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Tuesday, March 19, 2024

GRICE ITALICO A/Z T

 

Grice e Taddio – fenomenologia ereetica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Udine). Filosofo italiano. Si occupa in particolare di fenomenologia della percezione, ontologia e teoria della conoscenza a cavallo tra estetica e metafisica. È direttore di Mimesis Edizioni. Si laurea in Filosofia a Trieste, successivamente, trascorre un periodo di studio presso il dipartimento di Filosofia dell'Edimburgo: completa la sua formazione aTrieste conseguendo il titolo di dottore di ricerca. È stato allievo di Bozzi e  Derossi.  Il primo libro, Spazi immaginali (Prefazione di Maurizio Ferraris), è un testo di narrativa filosofica che si inserisce all'interno della tradizione del realismo magico: l'esistenza viene espressa da una sequenza di istantanee emergenti dallo spazio immaginale.  Tutti gli scritti dell'autore sono di matrice realista: Fenomenologia eretica è un libro incentrato sull'analisi di un unico esempio considerato dall'autore paradigmatico per l'intera tradizione fenomenologica, la percezione di un cubo. L'analisi critica dell'esperienza è sviluppata, da un lato, in rapporto alla fenomenologia sperimentale e, dall'altro, in risposta alle critiche alla fenomenologia.  A partire di Magritte, ne “Il mistero” viene applicata la teoria della percezione diretta, elaborata in “Fenomenologia eretica” al problema della raffigurazione pittorica. L'insegnamento di estetica alla facoltà di Architettura lo porta a realizzare il saggio “L'affermazione dell'architettura” (Mimesis). La relazione filosofia-architettura sta al centro di altri due volumi da lui curati: “Costruire abitare pensare” (Mimesis) e “Città metropoli territorio” (Mimesis). Il concetto di affermazione e preso in esame in un numero di aut aut dedicato all'architettura.  In Verso un realismo” (Jouvence) si delinea un'ontologia della meta-stabilità. Sul tema del realismo avvia un articolato confronto. Le riflessioni sul realismo si sono sviluppate in diversi direzioni: politica, architettura, cinema, ontologia ed epistemologia (v. Alfabeta; “aut aut”; “Cinema&Cie”; “Teoria & Modelli”; “La Filosofia Futura”. Fonda “Mimesis”. La società è detentrice dei marchi editoriali di Mimesis in Italia. Progetta e realizza la rivista di approfondimento culturale Scenari. Crea e dirige il Festival Mimesis Territori delle idee.  A partire da una prima formazione politica di stampo liberal-socialista lavora in direzione di un rilancio della cultura cosmopolita in rapporto alle nuove forme di partecipazione democratica  (interventi: Festival Vicino Lontano, Pop Sophia, Radio Radicale). Palazzo Reale, Genova. Insegna a Udine. Saggi: “Spazi immaginali” (Campanotto Editore); “ Fenomenologia eretica”, “Saggio sull'esperienza immediata della cosa” (Mimesis); “Il mistero”; “La natura della rappresentazione” (Mimesis);  “Osservazioni sulla stabilità tra estetica e metafisica” (Jouvence); “Un mondo sotto osservazione” (Mimesis); “La guerra e il mortale (Mimesis); “Quale filosofia per il partito democratico e la sinistra” (Mimesis); “La Terra e il Sacro” (Mimesis);  “Un metodo pericoloso” (Mimesis); “Manifesto per una sinistra cosmopolita” (Mimesis); “Radicalmente liberi” (Mimesis); “L'apparire della Cosa, La Fenomenologia Eretica, Uno scandalo per il pensiero, su  I lsole24ore.com.  “aut aut”. “Ma il realismo non è tutto nuovo”, su corriere.  È il crepuscolo delle tradizioni, su corriere.  Sinistra e Realismo, su alfabeta Vuoti di sapere, su autaut.il saggiatore.com. Passione politica e democrazia. "Marionette al potere" Curi, Marramao, Palazzo Reale Genova, Intervista. Artribune. Luca Taddio. Taddio. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Taddio” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tagliabue -- Remo – le strutture del trascendentale – il concetto di gusto nell’estetica italiana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Studia a Milano. Dopo diverse collaborazioni a riviste come critico letterario e teatrale, si occupa lui stesso di filosofia a partire da due saggi del dopoguerra, “Le strutture del trascendentale: piccolo inchiesta sul pensiero critic, dialettico, esistemziale” (Milano, Bocca), e Il concetto dello stile. Saggio di una fenomenologia dell’arte” (Milano, Bocca), che gli fecero avere il posto di professore a Milano e Trieste. Collabora al Convegno, ma scrisse anche su La Lettura e La Rassegna d'Italia, e Rivista critica di storia della filosofia, Rivista di filosofia, Belfagor, Giornale critico della filosofia italiana, Rivista di estetica, Il pensiero, Aretusa, Lingua e stile, Studi di estetica, Studi tedeschi, aut aut ecc.  Si occupa di germanistica, gnoseologia, semantica, estetica e poetica, attraverso numerosi saggi di taglio fenomenologico. Come per Baratono e  Banfi, la sua analisi dell'estetica e delle scelte poetiche e stilistiche degli artisti si distacca dall'impostazione di Croce e poi di Calogero per orientarsi verso l'aspetto pratico, influenzato anche dall'esistenzialismo positivo di Abbagnano, del fare arte, che non può ridursi alla sola conoscenza, ed è fortemente legato alla tecnica, intesa anche come gesto manuale e meccanico, e allo stile, inteso come rapporto tra gli elementi formali e quelli contenutistici dell'opera -- sede, inoltre, dell'unità nel rapporto tra percezione e immaginazione. Organizza le teorie d'artista e le dottrine estetiche non tanto in senso cronologico, ma per tipi: estetica vitalistica, estetica psicologistia, estetoca formalistica, estetica fenomenologica, ecc.  In “Linguistica e stilistica di Aristotele” e “Demetrio, dello stile”  si occupa di retorica e stilistica antiche. “Aristotelismo e Barocco” (Milano, Bocca); “Il Barocco e noi”; “Anatomia del Barocco” (Palermo, Aesthetica) indagano sul barocco artistico e letterario” (Milano, Bocca). Si occupa anche di estetica, del pre-criticismo, della polemica Nietzsche-Wagner, di Goethe, Musil, Roth, Kafka ecc. Critico con la contestazione studentesca, eppure non evita il confronto con il movimento. Altre saggi: “I processi di Galileo e l'epistemologia” (Milano: Bocca); “Dai romantici a noi” (Milano: Marzorati); ““Il concetto del "gusto nell'Italia’ (Firenze: La Nuova Italia);  “Linguistica e stilistica di Aristotele” (Roma, Ateneo); “Fenomenologia dei giudizi di valore” (Trieste: Istituto di Filosofia); “La semantica e i suoi problemi” (Trieste: Istituto di Filosofia); “Demetrio, dello stile” (Roma: Ed. dell'Ateneo); “La nevrosi: Saggi sul romanzo” (Casale Monferrato: Marietti); “Nietzsche contro Wagner” (Pordenone: Tesi); “Geologia letteraria” (Milano: Garzanti); “Goethe e il romanzo” (Torino: Einaudi); “Il gusto nell'estetica” (Palermo: Centro studi di estetica); “Arte e alienazione. Il ruolo dell'artista nella societa” (Milano: Marzorati); “I sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica” (Milano: Rizzoli); “Sul sentimento del bello e del sublime” (Milano: Rizzoli); “Sul gusto” (Genova: Marietti). "Esercizi filosofici", L. Russo, L’estetica del Settecento, in "Aesthetica Pre-Print"; Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ritratto di un genio politicamente scorretto. C. Magris, Corriere della Sera. Guido Morpurgo-Tagliabue. Morpurgo-Tagliabue-Remo. Tagliabue. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tagliabue” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tagliagambe – la mediazione della representazione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Legnano). Filosofo italiano. Studia a Milano su Geymonat con cui si laurea con la lode attraverso una tesi sull'interpretazione della meccanica quantistica. Ha proseguito i suoi studi specializzandosi in Fisica quantistica all'Università degli Studi Lomonosov di Mosca sotto la direzione di Ja.P. Terleckij e poi presso l'Accademia delle Scienze dell'URSS, Istituti di Filosofia e di Fisica  dove si è perfezionato in Filosofia della fisica con la supervisione di Fock e Terleckij.  La sua attività scientifica e didattica si è sviluppata attraverso un variegato percorso universitario che l'ha portato ad insegnare presso diversi atenei dal 1974 al 2008 e a collaborare con differenti centri di ricerca ed enti istituzionali come consulente scientifico. Si è concentrato sul rapporto tra filosofia e fisica quantistica in particolare sul concetto di realtà fisica e sui rapporti tra materialismo dialettico e sviluppi della fisica. Rivolve l'attenzione sui temi del rapporto tra realtà osservata e sistema osservante, le interazioni reciproche e il ruolo del linguaggio, della comunicazione inter-soggettiva, della mediazione linguistica e della semiotica nel pensiero. Elaborato il ruolo e il significato di interfaccia, il rapporto tra intelligenza naturale e intelligenza artificiale, in particolare il ruolo progressivamente avuto dalle tecnologie di informazione e comunicazione. Elabora i contributi sul profondo significato del concetto di "margine", sia esso su un essere vivente, un'interfaccia o il rapporto tra corpo e mente, nei sistemi sociali e nella comunicazione. Studia le forti interconnessioni tra artificiale e naturale, il profondo senso dell'interdisciplinarità, e il saggio Il Sogno di Dostoevskij, attraverso una visitazione storica dal dibattito tra lo scrittore e lo scienziato Secënov, fino alle recenti scoperte della neuro-fisiologia, mettendo a fuoco il senso del rapporto tra le mente e il corpo e il significato e la funzione dell'inconscio. Ricostrusce e interpretato l'intenso scambio dialogico tra Pauli e il fondatore della psicologia analitica Jung, nel quale emerge il profondo rapporto tra filosofia, fisica e psicanalisi. L'analisi tra visibile e invisibile, il ruolo dell'arte e il senso epistemologico dello spazio intermedio e del confine sono stati da lui sviluppati anche attraverso un'esegesi del pensiero di Florenskij.  Le ricadute della sua filosofia sulle scienze sociali ed economiche trovano approfondimenti nelle opere dedicate all'analisi dei sistemi organizzativi socio-economici. L'attività presso la facoltà di Architettura l'ha portato a riflettere sulla'"epistemologia del progetto", sulla relazione tra possibilità e realtà, sul rapporto tra l'Io, lo spazio, il tempo, l'ambiente, tra urbs e civitas, sul concetto di paesaggio, sul ruolo delle città globali e sul nesso tra globale e locale. Gli sviluppi delle tecnologie digitali e poi della rete come fenomeno prima tecnologico poi culturale e sociale vengono elaborati e incorporati nella sua filosofia. La sua riflessione teorica è indirizzata anche ai temi dell'apprendimento e dell'organizzazione della conoscenza soprattutto alla luce delle reali esperienze della scuola, dei processi di modernizzazione e innovazione che la coinvolgono e delle nuove esigenze che essa deve affrontare Dirige il rifacimento del manuale di filosofia di Geymonat e pubblicato da Garzanti Scuola con il titolo La realtà e il pensiero. La ricerca filosofica e scientifica. Collabora dal  con il CNI per il premio Scintille dedicato all'innovazione a Pisa, Cagliari, Roma La Sapienza, Sassari: Facoltà di Architettura di Alghero, Vicepresidente CRS4, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per la Riforma, CIES, FIESEC, Direttore del progetto “Scuola digitale” della Regione Sardegna.Vedi Materialismo e dialettica nella filosofia sovietica. Vedi Scienza e marxismo in Urss.  Vedi La mediazione linguistica. Il rapporto pensiero-linguaggio. Vedi Epistemologia del confine  Vedi Il Sogno di Dostoevskij  (vedi Un confronto su materia e psiche  Vedi recensione Corriere della Sera che cita che con quest'opera va avanti sul progetto di esplorare una originalissima epistemologia del confine. La tecnica e il corpo. Organizzazioni. Soggetti umani e sviluppo socio-economico. Individui e imprese: centralità delle relazioni. L'albero flessibile. La cultura della progettualità. “Lo spazio intermedio” (Bocconi, Milano) riprende, rielabora ed estende il concetto di confine. La didattica e la rete. Più colta e meno Gentile.. Nuovi percorsi per l'obbligo formative. La realtà e il pensiero 1. La ricerca filosofica e scientifica, Garzanti Scuola. Altre saggo: “ L'interpretazione materialistica della meccanica quantistica. Fisica e filosofia” (Feltrinelli, Milano); Scienza, filosofia, politica” (Feltrinelli, Milano); “Materialismo e dialettica” (Loescher, Torino); “Scienza e marxismo” (Loescher, Torino); “La mediazione linguistica: il rapporto pensiero-linguaggio” (Feltrinelli, Milano); “Lo spiritismo.. (Boringhieri, Torino); L'impresa tra ipotesi, miti e realtà (ISEDI, Torino); “Epistemologia del confine” (Il Saggiatore, Milano); “La politica che non c'è. Idee guida per un progetto tra razionalità e valori” (Demos, Cagliari); “Il sequestro dell'identità” (CUEC, Cagliari); “La città possible” (Dedalo, Bari); “Epistemologia del cyber-spazio, Demos, Cagliari,  L'albero flessibile. La cultura della progettualità, Masson, Milano, Il profilo del tempo, ‘Nuova civiltà delle Macchine', Organizzazioni. Soggetti umani e sviluppo socio-economico, (in collaborazione con G.Usai), Giuffré, Milano, La didattica e la rete, Pitagora, Bologna); “La comunicazione nell'era di Internet” (Etas Libri, Milano); “Il destino del marxismo: dall'idolatria al rifiuto” (Luiss,  Roma), “La vittoria di Babele: dalla filosofia naturale alla separazione dei linguaggi”; “Civiltà delle machine”; “Il sogno di Dostoevskij. Come la mente emerge dal cervello” (Cortina, Milano); “Filosofia della scienza (Cortina, Milano)”; “Percorsi per l'obbligo formative” (PLUS, Pisa); “L’unitario” (Cultura, Teramo); “Le due vie della percezione e l'epistemologia del Progetto” (Angeli, Milano); “Più colta e meno gentile. Una scuola di massa e di qualità” (Armando, Roma); “Florenskij” (Bompiani, Milano); “La tecnica e il corpo” (Angeli, Milano); Individui e imprese: centralità delle relazioni” (Giuffrè, Milano); “Saper fare la scuola: il triangolo che non c'è” (Einaudi, Torino)”; Storia della filosofia,  Filosofi italiani” (Bompiani, Milano); Storia della filosofia”; “Un confronto su materia e psiche” (Cortina, Milano); “La libertà, le lettere, il potere” (Rubbettino, Soveria Mannelli); La realtà e il pensiero. La ricerca filosofica e scientifica” (Garzanti Scuola). Silvano Tagliagambe. Tagliagambe. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tagliagambe” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Taglialatela – filosofia italiana – Luigi Speranza (Mondragone). Flosofo italiano. Studia al Seminario vescovile di Sessa. Ordinato sacerdote, insegna teologia al Seminario vescovile di Cava dei Tirreni. Lasciato il sacerdozio, tenta di arruolarsi nelle truppe di Garibaldi, per poi decidere di predicare nell'Italia meridionale i nuovi ideali del movimento unitario. Nominato professore di teologia a Napoli. A seguito della soppressione di tale cattedra apre una scuola privata.  Incomincia da questo periodo a riscoprire lo studio e la saggistica, in particolare riprendendo e sposando le tesi di Gioberti, che lo affascina. Su questo indirizzo filosofico è stato imperniato il manuale Istituzioni di filosofia dche, seppur non prescelto come testo d'insegnamento liceale, in quanto particolarmente complesso, ricevette le lodi di Spaventa.  Non manca, in seguito, avendo aderito al protestantesimo, di compiere opere missionarie, in particolare in Puglia e in Abruzzo. A tal riguardo è documentato il viaggio di Pescasseroli sul quale scrisse Croce, che segnala anche come e considerato, assieme a Mazzarella e Caporali, fra le menti più forti del movimento protestante in Italia. Altre opere:: “Istituzioni di filosofia” (Diogene, Napoli); “Apologia delle dottrine filosofiche di Gioberti” (Diogene, Napoli); “La scienza, la vita e di Sanctis” ( Diogene, Napoli); “Garibaldi” (La Speranza, Roma); “Il Papa-re nelle profezie e nella storia” (La Speranza, Roma); “In Dio” ((La Speranza, Roma); “Fede, speranza e carità” (La Speranza, Roma); “Teoria evangelica della vita” (La Speranza, Roma); D. Ciampoli, Taglialatela” (Unione, Roma); B. Croce, Pescasseroli, Laterza, Bari); R. Fiore, Civiltà Aurunca, G. Iurato, Pietro Taglialatela. Dalla filosofia del Gioberti all'evangelismo anti-papale” (Claudiana, Torino); Gioberti Protestantesimo in Italia, Dizionario biografico dei protestanti in Italia". Sito della Società di studi valdesi. Apologia della dottrinadi Gioberti. Pietro Taglialatela. Taglialatela. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Taglialatela” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tagliapietra – sincerita – filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo italiano. Dopo la maturità classica al Foscarini di Venezia, ha compiuto studi di medicina e di filosofia, laureandosi in filosofia teoretica all'Università Ca' Foscari con una tesi discussa con Severino e  Madera. In quegli stessi anni perfeziona gli studi di ermeneutica biblica sotto la guida di Enzo. Insegna a Sassari e Milano. Fonde nelle sue ricerche un'indagine storico filosofica sul pensiero antico, sulla tradizione apocalittica, con un'attenzione a temi contemporanei legati al mondo delle immagini e della comunicazione, allo studio del linguaggio e delle metafore, nonché all'intreccio storico e teorico fra teatro e filosofia. In quest'ultima prospettiva si orientano i suoi studi sull'idea di sincerità e sul significato della bugia nel quadro di una costruzione drammaturgica dell'individuo, sul ridere e sulla natura del personaggio comico. Cura per Feltrinelli, Boringhieri e Mondadori edizioni importanti: L'Apocalisse di Giovanni, raccolte di scritti sull'Illuminismo e sul tema della catastrofe; il Fedone o sull’anima (Feltrinelli, Milano); “L’apocalisse di Gioacchino da Fiore” (Feltrinelli, Milano); Voltaire, Rousseau, Manzoni, Volney, Feuerbach, Mercier. Cura Valent. Collabora saltuariamente a Il Gazzettino, il quotidiano della sua città, e ha collaborato a varie testate giornalistiche (Capital; Panorama; Il Sole 24 Ore; l'inserto culturale "Saturno" de Il fatto quotidiano, ecc.), con interventi di carattere culturale o legati all'attualità sociale e politica. Con “La virtù crudele. Filosofia e storia della sincerità” vince il Premio Viareggio per la saggistica. -- è stato conferito il premio di filosofia Viaggio a Siracusa per “Gioacchino da Fiore e la filosofia”. È direttore del Giornale critico di storia delle idee. È fondatore e direttore a Milano del Centro di Ricerca Inter-Disciplinare di Storia delle Idee (CRISI), e di ICONE, Centro Europeo di Ricerca di storia e teoria dell'immagine di Palazzo Arese Borromeo. Altre opere: “La metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica” (Feltrinelli, Milano, Bollati Boringhieri, Torino); “Il velo di Alcesti: la filosofia e il teatro della morte” (Feltrinelli, Milano); “Filosofia della bugia: figure della menzogna nella storia del pensiero occidentale” (Bruno Mondadori, Milano); “La virtù crudele: filosofia e storia della sincerità” (Einaudi, Torino); “La forza del pudore: per una filosofia dell'inconfessabile” (Rizzoli, Milano; “Il dono del filosofo: sul gesto originario della filosofia” (Einaudi, Torino); “Icone della fine: Immagini apocalittiche, filmografie, miti (Il Mulino, Bologna); “Sincerità” (Raffaello Cortina, Milano); “Gioacchino da Fiore e la filosofia, il Prato, Padova); “Non ci resta che ridere (Il Mulino, Bologna); “Alfabeto delle proprietà: filosofia in metafore e storie” (Moretti, Bergamo); “Esperienza: filosofia e storia di un'idea” (Cortina, Milano); “Filosofia dei cartoni animati. Una mitologia contemporanea” (Boringhieri, Torino); Cartografia intellettuale dell'Europa, “La migrazione dello spirito” (Mimesis, Milano); “Tempo a termine e tempo senza fine: breve storia figurale della temporalità” (Mimesis, Milano); “Non desiderare la donna e la roba d'altri” (Mulino, Bologna); “Il senso del dolore. Testimonianza e argomenti” (San Raffaele, Milano); “Zerologia. Sullo zero, il vuoto e il nulla” (Mulino, Bologna); “Apocalisse di Giovanni” (Feltrinelli, Milano);  “La verità e la menzogna: sulla fondazione morale della politica” (Mondadori, Milano); “Che cos'è l'Illuminismo? I testi e la genealogia del concetto” (Mondadori, Milano); “ Il sacro” (Gallone, Milano); “La catastrofe. L'illuminismo e la filosofia del disastro” (Mondadori, Milano); “La fine di tutte le cose” (Boringhieri, Torino); “La storia e l'invenzione” (Prato, Padova); “Le rovine, ossia meditazione sulle rivoluzioni degli imperi” (Mimesis, Milano); “L'uomo è ciò che mangia” (Boringhieri, Torino); “Montesquieu a Marsiglia” (Inschibboleth, Roma); “Bisogna sempre dire la verità?” (Cortina, Milano); “L’idea della fine” (Agalma); “Il rischio e il limite”; Magazine (Energia), Pearson. “Il gesto di Socrate”; “Il pudore e l'enigma”; Spazio Filosofico, Tipologia del riso, Fillide, Corpo di pazienza, “Esser contro”, XÁOS. Giornale di confine, Il dono del filosofo. Il dono della filosofia, XÁOS. Giornale di confine, Il giallo della filosofia, XÁOS. Il volto del potere, in XÁOS, La Lotteria di Babele. Appunti filosofici su caso e fortuna nella società della comunicazione, XÁOS. Giornale di confine, L'apocalisse delle immagini. Esegesi del cinema a partire da "Fino alla fine del mondo", XÁOS, La gola del filosofo. Il mangiare come metafora del pensare  XÁOS. Dire la verità. L'insistenza della critica, Giornale critico di storia delle idee,  L'uomo è un animale che esita. Intervista di M, Dotti, in Vita, Presentazione. Il dono del filosofo. Sul gesto originario della filosofia in Inschibboleth, Presentazione. Icone della fine. Immagini apocalittiche, filmografie, miti Del senso della fine. Dialogo con M. Dotti, in Communitas, Cultura: futuro, progresso e possibilità Lezione magistrale al Festival di Filosofia (Modena ), Inganni. Finzioni di verità e storia naturale dell'intelligenza. La filosofia della sincerità, di Vincenzo Pinto  Il riso è il proprio dell'uomo. Commento in margine a Non ci resta che riderem di Tugnoli  Se essere sinceri è una virtù crudele. Uno studio fra storia e filosofia, di Galimberti, in "La Repubblica", La virtù crudele. Filosofia e storia della sincerità, di C. Tugnoli, in "Dialeghestai. Rivista telematica di filosofia",  Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su premioletterarioviareggiorepaci. Giornale Critico di Storia delle Idee  Home page del Centro di Ricerca in Storia delle Idee CRISI  Home page di ICONE, Centro Europeo di Ricerca di storia e teoria dell'immagine, su centro europeo palazzo borromeo. Ciclo di dieci lezioni teoriche, dette "Decadi", tenuto nell'Aula Tafuri di Palazzo Badoer, a Venezia, nel quadro del Laboratorio di Progettazione Architettonica dello IUAV diretto da Renato Rizzi e costituente il  I, Libro dello Studio, del progetto "Lampedusa. La cattedrale di Solomon". Andrea Tagliapietra. Tagliapietra. Keywords: Gioacchino da Fiore, l’apocalisse, dell’anima, Manzoni, inventare, storia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tagliapietra” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tamburino – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Caltanissetta). Flosofo italiano. Figlio del giudice Fabrizio, entra nella compagnia di Gesù, resta a Caltanissetta dopo aver ricevuto gli ordini, e incaricato dell'insegnamento nel locale collegio gesuitico. Trasferito nel collegio di Messina, passa in quello di Palermo. Resse i collegi gesuitici di Caltanissetta, Monreale e Palermo. Esaminatore delle curie arcivescovili di Palermo e Monreale, consigliere e qualificatore nel Sant'Uffizio della Inquisizione spagnola, ossia di esaminatore dei reati prima della loro attribuzione alla competenza dell'Inquisizione.  Durante un soggiorno romano, quale rappresentante della provincia gesuitica siciliana alla undicesima congregazione generale della compagnia di Gesù, conosce Greuter, che lavora per la casa generalizia dei gesuiti. Il teologo siciliano, apprezzandone le doti, gli affida l'incarico di incidere le immagini della Madonna. Realizza finalmente il progetto, da qualche anno vagheggiato, di dare alle stampe le notizie preparate dal confratello O. Gajetano, riguardanti appunto i luoghi del culto mariano nell'isola, facendo illustrare l'opera con tavole riproducenti le relative icone della Madonna. Così accanto alla sua imponente produzione filosofica, restano anche due edizioni, una in latino ed una in volgare, di un volume con 36 incisioni del ‘600, di raro pregio per la raffinatezza dei disegni di Greuter. Di queste due edizioni si trovano rari esemplari che, per le limitazioni derivanti dall'esaurimento delle matrici, sono, per buona parte, prive delle pagine in cui sono stampate le incisioni. Nella conoscenza del peccato attribuisce importanza primaria alla “cognitio singulorum,” cioè alla capacità di valutazione dei singoli. Diverso è, infatti, il peso delle colpe a seconda se a commettere l'infrazione è l'individuo colto oppure l'ignorante. Nel individuo colto prevale la vis ratiocinandi, la forza della ragione. Nell’ignorante, la vis sentiendi, la forza del sentimento. Ancora differenza c'è tra l'”actio humana” e l'”actio hominis”. La azione umana e compiuta in perfetta consapevolezza. Nell’azione di un uomo la coscienza è spesso condizionata dal patire passionale, che può essere violentum – violento --, coactum – costretto – co-azione- o necessarium – necessario -- venendo così a mitigare la colpa. Nel trasporto passionale c'è dell'involontario, spesso frutto di ignoranza che rende la coscienza erronea. Il tutto si traduce in una interpretazione benignista della prudenza o epi-eìcheia, riprendendo in un certo modo la tradizione di Aquino. A sostenere questa intensa produzione sul probabilismo, col rientro da Palermo a Genova di Diana, rimane. I suoi saggi hanno ampia diffusione fino al riconoscimento della validità delle tesi probabiliste da S. Alfonso de' Liguori che con la sua Theologia Moralis mette sostanzialmente fine al rigorismo giansenista.  Il probabilismo incontra ostilità negli ambienti religiosi più vicini al rigorismo dei giansenisti. A contrastare le tesi del probabilismo i più influenti furono i domenicani, che spinsero Retz, a farsi portavoce presso il papa per l'emanazione di un provvedimento di condanna. Alessandro VII, sollecitato più volte, condenna il probabilismo. Sono censurate solo le tesi più estreme. Un'altra condanna del probabilismo e promulgata da Innocenzo XI. Però questa volta il gesuita siciliano non sube sanzioni ad personam, così passa alla storia della morale, come padre della probabilità tenue. Con esso si chiuse il periodo d'oro della esportazione della cultura teologica siciliana. Fu sancita la completa ri-abilitazione del gesuita siciliano con la pubblicazione di Verità Vindicata che Niceti diede alle stampe a Roma. Altre opere: I suoi saggi sono stati riuniti nella Opera Omnia. “Methodus Expeditae Confessionis; Opuscola Tria de Confessione”; “Comunione et Sacrificio Missae”; “Expedita Decaloghi Explicatio. Libris decem digesta; “De Sacrificio Missae Expedite Celebrando Libri tres”; “Della Consolazione della Filosofia”; Juris Divini. Naturalis et Ecclesiastici Expedita Moralis Explicatio, Complectens Tractationes tres, de Sacramentis, quae sunt de Jure Divino, de Contrattibus, quos dirigit Jus Naturale, de Censuris et Irregularitate, quae sunt de Jure Ecclesiastico. Tractatus de Bulla cruciata. Sanctissimae Deiparae Cultus in Sicilia. (Nomen sublatum) Ragguagli delli Ritratti della SS. Vergine Nostra Signora più celebri, che si riveriscono in varie Chiese nell'isola di Sicilia. Opera postuma del R. Ottavio Cajetano della Compagnia di Gesù. Trasportato nella lingua volgare. Germana Doctrina R.Thomae Tamburini S. J. perspicue refellens impugnationes R.Vincentii Baronii adversus illam allatas;  Tractatus in Quinque Ecclesiae Praecepta; “Tractatus de Jubileo Manoscritto; “Additamentum continens aliquot epistolas, et levem vindicationem contra Joannem Sinichium hybernum authorem libri Saul et Rex. Manoscritto. Bibl. Naz. Roma. Fondo Gesuitico, Traduce “La consolazione della Filosofia” L'Anno dei Giorni Memorabili, da G. Nadasi della Compagnia di Gesù., S. Burgio, “Il probabilismo in Sicilia”, Catania, Soc. Storia Patria, V. Contenson, Theologiae mentis of cordis, Tolosa, T. Deman, Probabilisme, Colonia, C. Hebermann, Enciclopedia cattolica, R. Appelton Company, M. Petrocchi, Il problema del lassismo nel secolo XVII, Roma, Storia e letteratura, J. Sinnichins, Saul et Pax, Lovanio, Nempaei, Tommaso Tamburino, Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tommaso Tamburino. Tamburino. Keywords: prudenza, probabilismo tenue, azione di un uomo singolare, la forza del ragionare, la forza del sentire, il necesario, il costretto (co-actum), il violento. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tamburino” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tafuri: il bizarro – filosofia italiana – Luigi Speranza (Soleto). Filosofo italiano. Versatile e bizzarro ingegno, che dopo studi a Napoli e Parig si ritira nella sua natia Soleto nel Salento dove ha un cenacolo di allievi filosofi del platonismo esoterico. Il Socrate di Soleto e una personalità eclettica ed un affascinante intellettuale, amante della conoscenza e studioso e di molteplici campi del sapere: alchimia, filosofia, astronomia, astrologia, medicina, fisiognomica, magia naturale. Al centro dei suoi interessi vi e l'interesse e lo studio dei fenomeni della natura, l'anima del mondo, il miracolo e le meraviglie del creato e l'unicità irripetibile di ogni essere umano. Considerato alla stregua di un Nostradamus salentino e onorato e temuto per le sue capacità divinatorie e fisiognomiche tanto da attribuirgli poteri occulti e demonologici. Un suo ritratto col rosso copricapo della Sorbona si trova nel dipinto ad opera del galatinese Lavinio Zappa della Madonna del Rosario nella navata sinistra della Chiesa Matrice di Soleto. Sepolto dapprima nella chiesetta di S. Lorenzo delli Tafuri adiacente alla sua abitazione e poi, dopo la demolizione della cappella nel Monastero di San Nicola in una cassa di legno con lo stemma della famiglia. Sull'architrave della sua casa natale è inciso il motto, Humile so et humilta me basta dragon diventaro se alcun me tasta. Con quest'iscrizione esprime e manifesta ai cittadini e a chiunque passasse dalla sua dimora la sua mite natura caratteriale, mortificata dalle ingiurie e maldicenze in conseguenza delle quali poteva trasformarsi, ironicamente, attraverso alchimia e magia, in un dragone. Nella Soleto e diffusa la consuetudine di incidere sulle architravi delle finestre, sui cornicioni dei balconi o all'interno di uno stemma, delle epigrafi con la finalità di motto. Un proverbio, una citazione, un passo letterario, filosofico, o religioso, e un pensiero personale descrivevano la personalità e le attitudini del padrone di casa o invitavano il passante a riflettere su un tema o un monito saggio e profondo. Lo stemma della famiglia, presente sulla porta della casa natia, è costituito da un albero di quercia con due fulmini che si scagliano contro ma non lo colpiscono. Un'aquila bicipite scolpita sopra fa pensare ad un'origine albanese della famiglia. Infatti molte famiglie albanesi e greche di confessione cristiano-ortodossa e cattolica sono costrette a fuggire ed alcune emigrarono nel Salento a causa dell'avanzata dei turchi che occupano i loro territori.  "Del salentin suol gloria ed onore" lo definie Tommasi. E davvero egli e, tra i filosofi che fioreno in Puglia il più universalmente noto. Partito da Soleto per Napoli per approfondirsi nella matematica dopo la preparazione ricevuta a Zollino da Stiso, vi torna famoso in tutto il mondo e pieno di gloria.  Desideroso solo di pace fisica e mentale, apre una ‘scuola’ di filosofia. Tra i suoi allievi:  Cavazza, Vernaleone, Scarpa, Corrado. Assiduo verso gli infermi, esercita con zelo e successo la professione di medico ma mentre era di modello coi suoi saggi, di ammirazione e rispetto coi suoi consulti fu dalla ignoranza popolana ritenuto un mago perché cultore di scienze inusitate quali l'Astronomia e l'Astrologia. Tornando da Padova, cioè dai più grandi centri culturali del tempo, sollevò certo le gelosie interessate di coloro che non sapevano rassegnarsi al suo prestigio professionale. A ciò si aggiunse il vigile sospetto della Curia Arcivescovile messa sull'avviso dal Concilio di Trento. Egli che porta per tutto il mondo l'amore per il suolo natio col nome di Matteo da Soleto, proprio in patria ebbe a difendersi da accuse di stregoneria come spesso avviene a chi, uomo di scienza, si rende filantropo. Fu più volte interrogato per le sue capacità di previsione del futuro (divinatorie) ma fu sempre rilasciato innocente.  Il Codice Vaticano. è testimonianzapressoché l'unica superstite del suo impegno speculative. Da questo capostipite molti furono i Tafuri medici o giureconsulti che da Soleto trasferirono poi la loro residenza a Gallipoli, Nardò e Lecce Galatone. Così troviamo nel "Liber baptesimorum" dell'Archivio Parrocchiale di Soleto un Clericus Phisicus Honofrius Taphurus filius eccellentissimi Doctori Francisci che è padrino al battesimo di Carrozzini. Il pronipote di Onofrio, Vincenzo Maria e sindaco di Gallipoli  mentre il fratello di Onofrio, dottore in giurisprudenza, vive presso la corte di Napoli dove morì. Svariati giureconsulti, medici e sindaci a Lecce e Galatone. Ricordiamo, non per ultimo, fra Diego da Lequile (al secolo Diego Tafuri. Manni, La guglia, Luigi Galante, Nuove rivelazioni da un manoscritto, in 'Il filo di aracne'  Galatina,  Manni, La guglia, l'astrologo, Bernari  Istoria scrittori Regno di Napoli, Bernari. Bernari, A., Il mago di Soleto: Matteo Tafuri, Milano, De Tommasi, G.B., "Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli" Napoli, del Balzo di Presenzano, A., I del Balzo ed il loro tempo, Napoli, Manni, L., Guida di Soleto, Galatina, Manni, L., La guglia di Soleto, Galatina,  Manni, L., La guglia, l'astrologo, la macàra, Galatina, Montinari, M., Soleto, Fasano, Tafuri, G.B., Istoria degli Scrittori del Regno di Napoli, Napoli, 1D. Bacca "Personaggi del sole culturale", Lecce Alchimia Galatina Giovanni Battista Della Porta Orsini Orsini Del Balzo Guglia di Raimondello Soleto. G. B. Tafuri. Matteo Tafuri. Tafuri. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tafuri” – The Swimming-Pool Library.  

 

Grice e Tandasi – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Tandasi was the philosophy tutor of Antonino. It is not known to which school he belonged.

