de'’ segni DELl’iDEB E SOPRATTUTTO 1 de’ VOCABOLI.
Necessità de ’ segni.
L’ idee , e te loro varie specie, che per mezzo de' sensi e della riflessione acquistiamo, son tutte immagini le quali si rappresentano dentro di noi, chiuse nel nostro spirito, nascoste ed invisibili agli altri } in guisa che nè alcuno può vedere o intendere l’ idee d’un altro, nè manifestare le proprie, qualunque sia il tentativo che metta in opra.
Affinchè dunque gli uomim potessero vivere in società, e non errare a guisa di bruti fra le selve, era necessario trovare un mezzo valevole a richiamare e produrre la vicendevol comunicazione dell’ idee, de’ pensieri, e de’ bisogni, onde dipende il legame della società umana.
A tal effetto si sono inventati de’ segni i quali , oltre la idea , risvegliano ancora quella della cosa significata , alla quale sono legati.
Or siccome questi si possono manifestare, e rendersi sensibili, così vengono a manifestarsi ancora l’idee che a quelli sono attaccate.
Segni naturali , accidentali e arbitrar /.
Non tutt’i segni sono stati legati all’ idee della stessa maniera } ma alcuni sono legati per propria natura all’ idee , e perciò si chiamano naturali:
così il fumo è segno naturale del fuoco-, il cambiamento di colore, alcuni gesti, e movimenti del corpo son segni naturali del- r interne passioni.
Altri si son legati alfidee per qualche circostanza accidentale, onde si dicono accidentali.
Roma è un segno accidentale che mi risveglia l’idea del Pontefice, che ivi ho veduto per un accidente, perchè poteva averlo veduto anche in altro luogo.
Quei segni, i quali sono stati uniti all’idee per convenzione, e dall’arbitrio dell’uomo, si chiamano arbitrar]':
le monture de’ soldati, le bandiere delle navi, il suono del tamburo, delle campane, ecc., son tutti segni arbitrar}.
Insufficienza de'' Segni naturali , e accidentali.
Chi volesse far uso soltanto de’ segni naturali e accidentali per richiamare o comunicare l’idee, pocoo niun vantaggio si potrebbe compromettere ^ sì a cagione del loro scarso numero, come ancora perchè si dovrebbe dipendere dalla presenza di quegli oggetti ai quali T idee sono annesse, per poterle risvegliare e manifestare nell’occorrenze.
Così, per richiamarmi l’idea del fuoco dovrei vedere il fumo;
l’ idea del Ponteffce dipende dalla presenza di
Roma, ecc.} e poiché queste circostanze non dipendono dalla nostra volontà, ne avviene che non possiamo a nostro arbitrio disporre di tali segni, nè per conseguenza dell’ idee.
Necessità delle Parole.
Era dunque necessario trovare de’ segni arbitrar j de’ quali l’uomo potesse disporre a suo beneplacito per richiamare e manifestare le
sue idee.
A tal effetto il provvido Autor della natura ci ha dotati d’organi naturalmente disposti a dar fuora de’ suoni articolati , che noi
chiamiamo parole: dono stupendo , ed esclusivo dell’uomo.
Or questi son quelli che con grandissima
facilità e varietà possono formarsi , e con maggior fecondità , e prontezza
possono richiamare, e manifestare l’idee che
a loro son legate.
Di fatto, se vogliamo richiamare o manifestare ad altri, l’idea da noi percepita d’ un corpo che brucia ed illumina , non
fa d’uopo che si vegga il fumo, o che il fuoco
si presenti alla vista, o tocchi qualche parte
del corpo j ma basta profferire il nome fuoco ,
che subito l’idea, la quale l’arbitrio dell’uomo
ha legata a questo vocabalo, si presenta alla
mente, e rendesi manifesta a chiù nque si vuol
comunicare un’idea che l’anima ha percepita.
Le Parole servono di segni generali.
Le parole sono segni dell’ idee,
ma non per questo si ha da credere, che ad
ogni oggetto, o idea singolare debbasi adattare
un nome distinto.
Oltre che questo sarebbe
incomodo, ma si renderebbe impossibile òd
inutile^ e l’uso delle parole verrebbe confuso
dalla loro moltiplicazione.
Non è possibile, che
alcuuo, per quanto sia dotato d’ una memoria
prodigiosa, possa ritenere il nome particolare
di tutte le foglie d’un albero, di tutti gli uccelli di ciascuna specie, e degl’ innuraerabili
enti di questo mondo.
Ma quando anche ciò
fosse possibile ad alcuno, pure sarebbe inutile,
»e la lingua si renderebbe inintelligibile ,
perchè il nome , col quale io voglio distinguere
un dat’oggetto particolare, non sarà pervenuto
a notizia di colui al quale io intendo comunicare la mia idea.
