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Sunday, May 26, 2024

GRICE ITALICO A/Z S

 

Grice e Sabellio: escatologia -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He struggles with the problem brought by the Galileans – from Galilea, not followers of the Florentine astronomer -- about the trinità. He argues that the three dimensions of the so-called ‘trinità’ should be understood as three modes of one single being, rather than as three separate persons. The theory, which he dubs ‘modalism,’ is soon condemned as heretical, as is he.

 

Sabinillio: l’accademia romana – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. A senator, who counts Plotino as his tutor, and whose doctrines he follows.

 

Grice e Sacchi: i lombardi e la filosofia -- filosofia longobarda – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Casa Matta di Siziano). Filosofo italiano. La sua saggistica e molto abbondante e abbraccia i campi più diversi della filosofia. A differenza di altri poligrafi del tempo la sua filosofia si basa su una solida formazione e un sapere quasi enciclopedico, per cui i suoi saggi, pur influenzati -soprattutto nella forma- dalle mode culturali del tempo, mantengono anche oggi un indubbio valore. A Pavia conduce i suoi studi, che dapprincipio si indirizzarono alla filosofia. Tra i suoi maestri vi e Romagnosi. Corrispondente di Fauriel e Gioia. Si trasfere a Milano. Collabora a varie riviste. Dirige «Cosmorama pittorico». Socio della Reale Accademia delle Scienze di Torino. Saggi:  “La Storia della filosofia greca” (Pavia, Capelli) La Collezione dei Classici Metafisici, Mascheroni” (Pavia, Bizzoni);  “I Lambertazzi e i Geremei, o le fazione di Bologna – cronaca di un trovatore” (Milano, Stella); “La pianta dei sospiri” (Milano, Silvestri);  Le Antichità romaniiche d'Italia, Diritto pubblico universale, o sia Diritto di Natura e delle Genti, Biblioteca Scelta di opere dal latino); “Uomini Utili e Benefattori del Genere Umano” (Milano, Silvestri);  I voti dell'Italia. I. Cesare,  "L'Omnibus Pittoresco", La mia vita (Pavia, Bizzoni); Filosofia (Milano, Cisalpino); Elogio del sensismo, Pavia, Bizzoni, Della filosofia di Socrate” Pavia, Bizzoni,  I trovatori e le galanterie nel Medio evo, Milano, Ripamonti Carpano, Oriele o Lettere di due amanti” (Pavia, Bizzoni); “Lodi Orcesi, Milano, Silvestri, Biblioteca Braidense  Marcellina, C. Béchet, Geltrude. Romanzo italiano con note storiche, Milano, Bettoni, Diritto pubblico universale di Gio. Maria Lampredi volgarizzato, Milano, Silvestri); “I fregi simbolici di San Michele in Pavia", Antichita romantiche [romaniche] d'Italia, e Giu Milano, Stella); “Della condizione economica, morale e politica degli italiani nei bassi tempi”; “Saggio intorno all'architettura simbolica, civile e militare in Italia”’ “Saggio intorno all'origine de' Longobardi, alla loro dominazione in Italia, alla divisione dei due popoli ed ai loro usi, culto e costume” (Milano, Stella); “Della condizione economica, morale e politica degli Italiani ne' tempi municipali”; “Sulle feste, e sull'origine, stato e decadenza de' municipii italiani nel Medioevo” (Milano, Stella); “Annali universali di statistica economia pubblica, storia, viaggi e commercio; “Sull’'indole della letteratura italiana; ossia della letteratura civile, con un'appendice intorno alla poesia eroica, sacra e alle belle arti” (Pavia, Landoni); “ Intorno alle dighe marmoree o murazzi alla laguna di Venezia ed alla istituzione del porto franco” (Milano, Editori degli Annali Universali delle Scienze e dell'Industria, Miscellanea di lettere ed arti, Pavia, Bizzoni); “L'arca di Sant'Agostino: monumento in marmoora esistente nella chiesa cattedrale di Pavia, colle illustrazionii” (Pavia, Fusi); “Intorno alle costumanze, alle arti, agli uomini e alle donne illustri d'Italia” (Milano, Stella); “Intorno alla pasta, alla smania musicale del secolo, a Volta e a' progetti pel monumento da erigersegli in Como ed a qualche buona o cattiva moda della capitale: lettera inutile” (Milano, Stella); “Cose inutile” (Milano, Visaj); “Teodote: storia” (Milano, Nervetti); “Le belle arti in Milano, Nuovo Raccoglitore, Questioni sull'architettura rituale in relazione alle opinioni del conte Cordero di San Quintino e dell'avvocato Robolini", in Annali Universali di Statistica”; “Le arti e l'industria in Lombardia” (Milano, Visaj); “Del bello” (Milano, Silvestri); Instituti di beneficenza a Torino (relazione), Milano, a Società degli editori degli annali universali delle scienze e dell'industria, Lezioni d'un parroco sul cholera” (Milano, Bravetta, Gli asili dell'infanzia: loro utilità ed ordinamento. Memorie popolari italiane” (Milano, Manini); “Novelle e racconti, Milano, Manini); “L' Arco della Pace a Milano descritto e illustrato e pubblicato per la fausta inaugurazione fatta da S.M.I.R.A. Ferdinando 1, Milano, Manini; B. Luino, Cosmorama pittorico, Le streghe. Dono del folletto alle signore, Milano, Manini); “Amori e vicende dei quattro sommi poeti italiani: Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso. Studi storici-biografici” (Milano, Vallardi). Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Defendente Sacchi. Sacchi. Keywords: Lombardi, longobardi, filosofia lombarda – pagenismo Lombardo – lingua lombarda – simbolo Lombardo --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sacchi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Sacchi: gastro-filosofia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Piadena). Filosofo italiano Il Platina. Garin.  Detto il Plàtina. Muore a Roma. Umanista e gastronomo italiano.   Nacque a questo paese vicino a Cremona chiamato, in latino, Platina, da cui prese il soprannome. Della sua giovinezza si conosce poco: intraprese la carriera delle armi militando al servizio di Sforza e Piccinino come mercenario, ma presto si trasferì a Mantova per avviarsi agli studi umanistici. Nella città dei Gonzaga e discepolo di Ognibene da Lonigo, che aveva assunto la guida della Casa Gioiosa dopo Iacopo da San Cassiano, succeduto a Vittorino da Feltre morto. Cominciò la sua carriera come precettore del figlio di Ludovico III Gonzaga. Al marchese dedicò il primo scritto di cui abbiamo notizia: il Bartholomaei Platinensis Divi Ludovici marchionis Mantuae somnium, un'operetta sotto forma di dialogo in lode delle cure prestate da Ludovico nella trascrizione delle opere di Virgilio.  Secondo l'uso umanistico Sacchi scelse come nom de plume quello della propria città natale, cambiandolo presto da Platinensis a Platina. Per quanto ottenesse dal duca di Milano Francesco Sforza – tramite l'intercessione della moglie di Ludovico Barbara di Brandeburgo – un salvacondotto per andare in Grecia a perfezionare le proprie conoscenze del greco antico e dell'antichità classica, mutò parere quando seppe che Giovanni Argiropulo, celebre umanista di orientamento platonico, sarebbe venuto a Firenze in qualità di docente di filosofia, preferendo stabilirsi nella città medicea. Si recò quindi a Firenze per ascoltare le lezioni dell'Argiropulo, entrando a far parte dell'ambiente culturale locale e stringendo amicizia con celebri umanisti quali FICINO, Bracciolini, Filelfo, LANDINO, ALBERTI (si veda), PICO (si veda), e molti altri. Divenne inoltre precettore presso la famiglia Medici pur legandosi alla famiglia Capponi, di parte repubblicana. Di Neri Capponi tradusse i Commentari aggiungendo una nota biografica probabilmente più tarda.  Degli autori antichi predilesse in particolare Virgilio, che studiò molto approfonditamente, curando tra l'altro una raccolta, perduta, dei modi di dire greci presenti nei testi dell'autore mantovano. A Ludovico III Gonzaga spedì un codice delle Georgiche e una copia miniata delle opere virgiliane, incitandolo a far erigere in città un monumento al suo poeta più noto.[4] Il Platina tenne l'orazione funebre di Gonzaga. Non fu solo educatore, ma anche umanista, studioso di letteratura e tradizioni popolari. Si trasferì a Roma al servizio del giovane cardinale Francesco Gonzaga, in qualità di suo segretario; divenne abbreviatore dei papi Pio II e Paolo II con alterne fortune. Venne infatti IMPRIGIONATO e sottoposto a tortura, con l'accusa di congiura contro il papa, e, assieme ad altri abbreviatori, di avere idee pagane. Per vendetta ritrasse in modo sfavorevole la personalità di Paolo II nella biografia scritta un decennio dopo.  Uscito prosciolto dal processo, vide salire le proprie fortune sotto il papato di Sisto IV, che lo nominò direttore della Biblioteca Vaticana dove scrive il Liber de vita Christi ac omnium pontificum, una raccolta delle biografie dei pontefici vissuti sino ad allora. Negli stessi anni pubblicò il De principe, il De vera nobilitate e il De falso et vero et bono.   De honesta voluptate et valetudine Il suo lavoro principale resta tuttavia un breve trattato di gastronomia, il De honesta voluptate et valetudine. Il De honesta voluptate et valetudine fu stampato una prima volta a Roma da Han, anonimo e senza note tipografiche, e subito dopo a Venezia (Platine de honesta voluptate et valetudine, Venetiis: Laurentius de Aquila, con indicazione di autore e note tipografiche. L'edizione più corretta, fra le antiche, secondo l'italianista Faccioli, rimane quella pubblicata a Cividale del Friuli, stampata da Gerardo da Fiandra. In quest'opera, S. trascrive in latino tutte le ricette - originariamente scritte in lingua volgare - di Maestro Martino, celebre, di cui S. loda l'inventiva, il talento, la cultura. La forza iconoclasta di Martino, spinge S. su inedite, quanto avveniristiche, analisi sulla gastronomia, sulla dieta, sul valore del cosiddetto "cibo del territorio" e persino sull'utilità di una regolare attività fisica. Morì a Roma, forse a causa della peste. Fu sepolto nella basilica di Santa Maria Maggiore. Altri sagi: Divi Ludovici Marchionis Mantovae somnium, cura di Portioli, Mantova, Oratio de laudibus illustris ac divi Ludovici Marchionis Mantovae, in F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, cur. Amadei, Marani, Praticò, Mantova, Vita Nerii Capponi, in Rerum Italicarum scriptores, Milano, Commentariolus de vita Victorini Feltrensis, in Il pensiero pedagogico dello Umanesimo, a cura di E. Garin, Firenze, Oratio de laudibus bonarum artium, in Vairani, Cremonensium monumenta Romae extantia, vol. I, Roma, Vita Pii Pontificis Maximi, cur. Zimolo, in Rerum Italicarum scriptores, Bologna, Dialogus de flosculis quibusdam linguae Latinae, cur. Filelfo, Milano, De honesta voluptate e valitudine, De honesta voluptate et valetudine, Venezia, Benali, Il piacere onesto e la buona cucina, cur. Faccioli, Collana NUE, Einaudi, Torino, I a De honesta voluptate et valitudine. Un trattato sui piaceri della tavola e la buona salute. Nuova edizione commentata con testo latino a fronte, cur. Schianca, B.A.R. Olschki, Firenze, Historia urbis Mantovae Gonziacaeque familiae, cur. Lambeck, Rerum Italicarum scriptores, Milano, Tractatus de laudibus pacis, in Benziger, Zur Theorie von Krieg und Frieden in der italienischen Renaissance, Frankfurt, Oratio de pace Italiae confirmanda et bello Thurcis indicendo, cur. Benziger, Panegyricus in laudem amplissimi patris Bessarionis, in Patrologia Graeca, De principe, cur. Ferraù, Palermo, De falso et vero bono, dedicato a Sisto IV, Collana Edizione nazionale testi umanistici, Storia e Letteratura, Roma, Liber de vita Christi ac omnium pontificum, prima edizione Venezia; edizione critica: Gaida, in Rerum Italicarum, scriptores, Castello; in latino, Lives of the Popes, cur. Elia, Cambridge, Mass.; edizione in latino della vita di Paolo II:  S., Paul II. An Intermediate Reader of Renaissance Latin, cur. Hendrickson et al. Oxford (OH) De optimo cive, cur. Battaglia, Bologna; Un trattato o lettera polemica contro Giudici; perduto, ma parzialmente citato in una replica successiva in Giudici, Apologia Iudaeorum; Invectiva contra S., cur. Quaglioni, Roma, Plutarco, De ira sedanda, tradotto da S., in Vairani, Cremonensium monumenta. Vita amplissimi patris Ioannis Melini, cur. Blasio, Roma, Lettere: S. custodia detenti epistulae, a cura di Vairani, Cremonensium monumenta; edizione critica: Lettere, cur. Vecchia, Roma, cur. di S.:  Flavio, Historiarum libri numero VII, Roma, Practica, traduzione e commento di Capparoni, Istituto di Storia della Medicina, Roma, Manoscritti  Libri Tres de Principe, manoscritto, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo manoscritti Vocabula Bucolicorum, Vocabula Georgicorum, MS Berlin, Staatsbibliothek, Lat. Liber privilegiorum, MS Archivio segreto Vaticano, A.A. Arm. Epitome ex primo, PINIO De naturali historia, e. g. MS Siena, Biblioteca comunale, De vera nobilitate, in S., Hystoria de vitis pontificum, Venezia, foll. C5v-D3v. Dialogus de falso ac vero bono, dedicato a Paolo II, e.g. Milan, Biblioteca Trivulziana, Mss., Dialogus contra amores, de amore, in S., Hystoria de vitis pontificum, Venezia, cur. Mitarotondo, Messina, Libri Tres de Principe, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo manoscritti. Per una biografia dettagliata cfr. Bauer, The Censorship and Fortuna of S.’s Lives of the Popes, Turnhout, Brepols, Su Iacopo vedi Alessandro e Napolitani, Archimede Latino. Iacopo da San Cassiano e il corpus archimedeo, Paris, Les Belles Lettres, Faccioli, Notizie biobibliografiche, in S., Il piacere onesto e la buona salute, Torino, Einaudi, Faccioli, Simon, Gonzaga. Storia e segreti, Ariccia,  Di questa edizione è stata presentata una bella riproduzione in facsimile a cura dalla Società filologica friulana. Voci correlate Sisto IV nomina S. prefetto della biblioteca Vaticana. Plàtina, Il, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S., detto il-, su sapere.it, Agostini. Bauer, S., Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S. u open MLOL, Horizons Unlimited srl., S., su Open Library, Internet Archive. su S., su Les Archives de littérature du Moyen Âge. S., in Catholic Encyclopedia, Appleton, S. - Relations with Leto, Repertorium Pomponianum, Roma nel Rinascimento Bauer, Quod adhuc extat. Le relazioni tra testo e monumento nella biografia papale del Rinascimento, QFIAB, Bauer, The Censorship and Fortuna of S.'s "Lives of the Popes,” Turnhout, Brepols, Predecessore Bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana Successore Emblem Holy See.svg Giovanni Andrea Bussi Zanobi Acciaiuoli. Portale Biografie Portale Letteratura Categorie: Umanisti italiani Gastronomi italiani Italiani Nati a PiadenaMorti a Roma Storia della cucinaUmanisti alla corte dei Gonzaga Scrittori di gastronomia italiani[altre]. Grice: “Wikipedia doesn’t have it as FILOSOFI ITALIANI, but gastronomist – so one has to be careful. We include him here just as a nod to Garin. There are gaps about FILOSOFI ROMANI, too, which has to be taken into account. Bartolomeo Sacchi. Keywords: guerra/pace, Plinio. Sacchi.

 

Grice e Sacheli: all’isola -- implicatura axio-fenomenista dei parnasesi – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Canicattì). Filosofo italiano. Studia a Caltanissetta. Iniziato in massoneria nella loggia Cavallotti di Girgenti. Si laurea a Palermo sotto Colozza e Guastella. Insegna a Bologna, Girgenti, Caltanissetta, Bressanone, Genova, Cagliari e Messina. Con i suoi saggi da un apporto all'approfondimento all'interpretazione della filosofia di AQUINO. "La carità del natio loco" lo spinge a scrivere sulle tradizioni, i miti e le leggende di Canicattì, collaborando con Sicania e pubblicando i risultati delle sue ricerche nelle Linee di folklore canicattinese, Acireale, Popolare. Altri saggi: Indagini etiche: i criteri, il problema dell'etica, Milano, Sandron; Atto e valore, Firenze, Sansoni – cf. H. P. GRICE, THE CONCEPTION OF VALUE, ACTIONS AND EVENTS --; Ragion pratica: preliminari critici, Firenze, Sansoni; Crisi della pedagogia, Roma, Perrella; Concetto di didattica, Messina, Anna; Ottaviano, Sophia: rassegna critica di filosofia e storia della filosofia, MILANI,  Gnocchini, “L'Italia dei Liberi Muratori”. Erasmo, Ferrante, Calogero. Angelo Sacheli. Sacheli. Keywords: membro dei parnasensi, parnaso di canicatti, massoneria, liberi muratori, folklore canicattinese, filosofia siciliana, loggia felice cavallotti di Girgenti, implicatura fenomenista, fenomenismo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sacheli” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Saitta: all’isola -- l’animo – filosofia fascista – la romanitas di Tertuliano -- il ventennio fascista -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Castelferrato). Filosofo italiano. Allievo di GENTILE, seguace e interprete del suo idealismo attuale. Studia a Nicosia, Monreale, e Palermo. Frequentando le lezioni di GENTILE, si accosta al suo idealismo. Si laurea in filosofia. Insegna a Terranova, Lucera, Cagliari, Sassari, Fano, Faenza, Bologna, Firenze, e Pisa. Dirigge “Vita Nuova” a Bologna, cura la rubrica Noi e gl’altri Spunto polemico, firmando i suoi interventi con lo pseudonimo di "Rustico", distinguendosi per i toni accesi e le posizioni anti-clericali e anti-concordatarie, che lo portarono a scontrarsi con cattolici. Adere infatti a una concezione movimentistica e rivoluzionaria del regime fascista, che interpreta come il compimento del valore romantico del risorgimento, intendendo la nazione italiana in senso hegeliano quale sintesi tra cittadino italiano individuale e l’universale della romanita. Col suo attivismo riusce a esercitare una forte capacità d’attrazione. Così si sviluppa quella tendenza a preferire la sua scuola di storia della filosofia dove la preparazione di tipo scolastico e le esigenze tecniche sono minori, ma dove si sente un calore ideale, una passione filosofica, un fervore per la italianita, e una forza di convinzione spesso dura, e più che dura, ma più vicina a quei sentimenti e a quelle esigenze fasciste, una decisione innovatrice suggestiva e che sembra offrire un orientamento vitale per la soluzione di quei problemi. Accogliendo la concezione gentiliana dell'atto come perenne auto-creazione dello spirito italiano che tutto comprende, sviluppa una visione attualistica dell'idealismo non riducibile a una teoria statica, bensì intesa come azione e continuo dinamismo. Questo lo porta a esaltare la libertà creativa della ragione umana contro ogni forma di oggettività e di dogmatismo. Da qui la sua accentuazione della polemica anti-religiosa, e la riscoperta, nel solco delle tesi formulate da SPAVENTA e dallo stesso GENTILE, della corrente immanentistica della filosofia rinascimentale italiana che egli pone a fondamento della genesi dell'idealismo moderno. Questo immanentismo, per il quale il divino si esprime nell'attività dello spirito umano, è un reale umanismo che rende possibile la libertà dell'individuo, nella quale consiste la coscienza illuministica, da lui contrapposta a quella tradizionale, oppressiva e decadente, della trascendenza.  Per difendere la libertà del soggetto da ogni autoritarismo e sopraffazione, si è schierato tuttavia non solo contro il dualismo dell’accademia, la teologia di impianto aquinistico e la neo-scolastica, ma in parte anche contro lo stesso idealismo di Hegel che finisce per oggettivare la ragione facendone un sistema assoluto da lui ritenuto all'origine dello schiavismo. Persino nell'attualismo di GENTILE e rimasto un retaggio del trascendente, quando esso attribuisce lo spirito ad un io assoluto anziché ai singoli individui. Sono costoro i veri creatori di valori spirituali, coloro cioè in cui va identificato il soggetto trascendentale. In tal modo intende preservare la portata stessa dell'atto creativo dello spirito dell'idealismo gentiliano, rivestendolo di significati empirici, positivistici, contigenti. Altre saggi: Lo spirito come eticità, (Bologna, Zanichelli; La coscienza illuministica, Genova, Orfini; Libertà ed esistenza, Firenze, Sansoni; L’immanenza, Bologna, Zuffi; La scolastica e la politica dei gesuiti, Torino, Bocca; Le origini dell’aquinismo, Bari, Laterza; Gioberti, Messina, Principato); Ficino (Messina, Principato); “L'educazione dell'umanesimo in Italia (Venezia, La Nuova Italia); “Filosofia italiana ed umanesimo (Venezia, La Nuova Italia); “AQUINO” (Firenze, Sansoni); “La teoria dell'amore e l'educazione del Rinascimento (Bologna, U.P.E.B.); “L'illuminismo della sofistica” (Milano, Bocca) Il pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento (Bologna, Zuffi); “L’Umanesimo italiano” (Bologna, Tamari). Centineo, Ricordo, Giornale critico della filosofia italiana, Firenze, Sansoni,  Sorbelli, L'Archi-ginnasio: bollettino della Biblioteca comunale di Bologna,  direzione di F. Bergonzoni, Regia tipografia dei fratelli Merlani, Università degli studi di Firenze, S. Salustri, L'Università fascista di Bologna: un modello di Accademia per il regime?, in Accademie e scuole: istituzioni, luoghi, personaggi, immagini della cultura e del potere” (Milano, Giuffrè); Pisani, Paideia, Casa Paideia, Pertici, Storia della storiografia,  Jaca, Mangoni, “L'interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo” (Bari, Laterza). Cantimori ricorda con commozione l'irrequietezza spirituale della sua scuola e la sua attenzione volta ad argomenti quasi ignorati dalla cultura Italiana – Bandini, Storia e storiografia: studi su Cantimori. Atti del convegno tenuto a Russi, Riuniti).  Cit. in Pertici, Storia della storiografia, “Forse meglio di ogni altro, intese dell'attualismo l'istanza realmente umanistica, e di un "reale umanismo” “E questa appunto volle sotto-lineare e difendere contro ogni mistificazione. Così lo vediamo ridurre tutta la dialettica gentiliana a lotta sempre risorgente fra ragione umana liberatrice e costruttrice di una società di uomini liberi, e la coscienza tradizionale cristallizzata nelle oppressioni di strutture portatrici di una filosofia di morte. Ricordo.  La filosofia come celebrazione della soggettività è quasi tutta sbozzata con Ficino. Con lui, anziché col Campanella, come da altri è stato frequentemente ripetuto, s'inizia la conoscenza illuministica, Centineo, Ricordo, Giornale critico della filosofia italiana», Firenze, Sansoni, Morra, L'immanentismo assoluto, Giornale critico della filosofia italiana», Garin, “Cronache di filosofia italiana” (Bari, Laterza); Melchiorre, Storiografi italiani (Villalba di Guidonia, Aletti). Attualismo, Filosofia rinascimentale, Idealismo italiano, Cantimori, Gentile  Ricordo.  Giuseppe Saitta. Saitta. Keywords: romanitas -- filosofia fascista, l’universita fascista di Bologna, le reviste filosofiche fasciste, Vita Nuova, immanenza e non trascendenza, lo spirito italiano, l’universale dell’italianita, l’universale della romanita, l’amore di Ficino, Campanella, Cantimori, contro la scolastica, animo, l’animo, vita nuova, contratto sociale, Rousseau, Firenze. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Saitta” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Saliceto: il diritto bellico – la guerra è la guerra -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Balsamo). Filosofo Italiano. Grice: “Since Sua Eccellenza Verri-Visconti calls himself a hyphenated philosopher, I who amn’t, shall list him under Visconti!” Esential Italian philosopher. Like Grice, he wrote on ‘happiness.’ Like Grice, he writes on ‘pleasure.’ Like Grice, he was a very clubbable man. Ritratto tagliato Barone di Rho. Consorte Marietta Castiglioni Vincenza Melzi d'Eril. Figli Teresa, Alessandro (da Marietta Castiglioni). Filosofo. Considerato tra i massimi esponenti dell'illuminismo, è altresì ritenuto il fondatore della scuola illuministica milanese. Nasce dal conte Gabriele Verri-Visconti, magistrato e politico conservatore, della nobiltà milanese. Avviati gli studi nel collegio dei gesuiti di Brera, e uno dei trasformati. Si arruola nell'esercito e prende parte alla Guerra dei VII Anni. Fermatosi a Vienna, intraprende la redazione delle Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, che gli varranno il primo incarico di funzionario. Pubblica le Meditazioni sulla felicità. Devienne a Milano uno dei pugni, nucleo redazionale del caffè, destinato a diventare il punto di riferimento del riformismo illuministico. Tra i suoi saggi più importanti per Il Caffè si  ricordano Elementi del commercio; Commedia; “Medicina”; “I parolai”. Ha rapporto epistolari anche con gl’enciclopedisti. d'Alembert visita i pugni. Parallelamente all'impresa editoriale, intraprende la scalata del governo d’Austria allo scopo di mettere in prattica le riforme propugnate nel “Caffe”.Membro della Giunta per la revisione della "ferma" (appalto delle imposte ai privati) del Supremo Consiglio dell'Economia. Fonda la Società patriottica. “Meditazioni sull'economia politica”. Il discorso sull'indole del piacere -- e del dolore”; “i Ricordi” e le “Osservazioni sulla tortura”. Il suo è uno stile asciutto e libero, pieno di trattenuto vigore. Con Giuseppe II al trono d'Austria, gli spazi per i riformisti milanesi si riducono, e lascia ogni incarico pubblico, assumendo un atteggiamento sempre più critico. Pubblica la “Storia di Milano.” All'arrivo di Napoleone, prende parte alla fondazione della Repubblica Cisalpina, culla del tricolore italiano. Muore durante una seduta notturna della municipalità. Grazie a lui Milano divenne il più importante centro degl’illuministi. L'ipotesi di civiltà che scature da lui e forse troppo avanzata per poter essere adeguatamente raccolta dalla nostra cultura; e comunque lo colloca a pieno titolo tra le espressioni più alte degl’illuministi. Il suo grande merito e aver creato in Lombardia un centro di aggregazione illuminista: Il Caffè dei pugni, Ciò che desta curiosità rimane il titolo con cui lui scelse di intitolare la sua testata, dovuta al rilevante fenomeno della diffusione di caffè (bar), come luoghi dove poter intraprendere un libero e attuale dibattito culturale, politico e sociale. Con i suoi articoli sul dolore e il piacere, sottoscrive la dottrina di Helvétius, nonché il sensismo di Condillac, fondando sulla ricerca della felicità e del piacere l'attività degl’uomini. Gl’uomini tendeno a sé stessi al piacere e sono pervasi dal dolore. I suoi piaceri non sono altro che momentanee interruzioni del dolore. La felicità degl’uomini non è quella personale o soggetiva, ma quella a cui partecipa il “collettivo,” quasi eutimia o atarassia. Per quanto riguarda la politica e l'economia, lui è controverso. Per quanto riguarda l'ambito economico, negli Elementi del Commercio e nella sua più grande opera economica Meditazioni sull'economia politica, enuncia (anche, per primo, in forma matematica) la legge di domanda e offerta, spiega il ruolo della moneta come merce universale, appoggia il libero scambio e sostenne che l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti è assicurato da aggiustamenti del prodotto interno lordo (quantità) e non del tasso di cambio (prezzo). Di conseguenza, può essere visto come un marginalista. Si nota, però, come assuma atteggiamenti di difesa del concetto di proprietà privata e del mercantilismo. S. ritiene che solo la libera concorrenza tra eguali possa distribuire la proprietà private. Tuttavia pare favorevole principalmente alla piccola proprietà, per evitare il risorgere delle disuguaglianze. S. con le Osservazioni sulla tortura esprime la sua contrarietà all'uso della tortura. Define ingiusto e antistorico un modello così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi. Non pubblica l’opuscolo per non inimicarsi, con le pesanti critiche alla magistratura in esso contenute, il senato di Milano (tribunale) presso cui si sta decidendo dell'eredità del padre. “Dei delitti e delle pene” di Beccaria prende in gran parte le mosse proprio dalle bozze delle osservazioni sulla tortura, oltre che dagli articoli de Il Caffè. E proprio a causa di questo furto di idee che i due pugni arrivano al più acceso scontro. Nella versione definitiva e aggiornata dell’Osservazioni, che sono in conclusione un invito ai magistrati a seguire la dottrina illuminista invece di irrigidirsi sulle posizioni conservatrici, la sua dialettica è cruda e basilare. La tortura è una crudeltà. Se la vittima è innocente, subisce sofferenze non necessarie. Se la vittima e colpisce un colpevole presumibile rischia di martoriare il corpo di un possibile innocente. L’accusato rinuncia nella tortura alla sua difesa naturale istintiva. Viola la legge di natura. Apre il suo saggio con la ricostruzione del processo agl’untori, presentandolo sia come documento dell'ignoranza di un secolo non guidato dai lumi, sia come emblema del modo in cui una legge sbagliata porta a una evidente ingiustizia. Questa ricostruzione forne la base per la Storia della colonna infame di Manzoni, che però la presenta come testimonianza di ciò che accade quando uomini ingiusti detenneno un grande potere, come all'epoca era quello del senato milanese. Il saggio non arrivea mai ad avere il successo che invece ebbe Dei delitti e delle pene, vuoi perché la maggior parte delle osservazioni in essa sviluppate erano già contenute nell'opera di Beccaria, vuoi per via del  suo stile, dotto e di difficile comprensione, che rendeva di per sé ardua la diffusione della sua filosofia, che pure conteneva molti ulteriori spunti rispetto all'opera del collega. La Borlanda impasticciata con la concia, e trappola de sorci composta per estro, e dedicata per bizzaria alla nobile curiosita di teste salate dall'incognito d'Eritrea Pedsol riconosciuto, festosamente raccolta, e fatta dare in luce dall'abitatore disabitato accademico bontempista, Adorna di varii poetici encomii, ed accresciuta di opportune annotazioni per opera di varii suoi co-accademici amici; “Il Gran Zoroastro ossia Astrologiche Predizioni”; “Il Mal di Milza, Diario militare,” Elementi del commercio”; “Sul tributo del sale nello Stato di Milano”; “Sulla grandezza e decadenza del commercio di Milano”; “Fronimo e Simplicio; ovvero, sul disordine delle monete nello Stato di Milano”; Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano”; “Orazione panegirica sula giurisprudenza Milanese”; “Meditazioni sulla felicità colletiva” – cfr. Grice, Notes on happiness –; “Bilancio del commercio dello stato di Milano, Il Caffè, Sull’innesto del vajuolo, Memorie storiche sulla economia pubblica dello stato di Milano, Riflessioni sulle leggi vincolanti il commercio dei grani, Meditazioni sulla economia politica con annotazioni, Consulta su la riforma delle monete dello Stato di Milano, Osservazioni sulla tortura, Ricordi a mia figlia, Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano – “Sull'indole del piacere e del dolore” -- Manoscritto da leggersi dalla mia cara figlia Teresa Verri per cui sola lo scrissi, Storia di Milano, Piano di organizzazione del Consiglio governativo ed istruzioni per il medesimo, “Precetti di Caligola e Claudio”; “Memoria cronologica dei cambiamenti pubblici dello stato di Milano”; “Delle nozioni tendenti alla pubblica felicità” – felicita pubblica – felicita private --; “Pensieri di un buon vecchio che non è letterato, Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri;  L'Edizione Nazionale delle Opere, Ministero per i beni e le attività culturali ha deciso di avallare un'Edizione nazionale delle sui saggi. Il comitato, finanziato pubblicamente, dalla Fondazione Cariplo e da Banca Intesa Sanpaolo, è presieduto da C. Capra e composto da una ventina di studiosi e si basa sull'Archivio donato da S. alla Fondazione Per La Storia Del Pensiero Economico. Bartolo, Gli Scritti di argomento familiare e autobiografico; Rivista di storia della filosofia. (Firenze: Nuova Italia). Carteggio di Pietro e Alessandro Verri  Cfr. Ricuperati, Il genere della biografia, Società e storia. (Milano: F. Angeli,  "Il Caffè", Introduzione. Giordanetti, Piero, a cura di, “Sul piacere e sul dolore”. Kant discute Visconti (Milano, Unicopli); “Giordanetti, “Le arti belle. Sulla fortuna di Visconti, Visconti e il suo tempo, Capra, Bologna, Cisalpino); Renzo Villata, Gigliola, Il processo agli untori di manzioniana memoria e la testimonianza (ovvero... due volti dell'umana giustizia), Acta Histriae Storia di Milano, Cronologia della vita di S., su storiadimilano. S., Enciclopedia Treccani, su treccani. Ricordi a mia figlia, su classicitaliani. Catalogo Sellerio, su Sellerio. Salerno editrice. Scheda del libro: Delle nozioni tendenti alla pubblica felicita, su salerno editrice. Pensieri di un buon vecchio che non è letterato, su classic italiani. Capra, Risultati e prospettive, in Rivista di storia della filosofia, Scritti di economia, finanza e amministrazione, I Discorsi e altri scritti degli, Storia di Milano, Scritti di argomento familiare e autobiografico, Scritti politici, Carteggio di Pietro e Alessandro. Caffè. In Venezia, Pizzolato); “Mediazioni sulla economia politica con annotazioni, Venezia, Giovanni Battista Pasquali); “Meditazioni sulla economia politica” (Livorno, Stamperia dell'Enciclopedia Livorno); “Sull'indole del piacere e del dolore” (Milano, Marelli); “Storia di Milano” (Milano, Società tipografica de' classici italiani); “Carteggio di  Novati, Giulini, Greppi, Seregni, Milano, Cogliati, Milesi e figli, Giuffrè); “Viaggio a Parigi e Londra. Carteggio di Pietro ed Alessandro Verri, Gianmarco Gaspari, Milano, Adelphi); “Appunti di diritto bellico” (Benvenuti, Roma, Benedetto, “Visconti repubblicano: gl’articoli, Poesia, letteratura e politica, Alessandria, Edizioni dell'Orso, A. Cavanna, Da Maria Teresa a Bonaparte: il lungo viaggio, Capra, I progressi della ragione” (Bologna, Il Mulino); “Meditazioni sulla felicità, Pavia-Como, Ibis); “Discorso sull'indole del piacere e del dolore, Spada, Londra, Traettiana, Diario Militar, Milano, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,. Filosofico. Storia di Milano. Sua Eccellenza il conte Pietro Verri Visconti di Saliceto. Keywords: diritto bellico. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Saliceto – “Grice e Visconti: il piacere” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. #visconti. Saliceto.

 

Grice e Sallustio: EMPEDOCLEA – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He assembles a collection of materials by and about Empedocle di Girgenti. Empedoclea.

 

Grice e Sallustio: Roma – la storia della filosofia romana come fonte d’essempli morali – chè cosa fa un saggio ‘romano’? -- filosofia italiana – Luigi Speranza. (Amiterno). Filosofo italiano. Storico. Può anche darsi che adere la setta dei crotonesi. Tribuno della plebe e senatore, espulso dal senato per motivi morali, e probabilmente perchè fautore di GIULIO Cesare, che lo nomina questore, pretore nella guerra africana e pro-console della Numidia. Dopo la morte di GIULIO Cesare abbandona la vita pubblica per dedicarsi completamente agli studi -- La congiura di Catilina, La guerra giugurtina, Le Storie. A lui venne rivolta l’accusa di essere stato complice dei sacrilegi di NIGIDIO (si veda) Figulo. Certamente lui spesso insiste nei suoi saggi sulla opposizione di anima e corpo. Parla di un nume divino che veglia sulla condotta dei mortali e accenna a sanzioni nell’oltretomba. È quindi probabile che allo storico debba essere identificato quel Sallustio che scrive un "Empedoclea" per esporre le dottrine del filosofo da Girgenti, tutte colorate di Pitagorismo. Cicero's letter to his brother Quintus is best known for containing the sole explicit contemporary reference to Lucretius's “De rerum natura.” But it is also notable as the source of the only extant reference of any kind to another presumably philosophical didactic poem, Sallustius's “Empedoclea” (Q. fr. 2.10(9).3= SB 14): “Lucretii poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis. sed, cum ueneris. uirum te putabo, si Sallusti “Empedoclea” legeris; hominem non putabo.” “Lucretius' poems are just as you write: they show many flashes of inspiration, but many of skill too. But more of that when you come. I shall think you a man, if you read Sallustius' Empedoclea; I shan't think you a human being.” In addition to the vexed but separate question as to whether the Sallustius in question is to be identified with the historian, with Cicero's friend Cn. Sallustius, or some other figure bearing that nomen, the meaning of the barbed comment on his poem has been almost as fiercely debated.The antithesis between “uir” and “homo” has been thought problematic, a difficulty formulated with characteristic brusqueness by Housman. “If one is not a human being, one cannot be a stout-hearted man nor a man of any sort; one is either above or below humanity, a god or a beast; and “uir” is not Latin for a stout-hearted god nor for a stout-hearted beast.” Housman's proposal of a lacuna following “uirum te putabo”, where a different protasis corresponding to that apodosis has dropped out, earned a place in Bailey's apparatus and a 'fort. rect.' in Watt's, but has otherwise found little favour. Most critics have been more or less satisfied that the strict illogicality should not stand in the way of the joke, though several share Housman's related feeling that “homo” would stand in more natural antithesis with god or beast. It is worth stressing that Housman is, on the question of Latinity at least, quite right that one cannot be a “uir” if one is not a “homo” (though the reverse is of course quite possible). Even the vast resources provided by concordances, the TLL, and now searchable electronic databases such as the PHI CD-Rom or the Bibliotheca Teubneriana Latina merely corroborate the accuracy of his Latinity. The juxtaposition of “uir” and “homo” is indeed a common one, and particularly so in Cicero. In many instances, the same person is (usually) praised using both nouns, each qualified with an adjective which in some cases may partially reflect the distinction between qualities appropriate to a Roman male and the more humane attributes of a Mensch (e.g. hominem honestissimum, uirum fortissimum, Font. 41; forti uiro et sapienti homini, Leg. Man.), but in others (the majority) the contrast is often so hard to draw that the words feel almost like synonymous doublets (e.g. consulari homini clarissimo uiro, Verr.). When the two words are set in antithesis, it is always clear, and indeed the point of the antithesis or a fortiori argument generally depends on the fact, that to be a “homo” is a lesser attainment than to be a “uir.” Thus the gold ring which Verres gave to a scriba proved not that the latter was a brave man, but merely that he was a rich fellow (“neque ... uirum fortem, sed hominem locupletem esse declarat, Verr.), the diminution of a proconsul's province should be guarded against not only in the case of a man of the highest standing, but even in that of a middling fellow (“neque solum summo in uiro, sed etiam mediocri in homine <ne> accidat prouidendum, Prov. cons.), and Lucius' and Patron's proto-Hobbesian philosophy describes not a good man but a cunning fellow (“se de callido homine loqui, non de bono uiro -- Att. 7.2.4 = SB 125). Taking the opposite trajectory, from mere “homo” up to “uir,” Cicero often self-consciously corrects himself, promoting his subject from the former to the latter category, as with Cato at Brut. 293 (magnum mercule hominem uel potius summum et singularem uirum) or Epicurus at Tusc. 2.44 (homo minime malus uel potius uir opti-mus). From this it is at least implicit that to be a homo is a necessary but not sufficient condition for being a uir, but that uiri are a subset of homines is absolutely clear when Cicero writes of injustices which would seem intolerable not only to a good man but more broadly to a free human being (ut non modo uiro bono, uerum omnino homini lib-ero ideatur non fuisse toleranda. Inv. rhet. 2.84).? Perhaps the closest Cicero comes to a clear distinction is in his consolatio to the exiled Sittius, where he urges him to remember that he is both things (et hominem te et uirum esse, Fam. 5.17.3 = SB 23), a homo because he is subject to the vicissitudes of all humanity, a uir because he ought to bear those vicissitudes with fortitude. Here there is no fusion or explicit overlapping of the categories; each has its specific and discrete associations. However, neither is there anything here to contradict the evidence of all the other instances or to suggest that even Sittius could be a uir but not a homo. Even with the benefit of searchable databases, it can be seen that Housman's judgement on Latinity and logic is sound. It may be, however, that the confounding of logic (and perhaps of Latinity) is the essence of humour, and so we must ask ourselves whether Cicero's transmitted judgement on Sallustius, since it isn't quite Latin, is actually funny. Even those who defend the paradosis seem vaguely apologetic about the joke which they are determined to preserve. Shackleton Bailey, in refuting Housman, writes that 'Cicero says these two things in the same breath ... because he thought it mildly amusing', and in his shorter commentary remarks, almost shame-facedly, that 'the juxtaposition is mildly funny' Of course, whether the reason lies in cultural contingency or in transhistorical unfunniness, no one who has read any quantity of Ciceronian 'jokes' would consider a failure to provoke uproarious laughter as grounds for emendation. Yet the problem with this joke is not so much that it is at best 'mildly amusing', but rather that it seems oddly arbitrary and lacking the pointedness or relevance to its context which we might expect in even the feeblest witticism. '° It is certainly possible for humour to be generated from the antithesis of uir and homo. At Terence, Hecyra 523-4, Phidippus calls to his wife Myrrina, and when she responds with an interrogative mihine, mi uir? ('Is it me you're talking to, my husband?'), he replies in turn uir ego tuos sim? tu uirum me aut hominem deputas adeo esse? ('Is it your husband I am? Do you consider me to be a husband/man or even a human being?') This is, if anything, an even clearer proof that uiri are a subset of homines, as the adeo shows, and it is on this normative relationship of the two words (in contrast to the anomalous one at Q. fr. 2.10(9).3) that the joke partly depends: if Myrrina does not consider Phidippus a homo, then a fortiori she cannot consider him a uir. However, the reference to this standard notion that one must be a homo to be a uir would have no particular point were it not wittily combined with the context-specific wordplay on uir as 'husband' (as Myrrina uses it) and 'man' ('Man? I'm not even treated like a human being!')"' To turn from the humorous potential of the uir/homo antithesis to Cicero's comedic practice elsewhere in his correspondence, it can be seen that he does make literary jokes which, however amusing or otherwise we might subjectively find them, are unquestionably pointed and tailored to the specifics of their context and subject-matter. One example is his witty and context-specific use of the poeta auctor conceit to depict Tigellius as being actually 'sold at auction' (addictum) by Calvus' mimetic lampoon, in the act of doing which he picks up and even elaborates Calvus' own conceit 'of writing a poem in the form of an auction announcement ... in which he himself took the part of the auctioneer and offered Tigellius for sale'. 2 Equally witty and pointed, and with an added touch of doctrina, is his play on the double status of Quintus' Erigona as bothtragedy and woman, mock-lamenting that she was lost on the road through Gaul despite owning a fine dog, a learned allusion to the faithful Mera who led her mistress to Icarius' body, as well as a jibe at the ineffectual Oppius. 3 The letters are also full of witty and pointed philosophical jokes and allusions, as Miriam Griffin has shown. 14 To cite but one example, Griffin argues that Cicero's ironic concern to come to see Trebatius 'before [he] flows completely from [his] mind' (antequam plane ex animo tuo effluo) subtly alludes to the Epicurean doctrine of sense-perception by means of eisha. 5 In our passage, on the other hand, we might wonder why the (dubious) antithesis of “uir” and “homo” even arises when discussing Sallustius' “Empedoclea.” There is no obvious reason why such a poem, whether as a poem or as an instantiation of Empedoclean philosophy, would suggest a play on the antithesis of 'man' and "human', let alone one which is unparalleled in extant Latin, where, as has been shown, one cannot be a “uir” without also being a “homo.” If an emendation could provide an antithesis which preserved and perhaps even enhanced the humour, but removed Housman's illogicality, and had a clear connection with the topic under discussion, it would have a good deal to recommend it. We have already noted how one of the more obvious antitheses of homo is 'god'. Among the most famous, or notorious, aspects of Empedocles's doctrine was his claim to be a god and no longer a mortal. The claim is most clearly preserved in the proem to the Katharmoi (DK B112.4-6): ¿ya & juv BEos duBpoTos, ouKéTI OUnTóS MOREQUAL MET TOOI TETILÉVOS, GTEP ¿OLKA, TOIVIOIS TE TEPIOTETTOS OTÉPEGiV TE DaREiOIS. “I come to you as an immortal god, no longer a mortal, honoured among all, as is fitting, garlanded with fillets and festive garlands”. That this doctrine was familiar in Rome is clear from Horace's explicit comment and partial translation at the climax of the “Ars Poetica” -- while Empedocles wanted to be considered an immortal god', deus immortalis haberi dum cupit Empedocles) and Lucretius's all-but-explicit reference to the poems of Empedocles "divine breast' (diuini pectoris) so that he 'seemed created from scarcely human stock' (“uix humana ideatur stirpe creates”). Noting this connection, Murley suggests 'a jest at the expense of Empedocles as well as Sallust and unpacks the implications of “homo” as ""But if, in the few days before your return, you shall have read Sallust's “Empedoclea”, I shall regard you as a hero – but, like Empedocles, *not* a human being.” Murley's interpretation is attractive, but the secondary, implicit antithesis between 'human' and 'god' sits uneasily with the explicit and problematic antithesis between 'human' and 'man'. The most economical solution would be to remove the latter antithesis and the make the former explicit. One solution which would satisfy all the requirements which we have set so far would be to emend the paradosis irum to a word meaning god, most probably either “deum” or “dium.” The juxtaposition of forms of “deus” and “homo” is extremely common in Latin, and occurs eighteen times in Cicero, albeit more frequently in the plural. Of course, for a double entendre to work, there must be a primary as well as a secondary meaning. The playful allusion to Empedocleian doctrine would be clear. But there must still be an independently comprehensible way in which Marcus can call Quintus a 'god', even if the allusion grants him a degree of licence to stretch common usage a little. Curiously, “dius” does not seem to have been used metaphorically of mortals with superhuman qualities, despite, or perhaps because of, its specific connotations of a deified mortal or an intermediate being between god and mortal, and of course its later use as the designation par excellence of apotheosised principes. There is far more evidence for the use of “deus” in this way, 'de homine ... virtute aliqua praedito', including numerous examples in Cicero's speeches, letters, rhetorical and philosophical works. Of particular relevance to our passage is the assertion by Cicero's Crassus that the godlike orator is one who does not merely use correct Latin but speaks ornate (De or.). “Si est aliter, irrident, neque eum oratorem tantummodo sed hominem non putant; quem deum, ut ita dicam, inter homines putant?” -- But if it is otherwise [than that he speaks correct Latin], they laugh at him and think him not only not an orator but not even a human being; who do they think, so to speak, a god among mortals?') Even with the qualifying ut ita dicam, it is clear from this passage (and others where there is no such qualification) that Cicero could use deus to designate a human who excels in some field or other, and did so on occasion in antithesis with homo.? As suggested above, the allusion to Empedocles (and to Sallustius) and the humorous context would help to justify a slight extension of the usage whereby the act of reading a poem ironically reflects superhuman qualities, whether of endurance or discernment. It might even be possible that a rare use of “diuus” in this metaphorical sense could be justified by a verbal echo of S., but Ciceronian and other Republican usage would tend to point towards “deus”. As for how such a corruption could have come about, a misreading of “dium” as “uirum” might seem easier than that of “deum”, but forms of “d” and “u” are not normally alike, and the cause here is far more likely to be psychological. The form could have been assimilated to the nearby “hominem”, or we might see the metamorphosis of god into man as an instance of polar error, where a scribe writes the opposite of the word he is copying. This type of corruption is not uncommon in Ciceronian manuscripts. Cicero's plea at Rosc. Am. 12 that the presiding praetor Fannius 'avenge the misdeeds with all zeal' (ut quam acerrime maleficia indecetis) became, in Naples IV B 17, a paradoxical desire that no good deed should go unpunished., as the scribe wrote beneficia for maleficia. Likewise at Mur. 73, according to the copyist of Venice, Marc. lat., the public attributes Sulpicius laying of charges against Murena for having escorts and giving voters meals and spectacles, not to his excessive zeal (in tuam nimiam diligentiam) but to his lack thereof (neglegentiam). That a copyist could likewise write “uirum” for “deum” is entirely feasible. Alternatively, with either “deus” or “dius”, a devout Christian scribe might - consciously or unconsciously - have baulked at Cicero's apotheosis of his brother in such a context and - again consciously or unconsciously - emended the offence away. There remains the question of whether Cicero is alluding to Empedocles alone or to Sallustius poetic depiction of him. As noted above, Murley sees the joke as being 'at the expense of Empedocles as well as Sallust'. It is certainly possible that the play on god and man is an allusion directly back to the “Katharmoi”. Sedley has convincingly argued that the proem of Lucretius's De rerum natura not only imitates Empedocles's proem but is meant to be recognised as so doing, and thus assumes familiarity with the latter among late Republican litterati. Even Sedley, however (incidentally using the letter as his principal evidence), allows that such familiarity could come either through direct acquaintance or through Latin translations and imitations’s -- including S.. None of Cicero's allusions to Empedocles in the philosophical works are noticeably oblique or seem to assume much prior knowledge, though the reference of his Laelius to “a certain learned man of Agrigentum” (“Agrigentinum doctum quendam uirum”) could conceivably be taken as allusive as well as faux naif. In considering Cicero's allusive practice in the letters, we might compare the witty allusion to Quintus's Erigona which cannot possibly have referred directly to the text of a tragedy which Marcus never had the chance to read, and hence must look to the original myth (and possibly the wrong myth at that), perhaps as narrated in Eratosthenes' epyllion. However, in the case of the letter, where we are dealing not with a lost text but one with which both correspondents have some familiarity, it is surely more likely that Cicero is alluding not - or not only - to Empedocles directly, but to S.’s poetic rendering of his doctrines and perhaps even his poetry. If S.’s “Empedoclea” included a Latin version of DK B1 12.4-6, it is not improbable that it might have occurred as early in the poem as those lines are in the “Katharmoi,” and hence be recognizable even by those who had not read it in its entirety. It is also quite likely that “evntos” would have been translated as “homo” (though “mortalis” is an obvious alternative possibility) and theós by either deus or dius. In favour of diuus, we might note its strict distinction from deus as referring to a minor deity (equivalent to the Soiucv which Empedocles elsewhere claimed to be) or even more specifically to a deified mortal. On the other hand, the phrase deus immortalis is not only an obvious way to render “0eos außpotos,” and far easier to fit into hexameters than diuus immortalis, with its initial cretic in the nominative and tendency to elision or hiatus in other cases, but nicely corresponds to the existing common Latin unctura, “di immortalis”, of which incidentally Cicero is particularly fond. “deus immortalis” is also the phrase used at Ars P. to render “0eos äußpotos” and it is tempting to speculate that Horace too is alluding not only to Empedocles, but to S.’s Empedocleian poem. This, of course, can only be speculation in the absence of any other trace of the poem. But it is far from improbable. Corte arguez for the influence of S.’s “Empedoclea” on the speech of Pythagoras in Metamorphoses. If OVIDIO could integrate such allusions into his depiction of a different philosopher, albeit one with some doctrines in common, it is hardly less likely that ORAZIO could allude to S. when referring to Empedocles himself. If Horace is indeed alluding to S., this might constitute one further argument in favour of Cicero's writing deum when also alluding to the Empedoclea. However, the argument does not stand or fall on the issue of Horatian allusion. To sum up, one may suggest that Cicero wrote to Quintus deum (or possibly diuum) te putabo, si Sallusti Empedoclea legeris; hominem non putabo. In doing so, he would certainly have alluded – via implicature -- wittily to Empedocles's claim to be a god and no longer a mortal at DK B112.4-6, and probably to S.'s own Latin rendering of that claim. Emended thus, the antithesis does not require the special pleading which has been made for uir/ homo and it has specific and pointed relevance to the poem under discussion. It is a matter of taste, of course, but it might also be a little more than mildly amusing. The dominant quality of S.'s moral philosophy as articulated in the preface to the Bellum Catilinae is gloria: this preoccupies much of S.’s discussion, particularly in the opening two chapters of the monograph. The text begins with an emphatic statement of the goal of life, which according to S.  is to avoid passing through life without leaving a record of one's existence: omnis homines qui sese student praestare ceteris animalibus summa ope niti decet ne vitam silentio transeant veluti pecora, quae natura prona atque ventri oboedientia finxit: "for all men who set themselves to exceed the other animals, it is right to struggle with the highest effort, lest they pass through life in silence like beasts, whom nature has made supine and subject to their appetites. To this end, S. continues, man is comprised of a dual nature, body (held in common with the beasts) and mind (in common with the gods); we should make use of the resources of the mind (animus) to seek gloria. For", S. continues "the gloria of riches and beauty is variable and fragile; virtus is held to be splendid and lasting", nam divitiarum et formae gloria fluxa atque fragilis est, virtus clara aeterna habetur. The separation between mind and body, according to S., is not absolute: each requires the assistance of the other, because the mind is required to plan actions, and the body to carry them out. Gaio Sallustio Crispo, Empedoclea. Sallustio.

 

Grice e Salustio: il divino e i divini – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. The author, according to some, of Salutio’s ‘On the gods and the world order,’ dedicated to Giuliano. Accademia. Flavio Salustio.

