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Monday, November 4, 2024

Grice e Zuccante

  !). r GIUSEPPE ZECCANTE   Professore di Storia della Filosofa  nella R. Accademia scientifico-letteraria di Sfilano     /    LA STORIA DELLA FILOSOFIA    E I RAPPORTI SUOI     lt 0 M A   TIPOBRAFIA DELLE TERME DIOCLEZIANE DI O. BALBI  Via della Mercede, N. 28-29 .    1896                                                 La storia della Filosofia e i rapporti suoi colla storia delia  coltura e della civiltà    I.   Saluto questa illustre città, esempio mirabile di vita  intensamente operosa in tutti i campi, nelle industrie  non meno e nei commerci che in ogni maniera d’istitu¬  zioni sociali e politiche, nelle lettere e nelle arti non  meno che nelle scienze. Italiano o straniero, nessuno può  dimorare anche per poco a Milano, senza ammirare, non  dirò, le sue vie, i suoi giardini, i suoi templi, i suoi  teatri, le sue scuole, i suoi istituti scientifici, i monu¬  menti innalzati ai suoi grandi, le officine e gli stabili-  menti immani, i segni esterni insomma di un’attività  prodigiosa ; ma più di tutto le sorgenti intime di quest’at¬  tività, le qualità peculiari di un popolo forte e serio,  per cui il lavoro è una seconda natura e il tempo è da¬  naro ; per cui la vita non vale la spesa di essere vis¬  suta, se non è rivolta al proseguimento di un fine alto  e degno ; di cui tutti gli sforzi cospirano a ciò : prov¬  vedere ai bisogni della vita materiale e alla ricerca della        4 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI   prosperità economica, ma non dimenticare i bisogni più  elevati dello spirito e soddisfarli anzi nella misura più  larga.   Modesto lavoratore, ma diligente e coscienzioso, io  non potevo, o Signori, desiderare campo più adatto alla  mia attività che questa nobile città, che di lavoratori è  piena, e di lavoro è insieme esempio ed eccitamento. E  quando questa vostra Accademia, che è come il centro  della operosità letteraria e scientifica di Milano, mi fece  l’onore di chiamarmi alla cattedra di storia della filo¬  sofia, esultò l’animo mio. Esultò, ma fu preso insieme  da sgomento. Quest’Accademia, lo so bene, ebbe in ogni  tempo insigni maestri, e ne ha tali anche oggi che ono¬  rano da soli una città e una nazione, e non posso io,  conscio come sono della mia pochezza, non trovarmi a  disagio in siffatta compagnia. D’altra parte i due che mi  precedettero di recente nell’insegnamento che assumo  oggi) hanno lasciato tale traccia di sè, o per vigoria d’in¬  telletto e risorse inesauribili di critica e di polemica, o  per genialità larga di studii e di parola, ch’io mi sento  anche più da poco al loro confronto, e tutta comprendo  la gravezza del compito a cui mi sobbarco. Ma l’esem¬  pio loro mi soccorra, o Signori, e il vostro favore non  m’abbandoni; e se è vero che ognuno, e specialmente  chi non è vecchio, fecondi e moltiplichi le proprie forze  nell intima società di uomini insigni, mi giova sperare  che aneli io sentirò moltiplicate le mie qui, dove splende  tanta luce di scienza, e che, a questa cooperando anche  in minima parte, mi mostrerò non indegno della fiducia  di cui mi onoraste chiamandomi a questo posto.      Colla storia dulia l'oltura e delia civiltà.    D    IL    Ciò che dà l’impronta ad un secolo e ne forma come  la caratteristica, voi ben lo sapete, o Signori, è non  tanto il tesoro effettivo delle sue cognizioni, delle sue  invenzioni e scoperte, quanto piuttosto la via che segue  per giungere ai risultati a cui giunge, il modo con cui  si rappresenta la natura e la vita, lo spirito che intornia  e vivifica le sue ricerche.   Ora del secolo nostro spirito informatore e abito men¬  tale, a cosi dire, è il concepire la natura e la vita stori¬  camente ; il rappresentarsi i fenomeni o morali e sociali,  o biologici e fisici, come una continua evoluzione, come  dipendenti gli uni dagli altri, come determinantisi reci¬  procamente in una sempre maggiore eterogeneità e com¬  plessità attraverso a differenziazioni successive. Scienza  dei fatti vuol dire oggidi storia dei fatti ; ogni maniera  di scienza si può dire abbia assunto la forma storica ;  tutto il movimento scientifico contemporaneo è essen¬  zialmente storico. Mentre nel secolo passato, in gian  parte, si avea rinunziato ad ogni criterio storico e tra¬  dizionale, e con principii generalissimi e coi dati della  ragione astratta si pretendeva ricostrurre la scienza, la  religione, l’arte, la vita civile e sociale (il grande moto  della Rivoluzione francese è come l’attuazione pratica di      (j LA STORIA Di:LI.A FILOSOFIA K I RAPPORTI SUOI   questa tendenza), nel secolo nostro si riconobbe che fuori  della storia non v’ha salute, che la storia non solo ci  conserva il passato ed è la scuola migliore per l’avve¬  nire, ma è addirittura la forma, a dir cosi, della vita e  della civiltà. E già incominciando dalle scienze morali e  sociali, prime ad assumere la forma storica, come quelle  che s’occupano di fatti che più chiaro presentano il ca¬  rattere dello svolgersi e formarsi progressivo, questo spirito  storico andò a mano a mano propagandosi alle scienze  stesse naturali, sicché oggidì non solo, ad esempio, la filolo¬  gia classica, la linguistica, la scienza del diritto, quella  delle religioni, l’economia, la letteratura e l'arte stessa  hanno un fondamento essenzialmente storico, e metodo e  procedimenti storici ; ma metodo e procedimenti storici  hanno anche la geologia, la cosmologia, la biologia; poiché  nella prima alla vecchia teoria degl’improvvisi cataclismi,  dei subitanei rivolgimenti, delle creazioni ex nihilo , s’è so¬  stituita quella delle lente e graduali trasfonnazioni della  crosta terrestre e quindi d’una vera storia del nostro  pianeta; e nella seconda l’idea, divinata dal Kant e ri¬  dotta a teoria dal Laplace, d’una graduale formazione  del sistema solare da una materia diffusa, tiene oramai  il campo ; e nella terza finalmente veniva a mano a mano  perdendo terreno la dottrina del Cuvier sulla stabilità  delle specie, e vi domina sovrana ora l’idea che, già di¬  vinata dal Kant, dall’Herder e dai Gfoethe, assumeva, col  Lamark e col Darwin specialmente, il valore di teoria e  scoperta scientifica, sulla trasformazione delle specie, sul¬  l’evoluzione graduale e progressiva degli organismi vi¬  venti.     COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.    7    Scienza della natura è oramai storia della na¬  tura, anche secondo il concetto dell’Haeckel, che al¬  l'opera sua dava il nome di « storia naturale della crea¬  zione » ; scienza dello spirito è storia dello spirito. Come  le faune e le flore si studiano nelle loro filiazioni e nei  loro svolgimenti, cosi ogni scienza si studia nella filia¬  zione e nello svolgimento dei suoi prodotti. La dottrina  dell’evoluzione che è come l’anima di tutta quanta la  coltura scientifica moderna, ha contribuito più che altra  mai a diffondere questo spirito storico, che è diventato, a  dir cosi, una cosa sola con essa.    III.    Conformemente a questa tendenza cosi spiccata che  mostra il secolo nostro per lo storicismo, anche la filosofia  è diventata una scienza essenzialmente storica. Per ve¬  rità non mancano anche oggi tentativi di costruzioni fi¬  losofiche, fatte quasi in odio ad ogni spirito storico, ad  ogni critica anclie rudimentale dei sistemi ; ma sono casi  isolati, avanzi di tendenze antiscientifiche non ancora  appieno scomparse, prodotti di cervelli, acuti anche, se  si vuole, ma chiusi ad ogni altra idèa, che non sia quella  del sistema o della chiesuola, e destinati perciò ad avere  la vita d’un giorno. Siamo ben lontani oggi dal tempo in  cui Cartesio, isolandosi nella riflessione individuale, escla¬  mava che « non vole\ r a neanche sapere se c erano stati        P I,A STORIA DELIA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   degli uomini prima di Ini », Quel suo disdegno pei il  passato, quel suo proposito fermo di attingere solo alle  sorgenti del proprio spirito, come se altri spiriti prima  di lui non fossero stati, era giustificato da una naturale  reazione contro l’autorità degli antichi, che dominava  esclusiva nel medio evo; ed era forse necessario a pie-  parare i tempi nuovi e a fare che l’uomo nuovo, acqui¬  stando una nobile ed alta coscienza di sè, cimentasse cosi  le proprie forze nell’acquisto dei nuovi veri. Oggi più che  il proposito del Cartesio giova rammentare quello del  Leibnitz, che, pur non disconoscendo la necessità della  speculazione originale, voleva che questa s innestasse, per  cosi dire, sul vecchio, e chiamava perciò in suo aiuto la  storia (1).   