DELLE REGOLE
DELL’
ARTE RETTORICA
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E perché duntpu noi marioli V altre
Arti tutte apprendiam con tanto stento ,
E (filanto fa mestier , le andiam cercando ,
E l' arte poi di persuader , che sola
L' impero tiene su' mortali , noi
Non istudiam perfettamente sopra
''Ogni altra, <f imparar , dando mercede
Onde apprenderla , acciò che alcuna fiata
Possa a lor persuader quello desia ,
E insiem ottenerlo ?
EciU>a , fvrcBSO Earipide Au. IV. Se. II.
Traduzione del f. Carmeli.
DELLE REGOLE
DELL’
ARTE RETTORICA
DELL’ AB. D. GEBONIMO MARANO
Socio Ordinario della Beale Accademia Ercolanoe di Archeologia , 0
Frofcitore di Letteratura Italiana nel I. Beai Collegio di Marina
AD VSO BALLA KEALB ACCADEMIA DI MARINA
Libro approvato dalla Commissione di Esame , e di
Perfezionamento deirAccademia suddetta , e j^ubbli-
cato per ordine di S. E. il Ministro di Marina .
NAPOLI
Dalla Tipografia della Reale Accademia di Marina.
1819.
Digiti; b> Googli
I
A’ NOBILI GIOVINETTI
DEL
REAL COLLEGIO DI MARINA.
Elk è antichissima opinione , fìn da’ più
rimoti secoli del mondo , tra le genti alta-
mente stabilita, die l’eloquenza è talmente
amica e compagna dell’ arte della guerra ,
che non solo ne forma il più bell’ ornamento ,
'ma le porge ancora gran forza « poderosa
sostegno. La bella stagione degli Eroi, chiari
e luminosi esempj ne presenta a noi , i quali
appieno ci fan certi di questa verità. Fenice,
educatore del grande Achille, siccome po-
ne ogni suo studio, a fine di arricchire'!’
animo del giovane suo allievo d’ una com-
piuta cognizione delle cose militari , cosi
non poca cura adopera, perchè quello il
vanto acquisti di saggio ed eloquente par-
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a
latore. A chi poi non è noto il nome im-
mortale del vecchio, re di Pilo? e grandi, e
nobili , ed oltre ogni credere gloriose sono
le sue belliche imprese ma la lode , che
gli viene da quella sua eloquenza , più
dolce del mele , vinOe tP assai lo splendore
de’ bellici allori. Cosa mai bramate voi, che
io ora vi rammenti di lui ? Agamennone ,
quel gran Re, e gran Guerriero , perchè possa
a fortunato fine condurre quella lunga guer-
. ra , fa voto al cielo , che gli conceda dieci
^Nestori , e non già dieci Ajaci , o Diomedi.
Pare , che ciò basta a farvi pienamente
comprendere , che non solo il lampo della
spada , o il fragor del cannone quello è ,
che spiana la via alla vittoria dell’orgoglio-
so nemico , ma l’ imperioso potere ancora
della parola. Quante volte si son vedute
di repente racchetate e messe in calma le
lunghe gare, e le funeste contee nate tra
potenti Re , e bellicose nazioni , solo che
siasi levata in mezzo allo strepito delle arpii
3
tal eloquente voce 9 la quale ragionando
abbia saputo a giusta misura ridurre i dub>
biosi dritti e gl' incerti dettami della ^ustizia
e della ragione ? Ma la guerra trovasi oggi-
mai pel provido e saggio consiglio de’ Re
entro ferrate porte rinchiusa, e la pace seii
va libera e sicura vagando tra’ popoli amici.
Che per questo ? a voi , a’ quali è commessa
la custodia de’ mari, pur non mancano fre-
quenti occasioni , in cui chi trovasi sfornito
della facoltà e di scriver bene, e di ben
favellare, non può sfuggir la disgrazia non
Solo di far male il carico addossatogli , ma
di lasciare ancora presso le genti straniere
oscura fama e di se, e della nazione. Voi
questa cosa ben la comprendete da per voi
stessi j e r esperienza a suo tempo ve la
farà molto m^lio vedere.
Il genere di studio , che ora vi si pro-
pone, oltre l’essere utile, è giocondo anco-
ra , piacevole , ameno : cominciato con
animo lieto e voglioso, proseguito poi con
4
costante ardore, siate par certi, che viap«
porterà frutto copiosissimo. La magnanima
providenza del Re , le sollecite cure d^
Ministro, la non mai stanca assiduità del
Presidente della Commissione di Esame e
de’ Membri che la compongono, la pereime
vigilanza del Maresciallo Comandante, è di .
tutti quei , che vegliano alla vostra educa-
zione , non altro argomento di gratitudine
da voi si aspettano , se non che mostriate
loro certo ed assicurato il vostro profitto.
hv CjOO^Ic
s
DELLE REGOLE ,
DELL’
ARTE RETTORIGA.
CAPO UNICO.
” Della naitura della Rettorica.
y?V
T
XI trattato di qualunque dottrina, se mai si vuole,
che ordinatamente proceda non d’altro dee
gliare il suo cominciamento , se non dalla defi-
nizione della medesima ; e quindi volendo ora noi
raccogliere e mettere insieme le molte regole , che
alla Rettorica si appartengono, di quella non dob-
biamo prendere a ragionare , se prima non s’ è da
noi dichiarato , in che consista la natura ed essen-
za di quest' arte ; eh' è quello appunto , che ne
torma la definizione.
Diciamo adunque , che la Rettorica è un' arte
di ben parlare per fine di persuadere. Questa
definizione , proposta già da tutti i maestri , è de-
gna di ogni lode ; perchè ci fa primieramente ve-
dere la dilTcrenza , che passa tra . la Rettorica , e
le altre due arti , Grauiatica , e Poetica , nato
queste accora ad insegnare il modo di ben favella-
6 Delle Regole
re; perciocché le regole della prima sono propria*
mente dirette a sfuggire il solecismo ; la seconda
poi tutta s' aggira d' intorno al verseggiare per fine
di recar diletto e piacere.
Ciò che poi fa tutta la comniendazione della
proposta definizione , si è , che da quella si posso-
no agevolmente derivare tutte le altre proprietà
della Rettorica. Di fatti se è vero , siccome è ve-
rissimo , che il fine delle Rettorica c d' insegnare
il modo di ragionare acconcio a persuadere , chi à
che non vede esser primario dovere di quest’ arte ,
mostrare i luoghi , da cui facil cosa sia trarre quel-
la copia di ragioni , tanto necessaria a conseguire
il proposto fine della persuasione ? ed ecco perchè
i grandi maestri dell’ arte , Aristotele , Cicerone »
Quintiliano hanno si largamente ne’ loro libri trat-
tato della Invenzione : la qual sollecita e dotta cui
ra degli antichi è stata poi solennemente riprovata
da' moderni filosofi , come quella , eh' è stata posta
in cosa , eh’ è di lunga mano maggiore del potere
dell' arte. Dicono questi sapienti , che la Rettorica
solo ci può mostrare le regole , come ordinare e
ben disporre le ragioni , elio si son tratte fuora e
messe in luce solo per Tefiicacia della propria dili-
genza e meditazione , e come ancora ornarle ed ab-
bellirle con leggiadra torma di dire ; ma l’ inven-
zione si può sperar solo dall’ingegno e studio del
dicitore. «
Or vediamo , che conto ci convenga tenere di
DélV Arte Rettorica. 7
questa opinione , e se debba valer tanto presso di
noi, che ci levi dall' animo ogni pensiero di favel-
lare, in questo trattato, delia Invenzione. Vogliono
questi moderni filosoQ , che , lasciati e posti da par^
te i belli e sottili avvertimenti della Rettorica , a
considerar e dimostrar bene una cosa , altro non bi-
sogna fare , che volgerla e rivolgerla da tutte le
parti , e mirarla in tutti gli aspetti , eh' ella mai può
avere. Eppure pare che non sia cosa molto diffici-
le a conoscersi , che noi per niente ci allontaniamo
da questo loro saggio divisarne nto , alloraquando di-
ciamo , che , a porre in chiaro una cosa , bisogna
scorrere i luoghi della Rettorica. Perciocché vole^
dosi persuadere alcuna cosa per via di ragione e
di argomento , perchè non possiamo trar quello da
ciò che va innanzi alla cosa , che vuol provarsi , e
da ciò che la segue , c da ciò ancora , che l'accom-
pagna ? perchè non possiamo argomentare e dal ge-
nere , che ha comune con altre cose , e daUa diffe-
renza, che da quelle la distingue, e dalla specie,
sotto di cui cade , e da ciò , che o di necessità , o
per accidente le si aggiunge , e dalle cose contra-
rie , e dalle maggiori, o minori , o simili , e da
molti altri capi , che dalla Rettorica ci vengono, in-
dicati ? A questo finalmente par che si debba ri-
durre quel dover mirar la cosa che , si vuol di-
mostrare , in tutti gli aspetti che mai. può avere.;
ed i grandi maestri dell' arte a questo fine intendo-
no , allorché tanto--distesaJnente ci parlano de’inp-
\
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; 8 Delle Regole
gW topici ; e noi pure a questo stesso fine inten-
dendo , ne diremo a suo luògo quello , che ci par-
rà conveniente.
Ma 'pure oppongono i filosofi , che tutti gli
esposti capi di argomentazione possono da se veni-
re in mente al dicitore , senza che i Rettorici si
dlan la pena di rammentarceli ; e che poi e come,
e quando , e in che luogo del discorso si debba-
no adoperare , questa dee essere tutta opera del
giudicio e prudenza , non essendovi regola o pre-
cetto'atto a poter ciò determinare. Or noi voglia-
mo pur concedere, che a chiunque nasce nell’ani-
mo il desiderio di voler dimostrare e persuadere al-
cuna cosa , possa costui con la sola forza del suo
ingegno 'considerarla cosi da vicino , e vederne co-
si bene tutti gli aspetti , che facile gli riesca tro-
vare tutti gli argomenti opportuni alla dimostrazio-
ne. Ci si può tuttavia negare , che questo valente
dicitore , se mai prima di cominciare il suo Lavoro,
avesse letto i trattati de’ luoghi , avrebbe fatto la
stessa cosa con maggior ficilità c prestezza ? cioc-
che certamente non è da riputar piccol guadagno.
Ma chi mai può dire , che tutti coloro , che o dal-
la * necessità , o dai proprio volere sono astretti a
dover comporre bello ed ordinato ragionamento , so-
no stati dalla natura di così felice e copioso inge-
■ gno dotati , che , senza l’ ajuto dell’arte , possono
• di ogni cosa vedere le diverse forme , derivarne le
■oppOTtune ragioni, e felicemente fornire quella di-
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DelV Atte Rettoì'ica. 9
laostràiioné , che si hanno proposto ? Gli avverti-
menti Réttorici pos'sono supplire a questo non così
Mfo difetto ; e vediamo ormai , come ciò facciano.
Allorché si dice arte , si vuole intendere , sot-
to questo nome , una dottrina , la quale o dia ro-
sole e precetti da doversi precisamente osservare ,
ed osservando i quali riesca 1 opera perfetta ; o
esponga almeno awertimenti, e porga mezzi utili a
ben operare. L’ aritmetica per estmipio è una tU
qoelle arti , la quale prescrive e mostra tutto quel-
lo , che messo in opera, il lavoro ne viene ad es-
sere contpitissirao ; nè più si ricerca alla sua som-
ma perfezione. Di fatti volemlosi raccogliere pik
numeri in.sierae in una somma , dall’ .irte ci vicn
divisato tutto quello , eh’ c necessario a formar cjucl-
la somma perfettissin»aracnte ; e lo stesso del sot-
trarre e dividere , e moltiplicar muneri l)crt si può
atFcrmarc. Ma de’ precetti c regole della Relforica
si dee diversamente giudicare ; perciocché non re-
gole e precetti si dcldiono quelli chiamare , ma av-
vertenze piuttosto ed ammaestramenti , come quel-
li , che prescrivono e mostrano in parte , ma non
in tutto , quello , che far si dee , lasciando 1’ uomo
incerto del come eseguir debba ciò , eh’ egli per al-
ttxj intendo di dover fare. Ed in vero la Rcllnrica
prescrive all’ oratore , che adoperi gi an copia di ar-
gomenti , dove il soggetto dell’ orazione il ricliiegga;
.anzi gli propone moltissimi luoghi , onde trarre li
possa j tua jiojj gli dice però di quali luoghi si dcL-
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1 o Delle Regole
jba precisamente valere , volendo « che usi della prò*
denza a sceglier quelli , che più sono al proposito.
Fa mestiere all' oratore rappresentare vivamente nel»
la narrazione qualche costume , o movere degli af-
f jttì nell’ ultima parte del discorso : molti mezzi a
far ciò gli vengono somministrati dall’ arte : ma non
potendosi servire di tutti , bisogna , che adoperi il
giudicio suo per valersi de’ migliori , e di quelli che
sono accomodati alla causa , che ha per le mani.
L’ arte ci ragiona distesamente delle figure ; ne spie»
ga la natura , e le proprietà , ne propone gli esem-
pi ; ma non prescrive partitamente al dicitore , che
egli debba inserire nel suo ragionamento un apo-
strofe , una prosopopeja , una rcpetizione , o qualche
altra determinata figura; solo gliene propone mol-
te, acciocché volendo possa valersi, quando d’una,
€ quando d’ altra , ad arbitrio suo , e secondo che
la materia , e l’ occasione il richiedono ; di che l’ ar-
te non può , ne intende dare regola alcuna. Lo
stesso finalmente è da dire della varietà degli
stili : se ne mostrano le proprietà , e le bellezze di
ciascuno, se n’espongono i modelli, c gli esempla-
ri ; tocca alla prudenza assegnare nel discorso il
luogo conveniente a ciascuno.
Se dunque , dirà forse qui alcuno , le regole
della Rcttorica sono cosi incerte ed indeterminate ,
che non si possono mettere bene in opera, se non
vi si accoppia un certo naturai giudicio, che certa-
mente non può insegnarsi , che giova leggerle , c
Dell’Arte Rettoriea. ii
studiarle ? tanto più , che pajono coà chiare e fa-
cili , che non è chi non le sappia naturalmente. Clu
e che non sappia , l’ oratore doversi conciliare la
benevolenza de' giudici ? Chi è che^non sappia , che
se gli dee rendere attenti ? che dee da principio
esporre con brevità e chiarezza ciò che egli vuole
provare ? À chi non viene subito all’ animo , solo
che vi abbia posto mente , che le argomentazioni
debbono essere sottili e acute, le narrazioni sem-
plici c brevi , e che lo stile dee essere moltiplice
e vario , secondo che varia , e moltiplice è la mar
teria del discorso , e che finalmente or l’ interroga-
zione , or r apostrofe , or una , or un' altra figura
sono acconce a movere affetti e passioni : ciocché
possiam vedere ancora ne’ discorsi famih'ari. Or se
mai alcuno è , che cosi ragiona , gli si potrebbe
rispondere in più maniere : gli si potrebbe dire ,
che a chi sa 1’ arte naturalmente , gli si aggiunge-
rebbe molto di finezza nel giudicare, e di eccellen-
za nel comporre , se al naturai giudicio di lui si
accoppiasse anche lo studio de’ precetti dell’ arte ;
perciocché in ogni genere di cose non si dà tanta
naturai perfezione , che nulla le manchi. Poi è da
considerare , che spesso si studiano alcune cose , non
tanto per saperle , quanto per averle fitte nella me-
moria , e sempre pronte all’ uopo. Di fatti non è
alcun dubbio , , ebe le regole della Rettoriea , cre-
dute tanto facili e chiare , con molto maggior
prontezza vengono in mente , a chi le ha notate
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12 Delle Regole
prima e messe in ordine , più e più volte lettfe e
meditate , che a colui , a cui le stesse r^ole .sono
passate appena per 1' animo alcuna volta , smiza esr
sor punto considerate. II da questa negligenza si
può credere , che sian nati i molti ecrora che pur
da' critici si nolano nelle opere de' sommi oratori :
peixsiocchè non è credibile, ohe costoro non hanno
fatto ciò clte dovessi Fare , pcnchè nql sapeano ,
ma perchè non si è presentato loro all' aiùino ali
bisogno.
Ma via lasciamo slai«5 ciò che ci vien sugge-
rito della ragione in difesa dell'arte Rettorica: per-
chè loise sarà meglio dilcndcrla per via dell' acgor
mento trailo dall’ esempio e dalla autorità- Certo •
uiie ei> sentiamo nascei-e nell'animo non lieve spe-
ranza , che ricordando noi i numi di Aristotele , di
Cicerone , e di Quintiliano , ognuno si rimerà di<
CQiitmsUii'fi a quelle regole di Rettorica , cl)e cosii
chiari ed illiislri autori lasciarono scritte e m^sse ini
ordine ne' loro dotti volumi. E perchè i citati scrit-
tori non solo non han creduto., che l' invenzione,
degli argomenti eccedesse il |K>tere delU. Rettorica»
ma ne han formato ancora belli ed. iugegn<>si trj^-
tatli, noi ancora riitcprati da si nobile esentpip., ip
quella miglior maniera cl»e per npi RM9 » ne rptr.
giouereni.o., come. di cosa che anche dal fine del-,
r arte, viene richiesta : e dò sarà il soggetto della
priina.ipftrte del-qnviiseiite trattato. E siccoppx un'.Of-
Qàata., . b^hà ftftto e npiperpsa . , ^ non , sia
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PeZr Arte JRettéìriea. tS^
• disposta in bell’ ondine , cblUciL cQsa è , che. ri-
porli il vanto della vittoria > così alle inventate
ragioni se non si dia l' ordine e la disposizàone
conveniente , poco polran giovare al proposto fi-
ne dcUa persuasione ; ,e perciò di q,ucst' ordine e
di questa disposizione ti;attc.rà la seconda parte
Nella terza ed ultima parte si ragionerà della elo-
cuzione , e di tutto ciò , che a quella si appar-
tiene.
Niuno si aspetti da noi neppure in menoma par-
te quella erudizione , che vedesi sparsa a larga
mano quasi in tutti i trattati di Rellorica , special-
mente in quelli , che son venuti alla pubblica luce
in quest' ultimi tempi. Noi abbiam creduto non do-
verci fermare a dire alcuna cosa d’ intorno a questo
particolare argomento *, e quindi niuno leggerà in
questo trattato , per qual modo venisse al mon-
do r eloquenza , e 1’ arte del dire , come quella fio-
risse tanto tra’ Greci , e poi tra’ Latini , come dopo
lunga età salisse in fama tra gl’ Italiani , e chi fos-
sero quelli , che in mezzo a queste nazioni la pri-
ma gloria di eloquenti si procacciarono. Sono bel- ^
le in vero, e piacevoli ed utili queste ricerche ;ma-
al fine , che ci abbiamo proposto , poco o nulla op-
portune. Perciocché nostra intenzione è di dire del-
r arte quello soltanto , che pare necessario a ben
comporre le proprie opere, e a rettamente giudica-
re delle altrui : a fare la qual cosa siccome ad ogni
modo si rifilùede U QOjQioA<ce.nzia d^Ue. regole e degli
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i4 Delle Regole del^Arte Retto rica.
avvertimenti , così al medesimo fine poco o niente
si appartiene il sapere 1' origine , e le varie vicen-
de della eloquenza ; e tanto più ci è piaciuto se-
guire questo consiglio , perchè in tal modo si è da-
to luogo a quella brevità , che ne' trattati di simil
materia tanto piace ad ognuno.
»
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/
iS
DELLE REGOLE
DELL’
ARTE RETTORICA
PARTE PRIMA.
CAPO I.
Della Invenzione.
T . .
I -i invenzione altro non è , secondo Cicerone , che
il ritrovamento di cose vere , o verisimili , le quali
siano atte a provare 1' assunto. In questa definizio-
ne , siccome ognun vede , si contengono solo quel-
le cose , o sia quelli argomenti , che fan bisogno
all’ oratore per dimostrare agli uditori la verità di
ciò , che ha proposto di dire. All' incontro 1' orato-
re non potrà mai conseguire il fine delia persuasio-
ne , se egli , contento solo d’insegnare il vcro,noft
si prenda ancora la cura di conciliarsi la benevolen-
za , e di movere gli aflTetti degli uditori : perciocché
ben può accadere , che alcuno comechè conosca e
vegga il vero; pure perchè gli vien proposto da
persona non avuta cara , nè tenuta in pregio da
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i6 Delle Redole
lui , ovvero perchè hoh se ne ^entc f ^Tmo di
amore acceso , volentieri noi cura , e non cerca
nell’ uso della vita segniiio. Ed ecco perchè i Ret-
torici insegnano , che fa mestiere all' oratore non
solo IroVafre gli argomenti dimbstroftivf , tna quelli
ancora , con cui si renda gli uditori benevoli, ed
aittenti , e mova ne' loro animi i convenienti af-
fetti. Dell' invenzione adunque degli argomenti di
questi tre generi noi partitamente ragioneremo , co-
minciando da’ dimostrativi , i quali si son detti
interni , siccome ancora quelli , che servono a con-
ciliar benevolenza , e movere aff'etti , perchè tratti
dalle viscere (hdle causa ; essendosi dato il nome
di esterni a quei , che si presentano da se al di-
citore , come sono le scritture , i tcstimonj , e d-
xnili.
De’ Luoghi ^ da ciù si traggono gli aT~-
gOmenU dimostrativi.
Questi luoghi o sono comuni , perchè da quelli,
si possono cavare argomenti per ogni genere di causa ,
o sono proprj c particolari , come quelli , che
porgono prove acconce a dimostrare le cause di al-
cun genere determinato. Ora noi prendiamo a dire
de’ pri.iii , i quali si possono distinguere in luoghi
gramuiici , logici , e metafisici
r
^igitizaiby GtiOgle
DelV Arte Reitorica.
De’ lAioghi GramaUci.
*7
L’ argomentazione tolta da' luoghi gramatia
consiste o nella significazione di un nome, di una
parola , oppure in più voci , le quali , derivandosi
dalla stessa origine , poi^ono all' oratore piuttosto
r occasione di formare un leggiadro concetto , che
tm sottile argomento. Cosi dal significato della vo-
ce divertimento si può dimostrare , che non v' ha
nel mondo divertimento per gli oziosi : perciocchò
con questo vocabolo non altro si vuol significare , se
non che diversione dell' animo dalle serie occupa-
sioni : ma in queste non han parte gli oziosi : co-
storo adunque mai non possono del divertimento
godere. Cosi ancora 1’ autore della difesa della di-
scordia , volendo dimostrare , essd* vera la definizio-
ne , eh' egli di quella ha proposto , si vale della
origine , o sia etimologia , o naturai significato del-
la parola. Cìie la discordia sia il desiderio di
diverse cose , la stessa voce , che dalla diver-
sità di cuori , e di voleri si deriva , ben lo di-
mostra. Quel luogo poi , che somministra all’ ora-
tore nn vago concetto piuttosto , che acuto argomen-
to , chiamasi i Conjugati : di fatti Cicerone , volen-
do dare nn nuovo lustro alla gloria da Cesare acqui-
stata pel perdono concesso a Marcello , si serve de*
Coniugati. Tu , o Cesare , avevi già vinto in eie-
mensa e mansuetudine tutti i vincitori di guer-
3
«8 f . Delle Regole
ra ; ma ora che hai perdonato .a Marcello ,
pare , che’ hai' vinto la vittoria stessa : tu solo
adunque tra tutti i vincitori sei invitto.
De’ Luoghi Logici *
I Luoghi Logici sono ia Definizione , le Spe-
cie , e fiualmente la Divisione , o sia f Enume-
razione delle parti. Vediamo , come da questi
luoghi si traggono argomenti a dimostrare l’assunto.
La definizione , siccome ognuno ben sa, è un
breve discorso fatto per dicliiarare l’ essenza e la na-
tura della cosa. Cicerone nel firuto, argomentando
dalla definizione , fa vedere , dhi sia quell'uomo , che
debba dirsi onorato. L’onore, die’ egli, altro non
è , che il premio concesso alla virtù per giuria
e volere de' ciUcMini. Colui adunque , che per
mezzo de'voti , e suffraga del popolo , questo pre-
mio si ha procacciato , costui vien meritamente
locato tra gli onorati ; e quindi il titolo solo deU
t onore ha , chi avesse ottenuto grado .di onore
per fortuna piuttosto , che pel consentimento de'cit-
tadini.
La definizione è un parlar corto e breve ; e
perciò più si alTà a’ filosofi , che agli oratori , i
quali sogliono per vasto i campo spaziare ragionando ;
e di qui è, che' troviamo adoperate da essi piu
spesso le descrizioni , che le definizioni ; perchè
quelle oltre l’ essenza e la natura , spiegano ancora
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Dell’ Arte Rettorica. 19
le cause gli effetti , e le altre proprietà delle cose.
Ecco un bell' esempio tolto dalla Miloniana di Ci-
cerone. ' Vuole l’oratore dipingere al vivo la sagrì-
lega sceleratezza di quei , che avean tentato di bru-
ciare il’cada^e^e diClodio entro le sante mura del
Senato. Di che qual caso vedemmo mai più mi-
sero, nè pià acerbo, nè di lagrime più degno?
essere arso , essere' rovinato , esser contaminato
8 palazzo , tempio di santità, e di onorcvolezza , di
sapere,' di ogni pubblico consiglio', capo della'
città , altare de' compagni nostri, póÀo di tutte
le genti , sede concesSa solamente cC senatori da
tutto' il popolo Romàno. - ■ ■ v- *
H' genere è quello, che contiene' sótto 'di se
pii parti , 0 specie , o forme che si \<^lian 'dire ,
sicconie le specie sono tutte quelle parti , in cui si
divide il genere. Così flirta è genere, che contré-
ne le specie Giustizia , prudetiza , temperanza , for-
tezza. Da questi duè luoghi traggoho maH;rià di ar-
gomentare gli oratori , allorquando tuttd ciò , ch^.
•i pero' dire dèi 'genere, attribuiscono’ alla specie,
siccome per Popposto,'quanto' à cìascùW Ipecie' sl
conviene , dimostrano convenirsi anche ' al genere.
•’ Or' acciocché ben s’intenda da' prinéipiànti , ia
che modo ■■ torni *lor bene , valersi de’ dué proposti
luoghi , è necessario , ricordare , che il punto , di
cui trattasi dall’ oratore , può essere 0 generale e
indeterminato, detto con voce greca ter/, come*' per
esempio : se alcuno prendesse li dimcisthire', che in
r-
ao Delle Regole
gran conto si deouo tenere i poeti , e la poesia ,
che le leggi permettono di uccidere impunemente
r ingiusto aggressore ; oppure particolare e deter-
minato dagli aggiunti di tempo , <li luogo , e di
persona , chiamato anche con vocabolo greco ipote-
si. Ecco due punti particolari : il poeta Archia si
dee ritenere nella città : Milone giustamante ha uc-
ciso Clodio , suo insidiatore. Ciò posto , T oratore
argomenta dal genere alla specie , quando per aver
piò largo campo di favellare dall ipotesi trascorre
alla tesi. Cicerone nell’ orazione in ifesa di Archia
dalla tesi cava argomento a prò della ipotesi ; fa
egli vedere , che belle , e pregevoli sono le buone
lettere , e che è cagione di onore e di gloria la
poesia ; dal che poi deduce , esser giusto e convfr
ncvole cosa , ritenere il poeta Archia ha’ cittadini.
Milone giustamente ha ucciso Clodio , perchè si è
dimostrato in generale , che la legge stessa ci por-
ge la spada contro l’ingiusto aggressore. . .
Si argomenta poi dalle specie, o forme, vo-
lendosi provare il genere : nel che è da avvertire ,
che questo argomentazione allora conchiude, quan-
do niuna delle forme vien trasandata. Berne presso
il Metastasio di questa maniera di argomentare si
serve a fine d' indurre Sammete ad abbandonarla.
]Sit. J. ii> S. 6.
Samm. Chi dunque chiede
Sì efudel sagrificio? ' • . . ,
OigitizCL; by Googlc
DeWArte Retiorica. a»
Ber. Il del , la urrà ,
Tu stesso , se vorrai ,
Sammete , esaminarti , il chiederai.
Sei fido alla tua patria ? / suoi passati
i Rischi non rinnovar. Rispetti il trono?
, Non avvilirlo. Al Geniior sei grato?
Non ficemar si bei giorni. Ami te stesso?
RyicUÀ al tuo dover. Beroe ti ò cara ?
Non opporti al destin. Lasciala in quello
Stato t incoi nacque y e non espor l'oggetto
De'dolci affetti tui
I Air odio , al rischio , ed agl’ insulti altrui.
L’argomento tratto dalla Enumerazione delle
parti pare , che in nulla si did'erisca dall' esposto
poc’ anzi , siccome chiaro appare dall’ esempio che
ne daremo. Segneri nella predica del Yeuerd'i do<
po la Domenica di Passione , > con 1’ enumcrazionn
delle parti , prova la seguente proposizione. Anzi
quale scelleragine ( tra’ gentili ) si trovava , che
Jton avesse ir% cielo il suo protettore ? Protegge^
va Giove gli adulteri, Slercurio i ladri, Marte
i sanguinolenti ,■ Bacco gli ubriachi, y onere i
lussuriosi, Pluton gli avari. . .
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sa Dell» Regole ^
« - '
De’ Luoghi metajisici.
" -j ,
Questi luoghi consistono in certe generali con-
sitiorazionì , che riguardano c^i g«iere di Icose. Di
fatti si possono considerar le cose- e <come cagioni ,
e come efiètd , e come aggiunti, e cornea simili, e
come dissimili , e còme maggiori , o minori', e come
«ntecedenti , - e come conseguenti ; in somma se-
condo tutti quelli a^tti , da' quali cavano i Retto-
rici argomenti per ogni maniera di ciiieé.
Sono pressoccbè infinite le sottilità adoperate
da' filosofi , allorché vogliono spiegare la varietà delle
cagioni. 1 Rettorici'le mirano sitAo' cxm» effuienUy
finali , materiali , formalL Niso presso Virgilio ,
argomentando dalla cagione efiiciente , >si sforza di
divertire dal sno amico Enriaioiil fiirore de* nemici^
e rivolgerlo contro di se. 'Lih. U 2 .<- • .... q
. I 1 = ; . ì; i-
Me , me gridò , -me Bufoli uccidete* >-■ ì >■ '.
Jo son ch'M feci ; io soni che qtMsta\ftx>da
Ho prima ordito •. in me PetmU iroigete’^ -
‘ Che nulla ha- centra a voi quésto meschino
Osato , nè potate.- Io Ip vi giuro^ ** -• ^
Per lo del , che n' è conscio , e per le stelle.
Questo tanto di mal solo ha commesso ,
Che troppo amato ha I infelice amico.
Il potere, la nobiltà, la sapienza della causa
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Delt Arte /Rèitefìrica.' a3 .
sono la prova più certa dell'eccellenza-^ nobiltà, e
Tagbecza dell’ effetto:
Le azioni umane , perchè siano perfettamente
buone e virtuose , debbono esser tali e nella sostan-
za , e nel fine. Un atto di liberalità adoperato per
fine di riportarne vanto e fama , benché in se stes-
so sia da commendare molto ; pure vien giustamen-
te notato, come vizioso, a cagion del fine non
buono. Dalla causa finale adunque si possono de-
durre delle gravi ragioni, onde lodare, o biasima-
re le azioni , ed i latti degli uomini.
Ma oltre a ciò la causa finale vale molto an-
cora a porre in chiaro , chi sia stato f autore del
fatto in questione. Di fatti Cicerone nell’orazione a
favor diMilone ragiona c.oi\. Il assi dunque a con-
siderare altro , salvo che da' quali di questi due
siano state fatte le insidie? niente certamen-
te. Se da costui a colui , eh' egli non ne va-
da senza pena ; se da colui a costui , che
siamo liberati e giudicati innocenti. In che mo-
do adunque si può provare , che Clodio abbia
posti gli agguati a Milone ? Basta dimostrare in
così audace e così malvada bestia , che gran
cagione , che grande speranza , grande utilità
egli avesse della morte di Milone. E perciò quel
detto di Cassio , a chi sia stato utile , vaglia in
queste persone. Ma di ciò parlei emo più largamen-
te in luogo più opportuno.
Le opere delle arti sono più , o meno prege- -
• a4 ‘ Delle Regole
▼oli , a proponione della maggiore , o minore no»
Lillà della materia , e della perìzia dell’ artista.
Diconsi effetti tutto ciò che segue da una cau-
sa. Metastasio dimostra , che non ▼' ha cosa piò pre-
gevole della gloria , perchè da essa nascono tutt' i
beni, che sono nel mondo. Reg. At. ii. S. 7.
.... Quanto ha di ben la terra ,
Alla gloria si dee. Vendica questa '
L' Umanità dal vergognoso stato
Jn cui saria senza il desio donare.
Toglie il senso al dolore ,
Lo spavento a' perigei , . .