 

Grice e Salustio: il pitagorico che corresponde con Giuliano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Ricerca (latino: Saturninus Secundus Salustius o Salutius. Politico e filosofo romano di età imperiale appartenente ai neoplatonici. Epigrafe in latino trovata ad Amorgos e riproducente una lettera (CIL III, 459) dell'imperatore romano Giuliano a S. (Museo epigrafico di Atene) Amico dell'imperatore romano Giuliano, ne condivise il programma di restaurazione della religione romana, ma fu così equilibrato che fu prefetto del pretoriod'Oriente sotto quattro imperatori. Di una famiglia della Gallia, forse dell'Aquitania, è probabilmente un homo novus, in quanto i suoi due primi incarichi furono non senatoriali; S. è infatti, probabilmente sotto l'imperatore Costante, praeses provinciae Aquitanicae, magister memoriae, comes ordinis primi, proconsole d'Africa e comes ordinis primi intra consistorium et quaestor, come attesta l'iscrizione posta sotta la sua statua d'oro eretta nel Foro di Traiano. È inviato dall'imperatore Costanzo II, fratello del defunto Costante, al cugino e cesare d'Occidente Giuliano, come consigliere, quando era ormai già avanti con gli anni. Costanzo si insospettì dei successi di Giuliano e, attribuendoli a S., lo richiama, separandolo dal cesare di cui era divenuto amico.  Giuliano venne acclamato imperatore e l'anno successivo Costanzo II morì. Giuliano, giunto a Costantinopoli, nominò S.  prefetto del pretoriod'Oriente e presidente del tribunale che a Calcedonia processò i funzionari di Costanzo. Lascia Costantinopoli per raggiungere Giuliano ad Antiochia, da dove l'imperatore aveva intenzione di far partire la sua campagna sasanide. Qui Salustio sconsigliò a Giuliano di perseguitare i cristiani: per dargli un esempio, torturò un certo Teodoro per tutto un giorno, dimostrandogli che ne avrebbe fatto un martire. Da rifugio al vescovo di Aretusa, Marco, che aveva suscitato la rabbia di Giuliano e, pare, torturò dei pagani per vedere se la loro resistenza era comparabile a quella dei cristiani. Fu poi incaricato di preparare le forniture per l'esercito e la flotta; quando un ufficiale non riuscì a portare gli approvvigionamenti dovuti a Circesium lo fece giustiziare. Giuliano morì durante la campagna, in uno scontro con i Sasanidi (363), durante il quale anche Salustio rischiò la vita. In seguito fu scelto dai generali romani come successore del suo amico, ma declinò l'offerta, adducendo la cattiva salute e l'età avanzata, e al suo posto venne eletto il cristiano Gioviano. Sotto Gioviano rimase in carica come prefetto: il nuovo imperatore lo inviò a trattare con i Sasanidi.  Dopo la morte di Gioviano sostenne l'elezione di Valentiniano I. Quando Valentiniano cadde ammalato, S. nega che la malattia fosse stata provocata da un maleficio preparato dai sostenitori di Giuliano. Venne deposto dall'imperatore, che invitò chiunque a presentargli accuse contro Salustio, ma fu poi rimesso al suo posto dopo poco tempo.  Continua al suo posto sotto l'imperatore Valente, che il fratello Valentiniano associò all'impero; ha Callisto come assessor (assistente), e Eanzio. Venne sostituito da Nebridio, principalmente a causa dell'azione del patricius e suocero dell'imperatore Petronio, ma quando, sempre quell'anno, Nebridio venne catturato dall'usurpatore Procopio, S. venne re-integrato. Venne definitivamente congedato comunque a causa degli intrighi di Clearco. Riceve il titolo di patricius dopo il congedo. Giuliano e amico di S., cui dedica la Consolazione a sé stesso, scritta dopo la forzata separazione in Gallia da S., e il suo inno al Re Helios. S. legge e approva anche un'altra opera dell'imperatore, I Cesari. Libanio lo loda come funzionario incorruttibile, Imerio gli indirizza un'orazione in cui lo definiva vero reggitore dello stato, mentre persino i galilei ne lodavano l'equilibrio. S. è uno studioso di letteratura e FILOSOFIA, che addirittura trascura talvolta i propri uffici per coltivare i propri studi. A S. è attribuita il saggio “Περὶ θεῶν καὶ κόσμου”, una sorta di manuale di religione romana voluta dal Giuliano. La maggior parte delle idee esposte nel saggio non sono originali ma sono derivate da altri filosofi dell’accademia, come pure dalle orazioni di Giuliano, anche se S. sembra avere meno dimestichezza con Giamblico, considerando la sua demonologia meno sviluppata. In alcuni punti, tuttavia, l'autore sostiene alcune tesi inconsuete. Per esempio riguardo all'origine del male, S. afferma che nulla è male per sua natura, ma diviene male per le azioni degl’ uomini, o meglio, di alcuni uomini. Inoltre, il male non è commesso dagl’uomini per sé, ma perché si presenta falsamente sotto l'apparenza di un BENE – cf. H. P. GRICE, INCONTINENZA --, come ha già esposto in certa misura Socrate. Il male – ill-will, H. P. GRICE -- nasce sempre e solo a causa di una falsa valutazione del bene, in quanto, alla fine, è mancanza di esso. Ma come si spiega il male nel mondo se il divino e buono e compi ogni cosa? In primo luogo bisogna precisare che, se il divino e buono e compi ogni cosa, il male non ha una esistenza effettiva ma nasce per assenza di bene, come l'ombra non ha esistenza ma ha origine dall'assenza di luce. -- S. Gli dei e il mondo. Il suo nome è riportato come Saturnino Secondo nelle iscrizioni, Secondus Salutius in Ammiano Marcellino, Secondo in Libanio (Lettere), Filostorgio e Sozomeno, e infine Salutius, Salustius o Sallustius altrove. Sivan, Hagith, Ausonius of Bordeaux: Genesis of a Gallic Aristocracy, Routledge, Costanzo dubita della lealtà di Giuliano, in quanto ne uccide il padre Giulio Costanzo e il fratellastro Costanzo Gallo. Ammiano Marcellino. Lungo la strada, ad Ancira (moderna Ankara) fa incidere l'iscrizione CIL. Socrate Scolastico; Sozomeno, Ammiano Marcellino, che però lo chiama semplicemente "prefetto". Socrate Scolastico. Passio SS. Bonosii et Maximiliani, Libanio, Orazioni Ammiano Marcellino Ammiano Marcellino. Zosimo. Ammiano Marcellino; Zosimo riporta anche l'offerta della porpora al figlio di S., respinta sulla base della sua giovane età. Libanio, Orazioni, Imerio, Orazioni, Gregorio Nazianzeno, Orazioni, Azize, The Phoenician Solar Theology, Smith, Rowland, Julian's Gods: Religion and Philosophy in the Thought and Action of Julian the Apostate, Routledge, Ammiano Marcellino, Res gestae Filostorgio, Storia ecclesiastica Libanio, Lettere e Orazioni Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica Sozomeno, Storia ecclesiastica Zosimo, Storia nuova Fonti secondarie modifica Jones, Arnold Hugh Martin, John Robert Martindale, John Morris, The Prosopography of the Later Roman Empire, Cambridge University Press, Edizioni delle sue opere; Salustio, Sugli dèi e il mondo, cur. Giuseppe, Adelphi, Salustio, Gli Dei e il Mondo, cur. Vacanti, Il Leone Verde, S. neoplatonico, su Treccani, Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Calogero, S. neoplatonico, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Portale Antica Roma  Portale Biografie  Portale Filosofia Arinteo generale romano Nebridio generale romano Eusebio (praepositus sacri cubiculi) alto funzionario dell'Impero roman. Saturnino Secondo Salustio. Saluzio. Secondo Sallustio. Salustio. Keywords: il divino, i divini, l’ordine del mondo. Salustio.

 

Grice e Salutati: Ercole al bivio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Stignano). Filosofo italiano. Vedo che ignori quanto sia dolce l'amor di patria. Se ciò fosse utile alla difesa e all'ampliamento della patria, non ti sembrerebbe un crimine penoso, nè un delitto scellerato, il fracassare con la scure il capo del proprio padre, o ammazzare i fratelli, o cavare con la spada dal grembo della moglie il figlio prematuro. Ad Andrea di Conte. Cancelliere di Firenze, figura culturale di riferimento dell'umanesimo a Firenze, in qualità di discepolo del BOCCACCIO e precettore di BRACCIOLINI  e BRUNI.  Considerato uno dei più importanti uomini di governo, S. come cancelliere della repubblica di Firenze, svolge un importantissimo ruolo diplomatico nel frenare le ambizioni del duca di Milano VISCONTI, intenzionato a creare uno stato comprendente l'Italia centro-settentrionale. Nel contesto di questa lotta elabora la sua dottrina della “libertas fiorentina”. Oltre all'impegno politico, svolge un importante ruolo nella diffusione dell'umanesimo petrarchesco (PETRARCA – si veda) e boccacciano, divenendone l'esponente più importante e il praeceptor della prima generazione degl’umanisti. Il suo lascito più importante presso i posteri è la codificazione civile dell'umanesimo, cioè l'uso dello spirito e dei valori dell'antichità classica all'interno dell'agone politico internazionale. Grazie a S. -- autore tra l'altro di un vastissimo epistolario e di trattati politici, filosofici e letterari -- difatti, il mito della florentina libertas, cioè di quel complesso di valori ispirati alla libertà promosso dall'ordinamento politico fiorentino, si rafforza enormemente sotto il suo cancellierato, ed e utilizzato quale strumento diplomatico per accrescere il prestigio di Firenze presso gl’altri stati d’Italia. Costretto, a pochi mesi dalla sua nascita, ad abbandonare il luogo natìo per raggiungere il padre Piero (detto dal Villani di buoni costumi e di prudenzia laudabile) a Bologna, ove il genitore serve il signore della città Pepoli, che a sua volta garantiva protezione alla famiglia. Nella città felsinea compe per volontà paterna -- ma più probabilmente di Pepoli che, morto Piero, prende sotto la sua protezione la famiglia e il giovane Coluccio in particolare --, studi, benché fosse maggiormente interessato alle discipline letterarie, e segue le lezioni di logica e di grammatica di Moglio. Lascia Bologna a causa anche della caduta di Pepoli e ritorna a Stignano, dove un rogito testimonia la sua presenza. Gl’anni successivi all'allontanamento da Bologna,  gli videro esercitare il mestiere di notaio in vari centri toscani -- specialmente in Valdinievole – coltivando lo studio dei classici, come dimostra la lettera a Gianfigliazzi, colto politico fiorentino col quale discute su Valerio Massimo e altri autori antichi. Nel frattempo, la sua carriera amministrativa lo spinse ad intraprendere anche la carriera politica: cancelliere del Comune di Todi prima, della Repubblica di Lucca poi, ed infine, dopo essere giunto a Firenze ed avervi esercitato per breve periodo l'incarico di scriba omnium scrutinorum, Cancelliere di quella città, tenne, pertanto, nelle sue mani la carica più importante della diplomazia della repubblica fiorentina, divenendo un personaggio di spicco della politica italiana. Costantemente rieletto e confermato con le stesse ingerenze, lo stesso stipendio e i soliti privilegi, lascia nell'ufficio un numero grande di minutari e registri, di lettere e istruzioni, per lo più di sua mano, e solo in parte de' suoi coadiutori, che non sembrano molti. Da questi libri e da altri della cancelleria, apparisce com'egli fosse costantemente in palazzo, presente a innumerevoli atti del comune, dei consigli, degli uffici più svariati. La frattura in seno alla chiesa cattolica spinse Urbano VI a firmare la pace coi fiorentini. Le relazioni tra santa sede all'epoca ad Avignone e la repubblica fiorentina degenerarono rapidamente a causa della volontà di Gregorio XI di ritornare a Roma e ripristinarvi l'autorità della chiesa. La paura che si formasse, nel centro Italia, un forte stato ecclesiastico allarma sia Firenze (intimorita di essere inglobata nel nuovo stato) che le città degli Stati Pontifici, che a causa della lontananza del Papato avevano acquisito una grande forza ed indipendenza. La guerra finì frettolosamente a causa della scissione interna alla Chiesa stessa tra cardinali, fatto che porta alla nascita del gravoso Scisma d'Occidente. Urbano VI assolve Firenze dalla scomunica per avere alleati contro Clemente VII.  Tra gli scomunicati, c'e anche lui, in quanto figura chiave della politica dell'epoca. Coluccium Pieri de Florentia, excellentissimum cancellarium comuni Florentie, riceve l'assoluzione da parte del Papa tramite i legati S. Pagani, vescovo di Volterra, e F. d'Orvieto, frate appartenente all'ordine degli Eremitani. Firenze, mentre stava stipulando la pace con Urbano VI, fu sconvolta dalla rivolta del popolo minuto che, già soggiogato e perseguitato dalla prepotenza politico-economica del popolo grasso, fu sobillato dagli operai salariati (i ciompi) a rivoltarsi. Si ebbero i primi scontri e i ciompi, risultati vincitori, imposero Lando quale gonfaloniere di Giustizia e riformatore della Signoria in senso democratico. L'animosità degli sconfitti si fece sentire molto presto: dopo aver chiuso gli opifici riducendo alla fame gli operai, la grande borghesia e l'aristocrazia riuscirono a trarre dalla loro parte Lando che, dopo aver disperso i capi dei ciompi, si dimise dalla carica di gonfaloniere e ridando il potere ai magnati, tra i quali primeggiarono gli Albizi che instaureranno un regime oligarchico durato fino alla venuta di Cosimo de' Medici. Dall'epistolario di Coluccio, sappiamo che egli informò D. Bandini di Arezzo dei tumulti avvenuti in città e stimando gli uomini assurti al potere quali degni e pieni di considerazione. L'atteggiamento emerso in quest'epistola, datata il mese d'agosto, si rivelerà contrario a quanto Coluccio in realtà pensasse del nuovo governo. Cirillo ci descrive lo stato d'animo del Cancelliere e la sua scelta di rimanere in tale carica nonostante l'avversione per i Ciompi. Dalle lettere di S. si evince come il cancelliere non fosse soddisfatto del governo instaurato dal Popolo Minuto, ed è probabile che il cancelliere conoscesse anche i “piani politici” di chi voleva ritornare al potere. Questo ci permette di ipotizzare che, la decisione di ritornare al proprio ufficio si legava sia alle necessità familiari dell'umanista, sia all'amore che egli nutriva per il proprio lavoro ma anche, alla conoscenza dell'imminente ritorno del Popolo Grasso al potere, unito alla convinzione della mancanza di conoscenze politiche adeguate per governare una città come Firenze da parte dei Ciompi stessi (Cirillo)  Ha un ruolo decisamente più attivo ed importante nell'animare Firenze perché si difendesse dalle ambizioni di conquista di Visconti, duca di Milano, desideroso di sottomettere l'intera Penisola al suo controllo schiacciando le resistenze delle Signorie dell'Italia Settentrionale. Visconti sposta infatti le sue attenzioni sulla Repubblica di Firenze, e S. giocò un ruolo importante in questa situazione spronando il popolo fiorentino a difendere la sua tradizionale libertà (la florentina libertas) e rispondendo egli stesso dalle accuse dei nemici attraverso l'opera Invectiva in Antonium Loscum. La situazione per i fiorentini, all'inizio del conflitto, era alquanto drammatica, in quanto si ritrovarono praticamente circondati dai domini di Visconti e solo l'ausilio di bande mercenarie, guidate da Acuto, riuscirono a frenare i piani di dominio del Visconti. La guerra, che riprese dopo una momentanea tregua, vide la formazione di una vasta coalizione antiviscontea di cui fecero parte tutti gli stati italiani del centro-nord, tenuti assieme dalla politica estera fiorentina e da quella veneziana. Nonostante gli alleati fossero stati gravemente surclassati dalle forze milanesi, i fiorentini riuscirono a salvare la loro indipendenza resistendo a dodici anni di guerra, cioè fino alla morte improvvisa di Visconti a causa della peste, lasciando Firenze in una posizione di potenza nell'Italia centro-settentrionale.  S. trascorse gli ultimi anni della sua vita terrena celebrato sia per la sua posizione di guida dell'umanesimo, sia per l'abilità politica dimostrata contro il Visconti, ma anche in grandi amarezze a causa dei lutti (morte della seconda moglie e la morte di alcuni dei suoi figli in occasione della pestilenza). Quando poi morì, la Signoria, il giorno successive, gli fece celebrare funerali solenni in Santa Maria del Fiore, ponendo sulla sua bara una ghirlanda d'alloro per le sue virtù poetiche. I suoi discepoli Bruni suo successore, Bracciolini, futuro cancelliere e Vergerio lo piansero amaramente, ricordandolo come un padre e come il più grande decoro di Firenze. Coluccio umanista La guida dell'umanesimo italiano e per trent'anni, dopo la morte del Petrarca e del Boccaccio, il più autorevole umanista italiano, unico erede di quei grandi (Dionisotti)  Miniatura che ritrae proveniente da un codice della Biblioteca Laurenziana a Firenze. Alla morte del Boccaccio, sia per ragioni anagrafiche (era di una generazione sita tra quella di Petrarca e Boccaccio e la successiva degli umanisti), sia per la propria grandezza letteraria e filosofica, fu il principale esponente dell'umanesimo italiano, come ricorda infatti Dionisotti e altri studiosi, quel «trait d'union tra la generazione che aveva vissuto in prima linea il rinnovamento petrarchesco e quella dei nuovi umanisti già pienamente quattrocenteschi» Salutati ebbe, sia per il ruolo istituzionale sia per quello culturale, rapporti anche con i Paesi europei: tenne corrispondenza con un colto cortigiano di Carlo VI di Francia, Montreuil, e con l'arcivescovo di Canterbury Arundel, conosciuto mentre il presule inglese si trovava a Firenze. Fecondo scrittore, apologeta "diplomatico" della classicità contro gli attacchi degli aristotelici e di alcuni ecclesiastici ostili all'antropologia umanista, S. alterna il suo magistero culturale con quello politico, difendendo la libertà repubblicana di Firenze adottando lo stile e il genere degli antichi trattatisti.  Nonostante Lino avesse preso definitivamente l'attività notarile, come testimonia il suo primo rogito effettuato nella nativa Stignano, l'amore per la cultura e la letteratura non venne meno. Anzi, a partire dalla fine degli anni sessanta, S. divenne il segretario di Bruni, amico a sua volta di Petrarca; inizia, come esposto dalla Senile un rapporto epistolare a distanza, che permise a S. di avvicinarsi alle proposte umanistiche di Aretino. Nel periodo che intercorse tra questa prima epistola e la morte del Petrarca, S. entra sempre più nella mentalità classicista del maestro, grazie anche ai contatti che egli ha con l'altro grande umanista e allievo del Petrarca stesso, Boccaccio, quest'ultimo animatore del circolo umanista di Santo Spirito a Firenze. Seguendo la scia del maestro Boccaccio, sinceramente pianto da S. al momento del trapasso, il Cancelliere della Repubblica continua il suo magistero a Santo Spirito, tenendovi lezioni cui partecipavano umanisti non solo fiorentini -- si ricordano, tra i più importanti, Niccoli, Bruni e Bracciolini -- ma anche di altre regioni italiane -- quali il vicentino Loschi e Vergerio. Nel convento degli agostiniani S., aiutato nel suo magistero culturale dal coltissimo frate Marsili, non si fa soltanto portavoce degli ideali dell'umanesimo classicista petrarchesco, ma continua a tenere in alta considerazione ALIGHIERI (si veda), deprecato da una cerchia dei umanisti in quanto filosofo volgare e pessimo latinista. Oltre al suo compito di formazione dei umanisti che andranno a diffondere la filosofia presso gli altri centri italiani, S. ha il merito non solo di affidare le cattedre tradizionali dello studium fiorentino ad umanisti discepoli di Petrarca, quali Malpaghini, ma soprattutto quello di far rifiorire in Italia il greco. Grazie all'incontro avvenuto a Venezia tra i umanisti Rossi e Scarperia e i due colti bizantini Crisolora e Cidone, inizia, usufruendo dei poteri di Cancelliere, ad intessere rapporti con Crisolora per invitarlo ufficialmente a Firenze quale docente di greco nello studio. Questi, giunto nell'Europa Occidentale per conto dell'imperatore Manuele II Paleologo per cercare alleanze contro i turchi ottomani, cerca di instaurare rapporti di amicizia con gli stati che visita trasmettendo la conoscenza del greco ai circoli umanistici, edotti di latino ma non della lingua di Omero. Crisolora accetta l'offerta di S., rimanendo nella città toscana e lasciando in eredità ai suoi discepoli e amici fiorentini gl’Erotematà, compendi linguistici di greco caratterizzati da una sinossi COLLA GRAMMATICA LATINA. L'umanesimo incontra durante la sua diffusione, il sospetto e l'ostilità di alcuni ambienti a causa della libertà e responsabilità etica del singolo uomo che S. anda insegnando, e del suo progetto di conciliare la natura della cultura classica colle dottrine dei galilei.. I principali antagonisti dell'umanesimo fiorentino, il camaldolese Giovanni di San Miniato e il domenicano Giovanni Dominici -- quest'ultimo poi cardinale -- intendevano sostanzialmente mantenere l'istruzione e la morale rigidamente nelle mani della gerarchia, rifiutando la ventilata autonomia spirituale dei pagani e riaffermando la loro interpretazione allegorica. Le humanae litterae – litterae humaniores -- non sono anti-tetiche agli studia divinitatis (littera divinae), S., davanti a questi attacchi, sostenne la necessità, anche da parte dei laici, di avere coscienza di ciò che dicono e professano nella vita attiva, ribadendo il valore positivo di questo modello di vita e combattendo il vuoto nominalismo tomista che la cultura ecclesiastica ufficiale difende strenuamente quest'ultimo visto come nocivo perché, avendo ormai intriso la stessa Bibbia di sillogismi filosofici, allontana dalla verità gl’uomini. Senza la capacità di intendere in fondo i termini, la lingua, non si dà conoscenza della scrittura, della parola del divino. Ogni conoscenza seria è comunicazione. In tal modo, gli studia humanitatis come mezzo per ritrovare nella lettera l'inseparabile spirto, nel corpo l'anima indisgiungibile, sono strettamente connessi con gli studia divinitatis. La disputa sulla verità teologica della poesia, genere privilegiato nella conoscenza del divino, è quello che gli impegna maggiormente. Seguendo il tracciato delle Genealogie deorum gentilium del maestro Boccaccio, risponde alle accuse dell'immoralità della poesia a G. di San Miniato, in una lettera affermando non solo che ogni verità proviene da Dio stesso, ma anche che Dio ha usufruito della poesia attraverso i salmisti, Giobbe e Geremia: per cui la poesia è il genere letterario più vicino a Dio. Tale tesi verrà poi ulteriormente rinforzata nell'incompiuto De laboribus Herculis, in cui si arriva a sostenere una vera e propria poesia teologica, per cui anche gl’antichi poeti pagani, con le loro opere, si avvicinavano al divino. Il poema epico di Petrarca, per la sua incompletezza e il latino ancora un po' rozzo, suscita delusione nei simpatizzanti dell'umanesimo. Forma, impiegando gran parte delle sue retribuzioni, una biblioteca di più di 100 volumi, collezione molto grande per l'epoca e simbolo del suo fervore culturale. Possedetun manoscritto delle tragedie di Seneca ricopiato ottimamente di suo pugno con l'aggiunta dell'Ecerinide del pre-umanista padovano Mussato, ma anche esemplari di autori quali Tibullo e Catullo ed una rarissima copia delle Ad familiares di CICERONE, coperta dall'amico e cancelliere milanese Capelli a Vercelli. A questa scoperta in terra di Lombardia, si aggiunse anche le Epistole ad Atticum, rendendolo il primo dopo secoli a possedere entrambe le raccolte di lettere di Cicerone. Sabbadini riporta che, nella sua biblioteca, e il primo a possedere il “De agricultura” di CATONE, il Centimeter di SERVIO, il commento di POMPEO all'Ars maior di DONATO, le Elegie di Massimiano e le DIFFERENTIAE pseudo-ciceroniane, mentre Tateo continua elencando i Dialoghi di Gregorio Magno e l'esame dei vari manoscritti di Cicerone, di Lattanzio, di Agostino, di Seneca, di OVIDIO e di STAZIO in suo possesso. Nonostante questa passione da bibliofilo, che rese la sua biblioteca la più significativa dopo quella di Petrarca, non sfoggia mai eccellenti doti filologiche, al contrario di Petrarca stesso o del suo discepolo Bruni. Cerca, inoltre, di avere da parte di Lombardo della Seta, fedele discepolo di Petrarca, una copia dell'Africa perché fosse poi pubblicata. I suoi sforzi e dei umanisti risultarono sempre più insistenti. Lombardo ha timore a pubblicare un'opera rimasta in un testo incompiuto ed incerto, rischiando così di oscurare la gloria di Petrarca. Quando poi giunge a Firenze il sospirato poema epico d’Aretino, è afflitto dalle sospensioni, dalle lacune e certamente anche dalla pesantezza d'ala del poema tanto vantato e sognato. La delusione, trasmessa in una lettera a Brossano, spinselo a non farsi più editore e commentatore dell'opera. Intervenne anche nel campo della paleografia. Nel vivo studio dei classici, fa un'introduzione fondamentale: dopo aver adottato, per gran parte della sua vita, una scrittura cancelleresca e una libraria semi-gotica, legge e trascrive un codice delle Lettere di PLINIO MINORE contenente nessi e legature che si erano persi. L’uso di -s diritta in fine di parola, i nessi e le legature ae, ę e &, di cui si e persa memoria. Con questo esperimento inizia la storia della scrittura umanistica. L’epistolario di S., documento fondamentale di questa lunga ed efficace opera di rinnovamento culturale, tratta dei temi più disparati. Organicamente, la raccolta si divide in due filoni: le lettere private, indirizzate ad amici e conoscenti, e quelle pubbliche, scritte a nome della Repubblica di Firenze. Stilisticamente, l'epistolario di S. spicca per l'uso di uno stile che si allontana da quello delle lettere medioevali, fitte della retorica della ars dictandi, per lasciare il posto ad una serenità cordiale e del Portico che si richiama alle Familiares di CICERONE e al repertorio lessicale degl’altri autori classici, determinando così quello che è stato definito latino misto. Nella prima categoria, le lettere scritte a nome dell'umanista S. mettono in mostra le tendenze socio-culturali dell’umanesimo. Da un lato, la percezione del divario cronologico tra i contemporanei e gl’antichi, eredità diretta della sensibilità petrarchesca; dall'altro, l'esposizione in più punti del suo pensiero, dalla rivendicazione del valore della vita attiva contro i monaci e quegli ecclesiastici che sottolineano invece l'eccellenza della vita claustrale al valore della poesia. Immancabile è la tematica politica, esposta nella lunga lettera a Durazzo e ritenuta essere il sunto del pensiero politico dell’umanesimo. Le lettere dell’Epistoloario pubblico, scritte in qualità di cancelliere della Repubblica, sono di carattere puramente politico, in quanto rivolte a contrastare l'azione egemonica di Visconti. Riprendendo i modelli dei classici latini -- Seneca, SALLUSTIO, CICERONE --, S. addita Visconti quale tiranno in contrasto con la florentina libertas. Il tono di queste lettere dove essere così grave e tagliente che, secondo la tradizione, il duca di Milano risponde che un'epistola di S. e più deleteria di una sconfitta militare di Milano in campo aperto. Dal punto di vista più tecnico, il saggio  svolto presso la cancelleria di Firenze ha reso S. uno dei più noti cancellieri. Tale notorietà si deve al metodo di lavoro che egli adotta nel tempo in cui ha ricoperto tale carica. Effettivamente, i cambiamenti che S. apporta, soprattutto nel campo dell'epistolografia politica, pur non essendo certo radicali, ha una notevole influenza su molte corti. La letteratura sull'argomento è unanime nell'affermare che, S., pur utilizzando la formula prevista dall'epistolografia cancelleresca, che prevede: la “Salutatio”, il Proverbium, la Narratio, la Petitio e la Conclusio; ha modo di personalizzare ogni fase dell'epistola in base alle proprie esigenze narrative. È frequente perciò trovare nelle sue lettere una “salutatio” piuttosto breve ed un Proverbium soprattutto quando egli esprime teorie politiche piuttosto lungo. Epistola a Zabarella, filosofo padovano, il “De Tyranno” basato sull'omonimo trattato di Bartolo da Sassoferrato e sul “Polycraticus” di Giovanni di Salisbury, riflette sulla nascita della tirannide e sulla liceità dell'assassinio del tiranno stesso. Indotto a fare questa riflessione su spunto di A. dell'Aquila, che gli chiede la liceità dell'assassinio di GIULIO CESARE e dalla volontà di difendere la scelta dantesca di porre Bruto e Cassio nelle fauci di Lucifero, ammette la liceità di un tale gesto nei confronti di un despota, ma negandola però al generale romano, in quanto e un benemerito capo di stato, che e tradito dagli stessi uomini che sono stati da lui beneficiate. L’Invectiva contro Loschi, cancelliere dell'ormai defunto Visconti e autore di una “Invectiva in florentinos”, ha un tono più concreto rispetto al teorico “De Tyranno”. Nell'”Invectiva”, mostra la partigianeria repubblicana sostenitrice della “florentina libertas”, emula dell'Atene di Pericle fautrice della concordia partium tra lei e i suoi alleati. Gli ricorda come Firenze sia nel giusto perché è sottoposta alle leggi, che non possono essere violate, MENTRE A MILANO IL DIRITTO E STRUMENTO ARBITRARIO NELLE MANI DI UN VERO E PROPRIO TIRANNO, CHE STA AL DI SOPRA DELLA LEGGE. “De seculo et religione”, epistola all’amico Lapo si articola in due parti. Gl’invia una lettera d'accompagnamento insieme al testo da lui realizzato. Tratta di una esortazione assai fervida alla vita claustrale. Rivendica anche la validità della vita quale laico, in quanto strada valida nell'ambito gerarchico delle occupazioni umane, a cui egli rimane ancora legato. L'opera, esaltante la vita ritirata prendendo spunto anche da CICERONE, LIVIO, MACROBIO, e Omero, tratta anche della condanna morale di cui è afflitta Roma, dai papi fino ai predicatori. Nell’epistola “De fato et fortuna” espone l'argomento del libero arbitrio e del rapporto che esiste tra quest'ultimo e gli avvenimenti che possono ostacolarne i progetti. La tematica, assai complessa ed erede di una lunga tradizione filosofica -- i modelli sono Alberto Magno, AQUINO e il “De bona fortuna” di Aristotele -- si sviluppa nel tentativo di dimostrare come l'esistenza umana si inquadri in una causa prima, il divino la quale opera in comunione, talvolta incontrandosi, talvolta scontrandosi, con la volontà dell'uomo. In “De Nobilitate legum et medicine” propone una gerarchia del sapere, proponendo la legge come valore supremo sulla medicina, intesa come mera tecnica. Come l'anima è superiore al corpo, così la legge (che si rifanno al campo della volonta dello spirito) e superiori alla medicina, che fa parte della meccanica. La legge, infatti, regola la vita sociale, determina il con-vivere civile, stabilisce l'ordine e deve essere ottima perché puo produrre uomini migliori. Continua affermando che la legge, dal momento che appartengono alla sfera dello spiritualo e quindi celeste, e legate direttamente al divino. Gl’uomini, perciò, possono collaborare con Dio nella costruzione perfetta della società grazie al fatto che ogni uomo e ispirato dalla divinità medesima. Il “De Laboribus Herculis,” opera di grande impegno intellettuale, e un vasto saggio di poesia. Intende continuare il progetto culturale di Boccaccio della genealogia, vale a dire una difesa della poesia a livello universale basata sulle vicende terrene dell'eroe mitologico Ercole, re-interpretate in senso allegorico e indirizzate verso la via della virtù. Si basa su Ercole per la radice etimologica del nome greco, risalente ad “ερος κλερος”, cioè uomo forte e glorioso. Come già scrive a Giovanni di San Miniato, infatti, la poesia ha un valore universale in quanto il senso interpretativo supera la dimensione culturale in cui è stato scritto. Per cui la opera di un pagano, se piene di valori positivi, non devono essere rigettate, ma accolte in quanto provenienti dal divino stesso. “Carmen de morte Francisci Petrarce” e un carme commemorativo del Petrarca e accennato in varie epistole al conte di Battifolle, a Imola e a Brossano, del quale è quasi dubbio il completamento. “De verecundia” e un trattarello in forma epistolare indirizzato a Baruffaldi sulla natura positiva o negativa della verecundia, cioè il rispetto. Grazie agli studi genealogici di Novati, si puo ricostruire l'ascendenza e la discendenza del cancelliere fiorentino. Coluccio Ignota, figlia di un tal Lino Piero Lino Coluccio; Piera di Simone Riccomi, A.Corrado, Giovanni Sorella ignota, sposata a uno dei Giovannini di Stignano sposata ad uno dei Dreucci di Pistoia  Piero morto di peste, Andrea morto di peste, Bonifazio - Monna Checca de' Baldovinetti Arrigo  Margherita d'Andrea de' Medici Antonio, Duccia di Guernieri de' Rossi; Filippo, Lionardo, chierico Salutato, chierico Lorenzo. A lungo si è ritenuta corretta la data, Campana  Martelli, Nuzzo, e altri studiosi dimostrano che la data corretta è Villani, S. XXVII racconta l'ascesa politica ad una delle più prestigiose cariche politiche fiorentine. Nominato segretario grazie all'influenza del Gonfaloniere Serragli, e eletto Cancelliere in sostituzione di N. Monaci, uomo politico con cui il Serragli fu in disputa.  Si veda Epistolario per le addolorate missive inviate dal Bruni e da Poggio all'amico in comune N. Niccoli, ‘tali parente’ nell'epistola di Bruni; ‘patris nostri’ in quella di Poggio). In Ivi,  l'istriano P. Vergerio, in una lettera a F. Zabarella, lo descrive come il primo e straordinario decoro di Firenze -- urbis illius primum atque precipuum decus, Linum Colucium Salutatum -- Della stessa opinione anche: Cappelli, in cui si ricorda, al momento dei funerali, il commosso addio dell'allievo Vergerio, che lo chiama  communis omnium magister -- maestro comune di tutti noi. Luogo significativo per continuare le riunioni dei nuovi umanisti, in quanto vi viveva quel fra' Martino da Signa erede universale degli scritti del Boccaccio. Boccaccio dispose per testamento di lasciare la sua biblioteca all'agostiniano Signa con l'indicazione che alla morte del frate i volumi fossero negli armaria del convento fiorentino di Santo Spirito. Così avvenne. La grandezza di Alighieri, ma anche di Petrarca e dello stesso Boccaccio, sono messi in discussione dal più acceso degl’umanisti classicisti, Niccoli, all'interno dei Dialogi ad Petrum Histrum di Bruni. L'accusa principale consiste nella barbaria del loro latino e nel, caso di Alighieri, nel FRA-INTENDIMENTO DEL SENSO di alcuni passi di VIRGILIO. Solamente il suo intervento riesce a capovolgere la situazione, salvando Alighieri dalle accuse feroci del Niccoli. Come anche risulta da un dialogo del Bruni, che di quella polemica anti-dantesca è il documento principe, il suo intervento riusce ad assicurare la continuità, proporzionata all'età nuova, della tradizione dantesca a Firenze. I contatti tra Costantinopoli e Firenze sono facilitati dalla presenza, nella capitale bizantina, di G. da Scarperia, che decide di riaccompagnare Crisolora in patria per apprendere greco da lui stesso. La visione laica dell'umanesimo non si deve confondere con la proposta laicista, dal punto di vista etico e antropologico. Mantenendo sempre un'attenzione ossequiosa verso la Roma e una sincera devozione verso le verità romana, intende nel contempo esaltare e rivendicare la responsabilità umana al di fuori di qualsiasi determinismo meccanicista e ponendo in valore la libertà personale del singolo (Cappelli). Abbagnano sintetizza in modo più stringente il rapporto tra libero arbitrio e volontà divina, affermando che il primo e conciliabile con l'infallibile ordine del mondo stabilito dal divino.  Si è condensato, in questi due punti, l'attacco generale del mondo contro l'umanesimo. La questione sul valore della poesia riguarda la disputa con Giovanni di San Miniato (cfr. Epistolario, Fratri Johanni de Angelis; quella con Dominici riguarda il valore positivo dell'umanesimo (cfr. Epistolario, Il codice fa parte della sua biblioteca entra nelle mani del cancelliere fiorentino igrazie alle pressioni che esercita su G. de Broaspini. Della stessa opinione anche Francesco Novati che, in Epistolario, giunge alla stessa conclusione del Sabbadini in quanto vi trova delle suoi postille autografe del Salutati. L'epistola è importante perché, dopo l'elogio di Carlo per la fortunata impresa militare della conquista del Regno di Napoli e il paragone con gl’eroi antichi, enumera i doveri di un buon sovrano: cercare l'unità sacra; gestire con moderazione il potere e imparare a gestire le proprie emozioni -- incipe prius tibi quam aliis imperare; rege te ipsum, noli regendorum subditorum studium tuimet derelinquere moderamen -- per evitare di cadere nei vizi e di essere classificato come un tiranno. Esaltandolo alla virtù, alla temperanza e alla giustizia, insomma tratteggia il modello del sovrano ideale, cavalleresco, formato sull'esempio dei classici -- continua è la comparazione con gli antichi statisti e sovrani) e timorato del divino. Le informazioni, ricavate attraverso una minuziosissima ricerca d'archivio da parte del Novati, sono prese in ordine sparso da; Epistolario, Tavole genealogiche ove vengono fornite indicazioni biografiche sui nonni, genitori e figli. Per consultare le informazioni sui fratelli del cancelliere, si consulti sempre Epistolario, Riferimenti  Dionisotti. Villani. E avviato agli studî giuridici, inameni a lui che era pierius -- così foggia il suo patronimico: figlio di Pietro, e devoto alle pieridi, le muse. Eloquentissimo legum doctori domino Loygio de Gianfigliaziis. Reverendo patri et domino domino Bruni de Florentia summi pontificis secretario, domino suo, si lamenta della sua mansione di cancelliere nella cittadina umbra. Vero è che invalse l'uso di chiamare Cancelleria Fiorentina l'ufficio del quale era capo il Dettatore, che aveva la particolare ingerenza di scrivere le lettere e di trattare le faccende della politica esterna.  Unum dicam, quod emerserunt et ad tante sunt reipublice gubernacula sublimati, quos oportuit pro salute cunctorum. Dirò una cosa, cioè che al governo di una così grande repubblica emersero e vi sono uomini, i quali bisognò vi sono per la salvezza di tutti. E così favorevole al governo in quanto fu uno dei pochissimi a non essere proscritto dalle cariche istituzionali.  Siena si sottomise a Visconti in funzione anti-fiorentina, mentre il signore di Milano, duca per investitura imperiale, si allea con Lucca e altre città umbro-marchigiane. La prima epistola riportata dal Novati in cui S. risponde ad una missiva del Certaldese cfr. Epistolario Facundissimo domino Iohanni Boccacci de Certaldo ma i toni sono troppo famigliari per essere la prima epistola scambiata tra i due. Inclyte cur vates, humili sermone locutus, de te pertransis? te vulgo mille labores percelebrem faciunt: etas te nulla silebit. Perché, o celebre poeta, che hai cantato nel volgare idioma, avanzi nel corso del tempo? Mille fatiche ti rendono celebre presso il volgo: nessuna epoca tacerà sul tuo conto. Egrigio viro Franciscolo de Brossano domini Francisci Petrarce genero, Ep. ove piange sia la scomparsa del Petrarca, ma annuncia anche quella del Boccaccio. Fallebar enim, et dum Franciscum fleo, dum suis laudibus intentus decantantes, novo commento, veterum pene dimissa sententia, depingo Camenas, ecce nove lacrime nobis merore novi funeris occurrerunt, incepti cursum operis reprimentes. Vigesima quidem prima die decembris Boccaccius noster interiit. Infatti ero ingannato, e mentre piango Francesco e mentre, attento alle sue lodi, adorno le Camene con un nuovo commento, quasi tralasciata la sentenza degl’antichi, ecco che nuove lacrime si aggiunsero a noi con il dolore di una nuova morte, frenando il corso di un'opera che inizia. Il nostro Boccaccio spira. Tateo. Cappelli,  ricorda anche che e solito mettere a disposizione dei suoi allievi la sua stessa biblioteca personale. Pertanto, i luoghi di incontro erano due: Santo Spirito e l'abitazione del Cancelliere. Gl’animatori di questi incontri, il Salutati e il Marsili, l'uno nella propria casa, l'altro nella sua cella di Santo Spirito, ricevano i nobili fiorentini, e li iniziavano al gusto delle lettere antiche. Sabbadini riporta che l'erudito greco era già a Firenze. Garin sintetizza, prendendo spunto dal De saeculo et religione e dall'Epistolario, l'ideale di vita attiva propria dell'essere umano inteso come cittadino del mondo. Terrestre è la vocazione umana. L'impegno nostro è nella costruzione della città terrena, nella società. Insiste sul valore della educazione. Essa insegna a ritrovare sub corticem il valore intenzionale dei termini, smarrito nella consuetudo, penetrando l'espressione nel suo significato intimo come direzione spirituale. Parola e cosa non possono disgiungersi. Noli, venerabilis in Christo frater, sic austere me ab honestis studiis revocare. Noli putare quod, cum vel in poetis vel aliis Gentilium libris veritas queritur, in vias Domini non eatur. Omnis enim veritas a Deo est, imo, quo rectius loquar, aliquid est Dei. Non volere, o venerabile fratello in Cristo, allontanarmi in modo così austero da studi degni di ammirazione. Non voler ritenere che, quando si cerca la verità o nei poeti o in altri libri degli scrittori pagani, non si cammini lungo le vie del Signore. Ogni verità, infatti, proviene da Dio e, per parlare fino in fondo rettamente, alcuna cosa è propria di Dio. Nullum enim dicendi genus maius habet cum divinis eloquiis et ipsa divinitate commertium quam eloquium poetarum. Nessun genere letterario, infatti, ha un maggior legame con le parole divine e con la stessa divinità quanto la parola dei poeti. Il manoscritto di Vercelli fu alla fine portato a Firenze, ove rimane, unica copia carolingia esistente delle Epistole di CICERONE. Gargan ritiene che la sua filologia non fu di altissima classe. Billanovica. Fitta la corrispondenza con Seta, come testimonia la prima lettera inviata dal cancelliere fiorentino. Insigni viri Lombardo...optimo civi patavino, Cappelli Cesareo. Epistola Coluci Salutati florentina ad Carolum regem Neapolitanum. Villani riporta la veemenza con cui fulmina Gian Galeazzo con le sue lettere, riportando tra l'altro la testimonianza di E.  Piccolomini cui quest'aneddoto è attribuita la paternità. Sia la citazione che il contesto in cui fu scritto il De Tyranno sono esposti in Canfora. In altri termini, se Cesare, pur giunto al potere in modo tirannico o violento, seppe poi legittimare tale potere attraverso un esercizio virtuoso di esso (ex parte exercitii) in grado di suscitare l'approvazione popolare, la sua uccisione non fu legittima. Lo e quella di un tiranno che esercita come tale. Per la figura di Loschi, si rimanda alla voce biografica Viti.  Canfora ipotizza l'aiuto di Bruni nello sviluppare il paragone Firenze-Atene, in quanto non e  molto esperto di quella lingua e di quella cultura. Così rivolgendosi al cancelliere milanese A. Loschi, nella Invectiva in Antonium Luschum, dopo aver contrapposto i guasti del regime tirannico milanese ai vantaggi di quello libero e repubblicano di Firenze, glorifica la sua città come "fiore d'Italia" e come esempio di vita serena e armoniosa. Si riporta interamente il breve messaggio d'accompagnamento. Mitto tibi munusculum istis paucis noctibus correctionis studio lucubratum. In quo si quid proficies tu vel alii, laus sit omnium conditori Deo, cui placeat me in tuis sanctis orationibus commendare. Vale felix et diu. S. tuus. Ti mando un piccolo pensiero composto in queste poche notti dopo un'opera di revisione. Attraverso questo trattato, se tu o altri ne trarrete giovamento, la lode di tutti voi sia per lodare Dio, al quale è piaciuto che io mi affidi alle tue sante orazioni. Sta felice a lungo. Il tuo Coluccio. Nel De Nobilitate ribade, attraverso un discorso più ampio e articolato, la distinzione della medicina, designate come arte meccanica, ossia tecnica, dalla giurisprudenza, considerata scienza della vita spirituale e quindi superiore all'altra. La legge e veramente un sigillo divino, con cui dopo il primo peccato Dio ha offerto alle comunità degl’uomini la vita per riconquistare il bene. Ispirate dal divino agli uomini, inscritte nell'anima umana, la legge ha un'altra superiorità, rispetto alla legge meccanica naturale. La legge inter-soggetiva puo essere conosciuta nella sua pienezza integrale, con una certezza che non si trova mai nella scienze della natura. Si riporta, come testimonianza, quanto scritto nell'epistolario in cui annuncia a B. Imola il suo Progetto. Sed ut ad Franciscum nostrum redeam, opusculum metricum de ipsius funere iam incepi. Ma per ritornare al nostro Francesco, inizio a stendere un opuscolo metrico sulla cerimonia funeraria dello stesso. Antiche Filippo Villani, Le vite d'uomini illustri fiorentini, Mazzuchelli, Venezia, Pasquali, Moderne; Abbagnano, “La filosofia del Rinascimento” in Abbagnano, Storia della filosofia, Milano, TEA); Billanovich, Gl’inizi della fortuna di Petrarca” (Roma, Storia e Letteratura); Bischoff, “Paleografia latina. Antichità e Medioevo, Stefano Zamponi, Padova, Antenore, Bosisio, Il Basso Medioevo, in Curato, Storia Universale,  Novara, Istituto geografico De Agostini, Branca, Boccaccio: profilo biografico, Firenze, Sansoni, Campana, Lettera del cardinale padovano (Bartolomeo Uliari). Canfora, Prima di Machiavelli. Politica e cultura in età umanistica, Roma, Laterza, Cappelli, “L'Umanesimo italiano da Petrarca a Valla” (Roma, Carocci); Cesareo, “L'Epistolario ed il carteggio con Francesco Petrarca come esempio di latino umanistico: una ricerca filologico-letteraria, G. Contini, Letteratura italiana delle origini” (Firenze, Sansoni); Carrara, Lino Coluccio di Piero, in Enciclopedia Italiana,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Rosa, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell' Enciclopedia Italiana, Chines, Forni, G. Ledda, Dalle Origini al Cinquecento, in Ezio Raimondi, La letteratura italiana” (Milano, Mondadori); Dionisotti, Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell' Enciclopedia Italiana, Luciano Gargan, Gli umanisti e la biblioteca pubblica, in Guglielmo Cavallo, Le biblioteche, Bari, Laterza, Eugenio Garin, L'umanesimo italiano, Roma-Bari, Laterza,Martelli, Schede per S. in Interpres, Demetrio Marzi, La cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca San Casciano, Cappelli,  Nuzzo, Coluccio Salutati. Epistole di Stato. Primo contributo all’edizione: Epistole in Letteratura Italiana Antica, Manlio Pastore Stocchi, Pagine di storia dell'Umanesimo, Milano, Angeli; Petoletti, “Boccaccio e i classici latini” in Teresa De Robertis, C. Monti, Marco Petoletti et alii, Boccaccio autore e copista, Firenze, Mandragora, Petrarca, Lettere Senili, Fracassetti,  Firenze, Le Monnier, S., Epistolario, Novati, Roma, Forzani e C. tipografi del Senato, Si sono consultati: Epistolario,. Epistolario,  Epistolario,  Epistolario, Epistolario, Sabbadini, “Le scoperte dei codici latini”, Firenze, G.C. Sansoni, Achille Tartaro e Francesco Tateo, Il Quattrocento. L'età dell'umanesimo, in Muscetta, La letteratura italiana, Bari, Laterza, Si sono presi in considerazione: Tateo, La cultura umanistica e i suoi centri, Wilkins, Vita di Petrarca, Rossi e Ceserani, Milano, Feltrinelli,  Life of Petrarch, Chicago; Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, Pissavino, Milano, Mondadori, Viti, Loschi, Antonio, in Dizionario Biografico degl’italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, Palazzo Salutati Petrarca Boccaccio Umanesimo Repubblica di Bruni. Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Cirillo,  “Il tiranno in S., umanista,” Biblioteca dei Classici italiani di Bonghi. Lino Coluccio Salutati. Coluccio Salutati. Salutati. Keywords: i duodici fatiche d’Ercole, gl’antichi, la legge non-naturale, la legge naturale, della buona fortuna, libero arbitrio, la vita sociale, la con-vivenza, Bruto e Cassio nell’inferno, la morte di Cesare, l’assassinio di Cesare, tirano, la libertas fiorentina, stato fiorentino, la repubblica fiorentina, la fiore d’Italia, Boccaccio, Petrarca, Aligheri, I primi umanisti, l’umanesimo laico, basato contro il determinismo ecclesiastico, la biblioteca di Salutati, Livio, Cicerone, autori latini, la lingua Latina, difesa della lingua Latina, l’interpretazione di Virgilio da Aligheri, difesa della filosofia pagana, il valore permanente della filosofia degl’antichi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Salutati” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Salutio: il divino ed i divini – l’ordine el mondo -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A close fiend of Giuliano. He is offered the emperorship on Giuliano’s death, but he declines on account of his ‘rather poor health.’ He leads an active political life and is regarded as morally incorruptible. Known to have been well-versed in philosophy, he is the author of ‘On the gods and the world order’ – which some however attribute to Salustio. The treatise is, unsurprisingly, dedicated to Giuliano. Those who argue that it us not written by Salutio claim it is the work of one contemporary of Giuliano, a Flavio Salustio. Accademia. Saturnino Secondo Salutio.

 

Grice e Salviano: il portico – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He moves from Rome to what is now known as The Galliae – and writes a ‘saggio’ in which he tries to explain why there is so much suffering in that area of the world. He takes an approach that is not only philosophical – along the lines of the Porch – but historical as well.

 

Grice e Sanctis: lo stile filosofico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo Italiano. Essential philosopher. He considers philosophy as a branch of the belles lettres and his field of expertise is when stylists stop using an artificial Roman, and turned to ‘Italian.’ Grice: “I really do not like de Sanctis; when an author becomes philosophical, he says that he has been infested of the philosophical pest!” -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e de Sanctis," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Sanctis. Keywords: storia della filosofia, il saggio filosofico, il poema filosofico, il tema filosofico. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sanctis” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Sanseverino: il segno naturale -- la logica scolastica --  filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Considerato uno fra i massimi precursori del neo-tomismo (AQUINO, si veda). Si trasfere a Nola per frequentare la scuola dove suo zio è rettore. Studia filosofia con l'intento di confrontare i vari sistemi filosofici, fra cui gode particolare credito in Italia, all'epoca, quello razionalista. Lo studio comparato dei vari sistemi gli permite una conoscenza più approfondita della scolastica, soprattutto d’AQUINO, e del legame intimo tra la scolastica e la [atristica. Restaura la filosofia scolastica. Insegna a Napoli. Venne incaricato da Ferdinando II di preparare un manuale ufficiale per le scuole del regno delle due Sicilie. Scrive allo scopo il manuale "I principali sistemi della filosofia del criterio”. Profondo conoscitore di AQUINO da alle stampe interessanti saggi sui filosofi moderni. Inizia ad occuparsi più specificamente di AQUINO con “L’origine del potere e il diritto di resistenza, cui fa seguito “In difesa dell'angeologia contro i sofismi”. Esce il ponderoso “I principali sistemi della filosofia del criterio” un'ampia e dottissima disquisizione sulla filosofia illuminista e su quella a lui contemporanea -- fra cui quella dello stesso GIOBERTI -- confutata sulla base della logica. Il suo capolavoro. Si tratta del celebre saggio, “Philosophia antiqua” che ha per oggetto la storia della logica. “In compendium redacta ad usum scholarum clericalium. Venne pubblicata a Napoli “Elementa”, “Antropologia”, “Teologia.  Altre saggi: “Sopra alcune questioni le più importanti della filosofia” (Napoli); “Il razionalismo” (Napoli); “I razionalisti” (Napoli); “L'origine del potere e il diritto di resistenza, (Napoli, Giannini); “In difesa dell'angeologia contro i sofismi” (Napoli, Manfredi); “Elementa philosophiae theoreticae” (Napoli, Manfredi); “Philosophia antiqua” (Napoli, Manfredi); “Institutiones seu Elementa philosophiae antiquae” (Napoli, Manfredi); “In compendium redacta ad usum scholarum” (Napoli, Manfredi); “Le dottrine de' filosofi antichi” (Napoli); Dovere, Tentativo di ricostruzione, in Doctor communis, P. Naddeo, Le origini del aquinismo” (Società italiana, Torino); Orlando, Aquino a Napoli e S., in Asprenas, Orlando, Vita e opere di S. secondo i documenti, in Aquinas, Orlando, L'Accademia d’Aquino a Napoli, storia e filosofia, in Saggi sulla rinascita d’Aquino, Roma, Ed. Pontificia Accademia teologica romana, Matarazzo, Per una rivoluzione del cuore. La visione dell'umano in Leopardi nella lettura critica di S. tra antropologia e istanze pastorali (Polidoro, Napoli). Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gaetano Sanseverino. Sanseverino. Keywords: segno naturale, Boezio, Aquino. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sanseverino” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Santilli – dal soggettivo all’inter-soggettivo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sant’Elia Fiume Rapido). Filosofo italiano. Segue il corso liceale presso la Scuola di Murro a Napoli. Discepolo di GALLUPPI, e amico -- fra gli’altri – di SETTEMBRINI, FIORELLI, e SANCTIS. Si laurea in filosofia. Apre una scuola di diritto morale e costituzionale.  Fervente giobertiano – GIOBERTI (si veda) , e attivo propugnatore, nei circoli culturali napoletani, di un'Italia federate. A frequenti rapporti epistolari con MAMIANI, GIZZI, e COUSIN. Quest'ultimo lo introduce nel giro culturale del socialismo utopistico ma modula il suo socialismo secondo i propri valori umanitari, rifiutando la logica della lotta di classe. Ha comunque a scrivere che nel regno di Napoli occorre una savia distribuzione della ricchezza. Presidente della società dantesca (ALIGHERI – si veda) -- e prolifico filosofo. Fonda "L'Enciclopedico" in cui vivacemente sostene che occorreva occuparsi della piaga della povertà. La nazione italiana vuole pane e lo dimanda incessantemente, lo chiede nel pianto dell'indigenza, tra le sciagure della desolazione, lo chiede non a titolo di preghiera, ma diritto necessario, assoluto. Il popolo italiano non capisce la speculativa astrazione di alcune verità filosofica, non sa i titoli di libertà, di costituzione, di uguaglianza. Una riforma che dimentica affatto la fisica prosperità del popolo italiano non è che riforma di solo nome. “Le idee" e testo di studio nelle scuole di Toscana; "Sul realizzamento del pensiero"; "Sviluppo filosofico dell'autorità"; "Cenno psicologico sull'attività dello spirito"; "Individuo e Società"; "Princìpi dell'imanità razionale"; "Il socialismo in economia" e "Lavoro, industria e capitale". Si batté politicamente per l'ottenimento della Costituzione da parte di re Ferdinando II. Malvisto e considerato individuo pericoloso dalla polizia e ucciso a baionettate da soldati che fanno irruzione nella sua abitazione in Largo Monte-Oliveto, accanto a Palazzo Gravina. Venne ucciso a seguito della delazione di una donna, che lo indica come il predicatore alla soldataglia. Lo ricordano due epigrafi: una sulla facciata della sua casa natia e una sulla facciata della sua palazzina in Largo Monteoliveto. Di lui scriveno SANCTIS, PEPE, SETTEMBRINI, VANNUCCI, MASSARI, GROSSI, GUZZARDELLA, e MANDALARI -- che volle raccogliere i suoi saggi in "Memorie e Saggi” (Roma). Peruta. “Il Giornalismo Italiano del Risorgimento”; Ghiron, Peruta, “Storia del quindici maggio in Napoli; Settembrini "Memorie e saggi”; Mandalari, Memorie, Roma. Guzzardella, “Martire del Risorgimento” Milano, Ghiron, Il valore italiano, Tip. nazionale degli editori Ghione e Lovesio, Peruta, Il Giornalismo Italiano del Risorgimento, Angeli, Mambro, in Sant'Elia Fiume Rapido, il Sannio, Casinum e dintorni Roccasecca, Settembrini, Ricordanze della mia vita, Morano. Angelo Santilli. Santilli. Keywords: dal soggettivo all’inter-soggetivo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Santilli” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Santorio: il pendolo di Santorio -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Capodistria). Filosofo italiano. Padre della fisiologia sperimentale. Il primo a comprendere l'importanza dell'esperimento e dell'adozione dei parametri quantitativi per valutare i quali inventa alcuni dispositivi tra cui il termometro e il tachimetro. Studia sperimentalmente la struttura della materia, di cui descrisse la struttura corpusculare e meccanica, anticipando le ricerche di GALILEI. Studia a Padova. A Venezia fa amicizia con SARPI, SAGREDO e GALILEI. Adatta il pendolo alla pratica, precedendo gli esperimenti condotti da Galilei con i pendoli. Poniere nell'impiego delle misurazioni fisiche in medicina; il suo dispositivo più famoso fu una grande bilancia usata per studiare l'equilibrio omeostatico e le trasformazioni metaboliche Tra i soggetti che si prestarono alla sperimentazione vi fu anche GALILEI. Insegna a Padova. Pubblica descrizioni di congegni termo-metrici e di precisione che divennero di largo uso nella pratica medica. Pioniere nell'impiego delle misurazioni fisiche. Il suo dispositivo più famoso fu una grande bilancia – la stadera medica -- usata per studiare le trasformazioni meta-boliche in soggetti sperimentali tra i quali vi fu lo stesso GALILEI. Pioniere nell'uso del metodo sperimentale di cui comprese l'importanza e la necessità replicando i suoi esperimentil Considerato a torto il fondatore della iatro-meccanica, ne e uttavia ispiratore con i suoi importanti studi sul meta-bolismo e sulla termo-regolazione umana. È il primo a quantificare la perspiratio insensibilis e ad usare il termometro clinico che egli stesso idea.  S. inventa anche altri strumenti – il pulsilogio, l’igrometro, il "letto artificioso", l’"eolopila medica", ed il "termometro lunare" -- intesi a tradurre in numero e determinare con esattezza matematica i para-metri vitali umani. I suoi saggi hanno numerose edizioni, diffusione europea e ampia popolarità. Classico il “De statica medica” -- uno dei saggi più importanti della storia della fisiologia; “Methodi vitandorum errorum omnium qui in arte medica contingunt liNunc primum ccessit eiusdem authoris De inventione remediorum liber (Aubert); “Ars de statica” (Leida, Haro); “Commentaria in artem Galeni”; “Nova pulsuum praxis morborum omnium diagnosim prognosim et medendi aegrotis rationem statuens, sine eorum relatione”; “Commentaria in primam fen primi libri canonis Auicennae”; “Commentaria in primam sectionem aphorismorum Hippocratis”; “Societate si politica”. Galilei -- Storia della Scienza di Firenze. Castiglioni, “Storia della Medicina” (Mondadori, Milano); Pazzini, “Storia della Medicina” (Libraria, Milano); Premuda, “Storia della Medicina” (Milani, Padova); Premuda, “Storia della fisiologia” (Del Bianco, Udine). Treccani Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Santorio Santorio. Santorio. Keywords: il pendolo, il pulsi-logio, l’igro-metro, l’eolo-pila. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Santorio” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Santucci: idealismo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma).  

