Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Monday, January 8, 2024

Grice ed Agostino


 

Con Agostino si opera, per la prima volta e in maniera esplicita, una completa saldatura fra la teoria del segno e quella del linguaggio. 

Per trovare una altrettanto rigorosa presa di posizione teorica bisogna aspettare il "Corso di linguistica generale" di Saussure, scritto quindici secoli dopo.

La grande importanza che la tematica semio-linguistica ha in Agostino deriva in gran parte dal suo assorbimento della lezione stoica, come del resto testimonia il trattato "De dialectica."

In "De dialettica" sono riassunti molti dei principali temi stoici in materia semiotica, tra cui il principio che la conoscenza è, in linea generale, conoscenza attraverso segni (Simone 1969: 95).

Ma vari elementi differenziano l'impostazione d'Agostino da quella stoica. 

In primo luogo, infatti, gli stoici, raccogliendo e formalizzando una lunga tradizione di origine soprattutto medica e mantica, consideravano propriamente "sẽmeîa" solo i segni NON-verbali, come il fumo che svela il fuoco e la cicatrice che rinvia a una precedente ferita. 

Agostino, invece, per primo nell'antichità, include nella categoria del "signum" non solo i segni non verbali come i gesti, le insegne militari, le fanfare, la pantomima ecc., ma anche le espressioni del linguaggio parlato -- come il latino.

"Diciamo in generale segno tutto ciò che significa qualche cosa, e fra questi abbiamo anche le parole", De Magistro, 4.9

In secondo luogo, gli stoici avevano individuato nell'enunciato il punto di congiunzione tra il "sẽmaînon" e il "sẽmainómenon," elemento che comunque non coincideva con il "semeion."

Agostino, invece, individua nella singola espressione linguistica, cioè nel "verbum," l'elemento in cui significante e significato si fondono, e considera questa fusione un segno di qualcos'altro:

"Quindi, dopo aver sufficientemente assodato che le "verba" non sono nient'altro che "signa" e che non può essere "signum" ciò che non significhi (significet) qualcosa, tu hai proposto un verso di cui io mi sforzassi di mostrare che cosa significhino le singole parole."

De Mag., 7.19

In terzo luogo, gli stoici avevano elaborato una teoria del linguaggio che aveva le due caratteristiche di essere formale (il "lektón" non coincideva con alcuna sostanza) e centrata sulla significazione. 

Agostino, invece, elabora una teoria del segno linguistico che ha un carattere psicologistico (i significati si trovano nell'animo) e comunicazionale (passano nell'animo dell'ascoltatore) (Todorov 1977: 35; Markus 1957: 72).

È del resto con l'analisi della nozione stessa di "verbum simplex" che si apre il "De dialectica" ed è con questa nozione che si inaugura una serie interessante di distinzioni terminologiche.

Agostino elabora una triplice distinzione che possiamo mettere in corrispondenza con i moderni concetti di significato, significante e referente. 

Infatti individua in primo luogo la "vox articulata" (il "sonus") della parola, cioè quello che è percepito dall'orecchio quando la parola viene pronunciata. 

In secondo luogo individua il dicibile (corrispondente, anche dal punto di vista della trasposizione linguistica, al lektón stoico), definito come ciò che viene avvertito dall'animo e che è in esso contenuto. 

In terzo go, infine, distingue la res, che viene definita come un oggetto qualsiasi, percepibile con i sensi, o con l'intelletto, oppure che sfugge alla percezione (De dialect., cap. V).

È così possibile ricostruire il triangolo semiotico nei seguenti termini:
dicibile vox articulata (o sonus) res

Ma Agostino guarda ai segni anche dal punto di vista del loro potere di designazione, oltre che da quello della significazione. 

Questo lo spinge a elaborare un'ulteriore suddivisione terminologica in corrispondenza dei due aspetti che può assumere il referente di una parola: 

(i) può infatti avvenire che la parola rimandi a se stessa come proprio referente (fatto che si verifica nel caso della citazione, ovvero della designazione metalinguistica), e allora prende il nome di verbum;

(ii) oppure può avvenire che la parola, intesa come combinazione del significante e del significato, abbia come referente una cosa diversa da se stessa (come avviene come di diciotarivo del linguaggio), nel qual caso prende il nome di "dictio." -- N. 3

È precisamente la nozione di "dictio" che, come ha osservato Baratin (1981), costituisce l'elemento di congiunzione tra la teoria del linguaggio e quella del segno.

E ciò in virtù di uno sfasamento semantico che la nozione stoica di léxis (significante articolato, ma senza essere necessariamente portatore di significato) ha subito nel corso degli studi linguistici antichi. 

"Dictio" è traduzione di "léxis."

Ma "dictio" non ha lo stesso significato che le attribuivano gli stoici, bensì quello che le davano i grammatici alessandrini, in particolare Dionisio Trace, che definiva la léxis come "la più piccola parte dell'enunciato costruito" (Grammatica graeci, I, I, 22, 4), a metà strada tra le lettere e le sillabe, da una parte, e l'enunciato, dall'altra. 

Questa sua particolare posizione fa sì che la "léxis" venga considerata come portatrice di un significato (in contrapposizione alle lettere e alle sillabe che non lo posseggono), ma incompleto (in opposizione all'enunciato che porta un senso completo).

Lo spostamento di fuoco dalla centralità stoica dell'enunciato alla centralità alessandrina della singola parola, fa sì che quest'ultima assuma alcune delle funzioni prima spettanti solo all'enunciato. 

In particolare, quella di essere un segno.

Agostino definisce decisamente la parola come un segno al cap. V del "De dialectica":

"La parola è, per ciascuna cosa, un segno che, enunciato dal locutore, può essere compreso dall'ascoltatore". 

E, del resto, il segno viene definito come 

"ciò che presentandosi in quanto tale alla percezione sensibile, presenta anche qualche cosa alla percezione intellettuale (animus)" 

(ibidem).

Ponendo l'accento sulla parola, anziché sull'enunciato, Agostino ritrova l'opposizione platonica tra parole e cose.

Incontro non casuale, in quanto Platone è l'unico, prima di Agostino, ad avere una concezione semiotica del linguaggio.

Per Platone, infatti, il nome era "deloma," svelamento di qualcosa che non è direttamente percepibile, ovvero dell'essenza della cosa. 

Ma mentre nel Cratilo platonico si discute se il rapporto tra nome e cosa sia un rapporto iconico (peraltro con la soluzione che conosciamo), in Agostino tale rapporto r configura subito come una relazione di significazione.

Il nome "significa" una cosa (nozione equivalente a quella di "essere segno di" una cosa).

Nel momento in cui Agostino propone la sua concezione del "verbum" come "signum," si producono alcune modificazioni teoriche, conseguenti allo spostamento di prospettiva. 

In effetti nelle teorie linguistiche precedenti a quella di Agostino il rapporto tra le espressioni linguistiche e i loro contenuti era stato concepito come una relazione di equivalenza.

La ragione era di carattere epistemologico e riguardava la possibilità di lavorare direttamente sul linguaggio, in sostituzione degli oggetti della realtà, dato che il linguaggio veniva concepito come un sistema di rappresentazione del reale (per quanto mediato dall'anima).

Al contrario, il rapporto tra un "segnum" e ciò a cui esso rinvia era stato concepito come una relazione di implicazione, per cui 1l primo termine permetteva, per lo stesso fatto di esistere, di arrivare alla conoscenza del secondo. 

Eco (1984:33) ha suggerito che, nell'enunciato stoico, i rapporti tra la relazione segnica e quella linguistica possono essere illustrati da uno schema in cui il livello implicazionale si regge su quello equazionale:

(ii)
C
(i)
E

dove E indica "espressione", C "contenuto", > "implica" e = "è equivalente a". 

In Agostino l'unificazione tra le due prospettive avviene a livello della singola parola e senza chiamare in causa rapporti di equivalenza. 

Caso mai la dictio, che è rappresentabile con il livello i, è costituita dall'unione, o prodotto logico, di una vox (significante) e di un dicibile (significato), unità che diviene segno di qualcos'altro (livello ii). 

La prima conseguenza dell'unificazione agostiniana, come sottolinea Eco (1984: 33), è che la lingua comincia a trovarsi a disagio all'interno del quadro implicativo. 

Essa infatti costituisce un sistema troppo forte e troppo strutturato per sottomettersi a una teoria del "sgnum" nata per descrivere rapporti cosi elusivi e generici, come quelli che si ritrovano, a esempio, nelle classificazioni della retorica greco-romana. 

Infatti l'implicazione semiotica era aperta alla possibilità di percorrere l'intero continuum dei rapporti di necessità e di debolezza.

Inoltre la lingua, come del resto Agostino mette in risalto nel "De Magistro," possiede un carattere peculiare rispetto agli altri sistemi di segni, corrispondente al fatto di essere un "sistema modellizzante primario", cioè tale che qualunque altro sistema semiotico può essere tradotto in esso. 

La forza e l'importanza della lingua fanno si che i rapporti con gli altri sistemi di segni si rovescino, e che essa, da specie, divenga genere.

A  poco a poco, il modello del segno linguistico finirà per essere senz'altro il modello semiotico per eccellenza.

Ma quando il processo evolutivo arriva a Saussure, che ne rappresenta il punto culminante, si è ormai venuto a perdere il carattere implicativo, e il segno linguistico si è cristallizzato nella forma degradata del modello dizionariale, in cui il rapporto tra la parola e il suo contenuto è concepito come situazione sinonimica o definizione essenziale.

La seconda importante conseguenza dell'innovazione d'Agostino riguarda il problema della fondazione della dialettica e della scienza (Baratin 1981: 266 e sgg.).

 Fintantoché il rapporto tra linguaggio e oggetto del reale era concepito nei termini dell'equivalenza, il primo non appariva direttamente responsabile della conoscenza del secondo. 

Ma nel momento in cui si attribuisce un carattere di segno alle espressioni linguistiche, la conoscenza delle parole sembra implicare, di per se stessa, e a priori, la conoscenza delle cose di cui esse sono segno. 

Tutta la grande tradizione semiotica, del resto, convergeva nel considerare il segno come il punto di accesso, senza ulteriori mediazioni, alla conoscenza dell'oggetto di riferimento.

Il problema che si pone ad Agostino è allora quello di prendere una posizione rispetto alla questione se il linguaggio fornisca o meno, di per se stesso, informazioni sulle cose che significa.

Agostino affronta la questione del carattere informativo dei segni linguistici nel
De Magistro." 

L'opera, in forma di dialogo tra Agostino e il figlio Adeodato, inizia stabilendo due fondamentali funzioni del linguaggio: (i) insegnare (docere) e (ii) richiamare alla memoria (commemorare), sia propria sia degli altri. 

Si tratta di funzioni contemporaneamente informative e comunicative, in quanto coinvolgono in maniera centrale la presenza del destinatario nel momento in cui forniscono informazione.

La prima parte del dialogo è tesa a dimostrare che queste funzioni, principalmente quella informativa, sono svolte dal linguaggio in quanto sistema di segni. 

Sono le parole, infatti, che, in qualità di segni, danno informazione sulle cose, senza che nient'altro possa assolvere alla medesima funzione.

Nella seconda parte del dialogo, però, Agostino ritorna sull'argomento e cambia completamente la sua prospettiva.

Fondandosi ancora una volta sul fatto che la lingua è un insieme di segni, egli mostra che si possono presentare due casi: 

(i) il primo caso è quello in cui il locutore produce un segno che si riferisce a una cosa sconosciuta al destinatario; in tale situazione il segno non è in grado, di per se stesso, di fornire informazione, come dimostra l'esempio, riportato da Agostino, dell'espressione saraballae, la quale, se non precedentemente nota, non permetterà di comprendere il riferimento ai "copricapi", che essa effettua; 

(ii) il secondo caso è quello in cui il locutore produce un segno che si riferisce a qualcosa che è già noto al destinatario; e nemmeno in questa evenienza si potrà parlare di un vero e proprio processo di conoscenza (De Mag., 10.33).

Alla fine Agostino conclude invertendo il rapporto conoscitivo tra segno e oggetto, e stabilendo che è necessario conoscere preliminarmente l'oggetto di riferimento per poter dire che una parola ne è un segno. 

È la conoscenza della cosa che informa sulla presenza del segno e non viceversa. 

La soluzione ha una ascendenza chiaramente platonica, e a essa si collega anche la presa di posizione, di marca ugualmente platonica, che la conoscenza delle cose deve essere pregiata maggiormente della conoscenza dei segni, perché
"qualunque cosa sta per un'altra, è necessario che valga meno di quella per cui essa sta" (De Mag., 9.25).

Ma se per le cose sensibili (sensibilia) sono gli oggetti esterni che ci permettono di arrivare alla conoscenza, non altrettanto avviene nel caso delle cose puramente intelligibili (intelligibilia). 

Per queste ultime Agostino individua una soluzione "teologica": la loro conoscenza deriva dalla rivelazione che viene fatta dal Maestro interiore, il quale è garanzia tanto dell'informazione quanto della verità (De Mag., 12.39).

Ma anche con questa soluzione "teologica" del problema linguistico, al linguaggio è lasciato uno spazio, che in parte coincide con la funzione del segno rammemorativo, ma in parte la supera: quando conosciamo già l'oggetto di riferimento, le parole ci ricordano l'informazione; quando non lo conosciamo, ci spingono a cercare (De Mag., 11.36).

In Agostino la soluzione teologica non è una scappatoia per uscire da un'impasse teorica. 