 

Grice e Tarantino – filosofia italiana – Luigi Speranza (Gravina). Filosofo. Noto per i suoi studi sul padre e per fondare insieme la sezione dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli di cui è stato anche presidente. Ha saggi sulla pedagogia, la psicologia e l'Umanesimo. Dopo la laurea, diviene insegnante per i licei italiani; in particolare, insegna al liceo Federico II di Svevia di Altamura dove uno dei suoi studenti e Rubini. Nominato dirigente scolastico del Liceo classico Cagnazzi di Altamura, porta la scuola al più alto numero di studenti mai raggiunto. In qualità di dirigente scolastico, si reca a Tokyo  per una "visita preparatoria di incontro tra scuole". Durante la sua permanenza si verifica un violento terremoto, che gli causò paura e notevoli disagi con un volo di ritorno pagato 4000 euro e un'assistenza a quanto pare insufficiente da parte delle autorità consolari del posto. Dirigente scolastico del Liceo classico Luca de Samuele Cagnazzi, Presidente di circoscrizione del Lions Club Puglia Consigliere di Club del Lions Club Altamura Host Presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (IISF) di Napoli. Altri saggi: “Speranze e proposte formative.  La lezione di Giuseppe Tarantino, Bari); Dietro la ruota. Infanzia pregiata, Levante, Lezioni di volo, Bari,  L'inconscio e la coscienza nel pensiero di Tarantino, Bari,. L'Umanesimo mediterraneo. Orizzonte storico-culturale per la costruzione di una cittadinanza cosmopolita, Storia antica e moderna dell'Ordine del Tempio, Nisroch, L'Umanesimo scientifico di Tarantino, Aracne). Filippo Tarantino. Tarantino. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tarantino” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tarantino – l’inconscio e la coscienza – filosofia italiana – Luigi Speranza (Gravina). Filosofo italiano. Insegna a Pisa. Figlio di Filippo Tarantino, nobile locale. Studia nel ginnasio e compì gli studi superiori a Pisa, dapprima come studente all'università della stessa città e successivamente come allievo della Scuola normale superiore di Pisa. Inizia gli studi sotto la guida di F. Fiorentino. Si laurea e segue a Napoli il maestro Fiorentino. In sua memoria dedica al suo maestro “I Saggi Filosofici,” ottenne la docenza in filosofia. Inizia ad acquisire notorietà grazie ai saggi critici che pubblica sul Giornale Napoletano. Insegna Liceo Antonio Genovesi di Napoli. Lavor all'opera “Saggio sulla Volontà”. Insegna al Marciano, al Genovesi e Pisa. Insegna anche alla Scuola di Pedagogia, dove tra i suoi insegnanti figura Gentile. La sua notorietà cresce sempre più grazie ad alcuni suoi saggi critici pubblicati sulla Rivista di Filosofia Scientifica di Morselli, il più noto dei quali è su Locke. Tra i suoi studenti di Pisa più noti figurano Nicola ed Accadia. Torna nella sua città natale Gravina. Dona alla biblioteca Santomasi una parte cospicua dei suoi libri. A lui è stato intitolato il liceo. Altre opere: “Appunti di Filosofia ad uso dei giovani del Liceo” (FToso, Aversa); “Saggi filosofici” (Napoli, Vincenzo Morano); “Studio storico suLocke” in Rivista di Filosofia, Milano-Torino, F.lli Dumolard); “Saggio sul criticismo e sull'associazionismo” (Napoli, Morano,); In morte di Calderoni, Vecchi, Trani, Saggio sulla volontà, Napoli, Gennaro); “Saggio sulle idee morali e politiche di Hobbes” (Napoli, Giannini); “Il problema della morale di fronte al positivismo e alla metafisica” (Pisa, Valenti); “Il principio dell'etica e la crisi morale contemporanea” (Napoli, Tessitore); “Il concetto dello stato ed il principio di nazionalità” (Napoli); “Discorso preposto alle traduzioni dal latino, dall’inglese e dal francese di G. Sottile” (Napoli); “Vinci e la scienza della natura”, Nel centenario di L. da Vinci, La politica e la morale. Discorso (Pisa, Tipografia editrice cav. F. Mariotti); “”Sulla riforma universitaria, in «Rivista di filosofia».  Cfr. Gabriele Turi, Giovanni Gentile: una biografia, Firenze, Giunti,  (Parzialmente consultabile in Google Libri.)  tarantino-inconscio,  tarantino-inconscio-, tarantino-inconscio-, F.Tarantino, L. Dibattista, A. Recchia-Luciani, L’inconscio e la coscienza nel pensiero di Tarantino,  F. Tarantino, Adda, Filippo Tarantino, Speranze e proposte formative. La lezione di Tarantino, Bari, Levante, B. Amato, Orazione funebre in onore di Tarantino. Giuseppe Tarantino. Tarantino. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tarantino” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Taranto – la colomba d’Archita – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. Grice: “I was insulted, if not offended by the Cambridge Dictionary of Philosophy having ‘Anchita’ as Greek! The manw as born in Taranto, Italy, and died in Taranto, Italy! – He was a Tarantoian!” – “My favourite of his philosophical tracts is “Della colomba,” – Strawson pointed out to me that since this is a mechanical (mechanical-mechanical) pigeon, I should have used ‘scare-quote’ gesture!” -- Ricerca Archita filosofo, matematico e politico greco antico Lingua Segui Modifica (LA)  «Magnum in primis et praeclarum virum»  «Uomo fra i primi grande e illustre»  (Cicerone, De senectute). Appartenente alla seconda generazione della scuola di Crotone, ne incarnò i massimi principi secondo l'insegnamento dei suoi maestri Filolao ed Eurito. Figlio di Mesarco (o di Estieo o di Mnesagora, a seconda delle fonti), nacque a Taranto, città della quale fu "stratego massimo" nella prima metà del IV secolo a.C. proprio nel periodo in cui la città raggiungeva l'apice del suo sviluppo economico, politico e culturale.  Archita condusse una vita austera, improntata a uno stretto autocontrollo nel rispetto delle rigide regole della setta pitagorica, ma non priva di umana socievolezza: racconta Eliano che spesso quello s'intratteneva a scherzare con i figli dei suoi schiavi e con questi stessi non disdegnava di sedere assieme a banchetto. Abile uomo politico, si tramanda che fosse stato nominato per sette volte stratego (στρατηγός) della città-stato di Taranto riuscendo ad essere un condottiero sempre vittorioso nelle sue battaglie. Probabilmente fu anche stratego "autocrate" (αὐτοκράτωρ, autocrator) della Lega italiota, ricostituitasi dopo la morte di Dionisio I di Siracusa, e che ebbe come sede Eraclea sotto l'effettivo controllo di Taranto. Non si sa se, nonostante il divieto della costituzione cittadina, fosse stato nominato consecutivamente; i suoi mandati vengono datati tra il II e il III viaggio di Platone, quindi potrebbero essere stati ricoperti anche uno di seguito all'altro. Attua una politica di sviluppo che porta Taranto a diventare la metropoli più ricca e importante della Magna Grecia. Con l'edificazione di monumenti, templi e edifici diede nuovo lustro alla città. Potenziò il commercio stringendo relazioni con altri centri, come l'Istria, la Grecia, l'Africa. Durante il suo governo, si dedica allo sviluppo dell'economia favorendo l'agricoltura e insegnando egli stesso ai contadini i precetti per migliorare i raccolti. Spesso ricordava loro che Apollo non concesse altro a Falanto che fertili campi e amava ripetere. Se vi si domanda come Taranto sia diventata grande, come si conservi tale, come si aumenti la sua ricchezza, voi potete con serena fronte e con gioia nel cuore rispondere: con la buona agricoltura, con la migliore agricoltura, con l'ottima agricoltura. Nel campo legislativo promulgò diverse leggi per favorire una più equa distribuzione delle ricchezze, basandola sui principi dell'armonia matematica. Uomo di multiforme ingegno, si interessa di scienza, musica ed astronomia e studiò matematica con Eudosso di Cnido. La vastità di queste competenze in Archita si spiega con il fatto che la scuola pitagorica concepiva la matematica, o meglio l'aritmogeometria, fondamento della realtà naturale e l'universo come un cosmo, ordinato cioè secondo principi mistico-matematici dai quali si generava un'armonia musicale poiché la musica stessa si basava su precisi rapporti matematici. Credettero che i principi delle matematiche fossero i principi di tutti gli esseri. Ora, i principi delle matematiche sono i numeri. Pensarono quindi che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose, e che tutto quanto il cielo fosse armonia e numero. (Aristotele, Metafisica) Non a caso Archita è stato il primo a proporre il raggruppamento delle discipline canoniche (l'aritmetica, la geometria, l'astronomia e la musicanel quadrivium, l'ordinamento che Boezio riprese in epoca medievale). Infine, la partecipazione alla scuola pitagorica, configurata come una setta mistica, era riservata a spiriti eletti e implicava che gli iniziati che la frequentassero avessero disponibilità di tempo e denaro per trascurare ogni attività remunerativa e che potessero dedicarsi interamente a complessi studi: da qui il carattere aristocratico del potere politico che i pitagorici esercitarono nella Magna Grecia fino a quando non furono sostituiti dai regimi democratici. Archita conobbe Platone quando il filosofo ateniese soggiornò a Taranto nel suo primo viaggio verso Siracusa, dove ebbe un confronto piuttosto acceso con il tiranno Dionigi Isulla realizzazione di una possibile riforma filosofica del suo governo. L'amicizia con Archita fu preziosa per Platone quando compiendo questi il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia nel tentativo di realizzare la sua riforma, il nuovo tiranno Dionigi il Giovane lo cacciò dall'Acropoli facendolo vivere nella casa di Archedemo, vicino ai mercenari che mal lo sopportavano. Fu grazie ad Archita, il quale inviò il tarantino pitagorico Lamisco a Siracusa per convincere l'amico Dionigi il giovane a liberare Platone, che il filosofo poté tornare ad Atene.  Lo stesso Platone raccontò così quegli avvenimenti:  "Sembra che Archita si sia recato presso Dionisio; perché io, prima di ripartire avevo unito Archita e i Tarantini in rapporti di ospitalità e di amicizia con Dionisio. (Platone, Lettera VII). E così con un terzo invito Dionisio mi mandò una trireme per agevolarmi il viaggio, e insieme mandò un amico di Archita, Archedemo, che egli riteneva fosse il più apprezzato da me tra quei di Sicilia, e altri Siciliani a me noti. (Platone, Lettera VII) Altre lettere poi mi giungevano da parte di Archita e dei Tarantini, che facevano grandi elogi dello zelo filosofico di Dionisio, e anche avvertivano che, se non fossi andato subito, avrei causato la completa rottura di quell'amicizia che io avevo creato tra loro e Dionisio, e che era di grande importanza politica." (Platone, Lettera VII) vennero in molti da me, fra cui alcuni servi di origine ateniese, e quindi miei concittadini; essi mi riferivano che calunnie circolavano su di me fra i peltasti, e che alcuni minacciavano, se riuscivano a cogliermi, di sopprimermi. Escogito allora qualche mezzo di salvezza: mando ad avvertire Archita e gli altri amici di Taranto in che condizione mi trovo. E quelli, colto un pretesto per un'ambasceria, mandano uno dei loro, Lamisco, con una nave e trenta rematori. Costui, appena giunto, intercede per me presso Dionisio, dicendogli che io volevo partire e nient'altro che partire; Dionisio accondiscese e mi lasciò andare, dandomi i mezzi per il viaggio" (Platone, Lettera VII) Archita muore a seguito di un naufragio probabilmente nel corso di operazioni di guerra nelle acque di fronte a Mattinata sul Gargano e lì fu sepolto, come riferisce Orazio: Te maris et terrae numeroque carentis harenae mensorem cohibent, Archyta, pulveris exigui prope litus parva Matinum munera. Te misuratore del mare e della terra e delle immensurabili arene, coprono, o Archita, pochi pugni di polvere presso il lido Matino. Nonostante sia vissuto dopo Socrate, viene considerato un continuatore dei filosofi presocratici, perché appartenne alla Scuola pitagorica e si mantenne aderente al pensiero di Pitagora, tant'è che basò le proprie idee filosofiche, politiche e morali sulla matematica. Al riguardo, infatti, così recitano due suoi frammenti. Quando un ragionamento matematico è stato trovato, controlla le fazioni politiche e aumenta concordia, quando c'è manca l'ingiustizia, e regna l'uguaglianza. Con ragionamento matematico noi lasciamo da parte le differenze l'un con l'altro nei nostri comportamenti. Attraverso essa i poveri prendono dai potenti, ed i ricchi danno ai bisognosi, entrambi hanno fiducia nella matematica per ottenere un'azione uguale." (Giamblico, de comm. Math.). Per essere bene informato sulle cose che non si conoscono, o si devono imparare da altri o bisogna scoprirle da sé. Ora imparando si deduce da qualcun altro e ciò è straniero, mentre scoprendo da sé è proprio. Scoprire senza cercare è difficile e raro, ma con la ricerca è maneggevole e facile, sebbene chi non sa cercare non può trovare. (In C. Dollo, Istituto e museo di storia della scienza Archimede” (Olschki). A lui sono tradizionalmente attribuiti molti testi spuri, mentre sono sopravvissuti soltanto alcuni frammenti originali, conservati nelle opere di Ateneoe Cicerone e provenienti dai suoi discorsi morali, che delineano un filosofo più originale nel suo pensiero etico rispetto alla dottrina pitagorica e piuttosto influenzato da quella platonica. Archita viene considerato l'inventore della Meccanica razionale e il fondatore della Meccanica. Si dice che abbia inventato due straordinarie apparecchiature meccaniche.  Un'apparecchiatura era un uccello meccanico, la famosa «colomba di Archita», l'altra sua invenzione era un sonaglio per bambini. Il primo è descritto dallo scrittore e critico latino Aulo Gellio, e ne tentò la ricostruzione uno studioso tedesco, Wilhelm Schmidt. Pare si trattasse d'una colomba di legno, vuota all'interno, riempita d'aria compressa e fornita d'una valvola che permetteva apertura e chiusura, regolabile per mezzo di contrappesi. Messa su un albero, la colomba volava di ramo in ramo perché, apertasi la valvola, la fuoruscita dell'aria ne provocava l'ascensione; ma giunta ad un altro ramo, la valvola o si chiudeva da sé, o veniva chiusa da chi faceva agire i contrappesi; e così di seguito, sino alla fuoruscita totale dell'aria compressa.  Il secondo giocattolo, la raganella, ebbe fortuna: è ancora in uso e spesso si vede nelle fiere popolari di giocattoli. Nella forma originaria era costituita da una piccola ruota dentata fissata ad un bastoncino. Sulla ruota, da dente a dente, saltava una molla cui era congiunto un pezzo di legno. Aristotele consigliava questo giocattolo ai genitori perché, divertendo e captando l'attenzione dei bambini, li distoglieva dal prendere e rompere oggetti domestici.  Si dice anche che Archita abbia inventato la carrucola e la vite, anticipando Archimede, ma non si hanno conferme storiche a tale riguardo. Il più importante risultato ottenuto da Archita è una soluzione tridimensionale del problema della duplicazione del cubo. Precedentemente, Ippocrate di Chio aveva ricondotto questo problema ad un problema di proporzionalità: se a è il lato del cubo che si vuole duplicare, allora il problema consiste nel trovare due valori x e y medi proporzionali tra a e 2a, ovvero tali che  {\a:x=x:y=y:2a} Trovati questi due valori, x rappresenta il lato del cubo con volume doppio. La costruzione geometrica utilizzata da Archita per risolvere questo problema è uno dei primi esempi dell'introduzione del movimento in geometria: in esso si considera una curva, conosciuta come curva di Archita, generata dall'intersezione della superficie di un cilindro e di un semicerchio in rotazione rispetto a uno dei suoi estremi. Si dedica anche alla teoria delle medie, e diede il nome odierno alla media armonica (prima conosciuta come media sub-contraria). Inoltre, dimostrò che tra due numeri interi che sono nel rapporto {\{\frac {n}{n+1}}} non è possibile trovare nessun altro intero che sia una media geometrica. Il risultato ha applicazione alla teoria delle scale musicali (vedi sotto). Apuleio riporta un argomento di fisica trattato da Archita: la natura della riflessione della luce sopra uno specchio. Platone pensa che dai nostri occhi partano dei raggi luminosi che vanno a mescolarsi con quelli che colpiscono lo specchio. Archita concorda col fatto che i raggi partano dai nostri occhi, ma senza combinarsi con alcuna cosa.  Più felici furono le sue deduzioni sul rumore. Egli capì che provenivano dalle vibrazioni prodotte dall'urto dei corpi nell'aria. Da tale scoperta, formulò l'ipotesi che anche i corpi celesti, dotati di continuo movimento, dovessero produrre rumore. Questo rumore però, non sarebbe udibile dai sensi umani, essendo non intervallato, ovvero continuo nel tempo.  Molto interessanti sono gli studi di carattere sperimentale che condussero a conoscere le cause che diversificano i suoni acuti dai gravi, diversità che sono in funzione della rapidità della vibrazione. Tanto più rapida è la vibrazione, tanto più acuto è il suono che ne proviene, e viceversa. Esperimenti furono eseguiti con flauti, zufoli, tamburelli, e si constatò come anche la voce umana seguisse questo principio. Nell'ambito della teoria musicale sviluppata dalla scuola pitagorica (ed esposta per la prima volta da Filolao), tre contributi sono sicuramente dovuti ad Archita.  Il primo è la teoria secondo cui l'altezza dei suoni è determinata dalla loro velocità di propagazione. Secondo Archita, una bacchetta che oscilla più velocemente (oggi diremmo con frequenza più alta) produrrebbe un suono che si propaga con maggiore velocità nell'aria, e che di conseguenza è percepito come "più alto", rispetto a una bacchetta che oscillasse più lentamente. Questa teoria, per quanto non corretta dal punto di vista fisico e percettivo, rappresenta il primo tentativo di attribuire parametri quantitativi alla propagazione del suono, e fu ripresa da molti autori successivi (inclusi Platone e Aristotele). Il secondo contributo è di natura specificamente matematica. Archita conosceva la relazione fra intervalli musicali e frazioni che conduce alla costruzione della scala pitagorica. Uno dei problemi teorici connessi a quella costruzione era il perché gli intervalli dovessero essere progressivamente suddivisi secondo quelle particolari proporzioni, anziché suddividere semplicemente ogni intervallo in due sottointervalli uguali. Per comprendere la natura del problema si deve ricordare che per definizione gli intervalli musicali si compongono moltiplicandofra loro i rapporti corrispondenti (ad esempio, l'ottava 2:1 si può ottenere componendo una quinta 3:2 con una quarta 4:3, infatti 3:2 x 4:3 = 2:1). Quindi per suddividere un intervallo a:b in due parti uguali si deve trovare il medio proporzionale fra a e b, ossia il numero x tale che a:x = x:b (ciò equivale a cercare la radice quadrata del rapporto a:b). Archità osservò che l'intervallo di doppia ottava (4:1) si può suddividere in due sottointervalli uguali (rappresentati dal rapporto 2:1), ma dimostrò matematicamente che nessun rapporto del tipo superparticulare {\displaystyle {\frac {n+1}{n}}} - genere a cui appartengono tutti gli intervalli fondamentali della scala pitagorica (2:1, 3:2, 4:3, 9:8) - ammette un medio proporzionale fra i numeri interi: quindi nessuno di quegli intervalli può essere suddiviso in due parti uguali (se si mantiene l'ipotesi che ogni intervallo musicale corrisponda a un rapporto fra numeri interi)[36].  Infine, Archita descrisse la costruzione delle scale musicali nei tre generi diatonico, cromatico ed enarmonico. Diversamente dalla scala pitagorica, il tetracordo diatonico proposto da Archita è formato dai rapporti 9:8, 8:7 e 28:27 (quello pitagorico contiene invece due intervalli di tono uguali, 9:8, e un semitono di 256:243). Nel tetracordo cromatico di Archita figurano gli intervalli 5:4, 36:35 e 28:27, e in quello enarmonico gli intervalli 32:27, 243:224 e 28:27. Questi valori sono riportati da C. Tolomeo, che (a distanza di oltre 500 anni) afferma che si basa sulla necessità teorica di descrivere tutti gli intervalli consonanti con rapporti superparticulari (e tuttavia nel tetracordo enarmonico figurano rapporti che non appartengono a quel genere). Gli studiosi moderni hanno invece ipotizzato che Archita avesse voluto descrivere matematicamente le scale musicali effettivamente in uso nella pratica a lui contemporanea, sulla base dell'osservazione diretta delle tecniche di accordatura usate dai musicisti. Archita si propose di superare il problema dei commi musicali. Affermò che l'ottava poteva essere divisa in 12 semitoni uguali ed indicò un divisore che ne consentisse la partizione, cioè un numero prossimo ad un terzo di л. In effetti il divisore dell'ottava della scala temperata, la radice dodicesima di 2 =1,0594630943592…. è prossima a л/3=1,0471975 postulato sia da lui che da Aristosseno. La divisione dell'ottava a cui Archita pervenne è la seguente: л/3, Л 4/11, Л 3/8, Л 2/5, Л 3/7, Л 5/11, Л 9/19, л/2, Л 7/13, Л 4/7,Л 3/5 Л 7/11, nell'ordine: seconda minore, seconda maggiore, terza minore, terza maggiore, quarta giusta, quarta eccedente, quinta giusta, sesta minore, sesta maggiore, settima minore, settima maggiore, ottava. Il divisore proposto da Archita porta a differenze con la scala temperata dell'ordine delle decine di centesimi di semitono.  AstronomiaModifica È trattata da Archita in un passo di Eudemo da Rodinel suo commento alla Fisica di Aristotele, nel quale si discute il problema della dimensione dell'universo. Per Archita l'universo è infinito, poiché, egli dice:  Se mi t rovassi all'ultimo cielo, cioè a quello delle stelle fisse, potrei stendere la mano o la bacchetta al di là di quello, o no? Ch'io non possa, è assurdo; ma se la stendo, allora esisterà un di fuori, sia corpo sia spazio (non fa differenza, come vedremo). Sempre dunque si procederà allo stesso modo verso il termine di volta in volta raggiunto, ripetendo la stessa domanda; e se sempre vi sarà altro a cui possa tendersi la bacchetta, è chiaro che anche sarà interminato. In Enciclopedia Garzanti di Filosofia Archita. Museo Nazionale e archeologico di Taranto. Riedweg, Pitagora: vita, dottrina e influenza, Vita e Pensiero, Francesco Paolo De Ceglia, Bari. Seminario di storia della scienza, Scienziati di Puglia: Adda, Cicerone, De senectute, Eliano, Varia istoria; Ateneo; Dizionario di filosofia, Treccani alla voce corrispondente. Pareti, Storia della regione Lucano-Bruzzia nell'Antichità, Storia e Letteratura, Ettore M. De Juliis, Magna Grecia: l'Italia meridionale dalle origini leggendarie alla conquista romana, Edipuglia. E. Juliis, Magna Grecia: l'Italia meridionale dalle origini leggendarie alla conquista romana, Edipuglia srl,  Ai tarantini, citato in La Voce del Popolo, Dizionario della civiltà, Gremese Editore, Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di Filosofia, Giunti. “κόσμος” nasce in ambito militare per designare l'esercito schierato ordinatamente per la battaglia (in Sesto Empirico, Adv. Math.)  Christiane L. Joost-Gaugier, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte, Edizioni Arkeios, André Pichot, La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, Edizioni Dedalo,Cfr. anche Ruggiero Bonghi, Delle relazioni della filosophia colla società: prolusione, F. Vallardi. Secondo una tradizione apocrifa Archita trasse dalla filosofia platonica la convinzione della immortalità dell'anima. Al contrario Cicerone ritiene che Platone si recò in Sicilia per conoscere le dottrine pitagoriche che apprese da Archita e che condivise divenendo lui stesso pitagorico. Cfr. Cicerone, De Repubblica, De finibus bonorum et malorum, Tuscolanae disputationes, D. Laerzio, Platone, Lettera VII  Vita di Platone.  G. Urso, «La morte d’Archita e l'alleanza fra Taranto e Archidamo di Sparta», Aevum, M. Taddei, I robot di Leonardo da Vinci: la meccanica e i nuovi automi nei codici svelati, ed. Leonardo, A. Gellio, Notti Attiche, Aristotele, Pol., R. Pitoni, Storia della fisica, Società tipografico-editrice nazionale, Boyer, Carl B., Storia della Matematica, Apuleio, Apologia, 15  Platone, Timeo, A  Giambico, in Nicom., 9. Francesco Paolo De Ceglia, Università di Bari. Seminario di storia della scienza,Scienziati di Puglia: dda, p.1ific. Huffman, Archytas of Tarentum. Pythagorean, Philosopher and Mathematician King, Cambridge (l'edizione più completa dei frammenti) M. Timpanaro Cardini, I Pitagorici, testimonianze e frammenti, La Nuova Italia, Firenze Platone, Lettere, Mondadori); Grande, “Archita e i suoi tempi” (Taranto, Cressati  Paris A. Olivieri, Su Archita tarantino, memoria letta all'Accademia Pontaniana  A. Frajese, Attraverso la storia della Matematica, Veschi, RomaStante, I problemi di terzo grado e Archita da Taranto,  Lecce A.Tagliente, “La colomba d’Archita”, Scorpione, Taranto A.Tagliente, Il mistero del trattato perduto, Scorpione, Taranto A. D. Abbaiatore, Scritture Musicali greche, Teoria armonica ed Acustica, Taranto nella civiltà, Napoli Taranto e il Mediterraneo, ISAMG Taranto, Filosofia e scienze, Napoli Eredità, Taranto, Alessandro il Molosso e i condottieri, Taranto, C.Teofilato, "Interpretazione di Archita" dalla rassegna "Vecchio e Nuovo" di Lecce, A. Mele, Archita, i suoi tempi e il suo pensiero, in Taranto tra Classicità e Umanesimo, Scorpione Editrice Taranto Voci correlate Modifica Personalità legate a Taranto Raganella (strumento musicale) Eudosso di Cnido. Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana. A buon diritto chiamare l'inventore de'moderni palloni arrostatici. Però un secolo prima al padre Lana G, C. Scaligero,a proposito della colomba volante d'Archita, della quale parla Orazione l l e sue odi, indica il modo di costruirla. Nulla di più facile, egli dice: basta comporre la sostanza con midolla di giunco, e diligentemente coprirla colla pelle adoperata dai battiloro. Mediante un facile meccanismo sipuò dar movimento alle ali.19 Scaligero scordò di avvertire che bisognava riscaldare l'aria interna con un lumicino quando rolevasi farla volare. Cosi 500 anni prima dell'era nostra, trova il modo di far salire nell'ariaun pallone in forma di colomba, dacchè tutto fa credere che I mezzi impiegati da questo filosofo fossero gl'identici che quelli impie gatioggigiorno per levarei palloni. Quanto al ritorno della colomba, obbediente alla voce d'Archita, questa evidentemente è una favola. Sempre, aun fatto sorprendente, l'immaginazione aggiunge circostanze impossibili;ma ciò che io credo innegabile è che l'areostalo era conosciuto a tempi detti favolosi, e che, amio parere, sono reminiscenzedi una civiltà perduta, che i poetichiamarono regno degli dei. Quegli ignivomi draghi. SULLA COLOMBA Entre a pišivago, e più superbo volo pel Regno aereo l'ali fu e spandea, e di spirto novello acquisto fea La Colomba d'Archita inversoilPolo, Volgendo a caso i suoi begli occhi al suolo Del terzo Ciel la vezzofetta Dea, La vide, e per rapirla già scendea Da quel de' dei seggio beato, e solo. Allor gridd, e quafi fu per dire: Oh così foffepur lamia. Colomba! Fattafi Citerea con gran desire, Di legno fols'avvide: esserl'augello. ARCHITA. Juan. Juven. Ital. Sacr. in Tarentin. Mitrop.  Lamb. in Schol. Horat. Od.) regnasse più di un ' Ann o. I nuove grazie adorna il fuo bel volto D LLi:etasengiva in maestà reale Astrea, mirando venerato, e colto Fa più volte Prefetto della sua Patria, ancorchè le Leggi comandassero, che nessuno in tempo di sua vita Quel delle Leggi fue pregio immortale. Quando Prudenza, il dolce fuon disciolto, figlia d' eccelsa mente, e trionfale, Non titurbar, le diffe, fe sia tolto Il primier di regnare ordine uguale. Tempo verrà,che in arme,e intoga imperi più d'un'anno al suo ftuoi, mai sempre intento Archita a nuove glorie, e a bei pensieri. E a Leila Diva: in cento modi, e certo Muta pur Leggi, e Faftimiei primieri, Purchè Archita mio regni, io mi contento. Diogen. Laert. in Vit. Archyt. In Joan. Buno. not. ad Philip. Cluver. ARCHITA FILOSOFO PITTAGORICO, E MATEMATICO E PERITISSIMO. Odar chi mai tanto ti può, che basti, Alma immortal degnillima d' Impero? Chi dir di tue virtudi il volo altero, Per cui fovra ogni Saggio alto poggiasti? Del Ciel le stelle, e i moti lor sì vasti, tu delle cose le cagioni, e'l vero, e quanto il mare, e l'universo intero circonda, e abbraccia, chiaro a noi mostrasti, Tu, ch'eccedi de'Savj i bei consigli Già di ogni uman pensier reso inaggiore, 'Quanto il Sol delle stelle avanza irai, tu, che te stesso, e null? altro somigli, coll'auree del tuo fuon note canore tu sol di tue virtù cantar potrai. Diogen. Laert. in vit. Archyt. Foreft.Joan. Juven. Tarentin. Lambin in Scbol. Horat. Od. Nicol. Parth. Giannet. in Geograph. Lib. 4. Cap. 7. SEN. TARENTINO, Scrivendo contro il Piacere. O So, chemente all'Von dona, e Tume aquella; SENTIMENTI D'ARCHITA chi dietro alsuo piacer brutale corre, e del sensorio fà l'alma ancella, bruto diventa agli altri bruti eguale, tutto perdendo il bel, che aveva in ella. Senza lume si vago, e rilucente Joan. Juven. Tarentin. Lib.3. Cap. 2. Mente, ch'èper fuo pregio trionfale della divinità parte più bella. Che quando avvien, che sopra l'alma impero abbia il piacere, allor cieca è lamente 'E cieca la ragion, cieco è 'l pensiero. Oprano i Bruti, e senza il suo primiero Lume fia, chel'uom bruto anchedivente. E pur ESER,   Diogen. Lacrt. in vit. Archyt. Foreft. Tom.1. Lib. 8. Cap. 4. Joan. Juven. Tarentin. Mille a mille empj nemici, incampo scendete pure, e con terribil grido, no uche con quel dell'armi orrido lampo Fate tremar dell'onde Jonie illido. ESERCITO TARENTINO NON MAI VINTO, ESSENDO CAPITANO. Là nel Galelo col suo nobil Campo Itene or lieti delle forze usate, Faran del vostro fuol le schiere armate, Finchè Archita fia duce, alta vendetta. ARCHITA v'aspetta il bravo duce. E già lo strido de' corni i' fento, en el cercarlo scampo già cader vi vegg'io pel colpo infido. Ed alla patria, che il trionfo aspetta, le tolte spoglie in vostro onormostrate. Se per ostil cadeste atra disdetta, LA,   ARCHITA D'ESSER CAPITANO, PER SOTTRARSI ALL'INVIDIA, L'ESERCITO DETARENTINI E' FATTO PRIGIONE DA NEMICI. Arme il fulgore insiem spaventa, e sfida co’luoi deftrieri i cavalier; già scende sangue da larga vena in terra infida. Mira Tarento mio, quei, che fen muore, hàgli spinti l'invidia a tante pene. LASCIANDO DO Di guerra sonar le trombe orrende? di come il rio Marte all'alte strida Di quel Drappello, e questo i cuori accende, Perchè col ferro fuo l'un l' altro ancidas arme, arme fre me ognun: già di tremende e quei, che'l braccio (tende alle catene son dolci figli,  oimè, del tuo dolore! Freme contro d'Archita ilrio livore, E lull'alme innocenti il mal senviene. Diogen: Laert, in vit. Archyt. Joon. Juven. Tarentin.AR.: ad altri venduto, ed alla fine è riscattato offri; buon Savio, foffri. Ecco fortuna S Di mortal sfavillando atro disdegno sue forze impiega, e l'arme sue raduna, Per far del tuo valor {terminio indegno. Già l'empia, oime! con faccia torva, e bruna Scocca saette últrici, e ben al sogno Colpito hà omai; ve come in preda d'una Ti dà vile ciurmaglia in fragil legno. TARENTINO ARCHIT. A peregrinando per imparare, è preso dà'Corsari, serveMa chefie; se delcuorle forti tempre Alexand.ab Alexand, Joan. Juven. Tarentin. Di. Pur non è fazia no,schiavo al servaggio Ti mena ancor, perchè nel duoldistempre Ilmagnanimo tuo nobil coraggio. Rassoda più ne'colpi suoil'Vom faggio, E di sua libertà gode mai sempre! PLATONE DOPO AVER CAMMINATO L'EGITIO, VIENE IN ITALIA PER IMPARAR SOTTO LA DISCIPLINA Edesti pur, come il gran Nilo altero, D a perenne sboccando occulta fonte Ogni arginedisprezzi, edogniponte, E i campi ad ipopdar si apra il sentiero. E d ivi asperto di sudor la fronte Delle scienze falisti all' arduo monte, E ti fur quelle il folo premio intero. Ed or, per fullescienze alzare un volo Sotto 1:aurea d'Archita arte gentile, Cerchi il Galeso, e l Tarentino luolo? DunqueinEgittoEroenonv hàfimile, Cic.de finib.bonor. molor.Lib.s. Foreft:Tom. I..Lib. 8. Joan.Juven. Tarentin. DOPS V D'ARCHITA TARENTINO. Si, vedesti 1 Egizio, e 'l Greco Impero, ARCHI. Nèingegno inGrecia,alsoloArchita,alsolo Suo noro ingegno,anche oltreBattro,eTile.    A ARCHI. Pri,Fortuna,perun solmomento Gli occhi, cui buja notte orrida cuopre, E mira,leiltuo folleafproardimento Contro Savio maggior sua forza adopre. Questi è il gran Plato, e quegli fon qu e cento Folle ! RePlato al tuo servil flagello ARCHITA TARENTINO RISCATTA PLATONE PRESO D A CORSARI. Empj ladron, per le cui mani, ed opre Schiavo il facefti; or com 'ei fparge al vento Gl’infranti lacci, e in libertà li fcuopre? C o m e il trionfo, che del suo fervaggio Ornar credefti, e de' suoi guai far bello, Qual peve dilegudfli al caldo raggio? Menalti, a un cenno fol d' Archita il saggio Cara tornò la libertà di quello. Joan. Juven.T'arentin. e   Se avvien, che della gloria i m i diftempre L a bella gloria è tua, fe Plato apprese Che del tuo Figlio al nome accrebbe ilvanto, Cic.de finib.bon.domal.Lib.5.* Lib 1.Fiscula Joan.Juven. Tarcntin. ARCHI.  (52 ARCHITA MAESTRO DI PLATONE. C Figlio di puro core, e viva Immago, che vero io canto, efoldiluimi appago, Diceva un giorno Atene in dolci tempre, Dal tuo gran Figlio Archita il pregio fanto, E B alme di virtude auree contefe. Ella è mia pure, e téco i fafti io canto: Poich?Ei tal lume in tutto il m o n d o accese, Nel gaudio, el corc infuperbito, e pago Pel mio Plato or fen vada,un don si vago A te,Tarento mio,debbo maifempre. ARCHITA CAMPA PLATONE DALLA MORTE INTENTATAGLI DA DIONISIO TIRANNO. AR,  Due Polato ilscan Plato,ahimè,quelfaggio, t Veloce (ahi laffo !) a tramontar quel raggio Det rio fallir le pene: omai trionfi Si bella dote, e vinca ancor Sapienza. Si diffe Archita; e i fieri petti, e tronfi. Placando al gran poter d'aurea Eloquenza, Morrà, perchè un Tiranno indegno d'ostro Sogna fofpetti, e teme indarno oltraggio? Correrà, che dà lume al secol nostro? Ed io,perchèpiù viva,ancor non mostro, No n m ostro, a n c o r dell'anima il coraggio? No, che non porterà l'alma Innocenza < Plato all'ombra viveade'suoi trionfi. Cic. Lib. 5. Tuscul. Diogen. Laeft. Vit.Archyt., o Platon. Juan. Juven. Tarentin. Ital. Sacr. in Torentin. Metrop. Plutar. in Platon. Sabell. Ennead. ARCHITA TARENTINO A PLATONE. Se amica pioggia a temprar mai l'ardore Scende dal Ciel,non giace no più china La fronte lor, ma col nacio colore S'innalza si, che al Ciel più si avvicina; Lasso ! calo io restai, allor che infermo Starteneudjfrapene,o mio buon Plato Senza ajuto languendo, e senza schermo. Ma orchedicuavitaalprimostato Fatto hai ritorno, io mi rinfranco, e fermo Pertemi rendo, cfon, qualpria,beato. Q Diogen. Laert.in vit.Archyt. Joan.Juven. Tarentin. Lib.3. Cap. 2. Val Yenza umor giglio languisce,o fiore, E scolorito à terra ilcapo inchina, Questo il vermiglio onor,quello ilcandore Perdendo a poco a poco in sua ruina: PLA. Q A te del loro autor duce sì pio in mezzo del cammino elle si stanno, pss.) Ma giugnere alla meta orgogliosette Ben le vedrai, fe nuovo spirto avranno, PLATONE MANDA ISUOI COMMENTARY AD ARCHITA TARENT INV. Veste assai più, che dell'ingegno mio, Opre de'tuoi fudori,onde a be'studj Delle più gloriofe alte virtudi La mia mente infiammaiti,el buon deslo, Opre dunque son elle ora imperfette. Raroè peròl'onor,seateverranno; Più raro, le giammai fien da te lette. Diogen Lacrt. in vit. Archyt. Platon.in Epist. Vengono,Archita.O:tu leleggi,e inudi Sensi del tuo faver poi mi dischiudi Con quellalibertà,concuileinvio, PLA, Gloria dai tuoisi provvidifudori, soffri in regnar, grida la Patria,e uffici Mostra di quel,che sei,Signor de cuori, E tumalgradoimperi?etilamente Non fei;la Patria hà in te parte del tutto. Non oscuro è il linguaggio; odi mia mente: O rendi alla tua Patriailben,ch'èsuo, O delsuobenfà,ch'ellan'abbiailfrutto. Cic definib.bonor.comalor.Lib.2. Lib. lade Offic. Joan. Juven. Tarentin. Lib.i. in Prefate do Lib.z. Cap.2. Platon. in Epif. gi  PLATONE TÀRENTINO. V Nmalele folo (AD ARCHITA O n, a se folo no, nasce agli Amici, Nafce alla Patria l'Uom, nasce aMaggiori, E dal bel nascer suo giorni felici Speran questi, e sperar voglion tesori. O r foffri, o Figlio, o tu, che tanta elici D e' gran pubblici affari? ah che fol tua  SULLA  AD ARCHITA TARENTINO, Del buon governo, eloro fren spogliace. O naufragar, dall'empie arti indiscrete di piggior duce a morte ria guidate: El soffriran del cuorletempre? ahfiamma D'amor mostrate, evoilaPatriabella Reggete:omai con quell'ardor,che infiammar Così lungi da leistrage rubella Sen fuggirà,qualCervioa icolpi,o Damma, O, che viver a voinon maipotrete; Se non vivrete ad altri se se pensate Goder mai signoria, nè servirete Alle pubbliche cose,alle private, O vacillar ben presto le vedrete E poi fia vostra gloria il ben di quella. In argument. 9. ad Epift. 9. Platon, D'ARCHITA A d d e Archita, e vidjo senza conforto E scorse fino all' ultimo confine La Terra, e il Cielcoll'artifue divine, Archita il grande, il nostro padre è morto! Del mar le Dive usciro al pio lamento. SULLA MORTE. Pianger lo stuol da rio dolore assorto. Oimè,dicean,chi dall'Occafo all'Orto, CAdele Dell'alte sue virtudi,e pellegrine, Pallido il viso, e lacerato il crine, E in lor leggendo i gran pubblici danni Pianfero', e poi partiro, e di Tarento GiunteallaReggia:orvestiinegri panni Da e r,bella Città: per tuo tormento Aichita è morto ahi sulbel fior degli anni ! Horat. Lib. 1. od. 28. E Diede il Popot Matin l'ultime prove se'l crudo suo destino unqua vi spiacque Le bell*ossadiLui,chetantopiacque Abbian lieve la terra; e poi partite. Horat. Lib. 1. od. 28. Joan.Juven.Tarentin.Lib.3.Cap.za SUL  INVITO A RIMIRARE IL TUMULO D'ARCHITA PRESSO AL LIDO MATINO, Ccop Urna funefta. Alme ben nate, Cui di pietà l'amabil forza muove, Deh fermatevi alquanto, e rimirate, Pria di ftendere il passo agile altrove. Qui le fante d Archita ossa onorate Giaccion sepolte, e qui spargendo nuove: Piogge d'amaro pianto, di pietate del passato dolore in segno ah dite:. th Allor, che in mar precipitò, smarrite Sue forze,einfrantoilleguoinmezzo all'acques   Di Natura le fonti più segrete; Chi dall'onda fatal raplo diLete L e naufraghe virtudi, e l ebbe accanto; Chi le vie seppe drittamonte torte, i PercuilaLuna appar',elSols’asconde,  (60 ) Aili ah yoi le face offa, e'l cener fanto Di quell Almagentilahicitogliete, C h e fù si chiara al M o n d o, e vi godete Della vera fapienza il facro immanto. Chi a noi mostrò con tanto studio, e tanto Horat.Lib. i.od.28.. Joan. Juven.Tarentin. SUL SEPOLCRO EUDOS D.ARCHITA TARENTINO. Chi 'n Terra,e 'n Ciel la ferma, emobilsorte; chi com e il foco, el Aere, el suolo, e l'onde s'abbraccin, seppe, orquìsengiace. Oń Morte, Oh duri fastí, ohcieche ombre profonde? S quanto mai dibelloinCielfiadditag; Ne panni no,ma nella mente fiede. Diogen.Laert.in vit.Eudox. Foreft. Tom.1. Lib. 8.Cap.4 Joan.Juven,Tarentin. Q. EUDOSSO DA GNIDO FAMOSISSIMO MATEMATICO DISCEPOLO ARCHITA NON FU'RICEVUTO DA PLATONE ALLA D Mira come in udir fuo ftile adorno La tuafuperbia,e'lfolleardireondanni. No, non doveviil gran Figliuol d'Archita SUA SCUOLA,PER ESSER POVERO, Vefti, o Platon, che tu schernisti un giorno Perchè di povertà fentia gli affanni Questi è colui (fe pur nol fai)che intorno Del fuo grave faver difpiega i vanni, Gnido vi fpenda il più bel fiordegli anni; E come giusta ad immortal tuo fcorno Si vilmente scacciar dalla tua fede Qualor baffamenava umile vita. Poichè virtude, onde 1 U o m farli erede. ARCHYTAS OF TARENTUM (fifth/fourth century BC) Archytas was a Pythagorean and a friend of Plato. When Plato got into trouble in Syracuse, Archytas sent Lamiscus of Tarentum to go and rescue him. His interests were wide-ranging, but lay primarily in pure and applied mathematics. It is thought that Plato acquired a great deal of what he knew about mathematics from Archytas. He made advances in geometry and contributed to musical theory. According to lamblichus of Chalcis, he took the view that parts could only be understood properly in the context of the wholes to which they belonged. However, it is not clear whether this view should properly be attributed to him as his name became attached to a number of later Pythagorean writings long after his death.