Alla morte il terror. Dilata i regni ^
Le città custodisce , allettiti aduna
Seguaci alla virtù, cangia in soavi
J feroci costumi,
E rende r uomo inUtator de' Numi.
Gli aggiunti sono certe circostanze , che si
sogliono considerare si nelle cose , come nelle per-
sone. Dalla considerazione di questi aggiunti nasce
copiosa materia di ragionare ; e di quelli si valgo-
no gli oratori e per lodare , e per biasimare , e
per dimostrare ancora, chi debba esser tenuto qual
vero autore di un fatto. Nestore presso Omero dal-
la sovrana dignità di Re , eh' è in Agamennone ,
deduce , che si dee prestw fede al sogno da luì
raccontato. II. 11.
Dell Arte ReUffHca. aS
.Miraòil sogno., Nosiore ' rispose , '■
Questo è, compagni-, e d'uom volgar sul labbra,
faccia aver di menzogna anco porrìa : • •
) Ma il Re ci parla ; ed al Re chi parla? G,iove.
Non si mente da lot' : su ^dunque alF opra, t
Jl
Olinto presso il Tasso per mezzo dogli ag-
giunti si studia di far vedere , di' egli , e non Sofro-
nia , ha rapito la santa Immagine della Vergine
dalla Moschea. Ger. C. xi. <
jtl Re gridò. Non è non è già rea .• •'.%
Costei del furto ; e per fotria sen vanta ; \
Non pensò, non ardì, nè far potea \
Donna sola , e inesperta opra cotanta.
Come ingannò i custodi , e della Dea
Con qual arte involò /’ immagin santa ?
\Se'l fece, il narri-, io t ho , signor y furata.
Ei tanto amò la non amante amata.
Soggiunse poscia ^ io' là , donde riceve
JS alta vostra Meschita e t aura e il die.
Di notte ascesi, e trapassai per breve
Foro , tentando inaccessibil vie : '
d me r onor , la morte a me si deve ;
Non usurpi costei le pene mie :
Mie son quelle catene , e per me questa
Fiamma s" accende , e'I rogo a me s' appresta,
f
4
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a6 DeUe Regole ‘
Taluni hanno sbandito dalla classe de' luoghi
comuni le cose simili , o dissimili , credendole non
atte a formare argomento da poter persuadere. Ma
quanto costoro si siano in ciò ingannati, gli esempj
tolti da' sommi oratori ben lo faranno vedere. Di
fktli Segncri , nella Predica. XXXII. aduna più
simili , a fine di dimostrare , che i peccatori più
perfidi, e più perduti sono quelli appunto, dietro
dei quali il clementissimo Iddio è vago di andare
in traccia. Un Cacciatore assai bravo ivi ama
di lasciarci suoi cani , dove la fiera è più risen-
tita. Un medico assai perito ivi gode d impiegar
la sua scienza , dove il caso è più deplorahile.
Un nocchiero assai destro ivi gloriasi di esercita-
re la sua arte , dove i venti sono più contharj.
Un A evocato assai valoroso ivi si pregia di spen-
dere il suo talento , dove la causa è più dispe-
rata. Un agricoltore assai pratico ivi si com-
piace di applicare la sua coltura , dove il terre-
no è più infrrtttuoso. I simili poi , se tal volta non
dimostrano , almeno apportano vaghezza c splendo-
re al discorso. Achille, per via di un simile ram-
menta a' Greci , e mette in chiara luce , quanto egli
avesse fatto in lor difesa. II. IX.
. . . Aquila amante
Xfo con tal zelo i suoi spiumati figli
Non riscalda, e non pasce, e di sue penne
Lor non fa scudo da' rapaci artigli ,
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Deit Arie Rettorica. l'j,
- Coni io vegliai , come protessi , e crebbi
1 miei diluii jichei. . .
i dissimili presso il Segacri , nella Predica I.
molto Taglione a dimostrare la stolta temerità di chi
TÌve in peccato , benché non ritragga alcun vantag* .
gio da questo stalo si perìcolo so. Se un agricolto-
re , die' egli, arrischia molte moggia di grano
nella semenza , e se un banchiere avventura qual i
che numero di danaro ne' cambj , e se un liti-
gante consuma buona parte di rendite nelle man-
ce, ciascuno il fa, perchè molto più è quello ^
che spera , che non è quello , che arrischia ; nè
per quanto si volgano antichi annali , si trove-
rà mai piloto sì temerario , il quale sia scorso
sino alt Indie rimote , a lottar con gli austri , a
pugnare con gli aquiloni , per riportare di colà,
sul suo legno • in vece di un vello di oro , sabh
bione , o stabbio. Ma voi , Cristiani , che fate ?
Per qual emolumento vivete in' così gran risico
di perdervi eternamente? Per qual guadagno?
Le cose contrarie sono quelle , che non posso^
no nel medesimo tempo stare insieme nel medesimo
soggetto : ed acciocché si abbia di queste cose piti
chiara idea , e si vegga più da vicino , come se ne
^ debba fare uso , i Rettorìe! distinguono quattro spe-
cie (hi contrari , i (piali sono gli Avversi , i Privan-
ti , i Relativi, i' Ripugnanti o Contradicenti. Di-
ciamo in g(^oeralc , che l’ argomentare da queste
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a8 DeVLe Regole-
Tale moltissimo a dimostrare qadlo che Tuóle prò*
Tarsi. Ciascuna delle proposte specie contiene sem-
pre due parti: messa clic se nh una in chiaro;
resta subito l’ altra dimostrata , o almeno confutata :
ciocché si vedrà dagli esempi che proporremo.
/iuuersi diconsi quelle cose, che sebbene àp-
partengono allo stesso genere; son però tra loro
diversissirae. Per mezzo degli avversi Cicerone di-
mostra , che Milonc non ha posto le insidie alla vita
di Clodio, L' oratore con chiare prove ha £atto v^
dere , che se Milone avesisc avuto mai disegno di
uccidere Clodio, egli avrebbe potuto ciò recare ad
«Ofetto più volte i°. col gradimento di tutti, a**, a
ragione, 3°. in luogo comodo, 4°- tempo op-
portuno , 5°. senza sua pena. Ciò posto , conchiude
poi egli COSI. Egli è adunque veiisùnile , che
Milone non avendolo voluto uccidere^ in tempo
die ognuno gliene avrebbe saputo grado ^ abbia
voluto ucciderlo in tempo che alcuni dovevano
dolersene ? E. non avendo avuto ardire di uccb-
derlo , a rugane , in luogo comodo , a tempo
opportuno , senza pena , è da credere che abbia
^ avuto ardù-e di ucciderlo a torto , in luogo con-
trario , fuor di tempo , con periooh della vita ?
' Privapti sono quelle cose delle quali una parte
k la mancanza dell’altra, Tali sodo vita e morie ^
tenebre^ e luce , libertà o schiavitù. Alberto LoHio
netr orazione iu difesa di M. Orazio , prendendo
«rfojaeelP . da' privanti , ragiona.- colò. Dunque 'fa*
Dell’ Arte Rettorica. 29
T€te voi , bmignlssim cittadini , velar gli occhi
a colui , U cui terribile sguardo , trafiggendo il
cuore a' nimici , ha conservato la libertà , e man»-
tenuto lo Scettro e dignità di questo regno ? Coti»
sentirete voi-, che sieno legate quelle fortissimè
mani , le quali armate hanno sciolto voi da' le-
gami della servilà ? Comporterete voi , che col-
le verste sia battuto colui , che col suo valor
sovrano rintuzzando F orgoglio , ed atterrando
la ferocità degli Albani , fece fi , che tutte le
membra delF Imperio Romano rimasero intatte
€ senza offesa? Cicerone nella Miloniana. F~oi se-
dete ora in questi seggi per vendicar la morte
di colui, a cm se voi pensaste di poter rende-
re la vita , non vorreste ; e della morie di colui
è stata messa la legge , il quale se per la me-
desima legge potesse risuscitare , la legge mai '
non si sarebbe messa.
I Relativi sono quelli , i qn;rfi hanno tal lega-
me tra loro , così die l’ idea dell’ imo ci fa ^ enire
in mente l'idea dell' altro; tali sono per esempio
Padre , e Figlio , Padrone e Servo. Per mezzo
di questi relativi vien giustamente il sommo Iddio
a querelarsi dell' ingratitudine degli nomini , come
suoi figli , e della ingiustizia , come suoi serri. Ec-
co il suo divino ragionamento. Se io sono vostro
Padre , dov' è f amore che mi dovete ? Se io so-
no vostro Signore, dov' è t ossequio el'omagg'a
dovuto a' dritti di mia sovranità ?
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3o ■ Delle Regole
I contrdicenti e ripugnanti sono qaelli che
sebbene non sono tra loro direttamente opposti ; pure
non si possono nello stesso tempo del medesimo sog-
getto adermare , come amare , ed odiare , amare.,
e recar danno ; e di qui Cicerone dimostra , che
Alilone non ha avuto mai scellerato disegno contro
la vita di Pompeo , appunto perchè : se ia fortuna
gli avesse dato occasione , certamente gli avreb-
be fatto vedere , e conoscere , che non fu mai
alcun uomo ad un uomo più caro, eli egli a lui;
e che ovunque vedesse t interesse dell' onor di
lui , nessun pericolo egli ha mai fuggito ; e che
con quel malvaggio uomo , anzi con quella cru-
dele ed odiosa peste , più e più volte per la sua
gloria ha combattuto. ,
Finalmente si può argomentare dalle cose mag-
giori alle minori , e dalle eguali , riserbandoci di
trattare degli antecedenti , e de’ conseguenti nel ge-
nere giudiziale. Come poi ciò si debba faie , gli
esempi il dimnstrei’anno. Cicerone dimostra , di’ egli
dando la morte a Catilina, non dovea in niun con-
to temere , che non lasciasse il suo nome disono-
rato ed infame presso la posterità , perchè nelle
passate età uomini assai più illustri e valorosi, a-
vendo levato la vita a' perturbatori creilo stato , non.
solo non aveano la lor fama oscurato , ma 1’ avean
resa piuttosto più chiara e più bella.
, Alberto Lollio nella citata orazione -per M-
Orazio ci propone un argomento cavato dalle cps«
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> -
\
Dell’ Arte Rettorica. 3 1
minori. Perciocché se negli abbattimenti de' gla-
diatori , negli uomini di bassa condizione , ed in-
Jima fortuna abbiamo a schifo i timidi, e por-
tiamo odio a' pusillanimi che pregano , che sia
loro donata la vita , ma i forti e coraggiosi che
allegramente si offeriscono alla morte , deside-
riamo salvare , e naturalmente abbiamo maggior
compassione a coloro, che la nostra misericor-'
dia non ricercano che a quelli che con impor-
tunità la dimandano', quanto maggiormente dob-
biamo far questo ne' pericoli dé nobili e valorosi
cittadini ? Questa stessa argomentazione troviam fat-
ta da Cicerone in difesa di Milone. ii crederei,
che questa sua fortezza di animo piuttosto do-,
vesse giovargli ; imperocché , se quando vedia-
mo a combattere i gladiatori, i quali sono uo-
mini di bassa fortuna , ci nasce un certo odio
vei'so di quelli , i quali mostrano timore , e sup- .
plichevolmente pregano che sia loro donata la
<vita ; ed all" incontro quei , che sotto forti ed
animosi , e senza spavento si offeriscono alla
morte , desideriamo di conservarli ; e maggior
misericordia abbiamo verso di quelli , i quali'
mercé non ci chieggono , che verso di quelli , i
• quali con istanza la addimandano quanto più
si conviene, che facciamo il medesimo ne' perù
coli de' fortissimi cittadini ?
Finuhneute il Casa dalle cose uguali fa vedere,
che la RepuLLlica di Venezia deve, durar perpetua-
9
3 2 D^lle Re^lo ^
metile. Ed è senza alcun dubbio da credere , che
siccome il cielo , perpetuo essendo , conserva
quel medesimo modo sempre y e la natbsra simile
mente perpetua ritiene una stessa legge , cosi
la vostra nobile comunanza eterna Jia : percioc-
ché ella un medesimo ordine, e uno stesso stda
ha tenuto e conservalo sempre senza mutarlo ,
1 o pur aiterarlo giammai , la quale più secoli
vissuta essendo, che molte altre delle più illu^
stri non vissero anni , più fresca e più vhraeg
ora attempata si dimostra , che quelle allora
giovani non si dimostrarono.
Abbiaui detto abbastanza de' luoghi topici : TO> '
gliamo solo aggiungere un savio avvertimento da-
toci da Quintiliano , il quale è , che alloraquaBdo'~
r occasione ci obbliga di dover trattare qualche ma»
teria , non dobbiamo andar picchiando uno per
uno agli usci di tutti i luoghi che abbiamo impa-
rato studiando t arte Rettorica , ma che cerchia-
mo piuttosto sceglier quelli da' quali si possono trar-
re argomenti al nostro proposito. Anzi di questi'
luoghi comuni , che risguardano ogni genere di cau-
se , è necessario , che il dicitore faccia uso assai
moderato ; altrimenti cadrà senza meno nel vei^Or
gnoso vizio di vnà stolta loquacità. Per la qual co-
sa senza più indugiare velgiam la mente a spiegar
quei luoghi , i quali ci diano argomenti acconci a.
provare ciascuna causa in particolare , perchè è an-
tichissima la dottrina , insegnata nelle Scuole da' B«t-
Digitr.
Dell’ Arte Rctiorica. 33
la quale distingue in tre generi tutte le cau*
‘Se , noi non volendoci da quella allontanare., diciamo,
che tutte le (jucstioui cadono sotto L tj-e genesi ,
Dimostrativo , Deliberativo , Giudiziale.
Forse poti'cbhe alcuno contro la proposta divi^
mone opporre , che quella non è affatto conforme al-
le buone regole della logica , perchè non coinprc»-
de tutto le parti di quel tutto , che per mezzo di
essa si vuol dividere. Perciocché chi è , che non
sa , che 1’ Oratore ha si vasto campo da spaziare ,
che può prendere a trattare non solo di quelle que-
stioni , che hanno per fine le azioni , ma di quelle
ancora , che riguardano le semplici cognizioni , co-
me per esempio può scegliere l’oratore per tema
del suo ragionamento l' annuo giro che il sole fa
d’ intorno la terra , parlandone oratoriamente. In
tal caso un tale argomento e un tal discorso certo
che non si può rapportare a niuno de' tre generi
proposti ; da che segue , che la proposta divisione
non è perfetta.
Ora noi , volendo rispondere a questa difficoltà,
diciamo , che i Rctlorici distinguono un doppio ge-
nere di cause , mirandosi allo scopo , che quelle .
hanno innanzi. Altre , dicono , .sono teoretiche, o sia
speculative , che contengono la sola cognizione del-
le cose , come si vede dall’ esempio poc’ anzi pro-
posto , altre sono pratiche , che sono quelle che
trattano delle azioni degli uomini. L’ Oratore , per-
chè niuna legge dell’ arte ha prescritto termini alla
h
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34 Delle Regole
sua &coltè ed arbitrio , può liberamente d' interne
e all' one c all' altre questioni ragionare : contutto-
ciò essendo il fine dell' arte Rettorica il persuadere,
e questo consistendo non tanto nel convincimento
dello intelletto , quanto nel movere gli affetti , e per
tal mezzo tirare l' animo ad operare , si conchiude
da ciò , che i punti pratici piuttosto , che i teore-
tici formano la materia dell' eloquenza dejl' Oratore :
e quindi la proposta divisione de' tre generi di cau-
se par che non sia da riprovarsi.
)
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/
'' DeW Arte Rettoriea. 35
C A ÌP. IL
Del genere Dimostrativo.
Il genere dimostrativo , o sia laudativo , fu co^
detto, perchè dimostra e mette in luce lelaudevo-
li azioni degli uomini. Contiene però dne parti , le
lodi , e le vituperazioni : le lodi sono i beni di na-
tura , come r esser ben fatto della persona , avere
acuto e sottile ingegno, possedere valida e vigoro-
sa sanità di • corpo ; i beni di fortuna ; tali sono le
ricchezze , gli onori , la nobiltà del lignaggio ; fi-
nalmente i beni dell’animo; e questi sono la virtù,
i piacevoli ed innocenti costumi.
' Le prime due specie di beni , considerate in
se stesse , non possono nè debbono somministrar
materia di verace lode al 'saggio oratore, salvo se
ei trova , che il posseditore di quelli ne ha fatta
queir uso , che la legge e la giustizia prescrive.
Si può immaginare eroe più bravo e pjjj^prode di
Achille ? Eppure Agamennone presso ^|^ero gli
parla cosi.
Fra tanti Re, fra tanti duci, il solò
Sempre odioso a me , sempre molesto
Fosti , e sarai : che i militari spirti
Mai non deporti -, e al paro in tenda , o in
campo
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36 Delle Regole
Spiri insana Jei'ocia , e zuffe , e sangue.
Vano guerriera non superbir cotanto^
Della tua gagliardìa ; dono di un nume ,
Di un nume è merto.
In queste ultime parole il primo pittor dell*
natura ci mostra la ragione , perchè i beni di na-
tura e di fortuna non sono da se capaci di procacciar'
vera laude agli uomini , salvo se di quelli si valsero
a quel line , por cui furono donati loro dal ciclo.
Resta dunque , che 1' oratore solo dalla vii-tù ,
e dalle oneste azioni può trarre argomenti di vera
lode. Or la prima cosa da osservare si è quella di
non prendere mai a lodare azioni e virtù volgari
éd ordinarie , ma quelle bensì , che sono grandi , e
nobili , e oltre 1' usato belle e luminose. Pmeioc-
chè se è vero , siccome è verissimo , che in ogni
ben formato ragionamento ,dee adattarsi lo stile alla
materia , e farsele per dir così simile , ne segue
da ciò , che se le cose da commendare sono bassu
ed ordina^, molto si disdice trattarle con quel no-
bile ^ ii^Hl^co e splendido stile proprio degli ora-
tori. La mancanza' di un merito illustre o costringe
il dicitore ad usar la vile adulazione , volendo , co-
me meglio si può , sostenere la gravità dello stile ,
o pure gli è necessario , spogliare il suo discorso
d' ogni bello o:'namento , die nasce dalla nobiltà e
grandezza de' sei.'timenti , e dalle forme di dire a
quelli convenienti.
DelV Arte Rettorica. 87
Le virtù sono qualità interne dell’ animo urna*
tio *, e quindi può ìtarc , che ' siano grandi c subli-
mi , e perfette ; c pur tuttavia non si mostrano y
come tali , alla cognizione del mondo. I fatti solo,
0 sia le azioni sono quelle , che le possono trarre
alla pubblica luce degli uomini; e i fatti son quel-
li , da' quali 1’ oratore può cavare matevia a formare
il suo ragionamento. Or questi fatti prendono il no-
me dalla virtù , a cui s’ appartengono. Non è cer-
tamente fuor di proposito , ricordare qui un saggio
avvertimento di Cicerone, col quale egli- c’ insegna,
che non tutti i fatti sono del pari opportuni alla lo-
de. Perciocché non è alcun dubbio, che con assai
maggior diletto , e con più diligente attenzione si
sentono lodare quelle virtù , e quei fatti , che sono
al comun bene diretti , che non quelle , le quali
sembrano , essere quasi di uso privato d* coloro ,
che le posseggono. Di fatti gli atti di clemenza ,
di giustizia, di fede, di cortesia, di liberalità, c
di altre somiglianti virtù , se mai sono grandi e no-
bili , e per tali ci vengono da eloquente dicitore
rappresentati , non solo di stupore e di maraviglia,
ma r animo ci riempiono ancora di una soave gio-
condità , e dolce diletto , laddove della sapienza ,
prudenza , accorgimento , e sottigliezza d’ ingegno
siamo solo tranquilli ammiratori. Pur queste priva-
te virtù convien lodare , perchè anche del maravi-
glioso della virtù piace sentir le lodi.
Ciascuna virtù ha le sue parti , o sia i suoi
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(
38 , Delle Regole •
ufuj; ond’^è, che bisogna sapere questi uflaj j per-
chè si possa dare a Ciascuna virtù quella lode , che
le 'conviene : ma insegnare questa ' dottrina non è
della Kettorica , ma della filosofia , e di quelle car-
te Socratiche , le quali sole possono somministrare
al dicitore la materia per ogni suo ragionamento.
Solo ci piace notare alcune circostanze , le quali
trovandosi unite a' fatti virtuosi , ne accresemm di
molto il merito e lo splendore. Cosi se l' oratore
osserva , che il fatto , che dee commendare , ù nuo-
vo , cd è il primo nei mondo , da questo può pren-
dere argomento di dimostrarlo più glorioso. A ragione
si ammira singolarmente la fermezza d’ animo di
S. Stefano, come di colui , che il primo, non es-
sendo stimolato da precedente esempio , pur sosten-
ne animosamente il martirio , e segnò col sangue
la fede di Gesù Cristo. Si veggono tal volta uniti
al fatto certi aggiunti , per cui poi avviene , che
assai di rado ne comparisce tra gli uomini un si-
mile esempio. I Coditi, i Gedeoni , i Leonidi, si
fan vedere assai poche volte nel mondo. Costoro o
soli , o con pochi fecero ardita resistenza , e scon-
fissero numerosa oste nemica. Un fatto finalmente
può considerarsi come singolarmente grande , perchè
fu recato ad effetto in tempo , che gli si opponevra-
iio molte e grandi difficoltà , perchè di quello , ben-
ché arduo e pericoloso , il fine ne fu la salvezza al-
trui , perchè la felicità e la prestezza ne furono l’e-
sccutrici.
X
tìelV Arte Rettorica. 3g
I Rettorici distiugono un doppio ordine , che
ti può seguire dall'oratore , allorché compone le sue
orazioni paregiriche , 1’ uno detto analitico , Taltro
sintetico. Il primo segue l’ ordine della natura ,
siccome sogliono fare gli scrittori di storia. Comin-
cia adunque dal nascimento di colui , che si è pre-
so a lodare, e scorrendo tratto tratto tutta lavila,
finalmente finisce con la morte. Tutto ciò che l'o-
ratore trova degno di lode , porge materia alla sua
eloquenza.
II secondo metodo poi , eh’ è quello , che si
dee piuttosto seguire, riduce a capi determinati tutta
la serie delle azioni e de' fatti che meritano lode :
ciocché non si pnò fare , se non da chi sa bene
tutta la vita della persona clic si vuole lodare. Si
vegga, quali furono quelle virtù, che apparvero più
belle e luminose : queste si scelgano, per soggetto
della orazione , riducèndosi destramente ^ quelle tutta
la massa delle azioni. Forse per tal modo si può
conseguire il fine di presentare agli animi degli u-
ditori Timmagin vera di chi si é voluto lodare.
Dal vizio procedono le vituperazioni , e contro
del vizio solo si deono quelle adoprare. La legge ,
e la religione proibiscono la satira , ed ogni gene-
re di componimento , che per poco possa oscurare
la fama e il nome altrui.
Chi sa r arte di lodare , costui fiicilmentc tro-
va la maniera , come fare le congratulazioni , le
condoglianz(i , i ringraziamenti , ed altri componi-
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4o ^ Delle Regole
menti di simile argomento. Cicerone insegna, che
non v'ha arte alcuna, in cui il Maestro dia precU
se regole per eseguire ciascuna di quelle cose , che
per mezzo di quell' arte si ponno ad cBwtto recare.
Basta sapere le principali nvvertcozc dell' arte , cooo-
acere i primarj generi delle cose ; che poi le altre
cose ben si possono felicemente eseguire. Chi nell»
pittura ha imparato una volta a formare sulla tela
r aflìgic. di un uomo , costui ben lo sa rappresenta-
re , qualunque ne sia l’età, e la statura. Gli argo-
menti, di cui può tiattare 1’ oratore , sono pressoc-
chè infiniti . Se si dovessero dare regole per ogni
specie di soggètto , 1' arte Rettorica non troverebbe
mai fine.
Del genere Deliberativo.
A questo genere appartengono tutte qudle cau-
se , in cui si vuol sapere , se una tal cosa si ctebba,
o non si debba fare ; e quindi le parti di quddo
sono il persuadere , o il dissuadete. Ha- ciò de-
duce io primo luogo , che siccome le cose passate
formano la materia del Dimostrativo , cosi il genere
Deliberativo s'aggira dintorno alle cose future ;,on-
d' ò., che tanto più difBcil cosa è trattar la cause
del genere deliberativo , che non qu^le del Dimo-
strativo , quanto maggior fatica, si richiedo a ragio-
nar delle future , che delle passate coso. In socon-
do luogo è da sapere che solo quelle cose cadono
DelV Arie Rettorica.
sotto il- genere deliberativo , le quali dipendono
dall' umano arbitrio ; per la qual cosa le necessarie,
come la morte , e le fortuite , come la pioggia , nc
sono perfettamente escluse. "
Si può làcilmente conoscere , da quai luoghi
si debbano cavare gli argomenti , se vogliamo per-
suadere , e da quali , se vogllam dissuadere. Percioc-
ché chi è, che non sa, che 1’ Onesto, e. l'Utile so-
no i due motivi valevolissimi a determinare la vo-
lontà degli uomini a fare , siccome il Disonesto , e
il Pernicioso vagliono mollissimo a rilrarnelo ? Ciò
che si dimostra essere onesto , cd utile , facil ‘cosa
è , farlo vedere ancora glorioso , e necessario , cioè,
di tanta utilità , che senza di quello non può sossi-
stere la comune salvezza.
Si avverte , che 1' utilità della cosa , che si vuol
persuadere , allora ha luogo , c si dee , come vera
utilità , proporre , quando si trova all’ onestà stretta-
mente congiunta. A chi non è noto quello, che ci
narra la storia di Temistocle? Costui formò nell’
animo suo il disegno di bruciar le navi degli Spartani
in tempo che questi erano in perfetta lega cd ami-
cizia con gli Ateniesi. Da questo disegno messo in
opera sarebbe venuta grande utilità al popolo di.A-
tene , perchè per tal modo sarebbesi finalmente ab-
battuta la potenza di quella nazione, eh' era sempre
in gaia , con gli Ateniesi : pure fu a pieni voti ri-
provato , .perchè , benché quello fosse utile , era pcrà
disonesto. * ' •• •
6
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4 « Delle Regole
Oltre gli argomenti , a dimostrar bene e pefsua>
dere una cosa , si richiede , « gindizio di Cicerone,
una somiaa autorità nel dicitore ; la quale pare ,
che sia tanto necessaria , che se manca, si corre gran
risico di scoccare al vento gli acati strali dell’ elo-
quenza. £ perchè mai il divino Omero nel secon-
do libro della sua Iliade non osa di far comparire
r eloquentissimo Re d' Itaca in mezzo alle squadre
Greche, a fine di calmare l’ eccitato tumulto e bisbi-
glio , se non gli va innanzi la Dea della Sapienza ,
la qnde sotto sembiante di puUdico araldo intiman-
do silenzio , ricorda loro , che quegli , che si appa-
recchia a favellare , è il saggio , il prudente , e 1’
avveduto Ulisse ? perchè non si pub sperare gran
frullo dalla forza dell’eloquenza], che non è accom-
pagnata da lina viva idea dell’ autorità. Consiste poi
questa in una certa stabilita opinione della sapien-
za , consiglio , e probità dell’ oratore.
Annibale in quel parlamento fatto tra Ini, «
Scipione , per via della argomentazione 'tratta dalla
utilità , si affatica d’indurre il duce Romano, a fare con
se un trattato di pace ; perchè fatta in quella opportu-
na occasione gli assicura il possedimento di quella
tanta gloria , che sino a quel tempo aveasi procac'*'
ciato , laddove correrebbe gran rischio di perderla ,
esponendola agl' incerti casi di una battaglia. Sappia
o Scipione , che i voleri altieri, i quali fa la for>-
tuna prospera, siccome per alcuna fata fece a
me, piuttosto desiderano cose grandi^ -che utilL
DeW Arte ReUariea, 4^
Ma se g/i Dii nelle cose prospere ci donassero
buona mente , noi penseremmo non solamente
quelle cose, che intervenute ci fossono , ma e-
ziandio quelle che ci potessero intervenire. E
non recandoti alla mente ogni cosa , clw sopra
ciò contale si potrebbe, assai grande esemplo ed
ammaestramento ti sono io, il quale tu vedesti
già accampato tra jdniene e la ciilà di Doma ,
francamente a bandiere spiegate assalire le mu^
ra di Roma', e ora mi vedi piivato di due fra-
telli y fortissimi e famosissimi Imperadori , As-
drubale , e Magone , stare davanti alle mura
della propria pallia quasi assediala , e pi ega-
re , che in ver di me non si facciati quelle co-
se per te , colle quali già spaventai e misi iti
grande paura la vostra cittade. E però non è
da credere a qualunque fortuna , e specialmente
a' prosperi e fortunati principi , siccome sono stati
i tuoi: perciocché {tossono avere infortunato mezzoy.
e fine , siccome è stato il mio. Ora essendo le
cose nosU'e dubbiose e incerte , e bella e atte-
vole la pace , a te , che t hai a concedere e dof-
re , e a noi, che la chieggi«mO‘ più utile e necessa-
ria , che rimanere nemici e in guerra , migliore
e più sicura cosarla pace certa, che la spera-
ta vittoria i perocché, la pace è nelle tue mani
e nella tua balia , la vittoria è nelle mani degli
Dii. O Scipione , non volere poire al rischio d
una ora la felicità e la prospera foiiuna di co-
44 ‘. Delle Regole
tanti anni: e pensa nell animo tuo non solamen-
te le foize tue e il tuo potere, ma ancora la
foj-za della fotiuna , e quella di Marte , Iddio
delle battaglie, il quale è connine a ciaschedu-
na delle parti : e che dall uno lato , e dall al-
tro saranno corpi umani quegli che combatte-
ranno. E voglio, che tu sappi una cosa, che in
ninno luogo rispondono meno gli avvisi secondo
il volere e la speranza , che in battaglia , dove
le misure non riescono ; e considera il partito
eli hai per le mani, e a' che rischio tu Umetti',
che non potresti tanto di onore e di gloria ac-
crescere vincendo per battaglia , sopjxi quello che
avresti , dando la pace ; quanto , se piccola
sciagura £ incontrasse , la fortuna ti potrebbe
d una ora torre e guastare V onore acquistato ,
ovvero che isperassi d acquistare.
Ulisse nel secondo dell' Iliade , \ olendo disto-
gliere i Greci dal pensiero di tornarsene in Grecia ,
prima che avessero presa e saccheggiata la città di
Troja, argomenta àiA disonesto , e dal pernicioso ,
dal disonesto , perchè quell' immatura partenza si
opponeva a’ giuramenti e promesse fatte ad Agamen-
none ; dal pernicioso , perchè partendo avrebbono
perdilo il frutto di tante loro pene e fatiche , tanto
più , che secomlo i vaticiuj non si dovea cred(S'«
trpppo lontano il fine della giima.
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DeW Arte Rettorica. 4 ^
... O quanta ,
Ei comincia , quanta pietà mi desti ,
Jnvan possente Àtri^e: ecco quei fidi,
Que' forti Jchei , che nel partirà dJrgó
Giuraro a te di non tornar , se pria
Non avean Troja incenerita e spersa.
Scordano a un tratto i giuramenti, i voti.
La tua gloria, e la lor: bambini imbelli
Tu gli diresti , e vedove dolenti ,
Gemono a gara , e patria , e casa e figli
Eiran tor sulle labbra ; è ver , di scusa
Però son degni', che se acerba e trista
Sol di un mese è assenza a navigante ,
Cui ritien lungi dall' amata sposa
Mar tempestoso , e crudo verno algente , ì
C he fi a di noi, che dai patemi lidi
Soffrian già da nov' anni amaro esiglio ?
SI vel consento. Achei; tristo è lo starsi
A soggiornar su questa spiaggia infida
Senza fin, senza fiato... Oh ma più tristo
E a magnanimo cor , favello a' Greci,
Senza frutto tornar, deluso, inulto.
Dopo tanto fragor dt immensa guerra ,
De suoi vergogna , e de' nemici scherno.
Costanza amici , ornai si appressa il tempo'
Che il divino fatidico Calcante
'Giri ci predisse r • t.
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46
Delle Regdle
Del Genere Giudiziale.
Dti« sono le parti di questo genere , 1' accnsa
e la difesa : tutto ciò , che si poi-ta in giudizio , nc
forma la materia ; i luoghi , da cui si traggono gli
ai^omenti , perchè sono diversi gli stmti , o contro^
versia , sono essi aucera tra loro differenti. Noi di
questi luoghi tratteremo separatamente , dopo che
avremo detto tutto quello , che a’ appai-tiene agli
Stati. ^
Si chiama Sfato tutto quello , che nasce da
due proposizioni , affermativa l' una , negativav l' al-
tra , come per esempio se alcuno dicesse , ti* hai det-
to bugia , e rispondeste 1' altro , io non t ho det-
ta , ne nasce lo stato cioè y si stabiKsce quello ,
che si vuol provare dall’ uno , e riprovare dall’ al-
tro , affermando il {srimo , il secondo negando; e
perchè può stare , che colui , che intende riprovare-
ciò che gli viene opposto , il feccia in tre diverse
maniere , i Rettorici perciò stabiliscono ti-e stati ,
ài con^ieUura y o congetturale y <h (ignizione y
0 definitivo , di qualità , o qualitativo.
