Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Friday, November 15, 2024

GRICE ITALO A/Z E EV

 

Grice ed Evagrio: la ragione conversazionale e l’implicatura degl’ottimati -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Evagrio was an aristocratic philosopher based in Rome.

 

Grice ed Evandro: la ragione conversazionale e la setta di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. A Pythagorean according to Giamblico.

 

Grice ed Evandro: la ragione conversazionae e la diaspora di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. A Pythagorean, according to Giamblico.

 

Grice ed Evanore: la ragione conversazionale e la setta di Sibari – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sibari) – Filosofo italiano. Pythagorean. Giamblico.

 

Grice ed Evareto: la ragione conversazionale e il circolo romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He as a philosopher in Rome, a friend of the lawyer and legal scholar Publio Salvio Giuliano. Quinto Elio Egrilio Evareto.

 

Grice ed Evete: la ragione conversazionale e la setta di Locri -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. A Pythagorean according to Giamblico.

 

Grice ed Evola: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della romanità – l’implicatura di Romolo – la scuola di Castropignano -- filosofia romana – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Grice: “Evola was a bit of a linguistic philosopher; I enjoyed his rambling on the proper use of “Latin” versus “Roman;” Evola notes that the implicatures differ. ‘Roman’ he links with Spartan, and he opposes to the formation, ‘greco-romano’ o ‘classico’ – “Latin” he applies to “lingua romana,” as Orazio and Tacitus had done!” – Grice: “If I had to think of the equivalent linguistic analysis by an English philosopher, I can only think of DeFoe, and his satire on what constitutes an Englishman! Later parodied by Gilbert and Sullivan and put to good effect in “Chariots of Fire,” where Abrams is seen referred to as “HE IS.. an Englishman! For he himself has said it!” -- - Italian philosopher – Figlio di Vincenzo e Concetta Mangiapane, barone di CASTROPIGNANO. Studia a Roma. Manifesta un'opposizione a Roma, soprattutto in riferimento alla teoria del peccato e della redenzione, del sacrificio divino e della grazia. Studia FILOSOFIA. Entra in contatto con alcuni esponenti del Futurismo quali Balla e Marinetti. Partecipa alla esposizione futurista a Palazzo Cova, Milano. Rientra a Roma dopo il conflitto ed attraversa una profonda crisi esistenziale che lo porta al bordo del suicidio. Aderisce al dadaismo ed entra in contatto epistolare con Tzara. Fonda “Bleu” Esce un saggio sull'idealismo magico. Si deve superare i limiti dell'umano per andare verso “l'oltre-uomo”.Studia la teoria e fenomenologia dell'individuo assoluto. Nel “L'uomo come Potenza” compare una concezione dell'io ispirata ai dettami del tantrismo e del taoismo.  Queste ultime opere segnano un'ulteriore svolta: passaggio da una posizione filosofica di tipo teoretico ad una di tipo pragmatico. Cerca infatti di individuare strumenti concreti per mezzo dei quali calare nella vita quotidiana la teoria dell'Individuo assoluto. Inizia un'intensa esperienza giornalistica: partecipa alla redazione di Lo Stato democratico e collabora a riviste come Ultra, Bilychnis, Ignis, Atanor e Il mondo. Frequenta i circoli esoterici romani e partecipa alla vita notturna della capitale. Disumano qual è, gelido architetto di teorie funambolesche, vanitoso, perverso, s'è trovato dinanzi a me come a cosa tutta viva, tutta schietta, mentre aveva fantasticato chissà quale avventura necrofila. E questa cosa tutta schietta l'ha turbato, l'ha commosso, segretamente. Coordina “Ur”, che si occupa di esoterismo. Conosce Reghini. Pubblica “Paganesimo.” Attacca violentemente Roma ed esorta a ritrovare la grandezza della civiltà romana. Oserà dunque Italia assumere qui, qui donde già le aquile imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare, regale, oserà qui riprendere la fiaccola della tradizione mediterrane? Influenzato da Guénon abbandona in seguito le tesi estremiste a favore del concetto di “tradizione" e fonda “La Torre” destinata a difendere principi sovrapolitici, in realtà una tribuna di filosofi che si battevano per una Italia più radicale e più intrepida. Critiche mosse ad alcuni personaggi del Regime dalle pagine de La Torre, provocano l'intervento di Starace che prima diffida Evola dal continuare la pubblicazione, poi proibisce a tutte le tipografie romane di stampare la rivista la cui pubblicazione, alla fine, viene sospesa. Viene sorvegliato dal regime in quanto accusato di affiliazione all'Ordo Templi Orientis ed è costretto ad assumere alcune guardie del corpo (come testimoniato da Massimo Scaligero). In Meditazioni delle vette, intende l'alpinismo come pratica ascetica e meditazione spirituale: superamento dei limiti della condizione umana attraverso l'azione e la contemplazione, che divengono due elementi inseparabili, un'ascesa che si trasforma in ascesi. Successivamente pubblica due saggi La tradizione ermetica e Maschera e volto dello spiritualismo. “La tradizione ermetica” è una disamina dell'aspetto magico, esoterico e simbolico dell'alchimia. “Il volto e la maschera” è un saggio critico su quella filosofia che invece di elevare l'uomo dal razionalismo e dal materialismo, lo portano ancora più in basso: spiritismo, teo-sofia, antropo-sofia e psicoanalisi. In “Rivolta contro il mondo” traccia un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella tradizione occidentale. Analizza le categorie qualificanti l'uomo della tradizione e le anticha "razza divina” Esamina a fondo Il mistero del Graal e le sue implicazioni dottrinarie nelle visioni dei diversi periodi storici, impostando tutta la sua disamina sul concetto di "tradizione ghibellina dell'impero", cercando di svincolare il Graal e la sua portata simbolica da Roma. Collabora attivamente con la Scuola di mistica da Giani, tenendo alcune conferenze e figurando nel comitato di redazione della rivista Dottrina. La maggior parte degli interventi di Evola in conferenze e scritti, riguardano principalmente il concetto di “razza divina”, argomento che trova appoggio da parte di Giani. Il concetto di “mistica” rappresenta un'incongruenza potendo parlare, al più, di “etica.” Questo perché in realtà la dottrina non affronta il problema dei valori superiori, i valori del sacro, solo in relazione ai quali si può parlare di mistica. Evola ravveda nella mistica un elemento rilevatore di una spiritualità lunare e del polo femminile. E infatti il sottotitolo di Diorama filosoficola pagina prima mensile e poi quindicinale curata da Evola nel quotidiano Il Regime è: Problemi dell’etica. Una serie di scritti di Evola relativi alla scuola di mistica, sono stati pubblicati dall'editore Controcorrente e aiutano in parte a chiarire le posizioni assunte dal filosofo all'interno della suddetta corrente.  Sia in fatto o nell’ideale, esiste una opposizione fra l'uomo ariano e tradizionale europeo e l’altri. L’ariano e capace di concepire e di realizzare un'armonia fra corpo ed anima (“La civiltà occidentale”, Augustea). In “Mito del Sangue ricostruisce le concezioni sulla razza dalle civiltà fino alle teorie di Gobineau, Woltmann, de Lapouge, e Chamberlain. L'ariano (da "Arya") appartiene al corpo e lo spirito. Si esprime negativamente sul colonialismo giudicando l'Etiopia conquistata dall'Italia nient'altro che una contraffazione degenerescente di un organismo tradizionale. Critic ail materialismo zoologico. Ha una concezione dell'uomo come essere costituito da corpo, anima e spirito, dove lo spirito deve avere il primato sull’anima e il corpo. L’opportunità di questa formulazione risiede nel fatto che una razza può degenerare, anche restando biologicamente pura, se lo spirito è diminuito o obnubilat, se ha perso la propria forza, come presso certi tipi nordici. Un corpo di una data razza si liga in un individio lo spirito di un'altra razza. Respinge ogni teorizzazione del razzismo in chiave “zoologica”! ponendo il pensatore tradizionale tra coloro che «imboccata una certa strada, la seppero percorrere, in confronto con tanti che scelsero quella della menzogna, dell'insulto, del completo obnubilamento di ogni valore culturale e morale, con dignità e persino con serieta. Non è il solo a prendere le distanze dal razzismo zoologico. Altre note figure della cultura del tempo, come Acerbo, e meno note, come Mazzei, se ne dissociano. L'impostazione critica data da Felice su questo passaggio del pensiero di E. è particolarmente apprezzata dagli autori filo-evoliani. Anche Orano sviluppa, secondo taluni, una forma di razza divina etico-sociale che rinvia a Il mito del sangue di E. Primo, in ordine di tempo fu Orano. Dietro di lui, con una vena più scadente, comparvero Romanini ed E. C’e tre ordini di razza: corpo, anima, spirito. Dunque, E. riprende, seppur in maniera meno esplicita, alcune delle teorie del de Gobineu che cercano di identificare una gerarchia ideale nei gruppi delle razze umane. Cio non impedisce ad Evola di avere una "doppia affiliazione" ed essere pure membro della Massoneria. E. non aderisce al Partito e tale mancata adesione gli impedisce di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda guerra mondiale. Critica del germanismo tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione".Per esempio una difesa della razza e improntata giuridicamente e il potere e derivato dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini. Teorizza dunque il tradizionalismo puro, ideale e radicale, capace di attuare i propri principi e di far trionfare la cultura romana pagana delle origini -- un impero europeo e pagano sotto la guida egemonica della Roma di Cesare. Fa ritorno nell'Italia liberata solo al termine della guerra. Essendo rigorosamente contrario all'abrogazione della Monarchia e alla trasformazione dell'Italia in una Repubblica, intraprende tentativi di influenza.Si occupa di studiare e combattere le trame occulte e antitradizionali della massoneria.  Pubblica “Impero”.Scrive E.: “Io potevo aver difeso e potevo continuare a difendere certe concezioni in fatto di dottrina dello Stato. Si era liberi di fare il processo a tali concezioni. Ma in tal caso si dovevano far sedere sullo stesso banco degli accusati: Platone, un Metternich, un Bismarck, il Dante del De Monarchia e via dicendo.” Si tenta di effettuare una "doppia lettura" dei suoi testi: una lettura palese per il volgo ed una "esoterica" per gli "iniziati". Pubblica “Gli uomini e le rovine” che esercita grande influenza negli ambienti della destra italiana nel quale spiega la decadenza del mondo moderno in seguito alla distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della tradizione. In “Metafisica del sesso” tratta la forza magica e potentissima dell'atto sessuale, attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. L'«Operaio» in Jünger. “Cavalcare la tigre”. Scrive sul concetto metafisico ed immanente di tradizione, come Il Ghibellino. “Gli uomini e le rovine” e “Cavalcare la tigre” sono considerati due testi fondamentali grazie ai quali c'è una fattiva adesione al ribellismo anti-sistema”Pubblica Il cammino del cinabro, la sua autobiografia, e L'arco e la clava.  Assiste alla costituzione dei “dioscuri”, sodalizio dedito al ripristino della cultualità romana ed italica, di cui è uno degli ispiratori, attraverso i suoi scritti sulla romanità, il paganesimo e le idee imperiali, oltre che attraverso un particolare rapporto di intimità con i dioscuri.  Solstitivm. Evola è propugnatore del Tradizionalismo, un modello ideale e sovratemporale di società caratterizzato in senso spirituale, aristocratico e gerarchico. Tale modello si riscontra, da un punto di vista storico, in la civiltà romana. La civiltà romana non si basa su criteri economici, materiali e biologici, ma e suddivisa e gestita in base a criteri di gerarchia sociale di carattere ereditario e spirituale.  Ogni azione che avviene durante la vita biologica (il divenire) rispecchia direttamente una medesima azione di carattere metafisico (l'essere) e dunque imperitura e sovratemporale.  Il cammino dell'uomo avviene attraverso un percorso di tipo circolare. Traccia di questa teoria la si trova, ad esempio, nella teoria delle *cinque età* (dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli eroi, del ferro). La civiltà romana, ritenuta superiora da Evola si basa dunque su una più elevata dimensione metafisica e spirituale dell'esistenza, anziché su criteri di ordine materiale. L'uomo ha la possibilità di elevarsi alla sfera divina e metafisica attraverso precise strade (il rito e l'iniziazione), utilizzando determinati strumenti (l'azione e la contemplazione) all'interno di contesti sociali predeterminati (la casta, l'impero). Non esiste differenza quantitativa tra l'uomo e il dio. Ogni uomo è un dio mortale. Ogni dio un uomo immortale. La razza e "spirituale". Rifiuta una visione zoological, in favore di un patrimonio di tendenze e attitudini che, a seconda delle influenze ambientali, giunge rebbero o meno a manifestarsi compiutamente. L'appartenenza a questa razza spiritual si individuerebbe dunque sulla base dello spirito, e in seguito del corpo, diventandone col tempo questo ultime il segno visibile. E un concetto metafisico di razza. La romanita spirituale del quale parla E. parte appunto dal dato biologico, che gli pare ancora troppo zoologico, rozzo e deterministico, per sublimarlo e portarlo a pieno compimento sul piano dello spirito – non romano, ma romanita --, ossia sul piano metafisico. Intendeva potenziare e nobilitare la romanita, avvolgendolo in una nebulosa filosofeggiante e scrostandolo di quel tanto di ruvido zoologismo. Vengono ritrovate sette lettere da E. a Croce (più una indirizzata all'editore Laterza. Evola invia inizialmente a Croce la richiesta di intercedere presso Laterza per la pubblicazione dei “Idealismo magico” e “Teoria dell'individuo assoluto”. La seconda e una cartolina postale di Croce ringraziandolo per il giudizio di apprezzamento sul lato formale dei due manoscritti dell’Idealismo magico e Teoria dell’individuo assoluto.  Laterza, nonostante l'appoggio favorevole di Croce, Laterza scrive una lettera  in cui precisa di volersi riservare la massima libertà di decidere anche nei riguardi di autorevoli amici. E. scrive a Croce chiedendo aiuto per “La tradizione ermetica”, un saggio sull'alchimia. In una quarta lettera, E. ringrazia Croce per l'interessamento. “La tradizione ermetica” esce per i tipi dell'editore barese.  E. invia quattro lettere a Gentile. Nonostante le marcate divergenze sul piano filosofico E. si discosta dall'attualismo gentiliano in favore di una rigida codificazione teoretica (l'idealismo magico) il pensatore tradizionale cerca un confronto con uno dei massimi esponenti del mondo accademico. Tale confronto non produce risvolti interessanti sotto il profilo speculativo in quanto i due filosofi sono su posizioni eccessivamente distanti, ed anche i presupposti dottrinali sono inconciliabili.  Il tentativo di E. di aprire un colloquio costruttivo rimane un fiore che non sboccia. E. cerca di costruire, pur senza risultati apprezzabili, un punto di riferimento culturale alternativo al gentilismo. Nel Cammino dei cinabro tenta di spiegare così le ragioni di questo mancato incontro.“Ogni riferimento extra-filosofico di cui il mio sistema filosofico e ricco sirve come un comodo pretesto per l'ostracismo. Si poteva liquidare con un'alzata di spalle un sistema che accordava un posto perfino al mondo dell'iniziazione, della "magia" e di altri relitti superstiziosi. Che tutto ciò da me fosse fatto valere nei termini di un rigoroso pensiero speculativo, a poco sirve. Però anche da parte mia vi e un equivoco, nei riguardi di coloro ai quali, sul piano pratico, la mia fatica speculativa posse servire a qualcosa. Si tratta di una introduzione filosofica ad un mondo non filosofico, la quale posse avere un significato nei soli rarissimi casi in cui la filosofia ultima avesse dato luogo ad una profonda crisi esistenziale. Ma vi e anche da considerare (e di questo in seguito mi resi sempre più conto) che i precedenti filosofici, cioè l'abito del pensiero astratto discorsivo, rappresentano la qualificazione più sfavorevole affinché tale crisi potesse essere superata nel senso positivo da me indicato, con un passaggio a discipline realizzatrici.” Gentile tuttavia riconosce ad Evola una certa competenza in campo esoterico-alchemico ed infatti chiede al filosofo della tradizione di curare la voce “atanor” per l'Enciclopedia Italiana. Anche alcuni allievi di Gentile riconoscono ad Evola una certa stima, in particolare Calogero. Giuli successivamente riporta altre informazioni, relative al carteggio E.-Gentile, reperite all'interno della "Fondazione Gentile per gli studi filosofici", occupandosi dei saggi che Evola invia con dedica a Gentile.  