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Monday, September 29, 2025

Grice e Troisi

 


de'’ SEGflI DELl’iDEB E SOPRATTUTTO 1 
de’ VOCABOLI. 

§ 4 1 • Necessità de ’ segni. 

L’ idee , e te loro varie specie, che per mezzo 
de' sensi e della riflessione acquistiamo, son. 
tutte immagini le quali si rappresentano dentro 
di noi, chiuse nel nostro spirito, nascoste ed 
invisibili agli altri } in guisa che nè alcuno può 
vedere o intendere l’ idee d’un altro, nè ma- 
nifestare le proprie, qualunque sia il tentativo 
che metta in opra. Affinchè dunque gli uomim 
potessero vivere in società, e non errare a 
guisa di bruti fra le selve, era necessario tro- 
vare un mezzo valevole a richiamare e pro- 
durre la vicendevol comunicazione dell’ idee, 
de’ pensieri, e de’ bisogni, onde dipende il 
legame della società umana. A tal effetto si 
sono inventati de’ segni i quali , oltre la idea , 
risvegliano ancora quella della cosa signifi- 
cata , alla quale sono legati. Or siccome que- 
sti si possono manifestare, e rendersi sensibili, 
così vengono a manifestarsi ancora l’idee che 
a quelli sono attaccate. 


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DELLA PERCEZIONE DELLE IDEE. L j3 

§ 4 2 - Segni naturali , accidentali e arbitrar /. 

Non tutt’i segni sono stati legati all’ idee 
della stessa maniera } ma alcuni sono legati per 
propria natura all’ idee , e perciò si chiamano 
naturali: così il fumo è segno naturale del 
fuoco-, il cambiamento di colore, alcuni gesti, 
e movimenti del corpo son segni naturali del- 
r interne passioni. Altri si son legati alfidee per 
qualche circostanza accidentale, onde si dicono 
accidentali. Roma è un segno accidentale che 
mi risveglia l’idea del Pontefice, che ivi ho 
veduto per un accidente, perchè poteva averlo 
veduto anche in altro luogo. Quei segni, i 
quali sono stati uniti all’idee per convenzione, 
e dall’arbitrio dell’uomo, si chiamano arbi- 
trar]': le monture de’ soldati, le bandiere delle 
navi, il suono del tamburo, delle campane, ecc., 
son tutti segni arbitrar}. 

§ 4 Insufficienza de'' Segni naturali , 
e accidentali. 

Chi volesse far uso soltanto de’ segni natu- 
rali e accidentali per richiamare o comunicare 
l’idee, pocoo niun vantaggio si potrebbe com- 
promettere ^ sì a cagione del loro scarso nu- 
mero, come ancora perchè si dovrebbe dipen- 


Digi 


44 LIBRO PHllfO, 

dere dalla presenza di quegli oggetti ai quali 
T idee sono annesse, per poterle risvegliare e 
manifestare nell’occorrenze. Così, per richia- 
marmi l’idea del fuoco dovrei vedere il fumo; 
l’ idea del Ponteffce dipende dalla presenza di 
Roma, ecc.} e poiché queste circostanze non 
dipendono dalla nostra volontà, ne avviene 
che non possiamo a nostro arbitrio disporre 
di tali segni, nè per conseguenza dell’ idee. 

§ 44* Necessità delle Parole. 

% 

Era dunque necessario trovare de’ segni ar- 
bitrar j de’ quali l’uomo potesse disporre a suo 
beneplacito per richiamare e manifestare le 
sue idee. A tal effetto il provvido Autor della 
natura ci ha dotati d’organi naturalmente di- 
sposti a dar fuora de’ suoni articolati , che noi 
chiamiamo parole: dono stupendo , ed esclu- 
sivo dell’uomo. Or questi son quelli che con 
grandissima facilità e varietà possono for- 
marsi , e con maggior fecondità , e prontezza 
possono richiamare, e manifestare l’idee che 
a loro son legate. Di fatto, se vogliamo richia- 
mare o manifestare ad altri, l’idea da noi per- 
cepita d’ un corpo che brucia ed illumina , non 
fa d’uopo che si vegga il fumo, o che il fuoco 
si presenti alla vista, o tocchi qualche parte 
del corpo j ma basta profferire il nome fuoco , 


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DELLA. PERCEZIONE DELLE IDEE. 

che subito l’idea, la quale l’arbitrio dell’uomo 
ha legata a questo vocabalo, si presenta alla 
mente, e rendesi manifesta a chiù nque si vuol 
comunicare un’idea che l’anima ha percepita. 

