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Wednesday, May 29, 2024

Grice e Vignoli Nel 1863 io terminava il mio saggio in- iiorno ad una Dottrina razionale del Progresso, inserito con una serie di articoli nel Poli- tecnico a Milano , diretto già da Carlo Cat- taneo , e poi ristampato a parte , con queste parole e in queste sentenze, risultato di tutti gli studi e argomenti anteriori: « Quésta libertà del pensiero cresce ^*B 9 terello, soqo antiche e> costanti nella mia mente. Onde due anni or sono terminava la mia prolusione ad un corso di Antropologia generale gratuito nella R. Accademia scien- tifico-letteraria di Milano, al quale venni in- vitato dall' illustre professore Ascoli , gloria della glottologia italiana — allora Preside di • quel chiaro istituto. « Siamo nuovi ancora si può dire nei mo- «• derni studi, se volgiamo lo sguardo alle « altre nazioni che ci superarono , ma i ri- « sultati ottenuti e che si vanno conqui- « stando, sono augurio che sapremo perve- « nire a quella gloria che un giorno sì chia- \ ramente ci segnalò tra le genti. Ma molti RBPAZioini e per rispetto del pubblico ; e che infine fui sempre consentaneo con i miei principi, come tutti possono toccare con mano dalla lettura dei brani sopra trascritti, e stesi a lunghi intervalli e dal presente mio opùscolo stesso. Che se V ingegno è tapino , e il sapere non così vasto come vorrei, e come dovrebbe es- sere, la colpa non è mia, né della mia vo- lontà : poiché tra i tanti difetti , che in me possono annidare, l'ozio certo, e l'ignavia non vi si trovano:, perchè li sfuggii sempre, come la peste più oscena, brut a e nefanda di tutte, e la più dannosa ai privati ed alle nazioni. Milano, 12 aprile. CAPITOLO PRIMO Sitixa;25Ìoiie« Posta la nostra società odierna tra due sette te- merarie e procaccianti) diverse d'origine, ma identi- che di propositi nefandi e distruttori, i retrivi cleri- cali, e i demagoghi incendiarli, non mai soverchia riuscirà la solerzia, la virtù, la virilità di atti e di concetti ad allontanare e vincere i mali, sociali, mo- rali e materiali a cui esse mirano con tenacità for- midabile. Che se Tuna vorrebbe ridotto il mondo a un cenobio e a una triste tebaide, l'altra procaccia che gli uomini ritornino alla selvatichezza preistorica, e alla squisitezza sociale delle caverne. Certamente le magnanime speranze di questi tristi non si avve- reranno, poiché la mentalità umana, la libertà civile e le suppellettili industriali tanto cresciute e potenti non lo concedono, e in Italia specialmente, ove l'in- dole, gl'istinti, il senno proprio della razza, e le ne- 14 CAPITOLO PRIMO cessità storielle assolutamente vi si oppongono ; ma tuttavìa è d'uopo avvisare ai pericoli^ e alle sciagure parziali^ addottrinati dall'esempio miserando di altre nazioni. I retrìvi e demagoghi sono gli estremi fa- ziosi e a cosi dire l'oscena e perversa caricatura dei due legittimi fattori della vita civile dei popoli, e del loro intrinseco progresso, i conservatori cioè e gl'in- novatori, necessarii entrambi al perfetto e mobile equi- librio delle forze, e al loro dinamico esplicamento : in quella guisa che nella compagine oi^anica, e nel- l'esercizio delle sue funzioni, trovansi nervi modera- tori, e stimolanti, onde resulti quella armonia di ef- fetti che vita si appella. Imperocché come in questa si arresterebbe immoto il circolo animatore se l'ener- gia del freno prevalesse, e tanto si accelererebbe da distruggere sé medésimo quando quella contraria ec- cedesse : parimente una nazione perirebbe, se V uno l'altro dei fattori accennati rimanesse vincitore nella lotta, che l'uno la renderebbe mummia o cristallo^ mentre il secondo la dileguerebbe in vapore. La sa^ pienza e la scienza civile consistono quindi nel prov- vedere che un equo temperamento intervenga fra le due forze rivali, o a disporre le cose in guisa che l'una a vicenda con l'altra serva all'incremento del bene sociale, e al sempre più largo, e sincero eser- cizio della libertà civile e politica Ma a raggiungere questo arduo e nobile scopo l'in- tenzione e il desiderio non bastano: vuoisi non solò perizia grande d'uomini e di negozj, animo pronto, profonda conoscenza dei fatti e leggi "Bociali, risolu- tezza impavida nelle difficili prove, onestà costante di mezzi, magnanimo sprezzo d'insulti e guerre voi- SITUAZIONE 15 gari; ma rìohiedesi altresì vasta e chiara dottrina sto* rica, e quel senso sicuro dei bisogni^ dell'indole^ delle ^piraadoni legittime. del popolo^ e limpida intuizione Clelia legge che regola i moti delle genti europee in generale; e di quella italiana in particolare* Or qui in Italia ì, caduti principati lasciarono copiosa eredità di elementi conservatori e retrivi, fatti più rabbiosi •dal prevalere delle istituzioni ed istinti democratici^ a^vviticchiàntisi con disperato amplesso al papato, che i loro rammarichi, ire, convinzioni, speranze rese dom- ina religioso, ultimo strumento alla assoluta sua si- gnoria vacillante ; méntre d'altra parte le inveterate abitudini cospiratrici, l'intempestive brame di utopie facilmente nascenti in popoli non assuefati a libertà, gli antagonismi regionali superstiti alla unificazione dei varii Stati, le bieche e torbide imitazioni demagogi- che d'altri paesi, e l'arruffio anche di tristi, tengono la nazione incerta, rinfocolano odii di parte, e la spin- gono soverchiamente nelle avventure : e quindi tanto più difficile riesce l'impemare stabilmente lo Stato, e condurlo sapientemente. Tra queste due forze rivali, ostacolo al retto an- damento della cosa pubblica, rimane poderósa za- vorra, la maggioranza della nazione, la quale, aliena in parte dai mutamenti radicali, intenta alle private faccende, e guidata dal senso positivo delle cose, e dagli interessi domestici, mantiene a cosi dire un mec- canico equilibrio nelle loro lotte, e fece si che sino ad ora né l'una, ne l'altra prevalesse : e la nazione perciò stette, e vinse prove che sbalordirono il mondo, e procacciò ai reggitori una gloria, che in fondo e in parte derivava dalla sua consapevole inerzia. 16 CAPITOLO PRIMO Né si creda che io voglia, concludere non aver ben meritato della patria coloro^ che per vari v anni stet- tero al timone della Bua nave.