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Monday, November 4, 2024

Grice e Zuccante

 !). r GIUSEPPE ZECCANTE 

Professore di Storia della Filosofa 
nella R. Accademia scientifico-letteraria di Sfilano 



/ 


LA STORIA DELLA FILOSOFIA 


E I RAPPORTI SUOI 



lt 0 M A 

TIPOBRAFIA DELLE TERME DIOCLEZIANE DI O. BALBI 
Via della Mercede, N. 28-29 . 


1896 















































La storia della Filosofia e i rapporti suoi colla storia delia 
coltura e della civiltà 


I. 

Saluto questa illustre città, esempio mirabile di vita 
intensamente operosa in tutti i campi, nelle industrie 
non meno e nei commerci che in ogni maniera d’istitu¬ 
zioni sociali e politiche, nelle lettere e nelle arti non 
meno che nelle scienze. Italiano o straniero, nessuno può 
dimorare anche per poco a Milano, senza ammirare, non 
dirò, le sue vie, i suoi giardini, i suoi templi, i suoi 
teatri, le sue scuole, i suoi istituti scientifici, i monu¬ 
menti innalzati ai suoi grandi, le officine e gli stabili- 
menti immani, i segni esterni insomma di un’attività 
prodigiosa ; ma più di tutto le sorgenti intime di quest’at¬ 
tività, le qualità peculiari di un popolo forte e serio, 
per cui il lavoro è una seconda natura e il tempo è da¬ 
naro ; per cui la vita non vale la spesa di essere vis¬ 
suta, se non è rivolta al proseguimento di un fine alto 
e degno ; di cui tutti gli sforzi cospirano a ciò : prov¬ 
vedere ai bisogni della vita materiale e alla ricerca della 






4 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI 

prosperità economica, ma non dimenticare i bisogni più 
elevati dello spirito e soddisfarli anzi nella misura più 
larga. 

Modesto lavoratore, ma diligente e coscienzioso, io 
non potevo, o Signori, desiderare campo più adatto alla 
mia attività che questa nobile città, che di lavoratori è 
piena, e di lavoro è insieme esempio ed eccitamento. E 
quando questa vostra Accademia, che è come il centro 
della operosità letteraria e scientifica di Milano, mi fece 
l’onore di chiamarmi alla cattedra di storia della filo¬ 
sofia, esultò l’animo mio. Esultò, ma fu preso insieme 
da sgomento. Quest’Accademia, lo so bene, ebbe in ogni 
tempo insigni maestri, e ne ha tali anche oggi che ono¬ 
rano da soli una città e una nazione, e non posso io, 
conscio come sono della mia pochezza, non trovarmi a 
disagio in siffatta compagnia. D’altra parte i due che mi 
precedettero di recente nell’insegnamento che assumo 
oggi) hanno lasciato tale traccia di sè, o per vigoria d’in¬ 
telletto e risorse inesauribili di critica e di polemica, o 
per genialità larga di studii e di parola, ch’io mi sento 
anche più da poco al loro confronto, e tutta comprendo 
la gravezza del compito a cui mi sobbarco. Ma l’esem¬ 
pio loro mi soccorra, o Signori, e il vostro favore non 
m’abbandoni; e se è vero che ognuno, e specialmente 
chi non è vecchio, fecondi e moltiplichi le proprie forze 
nell intima società di uomini insigni, mi giova sperare 
che aneli io sentirò moltiplicate le mie qui, dove splende 
tanta luce di scienza, e che, a questa cooperando anche 
in minima parte, mi mostrerò non indegno della fiducia 
di cui mi onoraste chiamandomi a questo posto. 




Colla storia dulia l'oltura e delia civiltà. 


D 


IL 


Ciò che dà l’impronta ad un secolo e ne forma come 
la caratteristica, voi ben lo sapete, o Signori, è non 
tanto il tesoro effettivo delle sue cognizioni, delle sue 
invenzioni e scoperte, quanto piuttosto la via che segue 
per giungere ai risultati a cui giunge, il modo con cui 
si rappresenta la natura e la vita, lo spirito che intornia 
e vivifica le sue ricerche. 

Ora del secolo nostro spirito informatore e abito men¬ 
tale, a cosi dire, è il concepire la natura e la vita stori¬ 
camente ; il rappresentarsi i fenomeni o morali e sociali, 
o biologici e fisici, come una continua evoluzione, come 
dipendenti gli uni dagli altri, come determinantisi reci¬ 
procamente in una sempre maggiore eterogeneità e com¬ 
plessità attraverso a differenziazioni successive. Scienza 
dei fatti vuol dire oggidi storia dei fatti ; ogni maniera 
di scienza si può dire abbia assunto la forma storica ; 
tutto il movimento scientifico contemporaneo è essen¬ 
zialmente storico. Mentre nel secolo passato, in gian 
parte, si avea rinunziato ad ogni criterio storico e tra¬ 
dizionale, e con principii generalissimi e coi dati della 
ragione astratta si pretendeva ricostrurre la scienza, la 
religione, l’arte, la vita civile e sociale (il grande moto 
della Rivoluzione francese è come l’attuazione pratica di 




(j LA STORIA Di:LI.A FILOSOFIA K I RAPPORTI SUOI 

questa tendenza), nel secolo nostro si riconobbe che fuori 
della storia non v’ha salute, che la storia non solo ci 
conserva il passato ed è la scuola migliore per l’avve¬ 
nire, ma è addirittura la forma, a dir cosi, della vita e 
della civiltà. E già incominciando dalle scienze morali e 
sociali, prime ad assumere la forma storica, come quelle 
che s’occupano di fatti che più chiaro presentano il ca¬ 
rattere dello svolgersi e formarsi progressivo, questo spirito 
storico andò a mano a mano propagandosi alle scienze 
stesse naturali, sicché oggidì non solo, ad esempio, la filolo¬ 
gia classica, la linguistica, la scienza del diritto, quella 
delle religioni, l’economia, la letteratura e l'arte stessa 
hanno un fondamento essenzialmente storico, e metodo e 
procedimenti storici ; ma metodo e procedimenti storici 
hanno anche la geologia, la cosmologia, la biologia; poiché 
nella prima alla vecchia teoria degl’improvvisi cataclismi, 
dei subitanei rivolgimenti, delle creazioni ex nihilo , s’è so¬ 
stituita quella delle lente e graduali trasfonnazioni della 
crosta terrestre e quindi d’una vera storia del nostro 
pianeta; e nella seconda l’idea, divinata dal Kant e ri¬ 
dotta a teoria dal Laplace, d’una graduale formazione 
del sistema solare da una materia diffusa, tiene oramai 
il campo ; e nella terza finalmente veniva a mano a mano 
perdendo terreno la dottrina del Cuvier sulla stabilità 
delle specie, e vi domina sovrana ora l’idea che, già di¬ 
vinata dal Kant, dall’Herder e dai Gfoethe, assumeva, col 
Lamark e col Darwin specialmente, il valore di teoria e 
scoperta scientifica, sulla trasformazione delle specie, sul¬ 
l’evoluzione graduale e progressiva degli organismi vi¬ 
venti. 



COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 


7 


Scienza della natura è oramai storia della na¬ 
tura, anche secondo il concetto dell’Haeckel, che al¬ 
l'opera sua dava il nome di « storia naturale della crea¬ 
zione » ; scienza dello spirito è storia dello spirito. Come 
le faune e le flore si studiano nelle loro filiazioni e nei 
loro svolgimenti, cosi ogni scienza si studia nella filia¬ 
zione e nello svolgimento dei suoi prodotti. La dottrina 
dell’evoluzione che è come l’anima di tutta quanta la 
coltura scientifica moderna, ha contribuito più che altra 
mai a diffondere questo spirito storico, che è diventato, a 
dir cosi, una cosa sola con essa. 


III. 


Conformemente a questa tendenza cosi spiccata che 
mostra il secolo nostro per lo storicismo, anche la filosofia 
è diventata una scienza essenzialmente storica. Per ve¬ 
rità non mancano anche oggi tentativi di costruzioni fi¬ 
losofiche, fatte quasi in odio ad ogni spirito storico, ad 
ogni critica anclie rudimentale dei sistemi ; ma sono casi 
isolati, avanzi di tendenze antiscientifiche non ancora 
appieno scomparse, prodotti di cervelli, acuti anche, se 
si vuole, ma chiusi ad ogni altra idèa, che non sia quella 
del sistema o della chiesuola, e destinati perciò ad avere 
la vita d’un giorno. Siamo ben lontani oggi dal tempo in 
cui Cartesio, isolandosi nella riflessione individuale, escla¬ 
mava che « non vole\ r a neanche sapere se c erano stati 






P I,A STORIA DELIA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

degli uomini prima di Ini », Quel suo disdegno pei il 
passato, quel suo proposito fermo di attingere solo alle 
sorgenti del proprio spirito, come se altri spiriti prima 
di lui non fossero stati, era giustificato da una naturale 
reazione contro l’autorità degli antichi, che dominava 
esclusiva nel medio evo; ed era forse necessario a pie- 
parare i tempi nuovi e a fare che l’uomo nuovo, acqui¬ 
stando una nobile ed alta coscienza di sè, cimentasse cosi 
le proprie forze nell’acquisto dei nuovi veri. Oggi più che 
il proposito del Cartesio giova rammentare quello del 
Leibnitz, che, pur non disconoscendo la necessità della 
speculazione originale, voleva che questa s innestasse, per 
cosi dire, sul vecchio, e chiamava perciò in suo aiuto la 
storia (1). 

E in realtà le dottrine filosofiche hanno vita e si 
propagano o per somiglianza e imitazione, o per oppo¬ 
sizione e contrasto; sicché in ogni caso il presente è fi¬ 
glio del passato e padre dell’avvenire. Una filosofia per¬ 
tanto che faccia astrazione dalla sua storia, è presso a 
poco senza fondamento ; un pensiero che s’isoli volonta¬ 
riamente da tutto ciò che l’ha preceduto, vaga d’ordi¬ 
nario nel vuoto, e riesce a delle stranezze. Come potrebbe 
un problema filosofico essere affrontato convenientemente, 
se non se ne conoscessero tutti i lati e gli aspetti, se 
non si conoscesse come vi si è affaticato attorno lo spi- 

(II Noucea.v Essai, livro 1, cb. 1, « I.a véiité est plus rppan-ìiie 
qu’on ne penso ; mais elle est souvent affaiblie et mutile. En faisnnt 
remarquer le* traces de la veii-écliez Ics anciens, on tirerait l'or de la 
boue, le diamant de la mine, et la lumière dcs ténébres: et ce serait 
perenni* quaedam philoxophia ». 