Invia sette lettere a Schmitt che mette in luce da una parte alcune amicizie e conoscenze in comune tra i due pensatori (Jünger, Mohler e il principe di Rohan), dall'altra il tentativo di proporre la pubblicazione in italiano del saggio di Schmitt sul tradizionalista Cortes.Tale tentativo non va in porto, così come fallisce anche il secondo progetto di pubblicare un'antologia schmittiana.  Di rilievo, all'interno dello scambio epistolare, le due divergenti visioni rispetto al ruolo dell'uomo politico e la sua autonomia. Evola interpreta il concetto di dittatura incoronata come «necessità di un potere che decida assolutamente, ma ad un livello di una dignità superiore, indicata dall'aggettivo incoronata. Per Schmidt, invece, esiste prima di tutto un passaggio significativo che porta dal concetto della legittimità del regnare a quello della dittatura. La dittatura incoronata significa solo un pis-aller pratico mai ha concepito questo espediente pragmatico come una forma di salvezza. E in questo caso così come già ampiamente esposto in Rivolta contro il mondo moderno, il costante rimando di Evola ad un fondamento trascendente dell'ordine politico rimane quell'ineliminabile discrimine che non può essere in alcun modo occultato o minimizzato. L'epistolario assume rilievo in relazione al tentativo di fornire di solidi contrafforti ideologici e culturali il mondo conservatore che, nel dopoguerra italiano, si trova a combattere la sua battaglia politica. Entra in contatto epistolare con Benn, appartenente alla cosiddetta rivoluzione conservatrice. Il primo incontro risale durante la tappa berlinese di un viaggio che E. effettua in Germania. Da quell'incontro scaturisce una recensione-saggio di Benn alla versione di Rivolta contro il mondo moderno che appare in Die Literatur di Stoccarda. Nel presentare Rivolta contro il mondo moderno, Benn espone le sue teorie convergendo con la visione del mondo di E. Si ha rintracciato tre lettere da E. a Benn. Le lettere sono importanti in quanto chiariscono la comunanza di vedute dei due autori rispetto al tema della tradizione e di una visione del mondo conservatrice, oltre al fatto che entrambi non si riconoscono nel establishment. Sono sempre più convinto che a chi voglia difendere e realizzare senza compromessi di sorta una tradizione spirituale e aristocratica non rimanga purtroppo, oggi e nel mondo moderno, alcun margine di spazio; a meno che non si pensi unicamente a un lavoro elitario. E un tentative di riprendere, nel dopoguerra, i rapporti con i filosofi conservatori. Invia lettere a Tzara. Si tratta di una trentina di documenti tra lettere e cartoline. Molte tappe del cammino artistico del filosofo romano sono già note prima del rinvenimento della corrispondenza con Tzara: in parte perché lo stesso E. ne parla nella sua autobiografia, in parte perché dedotte dai critici e dagli studiosi nelle partecipazioni, in qualità di articolista, che ha in alcune riviste d'arte dell'epoca: Noi, Cronache d'Attualità, Dada e Bleu. Ciò che invece non è noto prima del rinvenimento della corrispondenza, sono le modalità dell'avventura evoliana nella sfera artistica, ovvero come essa si attua, come èvissuta, a che mira. L'archivio della corrispondenza tra i due artisti ha, inoltre, il pregio di colmare il vuoto di un periodo poco conosciuto di E. Questo vuoto si colma sia attraverso la ricostruzione di tappe cronologiche (il recupero di alcune date, partecipazioni a mostre, riviste, incontri) sia attraverso il recupero di tappe più specificamente psicologiche. In particolare quelle che portano E. ad annunciare il proprio suicidio e che raccontano d’un uomo colto nel pieno male di vivere, di una sperimentazione del travaglio interiore che l'artista vive, dove la sofferenza acuta si alterna alla disperazione. Altre opere: “Arte astratta, posizione teorica” (Roma, Maglione e Strini); La parole obscure du paysage intérieur, Roma-Zurigo, Collection Dada); Saggi sull'idealismo magico, Todi-Roma, Atanòr);  L'individuo e il divenire del mondo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere); “L'uomo come potenza, Todi, Roma, Atanòr, “Teoria dell'individuo assoluto, Torino, Bocca); “Imperialismo pagano, Todi, Roma, Atanòr); “Fenomenologia dell'individuo assoluto” (Torino, Bocca); “La tradizione ermetica, Bari, Laterza); “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Torino, Bocca); “Rivolta contro il mondo moderno, Milano, Hoepli); “Tre aspetti del problema” (Roma, Mediterranee); “Il mistero del Graal, Bari, Laterza); “Il mito del sangue, Milano, Hoepli); “Indirizzi per una educazione” Napoli, Conte); “Sintesi di dottrina” (Milano, Hoepli); La dottrina del risveglio, Bari, Laterza); “Lo Yoga della potenza, Torino, Bocca); “Orientamenti, Roma, Imperium”; “Gli uomini e le rovine, Roma, Ascia); “Metafisica del sesso, Todi, Roma, Atanòr); L'Operaio in Jünger, Roma, Armando); “Cavalcare la tigre, Milano, Vanni Scheiwiller; Il cammino del cinabro, Milano, Vanni Scheiwiller;  “Saggio di una analisi critica” (Roma, Volpe); “L'arco e la clava, Milano, Vanni Scheiwiller; “Raâga Blanda, Milano, Vanni Scheiwiller; “Il taoismo, Roma, Mediterranee; Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee; Lao Tze, Il libro della via e della virtù, Lanciano, Carabba, Cesare Della Riviera, Il mondo magico de gli’eroi, Bari, Laterza, René Guénon, La crisi del mondo moderno, Milano, Hoepli, Malinski, Poncins, La guerra occulta, Milano, Hoepli, Meyrink, Il Domenicano bianco, Milano, Bocca, Meyrink, La notte di Valpurga, Milano, Bocca; Bachofen, La virilità, Torino, Bocca; Meyrink, L'Angelo della finestra d'Occidente, Milano, Bocca, Eliade, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, Milano, Bocca, Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, Weininger, Sesso e carattere, Milano, Bocca, Spengler, Il tramonto dell'occidente, Milano, Longanesi, Erkes, Credenze religiose della Cina antica, Roma, IsMEO, “Pitagora I Versi d'Oro” (Todi-Roma, Atanòr); Tze, Il Libro del Principio e della sua azione, Milano, Ceschina, Marcel, L'uomo contro l'umano, Roma, Volpe, Jünger, Al muro del tempo, Roma, Volpe, Schoeps, Questa è la Prussia, Roma, Volpe, Leddihn, L'errore democratico, Roma, Volpe; Litt, Le scienze e l'uomo, E., Roma, Armando, Randolph, “Magia Sexualis”, E., Roma, Mediterranee, Loewenstein, La Monarchia nello Stato moderno,  E., Roma, Volpe) Reininger, Nietzsche e il senso della vita” (Roma, Volpe); Avalon, Il mondo come potenza, Roma, Mediterranee, Suzuki, Saggi sul Buddhismo Zen 1, Roma, Mediterranee, Tzu, Il mistero del fiore d'oro, Roma, Mediterranee, Yû, Lo Yoga del Tao, Roma, Mediterranee, Come “Carlo d'Altavilla”: Litt, Istruzione tecnica e formazione umana, Roma, Armando, Meyrink, Alla frontiera dell'Aldilà, Napoli, Rocco, Litt, Spranger, Pestalozzi, Roma, Armando, Hilker, Pedagogia comparata: storia, teoria e prassi, Roma, Armando, Ulmann, Ginnastica, educazione fisica e sport dall'antichità ad oggi, Roma, Armando, Dürckheim, Hara: il centro vitale dell'uomo secondo lo Zen, Roma, Mediterranee, George, L'ondata rossa sulla Germania dell'Est, Roma, Volpe, Leddihn, L'errore democratico, Roma, Volpe, Reiner, Etica, teoria e storia, Roma, Leibfried, L'università integrata: l'istruzione superiore nella Repubblica federale tedesca e negli Usa,  Roma, Armando, Cassirer, Saggio sull'uomo: introduzione ad una filosofia della cultura, Roma, Armando, Wefers, Basi e idee dello Stato spagnolo d'oggi, Roma, Volpe, Gaucher, Idee per un movimento, Roma, Volpe, Keyhoe, La verità sui dischi volanti, Milano, Atlante, Altre: I saggi di "Bilychnis", Padova, Ar, I saggi della "Nuova Antologia", Padova, Ar, L'idea di Stato, Padova, Ar, Gerarchia e democrazia, Padova, Ar, Meditazioni delle vette, La Spezia, Tridente, Diario, Genova, Centro Studi Evoliani, ETICA ARIA, Genova, Centro Studi Evoliani, L'individuo e il divenire del mondo, Carmagnola, Arktos, Simboli della Tradizione Occidentale, Carmagnola, Arktos, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mitra, Roma, Fondazione, Considerazioni sulla guerra occulta, Genova, Centro Studi Evoliani, Le razze e IL MITO DELL’ORIGINI DI ROMA, Monfalcone, Sentinella, Il problema della donna, Roma, Fondazione E., Scritti, Napoli, Controcorrente, La Tradizione di Roma, Padova, Ar, Due imperatori, Padova, Ar, Cultura e politica, Roma, Fondazione E., Citazioni sulla Monarchia, Palermo, Thule, L'infezione psicanalitica, Roma, Fondazione E., Il nichilismo attivo di Nietzsche, Roma, Fondazione E., Lo Stato, Roma, Fondazione E., Europa una: forma e presupposti, Roma, Fondazione E., La questione sociale, Roma, Fondazione E., Saggi di dottrina politica, Sanremo, Mizar, La satira politica di Trilussa, Roma, Fondazione E., Scienza ultima, Roma, Fondazione E., Spengler e il tramonto dell'Occidente, Roma, Fondazione E., Lo zen, Roma, Fondazione E., I tempi e la storia, Roma, Fondazione E., Civiltà americana, Roma, Fondazione E., La forza rivoluzionaria di Roma, Roma, Fondazione E., Scritti sulla massoneria, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, Oriente e occidente, Milano, La Queste, Un maestro dei tempi moderni: Guénon, Roma, Fondazione E., E., Filosofia, etica e MISTICA DEL RAZZISMO, Monfalcone, Sentinella d'Italia, Monarchia, aristocrazia, tradizione, Sanremo, Casabianca, I placebo, Roma, Fondazione E., Gli articoli de "La Vita Italiana", Treviso, Centro Studi Tradizionali, Dal crepuscolo all'oscuramento della tradizione nipponica, Treviso, Centro Studi Tradizionali, Il ciclo si chiude, americanismo e bolscevismo, Roma, Fondazione E.,  Il Cinabro, E., Il problema di oriente e occidente, Roma, Fondazione E., Fenomenologia della sovversione in scritti politici, Borzano, SeaR, E., Scritti sull'arte d'avanguardia, Roma, Fondazione E., Esplorazioni e disamine, gli scritti di fascista, Parma, Edizioni all'insegna del veltro, E., Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista", Parma, Edizioni all'insegna del veltro, Lo Stato, Roma, Fondazione E., La tragedia della Guardia di Ferro, Roma, Fondazione E., E., Scritti per Vie della Tradizione, Palermo, Edizioni Vie della Tradizione, Carattere, Catania, Il Cinabro, L'idealismo realistico, Roma, Fondazione E., Idee per una destra, Roma, Fondazione E., Fascismo e Terzo Reich, Roma, Mediterranee, E., Il mistero iperboreo. Scritti sugl’indo-europei, Roma, Fondazione E., Critica del costume, Catania, Il Cinabro, Julius Evola, Augustea, La Stampa, Roma, Fondazione E., Anticomunismo positivo. Scritti su bolscevismo e marxismo, Napoli, Controcorrente, ulius Evola, Il Mondo alla Rovescia (Saggi critici e recensioni), Edizioni Arya, Genova, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertàm Napoli, Controcorrente, E., Le sacre radici del potere, Arya, Genova. E., Civiltà americana. Scritti sugli Stati Uniti, Napoli, Controcorrente, E., Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Arya, Genova. E., Par delà Nietzsche, Torino,  Aragno, E., Fascismo Giappone Zen. Scritti sull'Oriente, Roma, Pagine, E., Jünger. Il combattente, l'operaio, l'anarca, Passaggio al Bosco,, Rigener Azione E., E., Il Fascismo e l'idea politica tradizionale, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido,   E., MUSSOLINI (si veda) e il razzismo, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido, E., Le SS. Guardia e Ordine della rivoluzione nazionalsocialista, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo, Raido,  E., I "Castelli dell'Ordine" e i nuovi Junker, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo Raido,  Il significato di Roma per lo spirito "olimpico" germanico, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido,   Julius Evola, La Dottrina aria di Lotta e Vittoria, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido, Etica Aria, Orizzonte Tradizionale, Edizioni Arya, Genova. Raccolte di lettere e carteggi E., Lettere di E. a Comi, Turris, Roma, Fondazione E., Lettere di E. a Tzara, Valento, Roma, Fondazione E., Lettere a Croce, Roma, Fondazione E.); La biblioteca esoterica. E. Croce Laterza. Carteggi editoriali, Barbera, Roma, Fondazione E., Lettere a Schmitt, Roma, Fondazione E., Lettere a Gentile, Roma, Fondazione E. E. La Torre. Foglio di Tradizioni varie e di espressione una, Marco Tarchi, Milano, Falco, Mutti, E. sul fronte dell'Est, in Quaderni del Veltro, Turris, La corrispondenza tra E. e Benn, su centro studi la runa, Turris, Profilo di E., in E., Rivolta contro il mondo moderno, Roma, Mediterranee, Registro degl’atti di nascita di Roma, Archivio di Stato di Roma  Registro degli atti di nascita di Cinisi, Archivio di Stato di Palermo  Registro degli atti di nascita di Cinisi, Archivio di Stato di Palermo  Registro degli atti di matrimonio di Cinisi, Tribunale di Palermo  Registro degli atti di nascita di Roma Archivio di Stato di Roma  Il Barone Immaginario Il Barone Immaginario, Turris, Ugo Mursia Editore, Milano,   Catalogus Baronum, pagina Vanni Scheiwiller, Nota dell'editore, in E., Il cammino del cinabro, Milano, Scheiwiller; E., Il cammino del cinabro, Catalogo della mostra con tutte le opere in:  Grande Esposizione Futurista, Milano, Le Presse, Bruni, E. Dada, in Turris, Testimonianze su E., Roma, Mediterranee.  E., Il cammino del cinabro. Egli prende la terra come terra, pensa alla terra, pensa sulla terra, pensa 'Mia è la terra' e si rallegra di ciò: e perché? Perché egli non la conosce, dico io. L'estinzione vale a lui come estinzione, allora egli deve non pensare all'estinzione, non pensare sull'estinzione, non pensare 'Mia è l'estinzione', non rallegrarsi dell'estinzione: e perché? Perché impari a conoscerla, dico io.” Lettere a Tzara, Roma, Edizioni Fondazione E., Carlo Fabrizio Carli, Evola pittore tra futurismo e dadaismo, su julius evola. Bruni, E. Dada. Per un approfondimento: Conte, Maschere di E. come percorso controcorrente, Atti del convegno di studi "E. e la politica", Terlizzi. Maria, Introduzione a: Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori, Per un approfondimento sulla produzione pittorica di E. si rimanda a due cataloghi: E. e l'arte delle avanguardie. Tra Futurismo, Dada e Alchimia, Roma, Fondazione E., e Conte, E. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, E., Il cammino del cinabro. Poi ristampati sotto forma di antologia: Gruppo di Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca. Per una trattazione esaustiva dell'argomento si rimanda a Ponte, E. e il magico gruppo di Ur, Borzano, Sea R, E., Il cammino del cinabro. LAMENDOLA (si veda), Alcuni aspetti del pensiero filosofico di E.. Fenomenologia dell'Individuo assoluto, Roma, Mediterranee, Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Gangi, Misteri esoterici. La tradizione ermetico-esoterica in occidente, Roma, Mediterranee, E., Ponte, Meditazioni delle vette, La Spezia, Tridente, Demattè, E., Meditazioni delle vette, in Secolo d'Italia, Turris, Biografia, in Turris, Testimonianze su E., E., Fascismo e Terzo Reich, Benoist, E., reazionario radicale e metafisico impegnato, in E., Turris, Gli uomini e le Rovine e Orientamenti, Roma, Mediterranee, LA SCUOLA DI MISTICA FASCISTA. Scritti di mistica, ascesi e libertà, Napoli, Controcorrente, Il fascismo quale volontà di impero e il cristianesimo, in Critica Fascista, Bertoldi, Salò. Vita e morte della repubblica Sociale Italiana, Milano, Rizzoli, Vivarelli, Fascismo e fascismi, in Nuova storia contemporanea, E. stipendiato dal Duce, in Avvenire, Marco Tarchi, E. e il fascismo: note per un percorso non ordinario, in  Cultura e fascismo. Letteratura, arti e spettacolo di un ventennio, Firenze, Ponte alle Grazie, Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione, in E., Fascismo e Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Renzo De Felice, Storia degl’ebrei sotto il fascismo, Il Fascismo, saggio di un'analisi critica dal punto di vista della Destra, Volpe, Roma, Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Rauti e Sermonti, Storia del fascismo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione. Cfr. anche, sulla critica allo stato educatore, E., Fascismo e Terzo Reich, E., Fascismo e Terzo Reich, Fascismo e Terzo Reich.  