Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Sunday, September 14, 2025

Grice e Garrucci

 I SEGNI DELLE LAPIDI 

LATINE 
VOLGARMENTE 
DETTI ACCENTI 
DISSERTAZIONE... 

Raffaele Garrucci 



m 

Digitized by Google 



1 



V I SEGNI 

DELLE LAPIDI LATINE 

VOLGARMENTE DETTI 

ACCENTI 

DISSERTAZIONE 
DEL P- RAFFAELE GARRUCCI D G D- G- 

PREMIATA 

DALL' ACCADEMIA DELLE ISCRIZIONI E BELLE LETTERE 
IN FRANCIA 




ROMA 

LOl TIIÌ DELLA CIVILTÀ CATTOLICA 
Borgo nuovo al Vaticino 81. 

1857. 



3d by Google 



Examiner loutes les inscriptiom latines qui, jusqu'à la fin du V. imr 
siècle de notre ère, porlenl des signes d' accentuation ; comparer le resul- 
tai de ces recherches épigraphiques avec les règles concernant l'accen- 
tuation de la langue latine, règles données par Quintilien, par Priscien 
et d'autres grammairiens ; consuller les travaux des philologues moder- 
ne* sur le mime sujet; enfin essayer d'établir une thèorie complète de 
iemploi de l'accenl lonique dans la langue des Romains. 



(Argomento proposto al concorso del I8j3, c poi J"l 1801). 



AVVISO AL LETTORE 



1. La dissertazione che do ora alle stampe, fu scritta nel Marzo del 1854, e pre- 
miata dall' Instituto in quel medesimo anno. Le leggi del concorso volevano che fosse 
dettata o in latino o in francese; ma io la diedi in italiano perchè mi fu detto che 
ancora in questa lingua si poteva scrivere. 

Fu tanto stretto lo spazio del tempo che mi rimaneva prima del 6 Aprile nel qual 
giorno si chiudeva il concorso, che io non potei farmi copiare lo scritto-, e però ho 
dovuto aspettare che mi si facesse trascrivere, e poi il tempo, e i mezzi da farlo 
stampare. 

Il superiore che mi governa , ha ora supplito a questa mancanza , e la disserta- 
zione molto aspettata , finalmente si dà alla luce. Niuno pertanto si attenda un vo- 
lume , perocché ned io ebbi tempo da scriverlo , nò la materia , ben inteso il pro- 
gramma, Io dimandava. Se io avessi voluto scrivere un trattato nuovo sopra la prosodia 
e sopra le varie inflessioni di suoni , e le maniere diverse di compensi , erano pronti 
non pochi libri, nei quali questi argomenti vengono da abili scrittori trattati mae- 
strevolmente. Ciò facendo , io non avrei soddisfatto al vero e ragionevole senso ebe 
solo poteva avere il quesito proposto. 

demia non può trattarsi: in fatti qualche buon epigrafista mio amico mi aveva af- 
fermato che la soluzione n'era impossibile. Certamente il quesito suppone veri segni di 
accento quei che gli antichi impressero sulle lapidi: e però le dimando tendono a 
ciò solo. Or quando si vollero metter d'accordo grammatici e lapidi antiche, i dotti 
avevano già osservato che a ritenere come accenti i segni sovrapposti alle vocali, le 
regole grammaticali si trovavano esser trasgredite. Cercando quindi l'Accademia una 
soluzione definitiva di questa difficoltà sentita fino ad ora dai dotti , egli era necessario 
che non sì prevenisse nel quesito medesimo una soluzione già tenuta senza effetto; 



- vi - 



ma piuttosto che si dimandasse se vi era un mezzo da conciliare i segni delle la- 
pidi colle leggi dei grammatici intorno gli accenti. Nel qual caso l' ultima parte del 
programma « enfici essayer d'établir une tbéorìe complète de l'emploi de l'accent to- 
nique dans la langue des Romains » non poteva avere più luogo. 

Io debbo avvertire ciò per mia discolpa ; perocché nell'aggiudicazione del premio 
mi fu fatta una censura che diceva , la mia dissertazione , tuttoché incompleta , es- 
sere slata giudicata soddisfacentissima. Non fu un lasciar incompila la materia presa a 
trattare, se io dopo aver dimostrato che i segni sulle lapidi non furono mai accenti, 
naturalmente mi asteneva di trattareMell'accento tonico nella lingua latina. 

Viddero i giudici deputati dall'Accademia , che , cercate le origini , e quindi di- 
mostrata la vera natura di questi segni , indi 1* uso che posteriormente ne fu fatto, 
io aveva raddrizzato il senso del quesito , e resane possibile la soluzione: l'accordo 
tra le lapidi e i grammatici dimandato si era trovalo da me con dimostrare , che non 
avevano giammai gli scrittori delle lapidi voluto segnare accenti ; fu quindi natural- 
mente dato il premio a chi aveva sciolta la difficoltà , non ostante 1' essersi opposto, 
per fare ciò, alla forinola del quesito, e di aver fatto intendere, ove fosse lo sbaglio. 

Tutta la novità del mio lavoro consiste in rimontare alle origini di questi segni , 
e indagare per qual uso furono essi introdotti : indi nel determinare come in seguito 
Fuso introdotto venne modificato, finché dal notare le vocali che si scrivevano prima 
in dittongo, ovvero si raddoppiavano, perché di natura lunghe, si passò a notare le 
vocali o i dittonghi solo perchè lunghi di natura, senza aver piò. alcun riguardo alla 
causa della introduzione primitiva. 

Osservo dipoi che introdotta questa nuova moda di ortografia , si vennero for- 
mando insensibilmente quasi due scuole, servendosene alcuni assai parcamente o dove 
parca loro richiesto a determinare meglio il senso, o a togliere qualche equivoco, o 
a guidare il lettore: mentre altri invece pare che ne volessero notate quasi tutte le 
vocali lunghe. Questa è la sostanza della mia discussione , intorno alle quale poiché 
ho ancor qualche giunta da fare , egli è bene che lo faccia quivi medesimo , senza 
rimetterlo ad appendici , o ritornare sulla materia medesima una seconda volta. 

2. Laonde io ho al presente da aggiugnere agli esempi dell'uso men parco allegati 
da me una lapida trovata a Vaison ed ora conservata nel museo di Avignone , ove 
l'ho trascritta. Questa epigrafe già nota nella raccolta del Grutero 1000, 21, vion ri- 
prodotta nel Voi. XVI, pag. 1-10 delle Móm. des Antiquaires de Frutice , dondo l'ha 
tratta il sig. Henzen, ed inserita nel Voi. Ili dell' Orelli n. 6943. Ma la copia non 
rappresentò finora veruno dei tanti segni che sono sulla pietra, e inoltre in luogo di 
dodici milioni e 40 milioni di sesterzii, conta dodici e quara nta mila: dico cioè che 
non fu inteso qual valore s'abbiano le note IXDI , iXXXXl, avendo trascritto XII 
e XXXX quasi fosse lo slesso. 



Digitized by.GoogIe 



VASIENS VOC 
o s a p p r o U d >».) c <f f r l i et volt {™ 

FLAVO* 

PRAEFECT itfLlE'NSIVM TRI B ^ N 
MfLITVM • LEG- XXI RAPACIS PRAEF 
ALAE • THRACVM • HETlCVLANIAE PRAtF 
RTPAE (J FLVMINIS 0 EVPHRATIS 

QvnisfxTiì REr • pvblicae • iVlie'nsivm i 

QVOD AD HS IXXXXÌ f SSVRrS PERD? 
CEltE'TVR • TESTAMENTO' RELrQVIT • IDEM (J?i .) 
HSL- AD PORT1CVM ANTE THERMAS 
MARMORIBVS 0*RNANDAM L^GAVIT UL.) 

Nella seconda linea (perocché la prima di carattere maggiore non ha vermi se- 
gno, la qual moda vedo osservarsi in altri titoli e ancor nel seguente) è certo da im- 
pillarsi ad errore dello scarpellino so è scritto SEPPrO e non SEPPIO*, nel resto 
l'accento , o segno è posto regolarmente ; ed è da notarsi che non vi si tien conto 
della opinione di quei grammatici , i quali volevano che si allungasse la I invece di 
apporvi il segno. 

La citata iscrizione è quella supplita già dal Borghesi , che si serve della edizione 
datane dal Grutero e da altri , nei quali tutti mancano i segni cosi diligentemente no- 
tati dall'Accursio, dal manoscritto del quale conservato nella pubblica biblioteca di 
Milano ho io cavato la mia copia. Questa lapida appartiene ai tempi di Adriano , sotto 
il governo del quale questo L. Minicio Natale sosteneva il governo della Pannonia in- 
feriore , essendo stalo già console al 107 dell'era volgare. » 

1 Altri crede qui nominata nel IVUEXSIVM , come nella linea t, la colonia di Frejus, Fo- 
rum lulii; ma sono invece i popoli di Api, Apta Julia, delta ancora lulia Apta , e donde 
debbono derivarsi i Mienses: non costando che i popoli di Frejus siansi mai appellati lulicn- 
scs nei monumenti certi , ma Foroiulienses. E ben a ragione , non bastando nella stessa pro- 
vincia il titolo di luliinsu , e questo egualmente poteva significare i Mientts o Apltnses di 
Apla Mia, e i Miensa di Forum Mii. 11 testo di Plinio II. N. Ili , V (al. IV) , 6, pone Apt 
fra i Vulgimta, Apta Mia Vulgimlium, popoli non memorali da verun altro scrittore. L'iscri- 
zione di Vaison rende assai naturale la correzione di Vulgientium in Yocontium per V'oomiio- 
rum. Se non si pone Apt nel distretto dei Voconzii, la capitale dei quali era Vaison, ei non 
può spiegarsi come i Vatitnsts Vocontii pongano questa base a C. Sappio il quale niun merito 
aveva con loro , ma soltanto coi cittadini di Apt. 



L. Minienti . . f. gal. naTALIS ■ COS PROCOS 
provine, africae sodali» . auotuTALlS • LEU- AVG- PR PR- Divi TRAL* 

ni . parthici . et . imp. traimi . fcaDRIANi • AVG- PROVINO- PAN 
noniae . inferiori» . eurator . aLVEI • TIRERIS ■ ET ■ RlPARVM • ET ■ 
cìoaearum . urbi» . leg. divi . traiKtil • PARTHICI • LEG- UT AVG LEG- Di 

in . traumi . leg. . . . BIS ' DONATO EXPEDlTIO'NE ■ DÀCIC/W 
ab . eodem . doni» . mHitaribut . CORO'NA VALLARI • MIRALI ■ AVRE* 
HASTIS • puri» . iti. vexiliit . ii. /E'G- PR- PR- PROVLNC AFRICAE 7 • PR 

TRIB- PL- Q- Prov. . . . 7///7/R- VIARVM • CVRANDARVM ■ ■ ET • 
L" MINICIVS • L- F- gal. natoli* . guadroìVIVS ■ VE'RVS ■ F- AVGVR- TRffi PLE'BIS 
DESIG Q- AVG- ET ■ eodem tempore Xeq. pr. PR. PATRIS ■ PROVLNC- AFRICAE • TR 
MIL LEG I- ADIVT- P- F- LEg. xiiii. g. maRT- VIC- ffiVlR- MONETALE ■ A A A* F F 
BALINEVM munICIPIBVS • SOLO • SVO ■ ET 

pecunia . tua . FE'CERVNT i 

È notevole che ai nomi desinenti in alit , come Augustalis , monetali* e Natalis 
(se non lo è in quest' ultimo per la ragione delle lettere maggiori) , non fu notato 
l'accento : nel resto lo scrittore preferisce di allungare le I seguendo l'avviso dei gram- 
matici , contro a ciò che abbiamo veduto praticarsi dallo scrittore del marmo pre- 
cedente» 

3. Ancora un'altra novità. L'autore del titolo seguente, che è dei tempi di Ca- 
ligola, vuol distinguere dagli ablativi i dativi, notando quelli, e omettendo il segno 
sopra di questi: inoltre a lui basta di aver contrassegnato il solo sostantivo come 
BELLO 7 BRITANNICO, e CORONA AtfREA. Credo poi dimenticato l'accento sopra 
B4VO e sopra DONlS per colpa dello scarpellino. Ecco la lapida che è già neU Orelli 
n. 3368, il quale la trasse dal Maflei; ma i segni sono stati omessi da pertutto: la 
copia che ne do, è stata cavata da me dall'originale, che è in Torino sotto i portici 
della Università. 

I II Borghesi l' ha supplita riunendo insieme due frammenti. Nella linea 12 non può es- 
servi luogo al supplemento LBg. xi ci. p. f. le , che il Borghesi fa precedere alla menzione 
della legione XIIII gemella Marzia Vittrice; e nella linea 13 in luogo di ICtBVS , supplito per- 
ciò cum porlHUBVS, l'Accursio legge ICIPIBVS, che però deve supplirsi municipibu». Ho poi 
sotlosegnalo le lettere BI alla Un. 6, e le DIIV1 alla 9, e infine la N alla 10 perchè mancano 
nella copia dell'Accursio, e sono nelle altre. La lapida fu trascritta dal detto Accursio nell'Ar* 
cidiaconato di Barcellona. 



- IX 



L GAVIO L- F 

•TEL SILVANO 
prIMIPlLARI • LEG- Vili- AVG 
MBVNO • COn- II- VIGILVM 
irIBVNO • COH XUÌ VRBAN 
(r.-BVNO . COH- Xfi PRAETOR 
dONlS DO'NÀTO A • DIVO • CLAVD 

BELLO' • BRITANNICO 
(oRQVIBVS • ARMILLlS • PIIALER1S 
CORO'NÀ • ÀVREA 

PATRONO COLON 

d. D 0 

Alla scuola medesima appartiene la lapida del museo di Brescia da me ivi tra- 
scritta .- 

SEX- DONNIO 
ANTONIO 
VlCANI 
VICI • MINER 

ed inoltre la romana, inserita già dall' Orelli nella sua Raccolta n. 2880 togliendola 
dalla edizione del Visconti , M. P. Clero. II, p. 82. La riporto dalla mia copia, per- 
chè nei due citati editori mancano i segni , e V ortografia dell' I lungo non viene 
ossertala. 

DlIS • PROPITlS 
CLAVDIA • TI F- Q VINTA 
C- IVLItf HYMETO AEDITVO 
DIANAE . PLANCIANAE 
PAEDACO'CO • SVO KAI 

KA8HTHTH . ITEM 
TVTCRI A • PVPILLATtf 
OB • REDDITAM SIBI 
AB • EO ■ FIDEUSSIME 
TVTELAM • ET • C- 1VXIO 
EPrrVNCHANO • FRÀTRI 
EIVS ET ltfLIAE • SPORIDI 
MA MALVE • SVAE 
LIB- LIBERTABVSQ' POSTE EOR 



V 



- X - 

Dal solo confronto del itfLIO alla lin. 10 si può capire che il lVLltf della Hn. 3 
è scritto cosi per errore in vece di iVLIO. Parimenti l'aver scolpito UB e non LlB 
ecc. alla linea ultima, come TVTO'RI e non TVTO'RI non può scusarsi facilmente. 

4. All'osservazione fatta di sopra nell'esame della lapida di L. Gavio Silvano, ove 
notammo che dei due nomi ablativi uno solo , cioè il sostantivo vien segnato d'ac- 
cento, aggiungo, che altri invece usò di notare il segno soltanto sulla finale del co- 
gnome , omettendolo sulla finale del nome. In una di Avignone par certo che non 
siansi voluti notare d'accento i dittonghi , essendo intanto ivi diligentemente osser- 
vato di segnare le lettere lunghe : eccone 1' apografo che ne ho tratto , poiché né il 
Sinnondo nè lo Scaligero vi apposero i segni. Eàsa è inoltre riportata ora a Ntmes, 
Croi. 468,6; ora a S. Gabriele in Provenza, Grut. 428, 9; ove è più corretta: ma 
in ambedue i luoghi si legge trascritto erroneamente FABVLATOR alla lin. 2, in- 
vece di FAB. VIATOR: 

M- SEVE'RIVS • M F 
FAB- VICTOR • FL£M- 
RC/M- ET • A/G- iniVIR- PoNTIF O 
COL- REIO'R- APOLLINAR 
SIBI • ET . KAREIAE K Alili F 
PATERCIAE OPTDI- V • • 
FE'CIT 

A che può servir di esempio la lapida milanese della famiglia Guzia trascritta da me : 
in essa manca solo una volta sul PVERO, che non è peraltro cognome. 

M- CVTIO ■ ir i iaMuERAE' <tì. i /wa™, 
CtfTIAE M F- SABINA E" 
CtfTlAE • ANATOLE- A VIA E' 
Ctf TIAE • A PHRO' 

CLYMENO PVERO 

TI- CtfTPVS EPIGONVS 

arvlas posvrr 

Cosi l'esperienza dimostra che introdotta una volta la moda di notar con un se- 
gno le vocali lunghe o i dittonghi , non ri tenne poi una comune e costante ma- 
niera : di che lascio volentieri ad altri il venir aggiugnendo nuove osservazioni con- 
tento di averne pel primo posta la base. 



rìrragle 



3. Nel programma dell'Accademia si cercava ancora che si raccogliessero gli accenti 
delle lapidi fino al quinto secolo , ma nella mia dissertazione ho fatto vedere che non 
si hanno monumenti che oltrepassino i primi decennii del quarto, unica essendo la 
lapida di Graziano che lo nota in LlBERTATfS cosi fuor di luogo in vece di LI- 
BERTATIS, v. a pag. 48. Ben però mi sembra aver provato che mal si giudicò nu- 
ora essersi cessato dall' uso di apporre i segni poco dopo Traiano : onde gli epigra- 
fisti, anche primi, avevano dato Onora per canone cronologico l'accento, per determi- 
nare da questo lato una lapide ai tempi di Traiano, o in quel torno. Ancora ho fatto 
vedere che non sono soltanto le figure di accenti , ma ancora quelle di punti sulle 
vocali , e inoltre che non si cominciano a trovare i segni , circa Divi Augusti tem- 
pora, siccome stabiliva il aig. prof. Ritschl, cioè verso gli ultimi anni della sua vita, 

In fine ho avvertito che la parsimonia nell' uso di questi segni non deve indurci 
a riputare le lapidi più antiche di quelle che no vanno più ricche , tuttoché ciò sia 
il più- comune; perocché se ne incontrano eziandio anche di epoca tarda, v. la p. 26. 
A conferma dei monumenti di buoni tempi aggiungo qui due nuove lapidi: la prima 
copiata da me nel museo di Aix in Provenza , e la seconda in Roma a porta latina 
da uno dei due colombarii quivi scoperti. 

6. Appartiene adunque la prima a buoni tempi, siccome dimostra l'andamento della 
ortografia e dallo stile , e probabilmente non molto discosta dall'impero dei Flavii. 

L ALLIVS 

VERI • F PAP 

VERINVSDEC 
lì- VIR FLAMAVG 
PROVlX ALP MAR Sfel 1 
FL- TALENTIVI FL CASSIAE 
VXfyRI PIISSIMAE DEF 

VLATTIÀE * IT FIL 
MARCELLA E SOCRVl 

OPTVMAE V 
L ALLIO- AVITO F DEC. V 
L ALLIO • FLA/IAKO ■ F- V 
ALLIAE • AVITAE • FIL V 

La seconda, che è notevole per la copia della lingua, e per la forma ortografica 
di MARMORIVS. parmi si possa ragionevolmente porre aUa seconda metà del primo 
secolo cristiano : essa è mancante a destra , e forse ancora di sotto. 



- xn - 

Ta'tA * CVRATOR ■ PRIMVS 
DEDIT • BIVNVS CVM • HOMINI 
BVS • VI- OLLASBC- TITVLOS MAR 
MORIOS - II- IN ■ OSSARIO • I- W • FRON 
TE ■ FORAS • I- PONDVS CENTENAR- I' 
SCRINIA • IUI' TESSELLAS ■ OC- DEVECTA AD 
LOCVM • INSEQ VENTI • ANNO • Q 

Non dissimile da questi due monumenti è il titoletto votivo del museo di Brescia 
iti da me copiato , nel quale avresti voluto vedere FÀTJTBVS DIOICO BIEr F ed 
invece tu trovi soltanto BrEI. 

