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Tuesday, July 15, 2014

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

Speranza

        
« La storia della progressiva ascesa di Roma [...] è un miracolo unico nella storia dell'umanità. È naturale che anche la sua vita culturale abbia seguito vie non paragonabili con quelle di altre civiltà »
(Ettore Paratore, Storia della letteratura latina, 1962)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La storia della letteratura latina inizia convenzionalmente intorno al 240 a.C., con la prima rappresentazione di una fabula ad opera di Livio Andronico.
 
 
La letteratura latina solitamente viene suddivisa nei seguenti periodi[3]:
 
I) -- periodo delle origini, dal 753 a.C. (fondazione di Roma) al 241 a.C. (fine della prima guerra punica tra Roma e Cartagine);
 
 
III) periodo aureo o "classico" o di transizione dalla Repubblica all'Impero, dal 78 a.C. al 14 d.C. (morte di Caio Giulio Cesare Ottaviano); tale periodo viene suddiviso a sua volta in:
 
 
 
IIII-C) periodo imperiale o argenteo o "post-classico", dal 14 al 550 (legislazione di Giustiniano); tale periodo viene suddiviso a sua volta in[5]:
 
---- III C - i età dell'alto Impero, dal 14 al 68 (morte di Nerone);
 
----- III C -- ii -- età dell'alto Impero, dal 69 al 117 (morte di Traiano);
 
---- III C -- iii. età del medio Impero, dal 117 al 192 (morte di Commodo);
 
----- IIII C --- iv -- età del basso Impero, dal 192 al 395;
 
------ III C -- v -- età della divisione in due Imperi e fine dell'Occidente, dal 395 al 550;
 
----- III C vi. letteratura cristiana, dal II al VI secolo;
 
------ III C vii. letteratura latina medievale;
 
------ III C -- viii. letteratura latina umanistica;
 
------- III C -- ix -- periodo della Controriforma, dal XVI al XVIII secolo;
 
------ IIII C -- x letteratura latina moderna e contemporanea, dal XIX secolo ai giorni nostri.

 


La cultura latina viene convenzionalmente divisa in due fasi principali:

a) una fase anteriore all'influenza greca, iniziata con la guerra tarantina (272 a.C.), ed

b) un'altra fase posteriore a questo evento[1].

La civiltà romana, tuttavia, anche se posta in una zona marginale rispetto alla penisola greca ed alle isole dell'Egeo, fu influenzata culturalmente dai greci fin dalla sua nascita.

La civiltà greca, infatti, manteneva il predominio culturale su gran parte della penisola italica e influenzò in vari aspetti gli etruschi, popolazione italica che dominava politicamente il centro della penisola.

I primi cinque secoli della storia romana furono caratterizzati dalla conquista dell'Italia centrale e meridionale, dalla creazione di istituzioni politiche, religiose e giudiziarie[8] ma anche da una produzione letteraria anonima e tramandata oralmente, con scopi pratici e occasionali.

Per questo fu definita preletteraria.

Questa produzione consiste in forme poetiche abbozzate, senza alcun intento letterario, scritte in un latino rozzo e primitivo.

La loro importanza è dovuta all'influenza che esercitarono sulla letteratura posteriore, specialmente in determinati ambiti quali

-- il teatro
-- l'oratoria e
-- la storiografia.

 

Dopo una fase preletteraria, identificata tradizionalmente con il periodo che va dalla fondazione di Roma (753 a.C.), al 240 a.C. con Livio Andronico si ebbe la nascita vera e propria di una letteratura latina a Roma.

La letteratura latina poté, infatti, nascere solo quando Roma ebbe il sopravvento sull'intera Italia peninsulare, e quindi su molte città della Magna Grecia, che furono inglobate insieme alla loro cultura ellenistica (vedi guerre pirriche).

In effetti le forme della letteratura latina sono per la maggior parte derivate da quella dei Greci.

