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Sunday, September 14, 2025

Grice e Ruggeri

 22102232053 

Med 

K37658 


Digitized  by  thè  Internet  Archive 
in  2016 


https://archive.org/details/b28141969 


D.‘  V.  GIUFFRIDA- RUGGERI 




SULLA  DIGNITÀ  MORFOLOGICA 


SEGNI  DETTI  “DEGENERATITI 


ROMA 

lE,  i-.oescx3:e::e  cSc  o,*' 

(bretschxeider  e regenberg) 

Librai  di  S.  M.  ia  Regina  d’Italia 


l'jstrafto  dagli  “Aiti  della  Società  Homana  di  Antrojioloqia  ,y 
Fascìcoli  II  e III  — 1896-97. 


503 


INDICE 


Prefazione  del  Prof.  G.  Mingazzini pag.  V 

I. 

Coincidenza  delle  abnormità  somatiche  con  le  abnormità  della 
psiche.  Spiegazione  di  tale  fatto  constatato  negli  alienati  (Morel). 
Spiegazione  del  medesimo  fatto  constatato  nei  delinquenti,  nelle 
prostitute  e negli  uomini  di  genio  (Lombroso).  Necessità  di  una 
sintesi.  Concezioni  sintetiche  del  Sergi  e del  Féré.  Concezione 
sociologica  della  degenerazione  (I.\coby,  Tarde,  Ferri,  Dali.e- 
magne).  Definizione  della  degenerazione  . . . . . » 1 

II- 

Le  singole  stigmati  somatiche  abnormi.  Plagiocefalia,  trigonocefalia, 
scafocefalia,  oxicefalia.  Microcefalia  e macrocefalia.  Plagiopro- 
sopia.  Fronte  sfuggente  e fronte  sporgente.  Arcate  orbitarie  e 
seni  frontali  esagerati.  Faccia  mongolica.  Prognatismo.  Abnor- 
mità dentarie.  Torus  palatinus.  Apofisi  lemuriana.  Mancato 
accavallamento  delle  arcate  dentarie.  Altre  anomalie  facciali. 

Collo  e spalla.  Torace  en  entonnoir  e torace  en  gouttière.  Bacino 
e andatura.  Arti  superiori  e inferiori.  Forma  delle  mani.  Solchi 
palmari  Linee  papillari  delle  mani.  Piede  prensile  e piede 
piatto.  Polidattilia,  sindattilia  e brachidattilia.  Anomalie  del- 
T orecchio  esterno.  Naso  ed  occhi.  Mascolismo,  femminismo, 
androginismo,  infantilismo.  Polimastia  e ginecomastia.  Anomalie 
nel  sistema  pilifero.  Appendice » 33 

III- 

Frequenza  dei  singoli  segni  abnormi  nei  due  sessi,  indipendente- 
mente dalle  psicosi  e nelle  diverse  psicosi.  Deduzione  della 
loro  importanza  morfologica  dalla  percentuale  con  la  quale, 
presi  singolarmente,  si  presentano  nei  diversi  gradi  di  dege- 


nerazione psichica >93 

Tabelle  statistiche » 94 

Spiegazione  delle  tavole . . . » 97 

Bibliografia » 106 


PREFAZIONE 


Studiare  il  significato  delle  stigmate  degenerative  soma- 
tiche è merito  in  gran  parte  di  una  scuola  antropologica, 
orgogliosa  di  ripetere  il  suo  nome  dal  suo  fondatore,  il 
Lombroso.  Che  non  tutte  queste  stigmate  posseggano 
uguale  dignità  morfologica  era  noto:  però  regnava  fin 
ora  grande  incertezza  nell’  attribuire  alle  ime  piuttosto 
che  alle  altre  un  giusto  ed  esatto  valore.  Attese  a risol- 
vere questo  problema,  da  me  consigliato,  il  D.r  Giuffrida. 
Dal  suo  studio  esposto  nel  presente  libro,  scaturiscono 
corollari  che  ci  additano  quali  dei  segni  cosi  detti  dege- 
nerativi, dobbiamo  principalmente  tenere  in  conto  per 
emettere  un  sereno  e sicuro  giudizio  sulle  abnormità 
corporee  di  un  paziente.  Le  indagini  del  D.r  Giuffrida 
sono  precedute  da  una  chiara,  minuta  e coscienziosa  ras- 
segna di  quanto  finora  si  è scritto  intorno  al  concetto 
della  degenerazione;  analisi  degna  di  tanta  maggiore  con- 
siderazione, in  quanto  era  desiderato  un  lavoro  storico  di 
questo  genere,  sopratutto  in  Italia. 

Roma,  Febbraio  del  1897. 


G.  Mingazzini. 


Sento  il  dovere  di  ringraziare  vivamente  il  Prof.  G. 

Mingazzini,  che  fu  inspiratore  benevolo  e illuminato  del  presente 
lavoro;  nonché  il  Prof  C.  Bonfìgli,  direttore  del  romamo 

Frenocomio,  gli  egregi  Dott.^  Cividalli  e Gammarelli,  primari 
nel  medesimo,  il  Dott.  Ciar occhi,  direttore  dell’  Ospedale  di 

S.  Gallicano,  che  gentilmente  permisero  ai  miei  studi  di  avere 
una  base  positiva.  Ringrazio  altresì  V illustre  Prof  Sergi,  che  per 
sua  benevolenza  s’ interessava  all’  argomento,  dandomi  all’  uopo 
consigli  e aiuti  validissimi. 


« Dites  vous  donc  bien  et  réciproquement, 
que  partout  où  vous  voyez  un  cliangement  dans 
le  corps,  vous  avez  à en  chercher  un  dans  l’ in- 
telligence. Dites  vous  que  vous  avez  à etablir 
cette  corrélation  dans  tonte  1’  échelle,  et  toutes 
les  dégradations  de  1’  entendement,  depuis  les 
derniers  degrès  de  l’ imbécillité  jusq’  au  fait  le 
plus  élevé  du  génie,  depuis  la  raison  la  plus 
droite  et  la  plus  ferme  jusqu’  à celle  qui  est  le 
plus  profondément  et  le  plus  irrémediablement 
troublée  ».  Lelut,  Cadre  de  la  philosophie  de 
l’homme,  Annales  médico-psychologiques,  1844. 


I. 

A Morel,  giustamente  osserva  Giorgio  Gradenigo,  e ad 
Esquirol,  suo  maestro,  spetta  il  merito  di  avere  per  i primi 
messo  in  rapporto  i segni  dell’  alterazione  psichica  coi  segni 
deir  alterazione  somatica,  per  dare  della  loro  coesistenza  una 
unica  spiegazione:  i fisionomisti  e gli  altri  del  cosi  detto  periodo 
fisiologico  0 frenologico  avendo  esercitato  la  loro  attività  su 
altro  campo,  che  non  precisamente  e rigorosamente  quello 
psicopatologico  (1).  Giuste  osservazioni  anche  in  questo  campo, 
è vero,  erano  state  fatte;  ma,  o in  via  puramente  teorica  da  menti 
acute,  quale  Lelut,  o in  modo  quasi  accidentale,  come,  per  esem- 
pio, queir  osservazione  di  Portai  (2)  che  dice  « très-ordinaires  » 
le  anomalie  nei  cranii  di  maniaci,  epilettici  e apoplettici;  nes- 
suno poi,  air  eccezione  di  Esquirol,  aveva  tentato  una  spiega- 
zione. More!  già  nella  prefazione  al  suo  famoso  Traité  des  dégé- 
nérescences  afferma  nettamente:  « dans  1’  état  actuel  de  progrès 
r ètude  de  1’  homme  physique  ne  peut  s’ isoler  de  1’  ètude  de 
r homme  moral  »;  e in  ciò  fa  suo  il  pensiero  di  Bonnet:  « Il 


(1)  Cfr.  Marro,  I caratteri  dei  delinquenti.  Torino,  1887,  pag.  7 e sogg. 

(2)  PoRTAL,  Consid,erations  sur  les  rnaladies  de  famille  — riferito  da  Lucas, 
Hérédité  naturelle,  Voi.  II,  pag.  819.  — Groham  avrebbe  fatto  osservazioni  anche 
più  estese  sui  delinquenti  sin  dal  1820  (Talbot,  The  etiology  of  osseous  defor- 
mities  etc.  Chicago  1894.  pag.  231  ). 


2 — 


faut  toujours  en  revenir  au  physique  comme  à la  premierò 
origine  de  tout  ce  que  Tame  éprouve  (1)  »,  pensiero  diviso  anche 
dair  autore  del  Contratto  Sociale  che  scrisse:  le  nostre  doti  intel- 
lettuali, i nostri  vizii,  le  nostre  virtù  e per  conseguenza  i nostri 
caratteri  dipendere  dalla  nostra  organizzazione  (2).  Stabilito  poi 
ciò  che  si  debba  intendere  per  degenerazione,  cioè  una  devia- 
zione morbosa  dal  tipo  normale  dell’  umanità,  espone 
come  conseguenza  (e  qui  è il  punto  geniale  della  teoria)  di  tale 
deviazione  nei  discendenti  una  degradazione  progressiva  tanto 
psichica  che  somatica:  a quest’  ultima  assegna  come  limite  la 
sterilità.  In  nessun  punto  esprime  cosi  completamente  il  suo 
pensiero  come  in  questo:  « Le  condizioni  di  degenerazione  nelle 
quali  si  trovano  gli  eredi  di  certe  cattive  disposizioni  organiche 
si  rivelano  non  solamente  da  caratteri  facili  a osservare,  quali  la 
piccolezza  o la  cattiva  conformazione  della  testa,  la  predomi- 
nanza d’  un  temperamento  morboso,  deformità  speciali,  anomalie 
nella  struttura  degli  organi,  impossibilità  di  riprodursi;  ma  an- 
cora dalle  aberrazioni  più  strane  nell’  esercizio  delle  facoltà 
intellettuali  e dei  sentimenti  morali  (3)  ».  E tutto  il  suo  trattato 
cosi  bello  per  unità  di  concezione  e splendido  per  acutezza 
di  osservazioni  non  è che  lo  svolgimento  di  questa  tesi,  con 
quel  calore  stesso  di  convinzione  che  faceva  dire  a Esquirol: 
« cette  funeste  transmission  se  peint  sur  la  physionomie,  sur 
les  formes  extérieures,  dans  les  idées,  les  passions,  les  habitudes, 
les  penchants  des  personnes  qui  doivent  en  ótre  les  victi- 
mes  (4)  ».  — Pronta  conferma  e pregevole  riceveva  la  suesposta 
teoria  da  quel  libro  del  Moreau  de  Tours  (5),  che  a ragione  fu 
detto  livre-ferment. 

Alcuni  anni  dopo  Morel  ritornava  sull’  argomento  (6),  e ne 
raccoglieva  nuovo  e preziosissimo  tributo  di  stima;  poiché  fu 
meraviglioso  vedere  Griesinger  stesso,  che  allora  teneva  lo 


(1)  Bonnet,  Essai  analytique  sur  les  facultés  de  V dme,  pag.  XIII  della 
prefazione. 

(2)  Rousseau,  Nocelle  Eloise,  lett.  3,  t.  V. 

(3)  Morel,  Traité  des  dégénérescences  de  V espece  humaine,  Pa.vìs,  1857  pag.  62. 

(4)  Esquirol,  Des  maladies  mentales  considérées  sous  les  rapporis  médical, 
hygénique,  et  mèdico -legai.  Paris.  1838,  t.  1,  pag.  65. 

(5)  Moreau,  La  pshycologie  morbide,  Paris,  1859,  pag.  116. 

(6)  Morel,  De  la  formoiion  du  type  dans  les  varieté  dégénérées,  1864. 


— 3 — 


scettro  della  psichiatria  schierarsi  fra  i suoi  ammiratori,  e por- 
tare nel  discorso  col  quale  inaugurava  la  clinica  psichiatrica 
di  Berlino  (l.o  Maggio  1866)  le  idee  professate  dal  modesto 
medico  di  Saint-Yon:  « ....  noi  troviamo  che  le  persone  colpite 
da  una  predisposizione  ereditaria  nevropatica  presentano  nella 
loro  organizzazione  qualche  cosa  che  le  distingue  dalla  mag- 
gioranza degli  uomini  e per  certe  forme  o per  qualche  parte 
del  loro  corpo  sono  contraddistinti  e come  afflitti  in  particolar 
modo  dalla  natura.  Queste  stigmati  degenerative  possono  consi- 
stere in  cambiamenti  lievissimi...  ».  Anche  ,il  Lombroso,  che 
allora  faceva  le  sue  prime  armi  nella  statistica,  portava  il  suo 
contributo  (1). 

Il  medico  di  Saint-Yon  aveva  messo  tra  i colpiti  da  eredità 
I morbosa  anche  i delinquenti.  Difatti  seguendo  la  genealogia  di 
una  famiglia  di  degenerati  aveva  veduto  (2):  1.^  generazione  — 
Immoralità,  depravazione,  accessi  alcoolici  e degradazione  mo- 
rale del  bisavolo,  che  in  una  taverna  fu  morto  in  rissa;  2.^^  gene- 
razione — Ubbriachezza  ereditaria,  attacchi  nervosi  che  fini- 
scono in  paralisi  generale  nelL avolo;  3.^  generazione  — Sobrietà, 
inclinazioni  ipocondriache,  illusioni  di  persecuzione  e tendenze 
omicide  nel  padre;  4.^^  generazione  — Intelligenza  difettosa, 
primo  attacco  di  follia  a 16  anni  e passaggio  in  completo 
idiotismo;  probabile  estinzione  della  famiglia,  non  essendovi 
alcun  sviluppo  delle  funzioni  generative.  Ma  non  aveva  insistito 
neir  analogia  tra  delinquenti  e pazzi,  nè  dilungatosi  a dimo- 
strare la  natura  morbosa  del  delinquente.  Daily  e Voi  sin  si 
! occuparono  a preferenza  di  quel  raffronto  (3),  e Despine  (4)  in 
seguito  dimostra  le  anomalie  morali  del  criminale  e della 
prostituta.  Ma  è in  Inghilterra  sopratutto  che  una  schiera  di 
valorosi  prende  a trattare  la  natura  morbosa  del  delitto:  ho 


(1)  Lombroso,  La  medicina  legale  delle  alienazioni  mentali  studiata  col 
metodo  sperimentale  — « Gazzetta  medica  italiana  — provincie  venete  » (anno 
Vili  N.  27,  28,  29,  30),  1865. 

(2)  Riferito  da  Maudsley,  Corpo  e Mente.  Orvieto,  1872,  pag.  49.  V.  anche: 
Fisiologia  e Patologia  dello  spirito  dello  stesso  autore,  Napoli,  1871,  pag.  227. 

(3)  Dally,  Remarques  sur  les  aliénés  et  les  criminels,  Paris,  Masson  et 
fils,  1864  — VoisiN,  De  V identità  des  causes  du  suicide^  du  crime  et  de 
V aliénation  mentale. 

(4)  Despine,  Psychologie  naturelle,  Paris,  1868,  Voi.  II  e III  passim. 


— 4 — 


nominato  Maudsley,  Thompson;  Wilson^  Needham;  Nicolson 
(ma  quest’ultimo  in  senso  negativo).  Maudsley  principalmente 
accetta  in  tutto  e per  tutto  la  teoria  degenerativa  di  Morel  (l), 
e definisce  la  classe  criminale  una  varietà  degenerata  o mor- 
bosa della  specie  umana;  contraddistinta  da  caratteri  particolari 
d’inferiorità  fisica  e mentale;  risultato  fatale  di  una  serie  di 
generazioni  (2);  ma  quanto  alla  dimostrazione  anche  lui  si 
limita  al  lato  psichico.  Il  lato  somatico  della  dimostrazione; 
il  più  importante  per  noi;  è merito  insigne  di  un  illustre 
seguace  della  teoria  degenerativa  in  Italia;  del  Virgilio.  Questi 
difatti  fa  rilevare  quanto  comuni  risultino  dalle  ricerche  prati- 
cate (266  delinquenti)  le  stigmati  degenerative  somatiche  « le 
quali  essendo  in  relazione  con  lo  stato  anomalo  dell’organismo; 
permettono  di  annoverarlo  nelle  varietà  morbose  della  specie 
con  lo  stesso  diritto  che  dà  alla  psicopatologia  di  includervi 
l’idiozia;  il  critinismo  e la  follia  (3)  ».  Nè  il  Virgilio  fra  noi 
resta  isolato;  TAndronico  nei  suoi  Studi  clinici  sul  delitto  ritiene 
la  causa  essenziale  che  promuove  il  delitto  di  natura  morbosa; 

anche  lui  fondandosi  sui  fatti  somatici:  « T asimmetria  della 

faccia;  il  prognatismo;  il  naso  camusO;  le  orecchie  ad  ansa;  i 
diametri  poco  proporzionati  della  testa  e della  faccia  che  in 
tutte  (122  donne  delinquenti)  si  sono  riscontrate;  son  segni 
abbastanza  sicuri  e caratteristici  da  dedurre  che  per  la  non 
giusta  conformazione  e composizione  dell’  organo  cervello  e 
sistema  nervoso;  succedevano  quelle  nevrosi;  isterismo;  epilessia; 
melanconia;  alienazioni  mentali  che  furono  e saranno  sempre 
Tetiologia  del  morbo  che  chiamasi  delitto  (4)  ». 

In  Italia  però  non  esistevano  solo  i puri  seguaci  della 
teoria  degenerativa;  anzi  da  tempo  vi  s’era  iniziato  un  movi- 
mento scientifico  tutto  originale;  il  quale  alla  luce  della  teoria 
di  evoluzione;  la  nuova  stella  polare  che  sorgeva  ed  era  già 
alta  sull’orizzonte;  tendeva  a dimostrare  che  i segni  degene- 


(1)  Maudsley,  Le  crime  et  la  foglie,  Paris,  1876,  2.^  édiz.  pag.  21,  46. 

(2)  Ibidem,  pag.  27,  31. 

(3)  Virgilio,  Saggio  di  ricerche  sulla  natura  morbosa  del  delitto  e delle 
sue  analogie  con  le  malattie  mentali.  « Rivista  di  discipline  carcerarie  », 
Roma,  1874,  pag.  401. 

(4)  Andronico,  Studi  clinici  sul  delitto,  « Rivista  di  discipline  carcerarie  », 
1878,  pag.  175. 


5 


rativi  di  Morel  non  erano  che  arresti  di  sviluppo.  A dir  vero 
la  teoria  deir  evoluzione  era  stata  applicata  dal  Maudsley  alla 
psiche  deir  uomo  (1),  mai  però  nel  senso  del  regresso,  e tanto 
meno  in  relazione  col  lato  somatico.  E se  Gratiolet  aveva  detto: 
« gr  individui  inferiori  delle  razze  alte  tendono  ad  avvicinarsi 
allo  stato  medio  delle  razze  infime  »,  era  lontano  dal  dare  alla 
sua  sentenza  il  significato  e la  dimostrazione  eh’  ebbe  in  Italia. 
Anche  il  Down  (2),  che  notò  le  analogie  somatiche  degl’  idioti  con 
popoli  di  razze  inferiori,  non  ne  trasse  però  alcuna  deduzione  nel 
senso  Darwiniano:  la  conclusione,  che  la  razza  bianca  derivi  da 
un  perfezionamento  delle  colorate,  spetta  tutta  al  Lombroso  (3). 
Questi  difatti,  checché  abbia  detto  in  seguito  della  nessuna  in- 
fiuenza  della  teoria  del  Darwin  sulle  sue  ricerche,  (e  storicamente 
e psicologicamente  non  è spiegabile  (4)  che  nessuna  influenza  vi 
abbia  esercitato)  pare  in  quel  tempo  tutto  intento  a confermare 
le  vedute  del  Giglioli,  dell’  esistenza,  cioè,  di  un  anello  di  con- 
giunzione tra  b uomo  e la  scimmia,  non  preistorico,  ipotetico, 
ma  attuale,  vivente,  non  per  1’  esistenza  di  un  solo  carattere, 
come  già  aveva  tentato  Vogt,  ma  per  tutto  l’ insieme  somatico. 
Il  Giglioli  lo  sospetta  negli  Akka  (5),  e il  Lombroso,  attesa  la 
grande  analogia  di  questi  negri  coi  cretini,  assegna  a questi 
ultimi  il  posto  « intermedio  tra  le  razze  melaniche  e i quadru- 
mani inferiori  » . Sapientemente  ne  enumera  e descrive  i 
caratteri  somatici  e li  paragona  nella  serie  organica,  onde 
conclude:  « Queste  analogie  hanno  anche  il  vantaggio  di 
spiegare  in  parte  la  genesi  del  cretinismo,  in  un  arresto,  cioè, 
dello  sviluppo,  in  una  data  epoca  fetale,  in  cui  appunto  noi 
riproduciamo  lo  stadio  dei  vertebrati  inferiori  ».  Le  anomalie 
del  corpo  e del  cranio  in  ispecie  corrispondono  alle  aberra- 
zioni del  senso  morale  e della  psiche,  e chiama  una  famiglia 
di  microcefali  « una  famiglia  di  selvaggi  crudeli  » ; e fa  notare 


(1)  Maudsley,  Le  Corps  et  V Esprit,  pag.  58. 

(2)  Down,  Ethnic  classification  of  Idiots,  1868. 

(3)  Lombroso,  illudi  clinici  ed  antropometrici  sulla  microcefalia  ed  il  creti- 
nismo, 1873,  pag.  34-52  « Memorie  del  laboratorio  di  psichiatria  e medicina 
legale  della  R.  Università  di  Pavia  ».  Bologna,  1875. 

(4)  Cfr.  Bianchi,  Criminalisti  italiani  e criminalisti  francesi,  Milano,  1892, 
pag.  13  e seg. 

(5)  Giglioli,  Studi  craniologici  sui  chimpanzé,  Genova,  1873. 


6 


che  « nei  paesi  ove  domina  il  cretinismo  i delitti  hanno  un 
carattere  speciale  di  ferocia,  e sono  in  maggiore  quantità  che 
nei  paesi-  congeneri  non  affetti  da  cretinismo  ».  Da  questo 
momento  data  la  concezione  deir  uomo  delinquente. 

L'anno  dopo  quei  famosi  Akka  furono  esaminati  dal  Mante- 
gazza  (1),  e questi  confermò  la  somiglianza  tra  le  razze  umane 
inferiori,  gl'  individui  umani  allo  stato  fetale  e gli  animali  più 
perfetti,  somiglianza  tosto  estesa  agli  esseri  degenerati  delle 
razze  alte  da  Morselli  e Tamburini.  I quali  in  un  lavoro 
sugi'  idioti,  mentre  confermarono  le  vedute  già  enunciate  dal 
Lombroso  per  rapporto  all'  atavismo,  non  si  allontanarono 
decisamente  dagl'  insegnamenti  del  Morel  rispetto  alle  dege- 
nerazioni, quali  « deviazioni  dal  tipo  normale....  malattie  non 
più  dell'individuo  ma  della  specie  ».  (2) 

Una  tale  conciliazione  tra  la  teoria  degenerativa  e le  nuove 
dottrine  non  apparve  nell'  « Uomo  delinquente  »;  il  Lombroso 
intento  a stabilire  l' analogia  somatica  del  delinquente  col 
selvaggio  trascurò  completamente  1'  etiologia  morbosa  (3).  Nes- 
suno sul  momento  si  accorse  della  svista;  la  dimostrazione  anzi 
parve  così  imponente,  così  schiacciante,  raccolse  tanti  ammi- 
ratori che  l' Italia  potè  andare  orgogliosa  di  una  nuova  scuola, 
splendida  costellazione  sorta  nel  suo  cielo  scientifico.  In  Francia 
perfino  si  destava  un'  eco  che  cosi  fedele  non  doveva  colà  a 
lungo  ripetersi:  Bordier  in  uno  studio  sopra  36  cranii  d'  assassini 
trova  la  conferma  del  loro  atavismo,  onde  conclude:  « Le 
criminel  ainsi  compris  est  un  anachronisme,  un  sauvage  en 
pays  civilisé,  une  sorte  de  monstre,  et  quelque  chose  de  com- 
parable  à un  animai  qui,  né  de  parents  depuis  longtemps 
domestiqués,  apiorivoisés , habitués  au  travail,  apparaìtrait 
brusquement  avec  la  sauvagerie  indomptable  de  ses  premiers 
ancétres  » (4). 


(1)  I due  Akka  del  Miani,  « Arch.  per  l’Antrop.  e l’ Etnol.  » , 1874. 

(2)  Morselli  e Tamburini,  Degenerazioni  fìsiche  e morali  deli'  uomo. 
« Rivista  sperimentale  di  Freniatria  e Med.  leg.  » 1875,  p,  53. 

(3)  Cfr.  Lombroso,  L’uomo  delinquente,  Milano,  1876. 

(4)  Bordieiì,  Eiude  anthropologique  sur  une  serie  de  crànes  d'  assassins^ 
« Revue  d’Anthropologie  »,  Paris,  1889,  pag.  278.  — Cfr.  anche:  Photograpliies 
de  criminels.  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  1882,  p.  795. 


7 — 


È il  concetto  fondamentale  della  scuola^  (1)  già  anticipato 
dal  Morselli,  ripetuto  dal  Lacassagne,  dal  Delaunay,  dal  Ferri, 
dal  Garofalo,  vittoriosamente  proclamato  e consacrato  al  primo 
Congresso  d’Antropologia  criminale  fin  nelle  sue  conseguen- 
ze: « Pour  le  jugement  anthropologique  de  chaque  criminel 
sont  toujours  nécessaires  le  caracteres  organiques  et  psicolo- 
giques  » (2),  concludeva  Ferri. 

Ma  ben  presto  si  obiettò:  esiste  veramente  questo  paralle- 
lismo tra  tare  anatomiche  e tare  psicologiche  e sociologiche, 
non  sono  quelle  semplicemente  patologiche?  Già  FArndt  sino 
dal  1883  considerava  tutte  queste  note  somatiche  e antropolo- 
giche come  rappresentanti  altrettanti  disturbi  dello  sviluppo 
individuale,  cioè  delle  vere  iperplasie,  ipoplasie  ed  aplasie  (3). 
Poco  dopo  il  Morselli  scriveva:  « tanto  i caratteri  degenerativi 
che  i patologici  sono  il  prodotto  di  una  medesima  insufficienza 
del  processo  formativo  delP  organismo  » (4).  E contemporanea- 
mente il  Virchow:  « La  teromorfia,  cioè  la  somiglianza  terato- 
logica con  animali  d’organizzazione  inferiore  si  esplica  con 
arresti  di  sviluppo  che  rendono  definitivi  certi  stadi  teromorfi 
dell’ ontogenesi  » (5).  Egli  nega  che  vi  sia  in  ciò  intervento 
d’altra  forza  interna  che  la  deviazione  patologica,  senza  rela- 
zione con  l’atavismo.  Ma  l’ Hartmann  specialmente  affrontò  il 
quesito.  Questi  sebbene  riconosca  che  alcuni  uomini  ai  quali 
è toccata  una  conformazione  somatica  infelice,  i quali  sono 
affetti  da  incapacità  fisica  e debolezza  mentale  più  o meno 
pronunciate,  hanno  nel  loro  aspetto,  nel  loro  comportamento 
strambo,  nella  loro  vita  nomade  e vuota  di  pensieri  qualche 


(1)  Morselli,  Il  suicidio  nei  delinquenti.  « Rivista  sperimentale  di  Frenia- 
tria e Med.  leg.  »,  1875.  pag.  88.  — Lacassagne,  U liomme  criminel  comparò 
à Vhomme  primitif,  Lyon,  1882.  — Delaunay,  « Bull.  Soc.  Anthr.  » 1883, 
p.  126  — Ferr^,  I nuovi  orizzonti  del  delitto  e della  procedura  penale,  Bologna, 
1884,  p.  186  e segg.  — Garofalo,  Criminalogia,  Torino,  1885,  p.  101,  e 
V anomalie  du  criminel,  « Revue  philosophique  » 1887  p.  253. 

(2)  Ferri,  « Actes  du  premier  Congrès  d’Anthr.  crini.  »,  pag.  10. 

(3)  Arndt,  Trattato  di  psichiatria,  pag.  239  e segg. 

(4)  Morselli,  Manuale  di  semejotica  delle  malattie  mentali,  Voi.  F,  pag.  115, 
Milano,  1885. 

(5)  Virchow,  Descendenz  und  Pathologie,  « Virchow’s  Archiv.  » CHI.  1-5, 
205-215,  413-437,  1885. 


cosa  che  ricordi  senza  tema  di  contraddizioni  i Ciiratteri  delle 
scimmie  (1),  chiude  quel  suo  molto  pregevole  volume  sugli 
antropoidi  con  queste  considerazioni:  « Le  reversioni  non  sono 
impedite  dall’evoluzione  intellettuale  dell’ uomo.  Le  teromorfie 
possono  ripartirsi  ugualmente  tra  le  razze  umane  inferiori  e le 
superiori;  non  altrimenti  accade  talora  di  osservare  nelle  razze 
primitive  così  come  nelle  razze  più  perfezionate  del  cavallo,  dei 
ritorni  alle  forme  fossili.  Non  è lo  sviluppo  somatico  ma  lo  svi- 
luppo intellettuale  dell’  umanità  che  progredisce  uniformemente 
e senza  salti.  Sotto  il  rapporto  fìsico  vantaggi  e imperfezioni 
possono  esistere  in  un  dato  numero  di  Negri  e di  Papua  e man- 
care in  un  numero  eguale  di  Europei  e viceversa  ».  E più 
concisamente  il  Cdajanni:  « Quanto  all’atavismo  morale  è 
essenziale  di  non  confonderlo  con.  l’atavismo  fìsico.  L’evoluzione 
fìsica  che  viene  da  lontano,  non  è parallela  all’  evoluzione 
morale  di  data  2jiù  recente.  Questa  circostanza  esplica  la  sua 
non  localizzazione  » (2).  Nel  caso  speciale  poi  del  delinquente, 
il  Lacassagne  già  allo  stesso  Congresso  internazionale  di  Roma, 
non  senza  stuj)ore  dei  Lombrosiani,  dichiarava  i caratteri  so- 
matici d’ im[}ortanza  mediocre,  come  quelli  che  possono 
trovarsi  « chez  de  fort  honnétes  gents  » (3). 

D’altra  parte  la  teoria  degenerativa  hiceva  quotidiani  pro- 
gressi: veniva  adottata  in  Germania  e in  Austria  (4);  in  Francia 
Falret  stabiliva  l’identità  tra  stigmati  degenerative  e stigmati 
ereditarie,  (5)  e la  scuola  di  Sainte-Anne  apertamente  classi- 
licava  il  delinquente  tra  i degenerati;  in  Italia  lo  stesso  Marro 
ondeggiava  (6),  il  Sergi  si  apprestava  a trovare  nelle  sue 
splendide  Degenerazioni  umane  un  posto  per  il  delinquente.  Era 
evidente:  dopo  dieci  anni  di  entusiasmo  nazionale,  dopo  il  bat- 
tesimo solenne  del  Congresso  Antropologico,  le  teorie  Lombro- 
siane  erano  destinate  alla  storia;  proseguire  la  lotta  su  quel 


(1)  Hartmann,  Les  singcs  anthropoides  et  V homme.  Paris,  1886,  pag.  154. 

(2)  CoLA.JANNi,  La  sociologia  criminale,  Catania,  1887. 

(3)  « Actes  da  premier  Congrès  d’Anthrop.  criniin.  »,  pag.  166. 

(4)  Kraephlin,  Compcndium  der  Psychiaìrie,  Leipzig,  1883,  p.  64.—  Krafft- 
Ebing,  Trattato  chimico-pratico  delle  malattie  mentali,  Torino,  1886,  Voi.  II, 
p.  114.  — Moebius,  Diagnostica  generale  delle  ynalattic  nervose,  p.  279. 

(5)  « Annales  inédico-psychologi(|ues  »,  Mars,  1885. 

(6)  Cfr.  « Actes  du  premier  Congrès  d’Antlirop.  crini.  » pag.  11. 


— 9 — 


terreno  era  perfettamente  inutile.  Il  Lombroso  ebbe  T intuizione 
dell' avvenire,  le  sue  stesse  osservazioni  (1)  lo  convincevano,  e 
pure  criticando  4a  tebria  patologica,  trovò  modo  di  avvici- 
narsele ammettendo  nel  delinquente  l'atavismo  e la  malattia. 
« Mi  sembra,  egli  dice  nell'edizione  Francese  del  1887,  che 
essa  (la  teoria  degenerativa)  abbracci  un  numero  troppo  grande 
di  regioni  del  campo  patologico,  poiché  va  dal  cretino  all'uomo 
di  genio,  dal  sordomuto  al  canceroso  e al  tisico,  e che  sia  impos- 
sibile di  ammetterla  senza  restrizione.  Io  credo  che  valga  meglio 
per  il  momento  accettare  l'arresto  di  sviluppo  che  ci  è apparso 
solidamente  stabilito  su  una  base  anatomica  e che  ha  il  merito 
di  conciliare  l'atavismo  con  lo  stato  morboso.  L'analogia  tra  il 
pazzo  morale,  il  criminale  nato  e l'epilettico  rimuove  per  sempre 
uno  screzio  che  si  perpetuava  tra  i moralisti,  i giuristi  e i 
psichiatri,  e che  scoppiava  talora  tra  le  scuole  psichiatriche  ». 
Ma  la  speranza  doveva  andare  delusa:  neanche  questo  compro- 
messo parve  sufficiente,  anzi  con  più  insistenza  e più  ardore  si 
tornava  a battere  in  breccia  l'atavismo  teratologico.  Questa 
volta  è il  Topinard  che  dà  una  di  quelle  risposte  chiare  come  cri- 
stallo, che  sole  possono  uscire  da  menti  in  cui  la  logica  si  sposa 
all'analisi  più  rigorosa.  Premesso,  tanto  per  non  alimentare 
illusioni  nei  lettori,  che  « la  téte  d'un  coquin  ressemble  en 
général  à la  téte  d'un  honnéte  homme  » entra  nell'argomento. 
« I caratteri  atavici  o reversivi,  come  insegna  la  teoria,  sono 
dovuti  ad  arresti  dello  sviluppo  ontogenico  sotto  l'influenza 
di  qualche  accidente  brusco  o di  qualche  disturbo  di  nutri- 
zione, sopravvenuto  durante  la  gravidanza  o dopo.  Il  carattere 
che  si  constata  più  tardi  nell'adulto  non  è che  la  riproduzione 
di  ciò  che  esisteva  al  momento  in  cui  l'accidente  o il  guasto 
s'è  prodotto  nell'embrione,  il  feto  o il  bambino.  Si  trova  che 
in  questo  momento  l'embrione  o il  feto  è l'immagine  di  una 
delle  tappe  fllogeniche  e che  per  conseguenza  lo  stesso  carat- 
tere si  presenta  nella  razza,  nella  specie,  nell'ordine,  nella 
famiglia  corrispondente  a questo  stato.  Benissimo  ! Ma  questo 
non  implica  una  relazione  diretta  tra  il  carattere  presente  che 


(1)  Lombroso,  Identità  dell' epilessia  colla  pazzia  morale  e delinquenza 
congenita.  « Arcliivio  di  psichiatria  e antrop.  crimin.  »,  1885,  pag.  3.  Polemica 
in  difesa  della  scuola  criminale  positiva,  Bologna,  1886,  pag.  36. 


— 10  — 


appare  nell’ uomo,  supponiamo,  e il  carattere  estinto  trovato 
neir animale:  una  continuità  tra  i due.  «Se  n’est  pas  de  Thé- 
rédité,  il  ne  s’agit  que  d’ime  ressembla'nce,  d’un  reflet,  d’un 
développement  ontogénique  interrompu  » (1).  E più  avanti: 
« No!  tra  la  specie  umana  ei  suoi  antenati  filogenetici,  tra  le 
razze  presenti  e le  razze  primitive  ogni  continuità  è scom- 
parsa. Il  filo,  a forza  d’allungarsi  e di  assottigliarsi  s’è  rotto. 
Tra  le  razze  preistoriche  e le  nostre  una  moltitudine  di  razze 
si  sono  interposte  e sono  scomparse;  c’è  stata  successione  e 
rimpiazzamento.  Le  circostanze  possono  fare  che  alcuni  di  noi 
rassomiglino  ai  selvaggi  primitivi  e anche  abbiano  istinti 
animaleschi,  senza  che  occorra  per  ciò  mettere  in  campo  un 
risveglio  atavico  dell’eredità  o una  specie  d’influenza  occulta. 
Senza  dubbio  nè  la  criminalità,  nè  il  preteso  tipo  criminale 
sono  reversioni  ».  E il  Féré  va  più  in  là:  se  si  ammette,  egli 
dice,  che  i microcefali  e gl’ imbecilli  rappresentano  dal  punto 
di  vista  psichico  qualcheduno  dei  nostri  antenati,  si  dirà  pure 
che  l’infecondità  comune  in  questi  stessi  soggetti  è anche  la 
riapparizione  d’un  carattere  atavico?  « ....  on  est  en  dehors 
de  tonte  donnée  scientifique,  lorsqu’  on  suppose  que  une 
anomalie,  par  cela  seni  qu’elle  peut  s’expliquer  par  un  arret 
de  développement,  rappelle  un  type  primitif  de  Tumanité  » (2). 
In  particolare  poi  aggiunge:  « le  traccie  di  degenerazione, 
quali  le  manifestazioni  neuropatiche  e vesaniche,  scrofole  etc., 
che  così  frequentemente  s’ incontrano  nei  delinquenti,  non 
hanno  nulla  di  comune  con  T atavismo,  e sembrano  anzi 
escluderlo,  perchè  sono  incompatibili  con  una  generazione 
regolare  »,  opinione  già  espressa  dal  Colajanni.  E non  mancava 
una  voce  originale,  all’ infuori  delle  scuole:  « Se  l’idiota,  se  il 
delinquente,  se  l’australiano  hanno  moltissime  somiglianze  fra 
di  loro  è perchè  nell’albero  umano  tutti  i rami  bassi  si  toc- 
cano; cosi  come  si  intrecciano  fra  di  loro  tutti  i rami  alti,  ma 
eguaglianza  di  livello  e comunanza  di  parecchi  caratteri  non 
vuol  dire  identità  di  natura  o di  origine  » (3). 


(1)  Topinard,  U anthropologie  criminelle.  « Rgv.  d’a.nthr  ».  nov.  1887,  pag.  682. 

(2)  Féré,  Bégénérescence  et  criminalité.  Paris,  1888,  pag.  69. 

(3)  P.  Mantegazza,  Gli  atavismi  psichici.  « Archivio  per  l’Antropologia  e 
l’Etnologia  »,  1888,  pag.  73. 


— 11 


Al  Congresso  di  Parigi  P opposizione  si  accentua,  nè  solo  da 
parte  dei  Francesi.  Orchansky  afferma  che  i sintomi  degene- 
rativi non  si  trovano  più  frequenti  nei  criminali  Russi  che 
nella  popolazione  normale  (1).  Cosicché  V anno  dopo  Tarde 
può  scrivere:  nessun  segno  esteriore  permette  di  riconoscere 
la  criminalità  (2);  e il  Baer:  « non  riconosciamo  alcun  indice 
organico  che  debba  condurre  al  delitto  (3).  — Un  nuovo  con- 
cetto faceva  capolino  nelT  opera  di  Ellis  (4).  Ivi  il  dottor 
Vans  Clarke  riproducendo  trenta  disegni  di  teste  di  criminali 
scelte  tra  le  più  caratteristiche  in  circa  mille  detenuti  osserva 
che  sono  teste  « piuttosto  eccezionali  che  tipiche  »,  e Couta- 
gne  fa  notare  che  questo  giudizio  potrebbe  applicarsi  a tutta 
P anatomia  del  delinquente.  Per  il  Manouvrier  le  anomalie 
riscontrate  sui  criminali  « caracterisent  tout  au  plus  des  ten- 
dances  » ; d' altra  parte  « degli  atti  non  soltanto  differenti  ma 
anche  opposti  quanto  alla  loro  forma  e al  loro  valore  sociolo- 
gico possono  essere  fisiologicamente  simili  » (5).  Legrain  dal 
canto  suo  affermava,  che  le  influenze  perturbatrici  non  si  eser- 
citano simultaneamente  in  tutti  i punti  delP  organismo,  e che 
non  esiste  alcun  parallelismo  tra  le  stigmati  fisiche  e le  psi- 
chiche (6).  Il  Congresso  di  Bruxelles  rappresenta  una  vittoria 
segnalata  degli  oppositori:  basti  ricordare,  il  rapporto  di  Houzé 
e Warnots  (7),  e la  tesi  dell’  lelgersma  (8).  Un  anno  dopo  il 
Baer  fa  sentire  tutto  il  peso  della  vinta  battaglia:  i criminali 


(1)  « Actes  (ÌLI  2A  congrès  d’ anthr.  criminelle  ». 