^ e che questa se noa pericolò e. si sommerse nelle tempeste ove fu più di lina fiata travolta^ debba soltanto la propria salute alla indifferenza^ o agli istinti conservatori delle mol- titudini : imperocché i fatti mi sbugiarderebbero, e non conoscerei affatto, o confusamente la nostra sto- ria contemporanea. Certamente Emilio Visconti- Ve- nosta che a più riprese diresse e in condizioni so- vente ardue e perigliose i nostri rapporti con gli stra- nieri, seppe schivare con tatto fino, e con squisitezza^ di modi, non disgiunti da dignitosa fermezza, i rischi che ci minacciarono, sia di lusinghe subdole, di al- tere brame, o di tenebrose cospirazioni del Vaticano. E potrei pure ricordare con encomio altri, che con zelo ed onestà, si adoperarono a prò della nazione. Né si vuole poi dimenticare il grande partito libe- rale, erede degli intendimenti di Camillo CavQur, il quale nei giornali, dalle cattedre, nelle concioni, nel parlamento con costanza segui in parte quelle caute e forti norme, che ci condussero sino ai tempi pre- senti. Ma tutti questi saggi consigli e propositi, edi fatti che vi corrisposero, non avrebbero certamente salvato dai perigli la nazione, se la maggioranza de- gli italiani col suo contegno fermo, l'indole non ec- citabile, e col veto, a cosi dire, della passività, non avesse resi vani i proponimenti, sventate le trame sotterranee, e lasciati in secco gli apostoli del di- sordine e del dispotismo : che anzi il più delle volte scossa da evidente rischio, segnò col desiderio espresso virilmente in mille guise, la via da tenersi dai reg- SITUAZIONE 17 gitoli, e si può dire in un certo modo, che Ella fu che governò il paese, con senno suo proprio, e con quegli spiriti liberali che seppero infonderle molti va- lenti predecessori, e il grande intelletto del più grande ministro del secolo. E Camillo Cavour potè essere concreatore di un popolo,, perchè nella vasta mente raunò a cosi dire tutti i pensieri, le idee, i concetti, e nell'animo i de- siderii, i sentimenti, gl'istinti magnanimi di tutta la nazione che in lui si confidò : associandosi senza tema, o gelosa inquietudine, in momenti solenni, nell'impresa unificatrice a Giuseppe Garibaldi, che, quale soldato della libertà, fu a cosi dire la popolare poesia del nostro riscatto : egli fu grande perchè conscio dell'in- dole moderna dei popoli non si argomentò di rendere libera e indipendente la patria con mezzi termini, con sussidii di una o altra casta e fazione esclu- siva, ma si armonizzando in un solo pensiero, e ad un solo e generoso scopo tutti i ceti, tutti i par- titi, tutte le forze vive della nazione, non pauroso di sette, o queste trasformando in leve poderose ad inalzare dal servaggio l' Italia : insomma ei fu grande e riusci, perchè senti tutti gl'influssi, vasti e potenti di un popolo intero: che sarà sempre, come per il passato r«/n hoc signo mnces!^ di coloro, che fecero e faranno opere generose ed immortali nel mondo. Morto Cavour rimase al governo il partito che avevalo ajutato in gran parte nell'opra santissima della reden- zione della patria, il quale si propose e si argomentò di seguire quella via, che dischiuse la mente e l'o- perosità del grande uomo, onde si compissero i fati della nazione, e si raggiungesse il fine desiderato. Ma i 18 CAPITOLO PRIMO se il concetto politico e Tindìrizzo del maestro fu com- preso, e seguito all'ingrosso dai successori, e la na- zione si dispose ad effettuare i suoi disegni, nessuno però dei reggitori ebbe l'ingegno l'animo e lo spirito del sommo cittadino, e comecché mandassimo ad ef- fetto difficili imprese, e si conseguisse il massimo scopo della indipendenza e unità della patria, pure alla lunga si manifestò a poco a poco nel governo, e nel vasto partito, d'onde visceralmente egli usciva, il difetto di comprensione potente ed intera, e di quel senso ge- neroso di libertà piena ed operosa, ove si mostrò l'ec- cellenza del primo. Ne io* offendo l'amor proprio di alcuno di quelli che mano mano vennero impugnando le redini dello Stato, con l'asserire che non raggiunse l'ingegno, la perizia e l'animo suo, poiché è cosa evi- dente di per sé stessa, e l'esemplare troppo noto e cospicuo. Ed in vero uno degli uomini che maggior- mente fecero parlare di sé più frequentemente e sedette in scranna al governo dello Stato, e si segnalò per varie vicende, fu Marco Minghetti, conosciuto moltissimo eziandio dagli stranieri. Or bene, chi non scorge a prima vista quanto ei sia inferiore per molti versi al Cavour? Per quanto io possa avere dei contraddittori non mi perito dire che il Minghetti è un mediocre uomo di Stato, in quanto gli manca ogni nota che distingue coloro che nacquero a tanto ufficio. Mente lucida e simmetrica, ma non acuta e profonda; bel parlatore, ma più facondo che eloquente, animo più ostinato, che tenace, scrittore sensato e forbito, ma privo di nerbo e di vena inventrice ; ambizioso, certo nobilmente, d'aura popolare, ma incapace a raggiun- gerla : ondeggiante tra le diverse parti, non abile SITUAZIONE 19 3f dominarle: non q;ristocraticp per proposito o arte di governo, ma inclinato a riceverne di riverbero \^ fosforescenza : e non facile a sentire i fecondi in? flussi del popolo. Che se per ora pronunziò raggiun^iQ il pareggio, e gli fu attribuito come cosa sua, quando non una legge di finanza gli è propria, e la longa- nimità e sofferenza invece del popolo italiano ne è il più grande fattore, la freddezza e indifferenza con che accolse il paese questa notizia, che pure doveva riempirlo di fervida letizia, è la miglior prova di quanto riserbo si senta per le cose sue nell'animo degli italiani, e come egli non abbia veramente radici nella fede delle moltitudini. Si badi però che io parlando si schiettamente del Minghetti, come Ministro e scrit- tore, solo sindacabili in paese libero e dalla stampa onesta, faccio e rendo omaggio alla sua vita priv^)t^, a.lla nobiltà dell'animo e delFingegno — e in altra oc- casione ne feci testimonianza — e al disinteresse per- sonale, che spiccò sempre anche posto al governo della cratica, osservata e giudicata con occhio scevro da prevenzioni, e con animo non travolto da passioni o dA interessi parziali. Né facciano illusione all^ intel- letto alcune singole pretese, o desiderii in paesi ove 24 CAPITOLO PRIMO da poco la legge livellatrice civile tolse i privilegi d'ordini vecchi: imperocché tali avanzi archeologici di tempi irremissibilmente passati^ sono a cosi dire piante morte, alle quali s' inaridiscono le radici, e che fra i nuovi còlti, e rampolli rimangono in piedi senza vita e finitti, sinché cadano per intrinseco e na- turale sfacelo. Nella sola Inghilterra, e meno altrove, alcuni privilegi territoriaU o ereditarii mantengono un ordine nello Stato, ma già ne vennero scrollate le basi, e tra non molto anche colà, se ne sono veduti i sintomi, e i desiderii legalmente espressi testé, si dilegueranno del tutto. Quando