!). r GIUSEPPE ZECCANTE
Professore di Storia della Filosofa nella R. Accademia scientifico-letteraria di Sfilano / LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI lt 0 M A TIPOBRAFIA DELLE TERME DIOCLEZIANE DI O. BALBI Via della Mercede, N. 28-29 . 1896 La storia della Filosofia e i rapporti suoi colla storia delia coltura e della civiltà I. Saluto questa illustre città, esempio mirabile di vita intensamente operosa in tutti i campi, nelle industrie non meno e nei commerci che in ogni maniera d’istitu¬ zioni sociali e politiche, nelle lettere e nelle arti non meno che nelle scienze. Italiano o straniero, nessuno può dimorare anche per poco a Milano, senza ammirare, non dirò, le sue vie, i suoi giardini, i suoi templi, i suoi teatri, le sue scuole, i suoi istituti scientifici, i monu¬ menti innalzati ai suoi grandi, le officine e gli stabili- menti immani, i segni esterni insomma di un’attività prodigiosa ; ma più di tutto le sorgenti intime di quest’at¬ tività, le qualità peculiari di un popolo forte e serio, per cui il lavoro è una seconda natura e il tempo è da¬ naro ; per cui la vita non vale la spesa di essere vis¬ suta, se non è rivolta al proseguimento di un fine alto e degno ; di cui tutti gli sforzi cospirano a ciò : prov¬ vedere ai bisogni della vita materiale e alla ricerca della 4 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI prosperità economica, ma non dimenticare i bisogni più elevati dello spirito e soddisfarli anzi nella misura più larga. Modesto lavoratore, ma diligente e coscienzioso, io non potevo, o Signori, desiderare campo più adatto alla mia attività che questa nobile città, che di lavoratori è piena, e di lavoro è insieme esempio ed eccitamento. E quando questa vostra Accademia, che è come il centro della operosità letteraria e scientifica di Milano, mi fece l’onore di chiamarmi alla cattedra di storia della filo¬ sofia, esultò l’animo mio. Esultò, ma fu preso insieme da sgomento. Quest’Accademia, lo so bene, ebbe in ogni tempo insigni maestri, e ne ha tali anche oggi che ono¬ rano da soli una città e una nazione, e non posso io, conscio come sono della mia pochezza, non trovarmi a disagio in siffatta compagnia. D’altra parte i due che mi precedettero di recente nell’insegnamento che assumo oggi) hanno lasciato tale traccia di sè, o per vigoria d’in¬ telletto e risorse inesauribili di critica e di polemica, o per genialità larga di studii e di parola, ch’io mi sento anche più da poco al loro confronto, e tutta comprendo la gravezza del compito a cui mi sobbarco. Ma l’esem¬ pio loro mi soccorra, o Signori, e il vostro favore non m’abbandoni; e se è vero che ognuno, e specialmente chi non è vecchio, fecondi e moltiplichi le proprie forze nell intima società di uomini insigni, mi giova sperare che aneli io sentirò moltiplicate le mie qui, dove splende tanta luce di scienza, e che, a questa cooperando anche in minima parte, mi mostrerò non indegno della fiducia di cui mi onoraste chiamandomi a questo posto. Colla storia dulia l'oltura e delia civiltà. D IL Ciò che dà l’impronta ad un secolo e ne forma come la caratteristica, voi ben lo sapete, o Signori, è non tanto il tesoro effettivo delle sue cognizioni, delle sue invenzioni e scoperte, quanto piuttosto la via che segue per giungere ai risultati a cui giunge, il modo con cui si rappresenta la natura e la vita, lo spirito che intornia e vivifica le sue ricerche. Ora del secolo nostro spirito informatore e abito men¬ tale, a cosi dire, è il concepire la natura e la vita stori¬ camente ; il rappresentarsi i fenomeni o morali e sociali, o biologici e fisici, come una continua evoluzione, come dipendenti gli uni dagli altri, come determinantisi reci¬ procamente in una sempre maggiore eterogeneità e com¬ plessità attraverso a differenziazioni successive. Scienza dei fatti vuol dire oggidi storia dei fatti ; ogni maniera di scienza si può dire abbia assunto la forma storica ; tutto il movimento scientifico contemporaneo è essen¬ zialmente storico. Mentre nel secolo passato, in gian parte, si avea rinunziato ad ogni criterio storico e tra¬ dizionale, e con principii generalissimi e coi dati della ragione astratta si pretendeva ricostrurre la scienza, la religione, l’arte, la vita civile e sociale (il grande moto della Rivoluzione francese è come l’attuazione pratica di (j LA STORIA Di:LI.A FILOSOFIA K I RAPPORTI SUOI questa tendenza), nel secolo nostro si riconobbe che fuori della storia non v’ha salute, che la storia non solo ci conserva il passato ed è la scuola migliore per l’avve¬ nire, ma è addirittura la forma, a dir cosi, della vita e della civiltà. E già incominciando dalle scienze morali e sociali, prime ad assumere la forma storica, come quelle che s’occupano di fatti che più chiaro presentano il ca¬ rattere dello svolgersi e formarsi progressivo, questo spirito storico andò a mano a mano propagandosi alle scienze stesse naturali, sicché oggidì non solo, ad esempio, la filolo¬ gia classica, la linguistica, la scienza del diritto, quella delle religioni, l’economia, la letteratura e l'arte stessa hanno un fondamento essenzialmente storico, e metodo e procedimenti storici ; ma metodo e procedimenti storici hanno anche la geologia, la cosmologia, la biologia; poiché nella prima alla vecchia teoria degl’improvvisi cataclismi, dei subitanei rivolgimenti, delle creazioni ex nihilo , s’è so¬ stituita quella delle lente e graduali trasfonnazioni della crosta terrestre e quindi d’una vera storia del nostro pianeta; e nella seconda l’idea, divinata dal Kant e ri¬ dotta a teoria dal Laplace, d’una graduale formazione del sistema solare da una materia diffusa, tiene oramai il campo ; e nella terza finalmente veniva a mano a mano perdendo terreno la dottrina del Cuvier sulla stabilità delle specie, e vi domina sovrana ora l’idea che, già di¬ vinata dal Kant, dall’Herder e dai Gfoethe, assumeva, col Lamark e col Darwin specialmente, il valore di teoria e scoperta scientifica, sulla trasformazione delle specie, sul¬ l’evoluzione graduale e progressiva degli organismi vi¬ venti. COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 7 Scienza della natura è oramai storia della na¬ tura, anche secondo il concetto dell’Haeckel, che al¬ l'opera sua dava il nome di « storia naturale della crea¬ zione » ; scienza dello spirito è storia dello spirito. Come le faune e le flore si studiano nelle loro filiazioni e nei loro svolgimenti, cosi ogni scienza si studia nella filia¬ zione e nello svolgimento dei suoi prodotti. La dottrina dell’evoluzione che è come l’anima di tutta quanta la coltura scientifica moderna, ha contribuito più che altra mai a diffondere questo spirito storico, che è diventato, a dir cosi, una cosa sola con essa. III. Conformemente a questa tendenza cosi spiccata che mostra il secolo nostro per lo storicismo, anche la filosofia è diventata una scienza essenzialmente storica. Per ve¬ rità non mancano anche oggi tentativi di costruzioni fi¬ losofiche, fatte quasi in odio ad ogni spirito storico, ad ogni critica anclie rudimentale dei sistemi ; ma sono casi isolati, avanzi di tendenze antiscientifiche non ancora appieno scomparse, prodotti di cervelli, acuti anche, se si vuole, ma chiusi ad ogni altra idèa, che non sia quella del sistema o della chiesuola, e destinati perciò ad avere la vita d’un giorno. Siamo ben lontani oggi dal tempo in cui Cartesio, isolandosi nella riflessione individuale, escla¬ mava che « non vole\ r a neanche sapere se c erano stati P I,A STORIA DELIA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI degli uomini prima di Ini », Quel suo disdegno pei il passato, quel suo proposito fermo di attingere solo alle sorgenti del proprio spirito, come se altri spiriti prima di lui non fossero stati, era giustificato da una naturale reazione contro l’autorità degli antichi, che dominava esclusiva nel medio evo; ed era forse necessario a pie- parare i tempi nuovi e a fare che l’uomo nuovo, acqui¬ stando una nobile ed alta coscienza di sè, cimentasse cosi le proprie forze nell’acquisto dei nuovi veri. Oggi più che il proposito del Cartesio giova rammentare quello del Leibnitz, che, pur non disconoscendo la necessità della speculazione originale, voleva che questa s innestasse, per cosi dire, sul vecchio, e chiamava perciò in suo aiuto la storia (1). E in realtà le dottrine filosofiche hanno vita e si propagano o per somiglianza e imitazione, o per oppo¬ sizione e contrasto; sicché in ogni caso il presente è fi¬ glio del passato e padre dell’avvenire. Una filosofia per¬ tanto che faccia astrazione dalla sua storia, è presso a poco senza fondamento ; un pensiero che s’isoli volonta¬ riamente da tutto ciò che l’ha preceduto, vaga d’ordi¬ nario nel vuoto, e riesce a delle stranezze. Come potrebbe un problema filosofico essere affrontato convenientemente, se non se ne conoscessero tutti i lati e gli aspetti, se non si conoscesse come vi si è affaticato attorno lo spi- (II Noucea.v Essai, livro 1, cb. 1, « I.a véiité est plus rppan-ìiie qu’on ne penso ; mais elle est souvent affaiblie et mutile. En faisnnt remarquer le* traces de la veii-écliez Ics anciens, on tirerait l'or de la boue, le diamant de la mine, et la lumière dcs ténébres: et ce serait perenni* quaedam philoxophia ». ‘t COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. rito umano in ogni tempo, e quali furono i tentativi fatti per scioglierlo? Soltanto nei passato si può trovale la ragione del presente e ravviamento per l’avvenire. Mentre le altre scienze possono fino a un certo punto prescindere dalla loro storia, della filosofia invece è parte integrante la sua storia. Gli è che la filosofia e la sua storia hanno in fondo il medesimo oggetto; lo spirito che riflette su se stesso e vuol comprendere se stesso. Ciò che ogni individuo, colla riflessione filosofica, scopre in sè, la storia della filosofia ce lo fa trovare, come in un’immagine ingrandita, nelle dottrine che si sono suc¬ cedute attraverso i tempi (1). Non a torto il Wundt lamenta che chi si pone a filosofare si creda troppo spesso sciolto dall’ob- bligo di conoscere la storia della filosofia (2); e noi dal canto nostro lamentiamo che una scuola pur nobilissima, il Positivismo, che ha reso servigi segnalati alla scienza e alla filosofia, e che, fondandosi sul concetto dell’evo¬ luzione, dovrebbe per ciò stesso tener conto della storia, la trascuri invece, o non la curi a sufficienza, latta qualche rara eccezione, massimamente in Italia, sotto pretesto che quasi tutto il passato è un tessuto di dot¬ trine vane e fallaci, sogni metafisici di cui non giova oc¬ cuparsi; e che solo il presente, il presente positivistico, è degno di studio. Invece tutte le dottrine sono degne di studio ad un modo, o Signori, come quelle che, rappresen¬ tando varii momenti della vita storica dello spiiito, (t) Fouillèe. — HUloire de la Philosophie. Paris. Delagrave, 1895, p. II. (2) Philonophic und WisscnirliaSt in Essays, 1385. 