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Monday, April 1, 2024

GRICE E MARTINETTI: L'IMPLICATURA CONVERSAZIONALE -- I VELIANI E L'AMORE ALCIBIADICO -- FILOSOFIA ITALIANA -- LUIGI SPERANZA

 

Grice e Martinetti: l’implicatura conversazionale -- i veliani e l’amore alcibiadico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Pont Canavese). Filosofo italiano. Grice: “I like Martinetti; he wrote about eros, or as the Italians call it, ‘amore,’ – a different root from cupidus, too! He edited a platonic anthology.” “He also has a strange treatise on ‘the number’ which post-dates Frege!” -- «Di sé soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro secolo»  (Cesare Goretti). Professore di filosofia, si distinse per essere stato l'unico filosofo che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al Fascismo. Fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti e di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo Botta di Ivrea, si iscrisse a Torino, dove ebbe come insegnanti Allievo,  Bobba, Ercole, Flechia e Graf, laureandosi con una tesi, “Il Sistema Sankhya: un Studio sulla filosofia nell’India” discussa con Ercole, docente di filosofia teoretica, pubblicata a Torino da Lattes  e, grazie all'interessamento di Allievo, risulta vincitrice del Premio Gautieri.  Dopo la laurea Martinetti fece un soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire a conoscenza del fondamentale studio di Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato. Si può dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello di approfondire gli studi dell’India, iniziati a Torino con  Flechia e 'Ercole."  L'insegnamento Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino, Correggio, Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino. Compone la monumentale “Introduzione alla metafisica” e “Teoria della conoscenza”, ch edopo che consegue  la libera docenza in Filosofia teoretica all'Torino gli valse di vincere il concorso per le cattedre di filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (che diventa Regia Università degli Studî) nella quale insegna. Divenne socio corrispondente della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, fondato da Napoleone sul modello dell'Institut de France.  Il rifiuto della politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come ai contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze. In seguito a quelle che qualifica di circostanze pesantissime -- la marcia su Roma e la successiva nomina di MUSSOLINI a presidente del Consiglio -- rifiuta la nomina a socio corrispondente dei reali lincei. Mentre nelle sue lezioni sviluppa un sistema di filosofia della religione, inaugura a Milano una Società di studi filosofici, formata da un gruppo di amici in piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico dove si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e in cui organizzò una serie di conferenze. Le prime conferenze furono tenute da Banfi e da Fossati oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni, riunite sotto il titolo comune di “Il compito della filosofia nell'ora presente” segnano la sua rottura con Gentile. In seguito ad una denuncia per vilipendio della eucaristia» presentata a Mangiagalli, dove sottoscrivere un memoriale in difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione. Incaricato dalla Società filosofica italiana, organizza e presiedette il congresso di filosofia. L'evento e sospeso dopo solo due giorni da Mangiagalli a causa di agitator.  Il congresso e poi chiuso d'imperio dal questore. Da un lato incise l'opposizione di A. Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica, che fac parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di Martinetti, non era tra i relatori. Dall'altro lato la partecipazione, fortemente voluta da M., di Buonaiuti, scomunicato "expresse vitandus" dal Sant'Uffizio, dette ai filosofi cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congress. Le minute cronache del congresso hanno già messo in luce come M. nell'assolvere al compito di organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di regime. Martinetti firma con Goretti (segretario del Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli:  «Compiamo il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in Milano: avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito superiore achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del pensiero.»  M. fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale. Tra i collaboratori della rivista vi furono: Ennio Carando, Bobbio, Geymonat,  Fossati (che ufficialmente ne era il direttore responsabile), Solari, Levi, Grasselli, e Goretti.. Quando il ministro dell'educazione Giuliano impose ai professori  il Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin dal primo momento: “Eccellenza!  Ieri sono stato chiamato dal Rettore di questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto, con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede, perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza.  Ho sempre diretta la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio. Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che questo non è possibile.  Con questo non intendo affatto declinare qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che l'E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita.  Dell'E.V. dev.mo  Dr.” In una lettera a Guido Cagnola scrive:  «Ella ora saprà che io sono uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno rifiutato il giuramento di fedeltà e che perciò sono stati o saranno fra breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini, Carrara, De Sanctis, Vida, Volterra, Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento. E in un'altra lettera ad Adelchi Baratono. Io non ho voluto giurare (e così credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza? Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i persecutori.»  Come scrive al proposito Minazzi:  «Martinetti ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto dalla dittatura da tutti i docenti universitari italiani. Giustamente occorre sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto martinettiano, invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica antifascista, onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di M. non può allora essere certamente negato, in sintonia con Alessio, il carattere dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo ha infine indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha avuto l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza compromessi all'imposizione del regime. In questa prospettiva M. non ha giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello stesso "giuramento" in connessione con i suoi più profondi convincimenti morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso significato civile, culturale e anche filosofico.»  