Gianfranco De Turris, Nota del curatore, in E., Fascismo e Terzo Reich, Per un elenco completo delle collaborazioni giornalistiche: Gianfranco De Turris, Biografia, in Turris, Testimonianze su E., E., Il mito del sangue, Milano, Hoepli, E., L'esposizione anti-ebraica di Monaco, "Il Regime fascista", E.I testi del Corriere Padano, Padova, AR, Cuomo, I Dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, Milano, Baldini Castoldi Dalai, E., Il mito del sangue. E., Il mito del sangue. Il cammino del cinabro. E., Il cammino del cinabro, Rosati, Un pessimismo giustificato? Intervista a E., La Nation Européenne, Felice, Storia degl’ebrei sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Felice, Storia degl’ebrei sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Turris, Testimonianze su E., Roma, Edizioni Mediterranee e Vanni Scheiwiller, Note dell'editore in E., Il cammino del cinabro. Tale è l'opinione di un'importante testata giornalistica italiana del tempo: Il Giornale d'Italia  (l'articolo è firmato da Adone Nosari). Il rif. si trova in: Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, opAttilio Milano, Storia degli ebrei in Italia, Torino, Einaudi, Francesco Germinario, Razza del Sangue, razza dello Spirito: E., l'antisemitismo e il nazionalsocialismo, Torino, Bollati Boringhieri, ALombardo, Razza del sangue, razza dello spirito, Centro Studi La Runa. Cassata, A destra del fascismo: profilo politico di E., Torino, Bollati Boringhieri. Rossi, Il razzista totalitario. E. e la leggenda dell'antisemitismo spirituale, Catanzaro, Rubbettino, Jesi, Cultura di destra, Milano, Garzanti, Caldiron, Un filosofo buono per tutte le destre, in Avvenire, Jesi. Rimbotti, Linea, Massoneria e fascism: dall'intesa cordiale alla distruzione delle Logge: come nasce una «guerra di religione», Castelvecchi, E., Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania, in Lo Stato. Il cammino del cinabro. Fra queste la Piccola Treccani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Bocca, La Repubblica di Mussolini, Bari, Laterza, Bruno Zoratto, E. nei documenti segreti dell'Ahnenerbe, Roma, Fondazione E., Turris, E.. Un Filosofo in Guerra, Milano, Mursia, Il cammino del cinabro, Fondazione  E., Una biografia di E., su Fondazione E.. Turris, Lettere di E. a Comi, Roma, Fondazione E., Carnelutti, In difesa di E., in L'Eloquenza,  E., Autodifesa, Roma, Edizioni Fondazione E., Rauti, E.: una guida per domani, in Civiltà,  Turris, Elogio e difesa di E., Roma, Mediterranee, Turris, Elogio e difesa di E., op. E., Razzismo e altri orrori (compreso il ghibellinismo), L'Italiano, Turris, Elogio e difesa di E.,  Pallavicini, E., traditore dello spirito, Corriere della Sera, Turris, Elogio e difesa di E.. Tosca, Il cammino della tradizione, Rimini, Il Cerchio, La via romana, Centro Studi sulle Nuove Religioni.  E., Statuto della Fondazione E., Paradisi, Gl’Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio, in Conti, E. tascabile, Roma, Settimo Sigillo, Baccelli, Ricordo dell'uomo, in Civiltà,  //lastampa// edizioni/ aosta/la-nostra- fuga- dagli-sul- monte-rosa- per- seppellire- le-ceneri-di-e.- E., Freda  Orientamenti undici punti, Padova, Ar, E., Rivolta contro il mondo moderno, Collotti, Il fascismo e gl’ebrei, Bari, Laterza, Barbera, La biblioteca esoterica. Carteggi editoriali E.-CROCE (si veda), Laterza, Roma, Fondazione E., Medail, E.: mi manda Don Benedetto, Corriere della Sera,  Cfr. la prefazione del testo Lettere di E. a CROCE (si veda), pubblicato dalla Fondazione E.  Savelli, Cronache di un incontro mancato. Gli ardui rapporti tra l'attualismo e l'idealismo magico, su italia sociale. Arcella, Gentile amico e nemico, L'Italia Settimanale, Durst, Il contributo di E. all'enciclopedia italiana, Veltro, Calogero, Come ci si orienta nel pensiero? Sansoni, Firenze, Giuli, E.-GENTILE (si veda)-SPIRITO (si veda): tracce di un incontro impossibile, Annali della Fondazione Spirito. I volumi sono: Saggi sull'idealismo magico, Teoria dell'individuo assoluto, Imperialismo pagano e Fenomenologia dell'individuo assoluto. Lombardo, Caro conservatore ti scrivo, su centro studi la runa, Si tratta del saggio Cortes in gesamteuropäischer Interpretation, poi pubblicato in Schmitt, Cortés Interpretato in una prospettiva pan-europea, Milano, Adelphi, E., Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee, Schmitt, Cortes Interpretato in una prospettiva pan-europea, E., Rivolta contro il mondo moderno, Damiano, E. e l'utonomia del politico, Atti del convegno di studi "E. e la politica", Alatri, Terlizzi, Caracciolo, Due atteggiamenti di fronte alla modernità, in Caracciolo, Lettere di E. a Schmitt, Roma, Fondazione E.. Essere e divenire, in E., Rivolta contro il mondo moderno. E., infatti, oltre a Benn, scrive a Guénon, Eliade e Schmitt e Jünger. E., Il cammino del cinabro, Lettere a Tzara, Roma, Fondazione E., Valent.  In italiano Tilgher, E., in ANTOLOGIA DEI FILOSOFI ITALIANI, Modena, Guanda, Turris, Omaggio a E., Roma, Volpe, Turris, Testimonianze su E., Roma, Mediterranee, Serra, L'avanguardia distonica d’E., in Studi, Aurea, E. e il nichilismo, Palermo, Thule, Vassallo, Modernità e tradizione nell'opera evoliana, Palermo, Thule, Baillet, E. e l'affermazione assoluta, Padova, Ar, Veneziani, La ricerca dell'assoluto in E., Palermo, Thule, Lami, Introduzione a E., Roma, Volpe,  Veneziani, E. tra filosofia e tradizione, Roma, Ciarrapico, Melchionda, Il volto di Dioniso, Roma, Basaia, Ferracuti, Rimini, Il Cerchio, Jellamo, E. Il filosofo della tradizione, La destra radicale, Milano, Feltrinelli, Vona, E. e Guénon. Tradizione e Civiltà, Napoli, Società Napoletana, Yourcenar, Incontri col Tantrismo, in Il tempo grande scultore, Torino, Einaudi, Malgieri, Modernità e Tradizione, Roma, Settimo Sigillo, Tradizione e/o Nichilismo, letture e ri-letture di "Cavalcare la tigre", Milano, Società Barbarossa. Negri, E. e la filosofia, Milano, Spirali, Bianco, E., Dizionario biografico degl’italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, Fraquelli, Il filosofo proibito, tradizione e reazione nell'opera di E., Milano, Terziaria, Echaurren, E. in Dada, Roma, Settimo Sigillo, Turris, Morganti;, E., mito, azione, civiltà, Rimini, Cerchio, Valento, Homo Faber, E. fra arte e alchimia, Roma, Fondazione E., Ponte, E. e il magico gruppo di Ur, Borzano, SeaR, Consolato, E. e il buddismo, Borzano, SeaR, Delle rovine ed oltre, saggi su E., Roma, Pellicani. Turris, Elogio e difesa di E., IL BARONE e i terroristi, Roma, Mediterranee, Romualdi, Su E., Roma, Fondazione E., Damiano, La filosofia della libertà di E., Padova, Ar, Montonato, Comi-E.. Un rapporto ai margini del fascismo, Lecce, Congedo, Dario, La via romana al divino: E. e la religione romana (Padova, Ar); Germinario, Razza del sangue, razza dello spirito, Torino, Bollati Boringhieri, Stutte, E. Dal dadaismo alla rivoluzione conservatrice, Roma, Aracne, Cassata, A destra del fascismo. Profilo politico di E., Torino, Bollati Boringhieri, Damiano, L'ora che viene. Intorno a E. e a Spengler, Padova, Ar, Sandro Consolato, E., Roma, I libri del Graal, Conte, E.. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Dana, E. e la tentazione razzista, Mesagne, Sulla rotta del sole, Lombardo, E., gl’evoliani e gl’antievoliani, Roma, Nuove Idee, Turris, Esoterismo e fascismo, Roma, Mediterranee, Hakl, La questione dei rapporti fra E. e Crowley, Arthos, Rossi, Il razzista totalitario, Catanzaro, Rubbettino, Iacona, Il maestro della tradizione. Dialoghi su E., Napoli, Controcorrente, Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Mulino, Iacona, E. e le vicende processuali legate ai Far, Nuova Storia Contemporanea, Venzi, E. e la libera muratoria, Roma, Settimo Sigillo, Turris, E. Un filosofo in guerra, Milano, Mursia, Guenon, Lettere a E., edizioni Arktos, Heliodromos, Speciale E., Catania. Documentari Dalla Trincea a Dada di Murelli. DVD  dalla Società Barbarossa di Milano, della durata di 101 min., che ripercorre il periodo artistico di E. Con musiche di Soph, Kaiserbund, Roma, Wien, Zetazeroalfa. Ronconi, Reghini, Parise, Pitagorismo Tradizionalismo, Paganesimo, Via romana al divino, Fondazione E. Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degl’italiani, Rigenerazion E. Centro Studi La Runa. Vatimmo, “E., un filosofo scomodo per tutti”; Approfondimenti sul pensiero Rosati, Intervista a E., Monastra, E. tra la seduzione e l’aristocrazia. Ognissanti, Luci ed ombre su E., salpan. Lombardo, Da Rivolta contro il mondo moderno a Gli uomini e le rovine. Polia, Linee per una critica al concetto di tradizione in E., Accame, E. e la Konservative Revolution, Rimbotti, E. così com'è, Conte, Maschere di E. come percorso controcorrente, Dugin, Astrazione e differenziazione in E., Opere dadaiste, futur-ism. 2artericerca. Interviste Intervista a E., su you tube Intervista a Tringali, su youtube Intervista a Lami, su youtube Quando E. intervistò il conte Kalergi, su rigenrazione evola. ROMA. E. parie dall’idealismo: il mondo è per lui a rappresentazione dell’io. Ma poiché l’io subisce  Kfa rappresentazione del mondo come nn limite e  wLffrc in essa la sua passività, s’impone all’io l’obblitpi pratico di sciogliere la sua passività in atti-  vità riducendo il mondo sotto il comando suo, [a-  j rendo di esso l ' atto dell’Io. La tecnica di questo pro-  gresso di risoluzione del mondo nell’Io è data dal-  l’Occultismo magico. Dall’innesto dell’Idealismo classico con la Magia nasce /'Idealismo Magico di E.. irò I;   r„  Opere principali. Saggi sull’Idealismo magia. L’uomo come potenza. Imperialismo pagano, Todi, Atanor; Teoria dell’individuo assoluto. Fenomenologia dell’individuo assoluto. Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Torino, Bocca; L’indivìduo e il divenire del mondo, Roma, Scienze e Lettere; La tradizione ermetica Bari, Laterza; Rivolta contro il mondo moderno  Milano, Hoepli. Ha diretto le riviste Ur e La Torre. Dall'idealismo assoluto all’idealismo magico. La Grande Solitudine. Una volta che l’io si sia costituito a principio a sè, a centro distinto di autoriferimento. il fatto stesso che egli possa comunicare  con qualcosa di altro da lui, il fatto stesso che  egli possa in generale conoscere, appare come  un singolare mistero. E poiché è evidente che  posto il soggetto da una parte, l’oggetto dall’altra non vi è più alcun modo di intendere  come quella lor congiunzione, in cui consiste  il conoscere, sia possibile; e poiché d’altra  parte l’Io ha preso ormai coscienza di sè e  non può più tornare a quello stato di ingem )4  adesione, di compenetrazione con le cose cli f  era appunto condizionato dal suo non esser.!  si ancora posto; resta aperta una sola via al  problema della conoscenza, e cioè: negar,,  che l’idea di una realtà esistente in sè stessa  abbia un qualunque senso, affermare che ] a  sostanza delle cose consiste semplicemente  nel loro venire rappresentate o pensate dall’io, intendere dunque che l’intero sistema  mondiale, nella ricchezza sterminata delle  sue forme, con i suoi oceani, i suoi soli e ] t .  sue vie lattee, non è che un fenomeno, una apparizione che è di questo Io e per questo Io,  fuori dal quale non gli si saprebbe coerentemente garentire alcuna consistenza. Lungo  una tale via l’uomo vede dunque venir meno progressivamente tutti quegli appoggi e  tutte quelle naturali evidenze su cui prima  riposava — tutto gli si fa ora dubbioso, problematico, contingente. Tutto ciò che sa, è che  egli ora si trova così e così determinato, che  questa è la sua attuale esperienza, queste le  leggi e le categorie secondo cui egli si trova  costretto a pensarla. Ma circa il fondamento  di tale determinatezza, di tali leggi e di tali  categorie, egli non sa nulla, e così nulla saprebbe garentirgli che le cose, se così sono  ed anche sono state nei casi osservati, non  possano ad un tratto cambiare, che ogni uni-  L rI )iilà cd ogni costanza non sia astratta e  precaria, c h e , fondato su una radicale contin- g c,lZ    za , questo sistema di fenomeni e di cateti» 1 ' j e non sia che un episodio fugace, disper-  mia incoercibile, imprevedibile vicenda.    in    Se, dopo di ciò, l’individuo cerca ancora  „ n punto fermo, egli soltanto nel suo io può Irovarlo. Il mondo è una rappresenta- r joiie, sta bene: ma si può forse parlare di  Ljpprescnlazione, senza nello stesso punto  resupporre resistenza di un « rappresen tall-  ite». di un soggolo cioè che la rappresenti?  [n mondo è un sogno: ma ogni sogno non im-  Iplica forse un sognatore? Si può chiamare  f a | S o, illusorio, non esistente l’insieme dell’esperienza — ma colui che sperimenta e afferma cotesta falsità, illusione, non esistenza  non può essere, lui, falso, illusorio, non esistente. Di là dall’obliquità e dalla fluttuazione delle cose che sono e non sono vi è dun-  que una sola certezza: 17o. Soltanto qui l’individuo, con un possesso, ha una realtà assoluta ed in sè stessa evidente. Di tutto il resto _ dell’oceano sterminato dei nomi, delle forme e degli esseri — non vi è reale certezza:  parvenza, contingenza, violenza di un bruto,  irrazionale esser là, tali ne sono i princi-  pi. * lo solo sono — il resto è mia rappresentazione: in ciò si può dunque intendere la  conclusione del secondo stadio della storia  della coscienza. Prima di passar oltre, occorre rilevare v  necessità che questo momento critico deli  storia ideale dell’individuo sia portalo e vk  suto sino a fondo. Non prima che egli abbj a  di tutto dubitato e tutto negato, non prima eh,,  egli abbia fatto intorno a sè il deserto, noft  prima che di ogni realtà abbia sofferta I’j N  realtà, di ogni evidenza la precarietà, di ogi,  luce l’oscurità: non prima che egli abbia distrutto ogni appoggio e ogni rifugio ed abbj a  realizzato il punto della grande solitudine  — non prima di ciò l’individuo può chiamarsi veramente tale, non prima di ciò egli è un  essere autonomo ed autocosciente. È quest,,  atto negativo, questo assoluto strapparsi da  quanto prima gli dava consistenza — che ora  lo fa essere. Così come secondo l’energico detto di STIRNER. L’io non è tutto, ma ciò che  distrugge tutto. Per questa assoluta negatività  albeggia nell’uomo quel principio tragico che   — come è distintamente visto dal buddhismo   — lo fa superiore all’insieme della natura ed  allo stesso regno del divino. Si può precisare il luogo di un tale io come segue. Ogni esperienza è inseparabilmente accompagnata dalla nota, implicita o esplicita, di essere una MIA ESPERIENZA. Uauto-riferimento, l’ahamkàra della metafisica indiana,  è la condizione elementare, senza di cui non  è concepibile alcuna realtà, giacché la sola di cui posso concretamente parlare è  iella che, in un modo o nell’altro, si risolve r eal |:l    in ull a MIA ESPERIENZA [cf. H. P. Grice, “Personal identity” “I” sentences, and deixis – PERRY]. Ora è possibile staccare cpiesto principio di auto-riferimento dai  particolari contenuti delle esperienze per rilegarlo in un certo modo su sè stesso. Allora s i ha: IO — IO, cioè una nuda esperienza, un possesso, qualcosa di semplice e d’ineffabile. Questa nuda esperienza si presuppone,  ,|i fatto e di diritto, a qualsiasi altra esperienza si può dire che essa è come la tela sul-  i a quale poi tutte le particolari esperienze si ritagliano: qui si ha quel veggente che non  -, mai veduto, quel conoscente che non è  ina i conosciuto, quel punto di centralità pura di cui parlano l’Upanishad, e rispetto a  cui ogni particolare esperienza, fenomeno o  pensiero è un POSTERIVS, qualcosa che viene dopo e che sta alla periferia. Si badi: qui  non si tratta nè di un io superiore, nè di  un io inferiore, nè di un io empirico,  nè di un io trascendentale, — semplici nomi e astrazioni concettuali — bensì del MIO [H. P. Grice, “I”, “me, etc.]  