10 la storia della filosofìa f« i uaì’ì'ort! suoi sono egualmente necessarie a rivelarne l’intima natura; ed ogni esclusivismo è perciò contrario alla scienza e impedisce la nozione vera dell’oggetto della filosofia. Le altre scienze hanno anch’esse una loro storia; ma riguarda più che altro il succedervisi delle ipotesi e delle teorie, l’affermarvisi di cognizioni nuove e di nuove idee alla luce di nuovi fatti, i rivolgimenti fecondi portativi da divinazioni d’intelletti geniali, gli arresti improvvisi dovuti a tristizia di tempi o d’uomini e cosi via. Sicché questa storia, a cosi dire, esteriore, nulla, o ben poco, ha che fare coll’oggetlo delle scienze stesse; e può anche fino a un certo punto essere ignorata dallo .scienziato. Egli sarà per questo meno dotto, meno erudito; ma non sarà meno acuto, meno profondo, meno conoscitore della materia sua, meno scienziato per questo. Gli è che nelle scienze è sempre la forma ultima quella che vale; le pre¬ cedenti, scalzate dall’ullima, non hanno alcun valore, e 11 conoscerle può importare all’erudito, importa mediocre¬ mente allo scienziato. Come volete che un fisico, in pos¬ sesso di tutti i trovati della fisica moderna, collo spirito imbevuto delle nuove idee e dottrine, abbia bisogno, per far avanzare anche di più la scienza sua, di sapere come la pensavano, ad esempio, i Caldei intorno a un dato fe¬ nomeno? Egli sa già che contraria al vero è ogni altra idea e dottrina, che non sia quella confermata dai re¬ centi studi, dalle recenti esperienze; e perciò o non se ne cura, o se ne cura appena quel tanto che basti a sod¬ disfare una legittima curiosità: a lui preme sovratutto assicurarsi del presente; perchè il presente solo è scienza, e da questo solo può prendere le mosse alla conquista di nuove idee, di nuove cognizioni. li COLLA. STOICI A DELLA COLTURA E DELI.A C1NIL1A. Nulla di tutto questo in iilosofìa. TI progredire di questa non sta in un continuo accrescersi di cognizioni positive, nel giungere a risultati ben saldi e definitivi, nel risolvere i problemi che si pongono, e nel porne di nuovi clic si risolveranno allo stesso modo; ma piuttosto in un continuo rifarsi da capo, però con una coscienza a mano a inano ] iit chiara e comprensiva del problema speculativo; non nel risolvere definitivamente questo pro¬ blema. ma nel porlo via via con maggior sicurezza e cor¬ redo d'esperienza, sovratutto poi nel conoscere sempre meglio i metodi che ne prepareranno la soluzione e nel- l’acquistare via via maggiore abilità ad applicarli. Ciò vuol dire che altri non potrà avere una chiara nozione dell’oggetto della filosofia, se non ne conosce la storia; che anzi la filosofia trova, per cosi dire, se stessa nella sua storia, la quale è perciò, come dicevamo, parte inte¬ grante di quella, e insieme di quella generatrice e fon¬ damento (1). IV. Non già che la filosofia stia tutta quanta nella sua storia, come altri ha sostenuto, e che nulla si deva la¬ sciare all’iniziativa individuale. Come non è bene che l’uomo si i li, si chiuda in un pensiero tutto individuale ed estraneo alla storia, cosi non è bere che niente pensi di per sò e ripeta soltanto cose dette da altri ; è deplo¬ revole egualmente il soverchio d’originalità, in filosofia si- (t) Chiappelti. — La Ctltura «lorica e il rinnocamente della filotojla, r . 38, in Sanai e Note Critiche, Bologna, Zanichelli, 1895. 12 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI nonimo di stranezza il più delle volte, come l’assenza di originalità e il sostituire all’invenzione la compilazione. La storia della filosofia impertanto, nel tempo stesso che ci dà una chiara nozione della filosofia e del formarsi e svolgersi progressivo del suo oggetto attraverso i tempi, deve anche eccitare in noi quello spirito di ricerca e di scoperta, senza cui saremo bensì uomini dotti, biblioteche ambulanti, pieni la testa d’idee e pensieri altrui, ma mancanti affatto d’iniziativa, inetti a muovere un passo senza che gli altri c’indichino il cammino. C’e un indirizzo oggidì nel campo delle scienze morali e sociali, che per esser meglio scientifico, per esser meglio positivo, per fondarsi meglio sui fatti, per poco non fi¬ nisce col ricondurre l’uomo al passato, coll’arrestare ogni progresso, sotto pretesto che non trova nessuna giusti¬ ficazione nei fatti; col rendere l’uomo un automa culi an¬ tesi nella contemplazione di ciò che fu e vietante a se stesso ogui aspirazione, ogni ideale d’avvenire. Ma questo è un falso storicismo, o Signori, non è lo sto¬ ricismo sano e fecondo, di cui abbiamo parlato prima; è un empirismo vuoto e pernicioso, che ci dobbiamo ben guardare d’introdurre negli studi di storia della filosofia. Il pensiero umano, come del resto la vita dei popoli e degl’individui, non è una specie stabile, non è qualche cosa di rigida¬ mente fisso e permanente; è qualche cosa invece che si forma e diventa incessantemente; e in questa sua evolu¬ zione ha bisogno del passato sicuramente, ma per prendere da esso le mosse, per mettersi, partendo da questo punto, per vie nuove, intentate ancora. For- sechè la storia perde del suo valore, se può fornire COLLA STORIA DELLA COLTURA È DELLA CIVILTÀ. 13 qualche utile insegnamento? Ma se fu chiamata in ogni tempo maestra della vita! Forsechè perde della obbietti¬ vità e serenità che deve avere, se altri può trovarvi un eccitamento al peusare e all’agire? Ma se la narrazione schietta e sincera dei fatti non può non produrre un ec¬ citamento negli animi, se la verità ha una sua forza mo¬ trice speciale, che in nessun modo è possibile contenere! A che servirebbe il passato, se in ogni caso dovesse la¬ sciarci freddi e indifferenti, se per null'altro si dovesse ricercare e disseppellire, che per soddisfare una vana cu¬ riosità? Il passato non ha valore se non in quanto svegli in noi forza ed attività, se non in quanto cessi di esser passato e si trasformi, per cosi dire, in carne e sangue nostro, sangue che vivifichi questa nostra vita moderna. Ben sappiamo che ci sono nel passato delle forme caduche, destinate a tramontare coll'ambiente che le ha generate ; e non a queste certamente chiederemo quella vita che non hanno; ma c’è anche e si produce nel tempo qualche cosa che ha in sè una vitalità immortale, de¬ stinata perciò a rivivere perpetuamente sotto forma nuova nella coscienza umana ; e a questa chiederemo di com¬ piere l’ufficio suo nella storia; questa cercheremo che, sorgente di vita, non cessi mai di distribuire e fecon¬ dare la vita. Voi sapete, o Signori, della lampada che là nelle feste Panatenee si trasmetteva di mano in mano; ebbene che il passato si trasmetta a noi nello stesso modo, sicché la fiaccola della vita mai non si spenga, ma splenda anzi e fiammeggi di luce nuova e più intensa. Come mancheremo perciò ai dettami di un metodo rigorosamente scientifico, come ai precetti della critica f 14 i,\ sooma OKT.U filosofia k i rapporti suoi storica; come ci si accuserà (li poca serenità eil obbiet¬ tività, se alcuni pensamenti di lilosofi, notevoli per ori¬ ginalità e vigoria, per felice coerenza e connessione lo¬ gica, per una certa tal quale divinazione dell’avvenire, additeremo ai giovani come degni di essere studiati e ammirati, sicché anche in loro si svegli l’aculeo della ri¬ cerca e della scoperta, e non rimanga quindi senza frutto questa grande eredità del passato? « Poiché i grandi filo¬ sofi, scriveva Pascal, non si sono serviti delle invenzioni che loro sono state lasciate, che come di mezzo per averne di nuove, e questo felice ardimento ha aperto loro il cammino alle grandi cose, noi dobbiamo prendere quelle che essi ci hanno lasciato nello stesso modo, e, seguendo il loro esempio, farne il mezzo e non il fine del nostro studio, e cercare cosi di sorpassarli imitandoli » (1). Anche nel campo del pensiero, o Signori, e non soltanto in quello dell’azione ci sono gli eroi; ebbene, comeaccendono a grandi cose gli eroi dell'azione e l’esempio loro è seme elio frutta abbondantemente, e cosi siano a noi stimolo ed eccitamento quelli che l’Hegel con frase felice chiamava gli croi del pensiero nella storia, i grandi fi¬ losofi. Stimolo cd eccitamento