Tr ^ p Clttadinanza a «omini confederati : anco- 
" "n^ e ? P ? mpC r 3 tUtta ra BÌone potè dare queft’o- 
** “ 01 « a L. Cornelio uomo parimente confederato. „ 
Dalle fimilitudim, come fa Seneca nel? eplfloll 
76 . „ Non e quella una buona nave, la quale è 
” fiata dipinta di vivi colori, nè che ha il rofiro 
» d argento, o d oro, ma quella eh’ è fiabiJe.fer- 

” V- ’ Vcl ° ce ’ e che va a feconda dei venti . Non 
” chiamerai buona quella fpada, che ha il pendo- 

” "f ^ orato ’ nè 11 dl cui fodero è adorno dTpre- 

” Z e 8emme ’ ma ,^ Uel,a ’ che ha un acciaio o N 

» timo, e pronto a taglio. La Riga non foto 

” Du C n erCa ’. che fia bella, di quello che fia retta. 

” Dunque in un uomo ancora non fi cerca quanto 

” nL r l C ° ’ qU rT fap P Ìa ’ < i uanto fia riverito, e 
». timato , ma folo quanto fia buono . Dall’ 


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Della Difpq/ì^ione . 

Dall’ Enumerazione delle parti , come fe uno di- 
ceffe. „ La primavera è foggetta alle improvvife 
„ pioggie; Teliate è fervido, l’autunno è umido; 
„ l’inverno è freddofo. Dunque nluna parte deli* 
M anno è priva d’ incomodi , e di affanni . „ 

Dall’ enumerazione delle fpecie fi può formar^ 
alle volte T Induzzione , come fe uno diceffe . „ La 
„ Grammatica efige una grande diligenza, molto 
,, di fatica l’arte Oratoria, grandiflimo Audio la 
„ Poetica &c. Dunque tutte le buone arti non fi 
„ acquifiano, fe non collo Audio, attenzione, e 
,, fatica • ,, 

L’ Induzzione non folamente vale all’ argomenta- 
zione, o fia a diAendere le ragioni di qualunque 
affunto ; ma ancora all’ ornamento dell’ orazione , 
ed a renderla copiofa. Si guardi però che nonpaf- 
fi in enumerazioni troppo prdliffe , o che difordini 
ed efea dal fuo metodo, fui ritìeffo, che riufeirà 
- in queAa maniera affai faAidiofa , e per troppo pro- 
vare nulla proverà . L’ Induzzioni poi fono, ufate 
non folo dagli Oratori , ma ancora fpeffo dai Poe- 
ti , e principalmente da Ovidio , delle quali forfè 
di troppo fi compiacque . 

Due cofe, conclude il P. Decolonia nel libro 3. 
della fua Rettorica doverfi offervare nel formare 
l’ Induzzione . La prima fi è , che quelle cofe , che 
fi prendono , o fi ufano , fieno certiflime ; giacché 
le prove falfe fono quelle, che fanno perdere il 
pregio a qualunque difeorfo. La feconda fi è, che 
ciò che prendefi per confermare l’argomento colT 
Induzzione fia fimile, e corrifponda alle ragioni di 
fopra addotte. 



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24 © ' Libro Quarto 

CAPO IX. 

i 

Del D' lemma. 

Il Dilemma fi diffi lifce un’argomentazione com - 
polla di due parti contrarie fra loro ; ciafcuna del- 
le quali ferifce, e punge l’ avverfario . Qjefto da 
Cicerone vien chiamato compleffime , per contene- 
re in fe due Propofizioni , ambedue convincenti. 
Arillotele poi lo chiamò Sillogifmo cornuto, è ciò 

10 credo metaforicamente per avere due corna co- 
sì difpolle, che chi cerca di evitarne uno, incorre 
nell’altro. Ed in fatti l’iflefla voce Greca Dilem- 
ma, che al nollro Idioma chiamerebbefi forprefa 
fatta due volte, ci fa conofcere l’ eflenza , ed effi- 
cacia del medefimo. Di quello fi fa ufo per lo 
più nella Confutazione, e nel rifpondere alle ob- 
biezzioni, che fi adducono dall’ avverfario, come 
vediamo praticarfi da Cicerone nella Filippica 5., 
nell’Orazione a favore di Sello Rofcio A merino, 
ed in quali tutte le altre fue elegantiffime Orazio- 
ni . Per dare una regola per ben ufarlo ci fervire- 
mo di alcuni efempj , nei quali fi olTerverà la for- 
za di tale argomentazione, lafciando fempre in li- 
bertà dei compofitori , ed al loro artifizio il faper- 

11 ben portare, difporli , ed amplificarli. Sia que- 
lla la propofizione — ogni dolore fi deve con pa- 
zienza fopportare. — , fi proverà con quello Dilem- 
ma . „ Ogni dolore , o è grave , o è leggiero . Se 
è leggiero facilmente fi fopporterà , fe è grave po- 
co durerà. Dunque ogni dolore fi deve con pazien- 
za fopportare. „ La forza del Dilemma è ripolla 
nelle due parti contrarie grave , o leggiero . In fi - 

mil 


Della Difpo/ì^ìone . 24 1 

mil guifa potrebbefi riprendere uno chefingefi ami- 
co d’ un altro. }) O Tu ami l’amico, o li porti 
odio. Se lo ami, perchè l’offendi? Se non l’ami* 
Dunque non li fei amico . „ 11 Tempre lodevole 
Cicerone con un repentino Dilemma riprende inge- 
gnofamenfe Marco Antonio nella feconda Orazione 
così . „ Gli uccifori di Cefare o fono liberatori 
„ della patria , o parricidj . Se fono liberatori del* 
„ la patria , foltamente vengo riprefo de te d’effer 
„ fato compagno dei tnedelimi • fe parricidj , ma- 
„ la mente da te vengono nominati per farli onore. 
„ O foltamente dunque fon riprefo da tè, o ma- 
„ lamente quelli fono nominati a titolo d’onore.,. 
La regola piu giuda, che fi dà nel fare il Dilem- 
ma fi è che debba il medefimo effer giufio , non 
falfo , non Anfibologico, per non aver da foggia- 
cere ad una taccia di aver formata un argomenta- 
zione tutta favorevole agli avverfarj , e dare campo 
ai medefimi di rivolgere tutto il Dilemma contro 
lo fieffo autore, ovvero una parte del medefimo. 
Quelle fono le principali fpede di argomentazioni, 
delle quali l’ Oratore a fuo piacimento può fervirfi 
per difporre le ragioni, e prove della fua eletta 
propofizione . A quelle dette non mancano Retori 
che vi aggiungano il Crocodilo , che è una fpecie 
d’argomentazione fallace • il Sorite, che è una fpe- 
cie di Gradazione, dalla quale s’ inferi fee qualche 
cola; e l’ Epicherema , che è una fpecie d’entime- 
ma comporto di due propofizioni ridotte ad una 
fola, come fi. può vedere predò il più volte da noi 
citato P. Decolonia , io però ho filmato fuperfluo 
in quelle trattenermi , giudicando ballanti per qua* 
lun^ue Oratore le maniere di fopra efporte per in* 

Q gran* 


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I 


14-2 


L'bro Quarto 


grandire qualunque ragione. Aggiugnerò una cofa 
loia degna veramente d’ eflere confiderata , cioè che 
nel dii'porfi le prove del fuo afliwto , l’ Orazione 
crefca per eflere perfetta; ed è maflìma non folo 
del P. Serra, ma comune di tutti i Rettori. Cre- 
derà poi in vigore delle circoflanze diverfe , che fi 
riferifcono alla propofizione dell’ afliinto; che fe do- 
po d’aver introdotta una circoftanza, fe ne portaf- 
fero altre , le quali ferviflero per dare ingrandi- 
mento alla medefima circoftanza, in tal cafo non 
farebbe un far crefcere 1’ orazione, ma bensì la 
prova . 

C A P O X. 


Rifleflionl gìujle ricavate dal P. Serra / opra 
le citate argomentazioni . 

Abbiamo dato un qualche faggio della difpoli- 
zione delle prove in generale, ed aperta ai Giova- 
ni quella ftrada , che hanno infegnata tutti gli au- 
tori . Rimangono alcune opportune oftervazioni da 
farfi , le quali daranno lume maggiore a quelli , che 
bramano di arrivare a ben comporre , e quelle rac- 
colte fono dalla Rettorica famofa del P. Serra. 
Alcuni pretendono, die’ egli, d’ infegnare la Difpo- 
fizione Oratoria con infegnare il Sillogifmo ,el En- 
timema; ma intorno a quella efli s’ ingannano , per- 
chè nè l’Entimema, nè il puro Sillogifmo può da- 
re un lume capace ad inftruire un Oratore . E il 
dire ad un Giovane , che ponga in primo luo- 
go la proporzione , poi la ragione della proporzio- 
ne, indi la Conferma, poi il Ripulimento , in fi- 
ne la Condufione , non è quello infegnamento va- 


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Della Difpo/ì^jone . 


*43 


Jevole alla immediata condotta d* una propofizione, 
che appartiene ad una determinata controverfia . Al 
pili al più fervir potrebbe per la condotta d’ una 
propofizione univerfale , che vale a dire Dialettica, 
o fia Logica , ma non è regolamento capace a fer- 
vire per la condotta delle propofizioni Oratorie, 
che fono di determinata controverfia . Dunque quel 
tanto, che di lopra ci fiamo affaticati di efporre, 
potrà dirmi alcuno, è flato fuperfluo, o almeno 
non ben diretto ad iftradare li Giovani al ben com- 
porre. Rifpondo, per li Giovani forfè non inutile; 
benché il citato Autore fembri , che ciò non am- 
metta neppure per loro, dicendo francamente, che 
a nulla ferve un tal’ univerfaliflimo infegnamento , 
e fe ferve qualche cofa , ferve folamente ad impri- 
gionare le menti de’ Giovani , e fare che infilzino 
un difeorfo, che nulla ha del naturale; ferve per 
impegnarli ad inferire nelle loro compofizioni cofe, 
che nulla hanno che fare pel bifogno della caufa 
intraprefa ; in fomma ferve per impegnarli a fare 
compofizioni fientate, fanciullefche , che niente han- 
no del virile , niente del fodo . E pure fopra di s\ 
fatte forme di argomentare alcuni fondano quali 
tutta la vera Oratoria difpofizione , e fi, fanno for- 
ti con quella dcboliflima ragione, cioè che tali 
forinole fono fiate infegnate da’ Retori, non riflet- 
tendo, che non tutto quello, che viene infegnato 
dai Precettori ferve alla Pratica . Sono fenza nume- 
ro i. precetti dati dai Maeftri dell’ arte, i quali 
per quello, che concerne all’ufo, a nulla fervono 
come ho tante, e tante volte offervato nelle Ora- 
zioni di Cicerone, nelle quali moltiflimi Commen- 
tatori fi fono dati a credere di poter fvelare il ra- 

, Q. 2 zio- 



Libro Quarto 

a-incinio Tulliano coll’ andar formando dei Sillogif- 
mi , delle collezioni , e delle raziocinazioni • ma 
fi fono ingannati , perchè non avendo M. Tullio 
penfito giammai ad un modo di argomentare così 
puerile, ed inetto, è accaduto fpelfe volte, e qua- 
li fempre, che }n vece di fvelare il raziocinio Tul- 
liano , hanno folo porto in veduta un argomento 
fantaftico, capricciofo, ed alieniflimo dalla mente 
del grande Oratore . E perchè fopra di quello par- 
ticolare li preme rendere pienamente perfuafi, gli 
eruditi, adduce quell’ cfempio . Nell’orazione a fa-- 
vore di P. Quinzio . Cicerone vuol provare , che Serto 
Nevio nulla dee avere da P. Quinzio . A tenore , e fe- 
condo il regolamento fuggerito da noi, dovea Cicero- 
ne concepire il fuo argomento in quella forma --Co- 
lui , che non ricerca il credito , è fegno , f hf non è 
creditore. Ma Nevio non ha a Quinzio ricercato il 
credito '. Dunque è fegno , che non è creditore . — 
La maggior propofizione eflendo dubbia, dee Ci? 
cerone efporla , e diftenderla con la forma della 
collezione, e però per ragione dovrà addurre, che 
tale appunto egli è il cortume de’ creditori di ri- 
cercare i loro crediti. Indi dovrà confermare una 
tal ragione col parere, e fentimento di qualche 
uomo accreditato, ed autorevole. Poi ripulirla o 
con una lìmilitudine , o.con un argomento dal me- 
no al pili, ed in fine venire alla conclufione della 
rnedefima maggior propofizione. Fatro ciò -dovrà 
paffare alla minore, la quale effendo certiffima non 
dovrà lavorarla colla collezione, come la maggio- 
re, ma bensì dovrà fenz’ altro pafPare alla conclu- 
fione dell’argomento. Così appunto pare, che la 
yadino difcorrendo quelli di contrario fentimento. 

Ma 


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V 


Della Di fpu/ì^ìerf-e . 

Ma quanto in ciò li difcoftino dal vero badi il 
dire, che non fittamente non fi trova nell’ Orazio* 
ne di Cicerone un sì inetto, e del tutto infuflfiden* 
* te modo di argomentare, ma di più non fi vede 
neppure il fondamento di così fognarli. E che ciò 
fia vero nell’ accennata .argomento di Cicerone fi 
pretermette del tutto la maggior Propofizione , non 
ottante che fia propofizione dubbiale l’Oratore u- 
nicamente 11 ferma nella minore, quantunque fia- 
chiara , ed evidente * e fi pone a maneggiarla con* 
l’ artifizio di dare verifimilitudine alla eonghiettu- 
ra prefa dai non detti. Lo che efeguifee colla in- 
troduzione di quattro circottanze,e fono i. la lun- 
ghezza del tempo,- perchè Nevio flette due anni 
feguiti dal non ricercare un tal credito, i.- 1 ’ op-> 
portunità del luogo, perchè negli accennati due an- 
ni dimorò fempre collo fteflb Quinzio in quel luo- 
go fletto, ov’era il negozio della focietà, i conti, 
le lettere credenziali : q. L’ effer Nevio di profef-' 
fione Mercatante, il cui cottum-e è di effer folle-' 
cito , e diligente nel ricavare ì fuoi crediti .- 4 . 
l’ effer mercatante avaro.- dalle quali circoftanzè 
appare chiara l’ inverifimilitudine , che cottili avef-- 
fe taciuto il fuo credito per il lungo corfo di due 
anni , avendo ogni giorno comodo di farlo . L’ r-~ 
fteffò artifizio del conghietturare fi feorge in mol- 
te altre orazioni di qu etto grande Oratore; e qiue.- 
fio è quel grande artifizio, che rende ammirabile 
le Orazioni Tulliane r per far conofcere il fuo bel-- 
l’ingegno, l’acutezza della fila mente, ed in fuie 
il vero raziocinio Oratorio. All’ incontro l’argo- 
mentare fecondo la forma del Sillogi fino ff della 
collezione fa conofcere 1 » povertà , e là miferia * 

Q. 3 e la 


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■ 24 ^ Libro Quarto * 

t la ragione fi è , perchè in un sì fatto modo di 
argomentare altro non fi fcorge , nè altro appari- 
le , fe non che inettitudine , c fanciullaggine . Che 
però ella è ingiuria troppo fenfibile, che fi fa alla 
mente fublimifiima dell’eccellente Oratore, il vo- 
lere al medefimo attribuire un modo di argomen- 
tare sì mifero. Dal fin qui detto io dovrei alfolu- 
tamente concludere, non dovcrfi feguire dai prin- 
cipianti neppure quella difpofizione , che abbiamo 
noi infegnata, ma però fe diceffi quello contradirei 
a me fletto, difapproverei il metodo, che fi tiene 
per i Giovani da tutti gli ottimi Precettori , e 
fprezzerei le Regole , che fi danno quafi da tutti i 
Rettori. Oltre di che non farebbe mai poflibile, 
che i Giovani fletti imparalfero a comporre - lad- 
dove oflervando l’ordine efpofto, facilmente pale- 
ranno a conofcere , ed apprendere quel tanto , che 
conili tuifce un vero, e perfetto Oratore. Benché 
il P. Serra non efclude affatto tali formole di ar- 
gomentare , ma dice efler proprie foltanto dei Dia- 
lettici ; e qualche volta ancora degli Oratori , al- 
lora quando difcorrendo fopra foggetto fcientifico 
in genere Filofofico, ed Accademico, e fopra pro- 
pofizione attratta , ed univerfale . In tali cafi come 
che l’ Oratore non ha agio di far ufo dei veri ar- 
tifizi dell’ arte, i quali di loro natura riguardano 
propofizioni di foggetto individuo, che abbia per- 
ìona, caufa, fatto &c. ne fegue, che allora può 
farli ricorfo alle accennate formole , per avere un 
qualche indirizzo, come di fatti fe n’è fervito 
talvolta Cicerone nei fuoi libri Filofofici , come 
etto attetta nelle fue quiflioni Tufculanc al libro a. 

■ ■ - ■ • : • ' ; /. 

PAR- 




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Della Dìfpoft^jone . 2,47 

PARTE TERZA 

CAPO UNICO 

Della Confutazione . 


P T ìi volte in diverfi patti fi è fatta menzione 
del puro nome della confutazione , ora l’ ordi- 
ne noftro richiede , che di quefta formalmente par- 
liamo . La voce confutare altro non Tuona, fe non 
oppofizione. Quindi a tutta ragióne fi diffinifce u- 
na parte dell’Orazione, nella quale ribattiamo le 
ragioni degli avveriarj , che fi oppongono a qualche 
noftro detto , o fatto . Quefta , come ognuno com - 
prenderà , ha luogo dopo efler fiate addotte fortif- 
fime ragioni in prova, e comprova della noftra pro- 
pofizione. Quefta parte ancora tratta bene, e chia- 
ramente il Tempre da noi lodato P. Serra , dal qua- 
le non ci fiamo troppo difcoftati in alcune mate- 
rie, per incontrare il genio di coloro, che a ga- 
ra fanno giuftizia al di lui merito. Le maniere di 
confutare qualunque ragione , o fi a oppofizione , che 
gli avverfarj potettero fare ai noftri argomenti ,. ed 
alle noftre ragioni fono tre. L’ una è per via di 
riprenfione , l’altro per via di contenzione ■ il ter- 
zo per via di fimulazione. La riprenfione è fpecie 
di confutazione, per mezzo della quale fi moftra, 
che la propofizione deU’avverfario non è univerfal- 
mente vera , o che fecondo tutto il ♦ fuo genere è 
falfa oppure, che fecondo qualche fua parte non 
è vera . Per efempio nell’ orazione a favore di Se- 
llo Rofcio Amerino Eruzio vuol dimoftrare, che 

Q 4 Ro- 


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248 Libro Quarto 

Rofcin forte odiato dal padre, e porta per fua pro- 
va l’ averlo ii padre fempre mai tenuto in villa* 
Cicerone riprende la proporzione , e dimoftra non 
«Pere univerfalmente vero, che il mantererfi il fi. 
gliuolo in villa Ila fegno d’odio paterno. La con- 
tenzione è fpecie di confutazione, per mezzo della 
quale non fi dimoftra , -che la propofizione d^lPav- 
verlario fia faifa , ma fidamente che la noftra fia 
più probabile. Quindi il contendere non è altro, 
che dimoftrare più verifimile, e più probabile la 
noftra propofizione, che quella dell’ avvedano • e 
quefto fi fa con aggiugnere ad una ragione altre 
ragioni, ad un efempio altri elempj, come nella 
citata Orazione fa Cicerone, il quale dalle qualità 
delle pofteffioni -date a coltivare al figliuolo, ri- 
pende la propofizione dell’ avvei fario , e fa vede- 
re, che l’averlo deftinato alla coltura de’ campi 
non fu per odio, ma per amore. Ad una tal con- 
gettura altre ne aggiugne prefe dall’amore del 
padre, il quale mentre era in vita lafciava al fuo 
figliuolo libere le rendite di alcune pofteflioni , e 
prefe dal coftume , che in quei tempi co; reva , men- 
tre i padri di famiglia erano Coliti d’ impiegar nel- 
] agricoltura i figliuoli loro più amati* e quefto 
chiamali contendere, perchè è un far vedere più. 
verifimile, che Sello Rofcio fofle amato dal padre 
che odiato, come -pretendeva di provare l’avverfa- 
rio. La diflimulazione è fpecie di confutazione r 
per mezzo della quale nè fi eontende,che unapro- 
pofizione fia più verifimile dell’ altra, nè fi ripren- 
de, che la propofizione dell’ avverfario non fia uni- 
verfalmente vera; ma fi dilfimula, fi sfugge, fi 
lcanfa la difficoltà , e di quello terzo modo di con-,* 
-v. *. futa- 



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Della Difpo/i^'one . I4p 

futare fe ne fervi Giovanni Fabio Vefcóvo Vienne- 
fe , al quale promolfa dagli Anabatifli quella diffi- 
coltà, dove gli Apoftoli avellerò battezzati i fan- 
ciulli, egli invece di rifpondere alle difficoltà, ne 
propofe un altra ; ma le maniere di sfuggire la dif- 
ficoltà, e gli argomenti degli avverfarj fono fenza 
numero, e giudichiamo, che 1* invenzione di elfi 
dipenda dal giudizio dell’ Oratore, che da’ luoghi 
additati a quello propofito da varj Retori, e pe- 
rò tralafciamo di qui trafcriverli . ' Avvertefi inol- 
tre , che febbene non polfa chiamarli vera confuta- 
zione quella, nella quale non fi difcioglie la diffi- . 
coltà , ma fi difiimula : con tutto ciò farà mai 
fempre da perfetto Oratore il faperla sfuggire maf- 
fimam^nte quando o la difficoltà lo doveue far da- 
re nell’ acutezze, e nelle fofillichezze , o quando 
folfe infolubile di fua natura , perchè 1* Oratore ha 
da cercare di vincere gli Uditori in tutte le ma- 
niere, in cui è polfibile di riportare vittoria, e 
giacché non fi può riportar vittoria d’ un argomen- 
to , che non fi può fciorre collo difcioglimento rea- 
le, fi ha da cercare di riportarla collo fcioglimen- . 
to apparente quale è quello appunto di diffimular- 
la, e dello sfuggirla. Così la difcorre il nollro P. 
Serra. Oltre ai fin qui fpiegati artifizj di confuta- 
re, i Retori ne infegnano un altro, e confifle in 
ifciorre tutte le oppofizioni ricorrendo alla divifio- 
ne , la quale mette fubito fotto gli occhj , quale 
delle due parti lia vera , quale falfa , quale verifi- 
mile, quale piò verifimile. Di piò fc l’ avversario 
adducete molti efempli in fuo favore, per ifciorli 
lì può ricorrere allo Hello artifizio del diftinguere, 
e dire, o che quegli efempli non fono limili alla 

no? . 


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150 Libro Quarto 

noftra propofizione , o che fe fono fimili, fi deb- 
bano riferire ad altri tempi, e circoftanze, talché 
fi conofca la differenza degli efempli addotti dagli 
avverfari , e la noftra propofizione . Con quello i- 
fteflò artifizio fi difciolgono tutte le fallacie , le 
quali contengono in fe qualche equivocazione , la 
quale per Io pili fi difeioglie col diftinguere i fi- 
gnificati divedi , che può avere la voce . 

Sarà ancora cofa molto utile il far ufo nella con- 
futazione dei motti , fiali , e facezie , ancorché fi 
trattino cofe ferie , le quali fe fono moderate , e 
ne degenerino in vizio alcuno, non può abbaftanza 
fpiegarfi con parole , quanto fieno di giovamento 
alla caufa di cui trattali, e quanta allegrezza nel 
tempo fteffo cagionino negli animi degli Uditori . 
Maravigliofo fu in quello genere Cicerone , il qua- 
le di gran lunga fuperò tutti gli Oratori nel frez- 
zare , e frapporre motti pungerti , e fentenziofi , 
giacché 1’ arguzia , al dire di Supenfio , non è altro, 
le non un breve detto , che forprende , ed arreca 
ammirazione mediante una certa apparenza di no- 
vità, che feco porta l’arte, che usò il noftro Tul- 
lio in far quello , meglio fi farebbe potuta cono- 
feere, fe dal fatto perverfo dei tempi non ci fof- 
fero flati rapiti i tre libri de’ motti , raccolti da 
Quinto fuo Fratello, e da Tirone liberto ■ con tut- 
to ciò in alcune fue Orazioni troveremo qualche 
palio dal medefimo con fimile leggiadria efeguito . 
E primieramente nell’ Orazione a favore di Sefto 
Rofcio Amerino ironicamente così ferifee l’accufa- 
tore Eruzio. „ Ti prego, o Eruzio, a prendere 
,, tutto quello in buona parte* poiché io ti parlo 
„ non per riprenderti , ma per ammonirti . Se la 

„ for- 


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1 > 


Della Dlfpofì^tone . • 2$I 

forte non ti concede, che tu nafcefli da un Pa- 
,, dre certo, dal che potrefti ben comprendere qual 
„ animo dovrefti avere verfo i Liberi , la natura ■ 

,, al certo ti ha dato , di non avere poca umani- 
„ tà . „ Ed un faggio Oratore nel difciogliere un 
obbiezione fattali dal fuo Avverfario • cosi inco- 
minciò a rifpondere . „ Da quelle tue ragioni m’ap- 
pello alla tua cofcienza &c. „ Quanta forza abbia 
la confutazione ognuno l’intende- quant’ artifizio 
però fi richiegga nell’ efegui ria non tutti lo fanno, 
onde da quelli , ed altri precetti , e con le dovute 
olfervazioni , che fi poffono fare in tutte le ora- 
zioni fi potrà il medefimo con fomma facilità ap- 
prendere . 