Scrive in proposito Amedeo Vigorelli. Una certaretorica resistenziale si è impadronita anche di M. , impedendo un approfondimento più serio e radicale dei tratti originali del suo antifascism0.  L'atto di M. non era cioè solo un monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa di forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non sempre si ama ricordare che l'avversione di M. al fascismo era innanzi tutto avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche all'esaltazione demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»  In seguito a questo suo rifiuto, M. venne messo in pensione d'autorità  e si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita. In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione alla metafisica e continuata  con La libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo è del 1936; Ragione e fede. M. propose come suoi successori a Milano Baratono e  Banfi. Lontano da ogni forma di impegno politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che delle degenerazioni del parlamentarismo, prese ad annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di violenza in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio a fronte di una serie di scandali annotava "è dunque l'associaz[ione] dei malviventi d'Italia!" Come persuadersi che uno stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli intelligenti possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre all'estrema rovina? Si scagliava nei suoi appunti contro il dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto deve servire alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà di pensiero, non vi è più pensiero". A questo proposito Vigorelli evidenzia  «il valore pedagogico, di educazione alla libertà, che l'esempio morale di M. ebbe per quella generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui informalmente diretta»  L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e alla condanna al confino di Antonicelli, Einaudi, Foa, Giua, Levi,  Mila, Monti, Pavese, Zini e di due studenti, Cavallera e Perelli, e all'ammonizione di Bobbio), e fu incarcerato a Torino per sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà, benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi. Al momento dell'arresto, a detta della signora Solari, M. disse una frase che aveva già sentito pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia". Il suo declino fisico cominciò in seguito a una trombosi che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un pero nella tenuta di Spineto. Alla fine ubì una prima operazione alla prostata. La sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che il tempo opportuno per procedere alla seconda."[ Martinetti fu ricoverato all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì,  dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo. Nonostante "l'invito del parroco di Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato" una decina di persone seguirono l'autofurgone che portò il corpo di M. alla stazione, da dove partì in treno per Torino, per la cremazione. In prossimità della morte M. lascia la sua biblioteca in legato a Nina Ruffini (nipote di F. Ruffini), G. Solari e Cesare Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi eredi alla "Fondazione  M. per gli studi di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato alla Biblioteca della Facoltà di  Filosofia.  La sua casa di Spineto è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della sua operae.  FiLa filosofia di M. è un'interpretazione originale dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico che fu Spir, il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il filosofo preferito di M., quello a cui fu più particolarmente legato, sulquale scrisse molti studi e un denso saggio monografico  e al quale fece consacrare il terzo numero della Rivista di filosofia, filosofo che fu come lui profondamente inattuale. Professò una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da considerarla "immortale: in essa infatti vede un tentativo d'un rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia.  Il carattere speculativo dell'interpretazione d iMartinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di Spir esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella costruzione dell'idealismo trascendente di M. la speculazione di A. Spir rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo di M. si trovano nella speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua propria, il pensiero di Spir viene trasposto da M. entro la sua propria filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso. Proprio questo condusseMartinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato e attraversato da quello di M. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua speculazione parve propriamente essenziale. La lettura di M. insiste sul nucleo metafisico di Spir, che gli pare incarnare "la forma pura della visione religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero esserel'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il divinoe l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la teoria della conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda."»  Si può così dire che in Martinetti: «il motivo desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra "anormale" (il mondo dell'esperienza empirico e molteplice) e "norma" (il principio d'identità, rivelazione incoativa del divino in noi) si spoglia qui dell'originario aspetto dualista per confluire in una visione coerentemente monista dell'esperienza di coscienza. Monismo coscienzialista, quello martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo, in quanto il termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente. L'unica realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè l'"Unità formale assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di tale unità è solo un'espressione simbolica.»  