FATABVS 

DEICO 

BrEI F 
V S L M 

Laonde egli è ragionevole dedurne , che quel segno in BrEI abbia la forza di com- 
pensare 1' assenza del secondo I voluto da altri grammatici , i quali tenevano per 
1' ortografia del doppio I, di che abbiamo parlato a pag. 16, ed agli esempi ivi ar- 
recati contro, la opinione del Ritschl, posso aggiugnere questi due nuovi. Ho copiato 
il primo di essi in Chiusi , il secondo in Avignone. 

I. 

D li- 
ti VETIIENO 

IVSTO 
Q VETIIENVS 



2. 



C 



EX IMPERIO 
TATTTVS QVARTVS 
CAlLARO • VSLM 



Questo secondo fu già malamente trascritto dal Hi marni e dal Millin , se pur questo 
secondo noi trasse piuttosto dalla pubblicazione antecedente (indi si legge nell'Orelli 
al n. 1970), e tutti due scrivono GAILARO malamente. Qui poi è ancor notevole come 
il secondo I è più lungo , della quale ortografìa vedi le cose notate da mo alla pa- 
gina medesima 18. Alla qual serie di monumenti voglio por Dne trascrivendo da una 
scheda di mano del sig. cav. Luigi Ferrucci regalatami recentemente da lui , due nuovi 
ed inediti titoli. Il primo è stato recentemente scoperto a Cotignola , e dice : 

FtfFlClA 
IVCVNDA 

Il secondo è di più antica data riferendosi al 1822 quando ne fu inviata dalle valli 
di Comacchio la copia al lodato sig. Ferrucci, con la notizia che quel monumento 
erasi scoperto in luogo detto Ara. É un cippo semplice che termina di sopra a piano 
inclinato. Sulla faccia davanti si legge : 

PORCvLAR 

E sembra indicarsi cosi il noto sacrifizio del porco agli dii Lari 5 Porci» Laribut fa- 
cito, per modo di esempio. Che ai Lari si sacrificasse il porco è cosa ben nota-, ve- 
dasi Orazio II, Sat. Ili, v. 104; Properzio IV, 1, 23-, e per tutti Catone R. R.,V ; 
in fine gli Ercolanesi che ne parlano nel Voi. IV, a p. 03. Il porcù è quivi messo per 
porco, del quale scambio i graffiti di Pompei ci danno un esempio in POSTERV- 
NON- 0CT0RR1IS, Graffiti di Pompei pi. XVIII, n. 7. 

7. Ho ancora dimostrato a p. 29 essere talvolta gli accenti collocati dallo scultore 
fuori di luogo: agli esempii ivi e qui medesimo addotti mi piace di aggiugnere que- 
st' altro copiato da me nel museo di Arles : 

D- M- ET 
SECVRrTATI 
AEMlXrAE EVCAR 
PlAE 

C PAQVlVS PARDALAS 
CONIVGr • CJKRISSlMAE 
V- A XXXXI M Vili D- X * 

E « noti ancora che l' autore di questa scrittura ha allungato 1' I quando è breve , 
e poi lo ha lasciato al livello delle altre lettere, quando è lungo. 



- XIV - 



8. Poco più appresso alla pag. 31 io parlo delle correzioni fatte dagli antichi me- 
desimi , provando che la lezione emendata si sovrapponeva talvolta alla erronea senza 
radere le lettere sottoposte : onde si convien dedurre , che le linee errale si accecas- 
sero col mastice. Ed una buona conferma ora ne trovo nel museo di Bologna nella 
voce MlL alla seconda linea di questa epigrafe. 

M* CLODIVS 1 

M*Li SABLNVS • 
VI VIB CLAVDI^L 

SlBl » ET » 
COE'RANE' 

tYche » LIB 

Q Q V- P XXII 

Certamente qui lo scarpcllino aveva scolpito MlL- , poscia avvertito dello sbaglio lo 
corregge M» L», occultando la lettera I e scolpendo nel mezzo il punto. Ora, essendo 
amendue le scritture scoperte , se non si fosse avvertiti a riconoscere l'antica emen- 
dazione si darebbe in islrane conghietture per ispiegare ai tempi dell' Impero un M. 
Godio senza cognome e che si dà l'appellazione di soldato sabino. 

9. In fine debbo scusarmi coi miei lettori, se ad onta di tutte le cure che vi ho po- 
ste, non pertanto occorrono degU errori tipografici, siccome alla pag. 7 in nota Un. 7, 
ove deve leggersi Roma e non Romae, ed alla pag. 13, ove alla linea 2, cominciando 
da basso, il punto deve essere collocato sull' I di TVRREIS, e se ne trova discosto. 
Alla pag. 21, fin. 17 leggi PRTAPVS non PRIAPVS; pag. 22, fin. 6 leggi NlCO- 
M I I il .S non NÌCOMEDES ; pag. 25 la lapida di Aelia Procula è ora inserita nel voi. Ili 
deH'Orelli n. 5704 ma senza i segni ; pag. 28, lin. 19 GESTAS invece di GFSTAS; pag. 
29, lin. 18 leggi Henzen, non Hensen ; pag. 30, il M del /R nella lapida di Parigi lin. 3 
si supponga fatto a puntini, come suole indicarsi una lettera cancellata. La leggenda 
poi è stata finora mal interpretata, intoppando lutti alla costruzione di essa. Laonde 
hanno proposto , e sono i più , che Tiberio Cesare e qui detto Giove Ottimo Mas- 
simo ; la qual spiegazione mal si accorda col caso CÀESAHE , e però non può ap- 
provarsi. Altri poi ha creduto che sia qui posto l'ablativo Tib. Cesare Aug. a signi- 
ficare l'epoca. Spiegazione ancor essa riprovevole: perchè a questi tempi si dinotava 
l'epoca colle coppie dei Consoli, e quando si voleva fare colla data dell'Imperatore 
regnante non si sarebbe dovuto dir Tib. Caesare Aug. , ma, a modo di esempio, 
Anno II , X, XX ecc. Tib. Caesaris Aug. Pare adunque che la vera interpretazione sia: 



Digitized by Google 



- XV - 



T1B CAESAREm 
AVG I0V1 • OPTV11 
M A X S V M 8 
NAVTAE PAR1SIACI 
PVBL1CE • POS1ERV 

NT 

1 barcaiuoli negozianti di Parigi dedicarono a Giove Ottimo Massimo a pubblica spesa 
la statua di Tiberio Cesare Augusto. Del qua! costume di dedicazioni si è dal dotto 
Letronne abbastanza scritto , Rème Archéol. Il , p. 440 sqq. , ed una nuova conferma 
ce ne ne vien ora da Palestina j la qual lapida gioverà qui riferire siccome la più 
rimarchevole fra le altre. Il eh. sig. Henzen non ha omesso di notarlo alla pag. 85 dei 
Mon. Annali e Bull. 1855, Gotha, ove l'ha inserita: 

L ■ SARIOLENVS 
NAEVIVS FASTVS 
CONSVLARIS 
VTTRJVIAM IN IVN0NAR10 
VT IN PRONAO AEDIS 
STATVAM ANTONINI AVGVST 
AP0LLIN1S IS1 TYCHES SPEI 
ITA ET BANG MINERVAM 
FORT VN A E PRIMIGENIAE 
DONO DEDIT 
CVM ARA 



i . Difficoltà delt argomento. 



Là esame delle iscrizioni latine che portino dei segni creduti accenti od apici, dalla 
origine di tal costume Bno al chiudersi del secolo quinto di nostra era, so poteva 
giudicarsi impossibile un mezzo secolo fa, non è a credersi che al giorno d'oggi sia di 
facile esecuzione. Per quanto discreto senso si voglia dare alle parole del programma 
— Examiner loulet le» intcriptions latines — egli è però sempre vero che una gran 
parte d' esse conviene averne percorse e messe a profitto. 

Ma come fare? so nò anche dopo il buon esempio datoci dal Marini e dal Gio- 
venazzi non si è ancor troppo diffuso il concetto della importanza che hanno i segni 
che sogliono accompagnare le iscrizioni antiche? \a maggior parte dei trascrittori ' 
ancor oggi o non gli avverte sui marmi, ovvero non cura di copiarli - . egli ò quindi 
necessario attenersi a quel numero ristrettissimo che trovasi nelle collezioni, ovvero 
abpndonare affatto l'idea di eseguire il tema. 



1 Se ne lamenta fin da' suoi tempi il Cittadini ( Della vera origine della lingua Italiana , 
e XI) , e ee ne duole il Hurmanno {Auth. lat. pag. G89): male hoc saepe neglexisse tapidum 
litteratorutn tdilores : tuttoché alleghi falsamente in questo luogo il Muratori : Merito queri- 
tur Muratorius in nota ad toni. II, pag. CMXCI, 3; perocché ivi il Muratori osserva rhc la dia- 
itole , oggi detta comma , ossia virgola nelle scuole , è antica: Ex his animadvertere licei anti- 

2 Com'essa ingenuamente di sé il dottissimo Noria ( Cen. Pis. 1 1 , 204 ) : Ipsc etiam nullam 
eorumdem ralionetn habendam ducebam. Ed hanno ragione i Maurini quando scrivono : Si 
Ut accenti paroissent rares aujourd'hui dans les anciennes inscriptions, c est MflJ doute par- 
ceque souvent ils ont ili Mlfl par la copista ( X. T. de Diplom. voi. Ili , pag. 479 1. Ma I' Orelli 
arrischia troppo, asserendo che Frequentiisimi sunt aceenlus in saxis ( Inter, lai. amp. colli 
n. 4686 ). Dei collettori più recenti di epigrafi che abbiano trascarati o non veduti gli apici qui 
nulla dico: ma nel seguito lo mostrerò col fatto. 



- 2 - 

Ma ancora in questa condizione non molto favorevole v'è da notare una seconda 
gravissima difficoltà di riuscire all'intento. Perocché, se noi incontriamo le collezioni 
antiche si rihoccanti di errori anche madornalissimi , come possiamo fidarci di esse 
supponendo che gli autori in notare gli apici , cosa cosi poco curata , non abbiano 
trascurato di segnarli tutti, ovvero che gli abbiano collocati al loro posto ? 

É quindi evidente che ad eseguire un tema di tal natura mancano in gran parte 
gli elementi. 

Però io credo di bene indovinare il quesito dell'Accademia, quando mi persuado 
clie in cosa sì ardua ella abbia voluto provocare l' ingegno e l' industria di coloro che 
siansi occupati finora in riscontrare sugli originali le copie conosciute per le collezioni 
ed in copiare dai medesimi una buona quantità di epigrafi inedite ; e ciò a profitto 
dei moltissimi, che non potrebbero, o perchè non copiarono mai lapidi, ovvero perchè 
trascurarono di trascrivere questi segni. 

Se è cosi, come io credo, dovrò contare fra le avventure della vita di un epigra- 
fista che le lunghe fatiche di lui possono avere qualche effetto : dico effetto , perchè 
non intendo con ciò di prometter molto, ma solo di notare che a mettermi al cimento 
non è valuto poco il vedermi fornito in gran parte di dati sicuri. 

2. Primo quesito. Dottrina dei grammatici antichi intorno agli accenti, 
e prima: della definitione. 

Mi proverò quindi dapprima di dare un' esatta notizia di ciò che leggesi nei 
drammatici, e poscia dirò che cosa le lapidi ne insegnano. Prima d'ogni altro , biso- 
gna conoscere le vario denominazioni dell'accento. Aulo Cellio ne insegna che: Qua* 
Gratti zfoaùlhz dicunt, eoi veteres dotti tum notas vocum tum moderamento , 
tum accentiunculas tum voculationes l appellabant. (N. Alt. L. X 111 C. VI). 
Quintiliano aggiugne due altre denominazioni: Tenore* quo* quidem ab antiqui* 
dictos tenore* comperi, ut videlicet declinato a Graecit terbo, qui -imi dicunt tei 
accentui quo* Gratci Kfc™Jta« vocant. (Inst. Orai. L. I. C. V. p. 38, ed. Capperonn.). 

La medesima dottrina ci ripete Donato : Tono* olii accentui, olii tenore* no- 
minant (ArsGram. L. I. segm. V. ed. Lindemann). E S. Isidoro: Accentua graece 
prosodia, Latini autem et alia nomina habent, nam accentui et tono* et tenore* di- 



1 Gellio ci fa sapere al c. 2ó di questo stesso libro , che P. Nigidio nel L. 24 Commenta- 
riorum Grammaticorum chiamò l'accento voculalio, e l'acuto segnatamente or superior tonus. 
or summus tonus. 



Digitized by Google 



- 3 - 

cunt (Origin. L. I. C. XVII). È poi singolare Marziano Capella quando scrive : Accen- 
tui partim fastigio vocamus, quod lilterarum capitibus apponantur , partim cacu- 
mina, tonos vel sonos, graece qssswìi'a; (De Nupt. P. L. Ili, §. 273, ed. Kopp). 

A darne la definizione prescelgo le parole di Prisciano che ne lasciò un trattato 
abbastanza compiuto : Accentui ttl certa lex et regula ad elevandam et deprimendam 
tyìlabam uniuscuiusque parliculae orationis. ( he acccnt. c. II , 2 , ed. Krehl ) ; onde 
Marziano Capella con ragiono scrive: Est accenius , ut quidam pulaverunt , anima vo- 
cis 1 et seminarium musices, quod omnis moduìalio ex fastigiis tocum gravitateque com- 
ponila, ideoque accentus quasi accantus dictus est (De Nuptiis philolog. L. Ili, §. 268). 
Il celebre oratore CorneUo Frontone prima di lui in tal senso usurpò questa voce , stu- 
diosissimo, com' era, della proprietà dei vocaboli : Ciiharoedi soìent unam aiiquam vo- 
calem ìilteram de Stenore veì de Aedone multi* et variis accentibus cantare (De oratio- 
ne, pag. 290 ed. Mai). 

Inteso cosi l'accento, lo dividono lutti in acuto , grave e circonflesso : ttic in tria 
discernitur, dice Capella, unaquaeque enim sijìlaba aut gratis est, aul acuta, aut cir- 
cumflexa (De Nupt. 1. c. cf. Cicer. in Oratore c. 17 , §. 57 inficio, acuto, gravi ePri- 
scian. de acc. D, acuiti*, gratis, circumflexus, e Donat. A. G. L. I, segm. V, e Massi- 
mo Vittor. IV, 17 e S. Isid. I, XVII, 2, 3). 

L* ampliazione di senso, onde a' dieci segni grammatici si trova dato in comune il 
nome di accendi», non e so non dell' epoca tarda. Prisciano e S. Isidoro ne offrono l' e- 
sempio (Prisc. pag. ÌJG2, Isid. I, XVIII). 

Parimente non v' ha differenza intorno alla forma di essi tre accenti : Acutus, di- 
ce Capella, accentus notalur virguìa a sinistra parte in dexlram ascendente, gratis au- 
tem a sinistra ad dexlram descendente, inflexi signum est sigma super ipsas litleras de- 
vexum 2. (Capell. Ili , 273). Donalo definisce il circonflesso in maniera più comune : 
Circumflexus nota de acuto et gravi facla ita A ( II , V , 3 ) ; a cui consente Massimo 
Vittorino : Circumflexus transversa V item notalur A (IV, 17) e S. Isidoro : Hep tesw|U-' 
vr,, id est circumflexus, linea de acuto et gravi facto, exprimitur ita A (I, XVIII). Non 
credo che allra cosa avesse in mente Quintiliano quando alla voce segnata di accento 
circonflesso dà il nome di vox flexa ed usurpa il verbo fleclere. 

1 In un trattatine de Caesuris versuum , che il-Gaisford crede un excerptum del libro d 
Mallio Teodoro sopra il medesimo argomento, leggesi: Accenius est anima verborum sive vox 
syllabae , quae in sermone plus sonai de ceteris syllabis [Script, lat. rei melricae, Oxonii, 1837, 
ed. Gaisford, pag. 577). 

2 Questo segno nella edizione del Kopp 18U , è . ; ma il Vossio ha osservato che : Hanc si 
intellexissct Captila , latinae non graecankae lilterae nomen imposuisset ( De A. Grommai. 11 , 
7, ed. Fu'rtsch). 



Digitized by Google 



I 



- 4 - 



Riguardo all'uso di questi accenti sui marmi o nelle scritture, io non conosco ve- 
runa testimonianza di antico scrittore , che possa dimostrarsi anteriore a Quintiliano. I 
Maurini hanno scritto : a On est assuré par quelques marbres et par les plus anciens 
« grammai ricns (Suet. de ili. G ramni, c. 29), que les accents étaient en usage dans l'é- 
« cri ture dès le temps d' Auguste et dans l'àge d'or de la latinilé ». (N. I. de Diplom. 
voi. Ili, 479) ; Ma Suetonio citato da loro non lo dice : egli parla solo di distinguere e di 
adnolare i codici, i quali due vocaboli non significano per nulla appor gli accenti : fJt. 
Valeritu Probus ) multa txemplaria contrada emendare ae distinguere et ad notare cu- 
ravi! , soli nuic , nec uììi praeterca grammatices parli deditus ( Suet. de ili. Gramm. 
C. 21). Per quanto gli antichi Grammatici parlino degli accenti, non vi ha neppur uno 
di loro che citi le scritture del secol d' oro , nò lapidi. In P. Nigidio , ap. Gellio. N. A. 
C. SS , non e questione allatto di segnar accenti , ma della pronunzia ; Quintiliano e 
dopo lui Massimo Vittorino e S. Isidoro parlano dell'apice, ossia della linea longa, che 
non è un accento. Questi due ultimi , o per meglio dire Vittorino ( chè S. Isidoro lo 
trascrive da lui), è l'unico che alleghi monumenti anteriori anche ad Augusto, ove egli 
trovava il sicilicus sulle consonanti impiegato per apex , ossia per la linea longa , ma 
nulla egli ricorda di verun accento : la questione non fu mai studiata da loro sui mar- 
mi j ma di ciò dovrò dire di poi ; vengo ora alle leggi di segnare gli accenti che ci ven- 
gono tramandate dagli antichi. 

In prima convengono tutti generalmente sopra l' indole della lingua latina, che ri- 
fiuta l'accento acuto e circonflesso sub" ultima sillaba. Quintiliano scrive in questo sen- 
so : Est in omni voce utique acuta; std nunquam plus una , nec ultima unquam , idtoque 
in dissyllabis prior (L. I,V); e nel libro XII, C. X: Ultima syllaba nec acuta unquam 
excitatur , nec flexa circumducitur. Servio dichiara che 1* uso di accentuare 1' ultima 
coli' acuto è: Contro usum latinum (ad Aen. 1,32): [similmente Donato: Àcutus apuà 
latinos penultimum et antepenullimum tenti , ullimum nunquam. Circumflexus aulem 
non tenebil nisi penullimum locum (I, 5). Massimo Vittorino copia da lui (IV, il); e 
Marziano Capella (III, 276): Nulla vox romana duarum aut plurium sylìabarum acu- 
to sono terminatur. Questa legge di pronunzia comincia ad avere delle eccezioni , le 
quaU aumentano coli' inoltrarsi del Impero verso la decadenza. Alcuni Grammatici ed 
alcuni letterati ai tempi di Quintiliano, che ne parla come di cosa recente, cominciavano 
già ad introdurre quest' uso , ma nella pronunzia : /aro scio quosdam eruditos , non- 



nulhs etiam Grammaticos sic docere, sie loqui, ut propter quaedam vocum discrimina 
rerbum interim acuto sono flniant (I, V, i, 25). Questi per altro restringevansi quasi 
ai soli avverbii ed ai pronomi , del resto si attenevano all' antica legge. Quod tamen in 
adverbiis fere soft* oc pronominibus vindicant, in ceteris veterem legem sequuntur. Indi 
arreca per esempio: Quantum et qualè comparante acuto tenore concludu»*, ut in 
illis: quae circum litlora rimiro piscosos scopulos. Ma noi non ne sappiamo più ol- 




tre, se non che un sentore se ne ha in ciò che Fcsto scrive intorno all' avverbio Quan- 
do (s. v), che Acuto accento est temporis adverbium 1, donde si potrebbe inferire che 
la dottrina dei tempi di Quintiliano si manteneva ancora a quei di Feslo. Il Grammati- 
co Donalo per altro al quarto secolo ne parla ancora con molto riserbo e non allega se 
non due soli esempi , nei quali Causa dàcretionis . dice egli , accentuum legem contur- 
bai: questi sono Pone che a distinzione dell' imperativo prende 1' acuto sull' ultima, ed 
Ergo che riceve il circonflesso 2. 