PARTE QUARTA 

DELLA PERORAZIONE . 

L A Perorazione, ovvero Epilogo è l’ultima parte 
dell’ Orazione e quella , di cui ci rella a par- 
lare . Al dir d’ Arillotele quella è di quattro forti « 

L’una è difporre l’ Uditore a fentir bene di noi, 
e male degli avverfari . L’altra accrefcere , e dimi- 
nuire il fatto. La terza muovere affetto agli Afcol- 
tanti^e l’ultima rinfrefcar la memoria di quel che 
fi è detto. Il P. Serra nel cap. 5. del toni. 1. del- 
la fua Rettorica dice, elfere due le parti della Pe- 
rorazione • la prima delle quali chiamafi Enume- 
razione , o fia Replicazione de’ capi principali del- 
ia divifione delle prove, delle confutazioni, che 
fparfe trovanfi per tutta l’ Orazione .* e l’ altra chia- 
mafi 

I 


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2,51 Libro Quarto 

mafi movimento d’ arFetti . Quella divifione ammet- 
te ancora il P. Decolonia nel Lb. 3. al cap. 4. , e 
quafi rutti i Retori • onde dell’ una, e dell’ altra 
parte noi parleremo, e più diffulamente della mo- 
zione \i’ affetti . 

CAPO PRIMO. 

v 

Dell' Enumerazione , che è la prima parte della 
Perorazione . 

L’enumerazione non è altro, che una recapi tu-- 
lazione, che fi fa di quelle cofe principali, che fi 
fono diffufamente dette in tutto il corpo dell’ O- 
razione. Quella parte tanto dagli Oratori, come 
dai Poeti , di cui ancora ne fanno debito ufo , chia- 
mati epilogo. Le regole, che fi danno nel prati- 
caria fono due. La prima , ‘che di sfuggita fi ri- 
petano quelle cofe , che danno maggior rifalto a 
tutta la caufa , di cui trattali , e le quali uno de- 
filerà , che fieno impreffe maggiormente negli ani- 
mi degli Uditori . Che fe volefle a minuto ripete- 
re il tutto r non chiamerebbefi più, come dice fa- 
P erora zione , ma un altra nuova Orazione . 

S imiteranno dunque , dice il Cavalcanti , quegl* 
indullriofi Pittori , i quali con grandiflimo artifi- 
zio raccolgano cofe grandi , e che prima molto e- 
rano diffufe in picciola tela . La feconda , che a quel - 
le cofe, che di nuovo fi efpongono, le fi dia un 
nuovo afpetto, e gravità con adornarle di nuove 
Figure , e fentenze . Infiniti efempj fi potrebbero 
qui addurre , e fu di quelli fare le dovute offerva- 
zioni. A noi balla di qui porne uno , trafcelto dal- 

le 


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Della D'fpo/t^jone . 253 

le profe d’ Arcadia, e dal difcorfo detto nell’ A- 
dunanza della Colonia Renia fui colle di S. Ono- 
frio per l’annua Accademia in onore di S. Filip- 
po Neri nell’anno 1737. il dì 2. Giugno. „ Òr 
„ dov’ è mai, o Sommi Patriarchi, o veggenti 
„ Profeti, dove o cafliflimi Vergini, e voi,o fan- 
,, ti Abitatori di Alvernia,di Camaldoli , di Val- 
„ lombrofa; dove, o Apoftoli, o Martiri genero- 
„ fi, dove è, dite, che sì larga, e doviziofa pie- 
„ na d’ amor divino innondale , che non pure ogni 
„ fpirituale , ed invifìbile potenza dell’anima, ma 
„ ogni fenfo materiale , e corporeo , ogni membro, 
„ ogni fibra ad alta v~cc , fino agli Cflremi av'an- 
„ zi del viver fuo fi dichiarale : To amo , io a- 
„ mo ? Ne quello lolo , ma colla fua fleffa prefen- 
„ za, o vicinanza sì in vita , che dopo morte, an- 
„ che ad altrui l’amorofa virtù benefica comuni - 
„ caffè ? Il qual fecondiffimo effetto ( per toccare 
„ finalmente quel fcgno , che io fin da principio 
,, propofimi ) dee per mio avvifo fopra d’ognial- 
„ fro riempiere l’Arcadia nollra non tanto di am- 
„ mirazione , e di rifpetto , quanto di giubbilo , e 
„ di fperanza : che ficcome il converfar conFilip- 1 - 
„ po , f elfere accolto fra le fue braccia , l’ avvici - 

„ narfegli al petto , I’ udirlo , il vederlo Che 

„ dilli il vederlo ? Anzi il folo mirare la fua fem- 
„ bianza , o fculta in bronzo, o in marmo, o in. 

„ tele dipintalo in carte effigiata.* il folo acco» 1 
„ llarfi alla fua tomba valfe un tempo a trasfon- 
,, dere in moltje anime 1’ attivi ffimo fuoco della’- 
,, fua carità verfo Dio; così il penfar ora affai 
„ fpeffo , e ragionare di lui , il magnificare can- 
3 , tando i fuoi pregj , o l’ inciderli fui tronchi di t 

.» c0 ; 


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154 Libro Quarto 

„ cotefti alberi, vaglia un giorno a rifcaldarne • 
„ ed oh valeffe pur anche ad ardere, e confumar* 
„ ne i pii , e folleciti lodatori del fuo gran no- 
„ me ! Il perchè non fa meftieri , ficcome io pen- 
„ fo , virtuofi , e cari Pallori , che pili oltre fa- 
„ vellando , a quello vi fproni , a che pieni di si 
„ bella fiducia , vi fcorgo abbaftanza per voi me- 
j, defimi infiammati , all’ ufato foaviffimo fuono 
„ delle voftre armoniche cetre, le quali anzi in 
„ certa guifa mi affrettano , e par che chiedano 
„ che ornai dia loro quel loco, cui mi è £rave 
„ di aver forfè foverchio , e non lenza voftro , cd 
„ altrui pena occupato. Ho detto. 

Il modo , e la forma , con cui fi può variare 
l’enumerazione viene attegnata dal P. Serra , il qua- 
le dice quante effere le figure, altrettante efier le 
maniere, con cui variar fi poffono le parti della 
medcfima . Ariftotile però cinque fole ne affegna , 
per mezzo delle quali fi può fare la replicazione 
della divifione delle prove, e delle confutazioni 
principali dell’ Orazione . La prima confitte nel 
replicare i capi, nei quali fu divifa la propofizio- 
ne prefa per attiinto , dicendo ad imitazione di Ci- 
cerone nell’Orazione a favore di Quinzio d’ aver 
adempito quel tanto, che avea promefTo di prova- 
re. La feconda forma confitte nel dire di aver pro- 
vato ciò che fu da lui prometto , non con forma 
femplice, come la prima, ma con fauna un poco 
più figurata, facendo comparazione fra quelle eo- 
fe , le quali l’Oratore ha dette, e quelllc, che ha 
dette rAvverfario, ad efempio di Cicerone nell* 
Orazione a favore di Setto Rofcio A merino.,, Tu 
» die egli , non hai potuto dimoftrare , che Setto 


t 


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Della Dìfpojtxjonel 255 

„ Rofcio abbia uccifo il Padre , ed io ho dimottrafo 
,, a te, che non {blamente non 1’ ha uccifo, ma 
,, anche l’ha potuto uccidere’ tu non hai appor- 
„ tata alcuna ragione, io ti ho convinto &c. ,, 
La terza forma confitte nell’ ironia ripigliando le 
ragioni dell’ avverfario con moftrare ftima, e le 
proprie con farne poco conto avvertendo però l’O- 
ratore , allorché fi prevale di quefta forma , di ri- 
metterli nella verità del fatto, e chiudere poi l’O- 
razione, replicando con celerità, eh’ egli ha con- 
vinti gli avverfarj , che le fue ragioni ìono ftabili . 
Cicerone fi ferve della forma d’ Ironia per fare 
l’epilogo della feconda Orazione per la Legge A- 
graria contro Rullo . La quarta forma confitte nell* 
interrogazione , e può farfi in tre modi , o repli- 
care in perfona propria , come farebbe ,, che cofa 
ho io provato ? È che cofa ha provato coftui ? &c. 
O replicare in perfona degli Uditori , come fareb- 
be „ che dirette fe avette voi provato & c. Omet- 
tere la replicazione in bocca di cofe inanimate , in- 
troducendole a replicare il difeorfo. „ Per efem- 
pio, fe le leggi parlaflero, fe quetta Città potette 
difeorrere, direbbe &c. ,, L’ultima forma, che ri- 
guarda la chiufa dell’Epilogo confitte nel dire fen- 
za unione di copule , affinchè l’Uditore fi avvegga, 
che l’ Orazione è terminata , come quando 1 * Ora- 
tore ripiglia con dire, per efempio „ ho detto, 
uditte, avete la caufa in mano, giudicate &c. 

Il P. Serra nella fua Rettorica chiaramente atte* 
gna f artifizio di ttendere in maniera Oratoria la 
Perorazione, e dice, che quefto confitte nell’ allon- 
tanarti dalle forme aperte d’ infegnare d’ inferire con 
illazione manifetta, e nel fcrvirfi di forme di dire 

cfa« 


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t$6 


Libro Quarto 


efagerative, con cui in niun conto fi moflri, o 
d’infegnare, o di provare, ma precifamente o d’in- 
grandire , o di appiccolire la cofa provata , lafcian- 
do nell’ efpofizione , quanto più Ha poflibile , le par- 
ticelle copulative , ma fervendoli di forme conci- 
tate, e veementi, adornando quella parte con va- 
ghe fentenze, le quali fono molto atte a muovere 
gli affetti. Un efempio di Cicerone riportato co- 
sì verbalmente ancor dal noflro P. Serra valevole 
farà a comprendere quell’ ultimo artifizio, degno 
di un ottimo Oratore. Nell’Orazione a favor di 
Milone dopo d’ aver provata la fua propofizione , 
cioè che Clodio fu giullamente uccifo dallo fleffo 
Milone, perchè infidiatore, perchè nemico della 
Repubblica , alla fine entra nella Perorazione , la 
quale cosi artifiziofamente dal medefimo vien trat- 
tata . Loda primieramente la fortezza , o fia gran- 
dezza d’animo di Milone, e dice, che in quello 
fatto Milone non vuol elfere compallionato , che 
nel comune pianto di tutti non ha verfato una la- 
grima &c. , e con una fimilifudine fa vedere, che 
elfendo ordinario coflume ufar compaffione verfo 
gente volgare , allorché la ricercano , quanto più 
fi dee ciò praticare verfo i valorofiffimi Cittadini . 
Segue di poi a lodare Milone dall’ amorevolezza , 
e fedeltà alla patria ferbata , e fuoi Cittadini, ed 
amplifica i benefizj da Milone compartiti ed alla 
Repubblica, al Senato, ed ai Cavalieri, e fin allo 
fleffo Cicerone. Affezionati così, e eommolTi gli 
animi de’ Giudici verfo Milone, entra dipoi nell* 
affezionarli ancora verfo fe ftefio , e primo dall* 
amorevolezza , addimoflrandofi grandemente affe- 
zionati a Milone , poi dalla gratitudine palefan- 


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Della Di/po/ì^tone . 257 

fandofi ricordevole de’ fingolari benefizj da’ Giudici al- 
tre volte ricevuti, e vedendo le Tue parole d’ incredibile 
tenerezza verfo l’ amico difefo , gli eccita grande- 
mente alla mifericordia . Indi amplifica la fua gra- 
titudine ufata verfo Milone, e rivolto ai Giudici 
li prega a voler con falvar Milone , accrefcer i 
benefizj , che a lui hanno fatto. Torna a lodar Mi- 
lone dalla fortezza , dicendo , che quello non fi muo- 
ve per le fue lacrime, che è circondato da un in- 
credibile fortezza di animo , e fermandoli nelle di 
lui lodi , chiama i Centurioni , ed i Soldati , poi 
amplifica i benefizj ricevuti da Milone, accompa- 
gnando una tale amplificazione coll’ efpreffione d’ un 
fommo timore di non poter in quella contingenza 
mollrarfi grato a tanto fuo benefattore , e per fcm - 
pre più muovere i Giudici a mifericordia, ampli- 
fica ancora i benefizj da lui fatti alla Repubblica, 
allorquando fcopri la congiura di Catilina . Profe- 
guendo l’ efagerazione dice, che prima di veder e- 
filiato Milone, egli avrebbe defiderato piuttofto , 
che Clodio folfe vivo ■ e perchè quello defiderio è 
fcellerato per la patria , fa che Milone dica , che 
anzi è meglio , che colui abbia ricevuta la merita- 
ta pena , cioè la morte , ancorché egli fia per ri- 
cevere pena non dovuta . Nella qual cofa difcopre 
non tanto 1 ’ amore , eh’ egli portava a Milone , 
quanto la fortezza dello Hello Milone in foffrire 
un non meritato efilio . Finalmente pafla ai con- 
feguenti , dìmo'lrando, che cofa feguirà, fe Milo- 
ne non farà richiamato dall’ efilio * e dice, che fe- 
guirà, che fia beata, e felice la terra, che lo ri- 
ceverà , ingrata , ed infelice la patria , che lo dif- 
caccierà^ e chiude la perorazione con parole tali, 

R . che 


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I 


ijS Libro Quarto 

*he hanno forza di rapprefentare vivamente la prò- 
pofizione di aflfunto, la qual cofa è pur da notar- 
li in tutta la perorazione, dove Tullio va Tempre 
tramezzando cofe, che non tanto fono valevoli a 
diiporre i Giudici verfo di fe , e a muovere gli 
affetti , ma ancora hanno- forza di rapprefentare la 
propofizione prefa per aflcnto. 

E’ da notarfi pria di chiudere quello capo, che 
gli Oratori fogliono fare l’enumerazione, o fia re- 
plicazione non folo nel fine dell’Orazione, ma tal- 
volta dopo ogni punto. Nelle Orazioni brevi non 
è necelfario, e rè anche nelle Orazioni lunghe del 
genere dimoftrativo, nelle quali le cofe fi trattano 
per lo più a pompa di femplice diletto , per la qual 
ragione fi lafcia in tutto , e per tuttola Perorazio- 
ne. Al contrario nelle Orazioni del genere delibe- 
rativo, e Giudiziale gli Oratori fi fervono della 
Perorazione. Quello fia quel tanto, che abbiamo 
ricavato dai moderni Autori , e qui pollo ad uti- 
le dei Giovani, acciò pollino formare ottimamen- 
te l’Epilogo. Palliamo alla mozione degli affetti. 

CAPO II. 

Della commozione degli affetti in genere . 

Gli affetti, che con altro nome palfioni fi chia- 
mano , e perturbazioni , fono quelle , la quali cau- 
fando in noi una certa mozione, fanno sì, che 
delle medcfime cofe diverfamente giudichiamo, ed 
alle quali feguita piacere, o difpiacere. Così Bar- 
tolommeo Cavalcanti. Il P. Serra poi nel- tom i. 
della fua Rettorica pag. ioo. trattando della mo- 
zione 


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Della Dìfpo/l^jone . 

zione degli affetti diffinifce l’affezione una mozio- 
ne dell’animo, che appetifce, cagionata dall’ ap- 
prenfione di qualche bene, o di qualche male, in 
una parola l’affezione è un movimento dell’ appe- 
tito inferiore . E di qui fi conofce , che l’ Oratore 
non avrebbe a fervirfi dell’Arte del muovere gli 
affetti , fe gli Uditori foffero fubito portati ad ef- 
fere perfuafi dalla ragione, ma poiché f'uccede,che 
la volontà loro fia per lo piìi tarda , e non pron- 
tamente diafi per vinta - per quello motivo 1* O- 
ratore ricorrd all’ affezione , per mezzo della quale 
refiino con piacere perfuafi della ragione . L’ ogget- 
to poi movente l’ affetto altro non è, fe non che 
l’ apprenfione o del bene , o del male . Per muove- 
re gli affetti fi fa ufo dell’ Amplificazione; giac- 
ché quella fin da bel principio fi deffinì una mol- 
to veemente, e grave affermazione di qualche co- 
fa molto atta a conciliarli gli animi degli Uditori. 
Moltiflimi fono i luoghi, che infegnano a muove- 
re gli affetti. Li Stoici non ne ammettono , fe non 
che quattro; cioè due, che riguardano il bene, e 
fono la fperanza , e l’ allegrezza ; e due che riguar- 
dano il male , cioè la triflezza , ed il timore . I 
Filofofi poi ne ammettono di più ; i principa- 
li de’ quali noi anderemo brevemente confiderando . 

CAPO III. 

De ’ luoghi In fpecle che fervono ■ per muovere gh 
affetti e 1. Dell'Ira . 

\ \ • * 

L’ira fi diffinifce un defiderio con dolore di fa* 
re vendetta, che apparifca tale, ed abbia fembian» 
R 2 za 


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i Ì Ì I I I 


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zòo Libro Quarto 

za di vendetta , per cagione di cofa , che paja , che 
fia in vilipendio noftro, o di qualcuno caro a noi 
ed a torto. Onde fi può comprendere che 1 ’ ira fi 
muove contra d’una particolar perfona,o per qual- 
che cofa, ch’ella abbia fatto, o folfe per fare con- 
tro di noi , o perfone care a noi , nella quale ap- 
parila vilipendio -e benché l’ira Ha congiunta con 
dolore, feguita nondimeno a quella qualche piace- 
re sì per la fperanza della vendetta, la quale ci 
• diletta , sì ancora perchè egli tiene il penfiero fìf- 
fo in fare vendetta , e tale immaginazione a guifa 
di quella dei fogni lo diletta • onde Omero dice , 
che l’ira difilla nei petti noftri più dolcezza del 
mele. Da quella diffinizione fi ricava, che l’og- 
getto movente l’ ira fia la negligenza . Di quella 
negligenza tre fono le fpecie,come dice il P. Ser- 
ra. i. difpregio. z. violenza. 3. contumelia . L’ ar- 
tifizio poi di muovere ad ira confifte nell’ ampli- 
ficare una di quelle fpecie, cioè, o il difpregio, 
o la violenza, o la contumelia -e l’ artifizio d’am- 
plificare quella fpecie di negligenza confifte in dar 
grandezza colle circoflanze delle perfotìe agenti , e 
pazienti , e colle circoflanze del fatto ifteflo , cioè 
della fletta negligenza . Un modo di muover 1’ ira 
ci addita il Cavalcanti nel lib. 4. della fuaRettor. 
con quello efempio . Se noi volelfimo , die’ egli , ac- 
cendere l’ira in qualcuno per cagione v. g. di qual- 
che difpetto fattoli , tenteremmo di dettare, di con- 
fermare, di accrefcere in lui defiderio, e pafiione 
circa quella cofa , nella quale 1’ altro gli impedi- 
sce ■ potraffi ancora dimoftrare con quanto poco 
rifpetto l’altro opera contro di lui, o favorendo 
quello, ch’egli disfjjvorifce , o difendendo quello,. 

ch’e- 


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bella bìfpofi^joné i 

ch’egli impugna, a attraverfartddi in qualche mo- 
do i difegni Tuoi , ed opponendoli alle lue deter- 
minazioni.- dimoftteremo ancora, quanto Te li dif- 
dica fare tal cofa, o come pcrfona obbligata per 
benefizj ricevuti da lui , a da qualcuno de’ fuoi , o 
come ad amico, o inferiore, o di poca riputazio- 
ne, e vile, o d altra condizione a ciò appartenen - 
te , aggiungendovi ancora le circoftanze dei luoghi, 
de’ tempi &c. ,e così procedendo cammineraflì per 
la via , che Arrotile dimoftra di concitare 1’ ira 
nei petti umani , 

CAPÒ IV, 

bella Piaievoleyga t 

t di fopra, che l’ira è caufa ti dal vilipen- 
dio, il qual vilipendio, fenz’ alcun dubbio è cofa, 
la quale noi fpontailea niente facciamo. Laonde fi 
può affermare, che dove non interveniffero atti di 
tale natura ; mancherebbe la cagione dell* ira - E’ 
manifefto altresì, che gli Uomini fi mitigano, e 
fi rendono manfueti' verfo di quegli , i quali non 
hanno vilipefo in modo alcuno, oppure fe hanno 
fatta un azione, mediante la quale foffero fiati vi- 
lipefì non volontariamente, e fpontanearnerite • ne 
con penfiero di offendere* Per li qual cofa a Slit- 
ta ragione da Ariftotile fi diffinifce quella piace- 
volezza , o lenità , o fia ammorbidamerito una de- 
pofizione di fdegno;dalla quale definizione foggiu- 
gne il nofiro P, Serra fi ricava, che f oggetto mo- 
ve/ 1 * 6 la piacevolezza confifte rtell’ occultare la ne- 
gligenza , eh’ è quanto dire nell’ afeondere il difpre- 

R 3 gio, 


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lóz Libro Quarto 

gio, ed ogni fpecie del medefimo, cioè la violen- 
za, la contumelia & c. , perchè dovendoli fedare 
l’ira di qualcuno convien, che fi rapprefenti T og- 
getto dell’ ira con qualche fcufa , la quale tolga 
all’azione l’apparenza del difpregio, e della contu- 
melia. L’ artifizio di quello luogo confille I. nel- 
la confefiione d’aver fatto male. i. nel pentimen- 
to. 3. nella dimoflrazione di liima. 4. nel'dimo- 
flrarfi umile , ed olfequiofo , e finalmente in altre 
circollanze atte a fcufare il difpregio , e far cono- 
fcere, che non fu volontario. Tutto quello artifi- 
ciofamente efeguì Cicerone nell’ Orazione a favore 
di Q; Tigario, dove mitiga l’ira di Cefare, fcu- 
fando l’azione di Ligario, ed introducendo altre 
circofianze tutte intente a placare l’animo irato di 
Cefare. L’ ifleffo efercita nell’ azione a favor di 
Marco Marcello. 

CAPO V. 

Della Benevolenza , ed %Am teista . 

Amare altro non è, che un defiderare ad altrui 
quello , che noi llimiamo elfer bene per rifpetto 
di lui , e non di noi ftefli • ed adoperati a poter 
noflro a procacciarglielo . Ho detto quello , che 
noi Jlimlamo effer bene , perchè non fempre accade , 
che fi defideri alla perfona il vero bene , dove in 
realtà non è . Arillotile poi infegna quali fieno le 
perfone , che fi amano , e con ciò viene a dichia- 
rare quale fia l’oggetto dell’amore, e dice che fi 
amano 1. coloro, che fi beneficano, z. i liberali. 
3. i giufli . 4. i coftumati, e dotti, 5. i piacevo- 


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Della Difpojt flotte . 2 63 

li • 6 . le perfone , che fono grate . 7. che fono no» 
Uri veri amici rifpettofi . 8. quelli che fono fedeli, 
e capaci di porgere ajuto nelle calamità, e nei pe- 
ricoli . Finalmente il medefimo Annotile reftrin- 
ge tutti i motivi dell’amore ad un folo, il quale 
è veramente cagione dell’amicizia, e quello è il 
benefizio. L’ artifizio per muovere gli Uditori ad 
amare un benefattore confile nell’ elporre i fuoi 
benefizj , amplificandoli dalle circoftanze delle per- 
fone del beneficante, e del beneficato. Nel benefi- 
cante, dice il P. Serra, le circoftanze, che polfo- 
no accrefcere grandezza al benefizio fono 1. la pron- 
tezza. 2. il modo. 3. l’amore. 4. l’allegrezza . 5. 
il piacere, con cui ha compartito il benefizio. Nel 
beneficato le circoftanze, che poflono dar grandez- 
za al Jjenefizio fono tutti i confeguenti fortunati , 
che per tal cagione li fono addivenuti . 1. fe era 
mifero, ed è divenuto felice, e ricco. 2. fe aveva 
famiglia povera, ed ora è doviziofa.3. fe eramo- 
leftato da debiti , ed ora è libero . Con ingrandire 
quelle, ed altre circoftanze li tratterà quello luogo, 
come ancora fi potrà dimoftrare, che quella perfo- 
na merita d’eflere amata attefe le fue rare virtù, 
animo cortefe, maniera obbligante &c. 