‘t 


COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 

rito umano in ogni tempo, e quali furono i tentativi 
fatti per scioglierlo? Soltanto nei passato si può trovale 
la ragione del presente e ravviamento per l’avvenire. 
Mentre le altre scienze possono fino a un certo punto 
prescindere dalla loro storia, della filosofia invece è parte 
integrante la sua storia. Gli è che la filosofia e la sua 
storia hanno in fondo il medesimo oggetto; lo spirito 
che riflette su se stesso e vuol comprendere se stesso. 
Ciò che ogni individuo, colla riflessione filosofica, scopre 
in sè, la storia della filosofia ce lo fa trovare, come in 
un’immagine ingrandita, nelle dottrine che si sono suc¬ 
cedute attraverso i tempi (1). 

Non a torto il Wundt lamenta che chi si pone 
a filosofare si creda troppo spesso sciolto dall’ob- 
bligo di conoscere la storia della filosofia (2); e noi dal 
canto nostro lamentiamo che una scuola pur nobilissima, 
il Positivismo, che ha reso servigi segnalati alla scienza 
e alla filosofia, e che, fondandosi sul concetto dell’evo¬ 
luzione, dovrebbe per ciò stesso tener conto della storia, 
la trascuri invece, o non la curi a sufficienza, latta 
qualche rara eccezione, massimamente in Italia, sotto 
pretesto che quasi tutto il passato è un tessuto di dot¬ 
trine vane e fallaci, sogni metafisici di cui non giova oc¬ 
cuparsi; e che solo il presente, il presente positivistico, 
è degno di studio. Invece tutte le dottrine sono degne di 
studio ad un modo, o Signori, come quelle che, rappresen¬ 
tando varii momenti della vita storica dello spiiito, 

(t) Fouillèe. — HUloire de la Philosophie. Paris. Delagrave, 1895, p. II. 

(2) Philonophic und WisscnirliaSt in Essays, 1385. 







10 la storia della filosofìa f« i uaì’ì'ort! suoi 

sono egualmente necessarie a rivelarne l’intima natura; 
ed ogni esclusivismo è perciò contrario alla scienza e 
impedisce la nozione vera dell’oggetto della filosofia. 

Le altre scienze hanno anch’esse una loro storia; ma 
riguarda più che altro il succedervisi delle ipotesi e delle 
teorie, l’affermarvisi di cognizioni nuove e di nuove idee 
alla luce di nuovi fatti, i rivolgimenti fecondi portativi 
da divinazioni d’intelletti geniali, gli arresti improvvisi 
dovuti a tristizia di tempi o d’uomini e cosi via. Sicché 
questa storia, a cosi dire, esteriore, nulla, o ben poco, ha 
che fare coll’oggetlo delle scienze stesse; e può anche 
fino a un certo punto essere ignorata dallo .scienziato. 
Egli sarà per questo meno dotto, meno erudito; ma non 
sarà meno acuto, meno profondo, meno conoscitore della 
materia sua, meno scienziato per questo. Gli è che nelle 
scienze è sempre la forma ultima quella che vale; le pre¬ 
cedenti, scalzate dall’ullima, non hanno alcun valore, e 

11 conoscerle può importare all’erudito, importa mediocre¬ 
mente allo scienziato. Come volete che un fisico, in pos¬ 
sesso di tutti i trovati della fisica moderna, collo spirito 
imbevuto delle nuove idee e dottrine, abbia bisogno, per 
far avanzare anche di più la scienza sua, di sapere come 
la pensavano, ad esempio, i Caldei intorno a un dato fe¬ 
nomeno? Egli sa già che contraria al vero è ogni altra 
idea e dottrina, che non sia quella confermata dai re¬ 
centi studi, dalle recenti esperienze; e perciò o non se 
ne cura, o se ne cura appena quel tanto che basti a sod¬ 
disfare una legittima curiosità: a lui preme sovratutto 
assicurarsi del presente; perchè il presente solo è scienza, 
e da questo solo può prendere le mosse alla conquista di 
nuove idee, di nuove cognizioni. 



li 


COLLA. STOICI A DELLA COLTURA E DELI.A C1NIL1A. 

Nulla di tutto questo in iilosofìa. TI progredire di 
questa non sta in un continuo accrescersi di cognizioni 
positive, nel giungere a risultati ben saldi e definitivi, 
nel risolvere i problemi che si pongono, e nel porne di 
nuovi clic si risolveranno allo stesso modo; ma piuttosto 
in un continuo rifarsi da capo, però con una coscienza 
a mano a inano ] iit chiara e comprensiva del problema 
speculativo; non nel risolvere definitivamente questo pro¬ 
blema. ma nel porlo via via con maggior sicurezza e cor¬ 
redo d'esperienza, sovratutto poi nel conoscere sempre 
meglio i metodi che ne prepareranno la soluzione e nel- 
l’acquistare via via maggiore abilità ad applicarli. Ciò 
vuol dire che altri non potrà avere una chiara nozione 
dell’oggetto della filosofia, se non ne conosce la storia; 
che anzi la filosofia trova, per cosi dire, se stessa nella 
sua storia, la quale è perciò, come dicevamo, parte inte¬ 
grante di quella, e insieme di quella generatrice e fon¬ 
damento (1). 

IV. 

Non già che la filosofia stia tutta quanta nella sua 
storia, come altri ha sostenuto, e che nulla si deva la¬ 
sciare all’iniziativa individuale. Come non è bene che 
l’uomo si i li, si chiuda in un pensiero tutto individuale 
ed estraneo alla storia, cosi non è bere che niente pensi 
di per sò e ripeta soltanto cose dette da altri ; è deplo¬ 
revole egualmente il soverchio d’originalità, in filosofia si- 

(t) Chiappelti. — La Ctltura «lorica e il rinnocamente della filotojla, 
r . 38, in Sanai e Note Critiche, Bologna, Zanichelli, 1895. 


12 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

nonimo di stranezza il più delle volte, come l’assenza di 
originalità e il sostituire all’invenzione la compilazione. 

La storia della filosofia impertanto, nel tempo stesso 
che ci dà una chiara nozione della filosofia e del formarsi 
e svolgersi progressivo del suo oggetto attraverso i tempi, 
deve anche eccitare in noi quello spirito di ricerca e di 
scoperta, senza cui saremo bensì uomini dotti, biblioteche 
ambulanti, pieni la testa d’idee e pensieri altrui, ma 
mancanti affatto d’iniziativa, inetti a muovere un passo 
senza che gli altri c’indichino il cammino. 

C’e un indirizzo oggidì nel campo delle scienze morali 
e sociali, che per esser meglio scientifico, per esser meglio 
positivo, per fondarsi meglio sui fatti, per poco non fi¬ 
nisce col ricondurre l’uomo al passato, coll’arrestare ogni 
progresso, sotto pretesto che non trova nessuna giusti¬ 
ficazione nei fatti; col rendere l’uomo un automa culi an¬ 
tesi nella contemplazione di ciò che fu e vietante a se 
stesso ogui aspirazione, ogni ideale d’avvenire. 

Ma questo è un falso storicismo, o Signori, non è lo sto¬ 
ricismo sano e fecondo, di cui abbiamo parlato prima; è un 
empirismo vuoto e pernicioso, che ci dobbiamo ben guardare 
d’introdurre negli studi di storia della filosofia. Il pensiero 
umano, come del resto la vita dei popoli e degl’individui, 
non è una specie stabile, non è qualche cosa di rigida¬ 
mente fisso e permanente; è qualche cosa invece che si 
forma e diventa incessantemente; e in questa sua evolu¬ 
zione ha bisogno del passato sicuramente, ma per 
prendere da esso le mosse, per mettersi, partendo da 
questo punto, per vie nuove, intentate ancora. For- 
sechè la storia perde del suo valore, se può fornire 




COLLA STORIA DELLA COLTURA È DELLA CIVILTÀ. 13 

qualche utile insegnamento? Ma se fu chiamata in ogni 
tempo maestra della vita! Forsechè perde della obbietti¬ 
vità e serenità che deve avere, se altri può trovarvi un 
eccitamento al peusare e all’agire? Ma se la narrazione 
schietta e sincera dei fatti non può non produrre un ec¬ 
citamento negli animi, se la verità ha una sua forza mo¬ 
trice speciale, che in nessun modo è possibile contenere! 
A che servirebbe il passato, se in ogni caso dovesse la¬ 
sciarci freddi e indifferenti, se per null'altro si dovesse 
ricercare e disseppellire, che per soddisfare una vana cu¬ 
riosità? Il passato non ha valore se non in quanto svegli 
in noi forza ed attività, se non in quanto cessi di esser 
passato e si trasformi, per cosi dire, in carne e sangue 
nostro, sangue che vivifichi questa nostra vita moderna. 

Ben sappiamo che ci sono nel passato delle forme 
caduche, destinate a tramontare coll'ambiente che le ha 
generate ; e non a queste certamente chiederemo quella 
vita che non hanno; ma c’è anche e si produce nel tempo 
qualche cosa che ha in sè una vitalità immortale, de¬ 
stinata perciò a rivivere perpetuamente sotto forma nuova 
nella coscienza umana ; e a questa chiederemo di com¬ 
piere l’ufficio suo nella storia; questa cercheremo che, 
sorgente di vita, non cessi mai di distribuire e fecon¬ 
dare la vita. Voi sapete, o Signori, della lampada che 
là nelle feste Panatenee si trasmetteva di mano in mano; 
ebbene che il passato si trasmetta a noi nello stesso 
modo, sicché la fiaccola della vita mai non si spenga, 
ma splenda anzi e fiammeggi di luce nuova e più intensa. 

Come mancheremo perciò ai dettami di un metodo 
rigorosamente scientifico, come ai precetti della critica 


f 


14 


i,\ sooma OKT.U filosofia k i rapporti suoi 


storica; come ci si accuserà (li poca serenità eil obbiet¬ 
tività, se alcuni pensamenti di lilosofi, notevoli per ori¬ 
ginalità e vigoria, per felice coerenza e connessione lo¬ 
gica, per una certa tal quale divinazione dell’avvenire, 
additeremo ai giovani come degni di essere studiati e 
ammirati, sicché anche in loro si svegli l’aculeo della ri¬ 
cerca e della scoperta, e non rimanga quindi senza frutto 
questa grande eredità del passato? « Poiché i grandi filo¬ 
sofi, scriveva Pascal, non si sono serviti delle invenzioni 
che loro sono state lasciate, che come di mezzo per averne 
di nuove, e questo felice ardimento ha aperto loro il 
cammino alle grandi cose, noi dobbiamo prendere quelle 
che essi ci hanno lasciato nello stesso modo, e, seguendo 
il loro esempio, farne il mezzo e non il fine del nostro 
studio, e cercare cosi di sorpassarli imitandoli » (1). 