Se alcuno, volendo, per esempio, manifestare ad un’altro l’ idea d’ un uccello chiamato canario , in vece di servirsi di
questa voce generale volesse far uso d’un altro
nome particolare, non sarebbe inteso } poiché
colui , al quale si parla , ha legata P idea di
quest'uccello alla parola generale canario , e
e non ad altra particolare.
Quindi è, che siccome si son formate P idee universali, cosi si sono inventate le voci universali , che
non solamente esprimono simili idee, ma l>en
anche tutte le singolari che sotto le generali
vengono contenute.
Allorché però la necessità
lo richiede , vi sono ancora de 1 nomi distinti
assegnati alle cose particolari, che si dicono
nomi praprj, i quali si adattano agli uomini ,
alle città, a 1 dumi, a’ monti , o ad altri oggetti
che con nome singolare vogliono disegnarsi.
Parole servono a distinguere Videe.
Un altro vantaggio che si ha dall’ invenzione
delle voci è quello di distinguere l’idee; le
quali, polendosi confondere tra loro a cagiorwì
di varie proprietà, che forse son comuni a due
idee, si sarebbe nella necessità di enumerare
tutte le diverse qualità delPuua per distin-
guerla dall'altra.
Così, mi servo della parola
oro per esprimere un corpo esteso , figurato ,
divisibile . solido , duro, fusibile , duttile, mal-
leabile , molto ^rave, fìsso, solubile nell’ acqua-
regia, eco .
Che se io non facessi uso di questa
voce • ogni qualvolta volessi nominare questo
metallo, per non confonderlo coll’ argento, o
con altro metallo, col quale conviene in alcune proprietà, sarei nell’obbligo di enumerare
tutte l’esposte qualità: il che essendo impossibile, o almeno molto incomodo, mi servo della
parola oro sotto il qual nome comprendo
l’unione di tutte le diverse proprietà di questo
corpo.
Le Parole servono per lo pronto esercizio
delle operazioni dell'anima.
Ma uno degli oggetti più int eres«anti dell’ invenzione delle voci, e sul quale meno si
riflette, si è che col di loro mezzo si ha il
pronto esercizio dell’ operazioni dell’ anima.
Veramente, per esercitare la percezione, la
coscienza, e l’attenzione non vi è bisogno di
segni arbitrar^ perchè queste operazioni son
cagionate dalla presenza degli stessi oggetti \
purché non se ne voglia far uso per esercitare
con più frequenza l’attenzione, particolarmente
su d’ un’oggetto lontano.
Non è così però del- V altre operazioni deil’anima, le quali, senza
l’ajuto de’ segni , avrebbero o piccolo o niuno
esercizio.
E primieramente l’uomo non po-
trebbe disporre a suo arbitrio della remini-
scenza } ina dovrebbe dipendere dalla presenza
ili quell’oggetto, col quale una volta si formò
il legume la).
Lo slesso è da dirsi deli’iinmaginazione , la quale avrebbe qualche eser-
cizio nel solo caso che da una cagione straniera
venisse presentato alla vista quell’oggetto che
ha legame coll’oggetto lontano che si vuole
immaginare (§ 13); e fuor di questa circo-
stanza, l’uomo non avrebbe mezzi per richia-
marlo da sè stesso ; giacché non ha in sua di-
sposizione alcuna cosa che vi potrebbe esser
legata.
La memoria non avrebbe luogo ; poi-
ché come quest’operazione consiste nel richia-
mare il nome dell’oggetto lontano, o altra cir-
costanza che con esso ha rapporto ( § i4 )\
senza i segni arbitrar] , ovvero senza le voci
non vi sarebbe esercizio alcuno.
La contem-
plazione , la riflessione, e l’aitre operazioni
dell’anima non incontrerebbero sorte migliore.
Ma, posti i segui arbitrarj , cioè le parole , i
caratteri , le cifre, ecc., l’uomo potrà a sua vo-
glia disporre delle sue operazioni, e non di-
penderà dalla presenza degli oggetti , o da altra
circostanza indipendente dal suo arbitrio; giac-
ché avendo i segni sempre in sua disposizione,
potrà richiamare, secondo il bisogno, ridee,
che a quelli sono legate , e passare da un oggetto ad un altro, senza dipendere dalla loro
presenza , o altra cagione straniera che eoa
•ssi ha rapporto. n . * ^
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Perchè si stenta a comprendere
la necessità delle Parole.
Par che si stenti in qualche maniera a com-
prendere la necessità de’ segni per ottenere il
libero esercizio delle operazioni dell’anima.