E in realtà le dottrine filosofiche hanno vita e si  propagano o per somiglianza e imitazione, o per oppo¬  sizione e contrasto; sicché in ogni caso il presente è fi¬  glio del passato e padre dell’avvenire. Una filosofia per¬  tanto che faccia astrazione dalla sua storia, è presso a  poco senza fondamento ; un pensiero che s’isoli volonta¬  riamente da tutto ciò che l’ha preceduto, vaga d’ordi¬  nario nel vuoto, e riesce a delle stranezze. Come potrebbe  un problema filosofico essere affrontato convenientemente,  se non se ne conoscessero tutti i lati e gli aspetti, se  non si conoscesse come vi si è affaticato attorno lo spi-   (II Noucea.v Essai, livro 1, cb. 1, « I.a véiité est plus rppan-ìiie  qu’on ne penso ; mais elle est souvent affaiblie et mutile. En faisnnt  remarquer le* traces de la veii-écliez Ics anciens, on tirerait l'or de la  boue, le diamant de la mine, et la lumière dcs ténébres: et ce serait  perenni* quaedam philoxophia ».      ‘t    COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.   rito umano in ogni tempo, e quali furono i tentativi  fatti per scioglierlo? Soltanto nei passato si può trovale  la ragione del presente e ravviamento per l’avvenire.  Mentre le altre scienze possono fino a un certo punto  prescindere dalla loro storia, della filosofia invece è parte  integrante la sua storia. Gli è che la filosofia e la sua  storia hanno in fondo il medesimo oggetto; lo spirito  che riflette su se stesso e vuol comprendere se stesso.  Ciò che ogni individuo, colla riflessione filosofica, scopre  in sè, la storia della filosofia ce lo fa trovare, come in  un’immagine ingrandita, nelle dottrine che si sono suc¬  cedute attraverso i tempi (1).   Non a torto il Wundt lamenta che chi si pone  a filosofare si creda troppo spesso sciolto dall’ob-  bligo di conoscere la storia della filosofia (2); e noi dal  canto nostro lamentiamo che una scuola pur nobilissima,  il Positivismo, che ha reso servigi segnalati alla scienza  e alla filosofia, e che, fondandosi sul concetto dell’evo¬  luzione, dovrebbe per ciò stesso tener conto della storia,  la trascuri invece, o non la curi a sufficienza, latta  qualche rara eccezione, massimamente in Italia, sotto  pretesto che quasi tutto il passato è un tessuto di dot¬  trine vane e fallaci, sogni metafisici di cui non giova oc¬  cuparsi; e che solo il presente, il presente positivistico,  è degno di studio. Invece tutte le dottrine sono degne di  studio ad un modo, o Signori, come quelle che, rappresen¬  tando varii momenti della vita storica dello spiiito,   (t) Fouillèe. — HUloire de la Philosophie. Paris. Delagrave, 1895, p. II.   (2) Philonophic und WisscnirliaSt in Essays, 1385.         10 la storia della filosofìa f« i uaì’ì'ort! suoi   sono egualmente necessarie a rivelarne l’intima natura;  ed ogni esclusivismo è perciò contrario alla scienza e  impedisce la nozione vera dell’oggetto della filosofia.   Le altre scienze hanno anch’esse una loro storia; ma  riguarda più che altro il succedervisi delle ipotesi e delle  teorie, l’affermarvisi di cognizioni nuove e di nuove idee  alla luce di nuovi fatti, i rivolgimenti fecondi portativi  da divinazioni d’intelletti geniali, gli arresti improvvisi  dovuti a tristizia di tempi o d’uomini e cosi via. Sicché  questa storia, a cosi dire, esteriore, nulla, o ben poco, ha  che fare coll’oggetlo delle scienze stesse; e può anche  fino a un certo punto essere ignorata dallo .scienziato.  Egli sarà per questo meno dotto, meno erudito; ma non  sarà meno acuto, meno profondo, meno conoscitore della  materia sua, meno scienziato per questo. Gli è che nelle  scienze è sempre la forma ultima quella che vale; le pre¬  cedenti, scalzate dall’ullima, non hanno alcun valore, e   11 conoscerle può importare all’erudito, importa mediocre¬  mente allo scienziato. Come volete che un fisico, in pos¬  sesso di tutti i trovati della fisica moderna, collo spirito  imbevuto delle nuove idee e dottrine, abbia bisogno, per  far avanzare anche di più la scienza sua, di sapere come  la pensavano, ad esempio, i Caldei intorno a un dato fe¬  nomeno? Egli sa già che contraria al vero è ogni altra  idea e dottrina, che non sia quella confermata dai re¬  centi studi, dalle recenti esperienze; e perciò o non se  ne cura, o se ne cura appena quel tanto che basti a sod¬  disfare una legittima curiosità: a lui preme sovratutto  assicurarsi del presente; perchè il presente solo è scienza,  e da questo solo può prendere le mosse alla conquista di  nuove idee, di nuove cognizioni.     li    COLLA. STOICI A DELLA COLTURA E DELI.A C1NIL1A.   Nulla di tutto questo in iilosofìa. TI progredire di  questa non sta in un continuo accrescersi di cognizioni  positive, nel giungere a risultati ben saldi e definitivi,  nel risolvere i problemi che si pongono, e nel porne di  nuovi clic si risolveranno allo stesso modo; ma piuttosto  in un continuo rifarsi da capo, però con una coscienza  a mano a inano ] iit chiara e comprensiva del problema  speculativo; non nel risolvere definitivamente questo pro¬  blema. ma nel porlo via via con maggior sicurezza e cor¬  redo d'esperienza, sovratutto poi nel conoscere sempre  meglio i metodi che ne prepareranno la soluzione e nel-  l’acquistare via via maggiore abilità ad applicarli. Ciò  vuol dire che altri non potrà avere una chiara nozione  dell’oggetto della filosofia, se non ne conosce la storia;  che anzi la filosofia trova, per cosi dire, se stessa nella  sua storia, la quale è perciò, come dicevamo, parte inte¬  grante di quella, e insieme di quella generatrice e fon¬  damento (1).   IV.   Non già che la filosofia stia tutta quanta nella sua  storia, come altri ha sostenuto, e che nulla si deva la¬  sciare all’iniziativa individuale. Come non è bene che  l’uomo si i li, si chiuda in un pensiero tutto individuale  ed estraneo alla storia, cosi non è bere che niente pensi  di per sò e ripeta soltanto cose dette da altri ; è deplo¬  revole egualmente il soverchio d’originalità, in filosofia si-   (t) Chiappelti. — La Ctltura «lorica e il rinnocamente della filotojla,  r . 38, in Sanai e Note Critiche, Bologna, Zanichelli, 1895.    12 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   nonimo di stranezza il più delle volte, come l’assenza di  originalità e il sostituire all’invenzione la compilazione.   La storia della filosofia impertanto, nel tempo stesso  che ci dà una chiara nozione della filosofia e del formarsi  e svolgersi progressivo del suo oggetto attraverso i tempi,  deve anche eccitare in noi quello spirito di ricerca e di  scoperta, senza cui saremo bensì uomini dotti, biblioteche  ambulanti, pieni la testa d’idee e pensieri altrui, ma  mancanti affatto d’iniziativa, inetti a muovere un passo  senza che gli altri c’indichino il cammino.   C’e un indirizzo oggidì nel campo delle scienze morali  e sociali, che per esser meglio scientifico, per esser meglio  positivo, per fondarsi meglio sui fatti, per poco non fi¬  nisce col ricondurre l’uomo al passato, coll’arrestare ogni  progresso, sotto pretesto che non trova nessuna giusti¬  ficazione nei fatti; col rendere l’uomo un automa culi an¬  tesi nella contemplazione di ciò che fu e vietante a se  stesso ogui aspirazione, ogni ideale d’avvenire.   Ma questo è un falso storicismo, o Signori, non è lo sto¬  ricismo sano e fecondo, di cui abbiamo parlato prima; è un  empirismo vuoto e pernicioso, che ci dobbiamo ben guardare  d’introdurre negli studi di storia della filosofia. Il pensiero  umano, come del resto la vita dei popoli e degl’individui,  non è una specie stabile, non è qualche cosa di rigida¬  mente fisso e permanente; è qualche cosa invece che si  forma e diventa incessantemente; e in questa sua evolu¬  zione ha bisogno del passato sicuramente, ma per  prendere da esso le mosse, per mettersi, partendo da  questo punto, per vie nuove, intentate ancora. For-  sechè la storia perde del suo valore, se può fornire      COLLA STORIA DELLA COLTURA È DELLA CIVILTÀ. 