Anche nel campo del pensiero, o Signori, e non soltanto 
in quello dell’azione ci sono gli eroi; ebbene, comeaccendono 
a grandi cose gli eroi dell'azione e l’esempio loro è 
seme elio frutta abbondantemente, e cosi siano a noi 
stimolo ed eccitamento quelli che l’Hegel con frase felice 
chiamava gli croi del pensiero nella storia, i grandi fi¬ 
losofi. Stimolo cd eccitamento a sorpassarli imitandoli, 
secondo il detto del Pascal; poiché chi .s’arresia alla sem¬ 
plice imitazione e riproduzione del pensiero altrui, e non 
lo rifa in se stesso, e non vi aggiunge del suo, fa opera 
vana, e quasi quasi, nel moto incessante che affatica il 
mondo degli spiriti e delle idee, si direbbe che si pro¬ 
ponga stoltamente d’arrestarlo ad un tratto. Gl’individui 


(1) l)c Vanloritc cu matih'c <lc philosoplnc. 



COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 

e le età che vivono del passato, e trovando in questo 
tutto ciò che loro bisogna, rifuggono dalle aspre lotte 
che costa il crearsi una propria coscienza e una torma 
originale di vita, sono individui ed età, si potrebbe dire, 
parassite, cui la storia, che è « il giudizio del mondo » 
secondo lo Schiller, riserva la noncuranza e l’oblio. E 
in realtà nel gran dramma della vita nessuna parte hanno 
questi individui e queste età; non di attori, non di spet¬ 
tatori; neanche di spettatori, poiché gli spettatori non 
assistono inerti e passivi all'azione; se hanno una parte, 
è quella semplicemente di comparse. 

Dunque non si tratta di far rivivere una materia morta 
o d’impedire il libero sviluppo dell’attività individuale, 
colla storia della filosofia ; si [tratta di far rivivere qual¬ 
che cosa di organico e vivente, e nello stesso tempo di 
porgere vitale nutrimento agli spiriti, perchè non s’acque¬ 
tino nel passato e assurgano via via a forme più alte e 
più degne. A chi non intendesse così lo studio delle 
forme storiche del pensiero, a chi volesse farne una fac¬ 
cenda d’erudizione, impaccio anziché aiuto alla vita 
dello spirito nel suo svolgimento, si potrebbe dire 
con Cristo: «lasciate che i morti seppelliscano i loro 
morti. » (1). 

Nè si tema che uno svolgimento originale della vita 
dello spirito, che un proprio avviaménto e indirizzo sia 
impedito da una larga cognizione di dottrine. Nessuno 
spirito, per quanto grande e originale, s’ò mai svolto in¬ 
dipendentemente da ogni impulso esteriore; anzi quanto 


(1) Chiappelli, op., cit. p. 34. 







16 LA. STORIA. DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI 

furono maggiori gl’impulsi, tanto più ebbe campo di ma¬ 
nifestarsi la genialità creatrice dello spirito. Gli è che 
gl’impulsi esteriori sono altrettante occasioni al rivelarsi 
di attività e di energie che altrimenti sarebbero rimaste 
latenti, o si sarebbero addirittura distrutte, come quei 
germi, pur fecondi di vita, che senza un terreno adatto 
in cui siano gettati intristiscono e muoiono. Certo, gli 
impulsi esteriori a nulla giovano, se non si esercitano su 
nature ricche e geniali; ma queste attingono più che non 
si creda dal di fuori ; la storia schiude loro tesori che i 
più non arrivano, non che a immaginare, a comprendere. 
La creazione non si fa negli spiriti in modo arbitrario 
e capriccioso, sovratutto non vi si fa ex tallito ] bensi 
per via di un’assimilazione potente di elementi attinti 
da tonti le più disparate; per una serie di combinazioni 
in cui gli elementi combinati perdono la loro propria na¬ 
tura, e vi assumono quella pi-"ponderante dello spirito 
in cui la combinazione si effettua. Chi potrebbe discer- 
uere nel Po le onde confuse della gemina Dora, della 
Bormida e del Tataro, del Ticino e dell’Orba? Iddio 
solo, risponderebbe il vostro Manzoni; e Iddio solo potrebbe 
annoverare e discernere gii elementi molteplici onde uno 
spirito geniale è riuscito a comporre l’opera sua. 

V. 

Ma la storia della tilosclìa non ò utile soltanto per 
la filosofia, di cui è, come s’è visto, parte integrante; 
di cui è fondamento, ed eccitamento insieme ; è utile non 
meno per altri rispetti. 



COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 17 

Oggidì è invalso il vezzo di pigliarsela con la filosofia; 
e in Italia special niente ogni uomo di spirito non si cre¬ 
derebbe più tale, se non sorridesse di compassione al sen¬ 
tirne solo parlare. Perfino in alto è penetrata questa 
specie d’avversione contro la filosofia, e già si progetta 
di abolirne l’insegnamento nei nostri Licei, o, peggio an¬ 
cora, di stremarlo per modo cbe debba finalmente morire 
d’inanizione. I filosofi sono specie di sognatori, di ac¬ 
chiappanuvoli, di venditori di ciance, press’a poco come 
quei rivenduglioli all’ingrosso e al minuto nei comme¬ 
stibili dello spirito, di cui parla Platone nel Protagora, 
o come il Socrate aristofaneo, che dall’alto del suo cc 
bello trova quella mirabile occupazione che tutti sap¬ 
piamo. Chi vorrebbe prendei'li sul serio ancora ? 

Signori, non io negherò che di questo disfavore in cui è 
caduta la filosofia, una parte di colpa spetti ai filosofi stessi. 
Troppo apriorismo ha dominato nelle nostre scuole, troppo 
dogmatismo intransigente, troppa avversione ad ogni soffio 
di novità, troppo gergo scolastico, perchè la filosofia non 
finisse coll’esserne danneggiata essa stessa nel concetto 
dei più. Ma come far risalire alla cosa il biasimo che 
appartiene agli uomini, come scambiare ciò che di sostan¬ 
ziale ha la filosofia con ciò che ha d’accidentale e caduco? 

Anche gli scienziati mostrano una certa noncuranza 
per la filosofia. Eppure che cosa è la scienza se manca 
di spirito filosofico? se manca di vedute larghe e com¬ 
prensive, d’idee generali ? Che cosa è la scienza se si 
riduce ad una povera e nuda raccolta di fatti senza nesso 
logico e valore concettuale? Scienza e filosofia scrive il 
Morselli, sono legate intimamente, e « continuano e pas- 



18 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI 

sano l’una nell’altra ; esse sono due aspetti non opposti, 
neppur paralleli, ina successivi dell’umano pensiero, che 
incomincia dall'osservazione e dall’esperimento, e assorge 
poi, per loro mezzo, al concetto generale, alla teoria ed 
all’ipotesi » (1). Intanto però, in odio alla filosofìa,gran 
parte degli scienziati italiani, e anche i più dotti, anche 
quelli che largameute contribuiscono col loro ingegno e 
colle loro scoperte all’avanzamento del sapere, rifuggono 
d’ordinario da ogni questione generale, da ogni questione 
che accenni appena a sollevarsi dalla cerchia dei fatti ; 
e s’attengono di proposito al più rigido ed esclusivo spe¬ 
rimentalismo meccanico. Le discipline scientifiche che non 
si propongano ad oggetto fatti palpabili e materiali, 
sono per lo meno loro sospette ; la psicologia, l’etica, la 
logica, la sociologia, la biologia generale sono metafisica 
larvata, roba da lasciare che sene occupi chi ha del tempo 
da perdere. È una condizione di cose, che, se può essere 
spiegata coll’avversione che inspira naturalmente una fi¬ 
losofia fantastica, subiettiva, nemica dell’esperienza, 
quale regnò gran tempo in Italia, non cessa per questo 
di essere deplorevole ; perocché, per questa via, si ren¬ 
dono impossibili le sintesi alte e geniali, onde sono cosi 
meritamente celebrati gli scienziati forestieri, e viene di 
moda un positivismo empirico e grossolano, d’un grado 
appena più alto del semplice tecnicismo (2). Cosi avviene 
che mentre l’Italia non ha scienziato, si può dire, che 

(1) Morselli. — La filosofia monistica in Italia nella Ricista di 
filosofia scientifica, v ii 6\ anno 1887, p. 10. 

(2) Cfr. il mio «aggio « Fatti e Idee » nei Saggi Filosofici, Torino. 
Loescher, 1892, p. 133, 134. — Cfr. Morselli op. cit. p. 34-35. 


COLIA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 19 

voglia essere insieme pensatore e filosofo, il resto del 
mondo civile lia i grandi nomi dell’Helmholtz, del Virchow, 
del Meyer, del Dubois-Reymond, del Lyel, del Bernard, 
del Wundt, del Darwin, del Mandsley, dell’Haeckel, del 
Tompson, del Draprer, del Crookes, del Berthelot, del- 
l’Hirn e d’altri molti, che credono impossibile disgiun¬ 
gere la scienza dalla filosofia, e sono insieme scienziati 
e filosofi eminenti. 

Gli è che altrove s’è capito molto bene quale sia l’uf¬ 
ficio della filosofia ueH’enciclopedia delle scienze, quale 
posto spetti alla filosofia nei vari rami del sapere. 

Già è noto che in origine la filosofia abbracciava tutto 
quauto il sapere, e filosofia era la matematica, filosofia 
l’astronomia, filosofia la fisica, filosofia la ricerca scien¬ 
tifica in generale e il complesso delle nozioni ottenutene. 
Poi per la divisione del lavoro e la progressiva specia¬ 
lizzazione degli studi si staccarono a poco a poco dal 
seno di questa madre comune una quantità di scienze, 
che acquistarono perciò vita propria ed autonoma. Ma 
fu distacco, non fu secessione quella, fu il desiderio na¬ 
turale del figliuolo giunto a maggiore età di formare 
una propria famiglia, pur conservando col padre rapporti 
cordiali, non fu l’aperta ribellione d’un figlio dimentico 
ad un tratto dei benefizi ricevuti, e divenuto ad un tratto 
nemico di chi gli diede la vita. Le scienze distaccatesi 
dalla filosofia non hanno cessato di avere con essa dei 
rapporti ; il sapere specializzandosi e ramificandosi non 
ha perduto la sua unità ; l’unità vivente del sapere ri¬ 
mane sempre, e sta nella filosofia questa unità. Il rap¬ 
porto tra la filosofia e le scienze nell’organismo del sa- 






20 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

pere è quello stesso che corre tra l’attività centrale e la 
periferica nell’organismo del corpo ; la funzione centrale 
spetta alla filosofia, la funzione periferica alle scienze 
particolari. « Come l’attività periferica nell’organismo, 
scrive egregiamente il Chiappelli, alimenta la centrale, 
cosi le scienze nel loro moto progressivo modificano i 
concetti direttivi dell'esperienza, i principii logici, e danno 
nuovo vigore alla sintesi filosofica. Ma è altresi vero, egli 
aggiunge, che questi raggi i quali si appuntano in essa 
come in un foco centrale, da questo per via d’un’irra- 
diazione continua ritornano duplicati ; poiché, come il 
centro nervoso per via del processod’innervazione spiega 
un’attività motrice sulle parti dell’organismo, cosi l’ipo¬ 
tesi e l’idea filosofica imprime un continuo moto alle ri¬ 
cerche particolari, spingendole per vie nuove » (1). 