Proponiamo un esempio. Suppongasi, chedne
fratelli sieno dal servo accusati al padre , d' essere
venuti alle mani. Il padre li chiama , e F incolp»
di rissare insieme : lo negano essi : ecco lo staio-
confiiielturale. Perciocché sentendo il padre , che
1 figli negano il fatto , e restando perciò dub-
DeW Arie B:eUorica. 4^
fcìoso e perplesso , è necessario , che egli si stilila
rimrenire degli argomenti , da’ quali possa iniierire
probabilmente , se quelli dicono il vero , o no : si
che si appella conghietturare. Se poi il padre, per
convincere i figli , chiama il servo , e ctstui depoxK
ga , àìt ( {{aeVù contendevano , e rissavano u, ed
essi confessino , che> contendevano di cose lette^
rari* , ma non rissavano , nasce lo stato definiA»
vo , dovendosi cercare-, se la contesa abbiasi •
chiamar rissa, 11 sm'o ha confuso Tiina con l’altra^
ma con la definisione si dimostra, die la rissa k
venire * alle mani , e la contesa h disputare. £d
ecco la differenza che passa tra lo stato conghiet«
tarale , e definitivo. Nel primo il fatto , perchè > si
nega-, s'ignora del tutto : nel secondo, perchè si
confessa , pare , che si sappia ; ma non è oisi : se
n' ha solo un’ idea confusa «d oscura , coà che non
se ne conosce la natura e l’ essenza ; ond’ è, che si
ricorre alla definizione , la quale , siccome ognuno
sa , con^e nello spiegare la natura ed essenza
delle cose. Stabilita poi la definizione, è facile ve-
dere , qaai- nome si debba dare al fatto -in questio>
ne. Finalmente definito il fatto , e cbimnato con-
tesa , ti può cercare , se giusta era , utile , ed
onestai eh’ è, come si vede, qualificariai cioè)
attribuire al fatto o una , o un’ altra , o tutte qpio*
ste cose.
Lo stato qwal^cadvo poi si divide in Nego-
stole, e Jmiditiiah, Si vuole da alcum, che -allo
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48 Delle Regole
stato di quab'Ui Negoziale si appartengono tutte le
deliberazioni , che si possono tare d’ intorno alle
cose future , e propongono per esempio questa con-
troversia , se mai sia cosa utile , che gli Ateniesi
dian soccorsa- as^i Olintj assediati da Filippo-.
la qual dichiarazione dello stato negoziale , se mai
fosse vera , quello sarebbe in tutto conforme al ge-
nere Deliberativo. À.ltri poi insegnano , che quel-
le controversie propriamente sono dello stato nego-
ziale , le quali trattano di cose future, ma che
hanno però stretto legame e dipendenza dalla leg-
ge , e che precisamente sono tutte quelle specie ,
che non essendo espressamente contenute nella leg-
ge , per via d'interpretazione , se ne dee dalla leg-
ge stessa deduire la decisione.
Lo stato di qualità Juridiciale si divide aneli’
esso in due parti , in Assoluto , ed Assuntivo ; cd
è giusta e ben fondata questa divisione . Perciocché
il reo , dopoché ha confessato il fatto , che gli è
stato opposto dall' accusatore , in due maniere ge-
neralmente può fare la sua difesa , ,o dimostrando ,
che il fatto non é contrario alla giustizia ed alla
legge ; anzi è da quella concesso ed approvato ; e
quindi non si dee quello stimar malvagio e scelle-
rato , o non poteudosi ciò fare , è necessario , che
il tea ricorra alla causa del fatto per nascondere
e coprire quell’ aspetto di peccato , eh’ il fatto vera-
mente ha . Milone confessa , eh' egli é stato 1’ uc-
cisore di Clodio r si difende con dire , che qua-
$
Dell' Arte Rettbrica. 49
sta ucci&iooe è concessa ed approvata dalla legge
SI naturale , die civile ; altrimenti a coloro , clic
cadranno in mano agli assassini , o per le armi lo*
ro , o per le sentenze de' giudici, è necessario di
morire . Ali' incontro il generale ò tornato dalla
spedizione coll' esercito spogliato dell’ armi , e del
bagaglio , avendo consegnato 1' una , e l' altra co-
sa al nemico. Non t’ ha legge , con cui il gene-
rale possa giustificare questo suo latto; anzi la leg-
ge gli è perfettamente contraria ; e quindi non può
egli dalla natura del fatto prendere argomento op-
portuno alla sua difesa , per la qual cosa gli ò ne-
cessario , eh’ egli chiami in suo ajuto alcuna cosa ,
che sia fuori della natura del fatto ;c questa appun-
to si è la causa , da cui dice di essere stalo sospin-
to e forzato a consegnare il bagaglio , e le armi ;
la qual causa è stata la necessitò di dover saivaro
r esercito. 1 due proposti esempj fanno manifesta-
mente vedere, che cosa sia lo stato di qualità Ju-
ridiciale assoluta , e assuntiva , e in che 1' una si
distingue dall' altra. L’ assuntiva poi , benché tragga
sempre dalla causa del fatto gli argomenti della di-
ièsa , pure , perchè ciò si può fare in più maniere^
prende varie denominazioni. Di fatti nel proposto
esempio del generale la difesa dicesi fatta per com-
parazione , perchè si mette in confronto la perdita
del bagaglio e delle armi con la salvezza dell’ eser-
cito. I.
Allorché poi il reo, che ha confessato il fatto,
7
Digi- -- ;byCoogle
5o Delle Regole
incolpa r offeso stesso dell’ azione , di coi si vuol
giudicare , questo modo di difendersi dkesi fatto
per recriminazione. Cicerone, nell’ oraaione in di-
fesa di Milone dimostra , clte la causa della morte
di Clodio (Icvesi a Clodio stosso attribuire , a cagio-
ne delle frequenti minacce , e delle segrete insidie
poste da lui alla vita di Miloiie.
Il reo tal volta si difende per mezzo della
traslazione-, ciocchb avviene, quando trasferisce
la causa della colpa , di c\ii è accusato , in altra
persona , siccome fecero gli ambasciadori di Rodi ,
i quali , non avendo fornita l’ incumbenza data loit)
di andare in Atene in qualità di ambasciadori , in-
cdlparno di questa loro negligenza il questore, die
non avea dato loro il danaro conveniente. In que-
sto esempio il reo trasferisce in altra persona solo
la causa del fatto : ma può quegli trasferire in altri
lutto il fatto stesso ; ciocche esso fa , quando affer-
ma , che in niun conto apparteneva a lui , nè al
suo officio , vedere , se qudlo conveniva farsi , o no,
e molto meno quando , e in che modo ; e eh’ egli
ha fatto quello , di che viene accusato , costretto
dall’ obbligo di dovere obbedire a chi avea e dritto
e potere di comandare. Di questa difesa si valse
quel nobile giovanetto Romano , i quale si volea
da alcuni senatori mandare in bando , perchè ave»
tenuta la porca , vittima solita a scannarsi in occa-
sione della celebrazione delle pubbliche alleanee ,
in quel trattato di pai» , che Slancino , generale
Dell’Arte Rettorica. St
doli’ armata Romana , uvea voluto fare con i San-
niti. Il trattato fu riprovalo dal popolo , e dal se-
nato , e Mancino fu caccialo in esigilo. Alla stessa
pena si volea far soggiacere il giovane poc’ anzi no-
minato ; ma fu liberato por la esposta difosa-
Flutarco ci racconta un fallo , dal quale si può-
raccogliere , che alcune volte il reo rimuove da se
la colpa , facendola con bel modo 'cadere su d' una
cosa inanimata. Pirro un giorno sgridava due sol-
dati , che cenando insieme avevan detto gran male
di lui, a cui l’un d’essi rispose: Signore , se non
finiva quel fiasco di vino , che noi bevevamo ,
avremmo detto anche peggio. Questo bastò a cal-
mare lo sdegno di Pirro , c a farli assolvere ridia
colpa. Il reo, che l»a confessato il delitto, non
trova difesa nò nella natura del fallo , nè nella cau-
.sa del fatto. Ci è piirtullavia mezzo a poterlo sal-
vare. La malvagità de’ fatti umani tal volta non
tanto si fa dipendere dalla loro natura , c dalla op-
posizione , che possono avere con la legge , quanto
dalle intenzioni di chi li pone in opera. Per la qual
cosa mancando alla difesa tiHte le maniere sinora
divisate , si da luogo allora alla Purgazione , ed
aUa Deprecazione , le quali congiunte insieme pos-
sono valere , se non a giostificare il reo ,. almeno
a' fargli diminuire la pena. L imprudenza ^ caso,
la necessità sono la materia della Purgazione :
si fa vedere , che se mai si è commessa la colpa ,
ciò non è addivenuto per espressa c determinata de-
Digitizc" by Googic
»
I
5a Delle Regole
liberazione della vnlonlà , ma piuttosto per ina-vver-
lenza , per non preveduto accidente , per fatale
concorso d invincibili circostanze. Di questo mo-
do di difendere il reo ne vediamo un bellissimo
esempio nell' orazione di Cicerone fatta in difesa di
Ligario , volgarizzata già da M. F rangipane , oVe si
osserva ancora egregiamente trattata la deprecazione,
chiedendosi perdono , e implorandosi clemenza da
chi polca concederlo. Cicerone ci avverte , che al-
loraquando la difesa si riduce alla sola deprecazio-
ne , finisce il potere e l’ autorità del giudice , doven-
dosi allora ricoiTcre alla clemenza , di chi ha il som-
mo e sovrano potere nello stato.
Vediamo ora , da quai luoghi si debbono ca-
vare gli argomenti per ciascuno de' tre stati da noi
sopra esposti. Nello stato di conghiettura , perché
si nega il fatto , i Rettorici insegnano , che dalla
considerazione della Cagione , della Persona , e
del Fatto si può dedurre , se 1’ asserzione del reo
sia vera , o no. La cagione o è un incitamento di
qualche aflctto dell’ animo, come di odio, di sde-
gno , o il desiderio* di voler conseguire un fine , co-
me di accjuislare ricchezze , di ottenere una carica ,
di vendicare le ingiurie fatte a’ congiunti , o agl
amici.
Se dunque 1’ accusatore dimostra, che il reo
chiamato in giudizio, è un uomo iracondo , avvezzo
a rissare , posseduto da mille sfrenati affetti , può
egli da ciò proLahiimeute inferire , che quello vera-
Digitized i’
DeW Arte Rettorica. 53
mente ha commesso quella colpa , che gli Tiene op>
posta. £ questa aigomentazioue acquisterà fona mag-
giore , facendosi vedere , che gran possa abbia un
violento affetto, che nella vita comune frequenti ne
sono gli esempi , e che il fatto in questione è per-
fettamente conforme agii ordinarli avvenimenti di
simil natura. Si farà la difesa , dimostrandosi , che
mancano le proposte circostanze.
Che se il reo, non per un impeto di violento
affetto ma per fine o di conseguire un bene , o
di sfuggire un male , si à indotto a commettere la
colpa , r accusatore allora dimostrerà , che cagio-
ne più acconcia a potere spingere un uomo al de-
litto non si potea giammai immaginare. E quindi
qualunque siasi questa cagione , dovrà 1' oratore ,
quanto meglio può , ingrandirla con la fcrza della
sua eloquenza. Nè poi a poter liberare il reo nè
ponto nè poco vale il dire , che dal fatto in que-
stione non gli è venuto nè comodo , nè bene alcu-
no , purché sia certo , che quegli ha creduto , seb-
ben falsamente , poter migliorare per mezzo di quel
fatto la sua fortuna. Si ha tutta la ragione di cre-
dere , che r omicidio sia stato eseguito per mano di
chi si era persuaso , eh’ esso trovavasi scritto erede
nel testamento dell' ucciso , benché ciò fosse veto
solo nella 'sua opinione.
Abbiam detto molto d' intorno al modo di ar-
gomentare dalla cagione ; pur gli manca ancora quel-
lo , clte ne forma la parte principale , la quale è ,
Digitized by Coogle
£»4 Delle Regole
che si dee dall' accusatore dimostrare , che la ca-
gione del fattosi solo reo si appartiene, non po-
tendosi nel mondo altro uomo additare , il quale
abbia potuto essere mosso da quella , e spinto ad
operare. Ma se la cagione del fatto si può manife-
stamente estendere a più persone , che farà allora
r accusatore ? Farà vedere , che agli altri è manca-
to 1 °. il potere, non avendo essi saputo ciò eh' era
necessario sapere , ed essendo stati c per tempo , c
per luogo dal fatto lontani. i mezzi , perchè nul-
la si è avuto di quanto bisognava al compimento
del fatto. 3°. la volontà , £icendosi vedere , che il
fatto è direttamente contrario ed opposto alla vita
e costumi di quei che si vogliono incolpare. Fin
qui dell' argomento tratto dalla cagione , il quale
sarà sempre come un dardo , che si scocCa al ven-
to , se non sarà sostenuto dall' argomento cavato dal-
la Persona. Si presenta all’ animo la cagione di
peccare ; ma 1' uomo dabbene vi resiste , e non pec-
ca. Alla dimostrazione dell' esistenza della colpa deb-
bono concorrere due cose , la cagione , cioè ,■ che
spinge a commetterla , e la volontà , che si deter-
mina a seguirla : mancando una delle due cose ,
mancherà alla dimostrazione tutta la sua forza , e
ia coDchiusione ne sarà sempre falsissima. È ne-
cessario adunque vedere , come debbasi argomenta-
re dalla Persona,
Più considerazioni si possono fare d' intorno
alla persona. Alcune riguardano la natura : tab so-
Dell’ Arte Rettorica. 55
no il sesso , la nazione , la patria , la cognazione e
parentela , 1’ età , l’ ingegno , le qualità e fattezze del
corpo. Altre considerazioni mirano le cose die pro-
vengono dall’ industria c diligenza umana; e in que-
sto numero sono l’ educazione , la letteratura , la
professione , le amicizie , e simili cose. I doni del-
la fortuna aneli’ essi debbono esser considerati , co-
me sono le ricchezze , le magistrature , la nobiltà
del lignaggio , tì le cose a queste contrarie , che
diconsi ingiurie della nemica fortuna. Si dee tener
conto finalmente de’ consigli , de’ fatti , de’ discorsi ,
che hanno preceduto , accompagnato , e seguito il
fatto , di cui si ha da giudicare. Queste sono le con-
siderazioni , che i Rettorici insegnano potersi fare
d’ intorno alla persona , dalle quali l’ oratore trar-
rà argomenti in difesa del suo assunto , secondo
quello , che .al suo giudizio e prudenza verrà sug-
gerito d.alle circostanze della causa , che ha per Is
mani. Quello però che 1’ oratore in niun conto dee
tralasciare di fare nello stato di congliiettura , di
cui ora trattiamo , si è di esaminare L vita e i co-
stumi deb reo. Cercherà adunque l'accusatore di ve-
dere, se altra volta il reo fu convinto di aver coni-
.1
messo lo stesso delitto , o se non uc fu convinto j
almeno cadde in grave sospetto, che 1’ avesse com-
messo. Dimostrerà ancora , se mai si può , clie il
reo, qualunque volta ha commesso al<;una cólpa ^
sempre si è lasciato indurre a commetterla per quel-
la stessa cagione, da cui dicdsi, che fu .s])into a
56 D*Ue Regole
commettere il delitto in questione. Cosi se si pre-
tende , che il peccato , di cui si ha da giudicare ^
sia provenuto da avarizia , fie bene mostrare piik fat-
ti di avarizia accaduti nella vita di lui. Che se nè
cause, nè fatti simili si danno a vedere nella vita
del reo, ma pur vi si notano colpe e peccati pas-
sati , sebbene di genere diverso , questi por val-
gono molto a confermare 1' accusa : perciocché
quanto pih si toglie all' innocenza ed integrità della
Tita , mostrandola macchiata di peccati e di colpe ,
tanto più credibile si scorge la possibibtà di quel
delitto , di cui si ragiona.
L’ argomentazione sinora esposta suppone mal-
vagia e ribalda la vita del reo : ma se quella si
nostra innocente , che farà 1' accusatore ? Dirà , che
del passato non bisogna tener conto , che . i giu-
dici sono stati chiamati a dar sentenza sul fatto
presente , che il reo sinOra ha- saputo ben nascon-
dere le sue colpe; e posto che ciò non sia, ben-
ché questo sia il primo suo delitto , per questo
non si dee credere vero ?
Aigomentandosi finaloieute dal fatto , si dee
io primo luogo diligentemente considerare tutto quel-
lo, che gli è andato iopanzi: nel che è da vedere,
se da quello ha potuto nascere la speranza di con-
durre a fine 1’ affare , se quanto mai prima del fat-
to si è operato , abbia avuto per fine il procacciare
la facoltà di eseguire il reo disegno. Si tenga con-
to ancora e di quello che ha accompagnato , e di
DelV Arte Rettorica.
({nello die ba seguito il fatto. Oltre a ciò > il luogoy
se mai fu opportuno , il tempo , se mai il reo s«p-
jm , che all’ esecuzione del fatto bastasse , l’ oexasio-
ue , se il tempo stesso fu all' adempimento del latto
acconcio , il modo , se la cosa fu recata ad efictto
con avveduto consiglio , o con imprudenza , tutte
(jnestc cose osservate con giudizioso c diligente esa-
me possono alla dimostrazione dell’ accusa non poco<
giovare.
Pare, ebe sinora si è cercato sdo di armare
r accusatore contro il reo ; sarebbe ormai tempo di
suggerire al reo il modo , come far la sua difesa
il ebe certamente non è gran fatto diUiciie a fare ;
perciocché da quei stessi capi , da cui nasce 1.' argo-
mentazione atta a sostener l' accusa , provengono
ancora gli argomenti opportuni alla difesa. Or noi
intendiamo far ciò piuttosto proponendo un esempio,
che espoHciido semjilicemente i luogbi. Cicerone ce
ne prcs(7nta uno bellissimo, e clic la assai al biso-
gno , nell' orazione a favor di Milonc.
La questione , di cui si tratta is questa orazio-
ne, si è detto, che appartiene allo stato qualitativo piut-
tosto , che allo stato congliietturale ; perciocché il
reo contessa il fatto , sostiene però-, che non ha la-
qnabtà di colpa , ma di azione giusta , e concessa
dalla le^c. Questa controversia però qualitativa non
si potrà mai dirittamente decidere , se nel tempo-
stesso non si giunga a determinare un punto , che
é pcifcttamcnte congbictturale , il qnale è , so Cl»-'
8
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Delle Regole
dio hj posto le Insidie a Milone. Or Cicerone , che
fa la difesa del reo, argomentando appunto dalla
cagione , dalla persona , dal fatto , viene a capo di
diinost'-are , che Clodio , e non Milone , è stato
V ins id atorc. Di falli Clodio vuole esser Pretore ,
non per 1 onore congiiiiito a quella dignità , ma per
avere mc*7Ì opportuni ad eseguire i suoi scellerati
disegni , e stia/.iar la Repubblica , come meglio gli
torna a grado. Tra tutti i cittadini Milone solo gli
Ta paura, -come colui, che fallo consolo saprebbe
trovar modo eflicace da potere incatenare il suo fu-
rore. Air incontro morendo Clodio , Milone fa due
pcflite: gli manca in primo luogo il mezzo di ac-
crescere sempre viejipiù quella gloria , che si ha
pi ocacciaio , rora[>eudo e fiaccando col suo coraggio
r ati lac.a di Clodio : in secondo luogo il consolato,
ci.e , vivendo Clodio , è certo e sicuro , comincia
ad essere dubbioso ed iuccrto , accaduta la morte
di Clodio; perchè .ogi) un vede, che non più v’ha
bisogno di un console tanto valoroso e forte , quan-
to è .Milone, a fine di resistere alle furie di Clodio.
L odio , r ira , il rancore ha indotto e spinto
dodio , e non già Milone, a tendere le insidie.
Perciocché Clodio ha tutta la ragione di dovere
odiar Milone , come difensore di Cicerone , come
sj.i - giatoie delle sue violenze , come suo eterno ac-
cusatore. Milone air opposto die odio può avere
contro colui , cb’ c la mateiia e io stauueuto 4^1
suo OUUiC ?
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Dell' Arte Rettorica. 5g
Non v' ha cosa che tanto spinge 1' uomo alla
colpa , quanto la speranza della impunità. Glodio
ha tutta la ragione di sperarla , perchè di fatti l’ ha
ottenuta ne’ suoi più gravi, delitti : come poi può
andar per 1’ animo a Milone di poterla ottenere ,
quando gli vicn minacciato il supplicio per un fat>
to anco innocente ?
Si argomenta poi dalla persona , consideran-
dosene specialmente la natura, c i cu^tumi. Chi
più furioso e violento di Clodio ? Chi più placido
e mansueto di Milone ? Si contano più uccisioni
di illustri pei'son.iggi accadute per mano , o por con-
siglio di Clodio. Cicerone è cacciato in bando da
Clodio. Quinto Ortenzio è in pericolo di essere uc-
ciso dagli schiavi di Clodio. Gajo Vibicno è .si fat-
tamente trattato , die vi lascia la vita. Non accade
numerare tutte le furiose crudiiltà di Clodio. Milone
per Io contrario , comechè abbia cento e mille op-
portune ed onorate occasioni di togliere la vita a
Clodio ; pure noi fe , contentandosi solo di adope-
rare ogni suo sforzo , acciocché Clodio , non poten-
do esser tirato in giudizio , ‘ non tenga per forza
oppressa la città. Dalia quale placida e mansueta
condotta di Milone saggiamente deduce. 1’ orato-
re , che non è da credersi in niun conto , che Mi-
lone , non avendo voluto uccidere Clodio , in
tempo , e in luogo assai opportuno , abbia poi ten-
tato di fàrfo , quando gli era di gran danno , e ,do-
1
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6o Delle Begole
ve si correva da lui gravissimo pericolo : ciocché
da noi SI è in altro luogo osservalo.
Si trac r argomento dal fatto , esponendosi
ciò che gli v<a innanzi , ciò che l’ accompagna , ciò
che lo segue. Vediamo adunque in primo luogo
-quello che precede l' iicrisione di Clodio. Milone ,
nel giorno di sua partenza , va in senato , ivi si
trattiene , -sino all' ora , clic il senato vien licenziato,
torna in casa , cambiasi di scarpe , e di veste , di-
mora alquanto, finche la moglie si metta all’ ordi-
ne : indi parte per necessità , non per libera deli-
berazione di sua volontà , e parte in cocchio , con
la moglie , impellicciato , con gran brigata di vol-
go , con una donnesca , e delicata compagnia di
fantesche e di fanciulli.
Clodio all’ incontrario esce di Roma in quei
giorno , in cui egli non avrebbe mai lasciato Ro-
ma , se non per la sola cagione di ritrovarsi al
luogo , e al tempo di dare effetto a quel suo mal-
vagio pensiero. Va egli poi accompagnato dal se-
guito della solita gente ? Anzi sen viene snello e
spedito, a cavallo, senza alcun cocchio, senza al-
cuno impedimento , senza alcuni compagni Greci ,
co’ quali suole spesso andare , senza la moglie ; il
che quasi mai costuma di fare. Or chi di questi due
si pnò credere , che imprende quel viaggio per com-
mettere omicidio ? Ancorché si vedessero dipinti e
rappresentati sulla tela m quell' atteggiamento , che
DelT Arte Rettórica. 6i
si è finora descritto; por si potrebbe da ognuno
conoscere , chi di essi fosse l' insidiatore. i
Che accade poi nei fatto stesso? Milone appe-*
na giunto alla villa Albana vien subitamente da
molta gente assalito. Si attacca zuffa tra i servi
dell' uno e dell' altro. Milone scende giù dal coc-
chio , gitto via la pelliccia , e con forte animo fa
la sua difesa. Clodio è ucciso. Chi non vede chi
sia r assalitore ?
Che avviene dopo il fatto ? Milone sen va in
Lanuvio , e , creato il Dittatore , ritorna con somma
prestezza iu Roma , si fa vedere in pubblica piaz-
za , mostrando un fermo viso , usando un coraggio-
so parlare , e una fermezza d' animo singolare. Si
dà egli iu potestà del popolo , del senato , dulie
pubbliche guardie , de' soldati armati, in sommai (K
■colui, iu inano di cni il senato avea riposta tutta
■ la Repubblica, tutta la gioventù d'Italia, tutte le
armi del popolo Romano. Milone certamente non
si sarebbe esposto alla pubblica forza , se non fosse
.stato assicurato dalla coscienza delia propria in-
nocenza.
Gli aggiunti di tempo e di luogo sono da con-
siderarsi ancora , cavandosi 1' argomentazione dal
fatto. Clodio assale Milone innanzi alla sua posses-
sione, ove per tante smisurate fabbriche sotto terra
numerosa squadra di bravi uomini si può agiata-
mente allogare : non esee della sua villa , se non
• rcrso lasserà, e non prima, che sia là giunto Mir
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6a • Delle Regole
Ione. Costui all’opposto può scegliere luogo oppor-
tuno , tanto , che , seguito colà 1’ omicidio , egli non
sarebbe stato mai scoverto. Pure noi fa : qual segno
più chiaro , eh’ egli non ebbe mai intenzione di
tendere insidie alla vita di Clodio ?
Abbiam detto di sopra , in che consiste lo sta-
to definitivo. Vogliamo ora dire, da che procede
r argomentazione , che a quello stato si richiede.
Ora pare , che' ciò non si possa far megbo , che per
mezzo di un esempio, che intendiamo ora proporre.
Suppongasi adunque , che alcuno sia stato accusato
di sacrilegio, perchè ha tolto via dal tempio do va-
si di argento. 11 reo confessa il fatto; pretende pe-
rò , che quello non è sacrilegio , ma semplice fbr-
to. Ed ecco , che si è nella necessità di vedere , qual
sia la natura del fatto , e che nome gb si debba
dare: ciocché si fa per mezzo della definizione , la
quale si può cavare e dalla filosofia, e dalla comu-
ne opinione ,1 e finalmente dalla legge. L’ accusato-
re proporrà la sua definizione , la farà vedere con-
ferme a’ dettami della filosofia, alla comune opinio-
ne , e piuttosto alla sentenza , che alle parole deUa
legge: indi cercherà di adattarla al fetto in questio-
ne , dimostrando , come per mezzo della proposta
definizione se ne conosce la natura , e il nome , che
gli conviene. Appresso espone la definizione del-
r avversario , studiandosi, di feria vedere non pro-
veniente da quei capi , donde è stata tratta la sua ;
c quindi doversi riprovare, «ome felsa, inutile, con-
Dell Arte Rettorica, 63
trana alla Itgga , all' equità , alla giustizia. Il rea
iaccia lo stesso da parte sua * che certamente farà
bene la sua difesa , caso che gli venga fatta feli«
cernente.
Degli Argomenti Rimoti.
Diconsi argomenti Rimoti, ovvero Estrinseci
quelli , che non si traggono dalle viscere della cau*
sa, e che non inventa l'oratore col suo studio a
meditazione , ma che si presentano a lui da fuori
della causa, comech' ^li affatto non vi pensi. Oc
questi sono le Leggi , i Testùnonii , i Patti , i
Tormenti , la Fama , il Giuramento , i Prem
giudizj.
Le leggi , 0 sono coirtrarie , o favorevoli a]
fatto : nel primo caso potrà dire l' oratore , i°. che
il soverchio rigore della legge spesso trovici confi-
nare coll' ingiustizia , e che 1' ec^uità è la vera nor-
ma delle azioni umane , che vi sono leggi a
quella contrarie , 3**. che non è facile comprenderne
la vera sentenza , 4'’- che finalmente è stata da le-
gitima consuetudine annullata. Nel secondo caso»
non mancherà 1' oratore di ricordare , che il prima-
rio dovere del giudice si è quello di giudicare a te-
nore delle leggi ; il che se egli non fa , si rende
reo di un vergognoso spergiuro; che le leggi tanto
vagliono , quanto sono osservate , che niuno si dee
credere più avveduto e più sapiente delia legge.
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64 ' Delle Regole
Ne Testimonii tre cose sono da considerare
r Autorità , la Persona , il Discorso. S’ intende
sotto nome di Autoi ità quel credito , di cui gode
alcuno , nella comune opinione , o per la sua digni-
tà , sia civile , sia militare , o pel suo ingegno , sa-
pere , c professione. Nella Persona si risguarda la
vita e i costumi , considerandosi , se quelli sono
onesti , innocenti , e neppur per sospetto da vergo-
gnoso fatto macchiati , oppur se si dee dir tutto l'op-
posto. Nel discorso si dee tener conto, se sia sem-
pre uniforme a se stesso , ovvero se cambiansi fa-
cilmente e le sentenze , e le parole. L' accusatore ,
e r avvocato faranno quell' uso di queste considera-
sioni , die verrà loro prescritto dalle circostanze
della causa , che hanno a trattare. Giudicare delle
verità di un fatto , solo con le conghietture , e con
gli argomenti, senza 1' asserzione c 1' attestato de' te-
stimonii , è cosa molto pericolosa : contentarsi iolo
de’ testimonii , sprezzando le prove , e gli argomenti
non è certamente la più sicura via di conoscere il
vero , potendo quelli essere indotti alla menzogna
0 dal danaro , o dal favore , o dal timore , o final-
mente da secreta nimistà e rancore.
I Patti , caso che sono favorevoli alla nostra
causa , fia bene dire , che quelli han forza di legge
trà’ contraenti ; che la iegge ne sostiene tutto il va-
Jore ; che tutte le facendo e contratti fatti tra gli
nomini tanto han di vigore , quanto sono osservali
1 patti, e che perciò si toglie Via dal mondo ogni.
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Delt Arte ReUorica. 65
commerciò è società tra gli uomini , distarutti e
•prezsati i patti.
Che se li troviamo contrarii alla causa , si può
dire , posto che la verità e la prudenza non cel
contendono , che non si dee stare a' patti nati dalla
frode ; che i Giudici debbono por mente piuttosto
a quello , che prescrive la giustizia , che a quello
che dettano le convenzioni; die |a giusbz'a è sem-
pre la stessa , i patti possono trarre la loro origine
quando dalla violenza , e tal volta dal timore.
I Tormenti se sOno a prò della causa , cioc-
ché dicouo ((Ilei che soffrono i toi menti , sembra,
che lo dica la stessa verità ; se poi sono contrarii ,
chi non sa , che la via de' tormenti difficilmente ci
può condurre alio scoprimento della verità ? a talu-
ni la natura dà tanta fermezza e coraggio , che
soffrono i più aspri tormenti , purché non confessi-
no la verità: altri ]^>er 1’ opposto sono cosi deboli ,
che tal volta la sola minaccia de' tormenti li tiia a
dire ciò che non è mai accaduto. Per tal ragione
Cicerone nell' orazione a favor di Milone si ride del-
le esaminazioni de’ testimonii fatte contro Milone.
Olà , die’ egli , d(M)e è Ruscione ? dove è Casca ?
elodia ha egli tesi gli agguati a Milone? Se ri-
spondevano di sì , erano certi di dover essere
crocifissi’, se rispondevano di no, speravano la
libertà. Non vi pare , che a questa co^ fatta
esaminazione si debba dar piena fede ?
Della fama , sa mai ci è &vorevcle , pos-
9
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66 Delle Regole
siam dire , che quella senza fondamento diffi>
cilmentc nasce , nif)lto meno si spande tra la
gente , e che nella presente occasione non si
può troTar ragione , perchè siasi voluto foggiare
un fatto non accaduto , e poi divolgarne il gri>
do per ogni angolo della contrada , e che fi-
nalmente quantunque alle volte si van tra gli uo*«
mìni raccontando dei favolosi avvenimenti ; al
presente però siamo da chiari argomenti assicurati ,
che a ninno ha potuto nascere nell’ animo la voglia
di dar fuori il fatto in questione. Se poi ci è con-
traria , chi non sa , che le false dicerie nascono fre-
quentemente tra gli uomini , e che non manca mai
in mezzo alle popolazioni certa gente oziosa e sfa-
cendata , occupata solo in inventar frottole e fan-
faluche ?
Il Giuramento di sua natura dovrebbe essere
la più sicura prova della verità : ma pure se ne può
indebolire la forza e il valore , perchè a cagione
della malvagità degli uomini , si può credere , che
infrequenti non sono tra essi gli spergiuri. ■
I pregiudizi sono i giudizii fatti altra volta
in simile causa : questi possono giovare si al-
r accusatore , come ai reo , trovandosi pronun-
ziati da giudici rinomati per la loro integrità e
sapienza in un fatto somigliante a quello , di cui
si ha da giudicare.