(2)  Tarde,  La  philosophie  pénale.  Lyon,  1890. 

(3)  Baer,  Il  delinquente  considerato  dal  punto  di  vista  antropologico  e 
sociologico.  « Rivista  di  discipline  carcerarie  » 1890,  pag.  521. 

(4)  Havelock-Ellis,  The  criminel.  London,  1890. 

(5)  Manouvrier,  Les  aptitudes  et  les  actes.  « Rev.  scient.  »,  aoùt,  1891, 
pag.  234.  Cfr.  Existe-t-il  des  caractèr.es  anatomiques  propres  aux  criminels? 
« Actes  du  2.e  congrès  d’ anthr.  criminelle  »;  nonché  « Bull.  Soc.  Anthr.,  » 
1892,  pag.  100  e segg. 

(6)  Legrain,  De  la  dégénérescence  dans  V espèce  humaine,  « Ann.  de  la 
polycl.,  » 1892. 

(7)  Houzé  et  Warnots,  Existe-t-il  un  type  de  criminel  anatomiquement 
determiné?  « Actes  du  3.e  congrés  d’ anthropol.  criminelle  ». 

(8)  Ielgersma,  Les  caractères  physiques  intellectuels  et  moraux  cìiez  le  cri- 
minel né  sont  d'  origine  pathologique.  « Actes  du  3.e  congrés  d’ anthr.  crim.  ». 


— 12 


possono  presentare  anomalie  somatiche,  ma  queste  non  impli- 
cano nè  inferiorità  psichica,  nè  inferiorità  morale.  Le  tare 
degenerative  non  sono  nei  delinquenti  che  fenomeni  concomi- 
tanti, per  lo  più  disturbi  di  nutrizione,  avvenuti  nella  prima  età, 
o segni  di  rachitismo,  fatti  che  sono  straordinariamente  fre- 
quenti nelle  classi  inferiori,  alle  quali  specialmente  apparten- 
gono i criminali  (1).  E il  Féré  concludeva:  « la  frequente  asso- 
ciazione del  vizio  e del  delitto  con  le  nevrosi  e particolarmente 
i con  la  pazzia  e V epilessia  e con  le  abnormità  fisiche  costi- 
tuisce una  forte  presunzione  in  favore  della  teoria  patologica 

0 teratologica  contro  la  teoria  atavica  del  delitto  » (2). 

Oramai  non  la  Francia,  ma  tutta  V Europa  insorgeva  con- 
tro il  Lombrosismo,  e segno  questo  di  grande  vitalità  sarebbe 
stato,  se  tante  schiere  di  nemici  occorrevano  per  combatterlo; 
ma  dall’  altro  campo  a vero  dire  nulla  si  faceva  per  opporre 
un  argine,  anzi  si  affrettava  la  rovina,  andando  oltre  le  idee 
del  geniale  capo-scuola,  come  in  tutte  le  scuole  succede  dove 

1 seguaci  sono  molti  e di  molto  ingegno.  Il  primo  sintomo  di 
tale  tendenza  si  ha  nel  Garofalo  che  parla  di  « famiglie  demo- 
ralizzate ed  abiette  che  si  propagano,  ed  in  cui  si  continuano 
le  unioni  fino  a tal  punto  da  formarsi  entro  la  razza  una  sotto- 
razza di  qualità  inferiore  » (3).  Poi  in  Germania  il  Kurella 
riprende  l’ idea  dal  lato  somatico  là  dove  dice:  Oggi  ehe  estese 
ricerche  hanno  dimostrato  la  grande  variabilità  della  specie, 
non  si  va  lontani  considerando  i segni  degenerativi  come 
varietà  (4).  Non  dà  la  prova  dell’  enunciato:  ma  Santangelo 
Spoto'  si  affretta  a trovarla:  secondo  questi  « il  perpetuarsi 
della  polidactilia  viene  a raftbrzare  la  teoria  dell’  eredità  fisica 
dell’  anomalia  » (5).  Invero  Muir,  Boyd,  Drake  Brockmann, 
Lucas  e molti  altri  hanno  fornito  una  quantità  di  prove  della 


(1)  Baer,  Der  Verbrecher  in  anthropologischcr  Beziehunrj,  Leipzig,  1803, 
pag.  395.  Cfr.  Meynert,  « Versatiimluiig  Deutsche!-  Natiirforscher  und  Aei^zte  », 
1888.  « Deutsche  mediciniscbe  AVochenschrift  »,  1889,  pag.  117. 

(2)  Féré,  La  famille  néoropathiqiie.  Daris,  1894,  pag.  47. 

(3)  Garofalo,  Criminologia.  Torino,  1891,  pag.  113. 

(4)  Kurella,  Naturgeschichte  des  Vevbrechers.  Stuttgart,  1893,  pag.  12. 

(5)  Santangelo  Spoto,  Polidaltilia  e degenerazione.  « Archivio  di  Psichia- 
tria e Antrop.  crini.  » 1894,  p.  10. 


— 13  — 


persistenza  di  tali  deformità  attraverso  le  generazioni  (1). 
Volendo  si  potrebbe  anche  trovare  di  più;  alludo  ai  casi  in 
cui  r eredità  di  una  stessa  abnormità  si  manifesta  con  un 
carattere  progressivo.  Alcuni  sono  stati  riferiti  dal  Lucas  (2). 
Per  esempio,  P assenza  congenita  dell’incisivo  laterale  supe- 
riore rimpiazzata  nella  generazione  successiva  da  un  labbro 
leporino  con  divisione  del  velo  pendolo.  Cosi  la  madre  d’un 
bambino  che  presentava  una  divisione  del  velo  pendolo,  aveva 
una  volta  palatina  fortemente  ogivale  con  presenza  del  torus 
palatinus.  Fatti  del  medesimo  genere  sono  stati  constatati  a 
proposito  della  brachidactilia.  E a coronare  finalmente  l’argo- 
mentazione starebbe  senza  dubbio  il  fatto  che  la  riunione  di 
diversi  segni  abnormi  può  essere  ereditata,  come  attestano  le 
osservazioni  di  Picard  (3),  che  segnalava  l’eredità  simultanea 
dell’ectrodactilia,  del  labbro  leporino  e dell’ ectropion,  e di 
Aliai!  lamieson  (4)  che  notò  nella  stessa  famiglia  la  frequenza 
della  divisione  del  velo  palatino  e anomalie  dentarie.  Che  si 
potrebbe  desiderare  di  più?  l’eredità  delle  abnormità  fisiche  e 
psichiche  insieme?  Ebbene,  Moore  registrò  il  caso  di  una 
ragazza  imbecille,  della  quale  l’avo  e i due  zii  erano  come 
essa  affetti  di  polidattilia  e com’essa  alienati  (5).  Nè  effettiva- 
mente, per  rientrare  nell’argomento,  l’eredità  delle  tendenze 
criminali  si  può  mettere  in  dubbio  dopo  la  classica  inchiesta  del 
Thompson  (6),  il  quale  ne  vide  esempi  splendidissimi:  famiglie 
intiere  costantemente  mantenute  nelle  prigioni;  e la  deprava- 
zione mentale  seguiva  la  deviazione  fisica. 


(1)  Muir,  Note  of  a curiouii  inslance  of  ahnormal  development  of  adven- 
titious  pngers  « Glasgow  nied.  joiirn.  »,  1887.  T.  I,  pag.  154.  — Drake  Brokman, 
Remnrhablc  cases  of  polydactylism  « med.  joiirn.  » 1882  T.  II,  j>ag.  1167. 
Lucas,  On  a remarkable  inslance  of  eredilnry  tendinei/  of  supernumerary  digitis 

Guy’s  hosp.  rep.  » 1881,  S.'*  serie  XXV,  p.  417,  etc. 

(2)  Lucas,  On  thè  congenital  absence  of  o,n  upper  lateral  tooth  as  a fore- 
runner  of  liarelip  and  cleft  palate,  « Trans,  of  clinical  Soc.  of  London  », 
1881,  XXI,  p.  64. 

(3)  Picard,  Transmission  héréditaire  etc.  « lonrn.  des  Comi,  méd-chir.  » 
1842,  IX,  p.  230. 

(4)  Ali.an  Iamieson,  On  deft  palate  and  incisor  teeth;  an  instance  of 
heredily  « Bdinbiirg  med.  jonrn.  »,  1880-1,  XXVI,  p.  117. 

(5)  « Med.  Times  and  Gaz.  »,  1865,  T.  II,  p.  573. 

(6)  Thompson,  Psychology  of  Criminals,  London,  1870, 


— 14  — 


Data  una  tale  dimostrazione,  l’ipotesi  del  Kurella  appare 
seducente.  Che  si  potrebbe  obiettare  a chi  volesse  sostenere 
che  i cosidetti  segni  della  degenerazione  sono,  per  usare 
1’  espressione  del  Kurella,  « varietà  anatomiche  » esistenti 
o in  via  di  formazione  negli  ascendenti,  oppure  in  via  di 
progressiva  accentuazione  nei  discendenti?  — Si  potrebbe 
obiettare  che  la  teoria  del  Darwin  oramai  ha  fatto  il  suo 
tempo,  e se  tutti  ammettono  l’evoluzione  nessuno  ammette 
quel  meccanismo  speciale  assegnatole  dal  Darwin;  ma  neanche 
la  teoria  del  Weismann  (2)  accettata  dai  più  si  può  dire  che 
stia  contro,  dopo  la  spiegazione  data  dallo  stesso  autore  sulla 
possibilità  di  avere  caratteri  nuovi  ed  ereditari  (3).  D’altra 
parte  la  preponderante  influenza  accordata  in  tal  guisa  all’e- 
redità conforterebbe  mirabilmente  l’ipotesi  del  tipo  criminale 
anatomicamente  distinto,  la  cui  esistenza  non  potrebbe  che 
avvantaggiarsi  dall’ ammissione  di  una  relativa  stabilità  dei 
caratteri  degenerativi.  Lombroso,  Metzger,  Baer,  Nache,  Dalie- 
magne  convengono  (4)  tutti  più  o meno  nel  concetto  che  « un 
individuo  si  allontana  sempre  più  dalla  norma,  cioè  dallo  stato 
normale  della  specie  a cui  appartiene,  quanto  più  numerosi 
sono  i cosidetti  segni  degenerativi  » (5).  Ma  un  allontanamento 
dalla  norma  non  può  costituire  un  tipo,  e tanto  meno  poi  nel 
caso  speciale  il  tipo  degenerativo  criminale,  che  starebbe  tanto 
a cuore  alla  scuola  di  Torino:  quindi  sotto  questo  punto  di 
vista  non  a torto  insiste  il  Kurella  nel  suo  concetto  della 
« varietà  anatomica  ».  Una  deduzione  molto  logica  però 
pesava  fatalmente  su  questo  tentativo,  poiché  se  i singoli 
caratteri  del  delinquente  sono  varietà  nel  senso  Darwiniano, 

(1)  Weismann,  Die  Continuitàt  der  Keimplasma'  s,  als  Grundlage  einer 
Theorie  der  Vererhung.  Iena,  1885. 

(2)  Weismann,  Die  Continuitàt  der  Keiynplosnio\s,  eine  Theorie  der  Verer- 
bung.  Iena,  1892. 

(3)  Lombroso  e Ferrerò,  La  donna  delinquente,  la  prostituta  e la  donna 
normale,  Torino,  1893,  p.  351;  e altrove.  — Metzger,  Zur  Leìire  von  den  dege- 
nerationszeichen,  « Allg.  Zeitschrift.  Fs.  » 1889,  {>.  501  e segg.  — Baer,  Op. 
cit.,  pag.  193.  — NàCKE,  La  valeur  des  signes  da  dégénérescence,  « Annales 
niédico-psychologiques  ».  Sept-Oct.,  1894.  ~ Dallemagne,  Dégénérés  et  déséqui- 
librès,  Bruxelles,  1895,  p.  249. 

(4)  G.  Mingazzini,  Il  cervello  in  relazione  coi  fenomeni  psichici.  Torino. 
1895,  p.  193. 


— 15  — 


allora  il  loro  complesso  viene  a costituire  V Homo  sapiens 
varletas  delinquens  (eine  Varietàt  des  Homo  sapiens).  Era  T antico 
concetto  di  Maudsley  che  risorgeva:  « la  classe  delinquente, 
aveva  detto  il  medico  Inglese,  costituisce  una  varietà  della 
specie  umana,  contraddistinta  da  caratteri  peculiari  »,  e cosi 
diversa  dal  resto  degli  uomini  « come  un  montone  a testa 
nera  lo  è da  tutte  le  altre  razze  di  montoni  ».  Ora  come 
questa  varietà  poteva  essere  generata  dair  atavismo?  si  doman- 
darono in  Germania.  Prima  di  tutto  nelP  uomo  delinquente, 
disse  il  Koch,  si  tratterebbe  se  mai  di  un  atavismo  parziale,  e 
quale  atavismo  parziale!  un  po’ di  selvaggio  d’ Africa,  un  po’ 
di  Chinese,  un  po’  di  questa  scimmia,  un  po’  di  quella  o di 
qualche  altro  animale  (1).  A meno  che  non  si  voglia  ammet- 
tere che  l’ ignoto  avo  del  genere  umano,  il  quale  un  po’ 
doveva  anche  essere  stato  il  progenitore  di  tutte  le  scimmie 
possibili  e degli  altri  animali  abbia  avuto  raccolti  in  sè  questi 
segni  atavici  ! Ma  quand’  anche  vogliamo  concedere  che  si 
erediti  una  tale  stranissima  varietà,  non  si  sa  se  temporanea- 
mente o per  sempre,  quale  può  essere  la  causa  di  un  tale 
atavismo?  Koch  conclude  pertanto  che  i segni  degenerativi 
del  delinquente  « nicht  atavisch  und  nicht  die  Merkmale  einer 
Varietàt  sind  » (2).  Quanto  ci  sia  di  vero  in  questa  opinione 
e quanto  di  eccessivo,  e come  la  domanda  del  Koch  possa 
trovare  una  risposta  soddisfacente,  lo  vedremo  in  seguito 
quando  riprenderemo  la  quistione  da  un  punto  di  vista  più 
generale.  Certo  è che  intanto  1’  esagerazione  produceva  non  solo 
la  critica  del  Koch  e di  altri,  ma  gettava  una  cattiva  luce  su 
tutto  l’ atavismo.  Lo  stesso  Delage  evoluzionista  convinto  insorge 


(1)  Koch,  Die  Frage  nach  dem  gehorenen  Yerbrecher,  Ravensburg.  1894,  p.  6. 

(2)  Ibidem.  — Cfr.  anche:  NàCKE,  Die  Criminal- Anthr  omologie,  ihr  jet  zig  er 
Stand-punkt,  ihre  ferneren  Aufgaben,  und  ihr  Verhdltniss  sur  Psgchiatrie 
« Retz’  s Irrenfreund  »,  1894,  N.  3 e 4 e altrove.  — Kirn,  Ueber  den  gegenwàr- 
tigen  Stand  der  Kriminal  Anthropologie,  « Allgemeine  Zeitschrift  fùr  Psychia- 
trie  »,  Bd.  4,  Heft  III.  n.  17,  1895.  — Debierre,  Le  orane  des  criminels.  Biblio* 
théque  de  criminologie.  N.  XIII.  Lyon,  1895.  Flechsig,  Die  Grenzen  geistiger 
Gesundheit  und  Krankheit,  Leipzig,  1896,  pag.  30,  38.  — ed  altri  (Zakarewski, 
Sernoff).  — Del  resto  già  in  precedenza  il  Moravsik  (Die  Bedeutung  der  Dege- 
nerationszeichen  bei  der  Yerbrecherischen  Neigungen  « Centralblatt  fùr  Ner- 
venheilk.  und  Psych.  » 1891)  aveva  negato  il  tipo  criminale. 


— 16 


contro  Darwin:  « Tutte  le  volte,  egli  dice  (1),  che  un'ano- 
malia in  una  specie  ricorda  un  carattere  che  era  normale 
nelle  specie  anteriori,  la  si  considera  come  generata  dall'  ata- 
vismo. L'Hipparion  ricompare  nei  cavalli  a tre  dita,  l'Anchi- 
terium  in  quelli  a cinque  dita,  il  mammifero  a mammelle 
multiple  nelle  donne  polimaste,  la  scimmia  antropomorfa  nei 
microcefali,  la  scimmia  inferiore  negli  uomini  codati.  Ma  la 
coda  che  in  alcuni  individui  misura  sette  a otto  centimetri  e 
conta  parecchie  vertebre  non  è una  coda  di  scimmia;  tutti  i 
suoi  tessuti  sono  tessuti  umani.  Come  potrebbe  essere  ciò,  se 
essa  provenisse  dallo  sviluppo  di  un  germe  latente  dimenticato 
in  un  canto  del  nostro  plasma  germinativo?  (2)  Bisognerebbe 
ammettere  che  questa  tendenza  si  sia  sviluppata  da  sé  stessa 
sotto  T infìuenza  di  cause  presenti  differenti  dall'  atavismo. 
Queste  cause  generano  tante  innumerevoli  anomalie  (sindattilia, 
ciclopia,  reni  supplementari,  etc.)  che  non  sono  normali  in 
alcuno  dei  nostri  antenati,  perchè  non  ne  produrrebbero  tali 
che  rammentano  alcuni  caratteri  normali  di  questi?  » 

Messo  in  dubbio  l'atavismo,  la  seconda  parte  dell'ipotesi 
Lombrosiana  considerata  come  « ime  extension  peu  raison- 
nable  du  syndrome  pathologique  de  T épilepsie  » (a  me  non 
tocca  dire  di  più  a questo  riguardo),  la  scuola  di  Sainte  Anne 
trionfa  sur  fous  ìes  terrains  (3).  Del  resto  questo  successo  non 
ha  niente  di  sorprendente,  aveva  già  scritto  il  Dallemagne. 
« La  teoria  della  degenerazione  (o  teoria  patologica  o terato- 
logica è la  stessa)  engìohe  tutte  le  ipotesi  emesse  sul  delitto  e 
sul  delinquente....  non  aveva  che  a formularsi  per  incontrare 
una  adesione  quasi  unanime.  Difatti  come  avrebbero  potuto  i 
partigiani  del  criminale  epilettico,  neurastenico , nevrosico, 
cerebrale,  giustificare  la  loro  resistenza?  Anche  quelli  che  con 
Marro  riportano  la  genesi  del  delitto  assai  lontano  nel  dominio 
degl'  infinitamente  piccoli,  delle  molecole  cerebrali,  non  potè- 


(1)  Delage,  La  structure  du  protoplasma  et  les  théories  sur  V hérédité  et 
les  grands  prohlémes  de  la  Biologie  générale.  Paris,  1895,  p.  245. 

(2)  Gegenbaur  aveva  già  fatto  un’  obbiezione  simile  a proposito  della  poli- 
dattilia.  Ultimamente  è stato  risposto  con  ragione  che  ciò  dipende  dall’azione 
che  r individuo  ha  sullo  sviluppo  dei  suoi  organi,  vincendo  la  stessa  influenza 
ereditaria  (Legge), 

(3)  Dallemagne,  Bègénèrés  et  déséquilibrés,  pag.  031. 

/ 


— 17  — 


vano  mercanteggiare  il  loro  concorso.  Essa  doveva  incontrare 
r appoggio  dei  psicologi  che  con  Colajanni  preconizzano  V ata- 
vismo morale.  Quelli,  che  in  compagnia  di  Sergi  giungono 
alla  conclusione  che  vede  nel  criminale  la  sintesi  di  tutte 
le  degenerazioni  umane,  non  potevano  contraddirla  ».  Effetti- 
vamente anche  in  Italia  una  nuova  convinzione  si  faceva 
strada  negli  animi.  Già  il  Koncoroni  in  tesi  generale  si  era 
accostato  alla  teoria  patologica:  « se  un  individuo  devia  dal 
cammino  deir  evoluzione  morfologica  e funzionale  tracciata  dal 
progresso  deir  umanità,  ciò  non  può  essere  senza  che  una 
causa  morbosa  venga  ad  ostacolare  r indirizzo  fisiologico  del- 
r ontogenesi  e ad  arrestarlo  ad  un  grado  inferiore  (atavismo)  o 
a deviarlo  manifestamente  nel  campo  della  patologia  » (1). 
Il  Mingazzini  pure  dietro  i suoi  studi  sulla  microcefalia  veniva 
a questa  conclusione  generale:  « durante  rontogonia  i ricordi 
filogenetici  in  tanto  scompaiono,  in  quanto  sono  sostituiti  da 
formazioni  definitive  appartenenti  ad  una  data  forma  animale 
e che  si  fissano  per  legge  di  eredità.  Se  un  disturbo  inter- 
viene nella  lotta  fra  hontogonia  e la  filogonia  durante  lo 
sviluppo,  non  solo  i ricordi  atavici  aventi  una  vita  transitoria 
rimarranno  vittoriosi,  ma  potranno  riprodursi  di  nuovo  quelli 
latenti  e rimanervi  definitivamente  stabili.  Ora  precisamente 
sono  i processi  morbosi,  ai  quali  dobbiamo  ascrivere  V elemento 
più  importante  atto  a disturbare  il  completamento  regolare  dei 
processi  evolutivi  (2).  « Il  Lombroso  stesso  infine  nella  2.  edizione 
francese  delVHomme  criminel  scrive:  « ....  les  caractéres  du 

criminel-né  proviennent presque  tous,  de  la  dégénérescence 

et  de  la  continuelle  tension  de  L esprit  » (3). 

* 


(1)  Roncoroni,  Trattato  clinico  dell' epilessia.  Milano,  1894,  pag.  66. 

(2)  G.  Mingazzini,  Op.  cit.,  pag.  192.  — Anche  il  Morselli  ultimamente 
scriveva:  « moltissime  di  queste  stimmate  della  degenerazione  sono  teriomorfiche, 
ossia  di  indole  atavica  e reversiva  e si  spiegano  forse  con  ciò  che  la  labe 
gentilizia  affievolisce  il  potere  di  evoluzione  metabolica  degli  elementi  staminali 
deir  individuo  e loro  vieta  di  raggiungere  le  fasi  ultimamente  acquistate  dalla 
sua  specie  e dalla  sua  razza  ».  Antropologia  generale,  1896,  pag.  665. 

(3)  Lombroso,  Vhomme  criminel,  2.®  édit.  franc^aise,  Paris.  1895.  — Cfr. 
Helen  Zimmern,  Cesare  Lombroso,  « Westermann’s  illustrirte  deutsche  Monats- 
hefte.  »,  Febr.  1896,  p.  551.  — È forse  a questa  fase  del  pensiero  Lombrosiano 


Intanto  che  intorno  airiJomo  delinquente  e intorno  alha- 
tavismo  si  battagliava,  non  ristava  il  Lombroso  e la  sua  scuola 
dalL  investigare  altri  campi  di  vere  o presunte  degenerazioni 
psichiche,  per  vedere  se  in  esse  era  possibile  portare  questa 
nuova  conferma,  la  contemporanea  presenza  cioè  della  dege- 
nerazione somatica,  elevata  in  tal  guisa  quasi  a mezzo  diagno- 
stico, 0 per  lo  meno  a una  specie  di  controllo,  di  marchio  che 
L organismo  degenerato  aveva  in  sè  stesso.  Cosi  si  accinse 
allo  studio  della  prostituzione  che  sino  dall’epoca  del  Moreau 
(di  Tours)  era  stata  intrav veduta  come  una  degenerazione,  ma 
non  potuta  dimostrare  dal  lato  antropologico.  « La  prostitution, 
scriveva  infatti  il  Moreau  nel  1859,  suppose  nècessairement 
un  emportement  dans  les  passions,  une  audace  dans  le  vice, 
ou  bien  une  défaillance  du  sens  inorai  qui  ne  sauraient  guère 
se  rencontrer  dans  les  organisation  régulières,  et  dont  il  est 
impossible  de  voir  la  source  ailleurs  que  dans  les  prèdispo- 
sition  morbides  héréditaires  ou  constitutionelles  dont  Linfluence 
nous  est  desormais  bien  connue  » (1).  Notava  altresì  il  facile 
passaggio  a malattie  mentali,  come  prima  di  lui  già  Rossignol  (2), 
e poi  il  Despine  (3)  il  quale  insiste  sull’analogia  della  prosti- 
tuzione con  l’isteria.  Le  ricerche  erano  dunque  giustificate  e 
i risultati  effettivamente  furono  positivi:  la  percentuale  di 
molte  anomalie  nelle  prostitute  superava  quella  stessa  data 
dalle  delinquenti.  La  spiegazione  del  fenomeno,  non  occorre 
dirlo,  doveva  ribadire  il  concetto  dell’atavismo,  con  cui  il 
Lombroso  spiegava  la  delinquenza  nelle  sue  manifestazioni 


che  si  riferiva  il  Dallemagne  quando  nell’  ultimo  Congresso  d’Antropologia 
criminale  (Ginevra,  Agosto  1896)  diceva:  « On  pensait  que  l’ école  italienne 
avait  abandonné  la  conception  anatomique  du  type  criminel.  Et  voilà  que 
Lombroso  vient  d’affirmer  à nouveau  l’existence  du  type  criminel,  comme 
aux  premiers  jours  ».  Effettivamente  quest’affermazione  fu  fatta  nel  modo  più 
energico  e intransigente  dall’illustre  capo  della  scuola  Italiana.  Conciliante 
parve  invece  la  dichiarazione  del  Ferri  che  il  tipo  criminale  non  è esclusiva- 
mente  determinato  da  dati  anatomici  (Archiv.  d’AntJirop.  crimin.^  t.  XI,  n.  65, 
pag.  492  e 516);  e ancora  più  quella  del  Forel:  « Le  criminel-né  existe  en 
tant  que  dégénéré  frappé  d’ime  hérédité  fatale  ». 

(1)  Moreau,  Op.  cit.,  pag.  380. 

(2)  Rossignol,  Apergu  medicai  sur  la  moison  de  Saint  Lazzare,  1856. 

(3)  « Annales  des  Sciences  naturelles,  » 1868. 


— 19  — 


psichiche  e nelle  sue  condizioni  somali  che,  e sotto  questo 
presupposto  si  venne  facilmente  a dire:  ma  la  prostituzione  è 
delinquenza!  Il  sofisma:  « la  delinquenza  è spiegata  dairatavismo^ 
la  prostituzione  è delinquenza,  dunque  anche  questa  è spiegata  ’ 
dairatavismo  » una  volta  messo  fuori  seduceva  le  menti:  nessuno 
badava  che  la  tesi  del  Lombroso  era  dimostrata  ugualmente 
qualora  fosse  provato  soltanto  T atavismo  della  prostituzione, 
"senza  la  complicanza  affatto  gratuita  della  sua  problematica 
identità  con  la  delinquenza.  E difatti  il  quesito  cosi  semplifi- 
cato fu  risolto  splendidamente  dal  Sergi,  il  quale,  negando  la 
presunta  identità  sopradetta,  dimostrò  la  psicologia  atavica 
della  prostituta  in  un  libro  rimarchevole  (1).  Il  concetto  fu 
ripreso  più  tardi  dal  Ferrerò,  che  risali  sino  alla  lubricità 
delle  scimmie  e degli  animali  più  vicini  all’  uomo,  avvicinando 
troppo  però  questo  substrato  alla  prostituzione,  che  mai  è stata 
una  « condizione  normale  dei  rapporti  sessuali  » (2),  ma 
doveva  sorgere  molto  più  tardi,  in  società  relativamente  civili, 
come  fenomeno  di  reviviscenza  di  uno  stato  psichico  anteriore, 
non  di  sopravvivenza  di  un  fatto  già  normale  (3). 

Un  ultimo  campo  era  ancora  da  esplorare  alla  luce  di 
questo  nuovo  mezzo  diagnostico,  il  campo  del  genio,  e il 
Lombroso  vi  si  inoltrò,  fiducioso  che  a quella  fiaccola  le  tenebre 
avvolgenti  V essenza  del  genio  sarebbero  rischiarate  e le  intui- 
zioni già  fatte  verrebbero  confermate.  Perchè  anche  in  questo  il 
Moreau,  vero  precursore,  l’aveva  preceduto  nella  sua  Psyclio- 
logie  morbide,  opera  di  non  comune  valore,  concretando  alla  sua 
volta  ciò  che  sino  dai  tempi  di  Aristotele  si  sospettava  e che 
è stata  sempre  ed  è tuttora  convinzione  popolare,  cioè  essere 
il  genio  una  nevrosi  (4)  e non  di  rado  una  vera  alienazione  (5). 
Qui  il  compito  del  Lombroso  a vero  dire  fu  molto  più  grave 
che  non  nel  caso  del  delinquente  o della  prostituta;  si  trattava 
di  riscontrare  la  contemporanea  presenza  della  degenerazione 
psichica,  funzionale  e somatica  in  gente  che  non  era  precisa- 

(1)  Sergi,  Le  degenerazioni  umane,  Milano,  1889,  pag.  119  e segg. 

(2)  Ferrerò,  Vatavisme  de  la  prostiiution,  « Revue  scientifìque  » 30 
Luglio  1892.  — Lombroso  e Ferrerò,  Op.  cit.,  pag.  258-260. 

(3)  Per  convincersi  di  ciò  basta  leggere  le  pagine  del  Sergi  sopracitate. 

(4)  Moreau,  Op.  cit.,  pag.  464. 

(5)  Ibidem^  pag.  493. 


— 20  — 


mente  alla  portata  delle  sue  ricerche  obiettive.  Tuttavia  per 
quella  parte  che  ci  riguarda  i risultati  sembrano  convincenti^ 
se  il  Lombroso  può  affermare  (1)  che  Socrate^  Skoda,  Ibsen, 
Tolstoj,  Dostojewski,  Magliabecchi,  Darwin,  Cooper,  Mind 
(celebre  pittore  di  gatti).  Schiapparelli  hanno  aspetto  cretinoso  (2) 
o degenerato  (la  detérioration  de  Thomme  physique  est  une 
condition  du  perfectionnement  de  Thomme  inorai,  scriveva 
Moreau);  e che  quasi  tutti  i geni  differiscono  tanto  dal  padre 
che  dalla  madre,  per  esempio  Foscolo,  Michelangelo,  Giotto, 
Haydn,  il  che  è uno  dei  caratteri  trovati  nei  degenerati,  come 
pure  la  mancanza  di  tipo  etnico  (3).  Notevole  sotto  questo 
punto  è T osservazione  che  la  donna  di  genio  presenta  sempre 
grandi  anomalie  e,  la  più  grande,  la  somiglianza  coi  maschi, 
la  virilità  (4).  Ma  dove  i risultati  furono  negativi  fu  nello 
studio  delT  atavismo  del  genio,  risultati  negativi  che  sono  dal 
Lombroso  spiegati  con  T azione  livellatrice  delT ambiente,  per 
cui  nei  tempi  e negli  stati  selvaggi  i geni  furono  soffocati  sul 
nascere  e non  lasciarono  che  una  traccia  di  se,  uiT  ombra 
irrisoria  (5).  Nulladimeno  indica  la  precocità  dei  geni  come 
un  fatto  nettamente  atavico,  e a un  certo  punto  esce  in  queste 

parole:  « malgrado  sia  il  genio  la  meno  atavistica  delle 

manifestazioni  umane,  malgrado  rappresenti  dunque  il  vero 
progresso  delT  umanità,  pure  s’associa  a degenerazioni  ultra-ata- 
vistiche (intende  la  sterilità).  Tale  è pure  il  mancinismo,  taTè 
la  piccola  statura  che  trovammo  in  enorme  preponderanza,  e 
tali  sono  l’apatia  dei  sensi  e la  crudeltà,  che  sono  le  ma- 
nifestazioni più  vicine  a quelle  dell’  animalità  » (6).  Ora 

che  questi  fatti  giustifichino  « naturalisticamente,  atavistica- 
mente  la  nevrosi  del  genio  » (7)  è più  facile  dirlo  che  dimo- 
strarlo (8),  in  quanto  che  bisognerebbe  prima  spiegare  la  pre- 


(1)  Lombroso,  V uomo  di  genio,  pag.  9. 

(2)  Cfr.  Moreau,  Op.  cit.,  pag.  478. 

(3)  Lombroso,  Op.  sopracit.  pag.  478, 

(4)  Lombroso,  L'uomo  di  genio,  pag  261.  — Venturi,  Le  degenerazioni 
psicosessuali^  Torino,  1892,  pag.  297. 

(5)  Ibidem,  pag.  17. 

(6)  Ibidem,  pag.  625. 

(7)  Ibidem,  pag,  624. 

(8)  Il  Morsei.li,  ad  esempio,  non  se  ne  convince,  anzi  considera  il  genio 


— 21  -* 


sunta  correlazione  tra  atavismo  e nevrosi,  nel  nostro  caso  dege- 
nerazione epilettoide,  correlazione  che  appare  tutt’  altro  che  evi- 
dente. E in  sostanza,  generalizzando,  il  problema  si  riduce  tutto 
qui:  basta  la  presenza  dei  caratteri  degenerativi  nelle  nevrosi  per 
farle  rientrare  tutte  nelb  atavismo,  sebbene  per  il  loro  contenuto 
psichico  (alienazione  etc.)  nulla  pare  abbiano  da  fare  con 
questo?  I caratteri  degenerativi  degli  epilettici  e degli  altri 
alienati  sono  da  considerare  come  caratteri  specifici  di  lontani 
antecessori?  Il  Sergi  rispose  affermativamente  (1);  e il  Lom- 
broso per  rapporto  alL  epilessia  non  ne  dubita,  la  malattia 
unica  che  esiste  in  patologia  che  nel  medesimo  tempo  fonde 
e riunisce  i fenomeni  morbosi  con  T atavismo:  cita  il  fatto 
stato  osservato  negli  epilettici  di  abbajare  e mangiare  carne 
umana  (2).  Per  il  Venturi  le  manifestazioni  dell’epilessia  sono 
altrettanti  effetti  dell’ automatismo  nervoso  e psichico,  e come 
tali  rivelano  condizioni  di  semplice  e primitiva  organizzazione  (3). 
Anche  Tanzi  e Riva  (4)  tentano  di  dimostrare  che  il  paranoico 
vive  della  vita  psichica  atavica,  selvaggia;  ma  questo  al  Sergi 
stesso  pare  un’esagerazione,  come  pare  certamente  al  Drago. 

Spiritosamente  questi  domanda:  « Potrà  dirsi  che  l’uomo 

civilizzato,  il  quale  per  un  processo  morboso  finisce  col  perdere 
l’ uso  della  parola,  obbedisce  a un’  influenza  dei  suoi  remoti 

come  una  variazione  progressiva;  idea  che  condivide  il  Nordau,  ammettendo 
un  genio  vero,  normale,  il  quale  « è certamente  un’anomalia,  ma  è un’ano- 
malìa evolutiva  e progressiva  » Degenerazione,  Torino,  1896  (Prefazione  alla  II 
edizione):  concetto  questo  un  po’contradittorio  (Sergi).  Ad  ogni  modo  in  America, 
dove  già  il  Kiernan  ripetutamente  aveva  negato  che  il  genio  fosse  un  prodotto 
morboso  (Alienist  and  Neurologist,  1887,  e 1892:  Is  Genius  a Neurosis?  pag.  149; 
Medicai  Record,  Genius  noi  a Neurosis  1887),  spiegando  che  la  sua  più 
facile  deteriorabilità  dipende  dall’essere  un  organismo  più  evoluto,  recentemente 
si  è fatta  strada  la  stessa  suddivisione,  cioè:  un  normal  or  regenerate  men  of 
genius,  e un  ahnormal  or  degenerate  (Warren  L.  Babcock,  On  thè  morbid 
heredity  and  predisposition  to  insanity  of  thè  man  of  genius  « lournal  of  Ner- 
vous  and  Menta!  Disease  »,  Decemb.  1895  pag.  749).  — Per  altre  considerazioni 
vedi  Toulouse,  Émile  Zola.  Paris,  1896  pag.  53,  54  e altrove. 

(1)  Sergi,  v Actes  du  premier  Congrès  d’Antrop.  crini.,  » 1885,  p.  159  e segg. 

(2)  Lombroso,  Polemica  in  difesa  della  scuola  criminale  positiva,  pag.  37; 
e altrove. 

(3)  Op.  cit.,  pag.  186  e segg. 

(4)  Tanzi  e Riva,  La  Paranoia  « Rivista  di  Freniatria  e Med.  leg.  » 1884 
pag.  307,  1885  pag.  110  e segg. 


~ 22  — 


antenati  che  non  parlavano? (1)  i caratteri  e le  tendenze 

di  questi  coincidono  con  un’organizzazione  fisica  in  perfetto 
stato  di  salute,  mentre  i vesanici  giungono  per  un  processo 
patologico  a risultati  simili  e non  si  potrà  mai  spiegare  il  pro- 
cesso in  virtù  del  quale  determinati  agenti  deleteri  provoche- 
rebbero influenze  ereditarie  preistoriche  » (2).  Intanto  T in- 
negabile coincidenza  delle  abnormità  fìsiche  con  le  abnormità 
psichiche  summenzionate  restava  senz’ altra  spiegazione.  La 
spiegazione  del  fenomeno  doveva  venire  dall’ osservazione  di 
altre  degenerazioni  in  cui  non  solo  le  condizioni  psichiche  e 
funzionali,  ma  le  condizioni  somatiche  stesse  niente  avevano 
che  vedere  con  l’ atavismo:  alludo  specialmente  all’  osserva- 
zione fatta  dal  Brouardel. 

Il  Brouardel  al  Congresso  d’ Antropologia  criminale  di 
Parigi  diede  del  suo  crlminel  demi-feminin  una  descrizione  che 
per  la  sua  importanza  in  relazione  al  nostro  argomento  merita 
di  venir  riferita  in  succinto.  I due  caratteri  della  degenera- 
zione in  questo  tipo  sono:  l’intristire  dell’intelligenza  dapprima 
vivace  e l’incapacità  a generare.  Questi  ragazzi  delle  grandi 
città,  gamins,  subiscono  un  arresto  al  momento  della  pubertà, 
il  loro  stato  somatico  resta  come  stazionario:  la  verga  è 
meschina,  i testicoli  piccoli,  la  pelle  liscia  e la  barba  rada. 
Lo  scheletro  non  diviene  quello  di  un  maschio:  il  bacino  si 
allarga,  le  forme  divengono  paffute  per  il  grasso  che  invade  il 
tessuto  sottocutaneo  e fa  gonfiare  le  mammelle,  che  si  arroton- 
discono;  essi  hanno  un’andatura  femminile.  I fattori  che  con- 
corrono a questo  etlolement  secondo  il  Brouardel  sono  complessi: 
il  lavoro  all’opificio,  la  dimora  in  luoghi  poco  salubri,  la 
débauché  precoce,  l’alcoolismo  prematuro  (3).  Evidentemente 
qui  l’atavismo  non  ci  può  entrare  nè  punto,  nè  poco.  Lo 
stesso  dicasi  di  quell’insieme  di  caratteri,  che  buon  numero 
d’individui  conservano  sino  all’età  adulta,  designato  dal  Lorain 
col  nome  d’ infantilismo  (4).  E,  cosa  degna  di  nota,  quest’ indi- 

(1)  Appunto  il  Ribot  s’ era  domandato:  « L’emploi  de  la  troisième  personne 
chez  certains  déments  serait-il  un  fait  de  régression?  «(beninteso  all’infanzia). 
Les  maladies  de  la  'personnalité,  Paris,  1885,  pag.  141. 

(2)  Drago,  I criminali  nati^  Traduz.  di  Busdraghi,  Torino  1890,  pag,  00. 

(3)  « Actes  da  II  Congrès  d’Anthrop.  crimin.,  » Paris,  1889,  pag.  328, 

(4)  Cfr.  Laurent,  Les  habituès  des  prisons  de  Paris,  Lyon,  1890. 