I>>, di quella assoluta presenza che sono nella profondità del MIO essere individuale. Ora  che un tale IO [cf. H. P. Grice, “I” sentences, and Personal identity] sia qualcosa di immoltiplicabi-  lr, qualcosa che è solo e senza un secondo, è troppo evidente. Parlare di altri io da questo livello è infatti contradizione in termini [“Nobody can express what I express when I say, “I intend to go to London.” If someone says, “Grice will go to London,” he is expressing HIS intention, not mine!”] Gli altri Io, in quanto sono altri, non sono IO, bensì dei particolari contenuti p P  senti nella MIA esperienza — dunque degl’oggetti, dei conosciuti, al più il concett  di un conoscente e di un soggetto, non il sogetto [cf. Grice, “OBBLES AND SOBBLES”], non il conoscente quale è in sè stesso  (cioè: come auto-esperienza), che, come t a |^  esso è unico e incomunicabile. Fenomeni pJj  tieolari in questo grande fenomeno, che è il  mondo a cui, come individuo, MI sveglio, altri io – “il plurale di ‘io’, nell’uso filosofico che Flew critica da Jones, e “io” -- ne partecipano la contingenza, sono qualcosa il cui principio MI sfugge, di cui non ho alcuna reale CERTEZZA [cf. Grice, “Intention and uncertainty”]-- forse che ara che i sogni non MIpresentano la parvenza di  altri esseri simili a ME? E non potrebbe essere la cosidetta esperienza reale un sogno più po.  tenie e costante impresso in ME, come lo suppose la scessi di CARTESIO, da un qualche spirito? -- che cadono fuori da quel centro che,  solo, può costituirmi una terra ferma nel gran mare dell’essere. È questo un punto su cui occorre richiamare particolarmente l’attenzione: colui che, o per preoccupazioni morali e  sentimentali — a dir vero riconnettentisi alla precedente fase dell’evidenza naturale —  o per insufficienza di riflessione critica, non sia giunto ad estendere il dubbio sulla realtà stessa degli altri soggetti, epperò a concepirli come null’allro che MIE rappresentazioni, quegli non ha veramente condotto a fondo quel distacco, di cui poco fa si è parlato, ep .SO però non ha ancora perfettamente realizzala  la pura essenza dell’individuale. Costui non  è ancora maturo per il passaggio alla terza  epoca giacché di nulla può avere assoluta  I certezza quei che prima non ha saputo di tulio dubitare. Passando dunque alla terza fase, diciamo subito che in essa si ha un superamento del  lato negativo connesso all’adergersi dell’individualità. Come chi una avversa vicenda avesse gittato sur una isola deserta [ROBINSON CRUSOE – Witters – Friday] incalzato, di  là dal primo sgomento, dalla volontà di vivere, va a cercare ed a creare mezzi per una  nuova esistenza, così l’individuo, che si sente ormai solo con se stesso nell’intero ambito del mondo, può essere portato a trarre dal proprio interno un principio che sa fissare una nuova realtà di là dall’ordine della parvenza e della mera rappresentazione, in  cui ogni cosa ormai è andata sommersa. Questo principio è LA POTENZA DI DOMINIO. L’IO di ROMOLO, infatti, non è una cosa, un dato, un  fatto, ma, essenzialmente, un centro profondo di volontà e di potenza. Come lo dice FICHTE, egli non è, che in quanto si pone  — e soltanto un puro porsi è, a dir vero, il  suo essere. Come tale si rivela, per un ulteriore auto-approfondimento, la natura di  quel punto fermo, che si è realizzato nel secondo stadio. Ora questo punto fermo può comunicare la propria consistenza a quel che  non ne ha, e ciò evidentemente quando si vadano a riprendere secondo il rapporto proprio ad una affermazione incondizionata dell’individuale i vari ordini di quella realtà, che  prima appare irrazionalmente, in bruta contingenza, senza partecipazione della volontà  dell’IO di ROMOLO, quasi come in un sogno. Resta da procedere ad una determinazione di questo stadio, tale che si definisca l’oggetto del presente saggio e cioè il rapporto dell’individuo al divenire del mondo. Nel frattempo si può dire quale è il criterio di certezza che si impone a questo punto. Esso è espresso dal principio. Vi è assoluta certezza — ed è postulatile realtà — soltanto di quelle cose, dell’essere o del non essere, dell’essere cosi o dell’essere altrimenti delle quali l’IO ha in sé, in funzione di dominio, il principio o la causa, delle altre, solamente nella misura di ciò che in esse soddisfa ad un tale criterio. Queste cose dipendendo infatti interamente dalla potenza dell’IO DI ROMOLO, partecipano dell’intrinseca evidenza che è inerente al  nudo principio di questo. Volendo dunque sviluppare la posizione  assunta dalla coscienza nel terzo stadio, si  ns idererà l’unica vera obbiezione incontra-  W dall 'idealismo assoluto. Nell’idealismo assoluto si ha la dottrina che cerca di trasfor-  I re in qualcosa di positivo quel lavoro ne-  1 ,ivo di critica e di scessi che definisce il secondo stadio. E ciò cessando di intendere  I il mondo come un fenomeno, come una sem-  jj cC apparizione (unica legittima conclusio-  I „ e dell’indagine critica) per intenderlo invece  [ come qualcosa di posto, di creato dall’IO. Per-  Bianto quando si parla non più di rappresenta-  la bensì di porre e di creare, entra in giuoco il concetto di una libera volontà, ed allo-  I rii sorge questo problema: lo posso ben ri-  B durre il mondo alla MIA ruppi esentazione,  nui fino a che punto posso ridurlo anche alla  mia volontà ed alla mia libertà? Qui bisogna porre un punto fondamentale,  e cioè intendere l’essenziale differenza che in-  I lercorre fra spontaneità e volontà. Si ha spontaneità là dove il possibile essendo identico  al reale ossia dove quel che è essendo ciò che  soltanto puo essere, l’atto ha la forma di  I una inconvertibile compulsione, di un bruto accadere e scatenarsi, ed è passivo, impotente rispetto a sè stesso. Invece nella VOLONTÀ vi  f è una eccedenza del possibile sul reale, non si  passa cioè dal possibile al reale o all’attuale [cf. Grice, “What is actual is possible”] immediatamente, ma un punto di autarchia, di POTESTAS, domina l’atto come l’estrema, incondizionata ragione del suo essere o del suo i 1(Jll  essere, del suo essere così o del suo essere altrimenti come alto che è solamente uno c| e j POSSIBILI, anzi dei COMPOSSIBILI. È importante  notare che tanto la spontaneità che la volontà possono dirsi libere. Però, mentre nella spotaneità si tratta di una libertà affatto negativa, di una libertà cioè che vuole semplicenieji. te dire: non essere determinato dall’esterno, nella volontà si ha una LIBERTÀ POSITIVA, una libertà cioè che significa assoluta assenza di condizioni, siano esse interne che esterne, e quindi contingenza, o, se si preferisce, ARBITRARIETÀ dell’atto. Una volta compresa questa distinzione,  che non poggia tanto su concetti e sottigliezze intellettuali, quanto piuttosto sur un dato immediato di coscienza, sur una evidenza interna che o si ha o non si ha, quando l’idealista assoluto di contro al sistema della realtà  afferma essere stato l’IO DI ROMOLO a porlo, è evidente  che egli si riferisce non ad una volontà, ma  ad una spontaneità. Egli si riferisce infatti a quell’attività onde le cose vengono percepite e rese intime al nostro IO DI ROMOLO, a quell’elementare assenso onde ci si accorge di esse — assenso che se è condizione necessaria per ogni realtà, in quanto realtà sperimentata dall'IO DI ROMOLO  (e di altra realtà noi non possiamo coerentemente parlare), è ben lungi dall’essere anche   r   ^dizione sufficiente. Infatti nel rappresen-  c , il reale o l’attuale [cf. Grice, “What is atual is possible”] non è dominato dal POSSIBILE, l’io passivo di ROMOLO rispetto al proprio atto — non tanto  Lff ernia le cose, quanto piuttosto è come se  i L » cose si affermassero in lui. Come la passione e l’emozione, la rappresentazione è sì qual-  , sa di MIO, qualcosa che IO DI ROMOLO traggo dal MIO proprio interno (e fin qui arriva la legittimità dell’istanza dell’idealismo, del resto soddisfatta sin da Leibniz), ma non è me, giacché  jo non posso darla liberamente a me stesso, giacché io non sto in rapporto di SIGNORIA alle  determinazioni d’essa, onde mi si dispiega  lo spettacolo della realtà che è questa realtà,  |l0) i la realtà che IO DI ROMOLO voglio. Conseguentemeu-  i c; in tanto l'idealista può dire di essere stato  [lo a porre la natura, in quanto egli riduce l’IO DI ROMOLO a natura, cioè in quanto di quello, che  c libertà, non sa nulla, o, per meglio dire, fa  come se non sa nulla, e, con evidente  paralogismo, mutua il concetto dell’IO DI ROMOLO con quello del principio di spontaneità. Posso dire  di essere stato IO DI ROMOLO a porre la natura, ma IO DI ROMOLO in  quanto sono spontaneità, non in quanto sono  propriamente un IO DI ROMOLO, e cioè libertà e DOMINAZIONE. E questo è il primo punto. Il realista o l’attualista, riferendosi propriamente al  punto della reale o attuale individualità, avanza dunque una istanza che è interamente legittima. Egli ci pone dinnanzi ad una qualunque contingenza dell’esperienza, per es. dinnanzi a ,| una tempesta, e ci domanda se possiamo ( |j.  re di essere stati noi a porla. Mentre q U j  l’idealista risponderebbe con l’affermativa e ciò perchè per lui porre significa semplicemente rappresentare C o a  libera necessità  — noi invece, riferendoti  ad un porre che il principio del dominio dell’incondizionata libertà comandi, risponderemmo. Ciò, in verità, non è posto dall’IO DI ROMOLO. Altro non chiede il realista per dire subito. Poiché ciò non è posto dall’IO DI ROMOLO, vi deve  essere un “altro” a porlo— ed inferisce  ad una causa reale o esistente in se stessa delle rappresentazioni, quale il divino, la materia, il  noumeno, ecc. Qui sta invece l’errore e il punto su cui ci si permette di richiamare tutta l’attenzione. Dire che IO DI ROMOLO, come  lo, cioè come principio sufficiente e libero,  non posso riconoscermi come causa incondizionata delle rappresentazioni, non vuole affatto dire che queste RAPPRESENTAZIONI sono CAUSATE da altro e abbiano per substrato delle cose reali o esistenti in sè stesse, ma vuole semplicemente dire che io di ROMOLO sono insufficiente ad una parte della MIA attività, la  quale è ancora spontaneità, che una tale par-  te non è ancora MORALIZZATA, che l lo come libertà in essa soffre una PRIVAZIONE.  Tutto ciò su cui non posso, tutto ciò che re-     5 j e a iia mia volontà, non è che una privazione di questa volontà stessa, qualcosa di ne-  (ivo, non un essere, ma un non-essere. Per-  il realista va respinto par ime fin de non  ecevoir: egli nel suo riferirsi ad un altro – il divino, noumeno, sostanza, REMO, ecc. — fa del non-  ^sere un essere, chiama reale ciò che essen-  j 0 solamente una privazione della mia potenza, essendo nuH’altro che una negazione ed ’ vuoto nel corpo immoltiplicabile della MIA attività, si dove invece, secondo giustizia,  dire irreale o inattuale, o impossibile. Così conferma questa privazione  slcssa  così {ugge-, all’atto che, dominandole, possedendole, annulla le cose (1) e redime  la privazione, egli invece sostituisce l’atto che  le riconosce e che dà loro superstiziosamente un essere e una realtà autonoma. Proprio al  primo atto si appunta invece il criterio di CERTEZZA [cf. Grice, Intention and Uncertainty] della terza delle fasi indicate: esso chiede cioè che l’Io di ROMOLO libero e nudo dell’individuo puo veracemente affermare il principio dell’idealismo assoluto, epperò dire. In verità,  io di ROMOLO stesso son la causa ed IL SIGNORE di questo  mondo, in cui MI vivo. Ma quando è possibile affermare ciò? Evidentemente quando l’individuo abbia redento in un corpo di li- ti) Naturalmente: le annulla in quanto sono altre, per affermarle invece come gesti di una vulon-  U) potente. berla l’oscura passione del mondo, quando ha fatto passare la forma secondo cui egli vive l’attività rappresentativa (quell’attività cioè per cui si forma in lui lo spettacolo dell’universo), da spontaneità — da coincidenza  di possibile e reale o attuale— a nuda, incondizionata  causalità, cioè a: volontà potente. Ora che soltanto in una tale veduta l’atto dell’individuo abbia un valore cosmico, e che  invece in quella del realismo all’attività venga tolto ogni vero senso e scopo, può risultare ad ognuno chiaro. Infatti l’attività ha veramente un senso ed un valore soltanto là dove vi è da far reale qualcosa, che già non e  tale. Questo caso si verifica appunto là dove l’altro — ossia ciò che rispecchia il limite Come questa trasformazione, che affermiamo essere non un mito, ma possibilità reale, possa poi praticamente compiersi, è un problema da noi trattato almeno nei limiti in cui sia possibile pubblicamente e genericamente trattarlo — altrove, c  che qui non trova posto. Si può dire soltanto che  è un compito a cui nè cultura, nè devozione, nè FILOSOFIA, nè arte, nè morale, nè nient’altro di ciò  che gli uomini chiamano spiritualità, può portare il menomo contributo. Quanto alla FILOSOFIA, il suo limite è l’idealismo magico, in cui perviene a riconoscere la propria insufficienza e a postillare la realizzazione della potenza come ciò in cui i suoi massimi problemi possono trovare l’unica assoluta loro soluzione. Ella mia ,i,)erla — venga inteso non come  "f 1 realtà bensì come una negazione ed un  K » 0 - allora il mondo appare come qualco-  ' l \]i incompleto, come qualcosa che chiede  E u a integrazione a quell’atto dell’individuo,  ILe 1«necessità si fa libertà, a quello  f ii u pp° deir auto-affermazione onde l’attuale potente dell’unico si estenda e riaffermi  r q U anto ne è la privazione. Se invece si po-  f c i K . 1’ altro in quanto tale — cioè pro-  |Ljo come quel PRINCIPIO CHE LIMITA LA MIA LIBERTÀ — sia non una privazione e un non-es-  bensì una positività e una realtà — alloro tutto è già perfetto, tutto è già essere, e  „on occorre far altro. Ogni scopo ed ogni valore dell’attività e del divenire, ogni responsabilità vengono meno — giacché i vuoti del  ìmio essere non sono anche vuoti dell’essere  in generale: l’altro, con la realtà attribuitaglili riempie. Invece nell’altro caso tutto il  inondo appare come una oscura, dolorosa richiesta all’Io affinchè questi si dia a sè me-  desimo secondo potenza e, in ciò, lo attui nell'essere, in ciò lo redima dalla privazione, in  ciò lo faccia reale. E il divenire — CIÒ CHE IO FACCIO — ha allora un valore, un valore cosmico. Esaminando più da vicino la posizione  realistica, si vede che essa si fonda su questo presupposto: che una attività imperfetta, una attività limitata da per sè stessa non poJ  sa venire concepita, che non appena sia p r .ì  sente una attività limitata si debba snjjju  pensare a qualcosa che sia causa di questa limitazione. Infatti così sta la quistione nel problema della conoscenza: nelle cose vi è Utl  aspetto per cui esse indiscutibilmente dipendono dall’attività dell’Io di ROMOLO, aspetto che si rifcrisce al loro venire in generale rappresentale  o sperimentate; ma vi è anche un secondo  aspetto, che rappresenta un lato negativo nell’attività dell’Io di ROMOLO, riferentesi appunto aU’in 1J)(> .  tenza di percepire, non percepire o trasmutare  la percezione come si vuole. Ora su che cosa si basa il realismo? Appunto su ciò, che à  sente il bisogno di dare una spiegazione a questa limitazione, che esso non vuole ammettere che una attività limitata, cioè una attività incompleta, sia ciò che sta prima, e quindi  sente il bisogno di spiegare la limitazione con  qualcosa di altro. Si riferisce dunque ad  una realtà distinta dall’IO DI ROMOLO come causa delle  rappresentazioni. Ma un tale presupposto ilei  realista è ciò che vi può essere di più contestabile. La concezione a cui si rimette è questa:  che ciò che sta prima debba essere l’assoluto  e che tutto ciò che è particolarità e finitezza  non sia concepibile altrimenti che come una negazione operata da parte di un altro. L Ila pienezza di questo assoluto preesisten-  tratta cioè della posizione platonica e  te -noziana, espressa dal principio: Ciò che  ' veramente, è l’universale; il particolare da  1 ' s è stesso non esiste, cioè: in ciò che esso  . l’universale, e in ciò che è propriamente  Articolare non è, è fredda e piatta negazio-  r s Ora ad una tale concezione si può con-  Lmporre l’altra, secondo cui non si va a pre- ' apporre 1’assoluto di BRADLEY al finito e al Particolare’  f. aim nette invece che ciò che sta prima sia precisamente il finito e il particolare, intesi  \ r ò non come qualcosa di in sè contraditto-  Ijjjo bensì come qualcosa di incompleto, non  conni qualcosa che non esiste da sè stesso,  bensì come qualcosa che già in una certa misura possiede l’essere e rispetto a cui l’assoluto non ne sarebbe la negazione, ma lo sviluppo- P unto in cui esso va a rentlere Per ' folto il proprio principio secondo un processo continuo dal meno al più, dalla potenza all’atto, da un grado più povero ad un grado  pii, intenso di attualità e di essere. Ora in una  tale concezione — che si impone dovunque  sviluppo, sintesi e divenire non siano un vuoto nome — a ciò che viene prima, in quanto  viene prima, inerisce un certo grado di privazione, il quale gli è naturale e in nessun  modo chiede di venire spiegato. La sua spiegazione, se mai, non sta indietro — in un assoluto limitato dalla potenza di un altro — bensì avanti — nel processo dell’incornpi^  to che si integra, della potenza che arde nel  l’atto, onde non vi è propriamente da spiega  re, ma da agire, da procedere in una più j,  tensa affermazione. E’ importante notare la relatività del conte!,  to di privazione. Un dato elemento non è mai p ri .  vazione in sè, ma sempre in relazione al valore del-  Pautarchia. Il passaggio ad un tale valore fa di q ll( ,|  che era positivo come spontaneità qualcosa di ne-  gativo e di in potenza rispetto al punto ulteriore. Cosi pure per chi non vuole passare dal punto  di vista logico a quello della volontà il concetto di  privazione non è intelligibile, ma allora l’idealismo astratto resta l’ultima istanza. Quando si  crede di superare la presente dottrina spiegando la  privazione con una realtà distinta, non si fa un  passo avanti ma un passo indietro, giacché si [ a  uso della categoria logica della causalità, con il chi-  questa stessa realtà diviene condizionata, logicamente posta dall’io. E il cerchio si richiude e il livello critico resta il limite. Si passa invece oltre  per un assoluto positivismo. Quale è la differenza fra una cosa reale ed una  imaginata? Rappresentate, lo sono tutte e due egualmente; ma di là da ciò l’attività rappresentativa a  cui corrisponde la cosa reale è una attività rispetto a cui sono impotente. Vi sono elementi su cui  non posso. Questo è tutto. Il problema di interpretare questo non-potcre  non lo risolviamo, perchè non lo poniamo e anzi tacciamo d’intellettualistica, d’astratta, d’irrile-   Si può dunque contestare il presupposto  lei realismo, si può non concedere il concel-  |. gpinoziano del finito come negazione su   : peso si basa. Poiché le cose sono, in quan-  cu ^ f anzitutto sono rappresentate, cosi che un ole rispetto a ciò che davvero importa a questo  unto ogni ricerca di tale genere. Questo è un punto fondamentale. Noi affermiamo che la spiegazione  EL] fatto che si è impotenti in certe situazioni con ricorso ad un altro — cosa in sè, Dio, storicità dello spirito et similia — è una psendospie-  Laziorie, anzi un circolo vizioso per questo: che in  noi il concetto d’altro trae il suo senso e il suo  fondamento dal concetto di non potere, il quale  l ciò che sta prima e di cui oggettività, cosa in sè,  ilio. ccc. non sono che tanti simboli e traduzioni  intellettuali. Le cosidette cose reali sono simboli  ,1,1 mio non-potere, della mia privazione. E’ perché sperimento una privazione che chiamo reale una cosa c non viceversa. La privazione spiega il concetto di una realtà oggettiva e non la realtà oggettiva il concettò di privazione. Segue da ciò una dichiarata professione di agnosticismo, un arreco dinnanzi al nudo fatto del non-potere con rinuncia a spiegarlo come che sia? Niente affatto. Ciò  che neghiamo (non perchè non ne possiamo dare  una, ma perchè tali spiegazioni non ci servono e  non ci bastano) è la pseudo-spiegazione intellettuale, che lascia i fatti come sono, che non trasforma il  rapporto reale della mia potenza con le cose. Si  crede sul serio che la miseria e la contingenza che  dannano l’essere finito sono in qualche cosa rimosse quando le si spieghino con la materia anzi- grado di attività e però di positività è già implicito; poiché l’io si può sperimentare immediatamente come una energia, come un principio di azione, come qualcosa che non chi e .  