Cosi, se per una parte i grandi sistemi filosofici non 
si concepiscono neanche indipendentemente dalle idee scien¬ 
tifiche del tempo in cui sorgono, per l’altra il movimento 
delle idee scientifiche non si capisce, se non lo si ricon¬ 
nette alla storia di quei pensatori che hanno rinovcllato 
i metodi o costruito l’universo sur un piano nuovo. Fu 
Aristotele che iniziò agli studi della natura l’antichità e 
il medio evo ; fu Cartesio che introdusse in tutte le scienze 
il metodo matematico e fece della scienza dell’universo 
un problema di meccanica ; fu Leibuitz che inventò il 
calcolo dell’infinito dando al metodo matematico, con 
questo elemento metafisico, una potenza fino allora sco¬ 
nosciuta. Nel Rinascimento il nuovo indirizzo negli studi 


(1) Chiapponi, op. cit. p. 29 30. 







LA. STORIA DELLA FILOSOAIA E 1 RANPORTI SUOI 21 

della natura mette capo a due filosofi del metodo, Ba¬ 
cone e Galileo ; nei tempi moderni gli studi morali e so¬ 
ciali ebbero nello Stuart Mill chi segnò nettamente la 
via da percorrere. Perfino il nuovo concetto dell’universo, 
il concetto eliocentrico sostituito al concetto geocentrico 
ò dovuto a un filosofo della natura, Copernico , come ad 
un filosofo,Giordano Bruno, è dovuto il concetto dell’in¬ 
finità dei mondi e degli spazi. La legge della gravita¬ 
zione ebbe in Newton il suo scienziato e il suo filosofo; 
e la teoria dell’evoluzione ebbe il suo scienziato e il suo 
filosofo nel Darwin. A mano a mano che l’uomo acqui¬ 
sta piu chiara conoscenza dei suoi rapporti cogli altri 
esseri e col mondo, e meglio gli si delinea il posto ch’egli 
occupa nella creazione, la filosofia allargai suoi concetti, 
portavoce insieme del tempo suo e precorritrice del fu¬ 
turo. Lo Spencer ò come la sintesi del moto meraviglioso 
d’idee, a cui assistiamo ai nostri giorni; nel Kant era la 
Germania pensante del tempo suo; la Grecia del IV 0 e 
V° secolo av. Or. era tutta quanta in Socrate, in Pla¬ 
tone, in Aristotele ; S. Tommaso riassumeva in sè tutto 
il sapere del medio evo ; nel Rosmini era l’Italia della 
prima metà del secolo. Gli è che i grandi filosofi sono 
insieme i più individuali per l’originalità dei loro conce- 
pimenti, e i più universali per la fedeltà con cui riflet¬ 
tono le idee del loro tempo (1). Non a torto l’Hegel 
mostrava che la più perfettacoscienza che un’epoca possa 
acquistare di sè stessa, l’acquista nei suoi filosofi. I grandi 
filosofi sono come il mare: tutto mette capo a loro, i grandi 


(I) Kouilli'e 0 [>. cit. p. IV. 



22 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

fiumi, come i torrenti e gli umili rigagnoli del sapere ; 
si potrebbe dire clie tutto essi assorbauo l’ambiente in¬ 
tellettuale dell'epoca in cui vivono. Ma come il mare, se 
assorbe in sè fiumi e torrenti, è pur quello in fondo che 
dà vita a fiumi e a torrenti, cosi i grandi filosofi, figli 
del loro tempo, esercitano anche sulle intuizioni scienti¬ 
fiche e sulla coltura generale del loro tempo un’efficacia 
poderosa, sebbene latente spesso e inconsapevole. Chi vor¬ 
rebbe negare, ad esempio, che le dottrine filosofiche dello 
Spencer costituiscano in qualche modo l’ambiente intel¬ 
lettuale del tempo nostro, sicché tutti, anche quelli che 
le ignorano, purché non sprovvisti affatto di coltura, ne ri¬ 
sentono l’influenza e quasi l’assorbono, a dir cosi, coll’a¬ 
ria che respirano ? Della critica kantiana chi non sa 
quale poderoso moto d’idee abbia suscitato in Germania 
al suo apparire, e come anche ora, dopo tanto lasso di 
tempo, il vecchio Kant torni più vivo di prima alle menti 
de’ suoi connazionali, sicché filosofi e scienziati insieme 
vanno a gara nel rinverdirne i principii e le dottrine fon¬ 
damentali ? Non occorre rammentare poi che dalla scuola 
dello Schelling uscirono insigni naturalisti ; dalla scuola 
dell’Hegel insigni storici ; dalla scuola dell’Herbart va¬ 
lenti cultori delle discipline antropologiche e pedagogiche; 
e che in generale non c’è stato filosofo e pensatore di 
vaglia, die a questo o a quel ramo del sapere non abbia 
contribuito a dare indirizzo nuovo, o certamente vigoria 
e forza nuova. 

Senza dire che oggi specialmente il nesso tra la fi¬ 
losofia e la scienza s’é fatto anche più stretto che non 
fosse in passato. Già gli scienziati, fisici e biologi spe- 



COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA OIV-ILTX. 


23 

cialmente, vanno a mano a mano persuadendosi che i con¬ 
cetti loro devono cimentarsi alla stregua d’una severa 
critica della conoscenza. E l'Helmholtz fin dal 1855 in 
una sua « Lesione sulla vista » (1) accennava alla ne¬ 
cessità d’una critica fìlosuiìca delle cognizioni sperimen¬ 
tali, e nel 1878 in un discorso che ha per titolo « Il peti’ 
siero nella medicina » (2), tornava sullo stesso argo¬ 
mento affermando che « a quel modo che l’anatomista, 
giunto che sia a toccare i limiti della potenza ottica del 
suo microscopio, deve rendersene conto, cosi è obbligo 
d’ogni scienziato studiare esattamente il vaio) e e l’ufficio 
del massimo di tutti gli strumenti, di cui egli si serve, 
il pensiero umano. » E più esplicitamente ancora in un 
suo discorso del 1879 « I fatti nella percezione » (3) 
dopo avere accennato che il problema della conoscenza 
è quello in cui s’imbattono, muovendo da due parti op¬ 
poste, la filosofia e la scienza naturale, concludeva che 
in fondo l’nna e l’altra hanno l’obbligo di esaminarlo, 
sebbene ciascuna da un punto di vista suo proprio. D’al¬ 
tra parte il Wundt in uu suostudio « Sul problema 
della filosofìa nel tempo presente » (4) scrive « che più 
o meno consapevolmente s’è fatta strada nell’animo di 
tutti l’opinione clm nella scienza dei corpi non si de¬ 
vano più solo descrivere e collegare fra loro i fenomeni, 
ma si tratti oramai di penetrarne il fondo ; onde è chiaro 

(1) Contenuta nell’opera * P-rpn'ii-e risia mia miche Vortrii/e ». 

(2) « Pas Peniteli in dar Medi-in ». 

(3) « P'e T'O tsachea in d'r Wahrnahmung ». 

(■]) « Veher die An/gabe dar Phdosophie in. dee Gegencart. » 
I.i iprip, 187 X. 







24 LA STOKIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

che cosi la scienza riconosce esser suo obbligo il dar 
mano a comprendere filosoficamente l’unità della natura ». 
E non solo, egli continua, « i singoli rami delle varie 
dottrine sperimentali si sporgono verso la filosofia. La stessa 
base astratta della scienza naturale, la Matematica, non 
è andata esente dai segni del nostro tempo » (1). 

VI. 

Da quanto s’è detto risulla adunque che storia della 
filosofia vuol dire largamente storia del sapere e della 
coltura in generale. Non già che tutte le idee siano idee 
filosofiche, e che lo scienze siano una cosa sola colla filo¬ 
sofia. Ma tutte le idee hanno la loro più alta espressione 
nella filosofia, come tutte le scienze hanno in ultimo il 
loro fondament i nella filosofia. A non ripetere quello che 
s’è detto or ora sui rapporti delle scienze naturali colla 
filosofia e sulla necessità che quelle hanno di sottoporre 
ad una critica assidua i concetti direttivi dell’esperienza, 
che le renda atte ad una larga sintesi della natura ; a 
non insistere su cose già note, che i concetti di spazio, 
di tempo, di numero, di quantità ecc., su cui costruiscono 
il loro edificio le matematiche, sono concetti essenzial¬ 
mente filosofici, e cui spetta alla filosofia discutere lar¬ 
gamente ; su che cosa si fondano la morale, il diritto, la 
politica, e in genere le scienze sociali, se non su quei 
concepimenti riguardanti la natura dell’uomo e della so¬ 
ci) Cfr. il mio « Problema della conoscenza nell'Empirismo contem¬ 
poraneo » noi Sa^gi filosofici p. 156-157, anche per le necessarie ci¬ 
tazioni. 





COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 2o 

cietà, da cui la filosofia non può prescindere e che sono 
anzi suoi proprii ? Xon è vero che la morale e il diritto 
hanno questo o quell’indirizzo, secondo che l’uomo si con¬ 
cepisce essenzialmente egoista, o altruista, secondo che 
è l’utilità od il dovere il movente supposto delle azioni? 
Gl’Inglesi non riescono a persuadersi che l'uomo non sia 
in ogni caso indotto ad agire da motivi egoistici, non 
riescono a persuadersi che debba determinarsi ad agire 
indipendentemente dalle conseguenze utili o dannose che 
dalle sue azioni può aspettarsi ; e perciò concepiscono 
una moralità pratica e positiva fondata esclusivamente 
sull’utile e sull’interesse ; nè diversamente si comportano 
in rispetto al diritto e ai resto delle scienze politico-so¬ 
ciali, penetrate anch’esse tutte quante da cotesto concetto 
d’utilità. I Tedeschi, meno pratici, più idealisti, essen¬ 
zialmente metafisici, concepiscono invece una moralità 
fondata sur una legge categorica ed assoluta, che impone 
all’uomo il dovere di fare il bene per il bene, indipen¬ 
dentemente da qualunque vantaggio gli possa derivare; 
e questo concetto della moralità estendono anche all’or¬ 
dinamento giuridico e all’ordinamento economico della 
società; sicché, come osserva il Trendelenburg, c è la 
tendenza in Germania a dare un fondamento etico aldi¬ 
ritto naturale, e quella non meno spiccata a fondarsi 
sovratutto su considerazioni etiche e morali per proporre 
delle riforme all’organizzazione economica della società 
presente (1). E l’Individualismo e il Socialismo, le due 
teorie sui rapporti dello stato cogl’individui che si con¬ 
fi) Trendelenburg Naturrccht auf (lem Grande der Ethik, Leipzig 
1860. Cfr. Carle La Vita del Diritto. Torino, Bocca, 1890, p. 650. 