CAPO VI. 

Dell * Odio . 

All’ amore evvi contrario l’odio; ed avendo noi 
dimoftrato quali perfone, e per quali cagioni noi 
fogliamo amare, reftaci a vedere in qual maniera 
fi generi in noi l’ odio , quali perfone fogliamo o- 

R 4 diare, 


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26 \ Libro Quarto 

diare, e per quale motivo. Ha l’odio origine daf- 
l’ira, dal difpetto, dalle calunnie, e beni hè l’ira 
generi l’odio, in molte cole però fono l’ira, e 
l’odio differenti tra loro. Poiché l’ira nafee da 
cofe, le quali a noi,' o ai noflri riguardano • l’o- 
dio però è generato anche da cofe , che in modo 
alcuno non ci appartengono. Aggiungaci, che l’ir» 
fi muove contro i perticolari • l’ odio non folamen- 
te contro i particolari, ma contro gli univerfdi 
ancora, come contro a certe perfone , le quali fo- 
ro difpregiatori di Dio, fuperbi , invidiofi , violen- 
ti , dilpettofi , tiranni, viziofi . L’ira è fanata dal 
tempo* l’odio è fpento dal tempo. E ficcome il 
vero amore nafee, come abbiamo veduto dal be- 
nefizio • così l’odio, come al medefimo contrario, 
$onvien dire nafea dal malefizio . Qucfto non è 
mai lecito portarli alle perfone, benché fieno* mal- 
vagie , infidiatrici , e perverte • ma folo ai loro vi- 
zj, ed iniquità* così fi odiano i Tiranni , cioè nei 
Tiranni non le perfone, ma tutto il genere della 
crudeltà. L’ artifizio poi di muovere quella paffio- 
ne, per cagione d’efempio contro di un Ladro con- 
fitte ip dar grandezza al fatto colle circoftanze del- 
la perfona, che rubbò, e della perfona, a cui ru- 
bò. Dalle circoftanze perfonali di colui, che ru- 
bò I. fe è folito rubare. 2. fe ha indotti altri. 
3. fe ha avuto ardire di rubare in luoghi pubbli- 
ci . 4. fe nei luoghi fa cri . 5. fe fopra gli altari. 
Poi dalle circoftanze perfonali di colui a cui ru- 
bò». 1. fe uomo liberale. 2. fe benefico. 3. fe a- 
mico de’ poveri. 4. fe la cofa rubata era de’ po- 
veri . f. fe era quivi data in cuftodia* e da fimi- 
li circoftanze crefcerà la malizia, l’ empietà , l’ or- 
» ridez- 


I 


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✓ 

Della Dlfpo/ìxjone « a, <5 5 

ridezza del fatto; e ciò farà, che gli Uditori fi 
muoveranno con più veemenza ad odio contro del 
ladro. Dalle Verrine di Cicerone fi può offervare, 
come fi ecciti l’odio de’ Giudici contro il perver- 
fo "Verre. 

CAPO VII. .4 

Del timore. 

Tl timore è una perturbazione d* animo caufata 
dall’immaginazione di un male futuro, che fia per 
diftruggerci, o per portarci dolore. I mali molto 
lontani per lo più non fi temono ; locchè fi può 
conofcere col confiderai, che quantunque ciafcuno 
fappia d’avere a morire, non perciò piglia di ciò 
penfiero, o timore alcuno, perchè non li pare che 
la morte li fia vicina. Per muovere gli Uditori 
a timore conviene efporre qualche fatto, in cui 
apparifca, che la perfona defcritta può togliere a« 
gli Uditori le cofe da loro amate , e defi derate , 
come farebbe , che può cagionar loro la morte , o 
qualche graviflima moleftia, che già di quelle co- 
fe fa precedere i fegni &c. come farebbero gli uo- 
mini potenti, fuperbi , ingiufti &c. L’ artifizio poi 
per muovere gli Uditori a timore, dee confiftere 
nel dar grandezza alla potenza della perfona, che ^ 
può cagionarci qualche gran male con toglierci le 
cofe da noi amate, e defiderate, nel rapprefentar- 
la irata. 2. nell’ efporre, che in niun modo, o 
difficilmente fi può riparare al colpo di lei. 5. 
nell’ efporre, che già fa precedere i fegni. Se poi 
il timore vuol cagionarfi più veemente, allora fi 

può 


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2 6 6 Libro Quarto 

può dar grandezza al bene, che ci può togliere , 
amplificando quel bene dalla qualità del nnfiro a- 
’ more, e del nollro defiderio, perchè quanto piu un 
bene fi ama, tanto più fi teme quella perfona,che 

10 può togliere -e quanto più ella ci potrà toglie- 
re molti beni, tanto più Tempre moverà timore* 
onde fi potrà rapprefentare , i . che ella ò irata . z. 
che fa precedere i fegni dell’ ira fua , e veggendnfi 

11 male come prefente, tanto più fi temerà laper- 
fona, che lo può cagionare. Veggafi il libro fe- 
condo contro Cajo Verre, ed offervifi come Cice- 
rone efeguifce quell’ artifizio , eccitando ne’ Giudici 
il timore di poter clfere fpogliato della podellà Giu- 
diziaria . 

capo vnr. 

Velia Confidenza. 

Al timore fi oppone la confidenza, perchè fic- 
come il timore fi eccita dimofirando , che manca- 
no que’ mezzi , pe’ quali uno potrebbe riparare il 
male ; così la confidenza fi eccita dimofirando , che 
vi fono que’ mezzi , pe’ quali uno realmente p.;ò 
tenere da fe lontano il male minacciato. Quello fi 
diflinifce una fperanza , che nafce dall’ immaginarli, 
che le cofe, che ci poffòno dar falute,ci fieno vi- 
cine: e quelle, che ci debbono fpaventare fieno 
lontane da noi . L’ oggetto della confidenza altra 
cofa non è fe non che un qualche mezzo prò {fimo, 
il quale fia atto a fare, che fi polfa refifiere alla 
potenza di coloro, che poflono far terrore, ed ap- 
portare mali graviflimi . L’ artifuip per muovere a 

con- 


/• 


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1 


Della Dtfpofizjone . 16 j 

confidenza con fi (le nel dar grandezza a quel mez- 
zo proflimo falutare, per cui polliamo sfuggire le 
calamità , che ci fovraftano , efaminando , fe il mez- 
zo ritrovato 1. è facile, a. è pronto. 3. proflimo. 
4. valevole a tenere lontano ciò, che ci reca ter- 
rore , come gli amici , i compagni , i figliuoli , i 
parenti , le armi , e 1* artifizio di muoverla con vee- 
menza ha da confiftere nel dar grandezza al mezzo 
facile ritrovato colle circoftanze delle perfone , dan- 
do grandezza I. all’amicizia. 2. alla parentela. 3. 
alla compagnia. 4. alla ricchezza. 5. all’ armi, 
ovvero diminuendo I. la potenza. 2. l’amicizia. 
3. la ricchezza. 4. la compagnia di colui, eh’ è 
tenuto. Si può anche eccitare quefta paflione, di- 
moftrando, che abbiamo in noftro potere qualche 
mezzo forte per placare l’ira di colui, che fi te- 
me, e la potenza del mezzo fi può conghietturare 
1. dagli effetti. 2. dalle cagioni. 3. dalle circo- 
ftanze delle perfone da fuperarfi . 4. dalle circoftan- 
ze del luogo , del tempo & c. Cicerone nelle Filip- 
piche eccita la confidenza nel popolo Romano, al- 
lorché lo anima a dichiarar M. Antonio per ne- 
mico della Repubblica» 

CAPO IX. 

Della Vergogna. 

La vergogna è una certa moleftia , c perturba- 1 
zione d’ animo caufata da quei mali , i quali pare, 
che ci portino infamia, e difonore,o fieno prefet- 
ti , o paftati , o debbono effere . Da qui fi può 
comprendere generalmente , quali fieno le cofe , del- 


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l£8 Libro QudttO 

le quali ci Vergogniamo, e conviene, ch’elle fieno 
tali, che fembri, ch’elleno portino biafimo, e vi- 
tuperio o a noi , o a quelli , che ci fono cari • e 
di quella maniera fono l’ opere viziofe, e contra- 
rie alle virtù. Se la vergogna è generata da que- 
lle cofe turpi, fi dee inferire, che il turpe derivi 
dal vizio rapprefentante la viltà dell’ animo , come 
farebbe dall’ avarzia , dall’ ingiuflizia , dall’ ingrati- 
tudine ; giacché da quelle, e fimili cofe fi genera 
la vergogna, c la confufione, L’ artifizio di muo- 
vere negli Uditori vergogna confitte nell’efporre 
qualche fatto, ed azione turpe, da cui fia Vergo- 
gnato il fuo autore, e non folo fi devono manife- 
ftare.i vizj fordidi per eccitare vergogna, ma an- 
cora deonfi manifeftare i fegni fletti irtducenti que’ 
vizj , come farebbe : non folamente è cofa vergog no- 
fa il temere in battaglia , ma i fegni ancora del 
** more » come la fuga &c. Quindi tutti i fegni , 
che fono indizj. i. d’intemperanza. 2. d’avarizia. 
3 * d ingiuflizia. 4. di fellonia. 5. di tradimento 
fono tutti vergogno!!; e 1* Oratore , eh’ efponendo un 
qualche fatto per , muovere Vergogna, amplifica i 
, fegni dei viz; turpi, viene ad efporre quelle cofe 
che fono atte a muovere la confufione . Nell’ Ora- 
zione prò Domo fud , ad Pomifices eccita Cicerone 
la vergogna in Clodio per riferii fatto addottare 
per figliuolo da Fontejo giovane sbarbato . Per am- 
plificane il mal turpe, eh è l’oggetto eccitante que- 
lla paflione convien ricorrere alle circoflanze della 
perfona, in prefenza di cui è fiata commetta cioè 
con considerare fe è d’autorità, fe aveva opinione 
buona di colui, che ha commetta l’azione turpe 
16 è perfona \ che foglia pubblicare le cofe fapute,’ 

ed 


Digitiz 



Della Difpo/hjone . %6f 

cd altre circoftanze fimili , le quali tutte efpone il 
P. Serra. 

CAPO X. 

Della Sfaeìataggine . 

Quello, eh’ è oppofto alla vergogna può nomi- 
narli sfacciataggine . Quella fi diffin ifee un difpre- 
gio , ed una per cosi dire infenfibilità circa quelle 
cofe, che ci portano infamia, e difonore; poiché 
sfacciati fi chiamano quelli i quali non conofcono, 
nè (limano vergogna, o vituperio, non avendo al- 
cuna cofa per brutta, e difonefla , nè curando dell* 
opinione , che altri abbiano di loro , ed ogni cofa , 
fuorché il loro diletto, e la loro sfrenatifsima li- 
cenza con immobile , ed odiofo volto difprezzando . 
Ora per muovere gli Uditori contro una perfona 
sfacciata, bada appunto efporrè , come fia sfaccia- 
ta; e l’ artifizio confifle nel rapprefentare le fue 
laidezze delle quali dovrebbe vergognarfi ; e ciò ' 
non oftante difpregia l’opinione, che fi può avere 
di lei, niente curando, come di efla fi parli. Dal 
prefentc efempio addotto dal P. Serra fi viene in 
chiaro dal fin qui detto, da cui fi potrà rilevare 
ancora , come fi devono confiderare le circoftanze 
perfonali nel praticare gli altri luoghi atti alla mo- 
zione degli affetti . Cicerone nella fettima Verrina 
rapprefenta Verre uomo sfacciato, eia fua sfaccia- 
taggine ingrandifee dalle circoftanze perfonali, I. 
dall’ effer Verre Pretore . 2. Pretore del popolo Ro- 
mano, perchè tal Pretore dovea molto vergognar- 
fi d’ una vita cosi effeminata , molle 1 e libidinofa < 

3 * cre * 


IJO Libro Quarto 

3. crefce dalla circoftanza della guerra dei Corfari , nel 
qual tempo un Pretore doveva eflere in mare da 
buon Capitano, e non iftarfene con tante molli de- 
lizie lungi anche dal lido . 4. crefce dalle circoftanze 
dell’ aver confegnata 1’ armata navale a Cleomene 
Siracufano contro le leggi della Repubblica , e ciò 
a folo oggetto di attendere con maggior diflolutez- 
za a converfare colla moglie del medefimo . 5. cre- 
fce dalle circoftanze del non ammettere uomo al - 
cuno in quei conviti , ma fidamente donne , lo che 
fa conofccrc, che l’animo fuo era sfrenato nelle 
libidini. Ora un Pretore Romano avrebbe dovuto 
vergognarfi, che fi fapefle di lui quella vita cosi 
malvagia , e perchè non fi vergognava , veniva a 
comparire sfacciatifsimo , ed oggetto di fommaab- 
bominazione , come vedefi dal progreflo della fopra - 
citata Orazione. 

capo xr. 

» 

- Della Mìfericordìa , o CompaJJìone . 

La Mifericordia , o fia Compafsione tra gli af- 
fetti dover eflere polla ognuno confeflerà fenza fal- 
lo. La ragione la porta il Cavalcanti, perchè ef- 
fondo la vita umana fottopofta a tanti, e gravi 
mali si per condizione della natura noftra , si per 
la potenza della fortuna, temiamo quei mali, che 
avvenire ci pollano • dai quali quando veggiamo 
alcuno indegnamente oppreflo rivolgendo il penfìe- 
ro a noi ftefsi , e riconofcendo lo flato noftro de- 
bole, e atto a patire quei medefimi,o altri fimi- 
li mali, portiamo dolore di vedere in altri inde- 

' - g™* 


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Velia Difpo/ì^ìone .' 17I 

gnamente quello, che in noi medefimi temer pof- 
iìamo- e ficcome più, e meno il timore del noftro 
proprio male ci prèmere il dolore di quello quan- 
do è prefente più, e meno acremente ci punge: 
icosl il dolore del male altrui , la pietà ( dico ) 
or con maggiore, or con minore impeto ci affale, 
e a confeffare in molti modi d’ effer da lei vinti 
qualche volta ci sforza . Quella compassione fi dif- 
finifee un dolore d’animo caufato da cofa, che ci 
paja male di tal natura, che poffa o diftruggere, 
o apportare dolore , o fia in perfona , la quale in- 
degnamente lo patifea, e il quale noi Aimiamo, 
che a noi ftefli, o ad altri cari a noi poffa avve- 
nire. Dalla qual diffinizione fi raccoglie, che il 
male generalmente è l’oggetto della mifericordia . 
Ma acciocché il male fia l’oggetto muovente que- 
lla paffione Arrotile aggiunge tre. condizioni . La 
prima che il male fia di quelli, ai quali non pen- 
iamo d’ effer foggetti. La feconda, che almeno fia 
di quelli, di cui fe noi non fiamo. foggetti’, ne lìa 
però Soggetta qualche perfona a noi cara. La ter- 
za è che quel male , il quale ci ha de muovere 
mifericordia, fi apprenda, come già vicino. Dipoi 
il mede fimo Ariftotile elpone quali fieno i mali 
per cagione de’ quali noi ci moviamo a mifericor- 
dia, e fono 1. le gravi percoffe. le veffazioni 
del corpo, q. le infermità. 4. la povertà. 5. la 
penuria del cibo . 6 . la privazione di tutti gli ami- 
ci , &c. e Sopra tutto la mutazione dello flato felice 
in avverfo . I fegni , ancora che apparirono nell’ aria , 
nel Cielo, nella terra fi poffono prendere per ma- 
le , dai quali fi può argomentare o la guerra , o 
la pelle, o la mortalità, e fono tutti nel numero 




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zyz 


Libro Quarto 


di que’ mali , che muovono a mifericordia vcrfo 
coloro, che ne fono o già foggetti , o già minac- 
ciati . Quella paffione fuol’ agitarfi più d’ ogn’ altra 
maffimamente nella perorazione , e per ben el’eguir- 
la fi danno alcuni infegnamenti , atti a dare ingran- 
dimento all’oggetto eccitante quella paflione . Que- 
lli , fette fi aliegnano dal P. Serra. I. Si può am- 
plificare il male con tre confiderazioni , 1’ una del 
bene , che nel tempo pattato il paziente godeva * 
l’altra de’ mali, che nel tempo prefente patite- 
la terza de’ mali , a’ quali farà foggetto nel tempo 
avvenire, z. Si può amplificare il male rapprefen- 
tando non folo il ben perduto , ma ancora la paf- 
fione, il diletto, con cui fi godeva quel bene, c 
la fperanza di goderlo in avvenire . 3. Si può am- 
plificare il bene , comparando l’ età di colui , che 
patifce , la nafcita , la fortuna , l’ onore , il benefi- 
zio colle prefenti , e future fue calamità , e mife- 
rie, con la qual comparazione fi mette fotto gli' 
occhj la paflione , il coftume , 1’ indole della perlo- 
na, di cui fi difcorre, e fi fa vedere più fenfibil- 
mente la calamità , la miferia &c. 4. Si può am- 
plificare il male colle circoflanze individue, che 
precedettero, che furono congiunte, e che di poi 
feguirono. 5. Si può amplificare il male collafpe- 
ranza , che aveva il paziente di confeguire qualche 
bene in quel tempo fletto , che ricevette il male . 
6 . Si può amplificare il male, con rivolgere ildi- 
fcorfo a cofc mute, ed infenfate, introducendole a 
parlare , e a dire la crudeltà del fatto . 7. Final- 
mente le preghiere , e le fuppliche ora dell’ Orato- 
re , ora del paziente , ora degli amici , e congiun- 
ti fervono di molto per piegare il cuore de’ Giu- 
dici ad ufare clemenza. Ci- 


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J 



Della Dìfpq/foyone . 273 

Cicerone nell’ Orazione a favore di Murena , muo- 
ve nella Perorazione i Giudici a miferi cordia ver- 
fo Murena - e per far ciò fi ferma a conliderare, 
che fe Murena fofle fpogliato del confolato, pro- 
verebbe molte mifere mutazioni . La prima muta- 
zione è in riguardo a fe fteflo, che poc’ anzi era 
gloriofo, e felice, ora metto, tritio, e lag'imofo: 
poc’ anzi profpero di corpo , e allegro di animo , 
ora infermo nel corpo , e addolorato nell’ animo. 
La feconda mutazione è in riguardo alla fua cafa , 
dove vedrebbe cangiarfi la gloria del Padre in igno- 
minia per ragione d’ efler egli privato della prima 
dignità, la Madre che poc’anzi baeiollo eletto Con- 
fole, ora li crucia per timore, ch’egli ne fia pri- 
vato . La terza mutazione è rifpetto a qualunque 
luogo egli vada efule : fe in Oriente , la mutazione 
del comparire quivi efule uno, che poc’ anzi era 
Legato di un fommo Imperatore , uno , che ivi 
guidò l’ efercito , che riportò vittorie , e donde par- 
ti sì gloriofo: fe in Occidente, la mutazione dell’ 
efiere quivi veduto efule uno, eh’ era ftato con 
fommo Impero^ dove fi trovava C. Murena fuo 
fratello, il quale in vece di rallegrarti della fua e- 
lezione al Confolato , dover piangerlo per vederlo 
privo, in vece di confolarti l’uno della grandezza 
dell’altro, dovere ambedue inconfolabilmente la- 
mentarti , in vece di ricevere ' congratulazioni dagli 
amici , i quali già per lettere avevano faputo , eh* 
egli era ftato eletto Confole , dover’ efftr’ egli il 
primo nunzio della fua difgrazia. 


S CÀ- 


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274 


Libro Quarto 
<• 'CAPO XII. 


Dell* Indignatone . 

Alla eompaflione è oppofta 1 * indignazione , la 
<}uale i Greci unitamente con i Latini chiamarono 
IVemefi , e la fecero Dea,quafi alla natura divina, 
attribuendo, come cofa oncfta,'lo fdegnarfr del be- 
re, che i mortali indegnamente poffeggono , ed i 
Poeti hanno di quella in varie maniere favoleggia- 
to. Ma noi lafciando da parte quefte favole , ed 
inezie veniamo alla definizion& della medefima , ed 
offeriamo, effere 1’ indignazione un dolore di un 
bene non meritato. Rattriftafi dunque uno della 
fortuna di qualcuno, non però del coftume, come 
dice Arrotile nel llb. a. cap. 14. ; onde l’indigna- 
zione non è un rattriftarfi, che una perfona nuova 
diventi per la fua virtù ragguardevole, e nobile, 
che una perfona povera diventi per la fua virtù 
ricca , perchè fe uno fi rattriftaffe , che un altro 
per la fua virtù acquiftaffe beni di fortuna , ovve- 
ro, che fi rattriftaffe della fteffa virtù, che altri 
ha , parendogli che non foffe degna di averla , un 
tal rammarico direbbefi invidia , e non indigna- 
zione . 

L’ artifizio di muovere a indignazione confitte 
nel dar grandezza all’ indignità di colui, che poffie- 
de i beni di fortuna , cui non dovrebbe avere . Si 
dà grandezza all’ indignità al dir del P. Serra I. 
colle circoftanze perfonali . 2. colle circoftanze del- 
le cagioni . 3. colle circoftanze del fatto, cioè de* 
beni beffi, che l’indegno gode. Colle circoftanze 
perfonali 1. fe vile. a. fe plebeo. 3. fe fenza vir- 


* 


t 


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Della Dìfpofi^ìone . 

tìi confeguifce l’onore dt’ Magiftrati . 4. fe da qual- 
che efercizio infame palfalfe lenza virtù a qualche 
grado. 5. dall’ eflere conofciuto per uomo lafcivo, 
difpregiatore del Cielo fi vedeffe paffare a gran- 
dezza d’ onore , di ricchezza &c. Da quelle circo- 
ftanze perfonali s’ ingrandifce 1* indignità, e quanto 
più da una parte una perfona è balla, e dall’altra 
la mutazione dello flato è più alta, tanto piùcre- 
fce l’indegnità, ed è adattata vieppiù a muovere 
ftomaco , o fia ad indignazione . Dalle circoftanze 
delle cagioni fi fa crefcere l’ indignità. 1. Se colui, 
che è vile per nafcita , appunto per cagioni d’ a- 
zioni viliflime folfe già palfato a confeguire l’ono- 
re de’ Magiflrati . a. Se colui, che ha efercitato 
uffizio infame, appunto a cagione di quell’infamia 
avelie renduta prolpera la fua fortuna. 3. Se colui, 
che è conofciuto per un uomo malvagio, appunto 
per cagione di tali efecrandi vizj folfe divenuto 
ricco, e potente. Dalle circoftanze del fatto ftelTo, 
cioè de* beni di fortuna confeguiti, e dalla grande, 
e profperofa mutazione s’ ingrandire l’indegnità* 
e così uno di poca virtù innalzato in un fubito a 
dignità, muove più indignazione , che uno, il qua- 
le già da gran tempo fi ritrovale in quello fiato , 
perchè il lungo tempo rende meno fenfibile l’inde- 
gnità. Il prefente, e fin qui efpofto artifizio fi ve- 
de nelle Orazioni di Cicerone contra Vatinio , con* 
tra Pifone, contra Catilina , contra Verre, contra 
Marc’ Antonio , dove tutti coftoro vengono rappre- 
fentati empj, fordidi, avari, ladri, micidiali, ne- 
mici della Patria , e per confeguenza indegni di 
mifericordia , e indegni di ogni bene . 

A tutti quelli capi unicamente diretti alla com- 

Sa .-ino- 


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27 6 L'bro Quarto 

mozione degli affetti appropriar poflono varie 
Figure, e le più acconcie fono l’Efclamazione , 

1 ’ Apoftrofe , la Profopopeja , 1* Obfecrazione , 1* Eto- 
peja , la Sentenza , 1* Interrogazione , e tutte quel- 
le , che diceflimo atte a muovere gli animi degli 
Uditori , le quali benché fi trovano fparfe in tutte 
le Orazioni , ad ogni modo fi fogliono vedere più 
frequenti nelle Perorazioni . 

