Teocrito (Siracusa, 315 a.C. – 260 a.C. circa) è stato un poeta siceliota, inventore della poesia bucolica.
Poco sappiamo di certo sulla vita di Teocrito.
Le conoscenze possedute
dagli stessi biografi antichi erano scarse, tanto che essi tentarono di colmare
le lacune rifacendosi alle stesse opere di TEOCRITO, come del resto usavano fare
in mancanza di altre testimonianze della vita di un autore.
Ovviamente questo
tipo di approccio non è scientifico, perché se è vero che nella scrittura gli
autori riversano sempre qualcosa di sé, è però anche vero che un'opera poetica è
prima di tutto un'opera di fantasia.
Il fatto che, ad esempio, nelle opere di
Teocrito compaiano come protagonisti pastori e contadini, non vuol dire che il
poeta abbia svolto l'uno o l'altro mestiere.
È vero, invece, che nell'opera,
anche di fantasia, sono comunque rintracciabili riferimenti a fatti storici che
permettono agli studiosi moderni di ricavare utili indicazioni
cronologiche.
Nell'idillio XXVIII Teocrito stesso ci informa di essere nato a Siracusa e
uno scolio all'idillio IV afferma che l'acme del poeta (cioè l'apice della
propria carriera poetica) avvenne nella CXXIV Olimpiade, vale a dire fra il 284
a.C. e il 281 a.C. Poiché Teocrito nomina come viva Arsinoe (che morì nel 270
a.C.), sorella e moglie del re Tolomeo (Filadelfo), e grazie ad altri accenni
nelle Siracusane, possiamo collocare la sua nascita attorno al 310. Nessuno dei
suoi carmi fa invece pensare ad una attività posteriore al 260 a.C.
Trascorse verosimilmente l'infanzia e l'adolescenza nella città natale di SIRACUSA,
dove cercò di entrare a far parte della corte del tiranno Gerone, come sarebbe
testimoniato dall'idillio XVI in cui il poeta fa le lodi, appunto, di Gerone
(probabilmente per ingraziarsene i favori).
Fallito il tentativo in patria, si mise in viaggio e si stabilì dapprima a
Cos, dove entrò in contatto con Filita e Nicia e in seguito ad Alessandria dove
trovò finalmente un mecenate in Tolomeo Filadelfo.
Da alcuni riferimenti contenuti nell'idillio XVII si ricava che il
soggiorno egiziano di Teocrito dovette avvenire fra il 274 a.C. e il 270
a.C.
Ad Alessandria, in quel momento, esisteva un vivace dibattito letterario,
animato dal poeta Callimaco, che vedeva due schieramenti contrapposti: da un
lato i sostenitori del poema tradizionale di tipo omerico e, dall'altro, i
fautori di un nuovo modo di concepire la letteratura e il fare poetico, che
fosse caratterizzato dalla brevità dei componimenti, dall'erudizione e dalla
cura formale.
Nella disputa, Teocrito prese certamente le difese del secondo gruppo, come
è dato capire, non solo dalle sue poesie, ma soprattutto dall'idillio VII, le
Talisie, in cui Teocrito fa una precisa dichiarazione di poetica in tal
senso.
Poche notizie abbiamo sull'ultima fase di vita del poeta e gli studiosi non
sono concordi.
Probabilmente viaggiò ancora, forse per fare ritorno in patria o forse per
stabilirsi nuovamente a Cos.
Non conosciamo né la data né il luogo della morte, anche se si pensa che la
morte vada collocata prima del 250 a.C.
Il lessico Suda attribuisce a Teocrito una serie consistente di opere e,
più precisamente: i poemetti Figlie di Proitos, Speranze ed Eroine, inoltre
inni, epicedi, carmi melici, elegie, giambi ed epigrammi.
Di questa vasta produzione oggi si sono conservati: 30 carmi (noti anche
col termine idilli), 20 epigrammi circa, un carme figurato (la Zampogna), 5
esametri di un'opera perduta intitolata Berenice (probabilmente un carme in
onore della moglie di Tolomeo Filadelfo).
La parte più consistente e che certamente raggiunge i più alti risultati
artistici è la serie degli Idilli.
Gli Idilli (anche detti Corpus Teocriteo, in greco antico: Ειδύλλια)
sono una raccolta di 30 componimenti in esametri.
Di questi solo 21, in dialetto
dorico e di breve estensione sono sicuramente attribuibili a Teocrito.