Al contrario, essa mette capo a nuove problematiche. 

È nel "De Trinitate" che vina offa che si temo col'espressi pre vedo teriore.mo. 

In effetti, per poter comunicare con gli altri, gli uomini si servono della parola o di un segno sensibile, per poter provocare nell'anima dell'interlocutore un verbo simile a quello che si trova nel loro animo mentre parlano (De Trin., IX, VII, 12).

D'altra parte Agostino sottolinea la natura prelinguistica del verbo interiore, il quale non appartiene a nessuna delle lingue naturali, ma deve essere codificato in un segno quando ha bisogno di essere espresso e portato alla comprensione dei destinatari.

Il verbo interiore ha, del resto, una duplice origine: da una parte esso costituisce una conoscenza immanente, la cui sorgente è Dio stesso; dall'altra esso è determinato dalle impronte lasciate nell'anima dagli oggetti di conoscenza. 

Ma anche in questo secondo caso esso è riconducibile a Dio, in quanto il mondo è il linguaggio attraverso il quale Dio si esprime. 

Si trovano qui gli embrioni del simbolismo universale, che tanta parte avrà nella cultura del Medioevo.

Quello che comunque emerge con sempre maggiore chiarezza è il carattere comunicativo della semiologia agostinia-na, che è individuabile anche nello schema riassuntivo proposto da Todorov (1977: 42):
sapere
immenente)
potenza
divina
verbo
verbo
interiore -
esteriore
pensato
verbo
esteriore
proferito


E comunque innegabile, come sottolinea Simone (1969:96 n. 2), che se la semiologia agostiniana presenta un aspetto "teologico", connesso al problema del verbo divino, tuttavia possiede anche un ben individuato e autonomo aspetto laico, che prende in considerazione i caratteri che il segno ha di per se stesso. Fanno parte di quest'ultimo aspetto le varie classificazioni dei segni, alle quali Agostino si dedica soprattutto nel trattato "De doctrina Christiana" ma che ritorna anche in varie altre opere.

Todorov (1977: 43 e sgg.) individua e analizza cinque tipi di classificazione a cui Agostino sottopone la nozione di se-gno:

1. secondo il modo di trasmissione: 

vista/udito

2. secondo l'origine e l'uso: 

segni naturali/segni intenzionali

3. secondo lo statuto sociale: 

segni naturali/segni convenzionali

4. secondo la natura del rapporto simbolico: 

proprio/traslato

5. secondo la natura del designato: 

segno/cosa

Todorov lamenta il fatto che Agostino giustappone quello che in realtà avrebbe potuto articolare, in quanto generalmente queste opposizioni sono tra di loro irrelate.

Questo non è però del tutto vero, perché (soprattutto nel De Magistro) c'è un tentativo di dare una classificazione combinata di alcuni aspetti del segno.

A questo proposito è possibile ricostruire tale classificazione ordinandola secondo uno schema arboriforme (Ber-nardelli 1987), secondo il modello dell'albero di Porfirio (Eco 1984: 91 e sgg.); cfr. p. 236.

La classificazione di Agostino non è totalmente a inclusione, come tende a essere quella porfiriana; e si può osservare che se venissero sviluppati i rami collaterali, si vedrebbero comparire, una seconda volta, alcune categorie elencate sotto il ramo principale. 

Tuttavia è Agostino stesso a metterci sulla strada di una classificazione inclusiva da genere a specie quando definisce la relazione tra nome e parola come "la stessa che c'è tra cavallo e animale" e includendo la categoria delle parole in quella più ampia dei segni (De Mag., 4.9). differenze
significanti qualcosa
verbale
(voce articolate)
nome in senso particolare
unzi dite di cos
res sensibili
(Romulus, Roma, fluvius)
generi e specie
RES
SEGNO
PAROLA
NOME
SIGNIFICANTE
delle "RES"
differenze
non significanti (significabilia)
non verbale
(gesti, insegne, lettere, tromba militare ecc.)
altra parte del discorso
(si, vel, ex, namque, neve, ergo, quoniam ecc.)
segno udibile di segni
udibili
(funzione metalinguistica)
res intelligibili (virtus) 

La prima relazione interessante è quella tra res e signa.

Per quanto il mondo sostanzialmente venga diviso in cose e segni, tuttavia, Agostino non concepisce tale distinzione come ontologica, bensì come funzionale e relativa.

Infatti anche i segni sono delle res e l'uomo è libero di assumere come segno una res che fino a quel momento era sprovvista di quella dignità. 

Anzi, la stessa nozione di res viene definita in termini rigorosamente semiologici (Simone 1969: 105): 

"In senso proprio ho chiamato cose (res) quegli oggetti che non sono impiegati per essere segni di qualche cosa: per esempio i: legno, la pietra, il bestiame" (De doctr.
Christ., I, II, 2). 

Ma, immediatamente dopo, cosciente della pervasività dei processi di semiosi, aggiunge: 

"Ma non quel legno che, leggiamo, Mosè gettò nelle acque amare per dissipare la loro amarezza (Esodo, XV, 25); né quella pietra sulla quale Giacobbe riposò la sua testa (Gen., XXVIII,11); né quella pecora che Abramo immolò al posto di suo figlio (id., XXII, 13)".

L'articolazione che esiste tra segni e cose è analoga a quella dei due processi essenziali: usare (uti) e godere (frui) (De doctr. Christ., 1, IV, 4). 

Le cose di cui si usa sono transitive, come 1 segni, che sono strumenti per giungere a qual-cos'altro; le cose di cui si gode sono intransitive, cioe sono prese in considerazione per se stesse (Todorov 1977: 39).

Nel De Magistro (4.8) Agostino propone anche un nome per le cose che non sono usate come segni, ma sono significate attraverso segni: significabilia. Niente toglie che in un secondo momento anche quest'ultime possano essere assun-le copo avio cosianicato i rapporti tra segni e cose, Agostino propone questa definizione di segno nel De doctrina Christiana (II, I, 1): 

"Il segno è una cosa (res) che, al di là dell'impressione che produce sui sensi, di per se stessa, fa venire in mente (in cogitationem) qualcos'altro". Nel nostro albero porfiriano abbiamo deciso di ricostruire la principale suddivisione agostiniana dei segni secondo la dicotomia verbale/non verbale, anche se altre opzioni, ugualmente esplicite nei testi di Agostino, erano disponibili.

Questa decisione è autorizzata da un passo del De doctrina Christiana (II, IV, 4) in cui, a conclusione di un'analisi dei vari tipi di segni, Agostino sostiene: "Infatti di tutti quei se-gni, di cui ho brevemente abbozzato la tipologia, ho potuto parlare attraverso le parole; ma le parole in nessun modo avrei potuto enunciarle attraverso quei segni"

Viene esplicitamente fatto riferimento al carattere, tipico del linguaggio verbale, di essere un sistema modellizzante primario, e tale carattere viene assunto come criterio della divisione fondamentale dei segni.

Una classificazione incrociata rispetto alla precedente è quella effettuata in base al canale di percezione. Agostino infatti sostiene che "tra i segni di cui gli uomini si servono per comunicare tra di loro ciò che provano, certi dipendono dalla vista, la maggior parte dall'udito, pochissimi dagli altri sensi" (De doctr. Christ., II, II, 4).
Tra i segni che vengono percepiti con l'udito ci sono quel-li, fondamentalmente estetici, emessi dagli strumenti musi-cali, come il flauto e la cetra, o anche quelli essenzialmente comunicativi emessi dalla tromba militare. Naturalmente, ritroviamo tra i segni percepibili con l'udito, in una posizione dominante, anche le parole: 

"Le parole, in effetti, hanno ottenuto tra gli uomini il primissimo posto per l'espressione dei pensieri di ogni genere, che ciascuno di essi vuole ester-nare" (De doctr. Christ., l, ll, 4).
Tra 1 segni percepibili con la vista Agostino elenca i cenni della testa, i gesti, i movimenti corporei degli attori, le bandiere e le insegne militari, le lettere. Infine vengono presi in considerazione i segni che riguardano altri sensi, come l'odorato (l'odore dell'unguento sparso sui piedi di Cristo), il gusto (il sacramento dell'euca-ristia), il tatto (il gesto della donna che toccò la veste di Cristo e fu guarita).
10.6.4 "Signa naturalia" e "signa data"
Sicuramente fondamentale, anche se non direttamente integrabile al nostro albero inclusivo, risulta lo schema di classificazione che oppone i signa naturalia ai signa data. I primi sono "quelli che senza intenzione, né desiderio di si-gnificare, fanno conoscere qualcos'altro, oltre a se stessi, come il fumo significa il fuoco" (De doctr. Christ., II, I, 2).

Ne sono esempi anche le tracce lasciate da un animale e le espressioni facciali che rivelano, inintenzionalmente, irritazione o gioia. Dopo averli definiti, Agostino dichiara di non volerli trattare ulteriormente.
E invece maggiormente interessato ai signa data, in quanto a questa categoria appartengono anche i segni della Sacra Scrittura. Essi vengono definiti come "quelli che tutti gli esseri viventi si fanno, gli uni agli altri, per mostrare, per quanto possono, i movimenti della loro anima, cioè tutto ciò che essi sentono e pensano" (De doctr. Christ., II, II, 3).

Gli esempi sono soprattutto i segni linguistici umani (le pa-role).

Ma Agostino, curiosamente, include in questa classe anche i segni emessi dagli animali, come quelli che si hanno quando il gallo segnala alla gallina di aver trovato il cibo (ibidem). Questo crea una marcata differenza rispetto ad Aristotele, che include i gridi degli animali tra i segni naturali (De int., 16 a).
Ma Aristotele opponeva "naturale" a "convenzionale" mentre i signa data non sono i "segni convenzionali" , come Markus (1957: 75) aveva suggerito (e come del resto era stato proposto dalla traduzione francese di G. Combès e J.
Farges). I signa data sono i "segni intenzionali" (Engels 1962: 367; Darrel Jackson 1969: 14), e corrispondono a una ben precisa intenzione comunicativa (De doctr. Christ., 11, M, 4). E del resto il carattere intenzionale che permette ad Agostino di includere tra i signa data quelli emessi dagli animali, anche se egli non si pronuncia sulla natura di questa intenzionalità animale (Eco 1987: 78).

Del resto, come nota Todorov (1977: 46), porre l'accento sull'idea di intenzione corrisponde al progetto semiologico generale di Agostino, orientato verso la comunicazione. 1 segni intenzionali, o meglio, creati espressamente in vista della comunicazione, possono essere messi in corrispondenza del symbolon di Aristotele e della combinazione stoica di un significante con un significato; quelli naturali, ovvero già esistenti come cose, corrispondono invece ai sẽmeia, sia aristotelici che stoici.

Uno dei punti fondamentali della semiologia agostiniana, infine, è costituito dalla ricerca dei modi in cui si puo stabilire il significato dei segni. Tale indagine è condotta soprattutto nel De Magistro, dove si può rintracciare una concezione semantica che si avvicina al tipo della "semiosi illimi-tata" di Peirce. Come ha rilevato anche Markus (1957: 66), il significato di un segno, per Agostino, può essere stabilito o espresso mediante altri segni, per esempio: fornendo dei sinonimi; attraverso l'indicazione con il dito puntato; per mezzo di gesti; tramite ostensione (De Mag., Il e VII).

Questa concezione del significato si rende possibile soltanto nel momento in cui viene abbandonato lo schema equazionale del simbolo, per adottare, come fa Agostino, quello implicazionale del segno. La teoria semiologica agostiniana si apre così, come ha messo in evidenza Eco (1984: 34 e sgg.), verso un modello "istruzionale" della descrizione semantica. Se ne può cogliere un esempio nell'analisi che Agostino conduce insieme ad Adeodato del verso virgiliano
"si nihil ex tanta superis placet urbe relinqui" (De Mag., 11,
3). 

Esso viene definito come composto di otto segni, dei quali, appunto si cerca il significato. me un signiteato af dubbio' dopo aver tutava sotol
neato che non si è trovato un altro termine da sostituire al primo per illustrare lo stesso concetto. Si passa, pol, a Ini-hill, il cui significato viene individuato come l'"affezione dell'animo" che si verifica quando, non vedendo una cosa, se ne riconosce l'assenza.

In seguito Agostino chiede ad Adeodato il significato di lex ed esso propone una definizione sinonimica: lex sarebbe equivalente a Idel. Agostino non è soddisfatto di questa soluzione e argomenta che il secondo termine è certo un'interpretazione del primo, ma ha bisogno di essere a sua volta interpretato. La soluzione finale è che lex significa "una separazione" da un oggetto. 

A questa conclusione, però, viene aggiunta anche una successiva istruzione per la sua decodifica contestuale: il termine può esprimere separazione rispetto a qualcosa che non esiste più, come nel caso della città di Troia a cui si allude nel verso virgiliano; oppure il termine può esprimere separazione da qualcosa che è ancora esistente, come quando diciamo che in Africa ci sono alcuni negozianti provenienti da Roma.

Il significato di un termine, allora, "è un blocco (una se-rie, un sistema) di istruzioni per le sue possibili inserzioni contestuali, e per i suoi diversi esiti semantici in contesti diversi (ma tutti ugualmente registrabili in termini di codice)"
(Eco 1984: 34).

La struttura implicativa permette regole del tipo 

"Se A appare nei contesti x, y, allora significa B; ma se B, allora С; есс.", regole che sono comuni tanto al modello istruzionale quanto alla semiosi illimitata.