Quelli fono i principali fonti, ai quali dee ri- . 
correre 1’ Oratore nell’ efeguire la feconda parte del- 
la Perorazione chiamata Mozione degli affetti , la 
qual parte, come fi è veduto negli elementi , fi at- 
tribuifce a vittoria, fe fi confeguifce. Altri luoghi 
dai Retori fi adducono, cioè l’Emulazione, il Di- 
fpregio , l’ Invidia &c. , quali tutti tralafciamo per 
non diffonderci in cofe , alla cognizione delle qua- 
li non tanto difficilmente fi giugne, e per avere 
efpofto li principali , che potranno dar lume ba- 
dante ai rimanenti. 


s 


LI- 



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277 

LIBRO QUINTO 

DELLA PRONUNCI AZIONE. 

CAPO UNICO 

Diffini^ione della Pronunciamone , e fue parti . 

§. I. 

"M 1 * ’ Ultima parte della Rettorica è la Pronun- 
cili ut dazione . Di quella rettaci a parlare , e fio 
come per lo pili dipende dalla natura, che 
dall’ arte’ perciò tratteremo di quella alla sfuggita 
additando foltanto le cofe eflenziali ad efla appar- 
tenenti . La Pronunciazione fi diffinifce un appro- 
priamelo di voce, e di gefli fecondo la diverfità 
delle cofe , e delle parole , che fi efprimono . Qua- 
le, e quanta di quella fia la forza, ed utilità ben 
ee lo dimollrò Cicerone, allorché chiamolla una 
certa eloquenza del corpo, ed Arillotile anima del 
difcorfo; nulla valendo una buona, ed elegante O- 
razione, fe non è con la dovuta forma efpolla, e 
recitata • ed io follengo , che da quella parte di- 
penda la mozione degli affetti . Ed in fatti , fe una 
cofa efprime dolore , e vien rapprefentata come ef- 
primente allegrezza, farà forfè negli animi di chi 
afcolta quel colpo , che dovrebbe ? Quello farebbe 
ritleffo, che fparger fiori in campagne non colte, 
e piantare frutti tra fpine * Le cole elfenziali , e 
neceffarie alla buona pronunzia fono tre I. memo- 
ria. 2. voce. 3. getto. - 

S 3 In 


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178 Libro Quint 0 

§. 2 . 

* • * -» . • * • 

In quanto alla memoria poco vi è che dire * poi • 
chè quella è quel vero dono, che dalla natura fi 
concede agli uomini, e non riceve perfezione da 
altro fonte, che dal coltivamento della medefima 
col continuo efercizio. Nulladimeno ad, uno che 
vorrà comporre farà di molto giovamento il fegna- 
re i punti dell’ Orazione , i principj delle fentenze, 
e delle ragioni , o almeno de’ Periodi più lunghi , 
da capo con lettere più grandi del folito, e con 
apporvi ancora i numeri. Giova ben’ anche il fare 
il Compendio nell’Orazione, che dovrafli recitare 
a memoria notando in quello brevemente', e diftin- 
tamente da capo i principj , come fi è detto dei 
Periodi , Sentenze , o d’ altro . 4 ^ meno ciò può fer- 
vile, acciocché quello, che recita, fe mai fi di- 
mentica di qualche parte , facendo in tal modo , 
polla almeno ricordarli della parte, che fegue, e 
così non retti in aria per non lapere dove ha da 
dare di piglio, come fpeflo va fuccedendo a mol- 
ti , a cui conviene lafciare la loro Orazione inter- 
rotta, o perchè tal diligenza ommettono , o per- 
chè recitano roba non propria . Gioverà ancora al- 
la memoria 1* aver ufo, e pratica del luogo, c 
rapprefentarfelo come proprio ; come ancora le par- 
ti del luogo Hello fieno feparate in guifa , che non 
arrechino diffrazione, e confufione. 

• - • §• 3 * 

In quanto alla voce , ficcome colle parole fi ef- 
primono le cofe, così colla modificazion della vo- 

r s ce . 


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y Della Pronunciamone zjy 

ce debbonfi far comparire i fentimenti diverfi dell* 
animo. L’Oratore or dee parlare con voce alta, 
or con bada • ora predo , ora adagio • ora con mae- 
ftà, come quando fi riferifcono le parole della Scrit- 
tura, or con rilentimento , ora piangendo. In ciò 
molti errano , rendendofi tediofi , e molefti agli U« 
ditori , alcuni coll’ affettata cantilena d’ un continuo 
tenore di voce, altri con idiracchiare dentatamen- 
te le parole , altri con pronunziarle precipitofamen- 
te,> altri con fovverchio alzamento, e baffamento 
di voce ; altri con fubitanei sbalzi di voce alta ad 
un altra troppo bada. Dubbio non v’ è, che giova 
molto all’attenzione dell’ uditorio , ed anche a me- 
glio imprimere le cofe , che fi dicono , il parlare 
or con voce alta , or con voce bada : poiché il 
parlare Tempre d’ un tuono poco fa didinguere le 
cofe, che fi dicono, e che hanno bifogno d’efler 
profferite con maggiore, o minor calore, e dolcez- 
za • nondimeno li sbalzi immediati Tempre fanno 
difordine, e fconcerto. Ordinariamente nel Proemio 
dee ufarfi un tuono mediocre, e grave; nella pro- 
pofizione, e divifione de’ punti una voce piìi alta, 
e didinta. Nelle prove poi dee modularfi la voce, 
fecondo porta la qualità di ciò che fi dice. Nella 
perorazione , o fia mozione degli affetti l’ Oratore 
dee modrarfi commofTo per commuovere gli altri 
circa quella paffnne, che vuole eccitare negli U- 
ditori, v. g. l’ira, e l’odio con voce impetuofa, 
la fperanza, e l’amore con voce- dolce , 1’ allegrez- 
za con voce giuliva, il dolore con voce flebile in- 
terrotta da gemiti, e fofpiri. 

. §• 4 - 

Alla voce dee effere accompagnato il gefto, ed 
. / S 4 efpri- 




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2,8© Libro Quinto 

cfprimer ancor etto unitamente con quella i diver- 
tì fenfi dell’ animo. Quello non dee edere affettato, 
o troppo uniforme , cioè che fia Tempre lo fletto , 
nè troppo impetuofo con fovverchia agitazione di 
corpo, muovendo fconciamente le mani,o il capo, 
o gli occhj . Il getto delle mani dee eflcr grave . 

La delira ordinariamente ha da geftire, la finiftra 
batta folamente muoverla per additare cofe fituate 
alla finiftra, oppure cofe diverfe, difparate,o con- 
trappofte. La mano non dee alzarfi più della te- 
tta , nè troppo ftenderfi , nè tenerfi troppo accodo , 
cioè folo davanti al petto. Anche poi farebbe di- 
fetto il predicare fenza muover le mani . Nel pri- 
mo Periodo dell’ efordio non dee geftirfi , nel fecon- 
do può folamente cominciarli a muovere le mani ; 
in tutto il Proemio poi molto di raro le mani fi 
hanno a muovere, e conviene ancora che l’Orato- 
re non fi muova dallo fteflb fito di mezzo, e fia 
Tempre in piedi. Quando la delira geftifce,la fini- 
ftra quando non fi muove fi poft fui Pergamo, e 
non giammai fi metta fui petto . Si eviti ancora , 
fe fia poffibile, il mettere le mani ai fianchi , l’al- 
zarle ambedue in modo di croce, o il voltarle die- 
tro le fpalle, ed anche lo sbatterle infieme, ofov- 
ra il Pergamo, fe non di rado. Trattandofi poi 
de’ Predicatori fi eviti dai medefimi alzar la cotta, 
lo sbattere i piedi , o fare altra azione fconcia col 
corpo ; poiché fotto nome di |efto s’ intende non 
folo il moto delle mani, ma d ogni altra parte del 
corpo , e fpecialmeute della tetta , e degli occhj . 

TI moto della tetta dee regolarfi col moto della 
mano , rivolgendola dove la mano indirizza la fua . 
azione • eccetto al dir di Monfignor D. AlfonfoM. 

de’ 


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\ 


Della Pronunciamone . 2S1 

de’ Lìguori , che quando il Predicatore dimoftrafle 
di abborrir qualche cofa , perchè allora giova ri- 
voltarli colla tefta all’ oppofto dell’ azione della ma- 
no. E’’difordine ancora il torcer la tefta, o trop- 
po agitarla , o tenerla Tempre alzata , o Tempre 
baffa, o Tpeflo piegata Tul petto, q Tempre dritta 
nel medelimo Tito . Gli occhj , che devono in ogni 
luogo , e tempo , denotare modeftia , devono accom- 
pagnare il moto della tefta. E’ diTetto quefti te- 
nerli chiufi , o Tempre balli , o Tempre filli ad una 
parte , Tacendo conoTcere , che TorTe tenga piU con- 
to di quella parte, che dall’altra. Il vólto poi dee 
variarli Tecondo la materia, di cui fi parla , v. g. 
inoltrando triftezza nelle coTe mefte, gravità nelle 
gravi , ed allegrezza nelle allegre . Il fito finalmen- 
te del corpo dee effere modello . Si permette il Te- 
dere , ma poche volte , e lo ftelTo dicelì del paleg- 
gio Tul Pergamo, ma fi eviti il correr da un la- 
to all’altra. Si commette parimente mancamento 
dall’Oratore Te fi contorce, come ancora Te trop- 
po fi piega Tovra del Pulpito . Ordinariamente con- 
viene, che il dicitore fi trattenga nel luogo di 
mezzo per farfi udire da tutti ; giova però di quan- 
do in quando il girarfi ora dall’ una all’altra par- 
te, ma avvertafi di non voltare mai le fpalle alla 
parte oppofta . Quefti Tono quei precetti generali, 
che fi danno della Pronunciazione . L’ eTercizio Tup- 
plirà a quelli che mancano; giacché come tutti 
afterifeono quello contribuiTce a ben’ efegi’ irlo affai 
pih , che i precetti , che Te ancor quefti Tono ne- 
ceffari , lo fieno per coloro , che ambiTcono di com- 
parire Tu de’ Pergami , e recitare in forma pubbli- 
ca Prediche, ed Orazioni Panegiriche. 

U- 


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LIBRO SESTO 

DELLE DIVERSE SORTI 
‘ D’ ORAZIONI. 

£ /ferialmente di quelle , che fono in maggior ufo 

preffo i moderni Oratori . \ 

.. x ; 

1 

• * * s % ' 

F Renderaffi alcuno ammirazione, che avendolo 
dal bel principio efpofto di tre forti poter 
edere le * Orazioni , cioè in genere Giudizia- 
le, Deliberativo, ed Elòrnativo, torni di nuovo 
ad adeguare le forti diverfe delle medefime. Ma 
ceffi ogni meraviglia, e fi perfuada,che io non fo- 
no per ridir quello, ma foltanto m’impegno a da- 
re un lume di quelle Orazioni , le quali a ben tef- 
ferle ricercafi un qualificato artifizio . 4,e Orazio- 
ni del genere efornativo fono quelle , che a’ giorni 
noftri hanno il primo luogo , elfendo pafifatc quel 
tempo, in cui fi trattavano le caufe nel foro, fi 
difendeva l’innocenza nel pubblico, fi punivano le 
fcelleraggini in giudizio. Quelle poi del genere de- 
liberativo fi unilcono col primo, e diventa gene- 
re mirto . Quindi ftarei per dire , che di tre gene- 
ri di Orazioni , che fi artegnano dai Retori , uno 
foltanto ai dì noftri regna , e quello fi raggira con 
quegli accennati precetti . Anticamente le Orazio- 
ni prendevano il loro nome dall’ .'occafione in cui 
fi componevano , dal tempo , in cui fi recitavano * 
onde fe fi celebrava il giorno Natalizio di qual- 
cheduno , l’ Orazione chiamavafi Genetliaca j fe l’ Q- 

ra« 


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Delle dlverfe forti d' Orazioni . 283 

razione fi componeva in tempo di nozze, chiama* 
vali Epitalamio ■ fe in occafione di ringraziamento 
per qualche benefizio ricevuto Eucariftica • fe per 
efler fiata riportata qualche vittoria Epinicio * fe 
in occafione di congratulazione per effer fiata ri- 
cuperata la falute da qualche Principe, o perfona 
qualificata Soteria • fe in occafione di ritorno fat- 
to da qualcuno dopo lungo pellegrinaggio Epibate - 
rio &c. Noi però di quelle non ne faremo neppu- 
re un minimo difeorfo, badandoci d’ effer giunti 
alla cognizione dei nomi- e ci contenteremo di- 
parlare di tre forti d’ Orazioni, che fono tutto 
giorno in bocca ancora della gente più vile , cioè 
Orazioni Panegiriche , Orazioni Funebri , Orazioni 
Accademiche, e procureremo di far apparire , qual 
artifizio cadauna richiegga, acciò confervi il fuo 
carattere, e pofla dirli vera Orazione. 

I. 

Deli* Orazione Panegirica . • . 



Nel genere efornativo il luogo principale tiene 
l’ Orazione Panegirica * e chiamafi con tal nome , 
perchè pubblicamente, e con folenne pompa fi fa 
in lode di qualche Santo & c. , come 1 ' efperienza 
ci ammaefira. Per dare della raedefima un efatto> 
giudizio , per bafe , e fondamento fi pone , che que- 
lla non d’ altro fi coftituifce , che di narrazione , ed 
amplificazione .* e poiché non fi loda , che un azio- 
ne derivante dalla virtù, confeguentemente ogni 
•:/: qua- 


284 Libro Sejlo 

qualunque Oratore ha da narrare prima le azioni , 
e poi ha da entrare nelle amplificazioni loro . La 
narrazione poi ha da efler chiara, perfpicua, non 
diminuita, non fuperflua,e fopra tutto verifimile, 
da cui l’ Uditore fia informato perfettamente, che 
la cofa fia tale. Onde prima di amplificare, e di 
far vedere la grandezza dell’azione, 1* Oratore ha 
neceflariamente da precedere la perfpicua narrazio- 
ne di efla. 


§. 2. 

L’ artifizio , dice il P. Serra , dee confiftere nel 
compartire le narrazioni, e le amplificazioni de’ 
fatti - perchè fe un Oratore incominciaffe a narra- 
re la vita per efempio d’ un Santo , e profeguifle 
la narrazione fino alla fine della vita , la teffitura 
del dilcorfo farebbe non Oratoria, ma Storica. 
Conviene dunque, che diflribuifca le narrazioni de* 
fatti in ^modo , che dopo la narrazione d’ un fatto 
palli all’amplificazione, e poi dopo la narrazione 
d’ un altro fatto palli di bel nuovo [aW amplifica- 
zione; onde tutto il difcorfo fia diftrìbuito , e com- 
partito di narrazioni , ed amplificazioni , confiften- 
do il giudizio dell’ Oratore nel narrare , e 1’ elo- 
quenza nell amplificare. Che fe prima di entrare 
nelle amplificazioni volefie narrare più fatti , allo- 
ra devonfi quelli confiderare, come fe folTero un 
fatto folo . Eccone l’ efempio : Se un Oratore nel- 
le lodi di qualche Santo narrafle molti miracoli 
prima di amplificarne alcuno , dovrebbe confidera- 
re quei miracoli come un fatto folo , comprefo fot - 
to il genere della virtù di far miracoli, affine dì 

far-. 


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Delle dlverfe forti d' Orazione . 285 

farne maggiormente apparire la grandezza . Onde fi 
• dee tener laida la dottrina di Cicerone , e di Quin- 
tiliano, che nella cauta laudativa le' azioni fieno 
diftribuite, e compartite, che è in quanto a dire 
fi narri un azione, e poi fi amplifichi, fi narri 
l’altra, e. poi entrili nell’ amplificazione, doven- 
dofi compiere perfettamente il difcorlo laudativo 
non di altre cofe, che di narrazioni, e di ampli- 
ficazioni . 

§• 3 - 

Il P. Decolonia nella fua Rettorica dice nel for- 
mare i Panegirici poterli olfervare due ordini , uno 
artificiale, naturale l’altro. L’ artificiale farebbe, 
quando uno non confiderato 1’ ordine de’ tempi ri- 
ducete le azioni di qualcuno a certi capi , e la fe- 
rie delle medefime con artifizio difponelfe. Ecco- 
ne l’efempio. Cicerone nel lodare Pompeo nella 
fua Orazione a favore della Legge Manilia riduce 
le fue lodi alla feienza militare , alla virtù , all* 
autorità, ed alla felicità -d fe dovendofi lodare Ca- 
tone, fi diceUe efler quelli degni di lode, perchè 
fu ottimo Senatore , ottimo Oratore , ottimo Co- 
mandante, allora farebbe un far ufo dell’ ordine ar- 
tificiale. Quello fe è maneggiato con la vera arte 
fi approva come il piti perfetto. L’ordine natura- 
le è quello, che fi tiene, quando fi raccontano le 
operazioni di alcuno con quell’ ordine , con cui fo- 
no Hate efeguite, e ciò con confiderarc tre tempi 
1. il tempo avanti la nafeita. 2. il tempo della 
vita. 3. il tempo dopo la morte. L’ unire cosi 
quelli tre tempi farebbe lo 11 elfo , che teffere Sto- 


a8 6 Libro Sefio 

rie ; e benché alcuni Oratori fe ne fervono , non 
mai però così alla diftefa , ma piuttofto con ordi- 
ne inverfo. Da qui ben fi conofce, che l’Oratore 
nel comporre non dee legarfi , ed afloggettarfi in 
guila , che fia obbligato a feguire quell’ ordine , a 
trattare quella parte, e non più, perchè farà po- 
vero, ed infelice appunto come mefehino è quel 
fervo obbligato tutte l’ore al fervigio del fuo Pa. 
drone . Farà egli apparire , noi niego , aver bellif- 
fime idee , ma faperle poco ben produrre , molto 
ripromettere, e poco efeguire. 

§• 4 * 

Che F Oratore per ben comporre in genere efor- 
nativo debba fapere indifpenfabilmente quella par- 
te di Filofofia chiamata Etica , che tratta della 
vita , e dei coftumi , ben ce lo difle Cicerone nel 
libro i. de Orat. Poiché fenza di quella non può 
l’uomo efler lodato. La ragione eccola in pronto . 
L’ uomo può efler lodato in altra cofa , che nell’ azione 
non nell’intelletto, non nella memoria, non nell’ 
ingegno &c. fe non in riguardo all’ azione * così 
tutte le cofe del mondo per efler lodate , hanno 
da riferirfi all’azione umana, fenza la quale non. 
fufiifterà alcuna lode. Dunque 1’ unica, e precifa 
cofa lodabile è l’ azione umana. Ma quella azione 
umana non può lodarfi in altra maniera, fe non 
come derivante dall’ abito delle virtù; e tutte le 
cofe, che fervono per motivi delle umane azioni, 
che fono effetti , e confecuzioni delle virtù per ef- 
fere lodate, debbono concepirfi appunto, come ca- 
gioni occafionali delle azioni virtuofe,o comecon- 
fccuzioni,e fegni delle medefime . Così il P. Serra. 

„ ‘ Da 


V 


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Delle dlverfe forti d' Orazioni. 287 
§. 5. 


Da qui fi può ben conofcere la ftravaganza di 
coloro , i quali nel teffere Panegirico di lode a 
qualche Santo vanno inutilmente confumar, do il 
tempo in fermarfi fopra cofe attratte , univerfali , 
ed alieniflime dalla vita , ed azioni del Santo me* 
defimo , e col vano timore d’ incorrere nella taccia 
di Storico , non avranno difficoltà in occafione 
di dover difcorrere dell’innocenza del Santo lodato, 
di fpendere la maggior parte del Panegirico in di- 
fcorrere dell’innocenza degli Angioli . Si afcoltano 
ancora di quelli, i quali in vece di narrare le a- 
zioni virtuofe dell’Eroe da loro lodato, fi tratten- 
gono unicamente in portar patti della Sagra Scrit- 
tura , fentenze dei Santi Padri , ragioni Teologiche, 
cd altre fi fatte cofe ettrinfeche, e lontane dalla 
vita del Santo, di cui avevano intraprefe le lodi. 
Ora parlando di tutti quefti Oratori , dice libera- 
mente il noftro P. Serra , che non fanno l’ uffizio 
di lodatori, perchè al dire d’Arittotile, e di tut- 
ti i Precettori , tutta la lode dipende dalle azioni , 
e dalle opere. Nè vale la fcufa, che apportano al- 
cuni , cioè che le azioni dei Santi fono quafi a tut- 
ti note, e che gli Uditori medefimi le fanno da 
loro fteffi leggere nelle Storie. Non vale sì fatta 
fcufa, perchè l’arte Oratoria è quella, che fa dar 
novità a cofe, febbene fono di popolare intelligen. 
za. Quando un Oratore ha per le mani gli artifi- 
zj di fapep efporre le qualità lodevoli , e del faper 
conghietturare la grandezza delle medefime, farà, 
che un azione per fe ftefla notiflima cagioni ''am- 
mirazione negli Uditori. Tali artifizi fi poffono 
- ‘ faci!- ' 


288 Libro Sejlo . 

facilmente ricavare dalle cofe infegnate fin dal bel 
principio , ed alcuni per facilmente agevolare l’ in- 
telligenza , ne anderemo elponendo . 

6 . 

e - • • 

Moltiflime cofe fi devono oflfervare nel teffere i 
Panegirici. Il fcegliere una virtù Caratteriftica , 
cioè tutto propria di quel Santo , ed in cui più di 
tutte le altre in tempo di fua vita fi è efercitato 
è lo feopo fondamentale. La tenitura di tutto il 
difeorfo oltre il dover’ elfer ben ordinata , deve al- 
tresì efporfi in uno Itile differente forfè da tutte 
le altre Orazioni • quindi è che per lo più ai Panegi- 
rici fi appropria lo Itile fublime . Gli encomj poi, 
che devono farli al Santo , devono elfer moderati , 
e non iperbolici , non finti così che fervano fol- 
tanto di ornamento all’ Orazione , ma veri , che ca- 
gionino fede negli afcoltanti j onde ne avviene , che 
le chimeriche invenzioni , tutte proprie dei Poeti 
non hanno luogo in quelle parti . Non è poi ne- 
celTario, che fi raccontino tutti i fatti, e le azio- 
ni del Santo, ma folo quelle, che jjoffono fare più 
colpo , e fono più a propofito per l’ alfunto ; Quin-, 
di è che fi polfono ommettere quelle, che fono di 
poco momento • poiché , come dice un faggio Fi- 
lofofo . E’ cofa più vituperofa ad uno l’ elfer loda- 
to freddamente, di quello che l’effere gravemente 
biafimato, benché alle gelta maravigliofe de’ uomi- 
ni grandi, alle volte fi polfono unire ancora Spic- 
ciole. Devefi ancora ufar’ attenzione di non addurr 
re lodi comuni, cioè che fi polfono appropriare a 
qualunque perfona , ma quelle , che fono proprie di 

quel 


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Delle dìverfe forti (C Orazioni . 2, 8 <7 

quel dato foggetto. Il P. Serra nel tomo 1. pa%, 
no. eipone diffufamenre , come nelle Orazioni e- 
fornative vi s’ introducono le controverfie Oratorie, 
e con far quello facilita l’ arte di lodare . Noi pe- 
rò in quello non tanto ci diffondiamo, e ci chia? 
miamo foddisfatti , allorché abbiamo date quelle 
regole, le quali fi devono olfervare nel telfere O- 
razioni Panegiriche j e fe quelle faranno unite ai 
precetti fpiega ti , tengo per certo, che fi formeran- 
no difcorfi , che non annojeranno tanto facilmente 
chi gli afcolta. 

Modo di fare la fèlva per le Orazioni 
, Panegiriche . 

§. 7. 

Non è tanto facile, come alcuni penfano,il tef* 
fere bene un Panegirico. A folla a’ giorni d’oggi 
fi fentono recitare , ma pochi fono quelli , che fi 
poffono con piacere fentire. Il motivo principale, 
per cui le Orazioni Panegiriche fono difettofe, e 
non ben artificiofamente difpolle,io credo fia que- 
llo, perchè la fanno da franchi, e fi accingono a 
comoorre , fenza prima aver formata del medefimo 
la felva. Si correggi dunque, fe (la pofifibile, una 
tale mancanza, e fe^uafi quello metodo facile# 
fpedito , e ficuro per 1 Panegirici . 

%. 8. 