nelle nazioni Tegua- lità civile dei ceti si ottenne, e tutti vengono rappre- sentati in parlamenti elettivi, e la stampa è libera, la necessità della democrazia è già posta, e non può tardare a vincere in un avvenire più o meno pros- simo, a seconda dell'indole, dei costumi, e delle ra- gioni storiche delle nazioni. GHi ordini nelle società una volta spenti, o trasformati non si restaurano, e mal si oppongono coloro che carezzano Tidea di un ritorno al passato in ogni genere di istituzioni privi- legiate ; solo provano che non sanno la storia, né com- prendono i itempi che corrono, né antivedono quelli avvenire. Che se nella caduta del romano imperio e per le invasioni delleif.orde settentrionali, il sorgere poi del feudalismo si considera come un ritorno ad un patriziato ereditario, oltreché il paragone non regge, poiché nella storia non si ripetono mai esattamente le vicende e gli istituti d'altra età, or sarebbe anche quel fatto assolutamente impossibile, dacché mancano inteme ed esteme condizioni ad awerarlo^E chi sup- ponesse che a ciò potesse bastare Tinflìisso in^retto^ SITUAZIONE 25 o la invasipne dei Russi; solo popolo che si accampi formidabile di fronte all'Europa mediana e occiden- tale, non conoscerebbe affatto le condizioni civili in cui versa la Russia. Imperocché per l'autocrazia di per sé stessa sempre livellatrice, lo Czar attuale anche per intendimenti di civiltà tolse in gran parte i resti di privilegi con Temancipazione, e la franchigia dei servi, eguagliando) le persone dinanzi alla legge, e quindi rese impossibili una aristocrazia dominatrice. I Russi se in- vadesserc una parte d'Europa limitrofa al vasto impero, recherebbero per costumi e idee piuttosto principj comu- nistici, propri in alcune parti del loro organamento municipale, ampliati e resi più forti per le sette che formiolano nel suo seno, e che la rodono con mani- festo danno. Onde é vano sperare anche stando ai calcili meramente empirici, e all'osservazione super- ficiae, che in Europa possa avvenire una restaura- zioiB del patriziato, come ordine distinto per dritti dal resto della nazione. E ducimi che qua e là in Itala ed altrove in special modo tra giovani ram- poli dejle vecchie, o più moderne famiglie gentilizie, riesca in alcuni un certo spasimo e languore perle anicaglie, e si tenti quasi con amminìl^i araldici, dJricostituire un ceto a parte, separandosi con ridi- cio anacronismo dal resto del popolo. La quale ubbia aguisce una ignoranza profonda della epoca nostra, ci una nullità prodigiosa nei nuovi, cxdtori dei ca- selli in rovina : Ut nomine Toagnifieo segne otium tlaret! per dirla con Tacito. Lungi da me il pen- iero di menomare il lustro, il decoro, la fama di tÉinte famiglie storiche nostre : sono anzi il primo a riverire un lungo ordine di discendenti che ai se- 26 CAPITOLO PRIMO gnalarono con la mente, o con le armi: questo è pa- trimonio privato inviolabile } quanto altra mai prò* prietà, e fanno bene a tenersi care e onorate le memorie d'avi illustri, quando furono veramente il- lustri, e vorrei che un tal culto fosse sprone ad emu- larli nella eccellenza delle opere. Né la querela può venire oramai da invidia, e da astio, quatdo ordini distinti non esistono più, e tanto vale di &ccia alla legge e alla nazione rispetto ai diritti, un ciabat- tino che un principe. Onde la gara tra patrizj e ple- bei non può più rinascere, in quanto > tutti aono po- polo: e se si parla di volgo, il volgo adesso può tro- varsi in tutti i ceti, unica norma alla stima sociale, essendo, la Dio mercè, il valore personale. Parlo sol- tanto di quelli, e certamente son pochi, che invece di adoperare le loro forze, i loro ozj, le loro ricclezze ad egregio scopo sia nelle arti, nella scienza, ielle armi, in ogni argomento di progresso civile, si tra- stullano con le ferraglie del medio-evo, sciupano tenpo e decoro, e si preparano una vita squallida, vana fu- nerea di mezzo a quella fervida che già erompe dslle viscere della nazione, che farà cerna dei forti e nu)vi rampolli, disperdendo, non col ferro, col sangue, o al- tre nequizie, come gridano a squarciagola i pusila- nimi gli astuti, ma con la ferrea necessità di la- tura e della sua legge di selezione, i neghittosi, e ca- boU di mente e di volontà. E tanto più desta meur viglia questa vanagloria di festuche blasoniche in 4- cuni, in quanto la eletta parte del patriziato italian die largo tributo di sussidj, di sapere, di sangue A, nostro risorgimento, e si segnalò per generosa cariti di patria: ed anche oggi molti tra essi onorano TI- SITUAZIONE 27 t^a e gli avi loro con operose virtù cittadine, e qual*- cheduno con gU scritti e l'ingegno. Si ricordi che i tre più grandi poeti della nostra epoca, animati da fieri e virili spiriti di libertà, Alfieri, Niccolini e Leo- pardi uscirono dalle loro fila; e del loro ceto fu pure il più grande, e liberale Ministro della età nostra (!)• Altri s'immagina che la democrazia sia irrazionale mente livellatrice, e la confondono con le utopie co- munistiche, impossibili ad effettuarsi, e non mai ef- fettuate : onde rimpiangono i tempi passati, ove tutto era ordine e casta distinta, e già mirano le genti* eu- ropee in un non lontano avvenire, o mummificate ed immote in una sterile eguaglianza assoluta; ovverà scatenate in passioni furibonde spargere dappertutto fiamme, mine, stragi, ed avverarsi il finimondo. Tali piagnoai, o gufi di cattivo augurio, provano una cosa sola, ehe non intendono nulla; prendono l'accidente per li legge, il particolare pel generale, il deviare di una jetta pel costume dell'universale, e i loro sogni per i&altà. Certamente se questi conservatori dirigessero le sirti dei popoli, le tristi scene e nefarie che non a (1)11 giovane patrizio Alessandro Piola, seguendo Tesempio della egr^ia e chiara famiglia, dio alla luce neirannò scorso un libro di eeoDmia, che certamente merita di essere segnalato. Che se al- cuil non potrà condividere tutte le idee, o ascriversi assolutamente ai luoi principj, trovansi nel suo trattato cose ottime, e ricerche fate con lungo studio ed amore : e fanno onore a chi le scrisse. Or be^e nessuno intraprese a parlarne, eziandio criticandolo. Questo si- bilo non é buon segno : V esempio era eccellente anche per Tori- fiée e il ceto dello scrittore: nò doveva trascurarsene ropportunità^ .nche civile. 