— 23  — 


vidui  arrivano  prematuramente  alla  senilità:  alcuni  presentano 
neir  infanzia  caratteri  di  senilità,  hanno  la  nota  aria  di  vec- 
chietti. In  costoro  V indebolimento  delle  funzioni  psichiche 
contemporaneo  alla  degradazione  fìsica  evidentemente  non  è 
in  rapporto  col  numero  degli  anni,  ma  con  una  involuzione 
congenita  o ereditaria  (Féré). 

Ormai  era  chiaro:  la  spiegazione  del  Lombroso  non  era 
più  sufficiente  nè  pei  delinquenti,  nè  per  tante  altre  degene- 
razioni; non  solo,  ma  L atavismo  male  inteso  aveva  tanto  con- 
fuso le  menti,  che  nemmeno  i più  iniziati  alla  nuova  scuola  ci 
si  raccapezzavano  più.  E tipico  V imbarazzo  in  cui  si  trova  il 
Tonnini.  A pag.  7 del  suo  libro  (1)  dice:  « Certo  non  sono  e non 
saranno  forse  mai  netti  i confìni  fra  atavismo  e mostruosità, 
come  non  lo  sono  sempre  fra  malattia  e degenerazione  »,  dove 
pare  che  metta  in  relazione  di  causa  ad  effetto  malattia  e 
atavismo,  degenerazione  e mostruosità.  Nella  pagina  seguente 
scrive:  « Molto  spesso  riesce  impossibile  determinare  ciò  che 
si  deve  ad  atavismo,  ciò  che  si  deve  ad  eredità,  come  pure  le 
stesse  anomalie,  le  stesse  entità  degenerative  potranno  una 
volta  e in  un  individuo  riferirsi  a degenerazione,  un’altra  volta 
e in  un  altro  ad  atavismo,  o ad  entrambi  gli  elementi  assieme 
associati  ed  in  diversa  misura  »,  e qui  non  si  xdesce  a raccapez- 
zare che  la  grande  confusione  esistente  nella  mente  dello 
scrittore  su  tal  riguardo;  mentre  appare  evidente  la  necessità 
di  comprendere  in  un  concetto  sintetico  ciò  che  era  cosi  mala- 
gevole distinguere.  Un  potente  lavoro  di  sintesi  occorreva,  e 
questo  non  poteva  avvenire  in  Italia  dove  le  menti  erano 
troppo  polarizzate  dalle  dottrine  del  Lombroso:  un  antico  ten- 
tativo del  Sergi  era  rimasto  isolato.  In  Germania  e in  Francia 
(qui  da  tempo  a dire  il  vero  il  terreno  era  stato  preparato)  se 
ne  comprese  invece  la  necessità. 

La  sintesi  del  Sergi  si  ridette  delle  condizioni  di  tempo  nelle 
quali  fu  concepita:  allora  T atavismo  si  accettava  come  dogma 
dai  biologi  più  spregiudicati,  si  illustrava  come  la  conseguenza 
più  importante  della  teoria  del  Darwin,  si  riteneva  la  chiave 
che  doveva  aprire  un  nuovo  mondo  cosi  agli  studi  più  minuti 
come  ai  voli  delle  ipotesi.  Però  L atavismo  della  dottrina  del 


(1)  Tonnini,  Le  epilessie,  Torino,  1890. 


— 24  — 


Sergi  differisce  da  quello  ammesso  dal  Lombroso:  non  è un 
ritorno  a stati  selvaggi,  ma  a stati  preumani  e animaleschi,  è 
la  degradazione  bestiale,  riscontrabile  non  solo  nei  delinquenti, 
ma  negli  ammalati  di  mente,  negli  epilettici,  cretini  ed  idioti. 
Ciò  si  fonda  sul  concetto  che  la  maggior  parte  delle  loro 
anomalie  essendo  di  carattere  bestiale,  così  debbano  essere 
anche  le  funzioni  corrispondenti,  perchè  ogni  segno  di  dege- 
nerazione morfologica  è segno  o indizio  di  degradazione  funzio- 
nale (1).  Dal  che  ne  risulta  una  sopravvivenza  in  condizioni  tali 
di  debolezza  da  non  essere  possibile  una  lotta  normale  per  l’esi- 
stenza (2).  Fattore  etiologico  sarebbe  l’eredità  morbosa. 

Più  largo  svolgimento  del  fattore  etiologico  ed  esclusione 
completa  dell’atavismo  distinguono  la  sintesi  del  Féré.  « Il 
semble  qu’nn  lien  mysterieux  unisse  toutes  les  graves  dégéné- 
rescences  de  la  race  humaine,  soit  physiques,  soit  morales, 
avec  les  états  pathologiques  du  sistéme  nerveux  »,  aveva 
presagito  Motet  (o).  Il  Féré,  mettendo  a profitto  i lavori  ante- 
riori e le  sue  osservazioni  personali,  trovava  la  spiegazione 
nell’ influenza  ereditaria,  che  scorge  sin  dal  1884  (4)  quale 
legame  comune  tra  le  psicopatie,  le  malattie  organiche  e fun- 
zionali del  sistema  nervoso,  il  reumatismo,  la  gotta,  la  scro- 
folo- tubercolosi,  infine  tra  tutte  le  degenerazioni.  I lavori  del 
Déj crine,  del  Boinet,  del  Revington,  del  Crocq  (5),  le  scoperte 
degli  ultimi  tempi  sull’importanza  delle  infezioni  nelle  malattie 
gli  confermarono  sempre  più  il  significato  della  predisposizione 
patologica  legata  all’individuo  dai  suoi  ascendenti.  Cosi  dopo 
dieci  anni  ritornando  sull’  argomento,  la  sua  concezione  è 
matura  sotto  il  titolo  di  « Théorie  tératologique  de  l’héredité 
et  de  la  prédisposition  morbide  et  de  la  dégénérescence  » : noi 
ne  riassumeremo  brevemente  ciò  che  più  ci  riguarda. 


(1)  Sergi,  Y a-t-il  un  cnracicrc  géncral  bio-pathologiqne  qui  predispose  au 
crime?  « Actcs  du  proiiiicr  Coiiyi'ès  iritcniational  d’Antliroj),  crini.  » p.  14,  159. 

(2)  Vedi;  Degenerazioni  umane,  pag.  24  e segg.  Cfr.  Venturi,  Le  degene- 
razioni psico-sessuali,  pag.  358. 

(3)  « Annalcs  médico-psychologiques  »,  séance  du  27  mars  1876,  pag.  428. 

(4)  Féré,  La  famille  néoropatique^  « Ardi,  de  Neurol.  »,  ii.  19  e 20  T.  VII. 

(5)  Vedi  nella  Bibliografia;  Déjerine,  Buinet,  Revington,  Crocq  « Revue 
de  médicine  » 1893. 


25  — 


Un  individuo  degenera,  dice  il  Féré  (1)  in  quanto  non  ras- 
somiglia più  ai  suoi  progenitori,  ma  non  che  abbia  acquistato 
qualche  cosa  di  nuovo;  se  non  può  procreare,  se  è affetto  da 
ipospadia  per  esempio,  non  rassomiglia  a nessun  progenitore, 
ma  ha  perduto  qualche  cosa:  la  degenerazione  è dunque  la  disso- 
luzione delle  proprietà  ereditarie,  e ciò  sotto  T influenza  di  un 
disturbo  deir  evoluzione  ereditario  o accidentale:  il  morbo  è 
la  condizione  necessaria  per  la  dissoluzione  deir  eredità.  Col- 
pito l’individuo  allo  stato  embrionale,  anche  in  una  parte  delle 
sue  cèllule,  non  può  non  risentirsene  tutto  l’organismo:  gli 
abnormi  sono  abnormi  in  tutta  la  loro  organizzazione.  E l’im- 
portanza delle  stigmati  abnormi  poi  è questa,  che  tendono  a 
far  uscire  l’individuo  che  le  porta  (e  la  sua  famiglia)  dalla 
razza,  tanto  più  che  contemporaneamente  alla  perdita  delle 
qualità  morfologiche  il  degenerato  perde  le  sue  qualità  biolo- 
giche e morali,  e il  suo  adattamento  all’ambiente  fisico  e 
sociale  ne  deve  risultare  modificato. 

Ad  un’ultima  fase  è attualmente  la  questione  della  dege- 
nerazione sotto  l’impulso  degli  studi  sociologici  che  onorano 
questa  fine  di  secolo,  e con  essa  assurge,  bisogna  dirlo,  alle 
più  alte  vette  della  sintesi.  Quanto  cammino  in  meno  di  mezzo 
secolo  ! quanta  velocità  di  pensiero  ! Gli  è che  quella  fonte  ine- 
sauribile, quella  teoria  che  prende  nome  da  Carlo  Darwin,  non  ci 
doveva  dare  solamente  la  monca  unilaterale  etiologia  del  delitto, 
ma  r etiologia  tutta  della  degenerazione:  « L’evoluzione  comprende 
anche  V involuzione  e la  dissoluzione  » (2)  ecco  il  grande  corollario 
che  scaturisce  come  verità  abbagliante  nella  sua  semplicità. 
Dall’ immensità  umana,  dice  Jacoby,  sorgono  individui,  famiglie, 
razze  che  tendono  ad  elevarsi  sopra  il  livello  comune;  essi  si 
inerpicano  penosamente  per  le  altezze  dirupate,  toccano  il 
culmine  del  potere,  della  ricchezza,  dell’ intelligenza,  del  genio, 
e una  volta  arrivati  precipitano  in  basso  e scompaiono  negli 
abissi  della  pazzia  e della  degenerazione  (3);  la  natura  non  è 

(1)  Féré,  La  famille  nevropathique,  Paris,  1894,  pag.  241  e segg. 

(2)  Ferri,  Socialismo  e scienza  positiva,  Roma,  1894,  pag.  50, 

(8)  K curioso  vedoro  come  tale  fatto  sia  stato  anche  osservato  da  persone 
|)rofane  a rpiesti  studi,  sebbene  spiegato  a modo  loro;  il  Vii-lari,  per  esempio, 
dice:  « E certo  uno  s[)ettacolo  solenne  il  vedere  come  la  Provvidenza  umilii 
inesorabilmente  gli  uomini  anche  grandissimi,  ponendo  accanto  alle  loro  quasi 


— 26  — 


buona  massaja:  essa  non  raggiunge  lo  scopo  che  con  uno 
sciupìo  enorme  di  materia  e di  forza.  Ciascun  uomo  di  genio, 
d’ingegno,  è un  capitale  accumulato  da  parecchie  genera- 
zioni, dice  Renan.  Ora  questo  capitale  accumulato,  personifi- 
cato in  un  uomo,  non  rientra  più  nella  ricchezza  comune 
deir  umanità;  esso  è perduto  per  lei,  ritirato  com’è  dalla  cir- 
colazione; e il  suo  solo  residuo  non  è che  follia,  miseria,  dege- 
nerazione della  posterità,  che  si  estingue  e muore  bentosto 
— per  fortuna  — ma  non  senza  aver  portato  la  degenera- 
zione e la  morte  nelle  famiglie  attigue Nous  payons  de  la 

vie  de  générations  futures  et  de  notre  propre  existence,  dans 
r infini  des  siècles,  quelques  lignes  dans  les  dictionnaires  bio- 
graphiques  (1).  E il  Tarde  nel  suo  linguaggio  cosi  deliziosamente 
espressivo:  « ....  lorsque  de  nouvelles  conditions  sociales  forcent 
le  inolile  d’une  race  à s’èlargir,  il  ne  faut  pas  s’etonner  de 
le  voir  souvent  se  fendre  et  se  rompre.  La  civilisation  est 
au  type  humain  ce  que  la  domestication  est  au  type  d’un 
animai  ou  d’une  piante;  elle  l’afible  en  le  diversifiant  polirle 
régénérer  ».  Onde  nelle  epoche  di  crisi,  quali  la  nostra,  Tac- 
crescimento  numerico  delle  scoperte  e delle  invenzioni  da  una 
parte,  dalT altra  delitti  e casi  d’alienazione  mentale.  I nostri 
grandi  giardinieri  non  presenterebbero  alle  nostre  esposizioni 
d’orticultura  tante  ammirabili  varietà  nuove  di  fiori  e di  frutta 
se  non  avessero  suscitato  nello  stesso  tempo  migliaja  di  mo- 
struosità c di  degenerazioni  vegetali  » (2).  « Quella  stessa  na- 
tura, scrive  il  Ferri,  confermando  le  parole  del  Richet  (3),  che 


divine  focoltà  debolezze  tali,  che  ci  rammentano  come  anch’essi  furono  mortali  ». 
Se  si  considera  eh’  egli  parla  di  Girolamo  Savonarola,  di  un  estatico,  affetto  da 
allucinazioni  acustiche  (sentiva  [ler  aria  delle  voci  che  gl’  imponevano  di  conti- 
nuare l’intra[)reso  cammino,  etc.)  e visive  più  o meno  allegorizzate,  le  cui  prediche 
in  certi  momenti  somigliano,  direbbe  il  Lombroso,  a scariche  epilettoidi,  « un 
fuoco  interno  brucia  le  mie  ossa,  e mi  sforza  a parlare  »,  dopo  di  che  rimaneva 
esausto  al  punto  da  stare  al  letto  per  più  giorni;  lo  spettacolo  solenne  si  spiega 
facilmente,  solo  che  si  cambii  la  parola  Provvidenza  nell’  altra  degenerazione. 

(1)  Jacob Y,  Études  sur  la  sélection,  Paris,  1881.  Cfr.  Ribot,  op.  cit.  pag.  22; 
nonché  la  tesi  di  Dusolier,  Psychologie  des  derniers  Valois  (Archives  d’Anthr. 
crimin.  T.  XII,  15  lanvier  1897  p.  108). 

(2)  Tarde,  La  criminologie.  « Revue  d’Anthropologie  »,  1888,  p.  525. 

(3)  Richet,  Le  génie  et  la  folie.  « Revue  scientifique  »,  1888,  pag.  196 
(Preface  de  L' homme  de  génie). 


— 27  — 


fa  della  scelta  e deir  elevamento  aristocratico  una  condizione  di 
progresso  vitale,  ristabilisce  poi  V equilibrio  della  vita  con  una 
legge  livellatrice  e democratica  »:  stimolo  e reazione,  T espres- 
sione più  semplice  dei  fenomeni  biologici.  « Tutto  ciò  che  si 
allontana,  o troppo  al  di  sotto  o troppo  al. di  sopra  della  media 
umana,  non  è vitale  e si  spegne.  Il  cretino  come  il  genio  — 
r affamato  come  il  milionario  — il  nano  come  il  gigante  sono 
mostri  naturali  o sociali  e la  natura  li  colpisce  inesorabile  con 
la  degenerazione -e  la  sterilità,  siano  essi  il  prodotto  della  vita 
organica  o siano  T effetto  dell’ ordinamento  sociale  » (1).  E il 
Dallemagne  si  scaglia  contro  coloro  che  in  Francia  hanno  soste- 
nuto come  fattori  etiologici  della  degenerazione  il  sistema  ner- 
voso e la  nutrizione:  « Malgré  leurs  mirages,  esclama,  il  n’y  a 
pas,  vivant  d’ une  existence  indipendante  deux  grands  facteurs: 
le  système  nerveux  et  la  nutrition.  Il  y a simplement  la  vie.  Et 
la  vie  n’est  qu’une  perpétuelle  réaction  entre  Forganisme  et 

le  milieu Plus  la  vie  est  intense  et  plus  le  déséquilibre  nous 

menace,  irrémédiable,  inexorable.  Il  nous  guette  à chaque  pas, 
à chacun  des  méandres  du  chemin.  Et  parfois,  prodigues,  nous 
gaspillons  ainsi  plus  que  notre  propre  patrimoine;  nous  com- 
promettons  Phéréditage  des  nòtres  » (2). 

Data  una  tale  etiologia  della  degenerazione,  cioè  la  lotta 
tra  P organismo  e P ambiente,  parrebbe  a prima  vista  che 
anche  la  patogenesi  della  degenerazione,  che  dà  il  Dallemagne, 
dovesse  essere  nuova  di  pianta.  Effettivamente  nella  forma  è 
originale  (3).  Egli  ammette  nelP  organismo  una  resistenza 
collettiva,  risultato  d’  una  sintesi  delle  resistenze  parziali. 
Queste  resistenze  parziali,  come  la  resistenza  collettiva  ch’esse 
compongono,  hanno  valore  diverso,  variabile  con  gl’individui. 
La  disuguaglianza  delle  resistenze  collettive  segna  il  grado 
della  regressione  individuale;  la  disuguaglianza  delle  resistenze 
parziali  indica  il  punto  debole  funzionale,  la  regressione  orga- 
nica. Le  diverse  categorie  di  degenerati  procedono  dalle  molte- 
plici categorie  di  resistenze  collettive;  la  diversità  delle  tare 
dipende  dalla  molteplicità  delle  resistenze  parziali.  Ma  la 


(1)  Ferri,  Op.  cit.,  pag.  57. 

(2)  Dallemagne,  Bégénérés  et  désèquilibrés,  pag.  492, 

(3)  Dallemagne,  Op.  cit.,  pag.  250. 


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resistenza  viene  meno  secondo  certe  leggi;  e in  primo  luogo 
la  legge  di  regressione:  quella  stessa  che  il  Ribot  scoloriva  per 
le  malattie  della  memoria  e della  volontà  (1).  « La  legge  di 
regressione,  attaccando  dapprima  gli  acquisti  più  recenti,  inte- 
resserà dunque  in  primo  luogo  L elemento  psichico.  È nel 
dominio  della  corteccia,  oeir  intellettualità  pura,  nel  mondo 
delle  idee,  delle  immagini  o delle  sensazioni  complesse  difessa 
porterà  i suoi  primi  colpi.  Poi  la  disorganizzazione  riprodu- 
cendo in  senso  inverso  P organizzazione,  P involuzione  schema- 
tizzando a ritroso  P evoluzione,  è la  vita  affettiva  nei  suoi  centri 
otto-striati  e della  base  che  si  squilibra  in  secondo  luogo  (2). 
Infine  sotto  lo  sforzo  delP  eredità  accumulata  la  vita  vegeta- 
tiva ne  verrà  disturbata  alla  sua  volta.  Nei  disordini  psichici 
la  vita  sociale  ripercuoterà,  amplificherà  i disturbi  e ci  fornirà 
le  stigmati  sociologiche.  I disturbi  affettivi  dipenderanno  par- 
ticolarmente dalle  stigmati  biologiche  e funzionali.  Le  tare 
organiche,  anatomiche  si  riveleranno  in  prevalenza  nelle  degra- 
dazioni irreparabili  della  vita  vegetativa  » (3).  Si  arriva  cosi 
facilmente  a comprendere  il  significato  particolare  e generale 
delle  differenti  stigmati.  Quanto  al  significato  particolare  rife- 
rirsi alP importanza  delP  organo  in  causa  nella  conservazione 


(1)  Ribot,  Les  maladies  de  la  meynoire.  Paris,  1881.  — Les  maladies  de 
la  volonté.  8.«  éclit.,  1893. 

(2)  Il  Ribot,  in  un  libro  recento,  non  sembra  soddisfatto  di  quest’applica- 
zione della  sua  legge  di  regressione.  Fatto  notare  che  tale  legge  non  agisce 
isolatamente,  ma  che  « elle  enveloppe  tout  peu  k peu  et  sape  l’édifice  entier 
par  quelque  coté  qu’elle  l’cntame  »,  e che  la  degenerazione  è essenzialmente 
una  decadenza  organica,  uno  stato  di  miseria  fisiologica,  che  si  traduce  primie- 
ramente con  alterazioni  nella  sfera  delle  emozioni,  delle  tendenze,  degli  atti, 
dei  movimenti,  conclude  che  su  tali  tendenze  e sulle  manifestazioni  aflettive 
la  degenerazione  agisce  prima  e principalmente  (La  psìjchologie  des  sentiments, 
p.  428).  La  legge  di  regressione  si,  verifica  però  splendidamente  nella  dissolu- 
zione graduale  dei  movimenti,  in  quanto  che  scom[)aiono:  1.  le  emozioni  disin- 
teressate; 2.  le  emozioni  altruiste;  3.  le  emozioni  ego-altruiste;  4.  le  emozioni 
puramente  egoiste.  E il  segno  proprio  della  regi-essione  (o  degenerazione)  è di 
agire  nel  senso  della  più  forte  attrazione  o della  minore  resistenza:  ciò  che  è 
un  carattere  dell’attività  riflessa  e 1’ op|)Osto  della  volontà  inibitoria  che  agisce 
nel  senso  della  più  debole  attrazione  e della  più  forte  resistenza:  si  ha  perciò 
un  ritorno  ai  riflessi  (Ibidem,  p 224). 

(3)  Dallemagne,  Op.  cit.,  pag.  135. 


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deir  individuo  e della  specie.  Più  quest’organo  è essenziale  e 
indispensabile  alla  vita  individuale  o specifica^  più  la  tara  che 
esso  rivela  importa  significato  regressivo.  Quanto  al  significato 
generale  è evidente  che  le  stigmati  anatomiche,  che  traducono 
la  tara  arrivata  al  più  alto  punto,  allo  squilibrio  involutivo 
nutritivo,  hanno  per  sè  stesse  un  significato  decisivo;  il  posto 
degenerativo  poi  è situato  tanto  più  basso  quanto  più  conside- 
revole è il  numero  di  tare  organiche  e funzionali  intervenute 
a motivare  la  classifica.  Cosi  il  Dallemagne. 

La  forma,  ho  detto,  è originale;  dovevo  dire  il  punto  di  vista: 
in  fondo  poi  questa  diminuzione  di  resistenza  del  Dallemagne 
non  è che  l’ulteriore  svolgimento  della  dissoluzione  delle  forze 
ereditarie  del  Féré,  come  questa  non  è altro  alla  sua  volta  che 
un’amplificazione  doiVeredità  morbosa  del  Morel,  onde  si  vede 
il  cammino  percorso  dalla  questione,  e come  noi  (accettando 
1’  etiologia  fornitaci  dalle  scienze  sociologiche)  la  possiamo 
riassumere,  dicendo  che:  la  degenerazione  è quello  stato 
morboso  che,  originatosi  dallo  squilibrio  inerente  a un 
eccesso  di  evoluzione  (1),  si  manifesta  nei  discendenti 
come  diminuzione  nelP  energia  evolutiva.  Atavismo,  atipia, 
infantilismo,  senilità  precoce  ne  seguono  come  le  manifestazioni 
fondamentali  della  degenerazione.  Difatti  che  cosa  è che  impedi- 
sce normalmente  lo  sviluppo  degli  organi  atavici  e dà  la  vittoria 
all’ontogenesi?  E la  resistenza  che  oppone  questa;  secondo  il 
Roncoroni  in  virtù  dei  centri  nervosi  superiori:  « Se  nell’on- 
togenesi di  un  individuo,  egli  dice,  per  una  causa  qualunque 
che  per  lo  più  è ereditaria  (eccesso  di  evoluzione  per  noi,  o 
equivalenti  p.  es.  la  vecchiaja  dei  genitori)  i centri  nervosi  supe- 
riori, che  sono  i più  facilmente  alterabili,  sono  impediti  di 
svilupparsi  completamente,  i centri  nervosi  degli  organi  ata- 
vici, non  trovando  più  le  resistenze  che  normalmente  si  oppo- 
nevano al  loro  sviluppo,  potranno,  finché  sarà  rimasto  in  loro 
latente  questo  potere,  svilupparsi  come  nei  nostri  progenitori, 
e corrispondentemente  si  svilupperanno  gli  organi  atavici 
relativi  (per  l’indissolubile  unione  dello  sviluppo  dei  centri 
jiervosi  col  resto  del  corpo)  e quindi  i caratteri  degenerativi  (2). 


(1)  Cfr.  Max  Nordau,  Dégènérescence^  Paris,  1894,  voi.  I,  pag.  72,  76. 

(2)  Roncoroni,  Op.  cit.,  pag.  498. 


— 30  — 


E questa  patogenesi  effettivamente  è tanto  più  probabile  in 
quanto  che  la  degenerazione  nelle  sue  manifestazioni,  con 
buona  j)ace  del  Dallemagne,  in  fondo  non  sarebbe  che  la 
diatesi,  cioè:  « un  état  morbide,  éminemment  héréditaire, 
caractérisé  par  ime  altération  du  système  nerveux  amenant  à 
sa  suite  des  troubles  intellectuel  ou  nutritifs  plus  ou  moins 
profonds  et  donnant  lieu  aux  maladies  diathésiques  » (1). 
Parimenti  che  cosa  si  oppone  normalmente  ai  disturbi  di 
nutrizione?  la  resistenza  delP organismo  alle  forze  ambienti, 
possiamo  dire  anche  qui  in  virtù  della  sanità  del  sistema 
nervoso,  poiché  questo  presiede,  checché  ne  dica  il  Dalie- 
magne,  a tutti  gli  scambi  nutritivi.  Venga  meno  altresì  questa 
resistenza  e il  disturbo  che  per  questo  fatto  ne  risentirà  P or- 
ganismo in  evoluzione  sarà  qualche  cosa  di  atipico,  che  non 
ha  nessun  riscontro  con  P atavismo  o semplicemente  acciden- 
tale. E infine  che  arresta  P evoluzione  o accelera  P involuzione, 
se  non  la  mancante  energia  delP  organismo,  la  minore  forza 
di  projezione,  come  dice  il  Venturi  (2),  la  quale  chiude  la 
jDarabola  della  vita  in  spazio  più  ristretto?  Cosicché  somman- 
dosi, nella  disorganizzazione  che  deve  seguire  al  venir  meno  di 
tante  forze  da  tempo  elaborate  nella  specie,  nello  sfasciarsi  di 
tante  energie  regolatrici  dello  sviluppo  è naturale  quel  disor- 
dine, quel  disorientamento  delP  organismo  che  non  trova  più 
la  sua  via  secolare,  quel  Mlschmascli  che  a torto  faceva  tanta 
meraviglia  al  Koch.  Niente  formazione  di  tipo:  in  ciò  sono 
d’  accordo  col  Koch:  è P opinione  pure  sostenuta  dal  Féré 
e dal  Mingazzini;  però  una  conciliazione,  che  spieghi  perchè 
fatti  teratologici  e fatti  atavici  ordinariamente  si  riscontrino 
insieme,  ci  pare  non  solo  possibile,  ma  rispondente  alla  realtà. 
In  ultima  analisi  noi  ci  spieghiamo  le  conseguenze  della  dege- 
nerazione, con  la  definizione  che  della  medesima  dava  acuta- 
mente Sommer,  cioè:  uno  stato  anormale  del  sistema  nervoso  » (3) 
definizione  illustrata  non  è molto  dal  Nache:  « Il  est  clair, 

(1)  Crocq,  V hérédité  en  psychopathologie.  « IH.  Congresso  internazionale 
di  Psicologia  »,  Monaco,  1896,  pag.  321. 

(2)  Venturi,  Op.  cit.,  pag.  263. 

(3)  Sommer,  Die  Beziehungen  von  rnorphologischen  Abnormitnten  zu  den 
endogenen  Nervcn  und  Geisteskrankheiten,  « Centralblatt  fùr  Nervenheilk. 
und  Psich.  » Decemb.  1893. 


— 31  — 


disse  questi  all' ultimo  Congresso  medico  internazionale,  que 
si  la  croissance  d'une  partie  du  corps,  d'un  ergane,  dépend 
en  partie  de  Tétat  du  système  nerveux,  nous  aurons  des  irré- 
gularités  dès  que  ce  dernier  est  défectueux  ».  (1)  Cosi  lelgersma 
forse  non  era  tanto  lontano  dal  vero,  quando  affermava  i segni 
fìsici  della  degenerazione  essere  l'espressione  secondaria  di 
una  variazione  primaria  del  cervello  (2).  Nè  farà  meraviglia 
che  la  degenerazione  si  manifesti  nei  discendenti  come  uno 
stato  anormale  del  sistema  nervoso,  se  pensiamo  che  questo 
ha  dovuto  subir®  il  maggior  lavorio,  diciamo  pure  il  maggiore 
sciupìo,  negli  ascendenti,  secondo  l'etiologia  da  noi  ammessa. 
La  dimostrazione  della  definizione  da  noi  data,  oltre  che  per 
il  lato  somatico  della  degenerazione,  si  potrebbe  fare  per  il 
lato  psichico,  se  non  ci  portasse  troppo  fuori  dell'  argomento  (3). 
Solo  vogliamo  accennare  che  per  la  stratificazione  del  carat- 
tere, quale  fu  concepita  genialmente  dal  Sergi  (4),  la  riappa- 
rizione degli  strati  più  bassi  nella  degenerazione  costituirebbe 
r atavismo  delle  manifestazioni  psichiche  (5),  mentre  tante  altre 
manifestazioni  della  psiche  dei  degenerati  non  si  possono 
considerare  che  come  infantili  (infantilisme  psychologiqiie  del 
Ribot),  0 precocemente  senili  o atipiche.  Tutte  si  elaborano. 


(1)  NàcKE,  La  valeur  des  signes  de  dégénérescence  dans  V elude  des  mala- 
dies  mentales,  « Atti  dell’  XI  Congresso  medico-internazionale  » Voi.  IV, 
pag,  51,  Roma,  1894. 

(2)  Ielgersma,  Loc.  cit. 

(3)  Un  po’ se  n’è  già  occupato  il  Nordau:  « Sappiamo,  egli  dice,  che  nei 
degenerati  si  manifestano  svariate  anomalìe  evolutive  e varie  deformità.  Alcuni 
organi  oppure  interi  sistemi  organici  si  fermano  ad  un  dato  grado  del  loro 
sviluppo,  che  corrisponde  a quello  della  fanciullezza,  anzi  alla  vita  intrauterina. 
Allorquando  i centri  cerebrali  superiori  dei  degenerati  si  fermano  ad  un  primo 
grado  del  loro  sviluppo  l’individuo  diventa  un  paranoico  o un  idiota.  Se  l’im- 
pedimento dello  sviluppo  colpisce  i centri  nervosi  della  parte  incosciente,  il 
degenerato  perde  quegli  istinti  che  nell’uomo  normale  si  estrinsecano  sotto 
forma  di  ribrezzo  e di  avversione  verso  certe  dannosità;  il  suo  incosciente 
soffre,  dirò  cosi,  di  imbecillità  e di  idiotismo  » (Op.  cit.  pag.  311  nella  2.^  trad. 
ital.).  Naturalmente  lascio  al  Nordau  la  responsabilità  delle  sue  asserzioni. 

(4)  Sergi,  La  degenerazione  del  carattere,  « Rivista  di  discipline  carce- 
rarie »,  1888,  pag.  146  e segg.  — Le  degenerazioni  umane,  Milano,  1889, 
pag.  35  e segg. 

(5)  Cfr.  Salemi-Pace,  Le  sopravvivenze  psichiche  nei  pazzi.  Palermo,  1893, 
pag.  16.  (Il  Pisani  1893);  e altri  (Tanzi  e Riva  loc.  cit.). 


salgono  dal  fondo  dell’ incosciente,  sfamano  Tana  nell’altra  in 
un  disordine  che  facilmente  si  spiega,  se  si  pensa  che  lo  stesso 
stato  anormale  del  sistema  nervoso,  il  quale  è capace  di  dare 
il  disordine  somatico,  a più  forte  ragione  deve  poter  dare  un 
caos  psichico.  All’incerto  crepuscolo  della  degenerazione  della 
psiche  alcune  immagini  si  definiscono  attraverso  il  prisma 
dell’  osservazione  obbiettiva  e costituiscono  forme  morbose 
cliniche.  Ciò  peraltro  non  sempre:  poiché  la  degenerazione,  lo 
ripetiamo,  è uno  stato  morboso,  una  diatesi,  anzi  rappresenta 
r unità  di  tutte  le  diatesi,  ma  non  è necessariamente  una 
malattia.  « Il  existe  aussi  des  modes  d’ évolution  régressive 
exempts  de  symptómes  pathologiques  quelconques  » (1),  scrive 
Paul  de  Lilienfeld  nell’introduzione  alla  sua  Pathoìogie  sociale, 
e ciò  è vero  cosi  per  le  società  come  per  gl’individui. 


(1)  P.  DE  Lilienfeld,  La  pathoìogie  sociale,  Paris,  1896. 


33  — 


II. 


Le  stigmati  esteriori  che  ordinariamente  saltano  agli  occhi 
come  cattive  conformazioni  locali  (1),  spesso  multiple,  sono 
parte  ataviche,  parte  atipiche.  Dice  il  Warner  che  questi  di- 
fetti somatici  « in  parecchi  casi  si  accompagnano  a diminuzione 
delle  funzioni  cerebrali,  perchè  in  questi  casi  il  cervello  pure 
è difettosamente  sviluppato  » (2):  vediamo  dunque  prima  di 
tutto  ciò  che  di  questo  difettoso  sviluppo  cerebrale  si  può 
constatare  alla  semplice  ispezione  del  cranio,  essendo  opinione 
di  moltissimi  che  « le  deformità  del  capo  rivelano  un  difetto 
0 almeno  un'irregolarità  intellettuale»  (3).  «In  nessuna  parte, 
dice  anzi  il  Venturi,  più  che  nel  cranio  contenente  Tergano 
che  è lo  strumento  diretto  della  psiche,  può  tradursi  fedel- 
mente la  natura  della  degenerazione  che  ha  alterato  la  psiche 
medesima  » (4). 

I.  La  plagiocefalia  o cranio  obliquo  ovalare  secondo  Amadei 
e Baer  (5)  dipende  da  rachitismo,  da  processi  idrocefalici,  da 
pressioni  esterne  subite  dalla  testa.  Che  queste  compressioni 
esterne  possono  avvenire  già  durante  la  gravidanza  per  precoci 
ed  abnormi  contrazioni  uterine  è opinione  di  Gudden  (6);  nonché 


(1)  Féré,  Contrih.  à V elude  des  équivoques  des  caractères  sexuels  accessoires. 
« Rev.  de  médecine  »,  1893,  p.  600. 

(2)  « Brit.  med.  Journal  »,  1889,  p,  1272. 

(3)  Laurent,  De  la  physionomie  chez  les  alienés,  « Annales  médico-psy- 
chologiques  »,  1863,  p.  202. 

(4)  Venturi,  Le  degenerazioni  psico-sessuali,  pag.  392. 

(5)  Amadei,  « Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  1883,  p.  69.  — Baer, 
Op.  cit.,  pag.  94  e altrove. 

(6)  " Archiv.  f.  Psych.  »,  Bd.  Il,  p.  367. 


34  — 


di  Hecker,  Winkel  ed  altri.  Che  avvengano  negli  ultimi  mesi 
della  gravidanza  per  la  resistenza  delle  ossa  del  bacino  materno 
è opinione  del  Welcker  (1):  la  posizione  della  testa  fetale  sta- 
bilirebbe la  specie  di  asimmetria.  Che  avvengano  durante  il 
parto  per  condizioni  di  asimmetria  del  bacino  materno  è 
opinione  del  Meynert  (2)  condivisa  da  Zuckerkandl.  E que- 
st’ultimo  fatto  non  è nelle  sale  di  maternità  chi  è che  non 
veda,  ma  con  pari  frequenza  occorre  altresì  di  constatare  che 
l’asimmetria  derivatane  non  si  mantiene  a lungo.  Un  appiat- 
timento laterale  del  cranio  si  può  infine  stabilire,  secondo  il 
Topinard  (3),  per  il  fatto  che  il  bambino  riposi  sempre  su  di 
un  lato  0 venga  portato  sempre  nello  stesso  braccio:  quando 
il  cranio  si  sviluppa  ulteriormente,  si  forma  in  compenso  al 
lato  opposto  un  rigonfiamento  e così  il  maggior  diametro 
antero-posteriore  viene  a trovarsi  obliquamente.  Un  meccanismo 
simile  era  stato  già  invocato  e a più  forte  ragione  dal  Virchow, 
quando  si  chiude  solo  una  parte  di  una  sutura,  la  sutura  coro- 
nale ordinariamente,  nel  periodo  fetale  o infantile  più  spesso. 
« La  sinostosi  porta  un  impiccolimento  nella  direzione  perpen- 
dicolare alla  sutura  chiusa,  e nel  territorio  delle  suture  ancora 
aperte,  massimamente  nella  direzione  di  quella  chiusa  appare 
in  seguito  un  ingrandimento  compensativo  del  cranio  » (4). 
La  plagiocefalia  può  riconoscere  per  causa  un’  asimmetria  di 
sviluppo  del  cranio,  quando  un  parietale  per  esempio  si  svi- 
luppa da  due  punti  di  ossificazione  (5);  e infine,  nella  scoliosi 
vertebrale  per  posizione  obliqua  abituale,  è l’effetto  della  ten- 
sione esercitata  dai  muscoli  della  nuca  (6).  È alla  plagiocefalia 
e all’obliquità  della  faccia  che  Delasiauve  e Lasègue  (7)  asse- 


(1)  Vedi:  Richter,  Ueber  die  Windungen  des  menscldichen  Gehirns. 
« Virchow’ s Archiv  »,  1888,  p.  119. 

(2)  « Jahrb.  f.  Psych  »,  1881,  II  lahr.,  p.  6. 

(3)  Topinard,  Eléments  d' anthropologie  générale,  Paris,  1885,  pag.  740. 

(4)  Virchow,  Untersuchungen  ùher  die  Entioickelung  des  Schàdelgrundes 
etc.,  Berlin,  1857,  p.  78. 

(5)  Féré,  Anomalie  du  développement  d' un  pariétal,  déformation  oblique 
ovalaire  et  déformation  latéral  particulière  du  orane,  « Bull.  Soc.  Anat.  », 
1877,  pag.  605. 

(6)  Meyer,  Eer  sholiotische  Schcidel  « Arch.  f.  Psychiatrie  »,  1878,  p.  128. 

(7)  Lasègue,  De  V épilepsie  par  malformation  du  orane,  1880. 


— 35 


guano  un’  importanza  quasi  patognomonica  e patogenetica 
deir  epilessia.  Venturi  (1)  afferma  anzi  che  le  convulsioni  che 
dalla  metà  del  capo  deviata  vanno  alla  metà  opposta  del  corpo 
sopo  più  forti  che  quelle  dell’  altro  lato.  Pison  (2)  invece  opina 
che  l’ epilessia  non  sia  consecutiva  all’  asimmetria  cranica, 
perchè  la  consolidazione  definitiva  del  cranio  non  è compiuta, 
la  più  parte  delle  volte,  che  dopo  l’ insorgere  dei  sintomi 
epilettici,  ma  che  sia  anteriore  o concomitante,  e sia  dovuta 
in  entrambi  i casi  ad  una  causa  sola:  l’arresto  o l’irregolarità 
cioè  nello  sviluppo  contemporaneo  del  cranio  e del  cervello. 
Del  resto  e l’Amadei  e il  Verga  (3)  già  ebbero  a notare  epilettici 
senza  asimmetria  cranica  e viceversa.  Effettivamente  nel  cranio 
umano  l’asimmetria  è frequentissima  (4),  secondo  Frankel  è la 
regola,  come  in  tutto  il  mondo  organico,  in  cui  la  simmetria 
è l’ eccezione:  ciò  non  toglie,  com’  egli  stesso  ammette  che 
un’asimmetria  molto  accentuata  non  possa  considerarsi  come 
abnormità  e segno  degenerativo  (5).  Anche  il  Roscioli  (6)  è di 
questa  opinione.  Morselli  e Tamburini  che  hanno  riscontrato 
la  plagiocefalia  comune  negl’idioti,  pensano  che  stia  ad  indicare 
un’  asimmetria  nello  sviluppo  degli  emisferi  cerebrali,  anzi 
delle  loro  parti  anteriori,  ammettendo  la  sutura  precoce  sempre 
in  corrispondenza  della  coronale  (7).  Delaunay,  appoggiandosi 
sull’autorità  di  Broca,  considera  l’asimmetria  un  carattere  di 
superiorità  quando  risulta  dal  predominio  del  cervello  sinistro 
sul  destro  (8). 

La  trigonocefalia,  (testa  a triangolo,  fronte  a forma  di 
angolo)  è dovuta  alla  sinostosi  precoce,  qualche  volta  congenita 


(1)  « Giorn.  di  Neuropat.  »,  1886  e « Arch.  di  psich.  »,  1886,  p.  509. 

(2)  « L’encéphale  »,  1888. 