Allorché all’Oratore occorre fare un Panegirico 
in lode di un Santo, dee in primo luogo fcorrere 

T l’ In- 


ìpO Libro Sejlo 

l’ Indice de* Capitoli della vita del Santo medefimo, 
ed ofTervare attentamente quella virtù , che fa mag- 
gior Rrepito , e nella quale lo Refio Santo fiafi af- 
fai piìi fegnalato di quello che abbia fatto in qua- 
lunque altra , e prendere una tale virtU per aflunto 
del Panegirico. Dee in fecondo luogo far feguire 
lo Audio fopra la med^finia virtU per aver cogni- 
zione sì di quello, che riguarda alla fua diffini- 
zione , e divifione, come per quello, che concer- 
ne a’ funi gradi, e fino a quanto ella fi eftende;ed 
in quello farà perfettamente ifiruito dalla Filofofia 
morale . 

Preceduto un sì fatto Audio , ed ordinati fopra 
un foglio i gradi della virtù , dovrà 1’ Oratore in 
terzo luogo far un altro Audio fopra la vita,o fia 
ifioria delle gefia del Santo , di cui vuol parlare , 
e tutto ciò, che troverà a propofìto per il fuo af- 
funto, noterà diligentemente a parte: Potrà anco- 
ra confiderarc le ragioni quali fiano più forti, qua- 
li più deboli, per poter a fuo luogo prevaler fere . 
Sarà giovevole notare le Figure , per avere in pron- 
to, in qual afpetto debba porre i funi fentimenti . 
Si porrà attentamente a leggere quegli Autori, che 
hanno fcritto del medefimo Santo. Poiché è ve- 
ro, che l’arte è un gran requifito, anzi il mag- 
giore per un Oratore* ma però non può fommini- 
Àrar tutto, nè l’ingegno nofiro può giammai efler 
così perfpicace, che con la fcorta della fola arte 
pofla ritrovar tutto. Conviene ajutarlo con la let- 
tura , e fecondarlo prima con la raccolta della ma- 
teria, e in quefia le Biblioteche Predicabili po- 
tranno all’Oratore fervire di grande ajuto . E pe- 
rò a tutta ragione Marco Tullio Cicerone tiene 

co- 


1 


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Delle diverfe forti di' Orazioni . ipi 

come fcioccni, e pazzi coloro , che fi mettono a 
difcorrere fopra di una cofa, di cui flou ne abbia- 
no una pieni (lima conofcenza - 

f 9 - 

Se farà porto in pratica dagli Oratori quello me- 
todo per far la felva per i Panegirici, i medefimi 
sfuggiranno 1* inutile , vana , e talvolta ridicola in- 
venzione d’ aflimti fpeculativi , univerfali , artratti , 
ed efprefli in termini contraddittorj * affanti che 
hanno tutt’ altro di mira , che la lode del Santo , 
e pare, che vogliano dagli Uditori , che applaudi- 
vano non già alla virtù dell’Eroe lodato, ma ben- 
sì alla loro fantaftica eloquenza. Si lafcino dunque 
da parte limili ftravaganze, ed ognuno fi perfuada, 
che l’ arte è una , ed è fempre fiata la medefima ; 
onde è cofa ridicola il pretendere di voler compo- 
nendo inventar arte del tutto incognita , e di non 
voler riconolcere quella additata da’ Maeftri più 
antichi , e più rinomati . Per quanto adunque è a 
cuore ad un Oratore non folo il proprio decoro, 
ma quello ancora del noftro prefente eruditilfimo 
fecolo , li fupplichiamo a non mai slontanarfi nel- 
le loro compolìzioni da’ comuni infegnamenti , che 
fono fiati lafciati dagli antichi , e più rinomati 
Precettori di queft’ arte, perchè querta è la vera 
maniera di adempiere al loro dovere, e di farli 
conofcere veri Oratori , cioè di quelli eloqucntifli- 
mi Uomini, che fono flati in tutti i fecoii l’ am- 
mirazione del mondo Letterario. 


2pa 


Libro Sejìo 

§. IO. 


Se occorre fare Orazioni in lode di perfonaggi 
ragguardevoli ( giacché ancora quefte fono in ge- 
nere efornativo , e ancor quefte fi chiamano Pane- 
rtegirici ) egli è neccftario prendere un efattiflìma 
informazione di tutte le azioni fue virtuofe,ed e- 
roiche, e indi prendere per afliinto del Panegirico 
non una , o due virtù , ma bensì una propofizione, 
la quale provandofi dia campo di ritoccare fe non 
tutte, almeno la maggior parte delle dette azioni. 
Quefto fi può vedere in tutte le Orazioni moder- 
ne fatte in lode di Uomini celebri , ed intigni . Il 
medefimo, dice il P. Serra, fi può fare ancora nei 
Panegirici di qualche Santo; ma però eforta gli 
Oratori , quando parlare vogliono in lode di un 
Santo a volerfi attenere al fiftema di fopra addita- 
to, e folo regolarfi nella maniera in cui fi regola- 
no tanti moderni Profatori : e la ragione fi è per- 
chè parlando di perfonaggi viventi fembra cofa do- 
verofa,anzi neceffaria alla lode il ragguagliare l’a- 
fcoltante di tutti i fatti , e di tutte le azioni vit-, 
toviofe , ed eroiche praticate dal medefimo in tutto 
il corfo di fua vita . Non eguale all’ incontro è la 
neceflità in lodando un Santo, la di cui vita fia 
già alla luce , e per le mani di tutti ; che però 
farà meglio reftringere l’idea, e fiflarfi in una, o 
due virtù delle più principali , che in tal modo fi 
sfuggirà il pericolo d’incorrere nella taccia di Sto- 
rico , che non così sfuggir potrebbefi , quando l’O- 
ratore fi volefte impegnare a toccare nel Panegiri- 
co tutte le virtù del Santo . Quefto è il fentimen- 
to del P. Serra, lafciando per altro ognuno nella 

fua 

* s 


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Delle diverfe forti tT Orazioni . 

fua libertà, di regolari!, come gli pare, e piace. 
Bada, che non efca fuori de’ limiti preferirti dall* 
arte, del rimanente poi ognuno può fare quello, 
che più gli fi aggrada . - f . 

§. il. 

Acciò l’Oratore pofla aver un efemplare avanti, 
con cui formare un’ Orazione Panegirica , dopo a* 
ver efpofta la maniera di fare una lelva, abbiamo 
{limato proprio di qui porre l’ efordio , ed un pun- 
to foltanto d’ un Panegirico recitato nella Città di 
Firenze nella £hiefa , dove efifte il corpo di S. Ma- 
ria Maddalena de’ Pazzi . 

Ego Diletto meo , & convergo ejus ad me, 

Cant. 7. v. io. 

— Degna di fomma commendazione , e fopram- 
* modo da tutti gli uomini faggi {limata fu quell’ 
aurea fentenza di S. Bernardo, per cui fi afferma, 
che ficcome il profano amore converte in fe tutte 
quelle pafiioni , che 1’ uom tiranneggiano , così la 
divina carità cambia in fe fleffa quelle virtù, che 
lo fpirito umano adornano con luce belliflima , e 
folgorantiflìma . Per la qual cofa la fortezza altro 
non è , che un amor generofo , che gli oltraggi 
affronta, e le pene, e la morte medefima con for- 
te vifo, e con incredibile ardore abbraccia, e fo- 
ftiene . La temperanza fi è un amor moderato, che 
prefi a vile tutti quei piaceri fenlìbili, che le baf- 
fe anime allettano, tutta a Dio fi confacra fenza 
divifione d’affetti. La Giuflizia è un diritto amo- 
re , che la bella idea feguendo della effenziale Giu- 
ftizia divina infegnaa ben reggere altrui con provi- 

T 3 do 

V 


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Libro Sejlo 

do governamento . In fomma le virtù tutte altro 
non tono, che divertì caratteri d’ un Amor trave- 
tti to , che per iftrade diverfe cerca quel fommo be- 
ne , nel cui pofiedimento fi trova la vera , e per- 
manente felicità . Or quella nobile fiamma del di- 
vino Amore fi è quella, che forma i Santi, e do- 
ve in etti l’ amore più in una virtù fi trasforma , 
che in un’altra, e dove in efia più fi sfoga, e più 
folgora, ne forma il luminofo diilintivo carattere. 
Ma fe poi l’amore la voglia fare da Dominante, 
e nel fuo vero fembiante apparire , opera que’ por- 
tenti , che in anime grandi con iftupor fi vagheggia- 
no, ma che mettono in ifpavento l’eloquenza ezian- 
dìo la più confumata. Dovendo pertanto io far 
parola di quella valorofa , e di grande animo , e 
nobililfima Donzella gloria, e decoro del Cattolico 
mondo , fplendore , ed ornamento della noftra flori- 
difiima Patria Maria Maddalena de’ Pazzi io favel- 
lo, leggo il fuo bel carattere in quel Sacro Entu- 
fiafmo dell’ Innamorata dei Cantici — Ego diletto 
nteo converfìo ejus ad we--cioè fecondo il Com- 
mentario degli Antichi tre Padri : Io mi fono con- 
facrata al mio diletto, ed egli con vicendevoli 
fiamme d’ amore mi riama . Ed in fatti amò ella 
il fuo diletto con que’ tre gradi di perfettiflimo 
amore, che a noi difcoprì la miftica penna di Ric- 
cardo da S. Vittore, quando egli fcrifìe , che l’a- 
mor divino allorché fignoreggia in un anima pri- 
mieramente a fe con forti (limi lacci la lega, e dol- 
cemente la impiaga; dipoi la fa cadere tra le lan- 
guidezze di cuore; finalmente la rende infaziabile 
ne’ fuoi defiderj -- cbaritas vulnerai , & ligat .* lari- 
guidum facit : defettum inducit , — Eccovi dunque 

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Delle dtverfe forti d' Orazioni . apj 

in Maddalena un’ amante, che d’amor ferita cotj 
fortiflimi lacci , ed indiflblubili al fuo Signore lì 
ftringe nel chioftro , eccovi una Spofa , che tra le 
fue ineftimabili languidezze viene efpofta alle più 
dure prove in un acuta deflazione; eccovi final- 
mente in Maddalena un amante fpofa, che piunge 
a quella felice infaziabiiità di defiderj , pe’ quali 
tutta in Dio fi trasforma. Lacci, languidezze , in- 
faziabiiità voi fcoprite l’altiflìme fiamme, e cocen- 
ti di Maddalena, ma infieme recate lpavento ai 
baffo volo de’ miei penfieri . — Notifi f artifizio di 
quello efordio. Quello è prefo da un detto memo- 
rabile di S. Bernardo , efpollo artificiofamente dal 
fonte dei Contrarj . Si diffinifcono le quattro vir* 
tù , che fono fonti delle buone operazioni di un* 
anima , e tutte quattro vanno a confpirare in una, 
cioè nell’ amore , che ferbali al vero , ed eterno be- 
ne» Da quello l’Oratore ricava la propofizione, e 
forma la divifione, provando che Maddalena I. 
dall’ amor ferita con fortiflimi lacci , ed indiffolu- 
bili al fuo Signore fi ftringe nel chioftro. z. che 
tra le fue ineltimabifi languidezze viene efpolla al- 
le più dure prove in un acuta deflazione, 3, che 
ferita dall’ amore giunge a quella felice infaziabiii- 
tà di defiderj , pe’ quali tutta in Dio fi trasforma. 
Pattiamo avanti , ed oflerviamo come prova il pri- 
mo punto, 

— Virtù pra ndiflima fu fempremai (limata la fan- 
tità sì peli’ eroico ftaccamento dalle lufinghevolì 
pompe del mondo , sì pella generofa rinunzia di 
que’ piaceri , che vanno offrendo allo fpirito i fen- 
fi adulatori; sì per 1* arduo fatichevol cammino, 
batter conviene, fenza volger indietro lo fguardo 

T 4 giam* 


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I 


ig6 ' Libro Sejlo 

giammai per quella parte piegare il penfiero • ove 
1’ ombre Iole de’vizj albergando, potrieno fare ol- 
traggio a quella divina carità, che d’ogni virtude 
è la vita, ed il rariflimo fondamento, e faldiflimo 
è del viver Criftiano. Ma oh quanto malagevole 
cofa è al cuore umano un sì fegnalato trionfo! Le 
ricchezze , le dignità , la gloria , che in aria fafto- 
fa prefenta a’ fuoi abitatori la terra ; i piaceri , le 
lufinghe , le fperanze , e tutto ciò che di più tene- 
ro, e più amabile promettono i fenfi , fa sì, che 
la più parte degli uomini di quelle fplendidc 
infidie prefa , ed avvinta , e dall’ auftero fembiante 
della fantità sbigottito corre di buon grado dietro 
a quello infidiolo fplendore, fi dà in preda al pia- 
cere, e del mondo invaghita, ad effo lui con for- 
tiffimo laccio di buona voglia fi lega, e fiflringe. 
Ma chi può mai tanto alto portare 1* umana vir- 
tù , che ravvili gl’ inganni, e gli fùgga,che il dol- 
ce incanto delle fperanze àfcolti , e ad effo chiuda 
le orecchie , e che di tutto invincibilmente trion- 
fi ? Certo niun altra cofa, fe non l’ amore divino . 
S. Agoflino c’infegna, che allora quando quella di- 
vina fiamma domi na da fovrana in un cuore, fic- 
come eccitatrice potentiffima è dello fpirito uma- 
no, così inufitata forza , e coraggio infaticabil 
trasfonde* perciò cofa non vi ha, per malagevole, 
e per ifmifurata che fia , che non abbracci , e for- 
monti.e per quanta difficile e dura fembri nel fuo 
afpetto, farilifTima, e lieve amor la dipinge al 
cuor dell’ Amante . Quella maravigliofa forza di 
amore deh vagheggiamola in Maddalena ancora 
pargolleggiante . Se la piaga d’amore, al dire di 
S. Bonaventura è un defiderio violentiffimo , che 

co- 


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Delle dlverft / orti eP Orazioni . tpj 


come in focofo Arale cambiatoli , penetra la men- 
té umana , e ne impiaga gli affetti in tal guifa , 
che la forza agitatrice raffrenar non potendo, ar- 
de, bolle, ed anela , e coftringela ad efclamarei 
che è piagata di amore — cbartate vulnerata ego 
fum oh come quelle belle amorofe piaghe, que- 
lli bei cocentiffimi defidcrj lampeggiano in Mad- 
dalena ! Non Affiamo pertanto le noftre pupille in 
quella vivacità di fpiritoj non in quella docilità 
d’ingegno, non in quella avvenenza di volto, non 
in quelle maniere dolci , ed amabili , che non folo 
la predilezione de’fuoi Genitori le guadagnavano, 
e de’ fuoi domeflici , ma d’ ogni perfora eziandìo 
fbreftiera : quindi è che come cofa dal Ciel difce- 
fa rimirata era fiffamente da tutti, e con iftupor 
riguardata . Ma ben vagheggiamo quell’ aria di mo- 
deliia , che le lampeggiava lui volto, onde trafpa- 
riva anche al di fuori quella candidezza d’animo, 
e quegl’ innocenti affetti , che le alte radici aveva- 
no nella divina Carità . Vagheggiarti quel dolce con- 
tegno , onde fenza velo alcuno di fafto , o affet- 
tuofa finzione con altre nobili donzelle converfava, 
con deftrezza in effe l’ amor della verecondia ffil- 
lando bei germogli di virtude in que’ teneri cuori 
inneftando , e col fuo efempio frenando in effe tut- 
to ciò, che di vano, di puerile fentiffe. Vagheg- 
giam quel rifprtto, che ad ogni perfona fapea di- 
moftrare , comecché a lei infcrior nella nafcita , e 
quella obbedienza efecutrice prontiffima d’ ogni mi- 
nimo cenno de’fuoi Genitori. Se 1’ amore , dice A - 
goftino , è un bel pellegrinaggio , che fa 1’ uno a- 
mante nell’ altro; mirate dunque Maddalena già in 
traccia dei fuo Dilettò, non d’ altro pafcendo je 

fue 


2?S Libro Sejìo 

fue pupille, che dell’ immagine del Crocefiflo fuo 
Bene , non d’ altro le Tue labbra , che d’ Orazioni , 
c preghiere , non d’ altro il cuore , che di forti de* 
fiderj di amarlo' non d’altro le fue orecchie, che 
di ragionamenti de’ noftri altiffimi mifterj , e le 
fue interrogazioni portare fovra cofe, che fembra- 
vano oltrepaflare la fua capacità . Oh come gio- 
cónda cofa era il veder Maddalena nel più profon- 
do filenzio della notte, e ne’ penetrali più occulti 
di fua Cafa , dato tutto lo sfogo a’ fuoi affetti , e 
tutta la libertà alle fue accefe amorofe voglie pel- 
legrinar co’ fuoi penfieri nel Cielo, e cotanto ele- 
varli nella divina contemplazione, e cotanto im- 
mergerli a non vedere, e fentire,che con lagrime 
di tenerezza accorreva a vagheggiarla in quelle e- 
ftafi amorofiffime. Da quella bella piaga d’amore, 
come da forbente feconda nacque inelfa quella pro- 
penfione verfo de’ poveri , onde quel cibo fteflo de- 
tonato per fuo riftoro, ai medefimi diftribuiva.* 
nacque in elfa quella brama di procurare fempre 
più la gloria del fuo diletto ; onde a teneri fan- 
ciulletti, e alle rozze villanelle la pietade con di- 
ligenza itollava, e con tal defiderio, che giunfe 
perfino a verfare da’ fuoi cigli amare lagrime, al- 
lorché coftretta fu ad abbandonare le innocenti de- 
lizie della Campagna, e alla Città ritornare. Ma 
che non opera di grande un amor violento? Sem- 
brano incredibili certi movimenti , a chi per pro- 
va non li conofce. L’ómbra folo dell’amato ecci- 
ta palpiti improvvifi nel cuore. Perciò dice Ago- 
tono, datemi un amante, e intenderà quello, che 
dico. Intenderà, come Madalena tratta, e rapita 
dall’ ombra del fuo Diletto , piena d’ impazienza a 

co- 


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Delle dtverfe forti tf Orazioni . zpp 

color fi avvicini , che ricevuto lo avevano fottole 
miftiche ombre di pane. Intenderà quel non faper 
diftaecarfi dal fianco di fua cara Madre quel gior. 
no, in cui nutrita fi era del cibo de’ forti, e del 
pane degli Angioli . Intenderà come al fecondo lu- 
ftro ornai pervenuta fi vide tutta folgorar di leti- 
zia, ed amore, perchè conceduto le fu d’ accoglier- 
lo nella fua anima innamo rata . Intenderà l’ amarez- 
za di quelle lagrime , 1’ ardenza di que’ folpiri , e 
la violenza di quelle fmanie , onde era agi tata, al- 
lorché le veniva vietato per qualche riguardo il 
cibarfene. Intenderà, come per non mai mefcola- 
re, e confondere piaghe con piaghe, ed amore con 
amore confecraffe in voto al fuo Spofo celefte il 
più bel fiore de’ fuoi virginali candori • e per fer- 
marlo più puro divenuta ingegnofa nel fuo amore 
ora prendeffe i fuoi tardi, e cortiflimi fonni fovra 
povere paglie, ora con lunghi digiuni il fuo deli- 
cato corpo affligeffe , ed or con flagelli di pungen- 
ti fpine intrecciati lo teneffe fotto il governo, e 
la fignoria della fua innamorata ragione . Ma fe 
1’ amore di Maddalena è cotanto ingegnofo, non 
è meno impaziente il celefte Spofo di vederla 
con più forte laccio ftretta al fuo amore . Ma 
che ? Non è per avventura il cuor di Madda- 
lena fortemente allacciato? Il cuore d’un amante, 
dice Bonaventura , è ne’ lacci allorché di tutto fi 
dimentica, nè altro meditar può, che la dolce im- 
magine del fuo Diletto : quefta fola idea domina- 
trice porta fcolpita nella fua mente , e con memo- 
ria perenne la ftringe; con effa converfa nelle fue 
veglie , con effa prende i fuoi r ipofi , effa è la te- 
nera occupazione de’ lùoi fogni, ed effa è il primo 

pen- 


- 3®® Libro Seflo 

penfiero, che fiorifce nella fua mente, allorché lì 
lveglia — Hoc Jemper mente revolvit , perenni que me» 
mora r et’ net y hoc dormi ens fomniat , hoc vip Hans 
omni bora tra&at . — Or fé tale fi è lo fiato dì 
Maddalena, dunque Maddalena è ne’ lacci. Ah che 
l’amore non vuol compagnia, ama la folitudine, 
perchè troppo è gelofo . Maddalena perciò convie- 
ne lafciare il mondo, e col mondo abbandonar la 
gloria della voftra nobil Profapia; conviene con 
piè generofo calcar le paterne ricchezze , e dare un 
addio fempiterno a quelle lufinghiere fperanze , che 
la voftra natia beltà vi promette- beltà, che in 
voi rifplende fenza mendicar foccorfoda quelli or- 
namenti, di cui talora fi caricano le figliuole di 
Sion • per acquiftar merito di vaghezza col difpen- 
dio di più ore, e fpefle volte in vano, perchè o- 
ve fu avariflìma la natura, prodiga non puote ef- 
fer l’arte de’fuoi favoli. Conviene finalmente da* 
voftri Genitori divelta , rinchiudervi entro le an- 
guftie di una cella , tra il filenzio della folitudine, 
tra le ftrettezze della povertà, tra la foggezione 
dell’obbedienza. Ma con chi parlo Uditori? Fa- 
vello forfè ad alcun di coloro , che a noftri giorni 
il fuperbo vanto, e irragionevole fi danno di lpi- 
riti forti, perchè viliflìmi fchiavi del piacere ri- 
guardano la fuga del mondo, come un pregiudizio 
di debole fantafìa, e la cui forza di fpirito confi- 
tte nel baldanzofo difcredito della Pietà, e nel ne- 
gar fede a’Mifteri di noftra Santifiìma Religione? 
Se in quefto confifte la natura degli fpiriti forti , 
ogni anima vile, e brutale ; meritar può vanto sì 
eccelfo. Nò, a Maddalena io ragiono, Ja quale 
fapendo da S, Giovanni Crifoftomo , che ]’ amore 


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Delle dìverfe forti tT Orazioni . 301 

tutte le cofe difprezza , e l’ animo lega tenacemen- 
te allo fpirito dell’ amato • così chiufo l’ orecchio 
a’ dolci fuffuri delle lufinghe,le pupille allo fplen- 
dore della Famiglia , e delle ricchezze a forza di 
fofpiri, e di pianto efpugnata la reftìa volontà del 
fuo Genitore fvelta da lacci del mondo, nel cuor 
piagata , e con forti lacci avvinta , al fuo Dio nel- 
la Religion lì confacra . Confolatevi dunque , o 
Maddalena , nella folitudine più fi apriranno le vo- 
lare piaghe, e fempre più ftringerannofi i vofìri 
lacci. Voi fui bel principio, e fui primo verdeg- 
giare de’voftri anni farete efempio di virtù alle 
piantele più mature j colle voftre fervide piante ac- 
cenderete i cuori altrui , e farete un perfetto mo- 
dello di umiltà , di mortificazione , e d’ obbedienza^ 
e il folo vedervi nel chioftro fervirà di trionfo al- 
l’amor divino, perchè altre valorofe donzelle effo - 
folo eleggeran per ifpofo. Ma aimè! Io veggo la- 
grimar Maddalena , ma qual pianto importuno ! For- 
fè il filenzio, la folitudine , la penitenza fa tutta, 
fua prova nel cuor di lei , e a forza di lagrime 
conofcer le fanno qual differenza pafli tra il medi- 
tare difficili imprefe, e tra V efeguirle ? Piange 
Maddalena , e quel pianto è novella prova dell’ a- 
mor fuo . Piange ; perchè il Padre di Lei defidera 
il fuo ritratto. Ecco qual fi è la cagione di la- 
grime così acerbe. Ma fi confoli pur Maddalena, 
che fe il fuo verace fembiante genera in altrui fen- 
fi di bella pietà , il fuo ritratto farà mai femore 
una riprova di quell’ amore , che la divelfe dal mon- 
do, acciò le fue fiamme nuovo alimento prendendo 
la riduceffero a felici languidezze. Pianta gentile, 
che tra la fai /atichezza de’bofchi allevata pur bel- 

lift- 


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3 01 ' Libro Sejlo 

liflimi frutti, e delicatiflimi partoriva, fe egli av- 
viai mai , che in piìi dolce terreno , e più fertile 
Ila trapiantata, oh allora sì, che ingentilire , e di 
rovelle frondi fi vefte, di maravigliofi fiori fi ca- 
rica , e con bella pompa sfogandofi foiega con iftu- 
pore la ricchezza de’ frutti fuoi;' così Maddalena 
dal fecolo trapiantata nell’odorifero chiufo del Sal- 
vatore, d’amore in amore pafsò, di novelle fiam- 
me, e più forti fi accefe fino a languire tra fuoi 
sfinimenti 

Badi fin qui , che credo polla efler fufficiente 
per ifcoprire l’arte ufata nella prima prova dell’ ef- 
pofio Panegirico. Si olfervi, come primieramente 
è fiata al vivo efprefla la forza dell’ amor divino , 
poi con qual artifizio fpiegate le caufe, defcritti 
gli effetti del medefimo, i quali tutti fpecifica- 
mente li fa l’Oratore vedere imprefli nell’anima 
di Maddalena, appaflionata per il fuo Dio. Si 
defcrivono tutte le prerogative di detta Santa, le 

J [uali per quanto fieno forprendenti , tutte fi con- 
acrano da Lei al fuo Bene, con un difpregio to- 
tale degli accarezzamenti , e lufinghe mondane . Ri- 
corre fubito alle circoftanze dell’amore, e le ap- 
propria al cuor di Maddalena, accefo di fuoco per 
il Celefte fuo Spofo &c. Sorprendente è l’ordine 
feguito in ciò provare, vago lo ftile, amena la 
teflitura; e chi potefle giungere a così comporre 
potrebbe giuftamente ufurparfi il nome di elo- 
quente Dicitore. 