§ 45. Le Parole servono di segni generali. 

Le parole sono segni dell’ idee (§ prec. ), ma 
ma non per questo si ha da credere, che ad 
ogni oggetto, o idea singolare debbasi adattare 
un nome distinto. Oltre che questo sarebbe 
incomodo, ma si renderebbe impossibile òd 
inutile^ e l’uso delle parole verrebbe confuso 
dalla loro moltiplicazione. Non è possibile, che 
alcuuo, per quanto sia dotato d’ una memoria 
prodigiosa, possa ritenere il nome particolare 
di tutte le foglie d’un albero, di tutti gli uc- 
celli di ciascuna specie, e degl’ innuraerabili 
enti di questo mondo. Ma quando anche ciò 
fosse possibile ad alcuno, pure sarebbe inutile, 
»ed il linguaggio si renderebbe inintelligibile , 
perchè il nome , col quale io voglio distinguere 
un dat’oggetto particolare, non sarà pervenuto 
a notizia di colui al quale io intendo comuni- 
care la mia idea. Se alcuno, volendo, per esem- 
pio, manifestare ad un’altro l’ idea d’ un uc- 
cello chiamato canario , in vece di servirsi di 
questa voce generale volesse far uso d’un altro 
nome particolare, non sarebbe inteso } poiché 


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LIBRO PRIMO, 

colui , al quale si parla , ha legata P idea di 
quest'uccello alla parola generale canario , e 
e non ad altra particolare. Quindi è, che sic- 
come si son formate P idee universali (§ 29), 
cosi si sono inventate le voci universali , che 
non solamente esprimono simili idee, ma l>en 
anche tutte le singolari che sotto le generali 
vengono contenute. Allorché però la necessità 
lo richiede , vi sono ancora de 1 nomi distinti 
assegnati alle cose particolari, che si dicono 
nomi praprj, i quali si adattano agli uomini , 
alle città, a 1 dumi, a’ monti , o ad altri oggetti 
che con nome singolare vogliono disegnarsi. 

§ 46. Parole servono a distinguere Videe. 

Un altro vantaggio che si ha dall’ invenzione 
delle voci è quello di distinguere l’idee; le 
quali, polendosi confondere tra loro a cagiorwì 
di varie proprietà, che forse son comuni a due 
idee, si sarebbe nella necessità di enumerare 
tutte le diverse qualità delPuua per distin- 
guerla dall'altra. Così, mi servo della parola 
oro per esprimere un corpo esteso , figurato , 
divisibile . solido , duro, fusibile , duttile, mal- 
leabile , molto ^rave, fìsso, solubile nell’ acqua- 
regia, eco . Che se io non facessi uso di questa 
voce • ogni qualvolta volessi nominare questo 
metallo, per non confonderlo coll’ argento, o 


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BELLA PERCEZIONE DELLE IDEE. 47 

con altro metallo, col quale conviene in al- 
cune proprietà, sarei nell’obbligo di enumerare 
tutte l’esposte qualità: il che essendo impossi- 
bile, o almeno molto incomodo, mi servo della 
parola oro sotto il qual nome comprendo 
l’unione di tutte le diverse proprietà di questo 
corpo. 

§ 47* Le Parole servono per lo pronto esercizio 
delle operazioni dell'anima. 


Ma uno degli oggetti più int eres«anti del- 
l’ invenzione delle voci, e sul quale meno si 
riflette, si è che col di loro mezzo si ha il 
pronto esercizio dell’ operazioni dell’ anima. 
Veramente, per esercitare la percezione, la 
coscienza, e l’attenzione non vi è bisogno di 
segni arbitrar^ perchè queste operazioni son 
cagionate dalla presenza degli stessi oggetti \ 
purché non se ne voglia far uso per esercitare 
con più frequenza l’attenzione, particolarmente 
su d’ un’oggetto lontano. Non è così però del- 
V altre operazioni deil’anima, le quali, senza 
l’ajuto de’ segni , avrebbero o piccolo o niuno 
esercizio. E primieramente l’uomo non po- 
trebbe disporre a suo arbitrio della remini- 
scenza } ina dovrebbe dipendere dalla presenza 
ili quell’oggetto, col quale una volta si formò 
il legume la). Lo slesso è da dirsi deli’iin- 