Si tratta
di un'opera dal contenuto vario.
Un gruppo tratta d'argomento bucolico, genere
di cui Teocrito è ritenuto l'inventore.
Un altro è costituito dai cosiddetti
mimi, cioè scene e dialoghi di vita quotidiana; altri sono di argomento
mitologico (epilli).
Vi è un inno ai Dioscuri, la cui peculiarità è la presenza
di una sticomitia di tipo tragico.
Altri infine contengono spunti ed accenni
personali e sono generalmente ritenuti spuri.
Teocrito iniziò probabilmente la
composizione degli Idilli in seguito al primo viaggio, fatto a Cos, e decise di
continuare nella sua opera dopo aver assistito al dibattito ad Alessandria,
iniziato da Callimaco, sull'importanza della nascita di un nuovo genere che
possa abbandonare gli schemi classici, più propriamente omerici e che si possa
far portatore di un nuovo metodo di composizione, caratterizzato dalla brevitas
e dal labor limae.
Il corpus Teocriteo in esametri si può dividere in Idilli, Mimi, Epilli.
Fra questi particolare importanza riveste il componimento detto Talisie.
L'idillio VII chiamato Talisie è divenuto celebre perché in esso Teocrito
racconta della propria investitura poetica.
Un gruppo di amici tra cui
Simichìdas (dietro il quale si nasconde la persona di Teocrito) si sta recando
in città sull'isola di Cos per prendere parte alla festa delle Talisie. Durante
il tragitto vengono avvicinati da un pastore-cantore di nome Lykìdas (un membro
del cenacolo poetico che si raccoglieva intorno a Filita di Kos) Dopo un agone
poetico nel quale Simichìdas canta un elogio dell'amore efebico e Lykìdas canta
il mondo pastorale, quest'ultimo cede il proprio bastone a Simichìdas; dietro a
questo atto si nasconde l'investitura poetica di Teocrito.
M.Puelma ha messo in
luce il tono fortemente omerizzante con cui viene introdotta la figura di
Lykìdas.
Il personaggio è infatti caricato di una misteriosa aura soprannaturale
e risulta essere per metà divino e per metà pastore. Da un lato la sua epifania
ricorda molto quella delle divinità olimpiche in Omero dall'altro viene
descritto in maniera realistica nell'abbigliamento.
Gow ha rintracciato in
questo ritratto una somiglianza con l'investitura esiodea del prologo della
Teogonia spiegando che l'aureola del "divino" posseduta da Lykìdas è funzionale
all'investitura poetica stessa.
Teocrito è considerato il meno artificioso e il più spontaneo dei poeti
ellenistici.
Certo c'è in lui un sentimento più vero e immediato, un amore più
genuino per la vita agreste, ma questa spontaneità è a volte solo
un'impressione, dovuta alla brevità e leggerezza delle poesie, alla scelta dagli
argomenti, alla rappresentazione di un mondo cittadino o borghese, della vita
quotidiana vista con realismo, dei sentimenti analizzati soprattutto nelle
sfumature, nelle pene e tristezze d'amore.
Teocrito è in realtà un poeta dotto e il suo amore per la natura è più
riflesso che spontaneo, cioè è nostalgia di un mondo ormai soffocato dalla vita
convulsa della città, è un mondo di pastori che ad un tratto abbandonano il
linguaggio rozzo e parlano con finezze e citazioni dotte.
Tuttavia le descrizioni vaste e serene, il realismo, la vivacità dei caratteri umani, il buon gusto, la raffinatezza e il senso della misura nell'idealizzazione della natura salvano Teocrito dal manierismo e ne fanno un poeta vero. La fortuna di Teocrito fu immensa; Virgilio s'ispirò a lui nella stesura delle Bucoliche; egli infatti riprese da Teocrito soprattutto i contenuti e gli aspetti bucolici, stravolgendone però la forma e la presentazione. Ma troppo spesso gli imitatori caddero nella falsità (come l'Arcadia settecentesca) creando un mondo di damerini travestiti da pastori.
Note
1.^ Dal greco εἰδύλλιον, poemetto (letteral. quadretto, dimin. di εἶδος, immagine). Il nome indica il tipo di componimento, di estensione relativamente breve e ambientazione arcadica; in seguito, il termine assumerà per antonomasia il significato attualmente attribuitogli.
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Ειδύλλια di Teocrito' in Progetto Gutenberg.
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