(3)  « Arch.  ital.  per  le  malattie  nervose  »,  1886,  p.  86. 

(4)  Rieger,  Ueber  die  Beziehungen  der  Schddellehre  zur  Physiologie, 
Psychiatrie  und  Etimologie,  Wurzburg,  1882,  p.  172  e segg.  — Topinard, 
Eléments  d'Anthropologie,  p.  737.  — Benedikt,  Yortrag  uber  die  Todesstrafe, 
Aufl.,  1882,  p.  14.  — Baer,  Der  Yerbrecher,  p.  91;  ed  altri  (Monti,  Knecht: 
vedi  nella  Bibliografìa). 

(5)  « Neurolog.  Central blatt  »,  1888,  p.  438  e seg. 

(6)  « Il  Manicomio  »,  1889,  p.  27. 

(7)  Morselli  e Tamburini,  Degenerazioni  fisiche  etc.  Loc.  cit.,  p.  187. 

(8)  ('  Bull.  Soc.  Antrop.  »,  séance  du  7 juin,  1883. 


36  — 


della  sutura  metopica;  mentre  il  fatto  contrario,  che  si  riscontra 
anche  talora  nei  frenastenici,  dà  luogo  ad  un  allargamento  della 
regione  frontale,  e può  essere  dovuto  a idrocefalia.  La  scafo - 
cefalia  (cranio  a carena,  a tetto,  ìophocephahis  del  Sergi)  è 
dovuta  al  saldarsi  precoce  della  sutura  sagittale  (Virchow),  per 
eccessiva  vicinanza  dei  punti  di  ossificazione  dei  parietali, 
secondo  Morselli  (1),  ciò  che  il  Topinard  nega.  Più  volte  è stata 
osservata  negP idrocefalici  (2).  E forma  tipica  degli  Eschimesi 
e di  alcuni  popoli  Africani  e Australiani.  L’ acrocefalia  (testa 
alta  nella  parte  anteriore)  è dovuta  alla  sinostosi  precoce  della 
coronale  e della  sagittale.  L’oxiccfalia  è dovuta  alla  sinostosi 
precoce  della  coronale  e della  parte  posteriore  della  sagittale 
con  sviluppo  compensatore  della  regione  del  bregma:  può 
combinarsi  con  la  plagiocefalia.  Se  si  saldano  le  parti  laterali 
della  coronale  si  ha  il  cranio  a torretta  del  Meynert  (3),  se  si 
salda  la  parte  mediana  della  medesima  si  ha  la  testa,  a pan  di 
zucchero  (4).  Queste  e altre  anomalie  (platicefalia  (5)  trococefalia 
etc.)  pel  Nache  sono  senza  significato  (6);  per  il  Baer  sono  fatti 
patologici  in  maggior  parte,  dai  quali  nulla  si  può  concludere 


(1)  Morselli,  Sullo  scafocef olismo,  a Archivio  per  TAntrop.  e 1’ Etnol.  », 
Voi,  V,  Fase.  I.  Per  altri  considerazioni  e per  la  letteratura  vedi:  Mingazzini, 
Osservazioni  intorno  alla  scafocefalia.  « Bollett.  della  R.  Accademia  medica 
di  Roma  » 1891,  p.  272. 

(2)  Bourneville,  Recherches  cliniques  et  thèrapeutiques  sur  V épnlepsie, 
V hystérie,  V idioiie  et  'V  hydrocéphalie.  Paris,  1894,  p,  278  e segg. 

(3)  Meynert,  Lezioni  cliniche  di  psichiatria,  pag.  259. 

(4)  PÉRE,  Les  épilepsies  et  les  èpileptiques , p.  385. 

(5)  La  riforma  craniologica  del  Prof.  Sergi,  oltre  al  grande  merito  di  dare 
una  classificazione  dei  crani  basata  su  tutti  i loro  caratteri  morfologici,  ha 
r altro  merito  non  piccolo  di  aver  dimostrato  erronee  molte  credenze  che  si 
erano  diffuse  tra  i psichiatri,  i quali,  strano  a dirsi,  avevano  acquistato  più 
abitudine  a osservare  le  forme  craniche  che  gli  stessi  antropologi,  e naturalmente 
osservandole  negli  alienati  erano  portati  a considerare  come  forme  patologiche 
tutte  quelle  che  si  allontanavano  dal  tipo  comune.  Cosi  la  platicefalia  anche 
attualmente  è considerata  characteristic  of  degeneration  (W.  A.  M’  Corn, 
Degeneration  in  criminal  als  shown  hy  thè  Bertillon  system  of  measuremmt 
and  fhotografhs  « American  lournal  of  insanity  » Voi.  LUI,  July,  1896,  pag.  49), 
mentre  è senza  alcun  dubbio  una  varietà  di  forma  craniale  normale  (Cfr.  Sergi, 
Le  varietà  umane  « Atti  della  Soc.  Rom.  di  Antrop,  » Voi.  I Fase.  I 1893  pag.  55 
e seg.  — Mingazzini,  Contributo  alla  craniologia  degli  alienati,  Ibidem,  pag.  1 10). 

(6)  Yerbrechen  und  Wahnsinn  beim  JVeibe,  p,  141. 


— 37  — 


sulle  condizioni  psichiche  e tanto  meno  morali  di  un  individuo  (1); 
Virchow,  Gudden,  Verga,  Meynert  (2)  pensano  che  anche  un 
cranio  deforme,  ma  bene  compensato,  può  albergare  un  cervello 
normalmente  funzionante.  Anche  Topinard  (3)  insiste  sull’ ac- 
comodamento meraviglioso  dell’encefalo.  Certo  è però  che  gl’in- 
dividui a cranio  deformato  artificialmente  sono  più  degli  altri 
affetti  da  idiotismo,  epilessia,  alienazione  mentale  (4). 

Un  arresto  di  sviluppo  simultaneo  del  cranio  e del  cervello 
è senza  dubbio  la  microcefalia,  rara  essendo,  contrariamente 
all’opinione  del  Virchow  (5),  la  sinostosi  prematura  delle  suture 
della  volta,  come  Broca  ed  altri  dopo  di  lui  hanno  potuto 
dimostrare  (6).  L’ipotesi  di  riannodare  all’ atavismo  la  micro- 
cefalia (7),  per  quanto  accompagnata  da  imbecillità  e idiozia, 
non  pare  sostenibile  (8).  L’arresto  di  sviluppo  non  sempre  av- 


(1)  Op.  ciu,  p.  404. 

(2)  Virchow,  Zur  pathologie  des  Schàdels  und  des  Gehirns,  « Gesammelte 
Abhandlungen  zar  wissenschaftilichen  Mediciii  ».  Frankfurt  a.  M.,  1896,  p 922. 
— Gudden,  Experimental-Uniersuchungen  uber  das  Schàdelwachsthum.  etc., 
Miinchen,  1874,  p.  32.  — Verga,  Studi  anatomici  sul  cranio  e sulV  encefalo, 
Milano,  1896,  pag.  124,  — Meynert,  Op.  cit.,  pag.  257. 

(3)  Topinard,  Op.  cit.,  p 739. 

(4)  Vedi  fra  gli  altri:  Flower,  Of  an  artificially  deformed  shull  from 
Mallicollo,  « Journ.  of  thè  anthrop.  Institute  of  Great  Britain  and  Ireland  1889, 
p 52.  — GosSe,  Essai  sur  les  deformations  artificielles  du  cràne.  Paris,  1885, 
p.  145.  — Topinard,  Op.  cit.,  p.  759. 

(5)  Virchow,  Ueber  der  Kretinismus  und  uber  pathologische  Scìiàdelformen 
(c  Gesammelte  Abhandlungen,  1.  c.  »,  p.  898. 

(6)  Broca,  « Bull.  Soc.  Anthrop.  » 1879,  p.  258.  — Guibert,  Eoolution 

mentale  et  microcéphalie,  « Bull.  Soc.  Anthr  ».,  1892,  p.  710.  — Bourneville 
Du  traitement  chirurgical  et  médico-pédagogique  des  enfants  idiots  et  arrierés. 
Progrès  medicai  »,  1893,  t.  XVII,  2®  serie,  p.  465. 

(7)  Vedi  nella  Bibliografìa:  Vogt,  Aeby,  Ducatte,  Tamburini,  Spitzka; 
nonché  1’  « Archiv.  fiir  Psychiatrie  » del  1886.  — Blanchard  (Uatavisme  chez 
V liomme,  Revue  d’Anthropologie,  1885  p.  428)  adduce  in  appoggio  aH’atavismo 
dei  microcefali  che  in  questi  Possifìcazione  incomincia  dalle  suture  della  parte 
anteriore  del  cranio,  come  nelle  razze  inferiori  (Gratiolet)  e nelle  scimmie. 

(8)  V.  pag.  10  di  questo  lavoro;  nonché  Kollmann,  Caso  di  microcefalia, 
« Com.  all’  Vili.  Congresso  degli  Antropologi  tedeschi  »,  Costanza  1877.  — 
Baistrocchi,  Un  idiota  microcefalo,  « Rivista  sperimentale  di  Freniatria  », 
1880,  p.  60.  — Guibert,  Loc.  cit.  — G.  Mingazzini,  Contributo  alla  craniologia 
degli  alienati  « Atti  della  Società  Romana  di  Antropologia  » Voi.  I,  fase.  I, 
1893,  pag.  116;  ed  altri. 


— 38  — 


viene  ugualmente  in  tutto  il  cranio,  ma  talora  colpisce  soltanto 
la  volta  e non  la  base,  talora  avviene  T opposto.  Nel  primo 
caso  si  ha  il  cosidetto  tipo  degli  Aztechi^  « microcefali,  dice 
il  Krafft-Ebing  (1),  i quali  rimangono  bensì  assai  piccoli,  ma 
sono  tuttavia  proporzionati  e,  secondo  le  circostanze,  possono 
anche  avere  forme  corporee  eleganti.  La  radice  del  naso  è per 
lo  più  situata  molto  in  alto,  talché  la  fronte  si  continua  addi- 
rittura col  naso  (Griesinger)  ».  Nel  secondo  caso  per  L ossifi- 
cazione primitiva  e precoce  delle  sinfisi  cartilaginee  della  base, 
si  ha  la  forma  sinostosica  basilare,  e la  fisonomia  è il  contrap- 
posto di  quella  degli  Aztechi.  — Dal  Sergi  sono  state  descritte 
varietà  umane  microcefaliche  la  cui  capacità  craniale  scende 
sino  a 1040  c.  c.  E da  ritenere  pertanto  col  Morselli  che  vera 
microcefalia  si  abbia  soltanto  al  di  sotto  di  900  c.  c.,  e quando 
non  si  tratti  di  sesso  femminile. 

La  macrocefalia  può  essere  dovuta  a idrocefalia,  nella  quale 
la  testa  prende  il  noto  aspetto  d’un  pallone  ricadente  sulla 
faccia  in  paragone  troppo  piccola,  testa  da  idrocefalo,  rarissi- 
mamente prende  l’aspetto  di  un  cappello  da  gendarme  (2). 
Teste  idrocefaliche,  dice  il  Virchow,  si  hanno  in  tutti  anche  nei 
più  alti  strati  sociali,  pure  in  contrade  libere  da  cretinismo,  e 
anche  in  grado  rilevante  lasciano  tuttavia  una  mediocre  intel- 
ligenza (3).  Per  il  Féré  la  macrocefalia  è più  spesso  la  conse  - 
guenza  di  un  disturbo  di  evoluzione  con  effetto  simultaneo 
sulla  maggior  parte  delle  ossa  craniche  e sul  cervello. 

Quanto  a particolarità  speciali  del  cranio  il  Mingazzini  (4) 
ha  dimostrato,  dietro  ricerche  fatte  in  145  crani  di  alienati 
della  raccolta  del  Manicomio  di  Roma,  non  vera  l’importanza 
assegnata  da  Hovelacque  (5)  alla  prominentia  sqiiamae  occipitis^ 
altro  che  come  indicante  la  maggiore  frequenza  dei  disturbi 
circolatori  delle  ossa  del  cranio  degli  alienati  durate  il  loro 
sviluppo  (specie  dei  melanconici),  nonché  della  fovea  lambdoidea 


(1)  Krafft-Ebing,  Trattato  clinico-pratico  delle  malattie  mentali,  pag.  452. 

(2)  Bourneville,  Recìierches  cliniqnes  et  thérapeutiques  etc.,  p.  306. 

(3)  Virchow,  Zur  Pathologie  des  Schddels  und  des  Gehirns.  Loc.  cit. 

(4)  G.  Mingazzini,  Sul  significato  della  depressione  parieto-occipilale , 
« Rivista  sperimentale  di  Freniatria  »,  Voi.  XVIII,  Fase.  I,  1892. 

(5)  Hovelacque,  Notre  ancétre,  « Revue  d’ Antropologie  »,  1877,  p.  76. 


39  — 


erroneamente  qualificata  come  empreinte  cretineuse  (1),  mentre 
la  s’incontra  piuttosto  in  crani  normali  (dietro  ricerche  fatte 
su  916  crani  normali  del  Museo  antropologico  di  Monaco)  o di 
alienati  « la  forma  morbosa  dei  quali  nulla  aveva  che  fare 
con  manifestazioni  di  vera  deficienza  psichica  ».  Un  carattere 
d’inferiorità  sarebbe,  secondo  Hovelacque  (Loc.  dì.),  la  semi- 
curva anteriore  del  cranio  superiore  alla  posteriore;  fatto  che 
si  riscontra  nei  negri  e negli  antropoidi.  La  cremnopistocrania 
e la  cimhocefalia  si  trovano  in  crani  normali  (2). 

II.  — L’asimmetria  facciale,  plagioprosopia,  che  ordina- 
riamente coincide  con  l’asimmetria  del  cranio,  si  caratterizza 
sopratutto  dalla  capacità  differente  delle  orbite,  la  sporgenza 
disuguale  delle  ossa  orbitarie,  e dalle  ossa  malari  e la  devia- 
zione del  naso.  Asimmetrie  di  lieve  grado  sono  quasi  normali  (3). 
« Il  semble,  dice  Topinard  (4),  que  l’Auteur  des  choses  ait 
fabriqué  les  deux  moitiés  de  la  face  à part  et  qu’en  les  rap- 
prochant  il  les  ait  mal  appliquées:  toujours  un  des  cótés  se 
reléve  ».  Anche  Hesse  (5)  è di  questa  opinione,  e cerca  dare 
una  spiegazione  del  fenomeno.  Premesso  che  una  tale  asim- 
metria è stata  constatata  an  clem  Kunstideal  nella  Venere  di 
Milo  (6),  afferma  che  essa,  limitata  alla  parte  superiore  del 
volto,  si  trova  in  tutti,  « perchè  di  regola  in  conseguenza  del 
maggiore  sviluppo  della  metà  sinistra  del  cervello  la  metà 
sinistra  del  cranio  prende  il  sopravvento  e conformemente  a 
ciò  il  naso  obliquo,  le  orecchie  e gli  occhi  mai  allo  stesso  livello, 
mentre  le  altre  parti  del  naso  in  giù  sono  rigorosamente  sim- 
metriche ».  Intanto  è appunto  all’asimmetria  della  regione  supe- 
riore della  faccia  insieme  all’asimmetria  del  cranio  che  il  Lasègue 
dava,  come  abbiamo  visto,  il  significato  di  un  carattere  essenziale 
dell’epilessia.  Egli  infatti  raccomanda:  « Toutes  les  fois  qu’un 


(1)  Cfr.  nella  Bibliografia:  Schnepf,  Kelp,  Tarnowsky,  Sommer  (Virchow’ s 
Arch). 

(2)  G.  Mingazzini,  Contributo  alla  craniologia  degli  alienati  L.  c.,  pag.  1 17  e seg. 

(3)  NàcRE,^  Verbrecìien  u.  Wahnsinn  beim  Weibe,  p.  119. 

(4)  Op.  cit.,  p.  1000. 

(5)  Hesse,  Ueber  Gerichts-Asymmetrie,  « Archiv.  f.  anatomie  u.  Entwicke- 
lungsgeschicht  1887,  p.  118  e segg. 

(6)  V.  anche:  v.  Blomrerg,  101  Kephalogramrne^  Bine  psychiatrische  Studie 
und  Beitrag  zur  Anthropologie,  Inaug.  Diss.,  Iena,  1889. 


— 40  — 


médicin  sera  appelé  à examiiier  un  épileptique,  que  son  premier 
soin  soit  de  constater  s’il  existe  ime  asymétrie  de  la  région 
superieure  de  la  face  ».  Pison  (Loc.  cit.)  che  riscontrò  anche 
lui  V asimmetria  lacciaie  nella  massima  parte  dei  casi  di 
epilessia  essenziale,  più  che  alP  asimmetria  frontale,  dava 
invece  importanza  all’asimmetria  delle  protuberanze  malari  e 
anche  alle  deviazioni  del  naso.  Bourneville  e Sollier  nei  gessi 
di  teschi  di  epilettici  morti  a Bicétre  riscontrarono  quasi  sempre 
1’  asimmetria  fronto-facciale.  La  plagioprosopia  è per  Morel 
segno  frequente  di  degenerazione. 

ITI.  — La  fronte  sfuggente  in  lieve  grado  appare  come 
carattere  etnico  di  intiere  popolazioni  (Ranke);  anzi  il  cranio 
dUndrolde,  che  designa  una  delle  sedici  varietà  umane  stabilite 
dal  Sergi,  presenta  la  fronte  sfuggente  (1).  In  un  grado  più 
avanzato  lia  il  significato  di  una  limitazione  dello  spazio  desti- 
nato ai  lobi  frontali,  ma  cessa  questo  significato  quando  la 
curva  della  volta  compensa  questo  difetto  (Benedikt):  Córre 
non  è di  questo  parere:  « Quand’anche,  egli  dice,  un  compenso 
si  stabilisca  nella  dimensione  del  cervello,  non  può  stabilirsi 
un  compenso  nelle  funzioni  delle  singole  parti:  non  è da  pen- 
sare che  un  lobo  frontale  possa  essere  completato  da  un  lobo 
occipitale  » (2).  La  fronte  depressa  e sfuggente  sarebbe  pel 
Kurella  un  carattere  piuttosto  costante  del  delinquente,  diret- 
tamente legato  al  prognatismo  (3).  Certo  è che  una  fronte  bassa, 
stretta,  sfuggente,  con  enormi  arcate  sopracciliari,  riunisce  in 
sè  i caratteri  gerarchici  più  bassi  (4),  mentre  ciascuno  di  questi 
caratteri  preso  a sè  si  trova  in  crani  normali;  lo  Splienoides 
stenometopus  è una  delle  sottovarietà  craniche  più  comuni  nel 
Mediterraneo. 

La  fronte  sporgente  trova  l’ Hartmann  nei  Berabra  della 
Nubia,  nei  Berberi,  nei  Begia,  nei  Fungi,  e il  Girard  de 


(1)  Sergi,  Le  varietà  umane  « Atti  della  Soc.  Rom.  di  Antrop.  » 1893, 
p.  50,  fig.  20. 

(2)  Córre,  Elude  d' une  sèrie  de  tétes  de  criminels,  « Reviie  d’Antropol.  ». 
1883,  p.  80. 

(3)  Kurella,  Op.  cit,  p.  16. 

(4)  Mantegazza,  Fisonomia  e mimica,  Milano,  1881,  pag.  42.  — Morselli, 
Manuale  di  semejotica.  Voi.  I,  p.  132.  — Venturi,  Le  degenerazioni  psico- 
sessuoM,  p.  394. 


— 41  — 

Rialle  negli  Ottentotti  e nei  Cafri  o Bantù.  Il  Venturi  trova  le 
bozze  troppo  sporgenti  negli  epilettici  e nei  delinquenti  nati  (1). 

IV.  — Le  arcate  orbitarie  e i seni  frontali  esagerati 
per  il  Ranke  dipendono  da  un  notevole  sviluppo  dell’  apparato 
respiratorio  senza  significato  atavico  (2).  Identica  è l’opinione 
di  Schaatfhausen  (3).  Anche  il  Sergi  tende  a togliere  ai  seni 
frontali  il  significato  di  carattere  degenerativo  assegnato  loro 
dal  Morselli  (Loc.  cit.);  è quanto  alle  arcate  mi  faceva  consta- 
tare che  in  una  quantità  di  crani  di  Fuegini  del  suo  Museo 
Antropologico  esse  sono  perfettamente  assenti.  Viceversa  ad 
altri  sembra  un  carattere  che  ricorda  i crani  preistorici  (Lom- 
broso), i crani  altresì  delle  razze  più  basse,  e tra  queste  i 
Papuani  ad  arcate  massiccie  e robuste  (4),  i Caraibi  (5),  etc. 
Topinard  effettivamente  lo  trova  nei  Kabili  (6),  ma  anche  negli 
Alvergnati  (7);  Girard  de  Rialle  negl’indiani  Pelli  rosse  (8),  e 
nei  Peruviani  indigeni  (9).  Fra  tante  opinioni  disparate,  atte- 
socchè  si  è fatta  anche  una  grande  confusione  tra  arcate  e 
seni,  mi  piace  riportare  le  conclusioni  a cui  è venuto  Stanislao 
Bianchi  in  un  suo  studio  sull’argomento:  « Le  arcate  soprac- 
ciliari e la  glabella  nascono  e si  sviluppano  insieme  ai  seni 
frontali,  le  arcate  però  possono  aumentare  di  grossezza  indi- 
pendentemente dai  seni.  La  mancanza  dei  seni  non  sempre  si 
accompagna  a quella  delle  arcate  e della  glabella,  e cosi  per 
le  arcate  rispetto  ai  seni.  Lo  sviluppo  delle  arcate  e della  gla- 
bella costituisce  un  carattere  costante  differenziale  del  cranio 
maschile.  Lo  sviluppo  abnorme  delle  arcate  sopracciliari  e dei 


(1)  Hartmann,  Les  peuples  de  V Afrique,  p.  67  e segg.  — Girard  de 
Rialle,  I popoli  dell' Africa  e dell' America,  p.  45  e 69.  — Venturi,  Ibidem. 
pag.  394. 

(2)  Ranke,  Die  Bildung  der  Stirn  bei  der  altbayrischen  Bevolkerung. 
*'  Beitràge  zur  Anthropologie  und  Urgeschichte  Bayerns  w.  Bd.  V.  1883. 

(3)  « Arch.  f.  Anthrop.  »,  Bd.  XIII,  p.  328. 

(4)  Amadei,  Bopra  un  cranio  di  ladro.  « Rivista  sperimentale  di  Freniatria  », 
Voi.  XI,  Fase.  IV. 

(5)  Heger  et  Dallemagne,  Elude  sur  les  caractères  craniologiques  d' as- 
sassins  éxécutés  en  Belgique,  Bruxelles,  1881. 

(6)  « Revue  d’ Anthropologie  »,  Novembre,  1887. 

(7)  Torinard,  L' Anthropologie  generale,  p.  212,  475,  486. 

(8)  Girard  de  Rialle,  Op.  cit.,  p.  91. 

(9)  Ibidem,  p.  126. 


— 42  — 


seni  frontali  deve  annoverarsi  tra  i caratteri  regressivi  del  cra- 
nio limano  » (1).  Il  pìthecanthropus  erectus  ne  è fornito. 

V.  — Il  tipo  mongoloide  della  faccia  potrebbe  accogliersi 
fra  i segni  degenerativi  per  diverse  ragioni.  Già  il  tipo  infantile 
spesso,  secondo  Kanke,  mostra  ima  intonazione  mongoloide; 
poi  spesso  si  accompagna  ad  ima  quantità  di  disturbi  di  nutri- 
zione e anomalie,  ed  è frequente  negl’ imbecilli  (2).  Per  il 
Nàcke  tutto  ciò  non  basta  a stabilire  il  valore  degenerativo 
del  tipo  mongoloide.  Egli  fa  notare  che  Schmidt,  Manouvrier, 
Zuckerkandl  hanno  escluso  trattarsi  di  precoce  sinostosi  della 
base,  che  milioni  di  uomini  intelligentissimi  lo  portano  e che 
forse  nessun  popolo  di  Europa  è rimasto  esente  da  mescolanza 
Mongolica.  « Se  ora  la  faccia  mongolica  si  trova  più  frequente 
negli  strati  più  bassi  che  negli  elevati  io  spiego  ciò  per  il 
fatto  che  in  quelli  avvenne  la  maggiore  mescolanza  e il  tipo 
poscia  a lungo  vi  si  è ereditato,  se  pure  non  si  tratta  di  una 
semplice  variazione,  ciò  che  nel  caso  concreto  naturalmente 
mai  in  modo  certo  si  può  decidere  » (3).  Quando  si  presenta 
nelle  degenerazioni  gravi  si  tratterebbe  di  un  disturbo  nutritivo. 

VI.  — Il  prognatismo  va  distinto  in  prognatismo  propria- 
mente detto  0 prognatismo  nasale  di  Benedikt  e prognatismo 
subnasale  o alveolare  dei  Francesi  o iwofatnia  del  Sergi  (4). 
Quest’ ultima  è caratteristica  di  popoli  inferiori  (Melanesiani). 
Il  primo  dà  al  volto  un  aspetto  vicino  a quello  degli  antro- 
poidi, dice  il  Benedikt  (5).  Per  questi  significa  indubitatamente, 
quando  è eccessivo,  un’  organizzazione  molto  inferiore,  opinione 
che  il  Ranke  non  divide  (6).  Peraltro  il  Virchow  ha  dimostrato 


•(J)  St.  Bianchi,  I seni  frontali  e le  arcate  sopracciliari  studiate  nei  crani 
dei  delinquenti,  degli  alienati  e dei  normali.  « Archiv.  per  TAiitropologia  w,  1892. 

(2)  Cfr.  Down,  Op.  cit. 

(3)  NàCKE,  Verbrechen  u.  Wahnsinn  heim  Weibe  p.  143. 

(4)  Sergi,  Varietà  umane  della  Melanesia.  « Boll,  della  R.  Acc.  med.  di 
Roma  »,  1892,  p.  98. 

(5)  Benedikt,  Die  Kranioscopie  etc.  « Berliner  klinische  Wochenschrift  », 
1887.  p.  457  e segg.  — Schàdelmessung  Kranio-und  Kephalometrie , « Real- 
Encyclopàdie  der  ges.  Heilkunde  »,  2®  Auflage,  p.  123. 

(G)  Ranke,  Ueber  eine  gesitzmàssige  Beziehungen  zioischen  Schddelgrund, 
Gehirn  und  Gesichtsschddel,  « Beitrage  zur  Anthropologie  und  Urgeschichte 
Bayerns  >,  1892,  Bd.  X.  Heft.  1.® 


— 43  — 


« 


che  il  prognatismo  della  faccia  superiore,  o della  mascella 
superiore  che  dir  si  voglia,  ha  per  sé  stesso  un  vero  valore, 
perchè  necessariamente  in  rapporto  con  la  brevità  della  parte 
anteriore  della  base  del  cranio,  la  quale  interessa  principal- 
mente lo  sfenoide  e suppone  necessaria  conseguenza  il  man- 
cato sviluppo  del  cervello  (1).  Anche  Welcker  e Topinard 
sono  della  stessa  opinione  (2).  Kurella  parimenti  insiste  sul 
noto  antagonismo  tra  la  parte  cerebrale  e la  viscerale  del 
cranio  (3),  ma  fa  un  ragionamento  inverso  a quello  del  Virchow, 
dicendo  che  lo  scarso  sviluppo  dei  lobi  frontali  porta  scarso 
allontanamento  delle  ali  dello  sfenoide  e della  base  del  cranio. 
Il  Nache  ritiene  il  prognatismo  in  parte  anche  la  conseguenza 
di  una  mandibola  voluminosa  (4). 

VII.  — li  margine  alveolare  può  non  presentare  la  forma 
normale  parabolica  divergente  (Broca),  e invece  avvicinarsi 
alla  forma  di  U dei  Negri  (5)  e degli  antropoidi  (6),  o alla 
forma  ellittica  del  macaco  (7),  o essere  deformato  (8).  La  forma 
piatta  del  palato,  forma  molto  frequente,  somigliante  al  palato 
del  gorilla,  sarebbe  indizio  grave  di  deterioramemto  della 
specie  (9);  la  forma  ogivale  ricorda  il  palato  dei  roditori.  E 
bene  tenere  presente  per  L importanza  da  assegnare  a tali 
anomalie  che  la  forma  della  volta  palatina  è data  da  quella 
della  base  del  cranio  e contemporaneamente  anche  dallo  svi- 
luppo dei  processi  alveolari.  La  divisione  del  palato  duro  è 
un  disturbo  di  sviluppo.  L’asimmetria,  la  profondità  esagerata 


(1)  Virchow,  Untersuchungen  uber  die  Entivickelung  des  Schàdelbasis  etc. 
« Verhandl.  der  Beri.  Gesellsch.  f.  Anthropol.  »,  1857,  p.  121. 

(2)  Wercker,  Untersuchungen  uber  Wachstum  und  Bau  der  menschlichen 
Schàdels,  Leipzig,  1862,  p.  47-61.  — Topinard,  V homme  dans  la  nature^ 
p.  222-248. 

(3)  Op.  cit.,  pag.  39. 

(4)  Verbrechen  und  Wahnsinn  beim  Weibe,  p.  147. 

(5)  Topinard,  L' Anthropologie,  Paris,  1876,  p.  280. 

(6)  Hovelacque,  Loc.  cit.,  p.  77. 

(7)  Belsanti,  I caratteri  regressivi  del  cranio  umano.  » Arch.  per  TAn- 
tropol.  »,  Voi.  XVI,  Fase.  3. 

(8)  Vedi  Thomas  S.  Clouston,  The  neurosis  of  developement,  « Edin- 
bwrgh  medicai  lournal  »,  1891. 

(9)  F.  Maltese,  Anomalie  dei  denti  e delle  arcate  mascellari  in  crani  di 
criminali,  « Arch.  di  Psich.  »,  1896,  fase.  IV. 


44  — 


e la  deformità  ogivale  della  volta  palatina  coincidono  gene- 
ralmente con  una  strettezza  più  o meno  considerevole  della 
volta,  strettezza  che  tradisce  un  arresto  di  sviluppo  generale 
del  mascellare  superiore  e che  porta  soventi  deviazioni  dei 
denti.  Anzi  Talbot,  che  ha  messo  in  rilievo  questo  fatto  neghi- 
dioti,  nei  sordo-muti  e nei  ciechi  nati,  arriva  a concludere,  che 
nelle  mascelle  normalmente  sviluppate  non  vi  sono  mai  denti 
irregolari  (1).  Fra  le  numerose  irregolarità  dentarie  avrebbero 
il  valore  di  varietà  primatoidi  (2):  un  forte  sviluppo  degl’ in- 
cisivi mediani  superiori  con  atrofia  che  può  andare  sino 
alla  completa  obliterazione  di  entrambi  gl’  incisivi  laterali; 
ciò  eh’ è di  regola  negli  antropoidi,  massime  nel  Gorilla  e 
nello  Chimpansé;  e il  diastema  tra  gl’incisivi  superiori  e i 
canini  che  è chiaro  nell’Orango  (3),  nel  Gorilla  per  lo  più 
mancante  (Topinard  (4)  invece  gliel’ attribuisce  come  caratteri- 
stico), destinato  a ricevere  a mascelle  chiuse  il  canino  inferiore. 
L’aumento  numerico  dei  denti  deve  sempre  considerarsi  come 
un  atavismo  (Wiedersheim),  specialmente  quando  si  tratta  di 
denti  supplementari  (5),  che  stanno  cioè  all’estremità  posteriore 
dell’  arcata  dentaria,  da  distinguere  dai  soprannumerari  che  si 
possono  trovare  dappertutto.  « La  riapparizione  di  sei  denti 
incisivi  superiori  e inferiori  nell’  uomo  è un  atavismo  che 
risale  al  di  là  delle  scimmie  e dei  lemuri,  sino  ad  animali 
intimamente  legati  di  pa^rentela  con  questi  ultimi,  cioè  gl’in- 
settivori »,  onde  ruomo  è la  scimmia  più  inferiore,  conclu- 
deva Albrecht.  « Si  ce  ne  sont  pas  là  des  preuves,  il  n’existe 
pas  de  preuve  en  anatomie  comparée  ! » (6).  Ad  ogni  modo  e 
l’embriologia  il)  e le  osservazioni  numerose  in  razze  infe- 
riori (8)  dimostrano  che  i precursori  dell’uomo  sono  passati  per 


(1)  « Journ.  of  arner  Assoc.  »,  1888,  p.  829. 

(2)  Kurella,  Op.  cit.,  p.  40. 

(3)  Vedi  anche:  Hartmann,  Die  menschendhnlichen  Affen,  p.  175,  e segg. 

(4)  V Anthropolo(jie,  Paris,  1876,  p.  204. 

(5)  Eroga,  Elude  du  système  dentaire  « Bull.  8oc.  Anthr.  »,  1879,  p.  151. 

(6)  « Actes  du  l.er  Congiès  interiiational  d’Anthr.  criin.  »,  p.  109.  V.  anche 
Albrecht,  Sur  les  quatre  os  intermaxillaires,  les  beo  de  lievre  et  la  valeur 
morphologique  des  dents  incisives  supèrieures  de  V homme,  Bruxelles,  1882. 

(7)  Blanchard,  UAtavisme  chez  V homme,  p.  471. 

(8)  V.  nella  Bibliografia;  Langer,  Mantegazza  (Arch.  per  TAntrop.,  1872, 


— 45  — 


una  fase  nella  quale  la  loro  dentizione  corrispondeva  alla 

3 . 1 (2  . ‘^i)  i 

formula  2 ' \ {2  ' 4)  ~ Josephinum  a Vienna  esiste  un  cranio 

di  negro  che  possiede  37  denti.  La  riduzione  dei  denti  dipen- 
derebbe dair  accorciamento  che  subiscono  le  arcate  dentarie 
nel  senso  antero-posteriore  (1),  per  lo  sviluppo  sempre  mag- 
giore che  prende  il  cranio  a spese  della  faccia  (2).  La  stessa 
causa  avrebbe  portato  l’assenza  del  diastema,  nonchèla  curva 
parabolica  del  bordo  alveolare  al  posto  della  forma  rettan- 
golare (3).  Disposizioni  teriomorfiche  della  dentiera  umana 
sono  secondo  il  Morselli:  D per  riguardo  agl’ incisivi,  la  loro 
forma  conico-triangolare,  il  maggior  volume  dei  laterali  sui 
mediani  nell’  arcata  supei'iore  (mentre  l’ atrofia  dei  laterali 
sarebbe  un  carattere  progressivo)  o di  quelli  dell’inferiore  sui 
superiori,  un  intervallo  0 diastema  lemurinico  fra  i due  inci- 
sivi mediani;  — 2«  per  riguardo  al  canino,  l’eccessivo  volume, 
la  forma  incurvata,  l’esistenza  di  una  insolcatura  nella  sua 
faccia  antero-interna  (tipo  Gorilla),  il  protuberare  della  punta 
sul  livello  dell’arcata  (tipo  belluino);  — 3»  per  riguardo  ai 
molari,  la  comparsa  del  tipo  pentacuspidato  in  quelli  superiori, 
l’approfondarsi  dell’incisura  nel  loro  contorno  esterno,  la  tena- 
cità di  Vita  del  dente  della  saggezza  (4).  Quest’ultimo  è stato 
oggetto  recentemente  di  molte  ricerche  e causa  di  qualche 
sorpresa,  la  tendenza  del  medesimo  a scomparire  nelle  razze 
più  evolute  (Darwin,  Mantegazza,  Amadei),  si  troverebbe  nei 
criminali  (5),  negli  epilettici  e nelle  prostitute  (Carrara),  nonché 
nei  crani  più  ricchi  di  anomalie  morfologiche  (6).  Delle  spie- 


p.  33),  Fontan,  Mummeky  nelle  « Traiisactions  of  thè  odontological  Societies 
of  Great  Britain  »,  II,  1870,  p.  7. 

(1)  Tomes,  Anatomie  dentaire,  Paris,  1880,  p.  417,  — Amadei,  Anomalie 
numeriche  del  sistema  dentario  nell'  uomo,  « Arch.  per  l’Antrop.  e 1’ Etnol.  », 
Voi.  XI,  1881.  — Foville,  Mèlanges  d' Anthropologie  — Topinard,  « Revue 
d’Anthropologie  »,  1895,  Tome  VI,  N.  3,  p.  337. 

(2)  Blanchard,  Loc.  cit.,  pag.  469. 

(3)  Amadei,  Ibidem. 

(4)  Morselli,  V Antropologia  generale,  pag.  641. 

(5)  V.  nella  Bibliografia:  Brancaleone-Ribaudo,  Carrara  (Archivio  di 

Psichiatria,  1895,  pag.  15). 

(6)  Zuggarelli  a.  e Maugeri  S.  Il  terzo  dente  molare  della  mascella 
superiore  in  rapporto  con  le  anomalie  craniche  e con  Vindice  cefalico.  « Atti 
della  Soc.  Romana  di  Antropologia  »,  V.  Ili,  Fase.  Ili,  1896,  pag.  240. 


— 46  — 


gazioni,  alquanto  speciose  per  dire  il  vero,  gicà  si  cereavano 
e si  mettevano  avanti,  ma  dopo  le  ricerche  deirAseoli  non 
sembrano  più  necessarie.  Questi  difatti  nei  suoi  delinquenti 
trova  l’assenza  del  dente  della  saggezza  in  proporzione  di  molto 
più  bassa  che  nelle  razze  inferiori  (1). 

Quanto  alla  carie  dentaria  il  Topinard  si  domanda,  se  essa 
non  sia  in  rapporto  con  la  regressione  generale  e progressiva 
che  subisce  il  sistema  dentario  nelle  razze  superiori  (2).  I denti  a 
sega  per  Lombroso  sarebbero  un  carattere  degenerativo,  anziché 
un  segno  di  sifìlide  congenita  (3).  Altre  anomalie,  quali  per  es. 
gl’incisivi  doppi  per  fusione  (4),  non  possono  che  essere  l’ef- 
fetto di  uno  sviluppo  disordinato. 

Facendo  il  rapporto  tra  la  lunghezza  dei  denti  e quella 
della  base  del  cranio  Flower  ha  trovato  che  le  razze  bianche 
hanno  denti  piccoli,  le  nere  un  po’ più  grossi,  le  scimmie 
antropoidi  raggiungono  il  massimo. 

Vili.  — La  deformazione  ogivale  e la  strettezza  conside- 
revole della  volta  coincide  spesso  altresì  con  la  presenza  del 
tonis  palatinus,  sporgenza  della  sutura  mediana  del  palato,  che 
ordinariamente  comincia,  larga  e appiattita,  dietro  il  forame 
incisivo  e mano  mano  si  restringe  indietro  e s’ispessisce  per 
terminare  ad  angolo:  talora  la  percorre  una  doccia  mediana 
corrispondente  alla  sutura  palatina  longitudinale,  la  quale  pure 
presenta  irregolarità  più  o meno  considerevoli  indicanti  uno 
sviluppo  più  0 meno  malagevole  (5).  In  altri  casi  la  parte  più 
sviluppata  si  trova  al  livello  del  punto  d’ incrociamento  delle 
due  suture  palatine.  Altre  volte  infine  ha  la  forma  di  una 
cresta  che  può  raggiungere  8-10  mm.  di  altezza.  Negli  antro- 
poidi si  trova  sotto  forma  di  una  quantità  di  piccoli  cercini 
(wulstdien)  che  partendo  dalla  sutura  mediana  si  dirigono  verso 
gli  alveoli:  forse  per  questa  differenza  di  forma  Bessel  Hagen 
e Lissauer  dissero  che  le  scimmie  antropomorfe  giammai  mo- 


(1)  « Archivio  di  Psichiatria  »,  1896,  Voi.  XVII,  fase.  Ili,  pag.  209. 

(2)  Topinard,  « Revue  d’ Antropologie  ».  1895,  p.  337. 

(3)  « Archivio  di  Psichiatria  e Aiitrop.  crini.  » 1884,  Voi.  V,  p.  483. 

(4)  Belmondo,  Un  rarissimo  caso  di  denti  soprannumerari  ed  altre  anomalie 
dentarie  in  crani  di  alienati  « Archivio  per  TAntrop.  e f Etnei.  »,  1895,  p.  255. 

(5)  PÉRE,  La  famille  néoropathique,  p.  270.  — NàcKE,  Verbrechen  und 
Wahnsinn  bein  Weibe,  p.  147  e altrove. 