(Carl A. Huffman, Archytas of Tarentum: Pythagorean, Philosopher and Mathematician King, Cambridge, Cambridge University Press, 2005) [Carl Huffman, 'Archytas', The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2003 Edition), Edward N. Zalta (ed.), plato.stanford.edu/archives/fall2003/entries/archytas/1 Archita.  Archita da Taranto. Taranto. Keywords: Cicerone, scuola di Crotona, scuola di Taranto, scuola di Ponto Magno, la colomba d’Archita, Platone, magna Grecia, piccione viaggiatore, il vuolo della colomba, Gellio, Notte romane ----  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Taranto” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tari – l’origine del linguaggio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Villa Santa Maria Capua Vetere). Filosofo italiano. Di famiglia originaria di Terelle, nel Frusinate, nacque in palazzo Mazzocchi, anch'essa rientrante in Terra di Lavoro, da un impiegato che si trovava lì di passaggio. Il palazzo natìo ove aveva schiuso gli occhi anche l'archeologo Alessio Simmaco Mazzocchi, situato nella via Mazzocchi. Studia a Montecassino, dove conobbe Spaventa. Si trasferì a Napoli dove si laurea. Ben presto però all'avvocatura preferì la filosofia, la letteratura e la musica, unendosi all'amico Spaventa, a Cusano, a Sanctis e ad altri filosofi liberali e collaborando a vari giornali letterari partenopei. Entra per concorso nella Regia Napoli, divenendo il primo cattedratico di estetica in Italia, nello stesso periodo in cui vi insegnavano anche Sanctis, Settembrini, Spaventa e  Bovio. Si dedica a vari rami della filosofia e delle scienze del linguaggio per Detken, saggi di Brothier, Moindron  e Noel. Il suo sistema estetico, variamente criticato, in particolare per la scarsa originalità, si caratterizza per una vivacità espressiva, con ricche e talvolta variopinte esemplificazioni, che peraltro ne resero celebri e molto frequentate le lezioni. Croce define Tari il lieto giullare della filosofia. Tari non ha mai nemici, riuscendo a farsi ben volere sia dagli amici sia dagli avversari, che prende a braccetto, e li mena a spasso con sé, divertendosi a contradirli e a sentirsi contradetto. Quasi ad avallare la definizione sopra riportata,  ha anche a rilevare che la sua bizzarra genialità gli fa trovare piacere nei ravvicinamenti e collegamenti più disparati e più comici: della frase sublime con la scherzosa, del ricordo solenne con l'aneddoto salace, del linguaggio latino o del tedesco col vernacolo napoletano. Parla in gergo, ma in gergo che è quintessenza di cultura e stravagante miscuglio di elementi geniali. Filosofo di professione ed uomo di dottrina enciclopedica, nonostante tutta la sua perizia filosofica, la sua sterminata dottrina e il suo molto acume, e soprattutto un bizzarro artista. La sua concezione metafisica non gli concede una trattazione veramente logica dei problemi. Ma la sua personalità, vibrante di commozione innanzi alle opere dell'arte, riboccante di entusiasmo, dotata di bontà e di nobiltà di sentire, gli ispira una filosofia che e di una specie assai rara nella nostra letteratura. L'essenza giocosa si mischia, confondendosi, con un'acuta critica, che si rivolgeva a tutti i campi in cui l'estetica si sostanzia e, in particolare, ad una delle arti al quale e più attratto: la musica.  Tra il serio e il faceto, infatti, pubblica un saggio su “Serietà e ludo” e compone un saggio musicale, con tanto di note, dal titolo in tal senso emblematico di “Lezioni di estetica generale”. Questo indirizzo lo porta ad occuparsi anche sulla celebre pastorale di Beethoven. Altre saggi: “Estetica ideale” (Fibreno, Napoli), “Ente spirito e reale: confessioni filosofiche” (Regia Università, Napoli); “Melodramma, dramma” (Regia Università, Napoli); “Serietà e ludo” (Regia Università, Napoli), “Critica” (Vecchi, Trani); “Estetica e metafisica” (Laterza, Bari); “Estetica esistenziale” (Morano, Napoli); “L'estetica reale” (Prometheus, Milano), “Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro antichi e moderni” (Forni, Bologna).  i (Ed. Spartaco, Santa Maria Capua Vetere); A. Perconte Licatese, “Storia e monumenti di Santa Maria Capua Vetere” (Stampa Sud, Curti.); “Storia popolare della filosofia” (Detken, Napoli); “Origine del linguaggio” (Detken, Napoli); “Il contratto” (Detken, Napoli); B. Croce, La letteratura della Nuova Italia. Saggi critici” (Laterza, Bari); “Lezioni di estetica generale” (Tocco, Napoli); “La sinfonia pastorale” ( (Regia Università, Napoli); M. Leotta, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli); F. Solitario, La Critica di Croce. Contributo per un recupero” (Prometheus, Milano); F. Solitario, “Cultura filosofica” (Prometheus, Milano); Treccani Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Archivi di Teatro Napoli, Antonio Tari. Tari. Keywords: ‘origine del linguaggio.” Refs. Luigi Speranza, “Grice e Tari” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tartarotti – filosofia italiana – Luigi Speranza (Rovereto). Filosofo italiano. Divenne famoso per aver contrastato i processi contro le streghe e per aver osteggiato la devozione per il vescovo del XII secolo Adelpreto, mettendone in discussione santità e martirio. Figlio del giureconsulto Francesco Antonio, discendente dell'antica famiglia dei Serbati.  Impersonò la figura dell'intellettuale che non si lascia limitare dal luogo nel quale nasce, cioè nel Trentino, lontano dai grandi centri culturali del tempo. Egli seppe anzi sfruttare le opportunità e le peculiarità della città di Rovereto, al confine tra mondo tedesco e italiano, in un periodo storico nel quale rifiorirono i commerci e i rapporti economici, grazie al suo trovarsi su una delle principali vie di comunicazione in Europa. Suo merito fu la capacità di saper tessere legami con intellettuali italiani e stranieri che risiedevano a Venezia, Roma, Salisburgo, Torino, Brescia, Vienna, Innsbruck. Utrecht e Parigi.  Studiò inizialmente nell'Imperial Regio Ginnasio di Rovereto e poi continuò come autodidatta. Si interessò di filosofia, che seguì presso l'Padova sino a quando difficoltà economiche familiari non lo obbligarono a tornare nelle città natale.  Al suo ritorno si interessò personalmente per far insediare nella Città della Quercia la stamperia del tipografo veronese Pierantonio Berno e, nel 1730, fondò la prima accademia cittadina, l'Accademia dei Dodonei. Compì viaggi a Verona, dove conobbe Scipione Maffei e altri studiosi, poi ad Innsbruck, dove rimase alcuni mesi come precettore, e in seguito si trasferì a Roma, come segretario del Cardinale Domenico Silvio Passionei.   Casa dove abitò Girolamo Tartarotti, in Via Garibaldi 61, a Rovereto, prima di trasferirsi in Via della Terra. Durante le sue permanenze roveretane, visse nella stessa casa dove abita G. Vannetti e dove questi iniziarono a tenere un vivace salotto letterario che portò, probabilmente su ispirazione dello stesso Tartarotti, alla nascita dell'Accademia degli Agiati. Il soggiorno romano fu relativamente breve, per contrasti col Cardinale, quindi fece ritorno a Rovereto. Morì il fratello Jacopo, e si trasferì a Venezia, come collaboratore del futuro Doge Marco Foscarini. Ebbe discussioni anche con Foscarini e tornò ancora una volta a Rovereto, da dove non si allontanò più.  I viaggi di Girolamo Tartarotti furono in definitiva relativamente pochi e di breve durata, e trascorse la maggior parte della sua vita matura a Rovereto. Si dimostra poco propenso ad accettare l'aiuto di ricchi mecenati che lo avrebbero limitato nella sua libertà e approfittò delle occasioni che gli venivano offerte lontano dalla sua città per comprare libri o incontrare altri studiosi.  Lo studioso Sin dagli anni giovanili Tartarotti si dedicò agli studi letterari interessandosi della poesia toscana e scrivendo egli stesso varie composizioni poetiche. Approfondì tematiche della filosofia scolastica e scrisse trattati critici nei confronti di questa. Collaborò con Angelo Calogerà per la sua Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, e venne in polemica con Trento dimostrando, in una sua pubblicazione, che la città tridentina divenne sede episcopale solo nel IV secolo e non al tempo dei primi apostoli.  Pubblica “Congresso notturno delle Lammie”, il suo saggio più noto, nel quale dichiara inesistente la stregoneria come la si vuole descrivere al suo tempo, e questo sulla base della logica, della scienza e della stessa ortodossia dei cattolici. Pubblica nei “Rerum Italicarum scriptores” le sue conclusioni relative alla cronaca di Dandolo e correggendone le fonti nelle sue basi documentarie. Continua nelle indagini storiche alla quali aveva dedicato gran parte della sua vita e arrivò a dimostrare, ad esempio, che era sbagliata la venerazione dei trentini per Adelpreto, Vescovo di Trento. La sua tesi era spiegata nella Lettera intorno alla santità e martirio di Alberto vescovo di Trento. Uno dei suoi ultimi lavori, sempre legato a questo tema: Notizie istorico-critiche intorno al B.M. Adalpreto vescovo di Trento venne messa al rogo su disposizione del principe vescovo Francesco Felice Alberti di Enno. Intanto la sua salute peggiora, e muore senza sapere del suo libro bruciato a Trento. Sempre amante dei libri, quando non gli fu possibile viaggiare per acquistarli personalmente si affidò a contatti che col tempo divennero per lui preziosi per procurarseli. A Verona poté contare su Ottolino Ottolini, a Brescia su Gianmaria Mazzucchelli, a Modena su Ludovico Antonio Muratori e a Venezia su Gian Rinaldo Carli. A Rovereto fu molto vicino a Giuseppe Valeriano Vannetti, segretario dell'Accademia Roveretana degli Agiati, e anche da lui ebbe aiuti per procurasi i testi dei quali aveva bisogno per i suoi studi. Al Vannetti fu legato anche per altri motivi, essendo stato per vari anni precettore di Bianca Laura Saibante, futura moglie di Giuseppe Valeriano, e del fratello di lei, Francesco. Si procura libri anche grazie a donazioni, eredità e prestiti.  Al momento della sua morte, per esplicita volontà testamentaria, la sua ricca biblioteca venne donata all'Ospedale dei Poveri Infermi di Loreto, retta dalla Confraternita dei Santi Rocco e Sebastiano. La Confraternita tuttavia, poco dopo, decise di metterla in vendita, offrendola per primo al Comune di Rovereto. In quell'occasione Giuseppe Valeriano Vannetti e Francesco Saibante si spesero affinché tale importante acquisizione culturale per Rovereto avesse successo, e l'atto di compravendita venne registrato. Tre anni dopo la morte di Tartarotti, venne così creata la prima biblioteca aperta al pubblico a Rovereto. Le intenzioni dello studioso non furono queste, tuttavia fu proprio il nucleo dei suoi testi ad essere destinato a questa importante iniziativa culturale, perché sino a quel momento esistevano in città solo biblioteche appartenenti a privati, come ad esempio quella dei Rosmini, dei Vannetti, dei Saibante, oppure conservate in conventi; si stava formando anche quella dell'Accademia Roveretana degli Agiati, sicuramente molto importante, ma nessuna di queste destinata alla consultazione di chiunque.  Il totale delle opere appartenenti a Tartarotti che confluì nella biblioteca ammontava originariamente a 2.027 volumi e a 13 manoscritti. Per quanto riguarda i luoghi di pubblicazione dei volumi, quasi il 30% di essi proveniva da Venezia.  I volumi raccolti durante tutta la vita da Girolamo Tartarotti costituirono così il primo nucleo della Biblioteca Civica di Rovereto, che in seguito fu a lui dedicata.  Tartarotti e gli agiati Lo studioso, come sopra ricordato, fu molto attivo a Rovereto e si spese per portare una maggior apertura culturale in città facilitando l'arrivo di un tipografo, fondando l'Accademia dei Dodonei, svolgendo il ruolo di precettore per due dei fondatori dell'Accademia Roveretana degli Agiati, ma non divenne mai un socio di quella istituzione.  Le ragioni del suo rifiuto di far parte di quell'Accademia, che pure rispondeva a molte delle esigenze che sentiva anche sue, furono diverse. La principale fu la forte inimicizia con S.  Maffei, e il fatto che l'uomo di lettere veronese fosse entrato tra i primi come socio aggregato dell'associazione. Questo fece sì che non partecipasse alle riunioni del nascente sodalizio culturale roveretano. Si riporta qui una piccola selezione di alcuni suoi lavori da non intendersi come fonti di questa pagina ma come approfondimento e confronto. “Ragionamento intorno alla poesia lirica Toscana”; “Delle disfide letterarie, o sia pubbliche difese di conclusion”; “De auctoribus ab Andrea Dandulo laudatis in Chronico Veneto”; “Apologia del Congresso notturno delle Lammie”; “Memorie antiche di Rovereto e dei luoghi circonvicini”, “Apologia delle Memorie antiche di Rovereto”; “Lettera seconda di un giornalista d'Italia ad un giornalista oltramontano sopra il libro intitolato: Notizie istorico-critiche intorno al b.m. Adalpreto Vescovo di Trento, Alcune opere sono pubblicate nella Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici: “Relazione d'un manoscritto dell'Istoria manoscritta di Giovanni Diacono veronese”; “Dissertazione intorno all'arte critica”; “Lettera al sig. N.N. intorno alla sua tragedia intitolata il Costantino; Lettera intorno alla differenza delle voci nella lingua italiana. Altre opera: “Osservazioni sopra la Sofonisba del Trissino con prefazione del cav. Clementino Vannetti, La conclusione dei frati francescani riformati (postumo, Annotazioni al Dialogo delle false esercitazioni delle scuole d'Aonio Paleario. Annotazioni  Ipotesi avanzata da Gianmario Baldi, Direttore della Biblioteca civica G. Tartarotti e membro dell'Accademia Roveretana degli Agiati G. Baldi, Fonti  M. Farina,  Mostra Tartarotti, Mostra Tartarotti, L. Muratori, Rerum Italicarum scriptores. Mediolani, ex typographia Societatis Palatinae in Regia Curia, Tartarotti, (check). R.Trinco, Mostra Tartarotti, Sito Biblioteca Civica G. Tartarotti, su biblioteca civica. Rovereto  Comune di Rovereto. G. Baldi, La Biblioteca civica Girolamo Tartarotti di Rovereto: contributo per una storia” (Calliano,Trento); Manfrini, Marino Berengo, La letteratura italiana Storia e testi" XLIV tomo I, Milano-Napoli, Ricciardi, L. Franchini, Adversum malleum maleficarum, biografia del filosofo pre-illuminista roveretano” (Rovereto, Stella); N. Cusumano, “Ebrei e accusa di omicidio rituale --. Il carteggio tra Tartarotti e B. Bonelli” (Milano, Unicopli); M. Farina, “Gl’Agiati” (Brescia, Morcelliana),  R. Filosi, La Biblioteca di Girolamo Tartarotti: intellettuale roveretano del Settecento: Rovereto, Palazzo Alberti, Rovereto, Provincia autonoma, Servizio beni librari e archivistici,Comune di Rovereto, Biblioteca civica G. Tartarotti, Renato Trinco, San Marco in Rovereto: la chiesa arcipretale tra storia, arte e devozione, Mori, La grafica, Gl’Agiati Roveretani, Biblioteca civica G. Tartarotti Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario biografico degli italiani, Girolamo Tartarotti. Tartarotti. Keywords: accusa di omicidio rituale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tartarotti” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tataranni – il gusto per l’antico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Matera). Filosofo italiano. Lucano di origine, esponente dell'Illuminismo napoletano. Non sappiamo a quale ceto appartenesse la sua famiglia, ma sicuramente essa era fornita dei mezzi economici e delle relazioni sociali necessarie per avviare il figlio verso la carriera ecclesiastica. Non a caso, quando fu battezzato  nella Chiesa cattedrale di Matera, i suoi genitori scelsero come padrini i nobili Giovan Battista Ferraù e Giovanna Cordova. Sin da ragazzo matura quella che doveva essere la sua vocazione, tanto che divenne prima allievo e poi docente del seminario diocesano materano. Sebbene avesse una posizione di un certo rilievo sia in ambito ecclesiastico, sia in ambito educativo, non mostra alcun tentennamento nell'accettare l'invito di Michele Imperiali, principe di Francavilla, che lo vuole a Napoli per affidargli la direzione della sua Paggeria. Grazie all'incarico conferitogli dal principe di Francavilla, accrebbe ancor di più la stima di cui già godeva, stringendo rapporti amichevoli con le personalità più illustri ed autorevoli del tempo, incardinate nella Reale Accademia delle Scienze e Belle Lettere. Ha la possibilità di frequentare proprio tali stimolanti dibattiti, che del resto avrebbero formato l'humus delle sue future riflessioni, in qualità prima di Direttore della Paggeria, poi della scuola militare del Real Collegio militare, ufficialmente Reale Accademia Militare, fortemente voluta da re Ferdinando IV, che mostrò di aderire al generale clima di rinnovamento e consolidamento delle istituzioni militari del Regno. Proprio in questi anni Onofrio Tataranni ebbe l'onore di esserne il direttore, partecipando vivamente, dunque, al graduale svilupparsi e moltiplicarsi dell'alveo della cultura politica riformatrice, che ancora auspicava un reale cambiamento all'interno dello stesso apparato monarchico. Così, nell'arco di un settennio, pubblicò delle opere molto significative, in cui era evidente il suo tracciato ideale di società. Tuttavia, in seguito agli avvenimenti, quindi dopo il Concordato e dopo la fallita congiura di C. Lauberg, le sue posizioni rispetto alla politica e allo Stato cambiarono considerevolmente. Con questa disillusione coincide il silenzio dell'intellettuale materano, che in quegli anni si limita, a quanto noto, a proseguire i suoi studi come Direttore. La delusione, si può ipotizzare, lo spinse a tacere fino alla proclamazione della Repubblica Napoletana, quando dichiarava sicuro dell'importanza dell'istruzione del popolo e del nuovo cittadino, elabora il Catechismo Nazionale pe'l Cittadino, nel quale incoraggiava il popolo a difendere i principi della Rivoluzione a vantaggio dell'umanità intera. Il catechismo vinse il primo premio indetto dal governo provvisorio e venne adottato come catechismo ufficiale della Repubblica Napoletana, ebbe il compito di educare i sudditi a divenire cittadini.  Alla caduta della Repubblica, nel giugno, riuscì a porsi in salvo, rifugiandosi a Matera, nei cui tribunali, in tale periodo, venivano esaminate le posizioni di ben 1370 rei di Stato lucani, 228 dei quali furono condanll'esportazione e sette a morte. Comunque, a Matera puo contare su solide relazioni interne al locale Capitolo cattedrale. Più volte tiene a sottolineare l'importanza della triade Dio-Ragione-Sentimento, in una sorta di compromesso tra Illuminismo, sensismo e religione.  Inoltre, caratteristica del suo pensiero è una forte connotazione politica, mirando alla figura del sovrano quale principale esempio per i sudditi, capace di governare un Regno che si sarebbe dovuto fondare su solidi valori, legati all'importanza della famiglia, della civiltà contadina e della piccola proprietà terriera, quest'ultima ottenuta con un giusto ed onesto lavoro. È da evidenziare come il Tataranni avesse maturato idee di una peculiare modernità, al punto da convincersi che il passaggio verso una nuova stagione dell'umanità sarebbe potuto avvenire attraverso la Costituzione di una «Dieta Universale»: egli sosteneva, infatti, che, ad ogni rappresentante di questo nuovo organismo, essa avrebbe espresso i giusti diritti del suo Monarca, al fine di raggiungere la felicità comune e la pubblica sicurezza, ponendosi, negli ordini e nelle attività sociali, sull'unica distinzione del merito. Notevole importanza e, poi, assegnata al ruolo dell'educazione e dell'istruzione, poiché affermal'importanza dello studio delle humanae litterae, unico mezzo, per i giovani, per riscoprire i principali temi della letteratura e della filosofia morale antica ed attualizzarli. Inoltre, egli si faceva anche sostenitore dell'istruzione scientifica, dando priorità alla geometria e, ancora una volta, seguendo il modello greco, suggeriva di avviare gli alunni sin «dall'età più tenera» al processo educativo, seguendo le direttive di grandi pensatori. Il sacerdote-riformatore auspicava tutto questo in un contesto socio-economico che riservasse particolare attenzione all'attività agraria e ad una pratica religiosa «semplice pura e brieve. Dunque, predica il ritorno alla religione delle origini, costruita sull'aiuto reciproco tra gli individui, in modo che gli’uomini si rassomiglino in qualche modo all'ente supremo d'infinità bonta. Pertanto, affermava che i sacerdoti dovessero essere esenti dalle pubbliche cariche e che come gli altri uomini dovessero essere soggetti alla giurisdizione dei giudici laici nelle loro cause civili. La prima, monumentale, opera fu il Saggio d'un filosofo politico amico dell'uomo (Napoli). Con la composizione di questo saggio, Tataranni si propone di delineare il suo tracciato ideale di società, confidando nella figura del sovrano. Infatti, già il titolo dell'opera risulta molto significativo, in quanto l'autore si presentava come un filosofo con atteggiamento “filantropico” nei confronti di Ferdinando IV, al fine di mostrargli la retta direzione per guidare un giusto governo ed attuare delle riforme interne allo stesso apparato monarchico, favorevoli alle idee democratiche.  La fiducia che ripone nei riguardi del monarca veniva ancora espressa nel “Ragionamento sul carattere religioso di Carlo III umiliato a Ferdinando IV re delle Due Sicilie” (Napoli). Si tratta di un panegirico riferito al padre del sovrano, Carlo di Borbone, che, spentosi l'anno precedente, veniva proposto come esempio da seguire al suo erede. In tal senso, egli si rivolgeva ancora pieno di ammirazione nei confronti di Ferdinando IV nel “Ragionamento sulle sovrane leggi della nascente popolazione di S. Leucio umiliata alla maestà di Ferdinando IV re delle Due Sicilie” (Napoli). Nella “Brieve memoria sull'educazione nazionale della nobile gioventù guerriera l'autore affrontava il tema, a lui caro come Direttore di istituti di formazione, dell'educazione dei giovani.” Negli anni Novanta, benché il canonico avesse raggiunto un'età avanzata, non solo decise di aderire alla Repubblica Napoletana, ma, convinto dell'importanza che rivestiva la formazione del popolo e del nuovo cittadino, decise di scrivere, come detto, un Catechismo Nazionale pe'l Cittadino, che fu dato alle stampe. Archivio Diocesano di Matera, Cattedrale, Battesimi Antonio Lerra, Catechismo nazionale pe’l cittadino. Progetto di cultura politica e ruolo dell'antico XV.  Antonio Lerra XVII.  Chiosi, Lo spirito del secolo. Politica e religione a Napoli nell'età dell'illuminismo, Napoli, Giannini); S. Bruno, "Catechismo nazionale pe' il cittadino". Contributo alla storia della Repubblica Partenopea, in "Studi Meridionali", Cronache di una rivoluzione: Napoli (Angeli, Milano); A. Lerra, L'albero e la croce. Istituzioni e ceti dirigenti nella Basilicata, Napoli, ESI, Salvatore Bruno, Il catechismo nazionale pe' il cittadino" (noterelle di storia napoletana), in Scritti in onore di Romualdo Trifone, Storia Meridionale,  II, Sapri, Ed. del Centro Librario, S. Bruno, "Catechismo nazionale pe' il cittadino". Contributo alla storia della Repubblica Partenopea, in Studi Meridionali, L. Guerci, Istruire alle verità repubblicane. La letteratura politica per il popolo nell'Italia in rivoluzione” (Bologna, il Mulino); G. Caserta, Teologo della rivoluzione napoletana, Napoli, Vivarium, Rosaria Capobianco, La pedagogia dei catechismi laici nella Repubblica napoletana, Napoli, Liguori Editore, Antonio Lerra, Catechismo nazionale pe' l cittadino. Progetto di cultura politica e ruolo dell'antico, Manduria-Roma-Bari, Lacaita, Antonio D'Andria, Onofrio Tataranni. Un riformatore napoletano in limine, in Sguardi sul Mezzogiorno in età moderna e contemporanea, Quaderni eretici | Cahiers hérétiques. Studi sul dissenso politico, religioso e letterario, fascicolo  Illuminismo in Italia Repubblica Napoletana. Storia della Basilicata  Un'analisi dei concetti politici nel Catechismo, su nuovomonitorenapoletano. L'indice ragionato del Filosofo Politico amico dell'Uomo La Brieve memoria in edizione integrale. Onofrio Tataranni. Tataranni. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tataranni” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tatiano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He founded a sect in Rome which he called ‘The Encratites’ – the self-controlled ones, although Ippolito claims they were more like followers of the Cinargo than anything else. He accused most philsophers of arrogance – only to be called an arrogant by Ireneo di Lions in his review of the tract.

 

Grice e Taumasio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He was a pupil of Plotino and Porfirio at Rome, but he found their style of teaching – through questions and answers – to be very ‘silly,’ and ‘uncongenial to a proper Roman,’ preferring instead the old ‘formal lecture’ of his ancestors.

 

Grice e Teage – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotona). Filosofo italiano. According to Giamblico, Teage, a Pythagorean, sought to introduce more democratic institutions into Crotone. Stobeo preserves fragments of a little treatise Teage wrote on this – “On Virtue” – (possibly by a later philosopher, though).

 

Grice e Teagene – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio). Filosofo italiano. Teagene argues that a myth – such as that of the she-wolf that nurtured the founder of Rome – should be interpreted allegorically. He also claimed that what people regarded as an act of a god – as when the statue of the she-wolf was struck by a lightning – as only a natural phenomenon.

 

Grice e Teagene – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Cinargo. He gave his seminars in the foro di Traiano. Unfortunately, he died when he consulted Attalo about a problem with the liver he was experiencing, and for which Attalo gave him the wrong treatment causing his death.

 

Grice e Teanor – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. A Pythagorean, he appears as a character in some of the works of Plutarco.

 

Grice e Tearida – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. He wrote an essay entitled, “Della natura” – where he argues that everything comes from one single first principle. Cited by Clemente of Alexandria. He may have attended the sect at Crotone.

 

Grice e Telecle – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. A Pythagorean, cited by Giamblico.

