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Wednesday, May 8, 2013

LANCILLOTTO del Lago e PAOLO MALATESTA -- fratricidio-uxoricidio.

Speranza


                         

 

Doré: Quel giorno più non vi leggemmo avante
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense.»
Queste parole da lor ci fuor porte.
Dante Alighieri, Inferno V, 100-108
Paolo Malatesta e Francesca sono due figure di amanti entrate a far parte dell'immaginario popolare sentimentale.

A loro è dedicata buona parte del V canto della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Nella Commedia, i due amanti - riminese Francesca (anche se nata a Ravenna), della vicina Verucchio Paolo - rappresentano le principali anime condannate alla pena dell'inferno dantesco, nel cerchio dei lussuriosi.


In vita, Francesca e Paolo furono cognati.

Francesca era sposata con Gianciotto, fratello di Paolo.

Questo amore li condusse alla morte per mano da Gianciotto.

Francesca spiega al poeta come tutto accadde.

Leggendo il libro di Chretien de Troyes (1701) che spiegava l'amore tra Lancillotto del Lago e la sua regina Ginevra, la moglie del re Artu -- il primo bacio -- Francesca e Paolo trovarono calore nel bacio tremante che alla fine si scambiano e caratterizza l'inizio della loro passione.


La tragica vicenda amorosa di Paolo Malatesta e Francesca è stata rievocata altre volte.


Particolarmente conosciuta, apprezzata ed amata è la versione che ne ha dato nel 1914 il compositore italiano Riccardo Zandonai nella sua Francesca da Rimini.

 

  

 


Doré: E paion sì al vento esser leggieri


Le due famiglie dei da "Polenta" da Ravenna e dei "Malatesta"da Rimini erano tra le più rinomate della Romagna.

Dopo una serie di scontri esterni e di instabilità politica interna decisero di allearsi unendo in matrimonio i loro figli.

Il patto venne suggellato
da un matrimonio che
coinvolse Francesca da Polenta e il zoppo e rozzo Gianciotto Malatesta.


Per guadagnare
l'approvazione di Francesca a questo matrimonio,
la tradizione, che risale a Giovanni Boccaccio (e al suo commento pubblico alla Commedia dettato tra il 1373 e il 1375), dice che sia avvenuto
per "procura", dove il "Procuratore" fu
il più aitante fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta,
del quale Francesca si invaghì per un malinteso, credendo
che fosse lui il vero sposo, anche se
ciò non poteva essere possibile
perché Francesca sapeva benissimo che
Paolo Malatesta era già sposato con Beatrice, la figlia del conte di Ghiaggiuolo.


Si aggiungono poi al quadro narrativo
tradizionale la figura del brutto e crudele Gianciotto,
fino al maligno servo che spiava i due amanti (aggiunta romantica, non citato da Dante)
e poi il tragico e noto finale del duplice omicidio degli amanti.


In realtà, secondo la vera
documentazione storica dei fatti,
sono pochi i dati veramente riscontrabili: i dati anagrafici dei protagonisti e la loro discendenza -- una figlia di Francesca e Gianciotto Malatesta, due figli di Paolo Malatesta.

Non vi è traccia né della relazione
adulterina né del fratricidio-uxoricidio.

Pare infatti che l'alleanza tra le due famiglie
fosse così vantaggiosa per entrambe, grazie a
strategie politico-dinastiche complementari, che il
fatto di sangue diventò un fatto
da mettere a tacere il più presto possibile.

Non si sa
per esempio dove sia
accaduto realmente il duplice
omicidio.

Alcune ipotesi indicano il Castello di Gradara, ma si tratta solo di congetture.

Altre ipotesi parlano della Rocca di Castelnuovo presso Meldola.

 

 
 

Mosè Bianchi, Paolo e Francesca, 1877, Milano.


Con il primo cerchio dei peccatori in generale
e in particolare con le parole di Francesca da Rimini
inizia quel processo di conversione, di redenzione del poeta che sarà uno dei temi teologici di tutto il poema.


Il viaggio di Alighieri infatti non ha un ruolo di semplice illustrazione del mondo ultraterreno, ma vuole offrire una possibilità di redenzione dell'umanità.

E la storia di Francesca e Paolo Malatesta rappresenta
la prima tentazione superata dal poeta,
non senza grande sforzo e straziante
complicità emotiva
con i dannati (ipotizzata da vari critici),
al punto che per la pietà Alighieri stesso alla fine del canto sviene perdendo i sensi.


La storia di Paolo e Francesca
mette dunque in discussione Alighieri anche come poeta dell'amore, che nella sua concezione stilnovistica ha messo al centro della sua visione della realtà.


Non a caso Alighieri dopo la prima confessione di Francesca ha un attimo di sconforto, resta assorto in silenzio.

Sembra pensare a come
sia possibile che l'attrazione
innocente, l'amor cortese
si trasformi in peccato
degno dell'Inferno, che
poco dopo appare provocato
proprio da un testo di letteratura,
dalla lettura cioè di un libro
dove si celebra un amore (quello tra Lancillotto e Ginevra)
con le regole cortesi alle quali Alighieri
stesso aveva aderito in gioventù.



Quindi lo stesso sentimento
che aveva ispirato a Alighieri i versi della Vita Nuova,
adesso gli appare come una delle possibili cause di condanna eterna.


Alighieri, richiamato alla realtà da Virgilio ("Che pense?", al quale egli risponde con incertezza), infatti rivelerà una parte dei pensieri che lo stavano assillando e chiederà


a Francesca una spiegazione su come
questo sentimento del amore cortese si sia potuto trasformare in peccato infernale.



È solo colpa dell'adulterio?

In realtà, Alighieri non vede una colpa in sé nella pulsione amorosa,
ma il peccato ne nasce quando
nell'attuare questa pulsione si
viene meno ai precetti morali, come quello sulla fornicazione nell'adulterio.

Proprio questa contraddizione tra precetto
religioso e forza travolgente dell'amore,
espressa in forma così alta e rarefatta, spiega la
simpatia di Dante per i due peccatori.

Il poeta non si comporta da moralista, semplicemente descrive la tragicità del conflitto tra morale e passione, che sono due forze invincibili.

Nonostante il poeta collochi Paolo e Francesca tra i dannati, non può fare a meno di provare un senso di profonda ed umana pietà e di compiangerne la sorte.


Il tema verrà ripreso dal
poeta nel Purgatorio nei canti XVII, XVIII, XXII, XXIV
e soprattutto XXVI, dove troverà tra i lussuriosi
Guido Guinizzelli, il caposcuola
dello stilnovismo, e Arnaut Daniel, un poeta provenzale.

 

Il dramma ha ispirato diversi film:

Paolo e Francesca (1949), film diretto da Raffaello Matarazzo

Paolo e Francesca (1971), film diretto da Gianni Vernuccio

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