 

Grice e Sanzo: natura ed artificio – la filosofia lizia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Insegna a Brindisi, Milano, e Salento. Fonda “Apollo Licio” o Lizio. Sube il fascino dell’esistenzialismo e il orazionalismo. Rivolve la propria attenzione ai rapporti tra filosofia, scienza e società. Si occupa di filosofi quali Becquerel, Boutruox, Corbino, Couturate Curie, Enriques, Fermi, Frola, GEYMONAT, PEANO, VAILATI. Sui fondamenti della geometria” (Brescia,  La Scuola, Collana "Il Pensiero"); “L’artificio della lingua, -- Grice: “I like that: it’s my Gricese, a language I invent and which makes me the master; there’s the arbitrary and there’s the artificial, and Sanzo, reconstructing Peano’s project, fails to distinguish this” -- Milano, Angeli, Collana di Epistemologia, Cimino; Sava, Il nucleo filosofico della scienza, Galatina, Congedo, Collana di Filosofia, Scritti di fisica-matematica, Torino, POMBA, I Classici della Scienza, Poincaré e i filosofi” (Lecce, Milella); Corbino, Scienza e società, Saggi raccolti e commentati, Manduria, Barbieri, Collana di Filosofia Hermes/Hestia, Scritti di fisica-matematica” (Milano, Mondadori, "I Classici del pensiero", Unione Tipografico, Torino, Scientia, Rivista di sintesi scientifica, “Apollo Licio”, Museo Galilei, Firenze. Ubaldo Sanzo. Sanzo. Keywords: apollo licio, trovato al ginnasio liceo di Atene, figgurante il dio in atto di riposo dopo un gran sforzo. natura ed artificio, l’artificio della lingua, convenzionalismo, filosofia della lingua.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sanzo” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Sarapione: il portico romano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A philosopher of the Porch imprisoned by the Romans, Grice: “for no other reason than the Romans deeply detesting the Porch!" Sarapione

 

Grice e Sarlo: idealismo -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). De Sarlo.

 

Grice e Sarno: sentire – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Interprete di BRUNO e CAMPANELLA. Collabora al “Giornale critico della filosofia italiana” con saggi su BRUNO, CAMPANELLA, e VICO. Medita sulla violenza. Si suicida con un colpo di rivoltella. Si interessa a BRUNO e CAMPANELLA. Il suo punto di partenza è l’opposizione tra un sentimento sempre identico a se stesso, essenzialmente interiore -- sensus sui -- ed un sentire esteriore, che si tramuta nelle cose di cui ha esperienza, che si presta e si dona tutt’intero alle cose, affinché esse vivano in lui. Atre saggi: Pensiero e poesia (Laterza, Bari); Filosofia poetica (Laterza, Bari); Filosofia del sentire (Pescara, Tracce); Sulla violenza (Bari, Laterza); M. Perniola, “L’enigma” (Costa,  Genova); A. Marroni, Filosofo del farsi altro. Angelo, L'estetica italiana” (Laterza, Bari); Marroni, La passione per il presente in “Filosofie dell'intensità. un maestro occulto della filosofia italiana” (Mimesis, Milano); Marroni, "I carmina in foliis volitantia" in Agalma, Giornale Critico di Filosofia Italiana. Antonio Sarno. Sarno. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sarno” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Sarpi: la meta-fisica del fenice, o l’arte del bien conversar -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo Italiano. Very important Italian philosopher. Definito d’Acquapendente come oracolo, autore della celebre Istoria del Concilio tridentino, subito messa all'indice. Fermo oppositore del centralismo monarchico di Roma, difendendo le prerogative della repubblica veneziana, colpita dall'interdetto emanato da Paolo V. Rifiuta di presentarsi di fronte all'inquisizione romana che intende processarlo e sube un grave attentato che si sospetta sta organizzato dalla curia romana, "agnosco stilum Curiae romanae", che nega tuttavia ogni responsabilità.  L'infanzia e una ritiratezza in sé medesimo, un sembiante sempre penseroso, e più tosto malinconico che serio, un silenzio quasi continuato anco co' coetanei, una quiete totale, senza alcun di quei giuochi, a' quali pare che la natura stessa ineschi i fanciulli, acciò che col moto corroborino la complessione: cosa notabile che mai fosse veduto in alcuno. Poi, così serve in tutta la sua vita, et all'occasioni dice non poter capir il gusto e trattenimento di chi giuoca, se non fosse affetto d'avarizia. Un'alienazione da ogni gusto, nissuna avidità de' cibi, de' quali si nutre così poco, che restava meraviglia come stasse vivo. Nell'anno in cui proseguivano le sedute del Concilio di Trento, Carlo V e in guerra con i prìncipi protestanti tedeschi e il Parlamento inglese adotta un Libro di preghiere d'ispirazione luterana. Figlio di Francesco di Pietro S., di famiglia di lontane origini friulane -- precisamente di San Vito al Tagliamento -- e mercante a Venezia eppure, scrive Micanzio, per la sua indole violenta più dedito all'armi ch'alla mercatura. La madre, veneziana, d'aspetto umile e mite e Isabella Morelli. Rimasta vedova, fu accolta con il suo figlio e l'altra figlia Elisabetta nella casa del fratello A. Morelli, prete della collegiata di Sant'Ermagora.  Con lo zio, uomo d'antica severità di costumi, molto erudito nelle lettere d'umanità addottrinando nella grammatica e retorica molti fanciulli della nobiltà, fa i primi studi, imparando presto e con facilità. A dodici anni, nell’anno dell'istituzione, dopo la chiusura del Concilio, dell'Indice dei libri proibititra i tanti, vi finirono il Talmud e il Corano, il De Monarchia di Dante e le opere di Rabelais, Folengo, TELESIO, MACHIAVELLI, ed Erasmo, passa alla scuola di Capella, dell'Ordine dei Servi di Maria, seguace delle dottrine di Scoto. Capella gli insegna logica, filosofia e teologia, finché il ragazzo fece così rapidi progressi che il maestro istesso confessa non aver più che insegnargli. Con altri maestri veneziani apprese la matematica, la lingua greca e l'ebraica. Con la familiarità e co' studii entra Panco in desiderio di ricevere l'abito de' servi, o perché gli paresse vita conforme alla sua inclinazione ritirata e contemplativa, o perché vi fosse allettato dal suo maestro, malgrado l'opposizione della madre e dello zio che lo voleva prete nella sua chiesa, entra nel monastero veneziano dei servi di Maria. Continua ancora a studiare con il Capella, rimanendo alieno dalle distrazioni proprie della sua età finché in occasione della riunione a Mantova del capitolo generale dell'Ordine servita,  mandato in quella città «ad onorar il congresso e far vedere che gl'ordini non sono oziosi, ma spendono il tempo in sante e lodevoli operazioni, difendendo 318 delle più difficili proposizioni della filosofia naturale. Il qual carico con che felicità lo sostenesse e con che giubilo e stupore di quella venerabile corona, si può dall'evento argomentare. Essersi così distinto agli valse la nomina a teologo da parte del duca di Mantova. Prencipe di grandissimo ingegno, così profondamente erudito nello scienze, che difficilmente si discerne qual fosse maggiore, o la prudenza di governare, o l'erudizione di tutte le scienze et arti, sino nella musica, mentre il Boldrino gli affida la cattedra. Stabilito nel convento di San Barnaba, perfeziona la conoscenza della lingua ebraica e inizia, col puntiglio consueto, ad applicarsi agli studi storici. E certo a motivo di quest'interesse che a Mantova frequenta Olivo, già segretario di Gonzaga, cardinale e legato pontificio nelle ultime sessioni del concilio di Trento, la cui caduta in disgrazia presso Pio IV coinvolse anche l'Olivo che fu dagl’inquisitori molto travagliato, col tenerlo longamente in carcere dopo la morte del cardinale suo signore, ma che ora, dopo la morte del pontefice, vive privatamente in Mantova. Il gusto principale che riceva in conversare con lui e perché lo trovava d'una moderazione singolare, erudito, e che, per esser stato col cardinale a Trento, ha gran maneggio in quelle azioni e sa tutte le particolarità de' negozii più secreti, et ha anco molte memorie, nell'intendere le quali riceve molto piacere. Sono gli anni in cui in Italia continua con vigore la repressione inquisitoriale di Pio V. P. CARNESECCHI venne decapitato. Gl’brei sono espulsi dallo stato pontificio tranne che da Roma e da Ancona, nei ghetti delle quali vennero costretti a risiederee. E impiccato l'umanista A. Paleario. Il papa scomunica Elisabetta d'Inghilterra, oorganizzò la Lega contro i turchi, ottenendo la vittoria navale di Lepanto e a Parigi, a migliaia di ugonotti sono massacrati. Fa la sua professione, entrando ufficialmente nell'Ordine servita. Anche di lui l'Inquisizione si occupa seguito della denuncia di un confratello che lo accusa di sostenere che dal primo capitolo del Genesi non si può ricavare l'articolo di fede della trinità. Ma, poiché effettivamente di trinità divina non vi è traccia nel vecchio testamento, l'inquisizione gli diede ragione, archiviando il caso. Dopo aver ricevuto nel convento mantovano il titolo di baccelliere, e invitato a Milano da Borromeo il quale, dopo aver ottenuto dalle autorità contro la volontà del Senato, il riconoscimento del tribunale e della polizia diocesana, avvia un processo di riforma del clero. Ottenne di essere trasferito nel convento dell'Ordine servita di Venezia, dove e incaricato dell'insegnamento della FILOSOFIA e continua i suoi studi scientifici. Nella grande epidemia di peste, che imperversa a Venezia,  facendo 50.000 vittime tra le quali Tiziano frimase immune dal contagio. Dopo essersi addottorato a Padova, e nominato reggente del convento di Venezia e priore della provincia veneta. Durante il Capitolo a Parma, nel quale venne rieletto priore G. Tavanti, tenne una dissertazione di fronte ai cardinali protettori dell'Ordine, Farnese e Santori. Uno dei tre saggi, insieme con Franco e Giani, incaricati di preparare una riforma della regola. Il carico suo speziale e d'accommodare quella parte che tocca i sacri canoni, le riforme del concilio di Trento, allora nuove, e la forma de' giudizii quella parte tutta ove si tratta de' giudizii accommodatamente allo stato claustrale. Lascia in questo carico in Roma fama di gran sapere e di molta prudenza, non solo nelle corti de' due cardinali suddetti, co' quali, per ordine contenuto in un breve apostolico di Gregorio XIII, conviene conferire ogni legge che si fa, ma anco e necessario molte volte trattar col pontefice medesimo. Sbrigato da quale peso ritorna al suo governo. Si tenne a Bologna il nuovo Capitolo dell'Ordine servita e viene eletto procuratore generale, la suprema dignità di quell'ordine dopo il generale il carico porta seco di difender in Roma tutte le liti e controversie che vengono promosse in tutta la religione. Dove pertanto trasferirsi a Roma dove conobbe e prende strettissima familiarità col padre Bellarmino poi cardinale, e dura l'amicizia sin al fine della vita, grazie al quale forse puo prendere visione di diversa documentazione relativa alle istruzioni date ai legati pontifici durante il Concilio di Trento. Conosce anche il dottor Navarro, teologo difensore dell'arcivescovo di Toledo, B. Carranza, accusato di eresia, il gesuita Bobadilla e il cardinale Castagna, poi Urbano VII. Ha occasione di passare a Napoli per presiedere Capitoli e conversare con quel famoso ingegno Porta, il quale, anco nelle sue opere mandate in luce, fa onorata menzione del padre Paolo come di non ordinario personaggio. Scaduto il periodo di carica a procuratore generale dell'Ordine servita, ritorna a Venezia, frequentandovi i circoli intellettuali che si riunivano nella bottega di Sechini e nella casa del nobile veneziano A. Morosini, dove conobbe anche BRUNO. A Padova frequenta la casa di Pinelli, il ricetto delle muse e l'academia di tutte le virtù in quei tempi, dove iincontrare Galileo e Bruno, il quale s'intrattenne a Padova più di tre mesi, poco prima di essere arrestato a Venezia.  Si dove scegliere il generale dell'Ordine servita, e fra i due principali candidati, Baglioni e Dardano, si espresse a favore del primo. Il rancore spinse Dardano a denunciarlo al Sant'Uffizio, accusandolo di negare efficacia allo Spirito Santo, di avere rapporti sospetti con ebrei e allegando una lettera che fgli scrive da Roma, nella quale sono contenute alcune parole in discredito della corte, come che in quella si viene alle dignità con male arti, e di tenerne esso poco conto, anzi abominarla. Senza nemmeno essere chiamato a Roma per discolparsi, e subito prosciolto da ogni accusa. Ma il cardinale di Santa Severina, G. Santori, protettore dell'Ordine e capo del S. Uffizio, mostrò però implacabile indignazione autilizzando tutta la sua autorità per escludere gli amici dalli gradi et onori con maniere così strane e fini così bassi, ch'io non ardisco poner i casi che mi sono stati dati in nota, perché troppo gran scandalo arrecherebbono al mondo. Continua i suoi studi mentre non cessano le rivalità nell'Ordine servita, del quale venne eletto priore,  Montorsoli, che morì tre anni dopo, succedendogli così, Dardano, accanito avversario del S.. Questi, deciso a uscire dall'Ordine per sottrarsi all'inimicizia dalla quale si sentiva circondato, cerca di ottenere un vescovato, prima a Caorle e poi a Nona, in Dalmazia, che però gli vengono rifiutati a causa delle negative informazioni che di lui il Dardano e Gagliardi, preposito della casa veneziana dei gesuiti, diedero al papa. Esse ssente mormorare alle volte che egli con alcuni facci una scoletta piena d'errori. Non solo: nel Capitolo,  Dardano l’accusa di portare una berretta in capo contra una forma che sino sotto Gregorio XIV disse esser proscritta; che portasse le pianelle incavate alla francese, allegando falsamente esserci decreto contrario, con privazioni divote; che nel fine della messa non recita lo Salve Regina. E assolto anche da queste accuse. La Repubblica veneziana, stretta a nord dall'Impero, in Italia dalla prevalenza spagnola e papale, in Oriente dalla potenza turca, e ormai avviata a quel lungo declino politico ed economico che a la sua sanzione. Alla prudente politica dei patrizi, rasseglla compromissione con l'Impero e il papato, si sostituì quella degli innovatori, i cosiddetti «Giovani», decisi a sottrarre la Serenissima all'invadenza ecclesiastica nell'interno e a rilanciarne le fortune commerciali nell'Adriatico, compromesse dal controllo dei porti esercitato dallo Stato pontificio e dalle azioni degli Uscocchi, i pirati cristiani croati appoggiati dall'Impero. Iil Senato veneziano proibì la fondazione di ospedali gestiti da ecclesiastici, di monasteri, chiese e altri luoghi di culto senza autorizzazione preventiva della Signoria. Un'altra legge proibiva l'alienazione di beni immobili dai laici agli ecclesiastici, già proprietari, pur essendo solo un centesimo della popolazione, di quasi la metà dei beni fondiari della Repubblica, e limita le competenze del foro ecclesiastico, prevedendo il deferimento ai tribunali civili degli ecclesiastici responsabili di reati di particolare gravità. Avvenne che il canonico vicentino S. Saraceno, colpevole di molestie a una nobile parente, e l'aristocratico abate di Nervesa, Brandolini, reo di omicidi e di stupri, sono incarcerati. Paolo V emana due brevi richiedenti l'abrogazione delle due leggi e la consegna al nunzio pontificio dei due ecclesiastici, affinché secondo il diritto canonico fossero giudicati da un tribunale ecclesiastico.  Il nuovo doge Donà fece esaminare i due brevi da giuristi e teologi, fra i quali S., affinché trovassero modo di controbattere alle richieste della Santa Sede. Venne nominato teologo canonista proprio S. e lo stesso giorno il suo scritto: Consiglio in difesa di due ordinazioni della Serenissima Repubblica, venne inviato al Papa. Difese le ragioni della Repubblica con numerosi saggi. Sono di questi mesi la scrittura sopra la forza e validità delle scomuniche, il consiglio sul giudicar le colpe di persone ecclesiastiche, la scrittura intorno all'appellazione al concilio, la scrittura sull'alienazione dei beni laici agli ecclesiastici e altri ancora, poi raccolti nella sua successiva “Istoria dell'interdetto”. In quell saggio è contenuta anche un saggio sulla validità della scomunica, attaccato da BELLARMINO, al quale rispose allora con l'Apologia per le opposizioni do Bellarmino. Mentre Micanziosuo inizia a collaborare dopo che Paolo V scomunica il consiglio veneziano e fulminato con l'interdetto lo Ssato veneto, pubblica il protesto del monitorio del pontefice, nel quale il breve papale Superioribus mensibus è definito nullo e di nessun valore, mentre impede la pubblicazione della bolla pontificia. Obbedendo alle disposizioni del papa, i gesuiti rifiutano di celebrare le messe a Venezia e la Repubblica reage espellendoli insieme con cappuccini e teatini. Parteno la sera alle doi di notte, ciascuno con un Cristo al collo, per mostrare che Cristo parte con loro. Concorse moltitudine di populo e quando il preposto, che ultimo entra in barca, dimanda la benedizione al vicario patriarcale si leva una voce in tutto il populo, che in lingua veneziana grida loro dicendo "Andé in malora!". A Roma si spera che l'interdetto provocasse una sollevazione contro i governanti veneziani ma i gesuiti scacciati, li cappuccini e teatini licenziati, nissun altro ordine parteno, li divini uffizi sono celebrati secondo il consueto il senato e unitissimo nelle deliberazioni e le città e populi si conservano quietissimi nell'obbedienza. Venezia era alleata, in funzione anti-spagnola, con la Francia, ed era in buoni rapporti con l'Inghilterra e con la Turchia. Fingendosi veneziani, soldati spagnoli, per provocare la rottura delle relazioni turco-veneziane, sbarcano Durazzo, saccheggiandola, ma la provocazione e facilmente scoperta e i turchi offreno a Venezia l'appoggio della loro flotta contro il papa. L'Inquisizione l’intima di presentarsi a Roma per giustificare le molte cose temerarie, calunniose, scandalose, sediziose, scismatiche, erronee ed eretiche contenute nei suoi saggi ma naturalmente si rifiuta. Invano il papa che scomunica Sarpi e Micanziosi dichiara favorevole a portare guerra a Venezia. La sua unica alleata, la Spagna, minacciata da Francia, Inghilterra e Turchia, non puo sostenerla in quest'impresa e si giunse così alle trattative diplomatiche, favorite dalla mediazione del cardinale Joyeuse. Venezia rilascia i due ecclesiastici incarcerati e ritira il suo protesto al papa in cambio della revoca dell'interdetto, mentre le leggi promulgate dal Senato veneziano restarono in vigore e i gesuiti non possono rientrare nella Repubblica. Riceve Schoppe, molto intimo dei segreti affari della curia romana, il quale gli confide che il papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui gravemente offeso non puo succedergli se non male, e che se sino a quell'ora avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del papa e averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma, offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con qual onore avesse saputo desiderare. Asserendo d'aver in carico anco molte trattazioni co' prencipi alemanni protestanti e la loro conversione». Schoppe, ambiguo provocatore, intende convincerlo  a mettersi nelle mani dell'inquisizione come miglior partito che puo prendere, tanto parvero strane le due proposte di far ammazzare o prender vivo il padre. I disegni omicidi sono reali. Circa le 23 ore, ritornando al suo convento di San Marco a Santa Fosca, nel calare la parte del ponte verso le fondamenta, e assaltato da V assassini, parte facendo scorta e parte l'essecuzione, e resta l'innocente  ferito di tre stilettate, due nel collo et una nella faccia, ch'entrava all'orecchia destra et usciva per apunto a quella vallicella ch'è tra il naso e la destra guancia, non avendo potuto l'assassino cavar fuori lo stillo per aver passato l'osso, il quale restò piantato e molto storto. I sicari, fuggendo, trovano rifugio nella casa del nunzio pontificio e la sera s'imbarcano per Ravenna, da dove proseguirono per Ancona e di qui raggiunsero Roma. Si conoscono i loro nomi: l'esecutore materiale dell'attentato e Poma, già mercante veneziano, poi trasferitosi a Napoli e di qui a Roma, dove divenne intimo del cardinale segretario di Stato S. Caffarelli-Borghese e dello stesso Paolo V. E co-adiuvato da tre uomini d'arme, tali A. Parrasio, Giovanni da Firenze e Bitonto, mentre «a spia, o guida e Viti, solito offiziare in S. Trinità di Venezia, che non lascia dubitare quanti mesi precedessero questo bel effetto prima che fosse mandato alla luce. Poi che Viti la quadragesima antecedente, sotto specie d'aver gusto delle predicazioni del padre maestro Fulgenzio, anda ogni mattina in convento de' servi alla porta del pulpito, che risponde alla parte di dentro, e cortesemente tratta con lui, ricercandolo anco di qualche dubbio di coscienza. E continua di poi sempre a salutarlo et anco andar in convento a visitarlo, parlandogli sempre di cose spettanti all'anima. Il pugnale non ha tuttavia leso organi vitali e riusce a sopravvivere. Il chirurgo Acquapendente, che l'opera, dice di non aver mai medicato una ferita più strana, rispondendo allora con la famosa espressione. Eppure il mondo vuole che sia data stilo Romanae Curiae. Le conseguenze furono la rottura della mascella e vistose cicatrici nel volto. Il Senato, dichiarandolo persona di prestante dottrina, di gran valore e virtù gli concede una casa in piazza San Marco ove possa risiedere con il Micanzio e altri frati, e una sovvenzione affinché possa acquistare una barca e provvedere alla sua sicurezza personale. Rifiuta la casa ma si servì da allora di una barca che gli evita si pericolosi tragitti a piedi per le calli veneziane. Poco più di un anno dopo, e sventato un secondo attentato, ordito, sembra su mandato di Margotti, d’Antonio da Viterbo, i quali, fatta una copia della chiave della sua camera vuoleno secretamente introdurre nel monasterio due o più sicarii e la notte trucidare l'innocente. Inizia a corrispondere con personalità soprattutto di fede calvinista o gallicana. Fra questi ultimi, Leschassier e Gillot, che pubblica gli Actes du concile de Trente, dimostrando le pressioni papali sui vescovi riuniti a concilio, e fra gli altri l'italiano  Castrino, i francesi Villiers, Casaubon, Thou, Mornay, i tedeschi Achatius e Dohna. Attraverso il dialogo diretto con gli intellettuali  acquiesce quella straordinaria ampiezza di orizzonti e di interessi, quella solida conoscenza dei problemi dello stato che gli permite di arricchire la sua cultura storica, giuridica e scientifica e lo conduce a incidere sulla sua posizione filosofica, ad approfondirne la crisi, risolvendola poi con l'accoglimento di nuove prospettive e di nuove idealità; spalancandogli un mondo nuovo, che gli fac sentire più soffocante, più viziata, la vita italiana. Incontra a Venezia Bedell, che rifere di lui e del Micanzio come essi sono completamente dalla nostra parte nella sostanza della religione e, Dohna inviato da Cristiano I di Anhalt-Bernburg, e Diodati, per valutare la possibilità di introdurre a Venezia la Riforma. La traduzione in lingua italiana del nuovo testamento, viene diffusa a Venezia proprio in questo periodo.  Altre polemiche suscitano, le prediche quaresimali di Micanzio che vengono interpretate a Roma come un attacco alla fede cattolica. -- è anche preoccupato per la tregua stipulata tra la Spagna e i Paesi Bassi, perché vede in essa un indebolimento di questi ultimi che, o prima o dopo, resteranno sopraffatti dalle arti spagnole, mentre gli spagnoli ne potrebbero trarre beneficio anche in vista del loro dominio in Italia. Spera in un'alleanza generale di Francia, Inghilterra, principi protestanti, Paesi Bassi, Savoia e Venezia che portasse alla guerra contro l'Impero cattolico ispano-tedesco e cancellasse il dominio papale e spagnolo in Italia. Se sarà guerra in Italia, va bene per la religione; e questo Roma teme. L’inquisizione cessa e l'Evangelio ha corso. E ha bene anche per le libertà civili di Venezia: qui, anche se il giogo ecclesiastico è assai più mite che nel rimanente d'Italia, in quella parte nondimeno che tocca la stampa è l'istesso appunto che negli altri luoghi. Nessuna cosa si può stampare se non veduta e approvata dall'Inquisizione. Dove si ragiona di alcun papa, non permettono che si dica alcuna di disonore, se bene vera e notoria. Non permettono che alcuno separato dalla Chiesa romana sia lodato di qualsivoglia virtù, né nominato se non con vituperio. Secondo la versione ufficiale, sebbene sfinito, volle alzarsi per il mattutino, come al solito, e celebrare la Messa. Fatto chiamare il priore del convento, lo prega che lo raccomandasse alle preghiere dei confratelli e che gli portasse il Viatico. Gli consegna tutte le cose concesse a suo uso. Si fa vestire, si confessa e passò il resto del mattino facendosi leggere da fra Fulgenzio e da Fra Marco i Salmi e la Passione di Cristo narrata dagli Evangelisti. Gli e quindi amministrato dal priore, alla presenza della Comunità, il Viatico. E visitato dal medico che gli dice che ha poche ore di vita. Sorridendo, rispose: Sia benedetto Dio. A me piace ciò che a Lui piace. Col suo aiuto faremo bene anche quest'ultima azione -- quella di morire. E udito ripetere più volte, con soddisfazione: Orsù, andiamo dove Dio ci chiama. Secondo alcuni le sue ultime parole sarebbero state. Esto perpetua, riferendosi a Venezia (v. Bianchi-Giovini, Esistono tuttavia altre versioni della sua morte che lo fanno apparire più vicino al culto protestante. Figura assai complessa di filosofo, occupa indubbiamente un posto di primo piano nella storia della filosofia italiana. Fu uno dei più grandi filosofi. La sua prosa è una delle più maschie ed efficaci di tutta la filosofia nostra, che non conosce lenocini né fronzoli, che scolpisce le figure con raro risalto, che ha un magnifico potere ri-evocatore allorché descrive dispute e contrasti, ch'è impareggiabile nel sarcasmo, tutto contenuto in un'unica espressione, tre o quattro parole. G. Papini, parlando della Istoria del Concilio di Trento, la define un modello di lucidità narrative e di prosa semplice, esatta e rapida. Lascia orme indelebili nella filosofia, nella matematica, nell'ottica, nell'astronomia, nella medicina ecc. Galilei e suo grande amico, e non disdegna di appellarlo: Mio Maestro. Dinanzi al primo avvertimento a Galilei, lui, che non visse abbastanza a lungo per assistere alla condanna scrive. Verrà il giorno, e ne sono quasi certo, che gl’uomini, da studi resi migliori, deploreranno la disgrazia di Galileo e l'ingiustizia resa a sì grande uomo. Scopre la dilatabilità della pupilla sotto l'azione della luce e le valvole delle vene. I suoi biografi parlano anche di scoperte nel campo dell'anatomia, dell'ottica, ecc. L'invenzione del telescopio dice Bianchi-Giovini il Galilei la dovette per certo ai lumi somministratigli da lui, se pure questi non ne fu il primo inventore, come pensano alcuni. Sopra la sua sapienza matematica si cita l'autorevole giudizio di Galilei. Galilei non esita a dire della ‘fenice’: del quale posso senza iperbole alcuna affermare che niuno l'avanza in Italia in cognizione di queste scienze matematiche contro alle calunnie ed imposture diCapra, in ediz. naz., Firenze, La teoria di GALILEI delle maree, successivamente dimostratasi erronea, riprende le sue idee, esposte nei Pensieri naturali, metafisici e matematici. Porta, dopo aver dichiarato di avere appreso alcune cose da lui, lo proclama splendore ed ornamento non solo della città di Venezia e dell'Italia, ma di tutto il mondo. (Magia naturalis).  Passionei gli define dottissimo oltre ogni espressione. In uno studio il cui intento era quello di misurare il Q.I. di 300 personaggi famosi. si posiziona al quinto posto, al pari del più noto matematico Pascal. Alla grande intelligenza unì anchecome riconosciutagli da tuttiun'esemplare integrità di vita.  Jemolo, dopo essersi rivolto varie domande intorno alla sua ortodossia, da questa risposta. Gli elementi ci mancano per una risposta perentoria: noi non possiamo dissipare l'alone di mistero che lo circonda. Questo non c'impedisce di ammirare l'uomo e l'opera. Fondamentalmente lo scontro con la Curia romana e legato ad un progetto politico volto a contenere il potere di Roma in ambito esclusivamente spirituale e a pro-muovere un'alleanza tra Venezia e la Francia in un'ottica anti-imperiale. Per questo intrattenne contatti con i riformati. Inoltre la sua visione di Roma e un vago ritorno verso la chiesa primitive. Egli quindi e indotto a condannare il potere temporale, il processo di mondanizzazione del clero, la superiorità del papa sul Concilio. Stringe amicizia con Dominis, arcivescovo di Spalato, che tende all'apostasia. La sua Istoria del Concilio Tridentino costituisce il suo capolavoro storico ed offre la prima imponente ricostruzione del Concilio di Trento. L’opera e ondannata dalla Congregazione dell'Indice e quindi posta all'Indice dei libri proibiti. Sono intercettate dal nunzio pontificio a Parigi Ubaldini compromettenti carteggi di lui con l'ambasciatore veneziano Foscarini e con l'ugonotto Castrino; carteggi ben presto inviati a Roma per essere messi a disposizione del Sant'Uffizio, ma anche da utilizzare per far ammettere una buona volta al governo veneziano quanto da tempo da Roma si viene denunciando, che lui che si proclamava più cattolico del Papa e come tale difeso ufficialmente dai responsabili politici veneziani. Altri non era che un protestante, al servizio delle forze ereticali europee. Dunque infedele e ipocrita. Una taccia di ipocrisia che non da tregua alla sua figura lungo i secoli, come stanno a provare innumerevoli esempi, da Aleandro, che ricevuta da Peiresc la sua Istoria dell'Interdetto appena edita risponde all'illustre erudito francese con fare perentorio che lui e nero ministro del diavolo che si dice esser padre delle menzogna, se ben egli veramente non credeva né nel diavolo né in Dio,  al prelato friulano G. Fontanini con la sua velenosa Storia arcana della sua vita a Passionei, che crede di avere le carte per dimostrare che l'idea del furfante e di introdurre il calvinismo in Venezia, come ancora ricorda A. Mercati. Un parere analogo si trova anche nella recente Storia della Chiesa di Hertling e Bulla, dove viene definite un ipocrita che fino all'ultimo fa la parte del religioso, sebbene nel suo intimo si fosse da tempo allontanato dalla Chiesa. Saggi: “Trattato dell'interdetto di Paolo V nel quale si dimostra che non è legittimamente pubblicato”; “Apologia per le opposizioni fatte da Bellarmino ai trattati et risolutioni di G. Gersone sopra la validità delle scomuniche; Considerationi sopra le censure della santità di Paolo V contra la Serenissima Repubblica di Venezia, Istoria del Concilio Tridentino,  Il trattato dell'immunità delle chiese (De iure asylorum), Discorso dell'origine, forma, leggi ed uso dell'Uffizio dell'Inquisizione nella città e dominio di Venezia, Trattato delle materie beneficiarie, Opinione di Servita, come debba governarsi la Repubblica Veneziana per havere il perpetuo dominio, Venezia, La storiografia recente attribuisce lo scritto al patriziato veneziano medesimo. Scritti giurisdizionalistici, Istoria del Concilio Tridentino (Geneua, Aubert); Pagnoni Editore, Milano, Gambarin, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, G. Gambarin, IScrittori d'Italia, Bari, Laterza, Gambarin, Scrittori d'Italia Bari, Laterza, Istoria del Concilio Tridentino, testo critico di Giovanni Gambarin, introduzione di Pecchioli, Collana Biblioteca, Sansoni, Firenze, Lettere a Simone Contarini ambasciatore veneto in Roma, pubblicate dagli autografi, Monumenti storici pubblicati dalla R. Deputazione veneta di storia patria. Miscellanea, Venezia, Fratelli Visentini, Pagine scelte, Arturo Carlo Jemolo, Vallecchi, Firenze, Lettere ai protestanti, Scrittori d'Italia, 1, Bari, Laterza,  Lettere ai protestanti, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, Antologia degli scritti politici e storici. Roffarè, MILANI, Padova, “Istoria dell'Interdetto e altri scritti editi e inedita” (Scrittori d'Italia Bari, Laterza); Amerio, “Scritti filosofici e teologici” (Scrittori d'Italia, Bari, Laterza); “Pensieri naturali, metafisici e matematici. anoscritto dell'iride e del calore; Arte di ben pensare, Pensieri medico-morali, Pensieri sulla religione, Fabula e Massime e altri scritti. Edizione integrale commentate, L. Sosio, Ricciardi, Milano-Napoli, Scritti giurisdizionalistici” (Scrittori d'Italia, Bari, Laterza); “Lettere ai Gallicani, B/ Ulianich, Wiesbaden, F. Steiner,  La Repubblica di Venezia la casa d'Austria e gli Uscocchi, Bari, Laterza, Scritti scelti: Istoria dell'Interdetto, Consulti, Lettere, Pozzo, Collezione di Classici Italiani, POMBA, Torino); Storici, Politici, e Moralisti, G. Cozzi, Collana La Letteratura Italiana. Storia e Testi,  Milano-Napoli, Ricciardi, Istoria del Concilio Tridentino seguita dalla Vita, Corrado Vivanti, Collana NUE Einaudi, Torino, Collana Piccola Biblioteca. Einaudi, Torino, “Pensieri” Gaetano e Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Torino, “Considerazioni sopra le censure di Paolo V contro la Repubblica di Venezia e altri scritti sull'Interdetto”, G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, “Lettere a Gallicani e Protestanti, Relazione dello Stato della Relazione, Trattato delle Materie Beneficiarie. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Gli ultimi consulti. G. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dai Consulti, il carteggio con l'ambasciatore inglese Carleston. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Dal Trattato di pace et accomodamento e altri scritti sulla pace d'Italia. Cozzi, Collana Classici Ricciardi, Einaudi, Torino, Consulti, Corrado Pin, Pisa, Poligrafici, Letteratura e vita civile. Collana I Classici del Pensiero Italiano; Della potestà de' prencipi; Collana I Giorni, Marsilio, Venezia, Scritti filosofici inedita, tratti da un manoscritto della Marciana”; Papini, Collana Cultura dell'anima, R. Carabba, Lanciano, Manoscritti Consulti: in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo manoscritti, Ceretti, Cinque pugnali non bastano a troncare la sua parola, in Historia, Touring club italiano, F. Micanzio, Vita,  in «Istoria del Concilio tridentino, Torino F. Micanzio. Scrive tra l'altro nella lettera. E che volete ch'io speri in Roma, ove li soli ruffiani, cenedi et altri ministri di piaceri o di guadagni hanno ventura? I cenedi sono gl’uomini che si prostituiscono. Micanzio, cit. G, Cozzi, Sarpi, F. Micanzio, Istoria dell'interdetto e altri scritti editi e inediti, F. Micanzio, dove stilo può significare sia stile che stiletto  Ivi  Cozzi, Lettere a Groslot de l'Isle, in «Lettere ai protestanti», Lettera a Francesco Castrino, Lettere ai protestanti, Citato in C. Rizza, Peiresc e l'Italia, Torino, Giappichelli, Pin, Senza maschera: l'avvio della lotta politica dopo l'Interdetto; L. Hertling e A. Bulla, Storia della seconda Roma La penetrazione dello spazio umano ad opera del cristianesimo” (Città Nuova, Borgna Romain, Lucien, Micanzio, Vita,  dell'ordine de' Servi e theologo della serenissima republ. di Venetia, Leida, in “Istoria del Concilio tridentino” (Torino, Einaudi); Griselini, “Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studj del sommo filosofo e giureconsulto” (Losanna, Bousquet); Griselini, “Del suo genio in ogni facolta scientifica e nelle dottrine ortodosse tendenti alla difesa dell'originario diritto de' sovrani né loro rispettivi dominj ad intento che colle leggi dell'ordine vi rifiorisca la pubblica prosperita” (Venezia, Basaglia); Zerletti, “Storia arcana della vita servita da Fontanini  in partibus e documenti relative (Venezia); “Cassani, Le scienze matematiche naturali” (Venezia; Bianchi-Giovini, Basilea, Morghen, Getto, Firenze, Olschki; Gliozzi Relazioni scientifiche con Porta, Cozzi, Tra Venezia e l'Europa” (Collana Piccola Biblioteca, Torino, Einaudi); Frajese, “Scettico. Stato e Chiesa a Venezia, Bologna, Il Mulino); Cacciavillani, I consulti sulla Vangadizza, Padova, MILANI, Cacciavillani, Venezia, Fiore, Cacciavillani,  S.. La guerre delle scritture de la nascita della nuova Europa, Venezia, Fiore, Cacciavillani, S. giurista, Padova, Pin, Ri-pensando S., Venezia, Ateneo veneto, Concilio di Trento, Micanzio. Dizionario di storia, Dizionario biografico degl’italiani. Paolo Sarpi. Sarpi. Keywords: l’arte del bien pensar, Locke, impression, reflection, metaphysics, Bibioteca Marciana, pensieri, pensiero, logica, bien pensare, galilei, hobbes, metodo, sensismo, il fenice di Venezia, scritti filosofici inedita.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sarpi” –  peri il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Sasso: da Crotone a Velia – la potenza e il atto in Gentile – Gentile megarico -- Lucrezio e Machiavelli – allegoria e simbolo in Vico -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Studia  a Roma. Si laurea sotto ANTONI e CHABOD con Machiavelli. Studia con CARABELLESE, RUGGIERO, SCARAVELLI, NARDI, PETTAZZONI, SAPEGNO, GABETTI, PERROTTA, E SANCTIS. Insegna ad Urbino e Roma. Studia l’idealismo italiano (CROCE) e MACHIAVELLI. Si occupa di ontologia, ALIGHERI, Platone, Polibio, LUCREZIO, GUICCIARDINI, Shakespeare e Mann. Presidente della "Fondazione GENTILE", Lincei. Altri saggi: “Machiavelli e Borgia. Storia di un giudizio” (Roma, Ateneo); “Machiavelli” (Napoli, Morano); “La storia della filosofia” (Bari, Laterza); “La ricerca della dialettica” (Napoli, Morano); “Lucrezio: progresso e morte” (Bologna, Mulino); “L'illusione della dialettica” (Roma, Ateneo); “Guicciardini” (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma); “Essere e negazione, Napoli, Morano); “Machiavelli e gl’antichi” (Milano, Ricciardi); “Tramonto di un mito: l'idea di progresso” (Bologna, Mulino); Per invigilare me stesso. I Taccuini di lavoro di Croce, Bologna, Mulino); “L'essere e le differenze nel "Sofista” (Bologna, Il Mulino); “Variazioni sulla storia di una rivista italiana: "La Cultura"; Mulino); “Machiavelli, Bologna, Il Mulino, Comprende: Il pensiero politico, Napoli, IISS, Bologna, Mulino, Premio Viareggio di Saggistica, La storiografia. La fedeltà e l'esperimento, Scarpelli, Trincia e Visentin interrogano S. (Bologna, Mulino); Filosofia e idealismo, Napoli, Bibliopolis, Comprende: Croce, Gentile, Ruggiero, Calogero, Scaravelli, Paralipomeni, Secondi paralipomeni, Ultimi paralipomeni, Tempo, evento, divenire” (Bologna, Il Mulino); “Gentile: La potenza e l'atto” (Firenze, La Nuova Italia); Le due Italie di Gentile, Bologna, Il Mulino); “La verità, l'opinione, Bologna, Il Mulino, Martino fra religione e filosofia, Napoli, Bibliopolis); Il guardiano della storiografia. Profilo di Chabod (Bologna, Il Mulino [Napoli, Guida, del Profilo di Chabod, Bari, Laterza); Dante. L'imperatore e Aristotele, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo); Fondamento e giudizio. Un duplice tramonto?, Napoli, Bibliopolis); Il principio, le cose, Torino, Aragno,  Delio Cantimori. Filosofia e storiografia, Pisa, Edizioni della Scuola Normale Superiore); “Dante, Guido e Francesca, Roma, Viella); “Le autobiografie di Dante, Napoli, Bibliopolis, Discorsi di Palazzo Filomarino, raccolti da Herling, premessa di Irti, Napoli, IISS, Il logo, la morte, Napoli, Bibliopolis); “Ulisse e il desiderio. Il canto XXVI dell'Inferno, Roma, Viella); “La voce dei ricordi, Napoli, Bibliopolis); “Decadenza” (Roma, Viella); “Machiavelli: I corrotti e gli inetti” (Milano, Bompiani); “Allegoria e simbolo” (Torino, Aragno); “La lingua, la Bibbia, la storia. Su "De vulgari eloquentia" (Roma, Viella); Su Machiavelli. Ultimi scritti, Roma, Carocci, Croce. “Storia d'Italia” Napoli, Bibliopolis,  La 'Storia d'Italia' di Croce.  Napoli, Bibliopolis. "Forti cose a pensar mettere in versi". Studi su Dante, Torino, Aragno, Purgatorio e Anti-purgatorio. Un'indagine dantesca, Roma, Viella,. Croce e le letterature, Napoli, Bibliopolis, Biografia e storia. Saggi e variazioni, Roma, Viella,. Mulino Riviste La Cultura, su mulino. Premio letterario Viareggio-Rèpaci, Croce. Dibattito, Il Cannocchiale, Arnaldi, Calabrò, Jannazzo, S., Stella, F. Valentini, Visentin. Arnaldi, S.: uno specialista di più specialità, in Id., Conoscenza storica e mestiere di storico, il Mulino, IISS-Napoli, A. Bellocci, Verità e doxa: la questione dello sguardo e della relazione ne Il logo, la morte; Bellocci, Laicismo della verità, della doxa e tolleranza; Leussein, Bellocci, L'impossibilità della differenza e i paradossi dell'identità; Archivio di filosofia, Bellocci, Il problema della 'non' relazione ne Il principio, le cose, Giornale critico della filosofia italiana, Bellocci, La verità, l'opinione. Lo ''specchio'' della verità e l'eterna opinione metafisica, Filosofia italiana,  R. Berutti, Annotazioni critiche sull’essere ovvero sul non essere essere del discorso che lo concerne. Il problema dell'ontologia,, Pólemos,  Capati, Paragone. Letteratura, Cardenas, L'auto-noema. Il giudizio tra attualismo e neo-eleatismo, Filosofia italiana,  Cesa, “S. interprete di Gentile”, Archivio di storia della cultura, Vicentiis, Storiografia e pensiero politico nelle "Istorie fiorentine" di Machiavelli: Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, F. Fronterotta, L'essere e le differenze. In margine al Sofista, Novecento, Herling Reale, Storia, filosofia e letteratura. Studi in onore Bibliopolis, Napoli,  G. Inglese, Machiavelli: una storia del suo pensiero politico, Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, Enciclopedia machiavelliana, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Enciclopedia filosofica (a cura del Centro Studi Filosofici di Gallarate), Milano, Maschietti, Dire l'incontrovertibile. Intorno all'analisi filosofica, Giornale di filosofia, Mignini, Essere e negazione. Giornale critico della filosofia italiana, Crisi e critica" dello storicismo. Filosofia e storiografia, Novecento, Filosofia e storia della filosofia, Filosofia italiana, Parise, Sulla relazione. Critica della metafisica, L. Passerino Editore, Gaeta. Parise, Figure della scissione. A proposito di Allegoria e simbolo, filosofia,  Parise, L’aporia del nulla, Filosofia italiana, Perazzoli, Il concetto di laicità. in G. Perazzoli, Miligi, Laicità e filosofia, Mimesis, Milano Udine, Pietroforte, Problema del nulla e principio di non contraddizione. Intorno a "Essere e negazione" Novecento,  Salina, Neoparmenidismo e teorie della verità, Filosofia italiana, F. Scarpelli, Nulla, anamnesi, riflessivita (Il Cannocchiale, Tessitore, interprete di Croce, in Id., La ricerca dello storicismo. Mulino, IISS-Napoli,  Vander, Critica della filosofia italiana contemporanea. Dialettica e ontologia: i termini di una contrapposizione, Marietti, Genova; Visentin, Tempo e giudizio. La Cultura, Visentin, Sull'identità e sull'essenza del laicismo italiano. A proposito del "Le due Italie di Gentile", Giornale critico della filosofia italiana, Visentin, Il parmenidismo (VELIA). Considerazioni intorno alla verità, l'opinione', in Id., Il neo-parmenidismo italiano. Dal neoidealismo al neoparmenidismo, Bibliopolis, Napoli,  Visentin, Aletheia e doxa oltre Parmenide, in Id., Onto-Logica: sull'essere e il senso della verità, Bibliopolis, Napoi, Zanetti, Critiche al divenire. Filosofia italiana, X S. Zurletti, Lo specchio di Perseo, Chaos Kosmos, Vico e il simbolo», «Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Memorie della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche», costituzione mista, Croce, Dante, Discorsi sopra la prima deca di Livio, eternità del mondo, Sanctis, Lucrezio in Machiavelli, in Enciclopedia machiavelliana, Sasso, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma Dalla concordia discors alla polemica: filosofia e psicologia di una vicenda, Ripensando la Storia d'Europa, Ripensando la Storia d'Italia, in Croce e Gentile, la cultura italiana e europea, Ciliberto. Gennaro Sasso. Sasso. Keywords: Potenza ed atto in Gentile – Lucrezio in Macchiavelli, Lucrezio, simbolo ed allegoria in Vico, la scuola di Velia, veliati, veliani, parmenide, scuola di Crotone. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sasso” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Saturnino: il probabile – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo Italiano. Seguace di Sesto Empirico, della scesi pirroniana e medico, non si ricordano sue dottrine particolari, ma si può supporre che accettasse quelle fondamentali del maestro che, negando la possibilità di una scienza razionale che pretendesse di cogliere le cause nascoste delle cose, ammette la legittimità d’arti -- prima fra esse la medicina -- che si limitano a constatare empiricamente coincidenze e successioni di fenomeni per fondare così previsioni probabili per il futuro. Diogene Laerzio dice che è soprannominato Kuthenas o Cythenas. La parola è incomprensibile, ma forse indica un’origine greca. Given that Sesto teaches at Rome, we may assume Cythenas, albeit his esoteric name, is a Roman! Luigi Speranza, “Grice e Saturnino,” per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The Swmming-Pool Library, Villa Speranza.