 

Grice e Telesio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cosenza). Filosofo italiano. Mentre le sue teorie naturali sono state successivamente smentite, la sua enfasi sull'osservazione fece il primo dei moderni che alla fine hanno sviluppato il metodo scientifico.  Telesio è nato da genitori nobili. Istruito a Milano dallo zio, Antonio, lui stesso uno studioso e poeta di eminenza, e poi a Roma e Padova. I suoi studi hanno incluso tutta la vasta gamma di argomenti, classici, scienza e filosofia, che costituivano il curriculum degli rinascimentali sapienti. Così equipaggiata, inizia il suo attacco sul aristotelismo medievale che poi fiorì a Padova e Bologna. Fonda l’Accademia Cosentina. Per un certo periodo ha vissuto nella casa di Alfonso III Carafa, duca di Nocera. La sua grande opera e “Sulla natura delle cose secondo i loro propri principi,” seguito da un gran numero di opere di importanza sussidiaria. Le opinioni eterodosse, che ha mantenuto suscitano l'ira di Roma per conto del suo amato aristotelismo, e poco tempo dopo la sua morte i suoi saggi sono stati immessi sul Index. Invece di postulare materia e forma, si basa l'esistenza sulla materia e la forza. Questa forza ha due elementi opposti: calore, che si espande, e fredde, che i contratti. Questi due processi rappresentano tutte le diverse forme e tipi di esistenza, mentre la massa su cui opera la forza rimane la stessa. L'armonia del tutto consiste nel fatto che ogni cosa separata sviluppa in sé e per sé conformemente alla sua natura e allo stesso tempo il suo moto avvantaggia il resto. I difetti evidenti di questa teoria, che solo i sensi possono non comprendere materia stessa, che non è chiaro come la molteplicità dei fenomeni potrebbe derivare da queste due forze, pensato non è meno convincente di Aristotles caldo/freddo, secca spiegazione / umido, e che ha addotto alcuna prova per dimostrare l'esistenza di queste due forze, sono stati sottolineato a suo tempo. Inoltre, la sua teoria della terra fredda a riposo e il sole caldo in moto  destinato a confutazione per mano di Copernico. Allo stesso tempo, la teoria e sufficientemente coerente per fare una grande impressione sulla filosofia italiano. Va ricordato, però, che la sua obliterazione di una distinzione tra superlunar e fisica sublunare ce ertamente abbastanza preveggente anche se non riconosciuto dai suoi successori come particolarmente degno di nota. Quando Telesio continua a spiegare la relazione tra mente e materia, e ancora più eterodossa. Forze materiali sono, per ipotesi, in grado di sentire. Questione deve anche essere stato fin dal primo dotato di coscienza. Per la coscienza esiste, e non avrebbe potuto essere sviluppato dal nulla. Questo lo porta a una forma di ilo-zoismo. Anche in questo caso, l'anima è influenzata dalle condizioni materiali. Di conseguenza, l'anima deve avere un esistenza materiale. Inoltre dichiara che tutta la conoscenza è sensazione ("non-ratione sensu sed") e che l'intelligenza è, quindi, un agglomerato di dati isolati, in sensi. Non lo fa, però, riesce a spiegare come solo i sensi possono percepire la differenza e identità. Alla fine del suo schema, probabilmente in ossequio alla teologiche pregiudizi, aggiunta un elemento che e completamente estraneo, vale a dire, un impulso più alto, un'anima sovrapposta da Dio, in virtù della quale ci sforziamo di là del mondo sensibile. Questa anima divina non è affatto un concetto completamente nuovo, se visto nel contesto di Averroestic o tommasiana teoria percettiva.  Il suo intero sistema mostra lacune nella sua tesi, e l'ignoranza dei fatti, ma allo stesso tempo è un precursore di tutte le successive dell'empirismo e segna chiaramente il periodo di transizione da autorità e la ragione di sperimentare e individuale responsabilità. Il ricorso a dati sensoriali  Telesio e il capo del grande movimento italiano del sud, che protesta  contro l'autorità accettata della ragione astratta e semina i semi da cui spuntavano i metodi scientifici di Campanella e Bruno, di Bacon e Descartes, con i loro risultati ampiamente divergenti. Egli, quindi, abbandona la sfera puramente intellettuale e ha proposto un'indagine sui dati forniti dai sensi, dai quali ha ricoperto che tutta la vera conoscenza viene veramente (la sua teoria della percezione sensoriale era essenzialmente una ri-elaborazione della teoria di Aristotele dal De anima). Nota all'inizio del Proemio del primo libro della terza edizione del De Rerum Natura Iuxta propria principia Libri Ix... che la costruzione del mondo e la grandezza dei corpi in esso contenuti, e la natura del mondo, è da ricercare non dalla ragione, come è stato fatto dagl’antichi, ma è da intendersi per mezzo di osservazione. Mundi constructionem, corporumque in eo contentorum magnitudinem, naturamque non ratione, quod antiquioribus factum est, inquirendam, sed sensu percipiendam. Questa affermazione, che si trova sulla prima pagina, riassume ciò che molti studiosi moderni hanno generalmente considerato filosofia telesiana, e spesso sembra che molti non leggere oltre per nella pagina successiva si imposta il suo caldo teoria/freddo della materia informata, una teoria che non è chiaramente informato dall’osservazione. L’osservazione (sensu percipiendam ) è un processo dell’anima molto iù grande di una semplice registrazione dei dati. L’osservazione comprende anche l’analogia. Anche se Bacon è generalmente accreditato con la codificazione di un induttiva metodo che sottoscrive pienamente l'osservazione come procedura primaria per l'acquisizione di conoscenze, non era certamente il primo a suggerire che la percezione sensoriale dovrebbe essere la fonte primaria per la conoscenza. Tra i filosofi naturali del Rinascimento, questo onore è generalmente conferito a Telesio. Bacone si riconosce Telesio come il primo dei moderni. “De Telesio autem bene sentimus, atque eum ut amantem veritatis, e Scientiis utilem, e nonnullorum Placitorum emendatorem &amp; novorum hominum primum agnoscimus”. Da Bacon De principiis atque originibus) per mettere l'osservazione di sopra di tutti gli altri metodi di acquisizione delle conoscenze sul mondo naturale. Questa frase spesso citata da Bacon, però, è fuorviante, perché semplifica eccessivamente e travisa l'opinione di Bacone di Telesio. La maggior parte del saggio di Bacon è un attacco a Telesio e questa frase, invariabilmente fuori contesto, facilita un malinteso generale della filosofia naturale telesiana dando ad essa un timbro baconiana di approvazione, che era lontano dalle intenzioni originali di Bacon. Bacone vede in Telesio un alleato nella lotta contro l'antica autorità, ma ha poco positivo da dire su specifiche teorie di Telesio. Ciò che forse colpisce di più De Rerum Natura è il tentativo di Telesio di meccanizzare il più possibile. Si sforza di spiegare tutto chiaramente in termini di materia informati dalla calda e fredda e per mantenere i suoi argomenti il più semplice possibile. Quando i suoi colloqui si rivolgono agli esseri umani che introduce un istinto di auto-conservazione per spiegare le loro motivazioni. E quando discute la mente umana e la sua capacità di ragionare in astratto su argomenti immateriali e divine, aggiunge un'anima. Per senza anima, tutto il pensiero, dal suo ragionamento, sarebbe limitato alle cose materiali. Ciò renderebbe Dio impensabile e chiaramente questo non era il caso, per l'osservazione dimostra che la gente pensa di Dio. Telesii, Bernardini, “De Rerum Natura Iuxta Propia Principii, Libri IX” (Horatium Saluianum, Napoli). Altre opere: “De Somno”;  “De la quae in aere fiunt de Mari De cometis et Circulo Lactea respirationis De USU. Gli appunti Riferimenti N. Van Deusen, Telesio: primo dei moderni De La sua, Quae in aere Sunt, &amp; de Terrae motibus piena facsimile digitale. Bernardino Telesio. Telesio. Keywords: empirismo, teoria della percezione, l’anima d’Aristotele, l’analogia, l’uomo e gl’animali, la ragione, I antici, contro I antici, osservazione, percezione, la tradizione empirista italiana, il Telesio di Bacone. Refs.: Luigi Speranza, “Telesio e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Teocle – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio). Filosofo italiano. He was a Pytahgorean who helped produce a new code of law for Reggio. Cited by Giamblico. Unfortunately, Giamblico also mentions one Teeteto in exactly the same context – implying that they may be the same person.

 

Grice e Teodoro – de natura rerum -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. De natura rerum (Milano). Platonico Flavio Mallio Teodoro, nato da ignota famiglia ligure. Agostino, che gli dedica il “De beata vita”, dice che conosceva bene Platone, Dopo essere stato per qualche tempo avvocato, poi governatore in Africa e consolare della Macedonia e aver coperto vari uffici a corte, fu praefectus praetorio delle Gallie. Negli anni successivi si occupa dell’amministrazione dei propri beni e di studi filosofici e astronomici e scrive dialoghi su questi argomenti, Stilieone lo nomina praefectus praetorio per l’Italia, l’Illirico e l'Africa. Mentre conferiva questo ufficio ha il consolato e in quell'occasione Claudiano gli dedica un panegirico. Fu praefectus praetorio d’Italia. Di Teodoro resta un saggio “De metris, mentre si sono perduti altri lavori, tra i quali un “De natura rerum.” Manlio Teodoro Flavio Manlio Teodoro, anche Flavio Mallio Teodoro (latino: Flavius Mallius Theodorus; Mediolanum) filosofo italiano. Manlio Teodoro Console. Consolato Prefetto del pretorio d'Italia. Di Manlio Teodoro è noto abbastanza, grazie al panegyricus dedicatogli da Claudio Claudiano. Di famiglia notabile, sappiamo che Teodoro e console. Il suo consolato avvenne sotto il principe Onorio.  Prima di essere console e anche Prefetto con sede a Mediolanum-Aquileia. Qui Agostino conosce Teodoro, uno degli intellettuali platonici che incontrato appunto a Milano e, scrive “De vita beata”, dedicandolo proprio a Teodoro, che a quel tempo si era ritirato dalla corte. Di Teodoro resta un trattato di metrica, “De metris”, uno dei migliori pervenuti, e per questo molto conosciuto e studiato tra Medioevo e Rinascimento. Inoltre, sempre secondo Claudiano, e un cultore di filosofia, astronomia e geometria e scrisse diverse opere su questi argomenti che, insieme al suo consolato, sono l'argomento del panegirico a Teodoro dedicato da Claudiano.  R. Austin Markus, The end of ancient Christianity, Cambridge. Edizione in H. Keil, “Grammatici Latini” tomo VI. Bibliografia G. de Bonfils, CTh. 12.1.157-158 e il prefetto Flavio Mallio Teodoro, Bari, EdipugliaVoci correlate Consoli tardo imperiali romani Stilicone Prefettura del pretorio delle Gallie Mariano Comense Siburio Teatro romano di Milano Prefettura del pretorio d'Italia Nicomaco Flaviano (prefetto del pretorio) Màllio Teodòro, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (LA) Opere di Manlio Teodoro, su digilibLT, Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro. Opere di Manlio Teodoro, su Open Library, Internet Archive. PredecessoreConsoli romaniSuccessore398 Imperatore Cesare Flavio Honorio Augusto IV, Flavio Eutichiano Manlio Teodoro, Eutropio Aureliano, Flavio StiliconeV · D · M Grammatici romani Portale Antica Roma   Portale Biografie Categorie: Scrittori romani Grammatici romani Politici romani del IV secoloScrittori del IV secolo Consoli imperiali romani Prefetti del pretorio d'Italia[altre]. Keywords: “De natura rerum”. A statesman and author who wrote on a wide range of subjects. He is best known for a technical work on poetry, but he also commented philosophical works.

 

Grice e Teodoro – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. A Pythagorean cited by Giamblico.

 

Grice e Teon – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He moved to Gaul and became a healer. Cited by Eunapio.

 

Grice e Teofri – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. A Pythagorean.

 

Grice e Teoride – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. Pythagorean cited by Giamblico.

 

Grice e Terillo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Siracusa). Filosofo italiano. Plato mentions Terillo in his letter to Dionisio II (di Siracusa). In it, Tirillo is described as someone who divides his time between Siracusa ‘and everywhere else’ – ‘a philosopher, of much learning, too’ --  The authenticity of the ltter is highly doubted.

 

Grice e Tertulliano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Quinto Settimio Florente Tertulliano – ‘Credo quia absurdum est’ was his life-guiding motto, which he learned from his philosophy tutor at Rome. He belonged to the Porch, and later became a ‘montano,’ an ascetic sect, “although,” his brother reminsices, “my brother seems to have stayed away from the more extreme forms of the asceticism the sect officially promulgated.”

 

 

Grice e Tessitore – filosofia italiana – Luigi Speranza  (Napoli). Filosofo italiano.  Grice: “If there’s Oxonian dialectic and Athenian dialectic, there is, to follow Fulvio Tessitore, the ‘scuola napoletana.’” Si laurea in giurisprudenza (la sua tesi ricevette dignità di stampa) a Napoli, allievo di Piovani. -- è libero docente "per meriti eccezionali" in Filosofia del diritto; l'anno successivo diventa Professore. Ha dapprima insegnato Storia delle dottrine politiche; quindi, in poi, Storia della filosofia. È stato preside della Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Salerno. Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Federico II di Napoli, della quale è stato anche rettore. Socio dell'Accademia dell'Arcadia col nome di Echione Cineriano. È inoltre socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e di numerose altre accademie. Ha diretto il Centro di studi vichiani del CNR dal  ed oggi fa parte del Consiglio scientifico dello stesso Centro.  È presidente della Fondazione Pietro Piovani per gli studi vichiani e del Consorzio interuniversitario "Civiltà del Mediterraneo". Presidente del Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione Internazionale D'Amato onlus. Socio dell'Istituto per l'Oriente “Carlo Alfonso Nallino” di Roma. È vicepresidente della Fondazione "Guido e Roberto Cortese". Siede inoltre nel Consiglio Direttivo dell'Istituto italiano per gli studi storici fondato da Croce. È stato componente del Consiglio Scientifico dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani. Membro del Consiglio Universitario Nazionale, in cui è stato presidente del Comitato di Lettere, Lingue e Magistero, vice presidente della Fondazione Teatro di San Carlo, componente del Consiglio Generale della Fondazione Banco di Napoli del Consiglio direttivo e vice presidente della CRUI, la Conferenza permanente dei Rettori delle Università italiane.  È Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica. È stato senatore della Repubblica italiana nella XIV legislatura nelle file dei Democratici di SinistraL'Ulivo e deputato nella XV Legislatura nelle file del L'Ulivo. È medaglia d'oro della Scuola dell'arte e della cultura e della Scienza e della cultura. È autore di una vastissima  di oltre 1500 titoli, tra i quali 26 volumi, ai quali sono stati assegnati numerosi premi. Saggi: “Aspetti del neo-guelfismo napoletano” (Morano, Napoli); “Crisi e trasformazioni dello stato: rcerche sul pensiero gius-pubblicistico italiano” (Morano, Napoli); “Fondamenti della filosofia politica ” (Morano, Napoli); “La storia delle idee” (Le Monnier, Firenze); “Profilo dello storicismo politico” (POMBA, Torino); “Lo storicismo” (Laterza, Roma); “Meinecke” (Laterza, Roma); “Filosofia, storia e politica in Cuoco, Marco, Lungro); “Contributi alla storia e alla teoria dello storicismo” (Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); Interpretazione dello storicismo, Scuola Normale Superiore, Pisa); Contributi alla storiografia arabo-islamica Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); La mia Napoli. Frammenti di ricordi e di pensieri, Grimaldi, Napoli); Letture quotidiane” (Editoriale scientifica, Napoli) che raccolgono articoli di giornali quotidiani. Trittico Anti-hegeliano da Dilthey a Weber. Contributo alla teoria dello storicismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); “Da Cuoco a Weber. Contributi alla storia dello storicismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma. Fonda il “Bollettino del Centro di Studi Vichiani”, Archivio di Storia della Cultura, Civiltà del Mediterraneo, pontaniana.unina. 18 settembre. Curriculum su filosofia.unina.,Treccani Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tessitóre. Fulvio Tessitore. Tessitore. Keywords: Cuoco. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tessitore” – The Swimming-Pool Library.

 

Gruce e Testa – la nemica fortuna – filosofia italiana – Luigi Speranza (Borgonovo Val Tidone). Filosofo italiano. Nasce nella nobile famiglia Testa dal giudice Giuseppe. Viene battezzato nella Chiesa della Collegiata  alla presenza dei genitori e del conte Andrea Arcelli, padrino e parente di Alfonso. Sacerdote, rifiuta la cattedra filosofica a Pisa  e preferì lavorare a Parma, divenendone presidente dell'area filosofica.  Deputato al Parlamento Sabaudo. Alfonso Testa. Storia di un povero pretazzuolo di Fausto Chiesa, pubblicato dalla Libreria internazionale Romagnosi di Piacenza. Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alfonso Testa. Testa. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Testa” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Thaulero – il problema d’una antropologia filosofica – autorita e risentimento -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Abruzzese, figlio del barone Carlo, nobile di Chieti e patrizio teramano. Consigue la maturità classica al Liceo Massimo di Roma. Si iscrive alla "Sapienza" di Roma, dove si laurea a pieni voti con una tesi in Filosofia del Diritto, Una metodologia cristiana del diritto, relatore Vecchio e ottenne il Diploma di perfezionamento con lode in Filosofia del Diritto nella Scuola di Perfezionamento di Filosofia del Diritto dell'Roma, con la tesi “La fictio juris in Bartolo da Sassoferrato” (relatore: Sforza). Assistente volontario di Perticone, ordinario di Storia contemporanea a Scienze politiche, usufruì di una borsa della Humboldt-Stiftung che gli consentì lunghe permanenze di studi in Germania per approfondire i suoi studi sulla problematica dei valori. Sturzo gli affidò insieme ad Addio la direzione del “Bollettino di Sociologia”, poi divenuto “Sociologia”, divenendo uno dei maggiori collaboratori dell'Istituto creato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. Inviato al Congresso di Sociologia di Amsterdam e fra i fondatori della Società Italiana di Scienze Sociali.  Consigue la libera docenza in Filosofia Morale e ricopre vari incarichi presso Salerno. Vinse il concorso a cattedra per Filosofia Morale del Magistero di Salerno.  Morì in un incidente automobilistico insieme alle figlie Maria Gabriella e Maria Elisabeth.  Gli è stata intitolata la scuola di Cologna Spiaggia (Roseto degli Abruzzi). Altri saggi: “Società e cultura” (Giuffré, Milano); “Il mare ha voce, ha voce il vento” (Storia e Letteratura, Roma); “Il darsi dell'Origine nell'esperienza sociale e religiosa” (Studium, Roma); Intorno al concetto di sociologia generale, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A. Giuffré, Milano); “Il problema del risentimento” (Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, N. 1, A. Giuffré, Milano); “Scienze sociali e Sociologia” (Sociologia, Bollettino dell'Istituto Sturzo, Anno A. Giuffré, Milano); “La Sociologia storicista (Sociologia, Bollettino dell'Istituto Sturzo, A. Giuffré, Milano); “Razionalità e storia” (Civitas); “L'autorità” (Sociologia); “Il problema dell'autorità” (Convegno di Cultura Europea, Bolzano); “Conoscenza e sociologia, in Rivista di Sociologia, Appunti per la settimana sociale dei cattolici d'Italia, in Rivista di Sociologia, Sociologia religiosa, in Rivista di Sociologia, Cristianesimo e storia, in Rivista di Sociologia, “Pregiudizio e religione, in Rivista di Sociologia,  Roma, “Metafisica della scienza e sociologia”, in Rivista di Sociologia, Roma, “Analisi culturale ed ecumenismo” in Rivista di Sociologia, Roma, Religione e pregiudizio” (Cappelli, Bologna); “Il problema di un'antropologia filosofica, in Rivista di Sociologia,  IGuida, Napoli, Corso di lezioni ciclostilate, con la traduzione, in appendice, di un saggio di Scheler). Religione e pregiudizio. Analisi di contenuto dei libri cattolici di insegnamento religioso in Italia Cappelli, Bologna, Nota introduttiva a Hartmann, Etica -- Fenomenologia dei costumi, in Esperienze, Osservazioni in margine ad una ricerca su pregiudizio e religione, in Rivista di sociologia, Prospettive culturali e sociologiche dell'impegno sociale (Relazione tenuta alla Consulta dei Movimenti Effettive e Seniores della Gioventù di Azione Cattolica). Un nuovo indirizzo storiografico nella analisi della struttura socio-economica (Relazione tenuta in occasione del convegno Ignazio Rozzi e l'agricoltura, Teramo, promosso dal Centro di Studi Storici Abruzzo Teramano), in Rivista di Sociologia, Riflessione sull'Università televisiva, in Informazione Radio TV. Studi, documenti e notizie, Speciale Televisione e Istruzione, RAI, Sociologia ed esperienza religiosa e politica Ricerche di Storia sociale e religiosa. Discendente del Beato Johannes Thauler  Il Tempo, V. Mathieu, Salerno, G. De Rosa,Seconda Attesa, Vicenza, G. De Rosa, La storia che non passa: diario politico, Soveia Mannelli, Vincenzo Filippone-Thaulero. Thaulero. Keywords: autorita e risentimento. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Thaulero” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tiberiano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano.  He moved to Baetica. He was a follower of Priscillian, writing a number of works in defence of his weird views.

 

Grice e Tiberio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Emperor. He took a serious interest in philosophy, and was especially drawn to the Scessi, as he called it. His tutors were Teodoro and Trasillo.

 

Grice e Tiberio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Not the emperor. He wrote on philosophical subjects.

 

Grice e Tilgher – il relativismo filosofico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Resìna). Filosofo italiano. Nato da padre vetraio Tedesco, visse a Roma dove e amico e collaboratore di Buonaiuti, studioso di storia del cristianesimo ed esponente del modernismo italiano. Lavora come bibliotecario all'Alessandrina e collabora ad alcuni giornali (tra gli altri, Il Mondo e il Popolo di Roma), molti dei quali vennero poi soppressi dal regime fascista. I suoi principali saggi sono: “La crisi mondiale”, “Estetica”; e “La filosofia delle morali”, nella quale delinea la sua originale visione individualistica. Collabora al giornale satirico “Il Becco giallo”. E tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali anti-fascisti, redatto da Croce. Da ricordare, anche, tra i suoi diversi saggi anti-fascisti, “la stroncatura di Giovane Gentile”, che, soprattutto nell'ironico e irriverente sottotitolo, esprime un dissacrante giudizio sulla propaganda con l'eloquente frase, di ascendenza bruniana, “Lo spaccio del bestione trionfante”. Opera anche come critico letterario e teatrale. E tra i primi a notare l'originalità del teatro pirandelliano, nonostante i tentativi di contestazione da parte del regime fascista.  In ambito filosofico, afferma che non esiste una scienza morale unica bensì una pluralità di morali che emergono da un fondo caotico in virtù di un'iniziativa che in parte è creatrice di valori e in parte effetto di coincidenze casuali, anche se fortunate. In lui riaffiora il dualismo manicheo di bene e di male, ribelle a ogni composizione dialettica propria a ogni comodo, quanto illusorio e superficiale ottimismo. Considera mitico, utopistico, il concetto del progresso che non considera come altrettanto reali "il regresso, la caduta e la colpa".  Nella nota “Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra”, oltre a suoi saggi incluse brani tratti dai saggi di Aliotta, Buonaiuti, Evola, Martinetti, Mignone, Nobile, e Rensi.  A Ercolano gli è stato intitolato l'Istituto d'Istruzione Superiore. Altri saggi: “Arte, Conoscenza e Realtà” (Torino, Bocca); “Teoria del Pragmatismo trascendentale” (Torino, Bocca); “Filosofi antichi” (Todi, Atanor); “La crisi mondiale”, “Saggi di socialismo e marxismo” (Bologna, Zanichelli); “Voci del tempo” (Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Relativisti contemporanei” (Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Studi sul Teatro contemporaneo” (Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Ricognizioni, Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “La scena e la vita, Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Lo Spaccio del Bestione trionfante: stroncatura di Gentile. Un libro per filosofi” (Torino, Gobetti); con un saggio di Antimo Negri, La Mandragora, Prefazione di Gabriele Turi, Roma, Storia e Letteratura); “La visione greca della vita, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Giordano); “Saggi di etica e di filosofia del diritto” (Torino, Bocca); “Homo faber” (Roma, Libreria di Scienza e Lettere, col titolo “Storia del concetto di lavoro nella civiltà occidentale, Firenzelibri); “La poesia dialettale napoletana, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Estetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Etica di Goethe, Roma, Maglione, Filosofi e Moralisti del Novecento, Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Studi di poetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Cristo e Noi, Modena, Guanda); “Critica dello Storicismo, Modena, Guanda,Antologia dei filosofi italiani del dopoguerra, Modena, Guanda); “Filosofia delle Morali” (Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Moralità. Punti di vista sulla vita e sull'uomo” (Roma, Libreria di Scienza e Lettere); “Le orecchie dell'aquila: studio sulle fonti dell'attualismo di Gentile” (Roma, Religio); “La filosofia di Leopardi” (Roma, Religio); Raoul Bruni, Torino, Aragno,  (con l'aggiunta di altri scritti leopardiani mai riuniti in volume),  “Il casualismo critico, Roma, Bardi); “Mistiche nuove e Mistiche antiche, Roma, Bardi); “Tempo nostro, Roma, Bardi); “Diario politico” (Roma, Atlantica); “Marxismo socialismo borghesia, Firenze libri); Carteggio Croce-Tilgher, A.Tarquini, Bologna, Il Mulino); “Pirandello, con testi di Gramsci” (Pisa, Scuola Normale Superiore, Einstein, S. Trappetti e F. Secci, Dalia Edizioni, La Stampa di Torino. Redazione,  “Spaccio della bestia trionfante” è un saggio del Bruno, costituita da tre dialoghi di argomento morale, pubblicata a Londra. Le bestie trionfanti sono i segni delle costellazioni celesti, rappresentate da animali -- è necessario spacciarle, ovvero cacciarle dal cielo in quanto rappresentano vecchi vizi che occorre sostituire con moderne virtù. Una nota dell'OVRA su un presunto tentativo di contestare Pirandello nella tournée in Argentina si riferisce una grave dichiarazione confidenziale fatta dal noto letterato anti-fascista a B. Cassinelli, dichiarazione che rileva non solo l'animosità biliosa di Tilgher contro Pirandello ma anche e soprattutto un piano prestabilito da oltre tre mesi da rinnegati contro degl’italiani che si apprestano a far conoscere ai nostri co-nazionali in Argentina, le ultime novità letterarie degli autori italiani. L. Sedita, “Pirandello, l'a-politico spiato” (Belfagor), che riproduce la nota, sottolinea l'enfasi negativa con cui in essa si presenta il noto letterato anti-fascista Tilgher e con cui ci si sofferma soprattutto sul suo perdurante odioso atteggiamento di sfida e di ribellione al fascismo. E significativo, alla luce degli studi di Canali, che il tramite tra la polizia politica e Tilgher sia stato Cassinelli. Cassinelli divenne amico di Pirandello che ne parla con deferenza in due lettere all’Abba. Dizionario Biografico degli Italiani  G. Rensi, Frammenti d’una filosofia dell’errore e del dolore, del male e della morte” (Napoli, Orthotes); Istituto d'Istruzione Superiore ATilgher, su adrianotilgher.edu. Gianni Grana, Tilgher critico, in, Letteratura italiana. I critici,  V, Marzorati, Milano; R. Laz., Enciclopedia ItalianaII Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Tilgher com'era, Napoli, Edizioni del delfino, Ernesto Buonaiuti Modernismo teologico Manifesto degli intellettuali antifascisti Traccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Adriano Tilgher. Tilgher. Keywords: le orecchie dell'aquila, lo spaccio del bestione trionfante. Refs.: Luigi Speranza, ‘Grice e Tilgher’ – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Timagora – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Garden. Cited by Cicerone.

 

Grice e Timagora – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Gela). Filosofo italiano. A pupil of Teofrasto and Stilpo.

 

Grice e Timarato – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. A Pythagorean cited by Giamblico, pupil of Pythagoras himself. Achieved great eminence as a lawgiver at Locri. However, Giamblico says exactly the same thing about a Timares of Locri, which is either a remarkable coincidence or a mistake. The latter is perhaps more likely, as on both occasions Giamblico links Timares with Zaleucus – implying they are the same person.

 

Grice e Timares – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. A Pythagorean, cited by Giamblico – and an important lawgiver in Locri. Some scholars think that Giamblico or someone else made a mistake and that ‘Timares of Locri’ should read ‘Timeo of Locri.’ As Plato nowhere describes Timeo specifically as a lawgiver, the identification is at best inconclusive. Hovwer Timares does seem to be the same person as Timaratus of Locri.

 

Grice e Grice e Timarida – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. A pupil of Pythagoras himself, as cited by Giamblico. He is mentioned in a work by Androcide in which Timarida is shown as a strong believer in divine providence.

 

Grice e Timasio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sibari) Filosofo italiano. A Pythagorean – cited by Giamblico – Check other references.

 

Grice e Timeo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. A Pythagorean cited by Giamblico.

 

Grice e Timeo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. He is the lead character in a dialogue by Plato, named after him. He is described as rich, a sometime holder of high office, and a philosopher of considerable accomplishment. According to Cicerone, Plato had met Timeo and studied with him. In the dialogue, Timeo expounds a theory of how the natural world came into existence. Cicerone describes Timeo as a Pythagorean. Giamblico in fact describes two men named Timeo as Pythagoreans. His works are considered apocryphal.

 

Grice e Timeo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taormina). Filosofo italiano. A historian, and a source used by Diogene Laerzio in his account of Empedocle di Girgenti.

 

Grice e Timossi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo italiano. Studia a Genova. Svolge attività di ricerca e di insegnamento seminariale presso l'Ateneo genovese. I suoi principali interessi sono rivolti alle cosiddette questioni di frontiera, che riguardano la filosofia, la teologia, la storia della scienza, l'epistemologia e la religione. In questo ambito, si propone di dimostrare la possibilità di una metafisica cognitiva e in particolare di una rinnovata teologia naturale o filosofica che proceda dai rivoluzionari risultati e dalle conoscenze della scienza contemporanea.  È inoltre noto per i suoi studi critici sull'ateismo. Studioso di logica, ha pubblicato uno dei manuali introduttivi più letti in Italia ("Imparare a ragionare. Un manuale di logica", Marietti).  Presidente del Consiglio Scientifico della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare e membro del Comitato di Gestione della Fondazione Compagnia di San Paolo di Torino. Academia Ligure di Scienze e Lettere.  Altri saggi: “Dio è possibile? Il problema dell'esistenza di un'Entità superiore” (Padova, Muzzio); “Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa” (Milano, Mondadori); “Prove logiche dell'esistenza di Dio d'Aosta a K. Gödel. Storia critica dell'argomento ontologico” (Milano, Marietti); “L'illusione dell'ateismo. Perché la scienza non nega Dio” (Cinisello Balsamo, San Paolo); Imparare a ragionare. Un manuale di logica” (Milano, Marietti); “Decidere di credere. Ragionevolezza della fede” (Cinisello Balsamo, San Paolo); “Nel segno del nulla. Critica dell'ateismo” (Torino, Lindau); “Perché crediamo in Dio. Le ragioni della fede" (Cinisello Balsamo, San Paolo); “Credere per scommessa. La sfida di Pascal tra matematica e fede” (Bologna, Marietti, Centro Editoriale Dehoniano. Timossi. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Timossi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tincari – iustum quia iussum – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. persio. Philosopher of law, Bergamo. Persio Tincari. Tincari. Keywords: iustum quia iussum. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tincari” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tirannio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Primarily a grammarian. Friend of Cicerone – he held the seminars in his own house. He made copies of a number of works of Aristotle which might otherwise have been lost.

 

Grice e Tirseno – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sibari). Filosofo italiano. Pythagorean according to Giamblico.

 

Grice e Tisia – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Siracusa). Filosofo italiano. A pioneer of rhetoric, he emphasized the importance of appeals to probability in argument. He was the tutor of Gorgia di Leonzio.

 

Grice e Tito – Musonio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza.

 

Grice e Toderini – filosofia italiana – Luigi Speranza  (Venezia). Flosofo italiano. Figlio di Domenico Maria, discende dai conti palatini Gagliardis dalla Volta. Letterato, pubblica “Letteratura turchesca” (Venezia, Tosti), frutto della sua permanenza a Costantinopoli, la prima trattazione occidentale di storia della letteratu turca.Tra gli altri scritti, in particolare di erudizione e di filosofia morale, si ricordano la Filosofia frankliniana delle punte preservatrici dal fulmine, particolarmente applicata alle polveriere, alle navi, e a Santa Barbara in mare e “L'onesto uomo; ovvero, saggi di morale filosofia dai principii della ragione”. è ricordato in “I Dogi di Venezia nella vita pubblica e private” di A. Mosto (Giunti Martello. La Dogaressa Pisana morì con gran dolore del Doge "circa le hore ventidue colta da una gagliarda convulsione al petto et abbattuta dalla lunga penosa malattia sofferta". Per tutti i tre giorni di esposizione si conserva così fresca e rubiconda nel volto che sembrava anziché morta assorta in un dolce riposo. Fu solennemente tumulata ai S.S. Giovanni e Paolo nella tomba comune dei Mocenigo. Il Doge la seguì dopo nove giorni di malattia in seguito a una infezione determinata da una risipola alla gamba sinistra. Ai solenni funerali fatti alla sua statua ai S.S. Giovanni e Paolo venne commemorato da Pietro Berti ed a quelli fattigli dalla Scuola di San Rocco, cui apparteneva, da Toderini. Cfr. Le sue opere registrate dal «Sistema Bibliotecario Nazionale». Giambattista Toderini. Toderini. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Toderini” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tocco – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catanzaro). Filosofo italiano. Studia a Napoli con Spaventa e a Bologna, con Fiorentino. Insegna a Roma, Pisa e Firenze.  Si pose nelle sue “Ricerche platoniche” (Catanzaro) il problema della cronologia degli scritti platonici. Nella sua monografia su Bruno nega che il filosofo di Nola potesse essere considerato un martire del libero pensiero, quanto piuttosto l'interprete dei nuovi bisogni di razionalizzazione delle teorie filosofiche, in linea con l'impulso delle ricerche scientifiche in atto ai suoi tempi. Contribuisce alla pubblicazione dei saggi di Bruno, individuandone tre fasi di sviluppo: una fase neo-platonica, una fase panteistica e una atomistica.  Sostenitore del neo-kantismo, rifiuta  ogni costruzione metafisica e privilegia le esigenze della ragione pratica. Altri saggi: “L'eresia nel Medioevo” (Firenze); “Bruno” (R. Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze); “Le fonti più recenti della filosofia del Bruno”, "Rendiconti della R. Accad. dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche",  “Le opere inedite di Bruno” (Accademia di scienze morali e politiche della Società Reale, Napoli); Studi francescani (Napoli); Studi kantiani (Palermo). M. Ferrari, I dati dell'esperienza. Il neo-kantismo nella filosofia italiana” (Firenze, Olschki); G. Raio, Lezioni su Kant” (Napoli, Liguori); Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Felice Tocco. Tocco. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tocco” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tolomei – la filosofia della percezione – filosofia italiana – Luigi Speranza  (Pistoia). Filosofo italiano. Appartenente alla Compagnia di Gesù. Nato a Villa Camberaia e di nobili origini. Studia a Firenze dove studiò legge presso l'Pisa. Entra a far parte dell'ordine dei Gesuiti e venne ordinato a Roma. Divenne esperto di ben undici lingue tra le quali latino, greco, ebraico, siriaco, arabo, inglese, illirico e francese.  Inizia la sua carriera teologica esponendo le Sacre scritture nelle letture pubbliche presso la Chiesa del Gesù a Roma. All'età di trent'anni venne eletto alla carica di procuratore generale dell'Ordine dalla Congregazione Generale, ufficio che tenne per cinque anni, fino a quando cioè non ottenne la cattedra di filosofia al Collegio Romano. Le sue letture, che ebbero sempre un vasto uditorio, vennero poi date alla stampa con il titolo “Philosphia mentis et sensuum” nella quale, pur nel pieno rispetto dell'aristotelismo, accolse gran parte delle scoperte naturalistiche della sua epoca, esponendole nelle sue lezioni. Le letture vennero ristampate in Germania dove ottenne l'encomio dell'Accademia di Lipsia e di Leibniz.  Insegnamento Successivamente ottenne la cattedra di teologia alla Pontificia Università Gregoriana (allora ancora Collegio Romano) e rinnovò le tematiche relative alla controversia sul concetto di dogma già iniziate dal cardinal Bellarmino circa un secolo prima. Le letture relative a queste lezioni furono tutte redatte in un manoscritto di ben sei volumi in folio che tuttavia non vennero mai pubblicati dall'autore. Eletto successivamente rettore del Collegio Romano e del Collegio Germanico, ricopre la carica di Consultore presso la Congregazione dei Riti.  La nomina a cardinale Venne con sua sorpresa nominato cardinale da Clemente XI ed ottenne il titolo di Santo Stefano al Monte Celio. Chiamato al servizio del Pontefice per giudicare gli errori in materia di dogmatica si occupò della pronuncia di condanna dell'eresia del teologo francese, esponente del giansenismo P. Quesnel.  In qualità di cardinale fu uno degli elettori del conclave di nomina di Innocenzo XIII e di Benedetto XIII.  TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Battista Tolomei, su Find a Grave. Opere di Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Battista Tolomèi, Tolomei. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tolomei” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tolomeo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. According to Ippolito di Roma, Tolomeo was a gnostic, and a follower of Valentino.