de ad altro il suo essere; poiché di diritto non esiste un limite inconvertibile per lo sviluppo, del potere; non vi è alcuna necessità di trascendere, in ordine al problema del conoscere, il concetto di una attività imperfetta (quale è la spontaneità rispetto alla volontà) che  solo, ci viene imposto da un esame positivo  e spiegare la rappresentazione con il riferimento realistico ad un altro che la causi  e la sottenda. In ciò si avrebbe non tanto una che con Dio. con l’io trascendentale anziché con  la materia, e cosi via, in simili cattive e a buon mercato astrazioni? La spiegazione che l’idealismo magico esige è ben altra. È una spiegazione mediante  l’azione, una spiegazione risolutiva. È explicare, ossia attuare, rendere perfetto: far passare in atto ciò  che è in potenza, in perfezione ciò che è imperfezione, in sufficienza ciò che è insufficienza, secondo un processo sintetico, originale, creatore. Questa è la sola, vera spiegazione. Il resto è passatempo. Noi aspramente combattiamo tutta la rettorica  intellettuale e filosofica onde l’uomo si indugia a  discorrere intorno alla sua impotenza (ciò noi intendiamo quando ci si parla di verità, razionalità, ecc., anziché balzare finalmente in piedi, impugnarsi e, ardendola, farsi ciò che in sé è: un  Dio, un costruttore del mondo. Baione intellettuale, quanto piuttosto il Rfjsnia infingardo di colui, che, insufficiente, dall’atto. perciò la concezione che si presenta al ter-  s tadio dello sviluppo dell’individuale è,  tj complesso la seguente: un continuum di  Eit’vità che ha per limiti da una parte la spon-  f c ità, dall’altra la volontà libera. La spon-  r c jtà è l’universale, la volontà libera l’individuale. Questi limiti stanno fra loro come po-  I a adatto: tutto ciò che nell’esperienza è  Eretti vità, immediatezza, necessità, è, rispetto al punto dell’individuale, il non-essere ine-  [fcnte a ciò che è in potenza — e qui si com-  anderà forse a che cosa alludessero certi  fistici quando parlano dell’oscura passione del mondo, dell’indicibile sofferenza dell’esistenza in cui il corpo dell’uomo  I celestiale è crocifisso. Di una tale tenebra, di una tale privazione, la libertà è l’a//o e la  Lm ma luminosa; e il mondo diviene, si fa  reale secondo realtà assoluta soltanto in e per questa fiamma, cioè soltanto nella misura in  cui l’individuo, affermandosi nel punto della  potenza e della dominazione, consuma, arde la sua originaria natura, fatta di spontaneità. Da qui un punto fondamentale. Solamente  nell’individuo assoluto, solamente nell’autarca il mondo diviene reale. La sufficienza che egli si dà a sè stesso dà alla natura un essere, una consistenza, una certe?*.,  e una ragione che essa, prima di lui, non p 0 .  siede già, ma chiede. Onde cercare la verità  e la certezza nella natura è un assurdo: <jj ac>  che la natura in quanto tale è privazione  axépTjotc e la certezza e la verità non l’ha i n  sè, ma nell’individuo, epperò in tanto Pi la in quanto l’individuo se la dia a sè stesso. Il mondo è, soltanto se egli è. Ma questo essere  egli non potrà mutuarlo da nulla, chè, avuto la altro, esso non è più essere, essere  essendo soltanto ciò che è da sè stesso < xxil’  aùtó). Se dunque egli non si fa il salvatore di  sè stesso, nulla mai potrà salvarlo. È così che  la spiegazione e la verità non stanno dietro, ma avanti — e non in un dedurre, ma in un  passare all’atto. Tutta la natura, insieme d’esseri condizionati, insieme d’esseri che si  rimettono ognuno ad altro da sè, gravita sull’individuo: quei che non ha bisogno di nulla,  quei che non si appoggia su nulla — è ciò di  cui tutti gl’esseri hanno bisogno, su cui tutti  gl’esseri si appoggiano e con cui, nella misura in cui essi sono, sono uno. Egli solo, come  colui che ha in sè stesso il proprio principio, come colui che è ente di possesso, clic è  persuaso, sostiene il peso del mondo: a lui, che consiste, il processo universale si appen-  de e in lui trova la sua condizione, ciò per  cui dall’eternità è, ed in cui ha la sua destinazione finale. Perciò solamente nel punto in cui l’individuo si attua nella folgorazione jello potenza sorge una finalità, una ragione  f ii uno scopo nella natura: non prima; è lui  che gliela dà. Essa la chiede al suo atto. Epperò un solo imperativo ha ormai l’indivividuo. «SII, fatti DIO, e in ciò fa essere, SALVA il mondo. Il mondo, atto dell’Io. A lumeggiare questo punto, connettiamo  due ultime considerazioni, riguardanti l’una il problema dell’essenza e dell’esistenza, l’altra quello dell’uno e dei molti. Le cose sono essenza ed esistenza. L’idea di cento talleri e cento talleri reali non sono evidentemente la stessa cosa. Pertanto nei cento talleri reali, così come lo mostra KANT, non vi è logicamente compreso nulla più che non sia nell’idea dei cento talleri. Ne segue che in tanto si fa differenza fra gl’uni e gl’altri, in quanto ci si riferisce a qualcosa  ili irreduttibile all’elemento logico. Questo  qualcosa è 1’esistenza, opposta all’essenza, o, più rigorosamente, l’ESSE EXISTENTIÆ opposto all’ESSE ESSENTIÆ. Ed ora un secondo punto. All’essenza, al che cosa è di una determinata realtà principio esplicativo è il concetto: quando una realtà  venga mediante il concetto geneticamente costruita in tutte le note che la individuano, l’istanza esplicativa nell’ordine dell essenza è  esaurita. Pertanto ch’un oggetto di cui si sia  interamente penetrato ciò che è, sia, il nudo  fatto del suo esser là come oggetto reale, ciò costituisce un punto che sfugge interamente alla spiegazione razionale, è un àXcyov — e  principio esplicativo ad esso adegualo è non il concetto, bensì la volontà o, per meglio dire, la potenza. Infatti il puro essere delle cose costituisce per me un mistero fin quando esso ha carattere di bruto dato, di qualcosa che è là senza partecipazione del mio volere, imponendosi anzi secondo violenza a questo. Breve: come una privazione della mia attività. Mentre l’essenza posso pensarla e quindi costruirla, l’esistenza semplicemente la  patisco — e per questo mi costituisce una oscurità. Si imagini invece una situazione in cui puo connettere Tesserci delle cose al loro volerle incondizionatamente, cioè in cui la  mia volontà avesse valore di potenza creatrice. Allora la loro esistenza di fatto di là dal loro concetto cessa d’essermi un mistero, essa al contrario mi è perfettamente intelligibile — essa è spiegata. Essenza ed esistenza hanno dunque per rispettivi principi esplicativi la costruzione ideale opera del pensiero e la causazione reale  l"[ 0 pera della volontà. E questo è il secondo punto. Il terzo punto è il seguente, che fra costru- F" nza od esistenza — non vi è differenza di « nnlinnlo /lì errarlo I .MHpa ò fTÌà 1111 ideale e volontà creatrice — quindi fraatura. ma soltanto di grado. L’idea è già un dell’affermazione reale; e la cosiddet-  f* realtà oggettiva non è che l’affermazione    pii 1 intensa e completa di quella potenza che forma elementare, determina LA COSA sempliceinente pensata o RAPPRESENTATA. La realtà non è che l’atto dell’idea, ciò in cui questa  individua ed esprime interamente sè, cosi copidea non è che una realtà in potenza, os-  sia U na realtà semplicemente abbozzata o al-  lo stato nascente. Fra l’una e l’altra non vi è  dunque salto, vi è invece progressività. Il penderò di cento talleri e cento talleri reali non  sono evidentemente la stessa cosa — ma ciò  n0 n qualitativamente -- cosi come potrebbe  pensare chi crede che il pensiero, anziché un'impotenza, sia l’imagine impersonale di una  realtà oggettiva -- ma intensivamente, nel senso che i cento talleri reali sono la più profonda, intensa potenza, relativa propriamente all’atto magico, dell’affermazione corrispondente ai cento talleri pensati. Ed ora uniamo questo risultato a ciò che si è detto poco la. Vi è una esistenza che è morte, privazione, irrealtà — e tale è quella corrispondente  spontaneità rappresentativa, residuo .yl  prima epoca, in cui l’atto è passivo rispep sé stesso, die l’io non domina come il SUo gnore. Di questa esistenza non vi è certeàjj vera: non dipendendo da me come la n»«  ne o 1 emozione, essendo un puro accade un principio di radicale contingenza la ripr e i  de. Vi è invece una seconda esistenza, che i quella che una volontà elevatasi a pot eri2  può incondizionatamente produrre: sola mi!  te questa è propriamente esistenza, realtà ajJ  solida, e solamente di essa — ove si trova L nn giunto soltanto con se stesso in un possesso  ed in un dominio — l’io può avere una reale certezza. Fra l’una e l’altra di tali esistenze  vi è l’attività mentale propriamente detta. In altre parole: di là dal limite ideale del regno della pura necessità — della natura e della spontaneità — come di là dalla sua privazione, l’individuo fruisce nell’ordine  razionale o ideale di un primo grado dell’attualità sufficiente e della libertà. Questo grado procede verso la sua perfezione nello sviluppo secondo cui la potenza si riafferma in livelli sempre più complessi e profondi della  spontaneità — dell’antica natura o dell’universale — fino a dominare lo stesso grado intensivo dell’esistenza reale. Allora da oscura passione e da feroce deserto fatto di pii-  Rione, il mondo si fa l'atto stesso dell’individuo, ed in ciò è redento e persuaso  Ji l'individuo assoluto. Si può raccogliere insieme nel modo sedente quanto si è detto. Il punto di partenza è l’universale, il qua-  L nell’ordine della realtà non costituisce il  grado più ricco — come lo vuole il platonico — ma invece il grado più povero, non il  punto di arrivo, il TERMINVS AD QVEM, ma il  punto di partenza, il TERMINVS A QVO. In esso  s j ha infatti il semplice stato dell’essere che trova sè stesso, che è pura spontaneità, che  nini si possiede ma, semplicemente, è. Stato di pienezza e di luce per l’io non ancor nato,  t presso al punto dell’individuale esso appare invece come oscurità e morte. Cosi in un primo momento esso si dissolve nel mondo della parvenza e della mera RAPPRESENTAZIONE. In  Jan secondo momento viene sentito come passuine infinita, come il dolore cupo e muto della privazione, come l’indicibile crocifissione  nel mondo della necessità. Ma, nata da lui, questa morte l’individuo la assume ora con gioia. Egli è sufficiente ad essa. Egli sa che  soltanto il suo proprio, sovrannaturale valore  l’essere fatto di possesso ne è la causa; egli la riconosce come la materia, dalla q a .  lo soltanto egli potrà trarre lo splendore <ij  una vita e di una realtà assolute. Ed allora l’oscurità gradatamente si illumina, allora dall’abisso della necessità sorge il fiore ferribile dell’individuo assoluto. Egli si erge lentissimamente nel cielo senza stelle, liacndosj  dalla vampa di ciò che egli divora nella sua  potenza. Le cose e gli esseri muoiono nell’intensità vertiginosa di lui che, gradatamente, irresistibilmente, diviene — che, spaventevoh  nella sua purità, è signore del Sì e del K? Dominatore dei tre mondi. E in lui, ente  di possesso, ente che arde e fiammeggi,  il processo dell’universo avrà con il suo allo,  la sua consumazione o perfezione tinaie. Questo è, ad un dipresso, il senso del sistema che io sostengo; nel quale da una parte  ho cercato di fondere il problema gnoseologico e il problema ontologico con quello etico e della autorealizzazione o magico; dall’altra,  di rivendicare il valore dell’individuo e di fargli nascere la coscienza del suo compito e della sua dignità cosmica. E’ ciò che io riconosco come verità, o, per  meglio dire, è ciò che io voglio come verità. L’individuo e il divenire del mondo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere. Race and the Myth of the Origins of Rome In his Life of ROMOLO, PLUTARCO writes: ROMA would not have risen to such power had it not had, in any way, a divine origin, such as to offer to the eyes of men something great and inexplicable. CICERO repeats the same thing (Nat. Deor.) and then goes on to consider (Har. Resp.) the Roman civilisation as that which surpassed every other people or nation through sacred knowledge -- omnes gentes nationesque superavivums. For the ancient Romans, SALLUSTIO has the expression “religiosissimi mortales”. On the other hand, in our day, all of that is fantasy or superstition for many serious persons and critical minds. The facts are the only thing that count for them. The mythical traditions of the ancients have no value, or they have it only insofar as it is supposed that, here and there, they are confused reflections of real events, that is to say, tangibly historical. There is, in that, a fundamental misunderstanding that is denounced by Vico, then by Schelling, still more recently by Bachofen and, finally, by the most recent school of the metaphysical interpretation of myth, and by those little known today (Guenon,Otto, Altheim, Kerenyi, etc.). According to all these philosophers, a mystical tradition is neither an arbitrary creation more or less on the poetic and fantastic plane, nor a deformation or transpositions of a historical element.. Especially in regard to origins, Bachofen points out that a symbol or a legends, if only in a dramatised form, may represent actually and truly the history of the beginnings of a nation. Not the history of events occurring materially on earth, but rather of spiritual processes that give birth to a people alongside other people although different in culture and civilization. This is history, so to say, of its prenatal period. Legend and history are tightly connected. The former proceeds through interiorisation and is dispersed through images. The latter proceeds through exteriorisation as facts, an action, or an event. An image is the result of a formative living force. A fact is organised by human thought. In a legend, one is transported by a formative force. In history, there is premeditated organisation of facts. But the legend is a part and the root of history. A legend is not poetry. Rather, a legend is a reality much vaster than history itself. The threads of the destiny of a people that unravel in the most various ways in their historical development go back to an impulse, to the creative sphere, to which the HERO of its legend is connected. Bachofen thus reveals that, even at the point in which evidence, by being recognised as a LEGEND, comes to be rejected by profane history, even when it is a positive witness to the spirit of a people. In that way, a study of a mystical tradition, using a different criterion, may lead us to an interesting conclusion from the point of view of a theory of race that is similarly not defined by the material aspects of the issues, but also addresses the inner reality of race. We want to illustrate this interpretative method with the birth of Rome --  applying it precisely to the exegesis of the legend of our origins. The legend related to the birth of Rome concentrates such a quantity of sensitive elements based on general meanings of civilisations and mythologies of the Aryan people, that a full seminar would be necessary to analyse them and clarify them adequately. Therefore, I shall point out here only the most notable themes, among which are: the miraculous birth, the theme of being saved by the waters, the wolf, the tree, the rival pair of twins. The legend of the union of a god with a mortal woman, in the present case, of MARTE with the vestal RHEA SILVIA, form which union ROMOLO and REMO are born, recurs in almost all traditions in regard to the birth of a divine heroes. GIOVE and LETONE give birth to APOLLO, GIOVE and Alcmene to ERCOLE -- ERCOLE being the symbolic hero of the Doric-Achaean Aryan peoples, and Apollo having a connection with the land of the Hyperboreans and with the primordial Nordic-Aryan races. An analogous origin, in properly Germanic traditions, is attributed to the heroic peoples of the Volsungs, to which Siegfried belongs. In the ancient royal Egyptian tradition - whose remove origin can with