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Sunday, March 9, 2014

L'ISOLA DI BERATO -- Ossian -- Cesarotti "Perché mi svegli tu?" "O venticello tremulo" "scorrerà col guardo" "ma non mi troverà"

Speranza

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Camus: che questo poema, "Berato", sia stato composto da Ossian poco prima della sua morte , e perciò nella tradizione è chiamato "l’ ultimo inno d’ Ossian".
 
INNO
 
PAROLA CHIAVE: INNO.
 
Il traduttore inglese prese la libertà di denominarlo "Berato", dal fatto di cui si narra la storia, e che accadde in un’ isola di questo nome.
 
Il poema "BERATO" si apre con un’elegia sopra l’immatura e inaspettata morte di Malvina, sole conforto del vecchio Ossian.
 
Avendo il poeta OSSIAN nel suo lamento fatto menzione di "Toscar:, prende a raccontare la sua prima impresa giovanile in cui Toscar suddetto ebbe parte.
 
Larthmor, signor di Berrathon,
isola della Scandinavia, essendo
divenuto vecchio, fu cacciato
dal regno da Uthal suo figlio,
e confinato in una grotta.
 
FINGAL, che nella sua gioventù era
stato ospitamente accolto da Larthmor,
mentre navigava a Loclin, nel tempo de’ suoi amori
con AGANADECA, inteso il fatto,
ape ì Ossian e Toscar a liberare il vecchio re LARTHMOR.
 
Siccome UTHAL era tanto bello quanto feroce e superbo,
NINATHOMA, figlia di THORTOMA, uno de’ regoli confinanti,
se ne invagh‘r e fuggi con lui.
 
Ma. egli dopo qualche tempo divenuto incostante,
confinò NINATHOMA in un’isola deserta pressci la costa di BERATO (Berrathon).
 
Ossian passando liberò NINATHOMA e condusse seco, indi
approdando a BERATO (Berrathon) assieme con Toscar; mise in rotta le truppe di
UTHAL, e uccise questo in duello.
 
NINATHOMA, il di cui amore. malgrado l’ingratitudine
di UTHAL, non s’era punto diminuito,
udendolo morto, ne mori anch’essa di doglia.
 
Ossian e Toscar, dopo avere ristabilito sul
trono il vecchio Lartlnuor
tornano trionfanti a Morven.
 
Il poema si chiude con un canto patetico relativo alla prossima morte di Ossian.
 
Questo componimento è quasi tutto in metro lirico.


vomx , ceruleo rio
le garrule onde
cola di Luta vèr la piaggia erbosa
verd’ ombra il bosco intorno
vi diffonde

e in sul meriggio il sol sopra vi posa
scuote il folto scopeto ispide fronde
dechina il fior la testa yrugiadosa
alzalo il venticello e lo vezzeggia
quei mestamente languidetto ondeggia

o venticello tremulo 
i par che il fioretto chiedagli ,
per ché mi svegli tu?
il nembo
il nembo appressasi
che già 111’ atterra e sfiorami
domani io non son più
verrà doman chi mi mirò pur oggi
ga'o di mia beltà,
l:.i scorrerà col guardo e campi e' poggi,
ma non mi troverà.
così d’Ossian ben tosto andranno in traccia
di Cena i figli
allor che fia tra i spenti 
usciran baldi i giovinetti a caccia
nè udran la voce mia sonar su i venti.
ov’ è, diran dolenti ,
il figlio di Fingal chiaro nel canto
e’l volto bagnerà stilla di pianto.
Nel testo il modo è imperativo; ma sil‘f‘atte cose non possono comandarsi. Perciò si è creduto bene di sostituire l’ indicativo.
 