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strano  un  toriis  palatinus.  Kurella  con  altri  (1)  esprime  Topinione 
che  si  tratti  di  una  reminiscenza  delle  razze  preariane,  essendo 
frequente  nelle  razze  nord-finniche.  Ma  è strano  voler  sostenere 
ciò  dopo  le  ricerche  fatte  in  Italia:  dallo  Stieda  nel  museo 
antropologico  di  Roma  (2),  dal  Cocchi  in  quello  di  Firenze  (3), 
nonché  dal  Ferrari  a Reggio-Emilia  (4).  Per  il  Nache  si  tratta 
di  un  segno  degenerativo  (5). 

IX.  — Anche  la  mascella  inferiore  può  essere  sede  di 
anomalie  di  sviluppo,  per  aumento  di  volume  qualche  volta 
con  sporgenza  dell’arcata  dentaria  inferiore  (progeneismo),  o 
per  diminuzione  di  volume. 

Lo  sviluppo  enorme  del  mascellare  inferiore,  quando  s’aggiun- 
ge l’altezza  del  mascellare  superiore  e la  larghezza  della  faccia 
ai  zigomi  con  forte  sviluppo  dei  masseteri,  dà  alla  fisonomia 
un  effetto  totale  che  è sommamente  caratteristico,  specie  delle 
prostitute  secondo  Kurella  (6);  se  si  aggiunge  la  piccolezza  della 
fronte  si  ha  quell’aspetto  che  ravvicina  gli  assassini  alle  razze 
inferiori  (7).  Già  Gratiolet  aveva  detto:  « on  peut  affirmer  que 
partout  où  la  proclivité  des  màchoires  est  très-marquée,  la 
vie  nutritive  l’emporte  sur  la  vie  animale  ou  nerveuse  » (8). 

La  diminuizione  di  volume  secondo  Féré  (9)  coincide  spesso, 
oltre  che  con  anomalie  d’impianto  dei  denti,  con  l’esistenza 
ùeWapofisi  ìemuriana.  Sul  significato  morfologico  di  quest’ a- 
pofisi,  nota  già  da  parecchio  tempo,  si  è molto  discusso  dal 
lo  Congresso  di  Antropologia  criminale  in  poi,  stante  l’asser- 


(1)  Kurella,  Op.  cit.,  pag.  43.  — Kupffer,  « Verhandlugen  der  Berliner 
Gesellschaft  fùr  Anthropologie  »,  1879,  p.  70. 

(2)  « Internationale  Beitràge  zur  Wissenschaftlichen  Medicin  »,  Band  I,  1891. 

(3)  « Archivio  per  l’Antropologia  e l’Etnologia  »,  Voi.  XXII,  1892. 

(4)  Ferrari,  Il  « torus  palatinus  » nei  pazzi  « Rivista  sperimentale  di 
Freniatria  »,  Voi.  XIX,  Fase.  IV,  1893.  — Recentemente  anche  in  America  è 
stato  rinvenuto  dal  Talbot,  dal  Peterson,  dal  Channing  (The  lournal  of  mental 
Science.  Voi.  XLIII.  N.  180,  pag.  76). 

(5)  « Neurolog.  Centralb.  »,  1893,  n.'’  12,  e « Archiv  f.  Psych.  »,  Bd.  XXV,  H.  2. 

(6)  Op.  cit.,  pag.  45. 

(7)  Manouvrier,  Discussion  sur  le  criminels,  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  1883  p.  120. 

(8)  Leuret  et  Gratiolet,  Anatomie  comparée  du  sy sterne  nerveuse  Paris, 
1839-1857,  T.  II,  pag.  291. 

(9)  Féré,  La  famille  névropathique,  p.  258;  Les  épilepsies  et  les  épilep- 
tiques,  p.  386. 


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zione  di  Albrecht  (1)  che  tale  apofisi  nonché  Tincisurache  la 
precede  (sul  margine  inferiore)  sia  patrimonio  dei  soli  le- 
muri. Per  dire  il  vero  il  Tenchini  e lo  Zoja,  che  se  ne  occu- 
parono in  seguito,  non  si  curarono  di  confermare  o di  negare 
P osservazione  delPAlbrecht;  ma  il  Mingazzini  (2)  riprese  la 
questione  e dalle  sue  accurate  osservazioni  risultò  invece  « che 
le  scimmie  sono  provviste  di  apofisi  e che  un'incisura  più  o 
meno  profonda  precede  il  processo  in  quasi  tutti  i mammi- 
feri »;  e risultò  ancora  un  fatto  molto  importante,  cioè  che 
del  processus  rami  mancUhularis  bisogna  distinguere  due  forme. 
Una  in  cui  il  processo  si  estende  e sulP  angolo  e sui  margini 
(forma  lemurinica)  o un’  altra,  che  in  contrapposto  chiama 
pitecoide,  in  cui  l’angolo  è risparmiato  e alla  quale  assegna  un 
significato  atavico  meno  basso.  Ora  « sul  vivente  è impossibile 
distinguere  un  processo  lemurinico  da  uno  pitecoide  »,  ma  d’altra 
parte  fa  notare:  « tanto  il  processo  lemurinico  come  quello  pi- 
tecoide, e quest’ultimo  quand’anche  sia  rappresentato  da  forme 
rudimentali,  debbono  considerarsi  come  ricordi  filogenetici  ». 

X.  — Un  carattere  degenerativo  messo  in  luce  di  recente  è il 
mancato  accavallamento  delle  arcate  dentarie.  Nell’Eu- 
ropeo l’arcata  dentaria  superiore  è un  poco  più  grande  che 
l’inferiore  e sporge  in  avanti  al  disopra  di  esse,  in  modo  che 
gl’incisivi  inferiori  sono  ricoperti  dai  superiori.  In  15  crani 
Australiani  Turner  invece  potè  vedere  che  11  volte  quest’ac- 
cavallamento mancava  (3),  come  manca  in  tutti  gii  antropoidi 
e in  tutti  i mammiferi  che  possiedono  incisivi  alle  due  ma- 
scelle. Parimenti  il  Camuset  ha  osservato  l’assenza  dell’acca- 
vallamento nel  20,42%  degli  alienati  da  lui  esaminati  (4),  e 
precisamente  nel  23,78  7o  ptii'  gii  uomini  e nel  17,97%  lo 
donne.  L’accavallamento  dipenderebbe  dalle  modificazioni  della 


(1)  « Actes  da  premier  congrés  international  d’ anthropologie  criminelle  », 
p.  106-107,  fìg.  1.  e 2. 

(2)  G.  Mingazzini,  Processus  rami  mandibularis  nell"  uomo,  « Archivio  per 
l’Antropologia  »,  1892.  Voi.  22,  fase.  l.°  Vi  è riferita  la  letteratura. 

(3)  W.  Turner,  Relations  of  thè  dentary  arcades  in  thè  crania  of  Austria- 
lian  ahorigines.  « Journal  of  Anat.  and  Physiol.  »,  july  1891,  Edinburgh. 

(4)  Camuset,  Be  V absence  du  chevauchemènt  habituel  de  la  partie  ante- 
rieure  des  arcades  dentaires  camme  stigmate  de  dégénérescence,  « Annales 
médico-psychologiques  »,  Nov-Dic.  1894. 


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faccia  consecutive  allo  sviluppo  del  cranio;  e precisamente 
secondo  il  Camuset  dalla  diminuizione  dell’ angolo  della  sinfisi 
(si  designa  sotto  questo  nome  in  antropologia  V angolo  formato 
dalla  linea  della  sinfisi  col  piano  del  margine  inferiore  della  man- 
dibola). Effettivamente  quest’angolo  nella  specie  umana  e in  via 
di  evoluzione  nel  senso  della  diminuizione:  nei  Parigini  moderni 
è di  72  gradi,  nel  negro  d’ Africa  di  82,  nello  chimpanzè  supera 
di  molto  i 90.  Viceversa  1’  assenza  dell’  accavallamento  dipen- 
derebbe dall’  esagerazione  dell’  angolo  della  sinfisi:  « è evidente 
che,  più  quest’  angolo  è aperto,  più  i denti  inferiori  devono 
portarsi  avanti,  cosicché  a un  dato  momento  essi  arrivano 
a trovarsi  nel  piano  dei  denti  superiori  » . Questo  nell’Europeo 
normale  avverrebbe  soltanto  nell’ 1,58  7o?  secondo  Camuset.  È 
chiaro  che  se  ciò  fosse  vero  ci  sarebbe  una  differenza  enorme 
tra  1’  Europeo  e l’ Australiano.  Ora  io  credo  che  la  differenza 
in  gran  parte  dipenda  dall’  avere  il  Turner  osservato  il  feno- 
meno nei  crani,  e il  Camuset  nel  vivente.  Difatti  da  ricerche 
praticate  in  quella  preziosissima  raccolta  di  crani  di  alienati 
che  arricchisce  il  Frenocomio  di  Keggio-Emilia,  a me  risulta,  (*) 
che  l’ accavallamento  delle  arcate  dentarie,  accavallamento 
anatomico,  senza  influenza  dei  muscoli,  (influenza  che  nel 
vivente  e a più  forte  ragione  negli  alienati  dev’  essere  molto 
malagevole  evitare),  non  è completo  che  solo  nel  52,18  7o- 
L’ assenza  di  accavallamento  pertanto  è negli  alienati  ancora 
più  frequente  che  non  trovi  il  Camuset,  restando  presso  a poco 
la  stessa,  la  proporzione  da  lui  trovata  tra  i due  sessi. 

Ritengo  quindi  che  se  si  praticassero  ricerche'  nei  crani 
di  Europei  normali  la  percentuale  risulterebbe  superiore  al- 
ri,58Yo-  I denti  incontrandosi  si  ha,  come  dice  il  Meynert, 
la  dentatura  diritta  (1),  non  sempre  però,  perchè  talora  rincon- 
tro avviene  in  grazia  del  progeneismo,  o meglio  direi  profatnia 
infeìdore,  essendo  cioè  i denti  inferiori  impiantati  obliquamente 
in  avanti.  La  masticazione  anteriore  che  il  Meynert  descrive 
(ibidem)^  riferendola  alla  maggiore  lunghezza  della  mandibola, 
è rarissima:  nella  ricerca  che  ho  riferito,  ho  trovato  tre  soli 

(*)  Colgo  quest’  occasione  per  ringraziare  vivamente  il  mio  maestro,  1’  illu- 
stre Prof.  Tamburini,  senza  la  benevolenza  del  quale  non  avei  potuto  compire 
queste  ricerche. 

(1)  Meynert,  Lezioni  cliniche  di  ^psichiatria,  pag.  263. 


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casi  in  cui  V arcata  dentaria  inferiore  passava  avanti  alla 
superiore^  in  una  donna  e in  due  uomini.  La  maggiore  o 
minore  prominenza  del  mento  è indipendente  da  tutto  ciò:  in 
uno  di  questi  tre  casi  era  molto  sporgente,  mentre  negli  altri 
due  casi  era  poco  pronunziata  (1). 

XI.  — Altri  caratteri  degenerativi  della  faccia  sono  secondo 
il  Morselli  (2)  il  predominio  del  cranio  facciale  sul  cerebrale, 
la  strettezza  o la  larghezza  eccessiva  dello  spazio  interoculare, 
la  forma  ellittica  della  mandibola,  la  mancanza  delle  apofisi 
sinfisiali  nel  mento,  lo  sporgere  dei  zigomi  sotto  una  fossa 
temporale  rientrante  (stenocrotafia),  la  forma  losangica  della 
norma  facialis  anterlor  con  la  larghezza  massima  nel  diametro 
bizigomatico  e col  mento  stretto  e le  mascelle  prognate.  Il 
mento  fuggente  comune  nei  Negri  ricorda  il  mascellare  delle 
scimmie  e la  forma  della  famosa  mandibola  della  Naulette  (3): 
si  ha  negl’  idioti  (Venturi);  parimenti  le  labbra  sottili,  tagliate 
verticalmente,  ricordano  il  tipo  prettamente  scimmiesco.  Una 
bocca  troppo  grande  con  labbra  spesse,  voluminose,  arrove- 
sciate in  fuori  è caratteristica  di  molte  razze  inferiori.  Pari- 
menti  una  notevole  distanza  fra  il  naso  e la  bocca.  Il  diametro 
biangolare  della  mandibola  presenterebbe  secondo  Lombroso 
una  scala  ascendente  dall’  uomo  normale  all’  antropoide  (4). 
Nei  degenerati  in  media  è superiore  alla  misura  normale 
(90-95  min.);  però  non  ho  trovato  una  gradazione  degna  di 
nota  tra  le  diverse  categorie  di  degenerati. 

XII.  — Risale  nientemeno  al  1851  un’  osservazione  di  Bur- 
meister  che  dice  la  brevità  del  collo,  come  il  piccolo  volume 
della  capsula  cerebrale  e la  grandezza  del  viso,  essere  dei 
caratteri  che  ravvicinano  coloro  che  li  presentano  (i  negri 
secondo  lui)  al  tipo  pitecoide,  attesoché  tutte  le  scimmie  hanno 
il  collo  corto  (5).  Ma  a questo  proposito  l’ Hartmann  scrive: 
<<  Se  si  vuole  vedere  in  questa  conformazione  un  ravvicina- 


(1)  Per  altre  considerazioni  sull’  argomento  vedi:  V.  Giuffrida-Ruggeri,  In- 
torno alV accavallamento  delle  arcate  dentarie.  « Riv.  sper.  di  Fren.  » J897  Fase.  1. 

(2)  Morselli,  Semejotica  delle  malattie  mentali,  Voi.  I,  pag.  154. 

(3)  Vedi:  Topinard,  Les  caractères  simiens  de  la  machoire  de  la  Naulette, 
« Revue  d’  Anthr.  »,  1886,  p.  414. 

(4)  Lombroso,  Nuove  ricerche  di  psichiatria  e antropologia  criminale, 
Torino,  1894,  p.  32. 

(5)  Burmeister,  Geologische  Bilder  zur  Geschichte  der  Erde  und  ihrer 
Bewohner.  Leipzig,  1851-53,  T.  II,  p.  120. 


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mento  al  tipo  pitecoide  si  trova  eh'  essa  è comune  a nazioni 
differenti  e in  nessun  modo  esclusiva  dei  soli  negri  e che  anche 
in  questi  ultimi  essa  non  è predominante  (1). 

Segno  di  maggiore  studio  è stata  la  spalla.  Gli  antropoidi 
mancano  d' una  vera  spalla,  poiché  la  loro  clavicola  molto 
corta  trasporta  la  cintura  ossea  degli  arti  superiori  in  avanti, 
la  testa  trovasi  come  respinta  indietro  e infossata  fra  le  due 
scapole  retratte,  e le  braccia,  pure  ravvicinate  al  loro  punto 
d'  attacco,  pendono  in  avanti  e all'  interno  (2).  Questa  confor- 
mazione si  osserva  in  degenerati,  specialmente  idioti. 

XIII.  — Cosi  il  torace  ad  imbuto  da  molto  tempo  ha  richia- 
mato r attenzione  degli  studiosi.  Siccome  il  Féré  (3)  distingue 
thorax  en  entonnoìv  e thorax  en  gouttiere,  è bene  dire  che  comu- 
nemente va  sotto  il  nome  di  torace  ad  imbuto  una  depressione 
formata  dallo  stesso  che,  più  o meno  profondamente  incurvato 
nella  sua  parte  media  o inferiore,  descrive  un  arco  di  cerchio 
a concavità  anteriore,  e porta  con  sé  indietro  le  cartilagini 
costali:  depressione  che  può  raggiungere  i 72  mm.  come  nel 
caso  osservato  da  Ebstein.  Il  torace  a imbuto  non  ha  niente 
a che  fare  col  rachitismo:  questo  da  lungo  tempo  è fuori 
discussione,  invece  le  spiegazioni  embriogeniche,  meccaniche 
e nervose  sono  sempre  sostenibili  sino  a un  certo  punto.  Poco 
sostenuta:  è vero,  è 1'  opinione  di  Schiffer  riferita  da  Flesch  (4), 
che  si  tratti  cioè  di  un  esagerato  sviluppo  in  lunghezza 
delle  costole;  però  1'  opinione  di  Zuckerkandl  che  cioè  nell'  u- 
tero  il  mento  comprima  la  parete  inferiore  del  torace  è stata 
non  è molto  sostenuta  dal  Ribbert.  La  teoria  meccanica  di 
Eggel  (5)  che  ammise  un  disturbo  nello  sviluppo  e nella  nutri- 
zione dello  sterno,  disturbo  che  sarebbe  causa  della  flessibilità 
del  medesimo  e del  suo  deprimersi  alla  pressione  atmosferica. 


(1)  Hartmann,  Les  singes  anthropo'ides,  p.  79. 

(2)  Morselli  e Tamburini,  Degenerazioni  fisiche  e morali  delV  uomo.  L.  c., 
pag.  308. 

(3)  Féré  et  Schmid,  De  quelques  déformations  du  thorax  et  en  particulier 
du  thorax  en  entonnoir  et  du  thorax  en  gouttière,  « Journ.  de  l’ anat.  et  de  la 
phys.  »,  1893,  p.  564. 

(4)  « Virchow’  s Arch.  »,  Bd.  57,  1873,  p.  289. 

(5)  « Virchow’  s Arch.  »,  B.  49,  1870,  p.  230. 


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è accettata  attualmente  dal  Féré  e dallo  Schmid  (1).  Cosi  delle 
idee  di  Ebstein  (2),  che  si  tratti  di  un  arresto  di  sviluppo 
dello  sterno,  le  quali  Hagmann  accetta  con  V aggiunta  di  una 
certa  fiacchezza  anormale  nelle  articolazioni  condro-sternali, 
nonché  dell’  asserzione  di  Klemperer  che  aveva  riguardato 
questa  deformità  « come  il  suggello  di  una  degenerazione 
psichica  nervosa-neuropatica  » (3),  fanno  tesoro  Ramadier  e 
Serieux  (4),  che  tendono  a conciliare  la  teoria  embrionale  con 
la  teoria  nervosa,  ciò  che  del  resto  è molto  naturale.  Essi 
ammettono  che  si  tratti  di  un  arresto  di  sviluppo  dello  sterno, 
che  s’ immobilizza  indietro  invece  di  svilupparsi  e di  portarsi 
in  avanti:  la  spiegazione  puramente  meccanica,  dicono,  non 
potrebbe  spiegare  la  frequente  coesistenza  del  torace  a imbuto 
con  abnormità  di  altri  organi.  Di  più  essa  si  osserva  in  sog- 
getti che  portano  difetti  ereditari  più  o meno  gravi  e lo  stato 
mentale  dei  quali  è raramente  sano,  per  cui  opinano  che  il 
torace  ad  imbuto  non  sia  che  una  delle  numerose  stigmate  fisiche 
della  degenerazione,  un’  anomalia  di  sviluppo  in  rapporto  con 
l’ eredità  morbosa.  Anche  l’ Eichorst  è partigiano  di  questa 
opinione:  « In  alcune  famiglie,  egli  dice,  il  torace  a imbuto 
è ereditario;  ed  è sorprendente  che  negli  individui  aventi  il 
torace  ad  imbuto,  od  in  altri  membri  della  stessa  famiglia  ven- 
nero osservate,  delle  affezioni  mentali,  oppure  anche  l’epilessia, 
e altre  cattive  conformazioni  » (5).  Marie  ugualmente  (6). 

Il  torace  S7i  goiittlère  poi  qual’  è descritto  dal  Féré  sarebbe 
il  seguente:  « Lo  sterno  pare  poco  o niente  deviato  dalla  sua 


(1)  Loc.  cit. 

(2)  Ebstein,  Ueber  die  Trichierhrust  « Deutsch.  Archiv.  f.  klin.  Med.  », 
1882,  Bd.  30,  p.  411.  Ein  Fall  v.  Trichterhrust  (eod.  loc.,  p.  100).  — V.  anche: 
Carrara,  Alcune  rare  anomalie  scheletriche  nei  criminali,  « Arch.  di  Psichia- 
tria »,  1892,  p.  573. 

(3)  Klemperer,  « Deutsche  medicinische  Wochenschrift  »,  188G,  N.  36. 
— Grauenthal,  Ueber  Trichterbrust.  Inaug.  Diss.,  Berlin,  1888. 

(4)  Ramadier  I.  et  Serieux  P.  — Note  sur  cinque  cas  de  malformation 
speciale  de  la  poitrine  (tliorax  en  entonnoir).  Contribution  à V elude  des  stig- 
mates  phijsiques  de  dégénérescence.  « Nouvelle  iconographie  de  ia  Salpétrièi-e  » 
Paris,  1891. 

(5)  Eichorst,  Manuale  di  semejotica,  Parte  I,  pag.  169. 

(6)  P.  Marie,  Déformations  thoraciques  dans  quelques  affections  médicales. 
« Gazeite  hebdom.  » 1896.  Voi.  XLVI,  N.  14. 


— 53  — 


direzione  normale,  le  cartilagini  costali  soltanto  sono  interessate, 
ma  lo  sono  in  modo  asimmetrico.  Ai  due  lati  della  linea 
mediana  le  cartilagini  presentano  una  curvatura  esagerata,  ne 
risulta  una  gronda  o doccia  longitudinale  della  quale  il  fondo 
è formato  dallo  sterno  » (1).  Questa  deformazione,  secondo  Féré 
e Schmid  dipende  da  un  disturbo  di  nutrizione  della  parete 
toracica,  che  perciò  diviene  più  flessibile,  e da  un  arresto  di  svi- 
luppo (2).  Kiesce  difficile  a comprendere  però  perchè  in  questa 
forma  ammettono  V arresto  di  sviluppo  che  negano  neir  altra. 

XIV.  — Il  bacino  pitecoide  sarebbe  stretto  e lungo  col 
sacro  sporgente  air  indietro  e le  natiche  puntute.  Anche  il 
bacino  del  negro  sarebbe  più  lungo,  meno  sviluppato  in  lar- 
ghezza che  quello  dell’Europeo  (3).  Tali  caratteri  sono  normali 
nel  bambino  (4). 

Intimamente  legata  ai  caratteri  antropologici  del  tronco, 
specialmente  alla  mancanza  della  curva  lombare  della  colonna 
vertebrale,  oltre  che  alla  posizione  anormale  del  foro  occipitale 
molto  all’  indietro,  è quell’  andatura  incerta,  barcollante,  a 
corpo  pendente  in  avanti,  che  si  osserva  in  taluni  idioti  e che 
richiama  un  aspetto  analogo  di  certe  scimmie  (5)  e razze  infe- 
riori (Morselli  e Tamburini).  « Nè  è soltanto  T andatura,  ma 
anche  la  semplice  stazione  eretta  che  da  questo  carattere  del 
rachis  e del  gran  foro  (a  cui  si  unisce  talvolta  la  strettezza  e 
forma  del  bacino)  riceve  quell’  impronta  speciale  di  inferio- 
rità » (6);  tanto  più  poi  se  T appoggio  si  fa  sul  margine  esterno 
del  piede.  Lo  stesso  dondolamento  tanto  noto  degl’  idioti  ram- 
menta secondo  Morselli  e Tamburini  un  fatto  analogo  che  si 
riscontra  nelle  scimmie  antropomorfe,  le  quali,  quando  perman- 


(1)  Féré  et  Schmid,  Loc.  ciu,  pag.  581. 

(2)  Ibidem,  pag.  584. 

(3)  Topinard,  L Antliropologie,  p.  565.  — Verneau,  Le  hassin  dans  les 
sexes  et  dans  les  races,  Paris,  1875,  p.  137. 

(4)  De  Mérejkowsky,  Béveloppement  du  squelette  humain,  « Bull.  Soc. 
Anthr.  » 1883,  p.  160.  — Ardù-Onnis,  Su  alcune  forme  anomale  del  bacino 
umano,  « Bollett.  dei  musei  di  Zoologia  e Anatomia  comparata  della  R.  Uni- 
versità di  Torino  »,  Voi.  X,  n.o  209,  luglio  1895. 

(5)  Vedi  Martin,  Uomo  e scimmia,  pag.  418,  — Lombroso,  Studi  clinici 
ed  antropometrici  cit.,  L.  c.,  p.  22-25. 

(6)  Morselli  e Tamrurini,  Degenerazioni  f siche  etc,  L.  c.,  p.  307. 


— 54 


gono  nella  stazione  eretta,  frequentemente  si  abbandonano  a un 
moto  ondulatorio  del  corpo  in  senso  laterale,  o dall’  avanti  all’in- 
dietro  (Savage,  Huxley),  mentre  altre  si  appigliano  ad  un  ramo 
di  qualche  pianta  robusta,  e si  lasciano  penzolare  oscillando. 

XV.  — Quanto  agli  arti  Lucae  aveva  già  notato  che  la 
differenza  fra  l’avambraccio  e il  braccio  è sempre  minore 
discendendo  dall’Europeo  al  Negro,  al  gorilla.  Meyer  (1)  trova 
che  gl’idioti  possono  essere  collocati  anche  dopo  il  Gorilla. 

Le  gambe  piccole,  dai  polpacci  deboli,  di  molti  idioti, 
nonché  di  molti  selvaggi,  specialmente  quelle  dei  negri  Afri- 
cani e Australiani,  sono  state  spesso  materia  di  discussione 
a causa  della  loro  conformazione  pitecoide.  « Effettivamente, 
dice  r Hartmann  (2),  la  forma  sgraziata  della  parte  inferiore 
della  gamba,  nella  maggior  parte  di  queste  razze,  costituisce  per 
questo  riguardo  un  carattere  importantissimo  ».  Arti  inferiori 
cortissimi  massime  in  confronto  dei  superiore  molto  lunghi, 
carattere  decisamente  scimmiesco,  si  osserva  nei  Boschimani  (3) 
e secondo  altri  (4)  in  tutte  le  razze  negre,  negli  Australiani  e 
nei  Polinesiani.  La  prevalenza  però  della  grande  apertura  delle 
braccia  sulla  statura  nelle  razze  bianche  non  avrebbe  il  signi- 
ficato atavico  attribuitole  dal  Lombroso,  ma  starebbe  in  rap- 
porto con  una  maggiore  funzione  degli  arti  inferiori  (5).  Per 
il  Marre  cosi  la  piccolezza  della  grande  apertura  delle  braccia, 
come  1’  eccesso  opposto,  sono  caratteri  degenerativi  (6). 

XVI.  — Un  altro  fatto  sul  quale  è stata  fermata  1’  attenzione, 
in  Germania  specialmente,  è la  forma  delle  mani  e dei  piedi. 

Quando  alla  forma  delle  mani  un  punto  molto  controverso 
è stato  sempre  se  si  debbano  considerare  come  normali  l’ indice 


(1)  « Archiv  f.  Psich.  »,  1874,  Bd.  V,  Heft  I. 

(2)  Hartmann,  Les  singes  antropoides,  pag.  82. 

(3)  Girard  de  Rialle,  Op.  city  pag.  39. 

(4)  Riccardi,  Statura  e intelligenza  « Arch.  per  V Antropologia  e 1’  Etno- 
logia »,  1886. 

(5)  Ranke,  Ueher  Kurpemessungen  an  Lehenden,  pag.  171,  e Beitrdge  zur 
physiscìien  Anihropologie  der  Bayern:  « Beitràge  zar  Anthropologio  and  Mor- 
phologie  Bayerns  »,  Mùnchen,  1888,  p.  49.  — Benj.  A.  Gould,  Invesiigaiions  in 
thè  military  and  anthropological  statistics  of  American  soldiers.  — Baer, 
Op.  ciL,  pag.  176. 

(6)  Op.  cit.y  pag.  82. 


— 55 


più  lungo  deir  anulare  o il  fatto  opposto.  In  favore  della  prima 
ipotesi  si  è osservato  che  essendo  la  maggiore  frequenza  della 
prevalenza  dell’indice  in  lunghezza  nella  donna,  tale  preva- 
lenza fosse  da  ritenere  una  forma  estetica  superiore  (1).  Ma, 
oltre  che  si  tratta  di  una  maggiore  frequenza  relativa  e non 
assoluta  (2),  è un  ragionamento  che  mi  pare  non  regga  alla 
critica:  se  fosse  giusto,  allora  anche  il  prognatismo,  poiché 
nella  maggior  parte  delle  razze  e popoli  superiori  e inferiori 
la  donna  è più  prognata  dell’  uomo  (Sergi,  Virchow)  sarà  un 
carattere  estetico  superiore.  Del  resto  l’arte  stessa,  contraria 
mente  all’  asserzione  di  Ecker  (3)  ci  offrirebbe  con  maggior  fre- 
guenza  la  prevalenza  del  quarto  dito  sul  secondo  (4).  Nè  mag- 
gior fortuna  ha  1’  asserzione  del  Braune  (5)  che  un  quarto  dito 
più  lungo  sarebbe  per  la  funzionalità  un  guastamestieri  stóren- 
fried,  mentre  anche  anulari  lunghi  poco  meno  che  il  medio  sono 
stati  visti,  ed  io  stesso  ne  ho  osservato  parecchi  casi  (Vedi 
Tav.  Ili  fig.  17,18)  senza  disturbi  di  sorta  (6).  Importante  invece 
la  constatazione  fatta  dal  Weissenberg  (7)  cioè  1’  elevata 
percentuale  (45,5)  della  prevalenza  dell’  indice  trovata  in  bam- 
bini Ebrei  tra  i 5-10  anni,  percentuale  che  uguaglia  quella 
trovata  in  donne  Ebree  (45,7),  avendosi  qui,  se  non  erro,  uno 
dei  tanti  tratti  di  unione  tra  la  donna  e il  fanciullo.  L’ ipotesi 
dal  Braune  che  si  tratti  di  una  maggiore  lunghezza  apparente, 
dovuta  alla  flessione  sul  lato  ulnare  per  la  maggiore  forza  dei 
muscoli  corrispondenti,  trova  facile  l’ obbiezione  che  se  fosse 
vera  in  quasi  tutti  i bambini  si  dovrebbe  constatare.  Un’  altra 
constatazione  importante  è che  in  razze  inferiori  prevale  decisa- 


(1)  Ranke,  Der  Mensch,  Voi.  I,  pag.  454,  Leipzig,  1887. 

(2)  Weissemberg,  Die  Formen  der  Hand  and,  des  Fusses,  Berlin,  1895, 
« Zeitsch.  f.  Ethn.  »,  Bd.  XXVII,  pag.  85.  — Cfr.  Mantegazza,  lunghezza 
relatioa  dell'  indice  e dell'  anulare  nella  mano  umana,  « Arch.  per  V Antropo- 
logia e l’Etnologia  »,  Voi.  VII,  1877,  pag.  22. 

(3)  « Arch.  f.  Anthr.  » Bd.  Vili.  p.  67-74. 

(4)  Weissenberg,  Loc.  cit.,  p.  87. 

(5)  « Beitràge  zur  Physiologie.  C.  Ludwig  gewidmet  »,  Leipzig,  1887, 
})ag.  302-330. 

(6)  Cfr.  Weissenberg,  Loc.  cit.,  pag.  90. 

(7)  Ibidem,  pag.  86. 


— 56  — 


mente  la  maggior  lunghezza  dell’ indice  (1).  Non  mancava  che 
la  conferma  negli  antropoidi  e molti  avevano  affermato  che  vi 
fosse  (2);  ma  l’ Hartmann  che  in  ciò  è grande  autorità  afferma  (3) 
che  ora  è più  lungo  l’ indice  ora  1’  anulare,  come  nell’  uomo, 
e certo  una  percentuale  non  si  può  stabilire.  Cosi  non  risulta 
provata  1’  opinione  di  Ecker  e di  Schaaffhausen  che  volevano 
vedere  nell’  anulare  più  lungo  « ein  Unterscheidungsmerkmal 
der  Rohheit  von  der  Kultur  »:  senza  dubbio,  come  osserva  il 
Mantegazza  (4),  mani  molto  belle  vi  possono  essere  con  un 
anulare  più  lungo  dell’indice. 

Delle  altre  dita  il  maggiore  interesse  desta  il  pollice,  il 
quale  negli  antropoidi  è notoriamente  corto  (5).  Ora  piccolezza 
del  pollice  trova  Schaaffhausen  ( Op.  cit.)  in  molti  dei  selvaggi  da 
lui  esaminati  e Tliulié  (6)  dice  parlando  dei  Boschimani:  « le 
ponce  parait  proportionellement  au  reste  de  la  main,  trop  court 
et  cornine  remonté  ».  Io  ne  ho  trovato  un  esempio  bellissimo 
in  degenerata  (V.  Tav.  IV  fig.  1,  2,  S,  4). 

Le  pieghe  interdigitali  Querhaute,  Schwimmlidute  negli  an- 
tropoidi arrivano  molto  in  alto  sino  alle  prime  articolazioni 
digitali  (7).  Ora  Virchow  (8)  trovò  qualche  cosa  di  simile  in 
alcune  persone  del  Darfur  e in  negri  Dinka.  Ma  1’  Hartmann  (9) 
opina  che  anche  in  razze  Europee  ciò  si  trovi. 

Le  falangi  terminali  a punta  e in  forma  di  birilli  Icegelfór- 
mige  proprie  delle  scimmie,  sono  state  descritte  nei  Negri 
(io  ne  ho  trovato  un  bell’  esempio  in  un  degenerato  — Vedi 


(1)  Ecker,  Op.  cit.,  — Schellong,  Beitràge  zur  Anthropologie  der  Papuos 
« Zeitschr.  f.  Ethii.  »,  Bd.  XXIII.  p.  168. 

(2)  Ecker,  Op.  cit.  — Gegenbaur,  Lehrbuch  der  Anatomie  des  Menschen, 
p.  254,  Lei[)zig,  1885.  — Kollmann,  Piatiscile  Anatomie,  Leipzig,  1886,  p.  117 
— R.ANKE,  Op.  cit..  Voi.  I,  p.  454.  — Schaaffhausen,  Ueber  die  Lange  der 
Finger  und  der  Zehen,  « Corresp.  Blatt  der  D.  A.  G.  »,  1884,  p.  94. 

(3)  Die  menschendhnlichen  Ag'en.  Leipzig,  1883,  p.  17,  46. 

(4)  Loc.  cit.,  p.  25. 

(5)  Hartmann,  Op.  cit. 

(6)  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  Serie  IV,  T.  IV,  p.  379. 

(7)  Hartmann,  Les  singes  anthropoules  et  V homme,  p.  80. 

(8)  « Zeitschr.  f.  Ethiiol.  »,  Bd.  XI,  p.  388-395  der  Verhandl.;  Bd.  XVII, 
p.  488-496  der  Verhandl.;  e Bd.  XXVII,  p.  164. 

(9)  Die  menscliendìinlichen  Affen,  p.  98. 


— 57  — 


Tav.  IV  fig.  13).  Parimenti  nelle  mani  di  parecchi  Negri 
Virchow  (1)  ha  notato  una  deviazione  delle  ultime  due  falangi 
dell’  indice  e del  medio  verso  1’  esterno,  un  digitus  valgus.  Egli 
ritiene  che  questa  deformità  si  connetta  al  genere  di  lavoro,  ma 
io  l’ ho  trovata  in  parecchi  degenerati  che  non  erano  addetti 
ad  alcun  lavoro,  e sia  all’  estremità  distale  delle  dita  (Tav.  Ili 
fìg.  14,  16  (2),  17);  sia  in  tota  (Tav.  Ili  fig.  7,  8,  9,  10,  11).  In 
questo  caso  la  deviazione  diminuisce  andando  dal  lato  radiale 
al  lato  ulnare.  Nel  primo  caso,  quando  non  si  tratti  dell’indice, 
ne  risultano  degli  spazi  interdigitali  più  o meno  evidenti,  notati 
anche  dal  Weissemberg  (3).  Richiamo  1’  attenzione  su  una  devia- 
zione dell’  estremità  distale  del  mignolo  stranissima  e che  non 
trovo  nè  descritta  nè  disegnata  da  alcuno  (Tav.  IV  fig.  5 e segg.). 
Soltanto  il  loachimsthal  ha  descritto  per  il  pollice  una  devia- 
zione verso  il  lato  ulnare  che  ha  molta  analogia  con  la  prece- 
dente (4).  Talora  si  accompagna  alla  deformazione  en  crochet 
(nelle  Fig.  7,  8.  Tav.  IV).  Stigmate  teratologiche  sarebbero 
pel  Féré  (5)  le  anomalie  delle  unghie  e particolarmente  la  loro 
piccolezza  eccessiva  (questa  anche  a me  risulta  frequentissima 
nei  frenastenici)  e la  mancanza  assoluta  locale  o generale. 
Schaafifhausen  trovò  in  un  Australiano  le  unghie  delle  dita 
come  negli  antropoidi,  arrotondate  quasi  come  segmenti  di  sfere. 

XXII.  — Se  passiamo  ai  solchi  che  si  osservano  nella  palma 
delle  mani  anche  qui  troviamo  qualche  anomalia  alla  quale  è 
stato  attribuito  significato  atavistico,  e precisamente  dal  Manou- 
vrier  è stata  segnalata  la  piega  trasversale  unica  (6).  Risalendo 
difatti  nella  scala  zoologica  si  vede  chiaro  che  dapprima  non 
esiste  alcun  solco,  come  per  esempio  nell’  Ateletes  ater  (7),  poi 
appare  un  unico  solco  trasversale  in  alto  per  esempio  nel  Cebus 


(1)  <£  Zeitschr.  f.  Ethn.  »,  Bd.  XI,  p.  388-396  der  Verhandl.,  e Bd.  XVII, 
p.  488-496. 

(2)  Questo  veramente  sarebbe  un  caso  di  digitus  varus. 

(3)  Log.  cit.,  p.  94. 

(4)  « Verhandl.  der  Berliner  medicinischen  Gesellschaft  » 7 December  1892, 
e « Zeitschrift  f.  orthop.  Chir.  »,  Bd.  II,  p.  265. 

(5)  La  famille  névrnpathique,  p.  307. 

(6)  « Bull.  Soc.  Anthrop.  »,  1892,  p.  62. 

(7)  Vedi:  « Annales  des  Sciences  naturelles,  5.e  sèrie,  Zoologie  »,  IX,  1868, 
Bianche  5.,  fìg.  I.^ 


e in  molti  altri  (1).  Il  Carrara  recentemente  (2)  ha  studiato 
quest’  anomalia  e ne  ha  distinto  diversi  tipi.  In  un  tipo  il 
solco  trasversale  è unico.  In  un  II®  tipo  invece  di  un  solco  unico 
se  ne  hanno  due,  i quali  però  non  hanno  la  direzione  curvilinea 
della  mano  umana,  ma  una  decisamente  retta  ed  orizzontale, 
in  modo  da  essere  tra  loro  parallele,  senonchè  non  sono  com- 
plete, non  interessano  cioè  tutta  la  palma  trasversalmente,  ma 
partendo  da  un  margine  si  arrestano  a un  certo  punto  di  essa. 
In  un  Ilio  tipo  il  solco  unico  trasversale  si  associa  ad  uno  o 
più  solchi  press’  a poco  normali,  ovvero  tutti  quest’  altri  scom- 
paiono tranne  uno  longitudinale  molto  profondo  e netto  che  va 
dal  carpo  alla  radice  dell’  indice  e del  medio:  forma  che  il 
Carrara  ha  osservato  soltanto  nei  criminali.  Morselli  e Tamburini 
però  descrivono  negl’  idioti  una  piega  che  « occupa  il  mezzo 
della  vola  longitudinalmente  alla  palma,  come  in  tutte  le 
Scimmie  » (3).  Finalmente  un’  altra  anomalia  si  avrebbe  nella 
mancanza  di  quei  solchi  superficiali  e complessi  che  congiun- 
gono i principali,  ma  io  la  trovo  frequentissima  e non  mi  pare 
che  valga  la  pena  di  farne  un  IV«  tipo.  Il  Carrara  dice  che 
non  saprebbe  assegnare  un’  importanza  diversa  a ciascuna  di 
queste  forme  d’  anomalie,  però  gli  pare  che  il  tipa  IF  sia  una 
disposizione  inferiore,  ed  ha  perfettamente  ragione.  Difatti  nel 
Semnopithecus  leucoprymnus  nonché  nel  Colohiis  Guereza  vedo 
una  disposizione  analoga  (4).  Ma  anche  il  Mcinouvrier  credo 
che  abbia  ragione;  difatti  il  Cercopitliecus  mona  presunta  un 
unico  solco  trasversale  (5).  Tanto  dell’  una  che  dell’altra  varietà 
ho  trovato  in  degenerati  e raccolto  in  due  tavole  (I  e II)  forme 
tipiche,  nonché  forme  di  passaggio. 