*» 


ir. 


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t 


Delle diverfe forti e? Orazioni. 303 

I I. 

Dell * Orazione Funebre , 

§. I. 

L’Orazione -Funebre, come la voce iftefla lo 
dice, è quella, che fi fa nel funerale di qualche 
perfonaggio , oppure nel giorno anniverfario del me» 
defimo. Antichiflimo è l’ufo di quella forte d’O- 
razioni , come in una elegante diflertazione ce lo 
dimoftra Diorìifio Alicarnafsèo. Preflo i Greci fo- 
ftiene , che 1* inventore folTe Solone uno dei 
fette fapienti ; prelfo i Romani poi un certo Va- 
lerio Publicola, il quale onorò per il primo con 
una funebre Orazione un fuo Collega Giunio Bru- 
to ri mallo uccifo nella battaglia contro i Tarqui- 
nj , e fin da quel tempo ebbe tanto applaufo l’ En- 
comio Funebre, che pafsò in ufo, il quale a’ gior- 
ni nollri nella morte di qualche ragguardevole per* 
fona ancor fi profegue. 

%• 

Di tre parti foftengono i Retori dover efler com- 
polla l’Orazione Funebre. La prima dee avere quel- 
la lode, che merita fia data al Defonto mediante 
le pregievoli operazioni del medefimo in vita efe- 
guite, la quale dee efler trattata con artifizio, e 
con moderazione , acciò non degeneri in adulazione . 
La feconda dee contenere la confolazione diretta ai 
Parenti, con far apparire, che fe la perdita fatta 
è fiata grande , degna di efiere da tutti compianta, 

que- 


3©4 . Libro Sflo • v 

quella è in qualche modo compenfata dalle memo- 
rie, che ha lafciato alla pofterità; che fe non vi- 
ve più la perfona , vivono per Tempre le Tue gefia* 
che fe perduto fi è un uomo sì degno in terra , fi 
è acquifiata un’anima in Cielo , la quale preghe- 
rà l’Alriflimo, che fi aumentino le grazie, favo- 
ri , foftanze , beni fopra di loro • che prefio , o tar- 
di dovea fa r e un tal palfaggio, giacché chi nafce 
dee morire &c. La terza parte dee contenere l’E- 
fortazione , che deefi fare a quelli , che fono refia- 
ti in vita, acciò fi fpecchino nelle virtù del De- 
funto, e procurino d' imitarlo, 

•' r v ■ ' ■ . . < 

3* ' >! 

1 ’v iì. ’i, 1 . *• •• • » , * . , , , 

>• L* artifizio, che deefi ufare nelle Orazioni Fu- 
nebri, è fimile a quello da noi oflervato nei Pa- 
-negirici . Il P. Decolonia nel, Hb. 4 . della fua Ret- 
torica dà alcune regole , e precetti da praticarfi nel 
tefiere quelle Orazioni , i quali brevemente io qui 
riporto* L’ efordio dell’ Orazion Funebre, il quale 
deve in tutte le Tue parti rapprefentare meftizia , 
cordoglio, e pianto da moltilfimi fonti fi può ri- 
cavare . 1 . da una veemente efclamazione. dalla 
perdita caufata , come farebbe fc uno incominciaf- 
fe il fuo efordio così . — O fallaci : noftre fperan- 
ze, o fragili beni di quelle vita, o noftri defide.- 
rj vani , ed inutili &c. — ovvero come incomin- 
ciò- una Tua Orazione un eruditi ffimo Oratore —Che 
efiro? Che immagini? Che ardore? Che enfafi di 
favellare, Riveritiflimi Afcoltatori &c. z. fi può 
formare l’ efordio dalla defcrizione del funebre ap- 
parato , o dal metto filenzio degli Afcoltanti , dal- 


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Delle diverfe forti d' Orazioni , 30 $ 

le pareti a bruno vellite, dai flebili canti, c da 
diverft altri fegni di lutto , che cagionano un cer- 
to fagro orrore ai riguardanti , e di quelli Efordi 
ne fon pieni i libri. Eccone uno nell’ Orazione fu- 
nebre recitata in Arezzo nella Chiefa di S. Maria 
in Gradi dei RR. Monaci Camaldolefi in occafione 
di celebrarvifi un folennc funerale pel Defunto Mon- 
fignor Bali Gregorio Redi. ,, Quantunque e ilme- 
„ fto fllenzio di voi , Aretini Riveritiflimi , e la 
„ lugubre maeftofa pompa , che qui oggi s’ innalza , e 
„ le Pareti ftefle di quello Tempio a trillo lutto 
„ funellamente vellite, nell’ animo richiamandomi 
„ l’acerba morte del virtuofiflimo Monfignor vo- 
„ Uro Gregorio Redi , da me con alta liima cono- 
„ feiuto, e, ha men di un anno ( ahi feral ricor- 
„ danza ! ) loavemente riverito , e trattato , a pia- 
„ gnere piuttollo, e a rammaricarmi con elfo voi 
,, della gran perdita, che a favellare m’ invitino? 
„ tutta volta poiché abballanza fin qui fi è dato 
,, sfogo al dolore, e ragion vuole, che oramai àl- 
„ la virtù di un tant’Uomo rendafi alcun tributo 
,, di lode, fopprefli con miglior fenno i lamenti, 
,, a quello pagare giulla mia pofia , effendovi coti 
,, piaciuto, mi accingo &c. 3. fi può ordire 1’ e- 
iordio con qualche memorabile fentimento , che di- 
mollri la forte delle cofe umane eflcr caduca , e 
fragile, che i beni di quella vita fono un ombra, 
che prello fvanifee? &c. 4, dagli aggiunti , circòflanze* 
fegni &c. che prediflero , accompagnarono , e feguU 
rono la morte. 5. Gioverà il far’ ufo alle veite 
dell’ efordio ex aùrupto • giacché quello pe'- eflet* 
impttuofo, ed efprimente è più idoneo a muovere 
la compaflione , di quello che fi a l’ efoedio mode- 

V. * rato, 

\ 


Digitile 


%o6 Libro Sejlo 

rato, artifiziofo , ed ordinato- come veder fi può 
in quell’ eforóio dell’ orazione per la morte di Sua 
Altezza Reale D. Filippo di Borbone Infante di 
Spagna , Duca di Parma , Piacenza , Guaftalla &c. 
&c. „ E pronunziare potrò quel Nome Augufto, 
che è l’obbictto di quella pompa funebre: il 
„ nome, di quel Padre, cui teffe in oggi sì lamen- 
9 , tevol corona l’ inconfolabil Reai fuo Figlio : il 
,, nome di quel Sovrano, che sì teneramente ci 
„ amava; Padre che non è pih, Sovrano, che ab- 
„ biamo perduto , pronunziare il potrò lenza inter- 
„ rompere le mie voci coi fofpiri , e coi gemiti ? 
,, Flanno un bel dirmi i Filofofi, quella effere dei 
„ mortali la condizione, venire al duolo troppo 
„ fpeflo eccitati, cofa perciò non avervi nefiuna 
,, quanto le lagrime, in cui debba effere Tuoni 
„ l'avio più ritenuto, e' più parco. Sedotti fono, 
„ e feducenti ragionatori: uomini di dura piutto- 
„ fio, che di forte prudenza, o d’umanità fpoglia- 
„ ti, o che non furon giammai da folenne avver- 
„ fo colpo percoffi. Ah! eh’ egli è pur difficile 
„ premere col filenzio una profonda ferita, c non 
„ dolerli , e non gemere , dov’ è troppo grande , e 
,, del dolore, e del gemito la cagione &c. „ 

. Le prove della propofizione , che fi comprendo- 
no tutte lotto quello nome di Confermazione, de- 
vono avere quelle /parti di fopra efpofle, cioè lo- 
de.,. confolazione , ed efortazione. Nel lodare il 
defonfo fi oflervi quel tanto degno d’elfer offerva- 
to nella telfitura dei Panegirici ; giacché non v’ è 
idtra differenza, che il foggetto dei medefimi è 
un Santo, in quelle un Uomo, che fu di vita e- 
femplare , dl;ottinJÌ‘ coftumi , adorno di tutte le 


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Delle dlverfe forti d' Orazioni . 307 

ottime qualità, doti, e prerogative Criltiane. E 
benché il Panegirico per fé ftelfo cagioni allegrez- 
za , e piacere a chi l’ àfcolta • e l’ Orazione Fune- 
bre meftizia, triltezza , e dolore* pure fembra che 
in qualche parte atto fia a mitigarlo , col ramme- 
morare la bella condotta di vita del Definito, gli 
onori pofleduti con retta giultizia, l’applaufo ri- 
tratto dalla Tua virtù, e la gloria lafciata ai Fi- 
gli , ai Nepoti , ai parenti , i quali unitamente con 
i beni di fortuna quella ereditano . Che tfirò poi , 
fe la di lui morte folle feguita perdifefa della Pa- 
tria , del fuo Principe & c. ? Quello folo motivo 
farebbe fufficiente idea, e materia a tutta 1 ’ Ora- 
zione , 

Ancor nella Perorazione deve regnare l’arte. Tn 
ella , conforme il fentimento comune di tutti i Re- 
tori , devonfi confiderai tre parti . Nella prima ri- 
pregare dall’ Altiflimo un’eterna felicità alla per- 
fona morta . Nella feconda elortare i viventi . ac- 
ciò confervino fempre memoria del medefimo . Nel- 
la terza eccitare un defiderio grande negli animi 
degli Uditori d’ imitarlo . Ed ecco in breve efpo- 
fto l’ artifizio , che nelle Orazioni Funebri deefi 
ufare* a chi deve comporle reità praticarlo. 


fdodo di far la felva per le Orazioni Funebri . ' 


In quella medefima maniera , con cui fi è fatto 
antecedentemente la felva per un Panegirico , fi può 
fare per le Orazioni Funebri * e la neceflità ancora 
è la ftefla . Noi addurremo * un efem pio riportato 

V z nel- 




ft 


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308 Libro Seflo 

nella fua Rettorica dal P. Serra , dal quale faremo 
in quefta parte ottimamente ammaeftrati . Il P. 
Sellati pria di Pendere la fua Orazione funebre in 
lode della Serer.ifTima Anna Tfabella Gonzaga Du- 
chefta di Mantova formò quefta felva . Fifsò il fuo 
aftunto, e fu di dimoftrare come quefta Principeffa 
fi rendette cara a£>li Uomini del pari, che a Dio. 
Determinò poi di provare la prima parte del fuo 
aftunto col dimoftrare , trovarfi in etta requifiti va- 
levoli per farfi amare dagli uomini, e fono. Pri- 
mo, un elevata fortuna, come nobiltà, potenza, 
dominio, e tuttociò che concorre a formare un \ 
Pi inope. Secondo, le virtù proprie d’una fortuna 
elevata , che fono le fovrane , e le politiche , che 
governano i popoli fecondo la giuftizia , come i. 
il configlio, 2. la prudenza, q. il coraggio nelle 
contingenze di guerra. 4. la giuftizia, e 5. la be- 
neficenza amminiftrata a’fudditi in tempo di pace. 
Terzo, le virtù proprie di una condizione privata, 
come 1. la bontà. 2. la cortefia.q. la compaffio- 
ne verfo de* fudditi . 4. la fua ubbidienza al Sere* 
niffimo Duca fuo Spofo . S’ accinfe a provare la fe- 
conda parte del fuo aftunto con dimoftrare nella 
Principeffa defonta primieramente i doni ricevuti 
da Dio per poterlo amare, e fono I. un anima 
buona. 2. un ottima cognizione in faper difcerne- 
re il bene dal male. 3. il fanto timor di Dio. 
Secondariamente la fua corrifpondenza , e come ob- 
bligata a procurare la propria falute, e come ob- 
bligata a procurare la falute de’ fudditi. Dimoftrò 
la prima corrifpondenza con efporre 1. l’innocen- 
za de’ fuoi coftumi. 2. la fua gran divozione si 
nell’ orare, come nella frequenza de’ Sacramenti , e, 


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I 


Delie dìverfe forti df Orazioni . 

in qualunque altra azione Crifliana. 3. la fua pro- 
fondiflima umiltà . Dimoftrò la feconda corrifpon- 
denza con efporre il fuo ardente, ed infieme pru- 
dente zelo nel promuovere la Crifliana pietà prima 
ne’ Tuoi Cortegiani , poi nel rimanente de’ fuoi fud- 
diti &c. Tutto quello poi difpone con vaghezza, 
ingegno, ed ordine 8c c. 

$• S* 

Acciò ancor dell* Orazioni Funebri uno aver pof- 
fa un efemplare avanti gli occhj , regirtriamo una 
parte d’ un Orazione Funebre comporta per la mor- 
te di S. Maertà Elifabetta Farnefe Regina Vedova delle 
Spagne, nella quale ammirerafli la bella Difpofi- 
zione . 

Confiliimi illìus Jìcut fons vitre . Eccl. 21. 16. 

— All’ ultimo Germe dell’ Illurtre Cafa Farnefe* 
alla piìi grande Eroina , che mai ufeirte di quel 
Sangue Sovrano; ad Elifabetta virtuofìffima, e po- 
tentiflìma Cattolica Regina delle Spagne, fono que- 
lli gli ultimi onori , funebri lamentevoli onori , che 
in oggi porge il nortro Reale Infante, come tene- 
ro Figlio ad una Madre amantiflima, come Nipo- 
te riconofcente ad un’ Ava benefica , ed in qual 
luogo , o Signori , forge il rogo funereo alla noftra 
pietà , ed alle lagrime nortre deftinato ? In quella 
Chiefa, in quefta Chiefa medefima , il cui pavi- 
mento è come fparfo, e feminato di Corone, e di 
Scettri dalla morte rotti , ed infranti ; dove tutto 
ci paria del nulla delle umane grandezze, e mette 
in giorno chiariamo quella gran verità : ciò , che 
ebbe incominciamento , volger prefto al fuo termi- 

V 3 ne. 


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aio Libro Se/lo ■ 

ne, c nei divini decreti eflere ftabiliti i momenti 
di loro durata alle più ofcure non meno; che alle 
più luminofe Famiglie. Farnefe pianta di Eroi qual 
turbine, qual fero turbine dalle radici ti fvelfe,ed 
agli occhj noli ri ti tolfe? A poche ceneri, tu fei 
ridotta in quell’oggi, ed è pur quella quella fofla 
breviflima, che le raccoglie. Altro dunque non ci 
rimane di quel grande Aledandro, il fulmine del- 
le Fiandre, che per lo fuo coraggio, e militare 
fperienza meritò di contendere col più illuminato, 
e più valorofo dei Re Enrico IV. di Francia?! Ah 
invitti Guerrieri, llrignete palma con palma, che 
il voflro fangue dovrà un dì mefcolarfi a {correre 
più gloriofo nelle vene degli Eroi!) Altro dunque 
non ci rimane dei Ranuzj, e degli Odoardi , e dei 
Francefchi, Padri un giorno di quella Patria , e di 
quello Stato felici Moderatori ? E fono perduti per 
fempre , e F Augulla pianta è recifa? -Oh lezione 
di difinganno, vanità della terra! Quante lagrime 
verfar dovremmo fu di quelle ceneri fi elTe,fe non 
follerò le noflre perdite riparate da miglior fato! 
Amabiliflimo Reai Infante, quai gemiti ci rifpar- 
jpiate in quell’oggi colla vollra prefenza , colla vo- 
llra fanità , con quella mano benefica , che ci fo- 
Iliene, e colle fperanze anche maggiori, che in voi 
fviluppanfi allo fvilupparfi degli anni. Ma così è, - 
miei Signori , che gli fleffi Dei della terra nudi 
rimangono, e d’ogni cofa fpogliati * muojono alla 
loro grs/ldezza , e fe vivon pure nella memoria dei 
fecoli,'non vivono già, perchè furono Sovrani, ma 
perchè furono Eroi, cioè benefattori delftman ge- 
nere. Vivrà eterno nei falli dell’ Europa il nome 
di Elifabetta Farnefe, non perchè nacque Sovrana, 

. . non 


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Delle ctiverfe forti éf Orazione • 3 { { 

non perchè fu innalzata ad uno de’ più leminofi 
Troni del mondo* ma perchè Teppe in Te flelfa rac- 
cogliere le virtù di quella Pianta felice, di cui fu 
1 ultimo frutto, e le virtù di quella Pianta affai 
più Augufla, e felice, alla quale venne innevata. 
Virtù che tutte di rapprefentarvi mi avvifo in un 
fol punto di villa , col chiamare la noflra Eroina 
una Donna di gran configlio - Fu lo fpirito del 
configlio il fonte di quella vita gloriofa , che avrà 
piai fempre nella memoria de’ poderi - Confiltum 
illìusfìcut fons vitte - « Ed in qual maniera , o Signo- 
ri ? Collo fpirito del configlio dirigger Teppe il 
fuo cuore : collo fpirito del configlio Teppe far ufo 
di Tua grandezza . Altra gravità di eloquenza , ed 
altro pefo di Orazioni richiederebbe, Uditori, la 
magnificenza dell’argomento, ma qual bifogno di 
prefiigi della facondia , dove il Nome folo di una 
grande Eroina tragge feco la piena delle Tue glorie ! 

Se la buona indole, e genero fa è un gran fon- 
damento della virtù , qual’ anima parve mai meglio 
alla virtù deflinata di quello folfe l’ anima grande 
d’Elifabetra Farnefe? Il fangue da cui tralfe l’ori- 
gine , le portò in feno , e fpirito , e vivacità , e 
bollore j paffioni forti, ma generofe, ed al bene 
naturalmente inclinate, fiere per impeto di natura, 
ma docili alla difciplina della ragione * un vigor 
mafehio per volere il giuflo, e Tonello, ed una 
certa penetrazione vivifiima per conofcerlo * Tutta^ 
fuoco a concepire grandi idee, lenta abbaftqnza per 
maturarle , e collante oltre ogni credere pèr efe* 
guirle Qtiefl’ è il ritratto della noflra Eroina, e 
fono quelle le anime grandi , fu delle quali può 
tutto e la ragione, e la grazia* Egli è ben ver o t - 
V 4 o Si- 




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3 1 1 Libro Se/lo 

o Signori , che tali anime non debbono molte vol- 
te il titolo di grandi , che a certe azioni di dre- 
pito, le quali non hanno di grande che lo fpetta- 
colo . Avyi delle occaGoni , in cui gli occhj del 
Pubblico, e Ja gloria del fucceffo predano all’ani- 
ma una forza, ed una grandezza draniera. L’ or- 
goglio allora fa prendere come in predilo i fenti- 
menti della virtù, fupera l’uomo deflo,e più non 
fi modra per quel ch’egli è. Quanti Conquidatori 
nelle Storie famofi alla teda delle armate, ed in 
un giorno di azione parevano più che Eroi , ma 
nel dettaglio dei codumi , e nella privata loro So- 
cietà appena erano Uomini! Eccone il perchè j nel- 
le occaGoni di drepito 1’ uomo è come fopra il 
Teatro: egli rapprefenta ; ma nel corfo ordinario 
delle azioni della vita egli è in certa maniera co- 
me renduto a fe defifo . E* egli folo , che compa- 
rifce: abbandona il perfonaggio, e più non modra 
che la perfona.Ma non fono quedi gli Eroi .Quel- 
li Gaiamente di un tal nome fono degni , che fono 
uguali a fc dedi così in faccia di tutto il mondo, 
come negli angoli di lor ritiro. Tale fu Elifabet- 
ta Farnefe, che feppe egualmente e brillar Regina 
- fui Trono, ed occuparG privata nel domedico di 
fu a Famiglia, e nell’uno, e nell’altra grande com- 
parire , perchè virtuofa . Allo fpirito del configlio 
di tutto fu debitrice. Ma che cofa è conGglio?II 
configlio è una ricerca della ragione, per cui muo» 
veG la ragionevole Creatura ad operar ciò, che è 
bene. Queda ricerca è il conGglio, ed è un arte 
di fciegliere tra molti obbietti quello, che merita 
h preferenza. Lo fpirito del configio perciò hi 
• due impieghi nell’ Uomo, rifchiaraie l’ intelletto e 

rego- 



Delle dìverfe forti d* Orazioni . 313 

regolare la volontà , dirigere nelle raaflime fpecu- 
lative , egualmente che nelle pratiche . Quello fpiri- 
fo di configlio fu il carattere della Farnefe . Cercò 
femore il migliore per collantemente abbracciarlo, 
e quello credette elìfere migliore , che trovò pili 
conforme a’ fuoi privati , ed a’ fuoi Sovrani doveri. 
Con quello diriger Teppe !l fuo cuore in qualità 
di Moglie, in qualità di Madre, e fu una tenera 
Moglie, fu una Madre follecita. Politici del fe- 
colo, in vano vi adoperate a moltiplicare gli olla- 
coli per impedire Nozze tanto gloriofe, quanto 
quelle di Elifabetta li furono . Ha prefo il Cielo 
le fue mifure, 1 col Ciclo non fi contraila. Fi- 
lippo Quinto Borbone Invitto Re delle Spagne , da- 
re volendo u fuoi fudditi una Famiglia di Eroi , 
fola elette del fuo Trono Compagna la noftra Far- 
nefe, che fola parve degna di Lui. Egli è quello 
per fe un compiuto elogio della gran Donna , il 
falire a tanta elevazione per la feelta di un Prin- 
cipe sì illuminato, e sì grande. Oh felle fagrate, 
per cui efultarono quelle vie! felici Nozze, pudi- 
co velo , Benedizione , Sacrifizio ! Potrò io melco- 
lare la ricordanza di voftre pompe con quelle pom- 
pe funebri , che ce ne annunziano le rovine ? Par- 
ma allora perdette ciò che la Spagna acquillò, e 
ciò che in oggi e la Spagna, e noi abbiamo per- 
duto egualmente. Introdotta appena nelle Cattolica 
Reggia , quali furono i fuoi primi penfieri ? Quelli 
di amare, e di renderfi amabile allo Auguflo fuo 
Spofo. Eccola perciò in movimento a tutte rico- 
piare in fe (tetta le virtìi di Filippo , ftudiarne il 
cuore , le paflioni , i genj , le tendenze per compia- 
cerle , in fine efier limile a lui , e così compierò 

quel 


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J 


314 L'bro Seflo 

quel grande obbietto, che fu da Dio ftabilito nel 
principio del mondo , quando diede la prima don- 
na al primo uomo compagna . Era nei due Re- 
gi Conforti una gara di benevolenza , di p : età, 
di giuftizia , e nell’ efercizio delle Criftiane tut- 
te, e delle Reali virtù l’uno non era all’altro in- 
feriore, fe non la noltra Eroina per quello non 
voglia dirfi inferiore , perchè come Moglie fog- 
getta era , ed ubbidiente al fuo Capo . Ma non 
tardò molto l’ avveduto Monarca a difcoprire la 
forza, il genio, la penetrazione di quell’ anima 
grande , e lotto le fembianze d’ una tenera Moglie 
i talenti tutti di una illuminata Sovrana . Voleva 
perciò confutarla per qualche volta nelle Princi- 
pesche fue cure ; e qui è miei Signori , dove die- 
de prove fenfibili di fua tenerezza verfo l’augullo 
Conforte . Il buon efito degli affari , in bocca del- 
la Regina tutto dovevafi al Re: l’ efito qualche 
volta infelice attribuiva a fe fleffa. Dalla clemen- 
za del Rè otteneva grazie a’ colpevoli , a’ nemici 
perdono, a’ miferi beneficenze* ma a chi fi prò* 
vaffe di ringraziarla , foleva dire piacevolmente : — 
a me non fi debbono ringraziamenti : andate, e rin- 
graziate il Rè, perchè egli Solo può far le gfa- 
zie-. Cosi la luce tutto rifchiara, e vivifica il 
mondo* ma accenna fempre quel Sole, da cui di- 
pende . Ad Efifabetta ballava , che gloriofo foffe il 
fuo Spofo , ed era di quello folo contenta . Degna 
maflima di una Moglie , ma che adattar non fi 
può, fe ad una giufta penetrazione di fpirito uni- 
ta non fia un eguale tenerezza di cuore. Ed avvi 
pure delle circoftanze, Uditori nel corfo di quella, 
vita mortale , in cui e Sovrani , e Sudditi eguali . 