^8 r '' ' LIBRO PRIMO , ? T 1 a 

maginazione , la quale avrebbe qualche eser- 
cizio nel solo caso che da una cagione straniera 
venisse presentato alla vista quell’oggetto che 
ha legame coll’oggetto lontano che si vuole 
immaginare (§ 13); e fuor di questa circo- 
stanza, l’uomo non avrebbe mezzi per richia- 
marlo da sè stesso ; giacché non ha in sua di- 
sposizione alcuna cosa che vi potrebbe esser 
legata. La memoria non avrebbe luogo ; poi- 
ché come quest’operazione consiste nel richia- 
mare il nome dell’oggetto lontano, o altra cir- 
costanza che con esso ha rapporto ( § i4 )\ 
senza i segni arbitrar] , ovvero senza le voci 
non vi sarebbe esercizio alcuno. La contem- 
plazione , la riflessione, e l’aitre operazioni 
dell’anima non incontrerebbero sorte migliore. 
Ma, posti i segui arbitrarj , cioè le parole , i 
caratteri , le cifre, ecc., l’uomo potrà a sua vo- 
glia disporre delle sue operazioni, e non di- 
penderà dalla presenza degli oggetti , o da altra 
circostanza indipendente dal suo arbitrio; giac- 
ché avendo i segni sempre in sua disposizione, 
potrà richiamare, secondo il bisogno, ridee, 
che a quelli sono legate , e passare da un og- 
getto ad un altro, senza dipendere dalla loro 
presenza , o altra cagione straniera che eoa 
•ssi ha rapporto. n . * ^ 

i ; < ìì ;i ttiétsp ino il\ 

-f ; ibb ii iii» »b ó jLt £ v £ ; 1 


DELLA PBBCEZIOITB DELLE IDEE. 


§ 48. Perchè si stenta a comprendere 
la necessità delle Parole. 

Par che si stenti in qualche maniera a com- 
prendere la necessità de’ segni per ottenere il 
libero esercizio delle operazioni dell’anima. Ciò 
avviene perchè noi apprendiamo prima le voci , 
e quindi ci accorgiamo delle varie operazioni 
dell’anima nostra, e molto tardi veniamo a 
conseguirne l’intero sviluppo} o almeno, appren- 
dendo contemporaneamente le parole, ed eser- 
citando l’anima te sue operazioni, credonsi 
queste iudipendenti da segni. Ma, per rimaner 
convinti dell’assoluta necessità de’ segni, di- 
mentichiamoci di loro per un sol momento, e 
quindi procuriamo disporre delle varie opera- 
zioni dell’anima nostra} e ci accorgeremo di es- 
sere nella condizione de’ bruti, i quali, per 
mancanza de’ segni arbitrar}, non avendola 
memoria, hanno soltanto un’immaginazione, 
della quale non son padroni di disporre. E se 
si rappresentano un oggetto lontano, questo 
dipende dallo stretto legame clie nel loro ce- 
rebro si è formato tra l’ oggetto presente , e 
l’immagine lontana. Così, non è la memoria 
che li guida in un luogo, dove il giorno prima 
han trovato del dbo} ma il sentimento della 
fame è sì strettamente legato coll’ idee del 

Traisi 4 



$o libeo paino, 

luogo e della strada la quale vi conduce , che 

queste si risvegliano all’ esperienza di quella. 

§ 49- ^ necessità delle Parole si conferma 
co’ fatti. 

I fatti vengono in conferma di quanto si è 
provato ne’ due precedenti paragrafi. Nelle 
Memorie dell’Accademia delle Scienze di Pa- 
rigi (i) si rapporta, che un giovane sordo, e 
per conseguenza muto dalla uascita , acquistò 
1’ udito nell’età di ventitré in ventiquattr’anni. 
Non ostante che io tutto questo tempo egli 
avesse esercitati esternamente differenti atti re- 
ligiosi, che per mezzo della vista apprendeva, 
il tutto però riducevasi ad un puro mecca- 
nismo, nè vi avea mai attaccata idea alcuna, 
nè portati i suoi pensieri sopra Dio, sull’anima, 
sopra la bontà , o malizia morale dell’ azioni. 
Nemmeno sapeva distintamente ohe cosa fosse 
La morte. A buon conto aveva menala una vita 
puramente animale; e tutt’occupato degli og- 
getti sensibili e presenti, e delle poche idee 
che riceveva per mezzo della vista, o di qual- 
cli’altro senso, la di lui attenzione, attirata uni- 
camente dalle sensazioni vive, cessava con que- 
ste sensazioni. Molto più decisivo è il fatto 


(i) Anno 1703, pag. 8. 