Noi troviamo una conferma in Servio, ma collo stesso riserbo in quanto a Circum 
ed Ergo nel secolo quinto. Scrìve egli di Circum : In fine accentum ponùrnu contro 
morem lalinum (ad Aen. 1, 32) dippiu ristrìnge quest' uso al solo caso di posposizione 
e ne allega per ragione che VM è breve: Sei correptio hoc facit: nam praepositio post- 
posita correpta est sine dubio 3. Più tardi Prisciano dice-generalmente che: Adverbia si 0 
terminantur, differentiae causa in ultimo servant accentum, ut falsò, si atta» in ultimo, 
ne putetur nomen esse, ut und, alids (p. 382, 383), si C in ultimo, ut isiic, illk. — 
Ma gli altri grammatici non andarono mai tanto avanti e non fanno che ripetere Pone 
ed Ergo, sul primo dei quali Massimo Vittorino (p. 275, L) pone l'acuto ed è approva- 
to dal Vossio ( A.X. 1 42, f): Rectius Maximus Victorinus qui ponit acutum; nam eam 
syllabam et Slaro (Aen. Il, 208, 725) et omnis corripit poetarum manus, sul secon- 
do ammette il circonflesso. Capella e Cosenzio (Cap. Ili, p. 286 — Cos. p. 2028, Putsch) 



1 Cf. Prisc. n. p. 382, 383. 

2 Vedi però ciò che nota il Vossio A. G. voi. D, pag. 142, ed. Lind. ed il Kopp nelle noie a 
Capella pag. 286. Avvertasi per altro che Prisciano copia in questo luogo da Donato, e quindi 
si dovrà leggere anche in esso E rgó e non Ergò, Bebbenc il Krehl col favore dei codici voglia 
ritenere quest'ultimo, (ad Prisc. voi. II, 361). 

3 Tutte le desinenze in VM erano considerate come brevi neh" antica poesia, v. Vossio A. G. 
II, 30. - Cf. Schneider, Bl. I, 1, pag. 135 segg. - Ramsworn Lat. Gr. § 221, 0,2, c. p. 1073 - 
citati in questo luogo dal Lindcmann. 



— 6 — 



3. Ragioni dei dispareri e modo di spiegarli. 

Dallo cose qui esposte scorgesi chiaro abbastanza che siccome intorno alla Orto- 
grafia grandi furono i dissidii nel tempo specialmente di transizione ; cosi non minori 
se ne dovettero eccitare intorno alle leggi di accentuazione. Noi ne troviamo una prova 
anche in persona di Quintiliano , non accomodandosi egli alle novità che si andavano 
introducendo a' suoi di. La ragione del dissenso originavasi dalla maniera diversa di 
etimologizzare e da un gusto più o meno delicato della Greca armonia. Sotto Nerone, 
per esempio, i dotti romani erano ancor fermi a ritrarre sulla penultima o sull' antepe- 
nultima gli accenti delle voci eh' erano ossitone presso i Greci : Sobit iuvenibus dottis- 
simi senes (Atreus) acuta prima dicere soìebanl, ut necessario secunda gratis esset, ilem 
Terei, Sereique. L'uso greco di poi prevalse e Quintiliano slesso non vi si oppone 
(1, V). Indi Donato scrive ai tempi di Costanzo come di un costume di già inveterato : 
Sane graeca verbo graecis accenlibus proferimus (1 , segm. V), e Massimo Vittorino: Grat- 
ta nomina, si iisdem lilteris proferuntur, graecos accentui habebunt. Nam cum dkimus 
Thyas, Nals, acutum habebit posterior accentum; et cum Themisto, Caìypso, 
Theano, ultimam circumflecti videbimus ; quod utrumqw ìatinus sermo non patilur, nisi 
admodum raro (1, p. 275, ed. Lind.). Una osservazione grammaticale sopra i vocativi 
dei nomi in IVS valse a stabilire ai tempi di Gcllio che tali nomi si dovessero proferire 
coll'acuto sulla penultima , contro a ciò che si usava da P. Nigidio : onde Gellio scrive : 
Si quis nunc Valerium appellans in casu vocandi secundum praeceptum Nigidii aeue- 
rit primam , non aberit quin ridealur (N. A. XIII , 25). Perocché si era notato che 
nell'antica lingua dicevasi non già Valeri ma Valerie alla maniera greca (cr. Priscian. 
VII , p. 303). Prisciano spinge ancora più oltre questa osservazione ed ordina che nei 
nomi in C od in AS come Illic, Nottras, anticamente Illicce, Nastrati*, ritengasi il cir- 
conflesso sulla medesima sillaba finale : Vnde relinenl accentum in ultimo quem habe- 
bant in penultimo (De acc. p. 361). Per la ragione medesima pone il circoiillesso sul- 
l'ultima di Maeeenàt, iMrinàs, Arpinas. 

Certamente Quintiliano confessa nel romano linguaggio una durezza, cho non era 
nella lingua greca : Accentus cum rigore quodam, tum similitudine ipsa minus tuave* 
habemus, quia ultima syllaba, nec acuta unquam excilalur , net flexa circumducitur , 
sed in gravem tei duas grave* eadit semper : itaque tanto est sermo graecus latino iu- 
cundior, eie. (L. XII , X) . laonde non avrebbe dovuto fare mal viso a queste novità ; 
ma in lui aveva più forza la tradizione che egli appella ictus lex sermoni* e vi si attiene 
irremovibilmente : Uaec de accèntibus tradita (1, V). 

Non ostante un tal costume romano generale, non può negarsi che la romana pro- 
nunzia, almeno in certi casi, tendesse apertamente ad accentuare L'ultima , siccome in- 



-7- 

genuamente confessa ed ammette lo stesso Quintiliano. E ciò quando avveniva che nel 
contesto del discorso due vocaboli si avvicinassero in modo da non sentirsene la distin- 
zione: e quindi non avessero che un accento solo: Nam cum dico, Circum litlora, 
tamquam unum enuncio, dissimulata dislinctione : itaque tamquam in una voce una est 
acuta; quod idem accidit in ilio Troiae qui primus ab orii. . . . Separata vero 
haec a praeeepto nostro non recedant: aut ti consuetuio vicerit, vetus lex sermonis 
aboìebitur (1, V 1). 

Secondando questa tendenza della consuetudine i Grammatici stabilirono che si ac- 
centasse l' ultima di un vocabolo unito alla enclitica : Pronunciationis caussa , eontra 
usum ìatinum , tyllabis ultimis quibus parliculae adiunguntur , accentus tribuilur : ut 
JUusdque, Méne, huixisce ( Servius ad Aen. 1, 116): Mulant accentus adiunctis 
vocibus, que, ve, ne, ce, cum tamen compìexiva coniunctio est que, ve cum exple- 
tiva ut Latiumque augescere vullis , et, stimuìare meum cor, apud Ac- 
cium in Pelopidis. Hunquam migrabit sonus de primis syììabis in postremas praeter 
parliculas conimela», quorum hoc proprium est , acuere partes postremas vocum qui- 
bus adiunguntur (Capella, III, pag. 272). 

Tutto ciò che non si conforma alle leggi di romana pronunzia è un barbarismo, di- 
ce Quintiliano. Le leggi, a dirlo in breve, sono queste : L' acuto non ha luogo se non 
nella penultima e neirantepenultima : so la penultima i lunga riceverà un acuto od un 
circonflesso ; se è breve, l'acuto si porrà sull' antepcnultima : nei dissillabi la penultima 
avrà l'acuto o il circonflesso. 

L'errore dunque sta -, Quum acuta et gravis alia prò alia ponitur , ut in hoc Cd- 
millus , si acuitur prima : aut gravis prò flexa , ut Céthegus, et hic prima acuta , 
nam sic media mutalur, aut (lejca gravi, ut Apici circumducta sequenle, quam ex 
duabus syllabis in unam cogentes et deinde flectentet, dupliciler peccanl ( 1 , V , 23 ). 



1 Dalla pronunzia si gara presto passato col procedere del tempo a considerare nella declina- 
zione come una sola parola quei due vocaboli che l' accento facea sentire all' orecchio come un 
solo. Di qua credo nato il SACR VYIEXSES : perocché Diomede approva il sacravia (c. de dktione, 
p. 431) ; «1 il SVMMARYDI (Orf//i, n. 2575), che necessariamente suppone il summaradis ; ed il 
SARTATECTI di S. Remigio ap. Floroald. 11. Ecct. Rom. L. 1, C. 18. Trova qui in tal modo il suo 
naturai posto anche la tanto vessata ixw.uih (Vdcrici syll. insci: 111) ammessa dal Marini (In- 
ter. Alb. p. INO) cdal Morcclli, e prima di loro anche dal Winckelmann (ilon. Ani. ined.Iìomae, 
1821, p. 10); negata di poi dal Lobeclt (Aglaoph. p. 1012, 10): Bonam Deam Bc»**;™ dici aeque 
ineptum oc si quis Liberum Patrem grate* k$t?*i™p. dietro audet. D monumento 6 di tal 
epoca alla quale sta benissimo una congiunzione di questa natura. 

1 Due errori condanna Quintiliano, l'uso ornai inveterato di scrivere Apici con un t solo (ex 
duabus syllabis in unam cogentes) e di apporvi il circonflesso (et dcifide fltcttnlts). Tutte le edi- 
zioni leggono costantemente apice, ove ho io rimesso Apici, perchè quella voce non dà verun sen- 



Digitized by 



-8- 

Queste leggi si vennero di poi più determinando , senza che soffrissero gravo alte- 
razione : Donato prima, e poi più specificatamente Massimo Vittorino ci danno rego- 
le più precise intorno all' acuto o circonflesso sulla penultima. Essi insegnano che se 
questa è lunga per natura, allora solo riceverà il circonflesso, quando l'ultima è breve; 
invece riceverà l* acuto , se è lunga t ultima , come in Alhénae : In dissgllabis si prior 
natura ìonga erti et poslerior conepla, prior circumllectitur ut kóra , Róma ; in tri- 
sullabis si penultima naturaliler produeta fuerit ita ut ultima brevis sii , penullimam cir- 
cumflectimus ut Cethigus, Romànus, tte. (pag. 275, L). È in ultimo comune l'in- 
segnamento che i monosillabi hanno l'acuto se la vocale è breve, il circonflesso se lun- 
ga ( v. Prisc. pag. 3(ìì», voi. U, Krchl ). 

A tulli questi precetti Prisciano non fa altra giunta se non che : Praepositio semper 
in fine accentum serrai, ut Apùd, Antè: Interiectio nuìlam certam regulam retinet, 
tamen in fine vtl in medio acuitur , wl Papaé, Evax (pag. 371)-, senza per altro 
lasciar di protestare che l'accento in fine è contro regola : Quod est contro regulam la- 
tinam (pag. 371). Noi vediamo quindi quanto in ciò fossero attenti anche alla fine del V 
ed al principio del VI secolo. 

Non debbo qui preterire che nel resto dei nomi e dei verbi sui quali non portano i 
Grammatici veruna osservazione, è generale insegnamento che l'accento segue la quan- 
tità delle sillabe , della quale tuttavia è un segno , non la cagione , siccome ha ben os- 
servato il Vossio (A. G. 11,18). 



so. Il Drss-viLT (nella ed. parig. IS21 J ha ben veduto clic qui tsi richiedeva un esempio, come 
Càmillus e Ccthegus , ma non si è trailo d'impaccio. La ragione si è perchè egli ha male inteso 
Quintiliano. Egli crede clic: Vox ea , quae prò Apice debel inveniri , ultimai» frrmin liabeal 
necesse est, ut cut» pnxluctione timul fìrctatur , ut quoti non fit si ultima sit loiuja. L'esem- 
pio Apici da me adottato è ancora il più confórme agli elementi che ci offrono i codici. L'uso poi 
di scrivere APICI in vece d'APICH qui condannato da Quintiliano, era stalo ancor prima dissua- 
so da Varrone , che citasi da Carisio ( Inst. Gramm. 1 , pag. 13 Lindcn. 50 Putsch) il quale in 
più luoghi (cf. pag. Il e 39) lo inculca, sebbene osservi che Virgilio scrisse per l unum : Invc- 
nimus tamen et per I unum a Virgilio dictum: lllc urbem Palaci: di che incontro ancora 
qualche esempio sui nummi delle romane famiglie, come : P. SERVILI • M P • RVLLI , TI • NI.WCl 
CF AVGVRIM , L. FVRI , C .V F • BROCCHI , C ■ CONS1D1 NOXIAN1, oltre ad alcuni altri provenienti 
dalle lapidi della seconda metà del secolo settimo di Roma. 



Digitized by Google 



i. Secondo quetilo. Opinioni dei Filologi moderni intorno alla natura 
dei segni epigrafia detti accenti. 



Postoci questo prospetto dottrinale degli antichi Grammatici davanti agli occhi, egli 
è tempo di procedere ad una seconda discussione enunziata così nel programma : — 
Examiner toutes les inscriptions latine* qui , jusq' à la fin du V.im Siècle de notre ère, 
por leni des tigne* d" accentualion; comparer le rituìtal de ce* recherches èpigraphique* avtc 
les règie» concernant V accentuation de la langue latine , rigles donnies par Quintilien , 
par Pritcien et d* aulret grammairient — ciò che io ho cercato di fare nella prima par- 
te — : contuller les travaux de* philologues moderne* sur le mime sujet. — 

Il primo dovere di un erudito che si lancia in mezzo ad una questione si complica- 
ta , è di guardar hene se v' è qualche vestigio di persona che v' abbia praticato prima 
di lui, del quale possa egli studiare le tracce. L'Accademia lo ha ben sentito e però di- 
manda di conoscere le opinioni dei dotti moderni intorno al soggetto che al presente 
trattiamo. 

In una serie continuata fino all' uscire del secolo decimottavo, d' uomini dotti dei 
quali riporlo qui in nota • a disteso i pareri, laquistione vedesi toccata si, ma non in 

1 IL Lipsia, dopo mostrata tutta la difficoltà di crederli accenti, inclina in Une a riputarli Api- 
ci: llaec incpla, stulta et a bardis; nisi id tamen voluerunt Apiccs eos esse, quis insignire»*!, 
ita suspicor, vorales longas (fle ruta pronunc. C. XIX). Cosi il Fabrctti : Apicts inquam nomine 
generico potius quam accentui quorum viccm et varietatem minime implent, eos cocandos mo- 
lici I.ìpsius, et recte quidem {Insc. Dom. pag. 1G7). Né il MalTei si mostra disposto a contraddire: 
Yidentur sculptores UH longas ea nota connotare voluisse syllabas, Mas saltem quas non palerei 
omnibus longas esse {M. Ver. pag. 171). Al MalTei si riporta I* Hagenbuch {Ep. Ep. pag. 273, ed 
appresso l' Orclli laser. Lai. 2, pag. 301, §. I ). Il Yossio aveva tenuto un linguaggio somigliante : 
Nisi fonasse voluerunl syllabas longas notalas a brevibus discernere qitodLipsius cernei (A. Gr. 
Il, 8). Cosi il Zaccaria (Inst. Ant. Lapid. pag. 280). Parrebbe che gli scultori avesser con esse co- 
luto denotarci le sillabe lunghe. Il Noria fu singolare , ammettendo che causa discrelionis si 
fossero impressi , e facendo notare che dopo maturo esame , Profeclo nulla alia causa huius 
accentui mihi occurrit (Cen. Pis. pag. 207). Più ancora si allontanò dagli altri il Band ini : • Ha 
creduto il Fabrctu, e prima di lui Celso Cittadini, che fossero poste le HQMUe per dinotare le 
sillabe lunghe. Ma, a mio parere, non può essere il contrasegno delle sillabe lunghe, se non fosse 
che gli antichi Romani nel pronunziare quelle vocali in quelle tali parole debèo, huHelA, dcdil. 
le proferissero come lunghe (Obel. di Ces. Aug. pag. 58)»; e pag. 60 : • Crederei che potessero 
esaere sovrapposi questi apici per determinare alcuno dei tanti suoni che le vocali dovessero allora 
avere ». Finalmente il Winrkclmann, nella lettera al Conte di Brulli, scrive così : • Presso i Roma- 
ni, nei loro migliori tempi , era tu uso una specie di accenti (Winckelm. op. \ol, VII, pag. 221, 
ed. Prato). . Colle quali parole nulla sembra che voglia delinirc sul valore di questi segni. Do- 
po il Marini e'1 Morcelli non si é adottato un linguaggio diverso dai dotti, cosicché convengono tutu 

2 



— 10 — 



modo da volerla onninamente decisa. Stanno fra il si e il no, più o meno inclinati chi ad 
un opinione chi ad un' altra. Viene di poi un uomo di una erudizione immensa e di quel 
sano giudizio che è Gaetano Marini. Questo dotto sembra di aver voluto trattar la cosa 
di proposito, di avervi occupato assai tempo ed una meditazione conveniente al bisogno. 
Cominciando egli dal rivedere i marmi che erano stati trascritti senza questi segni, im- 
piegar di poi alcune pagine dell* immortai suo lavoro sugli Arvali a registrarci tutte le 
correzioni di tal genere da farsi nel Grutero, nel Fabrelti, nel Guasco, nel Margarini, 
nel Passione! ed in altri di minor conto (Are. pag. 37 e 709 segg.). Ma dopo un tal 
preparativo quale sgomento non arreca egli, a chi voglia occuparsi di cavarne un frutto 
scientiGco ! Ecco le sue parole : « Convicn confessare che in queste (iscrizioni) tali segni o 
non sono veri accenti, o se sono, ve gli hanno gli scultori impressi assai spesso con mol- 
la sbadataggine e quasi a capriccio, e poche volte certamente a tenor delle regole per 
le quali si sa che furono introdotti. Chi polca aspettarsene due sopra la medesima voce 
c talora dissillaba ? Eppure tal cosa è frequente ed osservata già, ed io aggiungo di 
averne contali fino a quattro: non occorre adunque darsi pena di volerne 
spiegare la posizione per mezzo di regole fisse e certe, e di ridurre 
tulto a sistema » (Are. pag. 709). 

Col Marini tiene uno tra i più insigni della sua scuola, Clemente Cardinali: « Gli ac- 
centi, o si debbono chiamare cosi, ovvero apici o spiriti, furono oggetto di discussione 
per molti filologi : ma che cosa impariamo da quei segni nei marmi? Dissi altrove (6'i'or. 
Encicl. di \apoli, Maggio 1818) come io lo credo capriccio de' scarpellini : e se ciò fos- 
se, sarebbe inutile il muoverne una qualunque conghiettura (ìscr. Ani. ined. Roma 
1823 , pag. 8); e questa è pure l'opinione del Kellermann (Specimen Epìgr. pag. 
103 e segg.). 

Questa decisione cosi netta e recisa del sommo Marini e sua scuola gitta, a dir ve- 
ro, la diflidenza in ogni persona che misura bene le sue forze. Ma come fare? se è pur 
necessario scuotere questa soggezione e francare il proprio giudizio, provandoci Vespe- 

in dare a queste linee il nome di Accenti e taluno ancora di Apici. Fra questi debbo annoverare 
il Killer die pare siasi dilTuso a stabilire questa seconda aentcnw, siccome apprendo dal Lindc- 
mann, che nelle noie al Vossio (de A. G. pag. 138), ne avverte: Bitter \Kl. Gr. Lai. I, pag. 77 
sefrj-'-l demonstrat vtramesse Lipsii senttntiam I. Noi uon sappiamo se il Kopp, quando scrisse: 
Deaccentibus in universum pracler re/iV/tws Cmmmalicoj conferendus e recentioribus Fran- 
ciscus Ritltr [SI. Gr. Lai. Berol. 1831), licei eius rationes probare in omnibus haudi/uaquam 
panimi»; intendesse quella o altra dimostrazione di lui. 

