Grice
e Zamboni – volere -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Verona). Grice: “Not everybody knows his
zamboni.” There’s Giorgio Zamboni, but this entry is about Giovanni Zamboni.
Essential Italian philosopher. Filosofo italiano. Saggi: “Spencer: commemorazione e polemica” (Garagnani,
Bologna); “La filosofia neo-scolastica secondo un positivista”
(Marchiori,Verona), “Il valore scientifico del positivismo d’Ardigò e della sua
“conversione” (Verona); “La dottrina morale e la psicologia del VOLERE nel
testo di etica di un discepolo d’Ardigò” (Società Veronese, Verona), “La
gnoseologia dell’atto come fondamento della filosofia dell’essere: saggio d'interpretazione
sistematica della dottrina gnoseologicha d’AQUINO” (Milano); “Gnoseologia”
(Vita e Pensiero, S. Giuseppe, Milano); “L’origine delle idee: saggio analitico
introspettivo, proposto alla riflessione personale” (Società Veronese, Verona);
“Sistema di gnoseologia e di morale: base teoretica per esegesi e critica della
filosofia moderna” (Studium, Roma); “Studi esegetici, critici, comparativi
sulla critica della ragione pura” (Tipografica Veronese, Verona); “Metafisica e
gnoseologia” (Tipografica Veronese, Verona); “Il realismo critico della
gnoseologia pura: risposta al caso Zamboni” (P. A. Gemelli, Mons. F. Olgiati e A.
Rossi), Verona), “Realismo, metafisica, personalità: rilievi, note, discussioni”
(Tipografica Veronese, Verona); “La persona umana: soggetto auto-cosciente
nell’esperienza integrale: termine della gnoseologia, base della metafisica” (Verona,
Giulietti G., Vita e pensiero, Milano); “Precisazioni e complementi ai testi
scolastici: religione naturale e l’essenza della religione cristiana” (Tipografica
Veronese, Verona); “La filosofia dell’esperienza immediata, elementare, ed integrale:
per la completa auto-consapevolezza dello spirito umano” (Tipografica Veronese,
Verona); “Itinerario filosofico dalla propria coscienza all’esistenza di Dio”
(Tipografica Veronese, Verona); Teodicea, Rodella, Vita veronese, Verona, “La
dottrina della coscienza immediate: struttura funzionale della psiche umana è
la scienza positiva fondamentale” (Tipografica Veronese, Verona); “Dizionario
filosofico” (Vita e Pensiero, Milano); “Idee e giudizi, Marcolungo F.L., IPL, Milano);
“L’io e le nozioni sopra-sensibili (IPL, Milano); “Corso di gnoseologia pura
elementare: Spazio, tempo, percezione intellettiva” (IPL, Milano); “Corso di
gnoseologia pura elementare: idee e giudizi” (IPL, Milano); “Corso di
gnoseologia pura elementare”; “Autobiografia di una personalità integrale”
(Serio De Guidi). Archivio storico, Curia diocesana, Verona, Studi sulla
Critica della ragione pura; Qui Edit,Verona, Sistema di gnoseologia e di
morale; Qui Edit, Verona. olontà Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La Volontà, statua di Louis-Charles Janson
per l'Opéra di Parigi (1875) La volontà è la determinazione fattiva e
intenzionale di una persona ad intraprendere una o più azioni volte al
raggiungimento di uno scopo preciso. La
volontà consiste quindi nella forza di spirito diretta dall'essere umano verso
il fine, o i fini, che egli si propone di realizzare nella sua vita, o anche
solamente nel potere impiegato nelle sue azioni semplici e quotidiane. Esempi
di volontà possono essere il desiderio di lasciare un'eredità ai figli e/o ai
parenti, o il proposito di comprare una casa. Generalmente la volontà
rappresenta la facoltà di una persona di scegliere e raggiungere con
sufficiente convinzione un dato obiettivo.