Questi sentimenti non sono qui} posti a caso: si vedrà bentosto ove tendano.
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Vieni dunque, o Malvina (a), e sin che puoi,
L’ alma cadente del cantor conforta:
Indi sotterra, al fin de’ giorni suoi, -
Nel campo amato (b) la sua spoglia smorta.
Malvina , ove se” tu co’ canti tuoi? ‘
Ché non t’appressi , 0 mia fidata scorta?
Figlio d’Alpin , sei qui? ché non rispondi?
Dolce Malvina mia, dove t’ ascondi?
IL memo n’u.rmo
Cantor di Coma , pocanzi passai
Presso le torri antiche di Tarluta (e) ,
Nè fumo vidi (d) , nè voce ascoltai;
Era ogni cosa di lutto vestuta.
Le vergini dell’ arco (e) addomandai,
Ciascuna abbassò gli occhi, e stette muta.
Avean d’ oscuritade un sottil velo (
Pareano stelle in nebuloso cielo.
ossmn
Oh noi dolenti e lassi!
Così presto sparisti, amata luce (g),
Lasciando tenebroso il piano e ’l monte?
Di tua partenza ai passi
Ossian non sapeva ancora che Malvina fosse morta.
 
Nel campo di Lutha.
 
Ov’ era 1 abitazion di Malvina. Questo nome, che dal traduttore inglese non è spiegato, dovrebbe signi< ficar la torre o il palagio di Lutha.
(d) Segno che non c’ era Poco, nè chi lo accendesse.
(e) Nel testo: le figlie dell’ arco, le cacciatrici.‘
(f) L’originale: sottile oscurità copriva la lor: bellenza.
4g) L’ autore continua questa metafora per tutto il paragrafo. T. I ‘
 


 
Fu grazia e maestà compagna e duce,
Come a luna che scende entro il gran fonte (a).
Ma noi con mesta fronte
Starem piagnendo a richiamarti invano:
Addio ; dolòe riposo
Godi, raggio amoroso,
Ma guarda almeno alla mia notte amara:
Lume non la rischiara ,
Che di tetre ,meteore in ciel turbato:
Cosi presto , sparisti, o raggio amato?
Ma che veggol’ che veggol
Ah tu poggi ori-lucente ,
Come Sole in oriente ,
A mirar l7 ombre felici
Già dei nembi abitatrici,
E guidar festosa danze
Là del tuono entro le stanze,
Fuor di cura egra morta].
Pende' nube alto sul Cona (b)
Che pel ciel passeggia e tuona (c) ;
Di tempeste ha grave il grembo ,
Ha di lampi acceso il lembo;
Dell’incarco alteri e lenti
Sotto lei rotano i venti
Di grand’ ale armati il tergo:
Questo, si, questo è l’albergo
Dell’ altissimo F ingal.
. . . \ . (a) Espressrone del Poliziano per sigmficar il mare.
((11) La traduzione diede a questa nuvola un aspetto di maestà più terribile , onde fosse più degno albergo d’un tal eroe. Ma le tinte che hanno rinforzato il colorito del quadro sono tutte della tavolozza di Ossian. .l(_c) L’ originale: ituoi azzurri increspatifianchi sono a n.


In maestosa oscuritade ei siede ,
Su i nembi ha ’l piede:
Il capo sovrasta ,
Palleggia l’ asta,
Il nero-brocchiero
Mezzo si tuffa entro i nebbiosi gorghi ;
Luna par che giù nell’onde
Di sua faccia ancor nasconde
L’una metà, con l’altra
D’ un fioco raggio pinge
L’ azzurra faccia di che il ciel si cinge.
F anno cerchio al gran Re gli eroi possenti
Ad ascoltare intenti
Benché fioco
D’ Ullino il canto ,
Che al suon roco .
D’ aerea arpa si mesce, e stuolo hitanto
D’ eroi minor‘ la sala '
Fa di lugubre maestade adorna,
E di mille meteore il buio aggiorna.
Sulla nebbia mattutina
Vien Malvina,
Alle porte ella s’ affaccia,
Ed ha sparso in su la faccia
Un amabile rossor. ‘
L’ ombre avite , in cui s’aiiisa .
Mal ravvisa (a);
(a) Nell’ originaler vede le incognite faccir: de’ padri suoi. Per la voce padri par che debbano intendersi gli antenati di Malvina da lei non prima veduti:, altrimenti non avrebbe detto che le loro faccia erano incognite. Ad ogni modo, il termine incognito non sembra il più
 
 

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