28 CAPITOLO PRIMO guari inorriditi vedemmo in altri paesi; inevitabil- mente accadrebbero, e con sempre più frequente ri- petizione; ma governandoci con altri intendimenti e con più larghi e generosi propositi, quei mali diver- ranno sempre più rari, e impossibili. Del resto a nessuno che abbia fior di senno verrà in mente mai, o cre- derà, che nelle cose umane possa affatto il male evi- tarsi, quando lo scopo a cui deve intendere ognuno, si è il procacciare di sminuirlo con costante operosità. L'età d'oro e di ogni bene, i miti e i poeti la posero al principio, o alla fine del mondo; e ragionevol- mente, perchè dell'una non ci ricordiamo,^ all'altra non siamo ancora pervenuti. La democrazia, intesa come vedremo, tra poco, mentre suscita tutte le forze vive della nazione, pone in moto tutti i valori, fa con rapidità ricircolare nel corpo sociale i beni avvivatori, e tiene desta la mente di tutti nella universale concorrenza a vantag^o poi di tutti, non livella matematicamente le rjmsse, come con eleganza di eloquio, e con dignità cristiana chia- mano il popolo : poiché nella libera attività di i cia- scuno, sorge una disuguaglianza proporzionale, 6 l'a- ristocrazia legittima, cioè dell'ingegno e del valor per- sonale ; ed appunto perchè personale non la perpetua con violenza alla verità e alla giustizia, nei succes- sori. Onde i timidi del livello si rassicurino ; se lunno mente, vigore, volontà possono saUre nelle società de- mocratiche, con più decoro, al sommo della glorii, o del legittimo potere, quanto ai tempi dei paladin: di Carlo Magno. Se una cosa hanno da temere, temtno di quelle dottrine, che frapponendo violenti ostacoU alla libera esplicazione delle potenze e attività uman^^ SITUAZIONE 29 raccolgono legna agli incendii futuri, e preparano le bufere sanguinose delle rivoluzioni delle plebi maneg- giate allora dagli arruffoni e dai demagoghi. La vittoria della democrazia, e il suo regno du- raturo nelle nazioni civili, dipende dalla natura me- desima del principio che la informa, che è un por- tato necessario della evoluzione sociale, e la distingue dalle democrazie antiche , e da quelle che sussegui- rono al rinascimento dei comuni nella età media di Europa. La democrazia moderna è l'effetto di leggi non solamente sociali, morali, economiche ìiella signi- ficazione loro ordinaria , ma di leggi antropologiche, che s'innestano, e s'immedesimano a quelle naturali, che governano l'evoluzione intera delle cose che sono. £ questo nesso, questa identità analogica della espli- cazione delle razze e istituzioni umane, con le leggi che signoreggiano la dinamica universale degU esseri fii da tempo avvertita, e nella Grran Bretagna, Ger- mania, Francia, Bussia stessa ed America ha validi campioni che la sostengono, e sarà certo la scienza sociale avvenire. Coloro, che adesso sequestrano e di- vidono i fatti sociali, morali, storici dalla generale forma evolutiva dei varii fenomeni, nei quali, a dirla col grande Poeta, si squaderna la vita dell'Universo, come se consistessero impomati in sé medesimi, e se- parati dal mondo, non se ne intendono; e mal com- prendono l'alto e nuovo valore della scienza attuale, e vìvono ancora della vita postuma dei nostri arca- voli^ E si badi che io non ripongo tra i cultori dei nuovi metodi storici, e della nuova scuola dinamica, i vaporosi filosofi egeliani, od affini, che sbalordi- rono per poco il mondo con le loro teoriche sperti- 30 CAPITOLO PRIMO caie e temerarie^ e lo stomacarono poi negli stessi paesi ove nacque : teoriche si disformi dall'indole delle menti italiane^ e piuttosto delirii,. che scienza; ma si bene io intendo parlare di quelli, che mediante norme osservatrici e sperimentali, e con la sovrana leva del- l'induzione, virilmente applicati (secondo gli esempii ed i canoni del divino Galileo, che primo nei moderni tempi ruppe non solo nelle scienze fisiche, ma per analogia in quelle organiche e morali stesse, i clau- stri e i ceppi scolastici del pensiero, e le arbitrarie quisquilie a priori) seppero, io dissi, ricondurre la mente alla realtà delle cose in ogni ordine della scienza, e dare base solida alla enciclopedia, che deve essere l'interprete, e lo specchio sincero, e intellettivo della jiatura. E certo alcuno non sarà si tracotante da negare gli splendidi effetti e le portentose applicazioni che tali me- todi in ogni ramo d'arte, di industrie, di scienze produs- sero, e quanto se ne avvantaggiarono eziandio quelle di- scipline che sembrano agli uomini superficiali maggior- mente aliene à^ quei procedimenti : poiché tutto il bene materiale e morale e la stessa vittoria della libertà ci- vile e politica nei presenti tempi, è dovuta per chi ha fior di senno, a questo sovrano e indipendente indi- rizzo della ragione. Io so che molti, che si dicono con sorridente compiacenza di sé medesimi , positivi , e fanno professione di arguto realismo, e canzonano co- loro che non partecipano alla loro innata divinazione, trattano quasi da allucinati , e di spiriti perduti nel vano delle sottili astrazioni, quelli che dai fatti ri- salgono alle leggi, dalla norma sensata degli atti so- ciali ai principii che ne governano l'esplicamento , SITUAZIONE 31 daUa esperienza giomaUera dei negozii privati e pub^ blici, alle profonde ragioni che li rendono inevitabili. Ma di tali Tersiti della scienza^ la scienza ha fatto giustizia^ e non ne possono certamente arrestare il corso trionfale. Quando ci mostreranno che la scienza^ qualunque sia il proprio obbietto, è una raccolta inor- ganica di fatterelli, e di qualche regoluccia metodica : che le varie discipline non abbiano tra loro alcun rapporto, e sieno disposte una dopo Taltra, senza in- trinseco legame, come le pietre migliari, avranno ra- gione : e allora confesserò contrito che il manuale che accatasta, equilibrandoli, sciolti materiali, ne sa più di Archimede e di Newton. Ma ritornando al nostro argomento della natura della democrazia moderna, ripeto che ella si disforma da quelle che con tal nome si ebbero pel passato. Nell'antichità stavano in generale di fronte due or- dini di cittadini, ordini più o meno distinti, gli ot- timati e le plebi: e il valore di queste si argomen- tava nella lotta contro i primi, che resistevano ad una eguaglianza di diritti in parte civili, in parte pub- blici, ereditarli nella loro classe per lungo corso di tempo: e, condizione sociale rilevantissima, viveva al di sotto di esse, un immane numero di schiavi, i quali attendevano, mere macchine animah, alla pro- duzione delle cose necessarie, utili e superflue, ed an- che alle arti, e agli uffici indispensabili alla civile convivenza. Nella età media le lotte dei borghesi e dei castellani sotto altra forma è vero, ma lotte di potenza, eguaglianza e sopreminenza politica si rin.