 

Tomatis e Grice – il paradosso filosofico -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Carrù). Filosofo italiano. Iinsegna filosofia a Salerno. Studia a Torino, Heidelberg, Perugia e Macerata. Si laurea in filosofia Torino con Vattimo e Pareyson, dottore di ricerca all'Perugia, seguito da Ferretti e Riconda, di cui è stato assistente all'Torino. Borsista del Centro studi filosofico-religiosi Pareyson ricercatore della Alexander von Humboldt-Stiftung all'Freiburg im Breisgau, Professore allo Studio teologico interdiocesano di Fossano e professore ospite in alcune Università europee e americane (Madrid, Córdoba, Mendoza. Membro dei comitati scientifici del Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson di Torino, della Fondazione centro studi Augusto Del Noce di Savigliano, dell'Accademia estetica internazionale di Rapallo, dell'Istituto Xavier Tilliette, della Internationale Schelling-Gesellschaft.  Fonda a Cuneo il Seminario angelus novus. Fonda la rivista “Paradosso”. Scrive sulle pagine culturali di “Avvenire”. Cura una rubrica sul mensile delle vallate occitane d'Italia “Ousitanio Vivo”, di cui è collaboratore, e collabora a “La Rivista del Club alpino italiano”. Garante scientifico internazionale dell'associazione Mountain Wilderness International. Istruttore di Kung Fu classico cinese, frequentando la Scuola Kung Fu Chang, allievo diretto dei maestri Ignazio Cuturello e Roberto Fassi.  Pensiero Ha dedicato le sue ricerche a Schelling, Nietzsche, Heidegger, Pareyson, Einaudi, Lao Tzu e Yang Chengfu approfondendo in particolare il problema ontologico della libertà e del male, del tempo e dell'escatologia, dei principi e del non-sapere. Ha poi elaborato una filosofia esperienziale, sperimentata soprattutto in montagna, che intende l'esistenza come esperienza personale della verticalità del limite, e una filosofia ermeneutica del dialogo interculturale, particolarmente attenta alla teologia cristiana trinitaria e al pensiero taoista cinese. Saggi: “Kenosis del logos. Ragione e rivelazione” (Città Nuova, Roma); “Ontologia del male” (Città Nuova, Roma); “L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, Roma, Città Nuova Editrice,  pareysoniana, Trauben, Torino, Pareyson. Vita, filosofia, Morcelliana, Brescia,  Escatologia della negazione, Roma, Città Nuova, Friedrich Schelling. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo, Filosofia della montagna, Prefazione di Armando Torno, Postfazione di Reinhold Messner, Milano, Bompiani, Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano, Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Bompiani, Milano, Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Bompiani, Milano, Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova, Roma,, Corpo e preghiera. La Via del T'ai Chi Ch'üan, Roma, Città Nuova); La via della montagna, Bompiani, Milano, Curatele Luigi Pareyson, Essere, libertà, ambiguità, Mursia, Milano, G. Riconda, Xavier Tilliette, Del male e del bene, Città Nuova Editrice, Roma, Bruno Forte, Vincenzo Vitiello, La vita e il suo oltre. Dialogo sulla morte, Città Nuova Editrice, Roma, Luigi Pareyson, Iniziativa e libertà, Mursia, Milano, M.Baudino, White-out, Museo Nazionale della Montagna, Torino, Nietzsche, Su verità e menzogna, Bompiani, Milano,  Schelling, Sui principi sommi. Filosofia della rivelazione Bompiani, Milano,,Luigi Pareyson, Prospettive di filosofia moderna e contemporanea, Mursia, Milano, Recensioni Kenosis del logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Pref. di X. Tilliette, Città Nuova, Roma  [recensito da: B. Forte («Avvenire», G. Baget Bozzo («Il Sole-24 Ore», A. Giordano («La Guida»,Bogo («la masca», G. Pirola («La Civiltà Cattolica»); D'Agostini («La Stampa. Tuttolibri», F. Viganò («Informazione filosofica»,  S. Sotgiu («Diorama letterario», 1B. Forte («Asprenas», Tilliette («Gregorianum», E. Guglielminetti («Filosofia e teologia», Ontologia del male. L'ermeneutica di Pareyson, Pres. diCoda, Città Nuova, Roma), recensito da: G. Baget Bozzo («Il Sole-24 Ore», G. Ricci («Avvenire»,  A. Ribero («AdOvest», S. Sotgiu («Diorama letterario», M. Micelli («Informazione filosofica», F. Russo («Acta philosophica», G. Garelli («La Guida»,].  L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, Città Nuova, Roma  [recensito da: M. Schoepflin («Avvenire», F. Dal Bo («Con-tratto», F. Pepino («la Bisalta», pareysoniana, Trauben, Torino [recensito da: G. Garelli («La Guida»,F. Russo («Acta philosophica», F.P. Ciglia («Il Pensiero», Escatologia della negazione, Città Nuova, Roma  [recensito da: G. Garelli («La Guida», F. Pepino («la Bisalta»), M. Schoepflin («Avvenire A. Folin («Tuttolibri»,), M.C. Di Nino («Dialegesthai», mondodomani.  dialegesthai/)].  Pareyson. Vita, filosofia,, Morcelliana, Brescia [recensito da: G. A[schero] («La Guida», M. Schoepflin («Il Giornale», [N. Orengo] («La Stampa. Tuttolibri», M. Schoepflin («Avvenire»,  F. Pepino («Cuneo Provincia Granda»,  F. Russo («Acta philosophica», O argumento ontológico. A existência de Deus de Anselmo a Schelling, tr. port. bras. di S.J. Schirato, Paulus, Sâo Paulo Brasil, Filosofia della montagna, Bompiani, Milano  [recensito da: G. Reale («Corriere della sera», E. Billò («Unione Monregalese», V. Mathieu («Il Giornale», Vasta («La Sicilia», U. Curi («Messaggero Veneto», L. Caveri («Peuple Valdotain»,A. Zaccuri («Letture»), D. Anghilante («Ousitanio Vivo», G. Lingua («Cuneo Provincia Granda», G. Brunod («PMNet», oin pmnet), M. Schoepflin («Il Foglio» A. Rosa («TorinoSette», A. Parodi («La Stampa), G. Pulina («Girodivite», A. Rigobello («L'Osservatore romano», ].  Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano [recensito da: M. Schoepflin («Jesus», ), M. Del Vecchio («Diorama letterario», G. Pulina («Recensioni filosofiche», recensionifilosofiche)].  Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Bompiani, Milano   [recensito da: M. Iacona («Secolo d'Italia», E. Billò («L'Unione monregalese»), G. Aschero («La Guida»), M. Schoepflin («Giornale di Brescia»), M. Schoepflin («Avvenire», D. Monaco («Filosofia e teologia», Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Pref. di G. Reale, Bompiani, Milano  [recensito da: G. Giorello («Corriere della Sera. Magazine»,  E. Castagna («Avvenire», M. Iacona («Il Borghese», ), A. Torno («Corriere della Sera», *)].  Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova, Roma, [recensito da: F. Chittolina («La Guida», [M. Schoepflin] («Il Giornale di Brescia», G. Tarantino («Secolo d'Italia», 6.11., p.9); M. Iacona («Il Giornale d'Italia»,  D. Monaco («L'occhio», F. Chittolina («La Voce del Popolo», F. Ranucci («Conquiste del lavoro»,  «Jesus»); S. Bondi («Panorama», E. Di Nuoscio («Europa», D. Anghilante («Ousitanio vivo»); F.S. Festa, («»,,// ); G. Bartoli («Dialegesthai», 10.7.,//mondodo mani.org/dialegesthai/; D. Monaco («Filosofia e teologia»,, 1,  ];Lubrano («Il Nostro Tempo». Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson  Studio teologico interdiocesano di Fossano  Accademia estetica internazionale di Rapallo Istituto Xavier Tilliette  Ousitanio VivoIl Giornale  La Rivista del Club alpino italiano  Prof. Francesco Tomatis curriculum, pubblicazioni, biografia intellettuale. Pagina docente nel sito dell'Università degli Studi di Salerno. Tomatis. Keywords: paradosso. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tomatis” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tomitano – I precetti della conversazione civile – filosofia italiana – Luigi Speranza (Padova). Filosofo italiano. Fondatore di accademie letterarie, autore di commenti alle opere di Aristotele e autore di scritti di logica, alcuni dei quali ancora inediti. Da una famiglia originaria di Feltre, frequenta il corso di filosofia a Padova dove si laurea. Deputato dal Senato Veneto a leggere l'Organon di Aristotele alla scuola di logica di Padova. Nel periodo in cui rimase a Padova stringe amicizia, fra gli altri, con Speroni, Bembo, Sadoleto, Giovio, Navagero, Fracastoro e Manuzio. Fa parte degl’infiammati, il cui proposito era scrivere compiutamente in lingua veneziana. Le discussioni degl’infiammati sono alla base dei Quattro libri della lingua toscana. Scrive anche due brevi dissertazioni matematiche: il Moisè-Geometria, la dimostrazione del teorema due rette possono avvicinarsi all'infinito senza mai unirsi, intuito dal profeta ebreo per grazia divina, e “Introductio cosmographiae”, lezioni di geometria a fondamento della cosmografia tolemaica. Accusato dal Santo Uffizio di eresia per la sua espositione letterale a parafrasi al vangelo secondo Matteo. Dimostra che quella parafrasi non era sua, ma edita a sua insaputa da un nobile signore N., con cui era assai famigliare. Creduto e assolto, ma da allora in poi i suoi saggi divennero alquanto conformisti.  Lascia Padova e si trasfere a Venezia. I saggi più importanti del periodo veneziano, a parte la biografia di Baglioni, sono il “De morbo gallico” e il carme encomiastico “Thetis” in onore di Enrico III. Altre saggi: “Introductio ad sophisticos elenchos Aristotelis. Eiusdem brevis methodus diluendorum paralogismorum per divisionem, praeter illa quae Aristoteles habuit in Elenchis. Quam methodum B. Tomitanus ex dialogis Platonis et ex Aristotele nuper invenit, adiecta sunt Famigerata veterum Sophismatum exernpla, ad exercitationem adolescentium” (Venezia); “Ragionamenti della lingua toscana, dove si parla del perfetto oratore e poeta volgari, dell'eccellente flosofo Tomitano, diuisi in tre libri. Nel primo libro si pruova la filosofia esser necessaria allo acquistamento della retorica e della poetica. Nel secondo libro si ragiona dei precetti dell'oratore. Nel terzo libro si ragiona delle leggi appartenenti al poeta, e al bene parlare” (Venezia, Farri); Quattro libri della lingua toscana, dove si prova la filosofia esser necessaria al perfetto oratore e poeta con due libri nuouamente aggionti, de i precetti richiesti al conversare con eloquenza” (Padova, Pasquati); “Sonetti e Canzoni, in Rime diuerse di molti eccellentiss. autori nuouamente raccolte. Libro primo, con nuoua additione ristampato” (Venezia, Ferrarii); “Esposizione letterale del testo di Mattheo Evangelista” (Venezia); “Sopra le Pistole di S. Paolo” (Venezia); “Moisè”; “Geometria (Mantova); Introductio Cosmographiea (Venezia); Prediche del reuerendissimo monsignor Cornelio Musso, vescouo di Bitonto, fatte in diuersi tempi, et in diuersi luoghi. Nelle quali si contengono molti santi euangelici precetti, non meno utili, che necessarij alla interior fabrica dell'huomo cristiano. Con la tavola delle cose più notabili in esse contenute” (Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli); “Oratione recitata per nome de lo Studio de le Arti padovano ne la creatione del Serenissimo Principe di Vinetia M. Marcantonio Trivisano, Venezia,Clonicus, sive de Reginaldi Poli laudibus, Venezia Consiglio sopra la peste di Vinetia. Al Magnifico M. Francesco Longo del Clarissimo M. Antonio” (Padova); Corydon, sive de Venetorum laudibus, et Carmen ad Laurentium Priolum Venetorum Principem” (Venezia, Breznicio); “Animadversiones aliquot in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. Contradictionum solutiones in Aristotelis et Averrois dicta, in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. In novero Averrois Quaesita demonstrativa Argumenta, Venezia,Consiglio de l'eccell. m. Bernardino Tomitano sopra la peste di Vinetia, Padova, appresso Gratioso Perchacino, De morbo gallico, inVenezia, Vita e fatti di Astorre Baglioni; “Quattro libri della lingua thoscana, ove si prova la philosophia esser necessaria al perfetto oratore et poeta con due libri nuovamenti aggionti dei precetti richiesti a lo scrivere et parlar con eloquenza” (Padova); “Thetis”; “In adventu Regis Henrici III Galliae Christianissimi et IV Poloniae Serenissimi ad felicissimam Venetiarum urbem, Venezia, Ziletti). Aristotelis opera omnia cum commentariis Averrois. Animadversiones et solutiones Et alia plura” (Venezia, Iuntas). I primi due libri sono tesi a dimostrare che la filosofia è necessaria all'oratore e al poeta. Il terzo libro ha per argomento i precetti della retorica necessari alla scrittura e all'oratoria. L'ultimo libro è dedicato alla prosa d'arte ("locutione oratoria, et de' suoi ornamenti, con la ragion de i motti, facetie et apologi").  A. Poppi. Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Ricerche sulla teologia e la scienza nella Scuola padovana”A. Poppi; “Oratione prima alli Signori de la S. Inquisitione di Venetia” (Padova); e Oratione seconda alli Signori medesimi, Venezia). Quest'opera è nominata solo da Doni nella sua Prima Libraria, un repertorio dei libri italiani stampat..L'opera del Tomitano, pertanto, deve essere stata scritta. È una biografia in otto libri su Astorre Baglioni, il capitano ucciso con Marcantonio Bragadin a Famagosta. La filosofia rimase ignota ai contemporanei del Tomitano ed è in gran parte ancora adesso inedita. Ne sono stati stampati solo alcuni brani. Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, della Compagnia di Gesù, bibliotecario del serenissimo Duca di Modena, Firenze, Molini e Landi, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, POMBA, su sapere, De Agostini. Opere Aulo Greco, Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Bernardino Tomitano. Tomitano. Keywords: i precetti della conversazione civile. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tomitano” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Toritto – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Grice: “I like Caravita; Locke – England’s, and Oxford’s, greatest philosopher, had his sponsor, and so does Italy’s – not Bologna’s – Vico, and he was Caravita!”. Appartenente a una famiglia nobile resa illustre in passato da insigni giureconsulti. Fiscale consigliere della reale Giurisdizione. Insegna a Napoli. Compone il saggio: “Nullum ius romani pontificis in regnum neapolitanum” contro le pretese feudali dal papa sul regno di Napoli – “Niun diritto compete al sommo pontefice sul regno di Napoli: dissertazione istorico-legale illustrate con varie note” (Aletopoli, Napoli), messa all'Indice. Ha inoltre l'incarico di raccogliere tutte le leggi del Regno in un Codice Filippino. Il Codice Filippino, e tuttavia rimasto incompiuto per l'occupazione austriaca di Napoli. In filosofia e seguace dell'anti-aristotelismo di Capua. La sua abitazione divenne il centro della diffusione della filosofia di Cartesio a Napoli. Titolo di merito di Caravita, come peraltro del figlio Domenico, è l'essere stato amico e protettore di Vico, a favore del quale si adopera per fargli ottenere la cattedra di retorica e perché e accolto nell'Accademia Palatina.  Altri saggi: “Ragioni a pro della fedelissima città e Regno di Napoli contr'al procedimento straordinario nelle cause del Sant'Officio, divisate in tre capi. Nel I si ragiona del grave pregiudicio della real giuridizione. Nel II si tratta dell'ordinaria maniera di giudicio, che tener si dee nel regno, e nel III si dimostra il pregiudicio, che fa alla real giuridizione, ed al regno un editto in cui si stabilisce il tribunal della 'nquisizione. Napoli. Dizionario biografico degli italiani. Ma l’ anti-marinismo ebbe anche, secondo la moda del tempo, il suo salotto nel palazzo Toritto nel quartiere dei Vergini. Quivi, più che nell’Accademia.. Armellini, Mariano. Bibliotheca Benedictino[-]Casinensis.... Stefano...raccolti da don Nicolò Caravita. Napoli, Roselli, ed. Caravita was an Arcadian. Tiberius by Filippo Anastasio, Caligula, and Claudius by Paolo Doria. The second volume continues the biographical model with twenty-six essays dedicated to individual emperors. Nicolò Caravita. Niccola Caravita Nicola Caravita. Nicola Caravita dei duchi di Toritto. Caravita-Toritto. Toritto. Keywords. impiegatura da salotto, diritto, anti-popism – il laico --, anti-aristotele, contro Aristotele, concetto assolutista di sovereignty contro Aquino, quartiere dei Vergini – Capua.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Caravita” – The Swimming-Pool Library. Toritto

 

Grice e Torlonia –filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma), filosofo italiano. Figlio del duca Marino e di Anna Sforza Cesarini, figlia del VI principe di Genzano Francesco. Appartene a una delle più facoltose famiglie nobiliari romane. Il padre, duca di Poli e di Guadagnolo, e titolare del feudo di Bracciano e vive a Roma nel palazzo Torlonia in via Bocca di Leone. La madre porta in dote la villa Ludovisi a Frascati. Sposa Francesca Ruspoli, figlia di Bartolomeo e nipote del III principe di Cerveteri Francesco. Dal loro matrimonio nacque Clemente. Nannarelli, amico intimo e su biografo così lo descrive. I capelli castani, abbondanti e finissimi, il pallore e la gracilità del volto. Ma se la fronte e di filosofo, l'occhio e d'artista, o meglio, di contemplatore. Svelto nella persona, di eccellente statura, incede frettoloso a testa alta e pensierosa. Si esprime con eleganza in francese, inglese e tedesco e studia diligentemente il greco e il latino. Spirito avido di conoscenze, e attratto dalla chimica e dalla botanica. Nelle sue passeggiate nella campagna romana raccoglie e cataloga piante e fiori. Appassionato di archeologia, colleziona monete di epoca romana e trascrive antiche iscrizioni. Scio della Pontificia Accademia di Archeologia. Pronuncia un discorso in occasione del natale di Roma. Religioso fervente, è introdotto da Passaglia allo studio della patrologia e delle sacre scritture. La famiglia lo tollera, ma lo considera visionario e innovatore pericoloso. Da Platone e da Plotino, approde a Kant e Fichte. Gli torna in contemplazione entusiastica, gli si face poesia. E in contatto con un gruppo di filosofi, suoi coetanei, oggi identificati come i filosofi della Scuola romana che di sera si ritrovavno al caffè Nuovo, a piazza San Lorenzo in Lucina (Palazzo Ruspoli). Novello mecenate, ha raccolto intorno a sé questo gruppo di giovani spinti dal comune ideale di ricondurre la filosofia agli antichi splendori di Roma. Tra questi, ci sono Gnoli, Ciampi, Maccari, e Nannarelli. Vuole riuniti idealisti e classicisti, nella fiducia che, temperata la nebulosità metafisica degli uni e la gretta sensibilità degli altri, e prendendo il meglio d'ambedue le scuole, puo scaturire a grado a grado una filosofia italiana, profonda e intima d'idea e di sentimento, nitida, elegante di forma. Scrisse sulla filosofia dell’amore platonico, sui fiori, sulla contemplazione del divino. Ama Schiller, Goethe, Lenau, e Leopardi. Declama Aligheri e Tasso. Il suo saggio meritata le lodi di Gregorovius. Suoi saggi apparvero nella raccolta “I fiori della campagna romana, stampata a Firenze e nella “Strenna romana. Giovanni Costa, Trebbiatura nella campagna Romana, A Monte Mario, nei casali Mellini, sotto l'Osservatorio Astronomico, apre a sue spese una scuola rurale elementare. Straordinario precursore della alfabetizzazione delle classi povere, cre una Associazione promotrice delle scuole di campagna. A questa scuola rurale dedica un elogio in latino. Nannarelli accorse al suo capezzale. Lo ude recitare il Salmo 41 e versi di Lenau; e Platone, e Fichte. Raccomanda alla moglie di mandare il figlio Clemente al collegio di marina di Genova. Nannarelli tenta di raccogliere intorno a sé i Poeti della Scuola romana che furono decimati nel numero, per le morti precocima si trasferì a Milano. Secondo le ferree disposizioni ricevute da Torlonia, il suo cameriere distrusse tutte le carte dell'archivio personale. Gnoli conserva i manoscritti di tre saggi di Torlonia, inedite. S. Negro, Seconda Roma, Vicenza, Neri Pozza, Domenico Gnoli, op. citata in.  Ferdinand Gregorovius, Passeggiate per l’Italia. Domenico Gnoli, I Poeti della Scuola romana” (Bari, Laterza); Fabio Nannarelli, Giovanni Torlonia” (Firenze, Le Monnier); Giuseppe Cugnoni, Vita di D. Giovanni Torlonia”  (Velletri, Cella); F. Ulivi, “I poeti della Scuola Romana” (Bologna, Cappelli). Torlonia. Keywords: la filosofia dell’amore di Platone in Fichte e Leopardi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Torlonia” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Torquato – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Lucio Manlio Torquato). Filosofo italiano. Garden. Chosen by Cicerone to represent the Garden in “On moral ends.” Whether fairly or not, his understanding of the Garden is portrayed as somewhat crude and superficial. He was killed during the civil war.

 