13   qualche utile insegnamento? Ma se fu chiamata in ogni  tempo maestra della vita! Forsechè perde della obbietti¬  vità e serenità che deve avere, se altri può trovarvi un  eccitamento al peusare e all’agire? Ma se la narrazione  schietta e sincera dei fatti non può non produrre un ec¬  citamento negli animi, se la verità ha una sua forza mo¬  trice speciale, che in nessun modo è possibile contenere!  A che servirebbe il passato, se in ogni caso dovesse la¬  sciarci freddi e indifferenti, se per null'altro si dovesse  ricercare e disseppellire, che per soddisfare una vana cu¬  riosità? Il passato non ha valore se non in quanto svegli  in noi forza ed attività, se non in quanto cessi di esser  passato e si trasformi, per cosi dire, in carne e sangue  nostro, sangue che vivifichi questa nostra vita moderna.   Ben sappiamo che ci sono nel passato delle forme  caduche, destinate a tramontare coll'ambiente che le ha  generate ; e non a queste certamente chiederemo quella  vita che non hanno; ma c’è anche e si produce nel tempo  qualche cosa che ha in sè una vitalità immortale, de¬  stinata perciò a rivivere perpetuamente sotto forma nuova  nella coscienza umana ; e a questa chiederemo di com¬  piere l’ufficio suo nella storia; questa cercheremo che,  sorgente di vita, non cessi mai di distribuire e fecon¬  dare la vita. Voi sapete, o Signori, della lampada che  là nelle feste Panatenee si trasmetteva di mano in mano;  ebbene che il passato si trasmetta a noi nello stesso  modo, sicché la fiaccola della vita mai non si spenga,  ma splenda anzi e fiammeggi di luce nuova e più intensa.   Come mancheremo perciò ai dettami di un metodo  rigorosamente scientifico, come ai precetti della critica    f    14    i,\ sooma OKT.U filosofia k i rapporti suoi    storica; come ci si accuserà (li poca serenità eil obbiet¬  tività, se alcuni pensamenti di lilosofi, notevoli per ori¬  ginalità e vigoria, per felice coerenza e connessione lo¬  gica, per una certa tal quale divinazione dell’avvenire,  additeremo ai giovani come degni di essere studiati e  ammirati, sicché anche in loro si svegli l’aculeo della ri¬  cerca e della scoperta, e non rimanga quindi senza frutto  questa grande eredità del passato? « Poiché i grandi filo¬  sofi, scriveva Pascal, non si sono serviti delle invenzioni  che loro sono state lasciate, che come di mezzo per averne  di nuove, e questo felice ardimento ha aperto loro il  cammino alle grandi cose, noi dobbiamo prendere quelle  che essi ci hanno lasciato nello stesso modo, e, seguendo  il loro esempio, farne il mezzo e non il fine del nostro  studio, e cercare cosi di sorpassarli imitandoli » (1).   Anche nel campo del pensiero, o Signori, e non soltanto  in quello dell’azione ci sono gli eroi; ebbene, comeaccendono  a grandi cose gli eroi dell'azione e l’esempio loro è  seme elio frutta abbondantemente, e cosi siano a noi  stimolo ed eccitamento quelli che l’Hegel con frase felice  chiamava gli croi del pensiero nella storia, i grandi fi¬  losofi. Stimolo cd eccitamento a sorpassarli imitandoli,  secondo il detto del Pascal; poiché chi .s’arresia alla sem¬  plice imitazione e riproduzione del pensiero altrui, e non  lo rifa in se stesso, e non vi aggiunge del suo, fa opera  vana, e quasi quasi, nel moto incessante che affatica il  mondo degli spiriti e delle idee, si direbbe che si pro¬  ponga stoltamente d’arrestarlo ad un tratto. Gl’individui    (1) l)c Vanloritc cu matih'c . cit. p. IV.     22 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   fiumi, come i torrenti e gli umili rigagnoli del sapere ;  si potrebbe dire clie tutto essi assorbauo l’ambiente in¬  tellettuale dell'epoca in cui vivono. Ma come il mare, se  assorbe in sè fiumi e torrenti, è pur quello in fondo che  dà vita a fiumi e a torrenti, cosi i grandi filosofi, figli  del loro tempo, esercitano anche sulle intuizioni scienti¬  fiche e sulla coltura generale del loro tempo un’efficacia  poderosa, sebbene latente spesso e inconsapevole. Chi vor¬  rebbe negare, ad esempio, che le dottrine filosofiche dello  Spencer costituiscano in qualche modo l’ambiente intel¬  lettuale del tempo nostro, sicché tutti, anche quelli che  le ignorano, purché non sprovvisti affatto di coltura, ne ri¬  sentono l’influenza e quasi l’assorbono, a dir cosi, coll’a¬  ria che respirano ? Della critica kantiana chi non sa  quale poderoso moto d’idee abbia suscitato in Germania  al suo apparire, e come anche ora, dopo tanto lasso di  tempo, il vecchio Kant torni più vivo di prima alle menti  de’ suoi connazionali, sicché filosofi e scienziati insieme  vanno a gara nel rinverdirne i principii e le dottrine fon¬  damentali ? Non occorre rammentare poi che dalla scuola  dello Schelling uscirono insigni naturalisti ; dalla scuola  dell’Hegel insigni storici ; dalla scuola dell’Herbart va¬  lenti cultori delle discipline antropologiche e pedagogiche;  e che in generale non c’è stato filosofo e pensatore di  vaglia, die a questo o a quel ramo del sapere non abbia  contribuito a dare indirizzo nuovo, o certamente vigoria  e forza nuova.   Senza dire che oggi specialmente il nesso tra la fi¬  losofia e la scienza s’é fatto anche più stretto che non  fosse in passato. Già gli scienziati, fisici e biologi spe-     COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA OIV-ILTX.    23   cialmente, vanno a mano a mano persuadendosi che i con¬  cetti loro devono cimentarsi alla stregua d’una severa  critica della conoscenza. E l'Helmholtz fin dal 1855 in  una sua « Lesione sulla vista » (1) accennava alla ne¬  cessità d’una critica fìlosuiìca delle cognizioni sperimen¬  tali, e nel 1878 in un discorso che ha per titolo « Il peti’  siero nella medicina » (2), tornava sullo stesso argo¬  mento affermando che « a quel modo che l’anatomista,  giunto che sia a toccare i limiti della potenza ottica del  suo microscopio, deve rendersene conto, cosi è obbligo  d’ogni scienziato studiare esattamente il vaio) e e l’ufficio  del massimo di tutti gli strumenti, di cui egli si serve,  il pensiero umano. » E più esplicitamente ancora in un  suo discorso del 1879 « I fatti nella percezione » (3)  dopo avere accennato che il problema della conoscenza  è quello in cui s’imbattono, muovendo da due parti op¬  poste, la filosofia e la scienza naturale, concludeva che  in fondo l’nna e l’altra hanno l’obbligo di esaminarlo,  sebbene ciascuna da un punto di vista suo proprio. D’al¬  tra parte il Wundt in uu suostudio « Sul problema  della filosofìa nel tempo presente » (4) scrive « che più  o meno consapevolmente s’è fatta strada nell’animo di  tutti l’opinione clm nella scienza dei corpi non si de¬  vano più solo descrivere e collegare fra loro i fenomeni,  ma si tratti oramai di penetrarne il fondo ; onde è chiaro   (1) Contenuta nell’opera * P-rpn'ii-e risia mia miche Vortrii/e ».   (2) « Pas Peniteli in dar Medi-in ».   (3) « P'e T'O tsachea in d'r Wahrnahmung ».   (■]) « Veher die An/gabe dar Phdosophie in. dee Gegencart. »  I.i iprip, 187 X.         24 LA STOKIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   che cosi la scienza riconosce esser suo obbligo il dar  mano a comprendere filosoficamente l’unità della natura ».  E non solo, egli continua, « i singoli rami delle varie  dottrine sperimentali si sporgono verso la filosofia. La stessa  base astratta della scienza naturale, la Matematica, non  è andata esente dai segni del nostro tempo » (1).   VI.   Da quanto s’è detto risulla adunque che storia della  filosofia vuol dire largamente storia del sapere e della  coltura in generale. Non già che tutte le idee siano idee  filosofiche, e che lo scienze siano una cosa sola colla filo¬  sofia. Ma tutte le idee hanno la loro più alta espressione  nella filosofia, come tutte le scienze hanno in ultimo il  loro fondament i nella filosofia. A non ripetere quello che  s’è detto or ora sui rapporti delle scienze naturali colla  filosofia e sulla necessità che quelle hanno di sottoporre  ad una critica assidua i concetti direttivi dell’esperienza,  che le renda atte ad una larga sintesi della natura ; a  non insistere su cose già note, che i concetti di spazio,  di tempo, di numero, di quantità ecc., su cui costruiscono  il loro edificio le matematiche, sono concetti essenzial¬  mente filosofici, e cui spetta alla filosofia discutere lar¬  gamente ; su che cosa si fondano la morale, il diritto, la  politica, e in genere le scienze sociali, se non su quei  concepimenti riguardanti la natura dell’uomo e della so¬  ci) Cfr. il mio « Problema della conoscenza nell'Empirismo contem¬  poraneo » noi Sa^gi filosofici p. 156-157, anche per le necessarie ci¬  tazioni.       COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 2o   cietà, da cui la filosofia non può prescindere e che sono  anzi suoi proprii ? Xon è vero che la morale e il diritto  hanno questo o quell’indirizzo, secondo che l’uomo si con¬  cepisce essenzialmente egoista, o altruista, secondo che  è l’utilità od il dovere il movente supposto delle azioni?  Gl’Inglesi non riescono a persuadersi che l'uomo non sia  in ogni caso indotto ad agire da motivi egoistici, non  riescono a persuadersi che debba determinarsi ad agire  indipendentemente dalle conseguenze utili o dannose che  dalle sue azioni può aspettarsi ; e perciò concepiscono  una moralità pratica e positiva fondata esclusivamente  sull’utile e sull’interesse ; nè diversamente si comportano  in rispetto al diritto e ai resto delle scienze politico-so¬  ciali, penetrate anch’esse tutte quante da cotesto concetto  d’utilità. I Tedeschi, meno pratici, più idealisti, essen¬  zialmente metafisici, concepiscono invece una moralità  fondata sur una legge categorica ed assoluta, che impone  all’uomo il dovere di fare il bene per il bene, indipen¬  dentemente da qualunque vantaggio gli possa derivare;  e questo concetto della moralità estendono anche all’or¬  dinamento giuridico e all’ordinamento economico della  società; sicché, come osserva il Trendelenburg, c è la  tendenza in Germania a dare un fondamento etico aldi¬  ritto naturale, e quella non meno spiccata a fondarsi  sovratutto su considerazioni etiche e morali per proporre  delle riforme all’organizzazione economica della società  presente (1). E l’Individualismo e il Socialismo, le due  teorie sui rapporti dello stato cogl’individui che si con¬  fi) Trendelenburg Naturrccht auf (lem Grande der Ethik, Leipzig  1860. Cfr. Carle La Vita del Diritto. Torino, Bocca, 1890, p. 650.     *>G LA STOIUA DELLA FILOSOFIA e I RAPPORTI SUOI   tendono il campo oggi, su che cosa si fondano in ultimo  che su concetti essenzialmente filosofici, riguardanti la na¬  tura dell’uomo e della . ocietà? L’Individualismo si potrebbe  assomigliare in gualche maniera all’Atomismo. A quel modo  che l’Atomismo nel mondo fisico considera l’universo come  la risultante di un numero infinito di atomi, che, spinti  da una loro intima energia, si combinano diversamente  cosi da produrre quella immensa varietà di cose esistenti  e coordinate fra di loro che dicesi natura, senza che al¬  cuna idea preconcetta presieda a questa combinazione;  così anche l’Invidualismo considera la società umana come  il risultato del reciproco accomodarsi degl’individui, atomi  sociali, che, spinti dai proprii bisogni, dalle proprie ten¬  denze, da influenze naturali, si combinano diversamente  ira loro, dando luogo a quegli aggiogati, che, tribù dap¬  prima, si trasformano poi per via di successive evoluzioni  in stati e nazioni. E anche qui nessuna idea preconcetta  presiede a quest'opera di successivo aggregamento ; tutto  proviene da una forza intima inerente agli stessi individui,  che aggregandosi costituiscono la società (1). E siccome  gl'individui, secondo questa dottrina, sono essi la realtà  vera, mentre la roe : età non è in fondoche un’astrazione,  non devono perciò esser a-sorbiti da questa, non devono es¬  serle in alcun modo sacrificati ; devono essere lasciati liberi  nello svolgimento della propria persona; devono essere, non  contrariati, neanche diretti nelle loro iniziative, ma abban¬  donati ad esse ; sicché per questo modo si abbia, secondo  vagheggia lo Stuart-Mill, quella varietà e ricchezza di    (1) Carle. — Op. cit., p. 523-523.      COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.    27    temperamenti, di caratteri, di opinioni e di condizioni so¬  ciali, che rompe la monotonia della convivenza civile e  forma uno dei migliori ornamenti della medesima (1). Tutto  al contrario il Socialismo. Il Socialismo nou parte dal  fatto concreto dell’individuo ; parte dall’idea dell’ente so¬  ciale e collettivo, e vuole atteggiare gl’individui all’in¬  tento proprio di questo tutto. Mentre per 1 Invidualismo  la società è come un organismo fisico che si svolge, a  dir cosi, meccanicamente sotto l’impulso di una forza  intima e latente, per il Socialis.no la società è un orga¬  nismo morale che nel suo svolgimento si propone e deve  proporsi di attuare un fine, un ideale offerto dalla ra¬  gione. Il Socialismo non lascia perciò agl’individui il libero  governo di se stessi, non lascia gl’interessi individuali in  balia alla libera concorrenza, come fa lTndividualismo,  ma vuole disciplinare questi e quelli secondo una norma  prestabilita, mirando per questa via a un’organizzazione  sociale, in cui tutti gl’interessi possano coordinai^ in una  mirabile armonia. L’Individualismo vieta allo stato ogni in¬  gerenza nelle iniziative individuali, e vorrebbe ridurne  l’azione alla sola tutela dei diritti e alla repressione del  male, se pure non vorrebbe distruggerne addirittura ogni  azione, considerandola come male peggiore di ogni male  e preferendo, come fa lo Spencer, che i mali sociali  siano lasciati alla vis naiurae medicatrix; il Socialismo  confida nel potere sovrano dello stato, e ne vuole l’in¬  tervento in ogni caso a mettere in atto questo o quel-   (1) Le idee dello Stuart Miti sull’argomento sono contenute sovrat-  tutto nell’opera « La Libertà * e nell’altra « Il Gocerno rappretentatico ».       28 J.A STOMA DEM,A FILOSOFIA E I RAPFOKTI SUOI   l’ideale di organizzazione sociale, con cui si possa re¬  care x’iraedio effettivo ai mali che affliggono la società  umana, ed ottenere la moralità ed il benessere (1). L’In¬  dividualismo s’attiene più che altro ai fatti; il Socialismo  all’idea ; l’uno si connette col Positivismo, l’altro coll’I¬  dealismo ; l’uno si svolge in Inghilterra, il paese classico  del Positivismo ; l’altro in Germania, il paese classico  dell’Idealismo ; l’uno ha a suoi principali rappresentanti  il Bentham, lo Stuart Mill, lo Spencer, strenui campioni  della filosofia dei fatti, del Positivismo; l’altro, a non par¬  lare che dei più recenti, ha propugnatori efficaci e  poderosi il Marx ed il Lassalle, ambedue ferventi se¬  gnaci dell’Hegel, il grande idealista, di cui adottano  spesso il linguaggio metafisico e le forinole astruse,  e al cui idealismo appartiene quell’alto concetto dello  stato, accettato nelle sue conseguenze pratiche dal  socialismo tedesco, per cui esso è come la ragione perma¬  nente e la personifìcazionc vivente dello spirito assoluto.   VII.   Tutto questo basta, credo, o Signori, a provare che il  pensiero e l’idea filosofica è come il sostrato naturale d’ogni  dottrina sociale, e poiché le dottrine sociali tendono a  tradursi nei fatti, è anche ciò che pervade e penetra  tutta quanta la vita dei popoli.   Pare esagerazione alfermar ciò ? Parrà esagerazione  agli osservatori superficiali non avvezzi a rendersi conto    (1) Calle — Oji. eit„ p. 551-552.        I.A STORIA. DELLA FJLOSOeiA li I SUOI lì APPORTI 29   delle riposte cagioni dei fatti; non parrà agli altri che  queste riposte cagioni ricercano, e per cui il fatto è in¬  dice sempre d’un’ idea.   Lo studio delle speculazioni filosofiche, delle forme  del pensiero pare talvolta trasportarci ben lontano dalla  realtà, in un mondo ideale, quasi chimerico, che nulla  abbia che fare col mondo reale in cui si vive e si opera.  Il vero è però che questo studio ci mette ben addentro  nella realtà, ce ne fa penetrare, per cosi dire, il segreto.  Non si può spiegare il movimento senza conoscere il  pensiero che lo dirige e governa; non si può spiegare  l’azione senza conoscere l’idea che si è volata attuare  con essa, e che fu quindi la sua causa motrice. La storia  delle azioni non si può intendere interamente che per  la storia delle idee.   