Della filosofia di Spir, Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant nessun filosofo serio può non essere in Etica "kantiano. L'intero percorso del pensiero martinettiano parte dal suo anticlericalismo", e aggiunge: "la natura del suo anticlericalismo lo portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse di non essere mai stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a questa Chiesa cattolica di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo l'ha portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo "secondo i termini in cui egli si sarebbe espresso, la massima secolarizzazione concepibile della religione". E Del Noce conclude: "Ora a mio giudizio il pensiero di Martinetti si situa appunto come momento conclusivo del pessimismo religioso e come la sua posizione più coerente e rigorosa. L'antologia Il Vangeloscrive Martinetti «lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto quello che i vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui conservato.»  Il risultato di questo ordinamento logico è l'espunzionein quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o ancora propria all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immunedel Vangelo di Giovanni, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo) e dell'Apocalisse. Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico, l'ultimo e il più grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, nemmeno resuscitato dalla morte, né apparso realmente ai suoi, Gesù in quanto Messia annuncia un regno messianico a cui succederebbe escatologicamente il regno dei cieli, quello di Dio. Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di fatto Gesù è soprattutto un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare al mondo per unirsi spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo, amando il prossimo.  Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale fraternamenteunita, egli scrive:  «In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa della vita eterna»  Gesù Cristo e il Cristianesimo fu messo sotto sequestro dalla Prefettura non appena stampato,  come M. scrive a Cagnola:  «Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle 17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so. Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il decreto definitivo di sequestro.»  Con decreto, “Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo” e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica. La rinascita del pensiero filosofico-religioso martinettiano scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in virtù della rinnovata proposta ermeneutica di Chiara che cura l'inedito L'Amore, Il Vangelo (Genova) e Pietà verso gli animali (Genova); in particolare l'interpretazione elaborata da Chiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione spirituale dei quaccheri.  Capitini rese visita a Martinetti, che a proposito della nonviolenza gli disse: "Forse se discutessi con lei mi convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa, firmerei la sentenza senza esitazione."  Negli scritti La psiche degli animali e Pietà verso gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore:  «Nella relazione sulla psiche degli animali M. tra l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.  M. cita le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura costruisce.  Nel proprio testamento dispose che una somma significativa fosse versata alla Società Protettrice degli Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una scelta che assumeva per lui quasi il carattere di un valore religioso.  Scrive al proposito Vigorelli:  «La scelta del vegetarianesimo non era "generica simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul destino di "perennità" dello spirito.»  La scelta della cremazione M. fu un fautore della cremazione e una testimonianza "ci dice come M. portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua madre."Secondo Paviolo, per i M. la cremazione era una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci. Non è però da escludere, nel caso preciso di M., che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di Torino.  Opere: Una " martinettiana" C. Ferronato si trova nel fascicolo speciale della Rivista di Filosofia Pietro Rossi: nel cinquantenario della morte, Dopo questa data, di M. sono stati pubblicati. “Ragione e fede, Italo Sciuto, Gallone, Milano, Luca Natali, Morcelliana, Brescia,. Il Vangelo, Alessandro Di Chiara, il nuovo melangolo, Genova,  L'amore, Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “Pietà verso gli animali” Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “La religione di Spinoza”  Amedeo Vigorelli, Ghibli, Milano,  “La Libertà” Aragno, Torino, Schopenhauer, Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, “Breviario spiritual” Anacleto Verrecchia, POMBA, Torino, “L'educazione della volontà” Domenico Dario Curtotti, Edizioni clandestine, Marina di Massa, “Conoscenza in Kant”  Luca Natali, Franco Angeli, Milano, Pier Giorgio Zunino, Piero Martinetti, “Lettere”, Firenze, Olschki, “Gesù Cristo e il Cristianesimo” Castelvecchi, Roma,; edizione critica Luca Natali, introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, “Il Vangelo: un'interpretazione” Castelvecchi, Roma,  “Spinoza, Etica, esposizione e comment”, Castelvecchi, Roma,. Il numero, introduzione di Argentieri, Castelvecchi, Roma,  Luca Natali, Le carte di Piero Martinetti, Firenze, Olschki, “Spinoza” Festa, Castelvecchi, Roma,. Riconoscimenti Nella seduta del Senato Accademico dell’Università degli Studi di Milano del 19 settembre, è stata approvata ufficialmente la decisione del Dipartimento di Filosofia di intitolarsi alla figura di M.. La città di Roma gli ha intitolato una piazza, nel Giorno della Memoria. A Milano Martinetti figura tra i nuovi Giusti che saranno onorati al Monte Stella dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare Goretti, “M”, Archivio della Cultura Italiana. Fiori, I professori che dissero "NO" al Duce, in La Repubblica,  «Ebbe molta influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo.  «che morì proprio durante l'iter scolastico di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un particolare rapporto»: Paviolo 2 «Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono intensamente Ercole e Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai primi del nostro. Nel breve verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si dice semplicemente che il candidato ha sostenuto durante quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione. La tesi ottenne la votazione di 99/110. Il lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritavaanche a motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Torino e forse per questo lo studioso sentì il bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del resto il suo intent e  più filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del “Samkhya” poté venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con Ercole. Proprio del Samkhya, Ercole si era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista Italiana di Filosofia diretta da Ferr. Di suo interesse costante per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano e pubblicato a Milano da Celuc, “La sapienza indiana. Corredata da un'antologia di testi Indù e Buddhisti. Ma è antefatto significativo, giacché lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare dei suoi primi contatti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a Lipsia nella sua formazione filosofica. Nella Lipsia conosciuta da lui sopravvive Drobitsch, lil maestro herbartiano di Spir e dalla sua Lipsia si diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la filosofia sua. Il pensiero di Spir, Torino, Albert Meynier.  Anno che fu per lui particolarmente duro, vedi Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia meridionale", Minazzi, Il Protagora, Lettere. Prima che della dittatura fascista, e critico altrettanto risoluto del comunismo e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo. Non si vede in chi e in che cosa un uomo come lui che, per sua scelta culturale ma anche per disposizione personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppo avrebbe pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo anti-fascismo. Tra dittatura e inquisizione negli anni del Fascismo", in Lettere, Firenze. Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso di poterlo accettare»: Lettera al presidente dei Lincei, e a L. Mangiagalli. Il Congresso non ha altro fine che di essere una manifestazione della filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia. A T. Scotti. Che accusò Martinetti, ricambiato, di disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cf. H. Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze. Per M.. Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo. Varisco,  in: Lettere 33.  H. Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze, Il congresso di filosofia. Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho permesso a Gemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna delle sue rappresentazioni ciarlatanesche. A B. Varisco, a C. Goretti a L. Mangiagalli. Quando M., con il rifiuto del giuramento di fedeltà al fascismo, abbandona l'insegnamento non rinuncia a quegli incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse: guarda di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di Filosofia e non ne volle la direzione effettiva ma continua l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di salute glielo permisero. Giuliano,  Cagnola,  Baratono, Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Barié, Banfi, Milano. Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Milano e non posso più esserle utile che indirettamente»: a C. Gadda, in: Lettere 114.  «del resto io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera M. a Alfieri, Sulla cui porta fece mettere un'indicazione che diceva: "M.  agricoltore": Paviolo «Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la Storia della  Filosofia. A A. Baratono, Nel registro di entrata delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli, Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici"alcune schede, peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino, Registro matricole)", in: Lettere.  "M. veniva rinchiuso in una cella sulla cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto M. veniva finalmente scarcerato.", Giorda, M., Castellamonte, «Devo darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera, M. a Nina Ruffini, in: Lettere 2Cit. in: Lettere. «Si può comunque, in base a testimonianze diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini burocratiche e maggiori spese funerarie.  L'atto di morte recita: " il g alle ore quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»: Paviolo.  Paviolo.  "Per ultimo desidero di essere cremato e che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale del testament, Paviolo. Il testamento di Martinetti, da lui riscritto, "in una grafia incerta e in una forma in cui non si trova lo stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo) fu considerato da sua sorella Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del decesso di Piero erano ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute ai beneficiari della biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza, cadde in mano a tre estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a nostra insaputa a Piero, a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto di trombosi al cervello la preziosa biblioteca, che per volontà recisa, assoluta di Piero a me da Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che fosse colpito dalla trombosi, doveva andare all'Milano, prese altre vie e e sta presentemente ancora peregrinando in attesa di destinazione definitiva." Lettera di Teresa Martinetti al cugino Bertogliatti, in: Paviolo Fondazione Casa e Archivio. Allo Spir, un singolare pensatore solitario, al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3 della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo. Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso, sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono, inavvertite. La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul suo sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera, M. a Ruffini, in: Lettere 155..  «io sono sempre stato un filosofo inattuale»: Lettera, M. a Giorgio Borsa,  in: Lettere Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Milano, Unicopli. Ma è stato Alessio a dimostrare l'importanza e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir per la maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli, Alessio, Vigorelli Vigorelli, M., Breviario spirituale, Bresci, Torino,  Lettera M. a Cagnola, Lettere. Sulla riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco Alessio, L'idealismo religioso di M., Brescia, Morcelliana, (Tesi di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca)  Paviolo Paviolo  Amedeo Vigorelli, "Martinetti e Capitini: attualità di un confronto", in: Vigorelli, La nostra inquietudine. M., Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Mondadori, Milano. E si conversa a lungo della inumazione e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le sue ceneri)" Capitini, Antifascismo, Célèbes Trapani,   Paviolo Paviolo. L'eretico Martinetti, italiano per caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, Libera cittadinanza  Il Dipartimento di Filosofia "M. a Milano, Battista, "Le vie dedicate ai razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere della Sera, S. Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte Stella", Corriere della Sera, Cronaca di Milano13.  "Monte Stella I nuovi Giusti in diretta su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo, Cronaca di Milano9. , Commemorazione dTorino, Accademia delle Scienze, Giornata Martinettiana, Torino, Edizioni di "Filosofia", Rivista di Filosofia, Agazzi, "La storiografia filosofica", Rivista critica di storia della filosofia, E. Agazzi, Sandro Mancini, Vigorelli e Zanantoni, Unicopli, Milano, Alessio, L'idealismo religioso, Brescia, Morcelliana, Alessio, introduzione Il pensiero di Africano Spir, Torino, Meynier, Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, Guerrini, Banfi, M. e il razionalismo religioso", in: Filosofi contemporanei, Firenze, Parenti, Bersellini Rivoli, Il fondamento eleatico della filosofia -- Milano, Saggiatore, Guido Bersellini Rivoli, La fede laica, Appunti sul confronto religioso e politico (in Italia e nel villaggio globale), Lecce, Manni, Rivoli, Appunti sulla questione ebraica. Da Nello Rosselli a Piero Martinetti, Milano, Angeli, Giorgio Boatti, Preferirei di no, Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Torino, Einaudi,  B. Bonghi, La fiaccola sotto il moggio della metafisica kantiana. Il Kant, Milano, Mimesis, Minazzi, Sulla filosofia italiana, Prospettive, figure e problemi, Milano, Angeli); ranco Bosio, "L'uomo e l'assoluto", in: Filosofie "minoritarie" in Italia tra le due guerre Ceravolo, Roma, Aracne, Remo Cantoni, "L'illuminismo religioso” in: Studi filosofici, G. Colombo, La filosofia come soteriologia. L'avventura spirituale e intellettuale di Milano, Vita e Pensiero, E. Colorni, La malattia della metafisica. Scritti autobiografici e filosofici, Torino, Einaudi, Noce, Filosofi dell'esistenza e della libertà, Milano, Giuffrè, Pra, "Momenti di riflessione sull'esperienza religiosa in Italia tra idealismo e razionalismo critico", in:  La filosofia contemporanea di fronte all'esperienza religiosa, Parma, Pratiche); C. Ferronato, "Filosofia e religione”, in: Percorsi e Figure Filosofi italiani, Salvatore Natoli, Genova, Marietti, Filoramo, Letture M. 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L'uomo, il filosofo, la sua terra, Aosta, Le Château Edizioni, Alfredo Poggi, Vicenza, Collezione del Palladio, 1ora Riedizione Cosimo Scarcella e Introduzione di . Mas, Milano, Marzorati, Rambaldi, Voci dal Novecento, Milano, Guerrini; Romano, Il pensiero filosofico di Piero Martinetti, Padova, Milani, Santoro, Il problema della libertà, Lecce, Milella, Scarcella, La dottrina politica di Piero Martinetti: aspetti teoretici ed aspetti pratici, in Il Pensiero Politico, Firenze, Olschki Editore, Cosimo Scarcella, M. Politica e filosofia. Con alcuni ‘Pensieri' inediti, Napoli, Collana La Cultura delle Idee diretta da Fulvio Tessitore e Giuliano Marini, Edizioni Scientifiche Italiane, Terzi, La vita e il pensiero originale, Bergamo, Editrice San Marco, Carlo Terzi, "Lettere inedite di M.", in: Giornale di metafisica, Torino, Amedeo Vigorelli, "Emilio Agazzi e la fortuna di Martinetti", in:, L'impegno della ragione. Per Agazzi, Cingoli, Calloni, Ferraro, Unicopli, Milano (nuova ed. 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Per una storia dello spinozismo in Italia (Atti delle Giornate di studio in ricordo di Emilia Giancotti, Urbino), D. Bostrenghi e C. Santinelli, Bibliopolis, Napoli,  A. Vigorelli, "Piero Martinetti  una apologia della religione civile", in:, Le due Torino. Primato della religione o primato della politica?, Gianluca Cuozzo e Giuseppe Riconda, Trauben, Torino, Spir, Scuola di Milano Solari Goretti Basso Baratono Banfi, Giuramento di fedeltà al fascismo, Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  siusa. archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Torino, Biblioteca della Fondazione M., Torino. Fondazione Casa e Archivio M., su Fondazione piero martinetti. D. Fusaro sul sito Filosofico.net.   G. Colombo, La filosofia come soteriologia.  A) La prima forma di comunione fra esseri, quella che fonda le prime forme di società, quella che sussiste anche in quei gradi della vita animale onde è esclusa ogni altra forma di socievo­ lezza, è l’amore. Che cosa non è stato detto e iscritto in ogni tempo intorno all’amore? Io non intendo qui certamente aggiun­ gere su questo argomento nuove ed inutili speculazioni : voglio solamente trattarne in quanto aneli’esso è nella vita umana una sorgente di importanti doveri. L’amore, qualunque possano essere le complicazioni senti­ mentali che ne mutano profondamente la natura e possono dargli finalità più elevate, non ha originariamente altro fine che la (pro­ pagazione Astica della specie. L’unione fisica di due individui di sesso diverso ha per effetto l’estensione della vita organica nel tempo : per essa l’individualità effimera si sottrae in un certo modo alla morte e celebra l’eternità sua confondendosi per un istante con la serie delle generazioni venture. La voluttà fisica non è che una forma di quel piacere che accompagna ogni esten­ sione dell’individualità, ogni fusione delle coscienze singole in un tutto capace d’una vita più alita e più larga. Sotto questo aspetto la voluttà riveste un carattere ideale e direi quasi sacro : e tutta la poesia dell’amore non è che la poesia del primo, del più universale ideale umano. Ma il desiderio antico che in questo senso trae tutti i mortali è diventato attraverso le innu­ merevoli generazioni mn istinto : e l ’ uomo avendo volto lo sguardo verso forme più alte di unità e di vita si è abituato a'Vedere in questo dovere della propagazione della vita solo il compimento d’una funzione organica e nella voluttà un .semplice fremito del senso che non deve interessare la personalità superiore e che anzi può essere per la medesima un ostacolo ed un arresto. Di qui il duplice carattere dell’amore e della voluttà : da un lato essi sono la secreta aspirazione d’ogmi vivente, il movente di una gran parte delle attività umane; dall’altro appariscono come una debolezza, una vittoria dell’essere inferiore sull’es­ sere superiore e veramente umano. Nel pudore che accompagna l’unione dei due .sessi e tutto ciò che la riflette vi è qualche cosa della riverenza che impone un sacro mistero e della vergogna che desta l’esercizio di tutto ciò ohe è vita puramente animale. Il complesso delle