Non a caso il grande poeta Orazio descrive il momento storico di passaggio dall'età prelettararia a quella letteraria grazie all'influsso dei Greci, come segue:


« Graecia capta ferum victorem cepit et artes
intulit agresti Latio. sic horridus ille
defluxit numerus saturnius, et grave virus
munditiae pepulere, sed in longum tamen aevum
manserunt hodieque manent vestigia ruris
»











« La Grecia vinta conquistò il fiero vincitore romano e introdusse le arti
nel Lazio agreste. Così quell'orrido verso
saturnio scomparve e la finezza
sostituì la pesante rozzezza; ma nel lungo scorrere del tempo
rimasero, e ancora oggi restano, ricordi del carattere agreste. »
(Orazio, Epistulae, II, 1.156-160.)

 

Il periodo aureo, chiamato anche classico o di transazione (dalla Repubblica all'Impero), dura dal 78 a.C. al 14 d.C. e viene suddiviso in periodo ciceroniano (o età cesariana) e periodo augusteo.

 

« Così Roma gettava le basi dell'opera forse più duratura e importante della sua storia: la civilizzazione dell'Occidente »
(Ettore Paratore, Storia della letteratura latina, 1965[9])
La morte di Silla è l'evento che sembra chiudere un'epoca storica per aprirne un'altra, inizialmente caratterizzata dalla brama di potere degli optimates che scatenò numerose reazioni in tutto il territorio sottomesso da Roma[10].

Il periodo compreso tra il 78 a.C. ed il 43 a.C. fu caratterizzato da un clima rovente e da un ambiente in cui spiccarono le figure di Sertorio, Spartaco, Mitridate, Lucullo, Catilina, Cicerone, Pompeo, Crasso e Giulio Cesare, il grande condottiero che incoraggiò la fusione fra i romani conquistatori e le popolazioni soggiogate.

Fu un'epoca in cui si presentarono grandi novità, sia in ambito civile che letterario.

I grandi modelli della letteratura e dell'arte greca, infatti, vennero assimilati e rielaborati in modo tale da essere adeguati alla sensibilità ed alla spiritualità del tempo.

Il contrasto tra vecchio e nuovo spesso si notò anche nello spirito e nell'opera di uno stesso autore.

Marco Terenzio Varrone detto Reatino (116 a.C.-27 a.C.), definito da Francesco Petrarca il terzo gran lume romano[11] e da Marco Fabio Quintiliano vir Romanorum eruditissimus (l'uomo più erudito fra i romani), rappresentò il più grande consuntivo della civiltà romana tradizionale, basata sull'osservanza del mos maiorum.

VARRONE fu autore, inoltre, di un'analisi della società a lui contemporanea, intrisa di turbinose vicende politiche e di decadenza morale, nella sua opera più caratteristica, i 150 libri di Saturae Menippeae.

Varrone fu un autore molto eclettico.

Le sue opere (circa 74 in 620 libri) sono raggruppabili in

-- opere storiche
-- opera antiquarie
-- opere di storia letteraria
-- opere di storia linguistica
-- opere didascaliche
-- opere di creazione artistica.

Tuttavia, ci sono pervenuti solamente alcuni libri del

"De lingua latina"

e i tre libri del De re rustica.


Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.), l'autore da cui prende nome questo periodo, fu una delle più complesse e ricche personalità del mondo romano, dominatore della cultura, del pensiero e dell'arte di un'epoca gloriosa[12].

Manifestò la difesa della tradizione politica e culturale dell'età precedente attingendo e rimodernando spunti e teorie da diversi campi della civiltà ellenica, con nuova ricchezza dei mezzi espressivi[13].

Considerato dai contemporanei il re del foro[14] e da Quintiliano l'exemplum (il modello) a cui si doveva ispirare chi studiava eloquenza[15], Cicerone, grazie alla sua notevole produzione letteraria (insieme a Varrone, l'autore più fecondo della romanità[16]), alla sua abilità nell'oratoria, alla sua espressione retorica ed al suo ideale di humanitas (basato su un'idea di cultura legata ai più autentici valori umani e sulla dignità della persona[17]), segnò un'orma incancellabile nella storia della lingua latina[18] e si propose come coscienza critica per l'uomo di ogni tempo[17].