In definitiva, è proprio grazie all'assunzione generalizzata del modello implicazionale che la semiologia agostiniana riesce a porsi sia come sintesi delle acquisizioni semiolingui-sta co del pronde antici azionia di la un delle pre secenti tendenze della ricerca attuale in campo semantico (modello istruzionale). 

La data di composizione del trattato, che è controversa, oscilla tra il 54 e il 40 a.C.; cfr. De Lacy (1978: 163-164).

2 Il titolo greco, essendo il testo in parte corrotto, è frutto della conget: tura di T. Gompers; altre congetture sono state proposte. D'ora in poi ci riferiremo a esso nella sua versione latina De signis; cfr. De Lacy (1978:
'Nella prima sezione vengono riportate le risposte di Zenone di Sidone
alle critiche stoiche; nella seconda viene esposta la versione di Bromio del-l'enumerazione e confutazione di Zenone degli argomenti contro l'inferen-za empirica; nella terza viene riportata l'enumerazione di Demetrio di La-
conia degli errori comuni degli antagonisti del metodo analogico; la quarta sezione, che espone una seconda lista degli errori degli oppositori, è anoni-ma, 7r. Car quand roba Dite alle 'esa da attribuire a Demetrio.

3 Cfr. Phil., De signis, coll. VIII, 32 - IX, 3 = cap. 13). Il riferimento bibliografico al trattato di Filodemo è dato in maniera duplice, indicando prima la colonna e il numero delle righe del testo greco del papiro, poi il numero del capitolo corrispondente nella traduzione inglese effettuata dai De Lomel 7 più riprese ribadito anche nella terza sezione che riporta il
pensiero di Demetrio; cfr. col. XXVIII, 13-25 = cap. 45, e col. XXXVII,
122. r. Col Xii, 1-15 = cap. 18.
Cfr. Col. 1: 12176-Cap2, Col. XIV, 41l - cap. 19.
10 Cfr. col. XII, 1431 = cap. 17.

" In Peirce (1980: 140), del resto, c'è a proposito dell'icona anche un'interessante considerazione (sulla possibilità che l'oggetto del segno iconico esista o non esista), la quale sembra riproporre, in epoca contem-poranea, una tematica simile a quella stoica ed epicurea circa la distinzione dei segni in propri e comuni: "Un'Icona è un segno che si riferisce all'Oggetto che essa denota semplicemente in virtù di caratteri suoi propri, e che essa possiede nello stesso identico modo sia che un tale Oggetto esista ej-fettivamente, sia che non esista. È vero che, a meno che vi sia realmente un tale Oggetto, l'Icona non agisce come segno".

Agostino d'Ippona

filosofo, vescovo, teologo e santo cristiano, berbero con cittadinanza romana

Se stai cercando l'omonima miniserie televisiva che ripercorre gli ultimi trent'anni di vita di sant'Agostino, vedi Agostino d'Ippona (miniserie televisiva).
"Sant'Agostino" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Sant'Agostino (disambigua).

Aurelio Agostino d'Ippona (in latinoAurelius Augustinus HipponensisTagaste13 novembre 354 – Ippona28 agosto 430) è stato un filosofovescovo e teologo romano di origine berbera e lingua latina.

Sant'Agostino d'Ippona
Sant'Agostino in un affresco di Sandro Botticelli
 

Vescovo e dottore della Chiesa

 
NascitaTagaste, 13 novembre 354
MorteIppona, 28 agosto 430
Venerato daTutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza28 agosto e 15 giugno(Chiesa ortodossa)
AttributiAbiti vescovili, colomba, cuore infiammato, libro
Patrono distampatori e teologi, vedi elenco
Agostino d'Ippona
vescovo della Chiesa cattolica
Agostino in abiti vescovili, in un dipinto di Antonello da Messina
 
Incarichi ricoperti
 
Nato13 novembre 354 a Tagaste
Ordinato presbitero391
Nominato vescovo395 da papa Siricio
Consacrato vescovo395 dal vescovo Megalio
Deceduto28 agosto 430 (75 anni) ad Ippona
 
(LA

«Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te.»

(IT

«Ci hai creati per Te, [Signore,] e inquieto è il nostro cuore fintantoché non trovi riposo in Te.[1]»

Conosciuto anche come sant'Agostino,[2] è Padredottore e santo della Chiesa cattolica, detto anche Doctor Gratiae ("Dottore della Grazia"). È forse il maggiore rappresentante della patristicadell'Occidente. Se le Confessioni sono la sua opera più celebre,[3] si segnala per importanza, nella vastissima produzione agostiniana, il trattato La città di Dio.[4]


modifica


Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di Agostino d'Ippona.

«Agostino non è soltanto un pilastro della cultura, della teologia e della spiritualità, ma anche l'uomo vivo che parla, da cuore a cuore, agli uomini del nostro tempo.»

La vita di Agostino è stata tramandata con grande dettaglio nelle Confessioni, sua biografia personale, nelle Ritrattazioni, che descrivono l'evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico e discepolo Possidio, che narra l'apostolato del santo.[9]


modifica

Agostino, di etnia berbera[10] o punica come egli stesso ci tramanda,[11] ma di cultura fondamentalmente ellenistico-romana, nacque il 13 novembre 354 a Tagaste (attualmente Souk Ahras, in Algeria, situata a circa 70 km a sud-est di Ippona, l'odierna Annaba), a quei tempi una piccola città libera della Numidia proconsolare, recentemente convertita al Donatismo.

Apparteneva a una famiglia del ceto medio, ma non facoltosa: il padre, Patrizio, piccolo possidente terriero e membro dei curiales (consiglieri municipali) della città, era un pagano; di animo benevolo, anche se collerico, impetuoso e a volte infedele alla moglie Monica, madre di Agostino,[12] proprio per influenza di quest'ultima alla lunga giungerà alla conversione, morendo cristiano verso il 371 d.C.[9] Monica era infatti di religione cristiana, oltre a essere una donna intelligente, affettuosa e di carattere forte.[9] Agostino ebbe anche un fratello, Navigio, che sarà a Cassiciacoin Brianza per battezzarsi, e una sorella di cui non si conosce il nome, ma della quale si sa che, rimasta vedova, diresse un monastero femminile fino alla morte.[9]


modifica

Agostino recepì dai suoi genitori due opposte visioni del mondo, da lui spesso vissute in conflitto tra loro. Mentre nelle sue opere parla del padre come di un estraneo,[13] sarà la madre, venerata tutt'oggi come santa dalla Chiesa cattolica, a esercitare un grande ruolo nell'educazione e nella vita del figlio,[9] che dirà: «A lei debbo tutto ciò che sono».[14] Agostino ricevette da lei un'istruzione cristiana, e fu iscritto fra i catecumeni. Una volta, quando era molto malato, chiese il battesimo, ma, essendo presto svanito ogni pericolo, decise di differire il momento della ricezione del sacramento, adeguandosi ad una diffusa usanza di quel periodo. La sua associazione con "uomini di preghiera" lasciò tre grandi concetti profondamente incisi nella sua anima: l'esistenza di una Divina Provvidenza, l'esistenza di una vita futura con terribili punizioni e, soprattutto, Cristo il Salvatore.

«Fin dalla mia più tenera infanzia, il mio ancora tenero cuore aveva succhiato col latte di mia madre il nome del mio Salvatore, Tuo Figlio, per Tua misericordia, o Signore, e lo custodiva nel profondo di sé; e tutto ciò in cui mi imbattevo e che mancava di quel Nome Divino, per quanto fosse erudito, forbito e perfino pieno di verità, non riusciva a catturarmi completamente.»

Africano di nascita, utilizzò soprattutto il latino nei suoi scritti. Non ebbe molta dimestichezza con il greco, lingua studiata in giovane età ma non amata, mentre la conoscenza del punico è stata messa in discussione da taluni studiosi.[15] Il padre, orgoglioso del successo di suo figlio nelle scuole di Tagaste e Madaura, decise di mandarlo a Cartagine per prepararlo alla carriera forense, ma ci vollero molti mesi per raccogliere il denaro necessario, e Agostino passò il suo sedicesimo anno a Tagaste, in un ozio in cui si scatenò una grande crisi intellettuale e morale. Egli stesso avrebbe in seguito narrato come, dominato da una profonda inquietudine, venisse risucchiato in un vortice di passioni, e provasse quasi attrazione per il peccato, come avvenne per esempio in occasione del celebre furto delle pere, che Agostino organizzò insieme ad alcuni coetanei:

«Ma io, sciagurato, cosa amai in te, o furto mio, o delitto notturno dei miei sedici anni? Non eri bello se eri un furto; anzi, sei "qualcosa" per cui possa rivolgerti la parola?[16] Belli erano i frutti che rubammo… ma non quelli bramò la mia anima miserabile, poiché ne avevo in abbondanza di migliori. Eppure colsi proprio quelli al solo scopo di commettere un furto.»


modifica

Agostino e la madre Monica in un dipinto di Ary Scheffer  

Quando all'età di diciassette anni giunse a Cartagine, verso la fine del 370, ogni situazione che gli capitava lo portava a deviare sempre di più dall'antico corso della sua vita: le molte seduzioni della grande città che era ancora per metà pagana, la licenziosità degli altri studenti, i teatri, l'ebbrezza del suo successo letterario e uno smisurato desiderio di essere sempre il primo, anche nel peccato.[17] In questa città, appassionandosi di filosofia, iniziò a studiare la maggior parte dei testi principali della cultura ellenistico-latina. Dotato di un forte senso critico e animato da un desiderio bramoso di verità, passò gli anni della sua gioventù nella ricerca insaziabile del senso della vita. Non molto tempo dopo essere giunto a Cartagine, però, Agostino fu costretto a confessare a sua madre di avere una relazione con una donna, che gli aveva dato un figlio, Adeodato(372), e con la quale visse in concubinato per quindici anni. Si separarono nel 386, quando ella lo lasciò a Milano per recarsi in Numidia con la promessa che sarebbe tornata. Agostino non ne riporta il nome in alcun testo.

Esistono pareri contrastanti nella valutazione di questa crisi adolescenziale. Alcuni, come Theodor Mommsen, la evidenziano, altri come Friedrich Loofs rimproverano a Mommsen questa conclusione o si dimostrano clementi verso Agostino,[18] quando affermano che, a quei tempi, la Chiesa permetteva il concubinato.[19]Agostino mantenne comunque una certa dignità e, fin dall'età di diciannove anni, mostrò un genuino desiderio di uscire da quella condotta dissoluta: nel 373, la lettura dell'Hortensius di Marco Tullio Cicerone, testo protrettico oggi andato perduto, provocò un cambiamento di direzione nella sua vita. Si imbevve dell'amore per la saggezza che Cicerone così eloquentemente encomiava e, da quel momento, Agostino considerò la retorica soltanto una professione, da esercitare in qualità di insegnante. Il suo cuore si era completamente volto alla filosofia.[20]


modifica

Lo stesso argomento in dettaglio: Manicheismo.
La più antica immagine di Agostino, risalente al VI secolo, in un affresco nella basilica del Laterano

Nel 373 la sua ansia per la ricerca dell'assoluto lo fece approdare al Manicheismo,[21] di cui, insieme al suo amico Onorato, divenne uno dei massimi esponenti e divulgatori. Agostino stesso narra che fu attratto dalle promesse di una filosofia libera dai vincoli della fede, dalle vanterie dei manichei che affermavano di aver scoperto delle contraddizioni nelle Sacre Scritture e, soprattutto, dalla speranza di trovare nella loro dottrina una spiegazione scientifica della natura e dei suoi fenomeni più misteriosi. La mente indagatrice di Agostino era entusiasta per le scienze naturali e i Manichei dichiaravano che la natura non aveva segreti per Fausto di Milevi, il loro dottore.[22] Tale adesione tuttavia non fu scevra da dubbi: essendo torturato dal problema dell'origine del male, Agostino, nell'attesa di risolverlo, diede credito alla tesi manichea di un perenne conflitto tra due princìpi, il bene e il male. C'era, inoltre, un fascino molto potente nell'irresponsabilità morale derivante da una dottrina che negava la libertà ed attribuiva l'imputabilità dei crimini ad un principio esterno.

Una volta unitosi a questo gruppo, Agostino gli si dedicò con tutto l'ardore del suo carattere; ne lesse tutti i libri, adottò e difese tutte le sue idee. Il suo attivissimo proselitismo convinse anche i suoi amici Alipio e Romaniano, i suoi mecenati di Tagaste, gli amici di suo padre che stavano sostenendo le spese dei suoi studi. Fu durante questo periodo manicheo che le facoltà letterarie di Agostino giunsero al loro pieno sviluppo, quando era ancora un semplice studente di Cartagine.

Insegnamentomodifica

Al termine dei suoi studi sarebbe dovuto entrare nel forum litigiosum, ma preferì la carriera letteraria. Possidio narra che tornò a Tagaste per "insegnare la grammatica". Il giovane professore incantò i suoi alunni, uno dei quali, Alipio, appena più giovane del suo maestro, per non lasciarlo dopo averlo seguito tra i Manichei, fu in seguito battezzato insieme a lui a Milano, per poi, probabilmente, diventare vescovo di Tagaste, la sua città natale.