a sorpassarli imitandoli, secondo il detto del Pascal; poiché chi .s’arresia alla sem¬ plice imitazione e riproduzione del pensiero altrui, e non lo rifa in se stesso, e non vi aggiunge del suo, fa opera vana, e quasi quasi, nel moto incessante che affatica il mondo degli spiriti e delle idee, si direbbe che si pro¬ ponga stoltamente d’arrestarlo ad un tratto. Gl’individui (1) l)c Vanloritc cu matih'c <lc philosoplnc. COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. e le età che vivono del passato, e trovando in questo tutto ciò che loro bisogna, rifuggono dalle aspre lotte che costa il crearsi una propria coscienza e una torma originale di vita, sono individui ed età, si potrebbe dire, parassite, cui la storia, che è « il giudizio del mondo » secondo lo Schiller, riserva la noncuranza e l’oblio. E in realtà nel gran dramma della vita nessuna parte hanno questi individui e queste età; non di attori, non di spet¬ tatori; neanche di spettatori, poiché gli spettatori non assistono inerti e passivi all'azione; se hanno una parte, è quella semplicemente di comparse. Dunque non si tratta di far rivivere una materia morta o d’impedire il libero sviluppo dell’attività individuale, colla storia della filosofia ; si [tratta di far rivivere qual¬ che cosa di organico e vivente, e nello stesso tempo di porgere vitale nutrimento agli spiriti, perchè non s’acque¬ tino nel passato e assurgano via via a forme più alte e più degne. A chi non intendesse così lo studio delle forme storiche del pensiero, a chi volesse farne una fac¬ cenda d’erudizione, impaccio anziché aiuto alla vita dello spirito nel suo svolgimento, si potrebbe dire con Cristo: «lasciate che i morti seppelliscano i loro morti. » (1). Nè si tema che uno svolgimento originale della vita dello spirito, che un proprio avviaménto e indirizzo sia impedito da una larga cognizione di dottrine. Nessuno spirito, per quanto grande e originale, s’ò mai svolto in¬ dipendentemente da ogni impulso esteriore; anzi quanto (1) Chiappelli, op., cit. p. 34. 16 LA. STORIA. DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI furono maggiori gl’impulsi, tanto più ebbe campo di ma¬ nifestarsi la genialità creatrice dello spirito. Gli è che gl’impulsi esteriori sono altrettante occasioni al rivelarsi di attività e di energie che altrimenti sarebbero rimaste latenti, o si sarebbero addirittura distrutte, come quei germi, pur fecondi di vita, che senza un terreno adatto in cui siano gettati intristiscono e muoiono. Certo, gli impulsi esteriori a nulla giovano, se non si esercitano su nature ricche e geniali; ma queste attingono più che non si creda dal di fuori ; la storia schiude loro tesori che i più non arrivano, non che a immaginare, a comprendere. La creazione non si fa negli spiriti in modo arbitrario e capriccioso, sovratutto non vi si fa ex tallito ] bensi per via di un’assimilazione potente di elementi attinti da tonti le più disparate; per una serie di combinazioni in cui gli elementi combinati perdono la loro propria na¬ tura, e vi assumono quella pi-"ponderante dello spirito in cui la combinazione si effettua. Chi potrebbe discer- uere nel Po le onde confuse della gemina Dora, della Bormida e del Tataro, del Ticino e dell’Orba? Iddio solo, risponderebbe il vostro Manzoni; e Iddio solo potrebbe annoverare e discernere gii elementi molteplici onde uno spirito geniale è riuscito a comporre l’opera sua. V. Ma la storia della tilosclìa non ò utile soltanto per la filosofia, di cui è, come s’è visto, parte integrante; di cui è fondamento, ed eccitamento insieme ; è utile non meno per altri rispetti. COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 17 Oggidì è invalso il vezzo di pigliarsela con la filosofia; e in Italia special niente ogni uomo di spirito non si cre¬ derebbe più tale, se non sorridesse di compassione al sen¬ tirne solo parlare. Perfino in alto è penetrata questa specie d’avversione contro la filosofia, e già si progetta di abolirne l’insegnamento nei nostri Licei, o, peggio an¬ cora, di stremarlo per modo cbe debba finalmente morire d’inanizione. I filosofi sono specie di sognatori, di ac¬ chiappanuvoli, di venditori di ciance, press’a poco come quei rivenduglioli all’ingrosso e al minuto nei comme¬ stibili dello spirito, di cui parla Platone nel Protagora, o come il Socrate aristofaneo, che dall’alto del suo cc bello trova quella mirabile occupazione che tutti sap¬ piamo. Chi vorrebbe prendei'li sul serio ancora ? Signori, non io negherò che di questo disfavore in cui è caduta la filosofia, una parte di colpa spetti ai filosofi stessi. Troppo apriorismo ha dominato nelle nostre scuole, troppo dogmatismo intransigente, troppa avversione ad ogni soffio di novità, troppo gergo scolastico, perchè la filosofia non finisse coll’esserne danneggiata essa stessa nel concetto dei più. Ma come far risalire alla cosa il biasimo che appartiene agli uomini, come scambiare ciò che di sostan¬ ziale ha la filosofia con ciò che ha d’accidentale e caduco? Anche gli scienziati mostrano una certa noncuranza per la filosofia. Eppure che cosa è la scienza se manca di spirito filosofico? se manca di vedute larghe e com¬ prensive, d’idee generali ? Che cosa è la scienza se si riduce ad una povera e nuda raccolta di fatti senza nesso logico e valore concettuale? Scienza e filosofia scrive il Morselli, sono legate intimamente, e « continuano e pas- 18 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI sano l’una nell’altra ; esse sono due aspetti non opposti, neppur paralleli, ina successivi dell’umano pensiero, che incomincia dall'osservazione e dall’esperimento, e assorge poi, per loro mezzo, al concetto generale, alla teoria ed all’ipotesi » (1). Intanto però, in odio alla filosofìa,gran parte degli scienziati italiani, e anche i più dotti, anche quelli che largameute contribuiscono col loro ingegno e colle loro scoperte all’avanzamento del sapere, rifuggono d’ordinario da ogni questione generale, da ogni questione che accenni appena a sollevarsi dalla cerchia dei fatti ; e s’attengono di proposito al più rigido ed esclusivo spe¬ rimentalismo meccanico. Le discipline scientifiche che non si propongano ad oggetto fatti palpabili e materiali, sono per lo meno loro sospette ; la psicologia, l’etica, la logica, la sociologia, la biologia generale sono metafisica larvata, roba da lasciare che sene occupi chi ha del tempo da perdere. È una condizione di cose, che, se può essere spiegata coll’avversione che inspira naturalmente una fi¬ losofia fantastica, subiettiva, nemica dell’esperienza, quale regnò gran tempo in Italia, non cessa per questo di essere deplorevole ; perocché, per questa via, si ren¬ dono impossibili le sintesi alte e geniali, onde sono cosi meritamente celebrati gli scienziati forestieri, e viene di moda un positivismo empirico e grossolano, d’un grado appena più alto del semplice tecnicismo (2). Cosi avviene che mentre l’Italia non ha scienziato, si può dire, che (1) Morselli. — La filosofia monistica in Italia nella Ricista di filosofia scientifica, v ii 6\ anno 1887, p. 10. (2) Cfr. il mio «aggio « Fatti e Idee » nei Saggi Filosofici, Torino. Loescher, 1892, p. 133, 134. — Cfr. Morselli op. cit. p. 34-35. COLIA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 19 voglia essere insieme pensatore e filosofo, il resto del mondo civile lia i grandi nomi dell’Helmholtz, del Virchow, del Meyer, del Dubois-Reymond, del Lyel, del Bernard, del Wundt, del Darwin, del Mandsley, dell’Haeckel, del Tompson, del Draprer, del Crookes, del Berthelot, del- l’Hirn e d’altri molti, che credono impossibile disgiun¬ gere la scienza dalla filosofia, e sono insieme scienziati e filosofi eminenti. Gli è che altrove s’è capito molto bene quale sia l’uf¬ ficio della filosofia ueH’enciclopedia delle scienze, quale posto spetti alla filosofia nei vari rami del sapere. Già è noto che in origine la filosofia abbracciava tutto quauto il sapere, e filosofia era la matematica, filosofia l’astronomia, filosofia la fisica, filosofia la ricerca scien¬ tifica in generale e il complesso delle nozioni ottenutene. Poi per la divisione del lavoro e la progressiva specia¬ lizzazione degli studi si staccarono a poco a poco dal seno di questa madre comune una quantità di scienze, che acquistarono perciò vita propria ed autonoma. Ma fu distacco, non fu secessione quella, fu il desiderio na¬ turale del figliuolo giunto a maggiore età di formare una propria famiglia, pur conservando col padre rapporti cordiali, non fu l’aperta ribellione d’un figlio dimentico ad un tratto dei benefizi ricevuti, e divenuto ad un tratto nemico di chi gli diede la vita. Le scienze distaccatesi dalla filosofia non hanno cessato di avere con essa dei rapporti ; il sapere specializzandosi e ramificandosi non ha perduto la sua unità ; l’unità vivente del sapere ri¬ mane sempre, e sta nella filosofia questa unità. Il rap¬ porto tra la filosofia e le scienze nell’organismo del sa- 20 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI pere è quello stesso che corre tra l’attività centrale e la periferica nell’organismo del corpo ; la funzione centrale spetta alla filosofia, la funzione periferica alle scienze particolari. « Come l’attività periferica nell’organismo, scrive egregiamente il Chiappelli, alimenta la centrale, cosi le scienze nel loro moto progressivo modificano i concetti direttivi dell'esperienza, i principii logici, e danno nuovo vigore alla sintesi filosofica. Ma è altresi vero, egli aggiunge, che questi raggi i quali si appuntano in essa come