4 A«mhI» «r« i mi* rfUpeniiwiM il Killer, p»» lonftrtiupt ciò ri* w li* «ritto Uaiimtmu ( Ritto Eltm. Gr. Ut. 
L I, tmtm Mini dorili»» p«n 83 J ©«*ttori nroml tum a/rictt etu notai Ukt in qvitvutam monumenti* ton- 
ai! ,mtU>hi$ apfentn,, |»m trro npieit none eut (orimi' r am iajs'diSu Kjrrcnl.fi iMmfptoift riérmul 



rienza che anche i grandi uomini sentono talvolta del frale di elio e composta V umana 
condizione. — Mi sia quindi permesso il dissentire questa volta modestamente dal som- 
mo maestro, il quale, come credo poter dimostrarlo , non ha esaminata la cosa da tutti 
i suoi lati. 

Procede egli dalle leggi fissate dai Grammatici , che poi non trova d' accordo coi 
monumenti : ed ha perciò ragione di esclamare che questi o non sono veri accenti, o, se 
sono , ve gli hanno impressi a capriccio. Deh ! perchè non ha piuttosto egli provato di 
vedere, ciò che pur gli pareva possibile, se questi non fossero veri accenti ? 

Dimostrerò intanto più appresso che la vera e primitiva forma del segno impiega- 
to dagli anticlii pelle vocali lunghe è ora una virgola , ora un punto ; e solo nei tempi 
più inoltrati prende la forma generale di una linea obliqua' e qualche volta ancora di 
una orizontale cioè la verissima dell' apice , secondo Prisciano seguito da S. Isidoro 
(Priscian. T. Il, p. 362, od Krchl). In una inedita lapida di Atina impiegasi nello stes- 
so tempo la ligura della virgola e dell' apice su due vocaboli vicini : 

L ' SEPPI • L : L ' PRINCIPIS 
VIXIT ' ANNOS ' XXII 

NOLI DOLERE MATER FACTVP MEo 
HOC TEMPVS VOLVJTHOCFVIT FATVS MEVS 



5. Della origine dei ugni epigrafici delti accenti. 

I primi monumenti latini che rechino qualche segno sulle vocali sono , per quanto 
io so , le monete delle tre famiglie , la Furia , la Pomponia e la Postumia. L' asse della 
prima legge : L FVRI | ROMA , il denaro L Fv'Rl CN ■ F | RROCCIH ' HI ■ VIR. 
Se l'asse , che ci si assicura non uguagliare un'oncia di peso, non ci scosterebbe di per 
sè dal 665 , epoca probabile della legge Papiria che stabili l' asse scmonciale ; ciò non 
ostante saremmo richiamati al 680 dall'appellazione di III • VIR che suUa moneta si dà 
Furio Rrocco. Ha notato il Cavedoni che tal aggiunto non precede il 680. Nel suo nuo- 
vo lavoro, il Cavedoni fissa questo denaro probabilmente al 682. {Ripostigli, pag. 208). 

L' altro monelli rt è Pomponio Musa che scrive costantemente sul suo denaro M V 
SA ; egli però non precede Furio ; perocché le monete di lui , che mancavano a Fra- 
scarolo, tesoro riposto avanti al 686 (Borghesi, Dee. Numism. XV, oss. 1) , trovaronsi 
in vece a Cadriano , ove scoprissi un altro tesoro nascosto circa il 700. Ora il Cavedoni 
stima che questo triumviro coniò il suo denaro al 690 ( Ripostigli , pag. 212). Questo 
medesimo segno trovo io impresso sulla medesima vocale in quelle lapidi che per la loro 
paleografia e per la severità del loro stile, e per tutti i caratteri di cronologia lupidaria, 



-12- 



debbono assegnarsi al cadere del settimo secolo di Roma od alla prima metà dell' olia- 
vo. A S. Germano (l'antico Catimon) ho trascritto (Mommscn, Inter. Regni Neap. Lai. 
n. 733): 

T • C FtfTlVS 1 
EF CASINAT 

e dal Museo dell' Aquila (Mommsen. 1. N. L. 5060) : 

Q CERV1VS • g 
PHILOMfSVS 
VARIASIA SEX ■ L CAESP 

Quivi medesimo (Mommsen, 1. N. L. a. 5940, omesso il segno): 

C • ALLID1VS • V F 
QVIR 
SVRA 

11 Marini reca una lapide Albana a cui egli aggiugne lai segno. L' bo riveduta e rico- 
piata io nel Vaticano. 

DIVO itfUO • IVSSV 
POPVLI • ROMANI 
STATVTVM EST LEGE 
RVFRENA 

In Teramo (tnltramna PraetuUianorum) mi trascrissi quest'altra (Mommsen. /. A'. L 
n. 6194): 

C RVFRIVS T F 
CLA 
AfrlACA P ■ F 
VXSOR 

Ed in Atessa , paese posto fra Lanciano •' Anxanum) e S. Maria del Palazzo (luvanum ) 
mi copiai questo bel monumento che pubblico 2 qui la prima volta: 

1 La vera forma di questo segno nello iscrizioni più vetuste 6 questo V r , di P°i «««e in uso 
la V- Nulla di meno si 6 usalo in questa edizione la unica figura V, perchè la prima riusci- 
rebbe più grande delle lettere qui adoperate. 

2 Ora leggesi edito dal sig. Caraba nel Bull. ùcU'lnstit. 1831, pag. 27, ma privo degli acceu- 
ti , e nel v. 5 manca S1BI. 



Digitized by Google 



13 - 



C ' fTIVS ' C ' F " LETO 

OCCID1T 
HONESTA1 • VITA* • VIXSIT 
PIVS ET SPLENDIDVS 
VT • SIBI • QVISQVE • EXOPTET 
SE • HONESTE VIVERE 
*RN * A N . 4,XX 

Al tempo medesimo comincia 1' uso di sovrapporre alle vocali un panto. Il primo 
monumento è la moneta medesima di L. Furio Brocco sulla quale in alcuni esemplari 
da me veduti si sovrappone a FVRI un punto in luogo della virgola. Ed un punto ugual- 
mente mi presenta un secondo monumento di epoca certa assegnato dal Cavedoni al- 
l' anno 710. Questo è la moneta del Postumio Albino figUuol di Bruto , che su di al- 
cuni pezzi legge : ÀLBLNV BR.STI • F, in altri ALBINVS ■ BRVTI • F. All' epoca 
medesima deve assegnarsi la bella iscrizione beneventana edita da molli e sino dai tem- 
pi di Ciriaco. 11 Mommscn la trascrisse anch' egli recentemente e la diè fra le sue 
ìnterìpt. Neapol. Lai. a. 1807, omesso il punto: 

INFELIX FÀTV 
PRIOR DEBV 
MORI MA" 

Il Borghesi, alla pagina 2il.n. 30 voi. XII, degli Annali dell'Istituto, notò il punto sul- 
la I della iscrizione M * Al. lisi , stampata su di un tegolo. Ed io vi aggiunsi {Bull. 
Napol. a. I , pag. 43) una serie ben lunga osservata da me per la prima volta nella 
celebre tavola del Giove Libero di Furfone. (Momms. n. 0011). In questa peraltro 
veggonsi sovente mal collocati, nè lo scultore che ve li aggiugneva dopo finito il lavoro 
della leggenda, ebbe a notarli più avanti della linea undecima per ragioni a noi ignote. 
Pur vi sono e si capisce che correva un tal uso quando fu ordinata questa copia del 
vecchio monumento, probabilmente nella prima metà dell'ottavo secolo di Roma. 

Nella iscrizione di Fiume edita dal Zaccaria (Irutit. Lapid. U, c. XI, pag. 281, ed. 
Venezia), il punto vedesi sormontare tutti gli I non meno che nella lapida eporediese di 
C. Liccio Firmo data dal Cazzerà (Del ponderano e delle antiche lapidi Eporediesi, To- 
nno , 1852 , pag. 20 e tav. I). Ma par certo che questi punti provengano dai moderni 
trascrittori. 

Non cosi nella iscrizione di Montesarchio (Caudium) che appartiene ai primi anni 
di Augusto, nella quale notai il TVRREIS. La pietra è in due pezzi, e questi sono col- 
locati in due siti diversi (Momms. /. N. 1855, omesso il punto). 



— 14 — 



L SCRJBOMVS L • F LIB PATER 
L SCRIBONIVS L • F • LIBO F 
PATRONE! TVRRElS • EX D D 
F C 

Inedita è questa di Pesco nel territorio antico della colonia Beneventana, notevole an- 
che pel raddoppiamento della liquida L: 

M CAÉCIL1VS • C F GAL VIC 

HEIC • SEPVLLTVS EST 

(i due LL di SEPVLLTVS in monogr.) 

Finalmente a Tor delle Nocelle in una piccola tavoletta funeraria, l'uno e l'altro se- 
gno vedesi artificiosamente avvicendare. Il Torcia la trascrisse male, il Lupoli Iter Ve- 
nia p. 124 ed il Mommsen, n. 1718, la riproducono. Niuno dei tanti segni sebben 
chiari vedesi osservato nelle copie precedenti : 

I) M 
L'f STATI 
R E S T V T I 
Lf) S T *TI VS 
RE ST VTVS 
FILI»* CAtf P 

Appartiene questo titolo a tempi di decadenza , nè io l' ho prodotto qui se non per di- 
mostrare l'impiego simultaneo dei due segni , e però la loro naturale equivalenza t. 
Rivengo quindi al proposito. 

I Non ometterò di notare che oltre a queste due sorte di segni una terza ne ho incontrato in 
un marmo Lucerino che mi rimane ancor unica avuto riguardo ai buoni tempi : 

M . LVCCIVS . > . L 
PHILOCALVS 

mIcroTocisTÉs 

(La stampa del Mommsen I. N. 900 non ben la rappresenta). Nei tempi seguono" non farebbe ca- 
so ni- questa nè altra forma di apice. 



Digitized by Google 



-18- 



0. Della nalura dei punti e degli accenti epigrafici tovrapposli alk vocali. 

Ben meditando su (ali documenti presto ci accorgeremo che una special cagione di- 
dalla legge dell'accentuazione non solo, ma ben anche dal bisogno di determinare 
il significato antico dei vocaboli ha dato origine a questa novella ortografia; per con- 
seguenza , che questa curva lineuccia e questo punto impresso nella V non è un ac- 
cento nò un apice. Intanto fo osservare che l'epoca nella quale si cominciò ad usurpare 
questo segno è un'epoca di transizione ; e che FvRIVS si scrisse prima di questo tem- 
po FOVR1VS per irrefragabile deposizione dei monumenti. 

La medesima famiglia Furia sul denaro del 630 legge : M FOVRI L F HU e 
sopra un altro nummo del 670 ancora scrive : P FOVRIVS CRASS1PES AED CVR. 
E notabile che in quest' anno medesimo 670 mori Accio, l'autore che aveva introdotto 
questa ortografia. Egli aveva insegnato a raddoppiare le vocali A , E , V , quando fos- 
sero lunghe , e se dobbiamo credere a Velio Longo , ancora la 0. Allega Vclio i ma- 
noscritti di lui veduti da sè , nei quali s* incontrava MOOREM, PASTOORES , MOO- 
RVS ; e crederei arrischiar troppo negando recisamente a Velio Longo la possibilità di 
un fatto del quale egli si constituisce testimonio oculare. Altronde non ne 
esempii siccome crede il Ritschl ( Jfon. Epig . tria, pag. 33 ) : 00 
piane nuìhim : potendo riconoscersene uno nella voce COHORS che ha il diritto mede- 
simo dei vocaboli ARALA, GARA, STAHATVITO, di VEHEMENS, di PREIIENDO, di 
MERE (in luogo di me, Quinti!. Insiti. I, o, 21), e di MRR ad essere citata. Dirò piuttosto 
che forse il novello costume di raddoppiare, omessa l'aspirata, non passò mai dai mano- 
scritti di Accio all' uso comune , al quale sembrano essersi adattati coloro tra i Romani 
che adottarono A A, EE, VV. Quanto all'OV edEI, questo non comincia con Accio, aven- 
dosene esempii di età molto anteriore, ed appartenendo evidentemente al sistema della 
pronunzia, secondo il quale se ri ve vasi AI od AE per A od E (Del secondo dittongo parla 
Varr. de L. L. V, 97: In Urbe ut in multis A addito) 01 od OE per 0 , V ; EI talvolta 
per E, tal altra per I, di che non e questo il luogo opportuno a fare una piena discus- 
sione. Basti solo osservare che questa maniera di dittonghi si conservò in certe voci per 
tutto il tempo nel quale si scriveva secondo la nuova ortografia di Accio. I monumenti 
della età di Accio mancano finora di esempii di raddoppiamento non solo dell' Ò ma 
eziandio dell' I. Di quest'ultima mancano ancora testimonianze positive: giacché in ge- 
nerale fu molto inesattamente attribuito dai Grammatici al solo Accio tutto il sistema 
del raddoppiare. Per lo che nulla ne possiamo affermare, fuori della probabilità di una 
conghiettura ; essere questo uso rimasto senza imitatori, gli scritti dei quali siano per- 
venuti a noi. 



Digitized by Google 



Della possibilità, oltre all'asserzione generale che realmente non prova con efficacia, 
vengono garanti due contemporanei di Accio, Cicerone e Giulio Cesare. Di quest' ulti- 
mo notano i Grammatici che voleva si scrivesse POMPEIIVS , e vuol dir che analogi- 
camente avrebbe scrìtto cosi tutti i nomi di gente terminati in EIVS. A tal ortografìa 
bisogna ridurre 1' OPETREUA di Benevento per concorde consenso di tutti i trascrit- 
tori che fanno autoriti, siccome mostrerò nelle mie Inscr. Beneventana, e la CANV- 
LEIlA di una elegante umetta trascritta dal P. Lupi (Distert. II, pag. 188). 

Inoltre Cicerone raddoppiava questa vocale nei nomi in AIA come MAIIA , AUAX , 
nel primo per deposizione di Quintiliano (1 , 4) ; nel secondo per autorità di Velio Lon- 
go (2219 Putsch.), e se deve ritenersi centra l'opinione del Meyer (ad Quint. L. I), se- 
guito dall'Osann (Cicer. de Rep. pag. 449), anche nel verbo AIIO. A questa maniera si 
conformano le lapidi che mi danno RAIIVS due volte (Mi. intcriptionet JVic. Florentii 
in Bill. Duci* Brabantiae) e una iscrizione pompeiana dipinta, che legge MAIIVS, ed 
una gradita , che CAIIVS. In questa teoria per altro sembra essersi voluto rendere me- 
glio il suono della I per due vocali \ ma in S. Benedetto di Pescina ossia nel sito del- 
l'antico Marubium io leggo ORJIONIS in lapida di assai buoni tempi , e che non posso 
afTatto accomunare agli esempii raccolti e prodotti dal Ritschl (Mon. Epigr. Ma , pag. 
31) , creduti da lui dubbii o recentissimi o barbari : Eaque dubia vel recenti* aetatis tei 
barbararum regionum vel negìigenter factorum tilulorum. A buoni tempi parimente si 
riferisce la lamina Kircheriana LD INGEXVIJS QVI AD SVBFRAGIA DESCENDVNT, 
ed il piombo missile pur Kirchcriano ESVRE11S ET ME CELAS, ed il marmo epore- 
diese di C Acillio Gaviano FLAMINI DIV1I • CAESAR (Gazzera, op. cit. pag. 15), 
e la pietra Atinate del Console L. Arrunzio (a. 731) , XVVIR SACRIEIS, ed un fram- 
mento di titolo Beneventano inedito con SMEIS; il quale vocabolo ritrovo ancora colla 
ortografia medesima in un iscrizione romana parimenti inedita trascritta da me recen- 
temente presso uno scarpellino : 

EPAPHBODITVS 

AE CN L . SIGE • ET 

SQVE . SVIEIS . QVEIQVE 

ATEIQVE . ERVNT 

IA . EORVM . NATEI 

ERVNT 

Inoltre aggiungasi il bronzo di Malaga della epoca dei Flavii ElIVSDEM ed il sopraci- 
talo di OPETREUA ove si legge VXORII ed il IVLII della iscrizione scolpita sull'obeli- 
sco vaticano ; nei quali monumenti talvolta si scioglie la fin EI, ovvero una delle due 
I si allunga, senza che peraltro si ometta la I compagna. 



■ 



Di 



-17- 



11 secolo settimo di Roma declina c col secolo va cominciando a < 
ortografìa. Se adunque in quost' epoca precisamente e su quelle medesime voci che si 
erano scritte o con raddoppiamento di vocale o con dittongo, io veggo alla vocale sem- 
plice sovropposto un segno, ragionevolmente debbo conchiudere che questo segno viene 
ora adottato in questo nuovo sistema e che la sua natura è non d'indicare precisamente 
la vocale lunga per natura, ma di supplire alla vocale ora soppressa. Se di una cosa già 
fatta o da farsi intendesse parlare Terenziano Scauro, io non so: certo è che le sue pa- 
role esprìmono letteralmente quello che dopo un ragionamento sul fatto voglio con- 
chiudere io. Scrive egli : Acciut geminato voealibus scribi natura longas syllabas vo- 
luti , cum aìioqui aditelo vel molato apice longitudini* et brevitalis nota posset oitendi. 
(2253 Putsch.). Cosi Quintiliano : Quae ut vocale» iunguntur aut unam longamfaciunt 
ut teiera saripserunt qui geminatione earum velul apice utebaniur (L. 1, 4, 10. InstU. 
Orai. ) Era quindi opinione dei tempi di Quintiliano e di Terenziano che le lunghe in 
vece di raddoppiarle si potevano significare con un segno pari all' apice. Avvertasi in- 
oltre che 1' apice siccome viene descritto non si può riconoscere nella virgola e molto 
meno nel punto dei nostri monumenti e che per gli antichi grammatici mancava ancora 
un vocabolo proprio a questa noto , vedendosi- che si accomodano a dirla talora apex , 
siccome Quintiliano (1,7, 10,7, 14) Mario Vittorino, (pag. 2409, Putsch, pag. 27,Gaisf.) 
Terenziano Scauro, (pag. 2255. Putsch) e S. Isidoro (Oria. IV , 18); tal altra accentus 
longus , come Diomede (pag. 429, Putsch) e Massimo Vittorino (1943. Putsch I , pag. 
276. Lindem.) , ovvero linea longa , con Donato (1742. Putsch , I , pag. 8. Lindcm. 
Ritter unisce a pag. 85 Donato con Diomede e Vittorino ). Nelle quali denominazioni 
non si riconosce la vera natura nè la origine primitiva di questo segno , ma soltanto 
l'uso che se ne faceva di poi , pel quale i Grammatici poterono confonderlo facilmente 
colla indole e col valore dell' Apex, del quale S. Isidoro scrive : Inter figura» littrarum 
et apicem velerei dixerunt , apicem dictum propler quod longe sii a pedibus ted in cacu- 
mine literae apponitur; ut enim linea iacens super lileras atqualiter ducta. ( Orig. 1 , 
IV, 18). 

7. Se la virgola sovrapposta alle vocali possa chiamarsi 
accento od apice, o sicilico. 

Qual nome daremo adunque noi ad un segno del quale la indole e la forma nativa 
non sembra essere stala mai esaminata nò ricordata dagli antichi scrittori? lo certa- 
mente non credo poterlo decidere e lascio volentieri a chi vuole denominar questo se- 
gno o accento o apice , tanto sol che non se ne confonda più nè la natura nè la desti- 
; e proporrò solo a maniera di consiglio , che volendosene adottare un nuovo , 
si perda di vista che almeno la virgola ritenendo la forma materiale del sicilico , 

3 



Digitized by Google 



— 20 — 



Del resto ciò che se ne è detto panni abbastanza al bisogno : mi rimane ora di par- 
lare dell'uso che si venne tacendo di questa nuova teoria nel secolo di Augusto e nei se- 
guenti e come ella si dilatasse. 

9. Del parco uso di guato ugno rufte lapidi. 

Intorno all' uso io veggo sin dal principio costituirsi due scuole, austera l' una, più 
liberale l' altra : ma non si che trascorra a quello smodato lusso notato con tanto mal 
piglio dal Marini, ove si mostra si inquieto di avere scontrato perfino a quattro accenti 
su di una parola (Arv. pag. 709). Ciò avvenne nell'epoca della decadenza. Di pari passo 
va lo stile lapidario, prima austero e castigatissimo, poi talvolta parco all'antica, tal al- 
tra ricco e copioso, quindi negletto o lussureggiante e finalmente barbaro. 