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Delt Arte Rettorica, 67
CAP. m.
Degli Argomenti Patetici.
Ma egli è oramai tempo , che si finisca di di-
re degli argomenti dimostralivi , e che si passi a
trattare di quelli argomenti , che servono a movere
gli affetti , e che perciò sono chiamati da' Rettorie!
Patetici. L'eloquenza, volendosi conseguire il fine
della persuasione , oltre il convincimento dello in-
telletto , ciocché è tutta opera degli argomenti di-
mostrativi , è necessaiio , che mova anche la volon-
tà , e le faccia per dir cos'i tanta violenza , che la
'tiri a seguire , e a mettere in opera quello , che ha
proposto r oratore. L' uomo è cos'i fatto , che spesso
vede e conosce il migliore , di fatti poi al ]>cggjor
si appiglia. L' oratore adunque , bendiè con gli ar-
gomenti dimostrativi abbia fatto vedere agli irlito-
ri , che ciò , eh' egli propone , è la miglior cosa a
fare , ed abbia ciò con tanta evidenza dimostrato ,
che quelli ne sono rimasi pienamente convinti ; con-
tutto ciò se egli non si studia di concitare gli ani-
mi loro, ed accendervi focosi affetti, facilmente può
accadere , che egli non abbia a dolersi di avere
sparso al vento tanta sua fatica. A ragione, adunque
i Retori cercano spiegare la natura degli afictti , e
mostrare l'arte c il modo, come moverli; e noi ora
di questa cosa appunto prendiamo a trattare.
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68 "Delle Regole
Gli afletti , secondo Aristoteìe, sono alcuni ga-
gliardi morimenti dell'animo, i quali cagionano un
tal Gambiamenlo nc’ giudizj dell' uomo, che quello,
eli egli poc’ an/i lodava , come giocondo e grato ,
poco dopo il riprova , come spiacevole e disgustoso;
e ciò che gli pareva grande e bello, ora gli sem-
bra vile e spregevole. L' amore reputa virtù i vi-
zj , e r odio tiene in conto di vizj la virtù. Da ciò
ognuno può facilmente raccogliere , quanto sia ne-
cessu. io all’ oratore , die vuol persuadere il Vero ,
e il Giusto , sedare gli affetti , che sono a questo
fine contrarii , ed eccitar quelli , che gli sono fa-
vorevoli. ^
De' Luoghi^ ovvero fonti degli affetti^ e
"primieramente di quello , da cui si
cavano gli argomenti atti a movere
f Amore.
Noi prendiamo a spiegare , innanzi a tutti gli
altri affetti , il modo , come si possano accendere di
amore gli animi degli uditori , perchè questo ailèt-
to è il principale , anzi 1’ unico e solo che agita e
move il cuore dell'uQmo; ma perchè si sogliono a
quello aggiungere certe modiheazioni , benché sia
sempre originalmente lo stesso ; pur si considera
come trasfoi inato in altri affetti ; e quindi si suolo
in diverse iuanicrc dinonuuare, Così se noi voglia-
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Dett Arte Rettorica, 691
in* b«ae ad alcuno , certamente desideriamo , che
l>en gli avvenga , e temiamo il contrario ; e avvenen-
dogli il bene, ci rallegriamo, e avvenendogli il male, et
rattristiamo ; ed ecco lo stesso amore trasformalo in
noi in desiderio ^ in timore, in gioja, in tristezza.
Uè mai maggiore ira , o odio prendiamo contro di
alcuno , che allora quando il veggiamo voler iàr
male a colui , a cui noi vogliam bene -, onde pare ,
che r ira e l' odio anch' essi altro non sono che
amore. £ quanto più si amano le persone , tanto
più viva compassione si ha verso di esse, allorché si
veggono oppresse. Se dunque l' amore è quello ,
da cui nascono tutti gli altri afl'etti , conviene , che
di quello in primo luogo prendiamo a favellare ,
spiegandone la natura , e le qualità.
Or queir affetto dell’ animo , che volgarmente
chiamasi amore , pare , che , secondo la comune in*
telligenza , due parti principalmente comprende ,
l’una delle quali si potrebbe gmstami nte dire ap~
pelilo, l’altra benevolenza. La prima consiste in
un desiderio , che 1’ uomo ha , di possedere quella
cosa , che egli ama ; e ciò basta per constituir quel-
lo , che chiamasi amore ; e però dicesi , che uno
ama il vino , la roba , il danaro , non per altro ,
se non perchè desidera di possedere tai cose. La
benevolenza poi consiste in un desiderio ardente, che
1’ uomo ha , che a quella persona , che ama , sia
ogni bene , desiderandole e onori , e ricchezze , e
sanità , e tutti gli alili doni della fortuna , e della
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fjo Delle Regole
lìatura , e compiacendosi , che essa per la Tirti sua
ne sia degna. Or l'oratore guarda l'amore secondo
questo aspetto , e cosi cerca destarlo negli animi
degli uditori.
Si sa , che ad ogni movimento o passione la
natura ha adatto una serie di oggetti corrispondenti,
COSI che senza porre questi oggetti dinanzi aU'animO)
non è possibile all' oratore concitare la passione. Ve-
diamo adunque , quali sono gli oggetti atti a movere
l’amore , e come quelli si debbono dall’oratore presen-
tare alle menti degli ascoltanti. Lo splendore e la bel-
lezza della virtù , rinnoccnza dei costumi , la moltitu-
sposta apparecchiata a sempre vieppiù giovare , e un
animo in somma , che è stato , e sarà sempre ami-
co , sono quéi cari e dolci oggetti , i quali messi in
luce dall' eloquenza del dicitore accenderanno senza
meno in petto agli uditori la passione dell' amore.
Alberto Lollio , volendo desiar benevolenza ne’ cuo-
ri de' Romani verso M. Orazio , mette in bocca a
costui le più vive espressioni ^ le quali mostrino ad
un tempo e 1' attuale sua carità verso la patria , e
le passate fatiche da se sofferte per la di lei glo-
ria e salvezza. Lollio in questo luogo Ita saputo imi-
tar felicemente Cicerone. Certamente , o Romani^
a me tolgono l" anima, e trafiggono il cuoi e que-
ste parole di Orazio : vivano , die egli , vivano
i miei ciUadini ; siano salvi , siano contenti ,
siano felici, Riaccia agli Dei , che lungamente
Dell’Arte Rettorie a.
si mtentenga , ed aumenti sempre questa illustre
città , a me patria canssima , in qualunque mo-
do ella delibeii della mia vita. Godano i miei
cittadini la dolcezza , e i comodi della pace.
Gustino i flutti della gloria , e della libertà.
Usino la sicurezza , e la tranquillità dello staio
da me conservato. Jo se cosi piace loro, mo^
rirò non e nino volentieri , che per l' onore , e per
la salvezza di tutti spontaneamente mi offersi
alla morte , nè m' incrcscerà mai di aver loro
fatto questo gran benefìcio.
Della Compassione.
Questo affetto non è, che il dispiacere, che ìtiom
sente , del male degli altri. Àcluoque i tristi av-
venimenti , le disgrazie , la miseria sono gli oggetti
dalla natura adattati a movere questa passione. Ma
acciocché vegga bene l’ oratore , in che modo deb-
da egli presentare all' animo degli ascoltanti i pro-
posti oggfetti , perchè poi ne segua la bramata com-
mozione, è necessario, porgli qui innanzi alla men-
te alcune considerazioni. E primieramente si avver-
te , che i mali capaci di eccitar compassione e pietà
debbono essere e grandi e atroci , e ancora vicini.
11 saggio non si lascia impietosire a' piccoli afianni
degli altri ; e 1' uom non sente dolore per i niali ,
eh' ei crede lontani. La persona poi , che soffre il
male , tanto più commove gli animi a pietà , quan.-
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t)e1le Hególe
to più indegna si scorge di quella neiitica fortaivi «
da cui è oppressa. Sentono poi più facilmente c<Hn-
passione, e quei che sono in pericolo di cader nellé
atesse sciagure , e quei che altra Tolta sono stati
aiicb' essi dalla miseria malmenati. Che se poi al
tristo caso , di cui si tratta , trovasi congiunta la
peripezìa , vale a dire , il cangiamento di fortuna,
per cui taluno di felice , eh' egli era , è divenuto
infelice , specialmente se un tal cangiamento è in-
tervenuto a signor grande , e di alto affare , l’ora-
tore non deve questa circostanza in niun conto
tralasciare ; anzi convien , che adoperi tutta l'eloquen-
za per illustrarla , come quella che vale moltissimo
a mover pietà. Ilioneo , presso Vii^ilio , argomen-
tando dalla grandezza de’ mali , e dalla propria in-
nocenza , si studia d’ indurre a compassione la Re-
gina Didone<
Sacra Regina, a cui dal del è dato
Fondar nuova Ciitade , e con giustizid
Por freno a gente indomita, e superbai
Noi miseri Trojani , a tutti i venti ,
u4 tutti i mali ornai ludibtio e scherno j-
Caduti , dopo t onde , in preda al foco i
Che da' tuoi si minaccia a l nosui legni ,
Pre^iiamti a provveder, che nel tuo legna
• Non si commetta un sì nefando eccesso.
Fa cosa degna di Te : abbi di noi
'• ‘ -Pietà ; che pii, che- giusti , che innocenti
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Dell’ Arte ReUorica. 78
Siamo , non predatori , non corsari
De le vostre marine , e de 1' altrui.
Tanto i vinti d ardire , e gli infelici
Di orgoglio , o di superbia , oimè ! non hanno
Enea , presso lo stesso Virgilio , ci pone in-
jtanzi un oggetto assai compassionevole , allorché ci
descrive Ettore , apparitogli già in sonno , caduto
da uno stato di gloria in un estremo avvilimento.
Lasso me ! quale , e quanto era mutato
Da quel Ettor ^ che ritornò vestito
De le spoglie d' Achille, e rilucente
Del foco y ond arse il gran naviìe ArgoUco.
Squallida uvea la barba , orrido il crine ,
E rappreso di sangue: il petto lacero
Di quante unqua ferite al patrio muro
Ebbe d intorno ; e mi parca , che il prima
Foss' io che lacrimando gli dicessi.
Del Timore.
Questo affetto altro non è , che una certa
molestia delt animo , nata dalV apprensione di
un male grave , e imminente. Dalla proposta defi-
nizione si scorge prima di ogni altro, quali siano
gli oggetti dalla natura ordinati a movere la pas-
sione del timore-, i quali sono i mali, i pericoli,
la miseria. A.ceiocchè poi questi mali si facciano
10
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^4 Delle Regole
effettivamenfe temere , è necessario , che abbiano
due qualità : la })rima è , che siano grandi , atti ,
cioè , a poter cagionare o la totale mina , o alme-
no grandi pene , e crudeli afilizioni : la seconda è ,
che sieno imminenli ; i mali e pericoli lontani non
fanno paura. Ciò posto , se 1’ oratore vuole impau-
rire i suoi ascoltanti , dee dimostrare , che sovrasta^
loro sid capo un nembo di grandissimi mali. La
grandezza poi co' mali è in ragion diretta della
passion dominante , che annida nel cuore dell’ uo-
mo. L’ avjiro teme più , che ogni altra cosa , la
perdita degli ammassati tesori : impallidisce e trema
rambizioso al solo sospetto del disonore: l'infingar-
do sviene pel timore , che non sia costretto alla
fatica. Il dicitore adunque abbia in mira i rispetti-
vi alTctti de' suoi uditori : dal che si conchiude an-
cora , che egli ecciterà maggior timore , mostran-
do, , che i mali loro sono proptj e privati piut-
tosto, che comuni. L’amor, che talvolta alcu-
no vanta di aver verso la patria , spesso è solo
Sulle labbra. L’ amor , che ciascuno ha verso di se,
ha sempre la prima sede nel cuore. Polo volendo
rappresentare sul teatro di Atene le lagrime e il
pianto di Elettra , che portava in mano 1’ urna , ove
cran chiuse le ceneri di Oreste , secrctamentc portò
con se queir urna , ove eraii sepolte le ossa del suo
estinto figliuolo. Polo pianse daddovero: ciocche non
avrebbe mai fatto piangendo sulle sventure altrui.
La vicinanza poi de" mali si fa vedere mostran-
DelV Arte Rettorica. 7 5
do la gran potenza di coloro, da quali quelli ci
son minacciati , l' ira e il violento furore , dal quale
quelli suno stimolali a far vendetta delle oflese ri-
cevute , r esempio di coloro , die di fatti ne han
sofferto i funesti effetti, Demostene , volendo per-
suadere agli Ateniesi , che le forze del Monarca
di Macedonia non eran da disprezzare , anzi da te-
mere piuttosto, pone loro innanzi agli occhi, che
Metona , Apollonia, e trentadue città della Tracia
eran cadute già sotto la signoria di lui. I segni,
che sono foricii de’ vicini mali , spaventano assai ;
e perciò anche di questi si terrà conto dal dicitore.
Il Casa nell’ Orazione a. per la Lega atterrisce ia
tal modo i Veneziani. E noi crediamo , che egli
in tanta fiamma di desiderio e di m>aiizia, a
noi perdonerà? e struggendo , e ardendo i mem-
bri, e r ossa della sconsolata e dolente Italia,
ad uno ad uno , la onorata sua testa , cioè que-
sta regale città ed egiegia , lisparrnierà forse ?
Oimè che ella fuma già e sfavilla , e noi solo
pare , che t arsura non ne sentiamo ! Esso ha
non solo proposto di cacciar la Serenità vostra
di Staio , ma ancora pensato al modo di farlo,
e vuole non solo assalir le membra di questo
dominio , ma ferire la fronte. A muovere il ti-
more vagliono assai le Ijiotiposi , 0 sia le vive de-
sr.rizioni.
*
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Delle Regola
76
Della Confidenza,
Queslo afìTelto è opposto al timore ; ed altro
non è, se non quella disposizione di animo , perla
quale si spera di conseguite quel bene, che non
si ha, o di caniparv da quel male , che ne op-,
prime. La confidenza adunque lia due parti , la
prima risguarda il possedimento de’ beni futuri; la
seconda la liberazione da’ mali presenti.
Or questa confidenza , o che abbia in mira la
prima , o la seconda cosa , sempre convien che sia
sostenuta da’ giusti , e possenti ajuti : mancando i
giusti ajuti , cangiasi in tea cupidità ; e non essen-
dovi i possenti ajuti , divien folle temerità.
L’ oratore può eccitar fidanza negli animi de-
gli uditori per varj mezzi. 1®. I passati pericoli,
da cui siamo usciti salvi , ci danno motivo di spe-
rare, che usciremo salvi anche da’ presenti. Per
tal via Enea presso Virgilio induce a sperare i suoi
compagni.
Compagni , rimembrando i nostri affanni
Voi n' avete infiniti ornai sofferti
yie più gravi di questi. E questi fine
Quando che sia , la Dio mercede , avranno,
yoi la rabbia di Scilla , voi de' Ciclopi
y arcaste i sassi-, ed or qui salvi siete.
Riprendete f ardir , sgombrate i petti
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DeW Arte Rettorica. 77
Di telila 1 e di tristizia ; c verrà tempo
Un dì , che tante , e così rie venture ,
Non che altro , vi saran dolce ricordo.
3.” L' aver condotto a fine cosa più difficile
ci dà speranza, che condurremo a fine una cosa,
più facile. Così Cesare fa sperare a' suoi soldati ,
eh’ essi senza meno vinceranno i Germani , come
quelli , che più volle sono stati messi in rotta da-
gli Elvezj già vinti , ei debellati da essi.
3. ® Chiamandosi ad esame le forze nostre , e
quelle del nemico , e facendosi vedere , che le nostre
sono di lunga mano maggiori di quelle di costiji ,
ci nasce facilmente nell’ animo la bella speranza
della vittoria. Presso gli Storici antichi i generali
spesso si valgono di questo modo di argomentare a
fine di animare i loro soldati.
4 . ® 11 grande ‘appoggio della speranza, del
quale altro maggiore non si può Immaginare , si è
r ajuto c il favore Divino. Gli stessi gentili adope-
rano questo mezzo a dar saldo sostegno alle loro
speranze: ciò basta a farci intendere, che tanto più
dobbiam noi appoggiar la' nostra fidanza sulla pro-
tezione divina. Il Filicaja chiude quella sua divi-
na canzone , indiritta al Re di Polonia , mostrando-
gli certo e sicuro l' ajuto divano.
Mira , come or dal Cielo in ferrea veste ;
Per te Campion Celeste
i
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7 8 Delle Regole
Scenda , e V empie falangi urti , e deprìrtiA ,
Rompa , sbaragli , opprima. ^
O qual trionfo a te mostr' io dipinto ì
Vanne , Signor. Se in Dio confidi , hai vinto.
Tal volta si danno de’ segni prodigiosi , che
ci assicurano dell’ ajiito divino. Il saggio oratore
non tralasci di farne uso , purché non sian questi
segni somiglianti a quel portento accaduto un giorno
negli alloggiamenti di Pompeo , dove essendo com-
parse sette Aquile , si credea da alcuni , che quello
fosse un segno della sicura vittoria. Cicerone disse
assai bene , che ciò sarebbe stato vero , se si aves-
se avuto a combattere con le cornacchie.
Dell’Ira.
L’ ira altro non è , che un desiderio di far
vendetta , accoppiato con un certo rancore , nato
nell’ animo , anche da un apparente disprezzo, che
si è fatto 0 della propria persona , o di alcu-
no de’ congiunti , contro ogni ragione. Gli og-
getti adunque ordinati dalla natura a movere questo
afletto sono il disprezzo , l’ingiuria , la contumelia ;
e quindi quanto più grande è l' ingiuria , e quanto
più le persone sono gelose del proprio onore , tan-
to più facil cosa c accenderli in ira< L’ oratore
adunque dee studiare , quali sono quelle cose , che
fanno più gravi e più atroci le ingiurie. Si sa, che
Digilizi'
--.i-
DeìV Arte Rettorica. 79
la dignità deir offeso , e la bassezza e viltà dell' of-
fensore sono le due cose , che si debbono conside-
rare specialmente in questa occasione. Gli aggiunti
di tempo, o di luogo non sono da tralasciare. Se
poi al disprezzo si aggiunge la gioja che si mostra
avere de' nostri mali , l' opposizione che si fa al
nostro bene , l' ingrandimento stabilito sulla nostra
ruina , tutte queste cose descritte , con bella e adat-
tata eloquenza , accendono assai più lo sdegno. Ci-
cerone , nell' ultima delle Verrine , si studia di mo-
vere ad indignazione contro di Verte gli animi de’
Romani , ricordando loro il dispregio da costui fat-
to della gran dignità della cittarlinanza Romana
nella persona Gavio trafitto con i più acerbi ed in-
degni tormenti , e poi sospeso in croce a vista di
tutta r Italia. Straziavasi con le verghe, in mez-
zo alla piazza di Messina , un ciltadino Romano ,
o Giudici, mentre in mezzo al dolore , e allo strepito
delle percosse , niun gemito e viuna altra voce
di quel misero si udiva , se non questa sola-, io
son cittadino Romano. Ei si lusingava , che col
ricordare questa cittadinanza , avrebbe dalle
sue spalle allontanato le battiture-, ma e^linon
solo ciò non ottiene ; anzi benché egli più> e più
volte il nome di cittadino ripetesse ; la croce ,
la croce pur tuttavia sì apparecchiava a quelV
infelice , e sciagurato , che sì ci-udele tormento
n»n avea veduto giammai. O dolce nome di li-
bertà ! o esimio diitto della nostra cittadinanza !
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8o Delle Regole
0 legge Porcia , e legge Sempronia ! . . . Ze
cose a tale stalo sono ridotte^ che un cittadino
Romano , in una provincia del popolo Romano
in una città di confederati , da colui , che per
heneficio del popolo Romano avea i fasci e le
scuri , fosse legalo in mezzo al foro e lacerato
con verghe ? . . Miti , dicea V siTe , dal suo
patibolo la patria sua colui , che tanto si boria
d essere cittadino Romano. . . . Questo vile
insulto contro di un moribondo era la minor
parte del suo delitto. Non il solo Gavio inten-
dea V erre d insultare , ma voi , o Romani. Ogni
cittadino , che qui mi ascolta , egli spogliava,
nella persona di Gavio del suo dritto , e mostrava
in che dispregio tenesse il nome romano , e la
Romana libertà.
Della Piacevolezza.
Questo affetto è del tutto contrario all’ ira ; e
quindi non può aver luogo nell' animo dell’ uomo ,
se non dopo che si è calmata e spenta la passione
dell’ ira. Ora pare che non si possa trovar modo
migliore e più acconcio a potere indurre l’ uomo
alla mansuetudine , se non quello , che ci ha mo-
stralo Omero in quei tre ragionamenti , che tennero
1 tre duci Greci , mandati a bella posta da Aga.
mennone , a placare l’ ostinala collera di Achille.
Koi qui ci fciiaeremo solo ad indicare breremente
05 * “j:; Google
DeW Arte Rettorica. Si
gii argomenti. Ulisse adunque espone in primo luo-
go i grandi e vicini pericoli, in cui sono i Greci ,
À esser messi a ferro e a fuoco dalle squadre Tro-
|ane. Il muro , la trincea , le navi stesse sono mi-
nacciate d'incendio. Manclierà a' miseri Greci anche
il mezzo di potersi salvare fuggendo. Ettore ira^
paziente attende l’ ora fatale deli’ estremo cecidio
de’ Greci. Questo quadro presentato agli occhi di
Achille , ot’ ei mira la sua nazione in pericolo di
esser preda de’ suoi nemici , e specialmente di quel
guerriere , eh’ è suo rivale , ha tutta la forza di
ammansirlo. Che sarà , se gli si fa sovvenire , che
il caso , accaduto una volta , non ammette rimedio ?
Vorrà egli forse allora dar soccorso a' suoi ; ma va-
no sarà questo desio , essendo quelli divenuti ormai
Cadaveri esangui , ed ombre ignude. A questo pro-
posito Fenice gli pone innanzi l'esempio di Melea-
gro , che , preso da ira , ricush di dare ajuto a'suoi in
tempo opportuno ; ma poi fu da acerbo dolore tra-
fitto , perchè quelli essendo stati da' nemici abbatlu-*
ti , non potè ijutarli , quando il volle.
L’ offensore pentito calma 1’ ira dell’ offeso.
Di fatti Ubsse afferma , che Agamennone inchina
piedi di Achille il suo fasto , il suo scettro. An-
si al pentimento aggiunge la ricompensa di grandi
a ncclu doni , e la sollecita premura di stringere
con lui amicizia e parentela. Qui il saggio oratore
rammenta le paterne avvertenze fatte da Peleo ad
Achille , ' avendo il padre esortato il figlio , prima
II
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8a Delle tegole
die parfis"e , che fosso plariilo e mansueto. Rìmem-
Lraiiza non mutile; porcioccliò ciò, che chiede Fo-
ratore, è quello stesso che'^^li fu {descritto dal genitore.
Ma via si abbia odio eterno contro Agamen-
none. Che per questo? doeià Achille sacrificare all’
odio controdi un solo la sahezza di tutta t’armata ?
E po! non di rado avviene , die di un fratello , di
un figlio istesso si perdona la morte, e coi doni,
c colle lagrime si disarma sin anco il core di un
padre. Come dunqim potrà Achille serbar nell’ ani-
mo ira eterna per una schiava ? Tanto più , che chi
perdona , si fa imitatore degli Dei. Che sana della
gente umana , nata quasi alla colpa , all’ errore , se
il Cielo non si arrendesse ai sacrifizi , ai voti , alle
preghiere ? e qui il saggio F enice cerca di farci in-
tendere in che gran conto si debbano tener le
preghiere , quelle , cioè , che 1’ offensore porge al-
r offeso, per fine di ottenerne pietà e perdono. Soc-
no esse figlie di Giove, mandate in terra , per rat-
toppare tra gli uomini quella pace ed unicizia , che
r onta e r ingiustizia ha tolto c violata. E adun-
que voler degli Dei , che 1’ offeso perdoni all’ of-
fensore.
La dignità , il grado delle persone , che sono
inviate a chieder la pace , a calmar lo sdegno , pur
conviene , che mova 1’ animo dell’ uomo , e lo tari
alla piacevole^rza. Ajace . .
y
f • , . fiori ti move , Achille »
Dell Arte Retiorica. - 85
feeder eì piedi tuoi prostrati e chini
{Congiunti , amici , Eroi tuoi pari ? . .
Fitialmenle UHsse vuol pungere 1’ animo di
Acliillc, con porgli iiuianzi l’orgoglio di Ettore,
che dice , c grida , hou liovarsi tra’ Greci chi os»
tìpporsi a lui.
. . Ettore
T'insklta e sfida ,c tu noi senti - oh grida^
Peliile ov è7 venga, e vi salvi: ascoso
Che fa l'Eroe? venga, se ha cor, non ira
Lo rattien , ma timor : mostrati , ei tremi-
Solo al mirarti , e con orror conosca ,
Che Achille sei , che sci de' Greci il Nume.
I capi adunque , da cui son tratti gli argomenti
proposti dai tre Duci , per fine di placare l’ ira di
Achille, sono i.” l'eccidio della patria, e l' estre-
ma ruinà de’ cittadini. l’ acerbo dolore, che
Verrà ali' animo di Achille dal non aver dato* soc-
corso a quei cittadini , che ei vedrà distrutti ed
estinti , quando pur Yorrehhe , che fossero salvi e
•^ivi. 3.“ il pentiraeulo dell’ olTensore. t\.° 1’ empia
follia di voler sacrificare all’ odio che si ha contro
di un solo la salute di tutti. 5.® il perdotio soli-
to a concedersi per olTcse assai maggiori si nega
per offesa molto minore. 6.° Gli Dei concedono il
perdono agli uomini; e gli uomini il negheranno
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84 Delle Regole
a’ loro simili. 7.® le preghiere introdotte tra gli uo-
mini per consiglio divino, aiSnchè l' offensore otten-
ga pietà dall' offeso , e torni in grazia con. lui.
8.® la dignità e il grado degli ambasciatori man-
dati a chieder la pace. 9.® la gioja , la lesta , e
r orgoglio de' nemici nato dalla discordia , e dalle
risse sorte nell' armata nemica.
Della VerecoTidia.
Quest’ è un affetto , che si genera nell’ animo
per r apprensione , che non abbia a soffrir danno
la propria stima. Gli oggetti adunque posti dalla
natura ad eccitare questa passione sono tutte quelle ,■
cose , le quali possono esser d' infamia o a noi , o
pur anche a coloro , che hanno con noi legame o
di amicizia, o di parentela.
Non tutti gli uomini sono ugualmente disposti
a risentir questa passione. I giovaui arrossiscono
più facilmente, che non i vecchi. L’infamia reca
maggior dolore a’ nobili , che non a’ vili ; e quei
che vantano antenati illustri , sono gelosi custodi
deir antico loro onore -, e dispiace loro assai , che
quello sia in menoma parte macchiato. Facilmente
si tinge, la fronte di rossore a chi è spregiato in
presella o del suo rivale, o di coloro, la cui vir-
tù molto si ammira, e la cui buona opinione gran-
demente si apprezza.
Ijal dello fin qui 1’ oratore facilmente compren-
I
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DeW Arte ReUorica. 85
de il modo , come movere la verecondi* negli «*
nimi degli uditori ; perciocché questo , e non altro
effetto certamente seguirà dal rammentare tutte quell*
cose , le quali possono la fami di quelli , e il glo*
rioso nome oscurare; specialmente se gli si dia la
facoltà di far paragone tra le azioni antiche belle e
illustri , e le presenti turpi ed infami. Annibale
presso Livio , valendosi dì questo modo , si studia
di fare arrossire i suoi soldati. E egli possibile ^
che voi n gran fatica sostenete il combattimen-
to di un Legato Romano , di una sola legione^
e di un' ala di cavalleria , voi , dico ^ a' quaH
due eserciti consolari non mai han potuto far
resistenza ? É egli vero , che Marcello , benché
appoggiato a soldatesca di fresco arrolata , e a
poca gente datagli in soccorso da Nola , pur d ' ‘
sfda a battaglia per la seconda volta ? Dov' è ,
dov è quel mio snidato , il quale avendo strap-
pato d in su del cavallo il Console Gajo Fla-
minio gU mozzò poi arditamente la testa? dov' è
quello , che presso Canne troncò i giorni a Lu-
cio Paolo ? son divenute ottuse e spuntate le
spade, o torpide e lente le mani? o qual altro
mai prodigioso accidente è tra voi addivenuto ?
V oi che per t innanzi , benché pochi , pure spes-
so avete vinto oste assai piu numerosa ^ orà
che siete molti , a stento fate fonte a pochi,
y oi , bravi soIq in parole , andavate poc' anzi
fpmianda ^ ctiè avreste mieirato^ lut tUtA di
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86 “Delle Kegxtle ,•
■Roma t se mai alcuno colà vi avesse condotti.
L' azione , che si ha oca a fare , è molto piàfa^
Cile ; (juì, o soldati y voglio far pix>va del vo- ^
Siro coraggio , qui speiimentare il vostro valore-
DelV Emulazione.
Questo affetto altro non è, che un certo dolo-
re nato dal bene , che vediamo negli altri , non
perchè questi sei godono , ma perchè quel bene
manca a noi. Questa definizione mostra assai bene
il gran divario , che passa tra l’emulazioné , e l’in-
Tidia ; perciocché questa struggesi , e macera se stes-*
sa , agognando avidamente , che all’ oggetto , che lé
la dolore , manchi quel bene , eh' essa non ha , e
che non ha voglia di possedere. L'invidia dunque i
un malvagio affetto , e che però 1' oratore dee cer-
care di spegnere piuttosto , che destare negli animi
degli uditori.
Gli oggetti poi destinati dalla natura a raoveré
]' emulazione sono specialmente i beni dell’ animo
il sapere , cioè , c la virtù ; Se dunque la causa ^
che r oratore ha per le mani , il pone nella néces-
fiilà di dover pungere i suoi ascoltanti con lo sti-
molo dell’ emulazione , egli farà ciò agevolmente ,
esponendo e del sapere , e della virtù la nobiltà é
r eccellenza , mostrando , in che gran fama c nome
sian venuti presso le genti coloro , che queste cose
jotseggono , ricordando specialmente quei , che so-
Dl---:
Delf Arte Rettorica. 87
no agli uditori congiunti 0 per ragion di patria, o
per legame di parentela. Il Gasa pone fine alla prima
Orazione per la lega, eccitando ad emulazione gli
ascoltanti. Die’ egli cosi. Questa inclita Città a
divino miracolo , e non ad opera umana simile ,
e tanto naviglio , e tante , e sì guernito imperio
del mare , e della terra, sono opere e frutti non
di lentezza , nè di tardità , nè d ozio , ma di
travaglio , e di vigilie , e d affanno , e d armi.
Quelt arte adunque , colla quale i vostri nobi-
li e gloriosi avoli T acquistarono , ora la con-
servi , e difenda. Noi per certo , o vincendo ,
o morendo f la nostra dignità riterremo.
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DigitizGd,by>^ìae^lt'
^9
delle regole
DELL’
ARTE RÉTTORICA.
I>ARTE SECONDA.
C A P 0 L
Della Disposizione >
T ’ '
I À oratore , dopoché per mezzo della invenzione ,
si ha procacciato tutta la materia , che si richieda
a comporre la sua orazione , le regole dell’ arte
vogliono , eh’ ei passi a disporla , e metterla in '
queir ordine , che sia il più acconcio a conseguirà
il fine della persuasione. Ora ciò facilmente gli
verrà ben latto , se a ciascuna delle parti , da cui
si compone il discorso , verrà dato quel luogo ,
che r arte stessa , e il giudicio prescrivono. Le
parli poi si riducono all’ Esordio , Proposizione,
^^arrazione , Confermazione > Confutazione , ed
Epilogo.
la
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90 '
Delle Regole
DelV Esordio.
L' esordio è quella pnrte della orazione , la
quale va con bel modo preparando gli animi degli
uditori al resto del discorso ; il che riesce facile a
chi sa r arte di rendersi benevoli , attenti , e do-
cili gli ascoltanti. Le ragioni di conciliacsi la be-
nevolenza nascono dal Costume, considerato tanto
nel tcuor della vita , quanto nella tessitura dello
stesso ragionamento. Noi della probità della vita
abbiam detto abbastanza in altro luogo , ove si è
da noi affermalo , che , senza 1’ opinione « negli ani-
mi degli uditori stabilita , che 1’ oratore egli è uo-
mo dabbene c "virUioso , c pressoché impossibile la
persuasione. Resta dunque a dire del costume , co-
me proprietà della orazione , per cui quella da’ Re-
tori si suol chiamare costumata ; la qual denomi-
nazione allora veramente sta bene al discorso , quan-
do in quello fin bella vista la Prudenza*, la Pro-
bità , la Benevolenza '■ mancando poi o tutte e tre
queste co.se , o alcuna di esse al discorso , è chiu-
sa ogni via aU'oratore, onde conciliarsi la benevolenza.