attività e delle facoltà che si riferiscono a questa funzione costituisce, forse in modo più marcato che iper ogni altra funzione umana, un tutto ben distinto, che si   - 116- stacca nella personalità complessiva come una personalità mi­ nore e subordinata : vi è in ogni individuo umano una perso­ nalità sessuale che, per quanto non sempre chiaramente co­ sciente, ha la sua sfera di visione, la sua vita, le sue oscure tendenze e spesso influisce in misura non indifferente sopra lo svolgimento e il destino di tutta la persona. Questa personalità sessuale è già in un certo senso, per l’individualità organica bruta chiusa, nel suo egoismo repulsivo, un essere ideale : l’in­ dividualità atta all’amore appare come qualche cosa di deside­ rabile e di bello : ed è precisamente in questo carattere di idea­ lità che circonfonde tutto ciò che all’amore serve, che ha avuto origine il senso umano della bellezza. Il « tipo » estetico che le donne in genere e molti uomini cercano di realizzare con tutti i mezzi che l’arte e la moda suggeriscono non è altro che la presentazione della personalità sessuale : questa costituisce per molti l’apice di tutte le aspirazioni e di tutti gli ideali. D’altra parte la vita non si arresta all’amore e vi sono ideali più alti che la perpetuazione fisica, della specie : quindi di fron­ te alla personalità morale ed all’umanità vera la personalità sessuale appare come qualche cosa di inferiore e di miserabile. Quando perciò essa si svolge in noi senza alcun legame od in opposizione con i nostri sentimenti più elevati, noi possiamo bensì cedere per un istante al suo fascino, ma la sua vita resta pure sempre per noi qualche cosa di straniero che più tardi rigettiamo con vergogna e con disprezzo. Non è però affatto necessario che la vita sessuale si svolga nell’uomo senza alcuna continuità e senza accordo con le sfere più alte della vita interiore. Nello stesso mondo animale essa svolge nella maternità e nella famiglia una vera attività di ordine morale che la compie e la nobilita : e nell’uomo tutta la storia dell’evoluzione della famiglia che altro è se non il moralizzamento progressivo della funzione sessuale? Così puri­ ficato ed elevato, il desiderio del senso si intreccia con i più nobili e delicati sentimenti della vita morale, con i.1 sentimento della, protezione e della carità, dell’amicizia, della solidarietà, della fedeltà; anzi, intellettualizzandosi vieppiù e collegandosi con le aspirazioni più elevate, diventa comunione di vita inte­ riore, di gioie alte e pure : l’amore animale e sensuale si tra­ sforma nelle forme più nobili dell’amore umano. Certo il fattore sensuale non scompare mai : l’amore platonico non esiste o, se esiste, non è una forma viva e sana dell’amore. Ma anch’esso si raffina e si assimila : il piacere medesimo del possesso di­ venta, per la confusione della spiritualità di due esseri elevati, più delicato e più profondo. Sopra tutto poi esso elimina gra­ dualmente da sè tutto ciò che urna viva sensibilità estetica e morale giudica o ignobile o incompatibile con le tendenze della personalità superiore : così sorgono le virtù dell'amore, la leal­ tà, la fedeltà, la castità. L’ amore sensuale vive del piacere dell’istante e cerca nell’oggetto suo soltanto il soddisfacimento del suo ardore : esso non è che il contatto superficiale e momen­ taneo di due personalità sessuali che si avvincono e si confon­ dono mentre le anime restano straniere l’una all’altra diffi­ denti, sordamente ostili. L’amore veramente umano si completa con l’unione delle volontà, che esige urna reciproca dedizione intiera, leale, duratura ed esclude come cose indegne la men­ zogna, l'ingiustizia e tutto ciò che diminuisce questa perfetta comunione di vita. Così è possibile un amore che sorge non dal senso, ma da tutta la personalità; un amore che purifica e no­ bilita, che ispira ad alte cose e ¡santifica la voluttà stessa. Questo concetto dell’amore traccia ad ogni uomo la via che deve seguire se egli sinceramente sdegni di degradare sè stesso ; essa, è del resto anche la via più saggia sotto l’aspetto della fe­licità. Certo può sembrare un’ingenuità chiedere alla ragione consigli contro una passione che si mde della ragione : mentre l’eperienza quotidiana ci mostra con mille esempi come essa sconvolga talora le menti più equilibrate, soffochi i sentimenti più sacri, precipiti nell turbamento e spesso nella più irrepa­ rabile rovina esistenze, che l’educazione, l’intelligenza, i vincoli sociali e morali sembravano assicurare contro la prevalenza di ignobili tendenze. Tanta è del resto la potenza di questo «niver­ i-sale e profondo istinto che esso è il movente secreto o palese di gran parte dell’attiviità umana : la massima parte dei ritrovi, delle feste, dei divertimenti sociali, la moda e per molti ri­ spetti anche l’arte non hanno altra ragione d’essere; e i vizi che esso alimenta danno origine ad un vero pubblico mercato e ad industrie fiorenti. Come sperare dunque che la ragione possa qualche cosa contro una volontà oscura e ribelle che sembra avere la violenza e la regolarità delle forze di natura? La mo­ rale predica contro questa passione quasi soltanto come per sod­ disfare un debito : la giovinezza, la fantasia e l’arte la rivestono dei più brillanti colori e si ridono della morale : ed anche i predicatori più severi del resto non sanno, tra un sermone e l’altro, esimersi da un sentimento che sta fra il compatimento e la malrepressa invidia. Io non credo tuttavia che qui la riflessione sia del tutto mutile. L ’ esperienza della vita insegna (e ciascuno lo ricono­ scerà in stesso) che vi sono nella vita interiore dei momenti decisivi nei quali una parola, un pensiero che sono caduti un giorno nell’anima indifferente, si risvegliano e fortificano una nobile ispirazione, soffocano una passione nascente, provocano un deciso cambiamento d’indirizzo. Questo è vero anche della pas­ sione dell’amore. Certo è inutile invocar la ragione quando la passione è ingigantita e il vizio è inveterato : ma questo non vale egualmente di tutte le passioni? La ragione non può di­ struggere l’istinto, ma può dirigerlo : e può dirigerlo se, come un medico accorto, cura il male nei suoi inizi. Ora l’origine del male sta, come già videro i saggi antichi, nelle illusioni che noi ci formiamo circa la realtà. L ’ uomo, sopratutto nella giovi­ nezza, non si precipita verso i piaceri che l’amore promette se non perchè la sua fantasia presenta al desiderio le immagini più allettatrici e riveste ila ¡realtà delle forme più ¡belle e più desi­ derabili. Lo spirito soggiace allora ad una specie