XVIII.  — Se  dai  solchi  palmari  passiamo  alle  linee  papillari 
delle  mani,  il  così  detto  Tadapparat,  troviamo  un  argomento 
che  Malpighi  stesso  non  trascuro  (6),  e che  da  parecchio  tempo 
ha  interessato  gli  studiosi  nel  senso  delle  nostre  ricerche 


(1)  « Annales  cit.  »,  Loc.  cit.,  PI.  5,  Fig.  5. 

(2)  « Gioni.  della  R.  Accad.  di  Medicina  di  Torino  »,  Luglio- Agosto  1895, 
p.  323.  — V.  anche:  « Archivio  di  Psichiatria  »,  1896,  Voi.  XVII,  fase.  I e II. 

(3)  Degenerazioni  psiche  e morali  dell'  uomo,  L.  c.,  p.  317, 

(4)  « Annales  cit.  »,  Loc.  cit.,  PI.  4,  fig.  3 e 5. 

(5)  Vedi:  hloRSELLi,  Antropologia  generale,  fig.  100  (pag.  192). 

(6)  Marc.  Malpighi,  De  externo  tactus  organo,  Neapel,  1665. 


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comparative.  Difatti  già  Purkinje  (1)  ci  lasciava  il  disegno 
delle  linee  papillari  della  mano  ò.q\V  Innuus  ecaudatus,  e TAlix 
circa  mezzo  secolo  dopo  indagava  nella  scala  animale  i primi 
albori  di  tali  linee  sia  negli  arti  toracici  che  pelvici  e il  loro 
graduale  complicarsi,  cosi  da  poter  concludere:  « Le  plus  ou 
moins  de  développement  des  lignes  papillaires  semble  étre  en 
rapport  avec  Tèlèvation  du  groupe  auquel  appartieni  T animai, 
la  perfection  de  sa  main  et  le  degré  de  son  intelligence  » (2). 
Il  Morselli  infine  ci  descriveva  la  disposizione  di  queste  linee  nel 
Cercopitliecus  Mona  (3).  Dal  confronto  si  è venuto  così  a stabi- 
lire i caratteri  distintivi  delle  linee  papillari  della  mano 
deir  uomo;  non  che  alcuni  di  questi  caratteri  non  si  trovassero 
anche  nelle  scimmie,  ma  mai  tutti  insieme.  Ora  questo  a noi 
può  non  interessarci,  ma  viceversa  il  fatto  opposto,  che  nell’ uomo 
cioè  comparisca  ciò  eh’  è caratteristico  delle  scimmie,  come 
posteriormente  ebbero  agio  di  osservare  Morselli  e Tamburini 
in  idioti  (4)  e il  Kollmann  in  razze  inferiori  (5)  non  può  non 
interessarci.  Però  per  recare  meno  confusione  possibile  nelle 
nostre  idee  debbiano  limitarci,  come  appunto  fece  il  Kollmann 
a quelle  parti  più  importanti  eh’  egli  chiama  die  Tastballen, 
giacché  le  altre  forme  (triangoli  etc.)  da  queste  parti  centrali 
dipendono.  Ora  questi  tori  tattili  possono  presentare  regressione 
quanto  alla  forma  e quanto  alla  loro  ubicazione.  Quanto  alla 
forma  possono  presentare  il  tipo  scimmiesco  Làngsreiìien  oder 
Simiadentypus  di  Kollmann,  che  si  può  rassomigliare  alla  forma 
di  diaster  direbbero  gli  Embriologi,  o se  vogliamo  allo  spaccato 
di  una  cipolla  (Vedi  la  mia  raccolta  Tav.  VII  fig.  3,  4,  6*,  16); 
il  tipo  triangolare  del  Féré  (6),  quale  si  può  vedere  nella  mia 


(1)  Purkinje,  Commentano  de  examine  iihysiologico  organi  visus  et  syste- 
matis  cutanei,  Eresi.,  1823. 

(2)  « Aimales  des  Sciences  naturelles.  Zoologie  »,  5.e  sèrie,  Vili,  1867,  p.  298. 

(3)  Morselli,  Sulla  disposizione  delle  linee  papillari  nella  mano  e nel 
piede  del  Cercopithecus  Mona,  « Annuario  della  Soc.  dei  naturalisti  di  Modena  », 
Anno  Vili,  fase.  2.  1871. 

(4)  hoc.  cit.,  pag.  318. 

(5)  A.  Kollmann,  Ber  Tastapparat  der  Hand  der  menschlichen  Rassen  und 
der  Affen.  Hamburg  u.  Leipzig,  1883,  p.  66,  71  e segg. 

(6)  Féré,  Les  empreints  des  doigts  et  des  orteils  « lourn.  de  F anat.  et  de 
la  phys.  »,  1893,  p.  227. 


60  — 


raccolta  (Tav.  VII  fig.  11)  ancora  più  raro  dell’  uomo,  tanto  che 
il  Galton  non  lo  annovera  nella  sua  classifica,  sebbene  abbia 
esaminato  migliaja  d’ individui  (forse  perchè  normali)  e che 
ricorda  un’altra  forma  comune  negli  antropoidi;  e in  generale 
tutte  le  forme  molto  semplici  (1).  Una  semplicità  caratteristica 
si  avrebbe  nelle  impronte  digitali  dei  Negri  (2).  Caratteri  pite- 
coidi avrebbero  puri  i seni  della  palma  all’  origine  delle  dita, 
quaudo  sono  composti  di  lunghe  e strette  anse,  ben  distinte  (3), 
come  in  un  nostro  caso  (Tav.  VI pg.  8).  Quando  all’ubicazione 
è da  notare  che  i sistemi  interpolati,  per  usare  una  espressione 
di  Galton,  nell’eminenza  tenar  o tra  questa  e l’indice,  o lungo 
le  dita  sono  rarissime  rimembranze  di  condizioni  comuni  negli 
antropoidi.  Qualche  volta  con  l’ ubicazione  coincide  la  forma 
prettamente  scimmiesca  (Vedi  Tav.  VI  pg.  7). 

Un  altro  lato  delle  ricerche,  quello  di  stabilire  la  simmetria 
o meno  dei  disegni  nelle  dita  dello  stesso  nome  in  una  quantità 
di  persone  e fare  le  percentuali,  non  ha  e non  poteva  avere 
la  corrispondente  esser Vcizione  nelle  scimmie;  solo  si  desume 
che  essendo  nei  normali  1’ asimmetria  presso  a poco  il  10 7o 
(Galton),  mentre  raggiunge  quasi  la  metà  negli  epilettici  (Féré) 
e resta  un  po’ indietro  nei  delinquenti  (D’ Abundo),  sia  tale 
fatto  rimarchevole  « car  on  sait  que  l’ asymmétrie  est  chez 
les  dégénéres  un  des  caractéres  physiques  les  plus  fréquentes; 
le  caractére  parait  devoir  se  trouver  méme  dans  les  details 
les  plus  minuscules  de  1’  organisatioh  » (4). 

Un  terzo  punto  è finalmente  quello  che  riguarda  V unifor- 
mità 0 meno  del  disegno  in  tutte  le  dita.  Anche  qui  mancando 
il  riscontro  con  le  scimmie  si  ricorre  a quella  pietra  di  paragone 
che  sono  le  degenerazioni  umane;  il  D’ Abundo  (5)  effettivamente 
mentre  nelle  ricerche  praticate  nei  normali  non  riscontrò  mai 


(1)  féré.  Note  sur  la  sensibilitè  de  la,  pulpe  des  doigts,  « C.  R.  de  la 
Societé  do  Biologie  »,  séance  du  15  Ottobre,  1895. 

(2)  Galton,  Finger  Prints,  London,  1892,  p.  196. 

(3)  Morselli  e Tamburini,  Degenerazioni  fisiche  etc.  L.  c. 

(4)  Féré,  Les  empreints  des  doigts  et  des  orteils,  L.  c.  pag.  232. 

(5)  D’  Abundo,  Le  impronte  digitodi  in  140  criminali.  « Riforma  medica  », 
9 Giugno  1894.  — Vedi  anche;  Contributo  allo  studio  delle  impronte  digitali, 
(Nota  preventiva).  Pisa,  1891. 


— Gi- 


uri identico  disegno  digitale  per  tutte  le  10  dita,  in  20  casi 
d’ inbecillità  notò  costantemente  una  tendenza  alla  ripetizione 
deir  identico  disegno  in  quasi  tutte  le  dita.  Se  ciò  si  mette  in 
rapporto  con  quello  che  il  Féré  già  prima  aveva  osservato, 
cioè  che  la  varietà  delle  forme  delle  impronte  dei  polpastrelli 
diminuisce  dal  primo  al  quinto  dito,  e che  le  dita  più  diffe- 
renziate dal  punto  di  vista  motore  (1),  il  pollice  e V indice, 
presentano  una  maggiore  varietà  di  forme  nelle  impronte  (2),  e 
che  queste  stesse  dita  sono  anche  le  dita  più  sensibili  (3),  si 
può  con  maggiore  ragione  venire  alla  conclusione  alla  quale 
ultimamente  è venuto  il  Féré  stesso,  cioè  che  « la  différencia- 
tion  physiologique,  tant  au  point  de  vue  de  la  sensibilité  qu’au 
point  de  vue  de  la  motilité  correspond  à une  dififérenciation 
morphologique  » (4).  L’ appianamento  notevole  delle  creste, 
che  si  trova  in  idioti,  io  stesso  T ho  constatato,  rappresenterebbe 
un  carattere  di  senilità  (D’ Abundo). 

XVI.  — La  forma  del  piede,  poco  svariata  invero,  non 
può  offrire  nessun  punto  di  contatto  con  la  forma  della  mano 
posteriore  degli  antropoidi,  (la  quale  è più  vicina  alla  nostra 
mano  che  al  nostro  piede,  tanto  ha  potuto  il  variare  della 
funzione),  e come  tale  non  ha  richiamato  L attenzione  quasi 
che  per  discutere  sugli  effetti  minori  o maggiori  delle  calzature. 
A un  solo  punto  si  è data  un’  importanza  diversa,  cioè  alla 
presenza  di  spazi  tra  le  dita,  che  sta  in  rapporto  a una  mag- 
giore mobilità  delle  medesime.  E noto  che  nelle  scimmie  le 
dita  godono  di  una  grande  mobilità  e il  pollice  anche  della 
opponibilità  (5);  fecero  perciò  grande  impressione  e destarono 
weitgehende  Hoffnungen,  dice  il  Weissemberg,  i racconti  di  popola- 
zioni che  coi  loro  piedi  potevano  eseguire  dei  lavori.  Effetti- 
vamente Regnault  (6)  trovò  negl’  Indiani  una  distanza  tra  la 
punta  del  1®  e del  2^  dito  sino  a 49  mm.,  mentre  in  Francia 


(1)  Féré,  La  distrihution  de  la  force  musculaire  dans  la  main  et  dans  le 
pied  étudiée  au  moyen  d' un  nouoeau  dynamometre  analytique,  « C.  R.  Soc.  de 
Biol.  »,  1889,  p,  339.  — Lo,  patìiologie  des  émotions,  1892,  p.  *125. 

(2)  Féré,  Les  empreints  etc.,  p.  497. 

(3)  Féré,  Note  sur  la  sensibilité  etc.,  Loc.  cit. 

(4)  Ibidem. 

(5)  Hartmann,  Les  singes  antropoides,  pag.  18. 

(6)  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  Sèrie  IV,  T.  II,  p.  683-685. 


— 62  — 


non  riusciva  a constatare  niente  di  simile  nè  sugii  adulti  nè 
sui  bambini;  e Vircliow  (1)  in  59  contorni  di  piedi  di  negri 
trovò  segnato  32  volte  uno  spazio  minore  o maggiore  tra  il 
lo  e il  2o  dito;  cosicché  si  credè  perfino  poterne  assegnare 
ragioni  anatomiche  (2).  Non  è meraviglia  perciò  che  lo  Schaaf- 
fhausen  veda  nell’  allontanamento  del  maggior  dito  uno  stato 
primitivo,  col  quale  spiega  T antichissima  usanza  di  allacciare 
i sandali  tra  il  1®  e il  2^  dito  (3).  Le  antiche  statue  mostrano 
sempre  uno  spazio  evidente  tra  il  lo  e il  2o  dito,  e persino  i 
sandali  stessi  presentano  in  molte  statue  una  incisione  sul 
posto  corrispondente.  Vero  è che  LAlbrecht  (4)  obietta  che  lo 
spazio  sia  piuttosto  la  conseguenza  che  la  causa  dell’  usanza, 
ripetendo  un’  opinione  già  manifestata  dall’  Hartmann  a propo- 
sito dei  Beggia  (5);  ma  allora  non  si  spiegherebbe,  dice  lo 
Schaaffhausen  (6)  perchè  lo  si  trovi  in  altri  popoli  che  non 
portano  alcuna  calzatura.  E mostra  di  avere  un  concetto  bene 
strano  delle  anomalie  il  Weissenberg  (7),  che  contro  l’ asser- 
zione dello  Schaatfhausen  adduce  il  fatto  che  il  pollice  si 
trova  allontanato  in  tanti  Europei  (io  stesso  potrei  citare  un 
mio  amico,  ma  nello  stesso  tempo  moltissimi  degenerati,  come 
appare  dalla  Tav.  VI),  nonché  un  po’  in  lui  stesso. 

Si  fa  però  un’  altra  questione:  lo  spazio  può  esistere  tra  il 
lo  e il  2o  dito  ed  essere  accompagnato  da  una  deviazione  in 
fuori  0 in  dentro  (verso  la  linea  mediana  del  corpo)  del  mag- 
gior dito  0 da  nessuna  deviazione.  Che  importanza  ha  questo? 
La  deviazione  in  fuori  per  consenso  unanime  degli  autori  è 
dovuta  alla  calzatura.  La  deviazione  in  dentro  è caratteristica 


(1)  ZiNTGRAFF,  59  Zeichnimgen  von  Fussumrissen  (besprochen  von  Yirchoio) 
« Zeitschr.  f.  Ethn.  »,  Bd.  XXI,  pag.  93-98  der  Verhan. 

(2)  Cfi*.  Lucae,  Die  Hand  und  der  Fuss,  ein  Beitrog  zur  vergleichenden 
Osteologie  der  Menschen,  Affen  und,  Deuteltliiere.  Frankfurt  a.  M.,  Bd.  V,  p.  296. 
— Sarasin  P.  e F.,  Die  Weddas  von  Ceglon,  AViesbaden,  1893,  p.  302. 

(3)  Ueber  die  Ldnge  der  Finger  und  der  Zehen,  Loc.  cit.,  — V.  anche, 
Ottolenghi  e Carrara,  Il  piede  prensile  negli  alienati  e nei  delinquenti, 
« Arch.  di  Psichiatria  »,  1892,  pag.  380. 

(4)  « Correspondenz-Blatt  der  D.  A.  G.  » 1884,  p.  99. 

(.5)  Les  peuples  de  V Afrique,  Paris,  1880,  p.  70. 

(6)  « Correspondenz-Blatt  der  D.  A.  G.  » 1884,  p.  99. 

(7)  Loc.  cit.,  pag.  108. 


63  — 


del  piede  prensile.  La  nessuna  deviazione,  cioè  V alluce  paral- 
lelo al  bordo  interno  del  piede  sarebbe  il  fatto  normale.  Cosi 
Meyer  di  Zurigo  per  il  primo,  poi  il  Pestel  (1),  Starke,  Ziegler  (2) 
Manouvrier  (3)  hanno  opinato.  Solo  quest’ ultimo  recentemente 
dietro  le  osservazioni  in  contrario  del  Regnault  (4)  si  è in 
parte  ricreduto  (5)  nel  senso  che  ammette  come  normale  una 
leggiera  obliquità  dell’  alluce  verso  l’ esterno  (una  leggiera 
abduzione),  e questo  effettivamente  pare  essere  il  vero. 

Gli  spazi  che  stanno  fra  le  altre  dita  e che  sono  tanto 
frequenti  nei  Negri  e nei  Papuas  (6)  sono  dal  Weissemberg 
attribuiti  al  fatto  di  camminare  scalzi  (7). 

XX.  — Un’  altra  quistione  relativa  alla  forma  del  piede  è 
quella  che  si  riferisce  al  piede  piatto,  cioè  che  manca  quasi, 
o totalmente  della  volta  (8):  patologico  per  il  Nache  (9),  niente 
affatto  patologico  secondo  altri,  perchè  non  si  accompagna 
ordinariamente  a disturbo  funzionale  tranne  in  casi  molto 
accentuati  (10).  Féré  e Demantké  che  hanno  studiato  di  pro- 
posito quest’  argomento  e con  metodi  antropometrici  esatti 
asseriscono  che  tale  appiattimento  si  mostra  più  spesso 
negl’  individui  che  hanno  maggior  copia  di  anomalie  fisiche,  i 
quali  in  generale  sono  pure  più  colpiti  dal  punto  di  vista 
psichico,  e che  pertanto  può  essere  considerato  come  un  segno 
di  degenerazione.  Osservano  altresì  che  il  piede  piatto  ricorda 
una  forma  normale  nelle  grandi  scimmie  più  vicine  all’  uomo 
e nelle  razze  umane  inferiori  (11).  Per  questo  riguardo  forse  è 


(1)  Pestel,  Pied  liumain  et  la  cliaussure  naturelle,  Glanchen.  1885. 

(2)  « Congr.  suisse  d’  hygièno  »,  Genève,  1892. 

Ò)  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  1891,  p.  687. 

(4)  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  T.  IV,  Sèrie  V.  1894. 

(5)  Ibidem,  pag.  252. 

(6)  SCHELLONG,  LoC.  cit. 

(7)  Weissemberg,  Loc.  cit. 

(8)  Cfr.  PouLET  e Chauvel,  art.  Pied  piai  congénital,  « Dict.  encycl.  des 
se.  méd.  »,  2. e sèrie,  t,  XXV,  p.  53.  — Rohmer,  Les  variations  de  forme 
normale  et  pathologique  de  la  piante  du  pied,  étudiées  par  la  méthode  graphique, 
(th.  Nancy,  1879). 

(9)  Verhrechen  u.  Wahnsinn  etc.  pag.  148. 

(10)  Cfr.  Humphry,  Plat-foot  and  piantar  ardi.  « lourn.  of.  anat.  phys.  », 
T.  XXI.  1889. 

(11)  « Journ.  de  1’ anat.  et  de  la  phys.  » 1891,  p.  441.  — V.  anche:  Carrara, 


— 64 


importante  la  relazione  eh’ è stata  osservata  tra  il  piede  piatto 
e il  piede  prensile.  Difatti  Michaut  parlando  del  piede  prensile 
degli  Annamiti  dice:  « tale  conformazione  speciale  fa  sembrare 
il  piede  annamita  molto  più  largo  eh’  esso  non  sia  realmente, 
esso  sembra  schiacciato  e la  volta  plantare  scompare  quasi, 
quando  si  guarda  il  soggetto  in  piedi  ».  E parlando  dei  Giap- 
ponesi dice:  « Il  Giapponese  cammina  come  un  plantigrado, 
sulla  pianta  dei  piedi  » (1).  Quanto  alla  patogenesi,  oltre  la 
predisposizione  congenita,  il  molto  stare  in  piedi  e il  molto 
camminare  sembrano  avere  un’  azione  decisiva  (2).  Anche  i 
piedi  torti  come  le  mani  torte  sarebbero  per  Krafft-Ebing  (3) 
segni  anatomici  di  degenerazione. 

XXL  — Quanto  alla  polidattilia  la  quale  si  può  osservare 
tanto  nelle  mani  che  nei  piedi  vi  sono  nella  scienza  opinioni 
contrarie.  Gli  uni  (Darwin,  Tonnini,  Penta,  etc.)  ritengono  il 
fatto  come  nettamente  atavico:  Schenk  effettivamente  in  due 
embrioni  umani  arrivati  alla  settima  settimana  di  sviluppo 
vide  un  numero  di  raggi  rappresentanti  i primi  lineamenti 
delle  falangi  superiore  a cinque,  in  un  caso  questo  numero 
era  di  nove  (4).  E contro  i sostenitori  dello  sdoppiamento  (5) 
il  Morselli  fa  osservare  che  la  dattiloschisi  è normale  nei 
Sciaci,  sebbene  rinunzì  a spiegare  con  l’ atavismo  i casi  di 
otti-noni  e decadattilia  che  chiama  teratologici  (6).  Il  Blanchard 


Alcune  rare  anomalie  scheletriche  nei  criminali,  « Arch.  di  Psichiatria  »,  1892 
pag.  573. 

(1)  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  T.  IV,  Sèrie  V,  1894,  p.  243. 

(2)  PÉRE,  Note  sur  les  variations  de  la  forme  de  la  piante  du  pied  sous 
V influence  du  repos,  de  la  station  et  de  la  marche  « C.  R.  Soc.  Biol.  »,  1891, 
pag.  387. 

(3)  Op.  cit.  pag.  169. 

(4)  Schenk,  Lehrbuch  der  vergleichenden  Emhryologie  der  Wirhelthiere 
Wien,  1874,  Vedi  p.  137,  fìg.  76.  — Cfr.  anche:  I.  Kollmann,  Handskelet  und 
Hijperdactylie,  « Verhandlimgen  der  anatomischen  Gesellschaft  »,  mai  1888,  e 
neir«  Anatomischer  Anzeiger  » del  1888,  n.”  17-18  — Bardeleben,  Praepollex 
und  Praehallux,  1889. 

(5)  Boas,  Bidrag  til  opfattelsen  of  Polydactylihos  Pattedyrene.  « Videnskap. 
Middel.  fraden  Naturh.  Foreining  i Kjòbenhavn  »,  1883  — Albrecht,  Sur  la 
valeur  morphologique  de  V hyperdactylie  « Deut.  Gesells.  f.  Chir.  » 1886  — 
Gronberg,  Beitrdge  zur  Kenntniss  der  polydactylen  Hììnerassen.  « Anat.  Anz.  » 
IX,  509-516,  4.  Fig.,  1894. 

(6)  Morselli,  Antropologia  generale,  p.  635. 


— 65  — 


sebbene  inclini  a vedere  nella  polidattilia  una  reversione,  fa 
le  sue  riserve  intorno  a certi  avvicinamenti  e a certe  omologie 
« qui  ne  sont  point  complètenient  à Tabri  de  la  critique  » (1). 
Il  Féré  si  limita  a constatare  che  si  tratta  di  un  disturbo 
dell’  evoluzione  (2);  fa  osservare  che  in  una  stessa  famiglia  e 
in  uno  stesso  individuo  accade  di  constatare  la  polidattilia  e 
il  fatto  opposto.  Altri  sono  nettamente  contrari  all’  atavismo 
(Topinard,  Delage).  Il  Blanc  recentemente  ha  distinto  nella 
polidattilia  tre  categorie:  polidattilia  atavica  per  ricomparsa 

di  dita  ancestrali;  2^  polidattilia  teratologica  per  divisione  di  dita 
normali  od  ataviche;  3^  polidattilia  eterogena  per  formazione  di 
dita  che  non  risulta  nè  dall’  atavismo  nè  dalla  schistodattilia  (3). 
La  prima  e 1’  ultima  categoria  richiedono  qualche  spiegazione. 
La  polidattilia  atavica  è caratterizzata,  secondo  il  Legge  che 
accetta  la  classifica  esposta,  dal  trovarsi  il  dito  soprannume- 
rario 0 al  di  là  del  quinto  dito  o al  di  là  del  primo,  mai  inter- 
calato fra  le  dita  normali  (4).  « Si  osserva  qualche  volta  un 
dito  formato  di  due  falangi,  intercalato  fra  due  raggi  digitali 
normali,  con  i quali  esso  non  ha  alcuna  connessione  nè  ossea 
nè  legamentosa,  nè  tendinea,  ma  solo  un  semplice  rapporto  di 
vicinanza;  in  tal  caso  non  si  può  ammettere  una  schistodattilia 
per  mancanza  di  ogni  dato  di  anatomia  che  ce  lo  dimostri  e 
neanche  1’  atavismo  per  il  posto  occupato  dal  dito  soprannume- 
rario ».  Si  tratta  allora  di  polidattilia  eterogena.  Un  eccessivo 
afflusso  di  liquidi  nutritivi  sarebbe  la  causa  ultima  della  poli- 
dattilia atavica  e della  schistodattilia;  del  resto  un’  esuberanza 
di  nutrizione  è anche  necessaria  per  la  polidattilia  eterogena. 

Lo  stesso  contrasto  troviamo  a proposito  della  riduzione 
numerica  delle  dita,  della  sindattilia:  vi  sono  i sostenitori 
dell’  atavismo  (5);  vi  sono  quelli  che  dinanzi  ai  casi  misti  dei 


(1)  Blanchard,  Loc.  cit.,  p.  454. 

(2)  Féré,  La  famille  névropathique. 

(3)  L.  Blanc,  Elude  sur  la  Polydactylie  chez  les  Mammiféres  « An.  Soc. 
Linnéenne  » Lyon,  1896. 

(4)  F.  Legge,  Di  un  nuovo  caso  di  polidactilia,  Bologna,  1896. 

(5)  Morselli,  Ibidem.  — Penta,  Di  alcune  più  importanti  anomalie  e del 
loro  significato  reversioo  nelle  mani  e nei  piedi  dei  delinquenti.  « Archiv.  di 
Psichiatria  »,  Voi.  XVI,  Fase.  IV-V,  p.  332;  « Annali  di  Nevrologia  »,  fase.  VI,  1894, 


66  — 


due  fenomeni  opposti  restano  dubbiosi  (1);  tanto  più  che  simili 
disturbi  in  difetto  possono  aversi  contemporaneamente  in  parti 
più  centrali:  nel  radio,  in  tutto  l’arto  superiore  compresa  la 
cintura  scapolare,  perfino  nel  torace  (2). 

La  brachidattilia  può  consistere  nell’ assenza  totale  di  una 
falange,  nella  sutura  di  due  falangi,  nell’arresto  di  sviluppo  di 
tutte  le  fiilangi,  raramente  risulta  dall’  arresto  di  sviluppo  dei 
metacarpi.  A preferenza  si  osserva  nelle  due  ultime  dita  della 
mano,  anche  nel  solo  mignolo,  e talora  ciò  coincide  con  una 
deformazione  a uncino  (3).  Lucas  considera  questo  genere  di 
deformazione,  combinata  con  una  deviazione  laterale,  come 
r indizio  di  una  tendenza  alla  scomparsa  del  mignolo  (4). 

E per  la  sindattilia  e per  la  brachidattilia  forse  può  invo- 
carsi un  difettoso  afflusso  di  liquidi  nutritivi,  come  il  contrario 
abbiamo  visto  invocato  per  la  polidattilia  (Legge). 

Gli  stessi  fenomeni  si  osservano  nelle  dita  dei  piedi:  si  ha 
la  riduzione  delle  due  ultime  dita  soltanto  e si  ha  la  riduzione 
totale:  ma  questa  più  che  altro  apparente,  cioè  per  effetto  di 
una  maggiore  estensione  delle  pliche  interdigitali,  come  nel- 
l’ Hylohates  syndactylus  e in  molti  Marsupiali  (5).  Viceversa  il 
cosidetto  mavtellement  delle  dita  del  piede  sarebbe  in  rapporto 
con  una  lunghezza  eccessiva  reale  (6). 

XXII.  — Gli  organi  dei  sensi  sono  spesso  sede  di  anomalie 
di  sviluppo  importantissime. 

Le  anomalie  dell’  orecchio  esterno  e precisamente  del  padi- 
glione avevano  richiamato  1’  attenzione  da  Morel  in  poi.  Quel- 
r acutissimo  osservatore  considerò  la  cattiva  conformazione 
dell’  orecchio,  non  come  un  segno  necessario  di  degenerazione, 
ma  come  quasi  sempre  associata  a una  condizione  nevropatica 
dei  genitori  (7).  Il  primo  a sconoscerne  l’ importanza  fu  Lan- 


(1)  Verrier,  Cas  ectrodactylie  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  1884,  p.  188. 

(2)  IoACHiMSTHAL,  Angehorene  Hand'Anomalien,  « Zeitschrift  f.  Etimologie  », 
1896,  Heft.  II,  p.  59  e segg. 

(3)  PÉRE,  La  famille  névropathique. 

(4)  « The  Lancet  »,  1892,  T.  I,  p.  462. 

(5)  Penta,  Loc.  cit.,  p.  331. 

(6)  Phocas,  De  V orteil  en  marteau,  « Gaz.  des  hóp.  »,  1892,  p.  1074. 

(7)  Morel,  De  la  formaiion  du  type  dans  les  variétes  dégénérées,  1864,  p.  36. 


— 67 


nois  (1)^  ma  il  numero  degli  esaminati  era  troppo  scarso  (41  gio- 
vani delinquenti).  Invece  lo  stesso  anno  Binder  (2)  dietro 
la  grande  frequenza  di  tali  anomalie  riscontrata  negli  amma- 
lati di  mente  e principalmente  negli  ereditari  assegna  loro  la 
più  grande  importanza.  Alla  stessa  conclusione  viene  un  anno 
dopo  Frigerio  (3).  Perfettamente  opposta  è P opinione  di  Iulia(4). 
L’ essere  le  percentuali  dedotte  da  statistiche  troppo  scarse 
dava  luogo  a queste  contraddizioni  e ad  altri  gravi  errori  (5). 
Fu  perciò  grande  ventura  quando  il  Gradenigo  si  accinse  al 
colossale  lavoro  di  esaminare  ben  15000  uomini  e 10000  donne 
in  perfetta  sanità,  ordinando  il  materiale  in  34  serie  affinchè 
le  percentuali  non  si  basassero  su  meno  di  200  casi;  nonché 
800  ammalati  di  mente  e 467  delinquenti.  Egli  venne  alla 
conclusione  che  nei  normali  le  anomalie  sono  molto  meno 
frequenti  e di  minore  importanza  (6).  Ecco  pertanto  le  conclu- 
sioni definitive  desunte  principalmente  dallo  studio  del  Gradenigo. 

Le  orecchie  ad  ansa  proprie  dello  Scimpansé  hanno  cosi 
dal  lato  embriologico  che  antropologico  un  netto  significato. 
Le  orecchie  oblique  invece  non  sono  da  considerarsi  come 
anomalia.  Orecchie  smisuratamente  grandi  possono  essere  consi- 
derate come  segno  di  degenerazione,  mentre  le  piccole  ordi- 
nariamente ben  modellate  rappresentano  una  più  alta  involu- 
zione. L’ appiattimento  del  padiglione  pel  Morselli  è un  carattere 
decisamente  scimmiesco  (7).  Orecchie  grandi,  sottili,  piatte, 
acuminate  sono  proprie  dello  Chimpansé. 

La  punta  di  Darwin  die  Darwin'  sche  Spitze  nelLuomo  è dipen- 
dente da  un'  incompleta  involuzione  dell'  elice:  essa  è come 
una  vera  punta  rivolta  indietro  quando  1'  elice  non  è ripiegato, 
avendosi  allora  1'  orecchio  di  Macaco  Macacusohr;  è diretta  in 


(1)  « Archiv.  d’  Anthrop.  crimin.  1887,  p.  346  e segg. 

(2)  « Archiv.  f.  Psych.  u.  Nervenkrankheiten  »,  1887,  Bd.  XX,  Heft  2. 

(3)  « Archiv.  d’ Anthrop.  crimin.  »,  1888,  p.  480. 

(4)  De  V oreille  au  'point  de  vue  anthropologique  et  mèdico ~lé gale.  Biblio- 
thèqiie  d’  Anthrop.  crim.  etc.  Paris-Lyon,  1889. 

(5)  Vedi  per  esempio:  Frani.  Eyle,  Ueher  Bildungsanomalien  der  Ohrmu- 
schel,  Zurich,  1891. 

(6)  « Giornale  della  R.  Accademia  di  Medicina  di  Torino  »,  1890,  N.  6, 
e altrove. 

(7)  Manuale  di  sernejotica,  Voi.  I,  p.  171, 


avanti  quando  V elice  è ripiegato  ma  non  sufficientemente 
ridotto.  Come  anomalia  ha  grande  valore:  ordinariamente  si 
accompagna  a un  terzo  e talora  a un  quarto  Crus  antJielicis.  Il 
tubercolo  di  Darwin  der  Daridn  sche  Hacker  sul  margine  poste- 
riore deir  elice  ha  un’  importanza  molto  minore,  poiché  in 
forma  ridotta  è frequente  e col  tatto  si  trova  in  quasi  tutte  le 
orecchie.  Notevole  però  T osservazione  del  Chiarugi  (1)  che 
vide  le  due  correnti  dei  peli  del  margine  libero  dell’  orecchio 
incontrarsi  nel  tubercolo  quando  questo  esiste,  a quel  modo 
che  negli  animali  i peli  si  dirigono  verso  la  punta.  La  punta 
di  satiro  die  Satyrspitze  all’apice  del  padiglione  sarebbe  più 
legata  a fatti  embrionali.  Il  padiglione  senza  bordo  si  osserva 
in  molte  scimmie  inferiori  (2);  importanza  atavica  avrebbe 
parimenti  lo  sviluppo  esagerato  della  radice  dell’elice  (3),  che 
alle  volte  raggiunge  1’  antelice  dividendo  in  due  la  conca. 

Fra  le  molte  anomalie  dell’  antelice  la  sua  aderenza  all’elice 
è da  riguardare  come  un  fatto  teratologico  e la  sua  produzione 
coincide  con  quella  dell’elice  nastriforme;  mentre  la  sua  ridu- 
zione 0 r assenza  di  una  delle  sue  branche  possono  essere 
riferite  a fatti  atavici  (4).  Può  aversi  anche  il  fatto  opposto, 
cioè  un  terzo  crus  anihelicis,  o uno  sviluppo  esagerato  da  supe- 
rare 1’  elice  (5).  Il  trago  e 1’  antitrago  hanno  poco  valore.  Quel 
gruppo  di  peli  esistenti  alla  faccia  interna  del  trago  e più 
rigido  nel  vecchio  è il  ritorno  del  ciuffetto  di  molti  mammi- 
feri, afferma  il  Morselli  (6). 

Il  lobulo  ha  poca  importanza  perchè  viene  tardi  nell’  evo- 
luzione; però  il  lobulo  saldato  ad  angolo  acuto  langangeioacìisenes 
Olirìdppclien  sarebbe  segno  di  degradazione.  Féré  e Séglas  riten- 
gono inammissibile  che  1’  aderenza  del  lobulo  abbia  importanza 
atavica,  poiché  questa  varietà  non  si  trova  in  nessuna  scimmia: 


(1)  « Bollettino  dei  Fisiocritici  di  Siena  »,  An.  G.°  Fase.  2.°  1888. 

(2)  Dallemagne,  Stygmates  anatomiques  de  la  criminalité , Paris,  189G,  p.  135. 

(3)  Féré  et  Séglas,  Contrib.  à V étude  de  qualques  variélés  morphologiques 
du  pavillon  de  V oreille  humaine,  « Revue  d’  Anthr.  »,  1886,  p.  235. 

(4)  Féré  et  Séglas,  Loc.  cit. 

(5)  W iLDERMOUTH , Ueber  Begenerdlionszeichen  bei  Epileptischen  und 
Idioten,  v Centralblatt  fiir  Nervenheilkunde  »,  1.  marzo  1887. 

(6)  Antropologia  generale. 


— 69  — 


ricerche  fatte  su  1230  persone  alla  Salpetrière  confermarono 
questo  punto  di  vista.  L’ assenza  completa  invece  ha  il  suo 
riscontro  nelle  scimmie  (1).  Il  coloboma  congenito  del  lobulo 
sarebbe  il  risultato  di  un’anomalia  di  sviluppo  per  Israel  (2) 
e altri.  Sul  lobulo  infine  si  può  prolungare  la  fossa  scafoidea. 

Va  ricordato  il  cosidetto  indice  morfologico  di  Schwalbe  costi- 
tuito dal  rapporto  esistente  tra  la  lunghezza  vera  dell’  orecchio, 
cioè  dall’  incisura  auris  antherior  sino  alla  punta  del  padiglione 
(prendendo  per  sommità  vera  il  disco  cartilagineo  situato  verso 
il  quarto  superiore  del  bordo  posteriore  del  padiglione),  e la 
base  0 larghezza  basale:  un  orecchio  realmente  largo  si  avvi- 
cinerebbe all’  orecchio  scimmiesco.  Risulta  che  1’  orecchio  fem- 
minile si  allontana  di  più  da  quello  della  scimmia  sotto  questo 
rispetto  (3). 

XXIII.  — Delle  anomalie  che  si  osservano  negli  altri 
organi  di  senso  e loro  pertinenze  poco  si  sa  dal  punto  di  vista 
comparativo.  Il  Morselli  enumera  come  caratteri  pitecoidi  del 
naso:  l’ indice  nasale  megasemo,  come  negli  Ottentotti,  Tasma- 
niesi  e Negri  per  eccessiva  larghezza  trasversale;  il  naso  trilobo 
come  negli  Akka  (Mantegazza),  formato  dalla  punta  del  naso 
che  sorge  come  un’eminenza  isolata,  appena  al  di  fuori  delle 
narici  rigonfie;  la  forma  ellissoide  o rotonda  delle  narici,  mentre 
è triangolare  nelle  razze  alte;  la  loro  disposizione  divergente  e 
r essere  visibili  dal  davanti;  la  piccolezza  delle  pinne,  oppure 
lo  sviluppo  anormale  dei  piccoli  muscoli  che  le  dilatano;  l’in- 
fossamento della  radice  nasale  sotto  la  glabella;  lo  spessore 
e la  forma  triangolare  del  setto.  Krafft-Ebing  ritiene  il  naso 
torto  segno  di  degenerazione  (4). 

Quanto  agli  occhi  la  massima  attenzione  meritano  alcune 
osservazioni  del  Metchnikoff  (5).  Questi  ritiene  come  persistenza 
di  uno  stato  fetale  i due  principali  caratteri  dell’  occhio  mon- 
golico, cioè:  il  ripiegamento  all’  interno  del  bordo  libero  della 
palpebra  superiore,  ripiegamento  che  costituendo  come  un 


(1)  Frigerio,  hoc.  cit,  pag.  461. 

(2)  « Zeitschrift  fùr  Etimologìe  »,  1890,  fase.  Il,  p.  53  der  Verhandl. 

(3)  Schwalbe,  Beitràge  zur  Anihr omologie  des  Ohres,  Berlin,  1891. 

(4)  Op.  cit.  Voi.  I,  p.  168. 

(5)  « Zeitsch.  f.  Ethn.  »,  1874. 


— 70  — 


cercine  rigonfio  diminuisce  V apertura  palpebrale;  e la  briglia 
interna,  il  cosidetto  epicanto  tra  noi,  prolungamento  della 
piega  anzidetta,  la  quale  poco  prima  di  arrivare  air  altezza 
del  punto  lacrimale  superiore  si  solleva  a vela  e prende  una 
direzione  discendente  curvilinea  e verticale,  passando  dinanzi 
la  caruncola.  Efiettivamente  rocchio  mongolico  si  osserva 
negli  Europei  a preferenza  nelle  donne  e nell’  infanzia.  Per 
Nacke  ed  altri  (Ranke  ad  es.)  la  plica  mongolica  è conseguenza 
della  configurazione  della  radice  del  naso  (1);  Topinard  invece 
nega  che  sia  in  clic  un  rapporto  con  la  disposizione  delle  ossa  (2). 
L’  obliquità,  contrariamente  all’  opinione  comune  è tra  i carat- 
teri distintivi  dell’  occhio  mongolico  il  più  raro  e generalmente 
non  interessa  che  uno  solo  dei  due  occhi:  in  parte  è dovuto 
al  rigonfiamento  delle  palpebre;  del  resto  neanche  gli  occhi 
degli  Europei  sono  mai  rigorosamente  orizzontali  (3).  Un’obli- 
quità esagerata  si  troverebbe  negl’indigeni  dell’Africa  au- 
strale (4).  Zacharias  (5)  considera  l’ epicanto  congenito  come 
resto  della  membrana  nitti tante,  la  quale  invece  Morselli,  Tam- 
burini, Hartmann,  Wiedersheim  (6)  e molti  altri  vedono  rappre- 
sentata nella  piega  semilunare.  Micklucho-Maclay  descrive  la 
caruncola  nei  Melanesiani  (Papuas  della  nuova  Guinea),  negli 
Orangs-Sakays  della  penisola  Malese  e nei  Micronesiani  (del- 
l’ isola  di  lap  e dell’  arcipelago  di  Palau)  grande  da  due  a tre 
volte  quella  dell’  Europeo  (7).  Anche  1’  Hartmann  1’  ha  trovato 
di  una  grandezza  considerevole  nei  Fellahs,  Berabras,  Fungé, 
Schilluks,  Denka,  ma  mai  una  vera  piega  semilunare  anche 
rudimentale.  La  piega  semilunare  la  trova  sempre  invece  nei 
Gorilla  e Schimpansé  adulti  (8).  Il  Féré  richiamò  1’  attenzione 
sull’asimmetria  cromatica  dell’iride  come  stigmata  nevropa- 


(1)  Verbrechen  und  Wahnsinn  beim  Weibe,  p.  118. 