*>G LA STOIUA DELLA FILOSOFIA e I RAPPORTI SUOI 

tendono il campo oggi, su che cosa si fondano in ultimo 
che su concetti essenzialmente filosofici, riguardanti la na¬ 
tura dell’uomo e della . ocietà? L’Individualismo si potrebbe 
assomigliare in gualche maniera all’Atomismo. A quel modo 
che l’Atomismo nel mondo fisico considera l’universo come 
la risultante di un numero infinito di atomi, che, spinti 
da una loro intima energia, si combinano diversamente 
cosi da produrre quella immensa varietà di cose esistenti 
e coordinate fra di loro che dicesi natura, senza che al¬ 
cuna idea preconcetta presieda a questa combinazione; 
così anche l’Invidualismo considera la società umana come 
il risultato del reciproco accomodarsi degl’individui, atomi 
sociali, che, spinti dai proprii bisogni, dalle proprie ten¬ 
denze, da influenze naturali, si combinano diversamente 
ira loro, dando luogo a quegli aggiogati, che, tribù dap¬ 
prima, si trasformano poi per via di successive evoluzioni 
in stati e nazioni. E anche qui nessuna idea preconcetta 
presiede a quest'opera di successivo aggregamento ; tutto 
proviene da una forza intima inerente agli stessi individui, 
che aggregandosi costituiscono la società (1). E siccome 
gl'individui, secondo questa dottrina, sono essi la realtà 
vera, mentre la roe : età non è in fondoche un’astrazione, 
non devono perciò esser a-sorbiti da questa, non devono es¬ 
serle in alcun modo sacrificati ; devono essere lasciati liberi 
nello svolgimento della propria persona; devono essere, non 
contrariati, neanche diretti nelle loro iniziative, ma abban¬ 
donati ad esse ; sicché per questo modo si abbia, secondo 
vagheggia lo Stuart-Mill, quella varietà e ricchezza di 


(1) Carle. — Op. cit., p. 523-523. 




COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 


27 


temperamenti, di caratteri, di opinioni e di condizioni so¬ 
ciali, che rompe la monotonia della convivenza civile e 
forma uno dei migliori ornamenti della medesima (1). Tutto 
al contrario il Socialismo. Il Socialismo nou parte dal 
fatto concreto dell’individuo ; parte dall’idea dell’ente so¬ 
ciale e collettivo, e vuole atteggiare gl’individui all’in¬ 
tento proprio di questo tutto. Mentre per 1 Invidualismo 
la società è come un organismo fisico che si svolge, a 
dir cosi, meccanicamente sotto l’impulso di una forza 
intima e latente, per il Socialis.no la società è un orga¬ 
nismo morale che nel suo svolgimento si propone e deve 
proporsi di attuare un fine, un ideale offerto dalla ra¬ 
gione. Il Socialismo non lascia perciò agl’individui il libero 
governo di se stessi, non lascia gl’interessi individuali in 
balia alla libera concorrenza, come fa lTndividualismo, 
ma vuole disciplinare questi e quelli secondo una norma 
prestabilita, mirando per questa via a un’organizzazione 
sociale, in cui tutti gl’interessi possano coordinai^ in una 
mirabile armonia. L’Individualismo vieta allo stato ogni in¬ 
gerenza nelle iniziative individuali, e vorrebbe ridurne 
l’azione alla sola tutela dei diritti e alla repressione del 
male, se pure non vorrebbe distruggerne addirittura ogni 
azione, considerandola come male peggiore di ogni male 
e preferendo, come fa lo Spencer, che i mali sociali 
siano lasciati alla vis naiurae medicatrix; il Socialismo 
confida nel potere sovrano dello stato, e ne vuole l’in¬ 
tervento in ogni caso a mettere in atto questo o quel- 

(1) Le idee dello Stuart Miti sull’argomento sono contenute sovrat- 
tutto nell’opera « La Libertà * e nell’altra « Il Gocerno rappretentatico ». 





28 J.A STOMA DEM,A FILOSOFIA E I RAPFOKTI SUOI 

l’ideale di organizzazione sociale, con cui si possa re¬ 
care x’iraedio effettivo ai mali che affliggono la società 
umana, ed ottenere la moralità ed il benessere (1). L’In¬ 
dividualismo s’attiene più che altro ai fatti; il Socialismo 
all’idea ; l’uno si connette col Positivismo, l’altro coll’I¬ 
dealismo ; l’uno si svolge in Inghilterra, il paese classico 
del Positivismo ; l’altro in Germania, il paese classico 
dell’Idealismo ; l’uno ha a suoi principali rappresentanti 
il Bentham, lo Stuart Mill, lo Spencer, strenui campioni 
della filosofia dei fatti, del Positivismo; l’altro, a non par¬ 
lare che dei più recenti, ha propugnatori efficaci e 
poderosi il Marx ed il Lassalle, ambedue ferventi se¬ 
gnaci dell’Hegel, il grande idealista, di cui adottano 
spesso il linguaggio metafisico e le forinole astruse, 
e al cui idealismo appartiene quell’alto concetto dello 
stato, accettato nelle sue conseguenze pratiche dal 
socialismo tedesco, per cui esso è come la ragione perma¬ 
nente e la personifìcazionc vivente dello spirito assoluto. 

VII. 

Tutto questo basta, credo, o Signori, a provare che il 
pensiero e l’idea filosofica è come il sostrato naturale d’ogni 
dottrina sociale, e poiché le dottrine sociali tendono a 
tradursi nei fatti, è anche ciò che pervade e penetra 
tutta quanta la vita dei popoli. 

Pare esagerazione alfermar ciò ? Parrà esagerazione 
agli osservatori superficiali non avvezzi a rendersi conto 


(1) Calle — Oji. eit„ p. 551-552. 






I.A STORIA. DELLA FJLOSOeiA li I SUOI lì APPORTI 29 

delle riposte cagioni dei fatti; non parrà agli altri che 
queste riposte cagioni ricercano, e per cui il fatto è in¬ 
dice sempre d’un’ idea. 

Lo studio delle speculazioni filosofiche, delle forme 
del pensiero pare talvolta trasportarci ben lontano dalla 
realtà, in un mondo ideale, quasi chimerico, che nulla 
abbia che fare col mondo reale in cui si vive e si opera. 
Il vero è però che questo studio ci mette ben addentro 
nella realtà, ce ne fa penetrare, per cosi dire, il segreto. 
Non si può spiegare il movimento senza conoscere il 
pensiero che lo dirige e governa; non si può spiegare 
l’azione senza conoscere l’idea che si è volata attuare 
con essa, e che fu quindi la sua causa motrice. La storia 
delle azioni non si può intendere interamente che per 
la storia delle idee. 

C’è chi ostenta un superbo fastidio delle idee, e non 
crede degna di studio altra cosa che i fatti. Ma le idee 
sono fatti essi stessi sott’altra forma ; e d’altra parte 
possiedono un loro potere, una loro forza speciale, per 
cui tendono a tradursi in atto. Un’idea che s’impadro- 
nisca d’uno spirito, non lo lascia in pace un istante, e 
lo trae anche suo malgrado a operare. Furono fatti studii 
notevoli, voi lo sapete, sull’impulsività dell'idea; l'Ardigù 
nostro ha pagine importanti sull’argomento e nella Psi¬ 
cologia e nella Morale ; il Fouillée in Francia ha una 
vera dottrina su quelle ch’egli ha chiamato idee-forze. 
E le idee sono forze non solo in quanto agiscono su indi • 
vidui isolati ; le idee sono forze più che altro in quanto 
agiscono sull’intera comunità ; le idee sono forze indivi¬ 
duali e collettive. Ci sono fatti che si presentano come 


30 L A STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI 

effetti di esplosioni momentanee, isolati quasi nel tempo ; 
in realtà furono preparati a poco a poco dal lavorio 
dell’idea. L’idea è come la goccia d’acqua che scava len¬ 
tamente il masso; o, se mèglio vi piace, come quei germi 
che, infrodottisi di soppiatto nell’organismo, v’iniziano un 
vero lavoro di trasformazione. Si potrebbe capire la rivo¬ 
luzione francese senza conoscere quel moto poderoso d’idee 
che l’ha preparata? Si potrebbe capire la rivoluzione 
nostra, se ignorassimo tutto ciò che dai suoi precursori 
s’è fatto nel campo del pensiero ? Gli è che accanto alla 
storia esteriore, alla storia dei fatti, c’è sempre la storia 
interiore, la storia delle idee ; nè l’una può stare indi¬ 
pendentemente dall’altra. Si parla oggi tanto, e a buon 
diritto, d’ambiente e della necessità di conoscerlo per 
spiegarci interamente ciò che vi accade. Or bene, c’è sol¬ 
tanto un ambiente fisico, o non anche un ambiente morale 
e sociale, un ambiente storico, diremo noi, che importa 
conoscere per ispiegarci la storia ? E quest’ambiente sto¬ 
rico da qual altra cosa è costituito che dalle idee che 
vi dominano ? 

Delle vitali attinenze fra le grandi correnti del pen¬ 
siero e i fatti della vita sociale ci dà incontestabili te¬ 
stimonianze la storia. Dottrine che sembrano le più lon¬ 
tane dalla vita reale, che si direbbero campate in aria, 
quali il Platonismo e lo Stoicismo, hanno esercitato la 
più benefica influenza morale in epoche di profonda dis¬ 
soluzione e precorso e preparato il più grande rivolgi¬ 
mento sociale che rammenti la storia, il Cristianesimo : 
dal Neopitagorismo e dal Neoplatonismo derivò la più 
gagliarda opposizione al Cristianesimo invadente e il 






31 


COLLA. STORIA DELLA COLTURA K DELLA 01\ 1LTÀ. 

tentativo <li Giuliano l’apostata di ripristinare la reli¬ 
gione greca : le speculazioni di Sant'Agostino sul peccato 
originale e sulla grazia misero capo alla riforma e alle 
guerre di religione : le astratte dottrine della scolastica, 
negli ultimi anni del medio evo, s’intrecciarono, per opera 
dell’Occam specialmente, colle più vive controversie poli¬ 
tiche fra l’impero e la chiesa ; e la distinzione, anzi la 
rottura d’ogni legame fra teologia e filosofia che l’Occam 
cosi gagliardamente sosteneva, faceva riscontro a quella 
sua polemica contro i papi in favore dell indipendenza 
dello Stato: Molinisti e Giansenisti, le cui controversie 
agitarono per tanto tempo la .Francia e che ebbeio parte 
cosi notevole nei suoi destini, furono il frutto naturale, 
sebbene lontano, delle speculazioni filosofico-religiose di 
Sant’Agostino e Pelagio : l’Illuminismo, di cui è nota l’ef¬ 
ficacia poderosa esercitata, in Germania specialmente, 
sulla religione, sulle dottrine giuridiche e politiche, su 
quello spirito di riforma che invase studiosi e filosofi, 
popoli e principi nella seconda meta del secolo A.VIII, 
e a cui son dovute le riforme di Federico 2°, di Giuseppe 
2°, e d’altri regnanti minori specialmente in Italia, e in 
ultimo anche la rivoluzione francese, fu la conseguenza 
del razionalismo del Leibnitz e più ancora del \\ olf ap¬ 
plicato alla vita pratica, nonché delle dottrine degli In¬ 
glesi, specialmente del Locke, che si diffusero ed ebbero 
il loro effetto maggiore in Francia, dove le tendenze 
dell’ Illuminismo presero un carattere più risoluto e più 
aperto, e giunsero, dapprima nei libri, poi nella vita, 
alle estreme conseguenze. Non palliamo poi dell’efficacia 
che il pensiero speculativo d’un uomo esercitò talora diret- 



i32 LA STOIUA. DPLLA FILOSOFIA K 1 KAI'POKTl SUOI 

tamente sulle sorti d’un popolo. I « Discorsi alla nazione 
tedesca » del Fichte, pubblicati nel 1808, mentre ancora 
Berlino era invasa dai Francesi e Napoleone era on¬ 
nipotente in Germania, risvegliarono l’abbattuta coscienza 
nazionale ed eccitando vivamente la gioventù, prepara¬ 
rono le giornate di Lipsia ; le pagine del Primato e del 
Rinnovamento di Vincenzo Gioberti, questo emulo di 
Fichte troppo dimenticato, prepararono gli animi al ri¬ 
scatto della patria nostra. 