Grice e Torre – filosofia italiana – Luigi Speranza (Forli). Grice: “I like Torre; his epitaph reads, ‘nuovo Aristotele,’ which is what it was! There is a nice ‘via’ in Forli after him that leads to the varsity! He was a Galen, and philosophised on both the soul and the body!” – Filosofo italiano. La sua fama se deve al commentario alla “Ars parva” di Galeno -- è noto, in particolare, per i suoi studi di embriologia. Infatti, dopo il recupero di Aristotele, le cui opere avevano spinto verso un rinnovato interesse per l'osservazione diretta, si e avviato un dibattito tra i sostenitori dell'autorevolezza degli studi antichi e i fautori dell'empiria. Questo processo si conclude proprio con Torre, che cerca di conciliare l'embriologia aristotelica con la fisiologia galenica. Mostra che le differenze esistenti sono di scarsa rilevanza nei confronti della medicina pratica. Insegna a Padova. Explicit questio de intensione et remissione formarum secundum famosissimum artium et medicine doctorem magistrum Jacobum de Forlivio qui 1414 pridie ydus februarii ab hac vita ad superiora migravit. Scripta vero per me fratrem Bellinum de Padua. Si tratta della conclusione del celebre “De intensione et remissione formarum”. Saggi: “De intensione et remissione formarum”; “Expositio in Avicennae aureum capitulum de generatione embryi ac de extensione graduum formatione foetus in utero in Aphorismos Hippocratis Expositio Physica I-IV; “Quaestiones extravagantes Super I, II, III Tegni Galeni. G. Vescovini, Medicina e filosofia a Padova, Arti e filosofia. Studi sulla tradizione aristotelica e i "moderni", Vallecchi, Firenze. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Super aphorismos Iacobi Foroliuiensis in Hippocratis Aphorismos et Galeni. Jacopo da Forlì. Giacomo da Forli. Iacobus Foroliviensis. Jacopo della Torre. Giacomo della Torre. Torre. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Torre” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Trabucco – filosofia italiana – Luigi Speranza (Caltagirone). Filosofo. Non abbiamo grandi notizie della sua vita, della quale sappiamo solo che esercita con successo la medicina a Caltagirone, soprattutto durante l'epidemia. Per il suo contributo fu creato nobile da Fernando d'Aragona. Alcune sue opere sono conservate nella Biblioteca Comunale di Caltagirone, città che gli ha anche dedicato una strada.  Opere "De Morbis puerorum et mulierum"  Chaudon, L. M., Dictionnaire universel, historique, critique, et bibliographique, v. Amico e Statella, V. M., Dizionario topografico della Sicilia, Palermo. Libro d'oro della nobilità dell'imperial casa amoriense, Roma,  s.v. Amati, A., Dizionario corografico dell'Italia. Trabucco. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Trabucco” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tragella – filosofia italiana – Luigi Speranza (Trezzano sul Naviglio). Filosofo italiano. Figlio di Giovanni, medico chirurgo. Studia a Gorla Minore, Milano, e Torino. Si occupa di serbare la memoria della battaglia di Magenta con la costruzione di una cappella espiatoria all'interno della chiesa per accogliere le spoglie dei caduti. Ricovero vecchi poveri Sito Lombardia Beni Culturali.  Viviani, cfr. Tunesi, Morani Le stagioni, op. cit..  Cesare Tragella, Lettera a Romolo Murri in: R. Murri, L. Bedeschi, Carteggio. II. Lettere a Murri. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Le stagioni di un prete, Le stagioni di un prete, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», A. Viviani, Dalle ricerche la prima storia vera, Magenta, Zeisciu. Cesare Tragella. Tragella. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tragella” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Trapaninapola – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Trapaninapola. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Trapaninapola” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Trapè – filosofia italiana – Luigi Speranza (Montegiorgio). Flosofo italiano. Uno dei massimi studiosi della filosofia semiotica d’Agostino. Si laurea a Roma con una “Il concorso divino in Colonna” (Tolentino). Insegna a Roma. Promosse la fondazione dell'Istituto Patristico Augustinianum.  Fondato la "Biblioteca Agostiniana" che si occupa della volgarizzazione di  S. Agostino (Città Nuova) e il "Corpus Scriptorum Augustianorum", che pubblica le opere dei filosofi scolastici agostiniani.  Altri saggi: “Il concorso divino in Colonna” (Tolentino); “Introduzione a S. Agostino e le grandi correnti della filosofia contemporanea. Atti del congresso Italiano di filosofia Agostiniana, Roma, Tolentino; Varro et Augustinus praecipui humanitatis cultores, Latinitas Augustinus et Varro, Atti del Congresso di studi varroniani, Rieti); “Escatologia e anti-platonismo” Augustinianum, “Agostino filosofo e teologo dell'uomo”; Bollettino dell’Istituto di filosofia (Macerata); Agostino: L'ineffabilità di Dio, in  «La ricerca di Dio nelle religioni (EMI, Bologna); “La Aeterni Patris e la filosofia” (Atti del Congresso Tomistico, Roma); Agostino, l'uomo, il pastore, il mistico” (Roma, Città Nuova); Patrologia III, Casale Monferrato, Dizionario patristico e di antichità cristiana, Casale Monferrato, Introduzione e commento alla Lettera apostolica «Hipponensem episcopum», Roma, Introduzione ad Agostino, Roma,  L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, apostolo della cultura.Agostino Trape. Trapè. Keywords: la semiotica d’Agostino. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Trapè” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Trasea – roma antica – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Padova). Publio Clodio Tràsea Peto (Publius Clodius Thrasea Paetus) è un filosofo italiano. Nacque da una famiglia illustre e agiata proveniente da Padova; non è nota né la data né il luogo di nascita, se sia Roma o Padova, con cui mantenne stretti legami come dimostra la partecipazione ai festeggiamenti in onore del fondatore, Antenore. Nulla è noto della sua giovinezza e degli inizi della carriera politica tranne contrasse matrimonio con Cecinia Arria, figlia di Cecina Peto, console suffetto. Nel medesimo anno il suocero fu implicato nella rivolta di Lucio Arrunzio Camillo Scriboniano che mira ad eliminare Claudio e a RESTAURARE LA REPUBBLICA e pertanto e costretto al suicidio. Lo segue, sebbene Trasea avesse cercato di impedirlo, anche la moglie, Arria maggiore.  Probabilmente, dopo la morte del suocero, Cecina Peto, Trasea aggiunse il suo nome al proprio, prassi inconsueta per un genero, che può essere letta come un segno di opposizione al principato. Non abbiamo informazioni sulla cronologia della progressione di Trasea tra i ranghi più bassi del cursus honorum ed è possibile, ma non è affatto certo, che la sua carriera politica fosse ad un punto morto.  A seguito della morte di Claudio e l'ascesa di Nerone, l'influenza del precettore del nuovo principe, il filosofo stoico Seneca, gli permise Trasea a di divenire console suffetto acquistando nel frattempo l'importante amicizia del genero Elvidio Prisco. Dopo il consolato, Trasea ottenne il prestigioso incarico di quindecimvir sacris faciundis. Tale ascesa e, forse, aiutata dall'attività svolta presso le corti di giustizia né è da escludere una sua nomina come governatore provinciale in accordo alla testimonianza di Persio, amico e parente di Trasea, il quale scrive di aver viaggiato con lui. Sostenne in senato la causa di concussione avanzata dai cilici contro il loro ex-governatore, Cossuziano Capitone, vicino al principe, che e condannato probabilmente proprio per l'influenza e la capacità oratoria mostrata da Trasea. L'anno seguente si oppose ad una mozione con cui i siracusani chiedevano di superare il numero legale di gladiatori per i loro giochi censurando di fatto l'irrilevanza cui e giunto il Senato.  Quando, poi, Nerone invia al senato una lettera in cui giustifica l'appena compiuto omicidio della madre, Giulia Agrippina, Trasea e il solo ad uscire dall'aula affermando di non poter dire ciò che voleva e che non avrebbe detto quel che poteva mentre molti dei suoi colleghi si congratulavano bassamente con Nerone. Il pretore Antistio Sosiano, che scrive poesie diffamatorie su Nerone, a accusato da Cossuziano Capitone, recentemente riabilitato in Senato su impulso del suocero di questi, Tigellino, di maiestatis. Trasea dissente dalla proposta di imporre la pena di morte sostenne la più lieve sanzione dell'esilio, conforme per il reato. La proposta e approvata con larga maggioranza nonostante il parere contrario di Nerone consultato prima della votazione ed il principe e costretto ad aderirvi per far mostra di clemenza. Nello stesso anno, al processo contro il pro-console di Creta, Claudio Timarco, accusato dai provinciali di continui abusi, avendoli costretti a compiere frequenti voti di ringraziamento, Trasea censura il comportamento del pro-console; fa approvare a maggioranza un senatoconsulto che però dove aspettare il placet del principe. E dispensato dal principe dal portargli i ringraziamenti, insieme alla delegazione del senato, per la nascita di una figlia. Tale gesto e, probabilmente, il preludio della fine anche perché Tigellino, tra i più influenti cortigiani di Nerone e ostile a Trasea essendo il suocero di Cossuziano Capitone, fatto condannare da Trasea stesso. Tuttavia, è noto che Nerone dice a Seneca di essersi riconciliato con Trasea e che Seneca si fosse congratulato perché recupera un'amicizia piuttosto che averlo costretto a chiedere clemenza. Dopo tale vicenda, Trasea si ritirò dalla vita politica. Non sappiamo esattamente quando fu presa la decisione ma Tacito fa dire a Capitone, in occasione del processo, che Trasea aveva da oltre tre anni disertato tutte le sedute del senato ma, occorre ricordare che la fonte è polemica e quindi poco affidabile. Non è noto neppure quale sia stato il catalizzatore di una tale decisione che contrasta apertamente con la sua vita precedente. Forse era la sua ultima forma di protesta al principe.  In questo lasso di tempo, Trasea continua a curare gli interessi dei suoi clienti e probabilmente compose anche la sua Vita di Catone, in cui loda il sostenitore della libertà senatoriale contro Giulio Cesare con il quale condivideva la filosofia del portico. Tale opera, oggi perduta, e una fonte importante per la biografia di Plutarco su Catone. Nerone, dopo aver violentemente represso la Congiura dei Pisoni, decide di sbarazzarsi di chiunque sospettava ostile, e tra questi anche Trasea Peto e Barea Sorano che da tempo detesta. Spinto da Cossuziano Capitone, decide di agire durante la visita del re Tiridate I di Armenia a Roma, come scrive sarcasticamente Tacito "quasi fosse atto da re", affinché passassero inosservate le vicende di due così illustri cittadini. L'accusa contro Trasea e assunta da Cossuziano Capitone e Marcello Eprio, mentre Ostorio Sabino si occupa di Barea Sorano. Dapprima Nerone esclude Trasea dal ricevimento in onore di Tiridate ma questi, anziché farsi prendere dal timore, chiede che gli fossero notificati i capi d'accusa e che gli fosse dato tempo di difendersi. Nerone accolge la risposta di Trasea con agitata premura e come mai prima d'ora comincia a temere la presenza, l'ardimento e lo spirito di libertà della sua vittima e pertanto comanda di convocare il senato. L'imputato, dopo aver consultato gl’amici, decise di non partecipare al processo per evitare che Nerone si incrudelisse anche con la moglie, Arria, e la figlia e per non prestare orecchio alle ingiurie degli accusatori. In tale occasione, inoltre, impede al giovane tribuno Aruleno Rustico di porre il veto al decreto del senato affermando che una siffatta azione mette in pericolo la vita del tribuno senza salvare la sua. Il giorno del processo, il tempio di Venere Genitrice, luogo di raduno del Senato, e circondato da due coorti della Guardia Pretoriana. Iniziata la seduta, il questore lesse una lettera del principe che, senza far nomi, accusa alcuni senatori di trascurare da tempo i loro doveri e di essere, pertanto, cattivo esempio anche per i cavalieri.  Gli accusatori accolsero tali affermazioni come un dardo pronto per essere scagliato e subito Cossuziano si scaglia contro Trasea per essere seguito poi da Marcello Eprio il quale, con maggiore energia, grida che si trattava della salvezza dello stato romano e che la longanimità del principe sarebbe venuta meno di fronte all'arroganza dei sottoposti e che fino ad ora troppo indulgenti erano stati i senatori nei confronti di Trasea, di Barea Sorano, definiti "faziosi ribelli". Non si ricordano discorsi della difesa ed in ogni caso i senatori, nel più profondo terrore per i reparti armati, non hanno altra alternativa che votare la condanna a morte nella forma del liberum mortis arbitrium ovvero l'ordine di suicidarsi. Trasea e ovviamente condannato a morte, il genero Elvidio Prisco e esiliato insieme agl’amici Paconio Agrippino e Curzio Montano; gl’altri imputati, Barea Sorano e la figlia di lui, processati separatamente, seguirono lo stesso destino di Trasea. Al crepuscolo, Trasea intento ad intrattenere numerosi ospiti e ad ascoltare con molta attenzione il filosofo cinico Demetrio con il quale discute della natura dell'anima e della separazione dello spirito dal corpo, ricevette da uno dei suoi intimi, Domizio Ceciliano, la notizia della condanna. A tal punto, esorta i più a non disperarsi e a ritirarsi in gran fretta per evitare di compromettere le loro sorti con la sua, poi persuase la moglie Cecinia Arria che, memore della madre, si prepara a seguire nella morte il marito, a restare in vita e a non privare la figlia, Fannia, dell'unico sostegno. Poco dopo, mentre Trasea si avvia al portico con un'espressione lieta, avendo saputo che il genero, Elvidio Prisco, era stato solo esiliato, giunse il questore a comunicargli ufficialmente la condanna. Si ritira, quindi, accompagnato da Demetrio e dal genero, nelle proprie camere, porse ad uno schiavo le vene di entrambe le braccia e, come il sangue scorse, lo sparse a terra libando a Giove Liberatore sempre alla presenza del questore. Infine, dopo molte sofferenze, muore.  In Prato della Valle, Padova, è presente una statua che lo raffigura, opera dello scultore padovano Francesco Andreosi ed eretta nel 1776 a cura della associazione padovana Excisa Civitas. Trasea è rappresentato in abito consolare; ai suoi piedi un piedistallo, simbolo della costanza con cui sostenne la sua impari lotta contro Nerone[27]. Riferimenti nella cultura È menzionato nel romanzo Quo Vadis di Henryk Sienkiewicz. È menzionato nel romanzo Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Dione Cassio, LXII, 26. Tacito, XVI, 21. Plinio, III, 16. CIL 433-40 , 34 , 36-40 Tacito, Historiae, IV, 5  Tacito, XVI, 22. Plinio, VI, 29. Plutarco Moralia 810A ^ Tacito, XIV, 48 e XVI, 24. Tacito, XVI, 21-22. ^ Tacito, XIII, 49. Tacito, XIV, 12. Dione Cassio, LXII, 15. Tacito, XIV, 48-49. Tacito, XV, 20-22. Tacito, XV, 23. Geiger, pp. 48-72.  Tacito, XVI, 23.  Tacito, XVI, 24. Tacito, XVI, 24-25. Tacito, XVI, 26. Tacito, XVI, 27. Tacito, XVI, 28. Tacito, XVI, 33.  Tacito, XVI, 34.  Tacito, XVI, 35. Statua di Trasea Peto, su digilander.libero.it. Cassio Dione Cocceiano, Historia Romana, libri LXVI-LXVII. Plinio il Giovane, Epistulae. Tacito, Annales. . Brunt, Stoicism and the Principate, PBSR, Devillers, Le rôle des passages relatifs à Thrasea Paetus dans les Annales de Tacite, Neronia, Bruxelles, Collection Latomus 268, 2002, pp. 296–311. Geiger, Munatius Rufus and Thrasea Paetus on Cato the Younger, Athenaeum. Rudich, Political Dissidence under Nero, Londra, (Strunk, Saving the life of a foolish poet: Tacitus on Marcus Lepidus, Thrasea Paetus, and political action under the principate, Syllecta Classica, Ronald Syme, A Political Group, Roman Papers, Turpin, Tacitus, stoic exempla, and the praecipuum munus annalium, Classical Antiquity, Wirszubski, Libertas as a political idea in Rome in the late republic and early principate, Cambridge, Publius Clodius Thrasea Paetus, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF0000 0000 1074 1268 · CERL cnp00283881 · LCCN (EN) no2009069331 · GND (DE) 102385394 · WorldCat Identities (EN) viaf-398640   Portale Antica Roma   Portale Biografie Categorie: Retori romaniFilosofi romaniScrittori romaniFilosofi del I secoloScrittori del I secolo Romani Nati a Padova Morti a Roma Filosofi giustiziati Stoici Morti per suicidio[altre]. The wide circulation of the philosophy of the Porch among Romans of the upper class from the time of Panaetius to the reign of Marcus Aurelius is a familiar fact. Few Romans of note can indeed be marked down as committed ‘filosofi del portico’, and even those, like Seneca, who avowedly belongs to the school borrows ideas from other philosophies. Still, even if eclecticism is the mode, the ‘Porch’ element is dominant. The Porch permeates the writings of ‘filosofi’ like Virgil and Horace who professed no formal allegiance to the sect, and became part of the culture that men absorb in their early education. One might think that the Porch exercises an influence comparable, at Oxford, at in some degree with that which Christianity has often had on men ignorant or careless of the nicer points of systematic theology. It has often been supposed that it did much to humanise Roman law and government. That is a contention of which I should be rather sceptical, but it is not my present theme. I propose to examine the effects that The Porch had on men's attitudes to the Principate, the essentially monarchical form of government created by Ottavianus. Prima facie we might expect these effects to have been significant, yet it is not easy to discern exactly what they are. At the very outset an apparent contradiction confronts us. The Porch seems to be both upholders and opponents of the regime. The Stoic Atenodoro is an honoured counsellor of Ottaviano; Seneca the preceptor of Nerone and then one of his chief ministers, Marcus Aurelius Antonino a philosopher on the throne. Seneca exalts the autocratic power of the Princeps. Under Nerone, a ruler vigilant for the safety of each and all of his subjects, anxious to secure their consent, and protected by their affection, Rome (Seneca claims) enjoyed the happiest form of constitution, in which nothing is lacking to our complete freedom but the license to destroy ourselves. We may always suspect Seneca of insincere rhetoric and special pleading. But Seneca’s approval of monarchy in principle is shared by the honest Musonius, and Antonino clearly assumed that it was by divine providence that he had been called to exercise absolute power. And yet that perfect philosopher of the Porch, as Seneca calls him (Const. Sap. 2, 2), Catone, died in defence of the old Republic, which Giulio Cesare had overthrown and Ottaviano had replaced. Cato’s conduct was still viewed as exemplary by philosophers of the Porch during the Principate. Trasea Peto wrote Catone’s life, and he was the centre of a circle, including ELVIDIO PRISCO and ARULENO RUSTICO, which offers the most intractable opposition to certain princes, opposition which was certainly ascribed to the teaching of the Porch. Nerone’s suspicions of RUBELLIO PLAUTO, a kinsman and potential pretender to the Principate, are enhanced by the allegation that he had adopted the Porch’s presumptuous creed, which made men turbulent and avid for power. Writing soon afterwards, Seneca himself admits that some thought, though erroneously, that the votaries of philosophy were 'defiant and stubborn, men who held in contempt magistrates, kings and all engaged in government', and he advises Lucilius to devote himself to philosophy, but not to boast of it, since philosophy itself, associated with arrogance and defiance, has brought many men into danger. Let it remove your faults and not reproach those of others, and let it not recoil from social conventions ('publicis moribus"), nor produce the appearance of condemning what it does not practise'? Though Seneca speaks ofn'philosophy' in general, the context shows that he has in mind only that philosophy in which he thought the truth resided, the Porch. The second passage indeed may suggest that what endangers the Porch was not so much resistance to authority as censure of the behaviour common in the world, which made the Porch generally unpopular. Seneca had also admitted earlier that The Porch had the reputation, in his view undeserved, of excessive harshness, which was held to make it incapable of giving wise advice to rulers. It was under Gaius, Nero, Vespasian and Domitian that the Porch certainly suffered persecution. The last two princes actually expelled professional philosophers from Rome and Italy; Epictetus was among the exiles. Yet he too repudiates the charge that the Porch is opposed to authority. By reconciling the interests of the individual, truly conceived, with those of society, the Porch, Epitteto claims, produced concord in a state and peace among peoples. The Porch teaches men to obey the laws, but not to despise the authority of 'kings', though in his view neither laws nor kings could give or take away anything essential to a man's blessedness. On the other hand, the Stoic would not comply with the orders of 'tyrants', which conflicted with his own moral purpose. We might then infer that it was not political authority, nor monarchy as such, that the Porch rejects, but those rulers whose vile conduct made them 'tyrants',"' and that what the Porch – in a figure like Trasea, admires in Catone is not his fight for the Republic but his rectitude and constancy. However, Vespasian was never reproached with tyranny, and ELVIDIO PRISCO, at least, whom Dio called a Republican, and whom Vespasian puts to death, must have had convictions by which an emperor could be judged in political as well as moral terms. The apparent inconsistency in the Porch’s attitude to monarchy is not the only ambiguity in their relations to the state. Seneca meets the charge of political defiance by replying that none are more grateful to rulers who preserve peace than philosophers who have retired from public life to the nobler activity of tranquil contemplation and teaching. Much writing of the Porch suggests that their teaching tended to promote not active resistance to government but entire withdrawal from political activity. Quintilian speaks of philosophers as men prone to neglect their civic duties. P. Suillius had contemptuously referred to Seneca's own 'studia inertia'. In the very passage in which Tacitus marks out ELVIDIO PRISCO as a Stoic he says that 'from early youth he devoted his brilliant mind to deeper studies, not as so many (plerique') do, to make the high-sounding name of philosophy a screen for indolent retirement ('segne otium'), but in order to undertake public duties, while fortified against the strokes of fortune. Evidently, in his judgement, the general tendency of philosophic training was to render men unfit for public careers by making them prefer the life of contemplation. Hence an ambitious mother, like Agricola's, would restrain her son from drinking too deeply at the philosophic spring. Indeed all writings of the Porch illustrate a certain tension between the claims of public activity and those of study and meditation (injra). We must, of course, distinguish sharply between Stoics who deliberately chose 'segne otium' from the start and those, like Trasea Peto, who retired from politics in such a way as to manifest their disapprobation of the government, even though such retirement could be justified by arguments that might rather have persuaded the believer never to enter the political arena. The former might by their indifference to the state deprive it of useful talent, but they constituted no danger to the regime. But we may wonder how a creed which encouraged such quietism could also be accused of making men turbulent enemies of the Princeps. To understand these apparent contradictions in the political attitudes of Stoics under the Principate, we must look more closely than historians generally do at the moral principles they embraced. All I can attempt here is naturally no more than a rather impressionistic sketch of those aspects of Stoic teaching which seem to me most relevant to their actual political behaviour, in office, opposition or retirement. This is no place for a systematic exposition of the logical and physical presuppositions of their moral creed, and indeed the Stoics of our period evinced no keen interest in the dialectical subtleties and doctrinal coherence of the system the earlier masters of their school had evolved. Rhetoric and devotion had largely replaced inquiry and argument. None the less their moral convictions continued to rest on metaphysical dogmata, however uncritically accepted. Like other philosophers, the Stoics assume that each man does and must pursue his individual happiness. This he can secure only if he conforms his life to nature, his own nature and that of the universe, of which his own is of necessity a part. In the impulses of animals and of children we can see how Nature herself directs living beings to seek what is conducive to life and to avoid what is contrary.Life itself and all that assists the proper functioning of the living creature belong to the category of things that are natural and therefore can be described as things of value. They include wealth, health and nearly all that men generally make their objects of endeavour. Now, man is endowed with reason, and reason shows that he cannot live in isolation. We are born for one another, and it is proper to our nature to prefer things of value for our fellows as well as for ourselves. However, experience teaches us that such things may not be in our power. If, then our happiness, or that of our fellows, were to depend at all on their possession, it would not necessarily be within our grasp, our minds would be filled with anxiety, and our failures to obtain what we desire would seem to be limitations on our freedom. But no man can be happy if he is not secure from anxiety and free. Now Nature must have designed our happiness, for all being is permeated by a substance the Stoics described as reason or the divine. This ruling element in the world, which causes all things to work together for good, is also present in our souls, and it is its presence that enables us in some measure to apprehend the providential order of the Universe. Our reason should also be the ruling element in our own nature, as it must be capable of directing us to that true happiness, security and freedom which nature impels us to seek, and which, given the rationality and beneficence of nature, it must be in our power to attain. Hence the so-called things of value cannot be truly good, simply because they are not always and necessarily in our reach. By contrast nothing can ever prevent us from constantly willing to do what is right, even though the resultant actions may fail to produce the effects intended; these effects are external to ourselves and do not or should not affect that permanent disposition of the soul in which our blessedness, security and freedom are to be found. The only true good, which reason prescribes, lies then in a virtuous disposition and in the activity that flows from it, and the only true evil is the lack of such a disposition, while the things of value and their contraries must alike be classed, to use the technical term, as things indifferent to us. Yet this leaves no criterion for identifying the particular acts the good or wise man will perform, and that criterion has still to be supplied by the things of value. Is The acts which were termed in Greek KaOkovaand in Latin “officia”, acts incumbent on men, which we may render as duties, even though the word has perhaps excessively Kantian overtones, consist in promoting states of affairs which will contain as much as possible of such secondary goods as health or wealth, and as little as possible of their contraries. We are bound to make the best calculations we can on the consequences of our acts, and to exert ourselves to the utmost in performing them. But we should always act with the reservation in our minds that what we seek may not be attainable and that its actual attainment is not per se good. A father will jump into deep water to rescue his child. But the goodness of his act is not enhanced if the child is saved, nor diminished if it drowns. Indeed, since the universe is providentially ordered, the death of the child, if it occurs, must be for the best. Chrysippus is quoted by Epictetus as saying that, so long as the consequences are not clear to me, I cling to what is best adapted to securing things that accord with nature; for the divine has created me such that I shall choose these things; but if I actually knew that it was now ordained for me to be ill, I would aim at being ill. Victrix causa deis placuit, sed victa Catoni. As a good Stoic, Catone should not have fought against Caesar, if he could have foreseen Caesar's victory. But lacking this foresight, he could still be subjectively right; and the admiration a Stoic could express for Cato is not in itself incompatible with acceptance of the regime for which Caesar's victory had prepared the way. For the Stoics only the wise man has an understanding of nature so complete and a disposition so unchangeable that he will never do what is not right, and only his actions are truly successful or good. Others may perform the same actions, but in a way that is somehow flawed. However, the wise man, as Seneca remarked, is as rare as the phoenix. Not even the great Stoic teachers pretended to the title. Most of their statements about his conduct may then be understood as the presentation of a model for others, and in fact the Stoics did not hesitate from the first to lay down rules for the guidance of ordinary beings. In such prescriptions they continued to attach value only to the purpose of moral activity, and not to success in performance. The fullest discussion we possess of their teaching on men's duties is to be found in Cicero's “de officiis,” the first two books of which are avowedly based on a treatise of Panaetius. But though Panaetius, who departed in various ways from the doctrines of his predecessors, did not care to describe the ideal sage and expressly turned to the duties of men in whom perfect wisdom was not to be found but whose conduct might still manifest the semblances of virtue ('similitudines honesti'), his concern with this topic was certainly not new. Moreover, there are some indications that Stoics extrapolated the concept of perfect virtue from the conduct of ordinary men which commanded universal approval. Orazio on the bridge could not be called truly brave, because he was no sage. Yet, his heroism gives an idea, by analogy, of what tcourage is. Thus Stoic practical morality was founded on commonly received opinions. While every man is bound to be of service to his fellows, the particular services he should render vary with his special relationships to them. From the first orthodox Stoic thinkers enjoined specific duties on the husband, father, slave-owner and so forth. Tacitus alludes to this practice when he describes ELVIDIO PRISCO as steady in performing all the duties of life, as citizen, senator, husband, son-in-law and friend. Epictetus and others conceive such duties as arising from the place in the world, the station or military post (Tá§is, statio) to which each individual is appointed, and which may limit, as it always defines, the kinds of action incumbent on him; though a life of virtue is open to all, even to slaves, what a man can do determines what he ought to do; for instance, if he is poor, he cannot hold office or endow his city with fine buildings (Ench. 24). But how do we identify these specific duties, which are given to us by our place in the world? If you are a town-councillor, says Epictetus, remember that you are one; if you are young, that you are young, if old, that you are old, if a father, that you are a father; on reflection each name invariably suggests the appropriate tasks. These tasks can, I think, only have been regarded as obvious if they were those conventionally expected from the persons so designated, and in fact Stoics seldom recommend acts that would have violated conventions. All that Epictetus himself tells a provincial governor is to render just decisions, to keep his hands off others' property, and to see no beauty in another man's wife or a boy or a piece of gold or silver plate. Epictetus does not go far beyond the maxims of abstinentia and integritas, always accepted, if often infringed, by the Roman ruling class. In fact he adds that we ought to look for doctrines that agree with but give additional strength to such common notions of duty. The great mind, as Seneca puts it, is intent on honourable and industrious conduct in that station in which it is placed. The good man does not change the rules, but obeys them more strictly. In another metaphor the Stoics employed the world was viewed as a stage in which each man had to play a part (persona, mpóocov). Panaetius exploited this metaphor in connexion with a doctrine he himself seems to have transferred from aesthetic to ethical theory, that there is a kind of moral beauty, called in Greek pétrov and in Latin decorum, which 'shines out' in virtuous activity, even in that of the man still imperfect in wisdom. It would not be germane to my theme to attempt to expound this doctrine in full, but two points are important. First, just as the physical beauty of a living creature must be attributed to the due relation of all the parts to the whole, so the moral beauty of a man's activity lies in the order and coherence of all his words and deeds, and just as the correct delineation of a figure in a drama depends on the suitability to his character of what he does and says, so in real life men must aim at maintaining the consistency, 'constantia'' or 'aequabilitas, of their conduct. But while the dramatist may properly portray the wicked man, on the stage of life we are all bound to play the role of rational beings subject to the moral law. None the less, the manner of the performance must vary from man to man." Besides the role which is common to all Panatius distinguished three others. The first arises from the individual's special inborn endowments, which he must develop to the full, so far as they are compatible with virtue, and his natural disabilities, which limit what he can do, 32 the second from his position in the world, the third from the choice of a vocation that he is bound to make on the basis of his capacity and of the resources at his disposal, but which tends to commit him for the future. Thus a Roman of rank might choose to be a philosopher or a jurist, an orator or a soldier; having made his decision, he should normally carry it out to the end. For Panaetius it is only by recognizing the potentialities and limitations imposed by his own personality and circumstances that the individual can avoid those inconsistencies in conduct which would mar the moral beauty of his life. 'It is of no avail to contend with nature or to pursue an end you cannot reach'. Similarly in Epictetus' view, 'if you assume a role beyond your ability, the result is that you perform it disgracefully (hoxnuóvndas) and neglect the role you were able to fill. To thine own self be true, And it must follow, as the night the day, Thou canst not then be false to any man. Secondly, according to Panaetius, moral beauty, like physical, attracts the approval and love of other men. Indeed that approval comes to be regarded as a criterion for determining whether particular actions really do manifest 'decorum'. We ought to respect the opinions and feelings of others. Hence deportment, polite conversation and other matters of social etiquette become the subjects of moral precepts. Manual labour is condemned as unbefitting the free man. Even the liberal professions are pronounced below the dignity of an aristocrat. In general the conventions of the upper class society to which both Panaetius and Cicero belonged are unquestioningly accepted. We are told that for actions to be performed in accordance with custom and civic practices no rules need be prescribed. These practices are the rules, and no one should make the mistake of thinking that he has the same license as Socrates or Aristippus to transgress them. It was only their great and superhuman virtue that gave that privilege to them. This teaching justified Romans in treating their own traditions as equivalent to moral laws. It is no accident that the Stoic RUBELLIO PLAUTO 'respected the maxims of old generations' in the strictness of his household, or that Seneca admires the mores antiqui in which Romans had always tended to find the secret of Rome's greatness. The very use of the term “officium” to render Kankov had a similar effect. In common speech “officum” could mean both the kind of service which social conventions expected one man to render another, and the function of a magistrate, for example, or a senator. Its use in ethical theory suggested that such a service or such a function constitutes a moral obligation. Cicero illustrates Panaetius' doctrine of the special duties imposed by a man's individual personality from the suicide of Cato. Not every one would have been right to kill himself in such circumstances. Cato was justified because he had always held that it was better to die than to set eyes on a tyrant; his'constantia' left him no choice. Plutarch, who drew directly or indirectly on a firsthand account, shows that Catone consciously acted on this view. For Catone, death is the only way out. His son might live, but being also a Catone, should not serve Caesar. Others might make their peace with the victor and incur no blame. An anecdote in Plutarch's life of Cicero tells us that Catone also held in that while he himself could not honourably have abandoned his consistent opposition to Caesar, Cicero, whose past conduct had been very different, would have done better to remain neutral in the civil war. Catone’s conceptions are certainly known to the circle of TRASEA PETO, whose own life of the hero may be Plutarch's immediate source. When they debate whether TRASEA PETO should appear in the senate to answer the capital charges against him, the question is essentially what course it was hitting (deceret) for him to take, if he were to be true to the course of behaviour he had pursued without a break for so many years. A younger man even within his circle was not bound to the same intransigence. Similarly, his friend, PACONIO, says that any one who so much as thought of going to Nero's games should go, but his own 'persona' did not allow him to consider the possibility. As we shall see, ELVIDIO PRISCO was for Epictetus the shining example of a man who was true to his persona. This sort of conception is indeed ascribed to men who are not known to have embraced the Stoic creed, just as the word 'persona' is sometimes used unphilosophically in a way compatible with Panaetius' doctrine but not derived from it. These are further indications that his doctrine corresponded closely with the thought and behaviour natural to traditional Romans. The concept is found in ORAZIO as well as in all the later Stoic writers, Seneca, Musonius, Epictetus and Marcus (and indeed elsewhere); though sometimes they think more of the special duties that were imposed on the individual by his place in the world or his vocation than of those which flow from his inborn propensities and disabilities, a few texts show that that part of Panaetius' doctrine was not wholly forgotten. The idea of decorum also survives in the attention still devoted to etiquette, to seemly ways of walking, talking, laughing, dressing, behaviour at the table and even in bed, for all such behaviour was considered an outward manifestation of the disposition of the soul. It is characteristic that Epictetus would rather have died than shaved off the beard that symbolized his role as a philosopher. In all these precepts we find the assumption that the moral law required performance of traditionally accepted duties and respect for conventions. After telling his readers that the poet can discover how to treat his personae appropriately by learning the duties that belong to the citizen, friend, father, brother, host, senator, judge and general, Horace adds: respicere exemplar vitae morumque iubebo doctum imitatorem et vivas hinc ducere voces. For the Stoics a virtuous disposition necessarily issued in virtuous activity. All had to perform their duties within that City of Gods and men which was not a city in any ordinary sense, nor a world-state that might one day be brought into being, but the providentially ordered Universe in which all live here and now. However, political activity could certainly be included among these duties. From the first the Stoic fathers had taught that the wise man would take part in public affairs, if there were no hindrance. Indeed it was a famous Stoic paradox that only the wise man was a king or statesman; he alone possessed the art of ruling, whether or not he had any subjects, just as only the doctor has the art of healing, even if he has no patients. His principal aim in politics would be to restrain vice and encourage virtue, ' although he would also necessarily be concerned with the 'things of value' and would treat wealth, fame, health etc. as if they were goods. But it could hardly fail to influence his attitude to such objects of endeavour that he was always to remember that his efforts to promote them might fail, and that failure or success was unimportant; they were not truly goods. As Epictetus observed, 'Caesar seems to provide us with profound peace... but can he give us peace from love or sorrow or envy? He cannot'. And yet blessedness comes only from such spiritual peace. In the real world, according to Chrysippus, all laws and constitutions were faulty. He once despairingly said that if the wise statesman pursued a bad policy he would displease the gods, if a good policy, he would displease men. So too Seneca could suggest that there was no state which could tolerate the wise man or secure his toleration. However, such pessimism did not represent the final judgement of the Stoa. It was recognized, most emphatically by Panaetius, that the state answered human material needs and fulfilled men's natural and reasonable impulse for co-operation." It would hardly have been consistent with the Stoics' faith in providence if all or most existing states had been irremediably evil. Did not the mere existence of any given form of institutions perhaps imply that those institutions served a worthy purpose in the divine economy? At any rate there is no evidence that Stoics condemned any political system as such; for instance what they disapproved of in the tyrant was not his absolute power but his abuse of it. We are told that it was particularly (though not exclusively) in states that exhibited some progress towards perfection that the wise man would be active;56 progress must here be construed in a moral sense, of states that tended to imbue their citizens with virtue. Old Sparta apparently evoked Stoic admiration, because of the strict and simple life prescribed by Lycurgus. Sparta was also most often cited as an instance of that mixed or balanced constitution which won the approval of many ancient thinkers, perhaps above all for its stability. In the individual stability of purpose was for Seneca a mark of moral progress, s and perhaps stability was also a Stoic criterion for judging constitutions. Certainly we are told, without explanation, that the old Stoics preferred a mixed constitution. 6 Panaetius is often held, with no certain proof, to have commended the Republican system at Rome for its balance,' and the historical work of his illustrious successor, Posidonius, was probably biased in favour of the Roman aristocracy. At Sparta Cleomenes I, who professed to be re-establishing both the old austerities and the old political balance, enjoyed the assistance of a Stoic counsellor. Cato could probably have cited Stoic texts to justify his struggle to preserve the Republic. On the other hand Stoics did not condemn monarchy in theory. Some scholars even suppose that they gave it their special approbation. No doubt rule by a Stoic sage would have been in their eyes the best form of government. That may be one reason why several of the early Stoic masters wrote treatises on kingship. Yet, given the rarity of the sage, it must have seemed a remote possibility that if he emerged at all, he would also happen to obtain sovereign authority. Probably these treatises were intended to depict the perfect ruler as a model for contemporary kings. Conceivably, like Seneca in the de clementia, their authors did not insist over much on the gulf that divided actual rulers from their ideal. Moreover, a philosopher had the best hope, so it might seem, of effecting what he thought right as the minister of an autocrat, and since kings enjoyed great power in the Hellenistic world, Stoics who were ready to engage in political activity entered their service; this was only natural. However, once the aristocratic Roman Republic had become dominant, they were no less prepared to attend and advise men of influence at Rome. Panaetius was an intimate of Scipio Aemilianus, and Tiberius Gracchus and Cato had their Stoic counsellors. Only after Augustus did monarchy become the one system towards which for practical purposes a Stoic needed to define his attitude. The precepts and examples of the early masters of the school did not require him to reject it on doctrinal grounds; how indeed could he have done so, without impugning the dispensations of Providence? At a merely empirical level Tacitus reluctantly conceded that it was in the interest of peace that all power should be conferred on one man; he had been anticipated, a century earlier, by Strabo, who was an avowed Stoic.6 Seneca argued that the struggle for Republican freedom had been futile (n. 5), and not only his career but those of Thrasea and Helvidius, men of firmer resolution, indicate that their principles did not lead these Stoics to condemn the Principate as such. The wise man would not be hindered from participating in public life by any form of government, yet under any form he might conceive that he had a higher duty to a vocation of philosophic investigation and teaching his fellows by precept and example, besides fulfilling the obligations of private life." And under any form he might also see that he had no opportunity for effective political action, because of the wickedness of those in high places at the time. The doctrine that the goodness of every act lay in the disposition from which it was performed and not in its results did not require Stoics to engage in an undertaking doomed to fail ab initio; the wise man would not take a leaking ship to sea, nor, if unfit to fight, enlist in the army. Under a tyranny he simply could not do any service. As for the ordinary man, there were reasons why he might abstain from public affairs which did not apply to the sage. By definition the latter had already attained to that perfect understanding and virtue to which others at best aspired. But the pre-occupations of a busy public career might be sufficient of themselves to prevent imperfect men from ever reaching that goal. Seneca could hold at times that it was justifiable for a man to retire from long public service to private duties and to care of his own soul, at times that the whole of his life was not too long for this task, all the more because his example could be beneficial to others. The sage too was impregnable in his virtue, which he could hardly lose, but in other men moral progress might be impeded by what St. Paul calls 'evil communications' (I Cor. xv 33)." Moreover, even when arguing that a man should normally undertake public duties, Seneca concedes, in a way reminiscent of Panaetius' emphasis on individual endowments, that he might be debarred not only by his physical, intellectual or pecuniary resources but also by his temperament; he might be too sensitive or insufficiently pliable for life at court, too prone to indignation, or to untimely witticisms that showed high spirit and freedom of speech but would only do the speaker harm. Again, as Panaetius had also held, he might be suited only to contemplation, not to public affairs; and 'reluctante natura, irritus labor est'. None of these considerations applied to the sage, who was omnicompetent and impervious to what others would regard as insults or injuries. Seneca's views on the propriety of a political career are self-contradictory, but the assumption that these contradictions can be explained simply by the hypothesis that he recommended otium only when his own political prospects were impaired and political activity only when himself engaged in public affairs, hardly fits the fact that we find the same antinomy in the sermons of Epictetus and the Meditations of Marcus. Seneca's advocacy of quietism reflects one important aspect of Stoic influence. Epictetus recognizes of course that men are bound to perform the duties that arise from their social relationships, but he is much more insistent on the ultimate worthlessness of all those secondary goods to which activity in the world is inevitably directed. A man of a certain station should take office, but it is wrong for him to set his heart either on holding it or on freedom from its cares; it is significant that he should think it necessary to warn his pupils against yielding to both these kinds of pestic Ofeis i a is les kiy Fallivan my police it cno doubt because no good man would submit to the humiliations on which advancement depends;? the few whose aim is to bring themselves into a right relation with the divine earn the mockery of the crowd, and they can hardly pursue their aim as procurators of Caesar. Epictetus was himself a former slave with no chance of a public career, but it is plain that his audiences were mainly drawn from the upper class, some of them aspirants to a career at Rome, like the young Arrian who took down his words.' In fact Epictetus' own low social station and the academic character of his way of life may have made him less conscious of the dangers of evil communications than Seneca had been, even though two of his diatribes are devoted to the theme (n. 69). We also find a greater serenity in his teaching than in Marcus' reflections. When Marcus looked back to the time of Vespasian or of Trajan, he saw a world in which men were engaged in flattery and boasting, suspicions and plots, praying for the death of others, murmuring at their own lot, given to sexual passions, avarice and political ambition. It was the same in his own court. More than once he dwells with loathing on the dark qualities of those who surrounded him, the emptiness of their aims, their longing for the death of 'the schoolmaster', though he had so greatly toiled, prayed and thought on their behalf; indeed death would be a release, the more merciful, the earlier it came. However, Marcus had his duty to perform; he was set over mankind as the ram over the flock or the bull over the herd (ibid). No other vocation (inó®ois) is so suited to philosophy, that is to say, to the exercise of a reason which has accurately established the rationality of nature and of all that life contains. But it is evidently by a conscious effort that Marcus reconciles himself to the place Providence has assigned him, and he can also say that his role impedes him in the pursuit of philosophy." The general character of his Meditations shows that his inclination was to ponder on the divine order and his own relation to it rather than to consume his energies in 'the daily round, the trivial task' which, nonetheless, furnished him on his own principles with all his reason required him to ask. Those principles taught him that the wise man would serve the state, if there were no external hindrance. But an autocrat could plead no hindrance, so long at least as his natural capacities permitted him to render good service. All the same we can see how a man of Marcus' temperament, set in some lower station, must have preferred that life of contemplation which in the end Seneca had pronounced the best. Thus the more seriously Stoic teaching was accepted, the more ardent in some minds must have been the desire for retirement and meditation, at most combined with the performance of inescapable private duties. Whether Stoics commonly yielded to this desire, as some of their critics averred (p. 9), we cannot say; our records can hardly be expected to commemorate lives of quiet seclusion; Sextius is a rare example, known by name (n. 10). It is with others that we must henceforth be concerned, men who thought themselves bound by their principles to enter public life, who believed what Seneca once said (ep. 96, 5),'vivere militare est', and who tried to play the part, or to occupy the station, to which they had been called by birth and ability. This Stoic concept of the individual's station was applied, as Koestermann showed long ago, to the emperor himself. Augustus seems consciously to have adopted it, probably under the influence of the Stoic Athenodorus; this was known to such panegyrical writers of the time as Ovid and Velleius. Claudius too appears to have spoken of his station, and in his reign and Nero's the notion is found in Seneca and Lucan. Tacitus referred to Vespasian's station, Pliny to Trajan's. Pius himself also employed the term. It survived into the fourth century.? Curiously, Koestermann failed to observe that the idea is implicit in Marcus' Meditations. Pius, according to Marcus, always acted in the way which had been appointed for him. He exhorts himself to let the god within him be lord of a living being, who is a male, a Roman, a ruler, who has taken up his post, as one who awaits the signal for retirement from life, fully prepared. He has to carry out the task set him like a soldier storming the breach. Similarly he speaks of his 'place' in the world, or of his 'vocation'; like all men, he has tasks to perform, proper to his own constitution and nature, and 'as Antoninus, my city and fatherland is Rome'; he must be strenuous in doing his duty, acts of piety and benefit to men, like Pius before him. 80 He is a sort of priest and servant of the gods, and this makes him, rather like the Pope, a servant of men; he regards his life as a 'liturgy' or as 'servitude'. Long before, Antigonus Gonatas under Stoic influence had described kingship as 'noble servitude', and Seneca had applied this to Nero's position. But what were the particular duties that Stoics attached to the station or role of the emperor? According to Seneca he is to be 'vigilant for the safety of each and all'. He belongs to the state, not the state to him.® Seneca recommends Nero to win his subjects' consent, respecting public opinion 3 and freedom of speech,* and to observe the laws. Under the good ruler justice, peace, morality ('pudicitia'), security and the hierarchical social order ('dignitas') will be upheld, and economic prosperity will be assured.& The greatest stress is of course laid, for reasons not hard to discern, on clementia. But it is everywhere implicit that the emperor should be guided by traditional standards and objectives accepted by his subjects. Marcus accepted similar criteria. Marcus adjures himself to do everything as a pupil of Pius, to emulate his justice, beneficence, clemency, piety, frugality, his respect for the opinions of others combined with firmness and foresight in making his own decisions, the purity of his sexual life, his mildness and cheerfulness, his civilitas, and so forth. Marcus himself continually reflects on two themes, the providential order of the world and the duty incumbent on all men to perform acts of fellowship (praxeis koinônikai), a duty that springs from man's place in that order." This creed undoubtedly supplied him with a deeper sense of the value of the virtues that Pius had exemplified, not least his untiring devotion to work. 'Rejoice and take thy rest in one thing, proceeding from one social act to another, with God in mind' (VI 7). There was no novelty in all this. For instance, Hadrian's procurators had proclaimed the 'indefatigable care with which he is unceasingly vigilant for the interests of men'. Fergus Millar has illustrated at length the standard of personal industry which was expected of emperors, though (I suspect) not as often reached as his more unwary readers might suppose.88 Dio tells us that Marcus himself was a hard worker who applied himself diligently to all the duties of his office, who never said or wrote or did anything as if it were of small account, but who would spend whole days, without hurrying, on the slightest point, believing that it would bring reproach on all his actions, if he neglected any detail. The assiduity always expected of an emperor was now grounded in Marcus' own philosophic convictions.89 Recently a scholar has censured Marcus for speaking of the obligations we have in the universal city of gods and men without telling us what they are.? But for Marcus each man has his own station in that city: his was that of Rome's ruler. He was not writing a treatise to instruct others, but meditating privately on his own duties, and he could have learned these, in conformity with Epictetus' teaching, by merely considering the name of emperor which he bore; it told him that his task was to do what was expected of an emperor. Numerous principles of government are in fact implicit in his account of Pius, for instance in his allusion to Pius' husbandry of financial resources. The same critic rightly observes that Marcus' policy and legislation were largely traditional, and concludes that he was basically a Roman rather than a Stoic." But the antithesis is false. I suppose that it rests on a presupposition that Stoic teaching on the kinship of all men as such ought to have made genuine believers critical of the existing order and ready, when they had the power, to reform it. But at least after Zeno and Chrysippus (n. 37) no Stoic thinker drew any such practical implications from the doctrines of the school: their aim was to amend the spiritual condition of individuals, not their material lot, nor the social structure. Epictetus held that it was man's task not to change the constitution of things - 'for this is neither vouchsafed us nor is it better that it should be' - but to make his will conform with what happens." So too Marcus, vested with autocratic power, tells himself 'not to look for a Utopia, but to be content if the least thing goes forward, and even in this case to count its outcome a small matter. "3 Marcus' portrait of Pius has special value for two reasons. First, as the product of intimate familiarity and perfect sincerity, it shows us both what Pius was in the eyes of one who had long worked with him closely and what Marcus himself sought to be." It is thus infinitely more authoritative testimony to the practice of Pius and to the ideals of Marcus than we possess for any other ruler in the judgements of historians or in the propaganda of panegyrics and coins. But, in the second place, if we leave on one side a few merely personal traits and anecdotes, it presents a model that corresponds to the conventional view of the good emperor that we can construct from such evidence. The qualities that Marcus imputes to Pius are precisely those for which other emperors take credit themselves or which are lauded by their admirers or flatterers, and the judgements of later historians such as Tacitus and Dio reflect the extent to which they considered these claims justified. Augustus himself provided the prototype.'5 There is thus no sign that Marcus recognized any objectives that had not been pursued by those among his predecessors who had earned the approval of the upper classes, or that his doctrines either led him to question the established principles of imperial policy or offered him any guidance in determining the objective content of his actions. His philosophy inspired him to do what he thought to be right, but what he thought to be right was fixed by tradition. His convictions made him give the most conscientious attention to even trivial tasks, but that very absorption can have left him the less time to re-examine the content of his duties; probably it never occurred to him that such re-examination could be needed. The principles and virtues he admired in Pius are almost the same as, for instance, Pliny had ascribed to Trajan, and Pliny admits that they had been attributed to all earlier rulers, Domitian included, though with less sincerity and truth.? To take one example of the traditional character of the ideal, Pius' firmness of purpose, his self-consistency, recalls the 'constantia' of the Stoic wise man," but it was Tiberius who had proclaimed to the senate his wish to be 'far-sighted in your affairs, constant in dangers, fearless of giving offence for the public interest'. And in this same speech Tiberius re-asserted his policy of treating all Augustus' words and deeds as having the force of law. That was known even to a provincial contemporary; Strabo remarked that he had made Augustus the standard for his administration and commands.' It was by that standard that each of peror our or prided, a deo which the syst a uration of y ravis a adjustments had from time to time to be made, but it developed slowly and almost imperceptibly from a sequence of new expedients rather than from any deliberate pursuit of reform. Deliberate innovation was characteristic only of those emperors whose policy was reversed after they had been overthrown. There are certain features in Marcus' imperial ideal which are highly relevant to the attitudes that Romans of rank might be expected to adopt towards the emperor and his service. Pius had disliked pomp and adulation and treated his friends as one gentleman treats another; Marcus warned himself not to be 'Caesarified'. This civilitas may seem to be no more than a matter of etiquette, but Panaetius had already elevated sensibility for the feelings of others into a moral obligation (n. 35), and the more indes-tructibly absolute the real power of the emperor appeared, the more the upper class at Rome prized the semblance of his being no more than the first citizen. Perhaps nothing in Domitian's conduct so enraged them as his claim to be 'God and Master' and the behaviour that went with this claim. 100 Moreover, civilitas generally accompanied and conduced to something of more political significance, the emperor's readiness to tolerate free expressions of opinion and to listen to advice. Both Pius and Marcus were notable for respecting such 'libertas' (even though there is no good reason to think that Marcus did not reserve the final decision to himself). 1a Such respect was demanded of emperors by senators, and it could be seen as an indispensable condition of their performing their own role in the service of the state. In name at least the imperial senate retained the highest responsibilities. Augustus had pretended to restore the old Republic, and it could even be said of him and of Tiberius that they had revived the maiestas of the senate. On Republican principles, as stated by Cicero, that should have meant that the senate was once again the ruling organ of the state with the magistrates as its servants;1°4 of these the princeps could no doubt be regarded as the first. In theory he was to be the public choice ('vocatus electusque a re publica'), and Tiberius expressly acknowledged that it was the senate which had entrusted him with his wide powers; like Augustus, he would not allow himself to be styled dominus, but actually addressed the senators as his 'bonos et aequos et faventes dominos', 105 In outward appearance the majesty of the senate had been enhanced by new judicial, electoral and legislative prerogatives, and the privileges of its members were sedulously preserved or extended. At his accession Tiberius had professed to desire that the functions of government discharged by Augustus should be more widely shared; later he censured the senate for casting the whole burden on the emperor;10 he disliked flattery, 107 and at least pretended that senators should speak their minds; in his reign, as under Augustus, 108 there remained what Tacitus calls vestiges of free speech in the senate. 109 Tiberius began by consulting it on all matters, however weighty;''° it was still expected to be the great council of state. In A.D. 16 Gnaeus Piso, renowned for his free speaking, urged that it would be proper ('decorum') for the senate and Equites to show that they could assume the burdens of government in the absence of the emperor.!" The reigns of terror in Tiberius' later years and under several of his successors in the first century cowed most members, but the emperors continued, however insincerely, to treat their constitutional rights as unchanged. Claudius could tell the senate that it was 'minime decorum maiestati huius ordinis' that its members should not all give their considered opinions.112 Pliny tells how Trajan exhorted them to resume their liberty and 'capessere quasi communis imperii curas'; we may be sure that 'quasi' was inserted as discreetly by Pliny as it had tactfully been omitted by Trajan. This was not new, as he remarks; every emperor had said the same, though none had been believed before. 113 Thus in theory the senate remained the great council of state, and just as a conscientious emperor could conceive that he was bound to perform the traditional duties of his station as ruler, so conscientious senators could take seriously the fulfilment of the responsibilities that the emperors themselves continued to recognise as constitutionally belonging to their order. Under Nero Thrasea Paetus saw it as his duty 'agere senatorem' , to play the role of a senator. 114 At the outset of his reign in 54 Nero declared that the senate should retain its ancient functions, lis and until the conspiracy of Piso in 65 most senators were free from the terror that had hardly abated in the previous generation; Nero's victims in these years consisted almost wholly of the few who stood too near the throne. Thrasea had some ground for hope, not least in the influence of Seneca which lasted till 62, that there was now a place for senatorial freedom. His first recorded initiative consisted in unsuccessful opposition to a motion permitting Syracuse to exceed the appointed number of gladiators for a show. TRASEA PETO was standing for the old order. 116 His critics urged that an advocate of senatorial liberty should devote himself rather to great questions of state; Thrasea replied that by attention to the smallest matters the senate would show its competence to deal with the greatest.'' To a Stoic virtue was manifest in every activity alike, and we may recall Marcus' attention to detail and insistence that it was of value if the least thing went forward (n. 93). TRASEA PETO also showed his care for good government by assisting the Cilicians to obtain the conviction of an oppressive governor in 57;118 yet in 62 he was to inveigh against the 'novam provincialium superbiam', manifested in the power some subjects possessed, to secure or prevent votes of thanks to governors in provincial councils; it was shameful that 'nunc colimus externos et adulamur'. This solicitude for the superior dignity of senators was no more inconsistent with the Stoic belief in the common humanity of all men, irrespective of their status, than their failure to challenge the institution of slavery, or indeed to promote strict equality before the law among free men. They never expressed disapproval of degree, priority and place', which were such marked features of the Roman social structure and which they could not have regarded as incompatible with the providential order of the Universe. Not that Thrasea was showing indifference to the true interests of the provincials. It was the 'praevalidi provincialium et opibus nimiis ad iniurias minorum elati' whom he sought to check. Tacitus makes him aver his care for good government on this very occasion; his sincerity need not be doubted, and in all probability his motion, which was approved after reference to Nero, was beneficial. Once again it only extended the principle of a senatus consultum of Augustus' time. Already in 59 TRASEA PETO had walked out of the senate rather than assent to the congratulations it proffered to Nero on Agrippina's murder. 120 He also showed less enthusiasm than Nero desired for the ludi luvenales. His enemies suggested that it was inconsistent that he had himself performed in the garb of a tragic actor in his home town of Padua. But the ludi cetasti which he had so honoured were of ancient institution, ascribed to Antenor, and it is very possible that Thrasea had done no more than tradition required.12 By contrast, Nero's histrionic performances were a hated novelty. Ordinary Romans came to detest Nero no less for his breaches of convention than for his crimes; 'I began to hate you' Subrius Flavus told him: 'once you appeared as the murderer of your mother and wife, as charioteer, actor and incendiary' 122 It was typical of a Stoic to disapprove of departures from the old mores. Yet Thrasea still did not despair; what Seneca could excuse, he might overlook. In 62 he advocated a mild penalty for the praetor, Antistius, accused of treason because he had published poems libellous of the emperor; the senate should not impose sentence of death 'egregio sub principe', when it was free to make its own decision and could opt for clemency. Even flattery of Nero was justified in a good cause, and in fact Seneca's old pupil was not yet ready to disregard the maxims of his master. 123 Long assiduous in attending the senate, Thrasea at last withdrew in 63 or 64, though he still performed private duties to his clients in the courts, in the manner Seneca recommended. 124 There is no vestige of evidence that he conspired, but his retirement implied that in his view the regime was irretrievably corrupt, since his previous devotion to public affairs showed that it could not be set down to 'ipsius inertiae dulcedo, 125 It may seem strange that his younger friends, Arulenus Rusticus, tribune in 66, and Helvidius Priscus, did not retire with him; but each Stoic had to make his own decision, true to his own persona. TRASEA PETO’s conduct marked Nero as a tyrant; it could be construed, and genuinely felt, as a threat. Tyrannicide was esteemed in antiquity as not a crime but a noble deed. In an extreme case, according to Seneca, it was an act of mercy to the tyrant himself. 126 The poet, Lucan, who was tinged with Stoicism, had been implicated in Piso's conspiracy,and that was the occasion for the banishment of Musonius, though there was apparently no evidence of his guilt. 12 In general, there is no ground for thinking that Stoics turned to plotting against the emperors of whom they most profoundly disapproved. Epictetus merely insists that no commands of the tyrant can affect true freedom; a man can always choose to obey God rather than Caesar. Thus he only contemplates passive resistance. 128 Thrasea went no further, and perished on that ground alone. Under Domitian too Arulenus Rusticus, called an ape of the Stoics, is said to have suffered death merely for his laudation of Thrasea, Herennius Senecio for his biography of the elder Helvidius and for failing to pursue the normal senatorial career, and Helvidius' own son for his withdrawal from politics and for alleged libels on the emperor; by what they did not do, and sometimes by what they said, these men had indicated that Domitian was a tyrant, no more, but that was sufficient offence. 129 The elder Helvidius, Thrasea's son-in-law, undoubtedly went further. 130 Exiled by Nero and recalled by Galba, he was encouraged by Vitellius' practice of consulting the senate even on minor matters to controvert the emperor's proposals, 13 and new hope was brought by the accession of Vespasian, a friend of TRASEA PETO. At first Helvidius spoke of him with honour but without insincere adulation. 132 He judged that the time had come for independent action. The senate should indeed 'capessere rem publicam', all the more, as Gnaeus Piso had once held (n. 111) because the emperor was absent. Helvidius proposed that the senate should take immediate measures to remedy the deficiencies of the treasury and to restore the Capitol, a task in which Vespasian might merely be asked to assist. 133 By selecting deputies to congratulate the new ruler it should mark out the men on whom Vespasian should rely for advice.134 Equally the great delators of Nero's reign, such as TRASEA PETO’s accuser, Eprius Marcellus, should be punished. Perhaps the motives for this demand made by Helvidius' friends as well as by himself were vindictive; we cannot read their minds. 135 But we may see a justification that went beyond rancour, one of the same kind that lay behind the impeachments and Acts of Attainder that served to promote the development of a constitutional monarchy in our own country; the punishment of wicked ministers of the past might deter their like in the future. Helvidius' aim was surely to ensure that Vespasian and his successors should rule by the advice and consent of the senate and of those it trusted. His initiatives found insufficient support. 136 It was in the same year after Vespasian's return that the fatal conflict began. 137 According to Dio Helvidius incurred Vespasian's hatred partly for abusing his friends - that is easy to understand, for Eprius was again in high favour - and still more for turbulence in rousing the people with denunciations of monarchy and praise of a Republican system. 138 That is not to be believed. Long ago Helvidius had consented to serve the Principate; he had recently approved of Vespasian's accession, and rabble-rousing was as alien to Stoic practice as it was futile. Probably Dio confused Helvidius' attachment to libertas, an ambiguous word, with Republican allegiance. 139 But the breach was serious: it led first to Helvidius' arrest and then to his banishment and execution, of which Vespasian himself is said to have repented. He must in the emperor's view have been guilty of treason. But in what way?Dio, in making out that Helvidius appealed to the rabble, probably associates his opposition with the expulsion of Stoic and Cynic philosophers that occurred about the same time (n. 10). It is highly probably that some Cynics under the Principate did assail monarchy and the whole social order. This view indeed hardly fits the notion that there was a 'Cynic-Stoic' theory of kingship, but that notion should surely be discarded. Just as the Cynic 'citizen of the world' was a man who rejected the ties of citizenship in any particular state, so the Cynic 'king' was one who truly possessed the unfettered freedom that was falsely ascribed to autocrats; both conceptions were moral, not political.140 In any case Cynics and Stoics ought not to be confused, though some Stoics, notably Epictetus, undoubtedly admired the true Cynic's indifference to worldly goods; but not even Epictetus held that it was right, except for a few persons with a special vocation, to neglect ordinary social and political obligations. 14 But just because there was a certain measure of agreement between Stoics and Cynics, and because there were a few Stoics who could be called 'paene Cynici' (n. 37), it was easy for the enemies of aristocratic Stoics to resort to malicious misrepresentation of their attitudes. Thus the accusers of Thrasea had suggested that his attachment to liberty was a mere pretence that concealed anarchic designs inimical to the Roman peace. 142Tacitus' detailed account of his actions disposes of this calumny. Unfortunately, Tacitus' evidence of Helvidius'  quarrel with Vespasian is lacking, and Dio, usually unsympathetic to philosophers, probably adopted uncritically somewhat similar allegations against him. '43 It is not in the least likely that a man of mature age whohad sought to uphold the authority of the senate and had previously been ready to serve emperors now threw over all his past convictions and engaged in attacks on the whole established order. 144 Epictetus (n. 152) and Tacitus (n. 22) depict him as true to the last to his own role as a senator. We must then look for another explanation. Dio's epitomator collocates Helvidius' quarrel with Vespasian with an incident in which Vespasian left the senate in tears, saying that either his sons would succeed him or no one would. It is an old conjecture, which I would endorse, that Helvidius objected to Vespasian's manifest intention to pass on his power to his sons. 145 Once Titus had actually been invested with imperial power as his father's colleague in 71, Helvidius' protests could plausibly have been construed as treason. If this explanation be true, we can see that there was right on both sides. Constitutionally the choice of a princeps lay with the senate, and a man was to be chosen in the public interest as the person best fitted for the task. There was no reason to think that Titus or Domitian fulfilled this criterion. I* In practice the succession had been dynastic from the first, and it had given Rome a series of rulers, every one of whom in senatorial opinion had proved a tyrant. The crimes and follies of Nero had resulted in civil war that imperilled the very fabric of the empire. Galba (having no heir in his family) had allegedly proclaimed a very different principle: the adoption of the best man to be marked out by consent. 147 Yet from the first Flavian supporters had seen in the fact that Vespasian had two grown sons a guarantee of stability. 148 Dynastic sentiment might count for little in the senate, but it made a powerful appeal to the armies and the provinces. '4) Not one of Vespasian's successors could afford to disregard this factor. Marcus Aurelius admired Helvidius as well as Thrasea; from them he had learned, he says, the conception of a state with one law for all, adminstered by the principles of equality and free speech for all alike, and of a monarchy that valued most highly the liberty of the subjects;150 yet he too made a worthless son his successor. We need not think that this must be explained by Aristotle's dry observation that it would be an act above human virtue for an absolute king to disinherit his own son:151 dynastic succession was part of the tradition that Marcus could think it right to accept.Epictetus illustrates his thesis that every man has his own individual role to play by dramatizing a confrontation between Helvidius and Vespasian. 'When Vespasian forbade him to attend the senate, Helvidius replied, "It lies with you to exclude me from the senate, but while I am a senator, I must attend". "Then attend, but say nothing." "Do not ask my opinion and I will say nothing." "But I am bound to ask your opinion." "And I am bound to say what I think right." "But if you speak, I shall put you to death." "When then did I tell you that I was immortal: You will do your part and I mine. It is your part to put me to death, mine to die without trembling, your part to banish me, mine to depart without repining.'" What good did Helvidius do, asks Epictetus, as he stood alone? 'What good does the red stripe do the mantle? What but this? It shines out (iopÉTTE!) as red, and is there as a fine (koóv) example to the rest. Anyone but Helvidius would simply have thanked Vespasian for excusing his attendance, but then Vespasian would not have had to issue any prohibition; any one else would have sat in the senate, inanimate as a jug, or have heaped on the emperor the flatteries he wished to hear. '152 Helvidius had assumed a role, conscious of what his personality required, had prepared himself to play it, and was resolved to play it to the last. And his conception of that role was determined by constitutional principles, to which indeed most men now rendered only lip service. His stand was unsuccesstul. lo a Stoic that was of no consequence. Similarly it was no valid criticism of Thrasea that in disapproving of Agrippina's murder he imperilled himself without promoting the freedom of the rest. 153 Not all men have the same duties, and in any case you could not prescribe another's conduct, 154 nor could it affect your own blessedness. If my contentions are correct, Stoics as such had no theoretical preference for any particular form of government, monarchical or Republican. They acknowledged the value of the state, and they accepted that an individual whose position in the world and natural endowments permitted him to render the state some service had a duty to take part in public life, but only under certain conditions. His preoccupation with political activity must not be such as to impair his spiritual welfare, and even though the value of every action derived wholly from the agent's state of mind and not at all from the external consequences of the action, it was senseless for a man to involve himself in public cares, if it were certain from the start that he could achieve nothing so long as he acted as a good man should. Thus Stoic teaching may have tended to induce many of its devotees never to emerge from a quiet course of philosophic study and private duties: it certainly led others to retire from public life, or to manifest their opposition to the government, under rulers whose conduct violated moral rules. These rules were, for the Stoics, those which were endorsed by their society. It did not occur to them that the political principles that rulers were commonly expected to observe might need to be reviewed. Each man had a role to perform, a station to fill, the duties of which were fixed by general consent. The good emperor, and the good senator, were bound to carry out these duties conscientiously. It was this way of thinking that united Stoics in power and Stoics in opposition. Hence, as the good ruler, Marcus could easily recognize the merits of good subjects such as Thrasea and Helvidius, who had done their best to play their own, different, parts in public affairs. If in politics success is the standard of judgment, there was little to commend in men who did not identify outward defeat with sheer futility, who admired above all the 'iustum et tenacem propositi virum' and would have thought it praise enough to say that si fractus illabatur orbis impavidum ferient ruinae, without even admitting that there might be something unwelcome in the ruin of the world. Moralists may find some comfort that history occasionally reveals men in high places ready to do or endure anything for what they suppose to be right. The historian can note that what the Stoics supposed to be right, what they could conscientiously devote or sacrifice their lives to doing, was largely settled by the ideas and practices current in their society, and that a Helvidius or a Marcus was inspired by his beliefs not to revalue or reform the established order, but to fulfil his place within that order, in conformity with notions that men of their time and class usually accepted, at least in name, but with unusual resolution, zeal and fortitude. Roman politician of the Porch persuasion. As a member of the Senate, he fearlessly followed an independent line, and in the process antagonized with Nerone, who eventually pressurized the Senate into condemning him to death. He duly committed suicide by opening his veins in the presence of his son-in-law, Elvidio Prisco and Demetrio di Roma. He was a great admirer of Catone Minore and wrote a biography of him.