in un foco centrale, da questo per via d’un’irra- diazione continua ritornano duplicati ; poiché, come il centro nervoso per via del processod’innervazione spiega un’attività motrice sulle parti dell’organismo, cosi l’ipo¬ tesi e l’idea filosofica imprime un continuo moto alle ri¬ cerche particolari, spingendole per vie nuove » (1). Cosi, se per una parte i grandi sistemi filosofici non si concepiscono neanche indipendentemente dalle idee scien¬ tifiche del tempo in cui sorgono, per l’altra il movimento delle idee scientifiche non si capisce, se non lo si ricon¬ nette alla storia di quei pensatori che hanno rinovcllato i metodi o costruito l’universo sur un piano nuovo. Fu Aristotele che iniziò agli studi della natura l’antichità e il medio evo ; fu Cartesio che introdusse in tutte le scienze il metodo matematico e fece della scienza dell’universo un problema di meccanica ; fu Leibuitz che inventò il calcolo dell’infinito dando al metodo matematico, con questo elemento metafisico, una potenza fino allora sco¬ nosciuta. Nel Rinascimento il nuovo indirizzo negli studi (1) Chiapponi, op. cit. p. 29 30. LA. STORIA DELLA FILOSOAIA E 1 RANPORTI SUOI 21 della natura mette capo a due filosofi del metodo, Ba¬ cone e Galileo ; nei tempi moderni gli studi morali e so¬ ciali ebbero nello Stuart Mill chi segnò nettamente la via da percorrere. Perfino il nuovo concetto dell’universo, il concetto eliocentrico sostituito al concetto geocentrico ò dovuto a un filosofo della natura, Copernico , come ad un filosofo,Giordano Bruno, è dovuto il concetto dell’in¬ finità dei mondi e degli spazi. La legge della gravita¬ zione ebbe in Newton il suo scienziato e il suo filosofo; e la teoria dell’evoluzione ebbe il suo scienziato e il suo filosofo nel Darwin. A mano a mano che l’uomo acqui¬ sta piu chiara conoscenza dei suoi rapporti cogli altri esseri e col mondo, e meglio gli si delinea il posto ch’egli occupa nella creazione, la filosofia allargai suoi concetti, portavoce insieme del tempo suo e precorritrice del fu¬ turo. Lo Spencer ò come la sintesi del moto meraviglioso d’idee, a cui assistiamo ai nostri giorni; nel Kant era la Germania pensante del tempo suo; la Grecia del IV 0 e V° secolo av. Or. era tutta quanta in Socrate, in Pla¬ tone, in Aristotele ; S. Tommaso riassumeva in sè tutto il sapere del medio evo ; nel Rosmini era l’Italia della prima metà del secolo. Gli è che i grandi filosofi sono insieme i più individuali per l’originalità dei loro conce- pimenti, e i più universali per la fedeltà con cui riflet¬ tono le idee del loro tempo (1). Non a torto l’Hegel mostrava che la più perfettacoscienza che un’epoca possa acquistare di sè stessa, l’acquista nei suoi filosofi. I grandi filosofi sono come il mare: tutto mette capo a loro, i grandi (I) Kouilli'e 0 [>. cit. p. IV. 22 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI fiumi, come i torrenti e gli umili rigagnoli del sapere ; si potrebbe dire clie tutto essi assorbauo l’ambiente in¬ tellettuale dell'epoca in cui vivono. Ma come il mare, se assorbe in sè fiumi e torrenti, è pur quello in fondo che dà vita a fiumi e a torrenti, cosi i grandi filosofi, figli del loro tempo, esercitano anche sulle intuizioni scienti¬ fiche e sulla coltura generale del loro tempo un’efficacia poderosa, sebbene latente spesso e inconsapevole. Chi vor¬ rebbe negare, ad esempio, che le dottrine filosofiche dello Spencer costituiscano in qualche modo l’ambiente intel¬ lettuale del tempo nostro, sicché tutti, anche quelli che le ignorano, purché non sprovvisti affatto di coltura, ne ri¬ sentono l’influenza e quasi l’assorbono, a dir cosi, coll’a¬ ria che respirano ? Della critica kantiana chi non sa quale poderoso moto d’idee abbia suscitato in Germania al suo apparire, e come anche ora, dopo tanto lasso di tempo, il vecchio Kant torni più vivo di prima alle menti de’ suoi connazionali, sicché filosofi e scienziati insieme vanno a gara nel rinverdirne i principii e le dottrine fon¬ damentali ? Non occorre rammentare poi che dalla scuola dello Schelling uscirono insigni naturalisti ; dalla scuola dell’Hegel insigni storici ; dalla scuola dell’Herbart va¬ lenti cultori delle discipline antropologiche e pedagogiche; e che in generale non c’è stato filosofo e pensatore di vaglia, die a questo o a quel ramo del sapere non abbia contribuito a dare indirizzo nuovo, o certamente vigoria e forza nuova. Senza dire che oggi specialmente il nesso tra la fi¬ losofia e la scienza s’é fatto anche più stretto che non fosse in passato. Già gli scienziati, fisici e biologi spe- COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA OIV-ILTX. 23 cialmente, vanno a mano a mano persuadendosi che i con¬ cetti loro devono cimentarsi alla stregua d’una severa critica della conoscenza. E l'Helmholtz fin dal 1855 in una sua « Lesione sulla vista » (1) accennava alla ne¬ cessità d’una critica fìlosuiìca delle cognizioni sperimen¬ tali, e nel 1878 in un discorso che ha per titolo « Il peti’ siero nella medicina » (2), tornava sullo stesso argo¬ mento affermando che « a quel modo che l’anatomista, giunto che sia a toccare i limiti della potenza ottica del suo microscopio, deve rendersene conto, cosi è obbligo d’ogni scienziato studiare esattamente il vaio) e e l’ufficio del massimo di tutti gli strumenti, di cui egli si serve, il pensiero umano. » E più esplicitamente ancora in un suo discorso del 1879 « I fatti nella percezione » (3) dopo avere accennato che il problema della conoscenza è quello in cui s’imbattono, muovendo da due parti op¬ poste, la filosofia e la scienza naturale, concludeva che in fondo l’nna e l’altra hanno l’obbligo di esaminarlo, sebbene ciascuna da un punto di vista suo proprio. D’al¬ tra parte il Wundt in uu suostudio « Sul problema della filosofìa nel tempo presente » (4) scrive « che più o meno consapevolmente s’è fatta strada nell’animo di tutti l’opinione clm nella scienza dei corpi non si de¬ vano più solo descrivere e collegare fra loro i fenomeni, ma si tratti oramai di penetrarne il fondo ; onde è chiaro (1) Contenuta nell’opera * P-rpn'ii-e risia mia miche Vortrii/e ». (2) « Pas Peniteli in dar Medi-in ». (3) « P'e T'O tsachea in d'r Wahrnahmung ». (■]) « Veher die An/gabe dar Phdosophie in. dee Gegencart. » I.i iprip, 187 X. 24 LA STOKIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI che cosi la scienza riconosce esser suo obbligo il dar mano a comprendere filosoficamente l’unità della natura ». E non solo, egli continua, « i singoli rami delle varie dottrine sperimentali si sporgono verso la filosofia. La stessa base astratta della scienza naturale, la Matematica, non è andata esente dai segni del nostro tempo » (1). VI. Da quanto s’è detto risulla adunque che storia della filosofia vuol dire largamente storia del sapere e della coltura in generale. Non già che tutte le idee siano idee filosofiche, e che lo scienze siano una cosa sola colla filo¬ sofia. Ma tutte le idee hanno la loro più alta espressione nella filosofia, come tutte le scienze hanno in ultimo il loro fondament i nella filosofia. A non ripetere quello che s’è detto or ora sui rapporti delle scienze naturali colla filosofia e sulla necessità che quelle hanno di sottoporre ad una critica assidua i concetti direttivi dell’esperienza, che le renda atte ad una larga sintesi della natura ; a non insistere su cose già note, che i concetti di spazio, di tempo, di numero, di quantità ecc., su cui costruiscono il loro edificio le matematiche, sono concetti essenzial¬ mente filosofici, e cui spetta alla filosofia discutere lar¬ gamente ; su che cosa si fondano la morale, il diritto, la politica, e in genere le scienze sociali, se non su quei concepimenti riguardanti la natura dell’uomo e della so¬ ci) Cfr. il mio « Problema della conoscenza nell'Empirismo contem¬ poraneo » noi Sa^gi filosofici p. 156-157, anche per le necessarie ci¬ tazioni. COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 2o cietà, da cui la filosofia non può prescindere e che sono anzi suoi proprii ? Xon è vero che la morale e il diritto hanno questo o quell’indirizzo, secondo che l’uomo si con¬ cepisce essenzialmente egoista, o altruista, secondo che è l’utilità od il dovere il movente supposto delle azioni? Gl’Inglesi non riescono a persuadersi che l'uomo non sia in ogni caso indotto ad agire da motivi egoistici, non riescono a persuadersi che debba determinarsi ad agire indipendentemente dalle conseguenze utili o dannose che dalle sue azioni può aspettarsi ; e perciò concepiscono una moralità pratica e positiva fondata esclusivamente sull’utile e sull’interesse ; nè diversamente si comportano in rispetto al diritto e ai resto delle scienze politico-so¬ ciali, penetrate anch’esse tutte quante da cotesto concetto d’utilità. I Tedeschi, meno pratici, più idealisti, essen¬ zialmente metafisici, concepiscono invece una moralità fondata sur una legge categorica ed assoluta, che impone all’uomo il dovere di fare il bene per il bene, indipen¬ dentemente da qualunque vantaggio gli possa derivare; e questo concetto della moralità estendono anche all’or¬ dinamento giuridico e all’ordinamento economico della società; sicché, come osserva il Trendelenburg, c è la tendenza in Germania a dare un fondamento etico aldi¬ ritto naturale, e quella non meno spiccata a fondarsi sovratutto su considerazioni etiche e morali per proporre delle riforme all’organizzazione economica della società presente (1). E l’Individualismo e il Socialismo, le due teorie sui rapporti dello stato cogl’individui che si con¬ fi) Trendelenburg Naturrccht auf (lem Grande der Ethik, Leipzig 1860. Cfr. Carle La Vita del Diritto. Torino, Bocca, 1890, p. 650. *>G LA STOIUA DELLA FILOSOFIA e I RAPPORTI SUOI tendono il campo oggi, su che cosa si fondano in ultimo che su concetti essenzialmente filosofici, riguardanti la na¬ tura dell’uomo e della . ocietà? L’Individualismo si potrebbe assomigliare in gualche maniera all’Atomismo. A quel modo che l’Atomismo nel mondo fisico considera l’universo come la risultante di un numero infinito di atomi, che, spinti da una loro intima energia, si combinano diversamente cosi da produrre quella immensa varietà di cose esistenti e coordinate fra di loro che dicesi natura, senza che al¬ cuna idea preconcetta presieda a questa combinazione; così anche l’Invidualismo considera la società umana come il risultato del reciproco accomodarsi degl’individui, atomi sociali, che, spinti dai proprii bisogni, dalle proprie ten¬ denze, da influenze naturali, si combinano diversamente ira loro, dando luogo a quegli aggiogati, che, tribù dap¬ prima, si trasformano poi per via di successive evoluzioni in stati e nazioni. E anche qui nessuna idea preconcetta presiede a quest'opera di successivo aggregamento ; tutto proviene da una forza intima inerente agli stessi individui, che aggregandosi costituiscono la società (1). E siccome gl'individui, secondo questa dottrina, sono essi la realtà vera, mentre la roe : età non è in fondoche un’astrazione, non devono perciò esser a-sorbiti da questa, non devono es¬ serle in alcun modo sacrificati ; devono essere lasciati liberi nello svolgimento della propria persona; devono essere, non contrariati, neanche diretti nelle loro iniziative, ma abban¬ donati ad esse ; sicché per questo modo si abbia, secondo vagheggia lo Stuart-Mill, quella varietà e ricchezza di (1) Carle. — Op. cit., p. 523-523. COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 27 temperamenti, di caratteri, di opinioni e di condizioni so¬ ciali, che rompe la monotonia della convivenza civile e forma uno dei migliori ornamenti della medesima (1). Tutto al contrario il Socialismo. Il Socialismo nou parte dal fatto concreto dell’individuo ; parte dall’idea dell’ente so¬ ciale e collettivo, e vuole atteggiare gl’individui all’in¬ tento proprio di questo tutto. Mentre per 1 Invidualismo la società è come un organismo fisico che si svolge, a dir cosi, meccanicamente sotto l’impulso di una forza intima e latente, per il Socialis.no la società è un orga¬ nismo morale che nel suo svolgimento si propone e deve proporsi di attuare un fine, un ideale offerto dalla ra¬ gione. Il Socialismo non lascia perciò agl’individui il libero governo di se stessi, non lascia gl’interessi individuali in balia alla libera concorrenza, come fa lTndividualismo, ma vuole disciplinare questi e quelli secondo una norma prestabilita, mirando per questa via a un’organizzazione sociale, in cui tutti gl’interessi possano coordinai^ in una mirabile armonia. L’Individualismo vieta allo stato ogni in¬ gerenza nelle iniziative individuali, e vorrebbe ridurne l’azione alla sola tutela dei diritti e alla repressione del male, se pure non vorrebbe distruggerne addirittura ogni azione, considerandola come male peggiore di ogni male e preferendo, come fa lo Spencer, che i mali sociali siano lasciati alla vis naiurae medicatrix; il Socialismo confida nel potere sovrano dello stato, e ne vuole l’in¬ tervento in ogni caso a mettere in atto questo o quel- (1) Le idee dello Stuart Miti sull’argomento sono contenute sovrat- tutto nell’opera « La Libertà * e nell’altra « Il Gocerno rappretentatico ». 28 J.A STOMA DEM,A FILOSOFIA E I RAPFOKTI SUOI l’ideale di organizzazione sociale, con cui si possa re¬ care x’iraedio effettivo ai mali che affliggono la società umana, ed ottenere la moralità ed il benessere (1). L’In¬ dividualismo s’attiene più che altro ai fatti; il Socialismo all’idea ; l’uno si connette col Positivismo, l’altro coll’I¬ dealismo ; l’uno si svolge in Inghilterra, il paese classico del Positivismo ; l’altro in Germania, il paese classico dell’Idealismo ; l’uno ha a suoi principali rappresentanti il Bentham, lo Stuart Mill, lo Spencer, strenui campioni della filosofia dei fatti, del Positivismo; l’altro, a non par¬ lare che dei più recenti, ha propugnatori efficaci e poderosi il Marx ed il Lassalle, ambedue ferventi se¬ gnaci dell’Hegel, il grande idealista, di cui adottano spesso il linguaggio metafisico e le forinole astruse, e al cui idealismo appartiene quell’alto concetto dello stato, accettato nelle sue conseguenze pratiche dal socialismo tedesco, per cui esso è come la ragione perma¬ nente e la personifìcazionc vivente dello spirito assoluto. VII. Tutto questo basta, credo, o Signori, a provare che il pensiero e l’idea filosofica è come il sostrato naturale d’ogni dottrina sociale, e poiché le dottrine sociali tendono a tradursi nei fatti, è anche ciò che pervade e penetra tutta quanta la vita dei popoli. Pare esagerazione alfermar ciò ? Parrà esagerazione agli osservatori superficiali non avvezzi a rendersi conto (1) Calle — Oji. eit„ p. 551-552. I.A STORIA. DELLA FJLOSOeiA li I SUOI lì APPORTI 29 delle riposte cagioni dei fatti; non parrà agli altri che queste riposte cagioni ricercano, e per cui il fatto è in¬ dice sempre d’un’ idea. Lo studio delle speculazioni filosofiche, delle forme del pensiero pare talvolta trasportarci ben lontano dalla realtà, in un mondo ideale, quasi chimerico, che nulla abbia che fare col mondo reale in cui si vive e si opera. Il vero è però che questo studio ci mette ben addentro nella realtà, ce ne fa penetrare, per cosi dire, il segreto. Non si può spiegare il movimento senza conoscere il pensiero che lo dirige e governa; non si può spiegare l’azione senza conoscere l’idea che si è volata attuare con essa, e che fu quindi la sua causa motrice. La storia delle azioni non si può intendere interamente che per la storia delle idee. C’è chi ostenta un superbo fastidio delle idee, e non crede degna di studio altra cosa che i fatti. Ma le idee sono fatti essi stessi sott’altra forma ; e d’altra parte possiedono un loro potere, una loro forza speciale, per cui tendono a tradursi in atto. Un’idea che s’impadro- nisca d’uno spirito, non lo lascia in pace un istante, e lo trae anche suo malgrado a operare. Furono fatti studii notevoli, voi lo sapete, sull’impulsività dell'idea; l'Ardigù nostro ha pagine importanti sull’argomento e nella Psi¬ cologia e nella Morale ; il Fouillée in Francia ha una vera dottrina su quelle ch’egli ha chiamato idee-forze. E le idee sono forze non solo in quanto agiscono su indi • vidui isolati ; le idee sono forze più che altro in quanto agiscono sull’intera comunità ; le idee sono forze indivi¬ duali e collettive. Ci sono fatti che si presentano come 30 L A STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI effetti di esplosioni momentanee, isolati quasi nel tempo ; in realtà furono preparati a poco a poco dal lavorio dell’idea. L’idea è come la goccia d’acqua che scava len¬ tamente il masso; o, se mèglio vi piace, come quei germi che, infrodottisi di soppiatto nell’organismo, v’iniziano un vero lavoro di trasformazione. Si potrebbe capire la rivo¬ luzione francese senza conoscere quel moto poderoso d’idee che l’ha preparata? Si potrebbe capire la rivoluzione nostra, se ignorassimo tutto ciò che dai suoi precursori s’è fatto nel campo del pensiero ? Gli è che accanto alla storia esteriore, alla storia dei fatti, c’è sempre la storia interiore, la storia delle idee ; nè l’una può stare indi¬ pendentemente dall’altra. Si parla oggi tanto, e a buon diritto, d’ambiente e della necessità di conoscerlo per spiegarci interamente ciò che vi accade. Or bene, c’è sol¬ tanto un ambiente fisico, o non anche un ambiente morale e sociale, un ambiente storico, diremo noi, che importa conoscere per ispiegarci la storia ? E quest’ambiente sto¬ rico da qual altra cosa è costituito che dalle idee che vi dominano ? Delle vitali attinenze fra le grandi correnti del pen¬ siero e i fatti della vita sociale ci dà incontestabili te¬ stimonianze la storia. Dottrine che sembrano le più lon¬ tane dalla vita reale, che si direbbero campate in aria, quali il Platonismo e lo Stoicismo, hanno esercitato la più benefica influenza morale in epoche di profonda dis¬ soluzione e precorso e preparato il più grande rivolgi¬ mento sociale che rammenti la storia, il Cristianesimo : dal Neopitagorismo e dal Neoplatonismo derivò la più gagliarda opposizione al Cristianesimo invadente e il 31 COLLA. STORIA DELLA COLTURA K DELLA 01\ 1LTÀ. tentativo <li Giuliano l’apostata di ripristinare la reli¬ gione greca : le speculazioni di Sant'Agostino sul peccato originale e sulla grazia misero capo alla riforma e alle guerre di religione : le astratte dottrine della scolastica, negli ultimi anni del medio evo, s’intrecciarono, per opera dell’Occam specialmente, colle più vive controversie poli¬ tiche fra l’impero e la chiesa ; e la distinzione, anzi la rottura d’ogni legame fra teologia e filosofia che l’Occam cosi gagliardamente sosteneva, faceva riscontro a quella sua polemica contro i papi in favore dell indipendenza dello Stato: Molinisti e Giansenisti, le cui controversie agitarono per tanto tempo la .Francia e che ebbeio parte cosi notevole nei suoi destini, furono il frutto naturale, sebbene lontano, delle speculazioni filosofico-religiose di Sant’Agostino e Pelagio : l’Illuminismo, di cui è nota l’ef¬ ficacia poderosa esercitata, in Germania specialmente, sulla religione, sulle