Vili. 

Che dire poi dei rapporti tra la filosofia e la religione? 
La religione è una specie di metafisica spontanea ; ciò 
che le religioni comprendono allo stato di credenza istin¬ 
tiva, la filosofia comprende sotto la forma di conoscenza 
ragionata ; in fondo ad ogni religione c'è l’idea e il prin¬ 
cipio filosofico ; ogni moto religioso è come pervaso e 
penetrato dal pensiero speculativo, latente, se si vuole, 
avvolto, per cosi dire, e quasi nascosto nelle pieghe del 
sentimento, ma non meno certo ed efficace per questo. 

Corre tra queste due forme della vita umana, la filo- 
safia e la religione, lo stesso rapporto che tra le due 
funzioni fondamentali dello spirito, la ragione e il sen¬ 
timento ; e come non è possibile disgiungere queste, 
cosi non è possibile disgiungere quelle ; non è possibile 
delineare le vicende della religione senza indicare i pro¬ 
gressi della filosofia ; non è possibile riandare la via 
percorsa dal pensiero religioso, senza riandare insieme 
quella del pensiero filosofico. Dirò anzi che per certi 






COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 33 

popoli, come per esempio gl’indiani, i Persiani, i Chi- 
nesi, gli Egizi, gli Ebrei, la religione è quasi tutta la 
loro filosofia, e nei libri sacri, non altrove, deve essere 
ricercato il pensiero loro intorno a Dio, all’ uomo, alla 
natura e a quei problemi fondamentali, che soltanto piu 
tardi e presso altri popoli furono argomento delle di¬ 
scussioni di filosofi propriamente detti. 

D’ altra parte i grandi sistemi metafisici hanno an- 
ch’essi qualche cosa di solenne, di sacro, di sovranna¬ 
turale quasi ; furono paragonati a grandi epopee ; si 
potrebbero fors’anche, non senza ragione, paragonare a 
grandi costruzioni religiose. Un grande poeta, 1’ Heine, 
ha messo in rilievo questo che di miotico e religioso che 
è proprio dei metafisici, allorquando scriveva del più 
arido fra questi, lo Spinoza : « la lettura dello Spinoza 
ci colpisce come l’aspetto della grande natura nella sua 
calma vivente ; è una foresta di pensieri alti come il 
cielo, le cui cime fiorite s’agitano in movimenti ondula¬ 
torii, mentre i loro tronchi ben fermi affondano le loro 
radici nella terra eterna ; si sente nei suoi scritti spirare 
un soffio che vi commuove in una maniera iudifinibile ; 
si crede respirare l’aria dell’avvenire» {De l'Alemagne). 

Ed è naturale che sia cosi ; la religione e la metafisica 
s’aggirano in fondo nella medesima sfera ; non è il mondo 
dei fatti, della realtà quello di cui s’ occupano 1’ una e 
l’altra; è un mondo che trascende i fatti e la realtà ; 
anche la metafisica, al pari della religione, sebbene per 
vie diverse, ricerca quelle ragioni ultime dell’ uomo e 
delle cose, che non possono venir date dall’osservazione 
ed esperienza sensibile. So bene che questa ricerca delle 



34 LA STORIA DELLA FIIOSOFIA e I RAPPORTI SUOt 

ragioni ultime è condannata coinè vana illusione e che 
si considera come perduto il tempo che vi si consacra ; 
so che si tenta di guarirne lo spirito, come d’una malat¬ 
tia pericolosa; ma, tanto, la malattia è cronica oramai 
e lo spirito, credo, non riuscirà a liberarsene. 

D’altra parte è giusto che l’importanza delle ricerche 
si misuri solo dal successo ? Cercare senza speranza non 
è insensato, nè volgare, osserva il Ribot ; si può intrav- 
vedere, se non trovare. La vera nobiltà dell'intelligenza 
umana non sta tanto nei risultati che ottiene, quanto 
nel line che si propone e negli sforzi che fa per rag¬ 
giungerlo. Se la Metafisica non riuscirà mai a scoprire 
le lagioni ultime delle cose, se non troverà mai la chiave 
dfcll’nniverso, rimarrà però sempre un tentativo nobilis¬ 
simo sull’ignoto di tutti gli spiriti curiosi ed attivi ; e 
non dovesse rendere all’ intelligenza altro servizio che 
quello di agitarla e tenerla sveglia di continuo, di sol¬ 
levarla al di sopra d’ uno stretto empirismo, mostran¬ 
dole che 1’ esperienza non è tutto, che tutto non è 
neppure la scienza, che anche le idee, e non i fatti 
soltanto, hanno valore, che anche le ricerche sono pre¬ 
gevoli e non solò le scoperte, le renderebbe sempre un 
servigio eminente (1). 

Certo, e 1’ abbiamo ammesso anche prima, 1' ufficio 
principale della filosofia intesa come metafisica, o mètem- 
pirica che dir si voglia, sta oggi nell’unificare e siste¬ 
mare il sapere, nel rivederci principii e i risultati delle 
singole scienze, coordinandoli e armonizzandoli ; certo, 

(1) Ribot — Psgchologie augluite contenifiorui'ie, 3“ eJiz. Pari*, 
Germor Bailliére, 1881 latro I. p. 21 22. 




COMA STORIA OKU.A COLTURA K OKLLA ©VILTÀ 

. • - 


35 


COLL* STURI \ — 

essa - IT* S0PratU “° ri " e a dtm,aMnI 

zioni delle scienze « pei m comuni, che 

vate e «sfocate dall. nuova l-e-dee ^ ^ 

divengono cosi l’anima e^g » (1). Ma la 

tiene e si accresc f l’unico alimento 

scienza non basta all'uomo ; non form ^ 

anche a 

L’intelletto non „ c la volontà reclamano 

sentimento in ^^“^Sefecoltà non s’arrestano nei 
la loro parte. E <1 esse oltrepassano 

° T SVarlicao dove cono appianate lo oca- 
mmÌ ° • f onesto e d’onde attinge vigoria di propo- 

traddiziom di questo, le sue visioni nella 

Siti ad attuare, almeno largano 

guerà ma, d cona „ist. piena dell' i • 

U quelli che io interno e nei- 

Cr,^^azionidV;e^c^ = “ 

ideale “^“^“^“Lzi a un perchè che sfugge, 
rir;» -, come nelle pii, alte della coscienza, 

minngo, 1894, p. !'• 





ot) LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

in quelle energie poderose onde nell’universo è moto, è 
vita, è senso, è pensiero ; perfino nei fatti più semplici 
e famigliari, nei rapporti più elementari. 

Ora può la filosofia disinteressarsi di tutto ciò? può 
la filosofia trascurare queste altre tendenze dello spirito 
umano ? Gli antichi volevano che la filosofia spiegasse 
insieme ed appagasse le varie tendenze dello spirito, e 
che tosse di questo l’espressione più nobile e più ade¬ 
guata ; ebbene, perchè non avrà anche oggi questo com¬ 
pito ? perchè le si vorrà impedire di essere ancora quello 
che era già « la scienza della verità, l’arte della vita, 
il fondamento della virtù »? (1). Il Tyndall, l’illustre 
scienziato, discorrendo nel 1874, davanti all’Associazione 
britannica per il progresso della scienza, dell’evoluzione 
storica delle idee scientifiche, usciva in queste parole 
memorande: « Se lo spirito umano, quale pellegrino che 
sospira al remoto focolare, vuol rivolgersi al mistero 
ond’è uscito, e cerca come modellare in una sola imma¬ 
gine il pensiero e la fede, purché s’accinga a siffatto 
tentativo non solo senza intolleranza o bigotteria, ma 
riconoscendo che non si tocca quaggiù l’estrema perfe¬ 
zione e che ogni età deve essere libera di plasmare il 
mistero d’accordo coi suoi proprii bisogni ; allora, a di¬ 
spetto di tutte le restrizioni del materialismo, io affer¬ 
merò essere questo il campo sul quale le facoltà crea¬ 
tive dell’uomo, diversamente dalle sue facoltà conosci- 

(1) 1 ale era la filosofia j.er gli antichi secondo il Uertini. — La 
JìloaoJìa onera prima di Socrate , p. 18. 





COLLA. STOIllA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 37 

tive, potranno essere nobilmente esercitate » (1). E, 
non meno esplicitamente del Tyndall, il Wundt che, 
scienziato eminente, tentò la costruzione di un sistema 
su base largamente scientifica, assegna alla filosofia il 
compito di ordinare le cognizioni varie per modo che 
rimangano soddisfatte insieme le esigenze della ragione 
e del sentimento. 

Non mi dilungherò più oltre in quest’ argomento 
che non tratto di proposito ; toccando dei rapporti della 
filosofia colla religione io avevo soltanto per iscopo di 
mostrare anche per questa via la grande efficacia pratica 
di quella sulla vita dell’umanità, e quindi l’importanza 
della sua storia nella storia generale. 

IX. 

La quale importanza è anche dimostrata per un altro 
verso : le attinenze della filosofia colla letteratura e col¬ 
l’arte in genere, la corrispondenza che è quasi sempre fra 
i varii indirizzi letterarii e le correnti del pensiero, fra le 
forme, le concezioni e le scuole artistiche e i sistemi fi¬ 
losofici. Trasportiamoci per un momento coll'immagina- 
zione a quell’epoca tanto gloriosa per la letteratura francese, 
che é il secolo XVII, il secolo di Luigi XIV. In questo 
tempo è la filosofia cartesiana che tiene il campo, la fi- 

(1) h'Ecolution hitturique det idées scientijlques. — Discourspre- 
sìdentiel de M. Y. Tyndall à l’Association Britannique pour 1’ avance- 
ment dea Sciences. — Cours scientifìques 19 settembre 1374. II, 12, 
p. 265. 