C’è chi ostenta un superbo fastidio delle idee, e non  crede degna di studio altra cosa che i fatti. Ma le idee  sono fatti essi stessi sott’altra forma ; e d’altra parte  possiedono un loro potere, una loro forza speciale, per  cui tendono a tradursi in atto. Un’idea che s’impadro-  nisca d’uno spirito, non lo lascia in pace un istante, e  lo trae anche suo malgrado a operare. Furono fatti studii  notevoli, voi lo sapete, sull’impulsività dell'idea; l'Ardigù  nostro ha pagine importanti sull’argomento e nella Psi¬  cologia e nella Morale ; il Fouillée in Francia ha una  vera dottrina su quelle ch’egli ha chiamato idee-forze.  E le idee sono forze non solo in quanto agiscono su indi •  vidui isolati ; le idee sono forze più che altro in quanto  agiscono sull’intera comunità ; le idee sono forze indivi¬  duali e collettive. Ci sono fatti che si presentano come    30 L A STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI   effetti di esplosioni momentanee, isolati quasi nel tempo ;  in realtà furono preparati a poco a poco dal lavorio  dell’idea. L’idea è come la goccia d’acqua che scava len¬  tamente il masso; o, se mèglio vi piace, come quei germi  che, infrodottisi di soppiatto nell’organismo, v’iniziano un  vero lavoro di trasformazione. Si potrebbe capire la rivo¬  luzione francese senza conoscere quel moto poderoso d’idee  che l’ha preparata? Si potrebbe capire la rivoluzione  nostra, se ignorassimo tutto ciò che dai suoi precursori  s’è fatto nel campo del pensiero ? Gli è che accanto alla  storia esteriore, alla storia dei fatti, c’è sempre la storia  interiore, la storia delle idee ; nè l’una può stare indi¬  pendentemente dall’altra. Si parla oggi tanto, e a buon  diritto, d’ambiente e della necessità di conoscerlo per  spiegarci interamente ciò che vi accade. Or bene, c’è sol¬  tanto un ambiente fisico, o non anche un ambiente morale  e sociale, un ambiente storico, diremo noi, che importa  conoscere per ispiegarci la storia ? E quest’ambiente sto¬  rico da qual altra cosa è costituito che dalle idee che  vi dominano ?   Delle vitali attinenze fra le grandi correnti del pen¬  siero e i fatti della vita sociale ci dà incontestabili te¬  stimonianze la storia. Dottrine che sembrano le più lon¬  tane dalla vita reale, che si direbbero campate in aria,  quali il Platonismo e lo Stoicismo, hanno esercitato la  più benefica influenza morale in epoche di profonda dis¬  soluzione e precorso e preparato il più grande rivolgi¬  mento sociale che rammenti la storia, il Cristianesimo :  dal Neopitagorismo e dal Neoplatonismo derivò la più  gagliarda opposizione al Cristianesimo invadente e il        31    COLLA. STORIA DELLA COLTURA K DELLA 01\ 1LTÀ.   tentativo <li Giuliano l’apostata di ripristinare la reli¬  gione greca : le speculazioni di Sant'Agostino sul peccato  originale e sulla grazia misero capo alla riforma e alle  guerre di religione : le astratte dottrine della scolastica,  negli ultimi anni del medio evo, s’intrecciarono, per opera  dell’Occam specialmente, colle più vive controversie poli¬  tiche fra l’impero e la chiesa ; e la distinzione, anzi la  rottura d’ogni legame fra teologia e filosofia che l’Occam  cosi gagliardamente sosteneva, faceva riscontro a quella  sua polemica contro i papi in favore dell indipendenza  dello Stato: Molinisti e Giansenisti, le cui controversie  agitarono per tanto tempo la .Francia e che ebbeio parte  cosi notevole nei suoi destini, furono il frutto naturale,  sebbene lontano, delle speculazioni filosofico-religiose di  Sant’Agostino e Pelagio : l’Illuminismo, di cui è nota l’ef¬  ficacia poderosa esercitata, in Germania specialmente,  sulla religione, sulle dottrine giuridiche e politiche, su  quello spirito di riforma che invase studiosi e filosofi,  popoli e principi nella seconda meta del secolo A.VIII,  e a cui son dovute le riforme di Federico 2°, di Giuseppe  2°, e d’altri regnanti minori specialmente in Italia, e in  ultimo anche la rivoluzione francese, fu la conseguenza  del razionalismo del Leibnitz e più ancora del \\ olf ap¬  plicato alla vita pratica, nonché delle dottrine degli In¬  glesi, specialmente del Locke, che si diffusero ed ebbero  il loro effetto maggiore in Francia, dove le tendenze  dell’ Illuminismo presero un carattere più risoluto e più  aperto, e giunsero, dapprima nei libri, poi nella vita,  alle estreme conseguenze. Non palliamo poi dell’efficacia  che il pensiero speculativo d’un uomo esercitò talora diret-     i32 LA STOIUA. DPLLA FILOSOFIA K 1 KAI'POKTl SUOI   tamente sulle sorti d’un popolo. I « Discorsi alla nazione  tedesca » del Fichte, pubblicati nel 1808, mentre ancora  Berlino era invasa dai Francesi e Napoleone era on¬  nipotente in Germania, risvegliarono l’abbattuta coscienza  nazionale ed eccitando vivamente la gioventù, prepara¬  rono le giornate di Lipsia ; le pagine del Primato e del  Rinnovamento di Vincenzo Gioberti, questo emulo di  Fichte troppo dimenticato, prepararono gli animi al ri¬  scatto della patria nostra.   Vili.   Che dire poi dei rapporti tra la filosofia e la religione?  La religione è una specie di metafisica spontanea ; ciò  che le religioni comprendono allo stato di credenza istin¬  tiva, la filosofia comprende sotto la forma di conoscenza  ragionata ; in fondo ad ogni religione c'è l’idea e il prin¬  cipio filosofico ; ogni moto religioso è come pervaso e  penetrato dal pensiero speculativo, latente, se si vuole,  avvolto, per cosi dire, e quasi nascosto nelle pieghe del  sentimento, ma non meno certo ed efficace per questo.   Corre tra queste due forme della vita umana, la filo-  safia e la religione, lo stesso rapporto che tra le due  funzioni fondamentali dello spirito, la ragione e il sen¬  timento ; e come non è possibile disgiungere queste,  cosi non è possibile disgiungere quelle ; non è possibile  delineare le vicende della religione senza indicare i pro¬  gressi della filosofia ; non è possibile riandare la via  percorsa dal pensiero religioso, senza riandare insieme  quella del pensiero filosofico. Dirò anzi che per certi        COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 33   popoli, come per esempio gl’indiani, i Persiani, i Chi-  nesi, gli Egizi, gli Ebrei, la religione è quasi tutta la  loro filosofia, e nei libri sacri, non altrove, deve essere  ricercato il pensiero loro intorno a Dio, all’ uomo, alla  natura e a quei problemi fondamentali, che soltanto piu  tardi e presso altri popoli furono argomento delle di¬  scussioni di filosofi propriamente detti.   D’ altra parte i grandi sistemi metafisici hanno an-  ch’essi qualche cosa di solenne, di sacro, di sovranna¬  turale quasi ; furono paragonati a grandi epopee ; si  potrebbero fors’anche, non senza ragione, paragonare a  grandi costruzioni religiose. Un grande poeta, 1’ Heine,  ha messo in rilievo questo che di miotico e religioso che  è proprio dei metafisici, allorquando scriveva del più  arido fra questi, lo Spinoza : « la lettura dello Spinoza  ci colpisce come l’aspetto della grande natura nella sua  calma vivente ; è una foresta di pensieri alti come il  cielo, le cui cime fiorite s’agitano in movimenti ondula¬  torii, mentre i loro tronchi ben fermi affondano le loro  radici nella terra eterna ; si sente nei suoi scritti spirare  un soffio che vi commuove in una maniera iudifinibile ;  si crede respirare l’aria dell’avvenire» {De l'Alemagne).   Ed è naturale che sia cosi ; la religione e la metafisica  s’aggirano in fondo nella medesima sfera ; non è il mondo  dei fatti, della realtà quello di cui s’ occupano 1’ una e  l’altra; è un mondo che trascende i fatti e la realtà ;  anche la metafisica, al pari della religione, sebbene per  vie diverse, ricerca quelle ragioni ultime dell’ uomo e  delle cose, che non possono venir date dall’osservazione  ed esperienza sensibile. So bene che questa ricerca delle     34 LA STORIA DELLA FIIOSOFIA e I RAPPORTI SUOt   ragioni ultime è condannata coinè vana illusione e che  si considera come perduto il tempo che vi si consacra ;  so che si tenta di guarirne lo spirito, come d’una malat¬  tia pericolosa; ma, tanto, la malattia è cronica oramai  e lo spirito, credo, non riuscirà a liberarsene.   