di limita­   zione del proprio orizzonte : esso si chiude nei propri sogni e diventa cieco all’aspetto del vero essere delle cose. In questo appùnto può intervenire efficacemente la ragione. Lo sforzo che si deve e si può compiere in quel momento in cui sorgono le prime illusioni, è di dissipare1queste visioni ingannevoli col tenere viva e presente diinnanzi al pensiero la realtà che esse nascondono, col rievocare le esperienze dolorose, col ravvivare le intuizioni profonde che ci svelano l’intima e vera natura delle cose. In fondo a tutte le cose sta la tristezza, ha detto Amici : e veramente l’aspetto ultimo delle cose è triste, mia anche fecondo di salutare saggezza. L’aspetto supeSiciale della realtà è lieto, vario e giocondo come l’aspetto d’una folla che popola le vie d’una città in un giorno di festa. Ma quante cose sordide e tristi non nascondono anche qui le varie e splendide apparenze! Ora in nessuna parte la fantasia è tanto fertile d’in­ ganni quanto nelle cose dell'amore : ed in nessuna parte l’in- gànno è così lusinghiero ed ostinato. Tanto anzi che qualcuno hai voluto vedere nell’amore una specie d’inganno della natura ; che si serve dell’individuo per la propagazione e lo sacrifica, viìttimn volontaria, alla specie. Ma la natura non è in questo caso che la nostra natura inferiore ; noi soggiacciamo all’inganno solo perchè l’istinto ci oscura l’intelligenza e noi non sappiamo più vedere che con gli occhi della sensualità. Questa ci dipinge la via tutta sparsa di dolci desiderii e di soavi ebbrezze; l’amore ci si offre dinnanzi come un palazzo incantato pieno di misteri e di delizie. Bisogna invece che l’intelletto nastro si sforzi di mantenere sempre a sé presente questa prima, considerazione : che l’illusione sessuale ci mostra sotto un solo aspetto un es­ sere che freddamente considerato ¡nella sua 'realtà, è il più delle volte tutt’altro che desideratile. La personalità sessuale non è che un aspetto, uno stato della- persona; è una specie di trasfi­ gurazione di tutto l ’ essere che in fondo rimane così straniera alla persona come se fosse veramente un’altra personalità. Per­ ciò quando la persona amata non è per sè stessa degna di sti-   una e d’amore, l’illusione sessuale è seguita inevitabilmente da una profonda delusione : soddisfatto il desiderio l’immagine ideale, oggetto d’un’adorazione appassionata, isi risolve in un essere prosaico e volgare che ci 'meravigliamo d’avere deside­ rato. Bisogna, in .secondo luogo tener presente quest’altra, consi­ derazione : che la «tessa personalità sessuale, dato che in noi potesse persistere lo stato passionale corrispondente, è ben lun­ gi dall’essere una sorgente di gioie pure ed immutabili : la sen­ sualità è, come ogni passione, un fuoco che consuma se stesso. Un amore puramente sensuale, non potrebbe lessero che un triste ed insaziato ardore : la vita dominata dalla lussuria ap­ pare, freddamente considerata, dolorosa ed ignobile nello stesso tempo. L ’ amore d’ una donna non rende beati che quando può trasformarsi in un sentimento più alto, come accade nella fa­ miglia, od associarsi la sentimenti ideali e diventare una co­ munione morale ed intellettuale di due nobili spiriti. Anzi, nelle persone di più profondo sentire l’attrazione sessuale maschera quasi sempre un’oscura aspirazione spirituale, il bisogno d’una comunione di vita, che riempia l’anima loro, la elevi e la consoli ; è un vago presentimento ideale sperduto nella sfera sessuale. Perciò quando esse non riconoscono la vera natura del senti­ mento che le attrae e, nella loro cecità, ne cercano la soddisfa­ zione nel senso, la loro illusione finisce, il più delle volte, in una tragedia dolorosa. Bisogna in terzo luogo ancora aver presente che, mentre per ogni animo 'ben nato vi sono nella vita aspira­ zioni e soddisfazioni 'ben più alte che quelle dell’amore, l’amore è spesso l'impedimento più forte a questa vita superiore. La donna, come puro .essere sensuale, è la nemica naturale degli interessi ideali dell’uomo; essa non vive che per sè stessa e per i suoi istinti : la volontà sua egoistica è tutta tesa verso il piacere, il lusso, i godimenti della vanità. In cambio della vo­ luttà l’uomo deve il più delle volte sacrificare alla sua vanitosa ed insignificante persona il suo lavoro, il suo benessere, il suo valore spirituale e disperdere in una vita di agitazioni vane í   quelle preziose qualità che potevano servire ad un ben più no­ bile scopo. Quante nobili esistenze non ha /perduto il fuoco oscuro della sensualità! Quante volte l’influenza funesta della donna non è stata causa dei più gravi turbamenti nella vita dell’uomo; della decadenza della volontà, della rinunzia ai fini più alti, e infine della completa rovina morale! Sopratutto quindi è necessario, per resistere a queste sollecitazioni della vita inferiore, suscitare e tener vivo nello spirito qualche alto e degno amore che lo ©levi sopra la sfera della bellezza sensi­ bile. La passione ardente ohe travolge qualunque considera­ zione e saggezza puramente umana, s’arresta dinanzi alle vo­ lontà più aJlte dello spirito, che aprono all’uomo una realtà d ’ un valore infinitamente superiore. E ’ vero che non sempre noi possiamo rivolgere il nostro pensiero verso queste realità idea, li con tanta fermezza che non possa essere vinto degli ardori del senso : ma la contemplazione e ¡l’amore delle cose ideali tra­ sforma sempre il nostro modo di vivere ed apre i nostri occhi ad una luce che non va più .perduta. Quindi anche quando questo amore non è per sé abbastanza forte, esso favorisce lo svolgersi della riflessione critica e induce nell’anitmo una disposizione abituale in cui il germe della passione non trova un terreno fa­ vorevole e viene soffocato prima di svolgersi. Inoltre la con­ suetudine con una sfera più alta di vita crea un sano e salutare orgoglio che respinge da sè, senza esitare, ogni ibassezza. Un’i­ stintiva fierezza, permette al selvaggio di sopportare con viso impassibile i più aspri tormenti : un uomo che sopporterebbe la povertà, la fame e qualunque strazio per il suo dovere ed il suo onore, vorrà diventare lo zimbello dei suoi istinti e sacri­ ficare tutto quello che di grande e di safro ha per lui la vita per il possesso d’una donna? Da queste considerazioni discende anzitutto la condanna di ogni degenerazione ignobile dell’amore. L’istinto che tende ciecamente verso la sua isoddisfazione è soggetto a singolari aberrazioni : e l’istinto sessuale umano può essere anche aiutato in queste sue deviazioni dal ritorno atavico della associazione sua con altri istinti ed altre tendenze; per