Da un punto di vista esclusivo, la volontà di una persona è la sua
capacità di non farsi condizionare dalle altre persone. In questo senso, la
volontà si può accomunare alla parola assertività. Quello di volontà è un
concetto fondamentale e a lungo dibattuto nell'ambito della filosofia, in
quanto inestricabilmente legato all'interpretazione dei concetti di libertà e
virtù. Particolarmente problematico è poi il suo rapporto con le interpretazioni
meccanicistiche del mondo: se l'uomo sia capace di atti volitivi che, in quanto
tali, rompono il meccanicismo della realtà, o se invece la sua volontà sia
determinata dalle leggi che regolano l'universo, e sia quindi snaturata e priva
di ogni valore morale. Sono qui evidenti i rapporti col concetto di
libertà. La concezione
intellettualistica dei Greci Socrate,
testa in marmo al Museo del Louvre - Parigi Una visione intellettualistica
della volontà, condizionata dal sapere, era nelle tesi di Socrate basate sul
principio della naturale attrazione verso il Bene e dell'involontarietà del
male: l'uomo per sua natura è orientato a scegliere ciò che è bene per lui. La
virtù è scienza, e consiste nel dominio di sé[1] e nella capacità di dare
ascolto alle esigenze dell'anima.[2] Se non si fa il Bene, è perché non lo si
conosce. Il male quindi non dipende da
una libera volontà, ma è la conseguenza dell'ignoranza umana che scambia il
male per bene, proiettando quest'ultimo sui piaceri o su qualità
esteriori. Platone approfondì
quest'aspetto dell'etica socratica, in particolare nel Gorgia e nel
Filebo. Anche per Aristotele un'azione
volontaria e libera è quella che nasce dall'individuo e non da condizionanti
fattori esterni, purché sia predisposta dal soggetto con un'adeguata conoscenza
di tutte le circostanze particolari che contornano la scelta: tanto più
accurata sarà questa indagine tanto più libera sarà la scelta
corrispondente.[3] Nello stoicismo è
centrale il tema della volontà del saggio che aderisce perfettamente al suo
dovere (kathèkon), obbedendo a una forza che non agisce esteriormente su di
lui, bensì dall'interno. Siccome tutto avviene secondo necessità, la volontà
consiste nell'accettare con favore il destino, qualunque esso sia, altrimenti
si è comunque destinati a farsi trascinare da esso contro voglia.[4] Il dovere
stoico non è quindi da intendersi come un esercizio forzato di vita, ma sempre
come il risultato di una libera scelta, effettuata in conformità con le leggi
del Lògos. E poiché il Bene consiste appunto nel vivere secondo ragione, il
male è solo ciò che in apparenza vi si oppone.
Plotino, rifacendosi a Platone, sostenne analogamente che il male non ha
consistenza, essendo soltanto una privazione del Bene che è l'Uno assoluto. La
volontà umana consiste quindi nella capacità di ritornare all'origine
indifferenziata del tutto attraverso l'estasi, la quale però non può essere mai
il risultato di un'azione pianificata o deliberata. Si ha infatti in Plotino la
rivalutazione del procedere inconscio, dato che il pensiero cosciente e
puramente logico non è sufficiente. Lo stesso Uno genera da sé i livelli
spirituali a lui inferiori non in vista di uno scopo finale, ma in una maniera
non razionalizzabile, poiché l'attività giustificatrice della ragione prende ad
agire solo ad un certo punto della discesa in poi.[5] Il volontarismo del cristianesimo Il concetto
di volontà divenne centrale nel pensiero cristiano per la sua stretta relazione
con i concetti di peccato e virtù: si pensi alla difficoltà di definire o
concepire una colpa in assenza della possibilità di determinare le proprie
azioni. La teologia cristiana accentuò l'aspetto volontaristico del
neoplatonismo, a scapito di quello intellettualistico, riprendendo ad esempio
da Plotino il concetto dell'origine imperscrutabile della volontà divina, ma
attribuendovi decisamente il connotato di Persona, come soggetto che agisce
intenzionalmente in vista di un fine. La
buona volontà, e non più la razionalità, è quella che consente di volgersi alla
realizzazione del Bene. Ma non è possibile raggiungere quest'ultimo senza
l'intervento divino elargitore della grazia, mezzo essenziale di liberazione
dell'uomo. La volontà non potrebbe indirizzarsi al bene, corrotta com'è dalla
schiavitù delle passioni corporee, se non ci fosse la rinascita dell'uomo
operata da Cristo. Agostino d'Ippona,
dipinto di Antonello da Messina- Palazzo Abatellis - Palermo Permase tuttavia