« U.\ 


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SELLA PERCEZIONE SELLE ISEE. Si 

rapportato d’un giovinetto di circa dieci anni, 
che nei 1694 fu ritrovato fra gli orsi nelle fo- 
reste che sono rie 1 confini della Lituania e 
della Russia. Questo non dava alcun segno di 
ragione, camminava sopra i suoi piedi e sulle 
roani, non avea alcun linguaggio, e formava 
de 1 suoni che niente rassomigliavano a quelli 
d’un uomo. Allorché potè parlare, tanto si ri- 
cordava del suo sfato passalo, quanto noi ci 
ricordiamo di quel che ci è accaduto tra le 
fasce. Nè poteva esser altrimenti } giacché senza 
ì segui arbitrarj non vi è memoria , poca im- 
maginazione, e contemplazione dipendenti da 
cagioni straniere^ picciolissima riflessione, e 
per conseguenza quasi niuna distinzione d’idee} 
poca capacità di paragonare, niuna astrazione, 
poco giudizio, e molto scarso raziocinio. Dun- 
que si conchiuda , che senza i segni arbitrarj 
non si farebbe alcun progresso nelle cogni- 
zioni, anzi non vi sarebbe nome di scienza. 

§ So. Il significato delle Parole , 
è perfettamente arbitrario. 

L’idee clie si eccitano per mozzo delle pa- 
role non dipendono da alcun legame naturale 
che passi fra loro, ma è parto del puro arbi- 
trio dell’uomo} die vai quanto dire esser il 
significato delle parole perfettamente arbitrario. 



S'I LIBRO PRIMO, 

Questa è una verità così evidente che 'sembra 
non aver bisogno di prova. La stessa idea è 
diversamente espressa presso varie nazioni : anzi 
in una stessa nazione la medesima idea ha varj 
nomi: que’ vocaboli che presso gli antichi erano 
in vigore, non sono di alcun uso presso di 
noi (i). Che se le parole fossero naturalmente 
legate alfidee, si parlerebbe da tutti lo stesso 
linguaggio , e si risparmierebbe la pena d’ap- 
prendere le lingue straniere , e soprattutto la 
latina , ch’è di tant’ ostacolo al progresso delle 
cognizioni. 

§ 5 1 . Idee accessorie delle Parole. 

Alle volte avviene, che una stessa parola 
esprime oltre l’ idea principale che dall’ uso vi 
è annessa, ancora altre idee le quali si dicono 
accessorie ; e che nascono da un certo soprac- 
ciglio, dal tuono della voce, q da movimenti 
del corpo co’ quali accompagniamo le parole. 
Così, nel dire ad uno, Voi mentite , non sola- 
mente dinotiamo, che non dice il vero, ma da 
una certa maniera colla quale pronunciamo 


(1) Multa renascentur quae jam cecidere, cadentque 
Quae nunc sunt in honore vocabula , si voletusus, 
Queni penes arbitri um est, et jus et norma ioqueudi. 

Oiuz. , Art. puet. 


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DELLA PERCEZIONE DELLE IDEE. 53 

sìmili parole gli arrechiamo un'ingiuria. Da 
queste idee accessorie derivano molte parole 
offensive e * turpi ; giacché niuna parola con- 
tiene naturalmente sotto di sé idea alcuna cri- 
minosa, purché si profferisca colla dovuta de- 
cenza 
. 

«t 4 a 

% 5 a. Necessità delle Particelle per esprimere 

ed unire Videe tra loro . 