- novarono, e se schiavi nel significato antico non c'e- rano, rimanevano però i vassalU e i servi della gleba : 32 CAPITOLO PRIMO ed U lavoro stesso nelle città libere veniva in ogni maniera vincolato dalle maestranze e dalle corpora- zioni artificiali dei travagliatori. In tali società cer- tamente non esisteva esplicito un principio che in- volgesse la necessità di una vittoria definitiva della democrazia^ e dì una forma civile di evoluzione della operosità di tutti^ e dello Stato medesimo. Non vi ha dubbio che fin da quelle epoche lontane il principio generatore della democrazia moderna non operasse ; e le condizioni intermedie non fossero per cosi dire anelli e spire per le quali andasse svolgendosi con irresistibile moto. Or quasi dappertutto in Europa quelle condizioni cambiarono: gli ordini distinti si ruppero, e si fusero in quello unico dello Stato: le arti, le professioni divennero libere e comuni: il pa- triziato perdette i suoi privilegi, come fu costretto a svestirsene il clero, ed una uguaglianza perfetta e vir- tuale dinanzi alla legge si estese dai sommi agli imi, dal ricco al povero, dal dotto all'ignorante, dal ma- nuale sino ai maggiori uffizii di Stato. Quindi nessun ordine di cittadini potendo consistere e perpetuarsi per via di privilegi, e tutti dovendo personalmente bastare a se stessi, privi di appoggio artificiale che in qualunque evento ne garantisse il possesso, rimane che runico principio che informa e mantiene la so- cietà moderna nella eguaglianza legale assoluta dei cittadini, è il lavoro nella indefinita molteplicità delle sue forme: il lavoro, etemo generatore di tutte le cose, spirito vivificatore del mondo, arte divina che tutte le cose produce, e produsse, e le spinge, le evolve a sempre nuovi e splendidi effetti: il lavoro, il quale elevò alla loro altezza morale e intellettuale SITUAZIONE 33 Tuomo e la società, e li redense: conforto e premio nel tempo stesso; causa ed effetto della democrazia moderna, e garanzia perpetua della sua durata, e dei suoi progressi. Le lotte contro gli ordini- privilegiati, del popolo, e delle plebi serve con Teguaglianza civile cessate, a poter vivere e durare rimane a tutti e inevitabile il lavoro : e poiché questo è libero, chi non vede , che per la inesorabile legge della selezione naturale, il neghit- toso dee alla lunga scomparire, anche per la radicale divisione dei beni tra i figli, e lasciare il posto agli operosi : provvidenziale magisterio del mondo, che una legge fisica e organica, si trasmuti socialmente in una giustizia morale! La democrazia moderna è invinci- bile per* questo appunto che tutta quanta s' impema e vive nel lavoro, reso formidabile e irresistibile nei suoi effetti dalla eguaglianza di tutte le classi; onde ogni specifica distinzione anteriore delle diverse forme di Stati nel loro interno componimento sparisce, e ri- mane splendida per tutti, chiara e nobilissima quella di popolo, che tutti comprende, tutti inalza, tutti re- dime in un alto e dignitoso nome : in quella guisa. che uno pure ne resta il principio vivificatore, premio ai buoni, minaccia ai tristi e agli ignavi che lo dispre- giano, il lavoro. A questa conclusione di fatti e di ragioni storiche e sociali provenne la razza nostra per una lenta evoluzione delle sue potenze, governata da leggi fisse organiche e morali, che poi tutte in una si convertono, nella costante esplicazione delle forze in ogni ordine di fenomeni dalla genesi siderale sino alla costituzione della città moderna. Or vedasi quanto fanno mostra di avvedimento, di senno, di sapere co- 3 34 CAPITOLO PRIMO loro che si argomentano e sperano di ricondurre le società presenti alla forma di quelle passate, sia va- gheggiando le antiche repubbliche, o più tristi le mi- serande anticaglie del medio evo. Arrestare il corso dei firmamenti, la produttività della natura, mutar le sue leggi, sembra a tutti impossibile, e concetto di mente stravolta: orbene, altrettanto impossibile ò il far re- trócedere la umana società, e rifare il cammino per- corso, e ritornare don^de partimQio. La legge del moto sociale è invitta ed etema ; Tonda trasformatrice della vita passa e non rinverte — Spingete, o retrogradi, pure rocchio d'intorno : nessuna orda selva^a, o po- polo rozzo, che possa, invadendo, ripristinare le squi- sitezze feudali: all'interno con F eguaglianza assoluta e col lavoro che la nutre e la difende, nessun modo di elevarsi a casta dominatrice : poichà se > lo tentassero, sarebbero dispersi in pochi giorni dal genio libero e insofferente di privilegi moderno : genio non sorto da condizioni speciali o da particolari necessità in un breve giro di mura, di provincia, di popolo, ma ef- fetto e compimento di una legge eterna, in tutta la razza nostra. Quindi sono vaghe lusinghe, sperpero di fanta- sia, sogno sterile, e che uccide miseramente il sogna- tore ; poiché mentre ei si travaglia in un lavoro impro- duttivo e chimerico, altri si inalza con quello maschio e fecondo, e rovescia chi perdeva il tempo a insidiarlo. Alcuno potrà credere forse che in altri paesi d'Eu- ropa la legge che noi abbiamo formulato non valga, o sia lontana ancora dal compimento come da noi latine nazioni, avvenne più o meno perfettamente. S'inganna! — Della più lontana jRussia parlammo, e vedemmo che ivi pure oramai l'eguaglianza si ef- SITUAZIONE 35 fettuava, e con la eman■ \U 4à'"fe. iSX I \ \ CAPITOLO n. Ideet dello Stato. Definita liella sua natura^ nel suo valore storico y e per la sua genesi la moderna demoera^a^ e fatti certi ohe ella consiste e si fonda sulla eguaglianza assoluta dei diritti ciyili « politici di tuttì^ e sul la- voro libero, indipendente e affatto personde, vedia- mo quale sia la forma genkulna e necessaria dello stato che visceralmente ne germo^a, e quale l'idea che del medesimo se ne svolga, e si disegni. Trala pevsonate egualmente. Quindi il diritto di proprietà 44 CAPITOLO II è ìmplicitameiite contenuto, e identificato a cosi dire nel diritto al libero esercizio delle personali potenze, poiché il lavoro, che è la condizione assoluta della vita e della libertà delle società moderne, non si con- suma soltanto nel suo atto presente, ma si continua negli effetti suoi, giacché in essi restarono scolpiti inerenti, consustanziati gli atti successivi via via delle potenze che li produssero. Imperocché se prodotto un oggetto, od attuato un fatto qualunque economico , materiale o intellettivo, cessa il lavoro della facoltà, e dell'arte nostra a produrlo, egli è perciò ancora una emanazione della nostra persona, fa parte della me- desima, nò potrebbe essermi tolto