l'aspetto conoscitivo della volontà, che si verifica attraverso
un'illuminazione dell'intelletto per opera dello Spirito Santo. Volontà e
conoscenza rimasero così per Agostino indissolubilmente legati: non si può
credere senza capire, e non si può capire senza credere.[6] La virtù che ne
scaturisce divenne così la volontà di aderire al disegno divino. Agostino contro Pelagio In polemica contro
Pelagio, Agostino aggiunse che la volontà umana è stata irrimediabilmente
corrotta dal peccato originale, che ha inficiato la nostra capacità di compiere
delle scelte, e quindi la nostra stessa libertà. A causa del peccato originale
nessun uomo sarebbe degno della salvezza, ma Dio può scegliere in anticipo chi
salvare, illuminandolo su cosa è bene, e infondendogli anche la volontà
effettiva di perseguirlo, volontà che altrimenti sarebbe facile preda delle
tentazioni malvagie.[7] Ciò non toglie che l'uomo possegga un libero arbitrio,
ossia la capacità razionale di scegliere tra il bene e il male, ma senza
l'intervento divino una tale scelta non avrebbe alcuna efficacia realizzativa,
sarebbe cioè preda di inerzia o arrendevolezza.
Il conflitto tra la scelta operata dal libero arbitrio e l'impossibilità
di attuarla secondo libertà denota una condizione di duplicità della volontà:
non si tratta di un disaccordo tra la volontà e l'intelletto, né tra due
principi contrapposti in forma manichea, bensì di un conflitto tutto interno
alla volontà, che è come dilaniata: sente di volere, ma non completamente, e
quindi in un certo senso vorrebbe volere.[8]
«Il comando della volontà riguarda se stessa, non altro da sé. Quindi
non è tutta la volontà che comanda; per questo il suo comando non si realizza.
Se fosse tutta, infatti, non comanderebbe di essere, poiché già sarebbe. [...]
Allora le volontà sono due, poiché nessuna è intera e nell'una è presente ciò
che è assente nell'altra.» (Agostino,
Confessioni, VIII, 9, 21; Opera Omnia di Sant'Agostino, a cura della «Nuova
Biblioteca Agostiniana» (abbreviata in NBA), I, p. 240, Roma, Città Nuova, 1965
ss.[9]) Intelletto e volontà nella
Scolastica Tommaso d'Aquino, dipinto di
Fra Angelico - Museo Nazionale di San Marco - Firenze Il connubio tra
intelletto e volontà permase nelle opere di Scoto Eriugena, e soprattutto di
Tommaso d'Aquino, secondo cui il libero arbitrio non è in contraddizione con la
predestinazione alla salvezza, poiché la libertà umana e l'azione divina della
Grazia tendono ad unico fine, ed hanno una medesima causa, cioè Dio. Tommaso,
come Bonaventura da Bagnoregio, sostenne inoltre che l'uomo ha sinderesi,
ovvero la naturale disposizione e tendenza al bene e alla conoscenza di tale
bene. Per Bonaventura tuttavia la volontà ha il primato sull'intelletto. All'interno della scuola francescana di cui
Bonaventura era stato il capostipite, Duns Scoto si spinse più in là, diventando
assertore della dottrina del volontarismo, secondo cui Dio sarebbe animato da
una volontà incomprensibile e arbitraria, in gran parte slegata da criteri
razionali che altrimenti ne limiterebbero la libertà d'azione. Questa posizione
ebbe come conseguenza un crescente fideismo, ossia una fiducia cieca in Dio,
non motivata da argomenti. Al fideismo
aderì il francescano Guglielmo di Ockham, esponente della corrente nominalista,
il quale radicalizzò la teologia di Scoto, affermando che Dio non ha creato il mondo
per «intelletto e volontà» come sosteneva Tommaso d'Aquino, ma per sola
volontà, e dunque in modo arbitrario, senza né regole né leggi. Come Dio, anche
l'essere umano è del tutto libero, e solo questa libertà può fondare la
moralità dell'uomo, la cui salvezza però non è frutto della predestinazione, né
delle sue opere. È soltanto la volontà di Dio che determina, in modo del tutto
inconoscibile, il destino del singolo essere umano. Le dispute tra Lutero, Erasmo, Calvino Martin Lutero - dipinto di Lucas Cranach il
Vecchio - chiesa di Sant'Anna, Augusta (Germania) Con l'avvento della Riforma,
Martin Lutero fece propria la teoria della predestinazione negando alla radice
l'esistenza del libero arbitrio: non è la buona volontà che consente all'uomo
di salvarsi, ma solo la fede, infusa dalla grazia divina. È solo Dio, quello
absconditus della tradizione occamista, a spingerlo in direzione della
dannazione o della salvezza.[10] «La
volontà umana è posta tra i due, Dio e Satana, come un giumento, il quale, se
sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dove vuole Dio, [...] se invece sul suo
dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare e va dove vuole Satana, e non è
sua facoltà di correre e cercare l'uno o l'altro cavalcatore, ma i due
cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo.» (Lutero, De servo arbitrio[11]) Alla dottrina del servo arbitrio invano
Erasmo da Rotterdam replicò che il libero arbitrio è stato sì viziato ma non
distrutto completamente dal peccato originale, e che senza un minimo di libertà
da parte dell'uomo la giustizia e la misericordia divina diventano prive di
significato.[12] Alla concezione
volontaristica di Dio aderì tra gli altri Giovanni Calvino, che radicalizzò il
concetto di predestinazione fino a interpretarlo in un senso rigorosamente
determinista. È la Provvidenza a guidare gli uomini, indipendentemente dai loro
meriti, sulla base della prescienza e onnipotenza divina. L'uomo tuttavia può
ricevere alcuni "segni" del proprio destino ultraterreno in base al
successo o meno ottenuto nella propria vita politica ed economica. La dottrina molinista e giansenista Giansenio - Incisione di Jean Morin Anche
all'interno della Chiesa cattolica, che pure si era schierata contro le tesi di
Lutero e Calvino, iniziarono una serie di dispute sul concetto di volontà.
Secondo Luis de Molina la salvezza era sempre possibile per l'uomo dotato di
buona volontà. Egli sostenne che: la
prescienza di Dio e la libera volontà umana sono compatibili, poiché Dio può
ben prevedere nella sua onnipotenza la futura adesione dell'uomo alla grazia da
lui elargita; questo piano di salvezza si attua per una valenza positiva
attribuita alla volontà umana, in quanto neppure il peccato originale ha spento
l'aspirazione dell'uomo alla salvezza. A lui si contrappose Giansenio, fautore
di un ritorno ad Agostino: secondo Giansenio l'uomo è corrotto dalla
concupiscenza, per cui senza la grazia è destinato a peccare e compiere il
male; questa corruzione viene trasmessa ereditariamente. Il punto centrale del
sistema di Agostino risiedeva per i giansenisti nella differenza essenziale tra
il governo divino della grazia prima e dopo la caduta di Adamo. All'atto della
creazione Dio avrebbe dotato l'uomo di piena libertà e della «grazia
sufficiente», ma questi l'aveva persa con il peccato originale. Allora Dio avrebbe
deciso di donare, attraverso la morte e resurrezione di Cristo, una «grazia
efficace» agli uomini da lui predestinati, resi giusti dalla fede e dalle
opere. Le divergenze tra le due
posizioni, che diedero vita a una disputa tra i religiosi di Port-Royal e i
gesuiti molinisti, saranno risolte con il formulario Regiminis apostolicis del
1665. La concezione del pensiero moderno
Nell'ambito della concezione religiosa della libertà il pensiero moderno ha
assunto una visione razionalista con Cartesio che, identificando la volontà con
la libertà, concepiva quest'ultima in senso intellettuale come scelta
impegnativa di cercare la verità tramite il dubbio.[13] Una cattiva volontà è
ciò che può essere di ostacolo in questa ricerca e causa l'insorgere degli errori. Mentre però Cartesio si arenò nella duplice
accezione di res cogitans e res extensa, attribuendo assoluta volontà alla
prima e passività meccanica alla seconda, Spinoza si propose di conciliarle in
un'unica sostanza, riprendendo il tema stoico di un Dio immanente alla Natura,
dove tutto avviene secondo necessità. La libera volontà dell'uomo dunque non è
altro che la capacità di accettare la legge universale ineluttabile che domina
l'universo.[14] Leibniz - dipinto di
Christoph Bernhard Francke - Herzog Anton Ulrich-Museum - Braunschweig Leibniz
Leibniz accettò l'idea della volontà come semplice autonomia dell'uomo, ossia
accettazione di una legge che egli stesso riconosce come tale, ma cercando di
conciliarla con la concezione cristiana della libertà individuale e della
conseguente responsabilità.[15] Egli ricorse pertanto al concetto di monade,
ossia "centro di forza" dotato di una propria volontà, che sussiste
insieme ad altre infinite monadi, tutte inserite in un quadro di armonia prestabilita,
la quale però non è dominata da una razionalità rigidamente meccanica. Si
tratta di una razionalità superiore, voluta da Dio per un'esigenza di moralità,
da comprendere in un'ottica finalistica, nella quale anche il male trova la sua
giustificazione: come elemento che nonostante tutto concorre al bene e che
all'infinito si risolve in quest'ultimo.