» 

■* \ 

Oltre le parole che servono ad espri- 
mere ridee, vi sono ancora altre voci, delle 
quali ci serviamo per unirei’ idee Ira loro, ed 
esprimere la varia maniera colla quale siamo 
colpiti dagli oggetti. Col di loro mezzo for- 
miamo il discorso, e gli diamo quel seuso e 
quell’ energia che da noi si desidera , per far. 
entrare nella mente altrui i nostri pensieri y e 
sentimenti. Queste voci son dette particelle , e 
da Grammatici son disegnate col nome di as>- 
verbj , preposizioni , interiezioni , congiun- 
zioni , ecc. Tali sono, per esempio; ma, cosi , 
ancora , intanto, certamente, giacché , perchè , 
non , ecc.\ come ancora gli articoli , i segna- 
casi , ecc . Delle quali particelle bisogna ben 
comprenderne la forza, ed il significato, per 
poterle applicare con proprietà; giacché dalla 
loro giusta applicazione dipende la bellezza 
dello stile e V intelligenza del discorso; dove 


54 T. 1 BRO PRIMO, 

che se si sbaglia nell’applicazione di simili voci, 
s’imbarazza colui il quale ascolta o legge. Ed 
ecco perchè queste parole, che da loro stesse 
non sono effettivamente il nomedi alcune idee, 
sono di un uso si costante, ed indispensabile 
nella lingua, e servono tanto agli uomini per 
ben esprimersi. 

§ 53. IL numero delle Parole è proporzionato 
a quello deir Idee. 

Se le parole sono segni dell 1 idee , ne segue, 
che dov’è maggiore il numero dell 1 idee, lo 
dev’essere ancora quello delle parole. E poi- 
ché l’idee si moltiplicano a misura che si ha 
occasione di percepire più oggetti ( § 25 ), ne 
avviene, che le nazioni dotte e commercianti, 
fra le quali il numero dell’idee sempre si avanza, 
perchè si percepiscano più oggetti, sono più 
ricche di vocaboli, che un’altra nazione igno- 
rante e povera. La nazione Ebrea, non ostante 
che vantasse un’antichità più rimota della Greca, 
ed avesse potuto arricchire il suo linguaggio 
per mezzo delia lingua degli Egizj, fra quali 
dimorò lungo tempo $ pure, perchè sempre 
ignorante, povera ed oscura, il di le» linguag- 
gio era tanto inferiore nel numero delle voci 
a quello della Grecia, per quanto questa so- 
pravauzava la prima nelle scienze, nel com- 
mercio, e nello splendore. 


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DELLA PERCEZIONE DELLE IDEE. 


55 


§ 54* Come si può aumentare il Linguaggio . 

* * • - . * 

* Or il linguaggio si può aumentare, o creando 
nuove voci per esprimere nuove idee, o con 
adottare ( ciò che più d’ordinario avviene ) le 
parole d’una lingua morta, e quindi adattarle 
al proprio idioma. La nostra lingua Italiana 
deve la massima parte della sua fecondità alla 
Jatina, della quale è figlia, ed alla quale potrebbe 
ricorrere nell’occorrenze ; e se mai questa ve- 
nisse a mancare di qualche voce, si av vaierebbe 
della Greca, eh’ è madre, ed è più copiosa 
della Latina. Tra le lingue occidentali, quella 
che dopo l’Italiana è più tenuta, per la copia 
delle voci, alla Latina si è la lingua Francese. 
Si trovano in questa molti vocaboli, ne’ quali 
si osserva il pretto latinismo, ed in alcuni an- 
che il grecismo. La voce francese, per esem- 
pio, cuivre che significa rame, è il cuprum 
de’ Latini \phiole la caraffa corrisponde alla 
voce latina phiala , papier la carta è papyrus , 
rume il catarro vien dal greco pevfxa reuma , il 
il verbo est de’ Latini è intatto nell’idioma 
francese, etc. La stessa osservazione potrebbe 
farsi circa molt’ altre voci sì francesi, come 
ancora di altre lingue occidentali, che più o 
meno partecipano della latina, o di altra lin- 
gua, secondo han portato le vicende * e le ri- 


56 LIBRO I, CELLA PERCEZIONE DELLE IDEE. 

soluzioni. Trattandosi però di esprimere nuove 
idee per mezzo di nuove voci, adottate o in- 
ventate, queste non si devono stabilire a ca- 
priccio, ma devono procedere con le regole, 
che non è questo il luogo da assegnare. Basta 
sapere, che nova verba non sine quodam pe- 
rìodo Jingimus; come avverte Quintiliano, 
Lib. I, cap. 

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