Monica era profondamente dispiaciuta per l'eresia di Agostino e non l'avrebbe neanche ricevuto in casa o fatto sedere alla sua tavola, se non fosse stata consigliata da un vescovo che dichiarò che «il figlio di così tante lacrime e preghiere non poteva perire». Poco tempo dopo Agostino tornò a Cartagine, dove continuò ad insegnare retorica. I suoi talenti gli furono anche di maggiore vantaggio su questo palcoscenico più grande e, attraverso un'infaticabile ricerca delle arti liberali il suo intelletto raggiunse la piena maturità. Qui vinse un torneo di poesia ed il proconsoleVindiciano gli conferì pubblicamente la corona agonistica.

Fu in questo momento di ebbrezza letteraria, quando aveva appena completato il suo primo lavoro sull'estetica (ora perso), che Agostino cominciò a ripudiare il Manicheismo. Anche quando era nel suo massimo entusiasmo, tuttavia, gli insegnamenti di Mani erano stati lontani dal calmare la sua inquietudine. Nonostante fosse stato accusato di essere diventato un prete della "setta", non fu mai iniziato o enumerato fra gli "eletti", ma rimase un "uditore", il grado più basso nella gerarchia. Egli stesso fornì le ragioni del suo disincanto: prima di tutto l'inclinazione della filosofia manichea - "Distruggono tutto e non costruiscono nulla" -; poi la loro immoralità in contrasto con la loro apparente virtù; quindi la debolezza delle loro argomentazioni nella controversia con i "cattolici", ai cui precetti basati sulle Scritture la loro unica replica era: "Le Sacre Scritture sono state falsificate".

Ma la ragione principale fu che tra loro non trovò la scienza a cui anelava, ossia quella conoscenza della natura e delle sue leggi che gli avevano promesso. Quando li interrogava sui movimenti delle stelle, nessuno di loro era in grado di rispondergli, invitandolo ad attendere le spiegazioni esaustive di Fausto di Milevi, il celebre vescovo manicheo. Finalmente, nel 383, costui giunse a Cartagine: Agostino gli fece visita e lo interrogò,[22] ma scoprì nelle sue risposte solo volgare retorica, assolutamente estranea a qualsiasi cultura astronomica e matematica.[23] L'incantesimo si ruppe e, anche se Agostino non abbandonò immediatamente il gruppo, il suo animo deluso iniziò a respingere le dottrine manichee.

Ambrogio, arcivescovo di Milano

Incontro con Ambrogiomodifica

Lo stesso argomento in dettaglio: Sant'Ambrogio.

Nel 383 Agostino, all'età di 29 anni, cedette all'irresistibile attrazione che l'Italia aveva per lui; a causa della riluttanza della madre a separarsi da lui, dovette ricorrere a un sotterfugio e imbarcarsi con la copertura della notte. Non appena giunto a Roma, dove continuò a frequentare la comunità manichea, si ammalò gravemente. Quando guarì aprì una scuola di retorica ma, disgustato dai trucchi dei suoi alunni, che lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse d'istruzione, fece domanda per un posto vacante come professore a Milano[24]. Il praefectus urbi Quinto Aurelio Simmaco l'aiutò a ottenere il posto con l'intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio.[25] Dopo aver fatto visita al vescovo, però, si sentì attratto dai suoi discorsi e iniziò a seguire regolarmente le sue predicazioni.

Neoplatonismo e Cristianesimomodifica

Agostino tuttavia fu travagliato da tre ulteriori anni di dubbi, durante i quali la sua mente passò attraverso varie fasi. In un primo tempo si volse verso la filosofia degli Accademici, attratto dal loro scetticismopessimistico, deluso com'era dal manicheismo e diffidando ormai di ogni forma di credenza religiosa. Lo tormentava più di tutti il problema del male: se Dio esiste ed è onnipotente, perché non riesce ad annientarlo?

«Tali pensieri volgevo nel mio petto infelice, gravato da preoccupazioni tormentosissime, perché temevo la morte e non avevo trovato la verità. Pure rimaneva ferma stabilmente nel mio cuore la fede cattolica nel «Cristo tuo, Signore e Salvatore nostro»[26], una fede ancora informe sotto molti aspetti, e fluttuante al di fuori della dottrina, eppure il mio animo non l'abbandonava.»

Fu decisivo l'incontro con la filosofia neo-platonica, dalla quale rimase entusiasmato: l'attenta lettura delle opere di Platone e di Plotino riaccese nuovamente in lui la speranza di trovare la verità.[27] Ancora una volta Agostino cominciò a sognare che lui e i suoi amici avrebbero potuto condurre una vita dedicata alla ricerca di essa, rinunciando a tutte le aspirazioni terrene come onori, ricchezza, o piacere, e con il celibato come regola.[28] Ma era solo un sogno; le sue passioni lo rendevano ancora schiavo.

Monica intanto aveva raggiunto suo figlio a Milano, riuscendo a convincerlo a fidanzarsi. La sua promessa sposa però era troppo giovane, e anche se Agostino salutò la madre di Adeodato, il suo posto fu presto preso da un'altra. Dovette così attraversare un ultimo periodo di lotta e di angoscia, durante il quale la sua volontà di convertirsi non riusciva a prevalere del tutto sull'idea dei piaceri a cui avrebbe dovuto rinunciare. Finché, anche grazie ai preziosi contributi del vescovo Ambrogio, intuì come la verità, tema centrale del suo itinerario filosofico, non sia un semplice fatto in sé da possedere, quale egli la percepiva nei tribunali dell'impero romano, ma che da essa si viene posseduti, perché è qualcosa di assoluto, totale e universale. Comprendendo come essa non sia un oggetto ma un Soggetto, cioè un'entità viva e Personale, proprio come viene presentata nei Vangeli,[30] ebbe la certezza che Gesù fosse l'unica via per giungervi, e che alla Verità l'uomo aderisce innanzitutto con il suo modo di vivere.

Fu un colloquio con Simpliciano, futuro successore di Ambrogio, che raccontò ad Agostino la storia della conversione del celebre retore neo-platonico Vittorino,[31] a preparare la strada per la conversione. Questa sarebbe avvenuta all'età di 32 anni nel settembre 386, in un giardino di Milano, dove - come racconta lo stesso Agostino - sentì la voce di una bimba o un bimbo che canterellava tolle lege, ossia «prendi e leggi», invito che egli riferì alla Bibbia, che a quel punto aprì a caso cadendo su un passaggio di Paolo di Tarso.[32]

Alcuni giorni più tardi, Agostino, mentre era malato, sfruttando le vacanze autunnali, si dimise dal suo lavoro di insegnante, andò con Monica, Adeodato e i suoi amici a Cassiciacum, residenza di campagna di Verecondo.[33] Lì si dedicò alla ricerca della vera filosofia che, per lui, ormai era inseparabile dal Cristianesimo.

Dalla conversione all'episcopato (386-396)modifica

Agostino riceve il battesimo dalle mani di Ambrogio

Agostino, gradualmente, conobbe la dottrina cristiana e, nella sua mente, iniziarono a fondersi la filosofia platonica e i dogmi rivelati. La solitudine di Cassiciacum gli permise di realizzare un sogno a lungo inseguito: nei suoi libri Contra Academicos, Agostino descrisse la serenità ideale di questa esistenza, animata solamente dalla passione per la verità. Inoltre completò l'istruzione dei suoi giovani amici, ora con letture in comune, ora con conferenze filosofiche alle quali, qualche volta, invitava anche la madre, e i cui racconti, trascritti da un segretario, furono la base dei "Dialoghi". Licenzio avrebbe ricordato in seguito nelle sue Lettere le mattinate e le serate di filosofia durante le quali Agostino era solito intraprendere disquisizioni che si elevavano molto al di sopra dei luoghi comuni. I temi favoriti di queste conferenze erano la verità, la certezza (Contra Academicos), la vera felicità nella filosofia (De beata vita), l'ordine provvidenziale del mondo e la sua perfezione matematica (De Musica), il problema del male (De ordine) ed infine Dio e l'anima (SoliloquiaDe immortalitate animae).

Verso l'inizio della quaresima del 387, Agostino si recò a Milano dove, con Adeodato e Alipio, prese posto fra i competentes per essere battezzato da Ambrogio nella Veglia pasquale. Fu a questo punto che Agostino, Alipio ed Evodio decisero di ritirarsi nella solitudine dell'Africa. Agostino rimase a Milano fino all'estate, continuando i suoi lavori (De immortalitate animae e De Musica). Poi, mentre era in procinto di imbarcarsi ad Ostia, Monica morì. Agostino rimase per molti mesi a Roma occupandosi principalmente della confutazione del Manicheismo. Tornò in Africa solo dopo la morte dell'usurpatore Magno Massimo(agosto 388) e, dopo un breve soggiorno a Cartagine, ritornò a Tagaste.

Subito dopo il suo arrivo, decise di iniziare a seguire il suo ideale di vita perfetta, dedicata a quel Dio che era giunto ad amare in età adulta:

«Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace.»

Resti del battistero di Milano dove avvenne il battesimo di Agostino

Cominciò vendendo tutti i suoi beni e dando il ricavato ai poveri. Poi lui e i suoi amici si ritirarono nel suo appezzamento di terreno, che già era stato alienato, per condurre una vita comune in povertà, in preghiera, e nello studio della letteratura sacra. Il libro De diversis quaestionibus octoginta tribus è il frutto delle riunioni tenute durante questo ritiro, nel quale scrisse anche il De Genesi contra Manicheos, il De magistro ed il De vera religione.

Agostino non pensava di diventare sacerdote e, per paura dell'episcopato, scappava anche dalle città nelle quali era necessaria un'elezione. Un giorno, essendo stato chiamato a Ippona da un amico, stava pregando in una chiesa quando un gruppo di persone improvvisamente lo circondò. Costoro lo consolarono e implorarono Valerio, il vescovo, di elevarlo al sacerdozio; nonostante i suoi timori, Agostino fu ordinato nel 391. Il novello sacerdote considerò la sua ordinazione come una ragione in più per riprendere la vita religiosa a Tagaste e Valerio approvò così entusiasticamente che gli mise a disposizione delle proprietà della chiesa, autorizzandolo a fondare un monastero.

Il suo ministero sacerdotale durato cinque anni fu molto fruttifero: Valerio l'autorizzò a predicare nonostante l'uso africano che riservava quel ministero ai soli vescovi; combatté l'eresia, specialmente quella manichea e il suo successo fu notevole. Fortunato, uno dei loro grandi dottori, che Agostino aveva sfidato in pubblico, fu così umiliato dalla sconfitta che fuggì da Ippona. Egli abolì anche l'uso di tenere banchetti nelle cappelle dei martiri. L'8 ottobre 393 prese parte al Concilio Plenario d'Africa presieduto da Aurelio, vescovo di Cartagine, dove, dietro richiesta dei vescovi, fu obbligato a comporre una dissertazione che, nella sua forma completa, in seguito divenne il trattato De fide et symbolo.

Vescovo di Ippona (395-430)modifica

Sant'Agostino in abiti vescovili, in un dipinto lombardo del XVIII secolo

Valerio, indebolito dall'età ormai avanzata, ottenne da Aurelio, Primate d'Africa, che Agostino fosse associato alla sua sede in qualità di vescovo coadiutore. Pertanto Agostino si dovette rassegnare alla consacrazione dalle mani di Megalio, Primate di Numidia. Aveva quarantadue anni, e avrebbe occupato la sede di Ippona per i successivi 34. Il nuovo vescovo comprese bene come combinare l'esercizio dei suoi doveri pastorali con l'austerità della vita religiosa e, sebbene avesse lasciato il suo monastero, la sua residenza episcopale divenne un monastero dove visse una vita di comunità con il suo clero, che osservava una religiosa povertà. La casa episcopale di Ippona divenne un vero vivaio per i nuovi fondatori di monasteri che presto si diffusero in tutta l'Africa e per i vescovi che occupavano le sedi vicine. Possidio[34]elencò dieci amici e discepoli del santo che furono elevati all'episcopato. In questo modo Agostino si guadagnò il titolo di patriarca dei religiosi e rinnovatore della vita ecclesiastica in Africa.

Le sue attività dottrinali, l'influenza delle quali era destinata a durare molto a lungo, furono molteplici: predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi; scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua soluzione per i problemi dell'epoca; lasciò la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecipò, per esempio quelli di Cartagine del 398401407419 e di Milevi del 416 e 418; infine, lottò infaticabilmente contro tutte le eresie.

Controversia manichea ed il "problema del male"modifica

Dopo che Agostino divenne vescovo, lo zelo che, fin dai tempi del suo battesimo, manifestava nel portare i suoi ex correligionari all'interno della Chiesa, assunse una forma più paterna senza però perdere il suo antico ardore. Fra gli eventi più memorabili che avvennero durante questa controversia è da ricordare la grande vittoria del 404 su Felice, un "eletto" e grande dottore manicheo. Questi stava predicando ad Ippona e Agostino lo invitò ad una disputa pubblica, al termine della quale Felice si dichiarò vinto, si convertì e, insieme ad Agostino, sottoscrisse gli atti della disputa.

Nelle sue opere Agostino confutò successivamente: Mani (397), Fausto di Milevi (400),[22] Secondino (405) e (intorno al 415) i Priscillianisti, di cui gli aveva parlato Paolo Orosio. Queste opere contengono le sue opinioni sul "problema del male", opinioni basate sull'ottimismo derivante dall'idea che ogni opera di Dio è buona e che l'unica fonte del male è la libertà delle creature.[35] Agostino difese il libero arbitrio, anche nell'uomo, con tale ardore che i suoi lavori contro i Manichei sono una ricca fonte di argomentazioni per questo problema.