Da Kant a Hegel Kant - Herzog
Anton Ulrich-Museum Per Kant la volontà è lo strumento che ci permette di
agire, obbedendo sia agli imperativi ipotetici (in vista di un obiettivo), sia
a quelli categorici, dettati unicamente dalla legge morale. Solo nel caso degli
imperativi categorici la volontà è pura, perché in tal caso non comanda
alcunché di particolare: essa è formale, cioè prescrive solo come la volontà
debba atteggiarsi, non quali singoli atti deve compiere. In un mondo dominato dalle leggi
deterministiche della natura (fenomeni), la volontà morale è ciò che rende
possibile la libertà, perché obbedisce ad un comando che essa stessa si è
liberamente dato, non certo in maniera arbitraria, bensì conformemente alla sua
natura razionale (noumeno). Essa però non comanda il "Bene": per Kant
l'unica cosa buona è la volontà intrinsecamente buona. Riprendendo il Kant della Critica del
Giudizio, Fichte e Schelling esaltarono la volontà come assoluta attività
dell'Io, o dello Spirito, in contrapposizione alla passività del non-io, o
della Natura, nell'ottica però di un rapporto dialettico che si risolve nella
supremazia dell'etica per il primo, o dell'arte per il secondo. Per Hegel
invece un tale rapporto si risolve nella supremazia della Ragione dialettica
stessa, dando adito alle critiche di chi, come Schelling, sostenne
l'impossibilità di ricondurre un libero atto di volontà entro il rigido schema
razionale della dialettica.[16]
Schopenhauer e Nietzsche
Schopenhauer - dipinto di Jules Lunteschütz Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di
Schopenhauer § Il mondo come volontà e Volontà di potenza. Il tema della
volontà è centrale nel pensiero di Schopenhauer, il quale, riprendendo Kant,
sostenne che l'essenza del noumeno è proprio la volontà. In polemica contro
Hegel, secondo Schopenhauer la natura e il mondo non hanno un'origine
razionale, ma nascono da un istinto irrazionale di vita, da una pulsione
informe e incontrollata che è appunto volontà. Non c'è dunque spazio per
l'ottimismo della ragione, dal momento che questa volontà di vivere sfrenata e
arbitraria è causa di sofferenza. Da questa se ne esce attraverso la
sublimazione e la presa di coscienza che il mondo è l'oggettivazione della
volontà, cioè è una mia stessa rappresentazione, fenomenica e illusoria (velo
di Maya): concetto di origine orientale e in parte neoplatonica, che si traduce
nel desiderio della vita stessa (eros) di diventare finalmente consapevole di
sé; questa consapevolezza coincide con l'auto-negazione della volontà e
permette così di uscire dal ciclo insensato dei desideri, morti e
rinascite. A differenza di Schopenhauer,
Nietzsche esaltava questa volontà di vivere sfrenata e irrazionale, ponendo in
primo piano il valore dell'aspetto vitale e "dionisiaco" dell'essere
umano, in contrapposizione a quello riflessivo e "apollineo". Solo
dalla volontà di potenza, cioè dalla volontà che vuole se stessa e il proprio
accrescimento senza sosta, nasce la possibilità infinita del rinnovamento e
della vita. La rigidità della ragione, viceversa, che costringe la realtà
dentro uno schema, è una non-volontà, alleata della morte perché nega la