D’altra parte è giusto che l’importanza delle ricerche  si misuri solo dal successo ? Cercare senza speranza non  è insensato, nè volgare, osserva il Ribot ; si può intrav-  vedere, se non trovare. La vera nobiltà dell'intelligenza  umana non sta tanto nei risultati che ottiene, quanto  nel line che si propone e negli sforzi che fa per rag¬  giungerlo. Se la Metafisica non riuscirà mai a scoprire  le lagioni ultime delle cose, se non troverà mai la chiave  dfcll’nniverso, rimarrà però sempre un tentativo nobilis¬  simo sull’ignoto di tutti gli spiriti curiosi ed attivi ; e  non dovesse rendere all’ intelligenza altro servizio che  quello di agitarla e tenerla sveglia di continuo, di sol¬  levarla al di sopra d’ uno stretto empirismo, mostran¬  dole che 1’ esperienza non è tutto, che tutto non è  neppure la scienza, che anche le idee, e non i fatti  soltanto, hanno valore, che anche le ricerche sono pre¬  gevoli e non solò le scoperte, le renderebbe sempre un  servigio eminente (1).   Certo, e 1’ abbiamo ammesso anche prima, 1' ufficio  principale della filosofia intesa come metafisica, o mètem-  pirica che dir si voglia, sta oggi nell’unificare e siste¬  mare il sapere, nel rivederci principii e i risultati delle  singole scienze, coordinandoli e armonizzandoli ; certo,   (1) Ribot — Psgchologie augluite contenifiorui'ie, 3“ eJiz. Pari*,  Germor Bailliére, 1881 latro I. p. 21 22.      COMA STORIA OKU.A COLTURA K OKLLA ©VILTÀ   . • -    35    COLL* STURI \ —   essa - IT* S0PratU “° ri " e a dtm,aMnI   zioni delle scienze « pei m comuni, che   vate e «sfocate dall. nuova l-e-dee ^ ^   divengono cosi l’anima e^g » (1). Ma la   tiene e si accresc f l’unico alimento   scienza non basta all'uomo ; non form ^   anche a   L’intelletto non „ c la volontà reclamano   sentimento in ^^“^Sefecoltà non s’arrestano nei  la loro parte. E <1 esse oltrepassano   ° T SVarlicao dove cono appianate lo oca-  mmÌ ° • f onesto e d’onde attinge vigoria di propo-   traddiziom di questo, le sue visioni nella   Siti ad attuare, almeno largano   guerà ma, d cona „ist. piena dell' i •   U quelli che io interno e nei-   Cr,^^azionidV;e^c^ = “   ideale “^“^“^“Lzi a un perchè che sfugge,  rir;» -, come nelle pii, alte della coscienza,   minngo, 1894, p. !'•       ot) LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   in quelle energie poderose onde nell’universo è moto, è  vita, è senso, è pensiero ; perfino nei fatti più semplici  e famigliari, nei rapporti più elementari.   Ora può la filosofia disinteressarsi di tutto ciò? può  la filosofia trascurare queste altre tendenze dello spirito  umano ? Gli antichi volevano che la filosofia spiegasse  insieme ed appagasse le varie tendenze dello spirito, e  che tosse di questo l’espressione più nobile e più ade¬  guata ; ebbene, perchè non avrà anche oggi questo com¬  pito ? perchè le si vorrà impedire di essere ancora quello  che era già « la scienza della verità, l’arte della vita,  il fondamento della virtù »? (1). Il Tyndall, l’illustre  scienziato, discorrendo nel 1874, davanti all’Associazione  britannica per il progresso della scienza, dell’evoluzione  storica delle idee scientifiche, usciva in queste parole  memorande: « Se lo spirito umano, quale pellegrino che  sospira al remoto focolare, vuol rivolgersi al mistero  ond’è uscito, e cerca come modellare in una sola imma¬  gine il pensiero e la fede, purché s’accinga a siffatto  tentativo non solo senza intolleranza o bigotteria, ma  riconoscendo che non si tocca quaggiù l’estrema perfe¬  zione e che ogni età deve essere libera di plasmare il  mistero d’accordo coi suoi proprii bisogni ; allora, a di¬  spetto di tutte le restrizioni del materialismo, io affer¬  merò essere questo il campo sul quale le facoltà crea¬  tive dell’uomo, diversamente dalle sue facoltà conosci-   (1) 1 ale era la filosofia j.er gli antichi secondo il Uertini. — La  JìloaoJìa onera prima di Socrate , p. 18.       COLLA. STOIllA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 37   tive, potranno essere nobilmente esercitate » (1). E,  non meno esplicitamente del Tyndall, il Wundt che,  scienziato eminente, tentò la costruzione di un sistema  su base largamente scientifica, assegna alla filosofia il  compito di ordinare le cognizioni varie per modo che  rimangano soddisfatte insieme le esigenze della ragione  e del sentimento.   Non mi dilungherò più oltre in quest’ argomento  che non tratto di proposito ; toccando dei rapporti della  filosofia colla religione io avevo soltanto per iscopo di  mostrare anche per questa via la grande efficacia pratica  di quella sulla vita dell’umanità, e quindi l’importanza  della sua storia nella storia generale.   IX.   La quale importanza è anche dimostrata per un altro  verso : le attinenze della filosofia colla letteratura e col¬  l’arte in genere, la corrispondenza che è quasi sempre fra  i varii indirizzi letterarii e le correnti del pensiero, fra le  forme, le concezioni e le scuole artistiche e i sistemi fi¬  losofici. Trasportiamoci per un momento coll'immagina-  zione a quell’epoca tanto gloriosa per la letteratura francese,  che é il secolo XVII, il secolo di Luigi XIV. In questo  tempo è la filosofia cartesiana che tiene il campo, la fi-   (1) h'Ecolution hitturique det idées scientijlques. — Discourspre-  sìdentiel de M. Y. Tyndall à l’Association Britannique pour 1’ avance-  ment dea Sciences. — Cours scientifìques 19 settembre 1374. II, 12,  p. 265.        38 la Stoma dìclla filosofia e i rapporti suoi   losofia per cui la natura non è che una macchina inerte,  un sistema di ruote e di congegni, senz’attività, propria,  specie di fantoccio nelle mani di Dio. Ebbene, la natura,  priva di vita com’è, non parla nessun linguaggio agli  uomini di questo tempo. Mentre il poeta moderno ascolta  il misterioso battito della vita universale, essi non ascol¬  tano che un secco e monotono tic-tac d’orologio, essi  non s’abbandonano alla natura ; non trovano in essa tur¬  bamento o conforto ; non avvertono alcuna analogia tra  i moti dell’anima loro e quelle infinite parvenze onde si  manifesta la vita nelle cose ; non simpatizzano con la  natura, non le danno valore e significato, o, se le danno  un significato, è quello solo d’un freddo simbolo, rap¬  presentando essa ai loro occhi il complesso delle cause  finali, che concorrono alla dimostrazione di Dio, supremo  architetto dell’universo. Cosi è che i letterati non si sen¬  tono attratti dalla natura, e la marchesa di Rambouillet  esprime come il sentimento di tutti, allorquando assicura  cne « gli spiriti dolci e amatori delle belle lettere non  trovano mai il lor conto alla campagna ».   La ragione astratta in quest’epoca domina in tutti i  campi dell attivila intellettuale e morale. XI pensiero  prova l’esistenza ; cogito ergo suoi, dice Cartesio ; l’uomo,  la persona è sovratutto pensiero, e il pensiero nell’uomo  uccide, o quasi, il sentimento, le facoltà affettive; l’imma¬  ginazione è tenuta in sospetto, perchè turba il giudizio:  i sensi sono organi d’errore ; criterio di verità è non af¬  fermare che ciò che è chiaro, evidenfe, chiaro ed evi¬  dente come il cogito ; il corpo è in contrasto inconci¬  liabile collo spirito, e per poco non se ne t.ien conto; lo      COLTA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ    39    spirito stesso ha il suo reale fondamento in Dio ; e in  Dio l’atto creatore e l’atto conservatore fanno una cosa  sola ; sicché la conservazione delle creature è una « crea¬  zione continuata ».   Questo razionalismo cartesiano si rivela nelle varie  forme dell’arte.   