(2)  Elements  d'  Anthropologie  générale,  p.  1002. 

(3)  Topinard,  Ibidem,  p.  1000. 

(4)  Morselli  e Tamburini,  L.  c.,  p.  194. 

(5)  Zacharias,  Katechismus  des  Darwinismus,  Leipzig,  1892. 

(6)  Morselli  e Tamburini,  L.  c.,  p.  195.  — Hartmann,  Les  singes  anthro- 
poides  et  V homme,  p.  74.  — Wiedersheim,  Ber  Bau  des  Menschen  als 
Zeugniss  fùr  seine  Yergangenheit,  Freiburg,  1887. 

(7)  « SitzLingsberichte  der  D.  A.  G.  »,  9 Marzo  1808. 

(8)  Op.  cit. 


— 71 


tica  (1)^  cliromJiétéropie  di  Malgat  (2),  e dopo  di  lui  il  Tonnini 
sulla  differenza  di  colorito  tra  la  zona  pupillare  e la  peripu- 
pillare, fatto  già  osservato  sino  dal  1877  dall’ Hartmann  nel 
gorilla  deir  Acquario  di  Berlino,  nonché  sugli  accumuli  di 
pigmento  di  colore  diverso  da  quelli  dell’  iride  (variegazione 
dell’  iride  di  Morselli),  accumuli  che  per  il  Nache  dipendereb- 
bero da  disturbi  di  nutrizione  (3).  Il  coloboma  dell’  iride  sarebbe 
segno  di  degenerazione  (4).  La  corectopia  segnalata  dal  Magnan 
come  stigmata  fisica  di  notevole  importanza  ha  suscitato  delle 
discussioni  sull’  interpretazione  genetica.  Alla  Società  d’ oftal- 
mologia di  Parigi  (2  dicembre  1890)  De  Wecker  sostenne 
essere  dovuta  ad  accidenti  glaucomatosi  congeniti.  Questa 
spiegazione  non  pare  (5)  possa  valere  per  tutti  i casi,  special- 
mente  quando  la  corectopia  non  si  associa  al  bulboftalmo  (caso 
di  Mayerhausen).  In  generale  la  pupilla  invece  di  occupare  il 
centro  dell’  iride  si  trova  spostata  in  alto  e in  fuori  (6).  I nevro- 
patici  sarebbero  più  sovente  soggetti  biondi  a occhi  chiari  (7). 

XXIV.  — Antica  è la  nozione  delle  anomalie  degli  organi 
genitali  come  tara  degenerativa.  La  criptorchidia,  l’ipospadia, 
la  lunghezza  eccessiva  delle  ninfe  e della  clitoride,  il  poco 
sviluppo  del  monte  di  Venere  hanno  riscontri  manifesti  nella 
serie  animale  (8),  e abbondano  nei  degenerati  (9).  Ma  tra  i 


(1)  « Progrès  medicai  j),  1886,  p.  802.  — Vedi  anche:  Les  épilepsies  et  les 
épileptiques  p.  388. 

(2)  ((  Ree.  d’ ophtalmologie  1889,  p.  321. 

(3)  Verbrechen  und  Wahnsinn  beim  Weibe,  p.  146. 

(4)  Krafft-Ebing,  Op.  cit.,  Voi.  I,  p.  168. 

(5)  De  Bono  e Dotto,  U occhio  degli  epilettici,  Palermo,  1894,  p.  21. 

(6)  PÉRE,  Les  épilepsies  et  les  épileptiques,  pag.  390. 

(7)  PÉRE,  Ibidem,  pag.  388. 

(8)  Cfr.  Gratiolet  et  Alix,  Recherches  sur  V anatomie  du  Troglodytes 
Aubryi,  « Nouvelles  Archives  du  Museum  »,  T.  Il,  p.  1-263,  1866.  — Hoff- 
MANN,  Ueber  die  loeiblichen  Genitalien  eines  Schimpansen  « Zeitscrift  fùr 
Geburtshiilfe  und  Ginackologie  »,  II,  pag.  1-9,  1878.  — Tu,  L.  W.  Bischolf, 
Vergleichend  anatomische  Untersuchungen  ilber  die  àusseren  weiblichen 
Geschlects  und  Begattungs-Organe  der  Menschen  und  der  Affen  insbesondere 
der  Anthropolden.  — Hartmann,  Ber  Gorilla,  Leipzig.  1880.  — Blanch  aro, 

le  tablier  et  la  stéatopygie  des  femmes  boschimanes,  « Bull.  Soc.  Anthr.  », 
1883,  p.  348,  e L'  ataoisme  chez  V homme  L.  c.,  pag.  484  e segg.  e molti  altri. 

(9)  « Ann.  módico-psycholog.  »,  séance  du  27  mars  1876,  pag.  441.  — Vedi 


72  — 


numerosi  segni  abnormi  sessuali  la  cosidetta  sessualità  equivoca 
presenta  un  interesse  speciale  che  risiede  « da  una  parte  nei 
rapporti  che  esistono  tra  T equivoco  morfologico  e degli  equivoci 
psichici,  e d’ altra  parte  nella  connessione  che  riunisce  tali 
forme  eccezionali  alla  degenerazione  » (1).  Poiché  la  degene- 
razione è la  livellatrice  delle  differenze  sessuali  (2),  e in  questi 
individui  « le  inorai  est  toujours  plus  ou  moins  à P unisson 
du  physique,  participe  également  de  deux  sexes  » (3).  Difatti 
il  mascoUsmo  (viraginilé)  caratterizzato  dalla  presenza  di  organi 
genitali  senza  dubbio  femminili  contemporaneamente  a un 
bacino  poco  sviluppato,  natiche  poco  sporgenti,  mammelle 
poco  apparenti,  spalle  larghe,  torace  ampio,  pelo  abbondante, 
voce  forte,  membra  in  cui  si  disegnano  i rilievi  muscolari, 
andatura  maschile  si  accompagna  a gusto  per  gli  esercizi 
violenti  e al  contrario  poca  inclinazione  per  i lavori  femmi- 
nili e per  la  toilette.  Il  contrario  non  si  effettua:  artificialmente 
si  può  avvezzare  e adibire  una  donna  a esercizi  violenti  senza 
perciò  dar  luogo  a equivoci  nè  psichici  nè  somatici:  le  povere 
acrobate  da  café-chantant  in  fondo  sono  migliori  dell’ ambiente 
che  le  snatura.  Le  tribadi  hanno  caratteri  mascolini  (Venturi). 

Il  femminismo,  caratterizzato  dalla  presenza  di  organi 
genitali  maschili  (c  questi  generalmente  poco  sviluppati)  con- 
temporaneamente a un  bacino  largo  e un  po’  svasato,  ventre 
prominente  come  pure  la  regione  prepubica,  natiche  sporgenti, 
arti  inferiori  in  proporzione  a tutto  il  corpo  più  brevi  coi 
ginocchi  molto  ravvicinati  nella  stazione  verticale,  torace 
stretto,  piuttosto  rotondo  con  mammelle  voluminose,  collo 
gracile,  abbondanza  del  tessuto  grassoso  sottocutaneo  che  arro- 
tondisce  le  membra  e nasconde  i rilievi  muscolari,  pelle 


anche:  Maschka,  Medicina  legale,  Napoli  1889,  voi.  IV  (Emminghaus,  Idiotismo 
ed  imbecillità,  [>ag.  272;  Gauster,  Degenerazioni  psichiche  pag.  486).  — Bour- 
NEviLLE  et  SoLLiER,  Des  anomaUes  des  organes  génitaux  chez  les  idiots  et  les 
èpileptiques,  « Progrès  rnédical  »,  1888,  T.  VII,  2.e  sèrie  p.  125.  — Louet, 
Bes  anomalies  des  organes  génitaux  chez  les  dégénérés,  Thèu  de  Bordeaux, 
1889.  — Venturi,  Le  degenerazioni  psicosessuali  pag.  101. 

(1)  PÉRE,  La  famille  nèoropatique  pag.  292.  — Vedi  anche:  Morselli, 
Antropologia  generale  pag.  646. 

(2)  De  Bono  e Dotto,  L.  c.  jiag.  8. 

(3)  Moreau,  Psgchologie  morbide,  Paris  1859,  p.  328. 


— 73 


diafana^  dolce  al  tatto,  peli  rari,  voce  sottile,  testa  piccola  dai 
capelli  fini  e fisonomia  femminile,  andatura  piena  di  grazia  e 
di  mollezza  (1),  si  accompagna  a inclinazioni  sessuali  nulle  o 
pervertite.  Bambini  di  grande  dimensione,  scrive  il  Meige,  che 
i giuochi  divertono  ancora  nei  loro  ghiribizzi,  o che  s’  accin- 
gono senza  perseveranza  a occupazioni  proprie  del  sesso 
maschile,  non  mancano  di  evidenti  tendenze  femminili:  la 
civetteria,  la  mutabilità  dell’  umore,  le  paure,  i trasporti  e le 
ripugnanze  senza  riflessione  (2).  Tra  costoro  si  reclutano  gli 
urningi  (Venturi). 

In  altri  casi  i caratteri  sessuali  secondari  invece  di  pre- 
sentare tali  inversioni  complete  possono  presentare  soltanto 
un’inversione  parziale:  cosicché  si  ha  un  miscuglio  di  caratteri 
sessuali  secondari  dell’  uomo  e della  donna:  androginismo.  L’  an- 
drogino maschio,  per  es..  ha  spalle  larghe,  bacino  ampio, 
mammelle  poco  sviluppate  e manca  di  barba.  L’androgino 
femmina  ha  le  spalle  larghe,  il  bacino  stretto,  le  mammelle 
poco  sviluppate,  e il  labbro  superiore  per  lo  meno  è coperto 
di  peli.  È probabile  che  qui  anche  l’equivoco  psichico  sia 
meno  evidente. 

Succede  spesso,  scrive  ancora  il  Meige,  che  i caratteri  della 
morfologia  femminile  non  sono  manifesti  che  in  una  metà  del 
corpo,  il  bacino  e gii  arti  inferiori  principalmente,  analoga- 
mente a un  attacco  di  paraplegia  infantile  (3). 

Accanto  al  femminismo  va  posto  l’ infantilismo:  conserva- 
zione delle  forme  somatiche  dell’infanzia  eccettuata  la  statura; 
uno  stato  mentale  infantile  accompagna  sempre  questa  defor- 
mità: leggerezza,  ingenuità,  pusillanimità,  pianto  e riso  facili, 
irascibilità  pronta  ma  fugace,  tenerezze  eccessive  o avversioni 
irragionevoli  (4). 


(1)  Cfr.  L.  Taossig,  Considerazioni  medico-legali  sopra  un  caso  di  epispadia 
completa  « Biillettino  de  la  R.  Accad.  med.  di  Roma  » Anno  XXII,  Fase.  I e li 
pag.  181. 

(2)  Meige,  L'  infantilisme,  le  féminisme  et  les  hermaplirodites  antiques 
« L’  Anthropologie  »,  1895,  T.  VI,  N.  5,  p.  530. 

(3)  Meige,  Loc.  cit.,  T.  VI,  N.  4,  pag.  431. 

(4)  Meige,  Loc.  cit.,  pag.  423.  — Per  la  Bibliografia  vedi:  Imoda,  Cinque 
casi  di  infantilismo  maschile  ed  un  caso  di  mascolismo.  « Rivista  di  Psichiatri^,  » 
1896,  Voi.  XVII,  pag.  526. 


— 74  — 


Come  si  vede  il  proeesso  degenerativo  si  eoncentra  spesso 
anatomicamente  intorno  ai  caratteri  sessuali  secondari.  Ciò  si 
può  spiegare,  secondo  il  Tonnini  (1)  « pensando  che  questi 
ricordano  più  gli  attributi  della  specie  e sono  collegati  meno 
degli  altri  caratteri  somatici  alla  vitalità  funzionale  degli 
organi;  la  quale  negli  organismi  si  trasmette  sempre  con  quel 
dato  somatismo  per  conservare  la  vita  deir  individuo  (appa- 
recchi circolatorio,  digerente,  respiratorio)  ».  Corrobora  la  sua 
opinione  con  la  nota  teoria  del  Weismann  (2),  ma  a me  pare 
che  questa  non  aggiunge  niente  all’  argomentazione,  a meno 
che  non  si  voglia  ammettere,  come  fa  il  Tonnini,  che  la  dege- 
nerazione si  trasmetta  prevalentemente  per  le  cellule  germi- 
native attraverso  la  filogenesi.  Ma  questo  il  Weismann  non 
dice;  anzi  dice  che  tutti  i caratteri  del  figlio  scaturiscono  dalle 
cellule  germinative  del  padre  (3).  E probabile  che  questa  del 
Tonnini  sia  una  illusione,  e che  il  processo  degenerativo  indif- 
ferentemente colpisca  i diversi  organi:  T illusione  nascerebbe 
da  ciò,  che  colpendo  organi  nascosti  il  processo  non  si  rileva, 
tranne  accidentalmente  alT  autopsia,  mentre  quando  colpisce 
T apparato  sessuale  primario  o secondario  le  anomalie  sono  e 
l^er  se  stesse  manifeste  e per  le  modificazioni  che  ne  risente  la 
psiche.  E in  fondo  noi  siamo  sempre  in  presenza  di  quel  fatto 
fondamentale  che  spiega  tutta  la  degenerazione,  cioè  dell’  or- 
ganismo che  sotto  T influenza  morbosa  non  trova  più  la  via 
battuta  dai  suoi  antenati  e si  smarrisce  tra  forme  atipiche. 
Perchè  è bene  mettere  questo  in  rilievo:  esiste  senza  dubbio 
il  mascolismo,  esiste  il  femminismo  e l’infantilismo;  ma  i casi 
tipici  sono  oltremodo  rari,  le  forme  fruste  invece  sono  nume- 
rose (4):  1’  androginismo,  l’ infantilismo  frequentemente  accop- 
piato al  femminismo  illustrano  il  nostro  modo  di  vedere.  Che 
la  degenerazione  non  si  preoccupi  affatto  di  conservare  la 
vita  dell’  individuo,  come  parrebbe  da  quello  che  dice  il 
Tonnini,  lo  dimostra  altresì  il  contemporaneo  attacco  ad  altri 
sistemi  che  si  ha  frequentemente  negl’  infantili:  cosi,  il  myxoe- 


(1)  Tonnini,  Op.  cit.,  pag.  35. 

(2)  Weismann,  Ueber  die  Yererhurg,  Iena,  1883. 

(3)  Vedi:  Canestrini,  La  teoria  delV  evoluzione,  pag.  65. 

(4)  Meige,  Loc.  cit.,  T.  VI,  N.  4,  pag.  421. 


75  — 


dema  infantile  che  partecipa  insieme  dei  caratteri  dell’  infan- 
tilismo e del  myxoedema,  l’ atrofia  muscolare,  l’ obesità,  il 
rachitismo,  il  nanismo  e il  gigantismo,  le  affezioni  ossee  infiam- 
matorie, la  tubercolosi,  l’ idiozia,  l’ imbecillità,  l’ epilessia  e 
r isterismo.  Evidentemente  tutta  questa  sindrome  richiede 
un’  unica  spiegazione:  sono  difatti  disordini  trofici,  conseguenza 
di  una  lesione  che  rimonta  alla  vita  intrauterina  (1).  « L’indi- 
vidu  naìt  avec  un  dossier  pathologique  chargé  des  incidents 
de  la  vie  embryonnaire  et  foetale.  Le  compte  morbide,  à la 
naissance  est  déjà  ouvert:  la  partie  de  notre  èvolution  à 
laquelle  nous  donnons  exclusivement  le  nom  de  vie,  parce 
que  c’  est  d’  elle  seule  que  nous  avons  conscience,  notre  évo- 
lution  extrautérine  ne  fait  que  continuer  la  sèrie  physiologique 
ou  pathologique  » (2).  Avendosi  per  alterazione  dei  centri 
trofici  r atrofia  sessuale,  secondariamente  e come  corollario  si 
sviluppa  la  sindrome  morfologica  che  imprime  al  corpo  del- 
l’ individuo  le  stigmate  dell’  infantilismo  (3).  Che  tutto  ciò  non 
si  verifichi  negli  affetti  da  mascolismo,  da  femminismo  o andro- 
ginismo  non  vuol  dire  altro  che  in  costoro  l’ influenza  morbosa 
sopraggiunse  più  tardi  e quando  altri  organi  in  via  di  evolu- 
zione non  vi  erano  che  i sessuali  accessori.  Quest’  influenza 
morbosa,  come  tutte  le  influenze  morbose,  può  essere  perma- 
nente; può  essere  transitoria  e si  ha  il  femminismo  della 
pubertà  che  si  osserva  nei  ragazzi  delle  grandi  città,  quale  è 
stato  descritto  dal  Brouardel;  può  consistere  in  un  semplice 
errore  di  nutrizione  per  cui  le  sole  cellule  delle  glandole 
mammarie  che  erano  allo  stato  latente  si  sviluppano,  sinché 
le  cellule  maschili  per  cosi  dire  non  prendono  il  sopravvento 
e le  obbligano  a regredire  (4).  Il  Venturi  crede  che  in  questi 
casi  si  tratti  di  « regresso  all’  ermafroditismo  o meglio  alle 
tracce  dell’  antico  ermafroditismo  » (5).  Ma  avendo  i nostri 


(1)  Brissaud,  Lerons  sur  les  maladies  nerveiises,  1894,  vedi:  Leg.  VI,  XVI  etc. 

(2)  Hanot,  « Bulletin  medicai  »,  26  juin  1895. 

(3)  Meige,  Loc.  cit.,  T.  VI,  N.  4,  p.  421. 

(4)  Ammon,  L' infantilisme  et  le  Féminisme  ou  conseil  de  rèmsion  n L’ An- 
thropologie  »,  T.  VII,  N.  3 p.  308. 

(5)  Venturi,  Origine  dei  caratteri  differenziali  fra  V uomo  e la  d.onna. 
Nocera  inferiore,  1896,  pag.  15. 


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antenati  diretti  cessato  di  essere  ermafroditi  « air  epoca  dei 
vermi  » ^ com’  egli  arguisce,  non  credo  che  risalendo  sino 
oltre  quest’  epoca  si  possano  trovare  quelle  tracce  che  ci  è 
dato  di  osservare  negli  ermafroditi.  Tanto  più  che  quasi  sempre 
gli  organi  sessuali  fondamentali  che  si  potrebbero  far  risalire 
sino  a queir  epoca  non  sono  invece  interessati;  e T ermafro- 
ditismo consiste  nelle  apparenze  esteriori  che  sono  venute 
molto  più  tardi  nelT  evoluzione.  L' ipotesi  del  Venturi  poi,  sia 
detto  in  parentesi,  che  le  differenze  sessuali  presenti  sieno  le 
differenze  originarie  di  due  specie  differenti,  è contradetta 
dal  fatto  notato  dal  Thulié,  che  « più  la  civiltà  progredisce 
più  si  accentuano  i caratteri  particolari  delT  uno  e dell’  altro 
sesso  » (1).  In  questo  senso  se  mai  si  potrebbe  accettare  la 
sessualità  equivoca  come  regressione,  in  quanto  che  « i carat- 
teri propri  di  ciascun  sesso  si  vanno  accentuando  parallela- 
mente  alT  elevazione  nella  serie  animale  » (2);  il  che  vediamo 
nelle  stesse  razze  umane:  « car  le  développernent  du  bassin 
devrà  fatalement  marcher  parallélement  au  développernent  du 
cerveau  puisqiT  il  devrà  le  soutenir  et  lui  livrer  passage  au 
moment  de  la  parturition  ».  « Il  y a progres  quand  il  y a entre 
les  sexes  le  plus  de  dissemblance  » dice  Sicard  (3). 

I viaggiatori  riferiscono  che  nelle  popolazioni  Malesi  è dif- 
fieile  a prima  giunta  distinguere  un  uomo  da  una  donna;  ed 
è noto  che  nelle  scimmie  le  differenze  sessuali  secondarie 
sono  anche  meno  spiccate.  Recentemente  il  concetto  del  dimor- 
fismo sessuale  è stato  formulato  con  maggiore  rigore  scientifico: 
il  dimorfismo  sessuale  è più  accentuato  là  dove  le  differenze 
fra  T indice  ileo-pelvico  maschile  e il  femminile  è maggiore  (4). 

Effettivamente  mentre  nelle  razze  Malesi  questo  divario  si 
aggira  intorno  ad  1,  negli  Europei  secondo  i calcoli  del  Sergi 
è di  4,3.  Viceversa  « quanto  più  l’indice  pelvico  e,  in  gene- 
rale, la  forma  del  bacino  nell’  uomo,  si  avvicinano  a quelli 


(1)  <(  RevLie  d’ Anthropologie  »,  1885,  {>ag.  231. 

(2)  Ibidem,  pag.  229, 

(3)  Henri  Sicard,  U éoolution  scxucllc  dans  l' espèce  hwnnine,  Paris,  1892.  — 
Cfr.  Zino  Zini,  Neutraliié  du  genie,  « Archivio  di  Psichiati'ia  »,  1896,  Fase.  I 
e II,  pag.  127. 

(4)  G,  Marina,  Studi  antropologici  sugli  adulti,  Torino.  1897,  pag.  37. 


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della  donna,  tanto  più  questa  somiglianza  troverà  suo  riscontro 
nella  forma  della  capsula  craniale,  nella  capacità  cranica,  e 
in  certi  caratteri  e tendenze,  che  chiamerei  di  femminilità; 
quanto  più  se  ne  allontanano,  tanto  più  il  cranio  si  allontana, 
per  forma  e per  capacità,  dai  crani  femminili,  e tanto  più 
virili  e maschi,  sono  i caratteri  e le  tendenze  deirindividuo  ». 
Normalmente,  dice  il  Kurella  (1),  una  sostanza  chimica  spe- 
ciale, una  specie  di  fermento  segregato  dalle  ghiandole  genitali 
maschili  impedisce  lo  sviluppo  dei  caratteri  sessuali  secondari 
e terziari  femminili;  altrettanto  avviene  in  modo  inverso  per 
la  donna:  ma  contro  ciò  sta  la  presenza  delle  ghiandole  di  un 
sesso  e dei  caratteri  sessuali  secondari  del  sesso  opposto,  come 
sopra  abbiamo  visto;  mentre  se  le  ghiandole  genitali  sono 
atrofiche  non  si  ha  nè  il  mascolismo  nè  il  femminismo  come 
vorrebbe  il  Kurella,  ma  l’ infantilismo. 

Fra  i caratteri  sessuali  secondari  speciale  menzione  meri- 
tano le  mammelle;  e nell’  uomo  il  sistema  pilifero,  sopratutto 
la  barba. 

XXV.  — Caratteri  degenerativi  della  mammella  nella  donna 
sono  secondo  il  Morselli:  la  tendenza  a inserirsi  verso  la  base 
del  torace,  la  lunghezza  e fiaccidità  eccessiva,  la  forma  a pera, 
la  brevità  del  capezzolo  come  in  certe  tribù  Cafre,  e tanto  più 
1’  atelia,  reminiscenza  dei  monotremi  (2).  Possono  aversi  mam- 
mammelle  sono  apparse  in  modo  anomalo,  aberrante,  nel 
melle  multiple,  per  effetto,  si  dice,  di  atavismo  (3).  Ordinaria- 
mente sono  situate  sotto  le  normali  e disposte  simmetricamente, 
onde  il  Blanchard  ritiene  il  tipo  primitivo  a sei  mammelle  (4). 
Però  se  ne  trovano  più  raramente  in  molti  altri  punti,  e il 
Blanchard  dà  questa  spiegazione.  Egli  dice,  in  certe  specie  le 


(1)  Kurei.la,  Osservazioni  sul  sù^nificato  biologico  della  bisessualità,  « Archivio 
di  Psich.  »,  1890,  fase.  IV,  j)ag.  420. 

(2)  Cfr.  Laloy,  Un  cas  de  jtolgmastie,  « Revue  d’  Aiithropologie  »,  1892, 
pag.  176. 

(3)  Darwin,  La  descendance  de  V ìwmme  et  la  selection  sexuelle^  3.e  edit., 
1881,  p.  35.  — Topinard,  U Anth Topologie,  Paris,  1876,  p.  555.  — De  Mor- 
TiLLET,  Homnie  a six  mamelles,  « Bull.  Soc.  Anthr.  »,  1883,  p 35.  — Testut, 
Note  sur  un  cas  de  mamelle  surnuméraire  observée  chez  la  femme  « Bull. 
Soc.  Anthr.  »,  1883,  p.  649,  e molti  altri 

(4)  u Bull.  Soc.  Anthr.  »,  1885,  p.  232. 


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Myopotamus  coypus,  per  esempio,  nel  dorso,  nel  Capromys  Four- 
nieri  alle  ascelle  e agl’  inguini  etc.,  poi  la  selezione  sessuale 
e r eredità  le  ha  trasmesse  e fissate  in  queste  specie,  e cosi 
compariscono  anche  nell’  uomo  come  reversione  (1).  Williams 
è d’  opinione  che  il  nostro  antenato  doveva  possedere  almeno 
sette  paja  di  mammelle  (2);  quanto  alle  erratiche  cita  il  caso 
àQ\V  Hapalemur  che  possiede  una  glandola  mammaria  all’ acromio 
(Beddard),  dell’  ornitorinco  che  possiede  una  glandola  femorale; 
della  balena  che  ha  una  mammella  vicinissima  alla  vulva.  Le 
sette  paja  regolari,  diciamo  cosi,  di  Williams  sono:  quelle  nor- 
mali, tre  al  disopra  e tre  al  di  sotto:  ciò  si  fonda  sugli  esempi 
registrati  nella  letteratura  che  è ozioso  riferire,  e sulle  corri- 
spondenze analoghe  nella  serie  animale.  Solo  ci  sembra  utile 
accennare  che  il  L pajo  di  Williams  sarebbe  nell’  ascella,  il 
secondo  alla  metà  del  bordo  anteriore  della  medesima,  il  terzo 
immediatamente  al  di  sopra  e un  po’  in  fuori  delle  mammelle 
normali  (quarto  pajo),  il  quinto  al  di  sotto  e un  po’  in  dentro  di 
queste,  il  sesto  ancora  un  po’  più  in  dentro  e in  basso,  vicino 
al  margine  costale,  il  settimo  infine  più  in  dentro  di  tutti  e 
alla  parte  superiore  dell’  addome.  Il  Laloy  accetta  le  idee 
suesposte  del  Williams,  facendo  notare  che  tali  mammelle 
soprannumerarie  assai  raramente  raggiungono  la  perfezione 
di  struttura  e lo  sviluppo  funzionale  delle  ghiandole  normali, 
frequentemente  si  tratta  di  politelia,  vale  a dire  semplici  capez- 
zoli provvisti  o no  di  areola.  Può  essere  il  capezzolo  normale 
bifido,  possono  aversi  due  capezzoli  sopra,  un’  areola  (politelia 
intra  areolare),  più  capezzoli  sopra  una  stessa  mammella 
provvisti  ciascuno  di  una  areola  propria  (politelia  intra-mam 
maria);  infine  possono  le  ghiandole  mammarie  soprannumerarie 
essere  completamente  indipendenti  dalle  mammelle  normali  (3). 
Anche  il  Morselli  (4)  si  fa  sostenitore  delle  idee  di  Williams. 
Il  Marie  esita,  a proposito  di  un  caso  di  polimastia  ereditaria 


(1)  Ibidem. 

(2)  W.  Roger  WilliAìMS,  Polymastism  ivilh  special  reference  to  mammae 
erraticae  and  thè  development  of  ncoplasms  from  supernumerarìj  mammary 
structure,  '•  lourn.  Anat.  and  Phys.  »,  Edirabiii‘g,  jam,  1891. 

(13)  Laloy,  Loc.  cit.,  pag.  178. 

(4)  Morselli,  Antropologia  generale^  pag.  649. 


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coincidente  con  gravidanza  gemellare^  tra  la  reversione  atavica 
e la  creazione  di  un  tipo  polymaste  et  polygene  (1),  scambiando 
la  tendenza  alla  fissazione  delle  varietà  anatomiche  insita  nel- 
r eredità  con  la  creazione  di  un  tipo.  Non  mancherebbero 
esempi  allora  per  affermare  la  creazione  di  un  tipo  sesdigito 
o ipospadico. 

Quanto  alla  mammella  deir  uomo,  anch’  essa  un  organo 
atavico  per  taluni  (2),  ecco  che  ne  dice  il  Delage:  « Prima  di 
tutto  la  mammella  rudimentaria  esiste  senza  eccezione  in 
tutti  gli  animali  maschi:  non  c’  è dunque  stata  quell’  interru- 
zione d’  eredità  necessaria  per  V atavismo.  Inoltre  quest’  organo 
non  ha  mai  funzionato  nei  nostri  antenati,  poiché  l’ ermafro- 
ditismo era  scomparso  negli  animali  nostri  antenati  molto 
tempo  prima  che  la  mammella  facesse  la  sua  apparizione.  Non 
sono  mai  esistiti  mammiferi  ermafroditi.  La  mammella  dell’uomo 
non  è dunque  nemmeno  un  organo  degenerato:  essa  non  è 
stata  giammai  più  sviluppata;  non  è un  organo  rudimentario, 
ma  un  organo  rappresentativo.  Noi  lo  possediamo  perchè  siamo 
costruiti  come  la  donna  nella  quale  è funzionale  » (3). 

La  ginecomastia  sarebbe  pel  Morselli  una  conferma  dell’  o- 
rigine  filetica  delle  mammelle  dal  sistema  ghiandolare  cutaneo 
(Gegenbaur),  il  che  forse  non  toglie  che  nello  stesso  tempo  sia 
una  mostruosità  come  crede  il  Meige  (4).  Bisogna  distinguere, 
dice  quest’  osservatore,  la  vera  ipertrofia  della  mammella  dal 
semplice  accumulo  di  grasso  in  questo  punto,  che  è una  sede 
di  predilezione.  Nel  primo  caso  la  ripartizione  del  grasso  si  fa 
sistematicamente  secondo  una  calotta  sferica  della  quale  il 
capezzolo  occupa  il  polo;  nel  secondo  caso  secondo  un  cercine 
che  costeggia  il  solco  sotto-mammario.  Bisogna  distinguere 
altresi  la  non  rara  ipertrofia  mammaria  degli  adolescenti  che 
fornisce  talvolta  una  leggiera  secrezione  e quella  che  si  osserva 
nei  tubercolosi  per  fatto  di  una  mammite  speciale,  dallo  svi- 


(1)  P.  Marie,  Mamelon  surnuméraire  transmis  héreditairement  dans  une 
ménte  famille:  coincidence  avec  plusieurs  grossesses  gémellaires,  « Bull,  et 
Mem.  de  le  Soc.  méd.  des  hópitaux  »,  1893,  p.  457. 

(2)  Topinard,  U Anthropologie,  p.  135.  — Tonnini,  Op.  cit.,  p.  23. 

(3)  Delage,  Op.  cit.,  p.  247. 

(4)  Meige,  Loc.  di.,  p.  533. 


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luppo  delle  mammelle  consecutivo  all’  atrofìa  testicolare,  come 
si  osserva  negli  eunuchi  di  Oriente  (1). 

XXVI.  — Il  sistema  pilifero  presenta  numerose  anomalie 
più  studiate  in  rapporto  alla  loro  frequenza  che  alla  loro  impor- 
tanza. Per  il  Morselli  la  scarsità  dei  peli  non  è un  carattere 
d’ inferiorità  assoluta,  essendovi  razze  inferiori  in  cui  i peli 
sono  abbondanti,  la  caducità  è un  carattere  distrofìco  (2). 
L’ipertricosi  universale  analoga  alla  lanugine  del  feto  sarebbe 
nelle  razze  superiori  un  fatto  di  reversione  (3),  che  trova  il 
suo  riscontro  normale  negli  Ainos  e in  altre  razze  infe- 
riori (4),  anzi  non  sarebbe  che  la  stessa  lanugine  che  invece 
di  essere  rimpiazzata  da  piccoli  peli  persiste  e continua  a 
svilupparsi  (Ecker).  Il  vortice  dei  capelli  esageratamente  deviato 
o doppio  sarebbe  più  frequente  nei  degenerati  (5).  Ma  è alla 
barba  che  si  assegna  comunemente  la  maggiore  importanza. 
E singolare,  dice  il  Marro  (6),  la  correlazione  di  questo  carat- 
tere degenerativo  fìsico  (difetto  di  barba)  col  difetto  morale. 
Esso  spicca  vieppiù  nelle  classi  in  cui  si  può  dire  difetti 
maggiormente  1’  evoluzione  di  quei  sentimenti  che  segnano  il 
perfezionamento  delle  tendenze  umane  per  la  conservazione 
della  specie.  Prevale  infatti  negli  oziosi  e vagabondi,  veri 
parassiti  della  società,  con  insufficienza  mentale  ereditaria  che 
li  rende  impropri  a combattere  con  le  armi  del  lavoro  e del- 
P energia  volitiva  le  lotte  per  la  vita;  poi  in  quelle  in  cui  la 
deficienza  affettiva  e dei  sentimenti  di  pietà  rende  più  pronta, 
violenta  e pericolosa  l’esplosione  degl’impulsi  ostili  al  vivere 
sociale:  feritori,  assassini,  grassatori,  incendiari.  Questo  carat- 
tere degenerativo  fìsico  parrebbe  quasi  destinato  a servire  di 
antesignano  alla  incompleta  evoluzione  morale.  Nè  ciò  deve 
recar  meraviglia,  qualora  si  ridetta,  come  già  bene  faceva 


(1)  Meige,  Ibidem,  p.  533-534. 

(2)  Morselli,  Semejotica  delle  malattie  mentali,  Voi.  I,  p.  164. 

(3)  Clemance  Royer,  Le  sijstème  pileux  chez  V homme  et  dans  la  serie  des 
mammifères,  « Revue  d’ Anthrop.  «,  1880,  p.  23.  — Blanchard,  V atavisrne 
chez  V homme,  L.  c.,  p.  481. 

(4)  Topinard,  U anthrop ologie,  3.e  edit.,  1879,  p.  361. 

(5) ,  Pére,  Les  épilepsies  et  les  épileptiques,  p.  393. 

(6)  « Annali  di  Freniatria  e scienze  affini  »,  Torino,  1895,  Voi.  V,  fase.  IV, 
pag.  316. 


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notare  il  Maudsley^  che  « T istinto  della  procreazione  è,  si  può 
dire,  la  base  di  sentimenti  sociali,  il  primo  fondamento  di  tutte 
le  idee  morali  ».  Anche  la  disposizione  dei  peli  sul  resto  del 
corpo  ò un  carattere  sessuale  secondario  che  ha  la  sua  impor- 
tanza. A questo  proposito  le  osservazioni  dello  Schultze  danno 
su  100  giovini  donne  5 casi  in  cui  i peli  raggiungevano  T om- 
belico, mentre  in  degenerate  la  percentuale  sarebbe  più 
elevata  (1),  e su  140  maschi  34  volte  i peli  erano  limitati  al 
pube.  La  barba  muliebre  e il  congiungersi  delle  sopracciglia 
alla  glabella  sono  tra  i più  noti  segni  di  degenerazione  (2). 

Infine  un  fatto  che  si  scopre  con  1’  esame  somatico  (cosi  a 
questo  ordinariamente  si  aggrega),  e si  è voluto  anche  consi- 
derare come  segno  degenerativo  è il  tatuaggio;  al  quale 
pertanto  e a titolo  di  appendice  accenniamo  brevemente.  E 
stato  il  Lombroso  il  primo  a scorgervi  un  atavismo,  perchè 
usanza  di  popoli  primitivi  e dei  selvaggi  attuali,  nonché  di 
quelle  classi  umane  che  agli  uni  e agli  altri  si  possono  avvi- 
cinare (3);  il  Lacassagne  poi  ha  confermato  questo  ravvicina- 
mento (4).  A ciò  può  opporsi  la  considerazione  che  ordinaria- 
mente in  questo  fatto  entra  più  la  suggestione  di  chi  tatua 
che  la  volontà  del  tatuato,  alle  volte  in  tenera  età;  e che  una 
folla  di  circostanze  estranee  all’  atavismo,  quali  per  esempio 
il  desiderio  nei  marinai  di  portare  ricordi  da  paesi  lontani  (5) 
0 sentimenti  patriottici  nei  soldati  (6),  V imitazione  (7),  l’ozio  etc. 


j (1)  Vedi  Salsotto,  Di  alcune  anomalìe  nella  disposizione  dei  peli  alla 
I regione  genito -anale  nelle  donne  criminali,  « Arch.  di  Psichiatida  »,  1885, 
pag.  292. 

(2)  Cristiani,  V ipertricosi  facciale  nelle  alienate  e nelle  sane  di  mente 
« Atti  del  VII  Congresso  della  Società  Freniatrica  Italiana  »,  1891,  p.  150. 

(3)  Lombroso,  Sul  tatuaggio  in  Italia  in  ispecie  fra  i delinquenti,  « Rivista 
di  discipline  carcerarie  »,  1875,  p.  124  e segg. 

(4)  Art.:  Tatouage  par  A.  Lacassagne  et  E.  Magitot,  « Dictionnaire  ency- 
clopédique  des  Sciences  médicales  »,  T.  XVI,  Paris,  1886,  p.  95  e segg. 

(.5)  W.  loEST,  Tàtoiuiren,  Farbenzeichnen  und  Kórperbemalen,  Fin  Beitrag 
zur  gleichenden  Etimologie,  Berlin,  1887,  p.  106,  e segg. 

(6)  Baer,  Op.  cit.,  p.  237. 

(7)  Dallemagne,  Les  stigmates  biologiques  et  sociologiques  de  la  criminalité, 
Paris,  1896,  p.  40. 


— 82  — 

possono  determinare  il  tatuaggio.  Succede  altresì  che  il  conte- 
nuto stesso  dei  disegni,  come  per  esempio  le  oscenità,  non  ha 
nessun  riscontro  nei  popoli  selvaggi  (1).  E da  credere  forse 
che  ad  una  tradizione  atavica  si  possa  collegcire  quest’  usanza 
quando  sta  a rappresentare  un  semplice  ornamento.  Non 
vogliamo  dire  di  più  perchè  non  entra  nel  nostro  argomento. 


(1)  lOEST,  LOC.  Cit. 


— 83  — 


III. 


Ho  praticato  T esame  somatico  di  un  grande  numero  di 
degenerati  ricoverati  al  Manicomio  Provinciale  di  Roma  per 
dare  una  base  positiva  a ciò  che  in  linea  teorica  si  è affermato 
nella  conclusione  della  Parte  I.  Dalle  ricerche  fatte  scaturi- 
scono le  risposte  a tre  quesiti: 

a)  Quali  segni  abnormi  predominano  nel  sesso  maschile, 
quali  nel  sesso  femminile,  indipendentemente  dalle  psicosi? 

h)  Quali  segni  abnormi  predominano  nel  sesso  maschile, 
quali  nel  sesso  femminile,  nelle  singoli  psicosi? 

c)  Quali  segni  abnormi  predominano  nelle  forme  più  gravi 
della  degenerazione  psichica,  quali  nelle  più  lievi  indipenden- 
temente dal  sesso? 