38 la Stoma dìclla filosofia e i rapporti suoi 

losofia per cui la natura non è che una macchina inerte, 
un sistema di ruote e di congegni, senz’attività, propria, 
specie di fantoccio nelle mani di Dio. Ebbene, la natura, 
priva di vita com’è, non parla nessun linguaggio agli 
uomini di questo tempo. Mentre il poeta moderno ascolta 
il misterioso battito della vita universale, essi non ascol¬ 
tano che un secco e monotono tic-tac d’orologio, essi 
non s’abbandonano alla natura ; non trovano in essa tur¬ 
bamento o conforto ; non avvertono alcuna analogia tra 
i moti dell’anima loro e quelle infinite parvenze onde si 
manifesta la vita nelle cose ; non simpatizzano con la 
natura, non le danno valore e significato, o, se le danno 
un significato, è quello solo d’un freddo simbolo, rap¬ 
presentando essa ai loro occhi il complesso delle cause 
finali, che concorrono alla dimostrazione di Dio, supremo 
architetto dell’universo. Cosi è che i letterati non si sen¬ 
tono attratti dalla natura, e la marchesa di Rambouillet 
esprime come il sentimento di tutti, allorquando assicura 
cne « gli spiriti dolci e amatori delle belle lettere non 
trovano mai il lor conto alla campagna ». 

La ragione astratta in quest’epoca domina in tutti i 
campi dell attivila intellettuale e morale. XI pensiero 
prova l’esistenza ; cogito ergo suoi, dice Cartesio ; l’uomo, 
la persona è sovratutto pensiero, e il pensiero nell’uomo 
uccide, o quasi, il sentimento, le facoltà affettive; l’imma¬ 
ginazione è tenuta in sospetto, perchè turba il giudizio: 
i sensi sono organi d’errore ; criterio di verità è non af¬ 
fermare che ciò che è chiaro, evidenfe, chiaro ed evi¬ 
dente come il cogito ; il corpo è in contrasto inconci¬ 
liabile collo spirito, e per poco non se ne t.ien conto; lo 




COLTA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ 


39 


spirito stesso ha il suo reale fondamento in Dio ; e in 
Dio l’atto creatore e l’atto conservatore fanno una cosa 
sola ; sicché la conservazione delle creature è una « crea¬ 
zione continuata ». 

Questo razionalismo cartesiano si rivela nelle varie 
forme dell’arte. 

Ecco qui il teatro, che, anziché rappresentarci 
individui in carne e ossa, ci rappresenta personaggi 
senza corpo quasi, mere astrazioni, stati morali ; an¬ 
che ciò che di propriamente umano e sensibile c’ è in 
essi, si cerca idealizzare per modo cogli artificii dello 
stile, che non possa produrre alcuna impressione ma¬ 
teriale. Le circostanze di tempo e di luogo che deter¬ 
minano l’individualità, si sbandiscono più che è possibile, 
e solo gli elementi generali, proprii d’ogni tempo e d’ogni 
luogo, si mettono in luce; il buon senso e la ragione, 
osserva Racine stesso, sono i medesimi dappertutto e sem¬ 
pre. Quindi avviene che Achille potrebbe anche non es¬ 
sere un greco, e Andromaca potrebb’essere benissimo una 
principessa del secolo XVII, e non già soltanto la mo¬ 
glie di Ettore; Arpagone non è questo o quell’avaro, ma 
l’avaro, il tipo dell’avaro, come Tartufo non è un ipocrita, 
ma l’ipocrita, il tipo dell’ipocrita. Anche la critica let¬ 
teraria riproduce questo indirizzo razionalistico : al di 
sotto dell’autore non cerca l’uomo, come fa la critica 
moderna, che notomizza, a cosi dire, l’uomo, i suoi senti¬ 
menti, i suoi affetti, i suoi pensieri più intimi, per sor¬ 
prendere nell’uomo l’autore. Dell’uomo non si cura quella 
critica, studia l’opera in se stessa, come un’astrazione, 
un qualche cosa per se stante, e la giudica dall’alto di 




40 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

certi pnncipii razionali, alle cui esigenze non è dato 
mancar mai : si direbbe che l’opera d’arte non sia per 
qiaella. critica qualche cosa d’organico, di vivente; sia un 
fossile e nulla più. È notala poetica di Boileau. Alla ra¬ 
gione, egli sentenzia, deve il poeta attingere tutto ciò che 
darà lustro e pregio alle sue opere; l’estro, l’ispirazione 
sono esclusi. Amate la ragione, compiacetevi di essasola,egli 
ripete di frequente; il « buon senso » è lo scopo supremo 
d’ogm poesia. Anche Bacine felicita Corneille d’aver primo 
mostrato sulla scena la ragione e d’averne adoperato il 
linguaggio. Perfino la storia che parrebbe, più di qua¬ 
lunque altro genere letterario, dover tener conto delle 
circostanze di tempo, di luogo, di tutti i particolari ri- 
ferentisi al costume, al carattere degl’individui e delle 
età, astrae da tutto ciò volentieri, e rappresenta uomini 
e tempi m una specie di generalità costante, sacrificando 
cosi anch’essa al razionalismo dominante (1). 

X. 

. C \ potrebbe essere prova più convincente dei rapporti 
intimi fra letteratura e filosofia ? Ma non basta. Questi 
stessi rapporti possiamo trovare fra il pensiero filosofico 
e 1 indirizzo artistico e letterario del tempo nostro. 

E noto che l’indirizzo filosofico dominante al 
tempo nostro è quello che nel fatto s’incardina e 
dal fatto, dalla realtà positiva prende il nome, il P 0 - 


0) Vedi del bellissimo libro di Georges l*ellismer:« Le mouvement 
da p. 11 a p. 15 P * * * ( Sciame » specialmente 





COLLA STORIA DELLA CULTURA E DELLA CIVILTÀ 41 

sitivismo. Il Positivismo abborre da ogni maniera di tra¬ 
scendenza, ripudia la ricerca delle cause prime, delle 
cause finali e non studia che ciò che può essere sotto¬ 
posto a una verificazione empirica; il suo metodo è l’os¬ 
servazione e l’esperienza. La natura è ridotta per esso 
a fenomeni di movimento, lo spirito umano a fenomeni 
di coscienza : se nello spirito e nella natura ci sia una 
sostanza a cui quei fenomeni appartengono come a loro 
principio immutabile, il Positivismo non sa, o nega reci¬ 
samente. Ciò che cade sotto l’osservazione e l’esperienza 
è solo una serie di fatti ; quale altra realtà ci potrebbe 
dunque essere in noi e fuori di noi? E questi fatti si 
svolgono gli uni dagli altri necessariamente, si deter¬ 
minano reciprocamente; determinismo adunque nel mondo 
esterno come nell’interno ; il libero arbitrio, l’autonomia 
della persona, la persona stessa sono vecchie fole, che 
più non reggono alla luce della scienza. Noi non siamo 
padroni delle nostre azioni, come non siamo padroni dei 
nostri sentimenti e dei nostri pensieri ; al pari del mondo 
fisico, anche il mondo morale si sottrae ad ogni specie 
di azione libera ; anzi non esiste affatto mondo morale, 
poiché virtù e vizio sono in ultimo prodotti naturali, 
come potrebbe essere il vetriolo o lo zucchero. Inutile 
perciò parlare di dovere; soltanto d’appetiti e d’interessi 
è lecito parlare ; i fatti sono sprovvisti d’ogni carattere 
morale ; l'ideale che tende a legittimare diritto e mo¬ 
ralità è inconciliabile coi fatti. 

Ebbene, a questo indirizzo positivo in filosofia cor¬ 
risponde un indirizzo positivo in arte ; mentre la filosofia 
conclude la legittimità dei fatti dalla loro necessità, 








42 LA STORIA DELLA FILOSOFIA COI RAPPORTI SUOI 

l’arte si riduce ogni giorno più a notarli e a trascriverli. 
Ecco qui il romanzo che sottopone ad analisi minuziosa 
e sapiente il processo dell’agire umano, e mostrando come 
si leghino le azioni l’una all’altra, come ciò che dicesi 
condotta si sviluppi in una serie sucessiva e necessaria 
di atti, presenta l’uomo quale un ingegnoso meccanismo 
di ruote, che l’una muove l’altra senza riparo. 

È il gusto della ricerca, della descrizione minuta, che 
domina il romanzo. Voglia esso presentarci un’anima, un 
ambiente, un quadro di costumi, un avvenimento storico, 
si direbbe in ogni caso un’opera formata essenzialmente 
di documenti ; tanto si cerca di ridurre la parte dell’in¬ 
venzione, e di copiare per quanto è possibile la realtà 
anche in quanto ha di meno significativo. Fatti e perso- 
naggi sono tratti dalla realtà ; il romanziere pare non si 
proponga neppure d’integrare questa realtà, per paura 
si possa dire che ci ha messo del suo. Egli non vuole 
apparire nell’opera sua, se ne disinteressa quasi ; rap¬ 
presenta il bene, senza mostrargli simpatia ; rappresenta 
il male, e non gli scappa alcuna parola di riprovazione; 
è e vuole essere sopratutto uno spettatore imparziale, 
quasi lo spettatore imparziale dello Smith. Anch'egli, come 
i pittori, ha il suo album ; e in quest’album nota, sor¬ 
presi nella realtà, atteggiamenti, gesti, movimenti, into¬ 
nazioni e flessioni di voce, perfin qualche nome strano 
che lo abbia colpito, a non parlare di costumi, di tem¬ 
peramenti, di caratteri, ecc., materiali tutti di cui trae 
poi largo profitto ; egli ama sovratutto di essere un ana¬ 
lista, uno storiografo, un raccoglitore di fatti e di sen¬ 
sazioni, e in questo principalmente fa consistere il pregio 
1 valore dell’opera sua. 




COI.LA STORIA DELLA COLTURA li DELLA CIVILTÀ 4.3 

Se tale è il romanzo, che cosa dovrà essere la 
storia? La storia come opera d’arte è un'anticaglia 
oramai ; le storie deU’Amari, del Capponi, del Botta, 
del Colletta, del Cantù, quelle del Thierry, del Mi¬ 
chelet, del Guizot, del Mignet ecc. in cui si cerca 
di dar vita al documento col soffio dell’arte, non sono 
più compatibili coll’indirizzo positivo. Lo storico dei giorni 
nostri non sacrifica ai lenociai della forma, non ama i 
quadri pittoreschi, le vaste generalizzazioni, le sintesi 
geniali, non ordina e dispone gli avvenimenti secondo un 
intendimento artistico ; egli è sopratutto un erudito pa¬ 
ziente che si appiatta in un cantuccio del passato, e vi 
scova fatti ben accertati e vagliati con una critica mi¬ 
nuziosa e sagace. Egli teme l’immaginazione, diffida del 
sentimento, perfino degli apprezzamenti della ragione vor¬ 
rebbe far a meno ; il fatto, il nudo fatto è la sua preoc 
cupazione costante ; una commozione improvvisa di fronte 
a un avvenimento, la previsione anche ragionata delle 
conseguenze di questo, un insegnamento che se ne voglia 
trarre, tutto ciò oltrepassa la cerchia del fatto e gli è 
quindi sospetto. Il più assoluto disinteresse, la più as¬ 
soluta obbiettività deve dominare nell’opera sua ; solo a 
questo patto essa soddisferà alle esigenze di un metodo 
scientifico ; poiché essa è scienza, non arte. 