gratuitamente, e di forza, senza che venga io stesso violato in una apparte- nenza della mia propria persona : ed è appunto per questo che TeguagUanza vera, e la condizione sua, il lavoro, fattori della libertà privata e pubblica, presuppongono la proprietà, e la proprietà dei prodotti: onde nel la- voro libero, abbiamo non solo un principio economico, ma giuridico. Ed in vero se la proprietà, prodotto del lavoro, o la possibilità di possedere stabilmente secondo i canoni della legge di eguaglianza, non fosse un fatto, un diritto d'ogni singolo, eguaglianza e la- voro sarebbero nomi vani, e la proprietà come fu du- rante secoli molti un privilegio di pochi, e di caste. Quindi i comunisti e socialisti che distruggono o vio- lano per arbitrarie teoriche il diritto pieno di pro- prietà, distruggono a un tempo eguaglianza, libertà e lavoro, annichilando gU effetti della evoluzione ge- nerale della società umana, *e spegnerebbero ogni progresso. Ma l'uomo vive di libertà, e a libertà si muovono le genti, e con la libertà alla dignità mo- IDEA DELLO STATO 45 rale e intellettiva: senza eguaglianza di diritto^ che piresuppone lavoro, e virtualmente proprietà, libertà e benessere non sussistono: il principio loro quindi riinane sempre economico, in cui implicitamente è contenuto e connaturato il giuridico. Le attitudini umane sono svariatissime e molte> plici:'le indoli diverse, dissimiU i desiderii, le aspi- razioni, gli scopi, come distinte le condizioni econo- miclie di ciascheduno ; onde nasce e pullula una infi*- nita varietà di lavori, di atti, di esercizio, di prodòtti, di gara che avvivano, rimutano, conunovono e corro- borano la società, ove lìberamente possono effettuarsi. Ma per la ragione appunto per cui tutte queste atti- tudini e facoltà debbono pel libero lavoro esplicarsi^ ed operare in una società d'uomini eguali virtual- mente in ogni diritto fra loro, sorge la necessità di rispettare reciprocamente il lavoro, e il suo prodotto in ciascheduno: il che implica nel diritto il dovere^ e la ragione reciproca loro. Imperocché sarebbe af- fatto vana illusione l'eguaglianza^ e con essa la libertà del lavoro, e la proprietà dei prodotti, che indi risultano, se a tutti vicendevolmente si conce- desse di violare Tesercizio degli ^ altri ; ed- illusione sarebbe pure l'effetto della legge di evoluzione sto- rica, che in quella eguaglianza di diritti si conchiu- deva, e sciaguratamente inutili tanti sacrificj, tanto sangue, tante violenze sofferte € superate dai dere- litti lungo i secoli, per conquistarla. Quindi come nel fette economico del lavoro, era implicito, inchiuso, consustanziato quello giuridico, cosi c'è pure involuto fu la forza, 3 l'utilità immediata reciproca. E si badi che io sono lontano dall'affermare — e come npl sa- rei, se il sipposto è ridicolo? — che questa forza, questa utiltà, causa e tutela delle prime aggrega- zioni, foss3 voluta per deliberato proposito e cosciente degli sciani rozzi a selvatichi : che nulla nelle ori- gini umaae avviene per esplicito divisamente , ma tutto pet spontanea evoluzione delle potenze nostre nella coitorrenza e operosità loro, secondo ragioni di luogo, di tempo, di razza. Verità che non dee mai dimenticarsi, e canone storico da non mai trascurare da tutti,!che desiderano raggiungere con certezza le reali ori(ini d'ogni umana istituzione e credenza. Quandoinvero le intelligenze dei singoli uomini pri- mitivi fano si umili, e sì nel senso implicate, e le volontèrsì poco esplicite per razionale valutazione di motivi e mentre le necessità di natura, d'altra parte, appar^nen ti tutte alla conservazione individuale gli spingv^a ad aggregarsi, nessun altro stimolo, oltre la legg legame che quello della forza sia di uno o di 58 CAPITOLO II più a norma dei varii modi di ordinarsi valeva a te- nerne stretta la convivenza. In quel primo stadio, in quella prima forma se possa cosi chiamarsi, di stato, nessun principio teocratico, mitico, simbolico era sorto , dappoiché le intelligeme erano ancora troppo chiuse, e involute e non pote-^ano sollevarsi a quelle idee, proprie d'altre età, e coniizioni psicolo- giche successive. In questo stadio gF Stinti animali prevalevano, e la mente sordamente 02 CAPITOLO H v. \ in quando tra essi sorgono ingegni che o per senso di umanità^ o per ambizione personale, o sete di glo- ria si fanno campioni di più giuste leggi^ e preparano i rirolgimenti sociali. Al di sotto di questi ordini su- periori^ altri minori stanno sinché si giunga alle plebi, le quaU benché non serve, pure non usufruiscono di tutti i diritti dei primi, e per ultimo vive una mol- titudine di servi, cose e non uomini. Or tutto questo immenso numero di meno privilegiati, e di servi, men- tre è materia infiammabile per chi nacque in alto, e vuole per buono o malvagio fine adoprarla, essa stessa é spontanea artefice d' insurrezioni o rivoluzioni so- ciali, che conducono in ultimo alla eguaglianza delle persone e dei cet^. E ciascuno sa, come sempre in un modo nell' altro , continuamente ciò avvenne , per lungo corso di Secoli : fatti che predispongono ed av- viano lo Stato alla terza sua forma, la simbolica. In questa novella forma in cui si risolve l'idea dello Stato antecedente, i diversi ordini e poteri, co- mecché permangano ancora nominalmente, cangiono però d'origine e d'indole propria per la comune egua- glianza che quasi si raggiunse, sancita dai nuovi co- dici e dagli Statuti. L'investitura divina del supremo potere, la quale a sua volta istituiva ordini, e dele- gava uffici in virtù di questa sublime prerogativa cessò quasi, rimanendo ancora, qualunque sia il nome del governo, soltanto come fede pubblica, nella ele- zione continua ed ereditaria delle famiglie regnanti non solo per volontà nazionale , ma si per la divina grazia. Il quale presupposto teologico però per l'in- cremento della mentalità, ed il progresso intellettivo della cittadinanza , ed un sentimento implicito nelle IDEA DELLO STATO 63 classi inferiori della ' eguaglianza civilei anche quando e dove non si rese universale , divenne piuttosto un simbolo sociale^ . che una fede positiva ad un fatto re- ligioso^ come per il passato. In qualunque confessione religiosa tra i popoli civili , l'adagio che ogni potere viene da Dio, come ogni evento è signoreggiato dal medesimo, resta nella fede e nella abitudine generale degli spiriti eziandio allora che il pensiero tanto si aflfòrzò, ed emancipò da dileguare ogni mitica rappre- sentazione, -e valutare più razionalmente le leggi della natura e quelle che reggono i moti del mondo sociale, dove