Al  primo  quesito  rispondono  le  medie  che  si  possono  vedere 
alla  tabella  I,  dalle  quali  ricaviamo  che  predominano: 


Nel  sesso  maschile 

\ La  plagiocefalia 
I Forme  craniche  abnormi 
I La  fronte  sfuggente 
i Le  sopracciglia  tendenti  a riunirsi 
Le  orecchie  staccate 

» smisuratamente  grandi 

» disuguali  per  sviluppo 

>i  male  impiantate 

il  bicromatismo  dell’  iride. 

Il  margine  pupillare  non  rotondo. 
Le  labbra  spesse,  sporgenti. 


Nel  sesso  femminile 

L’  asimmetria  facciale 
La  fronte  sporgente 

I zigomi  sporgenti 

II  tubercolo  del  Darwin. 

Le  anomalie  dell’  elice  e dell’  antelice 
(Or.  di  Wildermuth). 

Gli  occhi  piccoli,  infossati. 

» asimmetrici 

» obliqui. 

La  distanza  anormale  dei  bulbi. 

Il  naso  incavato 

Il  prognatismo  e il  progeneismo 
Il  diastema  dentario. 

I denti  poco,  o male  differenziati 

» embricati,  o male  impiantati. 
L’  apertura  della  bocca  esagerata 
» » » deviata. 

Le  labbra  sottili,  verticali. 

II  mento  fuggente. 

Abnormità  nel  sistema  pilifero. 


— 84 


Si  direbbe  che  la  degenerazione  somatica  nel  sesso  femmi- 
nile sia  più  estesa,  come  si  vede  anche  dalla  tabella  (III)  dei 
quadri  somatici  delle  singole  degenerazioni  psichiche  (compi- 
lata secondo  questo  criterio,  che  vi  entrino  a far  parte  le 
anomalie  che  nelle  singole  degenerazioni  presentano  una 
percentuale  o più  elevata  che  nelle  altre  degenerazioni  dello 
stesso  sesso,  o ad  ogni  modo  abbastanza  elevata).  Effettiva- 
mente, per  quanto  parecchi  di  questi  segni  siano  quasi  semplici 
difetti  di  estetica,  è certo  che  non  risulta  la  voluta  minor 
frequenza  dei  caratteri  cosidetti  degenerativi  nel  sesso  femmi- 
nile, per  spiegare  la  quale  tante  teorie  si  escogitarono,  come 
succede  di  tutte  le  cose  che  non  rispondendo  alla  realtà  male 
si  possono  spiegare.  Per  il  Tonnini  (1)  « quel  delicato  piano 
di  organizzazione  che  si  riassume  nella  femminilità  e nella 
bellezza  » attenua  i caratteri  degenerativi  della  donna  (ciò  che 
potrebbe  essere  un  fatto  subiettivo,  non  certo  una  ragione 
scientifica);  mentre  i caratteri  specifici  dell’  uomo  (caratteri  ses- 
suali), in  maggior  numero  perchè  nell’  uomo  1’  evoluzione  è più 
progredita,  aberrando  costituiscono  segni  degenerativi  più  fre- 
quenti ed  accentuati.  In  fondo  la  base  della  spiegazione  sarebbe 
la  differenziazione  sessuale  secondaria  più  progredita  nell’uomo. 
Ma  che  1’  essere  più  avanti  nell’  evoluzione  importi  questa  mag- 
giore differenziazione  sessuale  è tutt’altro  che  dimostrato.  L’Hart- 
mann  stesso  che  potrebbe  essere  citato  in  favore  dell’  opinione 
del  Tonnini  non  dice  altro  che  questo,  e,  si  badi,  negli  antro- 
poidi (2):  Il  maschio  è generalmente  più  forte,  alcune  parti- 
colarità della  forma  dell’  organismo  specifico  raggiungono  in 
lui  uno  sviluppo  completo,  mentre  nella  femmina  adulta  esse 
non  appaiono  che  in  modo  più  indeciso  e che  nei  giovani 
impuberi  non  esistono  affatto  o sono  solamente  abbozzate  ». 
Tralascio  1’  opinione  di  Havelock-Ellis  (3)  per  il  quale  come 
T antropoide  giovine  è più  simile  all’  uomo  che  l’ adulto,  e 
perciò  più  elevato  nell’evoluzione,  e parimenti  la  femmina 
che  è intermedia  tra  l’uno  e l’altro,  cosi  la  donna  per  quanto 
concerne  T evoluzione  è superiore  all’  uomo.  L’  uomo,  egli  dice. 


(1)  Tonnini,  Op.  cit.,  pag.  35  e segg. 

(2)  Hartmann,  Les  singes  anthropo'ides  et  V homme  Paris,,  1886,  pag.  14 

(3)  Havelock-Ellis,  Mann  and  JVoman,  London,  1894. 


— 85  — 


a partire  dal  3®  anno  non  cresce  che  in  degenerazione  e senilità 
e perde  del  suo  tipo,  mentre  la  donna  conserva  di  più  di  questo 
tipo.  Tralascio  parimenti  V opinione  del  Venturi  (1)  il  quale  per 
considerazioni  cliniche  non  trova  azzardato  che  la  donna  sia 
arrivata  a un  grado  maggiore  di  evoluzione  normale.  Ma  è 
certo  ad  ogni  modo  che  difficilmente  si  potrebbe  dimostrare 
essere  la  donna  quanto  alla  sua  differenziazione  sessuale  secon- 
daria meno  evoluta  che  T uomo.  Ed  è strano  che  lo  ammette 
il  Tonnini,  il  quale  parla  di  quel  delicato  piano  deir  organiz- 
zazione femminile,  come  se  questo  potesse  essere  altro  che 
una  differenziazione  maggiore.  Come  concili  poi  ciò  con  T altra 
asserzione  che  la  donna  è più  vicina  allo  stato  primitivo 
(intende  dal  lato  somatico),  e come  faccia  a rispondere  all’ ob- 
biezione del  Tarde  (2),  che  se  la  donna  è più  vicina  allo  stato 
primitivo  dovrebbe  possedere  un  maggior  numero  di  caratteri 
degenerativi  riesce  più  difficile  a immaginare.  Anche  il  Ronco- 
roni  che  ammette  col  Viazzi  (3)  il  tipo  femminile  più  conforme  al 
tipo  primitivo  e che  ciò  non  impedisca  che  presenti  più  scarsi 
caratteri  degenerativi,  perchè  « ha  già  passato  il  periodo  in  cui 
esistevano  normalmente  i caratteri  degenerativi  » (4),  non  fa 
comprendere  in  che  questa  conformità,  consista.  L’essere  infine  la 
psiche  della  donna  normale  meno  evoluta  di  quella  dell’ uomo 
non  è,  secondo  me,  un  fatto  che  può  interessare  le  sue  condi- 
zioni somatiche:  allora  quasi  tutte  le  donne  dovrebbero  essere 
delle  degenerate  rispetto  all’  uomo.  Per  concludere,  io  credo 
col  Marro  (5)  che  bisogna  far  capo  alla  selezione  sessuale,  ma 
in  questo  senso  che  siccome  tale  selezione  per  la  donna  non 
apprezza  altro  che  le  forme  somatiche,  queste  forme  estetica- 
mente  ne  siano-  risultate  più  differenziate  che  nell’  uomo,  in 
cui  l’ estetica  ha  minor  peso  (ciò  non  poteva  avvenire  negli 
antropoidi;  onde  si  spiega  il  giudizio  soprariferito  dell’ Hartmann). 
Pertanto  degenerando  1’  organismo  femminile  quest’  ultimo 
acquisto  vien  meno;  ond’  io  mi  spiego  la  maggiore  estensione 


(1)  Op.  cit.,  pag.  201. 

(2)  Tarde,  Philosophie  penale. 

(3)  Viazzi,  Il  tipo  criminale  nella  donna  delinquente,  « L’  anomalo  »,  1892. 

(4)  Roncoroni,  Op.  cit.,  pag.  70. 

(5)  Marro,  I caratteri  dei  delinquenti. 


— 86  — 


della  degenerazione  somatica  della  donna  come  dovuta  più 
che  ad  altro  a difetti  di  estetica:  cosi  gli  occhi  che  ordinaria- 
mente ne  costituiscono  il  più  bell’  ornamento,  vengono  in 
ispecial  modo  interessati.  Gli  altri  segni  abnormi  sono  pressoché 
ugualmente  frequenti  nei  due  sessi:  bene  inteso  che  la  gineco- 
mastia  e le  forme  femminili  si  hanno  nel  sesso  maschile,  e 
viceversa  lo  scarso  sviluppo  delle  natiche  e delle  sure,  le  mam- 
melle rudimentali  o molto  in  basso  nel  sesso  femminile. 

Al  secondo  quesito  rispondono  le  stesse  percentuali.  Difatti 
ci  mostrano  che: 

1.0  La  plagiocefalia  si  trova  in  prevalenza  nelle  epilessie  di 
entrambi  i sessi;  mentre  la  semplice  asimmetria  cranica  che 
nel  sesso  maschile  non  presenta  notevoli  prevalenze,  nel  sesso 
femminile  prevale  nelle  forme  dette  da  Krafft-Ebing  degene- 
razioni psichiche  (con  esclusione,  intendiamo,  delle  follie  epilet- 
tiche e isteriche  che  entrano  nelle  categorie  speciali  dell’epilessia 
e isterismo).  Le  forme  craniche  abnormi  sono  più  frequenti  nel 
sesso  maschile  e precisamente  nell’  epilessia. 

2.0  Fronte  sporgente,  bozze  frontali  sviluppate:  presentano  nel 
sesso  maschile  la  massima  percentuale  nelle  frenastenie 
(mentre  la  fronte  sfuggente  vi  è quasi  ugualmente  distribuita), 
nel  sesso  femminile  nelle  epilessie. 

3.0  L’ asimmetria  facciale  nel  sesso  maschile  presenta  un 
minimo  nelle  psiconeurosi,  nel  sesso  femminile  nell’  isterismo; 
mentre  i massimi  cadono  sull’  epilessia,  tanto  per  gli  uomini 
che  per  le  donne  (risultato  che  in  media  danno  tutti  gii  autori  (1). 

4.0  Le  arcate  sopracciliari  sporgenti  nel  sesso  maschile  danno 
una  frequenza  accentuata  negli  alcoolisti,  nel  sesso  femminile 
nelle  degenerazioni  psichiche  e psiconeurosi. 

5.0  Le  sopracciglia  tendenti  a riunirsi  presentano  le  percen- 
tuali massime  nella  frenastenia  tanto  nell’  uno  che  nell’altro  sesso. 

6.0  I zigomi  sporgenti  predominano  nelle  psiconeurosi  dell’  uno 
e dell’altro  sesso  e nell’isterismo. 

7.0  Le  orecchie  staccate  nel  sesso  maschile  presentano  il  loro 
massimo  nelle  epilessie,  e in  ciò  gli  Autori  pure  sono  d’accordo; 


(1)  Cfr.  la  tavola  riassuntiva  delle  anomalie  nel  libro  del  Roncoroni  più 
volte  citato. 


87  — 


nel  sesso  femminile  presentano  il  loro  minimo  nell'  isterismo. 

8.0  Le  orecchie  smisuratamente  grandi  che  mancano  affatto 
nelle  donne,  prevalgono  negli  alcoolisti. 

9.0  Le  orecchie  disuguali  per  sviluppo  hanno  il  loro  massimo 
nei  frenastenici  e nelle  epilettiche;  le  orecchie  invece  sempli- 
cemente male  impiantate  abbondano  quasi  ugualmente  in  tutte 
le  degenerazioni. 

10.0  II  tubercolo  del  Darwin  nel  sesso  maschile  prevale  nelle 
psiconeurosi,  nel  sesso  femminile  nelle  degenerazioni  psichiche. 

11.0  II  lobulo  aderente  prevale  nelle  psiconeurosi. 

12.0  Le  anomalie  delV  elice  e dell’  antelice  prevalgono  nel 
sesso  femminile:  le  prime  nelle  psiconeurosi,  le  seconde  (ante- 
lice sporgente)  nelle  degenerazioni  psichiche. 

13.0  Gli  occhi  piccoli,  infossati  prevalgono  nel  sesso  maschile 
nelle  degenerazioni  psichiche  e psiconevrosi,  nel  sesso  femmi- 
nile presentano  un  minimum  nell'  isterismo.  Gli  occhi  grandi 
sporgenti  hanno  una  leggiera  prevalenza  nelle  frenastenie. 

14.0  Q-ii  occhi  asimmetrici,  la  distanza  anormale  dei  bulbi 
danno  nelle  frenasteniche  una  forte  percentuale. 

15.0  II  bicromatismo  dell’  iride  e il  margine  pupillare  non 
rotondo  predominano  nelle  psiconevrosi. 

16.0  II  naso  incavato  prevale  nelle  frenastenie  e nelle  epilessie 
dell'  uno  e dell'  altro  sesso. 

17.0  XI  naso  deviato  nel  sesso  maschile  prevale  nelle  degene- 
razioni psichiche,  negli  epilettici  e negli  alcoolisti;  manca 
nelle  isteriche. 

18.0  Le  pinne  nasali  divaricate  e il  lobulo  grosso  danno  la 
maggior  percentuale  nelle  psiconeurosi. 

19.0  Xj'  apertura  boccale  esagerata  o deviata  prevale  nelle 
degenerazioni  psichiche  del  sesso  femminile. 

20.0  Le  labbra  spesse  sporgenti  predominano  negli  epilettici 
e nelle  degenerazioni  psichiche  del  sesso  femminile.  Le  sottili 
e verticali  abbondano  nel  sesso  femminile,  specialmente  nelle 
isteriche,  nelle  quali  invece  fanno  difetto  le  labbra  spesse  e 
sporgenti. 

21.0  XI  prognatismo  presenta  i suoi  massimi,  rispettivamente 
per  ciascun  sesso,  negli  epilettici  e nelle  frenasteniche. 

22.0  volta  del  palato  stretta  ed  alta  prevale:  nel  sesso 
maschile  nelle  degenerazioni  psichiche,  negli  epilettici  e negli 


— 88  — 


alcoolisti;  nel  sesso  femminile  parimenti  nelle  epilettiche. 

23.0  II  mento  fuggente  raggiunge  il  massimo  nelle  degene- 
razioni psichiche  del  sesso  femminile. 

24.0  II  diastema  dentario  raggiunge  i suoi  massimi  nei  frena- 
stenici e nelle  epilettiche;  lo  stesso  dicasi  dei  denti  seghettati. 

25.0  Denti  poco,  o male  differenziati  abbondano  nelle  epilettiche; 
i deiiti  embricati  o male  impiantati  presentano  nel  sesso  maschile 
la  percentuale  minore  nelle  psiconeurosij  la  percentuale  mag- 
giore nelle  degenerazioni  psichiche. 

26.0  Scarso  sviluppo  delle  eminenze  tenar  e ipotenar  si  ha 
nei  frenastenici  e nelle  epilettiche. 

27.0  Lo  scarso  sviluppo  delle  natiche  e delle  sure  nonché 
r ipertricosi  risultano  note  somatiche  caratteristiche  delle  frena 
steniche,  come  la  ginecomastia  e le  forme  femminili  prevalgono 
nelle  degenerazioni  psichiche  del  sesso  maschile. 

28.0  Mammelle  molto  in  basso,  o rudimentcdi  si  hanno  a 
preferenza  nelle  epilettiche. 

29.0  Lo  stesso  dicasi  dei  capelli  grossi  e ruvidi. 

30.0  Le  rughe  frontali  esagerate  abbondano  nei  frenastenici 
dell’  uno  e dell’  altro  sesso. 

Ricapitolando  predominano  nei  frenastenici:  la  fronte  spor- 
gente, le  rughe  frontali  esagerate,  le  sopracciglia  tendenti  a 
riunirsi,  le  orecchie  disuguali  per  sviluppo  o male  impiantate, 
il  naso  incavato,  i denti  seghettati;  nelle  frenasteniche:  la  distanza 
anormale  dei  bulbi  oculari,  il  prognatismo,  il  poco  sviluppo 
delle  natiche  e delle  sure,  l’ ipertricosi,  le  sopracciglia  tendenti 
a riunirsi. 

Negli  epilettici:  la  plagiocefalia,  l’ asimmetria  facciale,  le 
orecchie  staccate,  il  prognatismo;  nelle  epilettiche:  la  plagioce- 
falia, la  fronte  sporgente,  1’  asimmetria  della  faccia,  le  orecchie 
disuguali  per  sviluppo,  il  naso  incavato,  la  volta  del  palato 
stretta  ed  alta,  il  diastema  dentario,  i denti  seghettati,  poco  o 
male  differenziati,  le  mammelle  in  basso,  o rudimentali. 

Nelle  degenerazioni  psichiche  del  sesso  maschile  hanno  tenui 
prevalenze:  il  naso  deviato,  il  progeneismo,  i denti  embricati, 
0 male  impiantati,  la  ginecomastia;  nel  sesso  femminile:  il 
progeneismo,  i denti  embricati  o male  impiantati,  l’ apertura 
della  bocca  esagerata  o deviata,  l’ antelice  sporgente  hanno 
forti  percentuali. 


— 89 


Negl’  individui  affetti  da  psiconeurosi  predominano:  i zigomi 
sporgenti,  il  tubercolo  del  Darwin,  il  lobulo  aderente,  il  bicro- 
matismo  dell’  iride,  le  pinne  nasali  divaricate  e il  lobulo  grosso; 
nel  sesso  femminile:  le  arcate  sopracciliari  sviluppate  e il 
lobulo  aderente,  con  tenui  prevalenze. 

Negli  alcoolisti  le  arcate  sopracciliari  sviluppate  e le  orecchie 
smisuratamente  grandi. 

Nelle  isteriche  le  labbra  sottili  e verticali. 

Da  quanto  abbiamo  detto  scaturisce  la  risposta  al  terzo 
quesito.  Difatti: 

A)  hanno  il  predominio  nelle  forme  gravi  di  degenerazione 
psichica  (tra  le  quali  comprendiamo  le  frenastenie,  1’  epilessie  e 
le  degenerazioni  psichiche  di  Krafft-Ebing)  i seguenti  segni: 


Plagiocefalia . . . . . 17% 

Fronte  sporgente  e bozze  frontali  sviluppate  . . 15,2 

Asimmetria  facciale 29,8 

Sopracciglia  tendenti  a unirsi 12 

Orecchie  staccate 18,5 

» disuguali  per  sviluppo 11,4 

Tubercolo  del  DarAvin 17,6 

Naso  incavato 17 

Labbra  spesse  e sporgenti 11,9 

Apertura  boccale  esagerata 2,2 

Volta  del  palato  stretta  ed  alta 14,6 

Mento  fuggente 2,8 

Prognatismo 24,5 

Diastema  e altre  anomalie  dentarie 51,2 

Scarso  sviluppo  delle  eminenze  tenar  e ipotenar  . 1 

» » delle  natiche  e delle  sure  ...  4,2 

Abnormità  nel  sistema  pilifero 13,8 

Mammelle  molto  in  basso,  o rudimentali  ....  1 

Rughe  frontali  esagerate 5,6 


B)  Hanno  il  predominio  nelle  forme  psicopatiche  più  lievi 
(tra  le  quali  comprendiamo  1’  alcoolismo)  (1): 


(1)  Sul  significato  dell’ alcoolismo  vedi:  Legrain,  Du  délire  chez  les  dègè- 
nérés.  Faris,  1886,  pag.  251,  258.  — Orchansry,  L'eredità  nelle  famiglie 
malate,  Torino  1895,  pag.  17. 


— 90  — 


Zigomi  sporgenti 24,7 

Anomalie  dell’  elice 5,2 

Lobulo  aderente 15,9 

Bicromatismo  dell’  iride 4 

Margine  pupillare  non  rotondo 

Pinne  nasali  divaricate  e lobulo  grosso  ....  6,5 

Labbra  sottili  e verticali 11,9 


Gli  altri  segni  abnormi  sono  pressoché  ugualmente  frequenti 
tanto  nelle  forme  psicopatiche  gravi  che  nelle  lievi;  sono: 
Semplice  asimmetria  cranica 
Fronte  sfuggente 
Arcate  sopracciliari  sviluppate 
Orecchie  smisuratamente  grandi 
Antelice  sporgente 

Occhi  grandi,  sporgenti;  piccoli,  infossati 
» asimmetrici 
Distanza  anormale  dei  bulbi 
Naso  deviato 
Apertura  boccale  deviata 
Ginecomastia  e forme  femminili 

È ovvio  assegnare  alle  stigmate  predominanti  nelle  forme 
psicopatiche  gravi  il  valore  massimo  come  indici  di  degene- 
razione, a quelle  predominanti  nelle  forme  lievi  il  valore 
minimo,  alle  altre  un  valore  mediocre.  Così:  dalla  percentuale 
con  la  quale  i Hinrjoli  segni  abnormi  si  presentano  nei  diversi  gradi 
di  degenerazione  psichica  (*)  abbiamo  dedotto  il  significato  diagno- 
stico dei  medesimi,  scopo  delle  nostre  ricerche. 


(*)  L’esame  somatico  praticato  su  82  prostitute  dà  il  seguente  quadro,  dispo- 
nendo le  anomalie  in  ordine  di  frequenza  e trascurando  le  meno  frequenti: 
Sopracciglia  tendenti  a riunirsi 
Asimmetria  cranica 
Naso  infossato  alla  radice 
Sviluppo  deficiente  delle  suro 
Ipertricosi,  anomalie  dello  sviluppo  pilifero 
Diastemi 

Lobulo  aderente  o assente 
Zigomi  sporgenti 

Fronte  sporgente,  bozze  frontali  sviluppate 


— 91  — 


Importante  è la  conferma  che  la  morfologia  comparata 
fornisce  ai  segni  abnormi  risultanti  di  grave  significato.  Cosi, 
trascurando  le  asimmetrie,  la  fronte  sporgente  e le  bozze  fron- 
tali sviluppate  sono  un  carattere  pitecoide:  « La  fronte  è alta 
dice  r Hartmann  deir  Orang-Outan,  essa  si  eleva  quasi  verti- 
calmente e presenta  leggieri  bozze.  Spesso  si  vede  sporgere  in 
mezzo  della  fronte  una  leggiera  bozza  ovale  arrotondata  o 
allungata  » (1).  Parimenti  le  sopracciglia  tendenti  a unirsi:  le 
arcate  orbitarie,  dice  V Hartmann  delP  Hylohates  albimanus,  si 
continuano  quasi  P una  con  P altra  e sono  fornite  di  lunghi 
peli  rigidi,  e al  Gorilla  assegna  sopracciglia  lunghe  e spesso 
riunite  sulla  linea  mediana  (2).  Delle  orecchie  staccate  e del 
tubercolo  del  Darwin  abbiamo  ragionato  altrove;  ugualmente 
del  prognatismo  e del  diastema  dentario  (Vedi  Parte  II  ai 
rispettivi  capitoli).  Il  naso  incavato  alla  radice,  carattere  scim- 
miesco pel  Morselli,  è effettivamente  comunissimo  negli  antro- 
poidi. L’ apertura  boccale  esagerata  si  ha  specialmente  nel- 
P Hylohates  syndactylus  (Hartmann).  Il  mento  fuggente  si  trova 
coi  caratteri  più  spiccati  nel  precedente  Gibbone,  noiV  Hylohates 
Lar  Rlig,  nelP  Orang-Outan,  nel  Gorilla  (Hartmann).  Noto  carat- 
tere antropoide  è lo  scarso  sviluppo  delle  eminenze  tenar  e 
ipotenar  (3).  Parimenti  lo  scarso  sviluppo  delle  natiche  e delle 
sure  (4).  Pitecoidi  debbono  considerarsi  le  mammelle  poste 
molto  in  basso.  Le  rughe  in  generale  sono  comuni  nel  viso  dei 
Pitecoidi:  basta  leggere  le  belle  descrizioni  che  ne  dà  P Hart- 
mann (5). 

Se  dagli  antropomorfi  passiamo  alle  razze  umane  più  basse, 
alle  razze  Africane,  poiché  è di  queste  che  si  hanno  le  maggiori 
notizie,  troviamo  descrizioni  che  molto  si  avvicinano  allo  stato 


Denti  embricati  o male  impiantati 
Tubercolo  del  Darwin 
Labbra  sottili  e verticali 

nel  quale  si  vede  che  predominano  segni  di  più  basso  significato. 

(1)  Hartmann,  Les  singes  anlhropóides  et  V homme,  p.  30. 

(2)  Ibidem  p.  38.  Der  Gorilla,  Leipzig  1880. 

(3)  Hartmann,  Loc.  sopracit.,  pag.  32. 

(4)  » » » » 18,  27,  32. 

(5)  V.  anche:  Lombroso,  Rughe  nei  cretini  e nei  pazzi  morali,  « R.  Acca- 
demia di  Medicina  di  Torino  »,  16  Gennaio  1867. 


— 92  — 


somatico  dei  nostri  degenerati.  Per  esempio,  il  Girard  de  Pialle 
dà  degli  Ottentotti  questa  descrizione:  fronte  stretta  gibbosa  e 
protesa,  naso  camuso,  labbra  enormi,  zigomi  sporgenti,  mento 
lungo  e puntato,  prognatismo  pronuncicitissimo,  occhi  piccoli, 
cupi  e scostati,  orecchie  robuste  e senza  lobuli  (1).  E dei  Boschi- 
mani  dice:  naso  schiacciato,  zigomi  proeminenti,  labbra  grosse 
e protese,  orecchie  piccole  col  trago  poco  distinto  e senza  mar- 
gine esterno  nella  parte  posteriore  (2).  Non  occorre  riferire 
osservazioni  identiche  di  altri;  peraltro  trattando  dei  singoli 
segni  abnormi  ciò  è stato  fatto.  La  statistica  e la  morfologia 
comparata  senza  dubbio  si  danno  la  mano;  il  che,  se  a priori 
poteva  prevedersi,  a me  pare  averlo  dimostrato. 

Volendo  dunque  sintetizzare  i nostri  risultati  possiamo 
affermare  che:  L I cosidetti  segni  pitecoidi  entrano  in  prevalenza 
nel  quadro  somatico  pertinente  alle  forme  mentali  più  gravi 
per  significato  degenerativo  (frenastenie,  epilessie,  degenerazioni 
psichiche).  2°  Le  asimmetrie,  mentre  costituiscono  il  colore 
locale  direi  quasi  dell’  epilessia,  se  si  facesse  astrazione  di 
questo,  non  troverebbero  posto  che  fra  i caratteri  di  mediocre 
significato  degenerativo.  3°  Il  minimo  valore  degenerativo 
spetta  a segni  che  potrei  dire  col  Nache  veri  difetti  di  estetica 
e talora  disturbi  di  nutrizione  puri  e semplici  (* *).  L’ atavismo 
prevale  nelle  forme  più  gravi,  V atipia  nelle  forme  più  lievi 
della  degenerazione.  La  dignità  morfologica  dei  diversi  segni 
abnormi  appare  da  tutto  ciò  illustrata. 

Resta  pertanto  assodato,  (se  consideriamo  che  dalla  tabella  II 
appare  evidente  altresì  che  alle  degenerazioni  più  gravi  corri- 
sponde maggior  copia  di  segni  abnormi  e minore  nelle  più 
lievi,  siccome  voleva  il  Féré),  che,  come  i segni  abnormi 
vengono  lumeggiati  dallo  stato  psichico  di  chi  li  porta, 
viceversa  gli  stati  psichici  in  certo  modo  vengono  dia- 
gnosticati dalla  qualità  e quantità  dei  segni  abnormi. 


(1)  Girard  de  Ri  alle,  / popoli  dell'  Africa  e dell'  America^  trad.  di 
Licata,  Napoli,  1881,  p.  45. 

(2)  Ibidem,  pag.  39. 

(*)  L’  egregio  Dott.  Nàcke  che  venne  a conoscenza  di  queste  conclusioni, 
da  me  comunicate  al  III  Congresso  internazionale  di  Psicologia  (Monaco  1896), 
gentilmente  mi  ha  voluto  scrivere  che  è del  mio  avviso. 


93  — 


NOTA  — Uno  stadio  pubblicato  dal  Peli  nell’ Archivio  per  T Antropologia 
e T Etnologia  (1894)  sull’  indice  cerebrale  degli  alienati  mi  ha  invogliato  a 
vedere  se  dai  miei  404  indici  cefalici  potevano  ricavarsi  delle  medie  aventi 
qualche  significato.  Ecco  i risultati:  T indice  cefalico  negli  uomini  va  dai 
frenastenici,  (78,71),  agli  alcoolisti  (78,92),  agli  epilettici  (80),  ai  psiconevrotici 
(81,48),  agli  affetti  da  degenerazioni  psichiche  (81,73);  nelle  donne  va  dalle 
psiconevrotiche  (79,15),  alle  frenasteniche  (79,44),  alle  epilettiche  (79,80),  alle 
affette  da  degenerazioni  psichiche  (80,87),  alle  isteriche  (81,69).  È evidente  che 
come  oramai  nell’  antropologia  normale  così  anche  nella  patologica  quest’  indice 
risulta  perfettamente  inconcludente.  Nè  peraltro  risultato  alcuno  mi  hanno 
dato  le  altre  misure  antropometriche,  come  il  Sergi  già  pensava  sin  dal  1880 
a proposito  dei  delinquenti  (Cfr.  Le  degenerazioni  umane,  pag.  90). 


— 94  — 

TAB. 


Plagiocefalia 

Asimmetria  cranica  semplice 

Subscafocefalia 

» oxicefalia 

» trigonocefalia 

» acrocefalia 

Fronte  sporgente,  bozze  frontali  sviluppate 

» sfuggente 

Asimmetria  della  faccia  .... 
Deviazione  della  faccia  della  linea  mediana 
Arcate  sonracciliari  sviluppate  . 
Sopracciglia  tendenti  a riunirsi . 

Zigomi  sporgenti 

Orecchie  staccate 

» smisuratamente  grandi 

» disuguali  per  sviluppo 

» male  impiantati  .... 

Tubercolo  del  Darwin 

Elice  mancante  o non  ripiegato 

» a nastro 

Antelice  sporgente 

» aderente  all’  elice  .... 

» mancante,  o ridotto 

Lobulo  aderente 

Occhi  piccoli,  infossati 

» asimmetrici  per  posizione 
» » per  la  dimenzione  delle 

apert.  palpebr. 

» obliqui 

» grandi,  sporgenti  .... 
Distanza  anormale  dei  bulbi 
Bicromatismo  dell’  iride  .... 
Margine  pupillare  non  rotondo  . 

Naso  incavato 

» deviato  

Pinne  nasali  divaricate  e lobulo  grosso  . 
Apertura  della  bocca  esagerata. 

» » » deviata 

Labbra  spesse,  sporgenti  .... 

» sottili,  verticali  .... 
Vòlta  del  palato  stretta  e alta  . 
Prognatismo  e prognatismo  alveolare 

Progeneismo 

Mento  fuggente 

Diastema  dentario 

Denti  seghettati  . ^ 

» sopranumerari  o assenti  . 

» poco  o male  differenziati  . 

» embricati,  male  impiantati 

Microchiria 

Scarso  sviluppo  delle  eminenze  tenar-ipo- 

tenar 

Poco  sviluppo  delle  sure  .... 
Ginecomastia.  Forme  femminili . 
Mammelle  molto  in  basso  .... 

» rudimentali 

Abnormità  nel  sistema  pilifero  . 

Capelli  grossi  e ruvidi 

Rughe  frontali  esagerate  .... 


MAS  OHI 

MEDIE 

Frenastenie 

49 

Blpilessie 

46 

Degenerazioni 
psichiche  — 37 

Psiconeurosi 

53 

Alcoolismo 
(demenza  parai.)  48 

Frenastenie 

26 

Epilessie 

33 

Degenerazioni 
psichiche  — 26 

Psiconeurosi 

67 

Isterismo 

19 

Uomini 

233 

Donne 

171 

Forme  gravi  di 
degenerazione  — 217 

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41 

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15 

11,5 

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17 

11,8, 

12 

6,5 

11 

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9 

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3 

11,5 

6,5 

5 

7,8 

6,7 

12,9 

5,2 

2 

4,3 

2,7 















1,8 



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16 

11 

— 

7,5 

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19 

30 

15,3 

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15,7 

7,2 

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11 

10 

13 

13,5 

13 

12 

15,3 

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— 

12 

15,7 

12,3 

9 

9 

13 

18 

35 

32,4 

13 

16,6 

34,6 

36 

23 

34,3 

15,7 

20,8 

28,6 

29,8 

19,4 

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— 

5,4 

3,7 

2 

3,8 

3 

— 

— 

— 

2 

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8 

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5 

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12 

5 

12 

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8 

15 

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21,5 

10 

27 

15 

19,2 

32,8 

31 ,5 

14,2 

25 

16,2 

24,7 

22 

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16 

18,8 

21 

15,3 

12 

15,3 

16,4 

5 

17,8 

12,8 

18,5 

15,3 

6 

6,5 

27 

37 

38 

— 

— 

— 

— 

— 

5 

— 

— 

22 

15 

8 

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12 

7,6 

4,4 

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13,8 

6 

11,4 

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42 

37,3 

32,4 

28,3 

33,5 

11,5 

15 

15,3 

15 

15,7 

34,7 

14,5 

25,5 

23 

12 

13 

13,5 

18 

10 

19,2 

21 

27 

12 

10,5 

13,3 

17,9 

17,6 

14 

— 

2 

— 

— 

2 

3,8 

— 

— 

4,4 

— 

— 

— 

— 

— 

— 

2 

2,7 



4 

7,6 

6 

7,6 

12 

5 

1,7 

7,6 

3,8 

5,2 

6 

6,5 

8 

11,3 

— 

7,6 

12 

27 

3 

10,5 

13,3 

17,9 

17,6 

14 

2 

2 





4 







6 



1,6 

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_ 

_ 

12 

8,6 

10,8 

24 

10 

15,3 

6 

1.5,3 

19,4 

10,5 

13 

13,3 

11,3 

15,9 

— 

11 

16 

15 

6 

42,3 

30 

42,3 

28,3 

10,3 

9,6 

30,6 

23,6 

14,9 

6 

4,3 

10,8 

5,6 

10 

15,3 

11 

3,8 

1,4 

10,5 

7,3 

8,6 

7 

6,8 

6 

_ 

5,4 

5,6 

2 

19,2 

6 

3,8 

3 

15,7 

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6,5 

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2 

2 

2 7 

— 

2 

3,8 

3 

7,6 

— 

5 

1,7 

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1 

6 



5,4 



4 

7,6 

3 

— 

1,4 

5 

3 

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2,6 

2 

— 

5,6 

— 

23 

9 

3,8 

3 

— 

1,5 

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2 

— 1 

4,3 

2,7 

9,4 

4 

— 

3 

— 

3 

— 

4 

2 

1,6 

4 

— 



2,7 

2 

4 

— 

— 

— 

3 

— 



— 

— 

16 

11 

2,7 

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_ 

23 

27 

15,3 

9 

5 

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15,4 

17 

4 

4 

17,3 

19 

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14,5 

23 

18 

2,3 

15 

— 

16,8 

15,6 

15,7 

9,7 

4 



2,7 

13 

4 

7,6 

3 

3,8 

9 

— 

5 

4,6 

3,5 

6,5 

2 



— 



— 

— 

— 

11,5 

1,4 

— 



2,5 

2,2 

— 

— 



_ 

— 

4 

7,6 

12 

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6 

— 

_ 

6 

— 

14 

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13 

6 

7,6 

12 

15,3 

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— 

11 

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11,9 

6,6 

4 

2 





4 

7,6 

9 

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2 

15,8 

6,9 

11,9 

10 

15 

16 

7,5 

14,5 

11,5 

24 

11,5 

7,4 

15,7 

12,6 

14 

14,6 

11,2 

22 

28 

16 

11,3 

12 

42,3 

18 

30,7 

15 

26,3 

17,8 

26,4 

24,5 

17,9 





2,7 



— 

— 

— 

7,6 

— 

— 

— 

1 

— 

— 

2 

_ 

2 

2 

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11,5 

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14 

13 

2,7 

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15 

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2 

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4,3 

— 



— 

— 

— 

— 

1,4 

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1,6 

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— 

— 

2 

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— 

11,5 

21 

11,5 

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6,5 

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10,9 

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14 

15 

16 

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19,2 

12 

26,9 

13,4 

— 

13,4 

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17 

12,7 

2 

— 

2,7 

— 

— 

— 

3 

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— 

— 

— 

— 

— 

4 

2 

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_ 

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3 

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1 

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2 

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3 

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1 

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2 

2 

5,4 

2 

— 

— 

— 

— 

— 

— 

2 

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— 

— 

— 

— 

— 

— 

— 

6 

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2 

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10 

8,6 

10,8 

10,8 



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15 

11,5 

15 

15,7 

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16,8 

13,8 

5,6 











3 



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1 6 

— 

14 

4,3 

— 

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” 

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TAB.  Ila 


95 


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31,2 

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Frenastenie  Epilessie  Degenerazioni  psichiche  Psiconeurosi  Alcoolismo 


— 96  — 


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— 97  — 


SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE 


Tav.  I.  Linea  di  flessione  unica  (fig.  1,  2,  5,  4). 


» » » si  differenzia  nelle  due  linee  di  fles- 

sione normali  (fig.  5,  6,  7,  8). 

» » » una  seconda  linea  di  flessione  si  forma 

indipendentemente  ( fig.  9, 10, 11, 12). 

Tav.  IL  Due  linee  di  flessione  parallele  e orizzontali  (fig.  1 e segg). 

» » perdono  il  parallelismo  e la  direzione 

orizzontale  (fig.  6 e segg.). 

Tav.  III.  Spazi  interdigitali  (fi,g.  1,  2,  3). 

» » con  divergenza  o deviazione  parziale  delle 

dita  (fig.  4,  5,  G,  12,  13,  14,  16,  17, 
19,  20). 

Eccesso  di  convergenza  o deviazione  in  foto  delle  dita  (la 
deviazione  diminuisce  andando  dall’  indice  verso  il  mignolo) 
(fig.  7,  8,  9,  10,  11,  18). 

Difetti  di  proporzione  (il  mignolo  e il  medio  troppo  corti, 
r indice  o 1’  anulare  troppo  lunghi)  (fig.  15,  18,  20,  e altre 
delle  precedenti). 

Tav.  lY.  Mani  col  pollice  cortissimo  (fig.  1,  2,  3,  4 unica  persona). 

Diverse  deviazioni  del  mignolo  (fig.  5 e segg.). 

Dita  birilliformi  (kegelformige)  (fig.  13,  14). 

» troppo  lunghi  e sottili  (fig.  15). 

» a estremità  ingrossate  (fig.  16). 

Tav.  Y.  Spazi  tra  le  dita  dei  piedi  (la  fig.  22  è la  stessa  21  con  le  dita 
divaricate  per  far  vedere  un  leggiero  grado  di  sindattilia). 

Tav.  YI.  Sistemi  di  linee  papillari  interpolati  nelle  eminenze  ipotenar  (fig. 

1,  2,  3,  4). 

» » » » » tenar  fig.  5 

e segg.). 


— 98  — 


Tav.  YII.  Altri  sistemi  di  linee  papillari  (fig.  1,  2). 

Linee  papillari  dei  polpastrelli  delle  dita 


» 


» 


symiadentypus 

( fig-  3,  4, 
15,  16). 
tipo  triango- 
lare (fig.  11). 
forme  anomale 


(fig.  5,  8,  9,  10,  12,  13,  18). 


Tov.  I 


TaV.H 


Tal/.  Ili 


Tav.V 


Tav.Vi. 


T.V.  vn. 


106  — 


LETTERATURA 

(Autori  citati  in  questa  monografia) 


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Freniatria  »,  1883. 

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Voi.  XI,  Fase.  IV.  ; 

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1 


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— Alcune  rare  anomalie  scheletriche  nei  criminali  « Archivio  di  Psi- 
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ZojA,  Intorno  al  mucrone  dell  angolo  della  mandibola  del  Sa^idifort, 
Pavia,  1888. 

ZuccARELLi  e Matjgeri,  Il  terzo  dente  molare  della  mascella  superiore 
in  rapporto  con  le  anomalie  craniche  e con  V indice  cefalico.  « Atti 
della  Soc.  Romana  di  Antropologia  »,  V.  Ili,  1896. 

(Altri  lavori  sono  stati  citati  nel  corso  della  inonograjJa  che  qui 

per  brevità  sono  stati  omessi). 

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