good reason also be considered to be Aryan and Atlantic-Occidental - every sovereign is thought to have been begotten by a god uniting with the queen. This is a mystical tradition in which the hidden meaning of the LEGEND comes to the fore, inasmuch as a miraculous birth without the help of a man, of a human father, is imagined. Since the queen has her consort, the idea that her son was conceived by a god, being awaken to life by her husband, could only indicate that he, not in his moral part, but so to say, in that eternal and divine part, had to be thought of as a type of incarnation of a decisive supernatural element that came to confer a royal dignity on him. In the case of ROMA, therefore, MARTE is such an element from above, that is, the divine representation of the principle of warrior virility. Such a force stands therefore at the origins of the Eternal City and at the basis of its secret origin, veiled by the legend: so that in some traditions form the era of the Roman Republic itself, it will be directly conceived as the son of MARTE. And this MARTE force is associated with those who may be the guardians of the sacred flame of life; symbolically, with a vestal (RHEA SILVIA). The twins ROMOLO and REMO are abandoned to the waters and are saved from the waters. Here again is a symbolic theme recurring in many traditions. Moses is saved from the waters, the Indo-Aryan hero Karna is left in a basket in the river and is saved from the waters, and so on. But the symbol contained in the most ancient Aryan tradition is especially important, i.e., the Vedic tradition, in which ascetics are depicted as supreme natures who stand on the waters. Analogous explanations and, therefore, the hidden meaning of such a symbol, can be clarified as follows. The waters have traditionally always depicted the current of time, i.e., the basic element of mortal, unstable, contingent, passionate, fleeting life. The weak man is taken from the waters and carried from the waters. The seer or HERO, the ascetic or the prophet is saved from the waters, or is capable of standing on the waters, or of not sinking in the waters. Hence, in the legend of the origins of Rome, this symbol must again characterise the divine element of the founder of Rome, his, so to speak, super-natural dignity. The twins find refuge near the fig tree – the “ficus Ruminalis” -- and are suckeld by a wolf. The word “ruminalis” contains the idea of feeding: the quality of “ruminus”, related to GIOVE, alluded to the quality of nourisher: the god who gives nourishment in Latin. But this is the most elementary aspect of the symbol. In general, in the most ancient traditions of the Aryan race, the tree is the symbol of universal life, it is the tree of the world or the cosmic tree. If it is in the form of a fig tree as it appears in the legend of Roman origins, precisely as a “fico indico”, the Banyan tree, the ashwattha tree - it is depicted as upside-down in the Indo-Aryan tradition to express that its roots are from above, in the heavens. The idea of a mystical flood from the tree is an often recurring theme: the myth of GIASONE, ERCOLE, Odin, Gilgamesh, etc. Naturally, according to the races and their spirit, this then present diverse variations. We know from the Hebraic myth that to pick and eat from the tree in order to make oneself like god is considered as the principle of guilt, abuse of power, and a curse.Things are conceived in a very different way in the myths of the Aryan race and even in the paleo-Chaldean myth of Gilgamesh. Also, in the legends of the Ghibelline Middle Ages, the heroic theme prevails and the tree often appears as that of the universal empire, reaching it in the symbolic lands of the mysterious Prester John means insuring the same dignity that the ancient Ario-Iranian rulers associated with the title of king of kings. Returning to our subject, in the legend of the twins at the origins of Rome, we therefore have the allusion to a supernatural food from the Tree - but also the Wolf. The symbol of the wolf, considered in its entirety and in all the stories that refer to her, has an ambiguous character. LUCIANO and GIULIANO recall that, in the ancient world, on the basis of the phonetic resemblance between the two words, the idea of the “lupa” and of “luce” are often associated – “lykos” – lizio --, which in Greek means wolf, sounds like “lyke,” light. But there are also figurations of the wolf a sa hellish animal, as a dark force. The wolf thus appears to us in the double aspect, symbol of a ferocious and savage nature and also as the symbol of aluminous nature. This duality is verifiable, not only in Hellenic-Mediterranean prehistory, but also in the Celtic and Nordic. In fact, on the one hand in the Nordic-Celtic and Delphic cults the wolf is connected to Apollo, i.e., to the Hyperborean, Nordic-Aryan god, simultaneously conceived as the solar god of the golden age and significantly associated by VIRGILIO with ROMAN greatness. “Sons of the wolf”, on this basis, was a designation for warrior and heroic peoples of Nordic-Germanic origins, designations that persisted even up to the epoch of the Goths and Nibelungs. Yet, on the other hand, in the Edda, the age of the wolf signifies a dark age, marking the epoch of the outbreak of savage and elementary forces, almost of the power of chaos, against the forces of the divine heroes, or Aesir. Now we can certainly also relate this quality to the principle that, according to the legend of origins, fed the twins insofar as we see it reflected in their very nature, that is, in the antagonistic duality of ROMOLO e REMO, as related to us in the legend. As others already noticed, so also the theme of a single principle from which an antithesis is differentiated, whether depicted by the antagonism of twins or, in general, of a couple, is found again in many traditions, and not rarely in respect ot particularly significant moments for the origins of a given civilisation, race, or religion. For example, we only recall that in the ancient Egyptian tradition Osiris and Set are two brothers of discord - conceived as twins - and one incarnates the luminous power of the sun, the other, a dark, “infernal”, principle, whose generation is called the “sons of the impotent revolt”. Does not something similar also show through perhaps in the ROMAN legend? ROMOLO is the one who marks the contour of ROMA as the meaning of a sacred rite and a principle of limit -- of order, of law - having received the right of putting his name to the city form the apparition of the solar number, of the XII vultures. REMO is, instead, the one who violates such a limit and is killed for this reason. One could say that the primordial force of Roman origins thus are differentiated and destroys the dark powers that are contained in themselves, affirms in its luminous aspect of order, Olympian denomination, purified warrior force. There have been attempts to see in the contrast between ROMOLO and REMO the reflection of the contrast between opposed Aryan racial forces, or of the Aryan type, and non-Aryan or pre-Aryan types. Research of this kind is without doubt interesting. Problematic in its conclusions, if it intends to remain exclusively on the plane of material facts, or archaeological and anthropological evidence. It has greater possibilities if it also penetrates legend in order to extract elements that integrate research in other domains. Naturally, in order to accomplish that, it also needs to resolve to outline general frameworks of various aspects of ancient Roman society, considering, for example, with various philosophers, somewhat probable that the social system of castes of ancient Rome has a racial substrate. In this totality, it is interesting to examine the link between the two principles, whose symbolic figurations could well be ROMOLO and REMO -- with the two hills Palatine and Aventine. The PALATINO is, as we know, ROMOLO’s hill and the AVENTINO is REMO’s. Now, according to the ancient Italic tradition, on the PALATINO, ERCOLE met the good king Evander (who significantly founded a temple of the goddess Victoria on the same Palatine hill) after having killed CACO, son of the Pelasgian (pre-Aryan) god of the subterranean fire: and Hercules conquered and killed in Cacus’ cave, located in the AVENTINO, and erected an altar to the Olympic god, to whom he was allied according to the Hellenic legend. Researchers like PIGANIOL are of the opinion that this duel between ERCOLE and CACO - with the corresponding opposition of the PALATINO and AVENTINO hills - could be a mythic transcription of the battle waged by peoples of opposing races. The mythic legend of the origins of Rome is therefore saturated with deep meaning. The triumph of ROMOLO and the death of REMO is the key to the origin hidden in Romanity - and the first episode of a dramatic, outer and inner, spiritual, social and racial battle, in part known, in part still enclosed in symbols or in an event not yet penetrated with respect to their most essential aspect - almost, we will say: with respect to the third dimension. Through this secular battle, Rome rises gradually and asserts itself in the world as a triumphal manifestation of a principle of light and of order, of an ethic and a vision of life that, in its original and uncorrupted forms, is witness to the Aryan spirit. And we know what it is, according to the most widespread tradition, the conclusion of the legend of origins. It is the apotheosis of ROMOLO, ROMOLO deified. He returned from the earth to heaven after his mortal part was destroyed by means of the dazzling fire. So what has been treated is neither fantasy, nor poetry, nor rhetoric. Analogous explanations recur in the traditions of all peoples, according to a uniformity that should lead anyone to reflection. Also in regards to ROMOLO, the legend contains a faith and a spiritual certainty. It is the meaning of a reality that, freed from the person and symbol, is not once, but will always be, and will always be present, in its greatness beyond history, the race that knows how to recall the mystery. E. è stato il più importante teorico della rivoluzione conservatrice in Italia. Nei suoi saggi filosofici si ritrova l'utilizzazione consapevole della espressione «rivoluzione conservatrice», la  base teorica e i limiti entro cui ha senso tale definizione. Tuttavia, in E. la rivoluzione conservatrice si dissocia nettamente dall 'ideologia italiana. La sua elaborazione del concetto di rivoluzione conservatrice è attinta direttamente dalla konservative Revolution tedesca, e ad essa si rifà espressamente, pur con alcune specifiche motivazioni. In secondo luogo, l’idea di  rivoluzione conservatrice in E. si situa in una linea fortemente critica verso la tradizione teorica e storica italiana. A cominciare dall’idea stessa di nazione, di cui  E. sottolinea l'eredità giacobina, egli sottopone a una critica serrata tutte le stazioni più importanti della ideologia italiana: la critica del Risorgimento, che pure è ricorrente in tutta l’ideologia italiana, è condotta da E. non più nel nome dell’inveramento del Risorgimento,  inteso come radicalizzazione o correzione di rotta, ma  diviene rifiuto e negazione del Risorgimento, visto come la traduzione nazionale della rivoluzione francese,  e rigettato come l'espressione di un liberalismo anti-tradizionale. Qui E. accoglie l'eredità del pensiero contro-rivoluzionario e si situa nettamente nel solco della tradizione reazionaria, pur non condividendo il riferimento  cattolico e cristiano che la sottende. Critiche non meno nette E. rivolge al processo unitario post-risorgimentale e a tentativi come quello crispino di generare una  sintesi tra nazional-populismo e autoritarismo. Ma la critica di E. non si arresta nemmeno alle soglie del FASCISMO, a cui pure il suo nome è solitamente associato. Quasi tutta la critica evoliana verso il fascismo gravita  proprio sul tentativo fascista di costituire una ideologia italiana o di inserirsi nella tradizione italiana,  sia verticalmente, cioè come recupero della storia italiana, sia orizzontalmente, come tentativo di integrare le masse e tutte le diversità in una comunità nazionale. Per E., il fascismo non avrebbe dovuto abdicare  al suo ruolo di MINORANZA attiva, di aristocrazia, di OTTIMATI, avrebbe anzi dovuto accentuare la sua diversità, da quel  che costituiva la linea italiana risorgimentalista. La critica di E. all'ideologia italiana, così implacabile, sconsiglierebbe dunque di ritrovare nella sua filosofia i lineamenti di quella rivoluzione conservatrice -- il filo rosso della storia italiana. Le sue scelte lo porterebbero, piuttosto, nella linea di de Maistre e de Bonald o di larga parte della filosofia mitteleuropea. Ma a questo punto si dispiega uno dei maggiori paradossi della dottrina politica evoliana: quanto più E. teorizza una tradizione radicalmente diversa dalla modernità e integralisticamente depurata da ogni scoria di pseudo-tradizionalismo» nazionalista e risorgimentale, tanto più Evola coniuga l’idea della tradizione con posizioni che appartengono al mondo della  rivoluzione. Rivolta, anomìa, anarchismo di destra, nichilismo attivo sono ricorrenti espressioni della filosofia evoliana che segnano un indubbio recupero della dimensione rivoluzionaria. Questo dualismo, solitamente, è stato attribuito a due tappe differenti e fondamentali della filosofia evoliana, e identificate l’una ne “Gli uomini e le rovine”, e l'altra in “Cavalcare la tigre.” Ma, più vastamente, l’intera opera evoliana si dispiega all’interno di un orizzonte antinomico, tra rivoluzione e tradizione, se si considera l'esperienza pittorica dadaista, fortemente eversiva, il periodo filosofico, con sostanziali elementi rivoluzionari e stirneriani, la valorizzazione del tantrismo nel suo aspetto più distruttivo (la via della mano sinistra). Elementi che convivono nell’opera evoliana con la ricerca e l'affermazione della tradizione, il primato dell'essere, il recupero della dimensione metafisica; o nel mondo politico con il richiamo a una concezione fondata sull'autorità, l’ordine e la gerarchia. Sul piano della dottrina  politica, l'aporia può forse trovare agevole soluzione se si tiene presente che, in un mondo sconsacrato e secolarizzato, la tradizione non può che rivelarsi come una rivoluzione e attraverso la rivoluzione. Il ritorno alla tradizione, in questo contesto, sarebbe infatti un evento  di rottura, una radicale inversione di rotta rispetto alla realtà presente. La rivoluzione sarebbe dunque per  E. il rigetto del presente nel nome del passato; rivoluzione-restaurazione, ovvero rivoluzione nel senso dell'astronomia classica, come già ripete E.. In uno scritto divulgativo, tra gl’ultimi di E., il pensatore  tradizionalista afferma. Se si vuole, ci si può riferire alla formula, solo in apparenza paradossale, di una rivoluzione conservatrice. Essa concerne tutte le iniziative che si impongono per la rimozione di situazioni  negative, fattuali, necessarie per una restaurazione. In linea di massima, si può riconoscere la coerenza di questa posizione e il rigoroso uso dell'espressione di rivoluzione conservatrice. Tuttavia, soprattutto se si tiene conto dell'orizzonte di pensiero in cui E. utilizza  questa definizione, i due piani di rivoluzione e tradizione non sembrano poi così nettamente delineati e divisi. In E. vi sono interpolazioni e attraversamenti: talvolta la pratica rivoluzionaria finisce col rivoltarsi contro gli stessi principi tradizionali e finisce con l'assumere valori autonomi. L’anomìa finisce con l’essere una pericolosa arma a doppio taglio. E dall’altra parte, soprattutto nell’ultimo E., il metodo rivoluzionario risulta spesso alterato o addirittura soppiantato  da una scelta pratica di tipo conservatore, fondata sui  parametri del salvare il salvabile, preferire il male  minore, allearsi con i moderati per combattere la sovversione, eccetera. A parte questi sconfinamenti, peraltro marginali se si considera l’itinerario evoliano nel suo complesso, E. si pone legittimamente come il teorico principale della rivoluzione conservatrice vista da destra. Il suo pensiero è alle origini sia dell’integralismo di destra che del modernismo di destra -- in parte defluito da destra. Non si potrebbe infatti comprendere il  neo-tradizionalismo, anche quello cattolico, senza transitare per le opere di E. imperniate sui valori della  tradizione. Ma dall'altro verso non si potrebbero comprendere neanche i fermenti della cosiddetta nuova cultura, della nuova destra o i tentativi di andare al  di là della destra e della sinistra, senza risalire a quel  filo rosso che scorre dall’E. dadaista e iconoclasta  all’E. FILOSOFO, al seguace del tantrismo e soprattutto all’autore di Cavalcare la tigre. Da entrambe le posizioni, NEO-TRADIZIONALISTE [cf. H. P. Gric on P. F. Srawson] e moderniste [cf. H. P. Grice on ‘the heirs of PEANO (si veda) e Principia Mathematica], si sono staccate  frange opposte e simmetriche, che hanno parimenti rifiutato l'eredità evoliana, l'una nel nome della tradizione cattolica, l'altra nel nome della modernità assurta a valore. Se il linguaggio non e improprio e desueto, si potrebbe dire che la sua opera genera una  destra e una sinistra evoliana. È curioso osservare che i modernisti di destra ripercorrono, pur con specifici tratti, lo stesso cammino già percorso da un certo radicalismo di destra che trova in Evola elementi per fondare una scelta  rivoluzionaria in senso nazional-popolare. Il cammino  dei modernisti di destra si rivela come la versione debole (e quindi più intellettualistica, più dolce nel metodo e più esitante) di quello stesso processo di modernizzazione del pensiero evoliano, la cui versione forte è costituita proprio dal rivoluzionarismo nazional-popolare. I vari filoni dipartitisi d’E. ritrovano oggi sul loro cammino gli stessi incroci in cui si dibatte la filosofia evoliana: trasgressioni e fedeltà, soggettività e tradizione, organicismo senza statolatria, ricomposizione comunitaria ed élitismo, rigetto dell’ideologia italiana  e insieme esigenza di radicarsi nel tessuto reale di que sta società, e così via. Le contraddizioni, mutatis mutandis, sono ancora le stesse. Per ripercorrere queste stazioni cruciali della filosofia evoliana, e proficuo attraversare le principali interpretazioni critiche della filosofia d’E. che si possono ricondurre a quattro tesi fondamentali. In primo luogo, l'interpretazione di E. come maestro eretico del pensiero negative. In secondo luogo, E. visto come teorico di un neo-paganesimo anti-cristiano e anti-trascendente. In terzo luogo, E. visto come un gentiliano minore che tenta invano di superare l'attualismo. Inine, E. visto come l'ispiratore del neo-nazi-fascismo. L’accostamento tra E. e il pensiero negativo si può  far risalire al tempo della contestazione, quando qualcuno ravvisò impressionanti simmetrie tra il pensiero  evoliano e il pensiero di MARCUSE. Simmetrie che lo stesso E. non ha mancato di sottolineare, seppure rimarcando la radicale divergenza di fondo.  