possibilità del cambiamento che è l'essenza del vivere. La volontà di potenza
pertanto non si afferma come desiderio concreto di uno o più oggetti specifici,
ma come il meccanismo stesso del desiderio nel suo funzionamento incessante:
soffermarsi sulle forme che essa produce sarebbe morire, e quindi deve ogni
volta paradossalmente negarle per potersi riaffermare di nuovo, in una continua
oscillazione. Questioni sociologiche Nel
campo della sociologia, Ferdinand Tönnies ha proposto una «teoria della
volontà» che distingue due diverse forme di volontà: una basata sulla natura,
cioè sul sentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea alla
comunità (Wesenwillen); l'altra costruita artificialmente, fondata
essenzialmente sulla convenienza e sullo scambio economico, da cui deriva la
moderna società post-industriale (Kürwillen).[17] Questa concezione sociologica
influenzò anche i filosofi Paul Barth, Dimitrie Gusti e Georges Jacoby. Lessico e modi di dire Frasi fatte e
combinazioni di parole di uso frequente della parola volontà sono: «le ultime
volontà», riferita in genere alle decisioni prese in punto di morte; «volontà
di ferro», a indicarne l'energica fermezza e costanza.[18] Tipica di Vittorio Alfieri è il motto «volli,
sempre volli, fortissimamente volli»,[19] con la quale il drammaturgo
settecentesco spronava se stesso a studiare ininterrottamente facendosi legare
alla sedia per poter acquisire una valida cultura classica a partire dai
ventisette anni.[20] Note ^ «Socrate ha
espressamente identificato la libertà con l'enkràteia.[...] Prima di lui la
libertà aveva un significato quasi esclusivamente giuridico e politico; con lui
assume il significato morale di dominio della razionalità sull'animalità» (G.
Reale, Il pensiero antico, Vita e Pensiero, Milano 2001, pag. 92). ^ «Tutta la
mia attività, lo sapete, è questa: vado in giro cercando di persuadere giovani
e vecchi a non pensare al fisico, al denaro con tanto appassionato interesse.
Oh! pensate piuttosto all'anima: cercate che l'anima possa divenir buona,
perfetta» (cit. da Apologia di Socrate, 29 d - 30 b, trad. di E. Turolla,
Milano-Roma 1953). ^ Aristotele, Etica Nicomachea, III, 1. ^ Gli stoici in
proposito paragonano la relazione uomo-Universo a quella di un cane legato ad
un carro. Il cane ha due possibilità: seguire armoniosamente la marcia del
carro o resisterle. La strada da percorrere sarà la stessa in entrambi i casi.
L'idea centrale di questa metafora è espressa in modo sintetico e preciso da
Seneca, quando sostiene: «Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è
riluttante» (Seneca, Epist., 107, 10). ^ Vittorio Mathieu, Come leggere
Plotino, Bompiani, Milano 2004. ^ Questo è il senso della celebre affermazione
agostiniana credo ut intelligam, e intelligo ut credam. ^ Agostino si rifaceva
in proposito alle parole di Paolo di Tarso: «C'è in me il desiderio del bene,
ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il
male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a
farlo, ma il peccato che abita in me» (Lettera ai Romani Rm 7, 18-20, su laparola.net.).