Agostino operò una prima distinzione fra il male fisico del corpo e il male morale dell'anima, legato al peccato. In questo modo superò una convinzione diffusa nel periodo precedente, che concepiva la malattia e il dolore come una conseguenza e una sorta di punizione divina delle azioni umane. Agostino escluse questa possibilità poiché "Dio è Amore", e un'eventuale espiazione dei peccati si colloca in una vita ultraterrena. Dolore, fame, malattia e peccato hanno però la stessa origine metafisica, ontologica, sono mancanza di essere, nell'anima e nel corpo, così come teorizzava la filosofia classica. Il male non è concepibile da parte di Dio, mentre lo è da parte dell'uomo, che può attuarlo poiché è creato libero, "a immagine e somiglianza di Dio", come afferma la Genesi. In questo senso l'uomo può fare il male, mentre Dio no. Ciò non significa che l'uomo è più libero, o che la divinità cristiana non è onnipotente, ma che l'uomo, errando, può commettere atti che lo rendono imperfetto e infelice. Non commettere il male non è un limite, ma un segno di perfezione.

Agostino, come Socrate, sostenne l'intellettualismo etico, ossia che il male si manifesta per ignoranza, ed esclude nuovamente il male dalla natura divina perché questa è onnisciente. In altre parole, Dio non può fare il male per un motivo ontologico, perché il male è mancanza di essere, mentre lui è "Essenza", che non ha nulla fuori di sé, e per uno gnoseologico-etico, per il quale chi ha la conoscenza ed è veramente libero non commette atti legati all'ignoranza del proprio bene, e che negano la propria libertà. L'uomo è libero al punto di negare la propria libertà innata, compiendo il male; la fonte dell'essere e della conoscenza sono la medesima, e da entrambe deriva l'esclusione di una deviazione etica in un essere perfetto.[36]

La controversia donatista e la teoria della Chiesamodifica

Ritratto dipinto da Filippino Lippi

Lo scisma donatista fu l'ultimo episodio delle controversie montaniste e novazianiste che agitavano la Chiesa dal II secolo. Mentre l'oriente stava investigando sotto vari aspetti il problema divino e cristologico della "Parola", l'occidente, indubbiamente a causa della sua vocazione più pratica, si poneva il problema morale del peccato in tutte le sue forme. Il problema principale era la santità della Chiesa; il peccatore avrebbe potuto essere perdonato e rimanere al suo interno? In Africa la questione riguardava in particolar modo la santità della gerarchia. I vescovi di Numidia che, nel 312, avevano rifiutato di accettare come valida la consacrazione di Ceciliano alla sede di Cartagine da parte di un traditore, avevano dato il via ad uno scisma che aveva posto queste gravi questioni: i poteri gerarchici dipendono dalla dignità morale del presbitero? Come può l'indegnità dei suoi ministri essere compatibile con la santità della Chiesa?

Essendo stato identificato con un movimento politico, forse con un movimento nazionale contro la dominazione romana, al tempo dell'arrivo di Agostino ad Ippona, lo scisma aveva raggiunto proporzioni immense. Comunque, al suo interno è facile scoprire una tendenza di vendetta antisociale che gli imperatori dovevano combattere con leggi severe. La setta nota come "Soldati di Cristo", e chiamata dai cattolici "Circoncellioni" ("briganti", "vagabondi"), associata agli scismatici, fu caratterizzata da fanatica distruttività, causando una severa legislazione da parte degli imperatori.

La storia delle lotte di Agostino con i Donatisti è anche quella del suo cambio di opinione sull'utilizzo di misure rigide contro gli eretici. Anche la Chiesa d'Africa, dei cui concili era stato l'anima, lo seguì in questo cambio. Agostino, inizialmente, tentò di ritrovare l'unità attraverso conferenze e controversie amichevoli. Nei concili africani ispirò varie misure conciliatrici, spedì ambasciatori presso i Donatisti per invitarli a rientrare nella Chiesa o, almeno, esortarli ad inviare deputati ad una conferenza (403). I Donatisti accolsero questi inviti dapprima col silenzio, poi con insulti e infine con tale violenza che Possidio, vescovo di Calama e amico di Agostino, sfuggì alla morte per puro caso, il vescovo di Bagaïa fu lasciato ricoperto di orribili ferite e la vita del vescovo di Ippona subì vari attentati.[37] Questa violenza dei Circoncellioni richiese una dura repressione, e Agostino, apprendendo delle molte conversioni che ne seguirono, da allora approvò l'impiego di leggi rigide, pur non volendo mai che l'eresia fosse punibile con la morte.[38]

Nonostante ciò, i vescovi erano ancora favorevoli ad una conferenza con gli scismatici e, nel 410, un editto promulgato dall'imperatore Onorio pose fine al rifiuto dei Donatisti. Nel giugno 411, alla presenza di 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti, fu organizzato a Cartagine un solenne Concilio. I portavoce dei Donatisti erano Petiliano di CostantinaPrimiano di Cartagine e Emerito di Cesarea, gli oratori cattolici Aurelio di Cartagine e Agostino. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona provò l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finché esiste sulla terra, può, senza perdere la sua santità, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione. A nome dell'imperatore il proconsole Marcellino sanzionò la vittoria dei cattolici su tutti i punti in discussione.

Controversia pelagianamodifica

La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegnò Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio e il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventato il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Già nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto a Diospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi, e confermata da papa Innocenzo I nel 417. Un secondo periodo di attivismo pelagiano si sviluppò a Roma; papa Zosimo fu inizialmente convinto da Celestio ma, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418pronunciò una solenne condanna contro i Pelagiani. In seguito la disputa fu proseguita per iscritto contro Giuliano di Eclano, che aveva assunto la guida del gruppo ed attaccava violentemente Agostino.

Verso il 426 nacque il movimento dei Semipelagiani, i cui primi membri furono i monaci di Adrumeto, in Africa, seguiti da quelli di Marsiglia guidati da Giovanni Cassiano, abate di San Vittore. Essi cercarono di mediare tra Agostino e Pelagio sostenendo che la grazia dovesse essere concessa solo a coloro che la meritano e negata agli altri. Informato delle loro opinioni da Prospero d'Aquitania, il santo scrisse il De praedestinatione sanctorum, nel quale spiegava che qualsiasi desiderio di salvezza era dovuto alla "Grazia di Dio" che, perciò, controllava completamente la nostra predestinazione.

Controversia ariana e ultimi annimodifica

Sant'Agostino in cattedraPietro CavaroCagliari.
Giovanni di Balduccioarca di Sant'Agostino,  basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.

Nel 426, all'età di 72 anni, desiderando risparmiare alla sua città il tumulto di un'elezione episcopale dopo la sua morte, Agostino spinse sia il clero sia il popolo ad acclamare come suo ausiliare e successore il diacono Eraclio. In quegli anni l'Africa fu sconvolta dalla rivolta del comes Bonifacio (427); i Visigoti inviati dall'imperatrice Galla Placidia per contrastare Bonifacio e i Vandali che questi aveva chiamato in suo aiuto erano tutti Ariani e, al seguito delle truppe imperiali, entrò ad Ippona Massimino, un vescovo ariano. Agostino difese la propria fede in una conferenza pubblica (428) e con vari scritti. Essendo profondamente addolorato per la devastazione dell'Africa, lavorò per una riconciliazione tra il comesBonifacio e l'imperatrice; la pace fu ristabilita, ma non con Genserico, il re vandalo. Bonifacio, cacciato da Cartagine, cercò rifugio a Ippona, dove molti vescovi si erano già rifugiati per cercare protezione in questa città ben fortificata, ma i Vandali l'assediarono per ben diciotto mesi. Cercando di controllare la sua angoscia, Agostino continuò a confutare Giuliano di Eclano, ma, all'inizio dell'assedio, fu colpito da una malattia fatale e, dopo tre mesi, il 28 agosto 430, morì all'età di 75 anni.

Nel 718 il suo feretro, venerato per secoli a Cagliaridove era stato portato da esuli fuggiti all'invasione vandala del Nordafrica,[41] fu fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, a opera del re longobardo Liutprando.[42]

Da allora le sue spoglie sono custodite nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro.

Operemodifica

Agostino in un dipinto di Simone Martini

Agostino fu un autore molto prolifico, notevole per la varietà dei soggetti che produsse, come scritti autobiografici, filosofici, apologetici, dogmatici, polemici, morali, esegetici, raccolte di lettere, di sermoni e di opere in poesia (scritte in metrica non classica, bensì accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte delle persone incolte). Bardenhewer ne lodava la straordinaria varietà di espressione ed il dono di descrivere gli avvenimenti interiori, di dipingere i vari stati dell'anima e gli avvenimenti del mondo spirituale. In generale, il suo stile è nobile e casto; ma, diceva lo stesso autore, "nei suoi sermoni e negli altri scritti destinati al popolo, intenzionalmente, il tono scendeva ad un livello popolare".

Autobiografia e corrispondenzamodifica

  • Le Confessioni, scritte intorno al 400, sono la storia della sua maturazione religiosa. Il nocciolo del pensiero agostiniano presente nelle Confessioni sta nel concetto che l'uomo è incapace di orientarsi da solo: esclusivamente con l'illuminazione di Dio, a cui deve obbedire in ogni circostanza, l'uomo riuscirà a trovare l'orientamento nella sua vita. La parola "confessioni" viene intesa in senso biblico (confiteri), non come ammissione di colpa o racconto, ma come preghiera di un'anima che ammira l'azione di Dio nel proprio interno.
  • Le Retractationes ("Ritrattazioni"), composte verso la fine della sua vita, tra il 426 e il 428, sono una revisione, un riesame dei propri lavori ripercorsi in ordine cronologico, spiegando l'occasione della loro genesi e l'idea dominante di ognuno. Rappresentano una guida di inestimabile valore per comprendere l'evoluzione del pensiero di Agostino.
  • Le Epistolae ("Lettere"), che nella raccolta benedettina ammontano a 270 (53 dei corrispondenti di Agostino), sono utili per la conoscenza della sua vita, della sua influenza e della sua dottrina.

Scritti filosoficimodifica

Queste opere, in gran parte composte nella villa di Cassiciacum, dalla conversione al battesimo (386-387), continuano l'autobiografia di Agostino iniziando il lettore alle ricerche ed alle esitazioni platoniche della sua mente. Sono saggi letterari, la cui semplicità rappresenta il culmine dell'arte e dell'eleganza. In nessun'altra opera lo stile di Agostino è così castigato e la sua lingua così pura. La loro forma dialogica dimostra che erano di ispirazione platonica e ciceroniana. Le principali sono:

  • Contra Academicos ("Contro gli accademici"), l'opera filosofica più importante;
  • De beata vita ("La vita beata");
  • De ordine ("L'ordine");
  • Soliloquia ("Soliloqui"), in due libri;
  • De immortalitate animae ("L'immortalità dell'anima");
  • De magistro ("Il maestro"), un dialogo tra Agostino e suo figlio Adeodato;
  • De musica ("La musica"), in sei libri.
Antonio CifrondiSant'Agostino d'Ippona nel suo studio

Scritti apologeticimodifica

Le sue opere apologetiche rendono Agostino il grande teorico della fede, e delle sue relazioni con la ragione. «Lui è il primo dei Padri» - affermava Adolf von Harnack (Dogmengeschichte, III 97) - «che sentì il bisogno di costringere la sua fede a ragionare».

  • La città di Dio (De civitate Dei contra Paganos, "La città di Dio contro i Pagani"), in 22 libri, fu iniziato nel 413 e terminato nel 426; esso rappresentava la risposta di Agostino ai pagani che attribuivano la caduta di Roma (410) all'abolizione del Paganesimo. Considerando il problema della Divina Provvidenzaapplicato all'Impero romano, egli allargò l'orizzonte e creò la prima filosofia della storia, abbracciando con uno sguardo i destini del mondo raggruppati intorno alla religione cristiana. La città di Dio è considerata il più importante lavoro del vescovo di Ippona. Mentre le Confessioni sono teologia vissuta nell'anima e rappresentano la storia dell'azione di Dio sugli individui, La città di Dio è teologia incastonata nella storia dell'umanità che spiega l'azione di Dio nel mondo; l'opera costituisce una vera e propria apologia del Cristianesimo messo a confronto con la civiltà pagana, oltre a fornire riflessioni sulla "grandezza e l'immortalità dell'anima". In essa Agostino cerca di dimostrare che la decadenza della cosiddetta città degli uomini(contrapposta a quella di Dio e da lui identificata proprio con l'Impero romano d'Occidente) non poteva essere imputata in alcun modo alla religione cristiana, essendo il frutto di un processo storico teleologicamente preordinato da Dio.
  • De vera religione ("La vera religione") fu composto a Tagaste tra il 389 ed il 391;
  • De utilitate credendi ("L'utilità di credere"), del 391;
  • De fide rerum quae non videntur ("La fede nelle cose che non si vedono"), del 400;
  • Lettera 120 a Consenzio.