dottrine giuridiche e politiche, su quello spirito di riforma che invase studiosi e filosofi, popoli e principi nella seconda meta del secolo A.VIII, e a cui son dovute le riforme di Federico 2°, di Giuseppe 2°, e d’altri regnanti minori specialmente in Italia, e in ultimo anche la rivoluzione francese, fu la conseguenza del razionalismo del Leibnitz e più ancora del \\ olf ap¬ plicato alla vita pratica, nonché delle dottrine degli In¬ glesi, specialmente del Locke, che si diffusero ed ebbero il loro effetto maggiore in Francia, dove le tendenze dell’ Illuminismo presero un carattere più risoluto e più aperto, e giunsero, dapprima nei libri, poi nella vita, alle estreme conseguenze. Non palliamo poi dell’efficacia che il pensiero speculativo d’un uomo esercitò talora diret- i32 LA STOIUA. DPLLA FILOSOFIA K 1 KAI'POKTl SUOI tamente sulle sorti d’un popolo. I « Discorsi alla nazione tedesca » del Fichte, pubblicati nel 1808, mentre ancora Berlino era invasa dai Francesi e Napoleone era on¬ nipotente in Germania, risvegliarono l’abbattuta coscienza nazionale ed eccitando vivamente la gioventù, prepara¬ rono le giornate di Lipsia ; le pagine del Primato e del Rinnovamento di Vincenzo Gioberti, questo emulo di Fichte troppo dimenticato, prepararono gli animi al ri¬ scatto della patria nostra. Vili. Che dire poi dei rapporti tra la filosofia e la religione? La religione è una specie di metafisica spontanea ; ciò che le religioni comprendono allo stato di credenza istin¬ tiva, la filosofia comprende sotto la forma di conoscenza ragionata ; in fondo ad ogni religione c'è l’idea e il prin¬ cipio filosofico ; ogni moto religioso è come pervaso e penetrato dal pensiero speculativo, latente, se si vuole, avvolto, per cosi dire, e quasi nascosto nelle pieghe del sentimento, ma non meno certo ed efficace per questo. Corre tra queste due forme della vita umana, la filo- safia e la religione, lo stesso rapporto che tra le due funzioni fondamentali dello spirito, la ragione e il sen¬ timento ; e come non è possibile disgiungere queste, cosi non è possibile disgiungere quelle ; non è possibile delineare le vicende della religione senza indicare i pro¬ gressi della filosofia ; non è possibile riandare la via percorsa dal pensiero religioso, senza riandare insieme quella del pensiero filosofico. Dirò anzi che per certi COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 33 popoli, come per esempio gl’indiani, i Persiani, i Chi- nesi, gli Egizi, gli Ebrei, la religione è quasi tutta la loro filosofia, e nei libri sacri, non altrove, deve essere ricercato il pensiero loro intorno a Dio, all’ uomo, alla natura e a quei problemi fondamentali, che soltanto piu tardi e presso altri popoli furono argomento delle di¬ scussioni di filosofi propriamente detti. D’ altra parte i grandi sistemi metafisici hanno an- ch’essi qualche cosa di solenne, di sacro, di sovranna¬ turale quasi ; furono paragonati a grandi epopee ; si potrebbero fors’anche, non senza ragione, paragonare a grandi costruzioni religiose. Un grande poeta, 1’ Heine, ha messo in rilievo questo che di miotico e religioso che è proprio dei metafisici, allorquando scriveva del più arido fra questi, lo Spinoza : « la lettura dello Spinoza ci colpisce come l’aspetto della grande natura nella sua calma vivente ; è una foresta di pensieri alti come il cielo, le cui cime fiorite s’agitano in movimenti ondula¬ torii, mentre i loro tronchi ben fermi affondano le loro radici nella terra eterna ; si sente nei suoi scritti spirare un soffio che vi commuove in una maniera iudifinibile ; si crede respirare l’aria dell’avvenire» {De l'Alemagne). Ed è naturale che sia cosi ; la religione e la metafisica s’aggirano in fondo nella medesima sfera ; non è il mondo dei fatti, della realtà quello di cui s’ occupano 1’ una e l’altra; è un mondo che trascende i fatti e la realtà ; anche la metafisica, al pari della religione, sebbene per vie diverse, ricerca quelle ragioni ultime dell’ uomo e delle cose, che non possono venir date dall’osservazione ed esperienza sensibile. So bene che questa ricerca delle 34 LA STORIA DELLA FIIOSOFIA e I RAPPORTI SUOt ragioni ultime è condannata coinè vana illusione e che si considera come perduto il tempo che vi si consacra ; so che si tenta di guarirne lo spirito, come d’una malat¬ tia pericolosa; ma, tanto, la malattia è cronica oramai e lo spirito, credo, non riuscirà a liberarsene. D’altra parte è giusto che l’importanza delle ricerche si misuri solo dal successo ? Cercare senza speranza non è insensato, nè volgare, osserva il Ribot ; si può intrav- vedere, se non trovare. La vera nobiltà dell'intelligenza umana non sta tanto nei risultati che ottiene, quanto nel line che si propone e negli sforzi che fa per rag¬ giungerlo. Se la Metafisica non riuscirà mai a scoprire le lagioni ultime delle cose, se non troverà mai la chiave dfcll’nniverso, rimarrà però sempre un tentativo nobilis¬ simo sull’ignoto di tutti gli spiriti curiosi ed attivi ; e non dovesse rendere all’ intelligenza altro servizio che quello di agitarla e tenerla sveglia di continuo, di sol¬ levarla al di sopra d’ uno stretto empirismo, mostran¬ dole che 1’ esperienza non è tutto, che tutto non è neppure la scienza, che anche le idee, e non i fatti soltanto, hanno valore, che anche le ricerche sono pre¬ gevoli e non solò le scoperte, le renderebbe sempre un servigio eminente (1). Certo, e 1’ abbiamo ammesso anche prima, 1' ufficio principale della filosofia intesa come metafisica, o mètem- pirica che dir si voglia, sta oggi nell’unificare e siste¬ mare il sapere, nel rivederci principii e i risultati delle singole scienze, coordinandoli e armonizzandoli ; certo, (1) Ribot — Psgchologie augluite contenifiorui'ie, 3“ eJiz. Pari*, Germor Bailliére, 1881 latro I. p. 21 22. COMA STORIA OKU.A COLTURA K OKLLA ©VILTÀ . • - 35 COLL* STURI \ — essa - IT* S0PratU “° ri " e a dtm,aMnI zioni delle scienze « pei m comuni, che vate e «sfocate dall. nuova l-e-dee ^ ^ divengono cosi l’anima e^g » (1). Ma la tiene e si accresc f l’unico alimento scienza non basta all'uomo ; non form ^ anche a L’intelletto non „ c la volontà reclamano sentimento in ^^“^Sefecoltà non s’arrestano nei la loro parte. E <1 esse oltrepassano ° T SVarlicao dove cono appianate lo oca- mmÌ ° • f onesto e d’onde attinge vigoria di propo- traddiziom di questo, le sue visioni nella Siti ad attuare, almeno largano guerà ma, d cona „ist. piena dell' i • U quelli che io interno e nei- Cr,^^azionidV;e^c^ = “ ideale “^“^“^“Lzi a un perchè che sfugge, rir;» -, come nelle pii, alte della coscienza, minngo, 1894, p. !'• ot) LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI in quelle energie poderose onde nell’universo è moto, è vita, è senso, è pensiero ; perfino nei fatti più semplici e famigliari, nei rapporti più elementari. Ora può la filosofia disinteressarsi di tutto ciò? può la filosofia trascurare queste altre tendenze dello spirito umano ? Gli antichi volevano che la filosofia spiegasse insieme ed appagasse le varie tendenze dello spirito, e che tosse di questo l’espressione più nobile e più ade¬ guata ; ebbene, perchè non avrà anche oggi questo com¬ pito ? perchè le si vorrà impedire di essere ancora quello che era già « la scienza della verità, l’arte della vita, il fondamento della virtù »? (1). Il Tyndall, l’illustre scienziato, discorrendo nel 1874, davanti all’Associazione britannica per il progresso della scienza, dell’evoluzione storica delle idee scientifiche, usciva in queste parole memorande: « Se lo spirito umano, quale pellegrino che sospira al remoto focolare, vuol rivolgersi al mistero ond’è uscito, e cerca come modellare in una sola imma¬ gine il pensiero e la fede, purché s’accinga a siffatto tentativo non solo senza intolleranza o bigotteria, ma riconoscendo che non si tocca quaggiù l’estrema perfe¬ zione e che ogni età deve essere libera di plasmare il mistero d’accordo coi suoi proprii bisogni ; allora, a di¬ spetto di tutte le restrizioni del materialismo, io affer¬ merò essere questo il campo sul quale le facoltà crea¬ tive dell’uomo, diversamente dalle sue facoltà conosci- (1) 1 ale era la filosofia j.er gli antichi secondo il Uertini. — La JìloaoJìa onera prima di Socrate , p. 18. COLLA. STOIllA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 37 tive, potranno essere nobilmente esercitate » (1). E, non meno esplicitamente del Tyndall, il Wundt che, scienziato eminente, tentò la costruzione di un sistema su base largamente scientifica, assegna alla filosofia il compito di ordinare le cognizioni varie per modo che rimangano soddisfatte insieme le esigenze della ragione e del sentimento. Non mi dilungherò più oltre in quest’ argomento che non tratto di proposito ; toccando dei rapporti della filosofia colla religione io avevo soltanto per iscopo di mostrare anche per questa via la grande efficacia pratica di quella sulla vita dell’umanità, e quindi l’importanza della sua storia nella storia generale. IX. La quale importanza è anche dimostrata per un altro verso : le attinenze della filosofia colla letteratura e col¬ l’arte in genere, la corrispondenza che è quasi sempre fra i varii indirizzi letterarii e le correnti del pensiero, fra le forme, le concezioni e le scuole artistiche e i sistemi fi¬ losofici. Trasportiamoci per un momento coll'immagina- zione a quell’epoca tanto gloriosa per la letteratura francese, che é il secolo XVII, il secolo di Luigi XIV. In questo tempo è la filosofia cartesiana che tiene il campo, la fi- (1) h'Ecolution hitturique det idées scientijlques. — Discourspre- sìdentiel de M. Y. Tyndall à l’Association Britannique pour 1’ avance- ment dea Sciences. — Cours scientifìques 19 settembre 1374. II, 12, p. 265. 