Ecco qui il teatro, che, anziché rappresentarci  individui in carne e ossa, ci rappresenta personaggi  senza corpo quasi, mere astrazioni, stati morali ; an¬  che ciò che di propriamente umano e sensibile c’ è in  essi, si cerca idealizzare per modo cogli artificii dello  stile, che non possa produrre alcuna impressione ma¬  teriale. Le circostanze di tempo e di luogo che deter¬  minano l’individualità, si sbandiscono più che è possibile,  e solo gli elementi generali, proprii d’ogni tempo e d’ogni  luogo, si mettono in luce; il buon senso e la ragione,  osserva Racine stesso, sono i medesimi dappertutto e sem¬  pre. Quindi avviene che Achille potrebbe anche non es¬  sere un greco, e Andromaca potrebb’essere benissimo una  principessa del secolo XVII, e non già soltanto la mo¬  glie di Ettore; Arpagone non è questo o quell’avaro, ma  l’avaro, il tipo dell’avaro, come Tartufo non è un ipocrita,  ma l’ipocrita, il tipo dell’ipocrita. Anche la critica let¬  teraria riproduce questo indirizzo razionalistico : al di  sotto dell’autore non cerca l’uomo, come fa la critica  moderna, che notomizza, a cosi dire, l’uomo, i suoi senti¬  menti, i suoi affetti, i suoi pensieri più intimi, per sor¬  prendere nell’uomo l’autore. Dell’uomo non si cura quella  critica, studia l’opera in se stessa, come un’astrazione,  un qualche cosa per se stante, e la giudica dall’alto di      40 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   certi pnncipii razionali, alle cui esigenze non è dato  mancar mai : si direbbe che l’opera d’arte non sia per  qiaella. critica qualche cosa d’organico, di vivente; sia un  fossile e nulla più. È notala poetica di Boileau. Alla ra¬  gione, egli sentenzia, deve il poeta attingere tutto ciò che  darà lustro e pregio alle sue opere; l’estro, l’ispirazione  sono esclusi. Amate la ragione, compiacetevi di essasola,egli  ripete di frequente; il « buon senso » è lo scopo supremo  d’ogm poesia. Anche Bacine felicita Corneille d’aver primo  mostrato sulla scena la ragione e d’averne adoperato il  linguaggio. Perfino la storia che parrebbe, più di qua¬  lunque altro genere letterario, dover tener conto delle  circostanze di tempo, di luogo, di tutti i particolari ri-  ferentisi al costume, al carattere degl’individui e delle  età, astrae da tutto ciò volentieri, e rappresenta uomini  e tempi m una specie di generalità costante, sacrificando  cosi anch’essa al razionalismo dominante (1).   X.   . C \ potrebbe essere prova più convincente dei rapporti  intimi fra letteratura e filosofia ? Ma non basta. Questi  stessi rapporti possiamo trovare fra il pensiero filosofico  e 1 indirizzo artistico e letterario del tempo nostro.   E noto che l’indirizzo filosofico dominante al  tempo nostro è quello che nel fatto s’incardina e  dal fatto, dalla realtà positiva prende il nome, il P 0 -    0) Vedi del bellissimo libro di Georges l*ellismer:« Le mouvement  da p. 11 a p. 15 P * * * ( Sciame » specialmente       COLLA STORIA DELLA CULTURA E DELLA CIVILTÀ 41   sitivismo. Il Positivismo abborre da ogni maniera di tra¬  scendenza, ripudia la ricerca delle cause prime, delle  cause finali e non studia che ciò che può essere sotto¬  posto a una verificazione empirica; il suo metodo è l’os¬  servazione e l’esperienza. La natura è ridotta per esso  a fenomeni di movimento, lo spirito umano a fenomeni  di coscienza : se nello spirito e nella natura ci sia una  sostanza a cui quei fenomeni appartengono come a loro  principio immutabile, il Positivismo non sa, o nega reci¬  samente. Ciò che cade sotto l’osservazione e l’esperienza  è solo una serie di fatti ; quale altra realtà ci potrebbe  dunque essere in noi e fuori di noi? E questi fatti si  svolgono gli uni dagli altri necessariamente, si deter¬  minano reciprocamente; determinismo adunque nel mondo  esterno come nell’interno ; il libero arbitrio, l’autonomia  della persona, la persona stessa sono vecchie fole, che  più non reggono alla luce della scienza. Noi non siamo  padroni delle nostre azioni, come non siamo padroni dei  nostri sentimenti e dei nostri pensieri ; al pari del mondo  fisico, anche il mondo morale si sottrae ad ogni specie  di azione libera ; anzi non esiste affatto mondo morale,  poiché virtù e vizio sono in ultimo prodotti naturali,  come potrebbe essere il vetriolo o lo zucchero. Inutile  perciò parlare di dovere; soltanto d’appetiti e d’interessi  è lecito parlare ; i fatti sono sprovvisti d’ogni carattere  morale ; l'ideale che tende a legittimare diritto e mo¬  ralità è inconciliabile coi fatti.   Ebbene, a questo indirizzo positivo in filosofia cor¬  risponde un indirizzo positivo in arte ; mentre la filosofia  conclude la legittimità dei fatti dalla loro necessità,          42 LA STORIA DELLA FILOSOFIA COI RAPPORTI SUOI   l’arte si riduce ogni giorno più a notarli e a trascriverli.  Ecco qui il romanzo che sottopone ad analisi minuziosa  e sapiente il processo dell’agire umano, e mostrando come  si leghino le azioni l’una all’altra, come ciò che dicesi  condotta si sviluppi in una serie sucessiva e necessaria  di atti, presenta l’uomo quale un ingegnoso meccanismo  di ruote, che l’una muove l’altra senza riparo.   È il gusto della ricerca, della descrizione minuta, che  domina il romanzo. Voglia esso presentarci un’anima, un  ambiente, un quadro di costumi, un avvenimento storico,  si direbbe in ogni caso un’opera formata essenzialmente  di documenti ; tanto si cerca di ridurre la parte dell’in¬  venzione, e di copiare per quanto è possibile la realtà  anche in quanto ha di meno significativo. Fatti e perso-  naggi sono tratti dalla realtà ; il romanziere pare non si  proponga neppure d’integrare questa realtà, per paura  si possa dire che ci ha messo del suo. Egli non vuole  apparire nell’opera sua, se ne disinteressa quasi ; rap¬  presenta il bene, senza mostrargli simpatia ; rappresenta  il male, e non gli scappa alcuna parola di riprovazione;  è e vuole essere sopratutto uno spettatore imparziale,  quasi lo spettatore imparziale dello Smith. Anch'egli, come  i pittori, ha il suo album ; e in quest’album nota, sor¬  presi nella realtà, atteggiamenti, gesti, movimenti, into¬  nazioni e flessioni di voce, perfin qualche nome strano  che lo abbia colpito, a non parlare di costumi, di tem¬  peramenti, di caratteri, ecc., materiali tutti di cui trae  poi largo profitto ; egli ama sovratutto di essere un ana¬  lista, uno storiografo, un raccoglitore di fatti e di sen¬  sazioni, e in questo principalmente fa consistere il pregio  1 valore dell’opera sua.      COI.LA STORIA DELLA COLTURA li DELLA CIVILTÀ 4.3   Se tale è il romanzo, che cosa dovrà essere la  storia? La storia come opera d’arte è un'anticaglia  oramai ; le storie deU’Amari, del Capponi, del Botta,  del Colletta, del Cantù, quelle del Thierry, del Mi¬  chelet, del Guizot, del Mignet ecc. in cui si cerca  di dar vita al documento col soffio dell’arte, non sono  più compatibili coll’indirizzo positivo. Lo storico dei giorni  nostri non sacrifica ai lenociai della forma, non ama i  quadri pittoreschi, le vaste generalizzazioni, le sintesi  geniali, non ordina e dispone gli avvenimenti secondo un  intendimento artistico ; egli è sopratutto un erudito pa¬  ziente che si appiatta in un cantuccio del passato, e vi  scova fatti ben accertati e vagliati con una critica mi¬  nuziosa e sagace. Egli teme l’immaginazione, diffida del  sentimento, perfino degli apprezzamenti della ragione vor¬  rebbe far a meno ; il fatto, il nudo fatto è la sua preoc  cupazione costante ; una commozione improvvisa di fronte  a un avvenimento, la previsione anche ragionata delle  conseguenze di questo, un insegnamento che se ne voglia  trarre, tutto ciò oltrepassa la cerchia del fatto e gli è  quindi sospetto. Il più assoluto disinteresse, la più as¬  soluta obbiettività deve dominare nell’opera sua ; solo a  questo patto essa soddisferà alle esigenze di un metodo  scientifico ; poiché essa è scienza, non arte.   E ben vero che le sue ricerche particolari, le sue storie  di luoghi e di tempi determinati, le sue monografie mi¬  nuziose devono trovar posto in un assieme più vasto e  preparare quella sintesi universale, che è lo scopo su¬  premo degli studi storici. Egli sa bene ciò ; ma quella  sintesi deve essere certa, fondata su basi salde, non qual-          44    LA STORIA DELLA FILOSOFIA li I RAPPORTI SUOI    che cosa di chimerico, di campato in aria, e perciò non  vede per il momento di meglio a fare che studiare fatti  separati, di cui possa acquistare conoscenza piena ed in¬  tera ; compiuto questo lavoro analitico, il lavoro sinte¬  tico verrà poi come sua naturale conseguenza.   