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Thursday, May 24, 2012

1585 -- Il primo "Edipo" pre-operistico

Speranza 3 marzo 1585: Teatro Olimpico, Vicenza. ANDREA GABRIELI. Libretto: Orsatto Giustiniani. La storia di Edipo in teatro è spesso legata alla storia delle musiche di scena che ci riporta indietro nel tempo fino al 3 marzo 1585, all’inaugurazione del Teatro Olimpico di Vicenza. In quell’occasione fu rappresentato l’"Edipo re" nella traduzione del nobile veneziano Orsatto Giustiniani, noto come letterato e umanista. Per questo spettacolo scrisse le musiche Andrea Gabrieli, maestro dello stile concertato e policorale, che collaborò con Palladio, Giustiniani e con Angelo Ingegneri nel tentativo di ricreare la struttura musicale della metrica greca. Secondo le testimonianze dell’epoca le musiche che accompagnavano l"Edipo" di Giustiniani erano diverse, e di diversi autori - tra i quali probabilmente Marc’Antonio Pordenone (1535-1590) compositore padovano che in quegli anni era al servizio degli Accademici Olimpici di Vicenza -. Ma ci rimangono solo i quattro cori di Gabrieli "Chori in musica composti da M. Andrea Gabrieli, sopra li chori della tragedia di "Edipo re" pubblicati a Venezia da Gardano nel 1588: --> santo oracol di giove, qual è colui, o voglia’l ciel, Misera humana prole. Si tratta di cori da due a sei voci, caratterizzati da una sostenuta declamazione del testo, e da un solenne stile accordale, quasi dei recitativi ante litteram, a più voci, anche per il frequente uso della nota puntata (che sottolinea le esclamazioni) delle pause teatrali (per dare gli stacchi fra un inciso e l’altro), per i valori metrici non più corrispondenti alla quantità prosodica ma improntati alla massima fluidità dell’eloquio. Dall’Edipo re di Sofocle è tratto anche l’OEdipe Pierre Corneille, rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1659. Nell’introduzione a questa tragedia in cinque atti, Corneille avverte il lettore di avere «preso un’altra strada» rispetto a quella degli autori greci, facendo perdere alla vicenda il suo ca rattere ieratico e complicandola con alcuni elementi aggiunti: Dirce, figlia di Laio, considera Edipo come un usurpatore del suo potere, e rifiuta di obbedirgli quando lui le chiede di sposare Emone, figlio di Creonte, perché è innamorata di Teseo. La peste intanto fa strage nella popolazione tebana ed Edipo consulta le potenze infernali. L’ombra di Laio risponde dicendo che il male sarà vinto, solo quando sarà versato il sangue della sua prole per espiare un delitto impunito. Dirce, che pensa di essere l’unica figlia di Laio, vorrebbe sacrificarsi, ma Teseo, per salvarla, dichiara di essere lui figlio di Laio. Alla fine l’omicida si rivela essere Edipo, che lascia il trono a Teseo. Come in Sofocle Giocasta si suicida, ma Corneille non riprende il tema dell’accecamento di Edipo, e il coronamento dell’amore tra Dirce e Teseo addolcisce la tragedia familiare. Corneille ha voluto dunque fare dell’Edipo un dramma politico, dove Edipo si batte per conservare il potere, e quando riconosce che ha commesso un parricidio, abdica ma non senza avere fatto riconoscere di essere stato re legittimo di Tebe. ---- Per la rappresentazione di questa tragedia all’Hôtel de Bourgogne, il 24 gennaio 1659, G. B. Luli ha composto un’ouverture e cinque intermezzi danzati (tra i quali il celebre Menuet des Thébains) che si collocano al culmine di un processo di sperimentazione che porterà il compositore, dal 1664 al 1671, a iniziare un sodalizio con Molière creando il genere della comédie-ballet (una commedia intercalata da divertissements collegati da un canovaccio che mira ad introdurli nella narrazione). La musica di questi Entr’actes d’OEdipe fu successivamente utilizzata da Luli per il Petit Ballet de Fontainebleau del 1664. Come Corneille anche Voltaire, sessant’anni dopo corresse il mito di Edipo nella sua tragedia OEdipe, una delle sue prime prove letterarie, scritta nel 1718 quando era ancora ventiquattrenne, ma che consacrò la sua fama. È una tragedia dal tono romanzesco, gran parte della quale è occupata dall’amore virtuoso tra Giocasta e Filottete, l’amante che ella aveva ripudiato per sposare Laio, e che all’inizio della tragedia viene accusato dai tebani di esserne l’assassino, mentre la rivelazione della verità affiora lentamente nel corso dei cinque atti. In Inghilterra una importante rilettura teatrale del mito di Edipo è stata quella di John Dryden (1631- 1700) che insieme a Nathaniel Lee (1653-1692) creò nel 1678 il fortunato dramma Oedipus, una versione della tragedia sofoclea spaventevole e dalle tinte assai accese. Dryden, poeta e drammaturgo inglese, autore di una trentina di lavori per il teatro, ideatore del genere della tragedia eroica, scrisse anche alcuni libretti per Henry Purcell, tra i quali The State of Innocence (1677) e King Arthur (1691). E fu Purcell nel 1692 a scrivere le musiche di scena per Oedipus, musiche che si compongono di un preludio, due songs (Hear, ye sullen powers below; Come away, do not stay) e due terzetti (Music for a while; Laius! Hear, hear). Sulla