 

Grice e Saufeio: l’orto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Praeneste). Filosofo italiano. He comes from  a rich and privileged family. He is a close friend of Tito  POMPONIO (si veda) detto l’Attico, who intervenes to save his property from confiscation. S. us elsewhere at the time, idly studying the doctrines of the Garden. Lucio Saufeio. Luigi Speranza, “Grice e Saufeio,” per il grupo di gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

 

Grice e Sava: il dovere ed i doveri – filosofia italiana – Luigi Speranza (Belpasso). Filosofo. Enciclopedia Popolare Italiana. Saggi:“Sui pregi”, “Doveri dei medici”, A. Prezzavento. Roberto Sava. Sava. Keywords. Refs.: dovere, i doveri – pregi. Luigi Speranza, “Grice e Sava” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scala: il gusto per l’antico -- filosofia italiana – filosofia siciliana – Luigi Speranza (Noto). Filosofo italiano. Membro di la commissione creata da Gregorio XIII per la riforma del calendario. Insegna a Padova. Saggi: “L'Efemeridi di S. Siciliano, per anni dodici, le quali cominciano dall'anno di Christo nostro Sig.  e finiscono nel fine di dicembre dell'anno. Alle quali sono aggiunti i canoni, ò introduttioni dell'efemeridi, ridotto all'uso delle presenti efemeridi (Venezia, Giunti); Ephemerides Iosephi S. Siculi Noetini ad annos duodecim, incipientes ab anno Domini. Vnà cum introductionibus ephemeridum ab eodem d. Iosepho S., ad vsum suarum, restitutis” (Venezia, Giunta). Col suo nome è oggi chiamato il Gruppo Astrofili di Noto  Santi Correnti, Quello che la Sicilia ha dato all'Italia. Biografia degli uomini illustri di Sicilia ornata de' loro rispettivi ritratti, Napoli, Corrado Spataro, L'astronomo netino e la nuova scienza. Calendario gregoriano. Giuseppe Scala. Scala. Keywords: calendario gregoriano. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scala” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scalea: il gusto per l’antico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Morano Calabro). Filosofo italiano. Studia sotto CALOPRESE. Divulga il razionalismo, difende alcuni colleghi, anche loro seguaci di Cartesio, ed ha un'accesa polemica con DORIA su Spinoza. Saggi: “Della filosofia degl’antichi” (Mosca, Napoli); “De origine mali”; “De bono”; Dizionario di filosofia, riferimenti in Mirto, Calabria letteraria, Lomonaco, Vita, e studj scritta da lui medesimo in una Lettera (Melangolo, Genova). Treccani Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Principe di Scalea, marchese di Misuraca e barone di Morano. Francesco Maria Spinelli, principe di Scalea, Scalea. Keywords: bonum, ‘il bono’ the good, filosofia degl’antichi, vico, doria, la filosofia degl’antichi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scalea” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scalfari: l’implicatura di Teseo – Roma fascista -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Civitavecchia). Filosofo italiano.  Considerato, anche dai suoi avversari, uno dei più grandi filosofi italiani. Professore, contribuì, con altri, a fondare il settimanale “L’Espresso” ed è fondatore del quotidiano “La Repubblica.” I campi principali dell'analisi di S. sono l'economia e la politica. La sua ispirazione politica è socialista liberale, azionista e radicale. Punti forti dei suoi articoli recenti sono la laicità, la questione morale, la filosofia. Frequenta il liceo Mamiani di Roma -- è a Sanremo (dove la famiglia, di origini calabresi, si era trasferita temporaneamente, essendo il padre direttore artistico del casinò) che completa gli studi liceali, al liceo classico Cassini, avendo come compagno di banco CALVINO. Sentimentalmente legato a S. Rossetti, già segretaria di redazione de L'Espresso (e poi di Repubblica), che sposerà dopo la scomparsa della moglie Simonetta.  -- è ateo.  Tra le suoi esperienze c'è “Roma Fascista” -- organo del Gruppo Fascista. Collabora con riviste e periodici legati al fascismo, come “Nuovo Occidente”. Nominato caporedattore di “Roma Fascista”, pubblica una serie di corsivi sulla prima pagina in cui lancia generiche accuse verso speculazioni da parte di gerarchi del Partito Nazionale Fascista sulla costruzione dell'EUR. Questi saggi portarono alla sua espulsione dai GUF. Di fronte al gerarca, intenzionato a perseguire gli speculatori, aveva ammesso come i suoi corsivi fossero basati su voci generiche. Si l’accusa poi di essere un imboscato, e lo prese materialmente per il ero strappandogli le mostrine dalla divisa del partito. Dopo la fine della seconda guerra mondiale entra in contatto con il Partito Liberale Italiano. Diventa collaboratore a Il Mondo e L'Europeo, di PANNUNZIO e BENEDETTI. Licenziato dalla BNL per una serie di articoli sulla Federconsorzi non graditi alla direzione. Partecipa all'atto di fondazione del Partito Radicale. Nello stesso anno nasce il settimanale L'Espresso: è direttore amministrativo e scrive articoli di economia.  Somma la carica di direttore responsabile de L'Espresso a quella di direttore amministrativo. Il settimanale arriva in cinque anni a superare il milione di copie vendute. Il successo giornalistico si fuse con il piglio imprenditoriale, dato che  continuò a gestire anche la parte organizzativa e amministrativa. Pubblica insieme  l'inchiesta sul SIFAR che fa conoscere il tentativo di colpo di stato chiamato piano Solo. Lorenzo li querela e i due giornalisti vengono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclusione, malgrado la richiesta di assoluzione fatta da V. Occorsio, che era riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di Stato. Lui e Jannuzzi evitano il carcere grazie all'immunità parlamentare loro offerta dal Partito Socialista Italiano: alle elezioni politiche viene eletto deputato, come indipendente, nelle liste del PSI, segreteria Mancini, mentre Jannuzzi diviene senatore. Eletto sia nella circoscrizione di Torino che in quella di Milano, opta per la seconda e aderisce al gruppo del PSI. Resta deputato. Dopo la candidatura al Parlamento, aveva lasciato la direzione de L'Espresso. Sottoscrive la lettera aperta a L'Espresso contro il commissario Calabresi. Nel, dopo 45 anni, ammette che "quella firma era stata un errore.  In quegli anni critica accanitamente le manovre di Cefis, prima presidente dell'ENI e poi di Montedison, appoggiando spesso chi gli si opponeva; tra questi vi fu Sindona nel suo scontro con Mediobanca per il controllo di Bastogi. Soprattutto contro Cefis è indirizzato il celebre libro-inchiesta pubblicato da Scalfari e da Turani, Razza padrona.  Fondazione e direzione de la Repubblica. Dopo aver già tentato inutilmente di varare un quotidiano insieme a Montanelli, che aveva respinto la proposta definendola piuttosto azzardata, fonda il quotidiano la Repubblica, che debutta nelle edicole il 14 gennaio di quell'anno. L'operazione, attuata con il Gruppo L'Espresso e la Mondadori, apre una nuova pagina del giornalismo. Il quotidiano romano, sotto la sua direzione, compie in pochissimi anni una scalata imponente, diventando per lungo tempo il principale giornale italiano per tiratura.  L'assetto proprietario registra negli anni ottanta consolidamenti della posizione dello stesso S. e l'ingresso di Benedetti, nonché un vano tentativo di acquisizione da parte di Berlusconi in occasione della scalata del titolo Mondadori Editore, finito con il lodo Mondadori, resosi necessario a causa del fatto che (come accertato dalla magistratura in seguito) Berlusconi, a capo della Fininvest, aveva corrotto uno dei tre giudici per averelusione, malgrado la richiesta di assoluzione fatta da Occorsio, che era riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di stato.  S. e Jannuzzi evitano il carcere grazie all'immunità parlamentare loro offerta dal Partito Socialista : alle elezioni politiche S. viene eletto deputato, come indipendente, nelle liste del PSI, segreteria Mancini, mentre Jannuzzi diviene senatore. Stato eletto sia nella circoscrizione di Torino che in quella di Milano, opta per la seconda e aderisce al gruppo del PSI. Resta deputato. Dopo la candidatura al Parlamento, aveva lasciato la direzione de L'Espresso. Sottoscrive la lettera aperta a L'Espresso contro il commissario Calabresi. Ammette che "quella firma era stata un errore".  In quegli anni critica accanitamente le manovre di Cefis, prima presidente dell'ENI e poi di Montedison, appoggiando spesso chi gli si opponeva; tra questi vi fu Sindona nel suo scontro con Mediobanca per il controllo di Bastogi. Soprattutto contro Cefis è indirizzato il celebre libro-inchiesta pubblicato da S. e da Turani, “Razza padrona”. Fondazione e direzione de la Repubblica. Dopo aver già tentato inutilmente di varare un quotidiano insieme a Montanelli, che aveva respinto la proposta definendola piuttosto azzardata, Scalfari fonda il quotidiano la Repubblica, che debutta nelle edicole. L'operazione, attuata con il Gruppo L'Espresso e la Mondadori  apre una nuova pagina del giornalismo italiano. Il quotidiano romano, sotto la sua direzione, compie in pochissimi anni una scalata imponente, diventando per lungo tempo il principale giornale italiano per tiratura.  L'assetto proprietario registra negli anni ottanta consolidamenti della posizione dello stesso S. e l'ingresso di Benedetti, nonché un vano tentativo di acquisizione da parte di Berlusconi in occasione della "scalata" del titolo Mondadori, finito con il "lodo Mondadori", resosi necessario a causa del fatto che (come accertato dalla magistratura in seguito)  Berlusconi, a capo della Fininvest, aveva corrotto uno dei tre giudici per avereun pronunciamento favorevole nella disputa con Benedetti per il controllo della Mondadori: tale accordo fu fortemente voluto daAndreotti, grazie all'intermediazione di Ciarrapico. Sotto la guida di S. "Repubblica" apre il filone investigativo sul caso Enimont, che dopo due anni verrà in buona parte confermato dall'inchiesta di "Mani pulite". Contro Craxi, a differenza che con Spadolini e Mita, S. s'era speso sin dall'inizio del decennio precedente, considerandolo l'archetipo della questione morale contro cui si scagliava l'anima della sinistra rappresentata da Berlinguer. Di questi invece elogiò lo "strappo" con l'Unione Sovietica in occasione del golpe polacco, pur restando essenzialmente estraneo alla tradizione comunista e rimanendo su posizioni legate all'intellettualità laica e alla tecnocrazia. In tal senso vanno lette alcune sue importanti iniziative, tutte sostenute per il tramite di "Repubblica": sponsorizza il "governo del Presidente", candidandovi il governatore della Banca d'Italia Ciampi; indica al presidente Scalfaro il commissario PSI a Milano Amato come viatico per la sua scelta a premier. Apprezza Rossi come commissario delle aziende travolte nel turbine di Tangentopoli. incomincia, dapprima in solitaria, la sua ventennale battaglia contro Berlusconi. Sconfitto Sgarbi, è il primo a percepire e ad avvertire il pubblico circa la potenziale pericolosità di Grillo --  è il primo a preconizzare una possibile, futura alleanza fra Renzi e Salvini.  Ritiro dalla direzione de la Repubblica Scalfari, padre del quotidiano la Repubblica e della sua ascesa editoriale e politico-culturale, abbandona il ruolo di direttore, dopo che già da tempo aveva ceduto, insieme a Caracciolo, la proprietà a Benedetti; gli subentra Mauro. Non scompare dalla testata del giornale, poiché continua a svolgere il ruolo di editorialista dell'edizione domenicale. I suoi editoriali sono entrati oramai nella consuetudine del giornale, tanto da essere soprannominatianche per la loro lunghezza"la messa cantata della domenica" Cura altresì una rubrica su L'Espresso (Il vetro soffiato). Venerdì di Repubblica annuncia di voler abbandonare dopo l'estate la sua storica rubrica Scalfari risponde, ringraziando i lettori per l'affetto ricevuto e gli stimoli da loro pervenuti per le sue riflessioni. Gli subentra Michele Serra.  Su RaiSat Extra è andato in onda per qualche tempo, ogni giovedì, un programma dal titolo La Scalfittura, in cui Scalfari teneva colloqui politici. Le sue "interviste" con Francesco hanno causato per due volte la smentita da parte della sala stampa vaticana in relazione alle parole attribuite da al Pontefice. S. ha ribattuto di aver scritto virgolettati come se fossero usciti dalla bocca del Papa, senza aver preso appunti o registrato durante i colloqui, sostenendo che quello era stato il suo metodo di lavoro per quasi cinquant'anni. il Vaticano ha smentito un’altra intervista di S. a papa Francesco, a seguito della pubblicazione di un suo articolo su Repubblica, negando che Francesco l’avesse rilasciato un’intervista sostenendo che il contenuto dell’articolo fosse il frutto di una sua ricostruzione. Ciononostante, Francesco continua periodicamente a concederegli interviste esclusive. Riceve varie onorificenze. Premio Trento per "Una vita dedicata al giornalismo", il "Premio Ischia" alla carriera, il Premio Guidarello al giornalismo d'autore e, di recente, il Premio Saint-Vincent -- è stato nominato Cavaliere di gran croce dal presidente della Repubblica  Oscar Luigi Scalfaro mentre  ha ricevuto una delle più prestigiose onorificenze della Repubblica francese diventando Cavaliere della Legione d'onore (successivamente è stato promosso ufficiale). Premio Viareggio. Altri saggi: Petrolio in gabbia (Bari, Laterza), I padroni della città (Bari, Laterza); “Le baronie elettriche” (Bari, Laterza); “Rapporto sul capitalismo, Bari, Laterza, Il potere economico, Bari, Laterza); “Storia segreta dell'industria elettrica, Bari, Laterza); “L'autunno della Repubblica. La mappa del potere in Italia, Milano, Etas Kompass,  Il caso Mattei. Un corsaro al servizio della repubblica, Bologna, Cappelli, Razza padrona. Storia della borghesia di Stato, Milano, Feltrinelli, Interviste ai potenti, Milano, Mondadori, Come andremo a incominciare?, Milano, Rizzoli, L'anno di Craxi o di Berlinguer?, Milano, Mondadori, La sera andavamo in Via Veneto. Storia di un gruppo dal Mondo alla Repubblica, Milano, Mondadori Collana Super ET, Torino, Einaudi, Incontro con Io, Milano, Rizzoli, Collana ET Scrittori, Torino, Einaudi, Diderot, Il sogno di d'Alembert seguito da Il sogno di una rosa, Collana La memoria, Palermo, Sellerio; Alla ricerca della morale perduta, Milano, Rizzoli, Collana ET Scrittori, Torino, Einaudi; “Il labirinto, Milano, Rizzoli, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi; “L’Illuminismo”, Roma, Laterza, La ruga sulla fronte, Milano, Rizzoli, Collana ET Scrittori, Torino, Einaudi,  Roma, la Repubblica,  Dibattito sul laicismo, Roma, La Biblioteca di Repubblica,  L'uomo che non crede in Dio, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Per l'alto mare aperto. La modernità e il pensiero danzante, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Scuote l'anima mia Eros, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Berlinguer, La questione morale. La storica intervista, Reggio Emilia, Aliberti, Prefazione di Luca Telese, Aliberti,. Vito Mancuso-S., Conversazioni con Carlo Maria Martini, Collana Campo dei fiori, Roma, Fazi, La passione dell'etica. Cannatà, Collezione I Meridiani, Milano, Mondadori, Francesco-S., Dialogo tra credenti e non credenti” (Torino, Einaudi); L'amore, la sfida, il destino. Il tavolo dove si gioca il senso della vita, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, Racconto autobigrafico, Collana Passaggi, Torino, Einaudi, L'allegria, il pianto, la vita, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, L'ora del blu, Torino Einaudi, Il Dio unico e la società moderna. Incontri con Francesco e Martini, Torino, Einaudi, libero quotidiano, libero quotidiano news commenti-e-opinioni Vittorio feltri ritratto fuori classe_re giornalisti diversi.html. ilfoglio, il foglio uffa news benvenuti al-grand-hotel-scalfari-splendida-vista sul secolo-di-carta- la7, la7/dimartedi/video/ da-montanelli-e-scalfari-ho-imparato-che-bisogna-scrivere-per-farsi-capire-marco-travaglio Angelo Cannatà, S. e il suo tempo, Mimesis, diviso in quattro capitoli: la Politica, l'Arte, la Religione, LA FILOSOFIA.  Scheda sul  storico della Camera dei deputati, su storia.camera. Sull'amicizia tra Scalfari e Calvino leggiamo. Caro Eugenio, le tue lettere sono come manate sulla schiena e io ne ho bisogno di manate sulla schiena, specie di questi tempi. Mi viene l'acquolina in bocca pensando alle ghiotte discussioni che faremo quando ci ritroveremo insieme", cfr. Cannatà “S. e il suo tempo", Mimesis,  Guzzanti, Guzzanti vs De Benedetti. Faccia a faccia fra un gran editore e un giornalista scomodo, Aliberti. Cfr. Corriere della Sera,  La Repubblica: Serri, I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte, Milano, Corbaccio, “Ero fascista e felice”, intervista, Il Foglio, pasqualericcio. Nel corso dell'inchiesta riferisce di un colloquio avuto conAurigo. Mi disse che gli ordini (le disposizioni relative al 'Piano Solo') contemplavano anche l'ipotesi di una eventuale resistenza da parte del prefetto (gli ordini dicevano che bisognava mettere il prefetto, qualora avesse resistito a questa iniziativa dei carabinieri, in condizioni di non nuocere". Fonte: A. Cannatà, Mimesis, Calabresi e quella firma, su repubblica. Tamburini, Un siciliano a Milano, Longanesi, da ultimo citato da Bortoli su corriere della sera attacchi corriere F. Recanatesi, La mattina andavamo in piazza Indipendenza, Milano, Cairo,  e Mazzuca, Penne al vetriolo, Bologna, Minerva,  Nei cui confronti Caracciolo e Benedetti dicono che ebbe un innamoramento, in seguito non più condiviso dallo stesso editore della Repubblica che ormai non lo considerava "un grande politico": intervista alla Stampa. Scrive S.: Gelli è Belfagor, il messaggero del diavolo; ma il diavolo, cioè Belzebù, chi è? Belzebù è, in una certa misura, lo stesso partito socialista, elemento importante di quel quadro politico e di quella inamovibilità". Cannatà, Mimesis, Caro Craxi tu lo sai chi è Belzebù, Repubblica  le invasioni barbariche Voto Renzi perché l'avversario è Grillo, you tube.com, youtube Rep, su rep.repubblica. Mauro dal pulpito di Repubblica officia la democrazia e aspira a diventare papa, Panorama. "Le interviste vanno comunque reinterpretate", su youtube.com.  ll Vaticano ha smentito un’altra intervista di S. a papa Francesco, sIl Vaticano smentisce S. che fa dire al Papa che l'inferno non esiste, su il messaggero. Rep, su rep.repubblica. 1º marzo.  Premio Viareggio, su repubblica Dettaglio Sito del Quirinale: dettaglio decorato., Quirinale:  C. Mauri, Il cittadino, Milano, SugarCo, G. Perna, una vita per il potere, Milano, Leonardo, Cannatà, S. e il suo tempo, Milano-Udine, Mimesis,  Bucci, L'intellettuale dilettante, Roma, Dante Alighieri, Pansa, La Repubblica di Barbapapà, Milano, Rcs Libri, Valentini, La Repubblica tradita, Roma, Paper First,  Recanatesi, La mattina andavamo in piazza Indipendenza, Milano, Cairo Editore, Mazzuca, Penne al vetriolo. I grandi giornalisti raccontano la Prima Repubblica, Bologna, Minerva, La Repubblica Treccani Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. L'Espresso. Eugenio Scalfari. Scalfari. Keywords: l’implicatura di Teseo, il labirinto, la filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scalfari” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scarano: l’implicatura del scenofilace – filosofia italiana – Luigi Speranza (Brindisi). Filosofo italiano. Studia a Bologna, Padova e a Venezia. Fonda l’Accademia a Venezia. Scrive il saggio “Scenophylax” (Venezia), nel quale tratta della convenienza di restituire alla tragedia e alla commedia la lingua del lazio. P. Camassa, Brindisini illustri, Brindisi, A. Sordo, Ritratti brindisini. Scarano. Keywords: scenofilace – il tragico – il comico – scenofilace, custode, sacristano, custode dei vasi -- siria. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scarano” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scaravelli: tra critica e meta-fisica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo italiano. Si laurea a Pissa sotto CARLINI. Insegna a Roma, e Firenze. Profondo conoscitore di Kant, approfondisce nei suoi studi pubblicati con molta riluttanza e quasi solo per esigenze concorsuali in particolare i temi relativi ai rapporti tra la filosofia kantiana e la fisica, i problemi relativi alla critica del giudizio ed anche i temi dell'idealismo.  Biblioteca personale, Villa Mirafiori. Saggi: “Critica del capire”, Firenze, Sansoni, Saggio sulla categoria kantiana della realta (Firenze, Monnier); La prima meditazione di Cartesio (Firenze, Nuova Italia); “La critica del giudizio” (Pisa, Normale); Corsi, “Critica del capire”; “L'analitica trascendentale” (Firenze, Nuova Italia); “La Biblioteca”; “L' attualità Mirri, Napoli, Sientifiche); Visentin, “Le categorie e la realtà” (Firenze, Le lettere); Sasso, L’idealismo, Napoli, Bibliopolis; La storia come metodo, Convegno a Roma); “Il problema del giudizio storico); Mannelli, Rubbettino, pensatore europeo, Biscuso e Gembillo, Messina, Siciliano, Sasso, il giudizio, in Filosofia e idealismo. Paralipomeni, Napoli, Bibliopolis,  Palermo, Tra critica e metafisica. Lettore di Kant, Pisa, ETS,   Treccani Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Biscuso, La  completa dei suoi scritti, su giornale di filosofia. Luigi Scaravelli. Scaravelli. Keywords: paralipomena, la storia della filosofia di Scaravelli, criticismo, critica del capire, giudizio storico, storia come metodo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scaravelli” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scarpelli: filosofia fascista – Gentile e il fascismo giuridico – Soleri --  il tropico, il clistico, il neustico, ed il frastico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Vicenza). Filosofo Italiano. Studioso di analisi del linguaggio. Uno dei massimi esponenti della filosofia analitica, insegnando in varie università italiane anche teoria generale del diritto, dottrine dello stato romano, filosofia morale e filosofia della politica ed occupandosi di problemi di etica e politica. La sua filosofia può essere raccolto attorno a due grandi temi: la semiotica del linguaggio prescrittivo e il metodo. Contribuisce in misura fondamentale alla cosiddetta svolta prescrittivistica in campo semiotico ed è fautore di una giustificazione etico-politica del positivismo giuridico. Oltre ad approfondire lo studio del metodo del ragionamento morale, si impegna attivamente in relazione a questioni di etica e bio-etica quali per esempio l'aborto e l'eutanasia. Compiute inoltre studi sulla democrazia e i concetti di libertà politica e di partecipazione politica. Da una famiglia pugliese trasferitasi poi in Lucchesia, figlio di un magistrate, frequenta il liceo. Studia a Torino. La sua formazione è all'insegna dell’idealismo dominante in Italia e fondata, tra gli altri, su CROCE e GENTILE. Durante gli anni universitari, desta il suo interesse ALLARA, della scuola civilistica torinese, e la filosofia del diritto. Segue le lezioni del corso di filosofia del diritto di BOBBIO. Si laurea sotto SOLARI con “Il concetto di persona”. Già in questo lavoro lo ricorda BOBBIO nel ritratto dell'allievo rivela un orientamento critico verso le versioni organicistiche della filosofia al tempo in auge. Risale a questo anno la pubblicazione nella Rivista del diritto commerciale di un saggio intitolato “Scienza giuridica e analisi del linguaggio”. In questo saggio precorre il celebre saggio di BOBBIO che porta lo stesso titolo e che è considerato il manifesto della scuola analitica italiana. Prende le distanze dalle correnti filosofiche idealistiche, organicistiche ed attualistiche accreditate sul continente per accostarsi al positivismo logico e, più in generale, alla filosofia analitica e agli studi di semiotica. È tra i primi a proporne una applicazione in campo giuridico e ad evidenziare la rilevanza della analisi del linguaggio per la teoria e la dogmatica giuridica. Assistente di BOBBIO; in seguito, collabora con BOBBIO in seminari, “La giustizia nel materialismo storico” e L’interpretazione giuridica. La giustizia e il marxismo sono temi a cui dedica il saggio intitolato “Esistenzialismo e marxismo” (Taylor, Torino) il quale reca come sottotitolo “sulla giustizia”. Sostene che la filosofia e mondana, legata esclusivamente a ciò che gli uomini sono e fanno al mondo. La scelta e l’impegno sono la basi della esistenza di ciascun uomo. Insegna a Milano un seminario, “La dottrina dello stato italiano”, al fianco di TREVES. Si dedica al “Contributo alla semantica del linguaggio normativo, Accademia delle Scienze, Torino. Insegna a Perugia, Pavia, Torino. Sviluppa “La teoria generale del diritto”, dettagliata fino alla scansione dei paragrafi. Tra i saggi, “La mia meta-etica e la mia esperienza etica” dove ricercar la razionalità interna dell'etica e quella della sua fondazione. Ricopre numerose cariche in istituzioni dedite alla ricerca e partecipa a numerosi convegni, incontri di studio e simposi di rilievo nazionale ed internazionale. Membro del Centro di studi metodologici di Torino e socio corrispondente dell'Accademia delle scienze di Torino e socio dell'Istituto lombardo Accademia delle scienze e delle lettere. Direttore dell'Istituto per la Scienza per la amministrazione pubblica. Ha fatto parte dei consigli direttivi della Rivista di filosofia del diritto e di Sociologia del diritto. Entra a far parte del comitato di redazione della Rivista di filosofia di cui cura numeri monografici dedicati al concetto di libertà, alla logica deontica e alla bioetica. È stato condirettore della collana diritto e cultura moderna e direttore della collana Luoghi critici per le edizioni di Comunità. Presidente della Società italiana di filosofia giuridica e politica è stato vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica ed è stato nominato presidente onorario della Società italiana di filosofia analitica. Contribuisce alla nascita, dovuta all'iniziativa soprattutto di GEYMONAT, del Centro Studi metodologici di Torino. In qualità di affiliato, riceve il compito di fare una relazione sulla Enciclopedia delle scienze unificate; lavoro a cui fanno seguito negli anni Cinquanta alcuni contributi sulla analisi del linguaggio così come concepita dal movimento del positivismo logico. In questi anni S. si avvicina sempre di più alla filosofia anglosassone e in particolare agli studi oxoniensi sul linguaggio della morale e della politica, partecipando anche ad incontri di studio ad Oxford. Seguendo inizialmente le ricerche di Morris, è fra i protagonisti della cosiddetta svolta linguistica della filosofia italiana. Studia Hare. A Hare – L’IMPLICATURA CONVERSAZIONALE DI GRICE -- dedica alcuni lavori; sono da ricordare anzitutto le note, che in realtà sono ampi saggi di analisi del linguaggio normativo e contributi di meta-etica, ai due saggi di Hare. Intraprende un vivace dibattito sul concetto di libertà politica che porta alla stesura di vari lavori; tra essi, si può ricordare anzitutto il saggio dal titolo Libertà come fatto e come valore  ed il volume La libertà politica.  Si devono a Scarpelli i primi studi in Italia sulla analisi del linguaggio giuridico in cui v'è una sistematica applicazione degli strumenti della semiotica ai suoi tre livelli: la sintattica (lo studio dei rapporti tra i segni), la semantica (lo studio dei rapporti tra i segni e i significati), la pragmatica (lo studio dei rapporti tra i segni e i loro utenti). Tutta la speculazione e la produzione scientifica di S. è basata sulla tesi della grande distinzione tra linguaggio descrittivo e linguaggio prescrittivo; ma negli anni si evolve progressivamente il livello a cui è individuato il tratto differenziale tra l'uno e l'altro, individuato dapprima sul piano pragmatico e poi sul piano semantico. L'esposizione compiuta del pensiero scarpelliano sulla significanza del linguaggio prescrittivo si ha nell'opera del Semantica, morale e diritto, trasfusa nella voce Semantica giuridica. L'idea che il linguaggio prescrittivo (le norme, i comandi, gli ordini, le preghiere, ecc.) abbiano significato trae origine dalla distinzione tra il principio di significanza e il principio di verificazione. Alcuni spunti in tal senso sono rintracciabili già nel Contributo alla semantica del linguaggio normativo il cui nucleo concettuale ancora vicino al positivismo logico sta nell'intuizione che gli enunciati normativi, quantunque non possano essere verificati o falsificati, debbano nondimeno riferirsi alla realtà. Questa idea è alla base anche del libro Cos'è il positivismo giuridico in cui propone una giustificazione etico-politica del positivismo giuridico, criticando sia la versione bobbiana del positivismo giuridico come approach sia la versione proposta da Hart. Altri saggi: Guastini, Variazioni su temi , Con un'appendice bibliografica, in «Materiali per una storia della cultura giuridica italiana». “Filosofia analitica”, Donatelli e Floridi (Lithos, Roma), con anche l'indicazione delle note sul “Monitore dei Tribunali” e dei saggi comparsi su alcuni giornali, quotidiani e periodici: “L'Opinione”, “Panorama”, “Il Sole 24 Ore”, “Il Mondo economico”); Jori, i«Rivista idi filosofia del diritto», Bobbio, La mia Italia, Polito, Passigli, Firenze,  Semantica del linguaggio normativo, in Filosofia del diritto (Lucia), Cortina, Milana. Altri saggi: “Filosofia analitica e giurisprudenza” (Istituto Cisalpino, Milano); “Il problema della definizione e il concetto di diritto” (Istituto Cisalpino, Milano); “Filosofia analitica, norme e valori” (Comunità, Milano); “Validità, legittimità, effettività del diritto, e positivismo giuridico” (Cluep, Perugia); “Cos'è il positivismo giuridico” (Comunità, Milano); “Diritto e analisi del linguaggio” (Comunità, Milano); “Letture filosofiche e politiche. Introduzione agli studi politici” (Cisalpino-Goliardica, Milano); “Linguaggio e legge naturale. Il tempo e la pena” (Giuffrè, Milano); “L'etica senza verità” (Mulino, Bologna); “La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a  BOBBIO” (Comunità, Milano); “Il linguaggio del diritto” (Led, Milano); “Bioetica Laica” (Mori, Milano); “Scienza del diritto e analisi del linguaggio” (“Rivista del diritto commerciale”); “Giurisprudenza italiana”; “L'Unità della scienza”; Rivista di filosofia, Il giudice e la legge, Occidente; “Il potere giurisdizionale nello stato e in particolare nella costituzione italiana”; “Liberalismo e democrazia nella Costituzione italiana”; “Occidente. Rivista di studi politici”; “Elementi di analisi della proposizione giuridica”. Jus, Congresso di studi metodologici promosso dal Centro di Studi metodologici, Ramella, Torino); “Diritto naturale vigente” Occidente. Rivista di studi politici, “Alcuni problemi della teoria analitica del valore” Rivista di filosofia); “Linguaggio valutativo e prescrittivo” (Jus); “La Filosofia di Gentile” (Ramella, Torino); Responsabilità del magistrato, Occidente. Rivista di studi politici); “Behaviourism, positivismo logico e fascismo” (Rivista di cultura e di politica); “Il grande cambiamento”, Rivista di cultura e di politica, Etica e linguaggio, Rivista di filosofia, “Società e natura” (Rivista idi filosofia del diritto); “Il concetto di SEGNO” (Rivista di filosofia); “L’analisi del linguaggio, Rivista di filosofia, La natura della metodologia giuridica, Rivista di filosofia del diritto (incluso anche in Filosofia e scienza del diritto. Atti del II Congresso nazionale di filosofia del diritto (Giuffrè, Milano), La «Filosofia del diritto» di Sforza, Rivista di diritto civile, I compiti della filosofia del diritto, in La ricerca filosofica nella coscienza delle nuove generazioni, Carlo Arata e altri, Mulino, Bologna, I fondamenti e il metodo della analisi del linguaggio, in Il pensiero contemporaneo. Filosofia, epistemologia, logica, Rossi-Landi, Comunità, Milano, Retribuzione (Enciclopedia Filosofica, Sansoni, Firenze);  La definizione nel diritto, Jus); “Imperativi e asserzioni (Grice: “Or is it indicatives and imperatives?”) Rivista di filosofia, La libertà, la democrazia e il magistrato, Monitore dei Tribunali,  Relazione, in Dibattito bolognese sui valori, Edizioni di Filosofia, Torino,  Libertà, ragione e giustizia, Rivista di filosofia, Marxismo, sociologia neopositivistica e lotta delle classi, Quaderni di Sociologia, Il permesso, il dovere e la completezza degli ordinamenti normativi (a proposito di un libro di Amedeo G. Conte), Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, La dimensione normativa della libertà, Rivista di filosofia, 1Positivismo logico e società contemporanea, Rivista di filosofia, Libertà come fatto e come valore, Rivista di filosofia, Illuminismo e legislazione, La Magistratura, La proposizione giuridica come precetto re-iterato, Rivista di filosofia del diritto, Quaderni della Rivista “Il politico”; Il positivismo giuridico (Pavia), Milano, Giuffrè, L'educazione del giurista, Rivista di diritto processuale, Semantica giuridica, voce del Novissimo digesto italiano, POMBA, Torino (Semantica, morale e diritto, Giappichelli, Torino); Problemi e idee circa l'insegnamento del diritto; Gruppo di lavoro per il diritto, Pugliese, in Le scienze dell'uomo e la riforma universitaria, Laterza, Bari,  I magistrati e le tre democrazie, Rivista di diritto processuale, Le argomentazioni dei giudici: prospettive di analisi, Il Foro italiano, suppl. ai Quaderni. La formazione extralegislativa del diritto nell'esperienza italiana. Atti delle giornate di studio di Ancona, “Moore in Italia,” (cf. Luigi Speranza, “Grice in Italia”), Rivista di filosofia,  La grande divisione e la filosofia della politica, introduzione a Oppenheim, Etica e filosofia politica (Mulino, Bologna); Il metodo giuridico, Rivista di diritto processuale  (riedito come voce della Enciclopedia Feltrinelli-Fisher. Diritto, Crifò, Feltrinelli, Milano); Dovere morale, obbligo giuridico, impegno politico, Rivista di filosofia, Studi sassaresi, Giuffrè, Milano); Impegno politico e conoscenza sociologica, Quaderni di Sociologia, Il diritto nella società industriale: una strategia di accostamento, Rivista di diritto processuale; Il diritto della società industriale. Obbligazione politica e libertà di coscienza. Convegno, Società italiana di Filosofia giuridica e politica (Pergia), Giuffrè, Milano, Dizionario di filosofia, Mondadori, Milano, La facoltà di scienze politiche di Milano e il potere negativo, Politica del diritto, Autonomia e diritto di resistenza, Studi sassaresi, Giuffrè, Milano, Insegnamento del diritto, filosofia del diritto e società in trasformazione, Rivista di diritto pubblico, L'educazione giuridica, Libreria Universitaria, Perugia,  Per una sociologia del diritto come scienza, Sociologia del diritto, La sociologia del diritto: un dibattito, Giuffrè, Milano, e in Diritto e trasformazione sociale, Laterza, Bari, La conoscenza sociologica, Sociologia del diritto, Etica, linguaggio e ragione, Convegno Nazionale di Filosofia (Pavia), Società filosofica italiana, Roma, Democrazie e competenze, Amministrare (Giuffrè, Milano); Introduzione. La Filosofia. La filosofia dell'etica. La filosofia del diritto di indirizzo analitico in Italia e Introduzione all'analisi delle argomentazioni dei giudici, in Diritto e analisi del linguaggio, Milano, Comunità); Il sistema giuridico, Sociologia del diritto, Etica, linguaggio e ragione, Rivista di filosofia, Convegno del PSI di Milano, in I socialisti e la cultura. Materiali e contributi per una politica culturale alternativa (Marsilio, Venezia); Le condizioni meta-giuridiche della partecipazione, Convegno di Studi di Scienza dell'amministrazione, Giuffrè, Milano  L’entità strane dette norme” ed i guastini di Guastini, Sociologia del diritto, Romano, teorico conservatore, teorico progressista, in Le dottrine giuridiche di oggi e l'insegnamento di Romano, Biscaretti di Ruffìa, Giuffrè, Milano,  La partecipazione popolare nella Costituzione repubblicana: prevenzione sociale e controllo della criminalità. Convegno di Senigallia, Giustizia e Costituzione, IDizionario di sociologia, in Milano, Sala del Grechetto, pubblicata in POMBA Panorama di Lettere e Scienze, Hobbes e l'obbligazione politica come obbligazione in coscienza” (Giuffrè, Milano); Idea dell'università e diritto allo studio, Il diritto allo studio nel quadro dei rapporti fra Università e Regione, Quaderni della Regione Lombardia, Teoria formale o teoria strutturale del diritto. Per la dissoluzione della metafora formalistica” (Giuffrè, Milano); La partecipazione politica, Sociologia del diritto, La meta-etica e la sua rilevanza etica, Rivista di filosofia,  Intervento in Giudici separati? Magistratura, società e istituzioni, Convegno Emilio Alessandrini (Senigallia), Giustizia e Costituzione, La critica analitica a Kelsen, Rivista di filosofia (La cultura filosofico-giuridica del novecento, Roehrssen, Istituto delle Enciclopedia italiana, Roma); La responsabilità politica, Società Italiana di Filosofia giuridica e politica. Pavia (Giuffrè, Milano); Responsabilità politica o virtù repubblicana, in Garanzie processuali o responsabilità del giudice, Angeli, Milano, Riflessioni sulla responsabilità politica. Responsabilità, libertà, visione dell'uomo, Rivista internazionale di filosofia del diritto, Interventi (pubblicati senza essere rivisti dall'autore) nella giornata di studi su Le ragioni della libertà: degenerazione dello stato burocratico e risposte neoliberali per l'Italia, Einaudinotiziecircolare ai soci della Fondazione Einaudi, Il tempo e la pena, in Piacere e felicità: fortuna e declino. Atti del Convegno di studiosi di Filosofia morale (Chiavari-S. Margherita Ligure), Crippa, Liviana, Padova, Filosofia e diritto, in La cultura filosofica italiana nelle sue relazioni con altri campi del sapere. Atti del convegno di Anacapri, Guida Editori, Napoli,  Leoni e l'analisi del linguaggio, Il politico. Rivista italiana di Scienze politiche,  La democrazia e il segreto, in Il segreto nella realtà giuridica italiana. Atti del convegno nazionale, Roma, Milani, Padova, La teoria generale del diritto: prospettive per un trattato, in La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a Bobbio, S. Comunità, Milano,  L'interpretazione premesse alla teoria dell'interpretazione giuridica, in Società norme e valori” (Giuffrè, Milano); “Auctoritas non veritas facit legem, in Linguaggio persuasione verità: atti del Congresso nazionale di filosofia tenutosi in Verona, Milani, Padova  (anche in Rivista di filosofia,  Intervento in Il Welfare State possibile. Saggi e interventi di Barone, prefazione di Enrico Mattei, Le Monnier, 1 Scienze dell'uomo e potere sull'uomo: oltre la libertà e la dignità, in Baudrillard e altri, Sapere e potere, I, Viviana Conti, Multhipla edizioni, Milano, Un filosofo a disagio, Bollettino della Società Filosofica italiana. Nuova Serie, Voci: Diritto, Interpretazione, Istituzione, Norma, Validità, in Gli strumenti del sapere contemporaneo, Le discipline e  I concetti (POMBA, Torino); Le porte della stalla, Quadrimestre. Rivista di diritto privato, Gli orizzonti della giustificazione, Rivista di filosofia; Etica e diritto (Laterza, Roma); Scienza, sapere, sapienza, Rivista internazionale di filosofia del diritto, Di alcune difficoltà culturali e di una tentazione perversa inerenti ai “diritti degli animali”, in “I diritti degli animali”. Atti del convegno nazionale Genova, Castignone e Battaglia, Centro di Bioetica, Genova, La filosofia nella Facoltà di Giurisprudenza, Rivista di filosofia, La bioetica. Alla ricerca dei principi, in Biblioteca della libertà, Un modello di ragione giuridica: il diritto reale razionale, Faralli e Pattaro (Giuffrè, Milano); Dalla legge al codice, dal codice ai principi” (Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche (Rivista di filosofia). La Camera di consiglio come scuola, Quadrimestre. Rivista di diritto privato, Cosmo e universo, in Corpo e cosmo nell'esperienza morale. Atti del Convegno tra studiosi di Filosofia morale (Pietrasanta), Romeo Crippa, Padeia, Brescia,  Eutanasia. Intervista, Hospital,  Il concetto di libertà politica in Entreves, Rivista di filosofia del diritto, Amministrazione della giustizia, rapporti umani e funzioni del diritto, in Amministrazione della giustizia e rapporti umani. Convegno di Sassari, Maggioli, Rimini, BECCARIA e l'Italia civile, L'Indice penale, Classi logiche e discriminazione fra i sessi, Lavoro e diritto, Hobbes e lo stato totalitario, Bollettino della Società Filosofica italiana. Nuova Serie (intervento nella Tavola Rotonda su Attualità e presenza di Hobbes, in Hobbes oggi, A. Napoli, FrancoAngeli, Milano, Introduzione ai lavori in Interpretazione e decisione. Diritto ed economia. Atti del XVI Congresso nazionale della Società italiana di Filosofia giuridica e politica (Padova), F.  Gentile, Giuffrè, Milano, Intervento in Diritto di sciopero, autonomia collettiva ed intervento del legislatore (Viareggio), Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, Il diritto pubblico italiano di S. Romano, Materiali per una storia della cultura giuridica,  Il positivismo giuridico rivisitato, Rivista di filosofia,  La bioetica: alla ricerca dei principi” (Giuffrè, Milano); Bioetica: prospettive e principi fondamentali, in La bioetica. Questioni morali e politiche per il futuro dell'uomo, Convegno, Roma, Bibliotechne, Milano, I compiti dell'etica laica nella cultura italiana di oggi, Notizie di Politeia, Relazione su  Stevenson, ‘Ethics and Language', in Il neo-illuminismo italiano. Cronache di filosofia, Pasini e Rolando, Il Saggiatore, Milano,  Diritti positivi, diritti naturali: un'analisi semiotica, in Diritti umani e civiltà giuridica. Convegno a Perugia, Caprioli e Treggiari, Stabilimento Tipografico Pliniana Perugia, Etica della libertà, Bioetica. Rivista interdisciplinare,  Filosofia del diritto, in La Filosofia,  Le filosofie speciali, diretta da Pietro Rossi, Torino, POMBA, Il linguaggio giuridico: un ideale illuministico, in Nomografia. Linguaggio e redazione delle leggi. Contributi al seminario promosso dalla Banca d'Italia e dalla prima cattedra di filosofia del diritto dell'Milano, Di Lucia (Giuffrè, Milano); La mia meta-etica e la mia esperienza etica, in Scritti per S., Gianformaggio e Jori, Giuffrè, Milano, Il linguaggio e la politica dei giuristi, Notizie di Politeia, Sui compiti della filosofia del diritto, Notizie di Politeia, Formanti, dSentenza del Tribunale di Milano, soc. Acc. Compra Vendita immobili S.A.C.V.I. c. Della Beffa, su Locazione di cose, Locazione di immobili urbani, Proroga ecc., in Giurisprudenza,  Nota a sentenza Degli effetti dell'abolizione del commissariato alloggi e di una possibile applicazione dell'azione surrogatoria, Il Foro Padano, Note bibliografiche a Renato Scognamiglio, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Jovene, Napoli, Carattere della prestazione e carattere dell'interesse, Rivista del diritto commerciale, Tacita riconduzione e novazione, Rivista del diritto commerciale, Il cosiddetto conflitto tra diritti personali di godimento e l'art. del codice civile, Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, I discorsi politici, Roma,in Quaderni di Sociologia, Recensione a Bellezza, L'esistenzialismo positivo di GENTILE, Firenze, Rivista di filosofia, Piovesan, Analisi filosofica e fenomenologia linguistica, Padova, e Lumia, Empirismo logico e positivismo giuridico, Milano, in Rivista di filosofia. Pasquinelli, Nuovi principi di epistemologia, Milano, in Rivista di filosofia, Introduzione alla semantica, Bari, in Rivista di filosofia, Recensione a Antiseri, Dopo Wittgenstein: dove va la filosofia analitica, Roma, in Rivista di filosofia, Nuovi libri: Orecchia, La filosofia del diritto nelle università italiane: Saggio di bibliografia, Milano,  in Rivista di filosofia, Logica simbolica e diritto, Milano, in Rivista di filosofia. Rivista di filosofia, Recensione a FannSymposium on L. J. Austin, London, Rivista di filosofia, Recensione a Gulotta, Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale, Milano. Uberto Scarpelli. Scarpelli. Keywords: fascismo, la filosofia di Giovanni Gentile – la difensa di Scarpelli contro Solari, “Behaviourism, positivism logico e fascismo” nell “Mulino”, Hare, Stevenson, Grice -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Scarpelli” –  The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scevola: pontefice – divisione – dal portico? -- la nascita della giurisprudenza come rama della filosofia politca -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Questore, tribuno della plebe, pretore, console, proconsole d’Asia e si attira, per la sua giustizia e il suo disinteresse, l'affetto dei provinciali e l’odio dei cavalieri romani, che accusarono il suo legato Rutilio Rufo, che egli difese. Pontefice massimo. Cadde vittima delle lotte civili. Giurista insigne. Compose libri XVIII juris civilis, in cui per la prima volta tenta una trattazione sistematica dell’argomento, e un’opera intitolata "Horoi," che contiene definizioni di concetti e di rapporti giuridici. E molto ricercato il suo insegnamento di diritto. Insegna, derivandola, pare, da Panezio di Rodi, la distinzione di tre teologie, ripresa da Varrone: teologia poetica (falsa), teologia ufficiale (falsa) e teologia naturale (vera). Console. Giuristi romani e politici romani. Console della Repubblica romana. Gens: Mucia. Tribuno della plebe, pretore, consolae Pontificato max. Filosofo del portico, giurista e politico romano. Me ad pontificem Scaevolam contuli, quem unum nostrae civitatis et ingenio et iustitia praestantissimum audeo dicere.” Mi sono recato da Scevola pontefice, che oso dire superiore per ingegno e rettitudine a tutti i nostri concittadini. -- CICERONE, Laelius de amicitia. Appartenente alla gens Mucia, è considerato uno dei più grandi giuristi della storia del diritto romano e in parte l'artefice dell'introduzione, nella giurisprudenza romana, del metodo dialettico e diairetico, mutuato dalla filosofia. Questore, tribuno della plebe, pretore, console - insieme a Lucio Licinio Crasso, pro-console e pontefice massimo. Durante il consolato promulga la “lex Licinia Mucia”, che fissa dei rigidi limiti al conseguimento della cittadinanza da parte degl’italici. Fra le sue opere letterarie si ricordano gl’ “Horoi,” titolo in greco che corrisponde al latino definitiones, e i Libri XVIII iuris civilis. Quest'ultima opera può considerarsi il primo manuale sistematico di diritto civile basato sull'impiego delle categorie liceali di genus e species, preso a base di trattazioni civilistiche posteriori che ne seguivano la sistematica – il cosedetto “sistema muciano”), i cosedetti “libri ad Quintum Mucium”, tanto che e il più antico giurista compendiato nei “Digesta del Corpus iuris civilis” e il primo in ordine di apparizione nell'Index Florentinus.  Ce ne fornisce notizia il giurista Sesto Pomponio in un brano dell'opera “Enchiridion” conservatoci dal Digesto giustinianeo: Post hos Quintus Mucius Publii filius pontifex maximus ius civile primus constituit generatim in libros XVIII redigendo”. Sempre Pomponio annovera tra i discepoli di S. illustri giuristi romani: Aquilio Gallo, Lucio Lucilio Balbo, Sesto Papirio, Gaio Giuvenzio, e Servio Sulpicio. Venne soprannominato "Il pontefice" per distinguerlo dal cugino, S. detto l'"Augure".  Morì sotto il consolato di Gneo Papirio Carbone e Gaio Mario il Giovane, ucciso nel tempio di Vesta dai seguaci di quest'ultimo. Digesto, Pomponius libro singulari enchiridia. S. su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. S. su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute. Predecessore Console romano Successore Gaio Cassio Longino e Gneo Domizio Enobarbo con Lucio Licinio Crasso Gaio Celio Caldo e Lucio Domizio Enobarbo Predecessore Pontefice massimo Successore Gneo Domizio Enobarbo Quinto Cecilio Metello Pio Portale Antica Roma   Portale Biografie   Portale Diritto Categorie: Giuristi romani Politici romani Giuristi Consoli repubblicani romani Mucii Pontefici massimi. MUZIO. There are at least III philosophical jurists by the family name of MUZIO. The most prominent among them is S., a pontifes maximus who is consul. He is an outstanding jurist. His treatise on ius civile (DEFINITIONES) is the most important juristic work written under the republic. It is the first attempt of a systematic presentation of law and is commented on by later jurists (Gaius, Pomponius). The SISTEMA MUZIANO is adopted by several writers on ius civile. His predecessors are S., consul, ALSO a pontefice massimo, and S., consul, an AUGUR and teacher of law -- Cicerone attended his lectures. As jurists they are of lesser importance in the history of Roman jurisprudence, but as philosophical jurists, the augur’s utterance shines bright! Kübler e Münzer, RE, Orestano, NDI, Lepointe, “S.” Paris, Bruck, Sem., Kreller, ZSS on S: Münzer;  on S. the augur: Münzer . About the method of dividing the material into kinds, the excerpt from Pomponius's Handbook in Digest tells us that MUZIO becomes the first man to divide the civil law into kinds by arranging it in XVIII books. The result would eventually be - as Schiavone put it – a metaphysics of social relations, reduced to a defined number of archetypal models. Here, Pomponius' account appears reliable enough. Elsewhere examples of S.’s divisions survive. In Gaius' Teaching Manual, Lenel. S.’s division of kinds of tutela is preserved. From this it can be seen how many kinds of TUTELA there are. Some, like S., have said that there are V kinds. Others, like Servio, that there are III. Others, like Labeo, II . In Digest, from Paulus, On the Edict, Lenel, S.’s division with regard to the legal notion of “possessio” has been preserved, albeit in a hostile version. Paolo: “What S. includes among the kinds of possession is truly absurd – not just absurd.” Quinto Muzio Scevola. Keywords: sistema muziano. Scevola.

 