Uopo è produrne alcuni esempii a confermazione di tale pronunziato. Nel fram- 
mento di fasti consolari anteriore al 722, il segno si fa vedere sopra una sola vocale, 
neh" E di PÉDIVS, secondo l'apografo del de Winghe (M$. inbibl. duci» Brabantìae). 

Q. Vario Gemino fu legato di Augusto ; a Castelvecchio Subrequo (Superaequum) 
in quattordici linee non ha che una sola voce segnata, secondo la mia trascrizione t. 

Q • VARIO Q F 
GEMINO 
LEG DIVI • AVG • fi- 
PRO ■ COS • PR • TR • PL 
Q QVAESlT IVDIC 
PRAEF • FRtfM • DAND 
X • VIR STL • IVDIC 
CVRATORI • AEDIVM SACR 
MONVMENTOR QVE PVDLIC 
TVENDORVM 
IS PRIMVS OMNIVM PAELlGN SENATOR 
FACTVS • EST ET • EOS HONORES GESSIT 
SVPERAEQVANI ■ PVRLICE 
PATRONO 

Un altro bel marmo inedito che mi son copiato a Trasacco legge : 

TORINIA • L L NE'ACVLA 
SIBI • ET PATRONO DSP FECIT 

I Momm. 5471, ma senza il sicilico. 



Digitized by Google 



Nella pompeiana del 740 leggesi soltanto VARI , in altra del 758 appartenente alla me- 
desima città la sola voce IVSSV ha il suo segno , egualmente che una sua compagna 
che porta la data del 777 (Momms. 2257, 2264, 2266). 

Al 757 i celebri cenotafl pisani citati anche dal Fabretti non hanno se non in pochis- 
sime voci impressi i segni : Vix quater in priori tabula , bit totie$ in seeunda leguntur in 
sola isti» verbi* MlMBVS, MAGISTRATO, BtfS, ATRI, LtfCTV, CASV, COLONIA 
et iVSSV, dice il Fabretti, tuttoché il Noris non vi sappia dipoi vedere che solo MANI- 
BVS , PECUNIA e COLONIA. A queste fa piccola aggiunta il Cori nelle voci PRIVA- 
TIS e MAGISTRATA S nominativo plurale ( Etnac. II , 10 l dieci frammenti della 
lapida che ornò una volta il frontone del Tribunal alla basilica di Pompei pubblicati re- 
centemente da me 1 , mi danno solo la voce 0*RN. Questa , come ho dimostrato , ap- 
partiene al 762-764. Al 768 (epoca determinata in altro mio lavoro Questioni Pompe- 
iane , pag. 52 ) una lapida pur Pompeiana legge solo due voci HOLCCNIO e SACER- 
DOTI segnate della virgola. 

Nel museo Campana al Laterano si legge : 

CVSTOS SEPVLCRI PENE DESTRICTO DEV« 
PRrAPVS EGO SVM MORTIS ET V1TAI LOCV* 

L'ho trascritto recentemente e vi ho aggiunto il segno trascurato Onora da tutti. 
E del 752, secondo il Visconti (Op. varie I, Milano 1827, pag. 55), quest'altra an- 
cor essa trascritta da me nel Vaticano : 

CORNELIA 
GAETtfLICI F 
GAET^LICA 

L'editore non curò notarvi i segni (op. cit. tav. V, K). 
Nel Capitolino ho copiato queat' altra : 

C PONTI ■ C • F - SCA • RVF1 
TR • MIL • Q • AED ' PL 
GALERIAE • L • F • VX0R1S 
MIBITRATY • CNISMI • L 

Dal museo Campana al Laterano trascrivo la seguente : 

I Bull. Arch. Napol. d. ser. voi. D, n. 1 segg. e 23. 



C CARRINATIS • C L 
FLACQ 
OTXAE dvae 

Il museo lateranense mi offre le due che seguono : 

■ 

1. 

T COCCEIVS . NlCOMEDES 
ET 

M\frLA • EROTIS FlLIA 

2. 

A • GAB1NIVS 
NARC1SSVS 
FORTVNAE PRIM 
VOTVM • SOLVIT L M 

Del 764 è quest' altra , nella quale occorre solo 1VLIVS : l'ho copiata nel Capitolino. 

C • IVLIVS AVG LIBERTI 
LIBERTVS • EROS etc. 

Dall' epoca or notata non s' allontana questa parimenti capitolina , che ne fa uso in 
due sole parole : 

CELLI! • PRIMI • AVG • LIB • LIBERTVS 
ET • GEMINI AE • SVNTVCHE • CON 
IVGI • ET FLAVIO • CELERIONI ■ ET HE 
LENE CELERIANAE FILI1S • POSTERIS 
QVE • SVIS • FEQT 

Pubblicò già il de Lama ( Itcriz. Veltiati 1818 a pag. 102) una lapiduccia di assai 
buoni tempi. CopioUa esattamente, ma non intese il segno soprapposto all'O, giudican- 
do questa lettera con tale appendice equivalente al Q. 



Digitized by Google 



ASIQAE 

FRONTINE» (NT mon.) 
& AEGRlJ™ 
PLARIAN™ 
VXORI 

È invece l' iniziale d' Aulus detto ancor Gius in alcune lapidi ( come appunto sì disse 
plaiutrum e plottrum) ed in qualcuna OHLVS , nato da OHOLVS ( cf. COUORS e 
COHRS), come ò in quella che io trascrissi e pubblicai nella storia d'Isernia a pag. 141 
(Momm. /. A*. L. n. 5081)e comincia OHL • COSENT1VS 1. 

QuesU scuola trova un imitatore fin verso la metà del terzo secolo dopo G. C. in Be- 
nevento. La lunga leggenda onoraria di Cecilio Novatilliano, che riporterò più appres- 
so, in quindici linee è contenta di marcare la sola voce POETAE. 

Il Marini negli Anali diede a pag. 712 questa , che è nel Kircheriano ove V ho io 
ricopiata. 

LVCR1NAE IVCVNDJ: 
P • LVCRTNVS • P • L • THALAMVS 

A corNThis fabEr 

LOC • ENPT EST • ARGEitf (NPT mon.) 

SIBI ET SV • PO^ 

Tranne A e FABER , il segno non si trova notalo in verun altro luogo. 

Cosi la bella iscrizione di Oronte, procuratore di Augusto, che sta ancor ivi, ove la 
vide il Giovenazzi , nota la voce PRO'C e non altro, secondo l' esattissimo apografo di 
questo grand' uomo ( Marini Aro. pag. 711 ). Appartiene alla medesima epoca augustea 
la famosa cassa funeraria di P. Paquio Sceva e di Flavia Consa sua moglie. Questa in 
dieci lunghe linee non marca di sicilico se non Etfed EK (Momms. i. N. L. 5244, omesso 
il segno sopra EA). 

Una gran folla d* iscrizioni che ricordano servi e liberti della famiglia imperiale di 
Augusto si contentano d' imprimere detto segno nelle sole preposizioni A : leggesi 

I II Mommscn crede OHL tre sigle e le interpreta Osta . Hic . Lucius ecc. Ma queste tre let- 
tere sono strette fra loro , senza verun intervallo , senza veruna divisione grammaticale di pun- 
to ; mentre l' iscrizione ci mostra ancora tutte le lettere bene spaziate e con a ciascuna pa- 
rola il suo punto triangolare profondamente scolpito. Ciò posto non pare affatto probabile, che 
le supposte sigle siansi dallo scarpcllino ( e ciò nel bel cominciamento della epigrafe ) si stretta- 
mente volute congiungere in un sol vocabolo, senza averne bisogno alcuno. 



-24- 

quindi A IANO MEDIO (Morom. 6830) A TTTVL (id. 68*1), A CORlNTfllS (id. ibid.), 
A L1BRIS PONTIFICALIBVS (id. 6831), A BIBL10THECA LATINA APOLLINIS 
Od. ib.), A CVBICVLO TI • CAESARIS (id. 6857), A POTIONE (id. 6861). A Gaglia- 
no, piccolo villaggio presso Castctvecchio Subequo trascrissi quest' altra lapida : 

T . PdkPVLLIVS . L . F . LAPPA 

fi • VIR • QVINQ TR1B ■ MIL A ■ POPVLO 
PRAEF • FABR ■ EX • TESTAMENTO • ATBIVM 
AfCTIONARIVM ■ FIERI ■ ET ■ MERCVRIVM 
AVGVSTVM • SACRVM ■ PtfNl ■ IVSSIT 
ARBITRATV • EPAPHRAE • LIBERTI 1 

Lasciamo star un altro buon numero di esempi per dar luogo a due ben singolari 
monumenti dettati in metro. Proviene il primo da una lapida che si leggeva già nel 
Grutero 864,4 ( il Passione! ci. VI , n. 16 ne trascrive da un frammento le sole prime 
tre linee), ma che fu poi riveduta dal Marini , il quale vi notò gli accenti omessi, (Are. 
pag. 713). Non pertanto in sci versi due sono le voci notate del segno: 

C . CANINIVS . C . F 

A R N • LABEO PATER 
OMNES HEI MEI SVNT FTLPVS ILLVM MAN'V 
1LLE ILLAH MERETO MISSIT ET VESTEM DEDTT 
QVOAD VlXSI VlXSERE OMNES VNA INTER MEOS 
EVNDEM MI AMOREM PRAESTAT PVERILEM SENEXS 
MONVMENTVM INDIQOST SAXSO SAEPTVM AC MARMORE 
QRCVM STIPATVM MOERVM MV'LTEIS MILLIBVS. 

Viene da ultimo il celebre papiro ercolanese , che ci ha conservato laceri avanzi di 
un poema intomo alla battaglia ad Aclium colle sue conseguenze in Egitto. In esso ab- 

1 II Muiut. 482, 2, le mette in Roma ; ma il Mamnj, Arv. 548, correggeva questo sbaglio, mentre 
Morcelli de Stilo CCXXXVI1I la dichiarava Corana. Il Mommscn che non conobbe la correzione del 
Marini, sulla copia del Muratori e del Lupoli, II. Yen., pag. 150, pronunzia: De ipsa imriptione 
nihil affirmo; hoc dico non tue Paelignam ( /. N. L. Faltae aut suspeclae, n. 83t* ). Recente- 
mente però il sig. Henzen no ha assicurato il Mommsen o per l'autorità delle Bchede valicane del 
Giovenazzi, e pel testimonio del sig. Brunn {Inscr. Latiti. Sekct. Urelliamrum, T. Ili, pag. 423, 
n. 3883); nulla di meno non si vede corretta la omissione degli accenti. 



biamo noi un solo esempio nella voce ACIES di questo verso (Kreyssig, Carminit La- 
tini de B. Aetiaeo ito Alexxmdrino fragmenla, Upsiae, 1814, pag. 4 e pag. 14) : 



QVALIS AD INSTANTIS ACIES CVM TELA PAraNTVR 



In una lapida edita dal Vermiglioli nelle Iscrizioni Perugine latine , pag. 713 , 
trica ancor essa, occorre solo SE'DES e DILE'CTAE 1. 

Non anteriore al 796 (42 dell'era volgare) nè posteriore all'819 (pag. C. 65) è que- 
sto monumento di una liberta appartenente a Claudia Antonia, figliuola di Claudio Im- 
peratore. È nel Kircheriano assai bene conservato. Fu dato dal Muratori pag. 187,3 , 
e 893,6 , due volte , poi dal Brunati glutei Kircher. Inscriptiones , pag. 66 , 130); ma 
non occorre avvertire che ninno vi marcò i segni : 

DlS MAND3VS 
CLAVDIAE 
ANTONIAE 
L1B LACUNE 
PHILIPP VS • RYST1AN 
PVBLICVS • AB 

SACRARIO 
DIVI AVGVSTI 
OONIVGI • CARISSIMAE 
. FECIT • ET • SI DI 

Ai tempi di Adriano conservavasi ancora questa scuola severa , e ne viene garante 
questo bel cippo del Museo Campana al Laterano dedicato alla Diana , che vi prende il 
luogo della Giunone, cioè alla Diana di Elia Procula : 

D M 
SACR V M 

DEAN pila in b»' AE ET 

MEMO' R I A E 

■Hit «M» 
AEL « «coi.- I A E 



P B CC V L A E 

P AELIVS • ASCLEP1ANVS- 
AVG • LIB 
ET • VLPIA • PRISCILLA FILI AE . 
DVLCISSIMAE FECERVNT 



I Prima del Vermiglioli l'aveva data coi segni il Marini, Arv. 710. 

I 



Sotto Macrino e Gordiano Pio , anzi piuttosto all' età di questo secondo deve collo- 
carsi il marmo onorario posto dai Beneventani all' oratore e poeta insigne M. Cecilio 
Novalilliano, che si dà l'appellazione di Preside della Mesia, in vece di quella di legato. 
In una leggenda ben lunga di quindici linee , il solo vocabolo marcato è POÈTA E 
(Momms. 1420, ma non vi notò questo segno) : 

M CAECILIO 

NOVATILLIA?} 
C V ORATORI • ET • PO 
ETAE • INLVSTRI • AL 
LECTO INTER • CON 
SVLARES PRAESIDI 
PROV MOES SVP- etc. 

10. Detfuso men parco di questi ugni. 

A tal serie di esempii succedano ora quelli che appartengono ad un'altra scuola me- 
no austera ; e sia il primo un ben raro monumento del 744 , non già com'è pubblicato 
dal Bandini in un' opera speciale , riprodotto poi dal Zoega De orig. et twu Obdisc. 
pag. 51 , dal MorceHi, de stilo, E, pag. 38, e dall' Orelli n. 36 , ma secondo la mia le- 
zione , per la quale restano tolti gli accenti all' 0 di AEGYPTO e di ROMANI : 

IMP CAESAR • DIVI F 
AVGVSTVS 
PONTIFEX • MAXIMVS 
IMP Xlì ' COS • XI • TRIB POT XIV 
AEGVPTO IN • POTESTATEM 
POPVLl • ROMANI REDACTA 
SOlI DCNVM DEWT 

Dopo del quale debbo collocar gì' insigni frammenti di funebre elogio, che leggonsi 
presso il Fabretti, al quale il Marini fa una buona giunta di segni omessi dal primo tras- 
crittore (/ni. Alb. pag. 136) , aggiugnere di poi 1' altro elogio di Murdia , che fu pro- 
dotto dal Fea nelle note alla storia dell' arte del Winckelmann III , pag. 202 ( dal 
Marini l la riproduce ma non esattamente V Orelli n. 4839 ). Occorrono nei primi 
frammenti. 

t 11 Marini vi ha fallo una breve giunta (Iteri:. Alb. pag. 136) ; 1' ultima emendazione mi è 
stata comunicata dal Cav. de Rossi. È notevole PASSA' due volte scritto col segno sull' ultima , 
tuttoché nominativo. Vedi però ciò che siamo per dire più appresso 



Digitized by Google 



PATRI AE, A, INANITER , DEBE0 1 ,... E'RVAM , PASSA SI'S, COMVNCTff 
SALVTARITER TV A obi. PEDES , RAPSATA , LIVtfRIB REPLETA , RE'S , 
EDlCTl , MEtfRVM , NCTBSCERENT ; RAG EFFICACIVS , CUSTODIA obi. SPI- 
RITÒ gm. PATIETIÀ , (TRATIONI, MER1TORVM, PRAETERAM PACATO, 
FORTUNA , PROCE / DEr« , DE'FYTT , AlijTS VIRTVTIBVS , DB?IDE*NS , FE'CVN- 
DITATI , FE'MINIS , ORBITATE ME* , LfBERO'S dePO'NEREM , E'LOCVTA , 
CONCORDIA NOSTRA abl. TV* , FVTVRO'S UBERO'S . . . T tfS TfOS ADFirmA- 
RES fulVRVM FATO', LE% VITA abl. CVpidlTAS, NECESSITAS, VERO', 

dtfliDENTlA PARTtfS gm. PARARE^ LATO', FIUAaM. FATO', SENSfS 

MEtfS , CO'NSECRAT FRVCTfS NON DETtVNT FAMA T\'A FIRMA , ACTIS , 
STATUS gm. AMISI, prOPVGNATRICEM , NATVRALIS , VIRE'S, CO'NSTO', 
CASt»S MEO'S LfCT^M O'RATIONIS , MANE^S 

Similmente quello di Murdia i nota del segno quasi quaranta vocaboli 

QVO' HEREDE'S tfS ADIIIBITA FACTA CERTAS AUOVA CONTVMELIA 
VSSV HOT A OBSEQVIO' CONSENSI VffiO'S UBERO'S VERITATE FE'MINA- 
RVM PROPRIA CVSTOD1A VARIETATE'S BONA FAMA ARDVO'M COLENDA 
E& MATER MODESTIA PROB1TATE PVDICITIA OBSEQVIO' LANIFICIO^ DIU- 
GENTrA FIDE 7 PAR VLLI SA PIENTI A E' AVT 

La lapida ha tuttavia bisogno di essere riveduta o corrotta sull' originale. iVS , che in 
antico si scrisse IOVS, come IOVSIT, ed fSSV por VSV, che derivasi de OITI, OITIER, 
come OITILE. La Capuana ( Momms. 3629), nei pochi frammenti che ne rimangono, 
ben dimostra non esser lontana da questi tempi. In essa son impressi i segni nelle voci : 
IVDICIA...CEQVE, PLtfRIMIS, PVBLICE'due volte, OFFICIO'RVM, D ENFICI E'NS, 
RE'S, PVBLICA abl. PIACERE', CO'NSCRIPTIS * , DO'NISQVE (Momm. 3629). 
Pongo allato a questi monumenti l'elogio di Romolo scoperto già in Pompei, ed ora nel 
museo Borbonico come la precedente. Ivi si leggono queste voci segnate : RO'MVLVS, 
MARTIS, RO'MAM, ANNO'S, DVODEQVADRAGINTA 3 (Momm. 2189). È dei tempi 
di Augusto la seguente (Momm. 6865) : 

1 Makini, Iter. Alb. t 136; indi TOiielu L, pag. 355. U Fca nelle note al t. MI del Winckcl- 
mann , pag. 26 , n. 44 , la riproduce come inedita ; il Rittcr la ricava dal Marini. 

2 La proposizione CO.N (piando precede la lettera S e riputala lunga (A. Geli. II, 17, IV, 17). 

3 L' ultima In Quadraginta, come in Triginla, In Sexaginta, si riputò lunga. (Serv. ad Acn. 
11, 651, cf. Vossio de A. Gr. II, 204. Lindem.) a questi tempi. 



— 28 — 



COSMVS AEDITWS • MATRIS ' D 

ANTIOCHO • SACERDOTE ANNfc • XII EIVSD 

AB IMP • AVGVSTO • GRATIS" MAN tfMISSVS i OL 

SYPRA SVNT H ■ S • N ■ I • DONATIO'NIS • CAVSA MANCIF 

Insigne poi è questa tessera , sola in tal genere a portare segni. La pubblicò il Fa- 
bretti (/. D. ci. 1, n. 190) , ma i segni si debbono al Marini (Are. pag. 70) , che ve li 
aggiunse : appartiene all'anno 751 . 

FADCNI 
P K • IVN 
L LENT • M • MES CoS 

Appartiene a M. Plauzio Silvano questa bella iscrizione, console nel 752. L'ho tras- 
critta di recente e vi ho aggiunto quei segni non marcati dal Nibby (Viaggio I, 115), e 
per conseguenza nè dairOrelli che da lui la prende n. 622 : 

H • PLAVTIVS • M F A N 
SILVANVS • COS • Vffvm • EPVLO'N 
IIMC SENATVS TRIVMPIIÀLIA 
ORNAMENTA DE'CRE'VIT 
OB R&S IN ILYRICO 
BENE GFSTAS 
SATRL\ CN • F 
VRGVLiNIA 
VXOR 
A • PLAVTIVS M • F 
VRGVLANIVS 
VlXIT ANN K 

1 1 . Della incostanza nelV uso dei segni e degli sbagli nel collocarli. 

Per le quali osservazioni assai bene si apprende che anche nei primi tempi d' intro- 
duzione di questa novella ortografia fu chi intese di servirsene a suo piacimento, senza 
attenersi a regolo , non così però che ne abusasse o col numero indiscreto o colla per- 
versa applicazione. 