 

« Roma era ormai matura per diventare anche la metropoli culturale del mondo civile: la guerra d'Azio, soggiogando Alessandria al suo dominio, consacrava anche questa sua nuova funzione »
(Ettore Paratore, Storia della letteratura latina, 1965[19])
Allo sforzo politico di Augusto si affiancò l'elaborazione in tutti i campi di una nuova cultura, di impronta classicistica, che fondesse gli elementi tradizionali in nuove forme consone ai tempi. In campo letterario la rielaborazione del mito delle origini di Roma e la prefigurazione di una nuova età dell'oro trovarono voce in

-- Virgilio
-- Orazio
-- Livio
-- Ovidio e
-- Properzio, all'interno del circolo dei letterati raccolto attorno a Mecenate.

L'età di Augusto è considerata uno fra i più importanti e fiorenti periodi della storia della letteratura mondiale per numero di ingegni letterari, dove i principi programmatici e politici di Augusto erano appoggiati dalle stesse aspirazioni degli uomini di cultura del tempo.

Del resto la politica a favore del primato dell'Italia sulle province, la rivalutazione delle antiche tradizioni, accanto a temi come la santità della famiglia, dei costumi, il ritorno alla terra e la missione pacificatrice e aggregante di Roma nei confronti degli altri popoli conquistati, furono temi cari anche ai letterati di quell'epoca.

Lo stesso Augusto fu un letterato dalle molteplici capacità.

Augusto scrisse in prosa e in versi, dalle tragedie agli epigrammi fino alle opere storiche.

Di lui ci rimane il resoconto della sua ascesa al potere ("Res Gestae Divi Augusti"), dove viene messo in evidenza il suo rifiuto di contrastare le regole tradizionali dello stato repubblicano e di assumere poteri arbitrari in modo illegittimo.

 

Il periodo argenteo va dal 14 (anno della morte di Augusto) al 550 (Corpus Iuris Civilis di Giustiniano).

 


Il filosofo stoico Seneca. Fu uno dei letterati più importanti di questo periodo. Egli non scrisse solo opere filosofiche (i dialoghi, i trattati...) ma anche delle epistole, un'opera satirica e diverse tragedie, oltre a qualche epigramma.

In questo periodo i rapporti tra letterati e imperatori non sempre furono ottimi. Basti pensare alla vita del filosofo stoico Seneca.

L'imperatore (Caligola lo voleva uccidere, Claudio lo esiliò (e Seneca si vendicò prendendosi gioco di lui nella satira Apokolokyntosis) e Nerone (che era stato pure suo allievo) lo condannò a morte per aver congiurato contro di lui).

Si pensi anche all'Imperatore Domiziano, che perseguitò letterati e filosofi, i quali furono ben felici quando il tiranno morì e venne sostituito dai buoni principes Nerva (96-98) e Traiano (98-117), che restaurarono l'antica libertas.

I due nuovi imperatori furono infatti esaltati da scrittori e poeti, che condannavano invece la tirannia di Domiziano -- per esempio

-- Plinio il giovane nel Panegirico di Traiano e
-- Tacito nella prefazione dell'Agricola.

Mentre il teatro latino conobbe un periodo di decadenza (l'unico autore teatrale di rilievo fu Seneca con le sue tragedie), altri generi (come la satira e la storiografia latina) attraversavano un periodo di splendore.

La satira, genere che si prendeva gioco con il risum delle persone che si comportavano male, attraversò un periodo di grande splendore con grandi autori come Persio e Giovenale.


Anche la storiografia conobbe grande successo con autori come Tacito.

La storiografia rientra in un certo senso nel genere encomiastico, nel senso che, narrando le conquiste territoriali fatte dai romani nei secoli e nei decenni precedenti, si esaltava la grandezza di Roma.

Ciò non significa però che gli storiografi latini non criticassero talvolta per il loro atteggiamento i romani e i loro imperatori, soprattutto i tiranni. Gli storiografi latini spesso si ispiravano alle opere di Sallustio, soprattutto nella scelta selettiva degli avvenimenti da raccontare.

La filosofia ebbe come suo maggiore esponente il filosofo stoico Seneca, mentre l'oratoria attraversò un periodo di decadenza.