Controversiemodifica

Contro i Manicheimodifica

  • De moribus Ecclesiae catholicae et de moribus Manichaeorum (" I costumi della Chiesa e i costumi dei Manichei"), scritto a Roma nel 368;
  • De duabus animabus contra Manichaeos ("Le due anime contro i Manichei"), scritto prima del 392;
  • Acta seu disputatio contra Fortunatum manichaeum("Atti della disputa contro il manicheo Fortunato"), del 392;
  • Contra Felicem manichaeum ("Contro il manicheo Felice"), del 404;
  • De libero arbitrio voluntatis ("Il libero arbitrio"), opera importante per la trattazione dell'origine del male;
  • Contra Adimantum manichaei discipulum ("Contro Adimanto, discepolo manicheo");
  • Contra epistolam Manichaei quam vocant Fundamenti ("Contro la lettera di Mani che chiamano della Fondazione");
  • Contra Faustum manichaeum ("Contro il manicheo Fausto");
  • Contra Secundinum manichaeum ("Contro il manicheo Secondino");
  • De Genesi contra Manichaeos ("La Genesi contro i Manichei");
  • De natura boni contra Manichaeos ("La natura del bene contro i Manichei").
Sant'Agostino d'Ippona ritratto da Francesco Cappella

Contro i Donatistimodifica

  • Psalmus contra partem Donati ("Salmo contro la fazione di Donato"), scritto intorno al 395, è semplicemente un canto ritmato per uso popolare, il più antico esempio del genere;
  • Contra epistolam Parmeniani ("Contro la lettera di Parmeniano"), scritto nel 400;
  • De baptismo contra Donatistas ("Il battesimo contro i Donatisti"), scritto intorno al 400, una delle opere più importanti scritte durante questa controversia;
  • Contra litteras Petiliani ("Contro le lettere di Petiliano");
  • Contra Cresconium grammaticum Donatistam("Contro il grammatico donatista Cresconio");
  • Breviculus collationis cum Donatistas ("Sommario della conferenza coi Donatisti");
  • Contra Gaudentium Donatistarum episcopum("Contro Gaudenzio vescovo dei Donatisti");
  • De gestis cum Emerito Donatistarum episcopo ("Gli atti del confronto con Emerito vescovo dei Donatisti");
  • Epistola ad Catholicos contra Donatistas ("Lettera ai Cattolici contro i Donatisti");
  • Post collationem ad Donatistas ("Ai Donatisti dopo la conferenza");
  • De unico baptismo contra Petilianum ("Il battesimo unico contro Petiliano");
  • Un buon numero di epistolae sull'argomento.

Contro i Pelagianimodifica

  • De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvolorum ("Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei bambini"), scritto nel 412, tratta del merito e del perdono;[43]
  • De Spiritu et littera ("Lo Spirito e la lettera"), scritto nel 412;
  • De perfectione iustitiae hominis ("La perfezione della giustizia dell'uomo"), scritto nel 415 ed importante per la comprensione del pensiero pelagiano;
  • De gestis Pelagii ("Le gesta di Pelagio"), scritto nel 417, narra la storia del Concilio di Diospolis, di cui riproduce gli atti;
  • De gratia Christi et de peccato originali contra Pelagium ("La grazia di Cristo ed il peccato originale contro Pelagio"), scritto nel 418;
  • De nuptiis et concupiscentia ("Le nozze e la concupiscenza"), scritto nel 419;
  • Contra duas epistolas Pelagianorum ("Contro due lettere dei Pelagiani");
  • De natura et gratia contra Pelagium ("La natura e la grazia contro Pelagio");
  • Contra Iulianum haeresis Pelagianae ("Contro Giuliano dell'eresia pelagiana"), ultimo della serie, interrotta dalla morte del santo.
Il PordenoneSant'Agostino in cattedra

Contro i Semipelagianimodifica

  • De correptione et gratia ("La correzione e la grazia"), scritto nel 427;
  • De praedestinatione sanctorum ("La predestinazione dei santi"), scritto nel 428;
  • De dono perseverantiae ("Il dono della perseveranza"), scritto nel 429.

Contro gli Arianimodifica

  • Contra sermonem Arianorum ("Contro il sermone degli Ariani"), del 418;
  • Collatio cum Maximino Arianorum episcopo("Conferenza con Massimino vescovo degli Ariani");
  • Contra Maximinum haereticum episcopum Arianorum ("Contro Massimino vescovo eretico degli Ariani").

Altre eresiemodifica

  • De haeresibus ("Le eresie");
  • Contra Priscillanistas et Origenistas ("Contro i Priscillanisti e gli Origenisti").

Scritti esegeticimodifica

In evangelium Ioannis, 1050-1100 ca., Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze

I più notevoli dei suoi lavori biblici illustrano o una teoria dell'esegesi (generalmente approvata) che si diletta nel trovare interpretazioni mistiche ed allegoriche, o lo stile della predicazione che si fonda su quei punti di vista. La sua produzione strettamente esegetica è ben lontana, tuttavia, dall'eguagliare il valore scientifico di quella di Girolamo: la sua conoscenza delle lingue bibliche era insufficiente. Da giovane comprendeva il greco con qualche difficoltà[44] e, per quanto riguarda l'ebraico, tutto ciò che si può desumere dagli studi di Martin Schanz e Odilo Rottmanner è che aveva familiarità con il punico,[45] una lingua simile all'ebraico. Inoltre, le due grandi qualità del suo genio, la prodigiosa sottigliezza e l'ardente sensibilità, lo portarono a destreggiarsi tra interpretazioni che a volte erano più ingegnose che realistiche. Tra le sue opere vanno ricordate:

  • De doctrina christiana ("La dottrina cristiana"), iniziato nel 397 e terminato nel 426, fu il primo vero trattato esegetico, poiché Girolamo scrisse piuttosto come controversialista; esso si occupa della predicazione, dell'interpretazione della Bibbia e dei rapporti fra retorica classica e retorica cristiana;
  • De Genesi ad litteram ("La Genesi alla lettera"), composto tra il 401 ed il 415;
  • Enarrationes in Psalmos ("Esposizioni sui Salmi"),[46] in 4 volumi, parte dei Discorsi, un capolavoro di eloquenza popolare;
  • De sermone Domini in monte ("Il discorso del Signore sulla montagna"), scritto durante il suo ministero sacerdotale;
  • De consensu evangelistarum ("Il consenso degli evangelisti"), scritto nel 400;
  • In evangelium Ioannis ("Nel vangelo di Giovanni"), scritto nel 416 considerato una delle opere migliori di Agostino;
  • Expositio Epistolae ad Galatos ("Esposizione della Lettera ai Galati");
  • Annotationes in Iob ("Annotazioni in Giobbe");
  • De Genesi ad litteram imperfectus ("La Genesi alla lettera incompiuta");
  • Epistolae ad Romanos inchoata expositio ("Inizio dell'esposizione della Lettera ai Romani");
  • Expositio quarundam propositionum ex Epistola ad Romanos ("Esposizione di alcune frasi dalla Lettera ai Romani");
  • In Epistolam Ioannis ad Parthos ("Nella Lettera di Giovanni ai Parti");
  • Locutiones in Heptateuchum ("Locuzioni nell'Ettateuco").

De doctrina Christianamodifica

Da quando Agostino fu ordinato sacerdote cominciò seriamente a interessarsi all'esegesi delle Sacre Scritture. Quest'opera, redatta in quattro libri, raccoglie la sua esperienza di commentatore biblico: i primi tre libri trattano della comprensione dei contenuti (res) e delle parole (signa), il quarto discorre della corretta esposizione dei contenuti (proferre).

Sant'Agostino nello studio (dipinto di Vittore Carpaccio).

Il commentatore dei testi sacri, in questo caso della Bibbia, deve ponderare bene le proprie ipotesi e obbligatoriamente valutarle alla luce della gemina caritas ("duplice carità") cristiana,[47] presente in ogni parte della Sacra Scrittura: questo duplice amore, quello per Dio e quello per il prossimo, ne rappresenta il valore portante. Il lettore deve inoltre prestare molta attenzione alla comprensione delle parole che possono risultare sconosciute, spiegabili attraverso il confronto con le lingue greco-ebraiche, oppure quelle ambigue, che possono essere veramente comprese ricorrendo al testo originale o in alternativa consultando altre traduzioni a disposizione. Agostino dimostra qui uno spirito filologico di sensibilità molto elevata, ed elabora concetti di scientificità basilari per l'approccio alla comprensione di un testo.

Per quanto riguarda il proferre, l'autore ammette, a differenza di altri autori cristiani, l'uso della retorica classica purché miri alla creazione di una nuova retorica cristiana, che per essere tale deve essere esercitata da uomini meritevoli e integerrimi, ricordando il pensiero di Catone (un buon cittadino è un ottimo oratore).

All'interno del componimento si trovano molte riflessioni interessanti, come la differenza tra frui("godere") e uti ("usare"), basata su una concezione che vede l'uomo bearsi di tutto ciò che provoca diletto ed usa ogni mezzo che è necessario per raggiungere tale piacere.[48] Nel sistema del godimento creato da Agostino, Dio naturalmente occupa il posto massimo, dunque l'uomo per raggiungere tale letizia deve impiegare gli strumenti che possiede, ossia l'anima e il corpo. L'altra riflessione che emerge è di carattere linguistico-culturale e consiste nella differenza tra res(la cosa in sé) e signum (ciò che rimanda ad altro). La parola è sicuramente un segno, afferma Agostino, pertanto la teoria platonica di un linguaggio naturale viene sostituita da quella di un linguaggio convenzionale, ossia frutto di un accordo comune tra gli uomini. Il filosofo chiude l'opera esprimendo la sua idea di nuova retorica cristiana: un'opera non dev'essere giudicata attraverso canoni prefissati (cioè quelli della retorica classica) ma, più propriamente, in base a ciò che essa realmente contiene.

Opere dogmatiche e moralimodifica

  • De Trinitate ("La Trinità"), in 15 libri, scritto dal 400 al 416, è l'opera più complessa e profonda di Agostino.[49] Gli ultimi libri sulle analogie che il mistero della Trinità ha con la nostra anima sono molto discussi;
  • Enchiridion de fide, spe et charitate ("Manuale sulla fede, sulla speranza e sull'amore"), scritto nel 421su richiesta di un pio romano, Laurenzio, è una sintesi della teologia di Agostino, ridotta alle tre virtù teologiche. Padre Faure ne ha elaborato un dotto commentario, mentre Harnack un'analisi particolareggiata (Storia dei dogmi, III, pp. 205–221);
  • De diversis quaestionibus ad Simplicianum ("Diverse domande a Simpliciano"), scritto nel 397, dove Agostino torna sul tema della grazia salvatrice, ritenuta un dono gratuito che non dipende da meriti ma esclusivamente «da Dio che usa misericordia»,[50] secondo una prospettiva echeggiante la predicazione di Paolo;
  • Quaestiones Evangeliorum ("Domande sui Vangeli");
  • Quaestiones in Heptateuchum ("Domande sull'Ettateuco");
  • Quaestiones septemdecim in Evangelium secundum Matthaeum ("Diciassette domande sul Vangelo secondo Matteo");
  • De diversis quaestionibus octoginta tribus("Ottantatré diverse questioni");
  • De octo Dulcitii quaestionibus ("Le otto domande di Dulcizio");
  • De octo quaestionibus ex Veteri Testamento ("Otto domande sull'Antico Testamento");
  • De bono coniugali ("Il bene del matrimonio");
  • De bono viduitatis ("Il bene della vedovanza");
  • De coniugiis adulterinis ("I connubi adulterini");
  • De continentia ("La continenza");
  • De cura pro mortuis gerenda ("La cura che dev'essere riservata ai morti");
  • De mendacio ("La menzogna");
  • De patientia ("La pazienza");
  • De quantitate animae ("La grandezza dell'anima");
  • De utilitate ieiunii ("L'utilità del digiuno");
  • De sancta virginitate ("La santa verginità").

Pastorali e predicazionimodifica

Oltre alle omelie sulle Scritture, i Benedettini hanno raccolto 364 sermoni di provata autenticità; la loro brevità suggerisce che siano resoconti redatti da discepoli, spesso revisionati da Agostino stesso. Se il Dottore che era in lui predominava sull'oratore, aveva meno colore, meno opulenza, meno attualità e meno fascino orientale di Giovanni Crisostomo, ma, d'altra parte, dimostrava una logica più nervosa, paragoni più arditi, maggiore elevazione e maggiore profondità di pensiero e, a volte, nei suoi scoppi d'emozione e nelle sue cadute nella forma dialogica, raggiungeva il potere irresistibile dell'oratore greco. Tra queste opere:

  • De catechizandis rudibus ("I novelli catechizzandi"), scritto nel 400, in cui viene spiegata la teoria della predicazione e dell'istruzione religiosa delle persone;
  • De disciplina Christiana ("La disciplina cristiana"), in 4 libri;
  • Sermo ad Caesariensis Ecclesiae plebem ("Discorso al popolo della Chiesa di Cesarea");
  • Sermones ("Sermoni"), caratterizzati dalla chiarezza d'esposizione e dall'efficacia della nuova retorica teorizzata nel De doctrina Christiana. Nelle opere agostiniane complete stampate nel 1683 dalla Congregazione di San Mauro, i sermoni sono 394, dei quali 364 si attribuiscono ad Agostino; altri ritrovamenti vi hanno aggiunto 175 sermoni. Tra le scoperte più recenti, lo storico Germain Morin nel 1917 aggiunse 34 sermoni, dal Codex Guelferbytani; il benedettino medievalista Dom André Wilmart nel 1921-1930 vi aggiunse 15 sermoni dal Codex Wilmart; Dom Cyrille Lambot rinvenne 24 nuovi sermoni, sette in frammenti, nel Codex Lambot. L'ultimo ritrovamento fu nel 1990, quando François Dolbeau scoprì a Magonza un manoscritto con 26 sermoni[51].