Di quel parallelo aveva parlato qualche anno fa GALLI, soffermandosi soprattutto sulle sue valenze  politiche. Da un punto di vista filosofico la collocazione di E. nell'alveo del pensiero negativo è stata recentemente proposta da MANCINI e CACCIARI. Entrambi scorgono in NIETZSCHE il crocevia della filosofia negativa. Dopo NIETZSCHE, si puo quasi parlare di un pensiero negativo di sinistra che coniuga Nietzsche con MARX, Freud e al limite STIRNER, e che si esprime, soprattutto, ma non solo, con la triade francofortese Adorno, Horkheimer e Marcuse; e un pensiero  negativo di destra che coniuga Nietzsche con i valori tradizionali e che si esprimere tra gli altri con E., JUNGER e larga parte del pensiero rivoluzionario-conservatore. Quale è il filo comune del pensiero negativo? In primo luogo, la critica radicale della ragione e delle pretese sintetiche e costruttive della razionalità. In  secondo luogo, lo smascheramento della civiltà moderna e borghese e la rivolta contro la nostra società. In terzo luogo, lo sfaldamento della fiducia nel progresso ma  anche negli antichi appoggi; la crisi del principio di identità e di non contraddizione; indi, la concezione conflittuale e catastrofica della storia. E scavando più a fondo  si giunge alla matrice del nichilismo: la morte di Dio, la  perdita del reale, del senso e degli scopi, l'incertezza esistenziale, l'oscuramento della metafisica. I due versanti del pensiero negativo sarebbero dunque compresi nell’alveo del nichilismo. Soltanto che il  versante destro del pensiero negativo, a cominciare d’E., per estendersi a buona parte della rivoluzione  conservatrice, tradirebbe Nietzsche, mascherando il nichilismo nell'irrazionale e nella retorica dei valori.   A questo punto le conclusioni di un MANCINI conducono a una condanna senza appello del pensiero evoliano, le conclusioni di CACCIARI conducono invece  a un appello senza condanna agli evoliani: liberatevi dal  camuffamento irrazionalistico, liberatevi dalle vostre certezze che reggono solo sulla retorica, e procedete con occhio sgombro verso un sapere senza fondamenti, verso un nichilismo consapevolmente vissuto e accettato come destino finale. In fondo il discorso ruota intorno a un’equazione tutta  da dimostrare: l'equazione, appunto, tra E. e il pensiero negativo. È necessario dunque affrontare la differenza radicale che allontana E. dal pensiero negativo. Una differenza di provenienza e di approdi, di metodi e di aperture. È certamente vero che il pensiero negativo e il pensiero evoliano nascono entrambi come filosofie della crisi. Ma la crisi del pensiero negativo è la crisi di una razionalità che ha perduto la ragione, di una dialettica che  ha perso la possibilità della sintesi, di un materialismo  che ha perduto la materia, di un orizzontalismo che ha  perduto orizzonti, di una rivoluzione che ha perduto il  progetto. La crisi da cui nasce il pensiero evoliano è invece la crisi di una trascendenza che ha perduto Dio,  di un verticalismo che ha perduto il suo vertice, di un  eroismo che ha perduto gli eroi, di un Olimpo che ha  perduto gli dei, di una tradizione che ha perduto i suoi  templi, i suoi riti e i suoi uomini. Da una parte è l’orfanità della ragione che incita a ripensare i miti. Dall'altra parte l’orfanità del mito che  spinge a cercare le ragioni. In entrambe si assisto al disormeggio della storia secondo la suggestiva espressione di CIORAN. Da una parte in E. la tradizione sembra smarrire gl’anelli che la congiungono al presente. Dall’altra parte nel pensiero negativo il progresso si separa dall’ottimismo e dal migliorismo storico e scivola nella catastrofe, nel vuoto. Ma differente è pure la reazione alla crisi. Il pensiero  negativo diviene pensiero della liberazione trasgressiva, sollecita a liberarsi dai vincoli della realtà e della ragione, oppone la ragione distruttiva come risposta alla  ragione decretante. Opposta appare invece la reazione evoliana alla crisi. Alla liberazione dal destino si oppone qui l'accettazione del destino, la fedeltà ai valori oscurati, l’azione  nonostante i frutti, la risposta eroica al nichilismo. Entrambe le vie germogliano dunque dalla crisi: ma  il pensiero evoliano induce a vivere come se i valori esistano. Il pensiero negativo induce a vivere come se non  abbia importanza avere valori. E. scommette sui valori, il pensiero negativo rigetta la scommessa come insignificante, fuorviante, mistificatrice. Nel pensiero negativo il nichilismo è pensato e vissuto come esito finale; nel pensiero evoliano il nichilismo  è inteso come prova del fuoco, come deserto da attraversare. L’esperienza del nichilismo è rivolta in E. a fortificare il bagaglio interiore, a essenzializzare la vita, a denudare i valori dalle incrostazioni, per ricondurli  alla nudità originaria. Il nichilismo, secondo questa prospettiva che E. coglie da Nietzsche, dovrebbe rafforzare ciò che non riesce a spezzare. Il pensiero evoliano ha Nietzsche alle sue spalle, ombra titanica che si allunga sul suo cammino; il pensiero  negativo trova invece Nietzsche davanti a sé, scoglio insormontabile per la ragione dialettica. Ciò che in E. è punto di partenza, che pure si allunga su tutto il  percorso, nel pensiero negativo è punto d'arrivo, oltre  il quale non si può andare. Non è un caso, poi, che il pensiero negativo si definisca tale, laddove il pensiero evoliano si autodefinisce magico: il pensiero magico è per  sua stessa vocazione rivolto a comporre, a ordinare il  mondo e non a disfarlo, a rivelare la sua segreta armonia, a concepire la libertà come attività produttiva e  creativa. Il pensiero magico risale dal caos al cosmos,  dal conflitto all’armonia, ponendosi infine come pensiero costruttivo, pensiero positivo. Il pensiero negativo al contrario dissolve il cosmos nel caos, nell'armonia scorge il contrasto, eternizza il conflitto e la catastrofe, definendosi infine come pensiero distruttivo. Nel crocevia tra magia e trascendenza, il pensiero evoliano si inviluppa in alcune contraddizioni: le forti aporie tra senso della trascendenza e immanentismo volon¬  taristico che si esprimono nell'Autarca, le tentazioni  faustiane, il pericoloso velleitarismo di chi vuole traversare l'abisso, l'etica della disperazione che si risolve talvolta in Evola in uno spiritualismo nobile ma cieco, che rigetta i frutti e le prospettive. Ma pur nella contraddittorietà delle posizioni ciò che distingue radicalmente E. dal pensiero negativo risale a una opzione  di fondo: è la opzione della trascendenza che conduce  Evola alla riscoperta del sacro. La trascendenza resta  una dimensione assente nel pensiero negativo in virtù  di una originaria opzione immanentistica mai smentita. La f iducia in una «più che vita», la scommessa sull’immortalità, la certezza del sacro, il culto dell'invisibile e de fì'eterno, accend on o in Ev ola un bag lioré metafisico che non é flato tr ovare, n el pensi ero negativo. Alla luce del sacro, la stessa concezione eroica esce dal  campo del puro arbitrio, della mera retorica, del volere autarchico, per farsi essa stessa segno di quella certezza metafisica e metaesistenziale, espressione e testi¬  monianza che pure vacillando nel vuoto, la strada percorsa è quella che sale. Occupandosi del radicalismo di destra, Civiltà Cattolica ha individuato in E. il principale ispiratore  di una nuova destra fortemente anticristiana e neo-pagana . Le argomentazioni condotte a rinforzo di questa  tesi erano attinte quasi interamente dalla lettura di iperialismo pagano. Che in E. vi sia una forte ascendenza di tipo pagano è certamente fuori discussione: la grande valutazione del mondo greco e ROMANO, l’esaltazione della spiritualità nordica, il risalto attribuito alla figura di Federico II, sono solo alcuni tra i segnali di questa ispirazione pagana del pensiero di E.. Tuttavia l’interpretazione di E. come padre di un  neopaganesimo anticristiano, è semplicistica e a tratti fuorviante. Vi è in primo luogo una ragione metodologica: non si può valutare il pensiero evoliano soffermandosi sulla lettura di Imperialismo pagano, un saggio che  E. scrive non ae che in seguito disconobbe. Imperialismo pagano è un pamphlet fortemente polemico che risente degli umori del tempo e che si inserisce nel dibattito preconciliare. Imperialismo pagano è un'opera certamente minore rispetto ad altre opere evoliane di spessore ben  più notevole. Per comprendere E. bisogna transitare almeno da altre cinque, sei opere ignorate da Civiltà Cattolica. In secondo luogo, il pensiero evoliano si alimenta di  correnti e torrenti che sarebbe improprio definire di tipo pagano: la tradizione gnostica e orfica, pitagorica,  la metafisica orientale, il buddismo. Se si vuol definire pagano, nel senso di anti-cristiano,  tutto ciò che non è cristiano, si finisce nel più piatto manicheismo.   In terzo luogo, dal complesso dell'opera evoliana non  si può dedurre un orientamento anti-cristiano e ancor  meno un orientamento anti-trascendente. Altrimenti non si comprenderebbe in E. la lettura dei mistici cristiani, l'influenza di certo gnosticismo cristiano, l’attenzione positiva verso pensatori come Meister Eckart e  SAN GIOVANNI DELLA CROCE, la grande influenza di Carlo MICHELSTAEDTER che rivela profondissime tracce di cristianesimo. E non si comprenderebbe il carteggio evoliano con REBORA, il ritiro di E. in un convent, la sua difesa della Chiesa del Sillabo  (se la Chiesa fosse ancora quella del Sillabo — afferma  E.— non ci sarebbero esitazioni a schierarsi dalla  sua parte per affermare i valori della tradizione»), ma anche della fede cristiana e del suo significato nella  nostra epoca sconsacrata.  E non si comprenderebbe infine per quali misteriose  ragioni la lettura di E. sia stata per molti una stazione d i transito ve rso una riconversion e al cattolicesimo -- una riscoperta del sacro e del trascendente, del rito e  dell aJracE zionèr È un paradosso^lha mòTti dfcoTo-  ro che hanno poi criticato il pensiero evoliano alla luce del cattolicesimo tradizionale, devono a E. la conoscenza di autori come de Maistre, Donoso Cortes, de Bonald. È poi significativo che E. condanna le franga  moderniste [del cristianesimo , colo ro che riducono la religione nell’orizzonte immanentistico de l messaggioso.  ciale, la stòricizzazione e l’umanizzazione del divino, la  teologia dellà morte di Dio, la razionalizzazione dei principi e delle tradizioni, la confusione del crstianesimo  conjun moralistico sentimentalism o borghese. In E. permane, certamente, un senso di estraneità al cristianesimo, ma non di ostilità; vi è un differente tipo di spiritualità che trae alimento da differenti tradizioni. Nel cristianesimo E. denuncia la mancanza di una  dottrina esoterica che possa affiancarsi alla religione fideistica e devozionale. Appare quindi improprio il tentativo di demonizzare il pensiero evoliano come l'espressione di una rivolta anti-cristiana con esiti immanentistici. Questa riduttiva interpretazione del pensiero evoliano rimanda a un'antitesi più vasta e insensata quando pretende di essere assoluta: l’antitesi tra paganesimo  e cristianesimo alla cui radicalità mostrano di credere  da un verso Civiltà Cattolica e dall'altro verso alcuni  esponenti della nouvelle droite, a cominciare da de Benoist. L'antitesi autentica e radicale della nostra epoca, in realtà, non è tra paganesimo e cristianesimo ma tra sacro e nichilismo, tra vocazione alla trascendenza e sfaldamento nell'immanenza. Per un autentico spirito cristiano la santità è intesa  come il culmine del sacro, è il gradino supremo in cui  il sacro si incarna nell'umano e si palesa nel mondo; per  una autentica religiosità di tipo pagano, la santità è una  delle più alte manifestazioni del sacro. Per entrambi resta essenziale l'antitesi tra sacro e nichilismo. Per una spiritualità di tipo cristiano il senso elèi sacro può dirsi quasi il rosminiano sentimento fondamentale, quell'innata vocazione metafisica sulle cui basi si eleva poi la fede cristiana. Per una spiritualità di tipo pagano, il sacro può intendersi non come la base ma come il vertice verso cui  convergono le religioni, il principio metafisico di cui le  religioni sono bracci, manifestazioni, assi di una ruota. Nel pensiero contemporaneo, la distinzione di campo più rigorosa è senza dubbio quella tra pensiero ispirato alla trascendenza e pensiero esaurito nell’iimmanenza, tra pensiero fondato metafisicamente (proteso verso l'essere) e pensiero senza fondamenti o comunque fondato storicisticamente, vitalisticamente e materialisticamente (risolto dentro il divenire).  In questa distinzione di campo, il pensiero di E. ritrova una identità molto diversa da quella che gli viene attribuita da Civiltà Cattolica e da taluni esponenti  del «neopaganesimo». Vi sono certamente alcune cadute immanentistiche  e superomistiche nel pensiero evoliano che in un pensatore come GUENON, ad esempio, non sono presenti: ma  il pensiero di Evola rischia l’impurità e talvolta l’incoerenza perché si cimenta con la crisi contemporanea. È  una scommessa più difficile quella di E., un cammino più arduo: attraversare il nostro tempo.  