Ciò
avviene perchè noi apprendiamo prima le voci ,
e quindi ci accorgiamo delle varie operazioni
dell’anima nostra, e molto tardi veniamo a
conseguirne l’intero sviluppo} o almeno, appren-
dendo contemporaneamente le parole, ed eser-
citando l’anima te sue operazioni, credonsi
queste iudipendenti da segni.
Ma, per rimaner
convinti dell’assoluta necessità de’ segni, di-
mentichiamoci di loro per un sol momento, e
quindi procuriamo disporre delle varie opera-
zioni dell’anima nostra} e ci accorgeremo di es-
sere nella condizione de’ bruti, i quali, per
mancanza de’ segni arbitrar}, non avendola
memoria, hanno soltanto un’immaginazione,
della quale non son padroni di disporre.
E se
si rappresentano un oggetto lontano, questo
dipende dallo stretto legame clie nel loro ce-
rebro si è formato tra l’ oggetto presente , e
l’immagine lontana.
Così, non è la memoria
che li guida in un luogo, dove il giorno prima
han trovato del dbo} ma il sentimento della
fame è sì strettamente legato coll’ idee del
luogo e della strada la quale vi conduce , che
queste si risvegliano all’ esperienza di quella.
§ 49- ^ necessità delle Parole si conferma
co’ fatti.
I fatti vengono in conferma di quanto si è
provato ne’ due precedenti paragrafi.
Nelle
Memorie dell’Accademia delle Scienze di Pa-
rigi (i) si rapporta, che un giovane sordo, e
per conseguenza muto dalla uascita , acquistò
1’ udito nell’età di ventitré in ventiquattr’anni.
Non ostante che io tutto questo tempo egli
avesse esercitati esternamente differenti atti re-
ligiosi, che per mezzo della vista apprendeva,
il tutto però riducevasi ad un puro meccanismo, nè vi avea mai attaccata idea alcuna,
nè portati i suoi pensieri sopra Dio, sull’anima,
sopra la bontà , o malizia morale dell’ azioni.
Nemmeno sapeva distintamente ohe cosa fosse
La morte.
A buon conto aveva menala una vita
puramente animale; e tutt’occupato degli oggetti sensibili e presenti, e delle poche idee
che riceveva per mezzo della vista, o di qual-
cli’altro senso, la di lui attenzione, attirata uni-
camente dalle sensazioni vive, cessava con que-
ste sensazioni. Molto più decisivo è il fatto
rapportato d’un giovinetto di circa dieci anni,
che fu ritrovato fra gli orsi nelle fo-
reste che sono rie 1 confini della Lituania e
della Russia.
Questo non dava alcun segno di
ragione, camminava sopra i suoi piedi e sulle
roani, non avea alcuna lingua, e formava
de 1 suoni che niente rassomigliavano a quelli
d’un uomo.
Allorché potè parlare, tanto si ri-
cordava del suo sfato passalo, quanto noi ci
ricordiamo di quel che ci è accaduto tra le
fasce.
Nè poteva esser altrimenti } giacché senza
ì segui arbitrarj non vi è memoria , poca im-
maginazione, e contemplazione dipendenti da
cagioni straniere^ picciolissima riflessione, e
per conseguenza quasi niuna distinzione d’idee}
poca capacità di paragonare, niuna astrazione,
poco giudizio, e molto scarso raziocinio.
Dun-
que si conchiuda , che senza i segni arbitrarj
non si farebbe alcun progresso nelle cogni-
zioni, anzi non vi sarebbe nome di scienza.
§ So. Il significato delle Parole ,
è perfettamente arbitrario.
L’idee clie si eccitano per mozzo delle parole non dipendono da alcun legame naturale
che passi fra loro, ma è parto del puro arbitrio dell’uomo} die vai quanto dire esser il
significato delle parole perfettamente arbitrario.
Questa è una verità così evidente che 'sembra
non aver bisogno di prova.
La stessa idea è
diversamente espressa presso varie nazioni : anzi
in una stessa nazione la medesima idea ha varj
nomi: que’ vocaboli che presso gli antichi erano
in vigore, non sono di alcun uso presso di
noi (i).
Che se le parole fossero naturalmente
legate alfidee, si parlerebbe da tutti la stessa
lingua , e si risparmierebbe la pena d’apprendere le lingue straniere , e soprattutto la
latina , ch’è di tant’ ostacolo al progresso delle
cognizioni.
§ 5 1 . Idee accessorie delle Parole.
Alle volte avviene, che una stessa parola
esprime oltre l’ idea principale che dall’ uso vi
è annessa, ancora altre idee le quali si dicono
accessorie ; e che nascono da un certo sopracciglio, dal tuono della voce, q da movimenti
del corpo co’ quali accompagniamo le parole.
Così, nel dire ad uno, Voi mentite , non sola-
mente dinotiamo, che non dice il vero, ma da
una certa maniera colla quale pronunciamo
(1) Multa renascentur quae jam cecidere, cadentque
Quae nunc sunt in honore vocabula , si voletusus,
Queni penes arbitri um est, et jus et norma ioqueudi.