Digitized by Google 



— 29 — 



Non potrebbe quindi passarsi per buona la nota del Morcelli : Non est inficiandum 
apices ittiusmodi nullo vocalium longarvm aut brevium discrimine saepe apposito* te- 
mere et (ine causa (de Stilo, 1, 11, part. 3 o 9). Più ragionevole pare il Maffei quan- 
do scrive : Quandoque eur in eodem titulo quibusdam litteris appingantur, quibusdam 
minime, inteìligere non est(Mus. Veron. pag. 171). Dico per altro che dopo la dimostra- 
zione della origine di questo segno , non si potrebbero moltiplicare i casi di uso erro- 
neo ; perocché, tranne un piccolissimo numero di eccezioni, generalmente li veggiamo 
adoperati procisamente ove per avventura gli antichi avranno notato in altro modo 
la vocale lunga. Ma quanto alla incostanza in metterli o tralasciarsi, la colpa dee essere 
stata degli scarpellini piuttosto che degli autori delle epigrafi. 

A darne un esempio prendo le due lapidi crcolancsi dedicate l'una al Divo Giulio e 
l'altra al Divo Augusto (Momm. 2391-92) -, poniamocele davanti : 



Io qui non entro a discutere , perchè siasi voluto imprimere il segno sub" 0 , e la- 
sciarne privo 1' I ; essendosi scritto prima DEIVO come si legge su di una I semina de- 
dicata per lo appunto a Giulio {St. d' [sernia, pag. 70): GENIO - DEIVI • 1VLI etc. e 
neh" ara posta sotto al palatino , da me or ora trascrìtta ( OreUi 2133, ed ivi Uensen 
HI, p. 178) 



e altrove : ma non può affatto scusarsi che 1' 0 di AVGVSTO ne manchi. Non sarei per 
altro tentato di darne la colpa a colui che consegnò le due iscrizioni allo scarpelUno. 
Lo stesso dicasi della perversa collocazione. Strana cosa al certo sarebbe che sopra un 
monumento elevato a Germanico si scrivesse il segno o ben due volte sulla seconda 
sillaba della voce Coesori, Caesaris: pure leggesi presso il Marini (Art. pag. 710) : 



DIVO ifLIOf 
AVGVSTALE'S 



DIVO' AVGVSTO 
AVGVSTfUES 



SEI ■ DEO . SEI . DETVAE . SAC 
C SEXTTVS • C • F . CALVINVS . PR 
DE . SENATI . SENTENTIA 
RESTITVIT 



GERMANICO 



CAESARI 
T CAESARIS 



AVG • F 
DECVRIO'NVM 



decreto 




-30- 



A me non fa meraviglia che qualche errore s' incontri sui marmi in questo gene - 
re 1 , essendo apertissimo che assai più numerosi sbagli si vengono osservando nelle 
leggende (cosa tanto più rilevante) ai tempi medesimi dell' aurea età. Aggiungasi qui 
una osservazione che non veggo fatta Onora da altri. Gli antichi dovevano al certo avere 
dei mezzi di correggere uno sbaglio occorso nella pietra, senza che fossero sempre obbli- 
gati di radere la lettera e di soprascrivervi un'altra : questo era al certo, come usa an- 
che oggidì , e qualche sebben raro esempio antico pervenuto fino a noi ce lo insegna , 
di accecare col mastice il taglio aperto. Or , possiamo noi sempre dire che non furon 
corretti gli orrori a tempi antichi ; specialmente osandosi allora di tingere a color rosso 
le lettere -, col qual mezzo era assai agevole di sostituire la vera leggenda alla erronea ? 
Arrecheronne qui duo esempii per 1' uno e 1" altro uso. n primo è sulla insigne lapi- 
da dei Naulae Parisiari. L'hanno fatta incidere gii autori del Nouveau Traili de Diplo- 
tnatique (Il , tav. V) , non senza rimarcare : Celle fameuse inseription du premier et du 
plus considérable des bas reliefi GauUns troutés à Notre Dame de Paris en 1711, a 
donni beaucoup d'exercice aux plus savans anliquaires de ce siide (pag. 572). Tutte le 
copie che se ne son tratte differiscono tra di loro, nè quella che ci si dà dai lodati autori 
merita il nome di esattissima. Ecco la mia trascrizione : 

T1B • CAESARE 
AVG • IOVI • OPTV" 
MAXSVMO ift 
NAVTAE PARISIACI • 
PVBLICE • POSIERV 
NT- 

I Tra questi io conto PASSA' nominativo ripetuto due volte sull' epitelio riferito più avanti, 
IVVENIS nel titolo del Museo Modanese edito dal Cavedoni tra i suoi marmi a pag. 257 : 

D f || 

Q • SOSI ^ GEORol 
itfVENIS OPTIMI 
PIENTTSS /s PARENTES 
VÌXIT • ANN • XL ^ FECER 
IN SICILIA • SYRACVSIS 

VENERI^ S IMomm. 2335) e XOVELLlVs (id. 2370) in Pompei, FlLltf S presso il Marini [In, pag. 
712), TERTl^S nella collezione del Mommaen, 6482. 



Digitized by Google 



-51- 

Dal quale apografo risulta bea chiaro che la seconda M di Optumo fu rasa dagli an- 
tichi, i quali scrissero Y 0 più piccolo di sotto perchè mancava lo spazio accanto alla M 
della linea superiore, tuttoché l'avessero scolpita in proporzioni più piccole, che le altre 
lettere : non è dunque vero che si legga ivi OPTVMMO come quasi tutti finora tra- 
scrissero. 

L ara collocata nel recinto del tempio Pompeiano che dicono di Venere , ma eh' io 
ho dimostrato essere di Mercurio e di Maia, porta due iscrizioni o piuttosto una sola ri- 
petuta su due facce. Nella prima leggesi il secondo nome scritto cosi : 

L SEXTILIVS L • F 

ma nella parte opposte, si vede invece scritto 

L • SEXTILIVS • SVÉ • F 

qui la L scolpite sul prenome SEP mostra chiaro che vi fu fatte una correzione : lo che 
posto, come le lettere SEP non sono rase in verun modo, egli è necessario conchiudcre 
che vi furono ricoperte dal mastice. Dal mastice egualmente credo corretto lo sbaglio 
sulla tento rinomate iscrizione di Duilio che a Roma copiai, ove sta scritto NAVEB © S 5 
gli altri danno NAVEBOS coli' Ordii N. EH9, col Grotcfcnd (Lat. Gramm. 2, pag. 292), 
col Ciacconio (Coi. Rostr. in Thes. Graev. IV, 181 1 , ; il Ritschl poi no, che la riporte 
esattamente. Non posso qui omettere una necessaria avvertenza, che il numero sebben 
ristretto degli sbagli in materia di segni vien soventi accresciuto dai trascrittori e da- 
gl'impressori dei libri ; che inoltre ho osservato talvolta a torto imputarsi l'antico per 
mala interpretazione del senso. Siane documento la bella epigrafe di Telefo edite del 
MafTd , uno di coloro che mena alti lamenti intorno alla collocazione dei cosi detti ac- 
centi : 'Nam praepoitere adpotiti deprehenduntur non in frequentar. Io certo vorrei toglie- 
re da questo numero l'epigramma di che è parola : eccone la edizione del Maffei mede- 
simo (Jf. V. pag. 171 ). 

TELEPIIVS UKC SE/DE 1VCVNDA POT11VSQVE QVIESCENT 
DEBITA CVM FAT1S VENERIT HO'RA TRIBVS 

UIC LOCVS HEREDI NE CESSERIT INVIOLATI 

SINT CINERE'S TVM Q\QfS CINA FAVILLA TEGET 
TELEPHVS ìliin MR SIBI ET SVIS 

Il dotto editore si mostra assai mal conlento del primo esametro ove scopre due er- 
rori di prosodia in tede iucunda, errori che il poeta, die' egli, avrebbe potuto facilmente 



Digitized by Google 



32- 



evilare se avesse scritto Tekphus hac iucunda sede Pothusque quiesceni. Non v' era in- 
tanto veruna ragione di dar questa dispiacevole lezione all'antico verseggiatore. Peroc- 
ché iucunda ivi è nominativo, e non deve affatto leggersi sede iucunda (senso per altro 
inconveniente in proposito di un sepolcro ), ma Telephvs, Ivcvnda et Pothvs hac sede 
quiescent, debita cutn fatis veneril hora tribus. L' unica licenza che si è presa il poeta è 
di allungare la cesura pentemimera in sede. Il Maffei toglierebbe colla sua transposizio- 
no anche la cesura eptemimera all' esametro contra ogni legge. Da questa vera inter- 
pretazione segue che nel pentametro non si parla affatto delle (ria fata, come crede il 
.Maffei, che si ha tratto dietro ancora l'Orelli (n. 1777 ) dal quale vien collocata perciò 
nel capitolo degli Dii Immortale*, e richiamato Procopio de B. Golh. 1,25 -.'% -r;>£a ?r:a , 
5Ìtu) fi? Tw[j.»5i tì; i«£pa; vsw^xasi xaXttv. Dopo l'Orelli si è continuato ad invocare a 
proposilo delle tria fata questo pentametro, che ne è divenuto famoso. 

Una osservazione somigliante mi porterebbe a dare altro supplemento alla lapida 
pompeiana di Cacsio Dafno Perocché siccome qui l'aver veduto Iucunda senza segno 
sull'ultima mi pose sulla via della vera intelligenza, cosi in quella il YF.X,\T\ mi mette 
forte sospetto non sia l'ablativo che tutti han veduto, ma invece un accusativo neutro 
plurale. La lapida dice : 

D D 

eAESIVS • DAPHNVS 
augusTXL NVCERIAE ■ ET 
stabis AEDEM GENI • STARIMI 
et araS MARMORP///,. VEXATA 
«DE RESTITMT 

I supplementi dati dal sig. Mommsen combinano in gran parte coi mici antichi 
preoccupati di già dall' Ab. Guarini : perocché supplisce egli Augusta! alla terza linea , 
Stalli* alla quarta, Ihlapsis marmoribus alla quinta. Cosi ancora il Mommsen, che rico- 
nosce un avanzo di V dopo MARMORI : ma io non posso accordarmi con lui neanche a 
supporre un errore del lapicida che avrebbe scolpito MARMOIUVS ed inserito almeno 
un R più piccolo fra l'I tY avanzo dell' V ora perduto colla frattura della pietra. , 

Piuttosto io leggo MARMORI AM 1 e supplisco avanti aras, o cosa analoga 2. 

1 Marmorìus e dei buoni tempi non meno di Cenali* , di Aria, di Beniwlus, di l'hilu- 
minus, ecc. Il supplemento da me proposto aveva non pertanto bisogno di una conferma, sulla 
natura del frammento che io voleva fosse un A. Ne dimandai al Mincrvini, ed egli al 6 Maggio 
del 18i0 mi rispose. « Venendo ora al principale oggetto di questa mia lettera vi dico che il re- 
siduo di lettera nella iscrizione di Cesio Dafno prestasi meglio ad un A che ad un V : è proprio 
la estremità superiore della lettera la quale non offre tale inclinazione da poter essere giudi- 
cato il principio di un V. ■ oeDE credo scritto in luogo di aeì)\. 

2 È regola ben nota dei Grammatici che il neutro plurale aggettivo si accorda con due so- 
sianuvi singolari di cose inanimate, com' essi dicono ( v. Lw. XXXVU, 32 ; Cicer. de Fin. V. 12 }. 



Digitized by Google 



— 33 — 

Le iscrizioni noverate Gnora ci hanno fatto conoscere i due sistemi invalsi nei primi 
tempi : col procedere degli anni più copiose appaiono quelle epigrafi che abbondano di 
accenti, più scarse quelle che ne fanno uso parco. 

Al 764 la plebe di Narbona dedica l'ara a Cesare Augusto sulla quale scolpita si leg- 
ge tutta la formola della consecrazione. È vano cercare nel Millin i segni che pur vi 
sono. Così TOrelli n. 2489, che la trascrisse dal Millin Voyage, T. IV, 4, pag. 375, ne 
manca affatto ed il sig. Artaud che l' ha fatto incidere nel 1820 , Ditcours sur les mé- 
dailtei A' Auguste et de Tibère au revert de l'aulel de Lyon pi. IX, ne ha marcati solo al- 
cuni. Altrimenti la segna il Grutcro, pag. 229. Ma nella Biblioteca di Bruxelles ho tro- 
vato una scheda che la dà copiata a' 3 di Gennaro del 4567 1. Fu il trascrittore dili- 
gente tanto da apporre i seguenti segni. Alla leggenda del primo lato v. 44 SÉ — 
42 OBLIGÀVERVNT — 13 ARAM — 46 RECTOREM — 16 & PLEBE — 49—33 
NOMINI — 20 DB E* — 24 QVJÉ — 25 AVSPICJtTVS — 28 Eli — 16 — 35 RO- 
MANI. A quella del lato secondo v. 4 1 ORNARE — 43 CAVSA. 

n municipio Augusto Veicnte, nel 779 , stende un decreto in favore di C. Giulio, 
Liberto del Divo Augusto ( Fabretti I. R. 170, n. 324 , Morcelli , de stilo, 1, 4, VI). Io 
la ripeterò qui dietro secondo la mia trascrizione : 



I Debbo contentarmi di questa copia, perocché non mi è riuscito di averne una migliore. 



Digitized by Google 



— 34 — 



CENT VM VIRI 



mvmciph 



AVGVSTI 



VEIENTIS 



RtfMAE IN AEDEM VENERIS C.ENETRJCIS CVM C0NVEN1S 
SENT PLACVIT VNIVERSIS DVM DECRÈTVM CONSCRIBERETVR 
INTERIM EX AVCTtfRITATE OMNIVM PERMITTI 
C • IVLIO DIVI AVGVSTI L GELOTI QVI OMNI TEMPORE 
MVNICIP VEICS N(KN SO'LVM CONSILK) ET GRATlA ADIVVERIT 
SED ET1AM IMPENSlS SVIS ET PER FILIVM SWM CELEBRAR I 
VOLVERIT HONOREM EI iVSTISSIMVM DECERNI VT 
AVGVSTAL1VM NVMERO' HAREATVR AEQVE AC SI Eff 
IIONOW tfSVS LICEATQVE EI OMNIBVS SPECTACVLIS 
MUNICIPIO NOSTRO BISELLIO PROPRIO INTER AVGVS 
TALES CONSIDERE CE'NlSQVE OMNTBVS PVBLICIS 
INTER CENTVMVIRO'S INTERESSE^ ITEMQVE PLACERE 
NE' QVOS AB EC LIBERISTE EIVS VEGTrGAL MVNICIPl 
AVGVSTI VEIENTIS EXIGERETVR 



L ■ FAVONIVS LVCANVS 

A'CTVM 

GAETVLICO ET CALVISIO SABINO COS 

Al fratello di Caligola appartiene il monumento edito dal Muratori, e dal Guasco, 
ma a cui il Marini aggiunge i sogni : 



NERONI CAESARI 
GERMANICI CAESARIS F 
TI • CAESARIS AVGVSTI ■ N 
DIVI AVGVSTI PRO N 
FLAMINI A VG VST ALI 
SODALI AVGVSTALI 
SODALI T1TIO • FRATRI • ARVALI 
FETIALI QVAESTORI 
EX S C 



Altro bel marmo del 791 merita esser riportato a disteso (Marini, ber. Alb. pag. 
13, 1-4, Fea, Indicazione dtlla Villa Albani, pag. 73): 



ADFVE'RVNT 



C SCAEV1VS CVRIATIVS . 
L PERPERNA PRISCVS " 
M • FLAVIVS RVFVS ■ 0 
T ■ VETTIVS • RVFVS ■ Q 



CN . OCTAV1VS SABINVS 
T • SEMPROMVS GRACCVS 



P • ACVV1VS ■ P • F • TRO 
C VE1ANVS MAXIMVS 
T TARQVITIVS RVFVS 
C • itfLIVS MERVLA 



M ■ TARQMTIVS SATVRMN 
L MAECILTVS SCRVPYS 



Digitized by Google 



-35- 



M • KQ\ÌLX • 1VLUN0T (OS 
P • NO'NIO • ASPRrNATE 
VII K If nias 

PRO' • SALATE • ET • PACE • ET 
VICTORIA ■ ET • GENIO' 
CASSARE A\gutti 



Altra lapida capitolina dei tempi di Claudio non ha in cinque linee che solo DIS 
MXNIBVS notate di segni : 

DrS MANlBVS 
TI • CLAVDIVS • BLAS 

TYS MEDICVS • U • C EST (hic conditus est). 
CLAVDIA NICE PATRONO b • M 
ET AEÌ)VC1VS MAXIMVS • S • P • S • F 

Il nobile monumento dell' anno 799 edito , e dato inciso in rame dal eh. segr. 
Comm. P. E. Visconti (Diss. della Rom. Pont. Acead. di Arch. t. Vili, pag. 213), è un 
notabile esempio di parsimonia ; perocché in ben sei lunghe linee non incontro altra 
voce che queste due : PORTf/f/i. CAVSSA : 

TI • CLAVDIVS • DRVSI 1 F ■ GAESAR 
AVG * GERMANICVS ■ PONTIF ' MAX 

TRIB POTEST ■ VI • COS ■ DESIGN • ifii • IMP • XR P P 
FOSSIS DVCTIS A ■ TffiERI ■ OPERIS ■ PORT? .... 
CAYSSX • EMISSISQVE ■ IN MARE ■ VRBEM 
INVNDATIONIS • PERICVLO • LIBERAVIT 

I monumenti pubblici rarissime volle portano impressi questi segui. Appartiene 
all'anno 801 (48 di Gesù Cristo) il bronzo lionese fatto incidere esattamente dal signo- 
re Boissieu (Inscr. de Lyon, 18 IG , pag. 136). Tra i rari marmi che seguono l'orto- 
grafia introdotta da Claudio è il Fabrettiano D. pag. 172, n. 22) notato dell'anno 
808 (Cardinali, hcr. Ani. Vtlit., Roma, 1823, pag. 9): 

TI CLAVDIO • CAESARE 

AVG • GERMANICO ■ V 

SER CORNELIO ■ ORFITO (OS 

ISIDI • INVICTAI ET ■ SERMdi 

M ArDIVS SERJIL1AI AjlOLa* 

UB AMERIMNVS 

EX • J IStf 



Digitized by Google 



-36- 

À questo debbono far seguilo i due qui sottoposti tolti dal museo capitolino : 

DlS MANIBYS SAC 

CALAMVS « 
TI CLAVDlI CAESAR1S 
AVGVSTl • GERMANICI 
PAMPIIILI*NVS 
EX D D D.S D D 

A Poppea moglie di Nerone appartiene la lapida data dall' Orelli n. 733, e corret- 
tamente riprodotta ora dal sig. Henzen (Orelli, t. HI, pag. 68) 

POLYTIMVS 
POPPAE'AE' \Xfg 
DISPINSATOR FORTVNAE • V • S 

Prima dell' 812, trascritta da me nel capitolino : 

if LIAE • AVGVSTAE 
GERMANICI CAISARIs f 

AGRIPPrNAf 2 

All' 800 di Roma (dopo C. 47) fu Console la seconda volta Tiberio Plauzio Silvano. 
Nel suo monumento funebre copiato da me al Ponte Lucano copiosi ricorrono i se- 
gni. L'Orelli, che pur cita il Morcelli De Siilo 2, pag. 89 e il Nibby, Viario, I, ì 16 lo 
produce al n. 730 senza apporvi neppur uno dei tanti apici che lo rendono importante 
al sommo. Eccone la mia copia : 

t Non conio fra gli sbagli il seguo sul cognome CALAMVS perché probabilmente deriverà da 
Calama città della Numidia (Alt., de Civ. Dei 22, 8 cf Ptol. IV, 2) ovvero da Calamos città del- 
la Fenicia Plin. 5, 20, 17 cf. Bokkisg Annoi, ad Sol Orimi, pag. 356. Che se è cosi, avremo 
quindi guadagnato che la seconda sillaba di Catàmos, o Calàma e lunga. Dell'uso poi di de- 
rivare i nomi servili dal paese originario oltre alle cose raccolte già dal Cardinali nei Diplo- 
mi pag. 43 e dal Borghesi, Suovo diploma. Atti della Pont. Accad. X, 191 ricordo il classico 
luogo di Varrone de L. L. VIU, 21 pag. 174 ed. Muller : Tres cum cmerunl Ephcsi singutos 
servos, nonnunquam alius declinai nomai ab co qui vendit Artemidorus atque Artenìidorum 
sivc Anemoni appellai, alius a regione quod ibi cmit, ab Ionia, Iona fai. /onam, hnem) : 
alius quod Eplttsi, Epfiesium. 