Grice e Scevola: l’augure -- MIHI AGMINA MILITVM QVIBVS CVRIAM CIRCVMSEDISTI LICET MORTEM IDENTIDEM MINITERIS NVMQVAM TAMEN EFFICIES VT PROPTER EXIGVVM SENILEMQVE SANGVINEM MEVM MARIVM A QVO VRBS ET ITALIA CONSERVATA EST HOSTEM IVDICEM – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. Filosofo italiano. Console della repubblica romana. Augure. Gens: Mucia. Edile, tribuno della plebe, pretore, console. Politico romano vissuto durante il periodo della repubblica ed un esperto di diritto romano. Da non confondere col pontifice, autore degl’ “Annales Maximi.” Venne educato in legge dal padre e in filosofia da Panezio di Rodi, filosofo del portico. Venne eletto tribune, edile, e pretore. Inviato come governatore nelle province dell'Asia ,inore. Tornato a Roma, dove difendersi da un'accusa di estorsione rivoltagli da Tito Albucio da cui riusce a difendersi. Venne eletto console. S. ha grande interesse per la legge e gl’affari all'interno di Roma. Trasmitte la sua conoscenza del diritto romano ad alcuni dei più famosi oratori di quei tempi, tra cui Cicerone e Attico. Difende Gaio Mario dalla mozione di Silla che lo vuole rendere nemico del popolo, asserendo che mai avrebbe approvato un tale disonore per un uomo che aveva salvato Roma. Cicerone utilizza la figura del suo maestro come interlocutore in tre opere: “De oratore”, “De amicitia”, e “De re publica”. S., su sapere.it, De Agostini. S. su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Predecessore Console romano Successore Marco Porcio Catone e Quinto Marcio Re con Lucio Cecilio Metello Diademato Quinto Fabio Massimo Eburno e Gaio Licinio Geta. Portale Antica Roma   Portale Biografie Categorie: Politici romani Consoli repubblicani romani Mucii Auguri Governatori romani dell'Asia.  Gaio Mario. Se stai cercando il figlio di Gaio Mario, vedi Gaio Mario il Giovane. Considerata la caratura del personaggio e l'abbondanza di fonti, il numero di riferimenti puntuali inseriti nel testo è particolarmente desolante Sebbene vi siano una bibliografia e/o dei collegamenti esterni, manca la contestualizzazione delle fonti con note a piè di pagina o altri riferimenti precisi che indichino puntualmente la provenienza delle informazioni. Puoi migliorare questa voce citando le fonti più precisamente. Gaio Mario, Console della Repubblica romana. Presunto busto di Gaio Mario, Gliptoteca di Monaco. Morte: Roma. Figlio: Gaio Mario il Giovane Gens: Maria Tribunato della plebe, Pretura, Legatus legionis, Consolato, Proconsolato in Africa. Nasce a Cereatae. Etnia: Romano. Dati militari Paese servito: Repubblica Romana Forza armata: Esercito romano Arma: Fanteria Grado: Imperator, Dux ovvero comandante in capo Guerre: Guerre cimbriche Guerra giugurtina Guerra sociale Guerre mitridatiche Guerra civile tra Mario e Silla. Battaglie: Battaglia di Aquae Sextiae Battaglia dei Campi Raudii Assedio di Numanzia Altre cariche: Console della Repubblica romana voci di militari;  C·MARIVS·C·F·C·N. Generale e politico romano, per VII volte console della Repubblica romana.  Lo storico Plutarco gli dedicò una delle sue Vite parallele, raffrontandolo al re d'Epiro Pirro. È comunemente noto per la rivalità con Lucio Cornelio Silla.  La carriera di Gaio Mario è particolarmente emblematica della situazione sociopolitica della tarda repubblica romana, in quanto si sviluppa attraverso fatti e circostanze che, in seguito, porteranno alla caduta della stessa. Mario era un homo novus, cioè proveniente da una famiglia italica che non faceva parte della nobiltà romana, e seppe distinguersi e giungere alla ribalta della vita pubblica di Roma per merito della propria competenza militare. L'oligarchia dominante fu perciò costretta, suo malgrado, a cooptarlo nel proprio sistema di potere. A causa del verificarsi di una situazione di grande pericolo per la minaccia di invasioni su larga scala, gli si dovette concedere un potere militare senza precedenti nella storia di Roma, e questo a scapito del rispetto delle leggi e delle tradizioni vigenti, che dovettero essere adattate alla nuova situazione di emergenza. Alla fine fu varata una profonda riforma della leva militare, che in passato raccoglieva solamente proprietari terrieri, e che da allora fu aperta anche a cittadini provenienti dalle classi dei nullatenenti. Nel lungo termine questa riforma ebbe l'effetto di cambiare in modo radicale e irreversibile la natura dei rapporti fra l'esercito e lo Stato. Gaio Mario nacque ad Arpinum, precisamente nella zona che ancora oggi porta il suo nome, Casamari -- in una zona chiamata Cereatae, nell'attuale comune di Veroli. La città, d'antica origine volsca, era stata conquistata dai Romani verso la fine del VI secolo a.C., e aveva ricevuto la cittadinanza romana senza diritto di voto -- civitas sine suffragio -- e soltanto nel 188 a.C. le vennero concessi i pieni diritti civili. Plutarco riferisce che il padre era un manovale, ma la notizia non è confermata da altre fonti, e tutto lascia pensare che sia falsa. Infatti i Marii intrattenevano importanti relazioni con gli ambienti della nobiltà romana, partecipavano da protagonisti alla vita politica della loro cittadina e appartenevano all'ordine equestre. Le difficoltà che incontrò agli esordi della sua carriera a Roma dimostrano semmai quanto fosse arduo per un homo novus affermarsi nel novero dell'alta società romana dell'epoca.  Si distinse per le notevoli attitudini militari dimostrate in occasione dell'assedio di Numanzia, in Spagna, tanto da farsi notare da Publio Cornelio Scipione Emiliano, soprannominato Africano Minore. Non è dato sapere con certezza se venne in Spagna al seguito dell'esercito di Scipione, oppure se si trovasse già in precedenza a servire nel contingente che, con scarso successo, da tempo cingeva d'assedio Numanzia. Sta di fatto che Mario parve fin dall'inizio molto interessato a far carriera politica in Roma stessa. Infatti si candidò per la carica di tribuno militare di una delle 4 prime legioni -- in tutto i tribuni elettivi sono XXIV, mentre tutti gl’altri venneno nominati dai magistrati preposti agli arruolamenti. Lo storico Sallustio ci informa che il suo nome era del tutto sconosciuto agli elettori, ma che alla fine i rappresentanti delle tribù lo elessero per merito del suo eccellente stato di servizio e su raccomandazione di Scipione Emiliano. Successivamente si ha notizia di una sua candidatura alla carica di questore ad Arpino. È probabile che egli utilizzasse le posizioni di comando ad Arpino per raccogliere dietro di sé un consistente numero di clienti su cui fare affidamento per le successive mosse che aveva in animo di compiere. Tuttavia sono solo congetture in quanto nulla si conosce della sua attività come questore. Nel 120 a.C. Mario fu eletto tribuno della plebe. A quanto sembra si era già candidato alla carica, ma senza successo. Un ruolo determinante ebbe, nell'occasione, il sostegno della potente famiglia dei Cecilii Metelli, verso i quali probabilmente aveva un rapporto di clientela. Durante il suo tribunato Mario perseguì una linea vicina alla fazione dei popolari, facendo in modo che venisse approvata, fra l'altro, una legge che limitava l'influenza delle persone di censo elevato nelle elezioni. Infatti, era stato introdotto il metodo del ballottaggio scritto nelle elezioni per le nomine dei magistrati, per l'approvazione delle leggi e per l'emanazione delle sentenze legali, in sostituzione del metodo tradizionale di votazione orale. Poiché i nobiles cercavano sistematicamente di influenzare l'esito dei ballottaggi con la minaccia di controlli e ispezioni: Mario fa approvare un'apposita legge tabellaria – “Lex Maria de suffragiis ferendis” -- per restringere i ponti sui quali passavano gli elettori per votare, in modo che non si potesse controllare la loro scheda di voto: fece costruire uno stretto corridoio da cui i votanti dovevano passare per depositare il proprio voto nell'urna, in modo che fossero al riparo dagli sguardi indiscreti degli astanti e dagli eventuali tentativi di manipolazione. Questa sua azione provocò il deteriorarsi dei rapporti tra Mario e la potente famiglia dei Metelli, di cui gli esponenti della famiglia di Mario erano clientes per tradizione. Successivamente Mario si candidò per la carica di edile plebeo, ma senza successo. Riusce, di stretta misura, a farsi eleggere pretore per l'anno successivo (a quanto pare si classificò solo al sesto posto su sei), e fu immediatamente accusato di brogli elettorali -- il termine latino è ambitus. Riuscito a malapena a farsi assolvere da questa accusa, esercitò la carica senza che si verificassero avvenimenti degni di particolare menzione. Terminato il mandato ricevette il governatorato della Spagna ulteriore, dove fu necessario intraprendere alcune campagne militari contro le popolazioni celtiberiche mai del tutto sottomesse. Il governatorato e le guerre gli fruttarono ingenti ricchezze personali, come sempre accadeva ai comandanti romani. Le vittorie ottenute gli permisero, tornato a Roma, di richiedere e ottenere il trionfo. La carriera di Mario non sembrava destinata a grandi successi. Gli è proposto un matrimonio con una giovane esponente dell'aristocrazia, Giulia Maggiore, sorella del senatore Gaio Giulio Cesare il vecchio e futura zia di Giulio Cesare. Mario accetta, divorziando dalla sua prima moglie Grania di Pozzuoli. La gens Iulia era una famiglia patrizia di antichissime origini -- fa risalire la propria discendenza a Iulo, figlio di ENEA, e Venere, dea della bellezza --, ma, nonostante ciò, i suoi appartenenti avevano, per ragioni finanziarie, notevoli difficoltà a ricoprire cariche più elevate di quella di pretore (solamente una volta, nel 157 a.C. un Giulio Cesare era stato console). Il matrimonio permise alla famiglia patrizia di rimettere in sesto le proprie finanze e diede a Mario la legittimità per candidarsi al consolato. Il figlio che ne nacque e Gaio Mario il Giovane. Legato di Metello. Moneta raffigurante Giugurta, il re numida, nemico di Roma. La famiglia di Mario era per tradizione cliente dei Metelli, e Cecilio Metello aveva appoggiato la campagna elettorale di Mario per il tribunato. Sebbene i rapporti con i Metelli si fossero in seguito deteriorati, la rottura non dovette essere definitiva, tanto è vero che Q. Cecilio Metello, console., prese con sé Mario come suo legato nella campagna militare contro Giugurta. I legati erano originariamente semplici rappresentanti del Senato, ma, gradualmente, era invalso l'uso di adibirli a compiti di comando alle dipendenze dei comandanti generali. Quindi, molto probabilmente; Metello ottenne che il Senato nominasse Mario legato, in modo che potesse servire alle sue dipendenze nella spedizione che si accingeva a compiere in Numidia. Nel lungo e dettagliato racconto che Sallustio ci fa di questa campagna militare, non si fa menzione di altri legati, e ciò lascia pensare che Mario fosse quello di rango più elevato, nonché braccio destro dello stesso Metello. Questo rapporto conveniva a entrambi, in quanto, mentre Metello si avvantaggiava dell'esperienza militare di Mario, questi rafforzava le sue possibilità di aspirare in seguito al consolato. Va osservato che, se la gravità della rottura con Metello., alla luce di quanto avvenne in seguito, fu probabilmente riferita in modo esagerato, quella che si determinò riguardo alla condotta della guerra in Numidia fu invece molto più seria e foriera di conseguenze. Mario si convinse che i tempi fossero maturi per candidarsi alla carica di console. A quanto pare chiese a Metello il permesso di recarsi a Roma per portare a termine il proprio proposito, ma Metello gli raccomandò di astenersi, e probabilmente gli consigliò di aspettare il tempo necessario per potersi candidare insieme con il figlio ventenne dello stesso Metello, cosa che avrebbe rimandato tutto di almeno venti anni. Mario fu costretto a fare buon viso a cattivo gioco, ma nel frattempo, durante tutta l'estate del 108, fece in modo di guadagnarsi il favore della truppa, allentando notevolmente la rigida disciplina militare, e di accattivarsi anche i commercianti italici del posto, ansiosi di intraprendere i propri lucrosi traffici, assicurando a tutti che, se avesse avuto mano libera, avrebbe potuto, in pochi giorni e con la metà delle forze a disposizione di Metello, concludere vittoriosamente la campagna con la cattura di Giugurta.  Entrambi questi influenti gruppi si affrettarono a inviare a Roma messaggi in appoggio di Mario, con cui si suggeriva di affidargli il comando, e si criticava Metello per il modo lento e inconcludente con cui stava conducendo la campagna militare. In effetti la strategia di Metello prevedeva una lenta, metodica e capillare sottomissione di tutto il territorio. Alla fine Metello dovette cedere, rendendosi conto, a ragione, che non gli conveniva mettersi contro un subordinato tanto influente e vendicativo. In queste circostanze è facile immaginare il modo trionfale con cui Mario, alla fine del 108, fu eletto console per l'anno successivo. La sua campagna elettorale fece leva sull'accusa, rivolta a Metello, di scarsa risolutezza nel condurre la guerra contro Giugurta.  Viste le ripetute sconfitte militari subite, nonché le accuse di spudorata corruzione rivolte a molti esponenti dell'oligarchia dominante, è facile comprendere come l'onesto uomo fattosi da sé, e affermatosi percorrendo faticosamente tutti i gradini della carriera, fu eletto a furor di popolo, essendo visto come l'unica alternativa a una nobiltà divenuta corrotta e incapace. Tuttavia il Senato aveva ancora un asso nella manica. Infatti, la lex Sempronia de provinciis consularibus stabiliva che il Senato aveva facoltà di decidere ogni anno quali province dovessero essere affidate ai consoli per l'anno successivo. Alla fine dell'anno, e appena prima delle elezioni, il Senato decise di sospendere le operazioni contro Giugurta e di prorogare a Metello il comando in Numidia. Mario non si perse d'animo e si servì di un espediente già sperimentato. Si era stati, infatti, in disaccordo su chi avrebbe dovuto comandare la guerra contro Aristonico in Asia, e un tribuno aveva fatto approvare una legge che autorizzava un'apposita elezione per decidere a chi affidare il comando (per la verità c'era stato un altro precedente in occasione della seconda guerra punica). Mario fece approvare una legge simile, risultando eletto a grande maggioranza. Metello ne fu profondamente offeso, tanto che, al suo ritorno, non volle nemmeno incontrarsi con Mario, dovendosi accontentare del trionfo e del titolo di Numidico che gli vennero generosamente concessi. Moderna ricostruzione di un centurione romano. Mario riformò l'esercito dell'epoca allargando il reclutamento a tutti i cittadini romani.  Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma mariana dell'esercito romano, Esercito romano e Legione romana. Mario aveva un estremo bisogno di raccogliere truppe fresche e, a questo scopo, introdusse una profonda riforma del sistema di reclutamento, foriera di conseguenze di un'importanza di cui lui stesso, al momento, probabilmente non comprese la portata. Tutte le riforme agrarie attuate dai Gracchi si basavano sul tradizionale principio secondo cui erano esclusi dal servizio di leva i cittadini il cui reddito era inferiore a quello stabilito per la quinta classe di censo. I Gracchi, con le loro riforme, avevano cercato di favorire i piccoli proprietari terrieri, che da sempre avevano costituito il nerbo degli eserciti romani, in modo da fare aumentare il numero di quelli che avevano i requisiti per essere arruolati. Nonostante i loro sforzi, tuttavia, la riforma agraria non risolse la crisi del sistema di arruolamento, che aveva avuto lontana origine dalle sanguinose guerre puniche del secolo precedente. Si cercò quindi di trovare una soluzione semplicemente abbassando la soglia minima di reddito per appartenere alla quinta classe da 11.000 a 3.000 sesterzi, ma nemmeno questo fu sufficiente, tanto che i consoli erano stati costretti a derogare dalle restrizioni sugli arruolamenti imposte dalle leggi graccane. Mario ruppe ogni indugio e decise di arruolare senza alcuna restrizione riguardo al censo e alle proprietà fondiarie del potenziale soldato. Da quel momento in poi le legioni di Roma furono composte prevalentemente da cittadini poveri, il cui futuro, al termine del servizio, dipendeva unicamente dai successi conseguiti dal proprio comandante, che era solito loro assegnare parte delle terre frutto delle vittorie riportate. Di conseguenza i soldati avevano il massimo interesse ad appoggiare il proprio comandante, anche quando si scontrava con i voleri del Senato, composto dai rappresentanti dell'oligarchia dominante, e anche quando andava contro il pubblico interesse, che, a quell'epoca, veniva di fatto impersonato dal Senato stesso. Va notato che Mario, persona fondamentalmente corretta e fedele alle tradizioni, non si avvalse mai di questa potenziale enorme fonte di potere, ma passeranno meno di vent'anni che il suo ex questore Silla, lo farà per imporsi contro il Senato e contro lo stesso Mario. Altri 30-40 anni e il suo esempio sarà seguito da Giulio Cesare, nipote acquisito di Mario. Cartina della Numidia all'epoca di Giugurta.  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre contro Giugurta e Bellum Iugurthinum. Ben presto Mario si rese conto che concludere la guerra non era così facile come egli stesso si era in precedenza vantato di poter fare. Dopo essere sbarcato in Africa verso la fine del 107 a.C. costrinse Giugurta a ritirarsi in direzione sud-ovest verso la Mauritania. Nel 107 suo questore era stato nominato Lucio Cornelio Silla[4], rampollo di una nobile famiglia patrizia caduta economicamente in disgrazia. A quanto pare Mario non fu contento di avere alle proprie dipendenze un simile giovane dissoluto, ma, inaspettatamente, Silla dimostrò sul campo di possedere grandi qualità di comandante militare. Nel 105 a.C. Bocco, re di Mauritania e suocero di Giugurta, nonché suo riluttante alleato, si trovò di fronte l'esercito romano in avanzata. I romani gli fecero sapere di essere disponibili a una pace separata e Bocco invitò Silla nella sua capitale per condurvi le trattative. Anche in questa circostanza Silla si dimostrò particolarmente abile e coraggioso; in effetti, Bocco rimase a lungo dubbioso se consegnare Silla a Giugurta oppure, come poi avvenne, Giugurta a Silla. Alla fine, Bocco fu convinto a tradire Giugurta, che fu subito consegnato nelle mani dello stesso Silla. La guerra era così conclusa. Poiché Mario era il comandante dotato di imperium e Silla militava alle sue dirette dipendenze, l'onore della cattura di Giugurta spettava interamente a Mario, ma era chiaro che gran parte del merito andava riconosciuto personalmente a Silla, tanto che gli fu consegnato un anello con un sigillo commemorativo dell'evento. Al momento la cosa non fece particolarmente scalpore, ma in seguito Silla si vanterà di essere stato il vero artefice della conclusione vittoriosa della guerra. Mario, intanto, si guadagnava fama di eroe del momento. Il suo valore stava per essere messo alla prova da un'altra grave emergenza che incombeva su Roma e sull'Italia. L'arrivo in Gallia del popolo germanico dei Cimbri, quasi immediatamente seguito dalla loro schiacciante vittoria sulle truppe di Marco Giunio Silano, il cui esercito venne infatti del tutto sbaragliato dall'orda nemica, aveva indotto ad un ammutinamento a catena delle tribù galliche delle regioni meridionali recentemente assoggettate dai Romani. Il console Lucio Cassio Longino venne completamente sconfitto da una tribù gallica transalpina, e l'ufficiale di grado più elevato fra quelli sopravvissuti (Gaio Popilio Lenate), figlio del console dell'anno 132, riuscì a mettere in salvo quanto restava delle forze romane solo dopo aver ceduto metà degli equipaggiamenti e aver subito l'umiliazione di far marciare il proprio esercito sotto il giogo, in mezzo allo scherno dei vincitori. L'anno successivo un altro console, Quinto Servilio Cepione, marciò contro le tribù stanziate nella zona di Tolosa, che si erano ribellate a Roma, e si impossessò di un'enorme somma di denaro custodita nei santuari dei templi -- il cosiddetto Oro di Tolosa. La maggior parte di questo tesoro sparì misteriosamente durante il trasporto verso Marsiglia e, molto probabilmente, fu lo stesso Cepione che ordinò il finto furto per impossessarsi dell'oro. Cepione fu confermato nel comando anche per l'anno successivo, mentre uno dei nuovi consoli, Gneo Mallio Massimo, si unì a lui nelle operazioni in Gallia meridionale. Al pari di Mario, anche Mallio era un uomo nuovo, e la collaborazione fra lui e Cepione si dimostrò subito impossibile. I Cimbri e i Teutoni erano entrambi composti da tribù di ceppo germanico che, nel corso delle proprie migrazioni, erano apparse sul corso del fiume Rodano proprio mentre l'esercito di Mallio si trovava nella stessa zona. Cepione, che era accampato sulla riva opposta del fiume, si rifiutò in un primo momento di venire in soccorso del collega minacciato, decidendosi ad attraversare il fiume solo dopo che il Senato gli aveva ordinato di cooperare con Mallio. Tuttavia egli si rifiutò di unire le forze dei due eserciti, e si mantenne a debita distanza dal collega. I Germani approfittarono della situazione e, dopo aver sbaragliato Cepione, distrussero anche l'esercito di Mallio il 6 ottobre del 105 a.C. presso la città di Arausio. I Romani dovettero combattere con il fiume alle spalle che li impediva la ritirata, e, stando alle cronache, furono uccisi 80.000 soldati e 40.000 ausiliari. Le perdite subite nel decennio precedente erano state molto gravi, ma questa sconfitta, provocata soprattutto dall'arroganza della nobiltà che si rifiutava di collaborare con i più capaci capi militari di rango non nobiliare, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non soltanto le perdite umane erano state enormi, ma l'Italia stessa era ormai esposta all'invasione delle orde barbariche. Il malcontento del popolo contro l'oligarchia aveva raggiunto ormai l'esasperazione.  Busto di Gaio Mario (Museo Chiaramonti). Mentre si trovava ancora in Africa, Mario fu rieletto console. L'elezione in absentia era una cosa abbastanza rara, e inoltre una legge successiva all'anno 152 a.C. imponeva un intervallo di almeno 10 anni fra due consolati successivi, mentre una del 135 a.C. sembra che proibisse addirittura che questa carica potesse essere rivestita per due volte dalla stessa persona. La grave minaccia incombente dal nord fece tuttavia passare sopra a ogni legge e consuetudine, e Mario, ritenuto il più abile comandante disponibile, fu rieletto console per ben 5 volte consecutive, cosa mai avvenuta in precedenza.  Al suo ritorno a Roma, vi celebrò il trionfo su Giugurta, che prima fu portato come un trofeo in processione, e infine morì nel Carcere Mamertino. Nel frattempo i Cimbri si erano diretti verso la Spagna, mentre i Teutoni vagavano senza una meta precisa nella Gallia settentrionale, lasciando a Mario il tempo di approntare il proprio esercito, curandone in modo molto attento l'addestramento e la disciplina. Uno dei suoi legati era ancora L. Cornelio Silla, e questo dimostra che in quel momento i rapporti fra i due non si erano ancora deteriorati. Sebbene avesse potuto continuare a comandare l'esercito in qualità di proconsole, Mario preferì farsi rieleggere console fino all'anno 100, in quanto questa posizione lo metteva al riparo da eventuali attacchi di altri consoli in carica.  L'influenza di Mario divenne in quel periodo talmente grande che era addirittura in grado di influenzare la scelta dei consoli che in ogni anno dovevano essere eletti insieme con lui, e pare che egli facesse in modo che venissero scelti quelli che riteneva più malleabili. I Germani indugiavano ancora nelle proprie scorribande in Spagna e in Gallia, e questo fatto, insieme con la morte del console collega Lucio Aurelio Oreste, consentì a Mario, che stava già marciando verso nord, di rientrare a Roma per venirvi confermato console per l'anno 102, insieme con un nuovo collega.  Francesco Saverio Altamura, Mario vincitore dei Cimbri. I Cimbri dalla Spagna tornarono in Gallia, e, insieme con i Teutoni, decisero di invadere l'Italia. Questi ultimi avrebbero dovuto puntare a sud dirigendosi verso le coste del Mediterraneo, mentre i Cimbri dovevano penetrare nell'Italia settentrionale da nord-est attraversando il passo del Brennero – “per alpes Rhaeticas”. Infine i Tigurini, la tribù celtica loro alleata che aveva sconfitto Longino pensavano di attraversare le Alpi provenendo da nord-ovest. La decisione di dividere in questo modo le loro forze si sarebbe dimostrata fatale, poiché diede ai Romani, avvantaggiati anche dalle linee di approvvigionamento molto più corte, la possibilità di affrontare separatamente i vari contingenti, concentrando le proprie forze laddove era di volta in volta necessario.  Nel frattempo Mario aveva organizzato nel migliore dei modi la propria armata. I soldati erano stati sottoposti a un addestramento che mai in precedenza si era visto, ed erano abituati a sopportare senza lamentarsi le fatiche delle lunghe marce di avvicinamento, dell'allestimento degli accampamenti e delle macchine da guerra, tanto da meritarsi il soprannome di muli di Mario. Dapprima decise di affrontare i Teutoni, che si trovavano in quel momento nella provincia della Gallia Narbonense e si stavano dirigendo verso le Alpi. In un primo momento rifiutò lo scontro, preferendo arretrare fino ad Aix en Provence, un insediamento fondato da Gaio Sestio Calvo, console nel 109 a.C., in modo da sbarrare loro il cammino. Alcuni contingenti di Ambroni, avanguardia dell'esercito dei Germani, si lanciarono avventatamente all'attacco delle posizioni romane, senza aspettare l'arrivo di rinforzi, e 30.000 di essi rimasero uccisi. Mario schierò poi un contingente di 30.000 uomini per tendere un'imboscata al grosso dell'esercito dei Germani, che presi alle spalle e attaccati frontalmente, furono completamente sterminati e persero 100.000 uomini,[6] e quasi altrettanti ne furono catturati. Il suo nome è ancor oggi ricordato non solo nell'etimologia della località, allora arpinate, di nascita, Casamari (Casa Marii, per l'appunto), ma persino nell'etimologia della regione francese della Camargue (Caii Marii Ager), come sostenuto dallo storico francese Louis-Pierre Anquetil nella sua opera "Histoire de France". La tradizione orale della città di Arpino sostiene che Mario, dopo aver sconfitto i Germani ad Aix-en-Provence e nella battaglia dei Campi Raudii, all'apogeo della sua gloria, non dimenticasse la sua patria d'origine e, disponendo della Gallia transalpina come terra di conquista, donasse ad Arpino quei territori, le cui rendite servirono a mantenere i templi e gli edifici pubblici della città.  Il collega di Mario Quinto Lutazio Càtulo, console, non ebbe altrettanta fortuna, non riuscendo a impedire che i Cimbri forzassero il passo del Brennero avanzando nell'Italia settentrionale Mario apprese la notizia mentre si trovava a Roma, dove fu rieletto console per l'anno 101 a.C. Il senato gli accordò il trionfo ma lui rifiutò perché ne voleva fare partecipe anche l'esercito, quindi lo posticipò a una vittoria contro i Cimbri. Immediatamente si mise in marcia per ricongiungersi con Catulo, il cui comando fu prorogato anche per il 101. Infine, nell'estate di quell'anno, a Vercelli, nella Gallia cisalpina, in una località allora chiamata Campi Raudii, ebbe luogo lo scontro decisivo.  Ancora una volta la ferrea disciplina dei Romani ebbe la meglio sull'impeto dei barbari, e almeno 65.000 di loro (o forse 100.000) perirono, mentre tutti i sopravvissuti furono ridotti in schiavitù. I Tigurini, a questo punto, rinunciarono al loro proposito di penetrare in Italia da nord-ovest e rientrarono nelle proprie sedi. Catulo e Mario, come consoli in carica, celebrarono insieme uno splendido trionfo, ma, nell'opinione popolare, tutto il merito venne attribuito a Mario. In seguito Catulo si trovò in contrasto con Mario, divenendone uno dei più acerrimi rivali. Come ricompensa per avere sventato il pericolo dell'invasione barbarica, Mario venne rieletto console anche per l'anno 100 a.C. Gli avvenimenti di quell'anno, tuttavia, non gli furono propizi.  Sesto consolato (100 a.C.)  Il mondo romano, al termine della seconda guerra punica (in verde), e poi attorno al 100 a.C. (arancione). Nel corso di questo anno il tribuno della plebe Lucio Appuleio Saturnino richiese con forza che si varassero riforme simili a quelle per cui si erano in passato battuti i Gracchi. Propose quindi una legge per l'assegnazione di terre ai veterani della guerra appena conclusasi e per la distribuzione da parte dello stato di grano a prezzo inferiore a quello di mercato. Il senato si oppose a queste misure, provocando così lo scoppio di violente proteste, che presto sfociarono in una vera e propria rivolta popolare, e a Mario, come console in carica, fu chiesto di reprimerla. Sebbene egli fosse vicino al partito popolare, il supremo interesse della repubblica e l'alta magistratura da lui rivestita gli imposero di assolvere, sebbene riluttante, a questo compito. Dopodiché lasciò ogni carica pubblica e partì per un viaggio in Oriente.  Guerra sociale (95-88 a.C.)  Busto di Lucio Cornelio Silla, il rivale di Mario.  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra sociale. Durante gli anni di assenza di Mario da Roma, e subito dopo il suo ritorno, Roma conobbe alcuni anni di relativa tranquillità. Nel 95 a.C., tuttavia, venne approvata una legge che decretava che tutti coloro che non fossero cittadini romani, cioè coloro che provenivano da altre città italiche, dovessero essere espulsi da Roma. Marco Livio Druso fu eletto tribuno e propose una grande distribuzione di terre appartenenti allo Stato, l'allargamento del Senato e la concessione della cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi di tutte le città italiche. Il successivo assassinio di Druso provocò l'immediata insurrezione delle città-Stato italiche contro Roma, e la Guerra sociale -- da socii, gli alleati italici. Mario e chiamato ad assumere, insieme con Silla, il comando degli eserciti chiamati a sedare la pericolosa rivolta. Finita la guerra in Italia si aprì un nuovo fronte in Asia, dove Mitridate, re del Ponto, nel tentativo di allargare verso occidente i confini del suo regno, invase la Grecia. Posto di fronte alla scelta se affidare il comando dell'inevitabile guerra contro Mitridate a Silla o Mario, il Senato, in un primo momento, scelse Silla. In seguito, tuttavia, quando il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo, appoggiato da Mario, cercò di far passare una legge per distribuire gli alleati italici nelle tribù cittadine, in modo da influenzare con il loro voto i comizi, nacque uno scontro nel quale il figlio del console Quinto Pompeo Rufo trovò la morte.  Silla, sfuggito alla confusione, si rifugiò nella casa dello stesso Mario. Intanto la legge venne approvata e le tribù che adesso contenevano anche i nuovi cittadini fecero passare una legge secondo la quale veniva affidata a Mario la guerra contro Mitridate. Intanto nell'88 a.C. Silla aveva già raggiunto l'esercito a Nola e Mario fece mandare due tribuni per riportarlo a Roma. Ma l'esercito uccise i tribuni e Silla con esso marciò alla volta di Roma. Mario, dichiarato nemico pubblico da Silla, all'arrivo di questi abbandonò precipitosamente l'Urbe, rifugiandosi in un primo tempo tra le paludi di Minturnae. I magistrati locali decretarono la sua morte per mano di uno schiavo cimbro, il quale, però, mosso a compassione o intimorito per la sua fama, non diede corso all'esecuzione. Plutarco, in Marium, scrisse che i Minturnesi, mossi a compassione, lo aiutarono a imbarcarsi sulla nave di Beleo, diretta in l'Africa, ove visse per un po' di tempo in esilio. Data l'assenza di Mario, Gneo Ottavio e Lucio Cornelio Cinna furono eletti consoli nell'87 a.C., mentre Silla, nominato proconsole, si mise in marcia verso oriente con l'esercito.  Mentre Silla conduceva la sua campagna militare in Grecia, a Roma il confronto fra la fazione conservatrice di Ottavio, rimasto fedele a Silla, e quella popolare e radicale di Cinna si inasprì sfociando in aperto scontro. A questo punto, nel tentativo di avere la meglio su Ottavio, Mario, insieme con il figlio, rientrò dall'Africa con un esercito ivi raccolto e unì le proprie forze a quelle di Cinna, che aveva radunato truppe filomariane ancora impegnate in Campania contro gli ultimi socii ribelli. Gli eserciti alleati entrarono in Roma, di modo che Cinna fu eletto console per la seconda volta e Mario per la settima. Seguì una feroce repressione contro gli esponenti del partito conservatore: Silla fu proscritto, le sue case distrutte e i suoi beni confiscati. Tuttavia nel primo mese del suo mandato, Mario muore. Dopo la morte di quest'ultimo Cinna divenne di fatto il padrone della repubblica e mantenne il consolato per altri due anni di seguito per poi morire, vittima di un ammutinamento, mentre si dirigeva con l'esercito verso la Grecia. L'armata di Silla, dopo aver concluso vittoriosamente la campagna nel Ponto, rientrò in Italia sbarcando a Brindisi., e sconfisse il figlio di Mario, Gaio Mario il Giovane, che muore in combattimento a Praeneste, a circa 50 chilometri da Roma. Gaio Giulio Cesare, nipote della moglie di Mario, sposa una delle figlie di Cinna. Dopo il ritorno di Silla a Roma si instaurò un regime di restaurazione che perpetrò le più feroci repressioni, tanto che Giulio Cesare fu costretto a fuggire in Cilicia, dove rimase fino alla morte di Silla nel 78 a.C. Il busto bronzeo di Gaio Mario si trova collocato attualmente nel Municipio di Minturno. Lo storico greco riferisce anche che Gaio Mario ebbe una relazione di lunga data con un comandante che era al contempo un erudito intellettuale spiccatamente filoellenico, che gli dedicò vari epigrammi molto raffinati e a carattere omoerotico. Il praenomen "Gaio" è forma corretta rispetto al pur comune "Caio". La forma "Caio", infatti, si è diffusa a seguito di un'errata interpretazione dell'abbreviazione epigrafica "C." (vedi, tra gli altri, Gian Biagio Conte, Emilio Pianezzola, Giuliano Ranucci, Dizionario della lingua latina, Firenze, Monnier, 2000, sub voce Gaius: «il fraintendimento dell'abbr., in cui la G si scriveva, per conservazione di grafia arcaica, C., ha generato la forma "Caio"»). Encyclopædia Britannica: Gaius Marius, Roman general., su britannica.com.  Che è diffusa convinzione sul posto che derivi dall'espressione latina Casa Marii.[senza fonte]  Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, Sesto Giulio Frontino, Strategemata, 150.000 uomini secondo altre fonti, vedi Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, II, 12. Filmato audio Marina Mattei e Maddalena Crippa, Luce sull'archeologia - Le idi di marzo a Largo Argentina - Incontro, su Marina Mattei (Sovrintenza ai Musei Capitolini), You tube, Roma, Teatro di Roma, Appiano di Alessandria, Historia Romana Ῥωμαϊκά Internet Archive.). Aulo Gellio, Noctes Atticae. (testo latino  e traduzione inglese). Cesare, Commentarii de bello Gallico. Progetto Ovidio. Dione Cassio, Storia romana. Floro, Epitoma de LIVIO (si veda) bellorum omnium annorum DCC libri duo. Frontino, Strategemata. (testo latino  e traduzione inglese). Plutarco, Vite parallele, "Gaio Mario", "Silla" e "Giulio Cesare". Sallustio, Bellum Iugurthinum. Svetonio, De vita Caesarum libri VIII. Tacito, De origine et situ Germanorum.  Progetto Ovidio. Tacito, Annales. Tacito, Historiae. (testo latino ; traduzione italiana ; traduzione inglese qui  e qui). Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo. (testo latino  e traduzione inglese qui e qui ). Fonti storiografiche moderne Giuseppe Antonelli, Gaio Mario, Roma Carcopino, Silla, Milano 1981. Luciano Canfora, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, 1Carcopino, Giulio Cesare, traduzione di Anna Rosso Cattabiani, Rusconi Libri, Piganiol André, Le conquiste dei romani, Milano, Il Saggiatore, Scullard, Storia del mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla morte di Nerone, Milano, BUR, Consoli repubblicani romani Gens Maria Mario, Gaio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Màrio, Gàio, su sapere.it, De Agostini. Dacre Balsdon, Gaius Marius, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Opere di Gaio Mario, su open MLOL, Horizons Unlimited srl. Gaio Mario, su Goodreads. Portale turistico di Minturno Scauri - Minturnae, su minturnoscauri. it. Mario e Silla, su janusquirinus.org. La vita di Gaio Mario, su jerryfielden Predecessore Console romano Successore Servio Sulpicio Galba e Lucio Ortensio107 a.C. con Lucio Cassio LonginoQuinto Servilio Cepione e Gaio Atilio SerranoI Gneo Mallio Massimo e Publio Rutilio Rufo con Gaio Flavio FimbriaLucio Aurelio Oreste e Gaio Mario IIIII Gaio Mario II e Gaio Flavio Fimbria con Lucio Aurelio OresteGaio Mario IV e Quinto Lutazio CatuloIII Lucio Aurelio Oreste e Gaio Mario III con Quinto Lutazio CatuloManlio Aquillio e Gaio Mario VIV Quinto Lutazio Catulo e Gaio Mario IV con Manlio AquillioLucio Valerio Flacco e Gaio Mario VIV Manio Aquilio e Gaio Mario V con Lucio Valerio FlaccoAulo Postumio Albino, Marco Antonio OratoreVI Lucio Cornelio Cinna I e Gneo Ottavio con Lucio Cornelio Cinna IILucio Cornelio Cinna III e Gneo Papirio CarboneVII V · D · M Gaio Giulio Cesare V · D · M Marco Tullio Cicerone V · D · M Plutarco Portale Antica Roma   Portale Biografie Categorie: Generali romaniPolitici romani del II secolo a.C.Politici romani Generali del II secolo a.C.Generali Nati ad ArpinoMorti a Roma Gaio Mario Condottieri romani antichi Consoli repubblicani romani Marii Auguri. Our concern is with the debate in the Senate on the “hostis” declaration proposed by SULLA, who presumably presided over the meeting in his capacity as consul and framed and put the “relatio.” VALERIO MASSIMO gives a graphic description of S.'s part in the proceedings. SULLA coerces the senate into adjudging Mario a “hostis”. No one ventures to oppose him except S. who, on being asked for his opinion, refuses to say anything. When Sulla begins pressing him ever more menacingly Scevola says: “You can make a display of the troops whom you have thrown around the curia, you can threaten me with death as often as you like, but you shall never force me, old and weak as I am, to adjudge Mario, the saviour of Rome and Italy, a hostis.' - Sulla ... senatum armatus coegerat ac summa cupiditate ferebatur ut C. Marius quam celerrime hostis iudicaretur. cuius voluntati nullo obviam ire audente solus Scaevola de hac re interrogatus sententiam dicere noluit. quin etiam truculentius sibi instanti Sullae 'licet' inquit MIHI AGNIMA MILITVM QVIBVS CVRIAM CIRCVMSEDISTI LICET MORTEM IDENTIDEM MINITERIS NVMQVAM TAMEN EFFICIES VT PROPTER EXIGVVM SENILEMQVE SANGVINEM MEVM MARIVM A QVO VRBS ET ITALIA CONSERVATA EST HOSTEM IVDICEM.  'mihi agmina militum, quibus curiam circumsedisti, ostentes, licet mortem identidem miniteris, numquam tamen efficies ut propter exiguum senilemque sanguinem meum Marium, a quo urbs et Italia conservata est, hostem iudicem.' S. is making two points. The first, and more obvious, is a declaration of friendship for Mario and a reminder to his audience that they are dealing with the man who had saved Italy from the Cimbri. The statement that S. stood alone against Sulla may be an exaggeration, but other names are hard to come by. The one that we should most like to know about is Q. Scevola Pontifex. At this point we merely note the highly relevant fact that of the X known names on Sulla's list, no less than V are of *non*-Roman origin, thus confirming that the focal point of the crisis was the rights of new citizens. It can be inferred that the augur stood with Mario on that issue; where the Pontifex stood remains to be seen. No one else comes into the reckoning: Crasso is dead; and M. Acilius Glabrio, the Augur's grandson and future president of the court which tried Verres, is too young.  The *other* point made by Scevola is a conceptual, philosoophical point of law or jurisprudence. It depends on the words, S. DE HAC RE INTERROGATVS SENTENTIAM DICERE NOLUIT. The words mean exactly what they say: S., being asked about this matter, refused to express an opinion. VALERIO MASSIMO is telling us that S. did not vote for or against the motion. He refuses to vote at all. The reason is that, as S. sees it, the clause in GRACCO’s law – NE DE CAPITE CIVIVM INIUSSV VESTRO INDICARETVR – means that any capital adjudication on a citizen *without* the authority of the people is prohibited, irrespective of whether it is a vote for condemnation or for acquittal. This may not have been the intention of the framers of the “hostis” declaration, for the theory behind that decree is that the “hostis” forfeits his citizenship retro-actively to the time of his treasonable act. But once there is talk of adjudication – HOSTIS INDICARETVR, HOSTEM IVDICEM --, in S.’s view there is a danger of the LEX SEMPRONIA being contravened. S. is not alone in this view. CICERONE observes that a number of populares stays away from the Catilinarian debate for the same reason as that which prompts S. to abstain from voting. VIDEO DE ISTIS QVI SE POPVLARIS HABERI VOLVNT ABESSE NON NEMINEN NE DE CAPITE VIDELICET CIVIVM ROMANORVM SENTENTIAM FERAT. S. is the first to detect this conceptual difficulty – philosophical puzzle -- in the application of the law, and he does so ex tempore, the moment the very first “hostis” declaration is proposed. It is clear that S. has this area of law at his fingertips. Our confidence in his ability to have assisted Mario with the special wording of the s. c. ultimum of C is greatly increased. Was there anything else that S. could have done to block Sulla's relatio? In particular, could S.  have used his office as an augur for which he was so famous that it was almost a cognomen? The obvious way would have been by announcing auspices unfavourable to the convention of the senate. But the question is whether that body's sessions need the taking of auspices. In Mommsen's opinion, “auspicatio” is required. But, in historical times, “auspicatio” is carried out by haruspices and pullari and the augur is only called in where there was some doubt. There is no record of acts of signal bravery by haruspices or pullarii, and it must be concluded that S. is not able to function officially in the matter. There is, however, a broader issue, and that is whether his augural skills are ever enlisted on behalf of his friend Mario. The reason for raising this is that his grandson, the S. who was tribune of the plebs, is an augur, was consulted by GIULIO CESARE on whether a praetor could conduct consular elections, and undoubtedly rules that he can. Caesar's uncle may have needed augural assistance in another matter connected with the consulship, namely his election for a second term and in absentia and the augur could have done some research then, which not only helped Mario but laid the foundation for a favourable ruling for Caesar. For all we know, GIULIO CESARE might have consulted the grandson on Bibulus' obstructive tactics. There will have been much material reflecting the augur's views in the family archives. Keywords: il concetto di stato nel diritto romano, Cicerone, Mario, Silla. He thought there were three theologies: that of the poets – fanciful and false – that of the philosophers – true but unsuitable to the masses – and that of the politicians – beneficial. Quinto Muzio Scevola.

 