veracemente il principio etemo si matdfesta. Onde Tidea di un influsso divino , e di un regime provvidenziale immediato negli ordini politici perdura nel nuovo concetto della vita dei popoli, e cinge per cosi dire di una aureola religiosa le persone che eser- citano le più alte funzioni dello Stato: benché a que- ste non presiedano più , tranne la famiglia domina- trice, classi privilegiate, che ne ereditano gli ufficii. La quale discrepanza tra le idee e le cose , tra gU ufficii e le persone , tra la costituzione razionale , a dir così, dello Stato , e le abitùdini degli spiriti nel supporlo preordinazioni divine, dà vita appunto alla forma simbolica, di cui discorriamo. Le leggi razio- nalmente sono discusse e ordinate, i poteri dello Stato si esercitano in forza di queste leggi, le persone che gli rappresentano non sono più identificate con I me- desimi, il sentimento della libertà umana è profondo, e quello della eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, diviene una verità sempre più chiara, amata e voluta; ma pure ogni grado pel quale sì ascende dalle funzioni infime alle supreme, è vivificato da una 64 CAPITOLO U rappresentazione simbolica ^ ove continua sotto una certa forma fantastica e incoscente, la mitica e tee- cratica natura dei poteri della fase anteriore. Cosi la grazia divina pei principi, Temanazione della giusti- zia persoi^ale, la permanenza legale, se non privile- giato, dell'ordine patrizio, e la facoltà di aggiungere membri al medesimo con titoli vecchi, la costituzione dei diversi poteri come entità sostanziali, e via discor- rendo, sono tutti simboli sociali a cui si attribuisce un valore pubblico, mentre in sostanza le* condizioni civili e intellettuali del popolo ripugnano a queste credenze. Questa forma simbolica della idea dello Stato per- chè si effettui e si manifesti, è d'uopo che l'egua- glianza dei cittadini nel giure civile, se non in quello politico, sia raggiunta: poiché il simbolo sottentra ap- punto alla personificazióne effettiva di una emana- zione o delegazione divina neUe famiglie, o ceti pre- posti al potere, e con esso quindi identificate : perchè il sentimento della eguaglianza comune già esplicito nelle moltitudini, e legittimamente stabilito nei rispetti civili, scassina, abbatte, ruina l'idolo teocratico che dianzi regnava: onde la forma simbolica dello Stato è propria di quelle nazioni civili che avanzarono nella democrazia, e preposero agli ordini e ai moti sociali del medesimo un principio affatto razionale: come si vede , a modo di esempio , in quasi tutti gli odierni Stati d'Europa. E quindi mentre gl'intendimenti più esplicitamente manifesti, verso l'eguaglianza, là libertà^ la rappresentanza nazionale prevalgono nel governo della cosa pubblica, e nella formazione delle leggi, contemporaneamente perdurano formolo, fatti, istituti IDEA DBLLO STATO 65 che con quelli intendimenti sono in contraddizione^ e che solo hanno ragione transitoria di vita, in quanto sono meri simboli di più antiche credenze , dommi , costumi. Cosi molte formule di diritto e di procedura, d'investitura agli ufficii, e via discorrendo, come crea- zione di nobiltà nuova, distribuzione di titoli, ordini cavallereschi, le quali cose tutte non avendo oramai alcun valore reale e positivo, restano come meri sim- boli nella costituzione dello Stato. Se, come dimo- streremo, cagione e fonte di questa terza forma, fu il principio di eguaglianza civile, ed un sentimento più esplicito della libertà morale e giuridica, che di- struggevano gli antichi idoli, egli è un vero progresso di fronte alle forme antecedenti, ed una ultima pre- parazione alla forma pura e razionale deUa democra- zia futura, o a quella che i^oi appellammo funzione: e già ne delineammo per sommi capi la natura, e l'organamento. In questa ultima forma che è quella verso cui corrono le società moderne, per adagiarvisi completamente, effettuandone in ogni singola parte il principio generatore, i simboli cadono, come cadde la forza, ed il mito, e la saldezza dello Stato dipende e rampolla da una legge naturale di esplicamento ne- cessario delle società umane, intrecciantesi con tutte le altre che armonicamente compongono e reggono r ordine universale. La quale legge riassumendo in sé stessa tutto il valore morale, giuridico, economico della operosità singolare dell'uomo consociato in poli- tico e civile ordinaùiento, possiede di fronte alla ra- gione particolare e sociale quella assoluta autorità, che per l'innanzi fondavasi in finzioni legali, o nella forza. Imperocché nella democrazia moderna ogni po- 5 66 CAPITOLO n tere emana legittimamente dal popolo, chiamato nei suoi liberi comizi, come ogni delegazione di nfficii deriva da lui direttamente o indirettamente: quindi nella quarta forma dello Stato, ogni potere rampol- lando dal fette concreto del suflfragio comune, ed ogni delegazione agli ufficii per essere legittima ed auto- revole per diretto o indiretto fecendosi dal medesimo ; e i varii ufficii costituendo le funzioni che via via s'in- gradano a sempre più alto valore, a comporre nell'in- sieme loro il vivo organamento della nazione, non vi ha più luogo a qualsiasi finzione, e cade pure la pe- ricolosa nozione dello Stato , come astrazione legale : la quale fu più volte cagione d'errori , di sventure , di tirannide mostruosa. Imperocché rese possibile Tin- camazione dello Stato in una persona, secondo la vana e stolta sentenza del più fastoso e pernicioso dei de- spoti francesi; e die e dà occasione alle teoriche e conati impossibili e micidiali della civiltà, dei comu- nisti e socialisti di tutte le epoche storiche. Or se riflettasi e s'indaghi quale sia stato il prin- cipio trasformatore della costituzione dello Stato per il lungo corso della storia in queste quattro forme che assunse , vedremo di nuovo mostrarsi il senti- mento, il concetto, la vittoria mano mano della egua- glianza morale, civile e politica tra gli uomini, che a poco a poco ridussero e spensero la prevalenza della forza, distrussero gli ordini e i poteri privilegiati, dis- sipano i simboli che ancor rimangono ad offuscare la pura razionalità civile, e preparano la vittoria della libertà e della legge in tutte le classi dei cittadini. Onde, abbattuta ogni finzione, autorità arbitraria, mito, simbolo, privilegio, resta a sussidio unico di esistenza. IDBA. DELLO STATO 67 di progresso economico, intellettivo, e di libertà, il la- voro libero, che come provammo fin da principio, è il cardine e lo spirito creatore delle società moderne: e quindi seguendo il corso della evoluaione