38 la Stoma dìclla filosofia e i rapporti suoi losofia per cui la natura non è che una macchina inerte, un sistema di ruote e di congegni, senz’attività, propria, specie di fantoccio nelle mani di Dio. Ebbene, la natura, priva di vita com’è, non parla nessun linguaggio agli uomini di questo tempo. Mentre il poeta moderno ascolta il misterioso battito della vita universale, essi non ascol¬ tano che un secco e monotono tic-tac d’orologio, essi non s’abbandonano alla natura ; non trovano in essa tur¬ bamento o conforto ; non avvertono alcuna analogia tra i moti dell’anima loro e quelle infinite parvenze onde si manifesta la vita nelle cose ; non simpatizzano con la natura, non le danno valore e significato, o, se le danno un significato, è quello solo d’un freddo simbolo, rap¬ presentando essa ai loro occhi il complesso delle cause finali, che concorrono alla dimostrazione di Dio, supremo architetto dell’universo. Cosi è che i letterati non si sen¬ tono attratti dalla natura, e la marchesa di Rambouillet esprime come il sentimento di tutti, allorquando assicura cne « gli spiriti dolci e amatori delle belle lettere non trovano mai il lor conto alla campagna ». La ragione astratta in quest’epoca domina in tutti i campi dell attivila intellettuale e morale. XI pensiero prova l’esistenza ; cogito ergo suoi, dice Cartesio ; l’uomo, la persona è sovratutto pensiero, e il pensiero nell’uomo uccide, o quasi, il sentimento, le facoltà affettive; l’imma¬ ginazione è tenuta in sospetto, perchè turba il giudizio: i sensi sono organi d’errore ; criterio di verità è non af¬ fermare che ciò che è chiaro, evidenfe, chiaro ed evi¬ dente come il cogito ; il corpo è in contrasto inconci¬ liabile collo spirito, e per poco non se ne t.ien conto; lo COLTA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ 39 spirito stesso ha il suo reale fondamento in Dio ; e in Dio l’atto creatore e l’atto conservatore fanno una cosa sola ; sicché la conservazione delle creature è una « crea¬ zione continuata ». Questo razionalismo cartesiano si rivela nelle varie forme dell’arte. Ecco qui il teatro, che, anziché rappresentarci individui in carne e ossa, ci rappresenta personaggi senza corpo quasi, mere astrazioni, stati morali ; an¬ che ciò che di propriamente umano e sensibile c’ è in essi, si cerca idealizzare per modo cogli artificii dello stile, che non possa produrre alcuna impressione ma¬ teriale. Le circostanze di tempo e di luogo che deter¬ minano l’individualità, si sbandiscono più che è possibile, e solo gli elementi generali, proprii d’ogni tempo e d’ogni luogo, si mettono in luce; il buon senso e la ragione, osserva Racine stesso, sono i medesimi dappertutto e sem¬ pre. Quindi avviene che Achille potrebbe anche non es¬ sere un greco, e Andromaca potrebb’essere benissimo una principessa del secolo XVII, e non già soltanto la mo¬ glie di Ettore; Arpagone non è questo o quell’avaro, ma l’avaro, il tipo dell’avaro, come Tartufo non è un ipocrita, ma l’ipocrita, il tipo dell’ipocrita. Anche la critica let¬ teraria riproduce questo indirizzo razionalistico : al di sotto dell’autore non cerca l’uomo, come fa la critica moderna, che notomizza, a cosi dire, l’uomo, i suoi senti¬ menti, i suoi affetti, i suoi pensieri più intimi, per sor¬ prendere nell’uomo l’autore. Dell’uomo non si cura quella critica, studia l’opera in se stessa, come un’astrazione, un qualche cosa per se stante, e la giudica dall’alto di 40 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI certi pnncipii razionali, alle cui esigenze non è dato mancar mai : si direbbe che l’opera d’arte non sia per qiaella. critica qualche cosa d’organico, di vivente; sia un fossile e nulla più. È notala poetica di Boileau. Alla ra¬ gione, egli sentenzia, deve il poeta attingere tutto ciò che darà lustro e pregio alle sue opere; l’estro, l’ispirazione sono esclusi. Amate la ragione, compiacetevi di essasola,egli ripete di frequente; il « buon senso » è lo scopo supremo d’ogm poesia. Anche Bacine felicita Corneille d’aver primo mostrato sulla scena la ragione e d’averne adoperato il linguaggio. Perfino la storia che parrebbe, più di qua¬ lunque altro genere letterario, dover tener conto delle circostanze di tempo, di luogo, di tutti i particolari ri- ferentisi al costume, al carattere degl’individui e delle età, astrae da tutto ciò volentieri, e rappresenta uomini e tempi m una specie di generalità costante, sacrificando cosi anch’essa al razionalismo dominante (1). X. . C \ potrebbe essere prova più convincente dei rapporti intimi fra letteratura e filosofia ? Ma non basta. Questi stessi rapporti possiamo trovare fra il pensiero filosofico e 1 indirizzo artistico e letterario del tempo nostro. E noto che l’indirizzo filosofico dominante al tempo nostro è quello che nel fatto s’incardina e dal fatto, dalla realtà positiva prende il nome, il P 0 - 0) Vedi del bellissimo libro di Georges l*ellismer:« Le mouvement da p. 11 a p. 15 P * * * ( Sciame » specialmente COLLA STORIA DELLA CULTURA E DELLA CIVILTÀ 41 sitivismo. Il Positivismo abborre da ogni maniera di tra¬ scendenza, ripudia la ricerca delle cause prime, delle cause finali e non studia che ciò che può essere sotto¬ posto a una verificazione empirica; il suo metodo è l’os¬ servazione e l’esperienza. La natura è ridotta per esso a fenomeni di movimento, lo spirito umano a fenomeni di coscienza : se nello spirito e nella natura ci sia una sostanza a cui quei fenomeni appartengono come a loro principio immutabile, il Positivismo non sa, o nega reci¬ samente. Ciò che cade sotto l’osservazione e l’esperienza è solo una serie di fatti ; quale altra realtà ci potrebbe dunque essere in noi e fuori di noi? E questi fatti si svolgono gli uni dagli altri necessariamente, si deter¬ minano reciprocamente; determinismo adunque nel mondo esterno come nell’interno ; il libero arbitrio, l’autonomia della persona, la persona stessa sono vecchie fole, che più non reggono alla luce della scienza. Noi non siamo padroni delle nostre azioni, come non siamo padroni dei nostri sentimenti e dei nostri pensieri ; al pari del mondo fisico, anche il mondo morale si sottrae ad ogni specie di azione libera ; anzi non esiste affatto mondo morale, poiché virtù e vizio sono in ultimo prodotti naturali, come potrebbe essere il vetriolo o lo zucchero. Inutile perciò parlare di dovere; soltanto d’appetiti e d’interessi è lecito parlare ; i fatti sono sprovvisti d’ogni carattere morale ; l'ideale che tende a legittimare diritto e mo¬ ralità è inconciliabile coi fatti. Ebbene, a questo indirizzo positivo in filosofia cor¬ risponde un indirizzo positivo in arte ; mentre la filosofia conclude la legittimità dei fatti dalla loro necessità, 42 LA STORIA DELLA FILOSOFIA COI RAPPORTI SUOI l’arte si riduce ogni giorno più a notarli e a trascriverli. Ecco qui il romanzo che sottopone ad analisi minuziosa e sapiente il processo dell’agire umano, e mostrando come si leghino le azioni l’una all’altra, come ciò che dicesi condotta si sviluppi in una serie sucessiva e necessaria di atti, presenta l’uomo quale un ingegnoso meccanismo di ruote, che l’una muove l’altra senza riparo. È il gusto della ricerca, della descrizione minuta, che domina il romanzo. Voglia esso presentarci un’anima, un ambiente, un quadro di costumi, un avvenimento storico, si direbbe in ogni caso un’opera formata essenzialmente di documenti ; tanto si cerca di ridurre la parte dell’in¬ venzione, e di copiare per quanto è possibile la realtà anche in quanto ha di meno significativo. Fatti e perso- naggi sono tratti dalla realtà ; il romanziere pare non si proponga neppure d’integrare questa realtà, per paura si possa dire che ci ha messo del suo. Egli non vuole apparire nell’opera sua, se ne disinteressa quasi ; rap¬ presenta il bene, senza mostrargli simpatia ; rappresenta il male, e non gli scappa alcuna parola di riprovazione; è e vuole essere sopratutto uno spettatore imparziale, quasi lo spettatore imparziale dello Smith. Anch'egli, come i pittori, ha il suo album ; e in quest’album nota, sor¬ presi nella realtà, atteggiamenti, gesti, movimenti, into¬ nazioni e flessioni di voce, perfin qualche nome strano che lo abbia colpito, a non parlare di costumi, di tem¬ peramenti, di caratteri, ecc., materiali tutti di cui trae poi largo profitto ; egli ama sovratutto di essere un ana¬ lista, uno storiografo, un raccoglitore di fatti e di sen¬ sazioni, e in questo principalmente fa consistere il pregio 1 valore dell’opera sua. COI.LA STORIA DELLA COLTURA li DELLA CIVILTÀ 4.3 Se tale è il romanzo, che cosa dovrà essere la storia? La storia come opera d’arte è un'anticaglia oramai ; le storie deU’Amari, del Capponi, del Botta, del Colletta, del Cantù, quelle del Thierry, del Mi¬ chelet, del Guizot, del Mignet ecc. in cui si cerca di dar vita al documento col soffio dell’arte, non sono più compatibili coll’indirizzo positivo. Lo storico dei giorni nostri non sacrifica ai lenociai della forma, non ama i quadri pittoreschi, le vaste generalizzazioni, le sintesi geniali, non ordina e dispone gli avvenimenti secondo un intendimento artistico ; egli è sopratutto un erudito pa¬ ziente che si appiatta in un cantuccio del passato, e vi scova fatti ben accertati e vagliati con una critica mi¬ nuziosa e sagace. Egli teme l’immaginazione, diffida del sentimento, perfino degli apprezzamenti