2 Paragona l'altra lapida dedicata alla medesima, che é nell' Orelli, 5387 



Digitized by Google 



TI • PLAVTIO ■ M ■ F-^AS 
SILVANO' ■ AELIANo 

PONTIF • SODAL • AVG 
ffiVIR A A A F F Q TI CAESARIS 
LEGAT • LEG V IN GERMANIA 
PR • VRB y LEGAT ■ ET COMITl ■ CLAVD 
CAESARIS IN BRITANNA CONSVLl 
PROCOS ASIAE LEGAT ■ PROPRAET MOESIAE 
IN QVA PLVRÀ QVAM CENTVM BULL 
EX NVMERO TRANSDANVVIANOR 
Ab • PRAESTANDA • TRIBVTA ■ CVM ■ CON1VG1B 
AC LlBERlS ET PRINCIPB3VS AVT RE'GIBVS SVlS 

TRANSDVXIT MOTVM ORIENTEM SARMATAR 
COMPRESSIT QVAMVlS PARTE MAGNA EXERCITVS 

AD EXPEDlTIONEM IN ARMENIA M MiSISSET 
IGNOTOS ANTE AVT 1NFENSOS P R REGES SIGNA 
RIMANA ADOTlATtfROS LN RIPAM QVAM TVEBATVR 
PERDVXIT RE'GIBVS BASTARNARVM ET 
RHOXOLANORVM FlLIOS DACORVM FRATRVM 
CAPTOS AVT HOST1BVS E'REPTOS REMlSIT AB 
ALIQVlS I/ORVM OPSIDES ACCE'PIT PER QVEM PACEM 
PRCVINCIAE ET OONFffiMAVIT ET PRO'TVUT 
SCYTHARVM UVOQVrRE'CEM A CIIERCNENSI 
QYAE EST VLTRA BORVSTHENEM OBSffilO'NE SVMMOTO 
PBlMVS EX EA PROVINCIA MAGNO' TRITICI MODO 
ANNtfNAM P • R ADLEVAVIT IIVNC LE / GATVM IN * 
IN HISPANIAM AD PRAE / FECTVR VRBIS REMISSVM 
SENATVS IN PRAEFECTVRA TR1VMPHALIBVS 

ORNAMENTÒ HONORAV1T AVCTOTtE IMP 
CAESARE AVGVSTO VESPASIANO VERBIS EX 
ffRATIONE EIVSQ I • SS 
MOE'SIAE ITA PRAEFMT VT NON DEBVERIT IN 
ME D1FI ERRI IIONOR TRIVMPIIALIVM EIVS 
ORN AMENTO'RVM MSI QVOD LATIOR El ' 
CONTIGIT MORA TITVLVS PRAE'FECTO VRBIS 
HVNC IN EADEM PRAEFECTVRA VRBIS IMP CAESAR 
AVG VESPASIANVS ITERVM COS FE'CIT 



-38- 



Avanli di passare all' Si;, , richiamo l' epigramma del quale il Mommsen n. li 182 
ita congiunto i due frammenti : è di buoni tempi e reca i segni sopra questi vocaboli : 
QVAE'MISEIMBERE, QVJClttVS, HORAabl. K DECIMO, TR*XI, TERTlfS I. 

ID Tffil VICTVRO PROROGET VLTERIVS. 

R marmo arvale edito dal Marini e dal Cancellieri , tav. XV, datato dell' 813 ci si 
mostra copioso di apici. Segnatisi questi sulle voci : GERMANICI, I \ NVAll due volte, 
ARVALIVM, COLLÈGIO, NtfNAS COLLE'GI FRATRf M ARVALIYM VtfTA N V\N- 
CVPÀV1T due volte, IMMOLATE, CAPITOLO, SVPERIOÌUS ed APtfNIVS. 

Meno provisto ò il marmo pompeiano datato dell'815 o in quel torno. Costa di un- 
dici linee, nè imprime altrove l'accento (Momm. 2226) che sopra CAVI PjKSTO'RIS. 

Sotto l' impero dei Flavii , alla vittoria dell' Imperator Cesare Vespasiano Augu- 
sto pone una base la Tribus tucusana eorporit luliani: in essasi legge: lVl.IVS, IVTI 
(Momm. 6773). Vespasiano creò in Pompei un incaricato straordinario per la decisione 
di alcune liti fra la Comune e i particolari possessori di beni fondi , Suedio Clemente. 
Or un programma pompeiano dipinto a pennello che cerca alla magistratura Epidio Sa- 
bino interpone il parere di questo Suedio, scrivendo: EX SENTENTI 4 SVEDI CLE- 
MENTE SANCTf IVDICIS 2. Anche i graditi danno esempii in questo genere. La lista 
di gladiatori che comincia MVNVS M MAES . . . (Graffili de Pompéi pag. 66 ) dà il 
sicilico a M v*NVS. Questo scritto non è anteriore a Nerone perchè son nominati i gla- 
diatori Neroniani, però l'ho collocato in questo luogo. Altro graffito pure appartenen- 
te ai giuochi veduto e pubblicato dall' Avellino (Bull. Napoì. a. I, pag. I2o) legge : 
III l'C PVGNATIO. Ai tempi di Vespasiano si scolpi l'epigrafe onoraria ercolanesc, che 
legge (Momm. 2400) : 

1 Ho citato Tertiìis più sopra Ira gli esempli del segno erroneamente impresso. A sup- 
plemento del v. li di questa graziosa poesia haetil Hauplius, come ci dice il Mommsen, a me 
pare peraltro assai leggera cosa; e ripigliando da due versi in su, leggo cosi: 

12. Ne grave sii quatto paucis cognosccn casus 

13. Quos tulerim dubios, et (juam sii dira cupido 
I i. (Vlterjius nascentem aliquem procedere hora. 

LUcrius è nelle Metamorfosi di Ovidio, li». II, v. 871 : 

buie abit ulleritts, mediique per acquora ponti 
Feri prntdani . . . 

e se ne trova qualche esempio anche sui marmi : p. c. nel C. I 6268 

2 Vedi ciò che ne ho scritto nel nuovo Bullellino Archeologico Napolitano II. p. b\ scg. 



Digitized by Google 



FLAVIAE DOMITILLAE 
IMI» VESPASIANI CAESARu AVO 



• Riporto all' epoca medesima dei Flavii V epigrafe di T. Flavio Evaristo nella quale 
incontro AjftNTVI, AE'DITYVS, DB 7 MONETA, SILANVM. (Marini, /. Alb. 10) 
e presso il Fabrclti (/. 0. pag. 1G8 n. 320) FLAVIAE, FLAVIA, IÀNVARIA FILIAE' 
IT/CIT (id. nag. 107, n. 315) T . FLAVIO', T FLAVIO* VETTORI. 1NDVLGEN- 
TISSIMO' VETTIANC, FLAVIA. 

Nel Buììeltino Archeologico Napolitano , I, p. 181 , ho discorso di Elvidia Pri- 
scilla, figlia del celebre stoico Elvidio Prisco morto sotto Vespasiano , e moglie di II. 
Vcltio Marcello procuratore prima di Nerone , por testimonianza di Plinio, poi di Ve- 
spasiano. Una lapida ci dà il Fabretli che appartiene alla Qglia di una liberta di questa 
Elvidia I. D. p. 107, n. 32, con questa nota: liane inscriptiontm vulgatxral Grutcrvs 
1120, 2 al non omnino cxaclc omiuis pracurtim apicibut illis, Qtiibiu syllabae longae 
tignavi solitae : 

i) ? m 

ILIADI 0 HELVIDlAE 
PRISCILLA^ DELICIO 
V A II M XI D XXIIII 0 
11ELV1DIA LA0D1CE' 
FfLlAE DVIXaSSIMAE' 

Neh" 83i ultimo della vita di Tito fu incisa la tavola arvalo che è nel Marini la XXIII. 
In essa io trovo : itfNIYS, VESPASIANI, CO'S due volle, itfLIAE, CAPITOLO, SV- 
PERIOTUS, VACCAS due volte, CaTELLK/, CABLAR, VESPASIANVS, DOMITI A- 
NVS, QVtfS, N(ys, NOftas, EOftQVE SALVCS, Eff, eie. 

La lapida di Q. Cecilio Feroce non è anteriore al terzo Flavio , nominandosi sacer- 
dote Flavialc , sacerdozio instituito appunto da Domiziano ( Stai. Syh. 1 , 239 , cf. 
Mari IX, cp. 101, o Suel. in Domit. 4 ) : la tolgo dal Marini /. A/6, pag. 72. Q: CAE- 
CIUO FEROCI K ALATO' RI SACERDOTI! TITIAUVM FLAVIAUVM STVDIO / SO / 
E'LOQVENTIAE .... FIL10'. 

L. Valerio rodente Nardo fiorì ai tempi di Marziale v. Oiann , Jahrb. del Jalm 1828, 
T. VIII, 05 segg. approvato dal Weichert, Poti. Latinor. rei. pag. 233 e dal Baehr, U. 
Liti Ilom. I, 512. Ecco il titolo del suo sepolcro copiato da me a Nola : 



-40- 



NARDV 

POETA 
PVDENS 

EffC 
TEGITVR 
TVMVLO 

Non posso qui omettere un monumento dell' 838 nel quale devonsi deplorare più 
sbagli. Il Mafai lo ha pubblicato il primo (Jf. V. pag. 82,2) ; di poi il Morcelli che lo 
commenta ( de Stilo, 1 , 1, 41 ). Stimo per altro che una novella revisione sia neces- 
saria prima d' incolparne onninamente gli antichi , che nè anche nei tempi molto po- 
steriori sbagliano si all' ingrosso : 

CLAVDIA ATTICA 
ATTICI AVG LfB-A RyinriO'MBVS 1 
IN SACRARIO CERERIS ÀNTlATfNAE 2 
r.MP CAESjKR DtfMlTIANO 3 
AVG CERMANIC XI COS 

È evidente che si sarebbe dovuto scrivere A' Rationibu* ed Imp, poiché la prepo- 
sizione In è breve davanti al p, e Cae'sar (questo secondo sbaglio è slato ripreso più 
sopra). 

12. Pareri dei dotti intorno alla durata dei segni detti accenti; 
veri termini di questa usanza. 

Il Winckclmann nella lettera al Consigliere Bianconi , opp. T. VII , pag. 26 , ed. 
Prato, tiene che queste note critiche non compariscono nelle iscrizioni posteriori al se- 
colo di Augusto. Poi si restringe a dire che se ne trovavano fino a Nerone ; cosi il Fea. 
Ecco le parole del Winckelmann : Lettera al Conte di Brùhl , opp. T. Mi , pag. 221 : 
« Presso i Romani nei loro migliori tempi era in uso una specie di accenti e le iscri- 
zioni da Augusto fino al Nerone , Fair. Inscr. 168 , n. 170 , 235 , si distinguono per 
mezzo di questi : e soltanto per questo motivo io reputo appartenere a queir epoca 
l'iscrizione ultimamente ritrovata a Roma e priva d'indicazione d'anno CELER PRIMI, 
etc. v. sopra a pag. 22. Un erudito dunque (Basnage, préf. à l'Hisloire des Juios, pag. 



I ARATIONB (Zaccaria, Inst. Lapid. pag. 268). 2 ANT1ATD/E »d. 3 DOMITIA? id. 



36 ) il quale sostiene che tutte le iscrizioni antiche sono senza accenti , non no ha ve- 
dute molte. » Sembra che Basnage abbia tolto di peso dal dialogo del Lipsio de recto 
pronunciatione, c. XIX questo asserto , senza curarsi d'intendere che ivi propriamente 
sono esclusi gli accenti dalle lapidi ma non gli apici : Lapis ego , si aeeentiuncuìarum 
istarum usquam apex .... 

L'opinione generale diffusa dal Marini e seguita al presente dai dotti si è , che Ir 
iscrizioni notate di accenti, dicon essi, cominciano con Augusto e finiscono quasi onni- 
namente sotto Traiano (Marini Arv. pag. 710}: « Dai moltissimi monumenti rimasi con 
essi ( accenti ) , conchiudo cho se ne fece un uso grande sotto Augusto , e dopo , fino a 
Traiano , e poco più , e parrai bene di non sbagliare riferendo a un tal periodo forse 
tutte le lapidi che ho lette accentate, e per le note cronologiche e per la eleganza delle 
lettere e dello stile. Qualcuna sarà forse anche degli ultimi tempi della repubblica , e 
qualcuna di quelli degli Antonini ; ma rarissime le une e le altre , ni io saprei accen- 
narne pur una. » 

Il sig. Ritschl tiene che la : noca doclrina grammaticorum qua iuberetur locaìium 
prodnctio apice qucrn acce.ytvm vocitamus notori , intaluit circa D. Augusti tempora 
(ìlon. Epigr. tria, pag. 31-32). Del tempo in che terminasse un tal uso qui non gli oc- 
correva dire : ma sappiamo almeno che egli non conosce monumenti molti anteriori al 
Divo Augusto , cioè come pare al 767 , nel qual anno ad Augusto fu decretato il nome 
di Divus. 

I miei studii siccome mi hanno fatto fissarne i primi esempi al 680 in circa , cioè a 
quasi 90 anni prima , cosi mi permetteranno di ampliare gli stretti termini posti dal 
Marini seguito Gnora da tutti, dimostrando che non sono rarissime quelle che dai tempi 
di Traiano in poi siansi impresse coi segni ; non cessando nel tempo stesso di maravi- 
gliarmi come potesse il dotto uomo affermare che non saprebbe egli accennarne neppur 
una ; egli conosceva per certo la lapida di Urso, tutta insignita di segni, ove è menzione 
di un feria <er Consul dei tempi d'Adriano. 

Comunque ciò sia, quello che io conto di più, è di poter dimostrare sotto Traiano 
non solo, ma ancora ai tempi di Adriano e di Antonino Pio tuttavia in pieno vigore 
questa consuetudine. Di Traiano che non si esclude dal Marini citerò la gran base del 
R. Museo Borbonico posta da un Settimio ragioniere della flotta, servo dell' Imperator 
Traiano Germanico Dacico, alla compagna Flavia (Momm. 2652, copiata anche da me) : 



fi 



-42- 



SEPTIMIVS 
IMP • TRAlXNI 
CAESARIS . AVC 

GERM • DACIC 
SER DISP CLASSIS 
FLAVIÀE CÀRAE 
COXIVGI 
SANCTISSIMAE 

Questa lapida è certamente posteriore alT8S0, nel qual anno Traiano ricevette l'ap- 
pellazione di Dacicus. 

Contemporanee a questo principe sono le lapidi dei suoi liberti. Eccone tre, due 
dal Capitolino e la terza dal Kircheriano : 

1. 

D * M 

H • VLPIVS • AVG • UB 

SEVTHES 
FEtlT • EPAPHRODITO' 
VERNA E' . SVOT • K/flUSS 
DE • SE 7 - BENE • MERITO 
VIXIT ■ ANNO • VNO 
ME^SffiVS • QVINQ 
DIE'BVS • OCTO 

2. 

D M • S 
VLPIAE' . ONE^SLMES 

M VLPIVS • AtfG • UB y 

AGATHAXGELVS> 
CONTYGl ■ FEC1T 

3. 
D . M 

m VLPIVS • AVG LfB 
HIERAX 
praE^OSITVS • A*RI 
POTORI 
caESARIS N 
FECIT 



Digitized by Google 



— 43 — 

Pongo a questi tempi la lapida reatina che dopo altri ho pubblicata di mia lettura 
nelle Intcript. vet. Reale quae exstant, Bruxcllis 1854, pag. 18. 

A HERENNTLErVS 
CESTVS • NEGOtlATOR. 
VINJmiVS • A • SEPTEM 
CAE'SARIBtfS • IDEM ■ MERCATO» (O mon.) 
OM.MS • GENERIS ■ MERCIVM 
TRANSMARINARVM UCTOR 
VIV0S • SIRI FECIT • ET • LD3ERTIS 
L1BERTABVSQVE • SVIS' 
POSTERISQ . E'ORVM 

Posteriori o contemporanee a questo principe sono tutte le iscrizioni dei soldati 
della (lotta di Miscno e di Ravenna, che aggiungono il soprannome di Praetoriae di che 
esse furono onorate da questo Imperatore ( v. il Vemazza, Dipi, di Adriano ed il Bor- 
ghesi tra i miei Monumenta Cla$$it Praetoriae Mi*e*en$i$ , Napoli , 1852 , pag. 24 ). 
Eccone due : (Cl.Pr. pag. 43, num. 72, Momm. 2093). 

DfS MANIH 
P PACOftU? • MORO' 
FABRO* • EX CLASSE 
PR MlSENENSE 
NATION • NlCAENS 
MX • ANN L MILITATO (IT mon.) 

ANNIS • XXVIII 
P PAC0N1VS GRAPTVS 
PATRONO • BENEMERENTI (NTI mon.) 

{CI. Pr. 30$. pag. 42, num. 60, Momm. 2768). 



Digitized by Google 



- 44- 



D y • M y • 1 
M CECILIO' • LE'TO^ 
VETERANO' EX' • Ci/ PR y 
MIS' • QVI BIX1T ANNfS 
LXIII MAIA • DONATA 
BENEMERENTI . COIV 
Gì • FECET 

li sig. Conte Borghcii ha dichiarata una sua opinione intorno alla lapida di Urtus , 
conosciuta per più pubblicazioni ( v. Morcelli de Stilo , Orelli , 2592 ) , nel Bullettài» 
Arch. Kapol. nuova serie li, 44 , ove l'aggiudica agli anni seguenti dopo il terzo Con- 
solato di Annio Vero (879 p. C. I2G). Cosicché dovendo supporre passati degli anni 
dal tempo in cui egli si esercitava nelle terme Troiane e altrove , ella cado probabil - 
mente sotto l'Impero di Commodo. Ella è ricca oltremodo di segni : 

1 E/a non è necessario avvertire che questa seconda è ben posteriore a Traiano. I segni che 
accompagnano 1). M. Ex. CI. pr. Mis. non sono nò sicilici nè accenti, ma una tal sorta di apo- 
strophus ( Cf. S. Isid. orig. 1, XXIII ) in uso nella epigrafia Ialina, di cui in altra occasione cer- 
cherò determinar la natura e l'orìgine e la durata. Qui pero non posso omettere che in taluni li- 
bri (p. e. neU'Orelli, num. 4800), la positura (Isid. ih. XIX) si è notata collo stesso segno, che 
il sicilico , ciò che potrebbe recar imbarazio , vedendo e. g. PRAEFERRET", CEP1SSET', REL1N- 
QVERETVR', LAVDARETVR', eie. neUa lapida di Murdia ( lo ha bon avvertito il IUtter, Acc. Lai. 
doclr. pag. 99 ). Lo stesso segno Anale ricorre nella epigrafe nobilissima di Paquio Scova, in un 
frammento di decreto imperiale dettato da Tiberio scoperto a Marubium, (ora e Inserito nel Bull, 
dell' Instituto di Roma a. 1855 pag. 26), nel fine della laudatone funebre prodotta più sopra da 
noi, OPTO^ ed in altri dei migliori tempi. In alcune epigrafi molto posteriori a questo aureo se- 
colo si omette il punto divisore delle parole, ed in suo luogo vedesi usurpata la medesima linea. 