Grice e Sciacca: all’isola -- l’idea della libertà – fondamento della coscienza etico-politica – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Messina). Filosofo Italiano. Studia a Palermo sotto RENDA. Insegna a Palermo. Volge il suo interesse verso il criticismo, a cui dedica “La funzione della libertà nella formazione del sistema kantiano” a cui fece seguito, “La libertà come fondamento della coscienza etico-politica” (Palumbo, Palermo), che reproduce la memoria in appendice. Società filosofica italiana Altri saggi: “Filosofi che si confessano” (Anna, Messina); “La steresis nella filosofia dell'azione” (Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, Palermo); “Il concetto di tiranno, dagl’antichi italici a SALUTATI” (Manfredi, Palermo); La visione della vita nell'Umanesimo di SALUTATI” (Palermo); “Politica e vita spirituale” (Palumbo, Palermo); “Gli Dei in Protagora” (Palumbo); “Esistenza e realtà” (Palumbo, Palermo); “Scetticismo” (Palumbo, Palermo); Ritorno alla saggezza” (Palumbo, Palermo); “L'uomo senza Adamo” (Palumbo); “Sapere e alienazione” (Palumbo, Palermo); “Il segno -- quel Segno” (Cappelli, Bologna); Reale accademia di lettere scienze e arti", «La filosofia per cambiare il mondo», La Repubblica.  Bono, Rocca, M. K. N., la tradizione del criticisimo, in Giovanni, Le avanguardie della filosofia italiana, Angeli, Società Filosofica Italiana", Plebe, Giovanni. Giuseppe Maria Sciacca. Sciacca. Keywords: Grice, ‘Negation and Privation’, negation, privation, negatio, privatio, the use of ~ to stand for both negatio and privatio – privatio as mere negatio (~), plus implicatum -- steresis, l’idea della libertà – fondamento della coscienza etico-politica -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sciacca” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Sciacca: anti-filosofia e contra-implicatura – filosofia fascista – il ventennio fascista -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Giarre). Filosofo italiano. La filosofia non asciuga lacrime né dispensa sorrisi, ma dice la sua parola sulla verità delle lacrime e dei sorrisi. Dopo gli studi liceali classici si trasfere a Napoli, dove si laurea sotto ALIOTTA. Insegna a Napoli, Pavia, e Genova. Fonda Il Giornale di Metafisica. Molto intenso e il suo rapporto filosofico e di stima reciproca con il filosofo fascista GENTILE, un sodalizio testimoniato dalla fitta corrispondenza tra i due filosofi, da cui però ben presto S. si allontana, in particolare dal filone idealista, per condurre la sua propria ricerca filosofica in modo più ampio, tanto da condurlo a studiare per un certo periodo, grazie alle sue conoscenze pure in campo teologico, sia la corrente del misticismo che quella dello spiritualismo. Accademia di studi italo-tedeschi, Merano. Profondo conoscitore di SERBATI, promotore della fondazione del centro di studi dedicato a Serbati a Stresa. Una delle principali figure dello spiritualismo, a cui pervenne dopo i primi interessi per l'attualismo ed i successivi, più impegnativi studi sullo spiritualismo, anche interpretandolo in modo originale, delineando un particolare percorso di continuità che, rifferendo alla metafisica classica, perviene a concepire un'apertura del soggetto personale come creatur averso l'attualità assoluta dell'essere nell’integralità. E ricordato principalmente attraverso Ottonello. Saggi: “Agostino” (Morcelliana, Brescia); “L'Anima” (Morcelliana, Brescia); “Filosofia morale” (Bocca, Torino); Atto ed essere (Bocca, Torino); Interpretazioni rosminiane Marzorati, Milano); “Come si vince a Waterloo” (Marzorati, Milano); “La filosofia e la scienza nel loro sviluppo storico. Per i licei” (Cremonese, Roma); “Platone” (Marzorati, Milano); Filosofia e anti-filosofia (Marzorati, Milano);  Chiesa e civiltà (Marzorati, Milano); Critica letteraria (Marzorati, Milano); L'oscuramento dell'intelligenza (Marzorati, Milano); Studi sulla filosofia antica. Con un'appendice sulla filosofia medioevale (Marzorati, Milano); Ontologia triadica e trinitaria. Discorso metafisico-teologico Marzorati, Milano. L'Insegnamento della filosofia: atti del Convegno di studi, Messina (Peloritana, Messina); Ontologia triadica e trinitaria (Epos, Palermo); Atto ed essere (Epos, Palermo); Il magnifico oggi (Epos, Palermo); In Spirito e Verità (Epos, Palermo); La clessidra (Epos, Palermo); L'ora di Cristo (Epos, Palermo). Centro di Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario dei Filosofi, Firenze, G. C. Sansoni; Dizionario dei Filosofi (Firenze, Sansoni); Schiavone, L'idealismo, Negri, “Dall'atto all'integralità” (Forlì, Ethica);  Pignologni, Genesi e sviluppo del rosminianesimo, (Milano, Marzorati); Bologna, Quaderni del Giornale di Metafisica, Stresa, Rivista Rosminiana, Incontrare S., Venezia, Marsilio, Ottonello, “L'anticonformismo costruttivo” (Venezia, Marsilio); Shiavone, L'idealismo, Collana di studi filosofici rosminiani, Domodossola; Milano, Sodalitas, Ospitato su Bontadini e la metafisica. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Michele Federico Sciacca. Sciacca. Keywords: il veintennio fascista. Refs.: Grice e Sciacca” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Scipione: il circolo degli Scipioni – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Si trova al centro del più antico portico romano. Console, distrugge Cartagine, ottenne la censura, dirige un’ambasciata in Oriente, e di nuovo console, distrugge Numanzia. È un appassionato lettore della "Ciropedia" di Senofonte e ha tendenza del Portico. Forse, anche per questo motivo, da alle sue orazioni contenuto morale e vi dipinta la corruzione. A statesman, military leader, and scholar. More a patron of philosophers than a philosopher himself, he is particularly close to Panezio. Cicerone regards him sufficiently highly to include him as character of some of his philosophical works. He is much admired for his courage and moral integrity. C UM in Africani veniftem, M. Manilio z Confuti  ad quartam legionem Tribunus , ut fcitis, mili-  tum ; nihil mihi potiusfuit, quam ut $ Mafmif-  fam convenirem, regem farri il \x noftrsejuftis decauflis  amicìfllmum * Ad quem ut veni, complexus me (enex  collacrymavit : aliquantoque polì (ulpexit in calum ,  Grate* (inquic) tibi ago, furarne Sol, vobifque,  4 rel qui Caelites ; quod, antequam ex bac vita migro,  confpicio in meo regno & histe&is P. Cornelium Sci*  pionem, cujus egO nomine ipfo recreor .* ita numquam  ex animo meo difcedit illius Optimi atque invitìiffìmi  viri memoria, Deinde ego illum de fuo regno , illemd  denofìra Repub. percontatus eft : multifque verbis ut-  tro citroque habitis, i 1 le nobis confumptus eli dies «  Poftautem regio apparatu accepti, fermcnemin mul-  tata nodem produximns; cumfenex nìtiil nifi de Afri-  cano loqueretur, omnìaque eius non fafta folnm, fed  ttiam di&a m^miniflet; deinde, ut cubitum difcedi.  mus, me & de via fefl'um, & qui ad multam noflem   vi-    t Seipio . Figliuola di Lucia  Emilio Paolo Macedonico , adot-  tato da Scipittne figliuolo dell*  Affici cano il maggiore , che di-  flrutfe Cartagine e Numanzla  nell'anno 609 Or etto nella dif-  puta di Repubblica follenea coti-  tra l' oppln Ione di Filo, che tan-  to era falfo non poterli lenza  commettere inglnftiiie la Repub-  blica governare, che anzi dicea  non poterli reggere Lina una  » fornirla gluftizia Sant* Agoftino  di clb ragiona nel libro il cap.  21. de Civltate D I, a' cui tem-  pi quelli libri di Rtpubl. fi leg-  geano , come pare , ed andavano  attorno .   1 Confuti ...... tribunus    militum . Ulata maniera , nort  Confuti . Diccafi fimilmente Ir*  gatus confuti non confuti .   I Maftnifj'am . Re d' una pat-  te d' Affrica . Solleone in prima  11 partito de* Cariaginelì contra  i Romani , nell' anno di Roma  541. Ma quattro anni apprelfo ,  avendo Scipione niello in rotta  l'armata d'Afdrubale , rimandò  fé u za prezzo di rifcatto 11 nipo-  te a MalTìnilfa ; per tale eciiero-  fo ano sì ptefo e per taf modo  fu quello principe , che poi fu  fempre cffezionjiiflimo a' Roma-  ni . Con erti congluofe l lue  forze , e nell'anno 55I. di Ro-  ma lì trovb alla battaglia , che  quelli guadagnarono contro d'    Digitized by Google    .V      IL SOGNO DI SCIPIONE. 57*   N   SCIPIONE PARLA,-   / K .   E Sfendomi portato in Affrica, militar tribuno, co»  me fapete, alla quarta legione fotte il Confole  Manio Manilio; non ebbi cofa, che piò a cuor  mi folle, quanto il far vifita a Maflìniffa re per giu»  Hi titoli aftezionatiflìmo alla noftra cafa* Al qua! co-  me fui giunto, il vecchio abbracciatomi, versò lacri-  me : ed alquanto appreflo levò, gli occhi al cielo, e,  Grazie , difTe o fommo Sole, ti rendo , ed a voi al*  tri, celefti Dii, che, prima di pa (Tare di quella vita,  nel mio reame veggio, ed in quelli foggiorni Pubblio  Cornelio Scipione, pel cui nome i He ITo prendo riftoro:  s\e per tal modo dall’animo mio non fi diparte giam-  mai la memoriadi quell’ottimo , ed invittiffimo uomo •  Apprelìò io gli feciftudiofe ricerche del reaméluo, ed  egli Culla Repubblica noftra . Accolti pofeia in reai trat-  tamento, menammo per la lunga irragionar lioftro  fino a gran pezza di notte; conciofoffèchè il vecchio  non avelie alla lingua altro che 1* Africano, è ricor-  dane non folamente tutte le azioni di lui, mà i detti  altresì: come ci fummo fu levati per andare a letto,  e per efier dal viaggio fianco , e perché io vegliato  ayea fino a notte molto inoltrata, mi prefe cm Tonno  più ferrato, che nonfolea. In quefto a me (credo ve-  ramente da ciò procedeffe , di che avevacn parlato ;   • O o a che       Afdrubale , e dì Si face . Dopo,  la pace conci «fa tra.* Romani ed  i Carraginifi ebbe la fovfanirà  di diverfe provincle d* Affrica ,  e vide Tempre amico de* Romani .  Morì di qo. anni , e lafciò 44.  figliuoli di di vetfe conferii . Di-  cefi che nell’ ultima malartia  pregafle Mal Ho generale dcll'ar-  mata Romana, ad Inviargli il  giovane Scipione , affine d* aver  la conio lezione di morire nelle  Tue braccia , e per dargli gli op*  portunLordioi , che offcrvati vo-    lea fui rìpaftimento del fuo re-  gno .\E da quella contezza per,  avventura s* accatta I* occalìone  data al fogno .   4 Reìt^ui Calìtes . Accenna  la luna e gli altri pianeti e del-  le del elei fu premo , annoverate  dalla pift parte degli ‘ Antichi  tra gli Dei. Di che Lattanzio  ragiona nel libro III. cap. 5. de  Fal/a Religione . Platone nel  Cratilo deride sì beftiaJe oppi-  mene •    /   *    r    Digitized by Google    \   *    t    580 MARCO TULLIO CICERONE  vigilaflem, ar&ior, quam folebat ; fomnuscomplexus  eft. Hic mihi (credo equidem ex hoc» quod eiamus  Jocuti : 1 fit enim fere, ut cogitationes fermonefque  noflri parfant aliquid in fonino tale, 2 quale de Ho-  mero fcribit Ennius, de quo videlicetj faepifTime vigì-  Jans folebat cogitare & loqyi) Àfricanus fe oftendit il-  la forma , qua: mihi 3 ex imagine ejm , 4 quam ex  ipfo, erat notior. Quem ut agnovi , equidem cohor-  rui. Sed ille, Ades, inquit, animo ; & orni tee timo-  rem , Scipio ; & , quae dicam , trade memori* .   IL   V Idefne ilfamurbem, qu* parere Pop. Roro. eoa da  per me, renovat priftina bella , nec poteft quiefee-  re (oftendebat aurem Carthaginem 5 de excelfo , &  pieno flellarum , illuftri , & darò quodaro loco) ad  quam tu oppugnandam nunc veois piene miles? hanc  hoc 6 biennio Conful evertes : 7 eritque cognomen id  tibi per te partum , quod habes a nobis adhuc heredi-   ta-    x Fit enim fere iti cogita-  iiona <y c . Socrate appretto Pla-  tone nel 1 bro 9. de Repub.  di quelle cagio.ù , il fognar  generanti, va nobilmente filoso-  fando .   a Squali de Homero fcribit  Bnrtiuf . Leggendo Ennio % e  meditando 1 verfi d* Omero e  fluitandone con premura Pihri-  taiiene , fognò <1* effere dive-  nu'O O nero , e che l’ anima di  colui (offe pattata m etto gia-  lla il Pitagorico domina . A ciò  allude Orai. uell’Epift.   , Ennius & f api Citi , for «*   tis (5 f alter Homerus .   ÌJt Critici dicunt , leviier  curare vìdetur .   Ut pronti fa cadant , <y fo»  mai* Pytbagorea w   v   Oc. nel Luculìo cita un etrffU-    cMo del luogo , dove Ennio >1  fuò fogno narrava . Fifus Homr.  rus adejfe poeta .   j Ex imagine ejus &c. Allu-  de a que* ritratti degli antenati,  che fottenuto a reano curut ma*  gittrato,oche tener fi folcano  appetì uell* atrio.   4 Quam ex ipfo . Vuole 11  Sigonio che nell' anno , che  trapafsò 1* avolo Scipione Af-  focano il Maggiore , venitte a  htee il nipote adottivo 1' Affo-  cano il Minore , cioè nel 571.  fotto 1 confoli Apjlo Claudio  Pulcro , e Marco Sempronio  Tuditano . Altri però lo fanno  nato due anni prima : e* pare  che ciò piò confuoni all'efpref*  fumé , che nel prefeme luogo  fi adopera .   5 De exctlf» . 1/ Affocano  parlava dal cerchio ^ della via  Latea , gremita di piccole ttel*  le , come dicono Ariftoti-   le    Digitized by Google    IL SOGNO DI SCIPIONE; 581  thè d* ordinario fuccede che ipenfamenti e difcorfi no*  Ari generano un non fo che di Tinnii nel Tonno , come  Ennio Tcri ve a lui Tu d’Omero avvenire, del qual fo-  vente Tolea nel Vero penfar vegliando e parlarne) in  quello, dilli, a me mi fi fe l’ Affocano vedere in quel  iembiante , che più dal ritratto di lui , che da elio  medefimo, m’era noto* Cui come ravviato l’ebbi , fen-  tii del ribrezzo. Ma egli dà qua mente, prefe a di*  re, o Scipione, e caccia via il timore; ed a memo-  ria manda quel, che dirò*    Q Uella città vedi tu, cheper opera mia cofirettaa  predare ubbidienza al popolo Romano, le guerre  prilline rinnovella , nè può racchetarli (ed ad-  ditava Cartagine da un certo alto lungo , e pien di  flelie, illuminato, ed arioTo) a cui oppugnare ora tt|  ne vieni quali faldato? quella tu interinine di due an-  ni con podellà conlolare diroccherai: e ti avrai quel  cognome per tua opera procacciato , che d^noi fina do*  ra pofliedi ereditario. Quando avrai poi fllrtag'n di*  firutto, menato trionfo , e Tara illato Cenfore, e lega-  to avrai cerco attorno T Egitto, la Siria, .T Alia , e la  Grecia , Tarai di nuovo eletto Confole Tenza cohcorre.  re, e recherai a fine una poderofiffi ma guerra, rovine*   O 0 ì rat ^   } Eritrite càgnomin &c. Di-  te 1* Affricano il Maggiore ;  t* acq unterai per tue valorofe  Opere II cognome d* Africano ,  che firtadora da me avolo tuo 1*  hai ereditarlo . Ottervano che  1* A Africano il Maggiore fu il  primiero -tra* Romani comandan-  ti , dopo terminata la feconda,  guerra Punica , che fregiato  forte del ritolo formato da na-  tiorte foggìogata da lui . Su tal  prorofi'o Liv. nel fine del llb.  3CXX. riflette . Exemplo fèittdg  hujus , tìffHaquàm V'&ori* p*-,  tei •> infignes , imaginum tiiulot  tlaraque cognomina f amili* fi*  cin •    le e Toìommeó , la qUale pef  coiai fimiglianza od apparen-  za , che ha col ìatte , fa da   Greci detta a (• Sva-   riate furono le oppiniont del-  la cagione di cotal comparfa ,  ma la piA naturai pare « quel  color fifultare dalla moltttu-  din folta di quelle piccole  «elle ..   6 Biennio tonfai . Ottervà il  Slgonio che 1* Affrica no fu ben  confole due anni appretto , ma  pattaron tre anni prima di com-  pier r imprefa , e la città di-  tteutte In carattere di proconso-  le , come egli dimoftra ue* com-  mentar j de' ratti .    582 MARCO TULLIO CICERONE  . tanurn , Cum aurem Carthaginecn deleveris, trium-  phum egeris , Ceniorque fueris , & i obieris legatus  Egyptum , Syriam , Afìam, Grgciam, deligere iterum  conful x abfens, bellumque maximum conficies » Nu-  mantiam exfcindes: fed , cum eri* curru Capitolium  inve&us , offencles Renripub. perturbatane confiliis $  nepotis mei • 4 Hic tu, Africane, oflendas opcrtebit  patri» lumen animi , ingemì , confiliique tui . Sed  ejus temporis aneipitem video quafi fatorum viam •  Nam , cut» aetas tua feptenos otììes 5 t Solis anfratìus,  reditufque converterit ; duoque .hi numeri (quorum  utetque plequs , alter altera de caufla habetur) cir-  cuicu naturali fummam tibi fatalem confeceriot ; in  te unum , atque in tuuic nomen , fe tota con verter  civiras : te Senatus, te omnes boni , te focii , te La-  tini intuebuntur : tu eris unus, in quo mtatur civi-  tatis falus: ac, ne multa, 6 diélator Rempub. confti.  tuas oportet | fi impias propinquorum manus effugerìs .  7 Hic cum exclamafTet Laelius > ingemuiflentque cete-  ri vehementius , leniter arridens Scipio . Qn^fo, io*  quit , ne me e fonino excitetis ; 8 pax ; audite ce*  tera. W    *   1 Oliar is legatus . Scrive   Giuntino nel ìib. j8« che per  esplorare gli animi de* re , e  de* comuni fu mandato legato  ^con Spurio Mummio , e Lu-  cio Metello . Oc. però dice  nel I.ucullo che quella lega,  rione feguì prima della efer-  ■ cirata ceuftira , e così pur fen-  te il Sigouio . Che qui poi  prima fi accenni la ce n fura ,  fi P u h cib riportare al cumino,  do della efpouzione , alla quale  tornava piti in acconcio il mct.  terla prima .   z Abfens . Giulia la manie-  ra , d-: Ila qual parla fovente  .Livio, quando fi ragioni dell*  elezione de* magiftrad 1* ai»  fetts importa 11 non concor-  rervi ed il non proiettarli can-    • IH.   didato coll'andare in quel mi-  merò nel campo Marzo • Glb  ben ritrae fi dal conte fio di  molti luoghi degl* lftorici , ed  olcraccib il comprova la pro-  pria forza di abejj* , il qual  verbo importa non l'efier lon-  tano , ma il non efier pre-  fente .   ? Nepotis mei . Intende Ti.  berlo Gracco, figliuoi di Cor-  nelia figliuola dell* lAiTrjcano  il Maggiore , il quale , colla  legge agraria taflarsu i 5 0. ju«  ger! di poflefTo, voleva abbat-  tere lo fiato già corroborato de-  gli ottimati *11 fatto t coìrti Iti-  nio nella llorfa Romana , del  quale abtiam già fatto pai vol-  te ricordo.   4 Hic tu , Africane , Vuole   . s ui    Digitized by Google    IL SOGNO DI SCIPIONE. 58?  rai Numanzia; ma quando in cocchio farai condito  al Campidoglio, troverai la Repubblica fcompigliau  per le màcchine del nipote mio . Qui converrà che  tu, o AfFricano, facci alla patria vedere il la^reddl*  animo, ingegno ed accorgimento tuo . Ma di quel  tempo io veggio ambigua effer quafi la traccia de’ fa.  ti . Imperciocché quando la età tua voltato avrà per  otto volte fette tortuofi giri e ritorni del Sole : e   queRi due numeri (che amendue per pieni tengonfi  qual per una cagione e qual per altra) come con pe-  riodo naturale t* avranno compiuta renduto la fatai  fomnru : tutta la città in te folo rivolgeralTì , ed a|  tuo nome: in te Afferà lo (guardo il fenato, in te tut-  ti i buoni, in te gli alleati, ed i Latini: tu farai 1*  unico, nel quale la fai vezza della città foflerraffi: e,  per non farla più lunga , d’uopo è che tu dittatore  metti in buon ordine la Repubblica , fe ti verrà  fatto di fcanfare 1 * empie mani de’ tuoi parenti ♦ In  quello avendo Lelio levato alto la voce, e dato aceefi  gemiti gli altri , Scipione per maniera piacevole (or?  ridendo , deh , difTe , non mi rifcotcte dal foono :  fiate chieti : fentite il refìo .    qui il Sigonio accennato il fac-  to di Cajo Carbone tribuno  della plebe , quando condii fle  fu’roftri Scipione, ed il coftrin-  fe a dire , che gli parerle dell*  uccisone di Tiberio Graccp, al   J [uale egli con franchezza rifpo-  e , eum [iti fare cafum videri .   5 Soli* anfratti* s . Cosi no-  mina i giri del Sole per la obli-  quità del' Zodiaco , per cui vi-  gore il fole or piega a fetten-  trione ed ora a meriggio . Cosi  pur chiamanti le curve e finuo-  fe vie de* fiumi e de* lidi con  rutta proprietà latina .   8 Dittator rempub. Significa ,  che fenza fallo farebbe ft.uo  dittator creato , per acchetare  gli fcompigU della Repubblica ,  te non folle flato tolto di vita  da* parenti con infidie , ed in    O 0 4 HL   Affetto fu trovato morto fui fuo  letto .   7 Hic cum exclamafjet . Si fin-  ge che nella leena del fogno v*  Intervenirle Lelio e gli altri  perfonagoj accennati di fopra ,  che deputavano di Repubblica.  Or qui Cic. l’erba il carattere  dccorofo di Scipione . Percioc-  ché mentre alPafcoltarfi de* fu-  turi rifichi di lui gli alcolcnnci  dimoftrano conimozion d* ani-  mo: folo l’eroe, a cui appar-  tengono , ferba intrepidezza e  cofanza .   % Pa* . Voce da* Latini conci-  ci ufata ad accennare filenzio .  Terenz, Eavtont. 4. j* Unus eiì  dits , dum argentarti eripio ,  pax , ni AH amplia s . U fai la pur  Plauto .      584 MARCO TULLIO CICERONE.    C*ED; quo fis, Africane, alacrior adtotandamRem-  ò pub. fic habetoi omnibuJ, qui patriam conferva-  rint, adjuveriot, auxerint, certum effe incacio ac de-  finitum locum , ubi beati aevo ftmpiterno fruantur . Ni-  hil eft enim illi principi Deo , qui omnero hunc mun.  dum regie, quod quidem interrii fiat , acceptius, «pian»  concilia caetulque hominum ajure lodati, qu* civita-  tesappellantur : harum redloresS confervatores ahinc  profefti, huc revertuntur. Hic ego, etfi eram perter.  ritus non tatti metu mortis, quam infidiarum a meis,  quaefivi tamen, viveretne ìpfejPauIlus pater, salii, •  quosnos extinflos arbitraremur . Imo vero, inquit , 11  »ivunt, qui 4 exeorporum vinculis, tamquam e car-  cere evolaverunt . Veftra vero , qua; dicitur vita , mori  eft . Quin tu afpictas ad te venientem Paullum patrem .  Quem ut vidi, equidem vim lacryroarum profudi. Jl-  le autem me amplexus, atque ofculans Aere proh.be-  bat Atque ego ut primum ftetu repreflo loqui polle  1 cce-    t    1 Jure focidti . Si accennano  tutte le raguuanie , che risulta-  no dal conienio ed offervauza di  legpl . Dà buon lume all* ef-  prcllìone un luogo di Macro-  lio . Servili s quondam , die*  egli f & gladiatoria manus con-  cilia , CcBtufque hominum fue -  runt , fed non jure {odati . JUa  autem fola eli jufia multitudo ,  cujus vnitfrjitas in legum  tonfentit otfequium . E quella  definizione conviene con quella »  che Platone ci da della legitti-  ma moltitudine ne' J'hfl della  Repubblica , ed Ariflotile nel   ljb. II. de* Poikic* .   I Bine profetili Già nel llb.  de'Senec Spiegammo la fenten-  za Platonica Sulla origin di ti-  ra delle anime , ammetta pure  da Cic. Qui aggiungo in con-  ferma un patto tratto dal V. l* b »    delle Tufculane . Bumanus ani-f  ntus decerptur ex mente divi- i  *4, cum alio nullo , nifi cum \  tpfo Deo % fi hoc fas e fi diflu , \  comparar i potefi . Or in quello  luogo Spezialmente attribuisce il  ritorno in Cielo a quegli Spiri-  ti , che /landò in quella vita ,  dirittamence prefederono alle  Repubbliche .   3 Vaullus . Che fu naturai  padre di Scipione Affricano il  Minore , il quale foftiene il So-  gno . Quegli chiamoflì Lucio E-  milio Paolo , che Soggiogò Per-  feo Re di Macedonia . L* adot-  tivo fu Pubblio Scipione fi-  gliuolo dell* Affricano il Mag*  giore : quello Affricano ha da-  to principio all* iftruzione del ,  fogno ; la quale è fiata Inter.  rotta da Paolo .   4 Ex cor forum vitteulis   Ella    1    Digitized by Google    IL SOGNO DI SCIPIONE . 585 . v   IU.    M A, oAflfrictno, acciocché pibcoraggiofofii a fo-  fìcner la Repubblica , Tappi, che a tutti coloro , i  quali confervatohan la patria, aiutata, e vantaggiata ,  v’ha in cielo uo fitto e determinato luogo, dove go-  dan beati un eterna vita. Imperciocché a quelprinci-  pale Dio, che tutto queir univerfo governa, di quello,  che fi opera almen nel mondo, nulla v’ha di pih accet-  tevole , che le ragunanze ed i ceti degli uomini per  leggi aflTociati, che città fi appellano : i reggitori, e  confervatori di quelle quinci partiti, quafsh fan ritor-  no. In quello io, febbene mi trovava (paventato, non  tanto dal timor della morte, quanto dall’ infidie, che  m’ordirebbono i miei, ricercai tuttavia Te vi veflfe l’iftef-  fo mio padre Paolo , ed altri , cui noi cedevamo e-  flinti • Che anzi, loggiunfe, e(Ti vivono, i quali da’  corporali legami, come da carcere, fono via volati •  La voftra poi, che vita dicefi, ella è morte. Che an-  zi volgiti a vedere il padre Paolo, chea te ne viene.  Il qual come veduto ebbi, verfai veramente gran copia  di lacrime, Maegli abbracciatomi , ed imprimendo ba-  ci, il piangere mi vietava. Maio come prima, ripref-  fo il pianto, cominciai a poter parlare, deh, dilli , o  fintiamo, ed ottimo padre, poiché quello egli é vive-  re (come lento dire all’ Affricano) che fio a fare nel  mondo? perchè non m* affretto a venire da voi quaf.  sii ? Non va così la faccenda , replicò egli. Se quel Dio,  del quale è tutto quello profpetto, che vedi, non t'avrà  dal corporal carcere liberato, non ti fi può aprire ac-   ceffo    Ella è dottrina ed efpreltìone  Socratica . Nei Fedone di Pla-  tone Sando Socrate per ber la  cicuta, tra le altre cofc , cui  viene introdotto a dire full* a-  nlma , prefenti 1 difcepoli; af-  ferma il corpo efierc una car-  cere dello fpirlto , che ivi con  violenza dimora come legato ,  il di lui naturai luogo, e plft  puro elTere 11 cielo , e la mor-  te altro non elTere che un di-  fcloglinienro da quello carcere ,  ed un ritorno alla maggion    celefte . E coerentemente nd '  Fedone , nel Ostilo , ed in  altri dialogì di Platone il cor-  po chiamali « 7 a vi»»   cui a animi , e lèCfduvnpiOf  career . Che ami alcuni vo-  gliono che ìsutui corpus trag-  ga Parlino logica origine da   Ai? f/os , coltcch<è Ha come  Vinculum animi , ed al corpo   li a 0Uìlihp&vn 'luXt! colli »  gatus animus .    5*6 MARCO TULLIO CICERONE  capi, Quasfo, inquam , pater fan&iflìme atque optime ,  quando hasc eft vita ( ut Africana m audio dicerc ) quid  - luoror in terris? quia huc ad vos venire propero ì Noti  eft ita, inquitille. NifiOc*usis, i cujus hoc templum  eft omne, quod confpicis, iftis te corporis cuftodiis Jif  beraverit, huc tibi aditus patere non poteft . Homines  cairn funt hac lege generati, qui tuerentur ilium glo-  bunri , quem 2 in hoc tempio medium vides, quae terra  dicitur . Hifque animus datus eft ex illis lempiternis  ignibu9, quas 5 fiderà & ftellas vocatis ; 4quae globo»  fae & rotundae, divi nis animata^ mentibus, circos fuos  orbefque confìciunt celeritate mirabili. Quare& tibi,  Publi. , & piis omnibus retinendus eft animus in cufto-  dia corporis: nec injuftu ejus, a quo ilie eft vobis da*  tus, ex hominum vita migrandum eft ; ne munus hu*  manti m aflìgnatum a Deo, defugifte videamini. Sedfic,  Scipio, ut avus h*ic tuus, ut ego, qui ce genui , ju-  ftitiam cole & pi età te m ; quas cum fit magna in paren-  tibus & propinqui, tum in patria maxima eft . Ea vi*  ta via eft in caelum, & in hunc ccetum eorum , qui  jam vixerunt, & corpore iaxati illum incolunt locum,  quem vides (erat autem is fplendidiflìmo candore in»  t ter ffommas circuseluceni ) quem vos, ut aGrajisac-  cepìftis, $ orbem la&eum nuncupatis. Ex quo omnia  mihb contemplanti preclara cetera & mirabilia vide»  bantur. Erant autem eae ftellas, quas numquam ex hoc  loco vidimus; & eae magnitudinesomnium, quas erte  numquam fufpicati fumus . Exquibus erat ili* minima ,  qua ultima cacio, citima terris, luce lucebat aliena.  Stellarum autem globi terrae magitudinem facile vin*  cebant . Jam ipfa terra ita mihi parva vifà eft, ut me    1 Cu fui hot templum e fi o*  mnt , Tutto il ciclo dicefi t*m~  plum con proporzione , cbe I •  luoghi rilevati , per tenere le  Kf elioni degli auguri , dicean*  v tempi a % che viene a. Tigniti*  care laogo , che da ogni par-  te ha profpetto c veduta . D*  onde nato è il verbo tontem»  flavi . Così pure Terenzio chia-  ma 11 cielo tempia nell* atto HI.  dell'Eunuco •    v*;: -1 . *' •   Ai quem Dtum , qui lem •   pia cali fumma fonitte  coifcutit .   1 In toc tempio medium .  Cioè la terra , che da ogni  parte dal cielo è circondata ,  come punto da fmifurara cir-  conferenza tujvs templi di que-  llo hnmenfo profpetto.   ì Sidera . Propriaménte fo-  no 1 fegni celefti componi di  più Itelle , quali fono T Arie-  te      IL SOGNO DI SCIPIONE. 587   ceffo quafsà . Imperciocché fono gli uomini con quella  condizion generati , che quel globo guardino, cui col*  locatovedi nel mezzo di quello profpetto , il qual globo  r dicefi terra. Ed a quelli è flato dato lo fpirito da quei fem-  piterni fuochi , cui voi codellazioni e delle chiamate ; le  quali eflendo globofe e rotonde, e da divine menti anima-  te, i cerchi e i giri Tuoi compifconocon mirabileceleri-  tà • Laonde ed a te , o Pubblio, ed a tutte le pie pedo-  ne dee lo fpirito rimanere nel carcere corporale : nèfen-  za il beneplacito di colui, da! quale vi fu compartito,  non fi deedalla vita, che menan gliuomini, diloggia*  re; per non parere di volere sfuggitela umana incom-  benza da Dio afTegnata, Ma in quefla condizione, o  Scipione, come fatto ha quello tuo avolo, ed io, che  t* ho generato, la giudizia pratica e la pietà ; la qua.  le ficcome ne* genitori efercitata e ne’ parenti è di gran  pregio, così verfo la patria è d* eflìmazione grandini*  ma. Queftotenor di vita firada è pel cielo, ed in que-  llo ceto di coloro, che viffergià, e dal corpo difciol-  ti, quel luogo abitan, cui tu vedi (ed era quello un  cerchio tra le fiamme lucente d’un candore rifplenden-  tifTimo) il qual voi, come avete da’Greci apprefo , il  chiamate la via lattea. Dal quale io ogni oggetto con*  tempiando , nobililTimemi fembravan le altrecofee ma.  ravigliofe. Erano poi quelle flelle, le quali nonabbiam  giammai da quedo luogo veduto ; e di effe tutte tali  le grandezze, quali non le ci damo immaginategiam-  mai * Infra le qua ! i quella era di minor grandezza , che  nell’ ultimo cielo , e pih vicina alla terra , rifplendeadi  luce accattata . Ma' i globi delle delle la grandezza  della terra vinceano lenza fallo. Orla terra mededma   co.    tc , l’Andromeda , 11 Leone ec.   4 . J£ud globofd . Crede Ari.  dotile che le ftelle fieno di  forma sferica , sì perchè In  qualunque lor progre filone noti  ci dinioftran couiparfa d* alcra  figura , sì ancora , perchè , fie-  come la luna , che annoverar  fi dee tra le ftelle , è di for-  ma sferica , egli è arresi vo-  rifimilc , che le altre ftelle pu-  re portin P Iftdfa figura . Ol-  tracciò gli Stoici appretto Cic.    nel lib. II. de Nat. Deorum  furon d* avvita aver le ftelle  la forma e figura ìftetta dell*  Uni verfo , perciocché quefta è  la pi fi bella, la piA univerfale,  che le altre comprende, ina fen*  za 1 difetti .   5 Orbem laHeum . Della via  httea già parlammo di (opra »  Per dottrina degl] antichi filo,  fofi quella era deftinato feggio  de* beati {pirici •    588 MARCO TULLIO CICERONE  imperii nofì ri , quo quali punftum ejusattingimus, pae*  niteret •    IV.    Q Uam cum magis intuerer, quacfo, inquit Africa-  nus, quoufque humi defixa tuamenserit? Nonne  aipicis, quae in tempia veneris? i Novem cibi orbi*  bus , vel potius globis, connexa lune omnia, quorum  unus eft cfleftis extimus, qui reliquoSvOmnes compie-  élitur, 2 lummus ipfeDeus, arcens& continens cete*  ros; in quo infixi funt illi, qui volvuntur, ftellarum  curfus fempiterni ,• cui fubjeéli funt feptem , qui ver.  fantur retro, $ contrario morti , acque Cglum, ex qui*  bus unum globum pofTidetilIa, 4 quam in terris Satur-  niam nominane; deinde eft hominum generi profperus  & falutaris i Ile 5 fulgor, qui dicitur Jovis ; tum ruti-  Jus horribilifque terris, quem Martem dicitisi dein-  de 6 fubtermediam fere regionem Sol obtinet, dux&  princeps , & moderator luminum reliquorum , mens  mundi & 7 temperano, tanta magnitudine, ut cunéta   (uà    1 Movent tìii orbi bus . 1 cer-  chi Tono nove , comprefa la  terra , la nual non fi muove :  1* uno e 1’ altro è giuda 1*  oppìnion degli Antichi . Sicché  fopra I* -ottavo cerchio celefte  altro non ne poneano, e quel-  lo {limavano che tatti gli al-  tri comprendere e deiTe Ior  confiftcma , come Oc. viene qui  dichiarando .   1 Summus ipfe Devi . Quefta.  fuprema ed . ultima sfera rego-  latrice delle altre chiamai» Dio  per ecce llema , come Cic. ta.  lora cotal titolo attribuire ad  uomini fingolarmente valenti  in alcun genere . V. G. nel  Ut. I. de Orat. Te fetnper in  dicendo putavì Deum . Ad Art.  IV. 15. Feci idem , qvod in  Tolitia fu a Detti 'tilt nofler Fla-  to . Altri interpreti poi credo-    no ( ed è il plfi verifimile )  che qui Oc. parli fecondo l'op-  pìnione non tua . ma di molti  Antichi , che I* Onlverfo , 11  Cielo e le Stelle riputavano  divinità . Nel llb. I. de* Nat.  Deor. efponendo Clc. la fem  tema fu di cib di Platone co-  sì feri ve . Idem in Timeo  Jrcit in legiius fy murtdum  Deum effe , & célum , & 4-  Jira , fV terram , animo t .  Nell' iftetfa opplnione fu Seno-  crate , e Cleame , come ivi ri-  porta fi poco appretto.   j Contrario motu atquè Ca 0  lum . U atqtte è particola cor-  relativa di contrario , polla li»  cambio di quam .   4 jQuam in tetris Saturni dm ,  La della di Saturno » la piil  alta delie erranti : chiamata   é da' Greci QctiVCùV j Uccome   quel-    *   IL SOGNO DI SCIPIONE $8?  così piccola mi fembrò, che (enea mi malcontento del  noftro imperio, nel quale ne tocchiam come un punto  di quella.   IV.    L A quale io vie maggiormente riguardando, deh, l’ Af-  fricati foggiunfe, e fino a quando farà la tua men-  te in terra fida? E non vedi tu in che profpetti fei  venuto? ogni cola ti viene concatenata in nove giri .  o piuttofto globi, de 1 quali l’uno è il celefte nell’ulti-  ma efterior parte, che tutti gli altri contiene, in sé  fommo Dio, che tutti gli altri lega e comprende : nei  quale fermati fono que’ (empitemi corfi di delle, che  fi vanno aggirando; al quale fot topofìi fono i fette glo-  bi, che indietro fi volgono, con moto contrario a  quello ; che fa il cielo, de* quali un ne poftiede quella  della, che nel mondo chiaman Saturnia; fuccede ap-  pretto quel fulgore profperoe (aiutare all'uman genere,  che chiamali Giove; quindi ne viene il rodeggiante  pianeta, fpaventevole al mondo,. cui dicono Marte ;  il Sole occupa pofeia la regione, colà intorno a lotto  mezzocielo, guida, e capo, e direttore degli altri lu-  minari , fpirito, e temperamento dell’univerfo, di sì  fmifurata grandezza, che colla luce illumina, ecora-  pie ogni cola. Tengono a quedo dietro, comecompa-  gni, l’uno il camino di Venere, e l’altro di Mercu-    quella il Mercurio c/ h/?àtv •  voci latinamente per Aufonio  adoperate . Tempori qua StiU  von volvat , qua facula Pia.  i io* . Queita ftclla crederi  mandare influenze gelide e tor-  pide : oude fu rlpurato iL^la-  ncta de* vecchi,* che però ueno  tantalici e fartidiori . Com-  pie il Tuo cerchio iu anni ig.   f iorii! 1 6t. ed ore iz. Cic. pel  uo tardo procreilo nel lib. II.  de Nat. Deor. vuole che così  chiamili quod •fdturrtur attui s .  li Ricciolio peri» nell* Alme-  girto dà al dì lei corfo ip. an-  ni c ipo. giorni •   5 Fulgor , qui dieitur Jo*  v'tt . Quanto alla difporizion    rio;   grammaticale , o Jovis i ge-  nie. retto da fulgor , ovvero  è nomin. giufta 1* ufo , nel  qual era nell* antichi (limo La-  zio . Quefta rttlla fu da* Gre-  ci detta (pctttitùv da /«- •   cto , ardto . Da Latini fu detto  Jupittr Jovis da j uvando , at-  teri gi’influflì fuol temperati e  falutarl : onde da Cic. chia-   mali profperus (gf f alutaris .   6 Subttrmediam . Vocfe ot-   tima , ma pure dal Calepino  riformato non ricordata punto  nè popo . *   7 T tmperat io . Perchè il So-  le col calor fuo comcmpera il  deio e la terra.    ; •    /    /    Digitized by Google    eoo MARCO TULLIO CICERONE  fua luce iUuIIrer & compleat. Hunc ut cornice» conte»  quuntur alter i Veneris, alter a Mercurii curfus ; in  infirooque orbe Luna radiis Solis accenta convertitur  infra autem jam nihil ed > nifi mortale & caducum ,  praster animos generi hominum munere Deorum datos»  fupra Lunam funt aeterna omnia. Nam ea , quae  media & nona tellus, j neque movetur : infima eli ,  in eam feruntur omnia 4 nutu luo podera .    V.   Q xjk cum intuererflupens , utmerecepi, Quishic,  inquarti , quis ed, qui complet aures meas tantu$  & tam dulcis fonus < Hic eft , inquic ille , qui  intervallisconjunfìusimparibus, fed tameng prò rata  parte ratione diftin&is, ó impulfu & motu ipforum or»  r bium    t Veneris . Quello pianeta fi  difttngue per la fua lucidezza ,  e biancheria « onde avatua tut*  tl gli altri pianeti » ed è si  notabile , che in un ofcuro  luogo fpòrge ombra fenfibìle •  11 fuo luogo e tra la terra e  Mercurio . Egli accompagna  collantemente 11 Sole, e mai  non fene dilunge più di 47.  gradi . Quando quella ftcjla va  innanzi al Sole , che fi leva 9  dicefi Fosforo , Lucifero o Ilei-  la mattutina t c quando gli tien •  dietro , e che tramonta dopo  di lui, chiamali Efpero , o Vef*  per , o ftella Vefpertlna .   1 Mercurii . Il piò piccolo  de* pianerf inferiori ,< ed il piò  vicino al Sole . La mezzana  diltanza di mercurio dal Sole  per rispetto a quella della ter*  i;a al Sole tiene la proporzio-  ne di 387. a I00O. Giulia il  fentimento di Neuton , fonda-  to fulle prefe efperienze per  mezzo d* un termometro , il  calore del Sole fulla fuperficle  di Mercurio < 7 volte più In*    tenfo , che fulìa fuperficle del-  la • terra . La rivolnzion di  Mercurio attorno al Sole , ov-  vero il fuo anno compie fi in  87. giorni e 17. ore * La ri-  voluzione diurna poi , ovvero  la lunghezza del fuo giorno  non è ancora determinata . Per  iò altre contezze vedi gli A*  ronoml .  ì Neque movetur , Fa oppi*  ninne comun degli Antichi che  la terra non fi mo velie , cd  anche univerfal de* moderni ,  Ma non fono mancati filofoli  e ne* vetulll tempi , e ne' mo-  derni , che ne folteneflero il  fuo continuo moto , e fpezlal*  mente al prefcntc . Furon tra*  Filofofi ' antichi Filolao Pitta-  gorico ed Eraclide Pontico ec.  ed Ecfanto pur pittagorico ,  Clc. ' nel Lucullo riporta I*op-  plnione di Niceta da'Siracufa  con quelle parole . Nicetas Si •  racupus , ut aìt T beophrafius %  c eel urti , folem , lunam , f ìellas %  fupera dentque omnia (tare ten -  fet t neque pr^ter ieh*m , rem   ul-    «•    IL SOGNO DI SCIPIONE. 5*1 ,  rio; e nell* infimo cerchio la Luna da* raggi del Solé  accefa raggirali: di foteo poi nulla pili altro v’è, it  toon mortale, t cadevole, dalle anime in fuori , pet  grazia degli Dii all’uman genere compartite; foprala  Luna le fòftanze tutte fono immortali. Che quanto aU  la terra, eli 5 è in mezzo ed è la noni, nè muovefi t  élla è 1* infima, e verfò di ella viene ogni pefo per  propria inclinazione portato.   V.    I Quali oggetti io attonito rimirando, come in me  fui ritornato, che è egli n a*, dirti, quello sì grati*  dee sii foave fuono, che m’empie le orecchie ) Quello,  ti loggiunfe, è quel fuoho, che da intervalli dilpari  venendo a un tempo, ma con avvedimento però diflin*  ti fecondo la debita proporzione, per impullo e moto  delle orbite illelTe fi forma; il qual fuonoagli acuti  tuoni co* gravi contemperando, proporzionatamente for-  ma fvariati lonori concerti. Imperciocché movimenti  di tanta mole non poflòn ertère chetamente incitati ; e    itìlam in mundo mtverì : qud  tum circa axem jumma fe et -  licitate -tonvertat , torqueat ,  tadem effici omnia , qua , fi  fi ante terra , cdlum movéretur ,  Àtque hoc ttiam Platonem in  Timeo dicere quidam arbitran -  tur. Sed pattilo obfcwìus . Ma  «toppo pift foro i moderni, il  ■Copernico il Galileo ec. Di  quella fi fica controversa , qua-  li che fieno quinci e quindi i  fondamenti il certo fi ^ , che  ogni vero ed ubbidiente catto-  lico dee contenerli a norma  delle ordinazioni dalla Roma-  na chiefa emanate, ciò* che il  moto della terra foftenere 1-  ppteticamente fi pofiTa , in  quanto , fe tale fikppofizion fi  faccia * fi fpicgherebfcutio age-  volmente molli fenomeni del-  la natura : ma cl vieta il fo-  ftener ciò , come tefi . Ma    por-   Ì3;0 voglia che alenili non fac-  ciali pafiaggio dalPjpotcfi a di-  fender la tefi 1   4. Nutu fuo . Importa indi-  nazion , tendenza , ed affézion  naturale. E’ di frequente ufo in  Cic.   5 Pro rata parìe fattone ,  Col Gronóvlo riconofeo . quella  lezione non punto fconciata ,  perciocché ben confuona con  tutto il cancello del fentimen-  to . E viene a dire che quelli  difpari intervalli delle sfere ,  che ne* loro moti rendon fuo-  110 , fono proporzionati a* di-  ve r fi gradi de* tuoni , che for-  mano : né fono quelle diflanze  fatte a cafo , ma catione con  avvedimento , come appunto ri-  cerca la natura di quello con-  certo armonico .   6 ìmpulfu & mota . Ancor  Platone ammife quell 1 armonia   dello    s9 2 MARCO TULLIO GICERONE  biuro conficitur; qui acuta cum gravibus temperans ,  variòs^quabiliter concentus efficit . Nec enim filentio  tanti motus incitari poffunt ; & natura fert , ut excre-  ma ex altera parte graviter, ex altera auteni acute fo.  nent. Quam ob cauflam funimus ille ftelliferi Cfli cur-  fus, cujus converfio ed concitatior , acuto & excita-  to movetur fono, graviamo autem hic lunaris arque  indmus Nam terra nona imobilis manens , ima fede  femper haeret complexa medium mundi locum . Il ! ì au-  tem o&ocurfus, inquibus eadem vis ed deorum i Mer-  curii, & Veneris, feptem efficiunt didintìos ìntervallis  fonos: qui numerus rerum omnium fere nodus ed .  Quod 2 dodi homines nervis imitati acque cantibus ,  aperuere fibi reditum ad hunc locum; ficut alii, qui   f traedantibus ingeniis in vita humana divina fludìaca-  uerunt. Hocfonitu oppletae aures hominum obfurdue-  runt; nec ed ullus hebetior fenfus in vobisjficut, ubi   Ni.    delle sfere celelH , colicchè nel  lib. X. de Repub. deputò a  tutte le eelefti orbite ciafcuna  firena , che fopra dj effe dan-  doli giraffe con quelle , accon>  pugnandone col canto loro la  rivoluzione . Altri poi appref-  fo Aridotile nel lib. 11. de  Carlo cap. 9 . c di Plin. nell*  Iftor. Nat. II. 3 . vollero que-  llo fuono non procedere dalle  celeftl orbite , ma dalle (Ielle  medefime in quelle fide , che  . nelle orbite fanno loro ri vo-  ltinone . Quindi è che i Pla-  tonici filofofi credettero che il  uiov imeneo de* corpi celefli  una vera ed effettiva armonia  formaffe s al qual errore drè  luogo la feutenza de* Pittago-  ricl , i quali per formare giu-  dizio de* tuoni ad_ altro non  aveati riguardo che alle ragio-  ni delle proporzioni efatte ,  che perfette appari van ne* nu-  meri , i quali furon 1 * ìdolo di  Pittagora , fenza punto atten-    dere al giudìzio dell' orecchiò •  Ma quella oppinione ne* con»  feguenti tempi , a proporzione  che abbracciata era la dottri-  ua Platonica , fece i Cuoi pro-  gredì . Quindi è che Filone  Ebreo , i>. Agoftino , S Am-  brogio , S. lddoro , Boezio 9  ed altri molti furono molto  impegnati per quella celcfte  armonia , cui attribuivano al-  le varie proporzionate impref-  fioni de* globi celefti , che fan 1 *  un fopra l'altro t le quali comu-  nicate per certi giudi intervalli  formano cotale armonia . Non  ut> far , dicon* efli , che sì  erminar! corpi con tanta ra-  pidità movendoli , cheti (fie-  no ed In filentio . Ed all* In-  contro 1 ' atmosfera di conti-  nuo da que' corpi fofpinta dee  produrre una ferie di fuoni  proporzionati alle itnpulfioni »  che la riceve : e per confeguen-  te , conciodìachè tutti i globi  ce ledi non facciano la medefr-   ma    «    Digitized by Google    w-    * H< '    ~rt..    . 4 *- «    IL SOGNO Dì SCIPIONE. m  perù il altura 1 ordine delle cofe, che gli eftremi fi et* *  dall* una parte rendano grave Tuono, dall’ altra poi il  rendano acuto. Per la qaale cagione i! Tu premo corio  del cielo ftellifero, la cui rivoluzione è più concitata ,  vien molto con acuto ed elevato (uono, c con gravif-  fimo quefto lunare ed infimo corfo . Che quanto alla  terra, nona d’ordine', ilandofi immobile, rimanfi Tem-  pre nel feggio infimo , occupando il luogo di* mezzo  nell 5 univerfo. Quegli otto corfi poi , infra i quali il  tuono de* due Mercurio e Venere fi èd’un tenore me.  defimo, formano Tette fuoni difpari per intervalli di-  verfi: il qual numero fi è, quali come il legamedi tut-  te le cole. Cotal concerto i dotti uomini colle corde  da Tuono avendo imitato, e co 5 canti, fiaperfero il ri-  torno a quello luogo ; ficcome altri , che per loro ec-  cellenti ingegni nella umana vita coltivarono divini  ftudj. Diquefio ftrepito ingombrate le umane orecchie  fi fono aflordite ; nè vi è in voi alcun feotimento più  ottufo : a quella guila che, dove il Nilo in quelle par-  ti, cheCatadupe fi appellano, da altiffimi monti pre-  cipita , quella gente , che intorno a quei luogo abita)   P p per    ma rivoluzione , né colla me-  desima velocità, 1 tuoni diffe-  renti t che provengono dalla di-  versità de* moti , dall* Altif-  fimo Indirizzati , formano tm  ammirabile musicale concerto •  Il difeorfo par ragionevole r  ma noni effondo foftenuco dall*  efperienza delle nostre orec-  chie , che pur parrebbe dovcSTe-  ro averne alcun femore , cosi  concludo il mio debole fen ti-  mento fu di tale oppfnione •  Quell* armonia de* cieli fe ri-  dur SI voglia a muftcal tuono  è una bella e fpeciofa favola  degli antichi fi Io Toft , che pre-  tendeano alle oppinlonl loro  dare aria e fembiania di ma-  ravlgliofe . Ma quefta celaste  muSica ed armoniofo concerto  altro non è veramente che le  proporzioni , cui I dotti mo-  derni astronomi han riprovato    nelle mifure e quantità , che fo-  co portano i movimenti di que-  sti oeleSli corpi ;   i Mer curii (f Ventri s . I  quali pianeti accompagnando il  Sole , fi comprendono elfere  dell* IfteSfo fuono t ficchè gli  otto globi formano fette diversi  fuoni .   z DoRi hominet . Ritrovato-  ri 'dell* eptacordo , cioè dei  mnltcale iftrumento di fette  corde , annoverati perciò tra »  Semidei . Macrobio e Severi-  no furono in opinione che co-  storo col numero ferteunarlo  di queftè corde IntendeSTero d*  imitare il moto armonlofo de*  fette pianeti . L* Affrlcano pe-  rò qui intende da costoro imi-  tato il. fuono delle, otto orbi-  te già divlf.ite. Su di costoro  non vo* tralafciare 1* oppiato-  ne , che n: portò Quintiliano   usi    *1    Digitized by Google    594 MARCO TULLIO CICERONE  Nilusad illa, qu^e | Catadripa nominantur, prscipitat  CI altiflimirThontibus, ea gens» quae illum Iocura ag-  colie propter magnitudi bear fonitus > fenfu audiendi  caret. Hic vero cantu* eft totius mundi incitati rti ma,  converfioneionitus, ut euoi aures bominum capere noti  portine: ficut intuerì folem nequitis adverfum , ejufque  radiis acies vedrà (enfufque vi nei tur- Hate ego admì-  fans » referebam tamen oculos ad te&rain ideutidem.     »    V    T UM Africanus , Sentio , inquit, te fedem etiarn  dune bominum ac domum contemplali: qusefiti-  bi parva, ut et!, ita videtur, haeccaeleftia femper (pe-  lato, illa Humana contemnito. Tu enim quam cele-,  britatem fermonis hominum, aut 2 quam expetendam  gloriam confequi pote$> Vides hab tari iti terra rana  & anguftis in !oci$, & in ipfis quali maculis, ubi ha- -  bjtatur, vaftas folitudines incerje&as; hofque, qui in-,  colunt terram,»non modo interruptos ita erte, utnihil  incer Jpfos ab aliis ad alios manare portìt ; led par.  tim£ obliquos, partim 4 averfos, parcim etiam 5 ad-  verfos flare vobis ; a quibus expeéhre gloriam certe  nullam poteftis. Cernis autem terram eamdem, quali 1  quibufdam redimitami circumdatam òcingulis, equi»   ' ‘ * bus   * • t    nel lib. I. io. Claror dòmini  fapitnt'ue viros rtemo dubita*  Vtrit Jìudtofor tnuficis fuifft  tum * Vytb agoras , dtque tum  fittiti acce pt am fitte dubio an «  tiquituf opittionem vulgati*  itint f mundum ipfum tjm ra -  fiotti ifit rompo jltum , quam  Pojlta fit lyra imitata . Quin-  di cred* io che procedcfie la  cftimation grande J od anzi la  venerazione , che gli antichi  Greci Nerbavano per, |a molici!  che però I mutici dic^nfi pare  tatts e fapitttttsi e T^fepiilhcle  effendi» inesperto in toccar la  cetera , gli folte imputato a di-  fetto d* imperizia .   ' * Catadupa . Le cataratte fono    del Nilo dette da Xaf<T«J ovvric*  dt or furti cado,   2 fhfdm txptttttdam glor*am .  Cic. ne* lib? ! della Repubblica  fu di, parere , che dovefle chi  maneggia la Repubblica effe re  fomentato , ed eccitato alle ge-  nerofe imprefe colla gloria , e  credc'a che ciò folle alla Re-  pubblica vantaggio^» , - rifle Alo-  ne t che altresì de* Romani fece  S Agoftino nel Uh. V- c*.- ij. de  Cl. Ir. Dei . Or coerentemente  1 # Atfricano non condanna del  •tU'to 1' appetito della . lori a ,  ma vuole a quello rlufcire ,  che qualunque umana gloria i  pef enrro ad auguttl tifimi con-  fini rirtretta , e non pur non   e ter-    1    Digitized by Google    IL SOGNO DI SCIPIONE. 5 p*   per U grandezza dello flrepito, priva è d’udito. fVfa  quello Crepito di tutto l’utiiverfo con rapidiffima rivo-  luzione è di tenore sì fatto > che le umane orecchie  noi poffon comprendere: ficcome non potete fiflar gii  occhi del Sole 5 quando Ila di rincontro, e da’raggidì  lui l’acume voftro e’1 (enti mento del, vedereè lover.  chuto. Quelle cofeie con ammirazione afcoltando, ri*  volge» pure di tanto in tanto gli occhi alla terra.   Vi.   . »   . ^ ^ # i   A Llora T AfFricano , ben m’ accorgo, logp^iunfe, che  tu anche al prefente il faggio contempli e l’abita-  zione degli uomini; la quale fé piccola ti pare, com’è  ineffetto, tieni (empre rivolto l’occhio a quelle cele-  fti magioni, e quelle non curare, che umane fono • Im*  perciocché tu qual mai confeguir pool ftrepitofa fama  dell’uman ragionare, o qual gloria, che da appetir (la ?  Vedi che nel mondo abitazioni fono in rari ed retti  luoghi , ed infra quelli medefimi, come fparfe macchie,  dove fi abita valle folitudini vi fono interpone; e co-  li oro , che abitan la terea , non pure edere per tal ma-  niera feparati, che tra elTì nulla dagli uni polla trape-  lare agli altri; ma parte rifpetto a voi dare a fgem-  bo, parte alle (palle, e parte ancora di rinccntroal di  fotto ; da* quali certamente fperar non potete veruna  gloria. Vedi poi la medefima terra , come coronata di  certe zone ed intorniata, delle quali due fommamente  tra 1 or* dittanti* e quinci equjndt fugli fletti celefli po*   P p a li    eterna , cria neppur durevole lun-  go tempo. Quelli rifletti peri» a  chi per la evangelica Fede cre-  de una eterna immortai vita , in  elei prometta a chi dirittamente  opera , debbono eflere podetofi  incitamenti a . non curare la  umana gloria dei tutto , ed a  prendere àccefi ttimoli per ri-  volgere ogni aiion noltra a pro-  muovere la gloria divina   I Obliquo * . Qaefti fur detti   da* Greci 9rfpi oi xf f *   4 /ìdterfos . Coloro fono che  tfgaafd;in diverfo polo , e di-   coivi» * vvoixOt . Quelli fono ,    :hc abitano nella cont rapporta  na temperata fotto il rontrap-  pcflto paralello, ma nell* Irte fio'  fenutircolo meridiano.   5 Adterfos . Sono gli antipo-  di , così de^ti per li piedi o  veftigj , che fi rifpondono di  rincontro . t)i qoett! termini  vedine fplegazioite pift ampia  appretto gl/ A Urologi 'ed I Geo-  grafi.   6 Cittguljs . Divifa le di,*  ode zòne , delle qual! le po-  rtreme frigidi ttìme fono, la aie#  dia caldi Éfi ma .    4    /    ’ % ■>   • MARCO TULLIO CICERONE *.   bus duos maxime intet fe diverfos, & iceji «ertici*  bus ipfis ex utraque parte fubnixos obnguiffe pruina  vides: medium autem lllum & maximum folis ara?'"®  torreri. a Duo funt habitabiles, quorum a udrai is «Ile  tin quo qui infiftunt, 3 adveria vobis urgent veft.gia)  4 nihil ad veftrum genus . Hic autem alter (ubieflus  Aquiloni , quecn incolitis , cerne, 5 quam tenui vospar-  te contingat • Oronis enim terra, quac coli tur a vo*  bis, 6 anguQa verticibus, 7 laterìbus latior , 8 parva  quaedam infoia eft; circumfufa ilio mari, quod Atlan-  ticum , quod Magnum , quod Oceanum appellatis m  terris: quitamen tanto nomine, quam fit parvus , vi»  des. Ex his ipfis cultis notifque terris, nutnaut tuum ,  aut cojufquam noftrum nomen , vel Caucafum nunc,  quem cernì* , trascendere pctuit , vel illum Gangem  tranfnare? Qui* in reliquis orienti*, aut abeuntis folis  ultimi*, aut. Aquilonis* Aufirive partibus tuum nomen  audiet^ Quibus amputatis, cet ni s profeto, quanti* in  .anguftiis veflragloria fedilatari velie • IpOautem, qui  de nobis loquuntur, quamdiu loquentur ?   ' * Y va ; . ' ,   Q Uinctiam fi cupiat prole* illa futurorum hominum  deincep^ laudes uniufcujSque noftrum apatribus  acceptas pofteris prodere, tamen prepter eluvio-  nes exuftitionefque terrarum, qua* accidere tempore  certo necefle eft , non modo aeternam , fod ne diu tur-  nam quidem gloriano affequi poffumus. Quid autem in   ter-    t    % Cai* Virtìcibur. Ai p»U .   1 Duo furtt Jbabit abile s . Vie*  tic efponendo le due zone  temperate intermedie quinci e  quindi da' lati t auftrale l* una  boreale 1* altra*   $ Adverfa vobis . Perciocché  dimorano dall* altra parte dell*  - cccliptica folare .   4. Niktl' ad vefitum genus .  Perciocché «è voi a loro nè  efli a voi trapalano .   5 JQuàm tenui vos parte ,  Vedi quanto fi a piccolo fpaxio  quello ) dove fi aggirano le    Volbe glorie . .   6 Angui a vertieibus * ' In   brevi parole accenna la latitu-  dine della terra fottopofta a’  Romani , la quale coi. fitte nel-  la dittatila d * un luogo dall*  Equatore ed un arco del meri-  diano , comprefo tra *1 Zenit h  del luogo, e l'Equatore. (Quin-  di la latitudine dlctfi efiere •  fettcRtrionaie 0 meridionale ,  fecondo che li luogo del qual  fi parla è fett^ntrionale , 0 me-  ridionale . Or 4a parola wr-  ticibus fignifica i poli Artica   * Afr    Digitized by Google    IL SOGNO DI SCIPIONE.; fp 7  ii pofàndo, vediefTere per la brina irrigidite ♦ equeila  di mezzo» e la più ampia edere dal folare ardore av-  vampata* D.ie le abitabili fono, delle quali l’audrale  ( dove chi dà (opra imprimon veftigj di rincontro a  noi ) alla vodra fpecie non appartiene . Di queO”  altra poi all* Aquilon foggetta , cui abitate , guar-  da come tenue parte a voi ne tocchi * Imperciocché  tutta quella parte di terra , che da voi fi abita , da ver-  tici rifìretta, più diflefa da fianchi, è come una picco-  la ifola; bagnata intorno da quel mare, che in terra  chiamate Atlantico, Magno, ed Oceano: il qual però  comecché di si gran nome, pur vedi quanto picco! fia .  Da quelle idede coltivate e note regioni o*l nome tuo,  ovvero il nome d* alcun de’ nodri potette egli forfè o  queft’Oceano valicare, cui tu vedi, o traghetfarequel  Gange? Chi mai i]\nome tuo afctìlrerà o nelle altre  parti del nafcente fole, o nefl’eftreme del medefimo  tramontate, ovvero nelle parti dell’Aquilone, edell* Au-  lirò? Le quali regioni edendo feparate, certamente fcor*  gi in che augufli fpazi la vodra gloria alpi ri ad ed'er  didefa. Quelli poi, che di noi ragionano, finoaquan*  do il faranno?   Vii. :    G HE anzi fe quella gènéraxìone di futuri uomini bràa  mera fuceeflìvamente di trafmetterea’poderi legio-  ne di ciafcun di noi da* padri loro fentite , tuttavia  ber le inondazioni, e divampamenti de'paefi, i quali  Fora* è che in determinati tempo fuccedano, nonpoflìa-  mò acquiflar gloria, non che fempiterna, ma neppuf  lungamente durevole. Or che mónta che da colorò, i  quali nafceran dappoi, fu di tefìterran difcorfi* men-   Pp - j tre    fe Aritattlco t che fono 4 ter,  mini , per cui rapporto fi mi.  fura r eftenfione della latitu-  dine • '   Ì Ut tribù s f Attor. Viene ef-  pretta la longitudine dell* Impe-  rio Romano , cioè 1* eftenfio-  ne , che area da Ponerite a Le-  vante fecondo la direzione dell'  Èquatore . E quindi fi vie-  te a concludere che maggior  nc forte ia longitudine che la    la tir udinè •   8 Par va quaJatn ihfulA efb  &c- Dal Cielo additando l'im*  perfo Romano lo dlmoftra come  una piccola ifola conirtefa e  bagnata dall* Oceano. Ma que-  lla è una mani fetta efagerazld<*  ne per efprimerne la piccolez-  za , chfe dal cielo all* Affrica*  no appariva . Aulì , a dir ve-  ro, non fi potea ncppor chia-  mar ifola .    r    59S MARCO TULLIO CICERONE  tereft ab iis, qui poftea nafcentur, fermonem fore de  te, cum ab iis nuilus fuerit, qui ante nati fint ; qui  nec pauciores , & trerte 1 meliores fueruntviri? cam  pradertim apud eos ipfos, a quibus a udiri nemen no.  flrum poteft, nemo uniusanni memoriam confequi pof.  fit . Homines eoiro populariter annum tantummedo So-  Jis, ideft unius aftri rHitu metiuntur ; cum autem ad  idem, unde femel profeta funt, cun£te aftra redierint,  eamdemque tetius cadi deferiptionem longis interva!-  Jis retuleriot , tum ille 2 verevertens annusappellari  poteft; in quo vix dicere audeo, quam multa incula,  bominum teneantur- Nacnque, $ ut olimdeficereSoi  •bominibus extinguique vìfus eft , cumRomuIi animus  baec ipfa in tempia penetravi; ita quardoque eadem  parte So^ , eedemque tempore iterum defecerit , tum fi-  bus ad idem principium ftellifquerevocatis ,   ex«     1 Meliores fuerunt , I coftu-  mi degli Antichi, la fede, gli  andamenti ec. univerfalmente  dagli fcrittori commendane :  quello è vezzo comune anche  a eh! è vecchio, deferitto da  Orazio con quelle parole. Lau-  dai or tempori s afri . Onde que-  llo giudizio non Tempre al ver  corrifponde .   1 Vere verterti annus . Que-  lle maniere verterti annus ,  verterti menfis fono pagamen-  te prefe per un anno , .per un  mele trafeorfo . Altri parcirlp j  n'arreco di voce attiva in for-  za partiva alla nota 7. nella vi-  ta d* Agelìlao apprettò Nipote.  Qui però mi 'pare pift coturno-  da V interpretazione in forza  attiva , actefe tutte le parole  ed il contefto. Or qui li parla  •* dell' anno grande , che\ ebte  più e dlvcrfi titoli . Fu chiama-  to , or ma gnu s , or fidereus ,  quando mundanus , tal Hata  Platonìcus , e comprende tutta  l’efteulion di tempo, ovvero il  perìodo di tanti anni , quanti    li richiedono perchè i corpi ce-  lefti torniti tutti a Quella poli»  zion primiera , nella quale fu-  rono al principio del mondo •  Cic. acconciamente il divlfa  nel lib, 11. cap. de Nat. Deo-.  rum . Maxime vero funt ad*n i-  r abile s mot us earum quinqete  jtellarum , qua falfo vocantttr  errante s $ nihil enìm trat , quod  in omni eetemitate conferva  progreffus , regrejjus t reli-  quofque motus confante s (jf ra-  tos .... jQuatum ex dijpn-  ribus Motiombur magnurn an-  riunì mai he mutici nominate-  runt , qui tum efficitur , tum  folis fy lume , & quinque er-  rarti ium ad earrtdem itJer fé  zompar ationem.y tonfi fòt) 0 nt-  niuru fpatiis , ejl fatta conver-  go . Pare che qui nel coffo  di que(|' anno inetta in confi-  de razione i Ioli pianeti . Ma  gli alt» i fcrìttoti, e Cic. iftef-  lb nel prefen.t fogno palla .di  tu^tc le ftellc u*b ver Talmente -\  Quale poi lia il numero precifo  degli auul ella è controverfìa   non    \    1    V    *    i   $. * .    Digitized by Googls      *    \    IL SOGNO DI SC1PTONE . m  tre nonfen’è fatto pur parola da quelli , che negli ante-  • riori tempi vennero a luce; i qua!» nè furono in mirtor  numero, e certamente uomini furono più valenti ? maf-  fime che apprerto quegli flerti, da’ quali fi può il nome  noftro afcoltare; niiino ne può la ricordanza ottenere  d'un fole anno. Imperciocché g li uomini giulia J’efti-  mazion popolare dal rirorno (oltanfo del Sóle mifuran  l’anno, cioè d’una fola (Iella : quando poi faran tutte  le (Ielle al punto medefimo ritornate, onde una volta  fi modero ; ed avranno ne* lunghi loro intervalli ripor.  tato il drvifamento medefimo di tutto il Cielo, allora  quello fi può veramente appellare anno , che opera rivo,  lozione: nel quale appena d’efprimer ro* attento quan.  ti fecoli umani fieno comprefi. Imperciocché, ficcome  una volta agli uomini parve che il Sole foftenedè ec.  elidi , e fi ammorzarti;, quando l’anima di Romolo pe-  netrò in quelli (ledi profpetti ; coslallor quando il So-  le nella parte medefima, e nel tempo irteffo da capo  avrà (ottenuto ecclirtì, allora ertendo tutti i celetti cor*  pi, etutte le (Ielle al lor principio medefimo richiama,  re, terrai l’anno erter compiuto . E Tappi chedftjueft*  anno non n’ è per anche la‘- vigefima parte trafeoria %  Che però (e difpenerai di far ritorno in quello luogo,   ; ... y a r P p 4 nel    non per anche decffa . Clc.  Iftetfo parlando di quella rivo»  In z. ione foggi agile appreflb ..   jQuaquam longa fit , 'magna  quelito ejl , ejfe Viro cirtam  defintiam necejfe eji . Si cita  perb un frammento dell* Opera  intitolata l'Orccnfm , dove chia-  ramente efprime il fuo Tenti,  mento. 1s eft magnai & Vi-  rus annus , quod i aderti pofìtìo  cali fiderumque cum maxima  ifi , rurfum exijigt j ifque an-  nui horutn , quoi tocamui , an-  norum Xll. M DCCCC1V. com-  pie Bit ur 9 cioè dodici mila no-  vecento quatir' anni . In. cib  fono fvariatiifime le eppinioni  degli altri-, che ci danno ar-  gomento ad affermar con cer-  teira non effor ancora 1* agro-    nomia pervenata a tanto, eh»  pocefle fame probabile decifìo.  ne. Sicché quel, che fi foggiti,  gne pift innanzi in quello ci-  po , hu)us anni nondum vieeji-  matn partem itfi cot/Virj'am , fb.  vuol prendere per piccolo , c  fcarfo tempo, non per determi-  nata mifura trafeorfa . Ovvero  fe Clc. ha pretefo di far dire  * all* Affricano il preclfo fpazio del  trapalato tempo , non fi vuole  attendere in cofa cotanto incerta .   j Ut olim. Ferma il principiò  dell* anno grande dalla morte di  Romolo , cu! dicono che moriffe  nelPecliffe del fole . Per altro  da ogni punto di tempo fi pub  dare cominciamento al computo  di quello anno Platonico.    \    \    Digltized by Google    I    6 oo MARCO TULLIO CICERONE  Qxpietum aonum habeco. Hujus quidem anni nóndulft  vicefimam partem fcitoeffe converfam. Quocirca fire-  ditum iit hunc locum deiperaveris , in quo omnia fune  magnis & praeflantibus viris ; quanti tandem eft ifta ho-  minuui gloria, quae pertinere vix ad unius anni par*  temexiguam poteft ? Igitur alte (pelare fi voles,. a tque  hanc fedem & aeternam domum contueri , neque te  fermonibus vulgi „ dederis , nec in praemiis humanis  fpem pofueris rerum tuarum ; fuis te oportet iilece*  brìs ipfa virtus trahat àd verum decus, Qui detealiì  loquantur, ipfi videant, fed loquentur tamen. Serma  autem omnis ilie, & augufliis cingitur iis regionum,  quas vides, nec umquam de ullo perennis fuit ; &  obruitur hominum inceritu , & oblivione pofteritatis  extinguitur.   V 1 1 L    Q UiE cumdixiflet, Ego vero, inquam, oAfricatie*  fiquidem bene mentis de patria, i quali limes ad  cali aditum patet, quamquam a pueritia vedi*  giis ingreflus patriis & tuis, decori vefìro non defui;  nunc tamen, tanto praemiopropolìto, enitar multo vi*  gilantius. Ét ille : Tu vero enitere , fitfic habeto,  non effe te mortalem , fed corpus hoc: 2 necenim i9  es, quem forma irta declarat ; fed mens cujufque, is  eft quifque,* non ea figura, qua? digito demonOrari po*  teli. 1 Deum te igitur fcitoeffe; fìquidem 4 Deused ,  qui viget, qui fentit, qui meminit , qui provider ,  qui tam regie & moderatur & movet id corpus, cui   P**-    1 lima. Sono propr la-   nterne le ftrade , che fervono di’  cfivifionc alle campagne, e per  confeguente fono od hanno an-  che T. varchi per enrrare né *  campì . Quindi fi accatta la me-  tafora , e fi trafpórca al cielo .   a Nec e» im is es , quem &C.  Qucfii rifleffì e dottrine con aU  tre , che fieguono , fono Plato-  niche. Socrate appretfb del di-  vi» filofofo dìmoftra al fuo  Alcibiade che I* uomo noli  £ il foto corpo , ne il corpo    colla mente , ma ta fola men-  te . E nell* Affoco cosi ferivi   Hgeif uiV yip tVjuiv   * «d tf VOtOZfV y tv •Sl'l/-   <7» xat$HpyfjisvGÌr Qpoupta •  Imperciocché noi pani lene V 44  stinta , immortale animale , rat •  eh tufo in mortai cufiodia . SI-  niigliantc fu 'il fenthnento d*  Arnobio e di Lattanti©. ^   ' 3 Deum te igitur jtito effe .  Gli Stoici definivano 1* nomo  animai rationale mortale , e   Diù    t    Digitized by Google     t    IL SOGNO DI SCIPIONE. 6o i   hel quale per li grandi ed eccellenti uomini v'è ogn *  bene ; alla fin fine corefta gloria degli uomini a che  valore monca , la quale appena comprender fi può in  una parte piccola d' un folo anno? Se vorrai pertanto  fi (Tare l'occhio dell’intelletto in alto, e quefto feg-  gio rimirare , e quella eterna magione , non ti farai  fervente a’ parlari del volgo, nè Tulle ricoropenle u-  mane la fperanza riporrai delle imprefe tbe ; convie-  ne , che la virtù medefima cogli allettativi fuoi ai  decoro vero ti tragga . A quello, che gli altri fieno  per parlare di te , ci penfino erti , ma pur parleran-  no . Ma ogni lor difcoirere e vien compralo tra le  anguftie delle regioni, cui vedi, nè fu d’alcun fog-  getto fu perenne giammai; e riman fepolto dal mori-  re degli uomini, e nellaoblivione della pofterità vien  meno .   * « o - t è »*’ 1 a* . Y* ~ l * i 1   » VHI.   • % - * * *   r ' , * ! * •   L E quali contezze avendomi efpofto , or io , fog.   giunfi , o Africano, giacché a’ foggetti) bene me-  fiti della patria è come quafi aperto il varco all' in-  greflo del cielo , febbene fin dalla puerizia mefTomi  ìu i paterni vefiigj e fu de’ tuoi , non ho al decoro  voftro mancato j pur nondimeno al prefence , portomi  avanti cotanto premio, con troppo maggior vigilanza  farò miei sforzi . Ed ei replicò : Metti pur tuoi sfor-  zi ; e pervaditi, cbfc tu non fei mortale, ma quello  corpo fibbene * che non fei dello , cui la fembianza  tua dimoftra; ma Io fpirito di cialcuno è quello, che  fi è ciafcuno ; non è tal la figura f che accennar fi  polla col dito * Sappi adunque che tu lei Dio: poiché  Dio è chi ha vivacità , fentimento, memoria, prov-  videnza , e che tanto regge , e modera , e muove  quello corpo, cui è a governar deputato, quanto quel  principale Dio queil* univerfo; e ficcome l'iddio eter-  no    Dio animai rationalt immorta -  ìe . Sicché giuda la loro dot*  trina 1* uomo per quella pondo*  ne di fc , ond’è immortale , non  farà da Dio differente k  4 Ùeus e fi qui Iftitulfce    la parità tra Dio e I* 'uomo  e la ragione , onde provati l*  immortalità deirefTema divina,  l’eftende a provare rìnynorta-  lità dell'anima , eziandio ante-  riore. *.      t    V      . s*   %    601 MARCO TULLIO CICERONE  prstpofitus ed , quam hunc tnuodum princeps ille  Deus: & ut mundum exquadam parte mortalem ipfe  Deus asterifus, fic fragile corpus animus fempirernus  nrovet. Nam i quod femper movetur, «ternani eft:  : quod autem motum affert alicui , quodque ipfum a.  gitatur aliunde, quando finem habet motus, vìvendi  *|faemUiabe*t neceflè eft. Solum igitur quod iefe mo*  •vèt , quia 1 numquam deferitur a fé , numquam ne  moverì quidem definii : quin etiam ceteris, qu« mo-  ventur, hic fons, hoc principium eft movendi. Prin-  cipio autem nulla eft origo: nam ex principio oriun-  tur omnia ; ipfum autem nulla ex re : nec enim id  efl’et principium , quod gigneretur aliunde . Quod fi  numquam oritur, uè occidit quidem umquam • Nam  principium extinàum , nec ipfum ab alio renafcefur,  nec ex fe aliud.creabit: a fiquidem neceffe eft a princi*  pio oriri omnia. Ita fit , ut motus principium ex eo  fit , quod ipfam a fe^ roovetnr ; ìd autem nec calci  poteft nec mori : v *el concidat omne caelum, om-  nifque natura confiftat necefl'e eft ; nec vira ullam  nancifcatur, qua prime impulfu moveatur.    IX.    ( *    C UM pateat igitur , aeternum id effe , quod a fe  ipfo moveatur; quiseft, qui hanc naturai» arii-  mis effe tributam neget ? Inanimum eft enim omne,  quod pulfu agitatur externo. Quod autem animai eft,  id mota cietur interiore & fuo. Nam haec eft natura  propria animi atque vis*; quae fi eft una ex omnibus ,  quae fefe moveant , oeque nata eft certe , & atterri*  eft. Hanc tu exerce in' optimis rebu 9 . Sunt autem hae  opti ma? cura? de falute patriae , quibus agitatus &  exercitatus animus, i velocius in nano fedem & do-  mum fuam pervolabit . Iraque ocyus faciet , fi iam  tu, cum erit inclufus in corpore, croincbit foras; &   ea ,      - i jQuotì femper movetur tye.  Quefto argomento lo efpóne  quafi colle iftefle parole nelle  Tumulane 1. 2 $. Latta mio   . v    ancora .lo tratta con principi  ancor più forti nel lib, VII.  cap. 8.   2 Yel tonciÀAt omne tàtìum   &c.   $    \    IL SOGNO DI SC? PIGNE . 60*   no Dio T univerlo muove per alcuna parte cadevole,  così 1’ immortale fpirito muove il fragile corpo. lm*  perciocché eterno è quello , che Tempre muovei :  quello poi , che communica moto ad altra cofa, e che  pure impulfion foftiene da altra cagione , quando il  moto ha fine, egli è di neceffieà , che al fin perven-  ga del viver Tuo . Quel foio adunque , che le Hello  muove, perciocché non è mai da sé abbandonato , nep*  pur cella giammai di muoverli ; che anzi alle, altre  cole àncora , che muovonfi , egli è origine , egli -è  principio di moto. Ma il principio non riconofce o-  rtgine i che dal principio tutte le cole traggono lor  nalcirrienio ;.e(To poi da ninna il trae ; imperciocché  non farebbe principi® quello, che generato folle d’ai*  tronde . Che fe giammai non nalce , neppur muore  giammai . Concioflìachè il principio edendo venuto  meno, nè eflo da un altro rinalcerebbe , nè di sé po-  trà creare un’ altro ;* poiché egli è forza che tutto  nafea da un principio . Per tale maniera n’avviene,  che il princìpio del moto da quello fi a , che da le  lleflb fi muove ; or quello nè nafeer può nè morire :  ovvero di necelfìtà è che rovini giù tutto il cielo ,  e l’univerfa natura fi arrefti ; nè trovi alcun vigore,  onde colla impulfion primiera fi muova.   IX.   E Sfendo pertanto manifeflo quel lo effere eterno 9  che da le ftelfo fi muove , chi negar potrà che  quella naturai proprietà fia fiata alle anime conceda»  ta ? I mperciocchè- inanimato è tutto ciò, che foftien  moto da impullo eflerno . Quello poi , che è anima*  Te , viene per interiore e proprio moto rifeoffo . Im-,  perciocché quella è la natura propria e la virtù dell*  anima ; che fe P una é infra tutte quelle nature,  che fe ftcflfe muovono, non ha certamente avuto prin-   ci-    &c. Il fentimento e le parole 1* anima più facilmente da fe   altresj, fono di Platone nel - fcocerà il mortale e torpido  Tedro. ' ' pefo del còrpo , e pift fpedita-   ; V elotius fife. Con quello niente voleranne alla celeitc ma*   cfcrdifo e moto d' ojcraiìonl gione.*.    }    éo 4 MARCO TULLIO CICERONE  ea, quae extra erunt, contemplans, quam maxime (e  a Corpore abftrahet . Nam eorum animi , qui (e cor-  poris voluptatibus dediderunt, earumque (e quafi mi*  ni (Ir os praebuerunt , impuifuque libidinum voluptati*  bus obedientiurti * Deorum & hominum jsra violavo*  runt , corporibus elapfi i circum terram ipfam volo,  tantur, noe in hunc locum, nifi multis exagitati (ae-  culis, revercuntur « Iile diiceffìt : ego (ornilo folutus  fum.    i Circum terrdm ipfdm . Que-  lla 6 oppiatone dì Socrate , da  Platon f ragionata nel Fedone *  dove dice che le anime de*  malvagi rimaugonfi In terra  condannate a divagare intorno  a* fepolcri , dave pagan le pe«    ne della vita malvagiamente  menata . £d alla fatta oppi*  ninne dà pure alcuna compatta  di fondamento • 1* apparire ta«  lora in si fatti luoghi fpcttrf  cd ombre «       Digitized by Google    I    . IL SOGNO DI SCIPIONE. 60$  cipio dì nafci mento, ed eterna è. Quella tu eiercita  in ottime operazioni . Ed ottime lono le premure  fall* falvezza della patria, {ielle quali Panima meda  in moto ed efercìrata, piò velocemente a quello leg-  gio e magion (ua ne volerà • E ciò pib fpeditamente  farà , Te già fin d* allora , quando farà nel corpo rac-  cbiufa , fi loileverà fuori di sè, e contemplando que-  gli oggetti , che eftranei faranno , fi difiorrà, quanto  può mai , dal corpo. Imperciocché le anime di colo,  ro, che fi fono a corporali piaceri dati, e fi rendette-  v ro quafi minidri di quelli , e che , per impulfo delle  didemperate padroni a* piaceri fatti obbedienti, le leg-  gi ruppero e degli Dii e degli uomini, da' corpi ufci-  te fi vanno intorno alia terra medefima ravvolgendo,  nè io queflo luogo , fe non dopo d* edere (late tribo**  late molti fecoli, fan ritorno. Egli dipartirti; edio  mi difcoHi dai fonno.  Publio Cornelio Scipione Emiliano Africano Minore. Keywords: Silio, il sogno di Scipione.