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Delle dìverfe forti à' Orazioni . 31 £ 

fono , perchè fentono egualmente le (coffe di loro 
mortalità . Dallo fpirito del configlio erudita la 
noftra Farnefe, quello conobbe, effere una Moglie 
chiamata a partecipare egualmente e le buone , e 
le ree venture del fuo Conforte. Tutte quindi ef- 
primeva nell’animo, e fue riputava le tolleranze 
dell auguro fuo Spofo , mentr’ era nel tempo ftef- 
fo, ed ardente, e follecita in follevare. Non fe-^ 
pararfi mai dal fuo fuo fianco, e non voler vive- 
re , che per foffrire con lui . E quando piacque al- 
la Providenza celefle di rapire quell’ anima grande* 
anzi che rallèntarfi la tenerezza di noftra Eroina » 
parve fi faceffe anche maggiore. Altro ritiro non 
volle, fuorché quello ftefiò, che l’amata Spoglia 
chiudeva , e giunta a S. Idelfonfo , prima di met- 
ter piè nei Reali Appartamenti , volò alla Tomba 
del diletto Spofo, riandò quelle ferali orme di mor- 
te le bagnò col fuo pianto , e due gran vittime of^ 
ferfe nel- tempo fteffo al fuo Dio, la vita del Rè, 
ed il proprio dolore. Dopo una perdita sì funefta 
non ebbe piò il Mondo allettamenti per lei. Ri-», 
nunziò da quel punto a’ piò innocenti piaceri, fif- 
fa mai fempre nel dolente penfiero di avere per- 
duta in uno Spofo amantiflimo la miglior parte di 
fe medefima. Di quelle Mogli, o Signori , perchè 
non ne abbiamo noi molte ad onorare la Religio- 
ne , e a render felice la Società ! Una Moglie si 
tenera e per bontà di natura, e per virtù di con- 
iglio , e per forza di rifleflìone , non potea non 
effere anche una Madre follecita. Piovè Iddio nel 
feno ,augufto di fua Madre le fue benedizioni* 
e vide crefcere la numerofa fua prole, quafi in- 
campo fecondo novelle piante di pacifico ulivo., nel 
• ' • giro 


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3^ Libro Se/lo 

giro della fua Reggia. Ma dallo fpirito illuftrata 
di Criftiano configlio, conobbe da Dio eflere ogni 
paternità e fu in Cielo , e giu nella T erra , eu in 
ciò confiftere l’amor follccito di una Madre, nel 
ritornargli a Dio folo con una piiilima educazione. 
Quanto Audio nella fcelta dei Direttori , che li 
formaffero, e quali doti in efli non richiedeva!, 
Quanta follecitudine nell’ allontanare dal loro fian- 
co chiunque ardifle pronunziar qualche maflima di 
meno onefla morale! Ardeva allora di zelo, che 
fuor degli occhj vibrandofi , faceva temere al col- 
pevole quanto ha di terribile la giuda vendetta di 
una Madre, e lo fdegno potente d’ una Sovrana. 
Ma fodero pure quali eflere dovevano d’ ognifpe- 
ranza più grandi i Genj a tanta cura trafcelti , non 
era paga con tutto ciò. In mezzo allo ftrepito della 
Corte , forte rimprovero a tante Madri private , vo- 
leva educargli ella ftefla , e nei principj di Religio-: 
ne, e nelle maflime di pietà. Udir voleva dalla 
lor bocca le regole direttrici delle nafcenti loro vir- 
tù , ed ai lumi chiamarle della ragione , ai diri tti 
della focietà, alle leggi del Sacrofanto Vangelo. Se 
non che quel cuore medefimo, che la rendeva tan- 
to follecita, faceva ben prevedere alla intendentif- 
fìma Principefla, che nel tempo fteflo,in cui edu- 
cava i fuoi Figli, educava de’ Principi , e de’ Reg-, 
girori all’Europa, tanto perciò dover eflere la fua, 
follecitudine maggiore, quanto è più difficile dare 
al mondo dei Sovrani , che allevare dei Sudditi ai 
Sovrani del mondo . Li volle quindi nelle virtù 
degli Eroi di buon ora formati, perche degni fof-; 
fero di quell’ Impero , cui deftinavali la Previden- 
za. Volle imparaflero a vivere cosi tra gliagideK 


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Delle dlverfe forti tt Orazioni . 

la Corte, come alla tetta delle Armate, e nei di« 
fagi di un campo, a fopportare i colpi della forte, 
a bravar la opulenza, egualmente che la miferia, 
ad edere Principi in ogni luogo, in ogni tempo, 
in ogni circottanza . Torteli li volle , manierofi , ed 
affabili con genti d’ogni maniera, generali , libe- 
rali , e benefici , ripetendo ad etti fovente quella 
gran mattìma — Non doni il Principe fc non vuol 
dorare da Principe. — A dir tutto non le ballava 
formar dei Sovrani, fe tali non li formafTe, che 
fofTero la felicità dei loro Sudditi. E noi, noi me- 
definii fiamo pure teftimonj del frutto grande di 
fue lezioni. Allevatili con tanta cura al governo 
degli uomini , fu appretto del Re follecita pronao- 
vitrice dei fovrani loro deftini . Nè qui 1* affetto 
di Madre fuperòdi alcun poco i doveri della Giu- 
flizia.*che non cercò di elevarli fe non coi proprj 
diritti, e coi diritti della Corona. Spoglioffi delle 
fue ragioni per inveitimeli : con occhi afeiutti due 
ne vide dal materno fianco (laccarli nel fiore degli 
anni per efporfi ai pericoli delia guerra, udì fenza 
fcuoterfi le vicende delle armi alcuna volta infeli- 
ci; ma non fi diede già pofa quella Madre folle- 
cita fino a vedergli in pofledimento pacifico di lo- 
ro ragioni . Ed oh il bel frutto di fue follecite cu- 
re! La numerofa prole di Eroi, che diede all’Eu- 
ropa ! Una Regina al Portogallo , una Delfina alla 
Francia, una Duchefla alla Savoja, un Re alle due 
Sicilie, gloriofiflimo in oggi Monarca delle Spagne. 
Oh dì feliciffuno, in cui lo invitto Re Carlo tra 
le lagrime , e i voti degl’ Itali Genj , che abban- 
donava, fu incontrato la prima volta da quella Ma- 
dre follecita, ricco la fronte, ed adorno colle lumi- 

no- 


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I 


318 Libro Seflo 

fiofe Coróne delle Spagne , e deir Tndie ! oh lunghi anni 
di penoliffima afl'enza , come bene da così lieto i- 
ftante ricompenfari ! Teneriflìmi amplefli , voci in- 
terrotte dal giubbilo, lagrime di piacere, che da- 
gli occhi fgorgafte di una Madre , che dopo ftagio- 
ne sì lunga abbracciava il luo Figlio, e- nel fuo 
Figlio il Tuo Re, quanto fotte divede da quelle 
lagrime di amarezza , giallo tributo del materno 
dolore alla morte immatura di un altro Figlio * 
che fu, o Parma, il tuo Reale Sovrano! Amaoile 
D. Filippo , e debbo pure mefcolar le tue ceneri 
colle ceneri di una Madre sì cara , e richiamare 
fui labbro il tuo Nome, e riaprire l’acerba mia 
piaga, e rinnovare la memoria di quella perdita, 
éhe non potrà mai eguagliarfi dal giutto nottro do- 
lore? In tanta, e sì oppotta vicilfitudine di cole 
quello difpofe la Providenzà celefte, che la noftra 
Eroina fu ogni giorno più docile allo l'pirito del 
contìglio -e le con quello diriger feppe il fuo cuo- 
re, e fu una tenera Moglie, una Madre follecita, 
da quello anche animata conobbe la vanità della 
terra , feppe far ufo dì fua grandezza , e fu mai 
fempre una Regina modella , una Regina benefi- 
ca &c r 

Fin qui continuali la Prova del Primo Punto •' 
e quello fufficiente ila a far apparire la difpofizio- 
ne artificiofa dell’ Orazione prelente . L’amore fer- 
bato da Sua Maeftà al fuo Conforte , la fedeltà 1 * 
ubbidienza, le premurofe di lei cure nell’ educare 
la Prole formano tutto lò feopo dell’ Orazion FuJ 
nebre ; che fe ad alcuno piaccfle di 'leggere OrazicK 
ni intere, per più a lungo confiderare 1’ arte, che 
richiedefi nel comporle, può lèggeré’le ProfeFiò» 

ren- 


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/ 


« Delle diverfe forti d' Orazioni . gjp 

rentine , Arcadiche , ed altri libri , ne* quali copio- 
famente vi li trovano . Io ho dato un faggio , ac- 
ciò li Giovani dopo aver avuti i Precetti imparino- 
la pratica , e per quello mi lon contentato di tra- 
fcriverne la metà, e non più; chi brama di piu 
avere, e piu leggere prenda Autori' claffici, e fon- 
damentali . 

III. 


Dell' Orazione Accademica . 

§ i- : 


Orazioni Accademiche fi chiamano quelle, che 
fi 'recitano nelle pubbliche adunanze di Uomini Let- 
terati , convocate a folo fine di afcoltare le lodi di 
qualche Uomo , fcienze , virtù , e loro vantaggi . 
Da qui fi può ben conofcere, che quelle poflono 
ellcre non lblo in genere efornativo , ma ancora de- 
liberativo, anzi più in quello, che nel primo. L* ar- 
tifizio di quelle Orazioni è differente da quello di 
tutte le altre, come ancora lo flile , il quale fuol 
effere Paliorale benché per 1’ ottima elocuzione, 
per le gravi fentenze fembra accoltarfi al fublime. 
I penfieri hanno del Poetico , i concetti del maeflofo . 
I periodi fonori , la trafpofizione fia armoniofa , aflidue 
le metafore , vaghe le allegorie , ben efprelfe le fimili- 
tudini . Antichilfimo poi è 1* ufo delle Accademie , 
come dimollrai in una mia Diflertazione nell’anno 
fcorfo , diretta ad un mio amico , al quale efponeva i 
vantaggi delle medefime, ed i premj dati nei pri- 
mi tempi da* Sovrani, e Principi a coloro, che fi 
dimoltravano utile belle arti in quella occalìonc 

più 

V 


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3 2.0 Libro Sejlo 

piìi valorofi . Ma lafciando quelle erudizioni da 
parte, confideriamo i precetti, che dai Moderni 
Oratori fu di quelle Orazioni fi danno, e fpecial- 
mcntc dal F. Serra. 

2 . 

Le Propofizioni Accademiche fono per lo pili 
tutte controverfe , e Problematiche , le quali dai 
Retori chiamanfi queftioni di femplice cognizione. 
Eccone in pronto gli efempj . Si propone f c al- 
la Repubblica fieno piu utili i Capitani, o gli O- 
ratori , — Quello è Problema , che contiene lo fia- 
to d’ una controversa , fopra cui uno foftiene, che 
i Capitani fieno più utili, l’altro che fieno più u- 
tili gli Oratori; e quella controvcrfia , come oonu- 
no vede riguarda il genere deliberativo , perchè°per 
provarla deefi dall’ima, e dall’altra parte ricorre- 
re alle parti dell utile , il quale dalle conghietture 
fi deve rilevare . Quindi fc una parte foftiene , che 
l’utilità maggiore derivi dai Capitani, dice ciò 
inferire dalle conghietture prefe , o dalla cagioni, / 
o dalle perfone , o dagli effetti; e quanto maggio- 
ri fono le conghietture , tanto più fi renderà veri- 
fimile , che fieno più utili i Capitani, e così di- 
fcorrafi , fe fi foftiene l’altra parte. Diamo un al- 
tro efempio, dice il P. Serra; fe fi propone que- 
llo problema univerfale : - fe conferita più al go- 
verno la clemenza, o la giuftizia, lo fiato del Pro- 
blema è di qualità , e le prove deono nrenderfi dal- 
le parti della clemenza , q della giuftizia , le qua- ' 
li hanno da fomminiftrare la materia delle prove. 

Ma fe poi F una conferifca più dell’ altra al g 0 - 

ver- 

N. 


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Delle diverfe forti d' Orazioni . 32 1 

verno, ciò dee inferirfi per via di conghietture , 
come farebbe , fe una parte foftiene , che conferì, 
fca più al governo la clemenza , deefi a perjonìs , per e- 
fempio cercare , quanto più amati , ferviti , defiderati 
fieno i Principi clementi de’ Principi giufti : quanto 
fieno più facili ad eflere pregati/ come più piac- 
cia f ìndole loro : come fi renda più affettuofa la 
prefenza loro. caufis , perchè i motivi , che muo« 
vono alla clemenza , fono una bontà naturale , una 
fuperiorità d’animo, una grandezza di mente, un 
deliderio della tranquillità , della quiete , e della 
felicità altrui , i quali fono motivi più confacevoli 
al governo , che non quelli della giufiizia . *Ab ef. 
fecUbus , che dalla clemenza fi moltiplicano gli a- 
mici , fi guadagnano gli animi &c. Quello può fer* 
vire per inlegnare il modo di fare la felva ad un 
Orazione Accademica, giacché dee elfer lo ftelTo, 
che quello da noi affegnato nei Panegirici , e nel* 
le Orazioni Funebri, 

§• 3 * 5 

* * * . • V 

Le propofizioni Accademiche fuccede, che alle 
stolte fieno particolari , ed allora hanno fiato ditti- 
nitivo; come quando l’Oratore volefle foftenere, 
che l’amicizia fia quella cofa , e non quella; che 
la ricchezza confitte in una cofa, e non nell’altra^ 
che la bellezza non fia cofa reale, ma opinativi 
&c. ; ed in tal cafo l’ artifizio fembra, che riefea 
più facile. 


X 


Da 


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La teflifura dell’Orazione Accademica dee effe- 
re affettuofa sì, ma convincente, trattandoli di 
follenrre una Propofizione che dalla parte contra- 
ria viene palefamente impugnata . L’ efordio dun- 
que fia come un Invito agli altri, acciò dopo 
la ben recitata Orazione vogliano difendere il me- 
defimo aflunto con Poetici Componimenti, ed uno 
.{limolo, e avvaloramento a volerfi diporrare da 
valorofi . Di quelle forti d’ Orazioni ne fono pie- 
ni i tomi degli Arcadiche fe altri componimen- 
ti non proleguiffero allora lafciafi in arbitrio del 
•dicitore di prendere efordj da quei fonti , che piìi 
li piaceranno, abbia però di mira l’interno della 
caula, che tratta, li contrarj,ed altri luoghi prin- 
cipali. Per illradare li Giovani a quello ottimo 
•efercizio riporterò qui una Profa in lode del Som- 
mo Pontefice Benedetto XIV. compolla da Mon- 
fignor Filippo Maria Pirelli Napolitano, Avvo- 
cato Conciftoriale , Prelato Domelìico di N. S. , 
e Auditore della Signatura , detta in Adunanza nel 
•Bofco Farrafio affi 17. di Settembre 1751., dalla 
quale fi apprenderà lo llile, e tutta la condotta 
per comporne delle nuove. 

— Fralle infinite magnifiche voci di letizia, e 
di applaufo , onde all* immorfal nome di Benedet- 
to XIV. rifonarono di ogni intorno le contrade 
«T Italia , e fuori al di là dai monti , e dal mare 
le regioni ancor piò lontane, ove fi ftende il gran- 
de Imperio di Grillo, come alla nuova fperanza 
di felicità, che appariva dalla bella, ed avventu- 
rala cfaltazione , follevò Roma l’ Augufto capo dal- 
la 


/ 

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Delle dtverfe forti d* Orazioni • 

la fquallida vedoviti , ove giacevafi Iagrimofa da 
tanti meli; così godendone ora l’egregio frutto, 
fotto il feliciflimo, e magnanimo governo di Lui, 
giuda, e ragionevole cofa è, che di novelle gri- 
da il primiero plaufo fi accrefca di giorno in gior- 
no, e nuove lodi a’ primi folenni encomj aggiu- 
gnendo , di meglio penfarle tuttavia,e di adornar- 
le novellamente, e di cantarle, e di udirle, la 
mente , e l’ ingegno , e la lingua , e gli occhj non 
Manchiamo . Che fe per altro i gloriofi , ed illu- 
ftri Principi , che fon fovra tutte le umane cofe , 
niuna miglior grazia, e mercede afpettar poflono 
per le valorofe, e chiariffime opere, che il divi-, 
no premio della lode de’ liberi ingegni^ in ciò po- 
trà effer diftinta la fua lode per ogni tempo, eh’ 
ella per ampia, e per rilevata che fia, non fem- 
brerà per avventura mai tinta o dell’ adulazione, 
p della lufinga, ufata compagnia della lode de’ Po- 
tenti . Poiché non la potenza , non il fallo , non, 
la fplendida, e luminofa Corte, e quanti mai fu- 
rono i fuperbi arredi del Principato , non la im- 
maculata , e trionfale corona del Sacerdozio , e l’o- 
nor fupremo fopra i Re della Terra , han potuto 
in lui mutare l’ indole amabile , e generofa dell’a- 
nima grande , che non fapea in che crefcere con 
la dignità , e il fevero genio di quella modellia , 
che adornò tutti i penfieri fuoi , e la quale, non 
che accetti le falfe lufinghe, al primo Tuono talo- 
ra di vera commendazione , di un fignorile benna- 
to pudore lo tinfe fempre , e lo ^circondò. Senza- 
chè la voce delle fue lodi è la .voce ftefia delle 
vìrtU fue, aperte e manifefle alla comune tefiimo- 
riianza degli Uomini , innanzi a’ quali ingenue , e 

X z ' ichiet- 



3 24 Libro Sefto 

fchiettc ameran Tempre di comparire, come no# 
contaminate di Gmulazione , o di falfo interefle , 
femplici, ed innocenti furon prodotte per la loro 
pubblica utilità, alla quale egli intefe in tutto il 
chiariflimo corfo degli anni Tuoi : e per cui egli 
ora ha vinto la fomma efpettazione , che di lui 
fi dettò, che è la gran lode, che principalmente 
merita in quetto giorno. 

La quale fenza alcun dubbio comprende tutto 
il fublime, ed eroico giro de’ pregj Tuoi, com’ el- 
la in fé racchiude il più malagevole , e il più am. 
mirabile punto della fua vita, o fi riguardi l’al- 
tezza del grado, in cui veniva collocato, o la 
grandezza della fua fama, ch’egli doveva adem- 
piere ,' e. fuperare . Perocché certamente fra quante 
mai furono poteftà, o Signorie, o dignità, ed o- 
nori,che fi levaron fra gli uomini dappoi, ch’efl» 
vennero a comunanza civile, niuna mai fu, o ef- 
fervi puote mai , che più rilevato luogo occupale 
di quell’ altezza, in cui veggiamo al prefente i 
noftri infieme Principi, e Pontefici fommi della 
Santa Religione: a’ quali fa corte, e fervitù quan- 
to mai di fpaziofo , e di fupremo han le ricchez- 
ze, e ’l dominio di ampio , e fioritiflimo Stato , 
e cui fa corona di ornamento , e di fplendore , quan- 
to han di augufto, e di Venerabile i riti, e le 
•ordinanze del maeftofo , ed univerfal culto del ve- 
ro Dio. Coficcfiè veramente quel che d’ illuftre 
nel Sacro , e nel profano ha la focietà umana , tut- 
to vaglia a ben compier l’alto, e ragguardevole 
intento di render cotanto grande, quanto malage- 
vole il fommo impiego , in cui ciò che di duro , 
c di dubbiofo è nel governo de’ Principi del feco* 


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Delle diverfe forti d' Orazioni . 31- 

lo , e forfè , e lenza fallo , la minor cura . Quin- 
di alla neceflità importabile dell’ adempierlo per- 
fettamente rifponde 1* enorme pefo di rendere appa- 
gati comunemente i popoli , non meno fuoi , che 
ftranieri , i quali tutti fon rivolti allo incerto con - 
ducimento del pericolofiflimo Miniftero . E quindi 
alla convenevolezza di dover tale dimoftrarfi co- 
llantemente colui , che lo regge , qual fi confaccia 
all’adorabile rapprefcntanza della perfona di Dio 
fulla Terra, ed allo incarico fovrano di gran Sa- / 
cerdote, medìafbr fommo fra Gesìi Criilo, e la 
corrotta Generazion del fecolo , corrifponde la ne- 
ceflità di doverlo elfer bene fin dentro a’ pili fegre- 
ti fenfi del petto, con rifplendente pienezza di ve- 
rità . Poiché troppo altamente ella è fcorta, ecl 
avveduta Romana penetrare i piìi riporti penfieri 
del profondiamo umano cuore, e troppo de’ Cit- 
tadini non meno, che degli Stranieri gli occhj ha 
d’intorno infidiofi, e molefti , ficcome troppo fre- 
quenti fono le occafìoni di fcovrirfi la frena della 
fimulazione fulla difcorrevole altezza del Soglio; 

E cosi fimigliantemente al manifefto pericolo del 
mortale , ed aperto fcandalo , che fi porrebbe in 
faccia a tutte le Nazioni , qualora tale egli non 
forte da poter ben foftetiere l’onor della Religione 
ne’ fuoi coftumi , la Providenza ha corrifpofto ben 
ampiamente, col mandar quaggiù valorofiflìme , ed 
incomparabili anime di tempo in tempo, a crefce- 
re il fovrumano decoro della eccelfa dignità, 3 
difenderla, ed a collantemente , e vivacemente rin- 
vigorirla per nuova apparenza di luce . Laonde , 
per tacer di altri, cosi gl’ Innocenz) , i Pii, ed a 
tempi migliori i gran Leoni, e i Gregorj , --c tàn- 

X' 3 tì 


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5 ló Libro Sejlo 

ti altri Venerabili nomi in riputazione pih che u- 
mana foftennero l’eterno onore della gran Sedia, 
che come è l’oggetto delle benedizioni di tutti i 
fedeli/ cosi è il fegno piìi riguardato, e invano 
offefo dalla malevolenza , e dalla invidia degli fgra- 
ziati, un tempo Tuoi figli, poi feroci, ed impla- 
cabili perfecutori . 