Altre operemodifica

  • Adversus Judaeos ("Contro i Giudei"), in quest'opera Agostino attacca i giudei, accusati di avversare la nuova fede cristiana; le disgrazie patite dai giudei attraverso la diaspora e le loro sciagure rappresentavano, per Agostino, la testimonianza della «validità della religione cristiana e dunque la giustezza della nuova interpretazione delle Sacre Scritture». Agostino avanzava verso i giudei l'accusa gravissima di aver crocifisso ed ucciso Cristo: «[…] i giudei lo tengono prigioniero, i giudei lo insultano, i giudei lo legano, lo incoronano di spine, lo disonorano con gli sputi, lo flagellano, lo coprono di ingiurie, lo appendono alla Croce, lo trapassano con una lancia, alla fine lo seppelliscono». In quest'opera Agostino tracciava anche una netta divisione tra cristiani ed ebrei giudei: una cesura dettata dall'esigenza dello Spirito con riferimento alla comune discendenza da Abramo. Per i giudei era un'origine carnale, non originata dalla Fede in Dio, come è invece per i cristiani: «È la stirpe dei giudei che trae origine dalla sua carne, - scrive Agostino - non la stirpe dei cristiani: noi discendiamo da altre genti e tuttavia imitando la sua virtù, siamo divenuti figli di Abramo. […] Noi siamo dunque fatti discendenti di Abramo per grazia di Dio. Dio non fece suoi eredi i discendenti carnali di Abramo. Anzi questi li ha diseredati per adottare quegli altri».
  • Contra adversarium Legis et Prophetarum ("Contro l'avversario della Legge e dei Profeti");
  • Contra mendacium ("Contro la menzogna");
  • De agone Christiano ("Il combattimento cristiano");
  • De anima et eius origine contra Vincentium Victorem ("L'anima e la sua origine contro Vincenzo Vittore");
  • De divinatione demonum ("La divinazione dei demoni");
  • De excidio urbis Romae ("La rovina della città di Roma");
  • De fide et operibus ("La fede e le opere");
  • De fide et symbolo ("La fede e il simbolo");
  • De grammatica ("La grammatica");
  • De gratia et libero arbitrio ("La grazia e il libero arbitrio");
  • De opera monachorum ("L'opera dei monaci");
  • De Scriptura Sacra speculum ("Specchio della Sacra Scrittura");
  • De symbolo ad Catechumenos ("Il simbolo ai Catecumeni");
  • Regula ad servos Dei ("Regola ai servi di Dio").

Cultomodifica

Agostino in un dipinto di ambito trentino.

Agostino è venerato come santo dalla Chiesa cristiana sin da tempi remoti, e tradizionalmente rappresentato con la mitra e il pastorale come suoi tipici paramenti vescovili. Altre immagini di lui, tra cui la più antica risalente al VI secolo, lo raffigurano invece seduto ad uno scrittoio con un libro aperto.[52]

Nel 1298 fu annoverato fra i primi quattro dottori della Chiesa.[53]

In occasione del XV centenario della morte papa Pio XIne commemorò la figura nell'enciclica Ad Salutem Humani del 20 aprile 1930. In occasione del XVI anniversario della conversione, papa Giovanni Paolo IIpubblicò la lettera apostolica Augustinum Hipponensem, del 28 agosto 1986.

Il 22 aprile 2007 papa Benedetto XVI si recò a Pavia, nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, a pregare presso la tomba del santo.

Sant'Agostino è santo patrono delle seguenti città:

È santo compatrono di Pavia (a partire dal 16 settembre 2007, dal decreto stipulato il 28 agosto 2007). È anche patrono secondario della Sardegna(ricorrenza liturgica il giorno 11 ottobre in memoria della Traslazione delle sue spoglie nell'Isola). In Sardegna esistono inoltre chiese ed altri edifici religiosi intitolati al santo, ad esempio: la Chiesa di Sant'Agostino di Sassari; la Cripta dentro la Chiesa di Sant'Agostino, a Cagliari; e la Chiesa di Sant'Agostinoad Abbasanta.

Ordini religiosi ispirati ad Agostinomodifica

Reliquia conservata nella Basilica di Sant'Agostino ad Annaba in Algeria

Ad Agostino si deve la nascita delle varie regole del primo monachesimo, come la Regula Magistri e la Regola di San BenedettoCesario d'Arles, infatti, si ispirò alle sue idee sia per le sue prediche che per la fondazione di alcuni ordini monastici. A lui si ispirarono anche i papi che proposero le regole di vita dei Canonici Regolari di Sant'Agostino.

Successivamente, alla sua Regola di vita si rifecero numerose forme di vita religiosa, tra i quali l'Ordine di Sant'Agostino (OSA), chiamato degli Agostiniani: diffusi in tutto il mondo, insieme agli Agostiniani scalzi(OAD) e agli Agostiniani Recolletti (OAR), costituiscono nella Chiesa cattolica la principale eredità spirituale del santo di Ippona.

Ingresso al Monastero di Sant'Agostino e San Serafino di Sarov a Trikorfo, Grecia centrale. Il campanile contiene 400 simandrimetallici e 62 campane.

In Grecia, a Trikorfo (regione della Focide, nei pressi di Lepanto) opera un grande monastero Greco-Ortodosso[54] dedicato a Sant'Agostino di Ippona e San Serafino di Sarov. In questo monastero maschile (è noto che nella Chiesa Ortodossa esiste un unico μοναχικό τάγμα, o "ordine" monastico) risiedono oltre 30 giovani monaci, impegnati nella trasmissione del messaggio del Santo di Ippona.

Alcune Chiese scismatiche africane, fenomeni a metà tra le cosiddette "Piccole Chiese" ed il sincretismo (in particolare quelle fornite di successione apostolica), sorte nel corso del XIX e del XX secolo, si sono auto-definite Agostiniste, in considerazione dell'origine africana del santo.

Opere d'arte dedicate ad Agostinomodifica

La Chiesa di Sant'Agostino a Napoleon (Stati Uniti) è uno dei tanti luoghi di culto dedicati ad Agostino di Ippona.

Pitturamodifica

Sculturamodifica

Cinema e televisionemodifica

Opere teatralimodifica

  • Maricla BoggioIl tempo di Agostino, un prologo e quindici scene, pubblicato sulla rivista "Hystrio", A. 7, n. 4, pp. 178–191, Milano, ottobre-dicembre 1994.[57]
  • Maura Del SerraScintilla d'Africa, cinque scene, con uno scritto di Marco Beck, Pistoia, Editrice Petite Plaisance, 2005.

Musicamodifica

  • Marco Bargagna, Agostino d'Ippona, Italia 2001, Oratorio per Soli, Coro e Orchestra - 2CD - Interpreti: Maria Billeri, Soprano, Giancarlo Ceccarini, Baritono, Salvatore Ciulla, Voce recitante. Dir. Stefano Barandoni. Testi tratti dagli scritti di Agostino, dalla Vita di Agostino di Possidio e dai libri liturgici
  • Corrado Cicciarelli, Aldino Leoni, Il Sacco di Sant'Agostino, Italia 1994 (I edizione, esecuzione prima in San Pietro in Ciel d'Oro) e 2009 (II edizione) Oratorio (musicassetta e libretto edizioni Joker, 1994) - Interpreti: Corrado Cicciarelli, Aldino Leoni, Mario Martinengo, Andrea Negruzzo, Giorgio Penotti (Gruppo dell'Incanto).

Romanzi filosofici e storicimodifica

Notemodifica

  1. ^ Le confessioni, traduzione di Dag Tessore, Newton Compton Editori, 2012. URL consultato il 5 febbraio 2017.
  2. ^ Agostino viene annoverato da Carlo Borromeotra i santi di Milano: San Carlo Borromeo, Sant'Agostino, in I Santi di Milano, Il Club di Milano, 2012, ISBN 978-88-97618-03-4.
  3. ^ Giuseppe Lorizio, Teologia fondamentale, vol. I, p. 273, Roma, Città Nuova, 2004.
  4. ^ Poujoulat, Storia di Sant'Agostino: sua vita, sue opere, vol. III, p. 132, Losanna, S. Bonamici, 1845.
  5. ^ «L'aggancio con le dottrine stoiche in Agostino è mediato attraverso Cicerone e Varrone», dai quali egli riprende, tra le altre cose, l'idea della felicità come scopo della filosofia; Luigi Manca, Il primato della volontà in Agostino e Massimo il Confessore, Roma, Armando, 2002, p. 57, ISBN 88-8358-385-X. Sull'influsso dello stoicismo sul giovane Agostino, che se ne discosterà soltanto nella vecchiaia, vedi anche L'originalità del Verbum nel De Trinitate di Agostino d'Ippona, articolo di Gaetano Piccolo, Mondodomani, 2011.
  6. ^ Oggi infatti gli studiosi concordano sul fatto che la filosofia agostiniana è sostanzialmente di stampo neoplatonico (Werner BeierwaltesAgostino e il neoplatonismo cristiano, prefazione e introduzione di Giovanni Reale, traduzione di Giuseppe Girgenti e Alessandro Trotta, Milano, Vita e pensiero, 1995). Gli studi del professor Reale ad esempio hanno contribuito a rimuovere le interpretazioni medievali del pensiero di Agostino, riconducendolo entro la cornice di un autentico neoplatonismo. Sant'Agostino erede di Platone, in Corriere della Sera, 12 dicembre 2007. URL consultato il 22 aprile 2022.
  7. ^ «Nessuna altra cosa può rendere la mente compagna del desiderio disordinato se non la propria volontà e il libero arbitrio» (Agostino, Il libero arbitrio, libro I, 11, 21).
  8. ^ Heinz Heimsoeth, I grandi temi della metafisica occidentale, Milano, Mursia, 1973, pp. 110-111.
  9.  Remo Piccolomini, Natalino Monopoli, L'attualità di Agostino. Commento alla lettera apostolica «Agostino d'Ippona» di Giovanni Paolo II, Roma, Città nuova, 2005, pp. 12, 256, ISBN 978-88-311-7474-9.
  10. ^ Henri-Irénée MarrouCrise de notre temps et réflexion chrétienne de 1930 à 1975, Beauchesne, 1978, p. 177; Étienne GilsonLe philosophe et la théologie (1960), Vrin, 2005, p. 175; Encyclopedia Americana, Scholastic Library Publishing, 2005, volume 3, p. 569; Guy BedouelleL'Histoire de l'Eglise, Rouergues, 2004, p. 34; Norman CantorThe Civilization of the Middle Ages, Harper Perennial, 1994, p. 74; François MauriacBloc-notes, 1952-1957, Flammarion, 1958, p. 320; Claude LepelleySaint Augustin et le rayonnement de sa pensée in Histoire du Christianisme, Parigi, Seuil, 2007. p. 122; Grand Larousse encyclopédique, Librairie Larousse, 1960, tomo 1, p. 144.
  11. ^ Mark Ellingsen, The richness of Augustine, his contextual and pastoral theology, Louisville, Westminster John Knox Press, 2005, p. 10.
  12. ^ Antonio Sicari, Il quinto libro dei Ritratti di santi, Milano, Jaca Book, 1996, pp. 11, 224, ISBN 88-16-30313-1.
  13. ^ Comune di Roma, Giovanni Falbo, 'Sant'Agostino Patrono di Ostia' (2009), p 8.
  14. ^ Agostino, La felicità, 1, 6.
  15. ^ Christian Courtois, Saint Augustin et le problème de la survivance punique, n. 94, pp. 239-282, Revue Africaine, 1950.
  16. ^ Emerge qui velatamente il pensiero di Agostinosulla natura del male, concepito come un semplice non-essere: il furto, opera malvagia, è privo di consistenza. «Qualcosa» erano le pere, ma non da esse egli era attratto, bensì dal desiderio di rubare fine a sé stesso.
  17. ^ «Venni a Cartagine, dove da ogni parte mi strepitava intorno una ridda di turpi amori. […] Cercavo un oggetto da amare, amando di amare, e detestavo la tranquillità e la via senza trappole, perché avevo un vuoto, dentro di me, di cibo interiore. […] Perciò l'anima mia era malata e, piena d'ulceri, si gettava al di fuori, sulle creature, miserabilmente avida di essere sfregata dal contatto con le realtà sensibili» (Confessioni, III, 1, 1).
  18. ^ F. Loofs, Realencyklopädie, 3ª edizione, II, 268.
  19. ^ Erwin Roderich, Hermann von Kienitz, Abendland-Verlag, 1947, Augustinus: Genius des Abendlandes, 114.
  20. ^ «L'Ortensio mi piaceva perché non m'incitava a seguire questa o quella setta, ma ad amare, cercare, conseguire, possedere e abbracciare con forza la sapienza stessa, quale essa fosse; e mi accendeva e m'infiammava» (Confessioni, III, 4).
  21. ^ Setta fondata da Mani di Babilonia, che riconosceva Gesù come profeta, ma inferiore a sé.
  22.  Sul vescovo manicheo Fausto di Milevi, Heinrich Kraft, La teologia dei padri [1966], V, pag. 168, a cura di Gaspare Mura, trad. it., Città Nuova Editrice, Roma 1987 ISBN 88-311-9205-1; e Francesco Adorno, La filosofia antica: cultura, filosofia, politica e religiosità II-VI secolo d.C., IV vol., pag. 359, Feltrinelli, Milano 1992 ISBN 88-07-81138-3.
  23. ^ Confessioni, V, 6, 10.
  24. ^ Pavia e l'Europa, su monasteriimperialipavia.it.
  25. ^ Servitium. Quaderni di spiritualità XXIV (1990), pp. 31-42.
  26. ^ Citazione della seconda epistola di San Pietro, II, 20.
  27. ^ Come già ripetuto, Agostino erediterà da Platone la fede nell'esistenza di due mondi indipendenti: uno intellegibile nel quale dimora la Verità e si conosce l'anima, e uno sensibile che, manifesto alla vista e al tatto, è creato a immagine e a verosimiglianza del primo. Il mondo sensibile può indurre gli stolti a rimanere schiavi dell'opinione, smarrendo la vera conoscenza (Contra Academicos, III, 17.37), (LAENVernon J. BourkAugustine’s View of Reality, in The Saint Augustine Lecture Series, 1963, p. 38, DOI:10.5840/stauglect19639URL consultato il 3 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 29 gennaio 2020). Secondo Agostino, Platone fu l'uomo «più sapiente e più colto della sua epoca»: seppe costruire un sistema filosofico perfetto, unendo «all'arguzia e alla finezza socratica, che ebbe in materia di morale, la scienza delle cose naturali e divine», che Pitagora aveva appreso dalle discussioni con Ferecide di Siro riguardo all'anima immortale, Biviana Unger, Tra scetticismo e platonismo: la ricerca agostiniana della verità - Seminario di Filosofia Medievale (PDF), su cirfim.unipd.itUniversità di Padova, 17 maggio 2017, p. 3. URL consultato il 3 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 29 gennaio 2020).
  28. ^ Confessioni, VI.
  29. ^ Esprimendo un concetto che sarà ripreso da Pascal, Agostino scriveva che «l'intelletto cerca Colui che ha già trovato» (De Trinitate, 15, 2, 2).
  30. ^ «Io sono la Via, la Verità e la Vita», vangelo di Giovanni 14,6.
  31. ^ Confessioni, VIII, I II.
  32. ^ Si trattava della lettera ai Romani, nel punto in cui Paolo sosteneva che era giunto il tempo di «destarsi dal sonno» esortando perciò a «comportarsi onestamente come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri» (Romani, 13, 13-14).
  33. ^ Tale località potrebbe essere all'attuale Cassago Brianza, secondo F. Meda, Controversia sul Rus Cassiciacum, in «Miscellanea Agostiniana», vol. II, pagg. 49-59, Roma 1931. Dello stesso avviso Rinaldo Beretta, Dov'era Cassiciaco che ospitò S.Agostino?, Carate 1928. Di altro avviso Carlo Massimo Rota, La villeggiatura di S. Agostino, Varese 1928, dove Cassiciacum è identificata invece con Casciago, tesi autorevolmente sostenuta dal Beato Cardinal Schuster e dal Cardinal Giacomo Biffi.
  34. ^ Vita Sancti Augustini, XXII.
  35. ^ De civitate Dei, XIX, c. XIII, n. 2.
  36. ^ Sant'Agostino, Confessioni, VII, 12-20.
  37. ^ Epistola LXXXVIII, a Gennaro vescovo donatista.
  38. ^ Vos rogamus ne occidatis Epistola c, al proconsole Donato.
  39. ^ Non si tratta di un conflitto tra ragione e volontà, o tra principi contrapposti come li intendevano i manichei, bensì di un conflitto tutto interno alla volontà, che risulta sdoppiata: 