Perciocché allora vei-ameiiie ci sentiamo l' animo ac-
ceso di amore verso di alcuno , quando vediamo ,
che ccstui é di alto senno fornitole di belle c lu-
minose virtù , e di santi cnstsmi adornato , e che
niun pericolo sfugge, ed ogni 'studio adopera, per-
chè prevegga al nostro benv , e metta in salvo la
DelV Arte lìetiorica. 91
nostra fortuna. A'consigli dtllo'stolto non si presta
fede ; U malvagio ci fa dubitare delle sue protm sse;
il disamorato , benché savio , e dabbene , ci lascia
freddi e disperati. _
Ed acciocché la prudenza non lasci luogo vo-
to ad alcuna delle sue provide cure, è necessario,
che adatti il discorso alle interne disposizioni degli
animi degli uditori; e perchè queste disposizioni, affetti
o costumi , sono varii e diversi , secordo die varia
e diversa è 'la patria, l’educazione, il bgnaggio ,
la fortuna, l' età, ognun vede , ,che a tutte questa
cose dee avere attenta la mira il dicitore , se bra-
ma di esser tenuto in conto di uom prudente , ed
avveduto. Orazio , più che ognialtro,ci ha descrit-
to i varii -costumi provenienti dalle varie" età del-
r uomo.
Fanclul , che ad hniiar già i detti apprese ,
E già st ampa il teiren et orme sicure ,
Lieto scherzar vuol co' suoi pan : a caso
E • si sdegna , e si placa ; e se diverso
Cento volte da se mostra in brev' ore.
Giovane , a •età non adombrò le gote
Adulto pel , pure > una volta etl fine
Dal ^suo custode in libertà lasciato
Dei veltri , dei destrieri , e, degli aprici
Ea sua cura e diletto erbosi campi:
Docile al mal , qiiai molle cera ; acerbo
■Co' rìprensori siici\ di ciò che giova
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92 Delle Regole
Tardo conoscitor, prodigo, altiero,
Con eccesso bramoso , e con eccesso
Pronto a lasciar ciò , che gli fu piu caro,
L' età vini , cambiando genio , e brama
Ricchezze , e cerca amici , e ambisce onori
Pensa a non far ciò , che a disfar poi sudi.
Molti incomodi ha il vecchio : ogrtor ^affanna
Ad acquistar : ciò che acquistò , non osa
Mai porre in uso ; e a dispensarne astretto.
Con freddezza , e timor tutto dispensa.
Querulo , indugiator , tardo non meno
A disperar, che a concepir speranze.
' Diffidi , neghittoso , avidamente
Di vita amico , esaJtator de' tempi ,
Che fanciullo passò , eensor di quanti
D' età precede , e riprensor severo.
L’oratore si rende attenti gli uditori, promet-
tendo loro, die e’ terrà ragionamento d'intorno a
cose nuove , grandi ^ utili , gioconde ; e se li farà
docili , mettendo in chiara luce 1’ argomento della
sua orazione : la qual cosa , comechè si appartenga
propriamente alla Proposizione ; pure conviene , che
si faccia nell’ esordio , almeno generalmente , al-
lorquando r argomento del discorso è difficile ed
oscuro. Si avverte , che non sempre nell' esordio fa
bisogno procacciarsi la benevolenza. La prudenza e
il giudicio , siccome più volte si è detto , sono la
norma delle avvertenze Rettoriche ; e perciò se la
DelV Arte T^eltorìca. 98
'Causa è onesta, ella da se si commenda, e si fa
benevoli gli uditori. Ma se poi è turpe, come quel-
la della difesa di un parricida , ovvero dubbiosa ,
come fu il fatto di Oreste, clic mise a morte sua
madre, volendo vendicar l'uccisione di suo padre,
ovvero di tal fatta die abbia dello strano e mara-
riglioso, come saria il soggetto di quella orazione,
ove si prendesse a lodare la povertà, la morte,
r esigilo , ognuno vede die in tal caso dovTebbesi
r oratore .studiare di farsi benevoli gli uditori. An-
zi talvolta è neces-sario , che ciò si faccia con certa
sagacità e sottile destrezza , rosi che 1' uditore già
sente d'aver messo alTeziope all’oratore, senza sa-
per , come ciò sia avvenuto. Questa forma di esor-
dio chiamasi da' Rcltorici Insinuazione , la quale
si dee necessariamente mettere in opera dal dicHo-
• re , allorquando gli uditori serbano nell’ animo sen-
timenti del tutto opposti , sia che quelli quasi dalla
cosa stessa vengono suggeriti , sia che le ragioni
proposte dall’ avver-sario li ha ne’ loro petti stabiliti,
• o pur quando sono stanchi i giudici per la recita-
izione delle precedenti orazioni. Cicerone nella secon-
da Orazione contro di Rullo si trovò nella dura cir-
costanza di dover parlare al popolo su di una cosa,
la quale era a sentimenti e desiderj del popolo stes-
so, direttamente opposta. Rullo avea proposto la leg-
ge «giatia , quella legge , cioè , la quale prescrive-
va , che fossero divise tra’ cittadini le terre con^-
state dalla repubblica. Foteasi hnaginar logge. più
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^4 Delle Regole
graia al popolo ? Eppur Cicerone si accinge ad'esot*
tare il popolo , che la riprovasse. Egli con bella e
snttil maniera s'insinua negli animi de'cittadini adunati
a fine di udire il Suo discorso. Egli loro dimostra,
che esso è rjucH’ uomo , cui stanno veramente a cuore
i vantaggi e comodi della nazione , essendo sempre
sialo egli il zelante custode della pubblica pace e
tranquillità ; e che per ciò a lui sta bene il glorio-
so nome di popolare , laddove alcuni si valgono di
questo nome a fin di coprire i loro ambiziosi dise-
gni. Indi viene a proporre la sua opinione , la qua-
le è , che sia rigettata la legge : promette di espor-
re le convenienti ragioni , le quali , caso che non
siano ammesse , ei dice , eh’ è apparecchiato a se-
guire il comun parere delia nazione. L’ eloquenza
di Cicerone produsse il desiato effetto.
Che se l’ avversario con la sua argomentazione
ha 'scosso si e perlai modo gli animi degli uditori,
che pare di aver messo loro in cuore il suo parere,
'l’esordio allora, traendo il suo cominciamento dal
confutare il più pfideroso argomento , ecciterà nn
' '«erto scompiglio nelle loro menti. Si comincia a
dubitare di quella verità, che già era entrata loro
"nell’ animo. In ciascuno si accende avida- curiosità
di ascoltale il novello dicitore.
L’ animo stanco si rinvigorisce 'con la promes-
s'a della brevità , o col racconto di qualche avveni-
mento faceto e grazioso , o pur tristo e funesto. Il
riso , e la sorpresa rinfrancano lo spirito spossate»
I
Deir Arte Rettorica. gS
1 luoghi poi , da cui si deriva la materia necessaria
a comporre l’esordio, alcuni sono genera// , perchè)
da essi si può trarre 1’ esordio per ,ognj genere di
cause , altri sono particolari , come qucjli , da cui
nascono gli esordii per ciascun genere di cause.
L'occasione , da cui sentesi l'oratore invitato a ragion
nare, gli aggiunti di tempo , di luogo , e di persone
porgono materia al cominciamCnto di qualunque di-
scorso. Le mense largamente imbandite^ e le feste-
voli accoglienze fatte da Achille sono la bella con-
giuntura , con cui si fa larga, via Ulisse a comincia-
re il suo ragionamento.
Oh disse ,
Salute , inclito Achille , a te salute
Dia Giove , a noi tu sol puoi darla. I grati
Modi ospitali , c r accoglienze oneste
Ti ci mostrano amico ; ah meglio il mostri
Jl pietoso tuo cor) non di conviti
D'uopo abhiam^ma di aita. Invitto Achille ^
Senza te siam perduti^ e insieme è spenti^
Senza le la tua Grecia. . . .
■' Fenice imprende la grand’ opera di ammollirò
V animo di Achille , prima col fatto , bagnando di
lacrime le gote , poi con le parole , cavando l' esor-
dio dagli aggiunti e della persona sua , e di
chille.
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g6 Delle Regole
Diletto /Achille ,
Se sei fermo al partir, come potrebbe
Restarsi il tuo Fenice 1 J te ini stringa
Destino indissolubile , tu speme ' ,■
Sei di mia vita , tu delizia e vanto ; '
Non respiro , che in te ; vedovo ed orbo
Senza te rimarrei ; famiglia , figli ,
Ohimè , figli non ho ; rigido il cielo
J crudi voti di spietato padre
Troppo volle esaudir. ...
• <
Nel genere dimostrativo si può cominciare l’ora-
zione 1 °. dalla lode. Plinio dà principio a quel
suo divino panegirico , lodando gli antichi Romani^
da’ quali eràsi introdotta la bella usanza che la pre-
ghiera fosse r inizio di ogni cosa , e di ciò che do-
veasi fare, e di ciò che doveasi dire: a®, dalla vitupera'^
zione. Isocrate sul principio del suo discorso entra a ri-
prendere coloro che avéano stabilito delle pubbliche
feste , ove le forze del corpo , e non le virtù dell’ ani-
mo , fossero premiale. Dione fa Tcsordio , lagnandosi
dell’ingiusta cotisuctudine, la quale prescrive, che quel-
li siano astretti a tessere le lodi al defunto , a cui il
pianto e il dolore toglie ogni forza e virtù di favellare:
5“. dalla persuasione. Dovendosi lodar le virtù dì
chi ha vissuto net silenzio , e nella oscurità , si può
formare 1’ esordio , dimostrandosi , che sta molto
bene mettere in luce*' quelle virtù specialmente , che
si c posto ogni studio di tener nascoste e celate.
Digiti^
DelV Arte Rettorìca. 97
Nel genere deliberativo si può trarre l’ esordio
|0. dalla persona dell’oratore, cercandosi di sgom-
brare dalle menti degli uditori la meraviglia nata
dal /Vedere salito sulla bigoncia colui, a cui ogni
ragion Vietava , che favellasse ; perciocché niuno
v'era ncU'adunanza , che noi vincesse in età , in credito^
in dignità. 1 ". Dalla persona del contradittore , facen-
dosi altamente risuonare all’ orecchio degli uditori ,
che il progetto di lui è opposto all’ onestà , alla
giustizia , alla pubblica utilità. 3°. dagli uditori ,
làcendusi lor sentire , eh’ essi si sono prestamente
appigliati ad un parere non, bene esaminato.
Da cinque luoghi si può derivare 1’ esordio nel
genere giudiziale. 1 °. Dalla persona del reo; se mai
v’ ha luogo a dimostrare la probità della sua vita
passata , dalla persona dell’ oratore ; ciocché si
fa , quando 1’ oratore può dire , che dal dovere di
onestà e di giustizia é stato astretto di prendere la
dife.sa del reo , essendogli congiunto in parentela, ia
amicizia, o pur quando sinceramente confessa , che a
lui manca quella eloquenza , che pur sarebbe ne-
cessaria a difendere una causa di tanta importanza.
S*’. dalla persona de' giudici. Si loderà destramente
la dottrina , e l' integrità loro. l\°. dalla persona del
contradittore. Si cercherà di togliere alla sua difesa
ogni autorità , dimostrandosi , se mai si può , che
le sue armi non sono quelle della giustizia , e del-
la verità , ma quelle bensì del potere , del favore ,
delie ricchezze, del maneggio , delle pratiche. 5“. Dal-
i3
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98 Delle Regole
la causa , facendosi vedere , clic questa i molto più
giusta , e onesta , c più vantaggiosa al pubblico
bene , che non quella dell' avversario.
Diciamo ora alcuna cosa d* intorno all' artificio
e tessitura deir esordio. Ei mogene ne distingue quat-
tro parti , la Proposizione , c la Ragione di lei , la
Reddizione , e la sua rispettiva Ragione. L’ esordio
della Miloniana sembra fatto in questo modo: cioc-
ché noi farem vedere , esponendone brevemente le
sole sentenze.
Frop. Vedendo questa nuova forma di nuovo
gii dizlo , non posso o giudici non sentirmi 1’ ani-
mo da grave spavento oppresso.
Rag. Perciocché non é , come già soleva , il
vostro tribunale circot.dato dal popolo , né ci sta
d’ intorno la solita frequenza , ma veggo genti ar-
mate occujiar quasi tutta la piazza.
Red. Pur mi rinconfoi to , c rassicuro , pen.san-
do all’ intenzione di Gneo Pompeo , nomo di som-
ma sapienza , e singolar giustizia dotato.
Rag. Perciocché alla giustizia non si conviene
il. dare ad uccidere a’ soldati quell’ istesso reo, il
quale egli ha dato già a sentenziare a’ giudici ; é co-
sa poi direttamente u]>]X)sta alla sapienza armare la
temerità della plebe già concitata , con aggiungere
al furore di lei quell'autorità, ch'egli ha dalla Re-
pubblica. Faccianici adunque coraggio , 0 giudici,
e, deposto ogni timore, cerchiamo, io di fai- la
difesa', voi di ascoltarmi attentamente.
Digitizeci
Delt Àrie Retlorica. 99
Ma non è necessario , che sempre 1’ esordio si
componga di queste quattro parti. L' osservanza di
questa regola si rimette tutta alla prudenza dell'ora-
tore , il quale adatterà l'esordio alla condizione del-
la causa che ha per le mani.
La prima prova , che il dicitore dà della sua
prudenza e giudicio , è 1' esordio appunto ; e quin-
di ognun vede , che fa bisogno sfuggire ogni vizio,
che possa macchiarlo. L’ esordio adunque non dee
essere i®. comune, 0 volgare, cioè di tal fatta,
che possa • andare innanzi a qualsivoglia orazione.
a°. Commutabile, formato in modo, che l’avver-
sario, fatto leggier cambiamento, il possa al suo discorso
adattare. 5®. Lungo , ciocche accade , quando è più
lungo , che non ricliiedesi alia estensione della ora-
zione. 4°' Separato, tale, cioè, che non abbia le-
game coll’ argomento, di cui si tratta. 5®. Traslato,
che è quello , che fa benevoli gli uditorì , quando
li dovrebbe fare attentii L’arte concede l’uso degli
èsordj comuni e separati nel genere dimostrativo.
Della Proposizione. ''
La proposizione è quella parte dell’ orazione ,
con cui r oi’atore fa sapere agli uditori , qual’ è quel-
la cosa , di cui egli intende di ragionare , ed a por-
*■
re in chiaro la qtiale è diretta tutta la serie de’siioi'
ai^omenti . Questa può aver luogo 0 dopo l’ esordio.
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1 oo Delle Regole
o do{/o la narrazione , come quella , che talvolta
da essa nasce e si deduce.
La proposizione poi può farsi in tre diverse ma->
' mere , delle quali la prima è quella , con cui si
dichiara, in che si ò d'accordo con l’ avversario, e
quale ò quella cosa , di cui si dubita , e si quistio-
JX& : ciocche giova molto a spiegar le cause dil&Gi-
li e avviluppate. Cicerone nella Miloniana ce ne
dà un esempio. Ma se nessuno di voi ha questa
opinione , resta , che si consideri , non se egiz
sia stato ucciso , il che confessiatno , ma se a
rosone , o a torto , il che per V innanzi in mol-
te cause si è considerato ; e la proposizione fatta
in questo modo diccsi Separata. La seconda ma-
niera è quella , che propone una sola cosa ; e quin-
di è detta Semplice. Cicerone a favore del Re
Dejotaro. Costui adunque , dopoché non solo è
stato da te salvato da gravi pericoli , ma ono-
rato ancora nella più splendida e magn^ca ma-
niera , viene accusato , che ha avuto la rea in-
tenzione di uccidei'ti in casa sua : il che tu , se
noi credi il più forsennato uomo d^l mondo , non
puoi neppur sospettare. La terza finalmente è quel-
la , che divide 1’ assunto in più parti. Del che non
accade , che diamo esempio; solo è necessario pro-
porre alcune avvertenze , le quali 'sono, i". che
nella divisione siano espresse tutte le parti , in cui
s’ intende diviso l’ argomento dell’ orazione. a°. di' una
parte non sia compresa nell’ altra , come saria quel-
lOl
Dell'Arte Retiorica.
la , che proponesse di ragionare della giustizia , e
delle virtù , essendo la giustizia inchiusa nelle virtù.
3". che la proposizione non comprenda più di tre,
o qutttro parti. 4°* sia formata in tal modo,
che presenti una certa aria di novità. Segneri nella
Predica XXII. Cristq non è t uomo più scellera-
to del mondo ; dunque e Dio.
Della Narrazione.
La narrazione non ha luogo nel genere dimo-
strativo. Le orazioni di questo genere sono narra-
zioni illustrate dal lume delle amplificazioni. La .nar-
razione adunque , come parte del ragionamento, s'ap-
partiene al genere Giudiziale. Or la narrazione si
può formare in due maniere, facendosi o interrot-
ta, o continuata.. La prima è quella, che in mez-
zo alla serie delle cose , che si l'accontano , frap-
pone alcuna breve ragione , la quale serve a spe-
gnere r otlio , e calmare l' ira , che potrebbe far na-
scere nell' animo del gindice la cosa stessa , che si
Barra. Alla ferita già fatta giova assai applicar subi-
to la medicina. La seconda poi è quella , la quale,
perchè non contiene cose odiose , espone c narra le
cose , con quell’ ordine che sono accadute , senza in-
terrompimento alcuno.
Quattro sono le doti essenziali e necessarie
alla narrazione oratoria ; delle quali la prima e la
principale è la probabilità , quella dote , cioè , per
GoOglr
102 Delle Regole
Ih quale sì merita la fede degli ascoltanti. Sari
dunque probabile il racconto i®. se si esporrà il
fatto con semplicità e candidezza di stile, a®, se
sono tra loro con naturai legame congiunte tutte
le circostanze, cb’ entrano a comporre il fatto, spe-
cialmente quelle del tempo , del luogo , e della
persona. 3®. se di ogni efTetto , che si racconta ,
massimamente se quello sia dillìcilc e strano , se ne
fa vedere la cagione atta a produrlo. 4°*
mostra , che non sono mancale le forze necessarie
a mettere in opera il fatto. 5®. se si producono
de’ gravi testimonii e delle autorità , le quali faccian
fede di quello , che sembra inverisimile.
Quintiliano insegna , che sì dee la narrazione
tessere , e formare per tal modo , che ne vengano
gli uditori disposti a sentir la forza della argomen-
tazione. Per la qual cosa sarà bene spargere tratto
tratto in quella de'semi , onde poi nascano degli ar-
gomenti atti a dimostrare 1’ assunto.
La seconda dote è la chiarezza , la quale si
genera i®. dal» dire tutto quello , che tralascialo o
in parte , o in tutto produco roscurità. a.® dall'uso
di vocaboli , e di forine di dire chiare e proprie , e,
nate ad esprimer quello , che intendiamo di signi-
ficare. 3”. dui raccontare le cose ordinatamente.
4®. dal piano e facile , e non involto andamento
de’ periodi 5®. dallo sfuggire la moltitudine de’nomi
delle persone.
La terza dote è la brevità , la quale si ottiene,
Digilizq:
.C juii> dc-
Dell* Arte Retiorica. io3
ce si dirà solo tutto quello , che si rlcluede a far
chiaro il discorso.
La quarta dote è la soavità , la quale nasce
dalla candidezza dello stile , da una certa leggiera
commozione di afTctti , e da una cotal maniera di
raccontare , la quale tenga gli animi degli uditori
in curiosità , e sospesi sino alla fine.
Della Confermazione.
Questa parte della orazione , non è alcun dub-
bio , che sia di tutte le altre la più importante , co-
me quella , clic contiene gli argomenti raccolti dal
dicitore per dimostrare 1’ assunto. Ora a far bene
questa parte del discorso , due cose è necessario ,
che sappia l’ oratore , sotto quali forme , e modi
convien , che esjionga gli argomenti , e in clic ordi-
ne li debba allogare. Tra le varie maniere di argo-
mentare , al sillogismo si dà il primo luogo : esso u
composto di tre parti , delle quali la }>nma dicesi
proposizione , la seconda Assunzione , la terza
Conchiusione. Ecco un esempio tratto dalla Milo-
nìaiia di Cicerone. Quegli de’ due , di Clodio , cioè^
e di Milonc , ha teso le insidie , a cui la morte
deir altro polca recar giovamento. Ma la morte di
àlilone era di vantaggio a Clodio , e non già quel-
la di Clodio a Milone. Clodio dunque ha posto le
insidie a Milone. Ben è vero, che l’oratore Romano non
ha esposto 1’ argomento in questa forma cosi sem-
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lo4 Delle Regole
plice e stretta , avendo cercato di corredare , com'lt
costume degli oratol i , delle rispettive prove la pro-
posizione , e r assunzione ; la qual maniera di ar-
gomentare chiamasi con voce greca Epichirema.
Proponghiamo un altro esempio cavato dall’ orazione
di Cicerone in difesa di M. Celio. L’ oratore pren-
de a dimostrare , che a M. Celio , giovane di fre-
sca età , non si può rinfacciare una vita malvagia e
licenziosa ; ed a questo (ine si vale di questo sillo-
gismo , o sia epichirema , ove pone in primo luogo
r assunzione , sostenuta dalla sua prova , indi segue
la proposizione , dimostrata e messa in chiaro dal suo
argomento. Dice adunque Cicerone , che M. Celio ,
fin dalla sua tenera età , ha posto sempre ogni sua
cura nello studio delle belle lettere , e la prova di
ciò sono le dotte ed eloquenti arringhe recitate in
più occasioni nelle pubbliche adunanze con genera-
le applauso. Or non è egli cosa verisimile , che un
giovane , dato in preda delle sue passioni , e tutto
inteso a contentar l’ appetito , possa procacciarsi tan-
to di eloquenza da farsi poi glorioso nome per quella.
E per questo appunto , perchè fa duopo frenar le ree
voglie , tenersi lontano da sollazzi e passatempi ,
acciò Tiiom possa divenir saggio ed' eloquente , as-
sai scarso è il numero degli oratori nel mondo.
Non è dunque da riprendere la vita di M. Celio ,
«è si può dire, che dissoluti sono i costumi di lui.
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T)elV Arie RetUniea,,.
ìoi»
Entimema.
'"U entimema è quella spede di argomento , ut
«li non sono espresse tutte le parti del sillogismo,
ma una di esse vien taciuta. Micipsa cosi parla a
Ciugurta. Tu sei nemico cC tuoi. Come dunque
puoi sperare , che ti situi fedeli gU estranei ?
Manca la proposizione > la quale sana questa. Chi
d nemico de' suoi , non può sperar fedeltà dagli
estranei. ■ . ■ , .
E induzione.
t ,
È una specie di argomento , la quale da piti
esempi projwsti deduce la conseguenza. Cice-
róne nella Miloniana. Perciocché necessario sa-
rebbe , che quel Servilio Aalà , e Publio Nàsi^
ca, e Lucio Opimio , e Gajo Mano ^ e nell an-
no f io era Consolo , il Senato fosse ripuia>-
to nefando , se U dar morte a' cittadini scellera-
ti nefanda cosa fosse. Segneri nella Predica dei Ve-
Berdi dopo le Peneri per mezzo di una noLiie Induzio-
ne cerca d’ indurre i Cristiani ad ubbidire a Nostro
Siguore.cbe pre^rive l’ amore de’nemici , e il per-
dono delle offese. Dice dunque egb cosi. Potè
un' afflitta Abigaille impetrare da un Davide
furibondo , che in grazia sua si degnasse di per-
donfire le villanie > che contro ogni ragione uvea
*4
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,|%6 * Detto Re^ley ^
ricevute dallo scostumato N abaie. Potè daltlm-
peradore Graziano impetrare Àmbrogio , che per-
donasse ad un pubblico schernitore della perso-
■»a ùMfterìale. Potè dal Re ChUderico impetrare
una Genovefa, che perdonasse a mfdti audaci
offensori della reale Maestà : e Pelagio diaco-
■~fio , gittandosi su la soglia del F’aticanp a pie-
'di di Tolda , ancoraché barbaro , ancorché non
*■ y^èle , potò impetrare , per quel volume de' set-
■grosanti Vangeli, eh' uvea in mano, che per-
donasse pietosamente la vita a Roma già sua
nemica , ed allora sua serva. E Cristo non po-
trà ottenere da voi , che in grazia sua perdo-
niate a un vostro avversario , che gli rimet-
tiate un torto , un affronto , un aggravig ,
una parolina ?
DeW Esempio, •
L’ esempio è ima specie d’ indmione , ma che
-da questa si distingue, perchè l’ argomento si trae
da un solo simile. Segneri nella predica poc ann
C'tata si vale del chiarissimo esempio di S- Vences-
lao , Duqi di Boemia, per • dimostrare , che dal
perdonare 1’ offensore niun danno ne ▼*««« aU’ono*
te dell’ oflfeso.
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DélVArte Rettorica. 107
Del SoritCf
Questa forma di argomento si compone di piò-
proposizioni con tal modo legate insieme e congiun-’
te , che catandosi 1’ una dall’ altra si va finalmente
a terminare con la com-.hiusione. Cicerone vuol pro-
vare , che il danaro dato dal Pretore è provenuto o-
da’dazj , o da’tributi -, forma perciò epiesto Sorite. Quel
danaro, che ha dato il Pretore, lo ha e^ ricevuto
dal Tesoriere. Il Tesoriere dalla pubblica Tesoreria.
La Tesoreria da'daz) , o da’tributi. Dunque.
Del Dilemma.
11 Dilemma è una forma di argomentazione
composta da due proposizioni , delle quali chi nega'
r una , rimane stretto dall’ altra. Chi non riserba
a Dio la vendetta delle proprie offese , siccome egli^
con espressa legge ha prescritto , dice il Segneri ,
che una delle due cose dee necessariamente pet«sa-
te di' Dio,' ò ch’egli non abbia braccio dà sostene-
re le nostre parti , 0 eh’ egli non abbia cuore da'
sentire le nostre offese. Or chi mai può cadere Ì&
SI stolida frenesia? Dunque. . . .
L’ ordine e la collocazione degli argomenti ,
questa è una cosa che si dee diriggere dalla pruden-
za e giudicio . dell’ oratore. Certa cosa è , che igli
argomenti raccolti dall' oratore non posàouò tutti'
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io8 Delle Regole
avere la stessa forza , dovendovi essere e quelli che
vaglicno più a dimostrare , e quelli che meno.
Zia causa , che si ha per le mani , hen considerata,
Tnostrerà facilmente all' accorto diciture , quando deb-
ba mettere in primo luogo i più gravi , e quando
i meno gravi. Questo si eh' egli dee aver fitto nel-;
)' animo , che faccia tal maneggio degli argomenti ,
che sia scmpie corrìs|>oiiJeutc al loro mento , non
facendo mai scorgere agli uditori, che egli apprez-
za le sue ragioni multo più di quello che vogliono.
Dell Amplijic azione. ^ ,
Non basta all' oratore ordinatamente esporre ,
e presentare sem^dicemente alla mente degli uditori
le prove raccolte , in quella guisa che usano i filo-
sofi ; le regole dell'arte vogliono ancora , che, quel-
le siano illustrate ed amplificate. Or prima che di'-
clamo , in che mo4o si debba fare questa amplifi-
cazione , perchè la casa si possa perfettamente com-
prendere , nè si dia luogo ad inganno , ci sembra
convcncvol cosa distinguere un doppio genere di
amplificazione, quella, cioè, delle prore, e quella
della orazione. La prima consiste nell' ingrandire ed
illustrare ciascuna delle prove che si propongono.
La sc(;pnda poi è .riposta nell' accozzamento di più
prò. e d.rette a dimostrare l'assunto. Prendiamq a
porri in chiaro questa dottrina a prò de' principian-
ti con uno escmploi Cicerone nell' orazione in difo-
Digitii'
DeW Arte ^ettorìca. log
sa di M. Marcello propone di voler dimostrare ,
die la gloria acquistata da Cesare col perdono con-
cesso a M. Marcello vince ed avanza di molto quel-
la che si avea procacciato con tante belliche imprese.
Vediamo tratto tratto, come 1’ oratone Romano met-
te in opera il suo disegno : dal che trarremo ad un
tempo la conoscenza e del modo, come si amplifi-
cano le prove, e del modo, come s'ingrandisce l’ora- '
zione. La prima prova , di cui si vale Cicerone
a dimostrare la sua proposizione , si trae dalla natu-
ra stessa della clemenza, come quella, ,^ch« è tutta
propria di colui, nel- cui animo quella alligna, lad-
dove le belliche azioni , non si può dire , che sono,
proprie de' soli generali. Questa prova poi viene dal-
r oratore maravigliosamente amplificata : perciocché
da un lato Cesare vien posto sulla più alta cima
della laude militare:! più gloriosi fatti degli antichi
duci Romani , delle più bellicose genti della terra,
de' Re più potenti del mondo dileguansi , qual fu-
mo al vento, messi in paragone con quei di Cesa-
re. Non v' ha eloquenza , die li possa nan'arc , nè
mente , che li possa comprendere. Dall' altro lato
poi d si fa intendere , che per 1' atto di clemenza
usato a favore di Marcello il nome di Cesare è di-
venuto assai più chiaro e glorioso , che non era per
tante, illustri vittorie. Queste non sono tutte di Ce-
sare, ma parte se ne dee attribuire al valore del-
le milizie , parte al senno e consiglio degli Ufiìzia-
li, parte al vantaggioso sito de' luoghi, parte final-
tv.- Ci««
110 Delle Regole
mente al favore della fortuna. All’ incontro la pia-
cevolezza e la mansuetudine sono tutta opera di chi
le pone in uso : quella stessa fortuna , la quale pa-
re, che entra a parte di ogni cosa, ne viene perfet-
tamente esclusa.'
Si vede fin qui nobilmente amplIfiCafti la pro^
va , ma non ingrandita però 1' orazione ; la quale
pin: si rimarrebbe nello stesso stato , benché viep-
più chiaro lustro si aggiungesse aUa provn , se Ci-
cerone non passasse a produrre una nuova ragioni.
Entra egli adunque a dire , che gli atti di mansue*
tudine sono la cosa la piu difficile a fare; e senza
punto allontanarsi dalla considerazione delle belliche
imprese , rammemora l’ oratore Romano , che nin-
na , comechè ardua , difficoltà ha potuto mai arre-
stare il rapido corso delle vittorie di Cesare. Popoli
ferocissimi , terre immense , armate innumerevoli
sono stale da lui vinte e soggiogate. Pur tutte que-
ste cose sono di tal natura , che possono finalmen»
te esser vinte e distrutte. Ma domare il cuore , fre-
nar lo sdegno , far bene al nemico son cose queste
tanto difficili , che chi ha forza di faHe , é quasi un
Dio. Ora si vede amplificata la prova , in^andita
ancora 1’ orazione ; ciocche si può osservare nel re-
sto di questo discorso.
Nell’ esempio esposto 1’ amplificazione nasce dal
paragonare il fallo , che si vuole ingrandire , coti
altri' fatti pur grandi , ma che però sono veri. Al-
le volte gli oiat>jri fingono de' fatti, icon i' quali poi
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7
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DeW ArU ReUorica. iii
psrtgonaudo quelli , che son veri • cercano mostrar*
ne la grande>i4,e il merito. Segneri nella predica
del Venerdì dopo le Ceneri prende a dimostrare ,
che' grande ed atroce ingiuria si fa a Dio da co-
loro t che non tralasciano di vendicarsi privata-
mente de’ loro benché ingiusti offensori, mentre il
Signore Iddio si è protestato di voler far egli que-
sta vendetta. Finge il sacro oratore , trovarsi un
Principe potente al pari e pietoso , il quale per di-
mostrare r afferion sua verso di qualche suo suddito,
gli dicesse : amico , io voglio stabilir teco un
patto. Però tu ascoltami. Io vo^io promulgare
in tutto il mio stato un editto pubblico , che
chiunque ardir à mai di oltraggiare la tua per-
sona , sia tosto reo di violata Maestà , non al-
trimenti , che se egli avesse oltraggiMo non te ,
ma me. Riputerò miei tutti gH aggravii , miei
tutti gli affì'onii , mie tutte le villanie , che ti sa-
ran Jatte. Ma ricerco da te vicendevolmente una
condizione , ed è questa , che tu ceda a me la
vendetta di tali oQ'ese. Per mie mi dichiarerò
di riceverle , ma come mie le voglio ancor ven-
dicare. Ditemi, se fosse un Principe, il quale
parlasse in tal forma ad un suo vassallo vile
ed abjetto, non si stimerebbe esaltato ad un
grand onore? E se egli ripugnasse a tal condi-
zione , quasi gravosa , non sarebbe tacciato c(^
me uno sciocco , anzi rimproverato come un vil-
Itmo ? Qr imagin atevi , questo per ap-
Diuiiizeu bl- CjOO^Ic
Ila De]Ìe RégoiU ^
punto essere il caso nosùx}. Si i protefUi^ Dia
chinrissimamente , eh' egU 'riputerà come fatti (t
se quanti torti sien fatti a' noi. Questa cosa è
certissima. . . . E però niuno offende o disgusta
noi , che non offenda , o disgusti ancor esso. . . B'
se è così , qual amore più sviscerato di questo egli
ci polca dimostrarci Ma che 1 Com'e^i si è prole»
Stalo y che sue saranno le nostre offese, così daU
t altra parte si è dichiarato , che si riserbino a
lui le nostre vendette. Or non ha egli per tanto
una ragione giustissima di adirarsi, quando noi
non siamo contenti di questa legge'? . . .