 

Grice e Trasea – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. A Pythagorean, cited by Giamblico.

 

Grice e Trasci – colloquio con me stesso -- filosofia italoalbanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Bisignano). Filosofo italiano.  “Spera in Deo” Baffa Trasci nacque in una famiglia di origine arbëreshë a Bisignano, figlio di Pietro Antonio ed Elisabetta Anna Trentacapilli, donna pia e molto religiosa, erede di una famiglia da più secoli ascritta al patriziato locale. Pur essendo il primogenito della famiglia e, dunque, contravvenendo alle regole del maggiorascato, a causa della salute cagionevole venne avviato alla carriera ecclesiastica nel locale Seminario, proseguendo gli studi a Roma e Napoli. Fu nella città partenopea che si lega particolarmente alla Compagnia di Gesù divenendo in breve tempo uno dei confessori più vicini a Isabella della Rovere, principessa di Bisignano. Per non essere distolto dai propri studi filosofici si ritira volontariamente a vita privata, dapprima nella Tuscia e poi ospite nel Castello di Proceno, presso Viterbo di proprietà della nobile famiglia Sforza. Ancora nei primi Professore una lapide marmore posta nella rocca ne ricordava la sua permanenza. Da tale esilio usce in pochissime occasioni, assistito dal nipote Stanislao Baffa Trasci. Fu durante la reclusione nella Rocca di Proceno che ha modo di conoscere Galilei ospite nel palazzo durante un suo viaggio verso Roma. Dopo esser stato vescovo di Umbriatico,venne creato Vescovo di Massimianopoli in partibus infidelium da Alessandro VII. Saggi: “Colloquio con me stesso”, di Ottaviano. Universam Aristotelis philosophiam; Summa Aristotelicha; Summa Theologica Dogmatica Tomassetti, Cenno storico sulla vita di S.E. Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli  Roma); C. Nutarelli, Proceno-Memorie storiche, Acquapendente, D. Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli, erudito italoalbanese Professore or mai dimenticato,  MIT Cosenza. Ferrante Marco Antonio Baffa Trasci. Ferruccio Baffa-Trasci. Trasci. Keywords: “conversazione con me stesso”. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Trasci” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Trasillo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. the philosophy teacher of emperor Tiberio. A Pythagorean and member of the Accademia.

 

Grice e Trasimede – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. A Pythagorean, cited by Giamblico.

 

Grice e Trebazio – antica roma -- la filosofia romana – la repubblica romana – Luigi Speranza (Velia) Gaio Trebazio Testa. È molto dubbio che si debbano prendere alla lettera certe espressioni di Cicerone che accennano l’inclinazione di Testa por la filosofia del Giardino. Provenne da famiglia agiata di Velia e pare che si reca a Roma per darsi agli studi giuridici. Per raccomandazione di Cicerone, Giulio Cesare lo conduce nelle Gallie e si serve di lui per pareri giuridici. Ritornato a Roma all’inizio della guerra civile, Testa age da mediatore tra Giulio Cesare e Cicerone. Nel conflitto fra Cesare e Pompeo, Testa si schiera col primo al quale rimase sempre fedele. Dopo la morte di Cesare, Testa si reca spesso alla villa Tuscolana di Cicerone, ove gli caddero in mano i "Topica" di Aristotele. Per contentare il suo desiderio di avere chiarimenti di quella trattazione, Cicerone scrive l’opera omonima che dedica ed invia a Testa. In seguito Testa segue Ottaviano. Orazio dedica a Testa la prima satira del libro III, in cui lo presentò come un insigne giurista. Testa venne nominato cavaliere o da Giulio Cesare o d'Ottaviano. Testa e il maggiore giurista del tempo suo e ha come scolaro Antistio Labeone. Scrive sul diritto civile e sulle religione, ma ci restano soltanto citazioni di autori posteriori. Testa probabilmente adere a un eclettismo simile in parte a quello di Cicerone con forti caratteri accademici e stoici, ma non si può dire se accetta lo scetticismo probabilista dell'Accademia.  Gaio Trebazio Testa. Gaio Trebazio Testa (in latino: Gaius Trebatius Testa; Velia) è un filosofo italiano. E in stretti rapporti di amicizia e confidenza con Giulio Cesare, Ottaviano, Orazio, Mecenate oltre che con Cicerone, col quale intrattenne un fitto epistolario e che gli dedica i “Topica”. In qualità di giureconsulto, segue Cesare nelle sue campagne galliche, ricoprendo, anche se solo formalmente, la carica di tribuno militare. E inoltre ascoltato consigliere d’Ottaviano ed ha notevole fama quale maestro di Marco Antistio Labeone, che, nella fase evolutiva che dalla Res publica al Principato, e l'artefice di quel movimento innovatore del diritto romano che e stato detto dei Proculiani.  Delle sue numerose opere nulla si è conservato, se non le frequenti menzioni che di lui si trovano nelle Pandette e nelle Institutiones del Corpus iuris civilis giustinianeo. Da Cicerone e Pomponio apprendiamo che e allievo a Roma di Cornelio Massimo. Secondo Pomponio, la perizia giuridica di Trebazio e maggiore dell'eloquenza, arte in cui fu superato da qualcuno, come Cascellio, giuridicamente meno dotato di lui.  Potrebbe essersi avvicinato all'epicureismo tramite Pansa, una scuola dalla quale si sarebbe poi allontanato su sollecitazione di Cicerone che la considera poco consona alle virtù civili e allo studio e alla pratica del diritto. La questione ritorna poco dopo, quando Cicerone parla dei rischi del disimpegno civico di Trebazio, in relazione al suo ruolo di patrono di Ulubrae, i cui cittadini, in nome dell'amicizia tra i due, saputa della presenza dell'oratore di Arpino, si erano mobilitati nel dare un'entusiastica accoglienza. Nelle stesse righe, Cicerone già si mostra perplesso alla notizia di un suo precedente avvicinamento, sulla scia di Selius, all’accademia dello scettico Carneade, una tradizione filosofica un tempo seguita e apprezzata da Cicerone, ma dalla quale, come si evince indirettamente anche dalla lettera, egli aveva preso le distanze in favore di una sua particolare interpretazione dello stoicismo. Ha poi una notevole reputazione come maestro di Marco Antistio Labeone, che avrebbe ricoperto un ruolo importante nella cruciale fase di svolta che portò dalla repubblica romana al principato: nelle accanite dispute dottrinarie che divisero in fazioni i giureconsulti dell'epoca, Labeone e l'iniziatore di quella corrente innovatrice che sarebbe stata detta dei Proculiani. La familiarità con Cicerone è testimoniata dall'intensa corrispondenza - diciassette lettere - nelle quali aleggia sempre un tono umoristico e confidenziale e da cui è possibile attingere molte delle notizie sulla sua vita. Ecco come Cicerone, probabilmente ospite di Trebazio (o forse dell'amico Thalna) ad Elea in un viaggio verso la Grecia, si rivolge all'amico assente:  «Tu però, se, come sei solito, darai ascolto ai miei consigli, serberai i tuoi beni paterni (...), né lascerai il nobile fiume Alento, né diserterai la casa dei Papiri...»  (Cicerone. Velia, lettera a Trebazio in Roma. Da Cicerone proviene anche qualche annotazione critica sul carattere di Trebazio, secondo lui troppo incline, a volte, ad atteggiamenti presuntuosi e giudizi tranchant: come quando Cicerone, in mezzo ai brindisi, viene messo alla berlina dall'amico sulla questione dell'esistenza o meno di una particolare tradizione dottrinaria. L'esistenza della tradizione, a cui peraltro nessuno dei due aderiva, veniva negata da Trebazio. Cicerone allora, pur rientrato tardi a casa, e tra i fumi dell'alcool, trova il tempo di puntigliose ricerche in biblioteca per dimostrare la fondatezza delle sue ragioni e rinfacciarle all'amico. Tratti caratteriali che Cicerone considera evidentemente difetti e che non manca di rimproverare all'amico, in maniera anche piuttosto aspra.  «E ora ascoltami bene, mio caro Testa! Io non so cosa ti renda più superbo, se il denaro che ti guadagni o l'onore che Cesare ti fa nel consultarti. Conoscendo la tua vanità, possa io crepare se non credo che tu ami più l'essere da Cesare consultato piuttosto che da lui arricchito!»  (Cicerone. Roma, Lettera a Trebazio in Gallia) . Cicerone lo raccomanda come giureconsulto a Giulio Cesare, allora proconsole della Gallia, definendolo probo, modesto e dotato di profonda conoscenza e dottrina dello ius civile. Trebazio si une a Cesare nella campagna di Gallia venendo investito della carica di tribuno militare. Mostrandosi poco attratto dalle faccende militari, sembra che Cesare, pur confermandogli la carica e la paga, lo avesse esentato dagli oneri connessi. La stessa cautela in materie militari lo dissuase dal seguire Cesare in Britannia, facendogli meritare ancora le frecciate di Cicerone che ironicamente si chiede come mai un accanito nuotatore come lui non abbia voluto bagnarsi nell'oceano. Poté quindi godere dei favori di Cesare con il quale entrò in grande confidenza e al cui fianco restò fedele nel corso della guerra civile. A proposito di tale confidenza è significativo un aneddoto, riportato da Svetonio, in cui Cesare da prova di superbia e scarso rispetto verso il Senato romano ricevendo, senza neppure alzarsi, una delegazione senatoria venuta a rendergli onori presso il Tempio di Venere genitrices. In quell'occasione Cesare letteralmente fulminaTrebazio con lo sguardo, per il solo fatto di aver letto nei suoi occhi una poco gradita esortazione ad alzarsi. Ebbe anche da Cesare il delicato incarico di mediare con Cicerone e con il tentennante Servio Sulpicio, nel tentativo, risultato poi vano, di condurre i due dalla sua parte. Dopo l'assassinio di Cesare alle idi di marzo, si une alla cerchia d’Ottaviano e Mecenate, divenendo consigliere giuridico del principe. Da Pomponio apprendiamo che Trebazio acquisce l'ufficio di quaestor ma che il suo cursus honorum si ferma a quel gradino per scelta deliberate. Trebazio infatti, non volendo profittare della posizione privilegiata, rifiuta il consolato offertogli d’Ottaviano. Si sa ad esempio che Augusto, dopo aver dato personale attuazione a un fidecomesso formalizzato da un certo Lucio Lentulo[20] attraverso codicilli, incaricò una commissione di saggi, fra cui Trebazio, dall'indiscussa autorità, di pronunciarsi sulla legittimità dei codicilli stessi.[21] Dalla stessa fonte apprendiamo che la favorevole risposta di Trebazio e improntata a un'argomentazione molto pragmatica: i codicilli, più informali di un vero e proprio testamento, permettevano di dare efficacia anche alle disposizioni mortis causa di quei cittadini romani che, impegnati in lunghi viaggi, non potevano conformare le loro volontà nelle solenni formalità richieste al testamento. Ogni sorta di scrupolo sulla legittimità dei codicilli sarebbe svanita quando perfino il prestigioso Labeone, allievo di Trebazio, ne avrebbe fatto personalmente uso. Questa innovazione giuridica infranse la regola secondo cui le disposizioni testamentarie dovessero essere integrate in un unico atto unitario, che disponesse simultaneamente di tutti i beni; da allora in poi fu possibile frammentare le proprie disposizioni testamentarie in una serie di singoli atti scollegati. Alla cerchia di Mecenate appartene Orazio che recalcitra, con tono leggero e confidente, ai pareri legali dell'amico sui rischi insiti nella mestiere di poeta satirico:  «C'è di quelli cui sembro nella satira / troppo feroce e oltrepassare i limiti consentiti [...]. / Trebazio, dimmi tu che cosa fare. 'Startene quieto.' Dici che non devo / scriver più versi affatto? 'Appunto questo.' Che mi prenda un malanno se non era / questo il meglio: però soffro d'insonnia.»  La consulenza si sposta allora su un altro terreno:  «'Coloro che han bisogno di dormire / attraversin tre volte il Tevere unti; a sera si bagnino di vino. / O se tanta mania ti forza a scrivere osa cantar le imprese dell'invitto / Cesare, e avrà compensi la fatica.'»  Orazio insiste ancora: non che gli manchi la voglia ma i suoi mezzi poetici non li sente all'altezza del compito. Trebazio sembra inchiodarlo alla durezza della norma che non tollera ignoranza, ma poi si arrende agli argomenti del poeta e conclude con un'interpretazione pragmatica:  «'Tuttavia vorrei darti il mo consiglio: / di stare attento, di restare in guardia che non ti porti qualche seria noia / l'ignoranza di leggi inviolabili: se qualcuno abbia scritto contro un altro / versi cattivi sia condotto innanzi al tribunale e sia data sentenza.' Sta bene: se cattivi; ma se buoni /qualcuno li abbia scritti e con la lode / di Cesare che giudica la causa? Se qualcuno ha latrato, integro lui, / dietro a un altro che è degno di disprezzo? 'Saranno disarmate dalle risa /le leggi e tu sarai lasciato andare.'»  (Orazio, Satire, Libro II, 1). Gli scritti di Trebazio annoverano un De religionibus, in almeno dieci libri e un De iure civili. Delle sue opere, che si conservavano ancora al tempo di Pomponio, non ci è pervenuto direttamente alcun frammento. Sappiamo tuttavia che e frequentemente citato dai giuristi successivi come desumibile dalle occorrenze nelle Pandette e nelle Institutiones del Corpus iuris civilis giustinianeo.  Note: La congettura sulla data di morte al 4 d.C. si deve a Wolfgang Kunkel, Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen, Böhlau Verlag, 1967 (p. 28). Tale datazione si basa sull'identificazione del Lentulo della diatriba giuridica sui codicilli con il Lucio Cornelio Lentulo che morì, Proconsole d'Africa, intorno all'1 d.C.  Cicerone pose mano a questa breve opera proprio su richiesta di Trebazio; vi si dedicò, lavorando a memoria, nella tappa da Elea a Reggio di un suo viaggio (si veda: Cic. ad familiares 7.19). La decisione di intraprendere questo viaggio era maturata nelle turbolenze successive all'assassinio di Cesare, volendo Cicerone raggiungere la Grecia attraverso una lunga e inusuale, ma più sicura navigazione litoranea che, dalle coste tirreniche, attraversasse lo stretto di Sicilia.  Cic. ad familiares 7.8 e 7.17.  Pomp. Enchiridion, nel frammento incorporato nelle Pandette giustinianee (Libro I, 2.2.45 su The Latin Library). ^ Un accenno a una possibile vicenda epicurea di Trebazio compare nell'epistola ad familiares 7.12 scritta nel febbraio del 53 a.C., dalle paludi pontine; la notizia è riferita a Cicerone dallo stesso Pansa, allora in Gallia e in procinto di diventare tribuno per il biennio 52-51 a.C. L'accenno è inserito in una sorta di canzonatura, in cui Cicerone indulge all'ironia lieve sullo scarso impegno di Trebazio nella campagna di Gallia, quasi l'avesse scambiata per una molle vacanza tarantina. ^ Altre fonti lo indicano invece come epicureo seguace di Irzio, legato di Cesare in Gallia (che sarà console con Pansa nel 43 a.C.). Si veda Giovanni Vincenzo Gravina. Origines juris civilis, Vol. 1, (De ortu et progressu juris civilis). 1701., riportata in AA.VV. Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, 1817, digitalizzato su GoogleBooks (o scaricabile in formato Pdf), da copia in possesso della New York Public Library. ^ ad familiares 7.10.2. ^ L'accoglienza degli ulubrani intenti a rendergli onore viene comicamente resa con l'immagine fabulistica di un'orda di ranocchi gracidanti, in una lettera di poco successiva (ad familiares 7.18). ^ Sellius, comune amico dei due, fu un oratore le cui doti non sono ritenute eccelse da Cicerone (Cic. ad familiares 7.32). ^ Pomp. Enchiridion, in: Pandette (Libro I, 2.2.47). ^ Il riferimento, non chiaro, a Thalna è in una lettera scritta da Vibo a Tito Pomponio Attico: ad Atticum 16.6. Dovrebbe trattarsi, in questo caso, di persona sicuramente diversa dal Thalna nominato (o pseudonimato) in ad Atticum 1.16, giudice corrotto ai tempi del famoso processo in cui Clodio fu imputato e Cicerone testimone. È anche possibile che Cicerone, nella corrispondenza, non facesse menzione dell'ospitalità offertagli a Elea da Trebazio, per non compromettere l'amico. ^ Cic. ad familiares, 7.20 ^ Cic. ad familiares 7.22. La disputa, per inciso, riguardava l'esistenza di certe tradizioni giuridiche circa una facoltà, in capo all'erede, di perseguire giudizialmente un furto avvenuto prima della successione mortis causa. ^ Cic. ad familiares 7.13. ^ Cic. ad familiares 7.5. ^ Cic. ad familiares 7.17. Cicerone tende ad imputare l'atteggiamento così titubante (e così poco saggio) dell'amico agli insegnamenti di Cornelio Massimo. ^ «...studiosissimus homo natandi»: così lo definisce in ad familiares 7.10.2. ^ Svetonio, Vite dei Cesari. Si veda, su LacusCurtius di Bill Thayer (Università di Chicago), Libro I, 78, (LA) Libro I, 78. ^ Il tentativo con Cicerone è in Plutarco, Vite parallele. Cicerone. 37, 4 (su Wikisource Copia archiviata, su en.wikisource.org. URL consultato il 30 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2009). o su LacusCurtius [1]). La notizia su Sulpicio è tratta dal già citato AA.VV. Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, 1817, che riprende, anche in questo caso, il Gravina. Origines juris civilis, Vol. 1, (De ortu et progressu juris civilis). 1701. ^ Forse identificabile con Lucio Cornelio Lentulo che fu console nel 3 a.C. e in seguito Proconsole d'Africa, morto in Provincia d'Africa intorno all'1 d.C. (cfr. Wolfgang Kunkel, Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen, Böhlau Verlag, 1967, p. 28) ^ Institutiones. Libro II, 25. Sul prestigio di Trebazio troviamo questo inciso: «cuius tunc auctoritas maxima erat». ^ Si intende meglio il consiglio se lo si confronta con l'immagine di un Trebazio appassionato nuotatore, già ricordata in una precedente nota (ad familiares 7.10.2). ^ In questo caso Augusto. ^ In Orazio - Tutte le opere. Versione, introduzione e note di Enzio Cetrangolo, Sansoni editore, 1993, ISBN 88-450-4938-8. Il testo latino su Intratext Library. ^ Macrobio, in Saturnalia III.5 cita infatti, fra gli altri, il decimo libro della sua opera. Collegamenti esterni Trebàzio Tèsta, Gaio, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Vincenzo Arangio-Ruiz, TREBAZIO TESTA, Caio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937. Modifica su Wikidata Trebàzio Tèsta, Gàio, su sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata (LA) Opere di Gaio Trebazio Testa, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute. Modifica su Wikidata Controllo di autorità                VIAF (EN) 15575546 · BAV 495/66325 · CERL cnp00404833 · LCCN (EN) nr95037483 · GND (DE) 119233398 · BNE (ES) XX1704688 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-nr95037483   Portale Antica Roma   Portale Biografie Categorie: Giuristi romaniPolitici romani del I secolo a.C.Giuristi del I secolo a.C.Persone delle guerre galliche[altre] A lawyer and a friend of Cicerone. When he converted to The Garden, Cicerone wrote to him questioning whether being a gardener was compatible with belonging to the legal profession. Trebazio was also the author of some works about the divine and its cult. Keywords: I topica di Cicerone, ius.

 

Grice e Trebiano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Friend of Cicerone, who took an interest in philosophy and may have been a ‘Gardener.’