Secondo l'oratore Quintiliano (autore tra l'altro dell'Institutio oratoria, la formazione dell'oratore) ciò era dovuto al fatto che non c'erano più buoni insegnanti e per riprendersi da questa decadenza bisognava ritornare a Cicerone, da lui considerato il più grande oratore e in quanto tale il modello da prendere ad esempio.

Per Tacito invece la decadenza dell'Oratoria era dovuta all'istituzione del principato.

Infatti ciò che alimentava la "fiamma" dell'oratoria erano le lotte politiche: ora che il potere è di uno solo e non vi sono quindi più lotte politiche, l'oratoria necessariamente è decaduta.

Un altro genere importante della letteratura di questo periodo è l'epistolografia.

Tra le epistole più celebri del periodo argenteo ricordiamo quelle di Seneca e Plinio il giovane.

Le epistole di Seneca vennero scritte negli anni conclusivi della sua vita, quando, abbandonata la vita politica, decise di dedicarsi alla vita contemplativa, ed erano indirizzate a Lucilio, amico dello scrittore e governatore della Sicilia.

Seneca in queste epistole tenta di insegnare a Lucilio come raggiungere la virtù, cosa che egli stesso, come afferma proprio nelle epistole, non è ancora riuscito ad ottenere.

Inoltre, Seneca in queste epistole tenta di convincere (con successo) l'amico a abbandonare la vita politica e a dedicarsi alla vita contemplativa.

Le epistole di Plinio il giovane sono epistole letterarie (cioè scritte appositamente per la pubblicazione) e tentano di rispettare la varietas degli argomenti per non annoiare il lettore.

I primi nove libri descrivono la vita quotidiana a Roma, mentre il decimo e ultimo è molto importante per gli storici, perché contiene il carteggio tra Plinio (all'epoca governatore della Bitinia) e l'imperatore Traiano.

In questo periodo si diffuse il romanzo, che era un genere letterario di origine greca.

Il primo autore di romanzi di rilievo fu Petronio, che forse sipuò identificare con il celebre "arbitro dell'eleganza" dell'età di Nerone.

Egli scrisse il Satyricon, un romanzo che si basava sull'interesse amoroso di Encolpio verso il giovane Gitone, parodiando in questo modo i romanzi greci che narravano spesso di storie d'amore.

Altro autore di rilievo fu Apuleio, autore delle Metamorfosi, un romanzo che narra la storia di un giovane che viene trasformato in asino e per tornare normale deve mangiare un particolare tipo di rose.

 

Convenzionalmente il periodo "tardo-antico" si fa cominciare dall'inizio del IV secolo (ascesa di Costantino) ma, dal momento che per buona parte del III secolo (anarchia militare, avvento di Diocleziano e divisione dell'Impero) si possono riscontrare "in nuce" i tratti che caratterizzeranno i secoli seguenti, non è errato considerare la seconda parte del III secolo come inizio di quel periodo che gli storici definirono "tardo antico".

Soprattutto è ormai da rigettare completamente il giudizio di valore per cui tale epoca debba essere definita come un periodo di "decadenza". Le correnti storiografiche più moderne (e non solo) hanno dato piena dignità a tale periodo storico rilevandone i tratti di continuità con le epoche precedenti e definendone i caratteri distintivi, che fanno di quest'epoca un periodo di transizione di estrema importanza per la storia europea successiva.

Alla fine del IV secolo, e per molti secoli a venire, Roma è ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica, definitivamente sancita già in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di comunicazione. È il caso dello storico greco-siriano Ammiano Marcellino, che decise, dopo un lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove morì attorno all'anno 400. Nella Città Eterna scrisse il suo capolavoro Rerum gestarum libri XXXI, pervenutoci purtroppo in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli).
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio Claudiano (nato nel 375 circa), adottò il latino nella maggior parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione, nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio, Lucano, Ovidio ecc.) e greci (Omero e Callimaco). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo dimenticare il gallo-romano Claudio Rutilio Namaziano, che nel suo breve De reditu (417 circa) rese un vibrante e commosso omaggio alla città di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella su terra di origine, la Gallia.