Questa sua scommessa può essere intesa come la sua  peculiarità più feconda e insieme come il suo limite più  netto: ma, in ogni caso, il pensiero di E. si incammina sul l a s trada, del sacro. Un autorevole filosofo come NEGRI ha individuato in Evola un «gentiliano minore»  che tenta invano di superare l'attualismo. L’interpretazione di NEGRI ripercorre i sentieri già solcati da SPIRITO, CARLINI, e SCIACCA che appunto  a GENTILE avevano ricondotto il pensiero di E. Che l’ombra gigantesca di GENTILE (si veda) si allunghi su tutta la filosofia italiana può essere difficilmente confutabile. Persino lo spiritualismo cattolico o la filosofia della prassi di GRAMSCI mostrano i segni di quella influenza. Ma che vi siano specifiche e preponderanti tracce di influenza su E. è largamente inesatto. Si deve anzi osservare il fenomeno opposto: forse non  è mai accaduto che due pensatori, vissuti nello stesso  tempo e nella stessa nazione, associati seppur genericamente in uno stesso indirizzo filosofico e in uno stesso ambiente storico-politico, siano stati così lontani come Gentile ed E. Alle sorgenti della formazione evoliana vi sono correnti e autori in larga parte estranei a Gentile. Manca  a Gentile il riferimento alla metafisica orientale, al pensiero tradizionale e legittimista, a Stirner, a Nietzsche,  a Bachofen, a Weininger, a MICHELSTÄDTER (si veda) e a tutta la  grande cultura mitteleuropea, a cominciare da Spengler e Junger. E manca a E. la lettura del pensiero risorgimentale, l’influenza di SPAVENTA e di MAZZINI, di GIOBERTI e  di ROSMINI, il confronto con la filosofia di Marx e con  lo storicismo, che sono invece determinanti nella formazione di Gentile. I riferimenti comuni si limitano a certi autori dell'idealismo tedesco. In E. l'idealismo è un episodio, seppure notevole,  inserito in un altro episodio, seppure importante, quale è il suo periodo filosofico. Se si prescinde dalle coordinate extrafilosofiche, si è già lontani dalla comprensione del pensiero evoliano. Inoltre, va ricordato, della filosofia evoliana si occupa CROCE ma non se ne occupa mai Gentile, che non vi  riconobbe mai alcuna parentela. E della filosofia gentiliana, E. se ne sempre occupa in chiave critica. I suoi rilievi, le sue critiche all’attualismo sono notevoli, radicali e tutt’altro che superabili. Sul piano storico, E. condanna del fascismo quel che Gentile approva o addirittura egli stesso ispira. E le distanze con Gentile non si attenuarono  nemmeno quando il vento del CONCORDATO conduce  Gentile ed E. a scontare una comune emarginazione. Come per Gentile, anche per E. il fASCISMO e inteso come una rivoluzione conservatrice, anzi una restaurazione. Ma restaurazione non della tradizione italiana esaltata dal risorgimento e dalla filosofia nazionale, come vuole Gentile, ma restaurazione di LA TRADIZIONE ROMANA  e ghibellina. Ovvero una restaurazione così radicale che finisce con l'essere una rivoluzione rispetto al passato più prossimo. Nel momento in cui E. supera Gentile in radicalismo restauratore, lo supera al contempo in radicalismo rivoluzionario. Va infine considerata l'evoluzione storico-politica del  pensiero evoliano in senso aristocratico e tradizionalista, che diverge nettamente dall'evoluzione gentiliana verso l'umanesimo del lavoro. In definitiva, se è riduttivo chiudere il pensiero evoliano nell alveo dell'idealismo, è doppiamente riduttivo e fuorviarne considerare la filosofia di E. alla stregua di un attualismo malriuscito, un tentativo velleitario di superare Gentile. In E. vi è ben altro. Per un tempo, E. è stato conosciuto come l'ispiratore dell'attivismo neo-fascista e neo-nazista. Una definizione canonica che domina nel giornalismo e nella cultura politicante, che trova la sua  giustificazione teorica in filosofi come JESI ma una definizione che ancora resiste, come dimostrano certi interventi al convegno di Cuneo sulla cultura  di destra o certe pagine di un volume collettaneo sulla destra radicale. In realtà, se vi è stato un autore di destra che più ha contribuito à scongelare il neo-fascismo dall’ibernazione nostalgica, questi è stato proprio E. Da figla prima di ogni altro filosofo, la destra  ha imparato a leggere IL FASCISMO e il nazismo in chiave critica, anche se la critica di E. ai due fascismi é pur  sempre dal punto di vista della destra, Leggendo il  fascismo di E. le sue note sul terzo reich, la sua  critica al nazionalismo e alla statolatria, al bonapartismo e al populismo fascista, al razzismo biologico e agl’isterismi del fuhrer, all'idealismo gentiliano e al sentimentalismo cristiano-borghese, conoscendo le difficoltà  che E. dove affrontare durante il regime fascista, il radicalismo di destra avverte l'esigenza di rivedere  il proprio patrimonio ideale e storico. E leggendo E., quella destra comincia a conoscere orizzonti più vasti, prospettive storiche e meta-storiche più ampie, nel tempo e nello spazio. Conosce filosofi e tradizioni che con il fascismo poco o  nulla avevano a che vedere. Si deve principalmente a  E., alle sue letture e alle sue divulgazioni, alle sue  traduzioni e ai suoi riferimenti, se quella destra conosce ampi filoni della cultura mitteleuropea, a cominciare dalla konservative Revolution, grandi pilastri della sapienza orientale, solidi pensatori legittimisti e tradizionalisti. In secondo luogo, se vi è stato un autore di destra che ha meno sollecitato l'attivismo, questi è stato proprio E. Se un limite si deve individuare nella lezione politica di E. esso è piuttosto di segno contrario: coloro che si sono avvicinati a E. si sono solitamente allontanati dall’attivismo politico. Ci si avvicina a E. alla ricerca di fondamenti per  la propria scelta politica: ma la radicalizzazione del politico è coincisa con il rigetto della politica. La lettura del pensiero evoliano ha infatti un  esito generalmente impolitico. Quando E. richiama  tradizioni lontane nello spazio e nel tempo, remote età dell'oro, inaccessibili vette del grande passato di cui  non sopravvivono più neanche tracce e vestigia, né riti  né fiaccole viventi, la tradizione finisce di essere una radice per diventare un'idea, cessa di essere una trasmissione di valori per convertirsi in una rappresentazione concettuale, si estingue come pratica viva e rituale  per ridursi a un oggetto del puro pensare. Tradizione è collegamento e qui diventa isolamento,  è apertura verso il mondo e qui diventa solipsismo, è  anello di congiunzione e qui diventa rottura con il  tempo. Quando E. definisce la tradizione una discesa dell’Individuo assoluto nella concretezza storica, priva  la tradizione del suo significato meta-storico e metafisico, riduce la tradizione o travestimento dell'io, a una  volizione del soggetto. Non vi è alcuna tradizione che  possa ricondursi a una soggettività. Ogni tradizione si  incarna e trascende i membri di una COMUNITÀ. Altrimenti tradizione non è. Quando E. ripropone la dottrina tradizionale dei cicli storici, delle quattro età, e  ci ricorda che viviamo nell'età oscura, ci conduce davanti a un paradosso insolubile. Se aderisco fedelmente alla dottrina, devo convincermi che io non posso modificare il corso metafisico delle epoche, e quindi inutile è la mia azione politica, il mio impegno nel mondo. Se viceversa penso che gl’individui possono cambiare radicalmente il corso dell'epoca, la dottrina perde il suo vigore meta-fisico e la tradizione si piega ancora una volta al soggettivismo volontaristico. Quando E. sostiene che il fascismo è stato rovinato dalla natura del popolo italiano, può avere ragione sul piano della pura teoria, ma esprime un'osservazione impolitica, riduce il fascismo a una pura categoria dello spirito, astratta dalle coordinate storiche e  temporali. La politica agisce in un dato tempo, in un dato spazio e in un dato popolo. Se si dice che il tempo,  lo spazio e il popolo sono inadatti per quell'idea si fa dell’idealismo assoluto, e si è decisamente lontani da  ogni considerazione politica. Non può esistere una politica sradicata dalla storia e dalla natura degli uomini  su cui vuole agire. Quando E. sostiene che la nostra patria non deve  essere quella sancita dalla nostra appartenenza naturale e territoriale, ma la vera patria è l’idea, riduce la patria, e la stessa tradizione, a un'essenza disincarnata. Riduce il radicamento, architrave di ogni tradizionalismo, a puro convincimento intellettualistico. Sulla scia di queste aporie serpeggia tra molti  evoliani una forma di pessimismo assoluto, una specie  di anti-provvidenza che vuole i migliori sempre perdenti, poiché il successo di un’idea, nel nostro mondo sconsacrato, è il segno del suo scadimento. Se la verità è ciò che si oppone alla storia, è fatale che la via della verità divienne la negazione della storia. Si è così  insinuata una cultura della disperazione, il mito dell’eroe perdente, del profeta inascoltato, del suicida veggente. Senza una adeguata mediazione, questi orientamenti evoliani conducono fatalmente a un esito impolitico. E conducono a quei due opposti equivoci che inibiscono oggi il rapporto tra la cosiddetta destra radicale e la politica: da un verso lo sradicamento e dall'altro l’ibernazione. Da una parte nasce il tradizionalismo immobile, che  per inseguire il soprastorico scivola nell'a-storico, il tradizionalismo chiuso a ogni forma di attivo impegno nel  mondo e dunque un tradizionalismo senza tradizione perché senza continuità effettiva. Ma dall'altra è nato il tentativo di disancorare la storia  dalla tradizione, di liberare l’impegno civile e politico  da ogni punto fermo, di emanciparsi da ogni appartenenza radicata. I due pericoli sono opposti nello sviluppo ma uniti nella genesi. Entrambi nascono dalla convinzione che vi sia  una frattura insanabile tra il mondo dei valori e il mondo dei fatti, tra l’ideale e il reale, fra la tradizione e la  storia. Partendo entrambi dalla constatazione di questa frattura, le strade poi divergono. I primi seguono la via dell’imbalsamazione, del dogmatismo e fatalmente approdano all'isola immobile dell’impolitico. I secondi scelgono la via della liquefazione, del relativismo e finiscono  poi a inseguire il successo ad ogni costo, prescindendo  dai motivi di fondo per cui il successo avrebbe un senso. I due comportamenti sono fondamentalmente contrassegnati dall'individualismo e si rivelano letteralmente schizofrenici. Nascono infatti da una dissociazione di fondo tra pensiero e atto, idea e realtà, essere e  dover essere. L'esito dei primi è segnato dall'idealismo,  con la tradizione ridotta a pura rappresentazione mentale e soggettiva, disincarnata dalle sue forme visibili,  sensibili e comunitarie. L'esito dei secondi è il nominalismo, la riduzione dei valori a strumenti di locomozione, a convenzioni e volizioni del soggetto.   In questo senso va ripensata non solo la frattura posta da E. tra i valori della tradizione e gli strumenti  della modernità. Ma occorre rimeditare anche lo iato  sancito da E. sul piano storico-politico tra rivoluzione conservatrice e ideologia italiana. Una frattura,  quest'ultima, che ha contribuito non poco a generare a  destra quel rigetto della tradizione nazionale e quella  ricerca di autori e modelli attinti da altre tradizioni e  da altri paesi. Nell'opera in cui Evola teorizza esplicitamente i lineamenti di una rivoluzione conservatrice, vale  a dire Gl’uomini e le rovine, è ribadita con forza la frattura tra ideologia italiana e rivoluzione conservatrice. Dopo aver spiegato il senso in cui si può positivamente  parlare di rivoluzione conservatrice, E. aggiunge. Pel vero conservatore rivoluzionario è questione  di una fedeltà non a forme e istituzioni di tempi trascorsi bensì a dei princìpi. Affermazione che già presenta l’insidia del puro idealismo ovvero il disancoramento della tradizione dalla storia; ma, al limite, si può ancora condividere soprattutto se si tiene conto del passaggio da una veduta integralmente tradizionalista, e  quindi fondata sulla continuità, a una veduta rivoluzionaria conservatrice, e quindi fondata sulla consapevolezza di una frattura verificatasi fra tradizione e modernità. E ancor più si può comprendere e apprezzare  il riferimento evoliano se si ha presente il contesto a cui  E. si rivolge: riferendosi agli ambienti del neo-fascismo, E. invita a non confondere la difesa di valori con la nostalgica difesa di regimi e istituzioni che non  sono più presenti. Quello di E. e un passo forse  troppo prematuro, per dissociare il mondo rivoluzionario-conservatore di destra dal puro nostalgismo. Ma E. si spinge ancora ben oltre. Egli giunge ad  affermare che la componente rivoluzionaria presente appunto nella rivoluzione conservatrice, va intesa  nel senso di fare tabula rasa della storia per lasciare il  posto alle pure idee. Grazie al carattere rivoluzionario  le forze attive «si presenteranno ad uno stato quasi puro, con un minimo di scorie storiche». E a questo E.  aggiunge: «Appunto perché l’appoggio materiale consistente in un passato tradizionale ancora vivo e concretizzato in forme storiche non del tutto scadute è da  noi inesistente, la rivoluzione restauratrice dovrà presentarsi in Italia come un fenomeno anzitutto spirituale ed avente come base la pura idea. Rispetto a quel che E. intende per tradizione, la  sua conclusione è rigorosa quanto ineccepibile. Ma altrettanto evidente è l'esito impolitico e la separazione  dalla storia che essa sancisce.   Il problema che si pone, in fondo, è questo; se si intende scegliere una strada esistenziale dissociata da  ogni impegno politico, il rigetto della ideologia italiana, e della storia italiana, è in linea di rigorosa coerenza con le idee affermate da E. e ha una sua legittimità e dignità incontestabili. Ma se, viceversa, si intende costruire una linea politica, se si intende davvero adoperarsi per una rivoluzione conservatrice, allora è  impossibile fare il vuoto intorno e dietro a sé, recidendo i ponti con la storia del proprio paese e con la realtà  del proprio popolo. Né si può disancorare, in questa seconda ipotesi, l'idea di tradizione dalla rappresentazione storica che ha avuto. Occorre allora rimeditare la storia italiana, almeno  dal Risorgimento in poi, con spirito critico, senza dubbio, ma senza apocalittici dinieghi.   Né va trascurato il fatto che talvolta, a sostenere cause che meta-storicamente si possono definire negative,  possono trovarsi uomini e ragioni che hanno intrinseci  tratti di giustezza, di nobiltà e di dignità. Uomini giusti  per cause sbagliate. Articolare i giudizi, dunque, pur  senza privarli della loro globalità, e risalire alle intime  ragioni di certi accadimenti.   In questo senso la teorizzazione evoliana di una linea  rivoluzionaria conservatrice rivela tratti di insufficienza e di carenza sul piano storico-politico. Laddove invece, nelle grandi linee metafisiche e metastoriche, il  pensiero evoliano risulta ancora di inesaurita ricchezza e fecondità. E., Gli uomini e le rovine, Roma, E., Cavalcare la tigre, Milano E., Essere di destra, in «Roma», poi in Citimi scritti, Napoli cfr., Gli uomini e le rovine, cit., Galli su E. cfr. La destra in Italia, ciLa tigre di carta  ed il drago scarlatto, Bologna.  Mancini, Il pensiero negativo e la nuova destra, Milano Cacciari, i riferimenti sono a una intervista da lui concessa a G. De Turris, Z//r-  razionale? E chi lo conosce, in «Il Settimanale», e all'articolo È una figura complessa su E., apparso sempre su «Il Settimanale». E. ha avuto un ruolo importante per la conoscenza e la diffusione  in Italia della konservative Revolution. Oltre ai suoi contributi, e ai numerosi  riferimenti sparsi nella sua opera, E. ha tradotto in Italia II Tramonto dell’Occidente di Spengler, ha introdotto Anni decisivi dello stesso autore, h a tradotto/!/ muro del Tempo di Junger (Roma) e ha scritto un’ampia sintesi  dell 'Operaio, solo per citare alcuni dei suoi contributi.  Cioran, Storia e utopia, Milano. Il riferimento è a un editoriale anonimo ma attribuito allallora direttore della rivista, padre Bartolomeo Sorge, apparso nella «Civiltà Cattolica», Il neo-paganesimo della Nuova Destra.  Imperialismo pagano, Roma Veneziani, E. tra filosofia e tradizione, Roma. A tale proposito si veda Benoist soprattutto Come si può essere  pagani?, Roma. Negri, E. e il superamento dell'attualismo in appendice a Veneziani, E. tra filosofia e tradizione. Negri si riferisce  a E. anche nel suo Sviluppi e incidenze dell’attualismo. I riferimenti a Evola di Spirito, Carlini e Sciacca sono stati raccolti da  G. De Turris in “Omaggio a E.,” Roma. Gentile non è il nostro filosofo, in Tradizione, Il filosofo Gentile, in «Il Conciliatore», (poi in Ricognizioni, Roma).  Si vedano inoltre di E. su Gentile: Saggi sull’idealismo magico, Roma; Il cammino del cinabro, e gli scritti Superamento  dell’idealismo e L'equivoco dell'immanenza raccolti in Diorama filosofico, cJesi, Cultura di destra. Il linguaggio delle parole senza idee, Milano Nuova destra e cultura reazionaria negli anni Ottanta, cit. Si  veda anche La destra radicale, Milano E., Il Fascismo visto dalla Destra. Con note sul Terzo Reich, E., Il cammino del cinabro, A proposito della teoria evoliana sulla razza è da riferire quanto emerge dai documenti segreti del terzo reich pubblicati a Roma a cura di Cospito e Neulen.  In uno scritto, una nota inviata dal dirigente dell’ufficio politico della razza  della NSDAR, Gross, al ministro tedesco per l’istruzione popolare e propaganda, E. e accusato di elaborare una teoria razziale italiana, e fondamentalmente antitedesca. Osservando che E. pone il primato dello spirito sul corpo, l’estensore della nota rileva che E. aderisce all’idea della superiorità spirituale dei popoli latini e asseconda la favola della barbarie nordica in un altra forma. Dopo aver accusato E. di teorizzare un  razzismo annacquato, privo di scientificità, antievoluzionistico, il redattore  afferma. Dalla latinità dell’autore scaturiscono concezioni che costituiscono  un atteggiamento totalmente estraneo alle visioni tedesche. Per questa ragione colpisce in molti punti la sintonia con il cattolicesimo mediterraneo e prosegue con alcuni esempi (Huttig, Berlino).  Su tale idea cfr. Gl’uomini e le rovine,  Orientamenti,  Roma. A tale proposito cfr. M. Veneziani, Prefazione all'ultima edizione di «Orientamenti», Roma, Testimonianze su E., Roma; E. e la generazione. E., Gli uomini e le rovine. The Germans do not have the concept of virility. Evola’s concept of ‘maschio’ is very complex – vir sums up best. Julius Evola. “Giulio Cesare Andrea Evola”. Keywords: romanità, virilità. pitagora, roma, origini di roma, romolo, romanità, virilità, pitagora canti d’oro, ercole, male bonding, virilita, vir, Dioscuri, castore e policce, Weininger, Buehler, homoerotic, intergenerational male bonding, tutor/tutee, hero, Aryan, European – Roma, l’implicatura di Romolo. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Evola," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Evola.

 

No comments:

Post a Comment