 

Grice ed Sclavione: il lizio di Padova – filosofia italiana – Luigi Speranza (Abano). Filosofo italiano. Grice: “I like Abano; he is from my wife’s favourite part of Italy – Veneto – actually provincial di Padova – which has Gaspirated p!” – Grice: “My favourite Abano is the logician or philosopher of the lingo – Grice: “As a classicist, I can expand on Lycaeum – the weirdest word I ever came across – We don’t call them peripatetics at Oxford: we call them members of that gentlemen’s club – the Lycaeum – neutre. What does it stand for – it stands for a statue, of a seated god – Apollo --. The Italian evolution of the sound ‘lyc-’ is lizio. At Oxford, it has become a code word for “Aritotelian” – without the fallacy ad hominem!  Melodramma. Filosofo, insegnante di filosofia e a Parigi e Padova. Inoltre è considerato il primo rappresentante dell LIZIO padovano. Amico di Marco Polo, vive a lungo a Costantinopoli per imparare il greco, studiando in originale i testi di Galeno. È autore anche di varie traduzioni di saggi filosofici greci in latino: i “Problemata” di Aristotele -- ai quali aggiunse un commentario, l’ “Expositio Problematum Aristotelis”), i Problemata di Alessandro di Afrodisia, vari scritti di Galeno e Dioscoride. Si guadagna una grande fama come autore Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur. S. ispira a Giotto il complesso – e per molti versi misterioso – ciclo pittorico che orna il palazzo della ragione di Padova, andato perso in un incendio e rifatto da alcuni pittori minori seguendo lo stesso schema iconografico. Il ciclo di affreschi è suddiviso in CCC riquadri, si svolge su III fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli astrologici. È considerato uno dei più colti ingegni, la sua dottrina lo fa passare per un negromante.  Accusato III volte dal tribunale dell'inquisizione di magia, eresia e ateismo è prosciolto le prime II volte. L'ultima volta muore in prigione a causa delle torture subite. A seguito della condanna il suo cadavere è dissotterrato per essere arso sul rogo.  Ad A. esplicitamente si rifa, per alcuni argomenti, come l'embriologia, il filosofo Forlì [si veda]. Nel Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur A. rifere di avere parlato con Marco Polo di quello che ha osservato nella volta celeste durante i suoi viaggi. Marco racconta che durante il suo viaggio di ritorno nel mar cinese avvista quella che descrive in un disegno come una stella a forma di sacco – “ut saccoc”, on una grande coda – “magna habet caudam.” A. interpreta questa informazione come una conferma della sua teoria secondo cui nell'emisfero sud si puo osservare una stella analoga alla stella polare, ma si tratta con ogni probabilità di una cometa. Gl’astronomi sono concordi nell'affermare che non ci furono comete avvistate in Europa, ma ci sono testimonianze che una cometa venne avvistata in Cina. Questa circostanza non compare nel Milione. A. conserva il disegno nel suo “Conciliator differentiarum quæ inter philosophos et medicos versantur.” Sempre nello stesso saggio, si riporta la descrizione di un animale di grossa stazza con un corno sul muso, identificato con il rinoceronte. A. non riferisce un nome particolare assegnato da Marco a questo animale. Si pensa invece che è Rustichello a identificarlo con l'unicorno nel Milione. Questa testimonianza è stata ripresa da Jensen, quando venne messa pesantemente in dubbio la veridicità del Milione di Marco Polo.  Sempre nel Conciliator Differentiarum, A. menziona la spedizione d’Ugolino e Vadino Vivaldi genovesi verso le Indie per via mare.  "Parum ante ista tempora Januenses II paravere omnibus necessariis munitas galeas, qui per Gades Herculis in fine Hispania situatas transiere. Quid autem illis contigerit, jam spatio fère XXX ignoratur anno. Transitus tamen nunc patens est per magnos Tartaros eundo versus aquilonem, deinde se in orientem et meridiem congirando. Riconoscimenti Il Teatro Congressi di Abano Terme -- già "Cinema Teatro delle Terme" -- è a lui dedicato, come pure l'IPSSAR A. (Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione) poco distante, e altrettanto il Centro Studi Termali A., ente di ricerca del territorio Euganeo. È rappresentato a Padova in una delle LXXVIII statue di Prato della Valle e nell'alto-rilievo al di sopra di una delle IV porte d'entrata di palazzo della ragione. Ad Abano Terme a lui sono dedicati una statua nell'omonima piazza e il bassorilievo sul lato Est dello gnomone della meridiana monumentale in piazza del Sole e della Pace. Dizionario di filosofia. M. Guidi, Caratteri e modi della cultura araba, Real Accademia d'Italia. A Padova, specialmente, ferve lo studio degl’arabi, poiché A. – il quale si è servito non solo del greco, ma anche dell'arabo che è andato a studiare a Costantinopoli per poter rettificare gl’inevitabili errori delle versioni del tempo – fa della sua scuola il centro di quello che fu poi detto l'«Arabismo medico».». Ventura, Translating, commenting, re-translating: some considerations on the Latin translations of the Pseudo-Aristotelian Problemata and their readers, in Goyens, Leemans e A. Smets, Science Translated: Latin and Vernacular Translations of Scientific Treatises in Medieval Europe, Leuven; A., su galeno latino. Vico, Per una storia dell'embriologia, Guerini, Napoli, Jensen, The World's most diligent observer, Asiatische Studien, Bottin, A., Marco Polo e Giovanni da Montecorvino, in Medicina nei Secoli, Tiraboschi, Storia della letteratura italiana” (Firenze, Molini e Landi); “Conciliator differentiarum philosophorum et precipue medicorum.” Pazzini, A., in Dizionario Letterario” (Milano, Bompiani); Cadden, "Sciences/silences: the nature and languages of sodomy in A.'s problemata commentary,” in Lochrie, McCracken e Schultz, “Constructing sexualities” (University of Minnesota press, Minneapolis & London); “Médicine, astrologie et magie: autour de A.”, Boudet, Collard e Weill-Parot (Firenze, Sismel - Edizioni del Galluzzo, Società internazionale per lo studio del medio-evo latino); Trattati di Astronomia, Lucidator dubitabilium astronomiae, De motu octavae sphaerae e altre opere, cur. Vescovini, Padova: Editoriale Programma, Loris Premuda, «Pietro d'Abano». In:  Dizionario critico della letteratura italiana, Torino: POMBA L. Norpoth, Zur Bio-Bibliographie und Wissenschaftslehre des Pietro d'Abano, Mediziners, Philosophen und Astronomen in Padua, Kyklos, Lynn Thorndike, A history of magic and experimental science, Vol. II: During the first thirteen centuries of our era. New York: Columbia university press, Sante Ferrari, I tempi, la vita, le dottrine di S.: saggio storico-filosofico, Genova: Tipografia R. Istituto Sordomuti, Pietro d'Abano, Conciliator differentiarum philosophorum et precipue medicorum, Gregorio Piaia, Pietro d'Abano. Filosofo medico e astrologo europeo, Milano, FrancoAngeli, Francesco Aldo Barcaro, L'eretico Pietro d'Abano (medico o mago?), Nuova Grafica, Vigorovea (Sant'Angelo di Piove di Sacco, PD), Voci correlate Storia della scienza Aristotelismo Taddeo Alderotti Mondino dei Liuzzi Sefer Raziel HaMalakh. Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Guido Calogero, Pietro d'Abano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Pietro d'Abano, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Iolanda Ventura, Pietro d'Abano, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di Pietro d'Abano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.(FR) Bibliografia su S. Les Archives de littérature du Moyen Âge.Marta Cristiani, Pietro d'Abano, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Pietro d'Abano, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. He is possibly the first alphabetical philosopher. But there are more! Important Italian philosopher. From Abano-Terme. “If Occam is called Occam, I should be called Harborne.”Grice. “He was an exacting editor, if ever there was onebut he failed at one thing, “Problemata physica” was never written by Aristotle!”Grice. S. nasce nella città italiana da cui prende il nome, ora Abano Terme. Guadagna la fama scrivendo "Conciliatore Differentiarum, quae tra Philosophos et Medicos Versantur." Finalmente è stato accusato di eresia e l'ateismo, ed è venuto prima della Inquisizione. Muore in carcere prima della fine del suo processo. Vive in Grecia per un periodo di tempo prima che si è trasferito e ha iniziato i suoi studi a lungo a Costantinopoli. Si trasferisce a Parigi, dove è stato promosso ai gradi di dottore in filosofia, nella pratica di cui era un grande successo, ma i suoi costi sono notevolmente alta. A Parigi divenne noto come "il grande lombarda". Si stabilì a Padov ed è stato accusato di praticare la magia: le accuse specifiche è che è tornato, con l'aiuto del diavolo, tutti i soldi che ha pagato di distanza, e che possede la pietra filosofale. Naudé, nel suo "antiquitate scholae Medicae Parisiensis," dà il seguente resoconto di lui. "Cerchiamo di prossima produciamo S. chiamato il riconciliatore, a causa del famoso saggio che ha pubblicato durante il suo soggiorno nella vostra università. E 'certo che fisica laici sepolto in Italia, scarsa noto a nessuno, incolto e disadorno, fino alla sua genio tutelare, un abitante del villaggio di Apona-Terme, destinata a liberare l'Italia dalla sua barbarie e l'ignoranza, come Camillo volta liberato Roma dall'assedio del Galli, ha fatto un'indagine diligente in quale parte del mondo della letteratura cortese è stato felicemente coltivata, la filosofia più astuzia gestito, e fisico ha insegnato con la massima solidità e la purezza; e di essere certi che sola Parigi rivendicò questo onore, là vola attualmente; dando se stesso interamente alla sua tutela, si applicò con diligenza per i misteri della filosofia e della medicina; ottenuto un grado e l'alloro in entrambi; e poi entrambi insegnato con grande applauso: e dopo un soggiorno di molti anni, loaden con la ricchezza acquisita in mezzo a voi, e, dopo essere stato il più famoso filosofo del suo tempo, torna al suo paese, dove, a giudizio del giudizioso Scardeon, è stato il primo restauratore della vera filosofia. Gratitudine, quindi, invita a riconoscere i vostri obblighi a causa di Blondus,  di Roma, che nell'ultimo impegno secolo di pubblicare il Conciliationes Physiognomicæ del proprio Aponensian, e trovando erano state composte a Parigi, e nella vostra università, ha scelto di pubblicarli nel nome, e con il patrocinio, della vostra società.  Portava le sue indagini finora nelle scienze occulte della natura astruso e nascosta, che, dopo aver dato più ampie prove, dai suoi scritti in materia di fisionomia, geomanzia, e chiromanzia, si è trasferito sulla allo studio della filosofia; che studi hanno dimostrato in modo vantaggioso per lui, che, per non parlare dei due prima, che lo presentò a tutti i papi del suo tempo, e lo ha acquisito una reputazione tra i dotti, è certo che era un grande maestro in quest'ultimo, che appare non solo dalle cifre astronomiche che aveva dipinto nella grande sala del palazzo di Padova, e le traduzioni fece dei libri del rabbino dottissimo Abraham Aben Ezra, aggiunto a quelli che si ricompose nei giorni critici, e il miglioramento di astronomia, ma dalla testimonianza del celebre matematico Regiomontano, che ha fatto un bel panegirico su di lui, in qualità di un astrologo, nell'orazione ha pronunciato pubblicamente a Padova quando ha spiegato c'è il libro di Alfragano. Steepto  scritti  Conciliatore differentiarum philosophorum et precipue medicorum Nei suoi scritti egli espone e difende i sistemi medici e filosofici di Averroè, Avicenna, ed altri scrittori. I suoi saggi più noti sono il Conciliatore differentiarum quae tra philosophos et medicos versantur e De venenis eorumque remediis, entrambi i quali sono ancora esistente in decine di manoscritti e varie edizioni a stampa. Il primo tentativo di riconciliare apparenti contraddizioni tra teoria medica e la filosofia del LIZIO, ed è stato considerato autorevole in ritardo quanto XVI secolo. E 'stato affermato che S.  anche scrive un saggio di magia chiamato "Heptameron," un manuale conciso di riti magici rituali che si occupano di evocare gli angeli specifici per i VI giorni della settimana -- da qui il titolo. Egli è anche accreditato con la scrittura De venenis eorumque remediis, che ha esposto sulle teorie arabi in materia di superstizioni, veleni e contagi.  l'Inquisizione  Generico ritratto di Petr [noi] da Abano conciliatore, <la rovesciata 'c' è un'abbreviazione corrente latina per il prefisso 'con -'> xilografia dalla Cronaca di Norimberga, E 'stato due volte portato in giudizio da parte dell'Inquisizione; per la prima volta è stato assolto, e muore prima che il secondo processo è stato completato. E 'stato trovato colpevole, però, e il suo corpo è stato ordinato di essere riesumato e bruciato; ma un amico aveva segretamente rimosso, e l'Inquisizione doveva quindi accontentarsi con la proclamazione pubblica della sua frase e la combustione di S. in effigie.  Secondo Naude:  L'opinione generale di quasi tutti gli autori è, che e il più grande mago del suo tempo; che per mezzo di sette spiriti, familiari, che tenne chiuso dell'articolo in chrystal, ha acquisito la conoscenza delle VII arti liberali, e che ha l'arte di causare il denaro che aveva fatto uso di tornare ancora in tasca. È accusato di magia e muore prima che il suo processo e finito. E stato condannato, come riporta Castellan, al fuoco; e che un fascio di paglia o vimini, che rappresenta la sua persona, è stata pubblicamente bruciato a Padova; che così rigoroso un esempio, e dalla paura di incorrere in una sanzione, come, potrebbero sopprimere la lettura dei tre saggi che ha composto su questo argomento: il primo dei quali è la nota Heptameron, o elementi magici di S, filosofo, ora esistente, e stampato alla fine di Agrippa opere s'; il secondo, quello che Trithemius chiama Elucidarium Necromanticum Petri da Abano; e un terzo, chiamato dallo stesso autore Liber experimentorum mirabilium de Annulis secundem, 28 Mansiom Lunae. Abside con il suo sarcofago. Barrett si riferisce al parere che non era sul punteggio di magia che l'Inquisizione ha condannato Pietro d'Abano-Terme a morte, ma perché ha cercato di spiegare i meravigliosi effetti nella natura dalle influenze dei corpi celesti, non attribuendole agli angeli o demoni; in modo che l'eresia, piuttosto che la magia, sotto forma di opposizione alla dottrina degli esseri spirituali, sembra aver portato alla sua persecuzione. Per citare Barrett: Il suo corpo, prese privatamente dalla sua tomba dai suoi amici, sfuggito alla vigilanza degli inquisitori, che avrebbero condannato a essere bruciato. E 'stato rimosso da un luogo all'altro, e finalmente depositato nella Chiesa di St. Augustin, senza epitaffio, o qualsiasi altro segno di onore. I suoi accusatori attribuiti opinioni incoerenti a lui; lo accusato di essere un mago, e tuttavia con negare l'esistenza degli spiriti. Aveva una tale antipatia per il latte, che vedendo chiunque prendere lo faceva vomitare.Altro lettura Francis Barrett, The Magus, J. Cadden, "Scienze / silenzi: la natura e le lingue di" sodomia "in Pietro d'Abano Problemata Commento". In: K. Lochrie e McCracken & J. Schultz, Costruire sessualità medievali, University of Minnesota Press, Minneapolis & London; L. Premuda, Dizionario della biografia scientifica. New York: Charles Scribner Sons. L’Heptameron.  IONI APOLLO Ni  Giuseppe    PIETRO  R  ADANO   MELODRAMMA  SERIO  IN  3  ATTI    PER  MUSICA  ESPRESSAMENTE  COMPOSTO    maestro    da  rappresentarsi    SULLE  SCENE  DEL  GRAN  TEATRO  LA  FENICE   mIIcu  iene»  t)i/  Gauwv.  e<    1855-56    veniezu   CO*  TIPI  DI  TERESA  GATTE!    La  proprietà  del  presente  Melodramma  e  della  relativa  Musica,  essendo  esclusiva  del  Maestro  Giu¬  seppe  Apolloni  egli  la  pone  sotto  la  salvaguardia  delle  leggi  vigenti.    MUSIC  LIBRARY  UNC-CHAPEL  HILL    PERSONAGGI    ARTISTI    PIETRO  DA  REGGIO,  giudice   de!  Tribunale  Supremo  .  .  Cornago  Gio.  Batta   ARNOLDO,  suo  nepote . Pàncani  Emilio   PIETRO  d*  ABANO,  medico,  a-   stronomo,  riputato  mago .  .  Cresci  Francesco   LUISA,  sua  figlia . Cortesi  Adelaide   MARIA,  sua  moglie . Zambelli  Carolina   LANDÒ,  confidente  di  Pietro  da   Reggio  . Ghini  Marco   LUCIO,  famiglio  di  P.  d’Abano.  Galletti  Antonio   Discepoli  —  Scherani  —  Montanari  —  Anacoreti  —  Cavalieri  —  Guerrieri  —  Menestrelli  —  Giullari  —  Po¬  polo  —  Giudici,  ecc.   L’azione  nei  due  primi  atti  ha  luogo  parie  in  Bologna  e  parte  sull ’  Appenino  j  il  resto  in  Padova.    Epoca  il  principio  del  secolo  XIV.    /    •  '    Digitized  by  thè  Internet  Archive  in  2019  with  funding  from  University  of  North  Carolina  at  Chapel  Hill    https://archive.org/details/pietrodabanomeloOOboni    SCENA  PRIMA.   Cortile  di  uno  Studio  in  Bologna.   Entrano  due  Incogniti  in  brune  cappe.   Un  INCOGNITO  (all’altro)   Scorto  in  Bologna  ei  venne  or  fa  una  luna  ;   Qui  forse,  ove  s’aduna   Più  de’  giovan  Io  stuolo,  a  me  fìa  dato   Di  rinvenir  quel  misero  traviato  ;   Ma  a  confortare  questo  cor  che  geme   Breve  un  raggio  balena  sol  di  speme,  (si  odono  da  an  lato  acclamazioni ,  e  batter  di  palme,  indi:  )   Coro  Quai  dell’ umano  scibile   Sveli  prodigi  arcani,   Maestro  sapientissimo,   Quai  dubbi  or  tu  ne  appiani?!   Evviva  a  Pietro  d’  Abano  —   Gli  INC.  ( con  orrore)  Oh  plausi  profani,   ,  Un  noni  là  si  feste  crcrjji   o  o   Nemico  degli  aitar!  (e  protendendo   minacciosi  la  destra  •  )   Ma  stanco  è  il  nume,  o  reprobo,   •  Ei  ti  saetta  ornai  !  —  ( arcanamente .  —   snona  la  squilla,  che  segna  il  termine  alle  lezioni,  esco¬  no  da  tutte  bande  i  discepoli,  gli  incogniti  dopo  di  avere  cercato  inutilmente  fra  i  sopravvenuti  si  ritirano.  —  vari  discepoli  usciranno  ripetendo  :  Evviva  a  Pietro  d’Abano.)    6   Altki  (venendo  loro  incontro  scherzosi)   Evviva  pur  1’  angelica  Sua  figlia!   1  bella  ?   5  i  assai.  (  qui  Lucio  attraversa  il  Cortile  —   ascolta  un  istante  i  loro  discorsi ,  ma  vedendosi  osservato  parte.)   Hi.  E  come,  e  quando  scorgerla  Poteste  ?   LY.  e  dove  mai?   il.  Oh  ben  curiosi!  —  uditeci . . .   L  Vi  stiamo  ad  ascoltar.   il.  A  chiaro  di  luna  —  con  agii  bacchetto  Vogando  sul  Reno  —  così  per  diletto,   Si  fea  l’altra  notte  —  d’armonici  suoni,   Di  liete  canzoni  —  il  cielo  echeggiar.   Quand’  ecco  a  un  romito  —  balcone  si  mostra  Leggiadra  fanciulla  ...  —   S  Che  gioja  la  vostra?!   li.  Mai  tanto  il  suo  core  —  a  vista  d’  un  faro   Sentì  marinaro  —  di  gioja  balzar.   Ma  a  noi  di  mirarla  —  fu  breve  concesso.   Gilè  ratto  le  viene  —  Pier  d’ Abano  appresso  Con  fiero  cipiglio,  —  con  aspro  sermone,  Ond’essa  ai  verone  —  si  toglie,  e  sen  va;   Che  rondine  imita   Dal  falco  atterrita.  —   I.  Oh  misera!   II.  Amici,  —  che  fare  or  ci  spetta?   I.  l\e  chiama  a  vendetta  —  l’oppressa  beltà.   Tutti.  «   A  chiaro  di  luna  —  con  agii  bacchetto  Vogando  sul  Pieno  —  così  per  diletto,   La  notte  vegnente  —  empire  di  suoni,    Di  liete  canzoni  — *  il  ciel  si  dovrà,   E  a  rabbia,  e  dispetto  —  del  vecchio  oppressore  Quell’  angiol  d’amore  —  un  cantico  avrà,  (partono)   SCENA  II.   Pietro  d’  Abaino  e  Lucio.   Piet.  Tu  m’arrechi  sgomento!  hai  favellato  Il  ver  ?  di  que’  discepoli  argomento  Fu  a’ motteggi  la  figlia?   Si,  messere.   Dunque  al  destili  che  padre  un  dì  mi  volle  Forse  imprecar  dovrei  Or  che  furo  delusi  i  voti  miei  ?  !  —   Come  vergine  sacrata  D’  una  chiostra  intemerata  Fosse  ignota  al  mondo  intero  Io  desiai  la  figlia  ognor.   Ma  svelato  fu  1’  arcano  . . .   Ahi!  mi  coglie  ui^  rio  pensiero:   Pur  sovr’  essa  è  !’  odio  umano,   Che  percuote  il  genitor.   Qual  presagio  di  sventura  Nello  spirito  lassale,   Sol  pensate  che  immortale  Fra  i  sapienti  andrete  ognor.   PlET.  ( rasserenandosi )   Ben  mi  colga  il  crudo  fato  Sulla  terra  a  me  serbato,   Se  alla  patria  si  matura  Per  me  un  lauro  di  splendor.   Culla  del  sommo  genio,   Godi,  mio  suol  natio,    Lue.   Piet.    Lue.    8    Su  cui  volea  riflettere  Più  la  sua  luce  Iddio;   Se  di  procella  un  secolo  Ti  serberanno  i  fati,   Pe’ saggi  tuoi,  pei  vati  Sarai  pur  grande  ognor.   SCENA  III.   Orto  attiguo  alla  casa  ove  abita  Pietro  d’  Abano  fuor  della  cit¬  tà  —  annotta  —  nel  mezzo  ombreggiata  da  salici  una  capanna  con  torricella  ad  uso  di  specola  —  in  fondo  mura  diroccata  con  ampia  apertura  a  volto,  il  cui  sogliare  è  ingombro  d’ el-  lera  e  d’erbe  parassite,  d’  onde  si  veggono  inargentate  dalla  luna  nascente  le  acque  d’  un  piccolo  fiume  —  tutto  è  silenzio.  —   Luisa,  venendo  agitala  e  guardinga .   Lui.  Vacilla  il  pie’,  di  mille  sensi  il  core   L’ardua  tenzone  a  sopportar  non  regge! —   I  tuoi  padri  abbandoni,   Alma  feroce  ! .  >.  a  te  perdoni  Iddio  La  colpa  inaudita  . . .  (un  rumore  la  atterrisce )   SCENA  iV.   *   Pietro  d’Abàno  venendo  da  parie  opposta  a  quella  ove   si  finge  la  casa  e  Detta.   Lui.  padre  mio.   Benedici  alla  figlia  . . .  ( confusa  e  piangendo  si  prò-   stra  a  lui  d'  innanzi)   a  che  di.  pianto   Cospersa  è  la  tua  gota  ?...  ahi  I  ben  comprendo  !  La  miserànda  prole  Di  tal  se’  tu,  cui  l’ire  sanguinose    PlET.    9    Perseguono  dell’  idra,   Che  umanità  si  appella:  ecco  il  mio  premio  De  lunghi  studi,  onde  al  supremo  fato  Vorrei  fosse  involato  Ogni  mortale  !  —  o  povera  infelice,   Per  la  mia  destra  Iddio  ti  benedice.  —   Ma  l’aura  imbruna,  e  al  prego  consueto   Appo  la  dolce  madre  io  già  t’attendo   Fra  poco _  (parte)   SCENA  V.   Luisa  sola.   Lui.  ciel,  che  intendo  1  —   Come  soave  all’anima   Scese  il  paterno  accento,   A  quai  dilette  immagini.   Rapita  ancor  mi  sento...   Mai  non  verrà  che  profuga   Dal  patrio  foco  io  mova;   %   E  Dio,  che  in  me  rinnova   Di  figlia  il  santo  amor.  ( move  alla  volta  del¬  la  casa  —  in  questo  punto  di  lontano  si  leva  una  melanconi¬  ca  canzone — Luisa  quale  estatica  si  ferma.)   7  oce  lontana.   Di  cupo  oceano  —  m’agita  l’onda.   Sola  è  una  vela  —  che  tragge  a  sponda,   E  sola  un’oasi  —  che  in  rio  cammino  Dal  sol  difende  —  me  peregrino.   Deserto,  oceano  —  son  la  mia  vita,   Sei  tu  la  vela,  —  l’oasi  romita;   Sei  tu  il  bell’angelo  —  che  ni* innamora,  *  Te  solo  il  core,  —  te  solo  adora  !  —    Lui.  ( fremendo )   Ogni  fibra  il  suo  flebile  sospiro   Dolce  e  fatai  m’ investe  ;   Oh  rio  martiro!  oh  voluttà  celeste!  (la  canzone  a  poco  a  poco  andrà  morendo,  e  se  ne  sperderà  dolce¬  mente  la  eco  per  V aure  della  notte  —  Luisa  prorompe-)   l   Vieni,  il  rimorso  orribile  Spegni  deH’alma  mia,   De' baci  tuoi  s’innebrii  Quest’ empia  a  te  fedel.   Vieni,  o  diletto,  involami;   Sparsa  è  di  fior  la  via,   Pel  cui  profumo  gli  angeli   Farien  deserto  il  ciel.  (cava  un  piego  si¬  gillato,  e  lo  reca  entro  alla  capanna.)   SCENA  VI.   Passano  varii  istanti  —  poi  sì  vede  approdare  alla  porta  diroccata  della  mura  una  navicella ,  da  cui  scende  una  persona  chiusa  in  bujo  mantello ,  e  dalla  riva  entra  neir  orto  —  è  Arnoldo  —  indi  Luisa.   ArX.  (chiamando  a  voce  sommessa  :)   Luisa  !   fili,  (uscendo  agitala  dalla  capanna ,  fra  sè  :)  o  ciel  m’aita!   Arn.  anima  mia,   Presto  fuggiamo:  entrambo  ne  poiria  Perdere  un  solo  istante  :  ornai  la  queta  Onda  rischiara  il  placido  pianeta  Amico  degli  amanti,  e  spira  amore  Tutto  d’intorno...   Lui.  ah  !  taci,  (esitando,  e  con  voce   Ove  a’ sublimi  studi  il  genitore  tremante.)    li    Intende,  or  lì  nella  capanna  io  fui,   E,  qual  m’attorniasse  Un  àer  di  loco  santo,   M’ebbi  un  prego  sul  labbro,  al  ciglio  il  pianto...  I  padri  miei  lasciar  no,  non  poss’io...   ABX  ( con  disperazione)   Ho  udito  il  ver?  !   Eoi.  perdona,  idolo  mio! —  (si  gena   nelle  di  lui  braccia  —  gli  amanti  rimangono  atteggiali  in  amplesso ,  e  piangendo  silenziosi  alcun  tempo ,  indi  :)  Ar\.  Quando  il  tuo  labbro  angelico   A  me  giurava  amore  Estinto  ogni  altro  palpito  Io  ti  credeva  in  core  ;   Ma  de’ tuoi  padri  il  bacio  All’  amor  mio  preponi  ;   Tu,  cruda,  or  m’abbandoni...   D’ angoscia  io  morirò.   Lui.  (fra  sè)  Ab  !  dal  suo  labbro  angelico  Qual  mai  traspira  amore,   0  cielo,  ed  incolpevole  Vuoi  d’una  donna  il  core?!   Miei  padri,  addio  !!  —  trafiggenti  L’idea  del  vostro  pianto.   Ma  l’alma  a  tale  incanto  Resistere  non  può.  (e  risoluta  soggiunge:)  Or  eh’  io  li  segua  —  vuol  la  mia  sorte,   Ar\.  IVemmen  dividerci  —  potrà  la  morte,   Lui.  (con  amoroso  delirio )   Se  ancora  estinta  —  esser  dovrei,   Al  tuo  lamento  —  risorgerei.   Arv.  Giuralo,  o  cara.  —   Lui.  Pel  nostro  amor!!   Arx.  E  tale  è  il  voto  —  di  questo  cor.   A  due.  Vieni,  foggiani,  beU’angelo,    12    Nel  più  deserto  loco,   Ove  a’  mortali  incognito  Avvampi  il  nostro  foco.   Per  noi  l’Eliso  appresta  Un  antro,  una  foresta,   Delle  procelle  il  fremito  Dolce  armonia  sarà,   Se  a  te  d’ accanto  vivere   i  \i   Il  tuo  r-  '  ( montano  sulla  navicella   La  tua  6  6  P°tia'  e  fungono  rapidamente.)   SCENA  VII.   Comparisce  indi  sulla  riva  del  fiume  una  squadra  di  Scherani,  i  quali  circospetti  s  internano  iteli  orto.    Coro  (sommessamente)  Ben  fu  saggio  il  comando  supremo)  Qui  protetti  dall’ ombre  notturne  Sul  maliardo  piombare  or  dovremo  Come  spettri  evocati  dall’  urne.   Di  tumulto  scintilla  saria   Trarlo  in  ferri  alla  luce  del  sol,   Che  dell’empio  rapito  in  balia  Va  un  fanatico  e  giovine  stuol.   (s' odono  in  distanza  suoni  e  voci  festive)  Qual  concento  !   ALCUNI  ScHER.  ( uscendo  alla  riva)   dall’ una  all’altra  sponda  Tutta  di  barche  ricoperta  è  l’onda,   Ver  qui  son  volte...   Gli  altri  ( che  sono  nell’orlo)  Zitti,  del  maliardo  Si  schiude  la  magion.   Tutti  d’ognuno  al  guardo   Per  or  si  fugga,  e  ascosi  dalle  fronde   Non  veduti  osserviam.  —  (si  appiattano  fra  le  mac¬  chie  e  le  ruine  della  mura.)    SCENA  Vili.    13    Pietro  cì'A bàno,  Maria,  Lucio,  e  fa  migliori  con  lumi .   PlET.  ( chiamando )  figlia?  —  risponde   L  eco  soltanto,  e  dove  è  mai?...  ( rimarca  aperta   la  capanna  —  entra.)   Mar.  nel  core   Arcano  un  senso  io  provo  di  terrore!  —   PlET.  ( esce  pallido  in  volto —  et  tiene  fra  mani  il  piego  che  fu  lasciato  da  Luisa ,  e  con  voce  tremante  favella  alla  moglie  -.)   Aprire  or  deggio?...  un  orrido  velame  •.   Dischiudo  io  forse . ..  ( frange  con  mano  convulsa  il   sigillo  del  foglio ,  e  leggendo  al  chiarore  d'una  face ,  esclama  .)   Ella  fuggia  ! ,  l’ infame  Pietade  implora...  ahi!,  sorte  inesorata,   Qual  mai  strale,  qual  onta  è  a  noi  serbata!!  —   ( prorompe  in  un  sordo  gemito ,  e  cade  come  tramortito  —  Maria  e  gli  altri  rimangono  atteggiati  del  più  amaro  cordoglio.  —  In  questo  punto  dalla  parte  del  fumé  si  alza  un  allegro  pre¬  ludio  di  musica,  e  la  seguente:)   Serenata:   Coro  Come  l’opale  prezioso.   Che  ha  dell’  iride  i  color,   Fra  le  rupi  sei  nascoso,   0  bell’angelo  d’ amor.   Per  segreta  via  profonda  Ti  scendesse  almeno  in  cor,   Serpeggiando  al  par  di  un’onda  La  canzone  dell' amor.   Mar.  Lue.  Qual  mai  cantica  giuliva   Or  che  sangue  geme  il  cor?!   PlET.  ( scuotendosi ,  e  come  trasogìiato  con  istrazio:)   \   E  per  lei,  che  fuggitiva   Si  diè  in  braccio  a  turpe  amor.  ( ricade  in  letargo  —  il  duolo  ammutisce  i  circostanti.)    14    La  serenata  continua  :   Ma  T  Eliso,  ove  t’  ascondi,   A  scoprir  ne  guida  Amor;   Dal  profumo  che  diffondi  Sei  tradito,  o  vergili  fior.   Se  di  Gerico  in  fragranza  È  la  rosa  a  te  minor,   Di  qual  giglio  mai  t’avanza,   0  bell’ angelo,  il  candor?  —   PlBT.^  ( rinvenendo ,  come  sopra:)   Quali  accenti  !  oh  truce  scherno  Pel  tradito  genitori  —   Empia  figlia,  dell’Eterno   Ti  persegua  l’ira  ognor.  (il  Coro  della  sere¬  nata  andrà  allontanandosi ,  e  sempre  col  ritornello  0  bell’iride  d’amor,   0  bel  giglio  di  candor.   Piet.  Mar.  Ah!  quell’ iri  di  speranza   Più  non  brilla  a  questo  cor.   Tutti  ( con  gemito)   E  svanita  la  fragranza   Di  quel  giglio  e  il  suo  candor  !!  —   SCENA  ULTIMA.   Dal  ripostiglio  escono  gli  Scherani  e  detti   *  •  i   Coro  0  Pier  d’Abano,  mago  incolpato,   Del  tuo  arresto  comando  ne  diè  La  suprema  Giustizia . . .   Mar.  Lue.  %  Rio  fato!...   Piet.  Altre  folgori  il  cielo  ha  per  me  ?!   (viene  trascinato  dagli  Scherani  —  Maria  cade  tramortita  nelle   braccia  di  Lucio.)    Fine  dell’  atto  I.    SCENA  PRIMA.    L’interno  d’un  rustico  casolare  di  poveri  montanari  sulFApenni*  no  —  al  chiarore  di  lumicini  che  pendono  da  un  solajo  as¬  sidono  raccolte  a  veglia  varie  donne  intente  a  filare  sulla  rocca  —  Montanari  di  varie  età,  quali  occupati  in  lavori  d’in¬  taglio,  quali  conversano  fra  loro  e  colle  donne.   S’ode  al  di  fuori  lo  scroscio  della  piova  e  il  sibilare   dei  venti .   Coro  Che  diluvio!  orrenda  serale  Mugge  irato  l’Aquilone!  —   Ma  che  importa  una  bufera,   Se  la  pace  in  cor  ne  sta?   Forse  accade  più  sovente  Che  de’  cor  sia  la  tenzone,   Quando  il  cielo  è  pur  ridente,   Nelle  splendide  città.  ( verranno  bussati  più  colpì   all’uscio  di  strada.)   Parte  del  Coro  (con  sorpresa)   Or  chi  è  là?   Voci  al  di  fuori:  pietosa  gente,   Due  vegliardi  ricovrate,   Che  del  turbine  fremente  Son  percossi  dal  furor.    16    SCENA  II.    I  montanari  aprono ,  ed  entrano  coperti  di  neve  e  molli  per  la  pioggia  i  due  misteriosi  in  brune  cap¬  pe  —  sono  Pietro  da  Reggio,  e  Landò  il  suo  con¬  fidente.  Detti.    PlET.  D.  R.    PlET.  "  PlET.  D.  R    (  depongono    Coro.  Se  di  canna  offrirvi  un  tetto   Sol  possiamo,  perdonate...   Piet.  d.  R.  Landò.   Sì  il  tugurio  è  benedetto  Che  una  reggia  dal  Signor,  t  mantelli ,  che  vengono  raccolti  dai  montanari.)  Ove  il  giogo  d* A pennino  E  più  sterile  e  sublime  Sol  chi  cerchi ,  o  peregrino ,   Rinvenir  da  te  si  può.   Un  Romito  in  tali  accenti  'avviava  a  queste  cime,   Ed  un  raggio  fra  gli  stenti  Di  conforto  a  me  brillò.   La  mia  speme,  il  voto  mio  Compia  alfin  benigno  Iddio,   Che  a  sfidare  gli  elementi  Per  quel  voto  mi  chiamò.    (e  volgendo S:  al  Coro  )    Dite,  un  giovane  albergato  Qu  iveniva?...   Sì,  da  un  anno.  Mio  nepote  è  il  disgraziato,  Che  una  perfida  ammaliò.   CORO  ( rimangono  sorpresi  e  soggiungono  .-)   Disperata  ella  s’  è  uccisa,    17    E  lui  strugge  orrendo  affanno...   ( s’ode  nelVinterno  un  lamento  .  )   Ab!   Coro  I’  udite  ?   Voce  interna  mia  Luisa  !   Coro  La  sua  mente  il  duol  turbò.   PiET.  D.  R.  (con  dolore)   Che  intendo  !  —  Arnoldo  mio  !...  (move  verso   rinterno,  chiamando  ad  alta  voce.)   SCENA  III.   Si  spalanca  di  prospetto  un  uscio,  e  comparisce  Arnoldo  pallido,  dimesso  nelle  vesti,  e  detti.   *   Arn.  Da  quai  labbra  nomato  ora  son  io?  (nel  ravvisare   l'avo  si  atteggia  di  estrema  sorpresa.)   Piet.  D.  R.  Sì,  tu  sei  desso,  ti  rinvenni  a  Mi  ne,   Ma  in  qual  misero  stato!...   Arn.  Vittima  io  son  del  più  tremendo  fato.   A  me  ramingo  ed  orfano,   Affranto  dal  dolore,   Una  beltade  angelica  Giurava  eterno  amore,   E  di  cotale  un  giubilo  Quest’  anima  beò,   Che  nell’  Empireo  un  fremito  Di  gelosia  destò.   Quando,  fatai  memoria!!.   Smarrita  un  dì  la  mente,   Colei  mi  fugge  e  affogasi  IVell’acque  d’un  torrente...  (e  ad  un  tratto  rasserenandosi ,  esclama  come  in  delirio  .•)    1S    Ma  all'amoroso  palpito  Destarla  io  ben  saprò,   Che  al  pianto  mio  rivivere    Quell'  angelo  giurò.   PlET.  I).  R.   E  in  lui  destò  sì  orribile,   Inverecondo  amore   La  figlia  di  Pier  d’Àbano...   Lo.   Un  maliardo  . . .   Coro   orrore!. ..   Un  reprobo,  che  ai  demoni   Lo  spirilo  donò  ?  !   Piet.  d.  R.   Ma  sterminar  quell1  empio   Un  giorno  io  ben  saprò.   Ovunque  al  fiero  eccidio  moverai   Di  quell’  uomo  infelice,   Trema,  o  crudel,  della  mia  spada  ultrice.   Quel  vile  accento  sperdasi  Di  sangue  e  di  vendetta,   Fiamma  novella,  indomita  S’  accende  nel  mio  cor.   Il  padre  tuo  difendere,   Luisa,  a  me  s’aspetta...   Del  brando  mio  paventino  [  barbari  oppressor.   JPiF/r.  b.  E.  Lo.  e  Coro   %   E  folle,  insano  il  misero,   Perverso  è  ornai  quel  cor!!  —   Piet.  d.  R.  Nel  sangue  di  Pier  d’Abano  Si  spenga  il  mio  furor!!  —   {Arnoldo  impetuosamente ,  indarno  ratlenuto,  si  spinge  fuor i  dell'abituro  —  tutti  inorriditi  lo  inseguono.)    SCENA  IV.    19    Luogo  solitario  —  Notte  —  in  fondo  torreggia  una  città  —  da  un  lato  scalea,  che  mette  al  vestibolo  d'  un  tempio,  a  cui  attiguo  sorge  di  prospetto  antico  edilizio  sostenuto  da  ampie  gotiche  volte,  da  cui  a  traverso  cancelli  si  vede  schiaralo  fiocamente  dalla  luna  un  campo  sacro  ai  defonti  —  Tutto  è  silenzio.   Reagendosi  a  stento  inoltra  una  donna  pallida ,  ema¬  ciata ,  con  vesti  e  chiome  discinte  —  è  Luisa.   Lui.  Ecco  Bologna  !  —  le  paterne  mura   Vicine  io  scorgo  I  —  o  soglia  venerata,   Varcare  io  ti  potrò??  —  la  dispietata,   Che  in  abisso  d’ infamia  e  di  sventura  Spigneva  i  padri  suoi,  forse  io  non  sono?..   Pur  m’avviva  una  speme  di  perdono.   Va,  mi  disse  il  pietoso  eremita,   Che  salvommi  dai  gorghi  dell’onda,   E  tuo  simbolo  l’agna  smarrita,   Che  de’  padri  s’attende  alTovil.   Dio  benigno,  se  è  vero  che  il  ciglio  Or  di  pianto  sincero  mi  gronda,   Al  perdono  del  prodigo  figlio  Deh  !  rinnova  portento  simìl.   E  Arnoldo  ?  !. . .  essere  estinta  Deggio  per  lui  !!  —  «  solenne  voto  al  cielo  »  Io  ne  sciogliea  ;  così  l’orrendo  crime  »  Anco  espiar  si  possa,  onde,  perduta  »  La  fè,  la  speme  del  perdon  di  Dio,   »  Pieci  dere  io  tentava  il  viver  mio.   Tal  in’  impose  il  vecchiardo  eremita,   Che  salvommi  dai  gorghi  dell’onda  ;   Or  mio  simbolo  è  l’agna  smarrita,   Che  de’ padri  s’attende  oìPovil.    20    Dio  pietoso,  se  vero  è  die  il  ciglio  Or  di  pianto  sincero  ini  gronda,   Al  perdono  del  prodigo  figlio  Deh  !  rinnova  portento  simìl.   ($*  inginocchia  sui  gradini  della  scalea ,  e  trafelata  cade  in  sopore.)   ì  oci  confuse  nel  tempio :   Va,  fuggi,  t’ invola,  —  maliardo  aborrito,   Il  truce  tuo  viso  —  contamina  il  rito!  —   SCENA  V   Pietro  d’Abaino  in  cima  alla  gradinala  del  tempio,  e  detta.  PlET.  (con  ira )   Anime  inique,  un’adorata  salma  Ch’io  posi  nell’avello  a  me  impedite?!   Dalle  soglie  del  nume  io  son  rejetto...   Un  eretico  or  sono,  un  maledetto?!  —   Indarno  adunque  V  innocenza  mia  Proclamò  il  vaticano?,  onde,  «l’orrendo  »  Carcere  a  me  dischiuso,  un  più  solenne  »  Trionfo  io  m’ebbi  che  a  Lutezia  un  giorno! . . .  »   E  Padoa  forse  fra  lo  stuol  docente  Me  non  chiama  suo  figlio  sapiente?...   Come  a  spiaggia  desiata,  sì  il  mio  spirto  Anelando  veleggia   A  te,  natia  cittade!  —  eppur  ch’io  deggia   D’un  rio  livor  soccombervi  alla  guerra   Cupo,  fatai  presagio  il  cor  mi  serra!  —  (discende  c   intoppando  nella  figlia)  Chi  è  là?...  una  mendica... —   Ed.  (si  scuote ,  lo  ravvisa ,  c  con  isgomento  fra  sè  :)   mio  padre,  gran  Dio!...  Piet.  Chi  se’ tu,  infelice?...- —   Lei.  (si  prostra,  e  con  voce  tremola,  e  piang.)  tua  t  fig|,*a  son  j0    21   ( orrore ,  indignazione  di  Pietro ,  c/ie  Za  misura  di  un  guardo  terribile ,  e  wia/e  frenandosi  simula  di  non  riconoscerla j»   Lui.  Pentita  ritorno ...  —  non  m’  hai  ravvisata  ?...   PlET.  (con  singulto)   Non  sei  tu  mia  prole  !  —  t’arretra,  insensata  !...  A  due  poveretti  —  per  gli  anni  languenti  Rendea,  sì,  una  figlia  —  i  giorni  ridenti,   Fu  lampo,  fu  sogno  —  del  vergine  fior   L’olezzo,  e  pel  fango  —  ne  sparve  il  candor...  De’  padri  alle  soglie  —  non  mova  l’indegna...   Per  essa  l’infamia, —  la  morte  vi  regna!...   Lui.  ( prorompe  con  disperazione  .)   0  santo  eremita,  —  l’ovile  paterno  Ripudia  la  prole!... —   Piet.  Va,  mostro  d’inferno!!  —   Lui.  E  in  te  così  muta  —  1’  umana  pietà  ?...   Non  cruda  cotanto  —  la  madre  sarà.  —   (  Luisa  è  in  atto  di  partire  —  Pietro  V  arresta  e  mette  un  sordo  gemito  —  in  questo  punto  nell ’  interno  dell'  edifizio  s' ode  una  lugubre  salmodia ,  e  si  vede  attraversare  lentamente  il  fune¬  bre  campo  uno  stuolo  di  anacoreti  con  ceri ,  indi  una  bara  e  popolo  a  capo  chino.  )   Coro  Eterna  requie  all’  anima   Che  abbandonò  la  terra,   A  cui  del  vero  giubilo  La  speme  or  si  disserra  ;   Del  bacio  tuo  santissimo  Confortala,  o  Signor,   E  nel  perpetuo  secolo  La  irraggi  il  tuo  splendor.   PlET.  ( trascinando  la  figlia  atterrila  ai  cancelli.)   Tetro  baglior,  funereo  Rischiara  il  cimitero,    22    Per  chi  moria  si  mormora  Un  cantico  severo  !...   Or  vedi  tu  quel  feretro?  . .  .   E  lì  tua  madre  estinta,   Che  venne  al  die  novissimo  Da  te,  o  crudel,  sospinta  . . .   Del  suo  tremendo  anatema  Per  me  ti  colga  il  ciel  !  !  —   Dui.  ( con  g rido  disperato ,  angoscioso  -.)   Gran  dio  !  !  —  me  stessa  invadere   Possa  di  morte  il  gel  !  !  —  (  cade  tramor¬   tita.  Pietro  rimane  immobile  insensato  contemplando  la  figlia ,  che  dopo  vari  istanti  rinvenendo  esclama  come  in  delirio  :)   0  tu,  che  sei  fra  gli  angeli  Fuggito  al  duol  terreno,   Scendi,  o  materno  spirito,   Del  genitore  in  seno,   Per  te  fia  dato  estinguere   Del  suo  corruccio  il  foco  ...  (  e  stringendo   al  padre  le  ginocchia ,  e  additandogli  il  cielo  .  )  Per  essa,  per  queir  angelo,   0  padre  mio,  t’  invoco .  . .   Perdona,  e  questa  misera  Dal  ciel  perdono  avrà  !  —   Pi  ET.  ( soggiunge  e  quale  forsennato  va  ripetendo  :)  j\è  Iddio,  nè  il  padre,  o  reprobo,   Perdono  a  te  darai!  ( momento  di  terribile  silenzio;  riprenderà  internamente  il  salmeggiare  degli  anacoreti:)   Coro  Un  cor  contrito  ed  umile  Da  te  non  sia  rejetto,   Su  me  l’issopo  aspergasi,   O  nume  benedetto,   E  immacolato,  niveo  Lo  spirto  mio  sarà.  —    23    Perdona,  e  inspira  agli  uomini  Peli'  ofìensor  pietà.   ( tutto  ritorna  in  silenzio  —  Pietro  avrà  ascoltato  attentamente  la  salmodia  —  contempla  nuovamente  la  figlia  —  una  lagri¬  ma  gli  spunta  sul  ciglio  —  e  prostrandosi  in  atio  di  preghie¬  ra,  mal  suo  grado  :)   Piet.  A  che  mi  commosse  —  quel  flebile  canto?   Perchè  le  mie  ciglia  —  son  molli  di  pianto?  Quai  mistici  sensi  —  or  provo!*   Lui.  È  il  Signore,   Che  a  te  la  pietade  —  infonde  nel  core...  PlET.  ( piangendo )   0  salmi  pietosi,  —  o  sacro  concento  !...   Lui.  (con  anima  crescente-.)   Dall’  urna  materna  —  pur  esce  un  accento,   Che  all’alma  d’ un  padre  —  perdono  consiglia!...  Ascoltalo. ..   Pi  et.  figlia... —   Lui.  (c.  s.)  perdona...   PlET.  ( schiudendole  l'amplesso)  Mia  figlia!!..  .   Lui.  Gran  dio,  forse  è  vero?!  —   Piet.  È  spento  il  furor...   Qual  io  ti  perdono  —  perdoni  il  Signor!!  —   A  DUE  ( prostrati  e  con  espansione :)   Oh!  sia  benedetto —  pur  sempre  l’Eterno,   Che  all’ uomo  soccorre — nel  dì  del  dolor.   sposa,  0|.  |jeata  —  ne]  cje]0  superno  madre,   Ognor  de’ tuoi  cari  —  favella  al  Signor  !  !  —   P I ET.  ( sorgendo  esclama:)   a  11  volgo  io  derido  —  che  un  empio  mi  crede,   »  Non  più  m’atterrisce- —  dell’uomo  il  furor,   »  Se  ancora  una  figlia  —  Iddio  mi  concede,   »  E  un  tempo  m’aspetta  —  di  gloria  e  splendor!!»  Fune  dell’  atto  II.    h    SCENA  PRIMA   Padova  —  il  Prato  della  Valle  —  baracche  d’ ogni  sorta —  da  un  lato  padiglione  all’  ingresso  di  magnifico  recinto  apparato  per  un  torneo  —  accorre  d’  ognidove  immensa  folla  di  popolo.  —   CoRo.TTripudio  e  baldoria!  —  esultino  i  cori!   Sia  gaja,  sia  splendida  —  la  Festa  dei  fiori  !  —   Dell’  aureo  carroccio  —  la  nobil  difesa,   La  giostra  del  Satiro  —  rammenta  un'Impresa,   Che  somma  pei  secoli,  —  ed  inclita  andrà  Ne’  fasti  che  annovera  —  1’  Euganea  Città.   (varii  banditori  di  storie  dispensano  fra  il  popolo  delle  pergame¬  ne  —  chi  legge  su  quelle,  chi  ascolta  )   Parte  del  CORO  (  leggendo  :  )   Pel  Sire  di  Svevia  —  in  Padoa  regnava  Un  Conte  Pagano  —  un’  anima  prava,   Di  vampa  amorosa  —  lo  ardea  Speronella,   Ed  esso,  l’infame!,  —  rapì  la  donzella;   Con  prodi  seguaci  —  allor  Dalesmanno   Ritolse  la  figlia,  —  sconfisse  il  tiranno  !  —   Tutti.  Tripudio  e  baldoria  !  —  esultino  i  cori  !   Sia  gaja,  sia  splendida  — la  Festa  dei  fiori!  —  Varii  del  popolo  (osservando  all’  interno  .)   Oh  come  s’avanza  —  leggiadro  il  Silvano,   Fedele  sembianza  —  del  Conte  Pagano  !  —   (intanto  varie  persone  ammantellale  si  ragunano  fra  loro ,  e  gua¬  tando  sdegnose  alla  folla  baccante ,  dicono  sommessamente  :   Or  qui  si  tripudia, —  e  ali’ alba  vegnente   Fia  spento,  fia  cenere  —  di  Padoa  il  sapiente  !    Salvarlo,  o  l’ infamia  —  di  tale  empietà   Col  sangue  de’  giudici  —  scontar  si  dovrà.   (  si  disperdono  )   SCENA  II.   Suono  fragoroso  di  trombe  —  preceduti  da  alfieri  colle  Insegne  di  loro  casato  diffilano  i  Cavalieri  della  Marca  splendidamente  ar¬  mati  —  indi  viene  il  carroccio*  sormontato  da  un  padiglione  di  porpora  con  in  cima  un’  antenna  riccamente  guernita  di  frange  d’oro,  e  avente  l’arme  della  Città  ( drago  verde  a  due  teste)  —  turbine  di  fiori  lanciati  da  giovani  nobili,  che  figu¬  rano  così  1’  assalto  del  carroccio,  a  cui  oppongono  resistenza)  con  armi  eguali  leggiadre  fanciulle,  che  ne  stanno  alla  difesa  sotto  al  padiglione  —  paggi  con  ceste  di  fiori  da  apprestarsi  agli  assalitori  continuamente  —  dietro  il  carro  nuova  schiera  di  Cavalieri,  indi  coll’Insegna  del  Satiro  una  squadra  di  ar¬  mati  in  nera  assisa  —  Scudieri,  valletti,  giullari,  popolo.  —   Lieta  marcia ,  e  Coro   Tripudio,  e  baldoria!  —  esultino  i  cori!   Sia  gaja,  sia  splendida  —  la  Festa  dei  fiori  !  —  Dell’  aureo  carroccio  —  la  nobil  difesa,   La  giostra  del  Satiro  —  rammenta  un’  Impresa,  Che  somma  pei  secoli  —  ed  inclita  andrà   Ne’  fasti  che  annovera  —  1'  Euganea  Città.  —   (  arrivato  lo  splendido  Corteo  all*  ingresso  dello  steccato ,  tutti  si  fermano  —  discendono  dal  carroccio  ì  due  consoli  in  ampio  rob-  bone  di  velluto  rosso,  e  le  dodici  donzelle  coronate  di  gigli  e  di  rose.  —  Terminato  il  Coro ,  si  udrà  nell ’  interno  la  voce  d'  un  trovatore,  che  accompagnata  mestamente  da  un  liuto,  canta .  )   Di  cupo  oceano  —  m’  agita  1’  onda.   Nessuna  vela  —  mi  tragge  a  sponda,   Non  veggo  un’  oasi,  —  che  in  rio  cammino  Dal  sol  difenda  —  me  peregrino;   Cor.  Qual  fiebil  melodia   Dell’ anima  ne  infesta  or  l’allegria?!  —    26   Voce  interna   Deserto,  oceano  —  son  la  mia  vita,   Perì  la  vela,  —  Y  oasi  è  svanita  !   Ben  crudo  è  1’  angelo  —  che  m’ innamora,   Se  al  giuramento  —  infido  è  ancora  !  !  —   SCENA  III.   Il  menestrello  comparirà  cantando  gli  ultimi  versi   esso  è  Arnoldo.   Coro.  Sospendi,  o  menestrello,  il  tuo  lamento  ;   In  tal  giorno  di  giubilo  e  contento   Ali’  Antenoree  sponde  il  trovatore   Sol  move  a  celebrar  virtude  e  amore.  —   Ballata   Arn.  Del  trovador  la  cetra  è  voluttuosa,   La  sua  canzone  è  tenera,  amorosa  ;   Che  vai,  se  a  lui  deserto  e  afflitto  il  core  Gema  per  sangue  intanto  e  per  dolore?   Con  un  sorriso,  che  il  suo  labbro  infiora,   E  ad  allegria  ne  finge  il  viso,  ognora   Sull’ arpa  ei  canterà:  Beato  il  core.   Cui  solo  è  vita  il  palpito  d’amore!   \   E  melodia  divina  in  ciel  rapita   Quando  la  donna  al  bacio  suo  t’  invita.   E  pur  supplizio  Amor,  se  avverso  fato  Da  te  divide  1’  angelo  adorato  !   Ma  sia  delizia  Amore  o  sia  martiro,   Per  la  sua  vampa  io  sol  vivo,  respiro,   E  sempre  canterò  :  beato  il  core,   Cui  solo  è  vita  il  palpito  d’  amore.    $7    Coro  Ben  canti,  o  trovador,  felice  il  core,   Cui  solo  è  vita  il  palpito  d’amore.  —   Tutti   Tripudio  e  baldoria!  —  esultino  i  cori'   Sia  gaja,  sia  splendida  —  la  Festa  dei  fiori.  —  ec.  ec.  ec.   POPOLO  e  Giullari  (  scherzando  attorno  l’insegna  del  Satiro)  Oli!  come  innamori,  —  leggiadro  Silvano...   Fedele  sembianza  del  conte  Pagano  !  !  —   (  tutti  entrano  nello  steccato  —  intanto  che  la  folla  va  diradan¬  dosi ,  e  s ’  allontana  il  suono  della  musica ,  le  persone  ammantel¬  late  si  ragunano  di  nuovo ,  e  c.  s.)  Or  qui  si  tripudia  —  e  all’  alba  vegnente   Fia  spento,  fia  cenere  — •  di  Padoa  il  sapiente  !  —  S  tlvarlo  ! ,  o  l’ infamia  —  di  tale  empietà  Col  sangue  de’ giudici  —  scontar  si  dovrà!   (  partono  )   SCENA  IV.   Cella  solitaria  —  le  pareti  e  la  volta  ne  son  piate  di  immagini  a  fresco  —  scarsa  luce  di  una  lampada.  —  Racchiuso  in  ampia  Umica  di  colore  violetto  s’  avan¬  za  un  vecchio  —  è  Pietro  da  Reggio.   Piet.  Nell’orgie  ancor,  nel  futile  tripudio  Immersa  è  la  cittade  ;  indi  fra  poco  Insensata  del  pari  e  curiosa  A  ben  altro  spettacolo  La  folla  accorrerà:  di  Pietro  d’ Abano  Al  supplizio.  —  Di  te  1’  alta  facondia  Ove  ne  andò,  maliardo?.,  oh  ben  caduchi  Fur  gli  osceni  trionfi,  onde  più  volte  I  giudici  hai  schernito,   Sacrilego,  aborrito!!  —   Prepotente  un  destili  sull’  orme  tue    28    Mi  trasse  ognora,  e  giudice  di  morte  Essere  a  te  giurava  allor  eli’  io  seppi  Di  mio  nepote  infame  ammaliadrice  La  prole  tua;  io  ti  raggiunsi,  il  mio  Corruccio  alfin  ti  coglie  al  suol  natio!!   SCENA  Y.   Laindo  e  detto.   »   Piet.  d.  R.  Che  rechi?...   Laiv.  Arnoldo  . . .   Piet.  d.  R.  ( con  interesse)  R  misero   Ritrovo  alfin?...   Lan.  L’indegno   Sotto  sembianza  in  Padova  Giugnea  di  trovador.   Piet.  d.  R.  Che  parli!   Lan.  Pietro  d’Abano   Salvare  è  suo  disegno...   Piet.  d.  R.  Stolto!   Lain.  Con  lui  cospirano   Ben  altri. . .   Piet.  d.  R.  Oh  mio  furor  !  !   Maledetti,  alla  congiura  Qual  delirio  vi  trascina?!   Non  per  essa  men  secura  La  vendetta  mia  sarà.   Il  mio  foco  è  struggitore  Come  folgore  divina  . . .   Ben  dei  roghi  Io  splendore  Luce  e  gloria  a  me  darà.   Lan.  Sì,  dei  roghi  lo  splendore   Luce  e  gloria  a  te  darà.    SCENA  VI.    29    La  Piazza  di  Padova  —  è  il  crepuscolo  mattutino  —  al  mesto  rin¬  tocco  di  lugubre  campana  per  varie  bande  convengono  i  po¬  polani  —  Squadre  di  armigeri  occupano  lo  sbocco  di  ogni  con¬  trada  —  Di  lì  a  qualche  istante  dal  Palazzo  della  Ragione,  preceduto  da  pietose  fraternità,  dallo  stuolo  dei  giudici,  cir¬  condato  da  sgherri  comparisce  Pietro  d" Abano  —  due  uomini  vestiti  a  bruno  ne  sorreggono  la  persona  affranta  per  la  tor¬  tura  —  Pietro  da  Reggio  con  a  lato  il  suo  confidente  è  fra  i  giudici.   Durante  questa  funerea  processione,  che  move  lentamente  al  luogo  del  supplizio,  che  si  figura  nello  interno,  si  canta  il  seguente  Coro  :   Pietà,  Signor  del  misero,   Che  impenitente  muore,   Che  sol  devota  a  Satana  Ebbe  la  mente  e  il  core;   Pria  che  del  dì  terribile  A  lui  si  squarci  il  vel.   Converti  a  te  quell’  anima,   Possente  re  del  ciel  !   Pi  ET.  ( arrivato  nel  mezzo  della  piazza ,  si  ferma  e  con  voce  fie¬  vole,  ma  secura  :  )   Qui  al  cospetto  degli  uomini,  di  Dio  Altamente  proclamo  iniqua  e  stolta  La  mia  condanna  ;  agl’  invidi  nemici  Io  muoio  perdonando  ;  e  al  mondo  invoco  Un  tempo  illuminato,  ove  s’  apprenda  Esser  divina  l’anima  dell’uomo,   Onde  ai  portenti  per  la  scienza  mia  Sol  giunsi,  che  opra  d’ infernal  malia  Estima  il  volgo  folle  ed  insensato  ....  (/a  parola   gli  muore  sul  labbro  —  lo  copre  un  pallore  dì  morte.  )  Egli  bestemmia  !    Coro.    30    SCENA  VII.    Picchio  di  spade  al  di  fuori ,  voci  tumultuose ,  confusio¬  ne  a  un  angolo  della  piazza  —  Luisa  come  forsennata,  facendosi  largo  tra  la  folla ,  arriva  a  suo  padre.   Lui.  padre  sventurato!  1   PlET.  (  apre  languidamente  gli  occhi ,  e  a  lei  mesto  sorride  )  Ch’io  ti  serri  al  mio  sen  pria  di  morire  Iddio  concede  !...   Voci  interne  evviva  Pietro  d’  Abano  ! .   PlET.  ( sorgendo  )   Viva  il  suo  genio  !  ( indi  con  voce  manchevole  •)   i  ferri  declinate,   Per  una  salma  or  voi  sol  guerreggiate  .  . .   (  ricade .  —  Il  tumulto  andrà  cessando  )  PlET.  D.  R.  (con  derisione)   Repressa  è  la  congiura.  .  .  (e  osservando  Pietro  '  d’  Abano  morente  )   ma,  oh  furore  ! ,   Del  supplizio  al  dolore  Lui  sottragge  la  morte  ! . .   Piet.  «  sìj  sentendo   »  I  funerei  suoi  vanni .  . .  ella  .  .  a  me  viene  . . .   »  Dolce  amica  .  .  il  tuo  boccio ...  ed  il  sorriso  »  Di  più. . .  splendida  vita  ....  »   SCENA  ULTIMA   Impetuoso ,  con  ispada  alla  mano  ,  indarno  rattenulo ,  Ap^noldo  s  innoltra ,  e  scorgendo  Luisa  :   Arw.  (con  grido  di  gioia )  li  paradiso   Si  schiude?!    31    Lui.  (  sorpresa ,  e  sgomentata  estremamente  )   Arnoldo  !  ? .   Arn.  «  del  tuo  fido  al  pianto   »  Risorgi  alfine  ?  . . Piet. d.  R. orrendo,  novo  incanto   »  Questo  è  dell’  empio,  un’  alma  trapassata  »  Ei  rivoca  !  ! . .   (orrore  generale). Lui.  dai  vortici  dell’ onde   »  Mi  salvava  un  Romito  . . .   Ar:v.  Alfin  ti  stringo   »  Ombra,  o  donna,  al  mio  seno . . .   »  Ma  . . .  tu  sei  dessa  . . .  parla  a  me  d’amore. Te  mia  sposa  consacri  il  genitore.   Lui.  ( inorridita  lo  respinge,  e  accenna  il  padre  assorto  in  agonia)   Tutti   Lui.  In  quest’  ora  di  morte  tremenda   Chiudi  il  labbro  all’ accento  d’amore,   Sul  passato  un  velame  si  stenda,   Lunghi  giorni  il  mio  viver  non  ha.   Fra  i  silenzi!  di  chiostra  romita,   Ove  un  giuro  la  chiama  al  Signore,   Or  quest’  orfana,  grama,  pentita  Per  te  all’  ara  pur  supplice  andrà.   Arx.  (  disperato  )   Va,  de’  morti  la  prece  m’ intuona   Or  che  spento  hai  la  fiamma  d’  amore  !  —  Empia  lei,  che  il  suo  fido  abbandona. Mai  la  pace  dell’  anima  avrà  1 1   Pur  fra  1’  ombre  del  claustro  silente,   Ove  un  Dio  ti  rapisce  al  mio  core,    32    Del  mio  spirito  1’  ombra  dolente   Le  tue  gioie  a  turbare  verrà  !  !   PlET.  (  come  invaso  da  sublime  apparizione ,  raccogliendo  tutte  r  estreme  sue  forze,  e  sorgendo  atteggiato  di  splendido  sorriso  :  )   Del  mio  genio  sui  vanni  rapita   Sento  io  T  alma  alle  sfere  lucenti . . .   Ei  Venezia  ...  la  grande  nv  addita  . .  .   Salve,  salve  immortale  . . .  città  !  ! . . .   Poi  Fiorenza,  e  .  . .  in  arcane  . . .  parole  Mille  e  mille  predice  sapienti . . .   Son  quei  sommi,  onde  .. .  splender  . ..  qual  sole  Sovra...  il  mondo  la  pa...tria  dovrà!!  —   PlET.  D.  R.  ( fra  sè  confuso:)   Qual  mai  lampo  balena  sul  viso   A  quel  gratide  nell’ora  di  morte?!...   Oh  !  qual  lampo;  il mio spirto è conquiso . Nella  polve  piombare  mi  fa.   Coro  Egli  muore  !  —  dell’  erebo  ardente  Si  disserran  le  orribili  porte . . Santo giudice, nume clemente, Di quell’alma proterva pietà!! — (Pietro d'Abano  è  spirato  —  Luisa  volge  un  ultimo  sguardo  al  cadavere  del  padre,  e  ad  Arnoldo  in  atto  di  estremo  conge¬  do  —  uno  stuolo  di  Suore  velate  a  sè  la  accoglie  —  Pietro  da  Reggio  trae  seco  il  ncpote  desolato.  —  Stupore ,  atteggia¬  mento  di  tristezza  generale.). F I N E. Refs.: Luigi Speranza, “The reception of pseudo-Aristotle via Abano’s edition”. Abano. Keywords: filosofia del linguaggio. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Abano," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Grice ed Abano #Abano. Sclavione.