^ Ugo e Annamaria Perone, Giovanni Ferretti, Claudio Ciancio, Storia del
pensiero filosofico, vol. I, Torino, SEI, 1975. ^ Trad. in Donatella Pagliacci,
Volere e amare: Agostino e la conversione del desiderio, pag. 184, Città Nuova,
2003. ^ Lutero, De servo arbitrio, 1525. ^ Cit. in Memorie di religione, di
morale e di letteratura, pag. 173, serie terza, tomo V, Modena, 1847. ^ Erasmo
da Rotterdam, De libero arbitrio, 1524. In esso, particolarmente incisivo è
l'esempio che Erasmo presenta per supportare la sua soluzione, di un padre e il
suo figliolo che vuole cogliere un frutto. Il padre alza nelle sue braccia il
figlio che ancora non sa camminare, che cade e che fa degli sforzi disordinati;
gli mostra un frutto posato davanti a lui; il bambino vuole correre a
prenderlo, ma la sua debolezza è tale che cadrebbe se il padre non lo
sostenesse e guidasse. È quindi solo grazie alla conduzione del padre (la
Grazia di Dio) che il bambino arriva al frutto che sempre suo padre gli offre;
ma il bambino non sarebbe riuscito ad alzarsi se il padre non l'avesse
sostenuto, non avrebbe visto il frutto se il padre non glielo avesse mostrato,
non sarebbe potuto avanzare senza la guida del padre, non avrebbe potuto
prendere il frutto se il padre non glielo avesse concesso. Cosa potrà arrogarsi
il bambino come sua autonoma azione? Malgrado nulla avrebbe potuto compiere con
le sue forze senza la Grazia, ciò nonostante ha pur fatto qualcosa. ^ Cartesio,
Principia, I, 41 ^ Spinoza, Ethica, V, 3. ^ Egli sostenne infatti che «quando
si discute intorno alla libertà del volere o del libero arbitrio, non si
domanda se l'uomo possa far ciò che vuole, bensì se nella sua volontà vi sia
sufficiente indipendenza» (Leibniz, Nuovi saggi, II, 21). ^ Schelling,
Filosofia della rivelazione (1854). ^ Ferdinand Tönnies, Gemeinschaft und
Gesellschaft. Abhandlung des Communismus und des Socialismus als empirischer
Culturformen, ([1887]; [Gemeinschaft und Gesellschaft. Grundbegriffe der reinen
Soziologie, 1912²]), Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2005. ^
Dizionario dei modi di dire, Hoepli editore. ^ Espressione tratta dalla Lettera
responsiva a Ranieri de' Calsabigi, scritta da Alfieri nel 1783. ^ Biografia di
Vittorio Alfieri, a cura di R. M. L. Bartolucci. Bibliografia G. Brianese, La
volontà di potenza di Nietzsche e il problema filosofico del superuomo,
Paravia, 1989 ISBN 88-395-0230-0 Cosimo Costa, La paideia della volontà. Una
lettura della dottrina filosofica di Epitteto, Anicia, 2008 ISBN 88-7346-511-0
Andreas Dorschel, The Authority of Will, in "The Philosophical
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nell'antichità. Felicità e morale da Socrate ai neoplatonici, a cura di E.
Spinelli, Carocci, 2004 ISBN 88-430-3157-0 Luigi Manca, Il primato della
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9788883583858 Wolfgang Lauter Müller, Volontà di potenza e nichilismo.
Nietzsche e Heidegger, a cura di C. La Rocca, Parnaso, 1998 ISBN 88-86474-25-3
Friedrich Nietzsche, La volontà di potenza. Scritti postumi per un progetto, a
cura di G. Raio, Newton & Compton, 2003 ISBN 88-8289-818-0 Donatella
Pagliacci, Volere e amare: Agostino e la conversione del desiderio, Città
Nuova, 2003 ISBN 9788831134125 Paul Ricoeur, Filosofia della volontà, a cura di
M. Bonato, Marietti, 1990 ISBN 88-211-8654-7 Arthur Schopenhauer, Il primato
della volontà, a cura di G. Gurisatti, Adelphi, 2002 ISBN 88-459-1696-0 Arthur
Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di A. Vigliani,
Mondadori, 1989 ISBN 88-04-31099-5 Arthur Schopenhauer, Sulla volontà nella
natura, BUR Rizzoli, 2010 ISBN 88-17-03910-1 Emanuele Severino, Verità,
volontà, destino, Mimesis, 2008 ISBN 88-8483-728-6 Emanuele Severino, La buona
fede. Sui fondamenti della morale, BUR Rizzoli, 2008 ISBN 88-17-02640-9 A.
Giuseppe Vecchio, Volontà e essere. Saggio di filosofia prima, Gangemi, 2003
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Keywords: psicologia del volere, volere, l’io, sopra-sensibile, volere,
volizione, volitum – the will -- Refs.: H. P. Grice, “Gnoseologia,” The Grice
Papers, BANC MSS 90/135c, Bancroft, University of California, Berkeley. Luigi
Speranza, “Grice e Zamboni, L’io,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza,
Liguria.
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