es. coll’impulso alla crudeltà. Anzi anche dall’associazione con sentimenti superiori non ignobili : come è avvenuto' per es. nell’amore omosessuale greco. La cura estrema con la quale queste tendenze vengono tenute segrete le fa apparire come eccezioni : ma coloro che se ne occupano per dovere professionale sanno che esse sono tutt’altro che rare, anche fra individui delle classi elevate. Esporre i pericoli e le vergogne a cui queste degenerazioni con­ ducono è cosa inutile : coloro stessi che vi soggiaccione li cono­ scono. Ogni animo non ignobile deve del resto essere trattenuto sull’orlo di questo abisso dal rispetto di sè stesso. Ma se ciò noni bastesse, egli deve rappresentare a sè chiaramente che, degradando la sua vita in queste turpitudini, sacrifichereb­ be a misere, bestiali voluttà tutto ciò che di migliore e di desi­ derabile può offrire la vita dell’ uomo. L ’ atto dell’ uomo non è qualche cosa che si possa isolare dalla natura sua e se ne stacchi, appena compiuto, come il frutto che cade dall’albero : esso ri­ mane anche dopo e non si cancella. Seguire l’istinto nelle sue depravazioni vuole dire rassegnarsi a diventare un essere be­ stialmente istintivo : non bisogna illudersi di potere dopo ciò conservare in sè qualche cosa di veramente elevato. E vuole dire quindi anche abbandonare la propria vita a tutte le mi­ serie dolorose che accompagnano la vita d’un essere tutto con­ finato nella sua animalità. Ma vi sono anche altre forme ddl’amore in apparenza più normali ed elevate che vengono coinvolte in questa condanna. Non parlo dell’amore prettamente mercenario, che è anch’esiso una forma di degenerazione : parlo dell’amore vago che, pure fuggendo ogni attaccamento saldo, circonda il godimento d’una parvenza di sentimentalità che sembra 'redimerlo e nobilitarlo : è l’amore per l’amore, l’amore libero che comincia generalmente fra le rosee illusioni e finisce quasi sempre nella vergogna e nel pianto. Non vi è uomo quasi che non abbia- lasciato fra- le sue spine qualche illusione di giovinezza insieme con qualche brandello di felicità e di onore, che, se avesse la magica arte dello ^scrittore, non potrebbe scrivere anch’egli, come romanzo, una pagina della 'sua vita e dedicarla a suo figlio «quando avrà vent’aoani». Non vi è da illudersi quindi che la saggezza degli altri possa sostituire totalmente l’esperienza vissuta; ma essa potrà, se non altro, aiutare a formarsi rapidamente questa esperienza e a non consumare dolorosamente anni preziosi ad inseguire un vano fantasma che ci allontana dalia felicità vera e durevole. L’amore tende per sua natura, in ogni animo ele­ vato, a stringere un’unione indissolubile; quindi il correre ap­ presso ad un amore che noi già sappiamo non poter condurre ad una simile unione è un preparare a sè stesso, a scadenza più o meno lunga, una sicura infelicità. Vero amore è soltanto l’a­ more che è legato da un senso profondo di pietà e di respon­ sabilità : e questo senso impone all’uomo di rimanere sino alla fine della vita al fianco della donna che gli si è data e di non ab­ bandonarla in balia dell’incerto destino. Perciò ogni abbandono, ogni mutamento lascia amari rimpianti e rimorsi : la slealtà e l’ingiustizia che l’uomo addossa alla propria coscienza, quando viene meno alle ¡menzognere promesse, è una bassezza che avvi­ lisce chi la commette. Del resto già sappiamo che un amore pu raímente fìsico è sempre deluso : di qui ]’universale ed infrenabile desiderio degli uomini attratti verso le donne non ancora cono­ sciute. Ma anche questo errare, dato che potesse sempre avere soddisfazione, non sarebbe che un passare continuo di delusione in delusione, di rimpianto in rimpianto. Non vi è quindi in realtà vita più triste di quella passata nei facili amori : vita che è inseparabile dal sentimento della propria degradazione, perchè l’amore che non termina in altro, che non isi associa con i senti­ menti più elevati della natura umana, è un ben misero fine : esso non è in ultimo, se lo si spoglia di tutti i fronzoli sentimen­ tali, che pretta e pura sensualità. La ricerca affannosa della donna 11011 è che la ricerca di una donna : l’amore vago e libero è la conquista, attraverso molte amare esperienze, di questa semplice verità : che non vi può essere amore veramente felice se non nel nobile sentimento che lega l’uomo con una sola donna per tutta la vita. Ohe l’amore pertanto, io direi al giovane dinnanzi a cui si apre questo mondo di vaghe lusinghe, non si disisoci mai in te, dai nobili principi d’urna coscienza retta e pura! Anche at­ traverso le passioni e gli errori, sii un uomo onesto! Non acqui­ stare il piacere d’un’ora a prezzo della rovina d’un povero essere debole e indifeso : questo sarebbe un tradimento vile che nes­ suna riparazione pecuniarda cancellerebbe dalla tua vita. Pensa che nessuna violenza di passione può scusare la disonestà di chi non esita, per soddisfare un desiderio, a gettare la vergogna e la disperazione in una famiglia : sebbene la leggerezza del mondo biasimi l ’ adulterio quasi sorridendo, non vi è dinnanzi alla retta coscienza morale infamia più bassa. E sopratutto pensa alla condizione di quelli che la viltà dei loro genitori ha lasciato in abbandono e che una fredda carità cresce agli stenti, alle tristezze, alle umiliazioni di all’esistenza miserabile. Se vi è un pensiero che valga a farci vergognare dei bassi amori, questo è bene il sospetto che forse ora in qualche parte del mondo vi sia qualcuno che deve a noi la vita e che ha ragione di impre­ care, in mezzo alle sue miserie, al nostro egoismo inumano. Sii dunque casto : la castità è la virtù dell’amore. Essere casti non vuol dire andare in cerca d’una virtù soprannaturale, ma saper rinunciare a ciò che è al di sotto della nostra natura, alle soddisfazioni dei sensi che sono ignobili ed ingiuste. Essere casti vuole dire anzitutto dunque essere forti, saper tenere lon­ tano da sè i vizi vergognosi che minano ila salute e corrompono la, delicatezza e la dignità del carattere : vuole dire inoltre essere giusti e pietosi e non cercare ili nostro piacere a prezzo del disonore e della rovina di altri. Se tu vuoi che l’amore non sia per te fonte di infelicità e di rimorsi, fa sì che esso sia l’armo, nia di due volontà nobili e pure, per le quali l’amore non è che l’inizio d’una comunione più alta di vita. Piero Martinetti. Martinetti. Keywords: l’amore velia, antologia platonica, amore socratico, sezione sull’Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Martinetti” – The Swimming-Pool Library.

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