 

 

Grice e Scupoli: la lotta coll’angelo – la lotta dell’angelo e il demonio -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Otranto). Filosofo Italiano. Very important Italian philosopher. Entra nell'ordine dei teatini per ricevere gli ordini sacri. Discepolo di Avellino, appartenente al suo stesso ordine.  Risale l'accusa di violazione della regola, per cui èarrestato per un anno e sospeso a divinis. Per la sua assoluzione dove attendere quasi la morte. Intanto, sopporta l'ingiusta accusa e la pena conseguente con umiltà e umanità. Il combattimento spirituale. Con l’orazione porrai la spada in mano al divino, perché combatta e vinca per te. La preghiera è dunque l’arma di tutte le vittorie. Essa è la debolezza del divino e la forza dell’uomo perché il cuore del Padre non sa negare nulla di buono ai suoi figli. “Il combattimento spirituale – I V mezzi per raggiungere la perfezione” è un trattato di strategia spirituale che conduce l'uomo alla perfezione. Scupoli indica *cinque* mezzi per raggiungere la perfezione spirituale: sfiducia in sé, pienissima confidenza in Dio, combattimento e uso metodico delle facoltà per correggere i propri difetti, quindi per trionfare del demonio e per conquistare le virtù. Preghiera e meditazione. Comunione.   Spiritualità. Scupoli. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Scupoli," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Sebasmio: la classe romana – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Sebasmio is a philosopher mentioned on a list of philosophers belonging to the Roman aristocracy. SEBASMIO.

 

Grice e Secondo: la gnosi romana – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. According to Ippolito di Roma, a gnostic who believes that the world is divided into light and darkness. Secondo.

 

Grice e Secondo: il cinargo romano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma) Filosofo italiano. Tacito. A Pythagorean, he acquires the nickname on account of a vow of silence he takes. Although some regard him as a Pythagorean, he appears to have led the life of the Cinargo. Even Adriano can not get to break his vow – although S. may have provided written answers to some of the philosophical questions Adriano poses.

 

Grice e Selinunzio: la scuola di Reggio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio). Filosofo italiano. Pythagorean. Giamblico.

 

Grice e Sellio: l’allievo di Filone – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Gaio Sellio. Pupil of Filo at Rome. Gaio Sellio.

 

Grice e Sellio: il fratello – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Pupil of Filone at Rome – possibly Gaio Sellio’s brother. Lucio Sellio.

 

Grice Selvatico: estense – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. S. Estense.

 

Grice e Semerari: il principio del dialogo in Socrate – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo Italiano. Grice: “Whereas it would be considered in bad taste at Oxford, the Italians pun on names – and there is an essay on the ‘seme’ of ‘semerari’ Witty!” -- Grice: “Perhaps Semerari is right and the philosopher MUST metaphorise. What better title to an essay on Carabellese than ‘La sabbia e la roccia”?” -- Grice: “I like Semerari: His ‘principio del dialogo in Socrate” is reprinted in his invaluable collection on “Dialogo.”” – Grice: “In a way, we may say that Calogero, Semerari, and myself, belong to the school of the philosophy of conversation – not to mention Apel!”. Si laurea a Roma sotto CARABELLESE. Insegna a Bari. Collabora ad Aut Aut, Critica storica, Giornale critico della filosofia italiana, Clizia, Historica, Rivista di filosofia del diritto, Rivista di filosofia, Il pensiero, Archivio di filosofia e altre riviste specialistiche. Fonda Paradigmi. Si dedica per lo più a Spinoza, a Schelling, alla fenomenologia di Husserl e Merleau-Ponty e al materialismo storico di Marx. Altri saggi: Lo spinozismo,Vecchi, Trani; Storia e storicismo: saggio sul problema della storia in CARABELLESEC, Vecchi, Trani; Storicismo e ontologismo, Lacaita, Manduria, Dialogo, storia, valori: studi di filosofia, Ciranna, Siracusa; Interpretazione di Schelling, Libreria scientifica, Napoli;  Esistenzialismo italiano (Grice: “This reminds me of parochial Warnock and his “English philosophy,” or Sorley for that matter!” -- Cressati, Bari; “Questioni di etica, Adriatica, Bari; Responsabilità e comunità umana. Ricerche etiche, Lacaita, Manduria; La filosofia come relazione, Quaderni di cultura, Sapri; Natale, Guerini, Milano; “Scienza nuova e ragione, Lacaita, Manduria; S., Guerini, Milano; Da Schelling a Merleau-Ponty; Cappelli, Bologna; La lotta per la scienza, Silva, Milano; Valerio, premessa di Papi, Guerini, Milano, Spinoza, Marzorati, Milano; Esperienze, Argalia, Urbino; La filosofia dell'esistenza in Kant, Adriatica, Bari;  Introduzione a Schelling” (Laterza, Bari); Filosofia e potere (Dedalo, Bari); Civiltà dei mezzi, civiltà dei fini. Per un razionalismo filosofico-politico, Bertani, Verona;  La scienza come problema: dai modelli teorici alla produzione di tecnologie” (Donato, Bari); “Insecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Spirali, Milano); “La sabbia e la roccia. L'ontologia critica di CARABELLESE” (Dedalo, Bari); “Dentro la storiografia filosofica” (Dedalo, Bari); Sartre. Teoria, scrittura, impegno” (Sud, Bari); Novecento filosofico italiano. Situazioni e problemi, Guida, Napoli; “Scesi. Studi husserliani” (Dedalo, Bari); Filosofia Guerini, Milano Confronti con Heidegger (Dedalo, Bari); La filosofia come scienza rigorosa, Laterza, Bari, Frammenti di diario; l'anno di Istanbul, Schena, Fasano. “La cosa stessa.” Seminari fenomenologici (Dedalo, Bari); “Dommatismo e criticismo”, “Deduzione del diritto naturale” (Laterza, Bari); Pensiero e narrazioni. Modelli di storiografia filosofica” (Dedalo, Bari); Frammenti di diario; l'anno del Messico, Schena, Fasano); “Fenomenologia delle relazioni, Palomar, Bari); “Ragione e storia. Studi in memoria” Tateo, Schena, Fasano;  Dalla materia alla coscienza. Studi su Schelling in ricordo, Tatasciore, Guerini, Milano; ‘La certezza incerta” Scritti su Semerari con due inediti dell'autore, S., Guerini, Milano; Ponzio, Il significato della filosofia per S., in "BariSera", Niro, S.. Il problema morale, Atheneum, Firenze, Silvestri, Il seme umanissimo della filosofia. Sul pensiero di S. (Mimesis, Milano). Treccani  Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giuseppe Semerari. Semerari. Keywords: fascismo, Gentile, neo-idealismo come intrinseccamente fascista, Croce, Vico, intersoggetivo, io-tu, dialogo, dialogo autentico, comunita, valore comunitario, comunita umana, vico. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Semerari” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Semmola: filosofia come istituzione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Grice: “I find it difficult to decide if Semmola endorses formalism or informalism in his monumental “Logica.”” Grice: “While Ayer never liked it, metaphysics is very popular in Italy, as Semmola’s monumental “Metafisica” testifies.” Grice: “It’s good to see philosophy as an institution, in the Italian way of using this word, as per Semmola, “Istituzione di Filosofia.” Uno dei più grandi esponenti della scuola napoletana. Partecipa ai moti di Marigliano. Saggi: “Istituzioni di Filosofia,” “Logica,” “Metafisica”, Biblioteca, Napoli. Mente divinatrice ardente spirito investigatore che nello studio della natura morbosa dell'uomo produsse miracoli di arte e di scienza scolare e presto emulo del suo gran più ai giovann conchiuse alla novità delle dottrine una sapienza antica procacciandosi fama in patria e fuori di sommo maestro in medicina ne rifulse lo ingegno incomparabile dalla cattedra nell'università napoletana nelle accademie e negli ospedali nei consessi legislativi e nei congressi scientifici nella parola negli scritti membro della commissione legislativa riunita in Firenze principale autore di un codice sanitario italiano inviato unico plenipotenziario alla conferenza sanitaria internazionale di Vienna deputato e poi senatore nel patrio parlamento onorato due volte di medaglia d'oro dal proprio governo per le cure ai colerosi da quello del Brasile per la guarigione del suo imperatore Socio di gran numero di accademie italiane e straniere Insignito di molti tra i maggiori gradi cavallereschi. Muore nella fede catolica avita. Questo marmo per voce del comune Si fa eco della pubblica solenne onoranza cittadina. Le spoglie mortali riposano nella cappella mortuaria di famiglia ove le vollero la vedova ed i figliuoli a rendere vieppiù paghi la loro pietà ed il riconoscente affetto. Mariano Semmola. Semmola. Keywords: istituzioni di filosofia, l’istituzione della logica, l’istituzione della metafisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Semmola” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Senea: la scuola di Caulonia – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Caulonia). Filosofo italiano. A Pythagorian cited by Giamblico.

 

Grice e Senocrate: la scuola di Metaponto – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. Pythagorean. Giamblico.

 

Grice e Senofante: la scuola di Metaponto – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. Pythagorean – Giamblico.

 

 

Grice e Serbati: il divino nella filosofia italiana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Rovereto). Filosofo italiano. Important Italian philosopher. Frequenta  l’imperial regio ginnasio. Studia a Padova. A questo proposito i famigliari raccontavano come, fin dalla più tenera età, legge alla luce della sua aureola.  E in occasione della venuta a Rovereto del vescovo di Chioggia per consacrare le chiese di S. Maria del Carmine e di S. Croce, appartenente all'omonimo monastero, che, prendendo parte alla cerimonia, ottenne il diaconato. Mostra una profonda inclinazione per la FILOSOFIA, incoraggiato in tal senso da Pio VII.  Si trasfere a Milano dove strinse un profondo rapporto d'amicizia con Manzoni che di lui ebbe a dire -- è una delle sei o sette intelligenze che più onorano l'umanità. Manzoni assistette S. sul letto di morte, da cui trasse il testamento spirituale "Adorare, Tacere, Gioire". La sua filosofia destarono l'ammirazione, tra gli altri, anche di Stefani, Tommaseo e Gioberti dei quali pure divenne amico. Dopo aver dovuto lasciare il Trentino, per motivi di forte ostilità per le sue posizioni incontrati da parte del vescovo di Trento fonda al Sacro Monte Calvario di Domodossola la congregazione religiosa dell'Istituto della Carità, detta dei "Rosminiani". Le Costituzioni della nuova famiglia religiosa, contenute in un libro che cura per tutta la vita, sono approvate da Gregorio XVI. A Borgomanero svolge la sua attività di insegnamento e di guida spirituale in un collegio rosminiano, il "Collegio Rosmini", regolato dalla Congregazione della Provvidenza Rosminiane. Svolge una missione diplomatica per conto del Re di Sardegna Carlo Alberto presso la Santa Sede. E presidente dell'Accademia Roveretana degl’Agiati ed il suo posto, anni dopo la sua morte fu assunto da Paoli, suo segretario ed esecutore delle volontà, già direttore di Casa S.. Tra le sue volontà del vi e anche quella di donare a Rovereto un terreno nell'attuale zona di S. Maria per costruirvi l'ospedale cittadino, e Paoli onora tale decisione. Porta avanti tesi filosofiche tese a contrastare sia l'illuminismo che il sensismo. Sottolineando l'inalienabilità dei diritti naturali della persona, fra i quali quello della proprietà privata, entrò in polemica con il socialismo e il comunismo, postulando uno Stato il cui intervento fosse ridotto ai minimi termini. Nelle sue teorie il filosofo seguì le concezioni di Agostino e AQUINO, rifacendosi anche a Platone.  I suoi esordi filosofici si ricollegano a GALLUPPI, sia pure polemicamente, in quanto S. avverte con ogni chiarezza come risulti insostenibile una posizione di integrale sensismo gnoseologico.  La necessità di concepire una funzione ordinatrice dell'esperienza, e a questa precedente, porta S. a guardare con interesse la filosofia di Kant. Tuttavia non è soddisfatto di ciò che lui chiama l'innatismo kantiano, legato ad una pluralità imbarazzante e precaria di categorie. Le quali, d'altra parte, gli sembrano fallire lo scopo di far conoscere il reale quale esso è, per la necessaria introduzione di modifiche soggettive nell'atto stesso del conoscere.  Il problema filosofico di S. si configurava perciò come quello di garantire oggettività alla conoscenza. La soluzione non potrà essere trovata, stante il rifiuto della trascendentalità kantiana e dei connessi sviluppi, se non in una ricerca ontologica, in un principio oggettivo di verità, che riesca ad illuminare l'intelligenza in quanto le si proponga con immediata evidenza, universalità e immutabilità.  Questo principio è per S. l'idea dell'essere possibile, che da indeterminato contenuto dell'intelligenza, quale originariamente è, si fa determinato allorché viene applicato ai dati forniti dal senso. Essa precede e informa di sé tutti i giudizi con cui affermiamo che qualche cosa particolare esiste. L'idea dell'essere, dunque, costituisce l'unico contenuto della mente che non abbia origine dai sensi, ed è perciò innata (“Saggio sull'origine delle idee”).  Ma qui i problemi del kantismo, che sembrano superati o almeno messi da parte, si riaffacciano con urgenza: di fronte al mero ricevere dati, di cui parlava il sensismo, ha chiarito che la mente umana nel suo uso conoscitivo formula giudizi, in cui l'idea dell'essere ha funzione di predicato, cioè di categoria, e la sensazione è il soggetto, di cui si predica qualche cosa. Nel giudizio, inoltre, il predicato si determina e la sensazione si certifica: se questa è la funzione propria del giudicare, ogni concetto non può sussistere che come predicato di un giudizio; né a questa necessità sembra potersi sottrarre il concetto di essere, che è dato solo nell'attività giudicante, come forma del giudizio.  Tuttavia non accetta tale riduzione, ed esclude proprio il predicato di esistenza della funzione del giudizio, continuando ad attribuirgli una natura oggettiva e trascendente. È l'essere trascendente che si rivela all'uomo, lo illumina e gli permette di pensare. Chi lo nega come il nichilismo cade in una vuota posizione nullista.  Accanto a questa ontologia la sua etica si sviluppa come etica caritativa (Principio della scienza morale). Dedica alla politica una breve ma intensa fase della sua vita. Seguì Pio IX riparato a Gaeta dopo la proclamazione della Repubblica Romana, ma la sua formazione attestatasi su ferme posizioni di cattolicesimo liberale e tale per cui e costretto a ritirarsi sul Lago Maggiore, a Stresa. Tuttavia, quando Pio IX vuole istituire una commissione incaricata della preparazione del testo per la definizione del dogma dell'immacolata concezione, nonostante ben due suoi saggi (Le cinque piaghe della Chiesa e La costituzione secondo la giustizia sociale) sono all'Indice. Chiamato a prendere parte a tale commissione, e favorevole allo stato liberale (vagheggiando la monarchia costituzionale), al costituzionalismo e anche alla separazione tra stato e chiesa, sebbene non assoluta. Critica lo Statuto Albertino proprio per il suo porre ancora il cattolicesimo come religione di stato, elogiandone comunque il tentativo distensivo nei confronti della Santa Sede. Critica la legge laicista ed anti-clericale. Si convince della sostanziale bontà della maggior parte delle conquiste dell'età moderna, criticandone solo le modalità: in tale ottica, critica sia la rivoluzione francese che l'Ancient Regime, riconoscendo invece la sostanziale bontà dei princìpi sanciti, distinguendoli dalle successive de-generazioni rivoluzionarie, in polemica con chi, da una parte e dall'altra, sostene una società perfettista. Continua a vivere a Stresa, fecondo nel perseguire il perfezionamento del suo sistema di pensiero con saggi come “Logica” e “Psicologia”. Ratzinger, quando la questione rosminiana era ancora ben accesa, nell'ambito di una serata organizzata a Lugano, dice. Nel confronto con le parole classiche della fede che sembrano così lontane da noi, anche il presente diventa più ricco di quanto sarebbe se rimanesse chiuso solo in se stesso. Vi sono naturalmente anche tra i teologi ortodossi molti spiriti poco illuminati e molti ripetitori di ciò che è già stato detto. Ma ciò succede ovunque; del resto la letteratura dozzinale è cresciuta in modo particolarmente rapido proprio là dove si è inneggiato più forte alla cosiddetta creatività. Io stesso per lungo tempo avevo l'impressione che i cosiddetti eretici fossero per una lettura più interessante dei teologi della chiesa, almeno nell'epoca moderna.  Ma se io ora guardo i grandi e fedeli maestri, da Mohler a Newman a Scheeben, da S. a Guardini, o nel nostro tempo de Lubac, Congar, Balthasar quanto più attuale è la loro parola rispetto a quella di coloro in cui è scomparso il soggetto comunitario della Chiesa.  In loro diventa chiaro anche qualcos'altro: il pluralismo non nasce dal fatto che uno lo cerca, ma proprio dal fatto che uno, con le sue forze e nel suo tempo, non vuole nient'altro che la verità. Per volerla davvero, si esige tuttavia anche che uno non faccia di se stesso il criterio, ma accetti il giudizio più grande, che è dato nella fede della Chiesa, come voce e via della verità.  Del resto io penso che vale la stessa regola anche per le nuove grandi correnti della teologia, che oggi sono ricercate: teologa africana, latinoamericana, asiatica, ecc. La grande teologia francese non è nata per il fatto che si voleva fare qualcosa di francese, ma perché non si presumeva di cercare nient'altro che la verità e di esprimerla più adeguatamente possibile.  E così questa teologia è diventata anche tanto francese quanto universale. La stessa cosa vale per la grande teologia italiana, tedesca, spagnola. Ciò vale sempre. Solo l'assenza di questa intenzione esplicita è fruttuosa. E di fatto non abbiamo davvero raggiunto la cosa più importante se noi ci siamo convalidati da soli, ci siamo accreditati da soli e ci siamo costruiti un monumento per noi stessi.  Abbiamo veramente raggiunto la meta più importante se siamo giunti più vicino alla verità. Essa non è mai noiosa, mai uniforme, perché il nostro spirito non la contempla che in rifrazioni parziali; tuttavia essa è nello stesso tempo la forza che ci unisce. E solo il pluralismo, che è rivolto all'unità, è veramente grande. Pio VIII dice a S., in udienza. È volontà di Dio che voi vi occupiate nella filosofia. Tale è la vostra vocazione. Ella maneggia assai bene la logica, e la Chiesa al presente ha gran bisogno di filosofi. Dico, di filosofi solidi, di cui abbiamo somma scarsezza. Per influire utilmente sugl’uomini, non rimane oggidì altro mezzo che quello di prenderli colla ragione, e per mezzo di questa condurli alla religione. Tenetevi certo, che voi potrete recare un vantaggio assai maggiore al prossimo occupandovi nello scrivere, che non esercitando qualunque altra opera del Sacro Ministero. Gregorio XVI, successore di Pio VIII, in risposta alla lettera che S. gli aveva indirizzato. Diletto Figlio, a te il nostro saluto e la nostra Apostolica Benedizione. Abbiamo volentieri e con animo lieto ricevuto la tua lettera con i sensi della tua devota sommissione a Noi e alla Sede Apostolica in cui ci parli della pia Società, chiamata Istituto della Carità e che con le tue fatiche è stata fondata nel territorio della diocesi di Novara con l'approvazione del Vescovo. E soprattutto ci hai anche informato che il medesimo Istituto è stato da poco chiamato anche dal Vescovo di Trento nella sua diocesi e che qui molti ecclesiastici, di provate virtù, vi hanno aderito. Per questi fatti davvero rendiamo il nostro umile grazie a Dio autore di ogni bene. E quantunque questo Istituto non sia stato ancora confermato dall'autorità di questa Santa Sede, tuttavia speriamo in bene di esso e ci allietiamo che lo stesso si dilati con il consenso dei nostri Venerabili Fratelli nell'Episcopato. Quindi, per quanto riguarda le Sante Indulgenze connesse a questo istituto, che domandi siano concesse, ricevi diletto figlio il nostro Rescritto unito a questa lettera, da cui sicuramente comprenderai che rispondiamo positivamente alla tua richiesta. Ti assicuriamo anche che ci è pervenuto il libro sopra i Principi della Dottrina Morale da te edito e mandatoci in omaggio e ti dichiariamo il grazie del nostro animo per il dono. Tuttavia per la tensione nelle gravissime fatiche del Governo Apostolico non abbiamo ancora letto lo stesso libro, ma siamo certamente persuasi che esso sia in tutto conforme alla più sana dottrina e utilissimo alla sua difesa. Continua dunque, diletto figlio, lo studio e prosegui a spendere le tue fatiche ad onore di Dio per l'utilità della Chiesa; in Cielo sarà copiosa la ricompensa per la tua opera. Frattanto la paterna carità con cui ti abbracciamo nell'umanità di Cristo sia pegno dell'apostolica benedizione, che sgorgante dall'intimo del cuore ti impartiamo.»  (Da Breve pontificio di Gregorio P.P.XVI,) Pio IX rivolgendosi al Vescovo di Cremona dopo il decreto Dimittantur opera omnia parlando di Rosmini disse:  «Non solo è un buon cattolico, ma santo: Iddio si serve dei santi per far trionfare la verità. Leone XIII, al tempo delle aspre e dolorose lotte che si svolgevano intorno al pensiero rosminiano sul finire del diciannovesimo secolo, in una lettera indirizzata agli arcivescovi di Milano, Torino e Vercelli, fra l'altro scrisse:  «Ma non vogliamo che con questo abbia a patir detrimento il religioso Sodalizio della Carità; il quale come per lo innanzi spese utilmente le sue fatiche a beneficio del prossimo, secondo lo spirito dell'Istituto, così è desiderabile che fiorisca in avvenire e prosegua a rendere ognora più abbondanti frutti. Col decreto del Sant'Uffizio "Post Obitum"  firmato da Leone XIII, vennero condannate, in quanto "non conformi alla verità cattolica", XL proposizioni contenute nelle opere del S., le quali la Sacra Congregazione romana "giudicò doversi riprovare, condannare e proscrivere, nel proprio senso dell’autore", chiarendo inoltre che non era lecito "a chicchessia di inferire, che le altre dottrine del medesimo Autore, che non vengono condannate per questo decreto, siano per veruna guisa approvate".  Giovanni XXIII, negli ultimi anni della sua vita, meditò in ritiro spirituale le rosminiane "Massime di Perfezione Cristiana", assumendole come propria regola di condotta. Anche Paolo VI prestò interesse nel S.: in occasione dell’anniversario di fondazione dell'Istituto della Carità inviò un messaggio all'allora padre generale, in cui elogiava l'intuizione del S. nel dare un grande peso alla missione caritativa già nel nome del nativo istituto religioso, appunto l'Istituto della Carità. Pubblicamente Paolo VI lo cita durante il discorso tenuto alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana  riguardante la cultura cattolica e l'Europa. Inoltre sotto il suo pontificato venne tolto il divieto di pubblicazione dell'opera Dalle Cinque Piaghe della Santa Chiesa.  Alla morte di Paolo VI venne eletto Giovanni Paolo I, laureato in sacra teologia alla Gregoriana con il saggio, “L'origine dell'anima umana”. È bene precisare che Luciani e fortemente critico nei riguardi del pensiero rosminiano, solo successivamente cambiò opinione, rivolgendo nei riguardi di S. parole di ammirazione e stima.  Tuttavia fu con il pontificato di Giovanni Paolo II che il pensiero rosminiano ha potuto liberarsi delle aspre critiche e delle condanne che accompagnavano l'Istituto della Carità fin dai tempi della sua fondazione. Nella Lettera Enciclica Fides et ratio, Giovanni Paolo II l’annoverato tra i pensatori più recenti nei quali si realizza un fecondo incontro tra sapere filosofico e Parola di Dio». Ne ha inoltre concesso l'introduzione della causa di beatificazione, conclusasi nella sua fase diocesana novarese.   Ratzinger da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede emana il famoso documento Nota ai Decreti dottrinali sul Rev.do sac. S.. La nota si concludeva confermando la validità del decreto Post obitum sulle quaranta proposizioni, e allo stesso tempo con la riabilitazione di S.:  «Il Decreto dottrinale Post obitum non si riferisce al giudizio sulla negazione formale di verità di fede da parte dell'Autore, ma piuttosto al fatto che il sistema filosofico-teologico del Rosmini era ritenuto insufficiente e inadeguato a custodire ed esporre alcune verità della dottrina cattolica, pur riconosciute e confessate dall'Autore stesso. Si possono attualmente considerare ormai superati i motivi di preoccupazione e di difficoltà dottrinali e prudenziali, che hanno determinato la promulgazione del Decreto Post obitum di condanna di quaranta proposizioni. E ciò a motivo del fatto che il senso delle proposizioni, così inteso e condannato dal medesimo decreto, non appartiene in realtà alla sua autentica posizione, ma a possibili implicanze. Resta tuttavia affidata al dibattito teoretico la questione della plausibilità o meno del sistema rosminiano stesso, della sua consistenza speculativa e delle teorie o ipotesi filosofiche e teologiche in esso espresse. Nello stesso tempo rimane la validità oggettiva del Decreto Post obitum in rapporto al dettato delle proposizioni condannate, per chi le legge, al di fuori del contesto di pensiero rosminiano, in un'ottica idealista, ontologista e con un significato contrario alla fede e alla dottrina Cattolica. Il documento ribadisce la diversità di linguaggio e apparato concettuale del sistema rosminiano rispetto al tomismo, l'assenza di apparato critico nelle opere postume e la permanente "difficoltà oggettiva di interpretarne le categorie, soprattutto se lette nella prospettiva neotomista".  Benedetto XVI autorizza la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo della guarigione di Ludovica Noè, attribuito alla sua intercessione. Tra quelli portati dalla postulazione dei padri rosminiani, si è scelto di dare maggiore impulso a quello della guarigione della suora sopracitata, poiché il medico che la curò si convertì in seguito all'accaduto.  Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, a margine del Convegno sulla sfida educativa tenuto a Milano, ha tenuto un intervento intitolato "Istanze educative e questione antropologica" in cui riconosce le sue istanze pedagogiche. A. Bagnasco ha presieduto a Stresa la celebrazione eucaristica per il suo Dies Natalis. Nel corso dell'Angelus domenicale e ricordato per la sola carità intellettuale e perché testimonia la virtù della carità in tutte le sue dimensioni e ad alto livello. Avversario del sensismo e dell'illuminismo e mentore e maestro intellettuale di quattro pontefici eletti consecutivamente: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e II.  Nulla osta della Congregazione per la dottrina della fede che consente l'inizio della causa di beatificazione. Apertura del processo informativo diocesano dopo la nomina dei censori teologi e delle commissioni storiche in Novara. C. Papa diventa postulatore della causa succedendo a Belti, storico dell'Istituto e già Direttore del Centro di Studi Rosminiani di Stresa. Chiusura del Processo informativo Diocesano. Consegna del Trasunto alla Congregazione per le cause dei Santi. Apertura del Trasunto. Decreto di Validità del processo diocesano. Schema per la stesura della Positio. Consegna del lavoro sul Post obitum curato dal Postulatore. Il Relatore generale approva il lavoro sul Post obitum e il lumen oculorum tuorum Consegna del lavoro sul Post obitum alla Congregazione per la Dottrina della Fede.Il giorno dell'anniversario della morte di S. viene pubblicata sull'Osservatore Romano la Nota della Congregazione per la dottrina della fede sul valore dei decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev.do sacerdote S., a firma del cardinal Ratzinger e di mons. Bertone.  Rilascio del Nihil obstare per la Causa di Beatificazione.  Il Relatore approva e firma la Positio.  Conclusione della stampa e consegna alla Congregazione per le cause dei santi della Positio. Consegna del Trasunto super miro alla Congregazione per le cause dei santi. Validità dell'inquisizione diocesana sul processo super miro. Presentazione fattispecie super miro. Revisa della fattispecie con firma del sotto-segretario. Relatio et vota del Congresso Storico (con esito positivo). Relatio et vota del Congresso teologico super virtutibus (con esito positivo). Ordinaria della Congregazione per le cause dei santi: esito affermativo. Ponente della Causa  Fisichella.  Benedetto XVI autorizza la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto di esercizio eroico delle virtù. La Consulta medica della Congregazione per le Cause dai Santi, si esprime con esito affermativo (all'unanimità 5 su 5) circa l'inspiegabilità scientifica dell'evento di guarigione avvenuto a Noè. Il presunto evento miracoloso è avvenuto. Al termine del dibattito, i Consultori si sono unanimemente espressi con voto affermativo (7 su 7), ravvisando nella guarigione in esame un miracolo operato da Dio per intercessione Benedetto XVI autorizza la pubblicazione da parte della Congregazione per le Cause dei Santi del riconoscimento della virtù eroica di S.. A Novara si celebra la beatificazione dando lettura del decreto di Benedetto XVI che l’iscrive tra i beati. La beatificazione è avvenuta a Novara: appositamente è stato fatto allestire il Palasport della città, unico luogo capace di raccogliere un numero di fedeli così significativo.  Con il pontificato di Benedetto XVI le beatificazioni vengono preferibilmente celebrate dai cardinali, per rendere ancora più piena la comunione tra loro e il successore di Pietro, e viene privilegiato il luogo in cui il candidato agli onori degli altari ha vissuto. Così, in qualità di delegato pontificio, la celebrazione è stata officiata da  J. Martins, allora prefetto della congregazione per le Cause dei Santi. A fianco dell'altare erano disposti gli spalti da cui hanno concelebrato circa 400 sacerdoti, non soltanto rosminiani.  A prendere parte alla processione e celebrare sull'altare, insieme al preposito generale Flynn c'era il segretario generale dell'Istituto Domenico Mariani con gli allora componenti della Curia Generalizia dell'Istituto della Carità, il Vicario per la Carità SpiritualeCrish Fuse, il Vicario per la Carità Intellettuale Taverna Patron, il Vicario per la Carità TemporaleDavid Tobin, l'allora preposito della Provincia Italiana don U. Muratore (profondo conoscitore di Rosmini) e il postulatore della Causa di Beatificazione, Papa.  Hanno partecipato alla celebrazione anche il cardinale ex prefetto della Sacra Congregazione per i vescovi Re, il cardinale arcivescovo di Torino S. Poletto, il vescovo di Novara, mons. R. Corti, l'arcivescovo di Trento, mons. Bressan, il vescovo rosminiano mons. Antonio Riboldi e fra gli altri anche G. Zaccheo (che sarebbe improvvisamente scomparso due giorni dopo), vescovo della Diocesi di Casale Monferrato, mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea (che durante la III sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II fece per primo il nome di Rosmini), l'allora segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana G. Betori, G. Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, l'allora rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, il Vicario Episcopale per la Vita Consacrata dell'arcidiocesi di Milano monsignor Ambrogio Piantanida e il preposito generale dei barnabiti, padre Villa.  Tra i numerosissimi fedeli (più di diecimila) accorsi da diverse parti del mondo per presenziare alla celebrazione, hanno preso parte anche personalità politiche.  Tra queste il senatore a vita Scalfaro, l'allora presidente del Senato, Marini, e Parisi, al tempo Ministro della Difesa. S. è il primo beato della Provincia del Verbano Cusio Ossola.  In occasione della beatificazione sono stati moltissimi i quotidiani e periodici italiani e esteri che hanno dedicato articoli, pagine e interi numeri alla figura di S.. Sono numerosissimi i suoi saggi. Certamente il più importante a livello ascetico e spirituale e le “Sei massime di perfezione”, su cui anche Giovanni XXIII fa delle riflessioni prima di morire. Gli costarono la messa all'Indice dei libri proibiti le opere "Delle cinque piaghe della santa chiesa" e "Dalla costituzione secondo la giustizia sociale". In filosofiia meritano di essere ricordato il “Saggio sull'origine delle idee”. Altri saggi: “Principii della scienza morale”; “Filosofia della morale”; “Antropologia in servigio della scienza morale”; “Filosofia della politica”; “Trattato della coscienza morale”; “Filosofia del diritto”; “Teodicea”; “Sull'unità d'Italia”; “Il comunismo e il socialismo”. Le sei massime di perfezione sono formulate per definire il fondamento spirituale sul quale ogno uomo puo avere un cammino nella perfezione. Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste (Matteo 5,48). Desiderare unicamente ed infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto. Orientare tutti i propri pensieri e le azioni all'incremento e alla gloria della Chiesa di Cristo.  Rimanere in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene per disposizione di Dio riguardo alla Chiesa di Cristo, lavorando per essa secondo la chiamata di Dio.  Abbandonare se stesso nella provvidenza di Dio.  Riconoscere intimamente il proprio nulla.  Disporre tutte le occupazioni della propria vita con uno spirito di intelligenza. Di particolare interesse e “Le cinque piaghe della santa Chiesa". Mostra odi discostarsi dall'ortodossia dell'epoca. Per tale ragione il saggio fu messo all'Indice e ne scaturì una polemica nota col nome di "questione rosminiana". L'opera eriscoperta al Concilio Vaticano II. Il primo a parlare al Concilio di S. e Bettazzi. Mi sia consentito ricordare S., molto legato ad Aquino. Ma anche studioso e amante del suo tempo, e che certamente guadagna a Cristo non pochi uomini. Tutto questo mi sembra si accordi con le cose che sono state già dette da non pochi padri su questo schema in generale, che cioè gl’uomini non si aspettano dalla Chiesa soluzioni particolari, ma piuttosto la presentazione di valori che li aiutino a trascorrere questa vita umana più nobilmente e con maggiore sicurezza. Parlando della libertà, esaltare i valori dell'umiltà. Parlando del matrimonio, il ruolo della fortezza. Parlando dei problemi economici e di molti altri problemi, l'efficacia di un certo disprezzo delle cose. Occorre dunque mettere in luce la necessità dell'ubbidienza, della castità, della povertà, non solo nella vita e nell'esempio (e nella Bozza di Documento!) dei religiosi, aiuto agl’uomini di questo tempo, perché possano vivere la loro vita umana nel modo migliore e più efficace. Il primo e principale compito dunque per gl’uomoni che coltivano la sapienza dev'essere, alla luce del Magistero, l'amore delle Scritture e l'amore di questo mondo in un colloquio franco e aperto. Paolo VI dice. I suoi saggi sono pieni di pensiero, una filosofia profondo, originale che spazia in tutti i campi: quello filosofico, morale, politico, sociale, sopra-naturale, religioso, ascetic -- filosofia degna di essere conosciuta e divulgata. È stato anche un profeta. Le Cinque piaghe della Chiesa (una volta la chiesa non aveva piacere che si mettessero in luce le sue mancanze, le sue debolezze). Previde partecipazione liturgica del popolo. La sua filosofia indica uno spirito degno di essere conosciuto, imitato e forse invocato anche come protettore dal Cielo. Ve lo auguriamo di cuore. “Delle cinque piaghe della santa chiesa” è suddiviso in cinque capitoli corrispondenti ciascuna ad una piaga, paragonata alle piaghe di Cristo. In ogni capitolo la struttura è la medesima:  un quadro ottimistico della Chiesa antica segue un fatto nuovo che cambia la situazione generale (invasioni barbariche, nascita di una società cristiana, ingresso dei vescovi nella politica) la piaga i rimedi. La prima piaga e la divisione del popolo dal clero nel culto pubblico. Nell'antichità romana, il culto era un mezzo di catechesi e formazione e il popolo partecipava al culto. Poi, le invasioni barbariche, la scomparsa della lingua dei romana, la scarsa istruzione del popolo, la tendenza del clero a formare una casta hanno eretto un muro di divisione tra il popolo e i ministri di Dio. Rimedi proposti: insegnamento della lingua romana, spiegazione delle cerimonie liturgiche, uso di messalini in italiano. La seconda piaga e l’nsufficiente educazione del clero. Se un tempo i preti erano educati dai vescovi, ora ci sono i seminari con piccoli libri e piccoli maestri: dura critica alla scolastica, ma soprattutto ai catechismi. Rimedio: necessità di unire scienza e pietà. La terza piaga e la disunione tra i vescovi. Critica serrata ai vescovi dell'ancien régime: occupazioni politiche estranee al ministero sacerdotale, ambizione, servilismo verso il governo, preoccupazione di difendere ad ogni costo i beni ecclesiastici, schiavi di uomini mollemente vestiti anziché apostoli liberi di un Cristo ignudo. Rimedi: riserve sulla difesa del patrimonio ecclesiastico, accenni espliciti di consenso alle tesi dell'Avenir sulla rinunzia alle ricchezze e allo stipendio statale per riavere la libertà. La quarta piaga e la nomina dei vescovi lasciata al potere temporale. Compie un'approfondita analisi storica sull'evoluzione del problema e critica i concordati moderni con cui la S. Sede ha ceduto la nomina al potere statale (e, accenna prudentemente, per avere compensi economici). Rimedi: propone un ritorno all'elezione dei vescovi da parte dei fedeli. La quinta piaga e la servitù dei beni ecclesiastici. Sostiene la necessità di offerte libere, non imposte d'autorità con l'appoggio dello Stato, rileva i danni del sistema beneficiale, propone la rinuncia ai privilegi e la pubblicazione dei bilanci.  A Rovereto gli ha dedicato il liceo che frequentò quando ancora si chiamava Imperiale e Regio Ginnasio. Borgomanero ospita l'Istituto Rosmini. Domodossola ospita il liceo delle Scienze Umane "S. (istituto parificato). Roma ospita la sede dell'Istituto Comprensivo. Torino ospita la biblioteca Antonio Rosmini del polo biomedico universitario che in passato fu un istituto scolastico attivo fino alla fine del XX secolo. Trento, dove si trova il liceo "S.". Farina, Prosser  Prosser Bonazza, L'Accademia Roveretana degli Agiati, su agiati, Accademia Roveretana degli Agiati, «Paoli  artefice della rinascita dell'Accademia e suo president. Ragionamento sul comunismo e socialismo, Grondona, Genova, Questa tesi fu messa in discussione da Abbà a cui S. controbatté nel Diario filosofico di Adolfo, Riv. rosminiana, Pagani Rossi. Nota sul valore dei Decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere).  Angelus: Rosmini, esempio per la Chiesa, su agensir, Biografia di S. su vatican.  Istituto S., su rosmini borgomanero. Liceo delle Scienze Umane su cercalatuascuola.istruzione. Istituto Comprensivo S., su ic-rosmini  Biblioteca S., su biomedico campusnet.unito.  su vivoscuola. M. Farina, Gl’Agiati, Brescia, Morcelliana Edizioni,  Italo Prosser, El pra' de le Móneghe: cronistoria del monastero di S. Croce nell'antico comune di Lizzana, Rovereto (Trento), Stella, Approfondimenti Sciacca, La filosofia morale di S., Torino, Bocca, Pusineri, Rosmini (Edizione riveduta e aggiornata da  Belti), Stresa, Edizioni Rosminiane Sodalitas, Dossi, Profilo filosofico di S., Brescia, Morcelliana, Valle, S. Il carisma del fondatore, Rovereto, Longo Editore, Marangon, Il Risorgimento della Chiesa. Genesi e ricezione delle "Cinque piaghe" di S., collana Italia Sacra, Roma, Herder, S., Frammenti di una storia della empietà, a c. di Cattabiani con una nota filologica di Albertazzi, Trento, La Finestra, Giorgi, S. e il suo tempo. L'educazione dell'uomo moderno tra riforma della filosofia e rinnovamento della Chiesa Brescia, Morcelliana, Dossi, Il Santo Probito, La vita e il pensiero di S., Trento, Il Margine, Gomarasca, La forma morale dell'essere. La poiesi del bene come destino della metafisica, Milano, Angeli, Paoli, S., Virtù quotidiane, Verona, Edizioni Fede e Cultura, Paoli,  Maestro e profeta, Milano, Edizioni San Paolo, Sapienza, Eclissi Dell'educazione? La sfida educativa nel pensiero di S., Roma, Libreria Editrice Vaticana, Giuseppe Goisis, Il pensiero politico di S. e altri saggi fra critica ed Evangelo, S. Pietro in Cariano, Gabrielli, Comunità di San Leolino, Una profezia per la Chiesa. Verso il Vaticano II, Panzano in Chianti, Feeria-Comunità di San Leolino Muratore, S. per il Risorgimento. Tra unità e federalismo, Stresa, Rosmininane Sodalitas, Bergamaschi, S. La perfezione della vita cristiana, Stresa, Rosminiane Sodalitas, Malusa, S. per l'unità d'Italia. Tra aspirazione nazionale e fede cristiana, Milano, FrancoAngeli,. Domenico Fisichella, Il caso S. Cattolicesimo, nazione, federalismo, (Roma, Carocci); Muratore, Apologia della fedeltà. In difesa dei valori etici e spirituali, Stresa, Rosminiane Sodalitas, Malusa, Stefania Zanardi, Le lettere di S., un "cantiere" per lo studioso. Introduzione all'epistolario rosminiano, Venezia, Marsilio, Zanardi, La filosofia di S. di fronte alla Congregazione dell'Indice Milano, Franco Angeli. Treccani Dizionario di storia, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Crusca. Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati. Antonio Rosmini. Rosmini. Serbati. Keywords: gl’agiati, Agostino, Aquino, la tradizione Latina italiana. Refs.: Luigi Speranza, “Rosmini e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Sereniano: il cinargo romano – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Sereniano was a philosopher who visits the emperor Giuliano. He followed the doctrine of the Cinargo.

 

Grice e Sereno: ondella tranquilità dell’animo – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He belongs to IL PORTICO and is a friend of Seneca. Seneca dedicates some of his works to him. In the dialogue “On the tranquility of mind,” Seneca depicts them discussing the problems S. has with maintaining his firmness of resolve. Anneo Sereno.

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