Si fa r amplificazione ancora per mezzo della
Raiiocinazione , eli’ è quel modo di amplificare ,
con cui mostrandosi la grandezza di una cosa , se
ne raccoglie la grandezza di un' altra , eh’ è con
quella congiunta. Filicaja volendo ingrandire il bel*
lico valore , c le gloriose vittorie riportate dal Re
di Polonia , esaggera mirabilmente il potere e le
forze delle squadre nemiche.
Svenni , e gelai poc' anzi , allorch' io vidi
Sì grand Oste accamparsi. Alla sua sete
L' acque vid io non liete
Mancar deir Jstro , e non bastare a quella
Ciò , che l' Egitto , e ciò che la Siria miete.
Oimè vidi la bella
Beai Donna dell Austria invan di fidi
■ ■ Ripari armarsi, poco men che ancella
• -^_(Ì0Lìk.od by Googlc
ì)elV Arte Jt^toHca> ii3
Porger nel caso estrèmo
A turco ceppo il piede. Il sacro busto
Del grand impero Augusto
Parca tronco giacer del capo scemo ;
E'I cenere supremo
P'olar d intorno ; e già cittadi , e ville
Tutte fumar di barbare faville.
Dall ime sedi Vacillar già tutta,
Pareami Vienna , e in panni oscuri , ed adri
Le addolorate Madri
Coirère al Tempio ; e detestar de^i anni ^
L' ingiurioso dono i mesti Padri ,
L' onte mirando j e i danni
Deli infelice Patria arsa e distrutta
Nel comun lutto , e ne' comuni affanni
Ma deli Austriaca speme
Se gli scempi , le stragi , e le ruine
Esser dovranno al fine ,
Invitto Re , di tue vittorie il seme ,
Delle sciagure estreme ^
Non più mi doglio ( il Aobil detto intendi ^
Santa Pieiade , e in buona parte il prendi).
ì)el regio acciaro al riverito lampo
Abbagliata già cade, o già s'appanna
La fortuna Ottomanna.
Ecco apri le trinciere , ecco t' avventi ,
E qual Ji^ro hon, ch9 atterra, e scanna
i5
\
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1 1 4 Delle . Regole
GV impauriti armenti ^
Tal fai macello clelV orribil campo.
Che il suol ne trema. L' abbattute genti
Ecco atterri , e calpesti
Ecco spoglie e bandiere a forza togli
E il forte assedio sciogli
, ■ Ondò ch'io grido., e giidetò: giungesti^
Guerreggiasti , vincesti ,
() He famoso , o catigf^on forte , e pio ,
Per Dio vincesti e per te vinse Iddio.
Sogliono talvolta gli oratori amplificar la cosa,
cominciando dalle cose più piccole e lievi , e poi
salendo gradatamente alle cose più grandi e più
gravi , giungono finalmente a quella , la quale non
trovandosi modo , come esprimerla , si lascia alla
considerazione degli uditori. Somigliante a questo mo-
do di esaggerare è quello, che consiste nell’ accoz-
zare insieme cosiflatti aggiunti , così che 1' uno di-
noti cosa maggiore di quella , che vien significata
dall' altro. Finalmente affastellare molte parole e
sentenze dirette a dinotare la stessa cosa , pur ]iro-
ducu alle volte 1' amplificazione.
Della Confutazione »
Questa c una parte della orazione , con cui si deb-
bono sanare le l'urite fatte nell’ animo del giudice dal-
/ la oonfarmazione dell’ av\ ursario ; e quindi a farla
’ Dell’ AHe Rettorica. n3
bene si richiede non poco studio c fatica dell’ ora-
tore , il quale in questo specialmente mostrerà il suo
giudicio e prudenza , se al valore degli argomenti
prodotti dall’ avversario corrisponderà la forza della
sua confutazione. Oltre a ciò convicn vedere , in
che ordine stia Lene quella disporre ; perciocché si
può cominciare dal riprovare talvolta gli argomenti
più lievi , e talora gli argomenti più gravi , e ne-
cessariamente poi da quello , eh' è come il fonte ,
da cui si derivano tutti gli altri.
La confutazione si può fare in molte maniere.
Si può in primo luogo negar perfettamente quello ,
che ha opposto 1' avversario. Cos'i Segneri dimostra,
esser falsa , falsissima 1’ opposizione di coloro , i
quali dicono , che se non si fa vendetta delle oilese ri-
cevute di propria mano , ne vien contaminata la
propria riputazione. L’ oratore argomentando dagli
aggiunti delle persone , fa vedere , che il perdono
concesso all’ ofl’eiisore vien generalmente celebrato
da tutta la gente saggia e dabbene : il che non
solo non genera infamia , ma piuttosto accresce lu^
Siro e splendore al nome : che se si trovano perso-
ne che sparlano di un tal perdono , questi non al-
tri sono , che alcuni nomini scapigliati , mezzo
infedeli , mezzo idolatri , mezz' atei , accusatori
orgogliosi di quel Vangelo , il quale debbono pro-
fessare ; che perciò infame piuttosto è colui , che
dal' giudizio di costoro fa dipendere la sua stima,
coaiuta in secondo luogo 1’ argomentazione
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1 1 G Delle Regole ,
dell’ avversario , se confessandosi il fatto , se ne di-
mostra però la ginstÌ7.ia e 1' onestà. Cicerone nell’ ora-
zione in difesa di Gajo Rabirio parla in cotal guisa
all’ accusatore. Tu dici , che Lucio Saturnino è
stato messo a morte da Gajo Ratino ; ma costui.,
facendo la sua difesa Quinto Ortensio, con la
testimonianza di molti , ha dimostrato , che ciò
è falso. Or se tjuesta causa non fosse stata già
trattata , io confesserei , liconoscerei per vero ,
volentieri mi farei autore di questo delitto. Quan-
to pagherei , se lo stato della causa mi conce-
desse la facoltà di poter dire al cospetto di que-
sto pubblico , che Lucio Saturnino nemico del
popolo Romano è stato tolto di vita per mano
di Gajo Rabirio. Segneri pur concede , che 1’ of-
feso perdonando scapila d’ onore. Che per questo ?
si dee contnttociò perdonar I’ offeso; perché questa
è la strada , benché aspra , difficile , e disastrosa ,
da giungere al Paradiso.
Molti esempj raccolti e giudiziosamente messi
possono servjre di forte sostegno e di pode-
lòsà difesa a prò di- quella verità , che vien com-
battuta dall’ avversario. Il sacro oratore aduna mol-
li esempj di illnsti’i personaggi , sì Fxclesiastici ,
che Laici , la di cui gloriosa rinomanza per questo
appunto risnona più chiara nel mondo , perchè han
conceduto generoso perdono ai loro crudeli ed osti-
nati offensori ; da che si raccoglie ^ non es^r in
iiiuu conto vero , che se 1’ otleso non si fa la giu-
DeW Arte Rettorica. 1 1 7
stizìa di propria mano , ne va di sotto la sua ripu-
tazione.
Gli argomenti di poco momento si sogliono
confutare , o col soggiugnere subito una brieve e
proporzionata risposta , o collo spregiarli , c ccd
non tenerne conto affatto , o finalmente con qualche
acuto e grazioso motto. La prudenza dell' oratore
sceglierà quello , che gli parrà più a proposito. In
che luogo poi della orazione si dovrà collocare la
confutazione ? 1/ accusatore esporrà prima i suoi
argomenti , ed indi passerà a confutare quelli che
gli si potrebbono opporre dall’avversario. L' avvoca-
to farà tutto il contrario.
DelV Epilogo.
Epilogo si compone di due parti , della
Enumerazione , e della Amplificazione. La prima
consiste nel ridurre in breve , e nell’ esporre sotto
un solo aspetto le più gravi e poderose ragioni ,
che si sono distesamente prodotte nel corso della
orazione ; ciocche vale moltissimo a lare , che gli
argomenti proposti diano tutti ad un tempo una
nuova scossa agli animi degli uditori , e li vadan
cosi preparando alla commozione degli affetti ; eh’ è
quello che dee fare la seconda parte cicli’ epilogo ,
cioè , r amplificazione. Ognun sa , che f oratore ,
finclic dimostra , convince solafneiitc , ma non per-
suade , eh’ è quanto dire , non induce gli uditori a
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1 1 8 Delle Regole
seguire il suo parere ; e quindi egli è tuttavia
lontano dal conseguire il fine della eloquenza. Fa
duopo adunque ordinare c disporre in coiai guisa
quest' ultima parte della orazione, che sian conunos-
si , e concitati gli animi degli ascoltanti. A far be-
ne ciò si abbian presenti all’ animo le seguenti av-
vertenze.
i.° Non ogni affetto si dee movere in ogni
genere di causa , ma quello bensì , che si scoile
star bene alla causa , che si ha per le mani. Così
nel genere dimostrativo , se mai si loda , par , che
si debba dar luogo all' ammirazione , congratulazio-
ne , amore, emulazione; se poi si biasima, gli af-
fetti opportuni sono l' odio , l’ ira , il disprezzo.
Nel genere deliberativo debbono campeggiare la spe-
ranza del bene , il timore del male. Nel genere
giudiziale chi accusa, ecciterà l' indignazione , chi
difende , la compassione.
a.° Gli affetti si generano o dalla sensazione ,
o dalla imaginazione. Veggo l' animo oppresso da
mali ; mi si desta subito nell’ animo la compassione.
Veggo il ladro , che acceso in ira corre con la ma-
no alla spada ; mi si gela il sangue nelle vene.
L' oratore non può movere gli affetti per via della
sensazione. E necessario adunque , eh’ egli si rivol-
ga solo alla imaginazione; c quindi gli fa bisogno
con la forza c gravità delle sentenze , con la vivez-
za delle parole e delle espressioni far presenti , se
non a' sensi , alla imaginazione almeno quelli ogget-
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Dell* Arte Retlorica. 119 '
ti , che dalla natura sono stati alla cotnmozipne di
ciascuno affetto destinati.
3. ® E perchè queste sentenze , e queste con-
venienti forme di dire non mai si faranno presenti
alla mente , comechè si sia avuta la cura di svolge-
re e di di e di notte i grandi volumi dei più fa-
mosi oratori , se il cuor del dicitore non sia da
quell' affetto agitato , che vuol accendere in petto
agli uditori , ne segue da ciò , che non si dee por
mano a scrivere la perorazione , se non dopo che
si sono ben meditati gli argomenti capaci di mo-
ver le passioni.
4 . “ L’ affetto , se non è veemente , non ha la
forza , di spingere l’uomo a seguire un sentimento:
ma perchè gli affetti veementi non sogliono essere
di lunga durata , quindi è , che non si dee allungar
molto questa parte dell'orazione : anzi convien , che
sia breve e adoperandosi ancora uno stile concita-
to , composto di periodi corti , e vibrati.
Il giudizioso e saggio uso delle Figure , sicco-
me si vedrà a suo luogo , vale molto a produrre
queir effetto , a coi è destinato dall’ arte l’ epilogo.
La Miloniana volgarizzata presenta un chiaro e nobile
esempio di questa parte della orazione.
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,«^QiQiii7j}cUDy Google
mi
DELLE REGOLE
DELL'
ARTE RETTORLCA.
PARTE TERZA
B 1»
ultima.
CAPO I.
« I
Della Elocuzione»
JLj eiocozìone , secondo quello^ die ci viene inse-
gnato da Cicerone) si compone tutta di quattro
cose , le quali sono i.° purità e proprietà della lin-
gua , che si vuol parlare. parole e sentenze at-
te a poter cliiaramente spiegar quello ) che s’inten-
de dire. 3.0 abbellire queste parole, e queste sen-
tenze di quelli ornamenti , che sono piu adatti al
fine del ragionamento ; 4**’ ^ discorso quelkl
convenienea , ovvero pieghevolezza , che alla digni«
tà delle cose, e delle persone si richiede.
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laa Delle Regole
Della Purità della Lingua Italiana.
La purità della lingua , oltre 1’ osservanza del-
le regole Gramatica , consiste spe/cialmente nel
fare buon uso delle parole , e forme di dire , che
sono proprio solo di quella lingua , che 1’ uom vuo-
le e intende scrivere , o parlare. Gli Italiani adun-
que , volendo e parlaré , e compon’e elegantemen-
te , oltreché debbono osservare le regole della Gra-
matica Italiana , c necessario ancora , che facciano
uso della loro lingua propria , la quale in buona
parte è la Toscana « come quella , che in grazia e
leggiadria di dire avanza di gran lunga i parlari di
tutte le altre provincie d'Italia. Ciò posto, la pri-
ma cosa, che debbono con ogni studio sfuggire gli
amatori della pura lingua italiana , si ò quella , di
non mai inserire ne’loro discorsi vocaboli , e frasi stra~
niere. I cosmopoliti , quei , cioè , a’ quali piace di
frammischiare ne’loro discorsi parole , e frasi di ogni
nazione , sono ben degni di ogni riprensióne. Le
parole una volta usate e poi col volger degli anni
dalla generale consuetudine dismesse^ pnr sono
da annoverare tra quelle , che non sono proprie
della lingua ; e quindi molte voci , che si leggo-
no nel Dante , e nel Boccaccio , benché usate da
questi venerandi padri dell’ Idioma Italiano ' , pm
sono da riputarsi contrarie alla purità del madesi-
.’ò’tjy' ( ’nOi^le
120
9
Dell’ Arte Bettoriea.
no , perché non più le adopera l'uso òomune. Ora-
zio nell' Arte Poetica :
, . - . . Come cadute
Le prime fo^ie al declinar delV anno
Si rinnovali le selve , in simil gùisa
Jnvecchian pur le antiche voci , e in altre
Nate pur ora il florido s' infonde
f^igor di gioventù. ... »
Alla purità della lingua si oppone ancora l’ in-
Tenzione , e l' uso di parole nuove. Eppure lo stes-
so Orazio par cbe accordi allo scrittore ampia facol-
tà di coniar nuove parole , perciocché die’ egli cosi:
. . . . Stampar parole ,
Sult impronta corrente , è sempre stato
Lecito , e lo sarà. . .
Questa permissione però , che sembra tanto
generale , si dee intendere cosi , che prima , che u»
autore si avventuri a valersi di nuove parole scri-
vendo , aspetti almeno , che sicno approvate daH'iiso,
che ne fanno le persone dotte parlando. Questa è
la spiegazione di questo luogo di Orazio proposta
dal Metastasio , la qual pare , che sia sovcrchù;men-
te indulgente : perciocché le parole nuove , allora
SI possono tenere in conto di parole proprie della
lingua , quando spno state messe in uso dai dotti
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1^4 Delle Begcie
itpecialmente néi loro componimenti. E delTvso éei
ciotti , .e non già di quello del popolo , si dee forst
intendere quel sovrano decreto di Orazio , che tuso
è t arbitro , il giudice , e la norma del par-
lare.
E qui pare , che si presenta a noi opportuna oc-
casiomc di dover dire una cosa , la quale forse darà
maggior luce a quello , che si h finora d'intorno alla
purità' della lingua insegnato. Ogni linguaggio si può
benissimo distinguere in due , in quello , cioè , del po-
polo, e in quello di cut si valgono i dotti e buoni scrit-
tori. Il primo ha solo la semplice e naturai purità
il secondo alla purità aggiunge grazia e bellezza. Di-
mostriamo questa cosa con gli esempj. Certo che re
ben detto. Questa cosa non si dee fare : ma non
si può negare, che sia più vago: Questa cosa non
vuol farsi , non istà bene farla. E la stessa diver-
sità di semplice purità , e di grazia e vaghezza si os-
serva tra questi altri modi di favellare : sono alcw-
ni, che credono-, son di quegli , che credono :
con condizion , che tu facci : così veramente che
tu facci : potrei nominar molti : potrei nominar
di molti : pronto a farlo : son presto di
farlo.
Ora pare , che s’ appartiene al brjono oratore
valersi di un linguaggio , che non solo sia sempli-
ce e puro , ma leggiadro ancora e bello ; e perciò
gli fa biso^o scegliere quelle parole, e forme di
dite , che sono più uobib , e le migbori , e shiggi-
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DelV Arte Bettorica. laS
-le le «]bjeUc, e le vili. Ma cKi spieglierà all’wat»*
Te , in che consista questa nobiltà , e Lassezx% del-
le parole , e chi gli mostrerà la ragione dell’.nna ,
« dell' altra onde poi gli riesca felicemente di fare
la proposta scelta delle parole ? La cosa veramen-
te è difficile : laiche alcuni fìlosoli arditamente han-
no insegnalo , che tulle le voci sono di uno stesso
modo , e che non si dee dire l' una più nobile rid-
i’ altra. Pur ci si aprila facile la via a potere uscire
da questa difficoltà , se ci faremo a considerare ,
che tra le tante cose , che l’ uomo conosce , n’ ha
alcune , eh’ conosce per argomentazione , dedu-
cendole da’principii loro, come sono le proposizio-
ni de’ matematici; ed altre, che l’ uom conosce»
non per argomentazione , ma per un certo .senso
intcriore , che le cose stesse eccitano nell’ animo ,
senza che egli ne sappia il perchè. Facciamo ciò
chiaro con un esempio. Spesso nelle comuni com-
pagnie si suol da taluno dire; vedete , come queir-
la persona è graziosa , come avvenente. Se mai
si domanda , a chi parla così : dite pure , in che
consiste questa grazia , questa avvenenza : cer-
to che non sa dirlo , nè sa trovare l’ argomento di
ciò , che con tanta franchezza ha pure asserito. Per
la qual cosa altro non resta a dire , se non che le
maniere della persona imprimono nell’ animo quel
sentimento , che si chiama grazia ed avvenenza.
Or di questo genere è la nobiltà e bassezza delle
parole : si sente per quel sentimento interiore , eh’ cs-
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^ Ideile Regole
« eccitano nell’animo; nel cL n«.' i.-
prestare al giudizio de più. QueL*l
P®‘ parte è dono della 1,,.. ^ "*‘e«on
« si accresce con la lettum 2-’
e con l’uso Huentetromtr?
parole , e forme^ dfdle. Ciò non" ^eU*
ohe quello debba «vere tutte le t" «osi,
possa ma. dir cosa natuialmenteT
«e SI direbbe senza studr pVrchr* ’ co-
aflèttazione . 1« qn^le è viziò è ^
ogni cosa ; si vuole rl.P r ’ ® ^ ^^leno di
oon Ta TtLm ‘^de’l T”*" ’ ^rc^e’ Chi
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DeW Arte Rettùrica. 127
» j _ «
C A P O IT.
Della Chiarezza.
Cicerone insegna , che la chiarezza, siccome
tra le bel le qualità del discorso è la più necessaria^
COSI non merita molta lode al dicitore ; perciocché
non altro per quella si ottiene , se non che disco-
prire agli altri ciò , che pur si vuole che dagli al-
tri si sappia.
Acciocché p oi quella abbia luogo , siccome ra-
gion vuole , nel discorso , fa duopo osservare pia
cose. i.° Chiara conoscenza convien , che si abbia
di quello , di cui pur chiara conoscenza si vuole ,
che altri acquisti , per mezzo del discorso. Ninno
mai può dare ad altri ciò , eh’ egli non ha. a.® II
discorso si dee comporre di tali parole , e forme di
dire, le quali possano spiegar quello , che s’intèn-
de agli altri manifestare. £ perciò , oltre le parole
straniere, di fresco coniate , messe in obblio dall’uso,
si debbono sfuggire le ambigue quelle cioè alle qua-
li si possono dare più significati, salvo se si voglia
«OH quelle formare uu grazioso concetto. 3.® Le idee
si debbono esprimere con tante parole , quante
sono bastanti a porle in chiaro. Chi dice più ,
o meno di quello , che si richiede al bisogno ,
tormenta 1’ uditore ; perchè o il carica di tal peso ,
che lo stanca , e 1’ opprime , o pure il costringe a
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Ta8 Delle Regole
far r indovino. 4- Finalmente le cose , e le parole
sian messe e disposte in quell' ordine , che meglio
lor si conviene. Non vi ha cosa , che tanto si op-
pone alla chiarezza , quanto il disordine , e la con-
fusione. L’ ordine si compone di principio , mezzo
e fine. Si dica dunque in primo luogo ciò che sta
ben detto in primo luogo , nel mezzo ciò che va
ben allogato nel mezzo , nel fine quello , che pre-
cisamente al fine si appartiene. Se le cose non so-
no cosi ordinate , non è possibile , che qualunque
sforzo del dicitore le trasmetta alla cognizione del-
r uditore.
t>eW Arte Reiterici.
CAPO III.
Degli OrnamenU delle par dei
Aristotele insegna , die l’ elocuzibne , composta
sólo di parole proprie , e comuni , siccome Sarà sem-
.pre chiarissima , cosi cadrà senza meno nella dltà
e bassezza , se non è de’ convenienti ornamenti ab-
bellita. Bisogna duiM]uc sapere , quali siano questi
ornamenti , e come si debbano m ettere in uso. Si
abbelliscono le parole o col cambiare il lor signifi-
cato proprio e naturale , trasferendolo ad un altro,
che ha con quello una certa relazione , o col dar
loro una particolare collocazione ; e dì qui bascono i
traslati di parole , e le figure di parole.
Della Metafora.
Tra i traslati di parole, detti tixtpi da’GrUci a , Ca-
gione si dà il primo luògo alla motaforà , come quell*
ch'è di frequentissimo uso , e che dà fiato c sjiirito c
movimento al discorso. Questa consiste nel trasferir*
il significato proprio e naturale della parola ad un’al-
tro significato , che La con quello simiglianta , o
almeno analogia , la quale è una simigiianza
larga ed imperfetta , come si tedrà dagli esempj
che propoiTemo. Omero chiama le parole Jlale ^ ,
a cagion della simigiianza , eh’ è tra la vdocità del
»?
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iSo Delle Regale ■
Volo degli uccelli , e la rapidità con cui le parole
pronunziale una volta si spargono tra gli uomini.
Cosi se alcuno dicesse ; Re tocca essere il noc-
chiero del regno. In questo esempio si pai'agona
il nocchiero al Re , la nave al regno. Ognun vede,
che tra questi oggetti non v' ha stretta simiglianza ;
y' ha però una certa analogia ; perchè ciocché fa il
nocchiero sulla nave , questo stesso fa il Re nel
regno. ^
, fion v' ha cosa , da cui non si possa cavar la
ipetafora , purché non manchi la simiglianza. £d
acciocché si vegga ciò partitamente da' priucipiadti ,
la metafora si trae da cosa animata a cosa animata.
j^ante Can. VI. del Paradiso.
Bruto con C(^ssio nelt Jnjemo latra,
Petrarca.
V olo con t ali de' pensieri al cielo.
Da cosa inanimata , a cosa inanimata
Petrarca.
Xoman d argento i mscelletti e i fiumi
Da cosa inanimata a cosa aqimata.
P^rarca.
B duo folgori seco di batta^ia
Jl maggior, e il minor Scipio Africano.
Le metafore però più vaghe e più belle sono
quelle , che fanno vive e, spiranti e quasi capaci di
passioni , q d’ intendimento la cose inanimate. Di
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I
V
DeTP Arte Rettorica. i 3 i
4{aes{C! fanno nso gli oratori , ma motto piti i poé^
ti , nelle cui mani , come dice Aristotile , ogni co^
ha moto e ^Ha. Virgilio
. . . Con meno orgoglio
Gita F Eufrate. Ambe le cotnd fiacche
Portava il Reno. Disdegnoso il ponte
Sul dorso ii scotea t Amfienio Afaxe.
La itietafora h come l' imagine e il ritratto di
quell' oggetto , che non polendosi esprimere , con
vivezza e nobiltà, col vocabolo proprio e natu-
rale , si è cercato di far ciò per mezzo del tra-
slato. Da ciò nascono molte regole , le quali si
debbono diligentemente osservare dallo scrittore ,
acciò feccia buon uso della Metafora. i.° Il si-
gnificato del traslato dee essere chiaro e conosciu-
fo; altrimenti in vece di produrre cliiare:2za- e splen-
dore , produce oscurità e Confusione. Tal sarebbe
il traslato usato in questo modo di dire. Costui
scorre tutto il zodiaco degli onori, a.® 11 traslato
dee esser tale , che noli ci presenti l’oggetto princi-
pale nè tanto grande , nè tanto piccolo , che di
molto oltrepassi i confini del vero , o' del verisi-
mile. Così un nostro poeta’.
A bronzi tuoi serve di pdlla il mondo.
j I. i
3." Senza la simiglianza il traslato è vizioso ;
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i3» Delle Regole
e perciò i critici hanno notato Orazio , che per
esprimere Ir canutezza si è valuto di questo modo
di (1 re : le vevi del capo. Per la stessa ragione
molto male cantò quel poeta , che scrisse del sole.
Clte colla scure taglia il collo alf ombre.
E chi m^i poi ha tanta pazienza da comporta-
re quel poeta , che parlando della Maddalena , che
lavò coile lacrime , e coi capelli . asciugò i piedi
del Salvatore , cliiuse cosi un suo sonetto ?
Se il crina è un Tago, e son due soli i lumij
Non vide mai maggior prodigio il Cielo ,
Bagnar co' soli , e rasciugar co' fiumi.
I
Con quella metafora , con cui si è co-
minciato , con quella stessa si dee finire. Perciò
non vien lodato da' critici il Petrarca , il quale così
dà principio alla sua quarta canzone.
Sì è debile il filo , a cui s' attiene . .
ha gravosa mia vita :
Che s' altri non V aita ,
Ella fia tosto di suo corso a ripa.
I)Ì€e il Muratori , che la vita attaccatii ad un
filo debile y che in breve è per giungere a riva di
VeTV Arie Kettorica. 1 35
suo corso , per verità son due tra slazioiù poco be-
ne ordinate , e mal cucite.
6.° Le traslazioni non si debbono cavare da
oggetti plebei , spiacevoli , e ridicoli , o che conten-
gano sordidezza , e bassezza , salvo se si trattasse
di materia burlesca , c non si volesse destare il ri-
so , perchè ciò allora non sarebbe vizio , ma sareb-
be virtù. La metafora è nata a rendere più vaghi ,
più nobili , più gentili , e più giocondi gli oggetti ^
a rappresentare i quali quella è adoperata. ,
Le metafore sono il jmù bello ornamento del
discorso; ma pur conviene, che l'oratore le usi di-
scretamente , e le sparga nel suo discorso per mo-
do , che pajano ricercate dalla materia stessa , •
non già aifas teliate, a fine di far pompa d una va-
na sottigliezza d' ingegno , e di una mal intesa va-
ghezza di dire.
DeW Allegorìa.
La voce stessa dinota , che per questo traslato
una cosa si dice , ed altra cosa si vuole intendere.
L' allegoria poi si distingue dalla metafora in questo,
che la metafora consiste in una o due , in somma
in poche parole, l’ allegorìa poi si compone di una
serie di parole traslate. Ciò s’ intende meglio col-
r esempio. Carlo Maria Maggi ci descrive i pericoli
e disastri della vita umana sotto l’ imagine del ma-
re , e di ciò , che al mare si appartiene.
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iJ4 Delle Regole ^
• *? >
HoUo dall' onde umane , igrtudct e laefó ,
Sovra 11 lacero legno aljln m' ossidò ,
~\ £ ad ogn' <dtro nocehier da lungi gridò ,
' ■ Che in tal mare ogni parte è mortai passo j
€ihe ogni dì s' incontra infame un sasso ,
- ' Per cui di mille stragi è sparso ii lida ,
Che nelt ira è crtidel , nei riso è infido ;
Tetnpeste ha folto, e pien di secche è il basso.
Io , che troppo il provai, perchè f orgagUo
Per tante prede ancor non crvstfa alt empio,
A ehi dietro mi vien, mostro lo seogtto.
Pen s' impara pietà dal proprio scempio.
Perchè altri non si perda, alto mt doglio.
‘ A chi non ode il ditol , parli f esempio.
L' allegorìa , siccome abbiam dettò' , ' h còtiiffiò-
sta di parole tutte metaforiche , tra le quali però si
può frammischiare quailche voce propria , 'come si
osserva nel primo verso del proposto sonetto , onde
umane. L’ oratore , se vuole , che 1’ allegoria sia
di ornamento al discorso, faccia in modo , che quel-
la rìesca fadle e chiara , e che finisca con 'quelli
stessi traslati , con cui ha cominciato' , tenendosi lon^
tano dal costume di colmv» , che avendo cominciato
coHa bnrrasca , vanno poi a terminare coll'incendio , o
colla mina. ^
«j by Google
Dell’ Arte ReUerìca.
»35
DeU’ Iperbole.
, 9
Quest' è un traslato , il quale , oltrepassando
il vero, fa concepire la grandezza di un’idea, che
dalle semplici comuni espressioni non può esser be-
ne spiegata. Virgilio volendo esaltare gli scultori , e
dipintori Greci « si vele di questa belU Iperbole.
A metfUU spiranti altri, noi niego ,
iSaf/ran meglio dar forma’, e vivi i volti,
Eecit^ran dui marmi. ...
i
Il Z^pi , al considerare la famosa statua del
Mosè di nlichelangelo , .si lascia rapire in tanta am-
mirazione , cbe dice cos'i.
. . 'E vive e pronte
Le labbra ha sì , che le parole ascolto.
Veramente questo traslato è proprio di cbi 4
sente posseduto da un eccessivo trasporto di^passio^
qe , qual 4 dee supporre nell’ animo del citatp
poeta. Pur conviene , chiudere tra certi confini U
libertà dell' Iperbole. Può , ben dire alcuno , i cui
afietti sono io gran bisbìglio : ho tutto t inferivo
nel seno : ma chi il offrirebbe , se poi soggiun-
gesse? Queste mie voci, che udite, sono le gfb-
4a de' tormentati , sono di , Cerbero i latrati. Co-
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1 36 Delle Regole
^ se all’Iperbole del Zappi volesse alcuno agg!uti«
gere , eh bene 1 ascoltiamolo attenti , de' suoi det-'
tì. faccìam tesoro ; chi mai saprebbe allora tratte-
ner le risa ?
nella Metonimia.
■ !
Si di luogo alla Metonimia nel discorso , allor-
quando si cambiano i nomi di quelle cose , delle
quali r una è all’ altra per un • naturai legame con-
giunta ; e perchè le rt)se possano esser tra loro in
più maniere unite, varj ancofa sono i modi di poter
formare la metonimia. Noi volendo esser brevi li
riduciamo a quattro. ^
1 .“ Vi ha relazione tra la causa , e 1’ effetto
e quindi si può adoperare il nome della causa in
Vece del nome dell’ effetto , il nome dell’ autore in
vece deir opera da lui scritta , il nome di quella
Deità , che credessi aver inventato , o prodotta una
cosa , in luogo del nome della cosa stessa. Cosi
lutti didamo. Ho letto il Casa , il Tasso , cioè ,
le opere del Casa., del Tasso. Riguardo poi al-
r U.SO del nome della Deità in vece del nome della
cosa da quella Deità inventata o protetta si è da
osservare diligentemente , che quella libertà che dal-
la consuetudine fu concessa a’ Latini , viert oggi dal-
la medesima consuetudine negata agli Italiani. Per*
docchè i Latini se non i prosatori , almeno i poe-
ti ) con somma ■ lihortà si valsero dei * nomi delle
Dell’Arte Rettorica^
loro deità per esprimere quelle cose , che si credea^
00 da quelle inventate , o dalla lor protezione dife-
_ se ; e quindi leggiamo presso i poeti latini adope-
rato Marte a significare la guerra , Cerere le bitule,
Bacco il vino. 'Anzi non mancano delle ardimento*
se espressioni nate da quest’ uso , quali per esempio
j sono queste ; Costui apprestò molta cerere , e co-
lui si bevve molto bacco. La consuetudine vuole
che gl’ Italiani si guaidino dall’ usare queste forme
, „di dire ^ contentandosi di adoperare solo i nomi di
quei dii pur dinotare semplicemente le cose , che a
^ quelli si appartenevano » e ciò con prudenza e giu-
^ ^cio. 11 Petrarca.
!
. . . Ed ha fatti suoi Del
Non Giove e Palla, ma F'enere e Bacco ^
Per la stessa ragione si adopera il possessore per la
cosa posseduta , il capitane pel suo esercito. Virgilio.