    «Il comando della volontà riguarda se stessa, non altro da sé. Quindi non è tutta la volontà che comanda; per questo il suo comando non si realizza. Se fosse tutta, infatti, non comanderebbe di essere, poiché già sarebbe. Il fenomeno straordinario perciò non consiste nel volere da una parte e non volere dall'altra, ma in una malattia dello spirito, incapace di ergersi tutto intero, in quanto sollevato dalla verità, ma appesantito dall'abitudine. Allora le volontà sono due, poiché nessuna è intera e nell'una è presente ciò che è assente nell'altra.»

  40. ^ Ugo e Annamaria Perone, Giovanni Ferretti, Claudio Ciancio, Storia del pensiero filosofico, vol. I, Torino, SEI, 1975. Si tratta di un concetto, questo di Agostino, che rievoca le parole di Paolo di Tarso: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me» (Paolo, Lettera ai Romani Rm 7, 18-20, su laparola.net.).
  41. ^ In particolare da San Fulgenzio, vedi Giuseppe Cossu, Della città di Cagliari, notizie compendiose sacre e profane, Cagliari, Reale Stamparia, 1780, p. 97, dove si fa menzione dell'epistola De translatione corporis B. Augustinii, di Giacomo Oldrado.
  42. ^ Gabriele Del Grande, Il mare di mezzo, Infinito, 2010, p. 24.
  43. ^ Agostino vi difese la prassi del battesimo dei neonati, convinto che costoro fossero destinati all'inferno se morti prima di essere battezzati, non essendo stati purificati dal peccato originale. Nel Medioevo verrà introdotto il concetto di Limbo quale luogo ultraterreno in cui collocare le anime dei non battezzati.
  44. ^ "As Augustine only seems to have become fluent in Greek later in his career, he was initially dependent on translations." (H. A. G. Houghton, Augustine’s Text of Johnː Patristic Citations and Latin Gospel Manuscripts, New York, Oxford University Press, 2008, p. 48; "he himself [Agostino] knew no Hebrew, and his knowledge of even the Greek language progressed to a proficient level only in his later years", Edmon L. Gallagher, "Augustine on the Hebrew Bible", The Journal of Theological Studies, NS, 2016, p. 3.
  45. ^ Michael G. Cox, Augustine, Jerome, Tyconius and the Lingua Punica, "Studia Orientalia", vol. 64, 1988, pp. 83-106.
  46. ^ in altre lingue tradotto come Commenti ai Salmi.
  47. ^ Con l'espressione «gemina caritas» Agostino riassume il contenuto del duplice comandamento di amare Dio e il prossimo come se stessi (De doctrina Christiana 2, 6, 7).
  48. ^ «Chiamo carità l'atto spirituale volto al godimento di Dio in se stesso, e di sé e del prossimo in vista di Dio. […] L'atto col quale la carità giova a se stessa si chiama invece utilità» (De doctrina Christiana 3, 10, 16; trad. di L. Alici (LCPM 7), Milano 1989, p. 239).
  49. ^ Secondo la leggenda, per via del notevole impegno che Agostino profuse nell'opera, un angelo gli avrebbe spiegato che il tentativo umano di comprendere il mistero della Trinità era come cercare di raccogliere l'acqua del mare in una piccola buca sulla sabbia: l'episodio è stato raffigurato da Botticelli in una pala conservata agli Uffizi di Firenze.
  50. ^ Ad Simplicianum I, 2, 13.
  51. ^ Augustine 2007, pp. 11-12, 439-440.
  52. ^ Alfredo Cattabiani, «Agostino Aurelio», in Santi d'Italia: vita, leggende, iconografia, feste, patronati, culto, Milano, BUR, 1993.
  53. ^ Victor Saxer, Il culto dei martiri romani durante il Medioevo centrale nelle basiliche Lateranense, Vaticana e Liberiana, in Roma antica nel Medioevo, Milano, Vita e Pensiero, 2001, p. 155, ISBN 88-343-0686-4.
  54. ^ Sacro Monastero di Sant'Agostino di Ippona e San Serafino di Sarov, Trikorfo Fokida, Grecia, su freemonks.grURL consultato il 29 settembre 2020.
  55. ^ Stefano Masi, Enrico Lancia, I film di Roberto Rossellini, pp. 117-121, Gremese Editore, 1987.
  56. ^ Agostino di Ippona di Roberto Rossellini, su cassiciaco.it, Associazione storico-culturale S.Agostino. URL consultato il 27 giugno 2015.
  57. ^ Ripubblicato all'interno del libro di Maricla Boggio, Aleida e il Che, Il tempo di Agostino, Savonarola, Il Volto velato, Roma, edizioni Bulzoni, 2015.

Bibliografiamodifica

  • Agostino d'Ippona, Manuale (in italiano), Firenze, Lorenzo Morgiani e Johann Petri, 1493.
  • Agostino d'Ippona, Sermone del vivere religiosamente, Impresso in Venetia, Annibale Fossi, 1487.
  • Catholic Encyclopedia, Volume II. New York 1907, Robert Appleton Company. Nihil obstat, 1907. Remy Lafort, S.T.D., Censor. Imprimatur +Cardinale John Murphy FarleyArcivescovo di New York
  • Rinaldo Beretta, Il Rus Cassiciacum di S. Agostino, Carate Brianza, tipografia G. Moscatelli, 1947.
  • Peter BrownAugustine of Hippo, Berkeley, University of California Press, 1967 ISBN 0-520-00186-9 (trad. ital. Agostino d'Ippona, Torino, Einaudi, 1971. Nuova ed. ampliata, 2005).
  • Norman CantorThe Civilization of the Middle Ages, A Completely Revised and Expanded Edition of Medieval History p74, Harper Perennial, 1994 ISBN 0-06-092553-1
  • Gabriel CampsLes Berbères. Mémoire et identité, 3ª ed., Paris, Errance, 1995 ISBN 978-2-87772-221-6
  • Antonio Casamassa, "Agostino" in Enciclopedia Biografica Universale, Roma, Istituto Enciclopedia Italiana, 2006, pp. 144–166.
  • Giovanni CatapanoAgostino, Roma, Carocci, 2010 ISBN 978-88-430-5005-5.
  • Marcus Dods, The City of God by St Augustine (preface), Modern Lib edition, 2000 ISBN 0-679-78319-9
  • Costantino Esposito e Pasquale Porro (a cura di), Agostino e la tradizione agostiniana, Quaestio. Annuario di storia della metafica, 6, 2006.
  • Allan D. Fitzgerald (a cura di), Augustine through the Agesː An Encyclopedia, Grand Rapids, Eerdmans, 1999.
  • Kurt Flash, Agostino d'Ippona. Introduzione all'opera filosofica, Bologna, Il Mulino, 2002.
  • Romano Guardini, La conversione di sant'Agostino, Morcelliana, 2002
  • Brunero GherardiniLa Cattolica. Lineamenti d'ecclesiologia agostiniana, Torino Lindau, 2011 ISBN 978-88-7180-929-8.
  • Étienne GilsonIntroduzione allo studio di sant'Agostino, Genova, Marietti, 1998.
  • Etienne Gilson, Filosofia e Incarnazione secondo sant'Agostino, Roma, Casa editrice Leonardo da Vinci, 1999.
  • Etienne Gilson, Le metamorfosi della «Città di Dio», Siena, Catagalli, 2010.
  • Vittorino Grossi, La Chiesa di Agostino: modelli e simboli, Bologna, EDB, 2012.
  • Patricia Hampl, The Confessions by St Augustine (preface), Vintage, 1998 ISBN 0-375-70021-8
  • Christoph Horn, Augustinus, München, Beck, 1995 (trad. it. Sant'Agostino, Il Mulino, Bologna 2005).
  • Gaetano Lettieri, Il senso della storia in Agostino d'Ippona. Il saeculum e la gloria nel «De civitate Dei», Roma, Borla, 1988 ISBN 88-263-0467-X.
  • Gaetano Lettieri, L'altro Agostino. Ermeneutica e retorica della grazia dalla crisi alla metamorfosi del «De doctrina Christiana», Brescia, Morcelliana, 2002.
  • Luigi Manca, Il primato della volontà in Agostino e Massimo il Confessore, Roma, Armando Editore, 2002.
  • Henri Irenée Marrou, L'ambivalenza del tempo della storia in Sant'Agostino, Bologna, CLUEB, 2009.
  • Jean-Luc Marion, Sant'Agostino. In luogo di sé, Milano, Jaca Book, 2014.
  • Virgilio Pacioni, Agostino d'Ippona. Prospettiva storica e attualità di una filosofia, Milano, Mursia, 2004 ISBN 88-425-3306-8.
  • Donatella Pagliacci, Volere e amare: Agostino e la conversione del desiderio, Città Nuova, 2003.
  • Massimo Parodi, Il paradigma filosofico agostiniano, Bergamo, Lubrina, 2006.
  • Alberto Pincherle, Vita di Sant'Agostino, Roma-Bari, Laterza, 1988.
  • Possidio, Vita di Agostino. Catalogo di tutti i libri, sermoni e lettere del vescovo Sant'Agostino, a cura di Elena Zocca, Milano, Paoline, 2009.
  • Joseph RatzingerPopolo e casa di Dio in Sant'Agostino, Milano, Jaca Book, 1978.
  • Giorgio Santi, Agostino d'Ippona filosofo, Roma, Lateran University Press, 2003 ISBN 88-465-0269-8.
  • Vincent Serralda e André Huard, Le Berbère... lumière de l'Occident, Paris, Nouvelles Editions Latines, 1989 ISBN 2-7233-0239-3.
  • Agostino Trapè, Introduzione generale a sant'Agostino, Roma, Città Nuova, 2006.

Voci correlatemodifica

Altri progettimodifica

Collegamenti esternimodifica

Controllo di autoritàVIAF (EN66806872 · ISNI (EN0000 0001 2137 6443 · SBN CFIV004595 · BAV495/53026 · CERL cnp01302049 · ULAN(EN500104317 · LCCN (ENn80126290 ·GND (DE118505114 · BNE (ESXX978571(data) · BNF (FRcb11889551s (data) ·J9U (ENHE987007258184305171 · NSK(HR000100954 · NDL(ENJA00431905 · CONOR.SI (SL7444067 · WorldCat Identities (ENlccn-n80126290

No comments:

Post a Comment