stessa tragedia di Dryden e Lee ha composto uno dei suoi masque John Ernest Galliard (1687-1749), compositore e oboista inglese di origine tedesca, allievo di Farinelli e Steffani a Hannover, fondatore dell’Academy of Ancient Music: masque in un atto, rappresentato per la prima volta a Londra il 2 marzo 1736, che come gli altri lavori teatrali e pantomime di Galliard mostra l’influenza di Purcell e di Händel e usa l’inclinazione per i soggetti mitologici (tra i suoi lavori per il teatro sono da ricordare Calypso and Telemachus Oper, Pan and Syrinx, Circe, The Triumphs of Cupid, Jupiter and Europa, Apollo and Daphne, The Rape of Proserpine, Perseus and Andromeda, Julius Caesar). E sulla tragedia di Dryden e Lee è ancora ritornato Thomas Augustine Arne (1710- 1778) - figura di spicco nella musica teatrale in Inghilterra dopo la morte di Händel, grande didatta (ebbe tra i suo allievi Charles Burney), autore di cinquanta lavori teatrali di grande successo nella Londra del Settecento, e noto per aver iniziato ad applicare in Inghilterra modelli dell’opera italiana - con le musiche di scena per la rappresentazione messa in scena al Drury Lane di Londra il 19 novembre 1740. In Italia fu Rossini a cimentarsi con le musiche di scena per una rappresentazione dell’Edipo a Colono di Sofocle. Gliele aveva commissionate, intorno al 1814, Giambattista Giusti, un letterato di Lucca attivo a Bologna per una sua traduzione della tragedia sofoclea fatta nel 1807 e pubblicata a Parma nel 1817. La composizione di queste musiche di scena - si tratta di una Sinfonia iniziale (composta da un Andantino in do maggiore seguito da un Allegro nel relativo minore e una ripresa dall’Andantino sul quale si apre la scena) e di quattordici brani che comprendono recitativi, arie per basso (corifeo) e cori - fu causa di una serie di dispute tra il compositore e il letterato perché Rossini, che si era dedicato alla stesura di queste musiche tra il 1815 e il 1816, non completò l’orchestrazione rendendo impossibile l’esecuzione. La parte orchestrale fu poi completata da un altro musicista di cui si ignora l’identità (che scrisse le parti mancanti direttamente sull’autografo di Rossini - la partitura fu riportata alla luce nel 1933 e pubblicata per la prima volta nel 1985 dalla Fondazione Rossini di Pesaro), mentre nel 1844 Rossini adattò due cori dell’Edipo Coloneo per una nuova composizione intitolata La foi, L’ésperance, La charité: trois choeur religeux. Sulla traduzione in tedesco (fatta da Jacob Christian Donner) della stessa tragedia ha scritto le musiche di scena nel 1845 Felix Mendelssohn Bartholdy, per una rappresentazione avvenuta al Königlich Schauspielhaus di Potsdam il 1 novembre 1845. La partitura di questo Oedipus in Kolonos op. 93, per voci recitanti, basso, doppio coro maschile e orchestra, consta di nove pezzi corrispondenti ai vari ingressi del coro e del corifeo, spesso in dialogo con i personaggi sulla scena, nei quali Mendelssohn si emancipa dalle rigorose strutture ritmiche, modellate sugli antichi metri greci, che aveva adottato per i cori dell’Antigone op. 55 (sempre da Sofocle). Nel 1804 il drammaturgo russo Vladislav Aleksandrovi˘c Ozerov (1769-1816) aveva ottenuto un grande successo con la tragedia Edipo ad Atene, individuando uno stile che ibridava la forma classica (su modelli francesi) con elementi preromantici e patriottici (e che lo porterà a creare cinque anni dopo Polissena, considerata la più importante tragedia russa d’impronta classica), e ispirandosi a una rielaborazione francese dell’originale sofocleo fatta nel 1778 da Jean-François Ducis (1733-1816) con il titolo OEdipe chez Admète. Per il dramma di Ozerov compose le musiche di scena Modest Musorgskij, limitandosi però a tre cori, dei quali peraltro ci è pervenuto solo il primo (scena del tempio) composto tra il 1858 e il 1860 ed eseguito per la prima volta a San Pietroburgo il 18 aprile 1861; degli altri due, probabilmente del 1861, si ha notizia solo da una lettera del 26 settembre 1861 inviata da Musorgskij a Balakirev. I tre cori vennero successivamente utilizzati nell’opera Salammbô, composta tra il 1863 e il 1866, anch’essa rimasta incompiuta. Per l’Edipo re di Sofocle ha composto ancora le musiche di scena, nel 1874, Eduard Lassen (1830-1904), compositore belga di origine danese, vincitore del Prix de Rome nel 1851, ammirato e protetto da Liszt; e nel 1887 l’irlandese Charles Villiers Stanford (1852-1924), prolifico autore di musiche di scena, formatosi su modelli tedeschi e brahmsiani, sui quali innestò elementi di tradizione celtica, ma noto anche come direttore d’orchestra e grande didatta (al Royal College e a Cambridge ebbe tra i suoi allievi Ralph Vaughan Williams, Gustav Holst, Frank Bridge, Arthur Bliss e Percy Grainger). Johann Gottfried Heinrich Bellermann, (1832-1903), noto anche come musicologo e autore di importanti trattati sulla polifonia e sul contrappunto, ha composto musiche di scena e cori per König Oedipus op. 29 nel 1882, e sei anni dopo i cori per Öedipus auf Kolonos op. 36. (Mattietti)

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