Anche la critica dell’arte corrisponde all’indirizzo do¬  minante; era un esercizio di gusto, è diventata una  scienza ; una scienza che nell’esame delle opere porta  quel medesimo spirito che porta lo storico nell’esame degli  avvenimenti. L’opera d’arte è sovratutto un documento  oramai ; il critico non si lascia commovere dal bello, come  non si lascia commovere dal brutto ; sono fatti naturali  1 uno e 1 altro, hanno l’uno e l’altro il loro valore e il  loro significato. « U vero critico non ammira, nè biasima,  osserva ri Pellissier ; egli accetta le forme molteplici che  prende l’anima umana per rivelarsi, non ne condanna al¬  cuna e le descrive tutte. Applicando all’ arte come alla  morale un determinismo implacabile, estende 1’,impero  delle leggi organiche fin nel dominio della produzione  letteraria. Egli riduce gli individui a non essere che la  risultante della loro razza, del loro secolo e dell’ambiente  in cui vivono. Dei documenti, ecco ciò ch’egli cerca nel-  1 opera estetica» (1). Che dire poi della poesia? Essa è so¬  vratutto il linguaggio del sentimento e dell’immaginazione;  non può dunque che trovarsi a disagio nel secolo della  critica e della scienza. E in realtà la letteratura al tempo  nostro è in gran parte prosastica.L’epica non è più pos¬    ti) Op. cit. p. 270. Vedi  tolo « L'Éeolution lénlisie •    l’intero baUiesimo capitolo che ha per ti-         colla storia oklla coltura k dell* civiltà 45   sibile : il dramma sfugge alla poesia; alla lirica solo ò  concesso di vivere ancora non ingloriosamente come forma  poetica. Ma il poeta è guardato dalla gente quasi con  compatimento, con quello stesso senso press’a poco con  cui si guarda un ragazzo che giuoca e scherza ; pove¬  retto, non ha altro da fare, lasciamolo divertire ! E di-  fatti è divertimento innocente la poesia; si scherza gx-azio-  samente colle parole, coi suoni' colle rime. Ma un uomo  serio, positivo potrebbe permettersi ciò ? Ohibò ! L’uomo  serio, positivo arrossisce, come di colpa grave, dei ten¬  tativi poetici della sua prima gioventù ; l’uomo serio,  positivo, dice quello che ha da dire in prosa. « Tu ti  contentei’ai della prosa, dice a se stesso, giovane ancora,  Alessandro Dumas ; essa sola dice bene quello che hai  da dire ». Del resto la poesia sopravvissuta si risente  anch’essa dello spiiùto dominante ; descrizioni minuziose  di realtà specialmente famigliar! ; analisi delicate di pen-  siei'i e di sentimenti, ricerche e rappresentazioni fin troppo  esatte di fatti storici ; studio d’una forma, che all’espres¬  sione precisa del concetto congiunga, fin dove è possi¬  bile, L’andamento semplice e piano della prosa. E il Po¬  sitivismo, è il Realismo filosofico che penetra fin dove  parrebbe non dovesse mai penetrare.   XI.   Signori, è tempo di riassumere, è tempo di raccogliere  le vele fin troppo spiegate nel nostro discorso. Voi siete  già persuasi con me che la filosofia ha attinenze strettis¬  sime con tutte le forme della vita spirituale, con tutte  le manifestazioni della civiltà e della storia. La storia       46 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI   della filosofìa è per ciò insieme storia del sapere e della  coltura ; storia in largo senso del progresso e della civiltà.  Non meno dei metafisici di Germania, i positivisti di  Francia e d’Inghilterra sostengono ciò. Il Comte e lo  Stuart Mill considerano d’accordo il progresso della spe¬  culazione come la causa principale del progresso sociale (1).  Sarà dunque uno studio di lusso, come sostengono alcuni,  la storia della filosofia ? Anche ammesso che sia un lusso,  è un lusso necessario, un lusso di cui non possono far a  meno gli uomini colti. Sarà una vana curiosità, come  credono altri, un’inutile commedia, un terreno sparso di  rovine? Ma è anzi spettacolo grande e solenne, un dramma  pieno di vita e ricco di significazione, un terreno produt¬  tivo e fecondo. Le si farà colpa di essere un’incessante  e sterile lotta di vita e di morte, un’ alterna vicenda di  sconfitte e di trionfi? Ma se questa è la sorte di tutte  le cose umane, se nella morte è la vita e nella vita  la morte ! Si dirà che è una serie di soluzioni con¬  tradditorie dei medesimi problemi, di risposte unilate¬  rali tutte e tutte esclusive alle stesse domande? Ma  chi potrebbe sostenere che lo spirito umano sia un  tutto essenzialmente armonico e coerente ? L’ incoe¬  renza, la contradizione è nel pensiero, nel sentimento,  nelle opere, in tutte le manifestazioni dello spirito in-  somtna; e pretendereste non fosse nella filosofia che dello  spirito è la manifestazione più piena e più alta ? D’altra  parte perchè guardare i sistemi filosofici solo nei rapporti  onde alcuni sono legati ad alcuni ? Guardateli invece nel  loro complesso, abbracciateli con uno sguardo unico tutti   (1) Veti specialmente Stuart Miti, Logiqtte, voi. p. 52t) 530.       COLLA STORIA DELLA COLTURA K DELLA CIVILTÀ 47   assieme, e vedrete che ricompongono l’unità vivente del  pensiero, vedrete che non s’elidono veramente, ma s’ inte¬  grano piuttosto a vicenda e sono come le membra d’un  vasto organismo, come le faccie di un immenso poliedro.  Alcuni, più radicali degli altri, sostengono addirittura  che parte almeno dei sistemi filosofici 6ono vere bizzarrie  e, bontà loro ! aberrazioni mentali, veri scherzi di natura,^  come si diceva un tempo di quei prodotti naturali fuori  dell’ordinario, di cui non si sapeva dare la sp : egazio^e.  Ma la natura non scherza mai, è ben noto; la natura fa  sempre sul serio ; e come quei prodotti che si dicevano  scherzi una volta, si apprezzano ora più degli altri, perchè  meglio atti a rivelarci il segreto dell’operare della natura;  cosi i sistemi filosofici, che del resto non sono scherzi,  hanno per la scienza nuova un immenso valore, poiché  solo per essi è dato scoprire le leggi onde venne forman¬  dosi il pensiero moderno; solo per essi è dato percorrere le  tappe per cui è passato il pensiero prima di arrivare allo  stato presente.   Ma io penso sovratutto aU’efficacia educativa della  storia della filosofia ; maestro ed educatore, è naturale  che ciò mi preoccupi. La filosofia incomincia là dove fi¬  nisce il senso comune ; quello che al senso comune ap¬  pare chiaro ed evidente, o insignificante almeno, a una  riflessione più profonda è irto di difficoltà e problemi  d’ogni maniera, è addirittura mistero. Ora che cosa gio¬  verà più a scuoterci dal pigro sonno d’una morta e ac¬  quiescente tradizione, che studiare il pensiero di coloro  che hanno tentato risolvere quei problemi, svelare quel  mistero ? E non basta; ai grandi monumenti dell’arte  noi ci accostiamo, perchè ci illumini nn raggio d’imperi-    LA SrOlttA DliLLA FILOSOFIA K 1 RAPi’OIfrt SUOI   tura bellezza, perchè l’educazione artistica e letteraria  meglio si forma collo studio dei grandi classici dell’arte  e colla famigliarità delle loro opere, che colle astratte  regole e le vuote forinole della vecchia retorica: ora l’e¬  ducazione del pensiero scientifico non dovrebbe allo stesso  modo formarsi collo studio dei grandi eroi del pensiero,  i genii della speculazione, Platone, Aristotele, Leibnitz^  Kant, Spencer ? Aggiungasi che quella meravigliosa va¬  rietà di tendenze, d’impulsi, d’indirizzi che si riscontra  nei grandi pensatori, è mirabilmente atta ad arricchire  la coscienza scientifica e a svolgere le moltiformi energie  dell’ingegno ; e che per l’esempio di questa varietà l’uomo  acquista più facilmente quella serena equanimità di giu¬  dizio, quello spirito largo e comprensivo, che abborre da  ogni maniera di esclusivismo, e quindi di dogmatismo,  quello spinto finemente critico e insieme libero e indipen¬  dente, che guarda le cose dall’alto, senza odio e disdegno,  seuza entusiasmi e adorazioni soverchie, sine ira et studio,  che è una virtù e una forza insi me dello scienziato.  Oggi cè nei giovani specialmente la tendenza all’affer-  mare reciso ed assoluto anche nelle questioni più con¬  troverse: ebbene, la storia della filosofia vi terrà lontani  da questo vezzo, o giovani, vi avvezzerà a considerare  le cose da vari punti di vista, non da uno, o da pochi  parziali ed esclusivi, vi renderà tolleranti con tutti, con  tutti i lavoratori serii ed onesti; vi convincerà che anche  nella scienza brutta cosa sono le sette e le chiesuole; che  la libertà è condizione di progresso non soltanto nella vita   civile e politica, ma in quella più intima del pensiero e  delle idee. 

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