della ragione vor¬ rebbe far a meno ; il fatto, il nudo fatto è la sua preoc cupazione costante ; una commozione improvvisa di fronte a un avvenimento, la previsione anche ragionata delle conseguenze di questo, un insegnamento che se ne voglia trarre, tutto ciò oltrepassa la cerchia del fatto e gli è quindi sospetto. Il più assoluto disinteresse, la più as¬ soluta obbiettività deve dominare nell’opera sua ; solo a questo patto essa soddisferà alle esigenze di un metodo scientifico ; poiché essa è scienza, non arte. E ben vero che le sue ricerche particolari, le sue storie di luoghi e di tempi determinati, le sue monografie mi¬ nuziose devono trovar posto in un assieme più vasto e preparare quella sintesi universale, che è lo scopo su¬ premo degli studi storici. Egli sa bene ciò ; ma quella sintesi deve essere certa, fondata su basi salde, non qual- 44 LA STORIA DELLA FILOSOFIA li I RAPPORTI SUOI che cosa di chimerico, di campato in aria, e perciò non vede per il momento di meglio a fare che studiare fatti separati, di cui possa acquistare conoscenza piena ed in¬ tera ; compiuto questo lavoro analitico, il lavoro sinte¬ tico verrà poi come sua naturale conseguenza. Anche la critica dell’arte corrisponde all’indirizzo do¬ minante; era un esercizio di gusto, è diventata una scienza ; una scienza che nell’esame delle opere porta quel medesimo spirito che porta lo storico nell’esame degli avvenimenti. L’opera d’arte è sovratutto un documento oramai ; il critico non si lascia commovere dal bello, come non si lascia commovere dal brutto ; sono fatti naturali 1 uno e 1 altro, hanno l’uno e l’altro il loro valore e il loro significato. « U vero critico non ammira, nè biasima, osserva ri Pellissier ; egli accetta le forme molteplici che prende l’anima umana per rivelarsi, non ne condanna al¬ cuna e le descrive tutte. Applicando all’ arte come alla morale un determinismo implacabile, estende 1’,impero delle leggi organiche fin nel dominio della produzione letteraria. Egli riduce gli individui a non essere che la risultante della loro razza, del loro secolo e dell’ambiente in cui vivono. Dei documenti, ecco ciò ch’egli cerca nel- 1 opera estetica» (1). Che dire poi della poesia? Essa è so¬ vratutto il linguaggio del sentimento e dell’immaginazione; non può dunque che trovarsi a disagio nel secolo della critica e della scienza. E in realtà la letteratura al tempo nostro è in gran parte prosastica.L’epica non è più pos¬ ti) Op. cit. p. 270. Vedi tolo « L'Éeolution lénlisie • l’intero baUiesimo capitolo che ha per ti- colla storia oklla coltura k dell* civiltà 45 sibile : il dramma sfugge alla poesia; alla lirica solo ò concesso di vivere ancora non ingloriosamente come forma poetica. Ma il poeta è guardato dalla gente quasi con compatimento, con quello stesso senso press’a poco con cui si guarda un ragazzo che giuoca e scherza ; pove¬ retto, non ha altro da fare, lasciamolo divertire ! E di- fatti è divertimento innocente la poesia; si scherza gx-azio- samente colle parole, coi suoni' colle rime. Ma un uomo serio, positivo potrebbe permettersi ciò ? Ohibò ! L’uomo serio, positivo arrossisce, come di colpa grave, dei ten¬ tativi poetici della sua prima gioventù ; l’uomo serio, positivo, dice quello che ha da dire in prosa. « Tu ti contentei’ai della prosa, dice a se stesso, giovane ancora, Alessandro Dumas ; essa sola dice bene quello che hai da dire ». Del resto la poesia sopravvissuta si risente anch’essa dello spiiùto dominante ; descrizioni minuziose di realtà specialmente famigliar! ; analisi delicate di pen- siei'i e di sentimenti, ricerche e rappresentazioni fin troppo esatte di fatti storici ; studio d’una forma, che all’espres¬ sione precisa del concetto congiunga, fin dove è possi¬ bile, L’andamento semplice e piano della prosa. E il Po¬ sitivismo, è il Realismo filosofico che penetra fin dove parrebbe non dovesse mai penetrare. XI. Signori, è tempo di riassumere, è tempo di raccogliere le vele fin troppo spiegate nel nostro discorso. Voi siete già persuasi con me che la filosofia ha attinenze strettis¬ sime con tutte le forme della vita spirituale, con tutte le manifestazioni della civiltà e della storia. La storia 46 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI della filosofìa è per ciò insieme storia del sapere e della coltura ; storia in largo senso del progresso e della civiltà. Non meno dei metafisici di Germania, i positivisti di Francia e d’Inghilterra sostengono ciò. Il Comte e lo Stuart Mill considerano d’accordo il progresso della spe¬ culazione come la causa principale del progresso sociale (1). Sarà dunque uno studio di lusso, come sostengono alcuni, la storia della filosofia ? Anche ammesso che sia un lusso, è un lusso necessario, un lusso di cui non possono far a meno gli uomini colti. Sarà una vana curiosità, come credono altri, un’inutile commedia, un terreno sparso di rovine? Ma è anzi spettacolo grande e solenne, un dramma pieno di vita e ricco di significazione, un terreno produt¬ tivo e fecondo. Le si farà colpa di essere un’incessante e sterile lotta di vita e di morte, un’ alterna vicenda di sconfitte e di trionfi? Ma se questa è la sorte di tutte le cose umane, se nella morte è la vita e nella vita la morte ! Si dirà che è una serie di soluzioni con¬ tradditorie dei medesimi problemi, di risposte unilate¬ rali tutte e tutte esclusive alle stesse domande? Ma chi potrebbe sostenere che lo spirito umano sia un tutto essenzialmente armonico e coerente ? L’ incoe¬ renza, la contradizione è nel pensiero, nel sentimento, nelle opere, in tutte le manifestazioni dello spirito in- somtna; e pretendereste non fosse nella filosofia che dello spirito è la manifestazione più piena e più alta ? D’altra parte perchè guardare i sistemi filosofici solo nei rapporti onde alcuni sono legati ad alcuni ? Guardateli invece nel loro complesso, abbracciateli con uno sguardo unico tutti (1) Veti specialmente Stuart Miti, Logiqtte, voi. p. 52t) 530. COLLA STORIA DELLA COLTURA K DELLA CIVILTÀ 47 assieme, e vedrete che ricompongono l’unità vivente del pensiero, vedrete che non s’elidono veramente, ma s’ inte¬ grano piuttosto a vicenda e sono come le membra d’un vasto organismo, come le faccie di un immenso poliedro. Alcuni, più radicali degli altri, sostengono addirittura che parte almeno dei sistemi filosofici 6ono vere bizzarrie e, bontà loro ! aberrazioni mentali, veri scherzi di natura,^ come si diceva un tempo di quei prodotti naturali fuori dell’ordinario, di cui non si sapeva dare la sp : egazio^e. Ma la natura non scherza mai, è ben noto; la natura fa sempre sul serio ; e come quei prodotti che si dicevano scherzi una volta, si apprezzano ora più degli altri, perchè meglio atti a rivelarci il segreto dell’operare della natura; cosi i sistemi filosofici, che del resto non sono scherzi, hanno per la scienza nuova un immenso valore, poiché solo per essi è dato scoprire le leggi onde venne forman¬ dosi il pensiero moderno; solo per essi è dato percorrere le tappe per cui è passato il pensiero prima di arrivare allo stato presente. Ma io penso sovratutto aU’efficacia educativa della storia della filosofia ; maestro ed educatore, è naturale che ciò mi preoccupi. La filosofia incomincia là dove fi¬ nisce il senso comune ; quello che al senso comune ap¬ pare chiaro ed evidente, o insignificante almeno, a una riflessione più profonda è irto di difficoltà e problemi d’ogni maniera, è addirittura mistero. Ora che cosa gio¬ verà più a scuoterci dal pigro sonno d’una morta e ac¬ quiescente tradizione, che studiare il pensiero di coloro che hanno tentato risolvere quei problemi, svelare quel mistero ? E non basta; ai grandi monumenti dell’arte noi ci accostiamo, perchè ci illumini nn raggio d’imperi- LA SrOlttA DliLLA FILOSOFIA K 1 RAPi’OIfrt SUOI tura bellezza, perchè l’educazione artistica e letteraria meglio si forma collo studio dei grandi classici dell’arte e colla famigliarità delle loro opere, che colle astratte regole e le vuote forinole della vecchia retorica: ora l’e¬ ducazione del pensiero scientifico non dovrebbe allo stesso modo formarsi collo studio dei grandi eroi del pensiero, i genii della speculazione, Platone, Aristotele, Leibnitz^ Kant, Spencer ? Aggiungasi che quella meravigliosa va¬ rietà di tendenze, d’impulsi, d’indirizzi che si riscontra nei grandi pensatori, è mirabilmente atta ad arricchire la coscienza scientifica e a svolgere le moltiformi energie dell’ingegno ; e che per l’esempio di questa varietà l’uomo acquista più facilmente quella serena equanimità di giu¬ dizio, quello spirito largo e comprensivo, che abborre da ogni maniera di esclusivismo, e quindi di dogmatismo, quello spinto finemente critico e insieme libero e indipen¬ dente, che guarda le cose dall’alto, senza odio e disdegno, seuza entusiasmi e adorazioni soverchie, sine ira et studio, che è una virtù e una forza insi me dello scienziato. Oggi cè nei giovani specialmente la tendenza all’affer- mare reciso ed assoluto anche nelle questioni più con¬ troverse: ebbene, la storia della filosofia vi terrà lontani da questo vezzo, o giovani, vi avvezzerà a considerare le cose da vari punti di vista, non da uno, o da pochi parziali ed esclusivi, vi renderà tolleranti con tutti, con tutti i lavoratori serii ed onesti; vi convincerà che anche nella scienza brutta cosa sono le sette e le chiesuole; che la libertà è condizione di progresso non soltanto nella vita civile e politica, ma in quella più intima del pensiero e delle idee.
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