Oiuz. , Art. puet.
sìmili parole gli arrechiamo un'ingiuria.
Da
queste idee accessorie derivano molte parole
offensive e * turpi ; giacché niuna parola con-
tiene naturalmente sotto di sé idea alcuna criminosa, purché si profferisca colla dovuta de-
cenza
.
«t 4 a
% 5 a. Necessità delle Particelle per esprimere
ed unire Videe tra loro .
Oltre le parole che servono ad esprimere ridee, vi sono ancora altre voci, delle
quali ci serviamo per unirei’ idee Ira loro, ed
esprimere la varia maniera colla quale siamo
colpiti dagli oggetti.
Col di loro mezzo for-
miamo il discorso, e gli diamo quel seuso e
quell’ energia che da noi si desidera , per far.
entrare nella mente altrui i nostri pensieri y e
sentimenti.
Queste voci son dette particelle , e
da Grammatici son disegnate col nome di as>-
verbj , preposizioni , interiezioni , congiun-
zioni , ecc.
Tali sono, per esempio; ma, cosi ,
ancora , intanto, certamente, giacché , perchè ,
non , ecc.\ come ancora gli articoli , i segna-
casi , ecc .
Delle quali particelle bisogna ben
comprenderne la forza, ed il significato, per
poterle applicare con proprietà; giacché dalla
loro giusta applicazione dipende la bellezza
dello stile e V intelligenza del discorso; dove
che se si sbaglia nell’applicazione di simili voci,
s’imbarazza colui il quale ascolta o legge.
Ed
ecco perchè queste parole, che da loro stesse
non sono effettivamente il nomedi alcune idee,
sono di un uso si costante, ed indispensabile
nella lingua, e servono tanto agli uomini per
ben esprimersi.
IL numero delle Parole è proporzionato
a quello deir Idee.
Se le parole sono segni dell 1 idee , ne segue,
che dov’è maggiore il numero dell 1 idee, lo
dev’essere ancora quello delle parole.
E poi-
ché l’idee si moltiplicano a misura che si ha
occasione di percepire più oggetti ( § 25 ), ne
avviene, che le nazioni dotte e commercianti,
fra le quali il numero dell’idee sempre si avanza,
perchè si percepiscano più oggetti, sono più
ricche di vocaboli, che un’altra nazione igno-
rante e povera.
La nazione Ebrea, non ostante
che vantasse un’antichità più rimota della Greca,
ed avesse potuto arricchire il suo linguaggio
per mezzo delia lingua degli Egizj, fra quali
dimorò lungo tempo $ pure, perchè sempre
ignorante, povera ed oscura, il di le» linguag-
gio era tanto inferiore nel numero delle voci
a quello della Grecia, per quanto questa so-
pravauzava la prima nelle scienze, nel com-
mercio, e nello splendore.
Come si può aumentare il Linguaggio .
* Or il linguaggio si può aumentare, o creando
nuove voci per esprimere nuove idee, o con
adottare ( ciò che più d’ordinario avviene ) le
parole d’una lingua morta, e quindi adattarle
al proprio idioma.
La nostra lingua Italiana
deve la massima parte della sua fecondità alla
Jatina, della quale è figlia, ed alla quale potrebbe
ricorrere nell’occorrenze ; e se mai questa ve-
nisse a mancare di qualche voce, si av vaierebbe
della Greca, eh’ è madre, ed è più copiosa
della Latina.
Tra le lingue occidentali, quella
che dopo l’Italiana è più tenuta, per la copia
delle voci, alla Latina si è la lingua Francese.
Si trovano in questa molti vocaboli, ne’ quali
si osserva il pretto latinismo, ed in alcuni an-
che il grecismo.
La voce francese, per esem-
pio, cuivre che significa rame, è il cuprum
de’ Latini \phiole la caraffa corrisponde alla
voce latina phiala , papier la carta è papyrus ,
rume il catarro vien dal greco pevfxa reuma , il
il verbo est de’ Latini è intatto nell’idioma
francese, etc.
La stessa osservazione potrebbe
farsi circa molt’ altre voci sì francesi, come
ancora di altre lingue occidentali, che più o
meno partecipano della latina, o di altra lin-
gua, secondo han portato le vicende * e le ri-
soluzioni.
Trattandosi però di esprimere nuove
idee per mezzo di nuove voci, adottate o in-
ventate, queste non si devono stabilire a ca-
priccio, ma devono procedere con le regole,
che non è questo il luogo da assegnare.
Basta
sapere, che nova verba non sine quodam pe-
rìodo Jingimus; come avverte Quintiliano,
Lib. I, cap.


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