Ke addurrò a maniera di esempio questo litoletto che ne offre uno dei più chiari modelli : 

IV W S' 
IVL1A/ BACCHIS' 
IVLIO/ EPAPHRO 
DITO' PATRONO' 
BENEMERENTE 

ff FECIT' 



Digitized fc>y Google 



VRSVS TOGATO VITREA QVI PRlMVS PILA 
Lfsl DECENTER CVM meis lVsCrirvs 
LA VD ANTE POPVLC MAXIMIS CLAMO'RIBVS 
THERMlS TRAI ANI TIIERMIS AGRIPPAE ET TITI 
MVLTVM ET NERtfNIS, SI TAMEN M1HI CRE'DITIS, 
EGO SVM, OVANTE'S (X)NVENITE PlUCREPI 
STATVAMQVE AMICI FLO'RIBVS MOLlS ROSÌS 
FOLIO'QVE MVLTO' ADQVE VNGVENTO' MARCIDO* 
ONERATE AMANTES ET MERVM PRO'FVNDITE 
NIGRVM FALERNVM AVT SE'TlNVM AVT CAECVBVM 
VIVO 7 VOLENTI DE / AP0TIIE / CA DOMINICA 
VRSVMQVE CANTTE VO'CE CONCORDI SENEM 
HILAREM IOCCSVM PILICREPVM SCHOLASTICVM 
QVI VlCIT OMNE'S ANTECESSORE^ SYOS 
SEANS? DECORRE ADQVE ARTE SVPTILISSIMA 
NVNC VE'RA VERStf VERBA DICAMVS SENE'S 
SVM MCTVS IPSE FATEOR X TER CCNSVLE 
VEW PATROW NEC SEMEL SED SAEPIVS 
CVIVS LIBENTER DICOR EXODIARIVS. 

Niuno è messo fuor di luogo , nè indiscretamente usurpato. Urso ora stalo a buo- 
na scuola , o piuttosto colui cbo gli avrà composto il bello epilafio. 

Neil' impero del Pio Antonino , debbo ricordare in secondo luogo la insigne base 
vaslense drizzata dai cittadini d' Histonium al celebre poeta L. Valerio Pudente loro 
concittadino, nella felice occasione della sua vittoria capitolina. Tutta la leggenda che 
fu scritta sotto Domiziano vedesi affatto priva di segni \ ma non cosi piacque di fare 
al tempo di Antonino , quando fu necessario aggiugnere alla vecchia iscrizione due 
nuove linee dichiarative della novella dignità di curatore confidatagli dal Pio L' au- 
tore di questa giunta era educato a scuola ben diversa e però scrisse ivi colle note cri- 
tiche del segno : 

CtfRAT REI • P • AESERNLNOR ■ DATO' AB 
IMP • OPTIMO ANTONINO AVG ■ PIC 

Nel 912, 159 di G. C. anno della vigesima seconda potestà tribunicia di Antonino, 
la Sehoìa Artnalurarum delta flotta di Miseno pose una base, la cui iscrizione fu di poi 
rasa per scolpirvene un'altra al Prefetto Flavio Mariano Rimase però al lato destro Te- 



- -iC- 



poca della prima dedicazione scritta così (Moinm. 2648 ; niuno , siccome ho avver- 
tito nelle hrr. di Salerno, pag. 16, vi ha osservati i segni) : 

dédlCATA IDIB APRIUB 
<?umìTLLG / ■ ET PRISCO* COS 

Conservasi in Rieti la rinomata lapide dedicata al Padre Reatino dai seviri Augu- 
stali. Vano è cercare nelle copie precedenti i segni che niuno dal Ligorio allo Schenar- 
di non ve li appone. La formola OR ■ IIONO'REM AVGVSTO'R 1 non ci obbliga a 
stimar tal monumento precedere il 914, di G. C. 161 , nel quale la prima volta gover- 
navano il mondo Romano due Augusti . l'ho peraltro collocata qui avuto riguardo alla 
forma dei caratteri che appella quest* epoca. I segni stanno sulle parole : HONOREM , 
AVGVSTO'R, FE'LIX, MODERJTTVS (due volte). 

Al 165 di G. C. 918 di Roma e decimo nono della potestà tribunicia di M. Aurelio, 
fu eretta la base a L. Licinio Primitivo in Misono. Leggasi in essa: HONORiKTO, RE'S 
DEDICATO (Momm. 2530). 

Il nomo di L. Elio preso da un soldato classiario mi determina a collocare quella la- 
pida sotto l'impero di Commodo 2 • 

DfS MANTR 

CRAVONIVS CE 
L EKR • QVI • ET • BATO*' SCE 
NOBARBI NATIONE ■ DA . . 
MANIPL EX ÌUISn) . . . . 

ANN • XI • VIXlT 

L • AELIVS 

VENER 

Per ragion somigliante e per lo stilo, e per altri argomenti, io pongo sotto Massimino 
il L. Giulio del Fabretli (/. D. 171, n. 33), che reca : itfLIVS, X SPECVL/OUS, CE'R 

1 AVGVST I'Anoelotti Storia di Ritti, pag. 89, AVGVSTI il Fabretti e dopo luì il Gudio 
nella seconda edizione del Ghuteho XCVT1, ma 1' Okelli preferisce AVGVST, e con lui il Borghesi 
[BuU. InttU. 1812, pag. 102), ed il Ritschl (Index Schol. an. 1852, pag. XVI11); laonde suppli- 
scono AVGVSTaMaftó. Io ho trascritto la lapida che dice ÀVGVSTO'R (cf. Henzen, Or. Ili, n. 1858). 

2 Ho aggiunti i segni dall' originale , che mi son trascritto nel museo del sig. Principe di 
San Giorgio , prima nè io , nò il Mommsen , che ne traemmo la copia dal Guarini , potemmo 
Tarlo (Momm. 2810, CI. Prati. Mis. , pag. 65, n. 160). Il nome seguente dopo la lettera C alla 
linea seconda vedesi scritto sopra u'tura. 



SACE'RDOTIBVS, DEDlCATItfN, IMAGINIS, DE'DIT DECVRIO'NES, DECRE'VE- 
RVNT, CO'NT V BERNALIS, e sotto M. Antonio Gordiano la classiaria che è nel Momm. 
a n. 2756 e neUa mia CI, Prati. Mit. pag. 80, n. 244: 

Il ANTO'NIVS RVFlNVS 

MlLES • EX V VICTORIA SIBI 
ET L • IV LIO APOLLINEI ERARI 
MfUTI EX fiì DIANA VlXIT 
ANNIS XXXVR1 • MIL • ANN ■ XDV 
ET LIBE'RTlS ' LIBERTAfBVS ■ POSTE 
RlSQVE EffRVM 

Nel nuovo trattato di Diplomatica vicn trascritta ed incisa una lapida di Poiticu 
(Tav. XXX. II). Questa a motivo di omettere i prenomi e di accorciare i nomi di famiglia 
non potrebbe agevolmente riportarsi altrove. La tavola del Siauve {Mimoir. tur les an- 
tiquitis du PoUou) non dà tutti gli accenti ebe presso i Maurini. Leggo in questa edizio- 
ne : VARENILLAÉ, VARE'Nl, CoS, FIL1AE' AQVITAN, CO'S, PRO^neio* e forse 
anche SVA e CVRAVfT. L' iscrizione metrica della Biblioteca dei PP. Filippini in Na- 
poli appartiene al 977 , 224 di G. C. per la memoria del console ordinario Appio Clau- 
dio Sabino. Questa mostra gli apici sulla voce mKCfSOt del verso 5 (Momms. 2617 ed 
altri, ma senza i segni): 

Degat ut anNO'SO' MEA CLAVDIA LVCIS IN AEVO 

Verso questi tempi medesimi e dopo Caracalla fu scolpita la lapida di Nimes ( Hen- 
zen nell'OreUi III, 6454): 

C AEMILIO BERE"' 

CIANO MAXIMO 

cDs • vii vmor epvlcn pro'c 

SPLENDIDISSIMAE PROVINCIA* 
NARBONBNSB LEC PROPR PRtfVIN 
ASlJtE • PRAETORI • SVPRBMAR • ALLECTO 
INTER • TRIBVNIC A DIVO ■ MAGN ' ANTO 
NINO • Q • VRBINO ■ TRIBTfri LATICLAVIO 
LEG • UH • SCYTHICAE • ITEM • VD • GEMINlE 
ITERATO • TRIBVNATV X VIRO 5 STL1TIBVS 
rVDICANDIS 



-48- 



Ma è poi quest' altra cortamente vicina al 249 di G. C. , 1002 di Roma, nel qual 
anno P. Bebio Giusto ricevette dai Teancsi l' onore d* una sUtua (Momm. 4063). Ecco 
l'epigrafe posta a lui dalla sua consorte (Momm. 4064) : 

P BaeBìO 
P • F • TER • 1VSTO 
0 VIR ■ AED 0 R 
CVRAT ■ CAL REIP 
TEANENS 
PLO'TIA P • F AVFIDIA 
IMMANE MARITO 
OPTIMO L D D • D 

Il Marini tuttoché si arresti ai tempi di Traiano, nondimeno trova una cristiana la- 
pida con qualche segno (/Ire. 715, nota 45). Unica è l' iscrizione cristiana dell'anno 317 
o 330 del Collegio Romano, nella quale si trova INNOCENTfA, Q\XE, ANN fé, Df ES 
(Buon. -ir Vetri prefaz. pag. XXX , ma omette qualcuno dei segni che furono poi ag- 
giunti dal Marini I .tre. pag. 715, n. 15). Vi pertanto chi crede che questi segni siano 
sgraffiaturo : c giudicherebbe forse allo stesso modo il CRESCENTIO'NI di altra lapida 
pur cristiana recata dall' Aringhi li, 335; ma qual sentenza porteremo intorno al CVM 
PLAVULLA di un bel titolo cristiano edito dal Buonarotli (Vetri, pag. 112)? 

Sulla epigrafe dedicata a Graziano, che mi sono copiato in Rieti, è scolpito un se- 
gno in LlBERTATfS fuor di luogo ; ma questo errore non deve recare molta sor- 
presa in tale età. Questo è peraltro l'ultimo monumento per me conosciuto che mostri 
segno. Sottentrano di poi i manoscritti che non sono chiamati a parte del quesito ar- 
cheologico dell' Accademia. Io mi rivolgo intanto a trattare una questione assai spino- 
sa , ma della quale non potrei passarmi senza lasciar inquieti i miei lettori , e per vero 
dire, incompiuto il lavoro intorno a così importante soggetto. 

Si può mai credere che gli antichi grammatici non abbiano giammai parlato di que- 
sti segni delle antiche lapidi e dei manoscritti quando essi disputano degli accenti? Ep- 
pure qualcuno d'essi lo afferma almeno quanto ai manoscritti, siccome Vittorino, che 
scrive aversi quegli accenti in molti antichi libri che andavano ancora per le mani di 
tutU : ticut apparet in multi* adhuc veleribus ita tcripli$ libris. 

Ad eludere la quale difficolta non basterebbe il dire che ai tempi in che scrive- 
vano questi grammatici era invalso di dare il nome di accento, anche a' segni che erano 
tutt' altro : perocché in qual senso essi li chiamino accenti lo prova la distinzione che 
ne fanno di acuti gravi e circonflessi, i quali nomi non convengono se non ai soli e 
veri accenti. 




-49- 



Ciò posto, se gli antichi grommatici abbiano mai preso equivoco io non curo : solo 
dirò, che a voler sulle lapidi e nei manoscritti gli accenti grammatici, già non dovrem- 
mo trovarvi soltanto la virgoletta ' ovvero la linea obbliqua /, che potrebbe solo corri- 
spondere alla definizione che essi ci danno dell' arrenda acutut, ma avremmo da rico- 
noscervi in pari proporzione l' accentui gratis e, dove occorre , anche il eircumflexus: 
e ciò non solo, ma impiegali se non sempre, almeno comunemente secondo le inflessi- 
bili regole della lingua latina tanto reclamate ad una voce da loro. 

Eppure gli autori di queste epigrafi, oltre che sono dei tempi più aurei del parlar 
latino, mostrano ben di conoscere la proprietà e l'eleganza non solo nelle frasi, sibbene 
nell'ortografia e nella paleografia. Con tutto questo colui che dettò la nobile iscrizione 
all'obelisco dedicato da Augusto l'anno 7 il avrebbe contro morem Intimati posto l'accen- 
to acuto sull'ultima ed impressi duo accenti acuti in RED/KCTA, l'uno e l'altro con- 
dannato ad unanimità dai tempi di P. Nigidio Figulo fino all'età di Prisciano. Supporre 
poi degli sbagli sì madornali in una epigrafe tanto singolare pel suo destino, pei perso- 
naggio medesimo che la ordinava, è presso che una follia. Percorrasi tutta la serie dello 
epigrafi recate di sopra ed un buon numero di altre che leggonsi disperse nei musei o nelle 
raccolte epigrafiche, o sarà il vero caso di esclamare col Mureto : Lapit ego, ti accen- 
tiunrularum istarum utquam apex (Lips. de recta pronunc. C.XIX). Occorrono si, è vero, 
talvolta degli apici messi secondo le regole della lingua e dei grammatici, e non poteva 
di fatti avvenire altrimenti, avendo le penultime sillabe vocali lunghe ed essendo le voci 
monosillabe; ma come spiegare il gran numero di segni colle regole grammaticali? Co- 
me trovare i circonflessi e i gravi? Dirò riguardo all' apice, a cui si sono mostrati pro- 
pensi taluni dei filologi recenti, che nè potrebbero spiegarmi come accada che non vi 
corrisponda il segno alla longa lùua insegnata dagli antichi grammatici, nè come ella 
non si trovi là precisamente ove avrebbe dovuto far la sua funzione di determinare l'e- 
quivoco di un vocabolo; siccome mo/ta e malia, p'aius e pà/ta, tedet e tèda, manet e 
mane* , pede e pede ecc. Riscontraci per lo contrario dei segni cosi fatti sulle lapidi, ed 
il Marini, coll'usata sua dottrina e diligenza, ne ha raccolto un buon numero di esempi 
(Arv. p. 37, cf. gli Autori del N. C. di Diplom. Ili, 537) -, ma essi dimostrano l'assen- 
za di una consonante o di una sillaba e meritano per ciò il nome di notae tcripturarum 
dato da S. Isidoro a simili segni (Orio. I, XX). 

Nè sono essi di uso si recente, che non rimontino a tempi medesimi di Augusto, sic- 
come in PRONI dei cenotafi pisani in vece di PATRONI; in CEftlA nel graffito pom- 
peiano che porta la data dell' anno 717 in luogo di CENTVRIA; in S1NCERV d' altro 
graffito pur pompeiano (Graffiti di Pompei pag. 47), ed in ifE Grut. 1019, 4 ed. in 
OLLA, Mur. 918,2, vien adoperato ad esprimere l'assenza di un M. Per la mancanza 
di un N si vede in TRASVÈDERE due volte, Mur 1033,1 ; in CÓSPICVO, id. 1010,6, 
ecc. ecc. 

7 



-50- 

Questo metlcsimo uso ha tal linea su tutte le sigle, tranne le numeriche, ove la sap- 
piamo impiegata a distinzione, e più generalmente a moltiplicazione della cifra. 

Dirò ancora una parola sul decantato segno grammaticale del circonflesso ss. Il be- 
nemerito Canonico de Jorio, che mostrasi sì accurato in tutte le sue copie d'antiche la- 
pidi, nelle quali trascrive gli apici quasi solo a suoi tempi, ci dà netti" Atlante della sua 
''««'il di Poxzuoti, Tav. I, n." 21, un'iscrizione antica da lui scoperta nella grotta detta 
delia Sibilla. £ dipinta sull'intonaco a color nero e dice : 

ANTRVM ERAT AÌlQVITER HORRIB. 

L'assenza dell' N in anliquiter ci è dimostrata da quel segno che per i grammatici 
è il circonflesso 1. Se non dovesse tenersi conto della giusta osservazione del Lipsio 
sulla grecanica voce tigma impiegata da Mario Vittorino, e riferita da me più sopra, 
troveremmo talvolta delle sigmata transvm* suUe lettere, p. e. in questa del Momm. 

0649. 

TERENTIÀNO 
DVLCISSIMO 
LTciX\TsÙMF ~ 

Ma chi non vede che qui ha tal segno l' uffizio di notare or la vocale lunga, or Ut 
sigla ? Ricordo bene di avere più sopra risparmiato una critica a Vittorino intorno a ciò 
che ci dice del siàlico ; ma se le cose vanno cosi e se io ho dimostrato che i grammatici 
non hanno potuto parlar di lapidi, nè dei manoscritti, noi, per non dare loro un'aperta 
mentita, diremo che nè anche del sicilico sulle vocali lunghe hanno parlare, ma che in- 
tanto, ciò che essi dicono della natura di tal segno arriva assai opportunamente a buona 
conferma della scoperta, che per avventura ci avviene di fare su i monumenti. 

Quanto ai tibri manoscritti invocati da qualcun di loro, io ne ho, a vero dire, tutta 
la diffidenza. Perocché esistono tuttavia molte antiche scritture sulle pareti pompeia- 
ne, sui papiri, sulle pergamene e altrove cosi dipinte come graffile ; ma il fatto sta che 
in veruna d'esse non si troverà ciò che i grammatici pretendono. In queste vedesi, è 
vero, talvolta alcun segno o linea obliqua da destra in giù a sinistra, e segnata comu- 
nemente su tali vocali , ove incontrasi sulle lapidi come per esempio sull'd preposizio- 

I II Zaccaria ha osservato [Intt. Lapid. pag. 280): ■ L'accento circonflesso non si è ancor 
veduto nelle lapide, tenchè essersene i Romani serviti indichi Servio al verso 375 del dodicesimo 
lihro dell'Eneide. . 



Digjli zed by G oogle 



— 51 — 



ne , sull' abl. o dativo in o , ecc. ma ciò non basta a giustificare il trìplice accento , nè 
affatto l' impiego di esso. Se sopra ós vedesi un segno , egli non è però la linea lunga , 
ossia l 1 aptx voluto ivi dai grammatici a distinzione della lunga dalla breve ; ma forse, 
N debbo credere ai Maurini , a distinzione di 0$ , otsi$ da 0$ , o$$i$ ; cosi, dicon essi, 
pongono un segno sull' EXIMfAM , perche ciascuno sia avvertito a non pronunziare 
congiunto N'IMIAM ; qui sarebbesi dovuto adoperare la diastole , ai giorni nostri nei 
quali abbiamo scoperto tanta copia di vetustissime scritture sui papiri, sulle pergamene, 
o anteriori *o contemporanee ai grammatici , dove ci è avvenuto di dover invocare le 
leggi dei grammatici a spiegarne i rarissimi e sempre uniformi segni che vi scopriamo ? 

Confessiamo adunque , che se altre volte , ora in singoiar modo , i monumenti ci 
rendono l'importante servizio di cavarci fuori dagli equivoci, in che ci avrebbero con- 
dotto senza fallo le letture dei libri anche antichi. 

Egli è finalmente uopo rispondere all'ultimo quesito dell' Accademia intorno all' uso 
del segno sulle iscrizioni latine dei tempi nostri. Io dirò brevemente la mia opinione : 
che non debbonsi far leggi ove gli antichi medesimi mostrano di non averne avuta 
nessuna. Ma ciò non ostante, parermi che si debba stare ai buoni modelli, i quali l'im- 
piegano parcamente. Chi scrisse N E/ACVLÀ sembra certo che l' abbia voluta dedurre 
questa voce da quella radice ove la lettera A è lunga , wtne ; chi LU3ER , intese certa- 
mente di ricordare che anticamente si scrisse LEIBER come in un frammento assai ar- 
caico di bronzo del Museo Kircheriano. Cosi scrivendo FVTIVS si accennò alla radice 
FVTVM, in VTIVS ad OITI, OlTILE, in ORNAMENTA ad venustà, in VEKTI 1 
al più antico VEITI se vale il YEITVRIVS cosi scritto nella lamina di bronzo sui con- 
fini tra i Genuati e i Veturii (Orelli 3121 cf. voi. 1U , pag. 270). Generalmente si fard 
assai bene ad esser parchi e seguendo come ho detto i migliori esemplari. 

Con ciò pongo fine alla mia discussione , nella quale ho esaminate le iscrizioni lati - 
ne che portano dei segni creduli comunemente di accentuazione. 

I II Marini crede questo un esempio del sicìlico di Mario Vittorino , allegando che questa 
voce trovasi ancora scritto VETTI [Ari. pag. 37). 



IMPRIMATUR 
Fr. Dominicus Butlaoni 0. P. S. P. A. Magister. 



IMPRIMATUR 
Fr. Aut. Ligi Bussi Archiep. Icon. Vicesgcrcns. 

No comments:

Post a Comment