Egualiflime certamente alla così ben grande, ed 
interminata altezza del grado , c foprabbondevoli , 
c ben formate erano le onorate promefle , che con 
voce d’ immortai valore di lui facea la chiarezza 
fk-fTa del nome fuo , tuttavia conto , e famofo per 
antico pregio di fovrane virtù, e sì convenevole 
foprammodo alla elettiflima vocazione del gran Sa. 
cerciozio. Poiché fapeano fuor d’ ogni dubbio ipo- 
poli più lontani , e più che tutti altri , veduto , ed 
ammirato avea Roma, fin dalla prima, giovanezza; 
feliciflima fpettatrice della faa chiariffima vita, 
l’altezza del fuo fpirito (ignorile, e la manfuetu- 
dine, la femplicità , la fchiettezza, e la pietà, e 
la religione , i Tempre innocenti , e temperati af- 
fetti fuoi , e la per ogni tempo lodevole conver- 
fazion del fuo vivere, o che nobiliffimo giovinet- 
to, indirizzaffe verfo l’onore, e la virtù i cele- 
ftiali generofi moti dell’animo 1 , o che nella mi- 
gliore, e più ferma età, copiofo e foprabbondante 
moftraffe il maturo frutto delle prime belle fpe- 
ranze , e de’ celebrati fuoi ftudj : ed o fofle impie- 
gato ne’Minifterj più gelofi , e difficili, dar Tem- 
pre prove apertiflime della fua coftanza, della fua 
giuftizia , e della rettitudine, o configlia(fc i fuoi 
Principi , ufar fempre con 1* incontaminato candor 
del vero il più fublime, e dilicato carattere di 
- ■ una 


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Delle dìverfe forti d' Orazioni . 317 

una veramente Romana eroica libertà; e che per 
quelle vie ancora, ad altri o inufitate,o poco fe- 
Ilei , era egli a’ primi onori venuto felicemente 
per la Tempre eguale beneficenza de’ favillimi patta* 
ti Principi, del l’uo merito giuiliflimi conofcitori. 
Udivanlì per fimil modo di Ancona,, e di Bolo- 
gna gli alti , e preclari efempj delle Crilliane ve- 
ramente, ed al grado, ed alla dignità dirittamen- 
te ben confacevoli belle opere del zelo , e della 
religione, e l’ardente carità verfo i poveri, della 
quale avea per altro quella Città in fe fleflù avu- 
ta per l’ addietro affai lodevole la teftim smania , e 
la magnificenza, con cui vedeanfi eretti ampi edi- 
fici , o alla inllituzione nelle lettere , e ne’ collumi 
della gioventù , che incamminavafi al Chiericato , 
o al ricetto , cd alla cura degli egri , e difperfi 
melchini, e Chiefe, e Templi a vaghiflima altez- 
za riforgere dalle ruine ; e Altari , e Portici in- 
nalzarfi , e rillorarli , e che in mezzo alla cura , 
ed alla follecitudine Vefcovile , non fol con l’efem- 
pio, e con le opere, ma con la voce, e con gli 
fcritti adoperava la falute del popolo a^fe^omnief- 
fo : e , come di uomo alla pubblica univerfalc ufi,* 
lità nato, il fuo ripofo non effer altro, che il 
porre a comune fuo i Tuoi fludj , il fuo fapere, e 
le fue meditazioni, coficchè la brieve, ed inter- 
rotta quiete fleffa del fuo travagliare, era l’av- 
venturofa producitrice degl’illuftri volumi, che ir» 
un fecolo cotanto copiofo di Scrittori rifeoffero 
pure si grande aoplaufo, e che ferviran di dottri- 
na, e di ammaeflramento fu quelle materie, ch’e- 
gli trattò, a quanti mai gli ricercheranno, e ri- 
volgeranno, i quali ricercati faranno tanto , quan- 

X 4 to 


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3 2$ Libro Sejlo 

to la lungheria de’ fecoli durerà . Ed erafi , oltre 
a ciò, con (ingoiar miracolo di fopraceleftiale Ca- 
pienza , veduto lo Spirito Santo , non con la foa- 
ve ufata maniera, ma a guifa di turbine, aver 
voluto al grande uopo, per iftrano modo, glorifi- 
car fe fteffo, e la vittoriofa fua previdenza , al 
cofpetto intero dell’ Univerfo , nel fornir 1’ ammi- 
rabile opera della gloriofiflima elezione, la quale 
perchè da lui folo folTe riconofciuta , fu quafi pri- 
ma fatta , che penfata , a cui dava un occulto pre- 
gio , e^virtìi il fuo collante, e maravigliofo di- 
lungamento da qualunque defiderio di maggior gra- 
do. Poiché rifapute ben anco troppo erano le im- 
mortali voci, ch’egli l’accettava foltanto, peroc- 
ché ad affai chiare note conofceafi , dopo cosi gran 
tempo , nella repentina , e prodigiofa concordia de- 
gli Elettori , lo incommutabil giudicio di quel Si- 
gnore , che ha in mano il cuore de’ Principi , in 
condurlo ad una dignità, alla quale non avea pur 
penfato giammai di pervenire: di che ben tutti 
eran certi , eh’ egli parlar potelfe con verità . 

- . Per la qual cofa , come poteva egli adunque 
foddisfar pienamente al defiderio , ed alle fpcran- 
ze univarfali con la comune, e con la ufata ope- 
ra della virth ? Che anzi , come di cuor generofo 
ne’ cimenti d’onore, fe egli di una in altra età, 
e di una in altra carica fuperò Tempre l’efpetta- 
zione, che grullamente s’ebbe di lui - e fe ad o- 
gni carica , che efercitò , diè fempre nuovo ordi- 
ne, ed acconciamento: doveva egli poi per aggua- 
gliar quella lode, che di fe folTe degna, ed alla 
quale pareva quaggiù ordinato da’ tempi eterni, 
non intralafciando l’ufato coll urne , fuperar felicemente 

c\ fe- 

> . 


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Delle dlverfc forti tC Orazioni . %2p 

feflelfo, e fin da’ primi giorni camminare , e ricorrere, 
come fpeditamente camminò in fatti , e ricorfe tutto il 
vario, ed ampio fpazio di gloria, dove altri appena 
giunfero dopo lungo corfo di Principato. Si levò 
alteramente per tanto così di bel mattino a trapaf- 
fare l’ interminato campo di onore , che gli fi pa- 
ravan dinanzi , che non trafcurò le prime ore del 
fuo Governo a procurar la vera felicità de’ popoli , 
e lo innalzamento , e il culto della divina Religio- 
ne, i quali furono i primi, e faranno i penfieri ul- 
timi del fuo veramente regale , ed auguflo'smimo : 
lo intendimento di cui tutto rivolfe perciò & far 
conofcere l’ incorrotto , ed ardente amore , che aV«a 
per la giuftizia, e perchè le cariche fi ufalfero con\ 
dignità, e perchè la fola virtù approvata con l’ufo 
de’ minori impieghi giudicale del merito de’pre- 
tenfori . E così cercò finitamente di follevar l’ op- 
preflo, ed augufto erario, che il cominciar da fe 
fteflo a privarfi per quello di ciò, che allo Stato 
Sovrano ferve , e piace , furono gli agi , e i co- 
modi , e le conlolazioni del fuo novello viver da 
Principe, e il moftrar chiaramente con la invinci- 
bil prova de’ fatti , eh’ egli non intereffe , o cura 
della carne, e del fangue, avrebbe antipolio mai ai 
bene della pubblica utilità, e così il dare nel tem- 
po ftefib aperti , e lumino!! argomenti di una in- 
comparabile cortefia, e di una perpetua beneficen- 
za; e il vederfegli nella fronte il grave rincrefci- 
mento , che ha , qualora non poffa contentar tutti , 
e formar la fortuna di tutti : 1’ aver prontamente 
penfato a dar nuova, e più ficura forma alla fcel- 
ta de’Miniflri più eccelli del Santuario; l’ affati- 
carli pure di riordinare con nuove Leggi tutto il 

X j gior- 


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; 


gqo Libro Sejto 

giorno il bel coda me nell’ animo, e nell’ apparenza an- 
cora , il Clero , e la (tetta Corte ; ed il racconciare a 
miglior forte, o dalle profonde radici tutti divellere 
quegli abufi , che ne’ gran corpi di Repubblica , per 
naturai vizio delle umane cole foglionfi rimefeo- 
lare di tempo in tempo.* a ciò intendere foavemen- 
te con le novelle condituzioni, e con le paftorali 
ammonizioni, ricolme, ed abbondevoli del pili vi- 
vo, e rifplendente lume de’ primi femplici fecoli 
della Chicfa; e non obbliando ancor qui, come 
quello tempo il comporti, la fua naturale magnifi- 
cenza , cercar di porre al di fuori con pace i con- 
fini tra il Principato , e il Sacerdozio , furono per 
avventura da’ primi giorni le primiere fue lodi ; fo- 
no fiate, e fon pur anco le fue amabili cure, e le 
fue delizie, ed inceffabili opre: e l’attenziort Co- 
dantiffima in redimire con le illufiri Accademie 
alla nativa bellezza le buone arti , e nelle Sale me* 
defime della fua Corte, con nuovo efempio, dai* 
loro immortai forza, e coraggio con la fua augu- 
fta preftnza .* e tante , e tante altre cofe , che fenza 
che io le rammemori , o le adorni con le parole, 
noi tutti Tappiamo , e veggiamo farfi di giorno , in 
giorno ; Le quali Roma , che per eterno deflino , fe* 
detta rinnovella di manò a mano , e ringiovanifee 
a perpetuo onore , meglio che ne’ fuperbi monumen- 
ti , e ne’ titoli , ferberà vive ed onorate alla me- 
moria, ed alla Lode de’ tardi Poderi. Poiché ve- 
ramente i titoli, e gli obelifcbi come non fieno 
fegnali della felicità, della ftagione de’ loro Prin- 
cipi , fono per lo piìi ricordanze acerbe , e ta- 
lora di aperto biafimo della feiagurata qualità de* 
tempi loro: ove la gloria, che fifodien full’ amo- 


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' V 

Celli dtverfé forti df Orazioni * 

fé Spopoli non fofferifce giammai al ter aziona* 
com’ etti non poflono , per lo getterai fenfo della 
Verità, che regna nella moltitudine, nod amarfem- 
pre , e quali adorare que’ Reggitori , che Còri làvio 
governamento produflero , ed amareni la pace , e la 
dolcezza del loro vivere * 

. Che fe invero poi dal picciolo tórlo di un an- 
no non foftedeali , che li adeguafiero di pierto Com- 
penfamento i nottri danni , e poteffe coitipierfi da 
Ogni parte la intera ttoftra ben condotta fortuna ‘ flórt 
è per tanto che in noi non fieno ólfrentilufa per 
lui pareggiate, e vinte la noltra elpef fazióne , eie 
rtofire fperànze; poiché tale, e viemeglio del gran- 
de afpettatnento nolìro fnedefimó, Veggiaftto ófa 
quel Principe , che rtqlle ben cominciate Valle ope# 
re di artiantiflirtia provvidenza , ci fa godere iri font- 
ina parte il nobil f rutto , e la piena , e giocónda 
fìcurezza di. quella perfetta felicità, alla quale do- 
vrà prettamente innalzarli la fventurata, e mifera, 
condizione della età nottra < £d oli Così , cottle egli 
ha Col fuo lume tenuto sì ben lontano di quello 
Cielo la ofcura, e fopraftante procella, che ne mi- 
nacciava pur d’ ogni inforno, venga ornai di fil 
dalle nubi incoronata dell’ amabil fronda la bella 
Pace a rallegrare la pàventofa, e dolente Italia, 
ed a pienamente falficurarla . 

Nort impfefi io però finalmente di fornir giàl’a- 
dórnamento intero delle fue lodi, alle quali non 
era certamente baftevóle un folo ingegno , nè la 
fcarfa , e piccola óra, che a me toccava di ragio- 
narvi* Per la qual cofa dee venire oramai al fuo 
fine quella , che fcrvirà loro come una fempHee,e 
difadorna Introduzione, onde fi dia l’ ampio luogo 


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33 s Libro Seflo 

alle Mufe , le quali , ficcome furori le prime a ce- 
lebrare anticameute gli Eroi, ferbano una vivace, 
ed eterna grazia a confecrar felicemente alla im- 
mortalità i loro nomi, e che comunque abitatrici 
qui di felvagge, e rufticane capanne, fono ammae- 
llrate già per lungo ufo fotto il Cielo di Roma 
ad agguagliar con le paftorali Sampogne il mae- 
flofo fragor delle trombe sì coltamente, che alcu- 
na volta non feppe difìinguerfi , s’ egli folfe fuono 
di Arcadia , o di Atene . A qualunque più proprio 
riguardamelo per altro è tale ufficio dovuto a lui, 
che come non fi fdegnò di onorar col fuo nome 
quella Adunanza • così la immortale , ed yjcompa- 
rabil gloria farà mai Tempre , ed in faullo , ed ono- 
rato argomento delle più liete Arcadiche celebrità. 

Ed ecco , o fludiofi Giovani , che vi ho melfo 
in villa quei Precetti Rettorici,i quali ho filma- 
to per voi più utili , e necelfar j . Ad un ottimo 
Maeftro, fe la forte ve lo concederà, fpetterà il 
darvi di più, e fupplire alle mie mancanze, che 
così mi darò il vanto io di avervi dato colla 
prefente Opera quel che hò potuto , ed eflo non 
avrà rimorfo, di non avervi infegnato, quel che 
doveva . 


Fine dii Precetti della Rettorica . 



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333 


INDICE 

Dei Capi , e dei Precetti , che fi contengono 
nel preferite Libro di Reteorica . 

• t • 

LIBRO PRIMO DEGLI ELEMENTI DELLA 
RETTORICA . 

Parte Prima. 

C Apo I. Cofa fia Rettoria. Pag. 1 % 

Capo II. Del fine della Rettorìca . pag. 2 
Capo III. Della materia della Rettorìca. pag 5 
Cap. IV. Delle parti della Rettorìca. pag. 7 
Cap. V. Dei generi della Rettorìca , e dei 

fiati delle Caufe . pag. 8 

Cap. VI. Della utilità della Rettorie a. pag* II 

Parte Seconda. 

Capo T. Del Periodo. pag. 12 

Capo TI. Delle parti del Periodo. pag. 13 

C^po III. Delle varie forti dei Periodi, pag. 14 
Capo IV. D’ altre diverfità dei Periodi , 
cioè Rotondi , Volubili , e Concfi , e 
dell'ufo dei fuddetti . pag. 17 

Capo V. Delle Particelle , Verbi , Voci , che 
hanno fór^a di legare i Cembri , e di 
formare i Periodi. ' pag. 20 

Capo VI. Del Numero Oratorio , 0 fi a dell * 

« Armonia del. Periodo . pag. 21 

, , ' Capo 


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334 

Capo VII. D’ alcune Figure atte a dare- 
armonia al Periodo ... p; 


P a r t e Terza.- 


Capo I. Della Cria , e fue divifioni . 

P a g- 2 5 

Capo li. Delle parti della Cria. 

pag. 28 

LIBRO SECONDO DELL’ ELOCUZIONE. 

aA • * • 

Parte Prima. 

* 

Capo I. Cofafìa elocuzione , e in che conjìjla . pag. 

Capo II. De’ Tropi , e loro Jpecie. 

P a g- 37 

Capo III. Della Metafora . 

P a g- 19 

De varj modi delle Metafore • 

pag. 40 

Capo IV. Della Smedocbe . 

Pag- 43' 

Capo V. Della Metonimia . 

Pag- 45 

Capo VI. Dell' Mntonomafia , 

pag. 48 

Capo V 1 1. Dell ’ Onomatopeja . 

pag. 4 ? 

Capo V III. Della Cataereji , ibid 


Capo IX. Della Metalejjì . 

Pag- SO 

Dei Tropi di fentenze . 

\ 

Capo X. Dell ’ Allegoria . 

Pag- 51 

Capo XI. Dell' Ironia . 

pag- 53 

Capo XII. Della - Peri frafi . 

Pag- 54 

Capo XIII. Dell’Iperbole, 

pag- 

Parte Seconda 

« 

• 

Delle Figure di Sentenze. • 


Capo I. Cola Jia in figura in genere . 

Pag- $9 

Delle Figure alle prove adattate 

P 

Capo II. Dell’ Antitefi , 

Gipo III. Della Soflentagioney o Sofpenfione . 

pag. 61 
pag. 6 % 

Capo IV. Della Communìcazione . 

pag- ^3 


Capo 


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i 


335 


Capo V. Della Correzione. t P a g- 

Delle Figure piìi atte a dilettare. 

Capo VI. Dell' Apoflrofe . P a g- 

Capo VII. Dell' Ipot 'pofi . P a g* 


*4 

67 


Capo Vili. Della Projopopeja . 

P a g- 7* 

Capo IX. Dell ' Etopeja . 

P a g- 73 

Della Profopografia . 

Delle Figure atte a muovere 

Capo X. Dell ' E\clamazione . 

P a g' 75 
gli affetti. 

ibid. 

Capo XI. Della Dubitazione . ' 

P a g- 77 

Capo XII. Della Obfecrazjone , 0 

fta Pre- 

ghiera . 

pag. 7 p 

Capo XIII. Delflmprecagione. 

pag- 81 

Capo XIV. De//’ Interrogazione . 

pag- 81 

Capo XV. Della Subbjezione . 

pag- 83 

Capo XVI. Della Preterizione . 

pag- 84 

Capo XVII. De//* Reticenza. 

pag. 86 

Capo 3^V1II. Dell' Efpulizjone . 

pag- 87 

Capo XIX. Dell' Epifonema . 

Pag- 8p 

Capo XX. Definizioni^’ altre Fig 

«re prin - 

cipali , che da pareccbj Oratori Ji ujano . pag. po 

I. Promi ffione . ' ' ' - j ibid. 

•' II. Concezione. ' pag. pi 

III. Confezione . ibid. ' 

IV. Dialogo. pag. pz 

V. Ammonizione , Efort azione . ibid. 

VI. Riprenjlone . 

Pag- P3 

VII. Minaccia. 

ibid. 

Vili. Predizione . 

Pag- ?4 

IX. Promifiìone. 

. P a g- ?5 

X. Licenza. 

ibid. 

X 1 . Difiribuzione . 

pag. 9 Ó 

XII. Enfafi . 

ibid. 




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... . P a S- 97 

ìbid. 

pag. 9 8 
ìbid. 

9? 


XTII. Lamento. 

XIV. Defi devo. 

XV. Giuramento. 

XVI. Sentenza. 

Capo XXI. Del PaJJ aggio. 

Parte T e r 2 a. 

• • 

Delle Figure di Parole. 

Capo I. Quali fieno le F’gure dette pro- 
priamente di Parole. pag. 

Capo II. Figure di Parole dette d' accre- 
scimento . pag. 103. 

I. Repetizione ♦ ibid. 

pag- 104 


II. Converfone . 


III. Compleffionf 


iBia. 


IV. Della Conduplicazioue , 0 Ripiglia - 
mento . ibid. 


V. Della Traduzione. 


VI. Della Sinonimia . 


Pag- >0$ 


pag. io 6 


VII. Del Polifnteto . 


ibid. 


Vili. Della Gradazione. 


Pag- 107 


Capo III. Delle Figure di parole dette per 

difcioglimento . > a g. icS 

1 . Di f ciò gli mento propriamente detto . ibid. 

IT. Zeugma . pag. io? 

pag. no 


III. Di f giunzione . 


IV. Sineciof . 


ibid. 


V. Reticenza 


ibid. 


~ 

Capo IV. Delle Figure di parole dette per 

fmtlitudme . P®8*' IH 

I. Paranomafa . - jhid- 

\l-_ Pari f nienti . pag. IIS 

III. Pari confonami. ibid. 

IV. 


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337 

IV. Commutazione. P a 8* 1J 3 

LIBRO TERZO DELL’ INVENZIONE. 

Capo unico . Cofa fta Invenzione , e qual 

il di lei fine*. P a 8‘ 


Dell* Amplificazione . 

pag- US 

P arte Prima. 


De Luoghi Tntrinfeci . , 

pag. il 5 

Capo I. Della definitone. 1U1U * . 

Capo IL Degli Aggiunti. P a 8 * 111 

Circoftanze della Perfona . P a 8 * I2, 4 

Del fine degli Aggiunti ,o circoftanze della 

Perfona . P a g' lìS 

Delle cìrcojìanre del Fatto . pag. .13° 

Capo III. Dell' Enumerazion delle partì. 

pag 133 

Capo IV* Delle C aufe. 

pag- * 3 S 

Capo V. Degli Eff etti . 

pag. 140 

Capo VI. Degli Antecedenti . 

pag- 143 

Capo Vtl. Dei Conjeguenti . 

pag- 14 J 

Capo Vili. Del Cenere. ^ t - 

pag- *47 

Capo XI. Della Specie. 

P a g* *5* 

Capo X. Della Comparazione . •* . 

pag- 153 

I. Dal Pari. 

pag* I5S 

II. Dal pih almeno. 

pag* *57 

III. Dal meno al pii*. 

pag- 15 ® 

Artifizio da ufarft nel fare le compara - 

Zioni . 

pag. 1 00 

Artifizio da ufarft nel trovare gli ej empii > 

. pag- 102 , 

Capo XI. Della Similitudine . . 

pag- i^4 

Capo XII. Della Diffimilìtudtne « 

pag. lOo 

Capo XIII. Dei Centrar /« 

P 3 3\77 # 
Dei — 


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Dei Contradicenti . 
Dei Ripugnanti . — 


P a g- 173 


Dei Privanti. 


P a g- 174 
Pag- 176 


Dei Riflettivi , 0 Relativi. 

Capo XIV. Della Notazione, 0 Interpreta 
. \ìone del "Nome . 

Capo XV. Dell' autorità . 

v- * * t • : 


P a g- 177 
* * 

P a g’ *79 

pag. 180 


Parts Seconda. 


Dei Luoghi EJlrinfeci . 
Capo I- Delle Leggi, 


pag- 182, 


Capo II, Della Fama. 


Pag- 183 
Pag- 184 


Capo III. Dei Tormenti 


Capo IV. Del Giuramento , 


pag. 18 6 
Pag- 187 


Capo V. Delle Scritture 


Capo VI. Dei Teflimonj . 


pag. 188 

P 3 g- * 9 ° 


LIBRO QUARTO DELLA DISPOSIZIONE. 

' • v . . k. t 

c « t 

Capo unico . Della neceffith della Difpoji - 

flotte, e di lei definizione . pag. jpz 

Parte Prima. 

Dello Stile dell’ Orazione. 

Capo T . Cofa fia lo Stile , e di quante 

forti . 


Capo II. Dello Stile Sublime . 

pag- 195 

Capo III. Dello Stile Mediocre , 

pag. 1 96 

Capo IV. Dello Stile Infimo » 

P a g» 1 97 

Capo V. Dello Stile Vizio fo . 
Capo VI. Dello Stile Laconica . 

, pag. I?8 

m/Th ritiro- 


erf lattico . 




200 


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339 


, Parte Seconda. 

Delle Parti della Difpofizionc dell’Orazione. , 
Capo T. Veli' Ordine , che dee tenerfi nel 

formare un Orazione - * P a S* 

- - r pag. 203 


i. De! varj Generi dell' Eford-.o 

~. pagr-204 

3. Dei Luoghi onde fi cavano i 

veri 

E 'ordì « 

pag. 2.0$ 

4. Del modo di formare gli EJ or dj 

preoccupando. 

pag. zìi 

$. 5. Della proprietà , ed ufficj 

dell ' 

Ejordio . 

~P a S* 2IS 

A. <5. Dei difetti, che fi devono evitare 

negli Elord) . 

pag* *“7 

7. De//<* propofizjonc Oratoria , 

fua 

Divtfìor.e, e Perfezioni . 

pag* Xl 9 

8. Z>e//<* Divifione. 

pag. 221 

Capo UT. De//<* Narrazione. 

pag. zzi 

Capo IV. Dt?//e Prove • 

pag- 124 

A S 

Capo V..Del Sillogijmo . 

pag, 226 

Capo VI. Dell' Entimema . ' 

pag- 13 a 

Capo VII. Dell' Ef empio . 

pag- 2,3$ 

Capo Viti. Dell'Induzione.- 

pag. 23S 

Capo IX, Del Dilemma . 

pag. 240 

Capo X. Rifiefjioni giujte ricavate dal E. 

Serra Jopra le citate dimojlrazjoni « pag. 24I 

Parte Terzj 

\ . 

Capo unico Della Confutarne. 

’i 

pag. 247 

Parte Q^uart 

A . 

Della Perorazione . 

pag. 2$i 


Capo 1. Dell' Enumeratone , che è la fri 


ma 


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340 

ma parte della Perorazione . pag. 252 

Capo IT. Della Commozione degli affetti 

in genere. pag. 25 $ 

Capo III. Dei Cuogbi in fpecie , che', fer- 
vono per muovere gli affetti , ..<? I. 
deir Ira. • pag. 259 

Capo IV. Della Piacevolezza .. - pag. 26 \ 

Capo V. Della Benevolenza jCd amicizia • pag. 262 
Capo V I. Dell 1 Odio . pag. 2 63 

Capo VII. Del Timore. 


Capo Vili. Della Confidenza . 


Capo IX. Della Vergogna. 
Capo X. Della Sfacciataggine . 


Pag- *65 

pag. 2 66 


pag. z6j 


pag- * 6 ? 


Capo XI. Delta Mifericordia , 0 CompSff 

fione . pag. 270 

Capo XII. Dell' Indignazione . \ pag. 274. 

LIBRO QUINTO DELLA PRONUM 
• CIAZIONET " 

Capo Unico. Definizione della Pronuncia » 

rione , e /»g parti . ■ pag. 277 

LIBRO SESTO "DELLE DIVERSE SORTI ^ 
D’ ORAZIONI. 

E fpecialmente di quelle , che fono in mag « 


I. De// Orazione Panegirica . 

pag. 28 J 

Modo di far la jelva per le Orazioni Pa • 

! negiriche . 

pag. 28^ 

II. Dell' Orazione Funebre. 

pag- 3°3 

Modo di far la Jelva per le Orazioni 

Fu - 

nrbri . 

pag- 3°7 

HI. DelC Orazione Accademica . 

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pag- 3IP 


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