0*4
E già il palagio
, Era di j^ifpbo arso e discuo i
E il suo ,vicin Ucaleeon àrdea».
• ; I 1 ■ . p
; Petrarca
* . .i--
I • (• • * Colui ^
‘ ' . d^f.Annibfdle a f^i(a biffine.
a. L’effeittò si, usa in luogo tóla causa. Coà
diciamo bianco crine , uom canuto , per ^notare la
«8
Digitized by Google
' i38 Delle Regole
veccbiaja , 1’ «om vecchio. I poeti danno alle cose
certi aggiunti , i quali esprimono gli effetti , che
da quelle si derivano. La bianca paura , la pal-
lida morte , il cieco errore. Segneri : Ovunque ,
volgiate il guardo voi scorgerete imperversare la
crudeltà ( gli uomini crudeli ) signoreggiare U
furore ( gli uomini furiosi ) regnar la morte ( gli
uomini omicidi ).
5.® Dante allorché scrisse , Cristo ne liberò
colla sua vena, si valse del continente invece del
contenuto.
4.“ Il segno per la cosa significata. L'ulivo
per la pace, la palma per la vittoria, il cipresso
per la morte , X Aquile Romane per gli eserciti Ro-
mani. Tasso.
l
Gir fra' nemici ; ivi o cipresso , o palma
Acquistar per la fede. . .
Della Sineddoche.
Si pone ili uso questo traslato in più manie-
, re. 1 .® Il tutto per la parte. Petrarca chiama fred-
d anno il verno, di' è parte dell’anno, a." La
parte pel tutto, dicesi F/o«a c?t molte vele invece
di molte navi. 5.® La matèria per significare la
cosa da quella formata, lì ferro per la spada. 4.*U
'genere per la specie. Petrarca.
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DelV Arte ReUorica. i3g
V f
E fui t augel che piti per f aer poggia
lia specie pel genere. Tasso.
» E le mamme allallar di Tigre Ircana :
5.” 11 numero del più pel meno , il meno pel
più. Segneri. I Constanlini , i Giustiniani^ i Teo-
dosj , che sono stati tra' Cristiani i Licurghi del
popolo Laico. •
Petrarca.
, Ma se il Latino , e il Greco
Parlan di me dopo la morte , è un vinto.
Della Ironia.
^ L\ ironia è un traslato, con cui si vuol dinota-
re una cosa perfettamente diversa da quella , die
vien significata dalle parole. Che al discorlo poi ,
alle espressioni si debba dar questo significato , ciò
si dee dedurre dalla persona , o dalla cosa , di cui
si parla , o dal modo , come son profferite le paro-*
le dal dicitore. Chi non ravvisa l' ironia in questo
discorso di Cicerone , ov’ egli prende a ragionar in
tal modo della morte di Clodio ? Ma pazzia è la
nostra , che abbiamo ardire di far paragone di
Druso , di Africano , di Pompeo , di noi mede-
simi a Pubblio Clodio. Tolerabili furono quest
accidenti : non è già tolerabile la morte di Pub-
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1 4® Delle Règole
ilio Clodio : malamente ognuno la sopporta ;
piange il senato \ sta mesto V ordine de' cavalie-
ri ; giace in dolore , e struggesi tutta la città'\
attristansi i municipi , affliggonsi le colonie e
' finalmente le campagne stesse bramano la vita
di così benefico, così salutevole, così mansueto
cittadino.
Delle Figure di parole.
Le parole collocate e disposte in una certa par>
ticolar maniera nel discorso , e l’ uso di certi voca-
boli producono quelli ornamenti , che diconsi fini-
re di parole ; e perchè questa particolar collocazio-
ne , e r uso di queste voci può fiirsi in più modi ,
quindi molte sono le specie degli abbigliamenti di
questo genere, le quali’ ben si possano riduite a
quattro^ potendo quelle nascere o dal togliere j o’’
dall’ aggiungere , o dal ripetere le parole , o
finente da una certa lor consonanza di suono e di'^
armonia.
DelV Asindeto , e del PoUsindeto '.
Queste due figure , espresse già‘ con vocaboli ^
greci , che voglion dire Sciolto , e Congiunto , so-
no r una all' altra opposta'. Là prima toglie al di-
scorso quelle congiunzioni , che pur gli sarébbonot
necessarie , a fin di renderlo rapido' e vibrato , li
/ '
f
\
^ »
Dell* Arte Rettorica. i4* ?
seMhda -poi le- moltiplica più di quello , che al ti-
sogwo ii richiede , aflìnchè, facendosi cosi più tardo
il pariate \ le cose ipajano più grandi, che non so-
nò', e restino più vivamente impresse negli animi ,
dògli uditori. fSegneri nella Predica XVIII. del Re ,
Davidde ragiona cosi. Dunque ad un Guerrier , j
qual egli era , cresciuto già , fin da fanciullet-
to , tra V armi , si appartenea far prediche a
peccatori? Anzi parca, che principale sua cari-
ca' dovesse 'essere schierar eserciti , assediare , as-
saltare , recar battaglie, non is piegar catechis-
mi. Poco innanzi lo stesso Segneri , esortando gUi
uditori alla correzion del prossimo , dice cosi. Afen- ,
tre il vostro prossimo pecca, credete a me, voi <tve-‘j^
te t'incendio nel vicinato. Però correte , affanna\
tevi, affaticatevi. Lo stesso sacro > oratore ci presenta \
uft'vago Polisindeto nella Prèdica X. ov’ egli ha pre-
so a descrivere il viaggio , che 1’ anima del giusto , ,
partendo dallftì terra-,' fa verso il Paradiso. Vedre-
te , còni ivi vengono a generarsi Att principi tut-
ti diversi , e V Iridi , le quali pingon le nuvole ,
e- le ragade, le quali allattano ifiori,ele ptog-
gie , lè quedi allagano i campi , e le nevi , le.
quali imbiancano'i gioghi, e legrandini , le- quo-
ti saccheggiano i seminati.
* » * * ' ^ • !
‘ ■ ' SleUlf'’J^ignre ^.ripetizione:.:
;<> t-,
IH* quéste figure si suol far .uso. in ogni gme-
DlgliiZ r:* hy GoOglC
1 4 ^ Delle Regole
re di discorso; se ne valgono però molte piò gli ■
omtori ; perciocché 'sono atte ad esprimere l’ impeto
e la vivezza delle passioni , e ad inculcare agli ud^
lori quelle verità , die si son presi a dimostrare #
nella orazione. Hanno esse varj nomi y porche ve
ne sono di varie maniere.
Della Anafora.
• ’ K
Questa figura consiste nel ripetere la stessa
parola nel medesimo significato ne' principi delle
sentenze : lo stile per quella si fa veemente e gra'^
ve. Ségneri nella Predica poc' anzi citata , volendo
dimostrare , che in Cielo tutto è concordia , c«ni-
spondenza , e pace y il fa felicemente , valendosi del- •
la Anafora. Pace dell' uomo con Dio , pace de-
gli inferiori co' superiori , pace del corpo , col-
t animo, pace delF appetito con. la rogione. Che
se poi si ripete la stessa voce nella fine delle sen-
tenze , questa figura chiamasi Epistrofe , o sia Con-
versione. Cornelio Frangipane nella sua volgaiiz-
zazione della Orazione a favor di Ligario dice coà.
Voi dunque andavate in una provincia , la sjua-
le era direttamente opposta a Cesare, dov' era
un Re molto possente nemico di Cesare, e do-
V era un esercito grande e valoroso contro
di Cesare. Talvolta si uniscono queste figure , ri-
petendosi la stessa voce sul prindpio , ed tm' altra
parola sulla fine delle sentenze; U qual figura chia-
. Google
Dell‘ Arie Eettorica. i43
mano Simploct ,o sia Complessione, kWìt’cio Lol-
lio in lode dell’Eloquenza. Chi spinse gli. Aleniesi
« sottoporsi alF impero di Pisistrato , se non la
faconditf. ? Chi fece nuscire Temistocle superh -
re al giusto Aristide , se non la facondia ? Chi
salvò la vita al medesimo condotto al cospetto
del re di Persia , se non la fotza della facon-
dia? Chi fece confermare capitano alla gravis-
sima espedizion della Spagna Publio Scipione
Africano,, non la facondia? Chi fece cader
le armi di mano agli an abbiati nemici di M. An-
tonio , se non la facondia ?
Dell’ Epizeusi. ^
Se si ripete la stessa parola di seguito , si ha
V epizeusi , che vuol dire Congiungimento. Segnevì.
Presto , presto , vatvhiamo questi altri cieli ,
piuttosto a volo , che a corso. Alberto LoUio.
Datevi , datevi con tutto il cuore e con tutto V ani-
mo ; con tutto t animo datevi , dico , ai bellissi-
mi studii da me proposti.
t. *
Dell’ Anadiplosi, o sia CondifjìUcazìone.
Questa figura ripete le stessa voce sulla fine
della sentenza precedente, e sul principio della se-
guente , la quale aggiunge maggior forza^ e spirito
al discorso , se trovasi accoppiata colla correzione.
i44 Delle Regole .
Cicerone. Il senato sa queste eose^ il consolo
le vede , e costui pur vive. Vive 1 Oftzi, sen
ne in senato. . ^
Della Sinonimia,-
Questa consiste nell’ adunare o più parole ^ o
più sentenze , che hanno la stessa significazionoi; e
quindi Tale molte ad espiimere la grandezza , ov-
vero la bassezza delle cose : ciocché fa molto me-
glio , conginngendosi con 1 ’ esclamazione. Segnerì.
O che gioja ! o che giubilo !■ o che trionfo !. Il
Tasso c. Xll. st. 75.
Io vivo? io spiro ancora? e gfi odiosi
Rai miro ancor di quest' itftuisto die ?
Della Gradarione.
Per questa figura si ripete .una parola della
prima sentenza nella seconda , con tal «dine e . di-
sposizione, che si viene gradatamente a chiudere il
discorso. Eccone un bell' esempio tolto dal Tas-
so Can.* IX. . . „ .
Non cade il ferro mais che appiennon colga',
Non co^ieappien,<^ piaga anche non faccia-.
Non piaga fa, che I alma altf'ià non tolga.
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ì)elV Arte Retìorica, 145
Tal volta questa gradarione pur si ha-, senza
ìt ripetizione di alcuna parola , ado|>erandosi tali con-
cetti , che r uno cresca sopra deli’ altro. Segneri.
Pred. XXXVII. La mone è forse già comincia-
ta a calar dalla montagna , già forse arriva *
già mota il ferro , già vibra il colpo , già vi
toglie la vita ; e volete voi cader d animo per
sì poco ?
Delle Figure che nascono dalla conso-^
nanza di suono.
Queste figure non sono di molta importanza ;
anzi se non vengono da se , ma sono dallo studio’
uitrodotte nel discorso , dispiacciono assai , e recan
Boja agli uditori. JN'oi ne diremo poche parole. La
paronomasia consiste o nel ripetere la stessa, voce
ma in diverso significato » o pur le stesse voci , co»
gualche cambiamento. Tasso.
.... Ràpido diseìra
La porta , e porta inaspettata morti.
Ber ni. j
Dugento miglia son fuggito e figgo
E Juggirò , che di fug^r mi struggo^
Dicono pari-consonante quella figura, per cui
le parole, sian nomi » sian verbi, hanno una certa
somiglianza di suono, così che pare che introduco-
o
' * i'46 Delle Regole
ho la rima nel discorso. Alberto Lollio nell’orao
«One in favore di M.- Oratio. Qual cosa si può
pensare ^ non cììé eRi'e pili brutta e piu biasime-
vole, che (Utrìstaf'e chi ci ha rallegrato , vitupe-
rare i chi ci ha esaltato , ajfliggeie chi ci ha li-
berato, dar la moiHe a chi ci ha dato la vita?
Delle Figure di sentenza.
Le ligure di parole , di cui si h trattato sino-
ra , se mai si cambia o la collocazione delle voci ,
• le voci stesse, non lasciano orma di senei discor-
so. Le figure di sentenza per l’ opposto , qual che
ne sia la forma di esprimerle , ritengono sempre
invariabile la loro esistenza : ciocche ognun couo-
scarà dagli escmpj , che ne proporremo. Lunga se-
rie di queste ligure leggcsi esjiosta in più trattati di
ileUorìca : piace a noi , ragionar solo di quelle >
che sono le principali , e che lahno il discorso non
solo bello ed ornato , ma vibrato ancora e veemente.
Della Prosopopeja.
Questa figura ha la forza o di chiamare i
■sorti dalie tombe , e restituir loro vita e favella , o
dà senso , vita e movimento alle cose inanimate. Si
«dunque una persona , che non è , che parli
pur tuttavia e ragioni. Angelo di Costanzo chiude
un. stio sonetto con ana prosopopeja quanto breve ,
1
i
DeW Arte Ret(o"ica. 147
altrettanto bella e graziosa , intro incendo a parla-
.re la famosa cetra di Virgilio. Ecco i due Ter-
narj. '
’ • V * . . *
Dai suo Pastore in una quercia ombrosa
Sacrata pende , e se la muove il vento ,
Par che dica superba e Sdegnosa.
Non Jia chi di toccarmi abbia ardimento'.
Che se non spero aver man sì famosa ,
Del gran Titiro mio sol nU contento.
Non è difficile trovarne frequenti esempi pres-
so ì grandi e buoni oratori. Contuttociò vogliam
noi proporne uno tolto dal Segneri , il quale ben-
ché lungo , pur ci piace quasi tutto esporlo ,
perchè contiene le pià belle massime della morale
Evangebca. 11 sacro Oratore della Cristiana Rel^io-
ne fru-ma una persona , ed in tai detti la fa ragio-
nare.
Guerra , Guerra ; quest' è quel , che io veii-
go a recare fra' popoli. Chi mi vuol per amicai
non mi ragioni di morbidezze i e di agi., di ozio,
e di riposo ; perchè io protestami apertamente,
che questo non è il 'mio finei . . . . .\ Date
volontoiio rifiuto ad ogni diletto , il quale abbia
del sensuale', e se ribelle vi ricalcitri- il senso,
ascoltate me. Sottraetegli jgli.agi con la volon-
taria mendicità ', diminuitegli il cibo con le fre-
quenti astinenze-. intenompHe^i il sonno con le
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1 48 Delle Regole
importune vigilie ; e se non basta , rintuzzateci
ancora con le sanguigne Jlagellazioni l ardire.
Evvi spaventosa boscaglia in Egitto? Correte
lieti, per mio consiglio, ad ascondervi in que-
gli orrori. Alloia mi sarete più cari, quando ve-
drovvi avere per casa o gli scosci ■> o le sepol-
ture. Là vi offerisco per compagnia fiere orri-
bili , per cibo radiche amare , per bevanda acque
insipide , per vesti setole acute , e per letto rot-
tami tormentosissimi. E perchè io so , che non
ostante la vostra nota innocenza , avrete molti
avversurj , che vi vorranno ostinatamente rimuo-
vere dal mio culto , guardate bene , eh' io non vo-
glio essere abbandonata da voi, nè per prieghi,
nè per terrori , nè per amore. Quando alcuno vi
tratti di ribellione alla f&de , da voi giuratami ,
voi per risposta off et ite subito pronti le carni
cC grajfi , i nervi alle torture , f ossa alle seghe',
i denti alle tanaCi^ > occìd alle lesine , e il
collo stesso alla scure. Vi mostreranno da un
lato fornaci ardenti , e voi accettate d entrarvi.
Vi additeranno dall' altro stagni gelati , e voi
consentirete di seppellirvici : nè mai vi sieno o
precipizi sì ^ cupi , o Jicte così fameliche , o ruo-
le.jsì tormentose , o saette acute , o graticole
sì roventi , per cui timore voi rìtf atliatc pur uno
jdi quegli articoli , eh' in v' insegno.
■ • ♦
« » . * •
_li«Ki_;j.y-CcK)gle'
»49
^ •
•! DelV Arte Rettorie a.
Della Aposiopesi , o sia reticenza.^
Questa figura , molto acconcia ad esprime-
re r impeto della passione , consiste nel tacere
o una , o più parole , che pur sarehbono necessa-
rie a dinotare 1' intera sentenza. Nettutio presso
Virgilio.
. . . . Ewo a se chiama, e Zefiro,
E in tal guisa acremente li rampogna.
Tanta ancor tracotanza in voi s' alletta ,
Razza perversa ? Voi , voi senza me ,
Nel regno mio, la terra, il del confondere'
E far nel mare un sì gran moto osare?
Jo vi farò. . . Ma di mestiero è prima
Abbonazzar quell' onde : altra fiata
In altra guisa , il fio mi pagherete
Del fallir vostro. . . .
Della Sermocinazione.
Introdncesi questa figura nel discorso, allorquan-
do 1 oratore fa parlare nella sua arringa una perso-
na, che ha tutta la relazione con lo scopo di quel-
la , e le fa dire parole e cose convenienti alle cir-
costanze di sua fortuna. Cièt^rone nella orazione a
favor di Milone mette in bocca a costui questo di-
scorso. Mi è caro j mi è caro il benq deh miei
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1 5o Delle Regole
ciitadini : piacemi , che sieno salvi, che sia pro-
spero , che sia felice lo stato loro. Faccia Iddio,
che si conservi questa onorata città , ed a me ca-
rissima patria , o bene , o male ch'ella mi sia per
trattare-, godano i miei cittadini con tranquil-
lità , e con pace la Repubblica : essi senza di
Ine , poiché a me insieme con loro non lece , go-
dano il frutto della mia lodevole opera. Io ce-
derò , ed altrove me n' anderò. Se sia buona la
repubblica , nU sia caro di goderla ; ma se sia
cattiva , I esserne privo non mi dovrà , ed alla
prima città , che io ritrover-ò ben costumata , e
libera, ivi mi fermerò. O mie fatiche indarno
durate I O speranze fidiaci , o vani miei pensie-
ri \ Doveva io, avendo nelP anno , che fui Tri-
buno della plebe , presa la difesa della repub-
blica , che a misero stato era ridotta-, del se-
nato , eh' era senza vigore ; de' cavalieri Ro-
mani , le cui forze er-ano deboli e stanche ;
de' buoni cittadini da me difesi ', doveva , di-
co , io credere , che dovessero in alcun tempo
abbandonarmi ? Doveva io ( dice a me , col
quale molte volte parla ì) avendoli restituito al-
ia patria , pensare , che a me nella patria non
dovesse esser luogo ? Ove è ora il senato , per
cui tanto operammo ? Ove sono , dice , quei
tanto tuoi cavalieri 'Romani ? Ove è il favore
de' rrmnicipf ', ove le voci dell' Italia ? Ove è ji-
n aluennie ^ o ìiarco Tullio , la tua voce « e la
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DeW Arte Rettorica. i5i
tua difesa , onde molti hanno avuto la salu-
te? Come possibile che a me , il quale tan-
te volte per te mi sono esposto alla morte ,
a me solo la tua voce, e la tua lingua non
giovi ?
Oicesi ancora sermocinazione quel discorso ,
ove r oratore riferisce ciocché han ragionato o imo
0 più. Boccaccio Nov. 17. O , disse Calandrino ,
cotesto è buon paese. Ma dimmi , che si fa de' cap-
poni , che cuocono coloro ? Rispose Maso ; man-
giaseli i Baschi tttUi. Disse allora Calandrmo'.
fostevi tu mai? A cui Maso : di ^tu, se io vi fui
mai? si vi sono stato così una volta come mil-
le. Disse allora Calandrino : e quante miglia
ha ? Maso rispose : haccene più di millanta^
che tutta notte canta.
Che se poi 1’ oratore e fa egli le domande , e
alle domande egli stesso soggimigne le risposte , o
pur tien egli^con altra persona ragionamento, questa
forma di parlare chiamasi Dialogismo.
DelV Apostrofe.
Si dà luogo all’ apostrofe , allorquando l' orato-
re volge il suo discorso a persone , che non sono
quelle, a cui già diriggevasi il suo favellare, oppu-
re a cc»e inanimate. Segneri nella Predica XXXVII.
dopo aver descritto il miserevdie stato di Sansone,
caduto già disgraziata mante in potere de'Fdistei,
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Per mezzo di questa figura si Ya paragone tra
le cose , che sono tra loro contrarie , ponendosi per
ir cosi runa a rimpelfo dell'altra. Un tale aspet-
i5a Delle Regoli ' ’
avviva poi maravigliosamente il suo discorso con
una apostrofe. O Sansone ^ Sansone ^ e dov' è om
quella virtù , che rendevati s\ temuto ? quella
virtù , dico , con cui ti spezzavi d intorno i
lucci di nervo , quasi fossero stoppe mostrate al
fuoco , e ti recavi in collo le porte delle città ,
quasi fossero bronzi dipinti in tela? Non sei tu
quegli, che sfdavvi a lottar teco i leoni, e che
con le, nude mani afferratili , gli strozzavi , gli
soffopflvi, e ne lasciavi i cadaveri in preda al*
le api? Non sei tu , che fugavi gl interi popoli?
Non sei tu , che spiantavi gl interi campi ? E
come dunque i cagnolini si fanno or beffe di te
co' suoi latrati , e a te non dà neppur /’ animo
di acchetarli ? Claudio Toloraei nell’ orazione in
'difesa di Leone Secretano si vale di quest' apostrofe
diretta a cose inanimate. O misere ed infelici
fatiche , quest' è dunque il frutto , che , dopo
tanti affanni , a voi partorite? O amore vanamen-
te portato alla virtù , quest' è il premio , che tu
doni a' seguaci tuoi ? O male avventurate spe-
ranze , adunque , in luogo di contento 0 d ono*
, porgete altrui infamia ed esilio ?
|ig DeW Antìtesi.
DeW Arte Rettorica. \ 53
to di cose, giova mullìssimo a palesare ed ingran-
dire il vero. Scgiieri nella Predica X. non potea
trovar modo migliore , die quello di far uso della
antitesi , a darci quella più chiara idea , che mai
si può avere , dell' infinita grandezza e maestà di
Dio. Ragiona egli dunque così, p^oi quello vedre~
te che a tutti dà /' esÉere , e da nessuno il rice-
ve ; a tutti dà la vita , e da niuno la piglia ; a
tutti dà le forze , e da niuno le riconosce. Quella
che nel medesimo tempo è il più lontano da noi^
e il più vicino. . . leggendo lui non vi pensa-
te di vedere veruno di questi oggetti ^ che vede-
te fuori di lui. Questi sono creati , ed egli in-
creato ; questi materiali , ed egli semplicissimo ;
questi dipendenti , ed egli assoluto ; questi limi-
tati , ed egli infinito ; questi caduchi , ed egli im-
mortale \ questi difettosi^ ed egfi perfetto.
Della Ipotiposi.
Questo schema è precisamente diretto a move-
re gli affetti , come quello , che fa le cose prese a-
ti alla imaginazione , sì e per tal modo , che pare,
che quelle si veggono piuttosto , che si ascoltano ,
e non si raccontano già , ma si mettono in opera .
Or Quintiliano per far bene intendere a' prindpian-
ti la forza ed efficacia di questa figura , ci dice ,
che un medesimo fatto si può in due diverse ma-
niere raccontare . La prima è quella , con cui 4
ao
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1 54 Delle Regole
sarra il fallo con poclie e generali parole , ma tali
però , che ne contengono tutta l’ integrità . Tal sa-
na il discorse di chi dicesse cos) : Lti città è sta-
ta presa y ed è caduta in potere de' nemici .
Questo racconto , benché brevissimo , pur contiene
cd espone tutto il fatto , ma in tal modo, che at-
to non è a concitar passione . La seconda maniera
poi è quella , che prende a spiegar tutti gli ag-
giunti e circostanze del fatto , c le descrive con
tanta nobiltà c vivezza , che ne dee necessariamen-
te seguire gran commozione agli animi degli udi-
tori. Quintiliano , senza dipartirsi dal proposto esem-
pio , volendo mostrare al dicitore il modo , come
possa egli rendere il racconto del medesimo avve-
nimento alto a potere eccitare gli animi degl! ascol-
tanti , gli suggerisce e sentenze , e forme di dire
al bisogno assai opportune. Lib. Vili. cap. 3. Piace
a noi però rapportare qui un bel tratto di eloquenza tol-
to dalla Predica XXXllI. del Segneti , il quale forse
fa molto più chiaro vedere quello che ha inteso inse-
gnar Quintiliano. L’Ipotiposi ci descrive la presa e la
caduta di Gerusalemme. E Jia dunque spediente a
Gerusalemme , che Cristo muoja ? O folli consigli I
Frenetici Consiglierì\ Allora io voglio , che voi toi'-
niate a parlarmi ^ quando coperte tutte le vostre
campagne d armi , e di armate , vedrete Aqui-
le Romane far nido d intorno alle vostre mura',
ed appena quivi posate aguzzar gli artigli , ed
avventarsi alla preda: quanto udirete ako rim-
itijed ti tipggle
D^V Arte Rettorica. i55
bombo di tambuti e di trombe , oirendi fischi
di fiombole e di saette , confuse grida di feriti^
o e di moribondi , allora io voglio , che sappiate
rispondermi , se è spediente. E voi oserete dire
eli è spediente , allora quando voi mirerete cor-
rere il sangue a rivi , ed alzarsi la strage a mon-
ti ? quando rovinosi vi mancheranno sotto i piè
gli edifizj ? quando svenate vi languiranno in-
nanzi agli occhi le spose ? quando , ovunque
volgerete stupido il guardo , voi scorgerete im-
peiversare la crudeltà , signoreggiare il furore ,
regnar la morte ? Ahi non diranno , eh' è spe-
diente , quei bambini, che saranno pascolo alle
lor madri afj'amate ; noi diranno quei giova-
ni che anderanno a trenta per soldi venduti
S’chiavi; noi diranno quei vecchi che pende-
ranno a cinquecento per' giorno corifitti in crxr-
ce. Eh che non è spediente , infelici , no che
non è spediente nè al Santuario , che rimar-
rà profanato da abbominevoli laidezze ; nè al
Tempio , che cadrà divampato da formidabi-
le incendio ; nè alt Altare , dove uomini e don-
ne si sveneranno , in cambio di agnelli , e di
tori. Aon è spediente alla Probatica , che vote-
rossi (t acqua. per correr sangue. Non è spedien-
te alt olivato , che diserterassi , per apprestar
patiboli', non al sacerdozio , che perderà 1' au-
torità , non al Regno , che perderà la giurisdi-
zione , non agli Oracoli, che perderan la fa-
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i 56 Delle Begole
velia , non a' Profeti , che perderan le rivela-
tioni , non alla lesge , che qual cadavere esangue
rimarrà senza spirito , senza forza , senza seguito, f
senza onore, senza comando-, nè potrà vantar
suoi riti , nè potrà più salvare i suoi professori.
Il' Iputiposi del Segncri vince d' assai quella sugge-
rita da Quintiliano . r^on è diilicile rimaner persua-
so di ciò a chi si prende la cura di faine il con-
fronto .]
Dell’ Etopeja.
Questa figura , siccome il significato stesso del-
la voce dà ad intendere , presenta la viva descri-
zione dell' indole , de' costumi , e delle inclinazioni
di alcuno : e quindi se ne può l' oratore servire a
movere le passioni . Il Tasso ci ha dato una vaga
e viva dipintura de' costumi di Alcte , e di Argan-
te , 1. 11.58.
'Mete è t un , che da principio indegno
Tra le brutture de la plebe è sorto ; *
Ala V inalzalo a' primi onor del regno
Parlar facondo, e lusinghiero , e scorto.
Pieghevoli costumi , e vario ingegno
jil fnger pronto, alt ingannare accorto-.
Gran fabro di calunnie adorne in modi
Huovi , de sono accuse, e pajon lodi.
i* altro è il Circasso Argante , uom , che straniero
. . .-edbyXìiltigle
T)elV Arte ' ’^eUoriea. i'S'7
Sm verme alla Reai corte d Egitto , - • •
Ma de' Satrapi fatto, è dell' Impero , ;
E in sommi gradi alla Milizia ascrUta , • •
Impaziente , inesorabil , fero ,
Nell arme infaticabile , ed invitto , ,
D' ogni Diò sprezzata ^' , e che ripone
Nella spada sua legge , e sua ragione.
Della Pro sopogr afta.
Dicesi prosopografìa la desci’izione delle fàttei-
ze della persona . Tale è questa del Tasso , ove
son descritte le fattezze del Re degli abissi . Cani.
IV. 7.
»
Orrida maestà nel Jierxr aspetto
Terrore accresce, e più superbo il rende ^
Rosseggian gli occhi , e di veneno infetto .
Come infausta cometa il guar-do splendei
Gl' involve il mento, e nelt irsuto \petto
Ispida , e folta la gran barba scende ;
' E in guisa di voragine profonda
S' apre la bocca d atro sangue immonda. .
Della Preler'izione.
L'oratore talvolta finge di non voler dire 'quel-
lo , che di fatti dice e racconta •, ed in questo ap-
punto consiste la Preterizione . Due spccialrueute
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i58 / Delle~Regolè
sono le ragioni , che debbono indurre 1' oratore a
far uso di questa figura *, la prima è , che deve far
egli , quanto più corto si può , il suo ragionamento ,
piacendo ciò moltissimo agli uditori ; la seconda
che non dere tralasciare alcuna cosa , che giovi al-
la sua causa . Segneri nella Predica XXXllI. pro-
ducendo gl' illustri esempi di Re e d' Imperadori ,
ha dimostrato , che le arti sincere delia innocenza
Tagliono assai più a conseguir prosperità , che le
stravolte della malvagità . Vorrebbe egli far vedere
la stessa cosa , narrando le storie di altri Perso-
naggi imperiali : ciò farebbe però troppo lungo , e
quindi nO|oso il discorso : ricorre 1' accorto oratore
alla Preterizione; dice egK dunque cosi. Piacesse
al cielo , che le strettezze del tempo mi permet-
tessero di trascorrere ad uno ad uno gli altri Prin-
eipi , a me ben noti : io son ceitissimo , che
r esempio di ninno porgerebbe baldanza alla ini-
quità , mentre le vicende istesse Vedreste nè due
Teodosi , in un Arcadio, in un Giustino, in un
Giustiniano , in un Maurizio , in un Erqclio , e
in tanti altri , allora miseri , quando fecero
ubbidire la Religione all' interesse ; allor felici ,
quando fecero servire l'interesse alia Religio-
ne . Arginano presso il Tasso. C. Vili.
Tactlo , che fu dall' arme , e dalt ingegno
Del buon Tancredi la Cilicia doma ,
' E ch'ora il B'ranco a tradigion la gode.
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Dell' Arte Rettorica. i5g
E i premj usurpa del valor la frode.
Taccio , che ove il bisogno , e il tempo chiede
Pronta man , pensier fermo , animo audace,
Alcuno ivi di noi primo si vede
Portar fra mille morti o ferro o face.
Della hiterrogazione , e Stthjezione. .
\
Sotto questo nome noa si vuole intendere, la
dimanda, che tal volta si fa per fine che ci si di-
scopra quello che non sappiamo , o pure che ci si
rischiari quello che è per noi dubbioso , ma s' in-
tendono quelle interrogazioni , di cui spesse volte
si valgono gli oratori , perchè concitato ne riesca
il discorso , e più valido a poter penetrare i cuon
degli uditori . Laocoonte presso Virgilio , affinchè
a’ suoi detti maggior forza si aggiunga , onde pos-
sa egli 1 Trojani distogliere dal folle conaìglio d’ in-
trodurre uella città il fatale Cavallo , il suo discor-
so adorna di più interrogazioni . ?
» Stava ira questi due contrarj in forse
» In due parti diviso il volgo incerto ,
>» Quando con gran caterva , e con gran furia
» Da la tocca discese , e di lontano
>j Gridò Laocoonte : o ciechi , o folli ,
» O sfortunati ? agli nemici , «' Gr eci
u Dat^ credenza? A lor credete voi ,
» Che sian partiti ? E sarà mai , che doni
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<i6o Delle Regole
)» Siano i lor doni , e non piuttosto inganni
’ » Covi v' è noto Ulisse ?
Tal volta alla interrogazione si soggiunge dall'ora
tore la risposta , di' è quella , die chiamiisi subjt
zione, Segneri ndla Predica XXXIII. Le felicit,
poi della terra lungamente promessa da chi fu
rono conseguite ? Dai sollevatori del popolo |
Dagli adoratori del Vitello? da' dispiegiatori t
Dio ? Neppur uno di questi , che pur erano pi
di seccato mila , vi pose il piede. E chi espugn
tante piazze? Chi fugò tanti vortici? chi tipoì
tò tante spoglie a' tempi de' Giudici ? un Giosuè
un Caiehbo , un Oloniello , un Gedeone , e
altri tali a lor somiglianti nella virtù.