E ben vero che le sue ricerche particolari, le sue storie 
di luoghi e di tempi determinati, le sue monografie mi¬ 
nuziose devono trovar posto in un assieme più vasto e 
preparare quella sintesi universale, che è lo scopo su¬ 
premo degli studi storici. Egli sa bene ciò ; ma quella 
sintesi deve essere certa, fondata su basi salde, non qual- 








44 


LA STORIA DELLA FILOSOFIA li I RAPPORTI SUOI 


che cosa di chimerico, di campato in aria, e perciò non 
vede per il momento di meglio a fare che studiare fatti 
separati, di cui possa acquistare conoscenza piena ed in¬ 
tera ; compiuto questo lavoro analitico, il lavoro sinte¬ 
tico verrà poi come sua naturale conseguenza. 

Anche la critica dell’arte corrisponde all’indirizzo do¬ 
minante; era un esercizio di gusto, è diventata una 
scienza ; una scienza che nell’esame delle opere porta 
quel medesimo spirito che porta lo storico nell’esame degli 
avvenimenti. L’opera d’arte è sovratutto un documento 
oramai ; il critico non si lascia commovere dal bello, come 
non si lascia commovere dal brutto ; sono fatti naturali 
1 uno e 1 altro, hanno l’uno e l’altro il loro valore e il 
loro significato. « U vero critico non ammira, nè biasima, 
osserva ri Pellissier ; egli accetta le forme molteplici che 
prende l’anima umana per rivelarsi, non ne condanna al¬ 
cuna e le descrive tutte. Applicando all’ arte come alla 
morale un determinismo implacabile, estende 1’,impero 
delle leggi organiche fin nel dominio della produzione 
letteraria. Egli riduce gli individui a non essere che la 
risultante della loro razza, del loro secolo e dell’ambiente 
in cui vivono. Dei documenti, ecco ciò ch’egli cerca nel- 
1 opera estetica» (1). Che dire poi della poesia? Essa è so¬ 
vratutto il linguaggio del sentimento e dell’immaginazione; 
non può dunque che trovarsi a disagio nel secolo della 
critica e della scienza. E in realtà la letteratura al tempo 
nostro è in gran parte prosastica.L’epica non è più pos¬ 


ti) Op. cit. p. 270. Vedi 
tolo « L'Éeolution lénlisie • 


l’intero baUiesimo capitolo che ha per ti- 







colla storia oklla coltura k dell* civiltà 45 

sibile : il dramma sfugge alla poesia; alla lirica solo ò 
concesso di vivere ancora non ingloriosamente come forma 
poetica. Ma il poeta è guardato dalla gente quasi con 
compatimento, con quello stesso senso press’a poco con 
cui si guarda un ragazzo che giuoca e scherza ; pove¬ 
retto, non ha altro da fare, lasciamolo divertire ! E di- 
fatti è divertimento innocente la poesia; si scherza gx-azio- 
samente colle parole, coi suoni' colle rime. Ma un uomo 
serio, positivo potrebbe permettersi ciò ? Ohibò ! L’uomo 
serio, positivo arrossisce, come di colpa grave, dei ten¬ 
tativi poetici della sua prima gioventù ; l’uomo serio, 
positivo, dice quello che ha da dire in prosa. « Tu ti 
contentei’ai della prosa, dice a se stesso, giovane ancora, 
Alessandro Dumas ; essa sola dice bene quello che hai 
da dire ». Del resto la poesia sopravvissuta si risente 
anch’essa dello spiiùto dominante ; descrizioni minuziose 
di realtà specialmente famigliar! ; analisi delicate di pen- 
siei'i e di sentimenti, ricerche e rappresentazioni fin troppo 
esatte di fatti storici ; studio d’una forma, che all’espres¬ 
sione precisa del concetto congiunga, fin dove è possi¬ 
bile, L’andamento semplice e piano della prosa. E il Po¬ 
sitivismo, è il Realismo filosofico che penetra fin dove 
parrebbe non dovesse mai penetrare. 

XI. 

Signori, è tempo di riassumere, è tempo di raccogliere 
le vele fin troppo spiegate nel nostro discorso. Voi siete 
già persuasi con me che la filosofia ha attinenze strettis¬ 
sime con tutte le forme della vita spirituale, con tutte 
le manifestazioni della civiltà e della storia. La storia 





46 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI 

della filosofìa è per ciò insieme storia del sapere e della 
coltura ; storia in largo senso del progresso e della civiltà. 
Non meno dei metafisici di Germania, i positivisti di 
Francia e d’Inghilterra sostengono ciò. Il Comte e lo 
Stuart Mill considerano d’accordo il progresso della spe¬ 
culazione come la causa principale del progresso sociale (1). 
Sarà dunque uno studio di lusso, come sostengono alcuni, 
la storia della filosofia ? Anche ammesso che sia un lusso, 
è un lusso necessario, un lusso di cui non possono far a 
meno gli uomini colti. Sarà una vana curiosità, come 
credono altri, un’inutile commedia, un terreno sparso di 
rovine? Ma è anzi spettacolo grande e solenne, un dramma 
pieno di vita e ricco di significazione, un terreno produt¬ 
tivo e fecondo. Le si farà colpa di essere un’incessante 
e sterile lotta di vita e di morte, un’ alterna vicenda di 
sconfitte e di trionfi? Ma se questa è la sorte di tutte 
le cose umane, se nella morte è la vita e nella vita 
la morte ! Si dirà che è una serie di soluzioni con¬ 
tradditorie dei medesimi problemi, di risposte unilate¬ 
rali tutte e tutte esclusive alle stesse domande? Ma 
chi potrebbe sostenere che lo spirito umano sia un 
tutto essenzialmente armonico e coerente ? L’ incoe¬ 
renza, la contradizione è nel pensiero, nel sentimento, 
nelle opere, in tutte le manifestazioni dello spirito in- 
somtna; e pretendereste non fosse nella filosofia che dello 
spirito è la manifestazione più piena e più alta ? D’altra 
parte perchè guardare i sistemi filosofici solo nei rapporti 
onde alcuni sono legati ad alcuni ? Guardateli invece nel 
loro complesso, abbracciateli con uno sguardo unico tutti 

(1) Veti specialmente Stuart Miti, Logiqtte, voi. p. 52t) 530. 





COLLA STORIA DELLA COLTURA K DELLA CIVILTÀ 47 

assieme, e vedrete che ricompongono l’unità vivente del 
pensiero, vedrete che non s’elidono veramente, ma s’ inte¬ 
grano piuttosto a vicenda e sono come le membra d’un 
vasto organismo, come le faccie di un immenso poliedro. 
Alcuni, più radicali degli altri, sostengono addirittura 
che parte almeno dei sistemi filosofici 6ono vere bizzarrie 
e, bontà loro ! aberrazioni mentali, veri scherzi di natura,^ 
come si diceva un tempo di quei prodotti naturali fuori 
dell’ordinario, di cui non si sapeva dare la sp : egazio^e. 
Ma la natura non scherza mai, è ben noto; la natura fa 
sempre sul serio ; e come quei prodotti che si dicevano 
scherzi una volta, si apprezzano ora più degli altri, perchè 
meglio atti a rivelarci il segreto dell’operare della natura; 
cosi i sistemi filosofici, che del resto non sono scherzi, 
hanno per la scienza nuova un immenso valore, poiché 
solo per essi è dato scoprire le leggi onde venne forman¬ 
dosi il pensiero moderno; solo per essi è dato percorrere le 
tappe per cui è passato il pensiero prima di arrivare allo 
stato presente. 

Ma io penso sovratutto aU’efficacia educativa della 
storia della filosofia ; maestro ed educatore, è naturale 
che ciò mi preoccupi. La filosofia incomincia là dove fi¬ 
nisce il senso comune ; quello che al senso comune ap¬ 
pare chiaro ed evidente, o insignificante almeno, a una 
riflessione più profonda è irto di difficoltà e problemi 
d’ogni maniera, è addirittura mistero. Ora che cosa gio¬ 
verà più a scuoterci dal pigro sonno d’una morta e ac¬ 
quiescente tradizione, che studiare il pensiero di coloro 
che hanno tentato risolvere quei problemi, svelare quel 
mistero ? E non basta; ai grandi monumenti dell’arte 
noi ci accostiamo, perchè ci illumini nn raggio d’imperi- 


LA SrOlttA DliLLA FILOSOFIA K 1 RAPi’OIfrt SUOI 

tura bellezza, perchè l’educazione artistica e letteraria 
meglio si forma collo studio dei grandi classici dell’arte 
e colla famigliarità delle loro opere, che colle astratte 
regole e le vuote forinole della vecchia retorica: ora l’e¬ 
ducazione del pensiero scientifico non dovrebbe allo stesso 
modo formarsi collo studio dei grandi eroi del pensiero, 
i genii della speculazione, Platone, Aristotele, Leibnitz^ 
Kant, Spencer ? Aggiungasi che quella meravigliosa va¬ 
rietà di tendenze, d’impulsi, d’indirizzi che si riscontra 
nei grandi pensatori, è mirabilmente atta ad arricchire 
la coscienza scientifica e a svolgere le moltiformi energie 
dell’ingegno ; e che per l’esempio di questa varietà l’uomo 
acquista più facilmente quella serena equanimità di giu¬ 
dizio, quello spirito largo e comprensivo, che abborre da 
ogni maniera di esclusivismo, e quindi di dogmatismo, 
quello spinto finemente critico e insieme libero e indipen¬ 
dente, che guarda le cose dall’alto, senza odio e disdegno, 
seuza entusiasmi e adorazioni soverchie, sine ira et studio, 
che è una virtù e una forza insi me dello scienziato. 
Oggi cè nei giovani specialmente la tendenza all’affer- 
mare reciso ed assoluto anche nelle questioni più con¬ 
troverse: ebbene, la storia della filosofia vi terrà lontani 
da questo vezzo, o giovani, vi avvezzerà a considerare 
le cose da vari punti di vista, non da uno, o da pochi 
parziali ed esclusivi, vi renderà tolleranti con tutti, con 
tutti i lavoratori serii ed onesti; vi convincerà che anche 
nella scienza brutta cosa sono le sette e le chiesuole; che 
la libertà è condizione di progresso non soltanto nella vita 

civile e politica, ma in quella più intima del pensiero e 
delle idee. 








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