 

Grice e Treves – giudici e giustizia nella filosofia italiana – ventennio fascista -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo italiano. Compie gli studi al Liceo Azeglio e poi nella Facoltà dove entra in contatto, fra gli altri, con Bobbio, Foa, Luzzati, Entrèves, e simpatizza con il gruppo di Giustizia e Libertà abbracciando i principi del socialismo liberale. Si laurea  sotto la guida di Solari con una tesi su Henri de Saint-Simon. Insegna a Messina, dove viene arrestato per sospetta attività antifascista. Trasferito a Urbino e escluso dal concorso bandito sulla sua cattedra.  Insegna a Parma, si trasferisce a Milano. Protagonista della rinascita post-bellica della sociologia in Italia, coopera attivamente col Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale e col suo segretario generale Adolfo Beria di Argentine, coordinando fra l'altro una vasta ricerca su “L'amministrazione della giustizia e la società italiana in trasformazione” da cui escono dodici volumi di vari autori. Presiede questo Comitato facendosi attivo promotore della sociologia del diritto. Fonda  la rivista italiana della disciplina, di cui ottiene il riconoscimento accademico e che insegna a Milano. Difende una posizione filosofica relativista e prospettivista, influenzata da Mannheim, Mills e Kelsen, del quale ultimo introduce in Italia la Dottrina pura del diritto. Alieno dal dogmatismo e paladino di una concezione critica della scienza, rifiuta ogni visione metafisica del diritto in favore di una visione metodologica che sfocia nella sociologia del diritto intesa come scienza prevalentemente empirica, non avalutativa, ma ispirata a valori, nel suo caso quelli di libertà e giustizia sociale -- è considerato insigne maestro per un'intera generazione di filosofi e sociologi del diritto. Due sono i problemi che la sociologia del diritto deve affrontare: da un lato la posizione, la funzione e il fine del diritto nella società vista nel suo insieme; dall'altro la società nel diritto, cioè quei comportamenti effettivi che possono essere conformi e difformi rispetto alle norme, ma comunque forniscono informazioni su come una società vive le regole che si è data. Del primo problema si sono occupate soprattutto le dottrine sociologiche e politologiche, mentre sul secondo si sono soffermate le dottrine giuridiche anti-formalistiche. Saggi: “Il diritto come relazione” (Torino); “Diritto e cultura” (Torino); “Spirito critico e spirito dogmatico” (Milano); “Libertà politica e verità” (Milano); “Giustizia e giudici nella società italiana” (Bari); “Introduzione alla sociologia del diritto” (Torino); “Sociologia del diritto -- Origini, ricerche, problem” (Torino); “Sociologia e socialism - ricordi e incontri” (Milano); “Dizionario biografico dei giursti italiani” (Bologna, Il Mulino); Il magistero; in La Nuova Antologia, A.Colombo, La lezione in La Nuova Antoogia, V. Ferrari, Sociologo del diritto, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, in Ratio Juris,  ss. V. Ferrari, Morris L. Ghezzi Morris L. Ghezzi, La scienza del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto (Mimesis, Milano-Udine), M. Losano, Sociologo tra il vecchio e il nuovo mondo, Unicopli, Milano); P. Marconi, Il legato culturale, in Sociologia del diritto, A. Tanzi, dalla filosofia alla sociologia del diritto, ESI, Napoli, C. Nitsch, Renato Treves esule in Argentina. Sociologia, filosofia sociale, storia. Con documenti inediti e la traduzione di due scritti di Treves, Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Sociologia del diritto, Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Samuele Renato Treves. Renato Treves. Treves. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Treves” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tria – filosofia italiana – Luigi Speranza (Laterza). Filosofo. Studia filosofia a Napoli e Roma. Uditore di diritto  presso il monastero benedettino di Cava de' Tirreni rimase al servizio di questa abbazia anche quando e trasferito a Roma, fu nominato vicario generale di monsignor L. Gherardi, vescovo di Loreto e Recanati, e tale rimase. Più tardi, con monsignor Giuseppe Firrao, ebbe l'incarico di "nunzio straordinario" alla Corte del Portogallo.  Quando monsignor Firrao, per questione di salute, fu trasferito in Svizzera, Tria andò con lui a Lucerna. Durante la sua permanenza in Svizzera intraprese un'importante missione in Svezia e Germania.  Fu eletto vescovo di Cariati e Cerenzia ed entra in carica presiedendo il sinodo).  Fu trasferito poi a Larino. Partecipa al concilio di Benevento. Nominato «consulente del Sacro Offizio» e nel dicembre dello stesso anno fu nominato arcivescovo di Tiro.  Divenne «esaminatore di Vescovi» e fu insignito del titolo di cavaliere dell'Ordine di San Giacomo per i suoi meritori servigi resi alla Corte di Lisbona. Il suo erudito lavoro include:  “Memorie storiche civili di Larino (Roma); “Accommodamento tra il Papato e la Corte Reale di Napoli” (Roma), “Benedetto XIII”. Memorie storiche degli scrittori  regno di Napoli, Napoli, Tipografia dell'Aquila di V. Puzziello, Diocesi di Larino Pietro Pollidori Giovan Battista Pollidori. Giovanni Andrea Tria. Tria. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tria” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Trincheri – Andrea Speranza – la filosofia italiana – Luigi Speranza (Pieve di Teco). Filosofo. Nacque da una famiglia benestante che aveva in possesso alcuni ettari di terreno. Appassionato alli romantici, e riconosciuto e si afferma all'interno della cerchia dei letterati del suo tempo grazie alla brillante difesa in favore di Manzoni, quando quest'ultimo pubblica  la sua prima tragedia, “Il Conte di Carmagnola”. E con il sostegno del suo maestro e amico Goethe, famoso filosofo e scrittore romantico, che riusce a far valere la proprio opinione positiva nei confronti dell'autore dei Promessi sposi. Poche altre notizie biografiche si conoscono a proposito della sua vita che, a causa di un incidente in cui fere a morte il suo amico, Andrea Speranza, crolle in una situazione estremamente travagliata.  Trincheri. Keywords: Andrea Speranza. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Trincheri” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Troilo – la conflagrazione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Perano). Filosofo italiano. Insegna a Palermo e Padova. Lincei. Partito dal positivismo del suo tutore Ardigò, pervenne a una sorta di metafisica, da lui chiamata realismo assoluto, che richiama il panteismo di Bruno e di Spinoza. L'essere eterno infinito, tutt'uno con lo spirito assoluto, è il presupposto e il principio unificatore degli esseri relativi. Trascendente e indeterminato, l'essere si immanentizza e si determina nella realtà e negli individui, oggettivandosi di fronte ai soggetti come assolutamente altro da questi.  Saggi: “Il misticismo”; Idee e ideali del positivism, La filosofia di G. Bruno”; “Il positivismo e i diritti dello spirito”; “Figure e studi di storia della filosofia”; “Lo spirito della filosofia”; “Le ragioni della trascendenza o del realismo assoluto”. Società Filosofica Italiana Sezione di Sulmona, riferimenti in Garin, Cronache di filosofia italiana, Laterza, Roma-BariPra F. Minazzi, Ragione e storia nella filosofia italiana (Rusconi, Milano); Cappelli, L'orizzonte filosofico: Idealismo e Positivismo nella prima metà Professore Pra. Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Erminio Troilo, biografia e  nel sito della Società Filosofica ItalianaSezione di Sulmona "Giuseppe Capograssi". Erminio Troilo. Troilo. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Troilo” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tronti – dello spirito libero – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Considerato uno dei principali fondatori ed esponenti del marxismo operaista teorico. Insegna a Siena, vive a Roma.  Fonda “Quaderni Rossi” e “Classe operaia”. Anima l'esperienza radicale dell'operaismo. Tale esperienza, che va considerata per molti versi la matrice della sinistra si caratterizza per il fatto di mettere in discussione le organizzazioni del movimento operaio (partito e sindacato) e di collegarsi direttamente, senza intermediazioni, alla classe in sé e alle lotte di fabbrica. Influenzato da Volpe, s’allontana di Gramsci, o almeno dalla sua versione ufficiale promossa dal PCI togliattiano. Ri-apre la strada rivoluzionaria. Di fronte all'irruzione dell'operaio-massa sulla scena delle società, il suo operaismo propone un'analisi delle relazioni di classe. Mette l'accento sul fattore inter-soggettivo. La sua filosofia, debitrice anche all’’Operaio” di Jünger, trova una sistemazione con la pubblicazione di “Operai e capitale” (Einaudi, Torino), un saggio di forte impatto letterario che esercita un'influenza notevole sulla contestazione e più in generale sull'ondata di mobilitazione. Fu proprio la sconfitta della spontaneità operaia e dell'ondata di mobilitazione, colta anticipatamente da lui e non invece da altri operaisti come Negri (di qui la rottura tra loro) a indurlo a spostare la sua riflessione sul problema del politico, ovvero della direzione e della mediazione politica. Pubblica “L’autonomia del politico” (Feltrinelli, Milano),  una teoria politica realista che, in un'originale commistione di Marx e Schmitt, e capace di colmare i limiti della inter-soggettività sociale. Si tratta di una fase più intellettuale che politica. Fonda l'influente rivista Laboratorio politico. Riavvicinatosi al PCI di Berlinguer, e finalmente riabilitato dal gruppo dirigente del partito, entrando a far parte più volte del Comitato centrale. Eletto al Senato della Repubblica nelle liste del Partito Democratico della Sinistra, membro della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali.  Non avendo condiviso le trasformazioni post-comuniste del partito, la sua filosofia assume toni pessimistici, concentrandosi sulla fine della politica moderna e sulla critica della democrazia. Presidente del Centro per la Riforma dello Stato. Eletto al Senato nelle liste del Partito Democratico per la Lombardia.  è tra i parlamentari a firmare un emendamento contro l'articolo 5 del disegno di legge Cirinnà riguardante l'adozione del configlio. Altri saggi: “Hegel politico” (Istituto dell'Enciclopedia italiana, Roma); ““Soggetti, crisi, potere” (Cappelli, Bologna); “Il tempo della politica” (Editori Riuniti, Roma); “Con le spalle al futuro: per un altro dizionario politico” (Editori Riuniti, Roma); “Berlinguer: il principe disarmato” (Sisifo, Roma); “La politica al tramonto” (Einaudi, Torino); “Cenni di Castella” (Cadmo, Fiesole); “Teologia e politica al crocevia della storia” (AlboVersorio, Milano); Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra, Ediesse); “La democrazia dei cittadini. Dai cittadini per l'Ulivo al Partito Democratico” (Ediesse); “Non si può accettare” (Ediesse); “Noi operaisti, Derive Approdi); “Dall'estremo possible” (Ediesse); “Per la critica del presente” (Ediesse); “Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore); “Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica” (Castelvecchi); “Il demone della politica” (Il Mulino); “Tra materialismo dialettico e filosofia della prassi”; “La città futura” (Feltrinelli, Milano); ““Cromwell” (Il Saggiatore, Milano); “Operaismo e centralità operaia” (Editori Riuniti, Roma); “Il politico. Da Machiavelli a Cromwell; da Hobbes a Smith” (Feltrinelli, Milano); “Il destino dei partiti, Ediesse); “Rileggendo "La libertà comunista", “Un altro marxismo” (Fahrenheit 451, Roma); “Classe operaia. Le identità: storia e prospettiva” (Angeli, Milano); Per la critica della democrazia politica” “Guerra e democrazia, Manifesti, Roma; Politica e destino, Sossella, Roma);  Finis Europae. Una catastrofe teologico-politica, Bibliopolis, Napoli). Ne La politica al tramonto, un capitolo porta il titolo «Karl und Carl», per sottolineare, anche qui allusivamente, la necessità di completare Marx con Schmitt", Autobiografia filosofica, in Storia della filosofia, Filosofi italiani contemporanei, Le Grandi Opere del Corriere della Sera, Bompiani, Milano. Unioni civili: i numeri che mettono a rischio le adozioni gay, su Termometro Politico, plus.google.com/+ termometro politico/. Unioni civili, 30 senatori Pd contro le adozioni. E Gay pubblica la lista: "Scrivi al malpancista". Loro: "Squadristi", su Il Fatto Quotidiano. Le piume, le fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di R. Zero, Altri Mondi  Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo, Bari, C. Preve, La teoria in pezzi. La dissoluzione del paradigma teorico operaista in Italia (Dedalo); R. Gobbi, Com'eri bella, classe operaia. Storia fatti e misfatti dell'operaismo italiano, Longanesi, Milano, Rita di Leo, Per una storia di Classe Operaia, in «Bailamme», S. Mezzadra, Operaismo, in R. Esposito e C. Galli, Enciclopedia del pensiero politico. Autori, concetti, dottrine, Laterza, Roma-Bari; Basso C., Gozzini C. e Sguazzino D.,  delle opere e degli scritti. Dipartimento di Filosofia-Università degli Studi di Siena, Siena; Alfonso Berardinelli, Stili dell'estremismo. Critica del pensiero essenziale, Editori Riuniti, Roma) F. Pozzi, G. Roggero, G. Borio, “Futuro anteriore: dai Quaderni rossi ai movimenti globali. Ricchezze e limiti dell'operaismo italiano, DeriveApprodi, Roma, Steve Wright, L’assalto al cielo. Per una storia dell’operaismo,  Edizioni Alegre, Roma); Cristina Corradi, Storia dei marxismi in Italia, Manifestolibri, Roma, F. Pozzi, G.Roggero, Guido Borio, Gli operaisti, Derive Approdi, Roma, A. Peduzzi, Lo spirito della politica e il suo destino. L'autonomia del politico, il suo tempo, Ediesse-Crs, Roma, Giuseppe Trotta e Fabio Milana, L'operaismo degli anni Sessanta. Da «Quaderni rossi» a «classe operaia», cd con la raccolta completa della rivista «classe operaia»  DeriveApprodi, Roma); Peduzzi, A Cartagine poscia io venniincubi sulla teoria marxista, Arduino Sacco editore, Roma,; M. Filippini, Mario Tronti e l'operaismo politico degli anni Sessanta, EuroPhilosophie,. F. Milanesi, Nel Novecento, Storia, teoria, politica nel pensiero (Mimesis, Milano); Abecedario (Carlo Formenti), Derive Approdi, Operaismo Quaderni Rossi Classe operaia (rivista) Raniero Panzieri Toni Negri Massimo Cacciari Pietro Ingrao Centro per la Riforma dello Stato. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere su senato, Senato della Repubblica.  Mario Tronti, su Openpolis, Associazione Openpolis.  Registrazioni di Mario Tronti, su RadioRadicale, Radio Radicale..  Centro per la Riforma dello Stato,  "Storia e critica del concetto di democrazia" (intervento di Tronti,disponibile anche in file audio, su globalproject Sito web italiano per la filosofia:  su lgxserver.uniba. Conricerca-Futuro Anteriore, su alpcub.com."Lotta contro gli idoli" (intervento di Tronti per Rai Educational, su emsf.rai. Intervista "La lotta di classe c'è ancora", La Repubblica,  "Sono uno sconfitto, non un vinto. Abbiamo perso la guerra del '900", La Repubblica. Mario Tronti. Tronti. Keywords: L’implicatura di Hobbes --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tronti” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tuberone – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Lucio Elio Tuberone. Friend of Cicero, Accademia. Enesidemo dedicates his discourses on Pirro to him.

 

Grice e Tuberone – filosofia italiana – la repubblica romana e la storia romana-- Speranza (Roma) Quinto Elio Tuberone, nipote di Emilio Paolo. Tribuno della plebe, si oppone all’Africano Minore e a Caio Gracco. Pretore. Poco lodato come oratore, si distinse per la cultura giuridica. La semplicità della sua vita e la rigidezza di suo carattere lo portano verso il portico, la cui dottrina applica nella condotta. Conosce Panezio di Rodi e ne segue l'insegnamento. Da Tuberone e da Ecatone gli futtono i scritti. La cosa è dubbia per l'influenza di Posidonio du Tuberone Figlio di Emilia, sorella di Scipione Emiliano, nipote di Lucio Emilio Paolo. Rigido seguace dello stoico Panezio, studioso di diritto e di astronomia. Uomo rigoroso e severo oppositore di Tiberio Gracco, fu bocciato all'elezione per la pretura. Console, Cicerone lo considera giurista di vaglia con una solida scientia iuris. Tutta la sua famiglia del resto godeva fama di grande dottrina giuridica.  Nome d'una famiglia romana, alla quale appartengono varî giuristi. Il primo fu console di lui Cicerone loda la dottrina giuridica. Lucio Elio T. fu legato di Q. Cicerone, proconsole d'Asia. Più noto è il figlio di lui, Quinto Elio Tuberone, che col padre prese parte alla guerra fra Cesare e Pompeo, parteggiando per quest'ultimo, ma fu perdonato dopo Farsalo; console, propose un senatoconsulto sul matrimonio confarreato. A parte un'opera ad Oppium, di cui si ignora l'argomento, scrisse alcuni libri de officio iudicis, destinati come guida del giudice privato del processo formulare. Le sue opinioni sono citate più volte con grande rispetto dalla dottrina posteriore. Scrive anche Historiae, in 14 libri. Keywords: Cicero, iuris. Scessi, studied under Panezio.

 

Grice e Tulelli – l’equilibrio: per una metafisica dell’etica -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Zagarise). Filosofo italiano. A lui sono ad oggi intitolate una via a Zagarise e una a Sant'Elia, e una sala della Biblioteca di Catanzaro. Targa commemorativa in suo onore, inoltre, posto davanti alla casa comunale di Zagarise un busto che lo raffigura realizzato da Calveri. Zagarise Busto creato dallo scultore Mario Calveri, installato davanti al Comune di Zagarise. Figlio dal marchese Gaetano Tulelli, studia presso il Convento del Ritiro dei Filippini a Zagarise e poi frequenta a Catanzaro il real liceo ginnasio e il corso presso il Pontificio Seminario Teologico Regionale San Pio X. Visse a Napoli dove compì studi filosofici e apre una scuola dove insegna filosofia morale ed estetica. La richiesta di poter istituire una scuola e inviata alle autorità competenti, le quali, prima di concedere le relative autorizzazioni, chiesero al vescovo di Catanzaro dettagliate notizie in merito alla condotta morale e politica del richiedente, la risposta inviata loro fu. Elemento di condotta soda, casta e onesta. Tra gli allievi della sua scuola molti sono appartenenti a famiglie di alto rango sociale e tra questi è possibile annoverare i figli del re Borbone che, in segno di stima, gli fanno dono di un orologio da camera di manifattura francese opera dei fratelli Japis. Molto amico di Settembrini, il quale lo cita nelle sue "Lezioni di letteratura italiana", gli trasmitte l’amore per la filosofia e gl’ideali patriottici. Allievo di Puoti e di Galluppi del quale studia e diffuse la filosofia, evidenziando il parallelismo con Kant, così come divulgò quello di altri filosofi, tra cui Capasso, Rossi e Masci. Insegna filosofia a Napoli dietro l’impulso di Sanctis, iniziando un periodo di vero splendore per l’ateneo napoletano. Cadde il Regno delle Due Sicilie e, favorevole alla formazione di uno stato unitario, porta avanti una battaglia a livello morale e giuridico per l’abolizione della pena di morte che fino ad allora era in vigore in tutti gli Stati d’Europa tranne il Granducato di Toscana. La stessa a abolita con l'adozione del codice penale del Regno d'Italia -- il cosiddetto Codice Zanardelli. La fine della dominazione borbonica fu colta come un’occasione di rinnovamento sociale e morale ed egli instilla nei suoi insegnamenti la consapevolezza che il rinnovamento politico dovesse essere accompagnato a quello morale, egli riscontra nella popolazione un’evidente scarsità intellettuale e un sentimento religioso che si manifestava mediante pratiche di culto sempre più lontane dall’essere ricche di valori spirituali e una società sempre più formalista, cerca di contrastare questa tendenza in affinità a Gioberti.  E un patriota e un liberale. La sua attività di filosofo fa si che la sua notorietà e la sua reputazione cresceno, e inoltre un oppositore degli hegeliani napoletani, e a capo degli oppositori degli Spaventiani e rappresentante del movimento filosofico del quale nella prima metà dell'ottocento fanno parte Galluppi, Colecchi, Cusani e Grazia. Sul suo valore si sono pronunciati, fra gli altri, anche Croce e Russo. Socio Ordinario dell’Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli a l’Accademia Reale Pontaniana/ In relazione all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, Tulelli e il senatore E. Pessina, in qualità di soci dell'accademia, di collocare nell'atrio dell'Università degli Studi di Napoli un busto in marmo raffigurante Galluppi, realizzato da Calì e inauguratp con una cerimonia a cui presero parte il rettore Imbriani, dei rappresentanti e diversi studenti. Della stessa accademia oltre ad esserne socio ne fu anche tesoriere come si evince dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n cui è contenuta la ri-elezione per quell'anno alla suddetta carica (omissis) S.M., sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, ha, con RR. decreti fatte le nomine e disposizioni seguenti: (omissis) Tulelli Paolo Emilio, socio della Società Reale di Napoli, approvata la sua rielezione a tesoriere dell'Accademia di scienze morali e politiche della predetta Società; (omissis). Socio Corrispondente dell’Accademia Cosentina Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici. Visse a Napoli. Nelle sue ultime volontà traspare chiaramente un radicato e forte legame con la sua terra di origine, infatti i primi due punti del suo testamento furono: volendo lasciare una prima testimonianza di affetto a Catanzaro, col fine di promuovere e favorire nel mio nativo comune di Zagarise l’educazione morale e l’istruzione letteraria e scientifica. Dispose inoltre che fosse destinata una somma in dote ad una ragazza indigente di Zagarise e che il resto del patrimonio del filosofo fosse suddiviso tra i suoi parenti.  Il documento, disponibile presso l’Archivio Notarile di Napoli, e depositato nel capoluogo campano presso lo studio del notaio M. Mazzitelli sito in via S. Giovanni numero 19.  Dondazione di libri alla città di Catanzaro al fine di fondare una biblioteca pubblica Paolo Emilio Tulelli volle donare a Catanzaro alcuni libri affinché potessero rappresentare una base di partenza per la costituzione di una biblioteca auspicando che il suo gesto potesse rappresentare un’esortazione a contribuire al suo ampliamento, una volta istituita, da parte di altri uomini generosi e amanti della cultura. Catanzaro accetta il legato che, in caso contrario, si sarebbe dovuto destinare ad ampliare il patrimonio della biblioteca del Real Liceo di Catanzaro o ad un erede del de cuius nel caso in cui il anche direttivo del liceo non avesse accettato la donazione. I libri furono trasferiti da Napoli a Catanzaro a spese del comune, così come indicato nelle ultime volontà del filosofo, e venne istituita la biblioteca comunale che venne denominata Biblioteca Municipale di Catanzaro "Onestà e lavoro", ma che oggi è conosciuta come Biblioteca comunale F. De Nobili. Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto a Catanzaro ove ebbi i primi semi del mio sapere e le prime aspirazioni alla libertà della patria italiana, lego al comune i miei pochi libri col fine espresso ed incondizionato di formare il primo fondo ad una biblioteca pubblica da fondarsi in loco adatto a vantaggio della gioventù studiosa e dei cultori della letteratura e della scienza. Istituzione di una rendita per far studiare un giovane meritevole del comune di Zagarise Per quanto concerne il comune natio, nell’intenzione di promuovere l’educazione morale, l’istruzione letteraria e scientifica nello stesso, istituì una rendita annuale, denominata Monte o Istituto Tulelli per far si che dei giovani meritevoli del suddetto comune potessero studiare e conseguire la laurea. A perenne ricordo di ciò egli dispose nelle sue ultime volontà che fosse realizzata una breve iscrizione su una lastra di marmo e che la stessa fosse posta in un luogo pubblico del comune di Zagarise. Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo comune di Zagarise l'educazione morale e l'istruzione letteraria e scientifica e così sospingere quei miei concittadini sulla via della civiltà, istituisco un Monte o Istituto per l'educazione ed istruzione dei giovinetti di detto Comune da elevarsi dal Real Governo in Ente Morale e giuridico con la dotazione di annue lire duemila di rendita al 5 per cento iscritto al gran libro dei Regno d'Italia. All'uopo destino due certificati di rendita a me intestati dell'annua rendita di L. millesettecento con la data di Firenzee l'altro dell'annua rendita di L. trecento della stessa data e sotto il N. 649. Sì fatta annua rendita sarà unicamente ed esclusivamente impiegata per l'educazione e istruzione nelle lettere e nella scienza di un giovinetto fatto volta per volta per modo che si dirà qui appresso nato a Zagarise da genitori ivi domiciliati almeno da dieci anni compiti, dell'età non minore di anni sette, che sappia almeno leggere e scrivere e mostri in generale attitudine e buona disposizione agli studi. Saggi: “I principi sostanziali ed informatori della scienza” (Napoli, Regia Università); “Dei sistemi morali e della loro possibile riduzione” (Napoli, Regia Università); “La moralità della scienza e della vita” (Napoli, Regia Università); “Elogio di V. Buonsanto” (Napoli, Fibreno); “Filadelfos di G. Gemelli: Accademia di scienze morali e politiche” (Napoli, Regia Università); “L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, e della religione” (Napoli, Regia Università); “La morale indipendente” (Napoli, Regia Università); “L’educazione popolare in Italia” (Napoli, Vaglio); La filosofia morale (Napoli, Regia Università); “Metafisica dell’estetica” (Napoli, Regia Università); “Una formula metafisica” (Napoli,  Regia Università);  “Galluppi” (Napoli, Regia Università); “Papasso e Rossi” (Napoli, Cutaneo); “Libero Stato” (Napoli, Regia Università); “Estetica” (Napoli, Vaglio); “Capasso” (Napoli, Tramater); “La rosa di Gerico” (Napoli, Poligama); “Metafisica dell'etica” (Napoli, Regia Università); “Dei sistemi filosofici”; “L’equilibriio”; “La pena di morte” (Napoli, Regia Università); Baldacchini” (Regia Università, Napoli”, Elogio di Cilento. Sulla Bella di Camarda, poema di Cappelli (Napoli); “Armonia della libertà politica e della Scienza morale”; “ Preso da immenso desiderio e ardente”; “Padre, partisti, forse desolato”; “Aspirazione a Dio”. Il pensiero morale di Tulelli, C. Nardi. Società Napoletana di Storia Patria,  Lettere a Milli, F. Adamoli. Collana "Fondo Milli" il Poeta  Via a Zagarise  Via a Catanzaro. La famiglia dona a Zagarise un'opera raffigurante il filosofo. Discorso di Paolo Emilio Imbriani all'inaugurazione del busto di Galluppi posto nell'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli  Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, Zagarise e dintorni, F. Faragò.  Lira italiana. Cavaliere Paolo Emilio Tulelli. Paolo Emilio Tulelli. Tulelli. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tulelli” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Turco – l’agnella, commedia nuova -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Asola). Flosofo italiano. Nacque da una delle più antiche e nobili famiglie d’Asola, allora fiorente cittadina della Repubblica di Venezia, dove ricoprì importanti cariche politiche in qualità di deputato, oratore e avvocato della Comunità.  La sua prima opera poetica, la Commedia Nova intitolata “Agnella”, venne rappresentata ad Asola durante i festeggiamenti per la visita dei duchi di Nemours e Beaulieu e altri illustri francesi al loro seguito. L'opera venne in pubblicata in seguito prima a Treviso, poi a Venezia. Contemporaneo ed amico di Manuzio che in una lettera encomia la sua canzone in lode di Carlo V scritta in occasione della morte di quest'ultimo. “Letta la vostra Canzone scritta in morte del Gran Carlo V, veramente Signor Carlo onorato, non troppo benigna stella, essendo voi dotato di si pellegrino ingegno e di tante altre lodevoli qualità, vi condanna a scrivere dove tra molte tenebre non può risplendere la vostra virtù, con la quale potevate illustrare voi stesso ed il secolo nostro eccitando in altri il desiderio di assomigliarvi: laddove hora, avendo voi il campo ristretto per esercitare le vostre più nobili parti, non veggo come possano apparire effetti degni di voi ed alla vostra nobile industria corrispondenti»  Questa lettera fu in seguito stampata in Venezia da Lelio Gavardo che, sempre a Venezia, pubblicò una tragedia in versi, intitolata Calestri. Altre poesie furono stampate anche in Il Sepolcro de la illustre signora Beatrice di Dorimbergo (Brescia Fabbio, Ludovico ManginiStorie Asolane, Lettera di Paolo Manuzio a Carlo Turchi, Lett. Volg. Venezia. Carlo Turco. Turco. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Turco” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Turoldo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Coderno). Filosofo italiano. Figura profetica, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale, di ispirazione conciliare.itenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento spirituale, il che gli ha valso il titolo di coscienza inquieta. Riceve con intensità le caratteristiche della semplice cultura umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino. Colse e fece propria la dignità delle condizioni povere della sua terra, che costituirono una solida radice informante tutto lo sviluppo della sua sensibilità e della sua attività futura. Accolto tra i Servi di Maria nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno di noviziato. Emise la professione religiosa; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Incomincia gli studi filosofici a Venezia.  Nel santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza e ordinato presbitero da  Rodolfi, arcivescovo di Vicenza. Assegnato al convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano. Su invito di I. Schuster, arcivescovo della città, tenne la predicazione domenicale nel duomo milanese. Insieme con il suo confratello, compagno di studi durante tutto l’iter formativo nell’Ordine dei Servi e amico Camillo de Piaz, si iscrisse al corso a Milano e conseguì la laurea con una tesi dal titolo, “La fatica della ragione: Contributo per un'ontologia dell'uomo”, redatta sotto la guida di Bontadini. Sia Bontadini sia Carlo Bo gli offriranno il ruolo di Assistente universitario, a Milano, il secondo a Urbino. Durante l'occupazione nazista di Milano collabora attivamente con la resistenza creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta dell'umano contro il dis-umano, perché la realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita. La sua militanza dura tutta la vita, interpretando il comando evangelico essere nel mondo senza essere del mondo come un essere nel sistema senza essere del sistema. Rifiuta sempre di schierarsi con un partito.  Il suo impegno nel dialogo senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche duro, si tradusse in particolare nel far nascere, insieme con Piaz, il centro culturale la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei Servi conduceva al duomo). Uno dei principali sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra con la fraternità come unica legge, fondato da Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo fondi presso la ricca borghesia milanese. Si rende noto al grande pubblico con due raccolte di liriche “Io non ho mani” (che gli valse il Premio letterario Saint Vincent) e “Gli occhi miei” lo vedranno, presentato nella collana mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti.  A seguito di prese di posizione assunte da politici locali e da alcune autorità ecclesiastiche, deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei Servi dell’Austria e della iera. Venne dai superiori dell’Ordine assegnato al convento della Santissima Annunziata di Firenze, e qui incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra Giovanni Vannucci, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, e molti altri che nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze di rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.  Rientrato in Italia, venne assegnato al convento di Santa Maria delle Grazie, nella “sua” Udine. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli emigrati friuliani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo “Gli ultimi” e ispirato al racconto Io non ero fanciullo scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso con la regia di Vito Pandolfi. Presentato a Udine, il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che lo ritenne addirittura offensivo. Incomincia a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa comunitaria, allargata alla partecipazione anche di laici. Questo luogo, con le indicazioni ricevute da amici, venne individuato nell’antico Priorato cluniacense di Sant'Egidio in Fontanella. Ottenuto il consenso del vescovo bergamasco C. Gaddi, nvi si insediò ufficialmente. Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa per l’ospitalità, che chiamò Casa di Emmaus, titolo ispirato all’episodio della cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza, senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono tutta la presenza e la sua multiforme opera. Costituì inoltre un punto di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana. Per molte personalità del mondo ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione metrica per il canto dei Salmi e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è ispirato all’Ordine dei Servi di Maria, “Servitium”, e ad altre pubblicazioni che si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio Servitium.  Innumerevoli furono gli interventi di padre David sui media, dalla carta stampata alle trasmissioni radio e televisive; innumerevoli i luoghi e le circostanze in cui è stato chiamato a intervenire con la sua avvincente parola. Da ricordare in particolare i suoi “viaggi della memoria” nei luoghi della Shoah, tra cui spicca quello a Mauthausen. In quell'occasione compose una preghiera, poi recitata nella cerimonia conclusiva, pubblicata successivamente nel libro “Ritorniamo ai giorni del rischio”. Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore del pancreas, visse con lucida consapevolezza e trasparente coraggio l’ultimo periodo della vita, dando una incoraggiante testimonianza sul cammino verso “sorella morte”. Migliaia di persone sfilarono accanto alla bara in cui era esposto il corpo di padre I funerali a Milano videro la partecipazione di una numerosa folla nella chiesa di San Carlo al Corso, dove presiedette le esequie il cardinale C. Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la propria opinione secondo la quale la chiesa riconosce la profezia troppo tardi. Un secondo rito funebre venne celebrato nel pomeriggio a Fontanella di Sotto il Monte, presente ancora una folla che copriva tutta la collina circostante l’antico Priorato. Nel piccolo cimitero locale riposa ora sotto una semplice croce lignea, in mezzo alla sua gente. Servitium dedicò perciò alla sua figura un quaderno a frate dei Servi di santa Maria e ugualmente fece nel decennale.  La grande passione. Opere: Poesia e opere letterarie «Lungo i fiumi..» I Salmi Milano, San Paolo, O sensi miei...: (Poesie (Milano, Rizzoli). Sul monte la morte, Servitium, La morte ha paura, Servitium,  poesie, Milano, Garzanti Teatro, Servitium,  I giorni del rischio (con Salmodia della speranza e rappresentazione in Duomo a Milano con Moni Ovadia), Servitium,   Salmi e cantici. Nuova edizione riveduta della versione metrica per il canto di Turoldo, Servitium,  La passione di San Lorenzo, Servitium (La terra non sarà distrutta, Servitium,  Luminoso vuoto. Scritti, Servitium, David M. Turoldo, Loris F. Capovilla, Nel solco di Giovanni, lettere inedite” (Servitium. Saggistica e spiritualità. Lettere dalla Casa di Emmaus, Servitium, La parabola di Giobbe, Servitium, Santa Maria.Servitium, Mia chiesa, una terra sola, Servitium,  Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia. Milano, Rizzoli, Come i primi trovadori, Servitium, Colloqui con Giovanni, Servitium, Profezia della povertà, Servitium, Chiamati ad essere, Servitium, È Natale, Servitium, Mio amico don Milani, Servitium, Pregare, Servitium, Anche Dio è infelice, San Paolo,.Amare Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, Padre del mondo, Servitium,  Povero sant’Antonio, Il Messaggero, Padova. Narrativa Mia infanzia d’oro (con “Ritratto d’autore” Servitium,...e poi la morte dell'ultimo teologo Torino, Gribaudi. “Gli ultimi” Regia: Vito Pandolfi; soggetto: Turoldo; sceneggiatura: Vito Pandolfi e David Maria Turoldo. Tra le tante, ci fu "un'iniziativa che fu tentata pochi giorni prima della morte di Moro e che è stata evocata da B. Craxi nel corso della sua audizione nella prima Commissione d'inchiesta. In quella circostanza, l'onorevole Craxi affermò che fu chiamato da Turoldo, che gli chiedeva sostanzialmente di domandare alla Nunziatura apostolica di dichiararsi disponibile come sede per far svolgere una trattativa. Turoldo chiese due giorni di silenzio stampa e insistette molto, con veemenza, affermando che era la sola via possible. (XVII Legislatura, Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, Resoconto stenografico, “Tra i memoriali di Mauthausen”, in “Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera”, Milano, Corriere "E Turoldo nascose le armi dei partigiani" La vita, la testimonianza Morcelliana. C. Piaz e la Corsia dei Servi di Milano, Morcelliana, Turoldo e gli organi divini. Lettura concordanziale di “O sensi miei...”, Olschki, Una vita con gli amiciIl mondo delle amicizie di Turoldo, documentario R. Salvi, Roma, Rai-Educational, A. D'Elia, La peregrinatio poietica prefazione di Dante della Terza, Firenze, Leo s. Olschki, Marco Cardinali, Il Dio Inseguito. Viaggio alla scoperta della poesia di David Maria Turoldo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma, O. Romero E. Balducci C. De Piaz N. Fabbretti. Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. David Maria Turolo. David M. Turoldo. David Turoldo. Giuseppe Turoldo. Turoldo. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Turoldo” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Tuveri – filosofia sarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Collinas). Filosofo italiano. Figlio un noto avvocato. Studia a Cagliari. Di idee repubblicane comincia l'attività in polemica con molti intellettuali monarchici e conservatori. Federalista, al Parlamento Subalpino si oppose alla fusione della Sardegna col Piemonte, e e in forte contrapposizione con Gioberti per le posizioni anti-repubblicane e anti-mazziniane.  Fonda La Gazzetta Popolare, collabora con numerosi giornali e assunse la direzione del Corriere di Sardegna. Sindaco, propose il nome di Collinas. Lotta contro il centralismo del Regno di Sardegna chiedendo maggiore autonomia, soprattutto fiscale, per i piccoli comuni. Amico di Cattaneo e Mazzini, solleva la cosiddetta questione sarda, promuovendo un riscatto della Sardegna e del popolo sardo contro uno stato giudicato centralista e oppressivo.  Scrive numerosi saggi filosofici. Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma della Sardegna  promouove la ristampa dei suoi saggi, editore C. Delfino, con una introduzione di Bobbio. Saggi: “Pintor” (Torino, Tipografia G. Cassone); “Specifici contro il codinismo, Cagliari, Arcivescovile, Del diritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi. Trattato filosofico, Cagliari, Tipografia Nazionale, Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Esazioni e compulsioni, Cagliari, Timon); La questione barracellare, Cagliari, Timon, Della libertà e delle caste, Cagliari, Corriere di Sardegna, Sofismi politici, Napoli, Rinaldi); “Il veggente; Del dritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi, Aldo Accardo, Luciano Carta, Sebastiano Mosso; introduzione di Norberto Bobbio, Della libertà e delle caste; Sofismi politici, Maria Corona Corrias e Tito Orru, Opuscoli politici. Saggio delle opinioni politiche del signor deputato sardo Giovanni Siotto Pintor; Specifici contro il codinismo, Girolamo Sotgiu, Il governo e i Comuni; La questione barracellare, Lorenzo Del Piano e Gianfranco Contu, Scritti giornalistici. Questione sarda, federalismo, politica internazionale, questione religiosa, Lorenzo Del Piano, Gianfranco Contu e Luciano Carta, Per la vita e i tempi di Tuveri e altre opere, A. Delogu,  Fonte: "Centro di studi filologi sardi". Scheda sul sito della Camera  Indipendentismo sardo,  Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Google Libri. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, DaTuveri all'intuizione della concorrenza istituzionale, di A. Bomboi. Venezia; Tuveri. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Tuveri: implicature sarda” – The Swimming-Poo Library.

 

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