Della Esclamazione,
Questa figura serve ad esprimere diversi afTei
ti . L' ammirazione . Alberto LoUio nell' orazion
in difesa di M. Orazio. Non posso , non posso
Romani n'tener T impeto delle lacrime , che n
abbondano . avvegnaché Orazio con le lacrim
non voglia esser difeso. O forte ed invittissim
Campione , fido e saldo sostegno della glori
Romana ! O sopra ogni altro Magnanimo e ve
loroto cavaliere ! O vero esempio di pietà e i
virtù. L’ indignazione. Tasso. XVI. Ipj.
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I
Dell* Arte Rettorica. i6i‘
O cielo l O Dei\ perchè soffrir quest' empjT,
Fulminar poi le torri , e i vostri tempj ?
La compassione. Il Boccaccio neUa descrizione
della pestilenza.
O quanti f(ran palagi 4
rimaser voti ! O quante memorabili schiaUe . . .
si videro senza successor debito rimanere !
11 Dolore. Il Petrarca.
O umane speranze e cieche e false
L’ allegrezza. Enea presso Virgilio, al vedere
Ettore esclama.
O splendor di Dardania , o de Trojani
Securissima speme ! e quale indugio
IT ha fin qui trattenuto ?
Della dubitazione , e sustentazìone.
L' oratore tal volta mostra aver ^1' animo suo
sospeso , e dubbioso , e che quasi non sa , cUe fa-
re , o ebe dire d' intorno alcuna cosa ; ed in ciò
consiste la dubitazione , la quale vale molto a spie-
gare r interno scompiglio dell' animo di chi favella»
e svegliar l’attenzione di chi ascolta. Bidone pres-
so Virgilio non potea in miglior maniera discopri-
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i6a Delle Regole
re le furie del sno cuore , che per mezzo della
dii)3Ìtazionc .
E che farò così delusa poi ?
Proferirommi per consorte io stessa
D' un zingaro , d un moro , o d un Araboy
Quando n' ho- vilipesi , e rifiutali
Tanti ^ e tal stante volte “ì Andrò co'Teucri
Jn sù l' armata ? mi farò soggetta ,
Di regina , eh' io sotto , e serva a loro ?
Sì certo , che gran prò fin qui riporto
De le mie lor usate cortesie ,
E grado me n' avranno , e grazia poiy
' Ma dato , che io vo^ia : cìd permette ,
Ch' io r eseguisca ? Chi così schernita
Volentier mi raccoglie? ....
Veggio sola in compagnia
Di marinari andar femmina errante ?
O condur meco i miei Fenicj tutti
Con altra armata ? e trarli un' altra volta.
D'uri altra patria , in mare , in preda ai venti,
■ Senza alcun prò , senza cagione alcuna ,
Quando meco appena di Sidon li trassi
per ritorli da man d empio Tiranno ?
Ahi muor piuttosto , come degnamente
Hai meritato.
• • I ' •
. Alla dubitazione spesso si aggiunge la si>>
sentazione , U <ju<de accrescendo la dubbiezza man^
— Bigi**»*: by Google
Dell Arte Rettorica. i63
tiene sempre sospesi gli animi degli uditori. Ecco-
ne un bell' esempio in quel ragionamento che tenne
Scipione a' soldati sediziosi. Jn che modo io deb^
ha questo giorno ragionar presso di voi., o sol-
dati , nè la ragione mel suggerisce , nè il di-
scorso ; perciocché io neppur so , con che nomi
10 debba, chiamarvi. Vi chiamerò cittadini ? ma
voi siete ribelli alla vostra patria. Darovvi il
nome di soldati ? ma voi avete violato la fede
del giuramento , avete ricusato di obbedire ai! co-
mandi ed auspicj del vostro generale. Vi avrò
in luogo di nemici ? Io riconosco in voi i corpi
le fattezze , le vesti , t andamento di cittadini ; veg^ -
go poi i detti , i fatti , i pensamenti , gli affetti di
nemici.
Della Correzione.
Questa figura sostituisce ad una parola gii det-
ta, o ad un sentimento gii esposto un'altra parola,
o un altro sentimento , che faccia più al proposito:
11 che si fa , acciocché ciò che si dice , e si 'espone
in secondo luogo , resti maggiormente impre^ 'ne-
gli animi degli uditori. Ecco gli esempli dell' una
e* dall’ altra cosa. Alberto Lollio nell’ Orazione a
Paolo III : Non sa egli forse , o non si ricorda'^
voi esser Cristiano ? Cristiano ? Anzi Religioso^
e sommo Sacerdote. Religioso ? anzi Ministro ,
della Cattolica fede. Ministro ? anzi pur Capo^
e Prìncipe dèlia Chiesa di Pio. li Casa neU’ora'
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ì64 Delle Règole
zione z." perla lega. Afa petxhè vado io i segni,
e gl' iudizii del nostro timore raccogliendo , e
narrando , come se la nostra paura fosse dub-
bia ed occulta ? Non confessiamo noi d essere
avviliti ed impauriti in quello , che noi faccia-
mo di presente ?
Della Confessione , Concessione, e Per-
missione.
Questi tre schemi , benché a prima giunta sem-
brano essere la stessa cosa ; considerandosi poi più
da vicino , l)cn si ravvisano esser tra loro differen-
ti : il che vedrassi chiaramente , spiegandosi la na-
tura di ciascuno. E primieramente la confessione è
quella , la quale mantre concede una cosa all’ avver-
sario, ne soggiunge subitamente un'altra , la qnale di-
strugge quello , che si è concesso. Di questa fìgu-
re leggiamo un bell' esempio nell’ orazione in difesa
di Q. Ligario , volgarizzata da Gornebo Francipane.
'Tu dunque hai , T uberone , il reo confessante
il delitto ; il che innanzi ad ogni altra cosa , si
desidera per V accusatore. Ma dice egli bene ,
essere stato in quella parte , dove tu anco , e
tuo padre , gentiluomo onorato , vi foste : il per-
chè fa mesiieii , che primieramente voi confes-
siate r error vostro , e poscia vegniate ad ac-
cusale Ligario. ,
Talvolta I' oratore concede all’ avversario quel-
lo , che pur non gli dovrebbe ccncedere , per fine
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DelV Arte Rettorica. i65
di ottenerne una cosa , die giovi molto più alla cau-
sa ; ed in ciò consiste la Concessione. Alete pres-
so il Tasso , se concede a Goffredo , eh’ egli è in-
vitto in guerra , non gli concede però , che non
possa essere debellato e sconfìtto dalla penuria de’vi-
veri , e dalla fame. C. II. 74 ■
Or quando pur estimi esser fa tale ,
Che vincer non ti possa il ferro mai ,
Siati concesso ; e siati appunto tale
Il decreto del del , qual tu te 'I fai ,
Vincei'atti la fame : a questo male
Che rifugio , per Dio , che schermo avrai ?
Vibra contra costei la lancia , e stringi
La spada , e la vittoria anco ti fingi.
L'astuto Sinone presso Virgilio, volendo im-
pietosire il vecchio Re Priamo, e tutti quei Troja-
ni , che gli stavan d’ intorno , interrompe il comin-
ciato racconto delle sue favolose sventure , e pren-
de così a favellare :
•
. . . Ma dov' entrò
( Lasso senza profitto ! ) a fastidirvi
Con nojose novelle ? A voi sol basta
Di saper , di io son Greco ; giacché i Greci
Tatti ugualmente per nemici avete ,
Or datemi , Signore, supplizio , e morte ,
Qual a voi piace , che piacere , e gioja
N' arafino i Regi ancor d' Itaca ^ e d'Argo,'
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1 66 Delle Regole
In questo esempio si vede opportunamente ado-
perata la Permissione , la quale non consiste in al-
tro , che nel permettere che si faccia una cosa.
DelV Epifonema.
Una bella e giudiziosa sentenza , tratta dalle
cose narrate , atta però a confermarle vieppiù , e
rassodarle , forma VEpifonemay la di cui natura vien
molto meglio spiegata dtdl' esempio , che segue.
Virgilio conchiude con un bello epifoncma il rac- ^
conto della barbara morte data a Polidoro , figlio
di Priamo , dall' infido e perfido Polinnestore.
. . . Il no tiranno ,
Tosto che a Troja la fortuna vide
Volger le spalle, ancK ei si volse, e taimiy
E la sorte seguì de' vincitori :
Sì che dell amicizia , e de t ospizio ,
E de t umanità rotta ogni legge ,
Tolse al regio fanciul la vita , e V oro.
Ahi de t oro empia ed esecrabil fame ,
E che per te non osa , e che non tenta ,
Quest' umana ingordigia? . : .
Della Convenienza del discorso.
\
Si sa , che la materia , di cui trattasi dall'ora-
tore ne’ suoi ragionamenti , non segue ad esser
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DelV Arte Retlorìca. 167
s^pre la stessa , ma che cangia modo , e forma , c
che ora di grande si fa piccola , ora di piccola
si fa grande , e va prendendo varie e diverse qua-
lità : il qnal cangiamento non solo avviene ne' lun-
ghi tratti del parlare, ma talvolta si fa vedere nel
breve giro di pochi sentimenti , ed anche dcntio
gli angusti termini di un solo concetto. Ora chi non
vede , che si aggiunge al discorso assai vago e hel-
lo oimamento , se quello si adatta per tutto , c si
cambia e si volge secondo le varie pieghe della
materia , accostandosi quando ad uno , e quando
ad un altro modo di favellare, a misura , che le
qualità della materia il richieggono ? S' appai*ticne
adunque all' arte Rettorica mostrare all' oratore i
mezzi , come possa egli al discorso procacciare ca-
si luminosa bellezza , e molto più , perchè questa
convenienza credesi ta^to maravigliosa e pregevole,
che è propria solo degli scrittori , o parlatori ec-
cellentissimi. Noi però, prima di esporre le avver-
tenze opportune a conseguirla , vogliamo brevemen-
te, per via di pochi e corti esempi tratti da' poeti,
dimostrare , quanto essa vaglia , ed in che precisa-
mente consista.
Il Petrarca , dopo di avere espresso con due
nobilissimi versi il maraviglioso valore di Annibale
L'altro èil figliuol d' Jmilcare , e noi piega
In cotant' anni Italia tutta , e Roma
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1 68 Delle Regole
nel terzo verso poi si abbassa alquanto , e declina
da quella nobiltà di dire :
F^il femminella in Puglia il prende e lega.
L’ Ariosto , drizzando il suo discorso al Cardina-
le Ippolito, uno de’ Signori d’Este, innalza lo stile:
Piacciavi , geneixtsa Erculea prole ^
Ornamento , e splendor del secol nostro^
«
dappoi , offerendogli il suo lavoro , all’ umiltà dell’anir
mo maravigliosamente accoppia quella del parlare :
Ippolito , aggradir questo che vuole ,
E darvi sol può F umil servo vostro.
Il Petrarca soavemente racchiude in due versi le
cose soavi , nel terzo verso , perchè nomina le fie-
re, si volge all’aspro.
E cantar augel letti , e fiorir piagge ,
E in belle donne oneste arii soavi
, S ono un deserto , e fero aspre , e selvagge.
Talvolta nello stesso verso cangiasi stiip rlal-
V accorto Poeta :
Che ogni dur rompe , ed ogni altezza inchina.
DeW Arte Reitonca. i6g
Dall’ accorciamento della voce duro nasce rin-
contro di due r: ciocché produce la desiata asprez-
za. Pare , che questi pochi e corti esempj bastino
a farci intendere , che cosa sia la convenienza del di-
scorso , c quanto gli stia bene. £ tempo oramai di
vedere , come quella si possa conseguire.
Dello stile in generale , e delle varie sue
jorme.
Si è detto , che il discorso deesi adattare alle
qualità delle cose , che per quello si vogliono espri-
mere ; ciocche forma quella qualità del parlare ,
che si suol chiamare convenienza , pieghevolezza^
ovvero con vocabolo latino aptitudine. Ma perchè
le cosa , di cui si può tener ragionamento , sono
^ pressoché d' infinite spezie e maniere , ne segue da
ciò , che dovendo la forma del dire esser tale ,
quale c la natura della cosa , che per quello vien
significata , fa mestiere per infiniti modi moltiplicare
le varietà del parlare. Gontuttociò in tanta moltitu-
dine e diversità di modi di fitvellare , se iie soglio-
no assegnare tre , che sono quasi i termini , dentro
cui si contengono tutti gli altri , il grande , t umi-
le , e quello , che sta in mezzo di questi due , e
chiamasi mezzano. Gli altri modi di dire si acco-
stano , qual più , qual meno , all’ un di questi , e
sogliono prendere il nome dal più vicino. Or que-
sti snodi son que.Ui , che volgarmente chiamansi
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nyt
1^0 Delle Regale
Stili , essendosi tratte questo nome da uno stri
mento di ferro , o di bronzo , di cui si servivan
gli anticlti a scrivere.
Sotto il nome poi di Stile generalmente altr
non si vuole intendere, che una qualità, che prer
de il discorso dalle sentenze , e dalle parole , eh
Io compongono ; e perchè noi poc' anzi abbiam ri
dotto tutti gli stili a tre generi , è necessario , eh
diciamo , di quali sentenze , e di quali parole s
debba ciascuno di essi comjiorre.
Si sa, che le sentenze, e le parole si adopera
no dal dicitore a fine di rappresentare una vera <
viva iqiaginc di quelli oggetti , che pur egli vuole
che si sappiano , e si veggano dagli uditori. Ncll<
stile grande adunque , nato già a rappresentare oggatt
maestosi e sublimi , i sentimenti debbono esser*
grandi altresì e nobili, espressi con parole e for
me di dire alla grandezza e nobiltà loro convenien
ti. Le figure più sfdendide , e i tropi più arditi gl
stanno assai bene ; colla condizione però , che
sentimenti sian quelli , che debbano formare la so
stanza , e il massiccio della orazione. Ben è vero
che le figure e i tropi , adoperati con giudicio <
prudenza , aggiungono splendore e vaghezza all*
sentenze ; ma se queste nulla contengono di solido
se sono prodotte da una fantasia troppo riscaldata .
se il regolo di quelle non è la verità , e il buoi
senso , qualunque abbigliamento , che si procura pe;
mazzo delle figure , in luogo di farle piìi vaghe <
OtgitrrTnJ-by Googlc
Dell’Arte Rettorica. Ì71
belle , ne discopre piuttosto la leggerezza e la vanità.
Anzi acciocché ben s’ intenda , che il fondamento
della grandezza dello stile sono le sentenze , vo-
gliam con uno esempio dimostrare , che «pielle tal-
volta, benché spogliate di ogni figurato ornamento,
piu* sono da se bastanti a far grande e maestoso il
discorso , ed atto ed eccitar la passione. Virgilio ,
descrivendoci con semplici sentimenti , e ton paro-
le dettate solo dalla natura la sventura di un Gre-
co , che muore in battaglia , lungi dai natio pae-
se , pur ci rattrista , e ci desta nell' animo la pietà.
Cade il mesckin et altrui ferita , e il eiel^
Guata , e morendo il caro Argo rammenta^
»
Qual pili alto e magnifico modo di dire, che
quelle di Asbite presso il Metastasio , benché non
illustrato dai lumi delle fignre ?
. . . Nacqui sul Gange ,
Vissi fra t armi'. Asbite ho' nome aneortt ^
Non so , che sia timori più, della vita
Amar la gloria è mio costume antico :
Son di Poro seguace , e tUo nemico.
I _ _
Che poi al natio valore de' sentimenti gran
forza e splendore e nobiltà aggiunge dal pruden-
te e moderato uso de' tropi e delle figure , non ac-
cade', che nei ora ci prendiamo la cura di dimo-
*
►
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4^2 Delle Regole
strarlo con gli esempj , venendo ciò assai largamen-
te dichiarato dagli esempi da noi proposti là ove
si è precisamente trattato delle figure.
Oltre le sentenze , e le figure , si dee tener
conto anche della collocazione delle parole , come
quella , che molto può giovare alla suhlimità dello
stile. Di fatti non è da dubitare , che si accresce
di gran lunga la maestà del discorso , ove siano le
parole così ordinate e disposte , che c si dà lungo
giro al sentimento, « ben cadono i periodi , e
giungono con maestoso suono all’ orecchio. Si av-^
Tcrte però , che queste sospensioni , e questa artifi-
ciosa disposizion di parole si deono fare in modo ,
che non diano fatica a chi ascolta. Le lingue , sic-
come ogni altra cosa , pur sono soggette alle raula-
zioni , cd alle vicende. Le scritturo degli antichi
autori Italiani furono una volta lette con sommo
piacere per tutta Italia : ma oggi per colpa forse
degli scrittori, che da quella usanza di tesser arti-
ficiosi periodi si sono da lungo tempo allontanati ,
si è cambiata la generai consuetudine delle orec-
chie , volendosi ormai da tutti , ^ che le parole sian
poste nel discorso secondo il loro ordine naturale ,
non in guisa però, che si metta prima il nomina-
tivo , poi il verbo , e poi 1' accusativo , come han
costume di fare i Francesi, ma in modo, che non si
segua dappertutto quel lungo ed artificioso giro de-
gli antichi. Tanta ò la forza e d potere dell' uso.
Abbiam^detto , donde nasce la grandezza del-
DélV Arte Rettorica. 173
lo stile , alla quale è necessario stabilire certi de-
terminati confini , i quali oltrepassandosi , si va in-
contro a quel vizio , che chiamasi gonfiezza. E al-
lora diviene gonfio lo stile , quando è egli grande,
c non pare che la materia lo meriti ; e similmente
quando per far granile Io stile, si va al di là deli-
miti del buon senso , e della ragione ; nel che po-
chi- precetti dar si possono , valendo in ciò più
r uso , e la pratica ; il qual uso si fa , leggendo
spesso i libri migliori , massime sotto la direzione
di dotti e diligenti maestri. Ed ecco la gran ragio-
ne, per cui à venuta alla luce \a Raccolta di scel-
te P rose Italiane , naW^ quale perchè ancora si pos-
sono leggere gli esempj de ihversi stili, di cui ora noi
ragioniamo , si tralascia giustamante di proporne qui
de’ nuovi. Ci piace solo addiure qualche esempio della
gonfiezza. Lucano prega Nerone , che salito in cielo
dopo la morte , cerchi di occupare il giusto mezzo
di quello ; perchè può avvenire , • che troppo avvi-
cinandosi all’ uno o all- altra estremità , col suo pe-
so faccia traboccare l’universo.
... Ala non già ti piaccia v
Sotto la zona Artoa sceglier la sede ,
O dove il polo ausimi nel mar s' attuffa.
Se dell' immenso del premi una parte ,
Sentirà' C asse il peso. Il so^io innal%a%
Sotto al dolce Eqiiator, . . ,
Digilized by Google
174 Delle Regole
La gonfìczza non è già nelle parole , ma t
sentimento , il quale leggesi presso Virgilio ristn
to tra più moderati confini ; perciocché drizzandt
ad Augusto , dice il poeta così.
. . . E ben ritira
Già lo stesso Scorpion le lunghe branche
E del suo campo immenso a te fa parte.
Fido imitator di Lucano fu quello Spagnuo
che scrisse questo epitafio a Carlo V.
Poni per tomba il mondo , il del per tet
E per lacrime il mar, gli astri per faci.
Lo stile umile , che anche puro e semplic
suol nominarsi , si compone di sentimenti sempli
e naturali ,< non però vili e plebei , ma tali , qua
sogliono nalaralmcnte averli le persone di non oscui
ingegno , savie e costumate. Ed acciocché s’ ii
tenda quello , che ora noi vogliamo dire , 1' eglogh<
per esempio , che pur sono discorsi fatti da' roz
pastori in istilc umile , debbono contener sentimen
semplici e naturali ; questi però convien che siai
spogliati da ogni pastorale rozzezza je goQcria. I
parole poi comuni , e le figure non ricercate , i
veementi gli stanno bene ; e se v' é stile , a c
convengasi una somma proprietà di lingua , si
lo stile umile. Nè un suono negletto gli disdice ,
Digitizt vioogle
Dell' Arte Rettorica. i-jS
quale , soddisfacendo poco all' orecchio soddisfa
molto all' intelletto , che si compiace di udir le co.
se dette in maniera semplice , e adattata a quell'af>
fetto , con cui si parla , e a quel line , per cui si
parla. Le narrazioni , le lettere dirette agli amici ,
i dialogi si sogliono scrivere in questo stile. Ecco-
ne un breve esempio preso dall' N. 3. Gior. Vili,
la quale cosi incomincia. Nella nostra città , la
quale sempre di varie maniere , e di nuove gen~
ti è stata abbondevole ,fu ancora , non ha gran
tempo , un dipintore , chiamalo Calandrino , uom
semplice , e di nuovi costumi , il quale il più.
del tempo con due altri dipintori usava , chia-
mati f un Bruno , I altro Buffalmacco , uomini
sollazevoli molto, ma per altro avveduti e sa-
gaci, li quali con Calandrino usavano -, percioc-
ché de' modi suoi , e della sua semplicità gran
festa prendevano. Ma più lunghi e più chiari
esempi si leggono nella Raccolta.
La bassezza , eh’ è eccesso d' umiltà , è vizio
grande , il quale può nascere , e da sentimenti , o
dalle parole : ciocche avviene , allorquando e gli uni,
e le altre non solo bastanti ad esprimere quelle idee,
e quegli oggetti , che pur si vogliono dinotare. Bus-
so ed arido e secco fu il parlare di colui , il quale
ragionando di Serse , che conduceva un' assai nu-
merosa armata, disse , che egli era venuto coi suo/.
La mancanza di qualunque ornamento anche fa
arido e basso lo stile , siccome le sentenze poste
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1^6 Delle Regole
senza alcun legame ; il che si scorge in quel pai
lare d' Ippocrale d’ inloruo la medicina. Arie lungi
•vita breve , perigliosa prova, aspro cimento, di^
ficile giudizio , precipitosa occasione. Il Redi p'
rò seppe valersi di questo mai cucito discorso , r
ducendolo ad una giusta e regolare composizione
Lenclic adattato ad altro oggetto.
Lunga è t arte d Amor , la vita è breve.
Perigliosa la prova , aspro il cimento ,
Difficile il giudizio, e al par del vento
Pt ecipitosa V occasione , e lieve.
Lo stil mezzano , che temperato ancora sue
dirsi , o mediocre , si compone di sentimenti , eh
sono nel mezzo tra i grandi , c gli umili , espres:
cou parole e forme di dire belle e adornale , m
non come quelle , che sono proprie dello stili
grande c magnifico, nè umili così, come quell
dello stile semplice e naturale. Si dà dunque i
questo stile mezzano larga strada agli ornamenti
ma posti però , e in tal modo adoperati , che no
mostrino studio , nè pajano ricercati ; e menti
tutto dall’ arte si fa , quella purtuttavia per nient
si discopre- E da ciò poi avviene , che questa m;
nicra di favellare , che a prima giunta sembra la pi
facile del mondo , alla prova si sperimenta essere
più ardua e malagevole. Pensieri acuti, espressio
vivaci , sentenze raccliiuse nel giro di poche parole s
, Dell’Arte Rettorica. 177
tio per lo contrario quelle cose , che formano lo st3e
detto fiorito, il quale benché a prima vista, colla
sua pompa , e col suo lume ferisca lo intelletto ,
pure perché assai chiaramente se ne discopre l’ia>
gegnoso artificio , reca no)a e fastidio all’ uditoro.
Per questa ragione alcuni critici non si mostrano
contenti di alcuni piccoli nei del Tasso , e si adira-
no , come si adirava un giorno Orazio , allorché
vedea il divin Poeta Greco talvolta lasciarsi prendete
dal sonno. Eccone alcuni esempj.
Di Tancredi il Tasso dice.
Gelido tutto fuor , ma dentro bolle.
Di Olinto.
E tanto amò la non amante amata.
Di Annida.
Sani piaga di strai piaga d amore y
E sia là morte medicina al core.
Dipinge dunque lo stil mezzano le azioni , t
costumi , le cose , siccome ci vengouo presentate
dalla natura , adornandole di tali abbigliamenti , che
faccian vedere tutta la bellezza del loro naturale
aspetto.
Si é detto di sopra , che per la quasi infinita
varietà de’ sentimenti , e delle parole , necessaria ad
'esprimere convenevolmente la quasi infinita varietà
delle cose , fra i tre stili , il grande , l’ umile , e fi
Olezzano , s» ne possono fongare molUssiioi altfi^
»S
Digitized by Cooglc
178 Delle Eegole
Ora troppo lungo sarebbe, e forse impossibile l’an-
dar dietro a tutti ; perciò noi diremo qualche cosa
solamente di quello , che chiamasi propriamente
^rave. Questo stile adunque o è con asprezza , 0
senza. 11 grave cd aspro si compone di sentimen-
ti grandi , ma rigidi ed austeri , quali soglion na-
scere dalla malinconia , dall' indignazione , dall' ira,
espressi poi con parole convenienti , cioè , aspre , e
che anche pel loro accozzamento rendano aspro
suono. La bruttezza de’ fatti scclerati ed atroci non
si può in miglior modo esprimere , che per l'asprez-
za dello stil grave , adornato di quelle figure di
sentenze , che sono più acconce a mover le passio-
ni. Chi minaccia , chi riprende , se vuole , che il suo
stile corrisponda alla materia , faccia iu modo , che
quello sia e grave ed aspro. Ma se poi le cose , di
cui si tratta , sono negozii grandi , e d’ importanza,
e le persone , che s’ introducono a ragionare , sono
<K alto affare , e di gran sapere dotate , le (piali sti-
Tnano assai le cose, e poco curano le parole, lo
stile allora sia pur grave , ma senza asprezza. 1
pentimenti sian nobili e grandi , le parole poi e le
forme di dire piane e semplici , e quali allo stile
umile si converrebhono , nè si abbia' molta cura del
suono , e della artificiosa collocazione delle parole.
Chi ha a trattare di cose gravi , e di sommo rilie-
vo, dee mostrare, che gli sta più a cuore la fac-
cenda , che comparire bel parlatore ; c quindi gli si
\
Dell’ Arie Rettoricd.
disdicono i pensieri più ricercati , e gli ornAiOenti
dello stil mezzano.
Conosciute le qualità de’ varj stili , specialmen-
te de’ ti-e , che sono il grande , 1’ umile , il medio-
cre , purché si abbia cura di vederne frequentemen-
te gli csempj presso i piti illustri scrittori , non sa-
rà cosa diUicile dare al discorso il vago c pregevo-
lissimo ornamento della convenienza. E qui pare cho
si debba por fine al trattato dell’ Arte Rettorica ,
ricordando solo a’ principianti questo saggio avverti-
mento , che dalla conoscenza de’ precetti o regolo
di quest' arte allora solamente si può sperare gran
frutto e vantaggio , quando a quella si accoppia una
diligente lettura lic’buoni autori , e l’assiduo escrdzio
del comporre. £ perchè ancora crediamo , che l'ar-
te di ben pronunziare il già composto discorso piut- >
tosto si apprende coll' esercizio , e colla pratica , eh*
dalle regole ed avvertenze , siccome chiaro appare
da tutto quello , che adoperò il gran Demostene a
questo fine , noi volentieri ci rimanghiamo di ra-
gionarne , benché non vi sia trattato di Rettorica ,
in cui di questa cosa non si parli diste samente.
FINE.
»
S
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I N D I C E.
, AvTUTixEirro a’ G ioviieiTTi. pag. i
Delle Regole Dell' Arte Rettoriga.
Cap. Pinco. Della Nalura della Reilorica 5
Dm.LB Regole Dell'Arte Rettoriga. Parte I.
Cap. 1. Della Inventione.
De'Luoghi da , cui si traggono gli or-
gementi dimostrativi.
i6
De' Luoghi Gramalici.
>7
De' Luoghi Logici.
De' Luoghi Metafisici.
aa
C.k». II. Del Genere Dimostrativo.
35
Del Genere Deliberativo.
4o
Del Genere Giudisiale.
46
Degli .Argomenti rimoti
63
Gap. ni.‘ Degli Argomenti Patetici.
67
De' luoghi y ovvero fonti degli affetti.
e primieramente di quello , da cui si
cavano gli argomenti atti a movere
r Amore.
68
Dilla Compassione,
71
i8i
Del Timore.
?»
Delti Cvnfidenxett
76
Dell' Ira.
78
Della Piacevolexxa.
So
Della Verecondia.
84
Deir Emulaxione.
86
PBttB Rbcolb D»ll* Arte Rettohicì. Piai» IL
Cip. I. Della Disposixione.
89
DelV Esordio.
90
Della Proposixione.
99
Della Narrazione.
101
Della Confer maxione.
loS
Deir Entimema.
AoS
Deir Induzione
loS
Deir Esempio.
:io 6
Del Sorile.
108
Del Dilemma.
i«8
Deir Amplificazione.
,*°9
Della Confutazione.
i »4
Dell' Epilogo.
117
Pelle Regole Pell'Abte Rbttobica. Fabtb m»
Clp. I. Della Elocuzione.
T2I
Della purità della Lingua Italiana,
123
Ckf. II. Della Chiarezza.
i »7
Cip. III. Degli ornamenti delle parole.
124
Della Metafora.
129
Deir Allegoria,
i 53
Deir Iperbole.
*35
\
I
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/
Della Metonimia.
Della Sineddoche-
Della Ironia.
iM
i33
>39
i4o
Delle Figure di parole. •-
Dell Asìndeto , e del Polisindeto.
i4o
Delle Figure di Ripetizione.
Ili
Della Anafora.
i4a
Dell' Epixeusi.
iji
Dell'Aruuliplosi o sia Conduplicazione
• i43
Della Sinonimia.
>41
Della Gradatone.
ili
Delle Figure che nascono dalla conso
-
nanza di suono.
iJS
Delle figure di Sentenze.
i46
Delle Prosopopeja.
i46
Della Aposiopesi o sia reticenza.
ila
Della Sermaeinazione.
>49
Dell' Apostrofe.
lAl
Dell' Antitesi.
i5a
Della Ipotiposi.
>_5i
Dell' Etopeja
i 56
Della Prosopografia.’
i^
Della Preterizione.
167
Della Interrogazione e Subjexione.
>59
Dell Esclamazione.
160
Delle Dubitazione e Sustentazione.
i6_i
Della Correzione.
iM
Della Confessione Concessione e Per-
ihissio ne.
16I
Dell' Epifonema.
166
Dello Stile in generale , e delle varie
tue forme.
169
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' A. S. E.
t
IL MINISTRO CANCELLIERE
^ccefù
eu^a.
Il Professore Vincenzo Flauti^ Segretario della
Commissione di Esame della Reale Accademia di
Marina , volendo far dare alla stampa , ad uso di
questo Stabilimento , gli Elementi dell’ Arte Rettorica
del Sig. Ab. Marano Professore di Letteratura nel
medesimo , chiede perciò all’ E. V. la grazia , di
commetterne , a chi le parrà , la revisione.
Per disposizione dell' Eccellentissimo Ministro Can-
eelliere Presidente , se ne commette V esame al Reggen-
te della a.» Camera , Marchese Castellentini.
Il sSe^rtiarii Generale
del Supremo Consiglio di CunctlUrì^^
Morelli.
■ — . 1 - — .11 . .... — . , , ,
PARERE DEL REGIO REVISORE.
Napoli ao. Aprile iBig,.
Gli Elementi dell* Arte Rettorica del nostro egregio I-ettcrato ^
Sig. Ab. D. Geronimo Marano , che il mio Collega Sig. Profcisorf
Flauti, in qualità di Segretario della Commissione di Esame della Kva*>
le Accademia di Marina vuol far produrre in pubblico colla stampa , ad
uso di un tate Stabilimento , nulla contengono che .<>ia contrario alla
nostra Santa Cristiana Religione , ed ai dritti della Sovranità. £4 i»
poi gli reputo utilissimi alla Gioventù studiosa , per perCciiopiarsi nel-
1’ Arte del ben dire y sicché stimo , che se ne possa permettere la
Stampa. Intanto col più profondo rispetto mi rafTernao.
Di V. i.
Vmilìss. Seri>iiQre.
Gsituio P. ^jA«'ia.Tiisio,
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LA SECONDA CAMERA DEL Sl’PREMO
CONSIGLIO DI CANCELLERIA.
Veduto la domanda del Professor Vincenzo
»
Flauti per far dare alle stamj>e gli Elementi delV Ar-
te Rettorica dell’ Ab. D. Geronimo Marano. Ve-
nduto il Parere del Regio Revisore D. Gaetano Par-
roco Giannattasio , permette che l' indicata Opera si
stampi ; ma ordina , che non si pubblichi , se pri-
ma lo stesso Regio Revisore , non attesti di aver
nel confronto riconosciuta 1' impressione uniforme
«ir originale approvato.
n Beg^ente della a. Camera -
M. DI Castellehtim.
Dcca di Campocoiaro.
Il Segretario Generale,
Morelli.
L'Eccellenlusimo Ministro Can-
celliere Presidente , e gli al-
tri Signori Consiglieri, nel
tempo della toscrizione impe-
diti.
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