L'ultimo grande retore che visse ed operò in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano Simmaco spentosi nel 402.


Le sue Epistulae, Orationes e Relationes ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, così ben rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscitò la violenta reazione del cristiano Prudenzio che nel suo Contra Symmachum stigmatizzò i culti pagani del tempo. Prudenzio è uno dei massimi poeti cristiani dell'antichità. Nato a Calagurris in Spagna, nel 348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al già citato Contra Symmachum, è autore di una serie di una serie componimenti poetici di natura apologetica o di carattere teologico fra cui una Psychomachia (Combattimento dell'anima), una Hamartigenia (Genesi del Peccato) ed un Liber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).


Con letteratura latina medievale si intende un periodo della storia della letteratura latina, seguito alla caduta dell'Impero romano e caratterizzante la produzione latina occidentale tra il 476 e il 1350.[21][22] La lingua latina ha accompagnato tutto il percorso del Medioevo come strumento linguistico per la scrittura, non solo letteraria. Controverso il momento di piena distanza, nel parlato, tra neoformati volgari e latino quale lingua d'uso, probabilmente già pienamente romanzo intorno al VI-VII sec (da considerare anche l'ampia produzione di scripta in lingua latina in aree mai realmente latinizzate quali la Gran Bretagna o L'Irlanda).

 

 

 

Note

  1. ^ a b Ettore Paratore, 1962, op. cit., 2.
  2. ^ Giancarlo Pontiggia-Maria Cristina Grandi, 1996, op. cit., 10.
  3. ^ Ettore Paratore, 1962, op. cit., 1.
  4. ^ Secondo Marco Terenzio Varrone.
  5. ^ Benedetto Riposati, 1965, op. cit., XIII-XIV.
  6. ^ Ettore Paratore, 1962, op. cit., 3.
  7. ^ Ettore Paratore, 1962, op. cit., 3-4.
  8. ^ Gaetano De Bernardis-Andrea Sorci, 2006 I, op. cit., 7-12.
  9. ^ a b Ettore Paratore, 1962, op. cit., 161.
  10. ^ Benedetto Riposati, 1965, op. cit., 197.
  11. ^ Trionfo della Fama, III, 37-39.
  12. ^ Benedetto Riposati, 1965, op. cit., 279.
  13. ^ Ettore Paratore, 1962, op. cit., 163.
  14. ^ Gaetano De Bernardis-Andrea Sorci, 2006 III, op. cit., 351.
  15. ^ Marco Fabio Quintiliano, Institutio Oratoria, X 1, 109-112.
  16. ^ Benedetto Riposati, 1965, op. cit., 284.
  17. ^ a b Gaetano De Bernardis-Andrea Sorci, 2006 I, op. cit., 857.
  18. ^ Ettore Paratore, 1962, op. cit., 236.
  19. ^ Ettore Paratore, 1962, op. cit., 164.
  20. ^ Luciano Perelli, Storia della letteratura latina, Torino 1979, pp. 175-177.
  21. ^ Il periodo delle origini si fa risalire anche al 337 d.C.
  22. ^ Le date sono puramente indicative.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • Ettore Paratore, Storia della letteratura latina, 2ª ed., Firenze, Sansoni Editore, 1962.ISBN non esistente
  • De Bernardis Gaetano, Andrea Sorci, SPQR - volume 1 - Dalle origini alla crisi della Repubblica, Palermo, Palumbo Editore, 2006, ISBN 978-88-8020-607-1.
  • De Bernardis Gaetano, Andrea Sorci, SPQR - volume 3 - Dai Giulio-Claudi alla fine dell'Impero, Palermo, Palumbo Editore, 2006, ISBN 978-88-8020-609-5.
  • Giancarlo Pontiggia, Maria Cristina Grandi, Letteratura latina. Storia e testi, 1996, Milano, Principato, ISBN 9788841621882.
  • Benedetto Riposati, Storia della letteratura latina, Milano-Roma-Napoli-Città di Castello, Società Editrice Dante Alighieri, 1965.ISBN non esistente

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