storica dello Stato in Europa, e nelle razze che la popolano,* e che via via si allargano a vivificare le altre parti del mondo, si pervenne alla medesima conclusione , cioè che il sentimento del^a eguaglianza che ha per strumento il lavoro fisico-intellettuale, e la sua estrin- secazione in un fatto giuridico , è il resultato, come è il fattore di tutta la storia antecedente: e la de- mocrazia, forma attuale e necessaria delle società mo- derne, è l'effetto per una parte , e il principio per l'altra, del generale incivilimento. Noi dicemmo che le nazioni moderne riposano tutte sopra un fatto e un principio economico , poiché riposano inevitabil- mente e s'impemano nel lavoro , ed in questo si ri- solve tutto quanto il valore e l'ordine della attuale iTOLo ni metterebbe Fatto della più violenta tirannide, e la democrazia civile non sarebbe phe una turpe copia di quei sistemi d'intolleranza, cui ella combatte da secoli. Quindi ove l'eguaglianza giuridica del cit- tadino è un fatto, e la democrazia prevalse, la li- bertà di coscienza, o la inviolabilità del foro inte- riore, è una condizione della sua legge, è la sua es- senza medesima. Noi abbiamo adunque in Italia nemico alla unità nostra, alla indipendenza, alla libertà, il Papato, che da pertutto d'altronde si pone come tale di fronte alle nazioni, e al pensiero : e poiché il Papato è una istituzione rehgiosa, la forma di un sistema spirituale di credenze, una fede, così per lo Stato importa, come sentimento individuale, una inviolabilità assoluta pel principio della libertà di coscienza, condizione impre- teribile della vera democrazia. Quindi a combatterlo abbisognano armi adeguate alla smisurata potenza, e che non oflFendano i diritti dei cittadini. L'unico stru- mento, l'unico modo di lottare, e di vincere, è la.di- visione assoluta, ma veramente assoluta dello Stato dalla Chiesa: non ce n'è altro, né vi può essere, che tutti si romperebbero dinanzi alla sua forza. Le per- secuzioni, le minaccie, l'intromettersi ad ogni ora nelle cose attinenti strettamente alla Chiesa, non lo debilita, lo invigorisce, perchè la fede della maggio- ranza ingigantisce nella fantasia il castigo, e lo tra- sforma in martirio, e tronca i nervi allo Stato. Ogni ingerenza di questo sia a favorire una parte del clero, per abbatterne un' altra , è seme di futuro danno, è un intricarsi in un dedalo senza uscita, è un ap- poggio indiretto alla istituzione che vuoisi conibat- PROPOSTE 79 tere. Lo Stato^ nella democrazia moderna, appunto perchè sorto e informato da questa, dovendo tutelare con forza e scrupolo la libertà di coscienza, dee es- sere indifferente alle varie forme di fede, di culto: tutte sono eguali dinanzi a lui: e la sua operosità e ingerenza in queste materie dee solo versare nel- r impedire che i varii culti con fatti si cozzino, e si osteggino, ed offendano cosi la generale libertà di co- scienza. GHi ordini e gli atti religiosi e civili pos- sono nello Stato moderno vivere insieme, ma assolu- tamente distinti, senza mai confondersi, senza mai , come erroneamente si crede, a vicenda rafforzarsi; essi sono indipendenti l'uno dall'altro. La vita civile è una cosa, quella religiosa un'altra: la loro confu- sione è dispotismo inevitabile,, e il più tristo e il più feroce. H matrimonio civile, i riti funebri estrinseci, r insegnamento, l'educazione, la libera espressione del pensiero, la costituzione delle leggi, il governo della cosa pubbKca, sono diritti propri dello Stato e della società laicale: né si dee permettere che tra queste facoltà, e le correlative religiose vi sia mischianza, e confusione mai: quantunque sia lecito alla diverse confessioni religiose risguardare quegl'atti dal proprio e spirituale punto di vista, ed ai cittadini il confor- marvisi, quando non ledano l'ordine pubblico. La Chiesa nell'esercizio dei suoi riti, del suo culto, nel- r insegnamento religioso, in tutto ciò, in una parola, che spetta alla sua indole interna spirituale, è libera, e deve essere, dall'intromissione dello Stato, quando non assalga apertamente le sue istituzioni, e non of- fenda i suoi diritti: ma l'insegnamento pubbKco dei cittadini, popolare, secondario, superiore, tutto, dee 80 CAPITOLO ni essere esclusivamente per quanto concerne i gradi^ i diplomi, i diritti che ne provengono di pertinenza as- soluta dello Stato, e sotto la di lai unica e sola di- rezione. Come tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge, tutte le istituzioni civili dallo Stato di- pendono: e quindi il clero in quanto alle persone fa parte del diritto comune: nessun privilegio sostenen- dolo ove egli infranga le leggi : il codice e la proce- dura penale colpiscono il sacerdote, come il laico sia nelle transazioni civili, come in quelle d'ordine pub- blico. La giustizia perfetta richiederebbe che lo Stato non s' ingerisse affatto nelle rendite dei diversi culti, ne spendesse una lira a mantenerli : poiché in un po- polo essendo diverse le confessioni , se lo Stato ne sussidii una sola, ne sc'ende la mostruosa consegueìiza che taluni, come contribuenti, paghino pel culto non proprio, e che anzi ripudiano. Ogni culto dovrebbe sostenersi "dalla libera concorrenza e cooperazione dei propri credenti, e lo Stato non avrebbe sulla pro- prietà di ciascuno altro sindacato che la tutela delle medesime, sciolte da qualunque vincolo arbitrario , sottoposte alle medesime leggi, e agli stessi tributi. Questa condizione civile dei culti è V unica giusta , e lo Stato dee intendere ad affrettarne il compimento. La divisione della Chiesa dallo Stato nei termini accennati è necessaria al vercJ progresso delle nazioni, ed è l'unico modo della sconfitta del Papato, come ostacolo alla libertà civile dei popoli. H fondamento alla secolarizzazione dello Stato consiste principal- mente nella direzione esclusiva delle scuole , nelle quali non dovrebbero immischiarsi legalmente i chie- rici, né compartirvi nelle medesime alcun insegna- PROPOSTE 81 mento positivo delle religioni, essendo tutte queste fuori della cerchia delle attribuzioni dirette del go- verno. Poiché se fosse concessa l'istruzione intomo ad una sola nelle scuole, sia pure la più prevalente, i cittadini che appartengono ad altre religioni verreb- bero lesi nei loro diritti, in quanto e difetterebbero di uno speciale insegnamento, pel quale pure pagano il loro tributo, o sarebbero costretti ad assistere a definizioni dommatiche che non approvano ; onde ver- rebbe in parte lesa quella eguaglianza che è l'anima d'ogni Stato che voglia essere civile. L'insegnamento religioso poi affidato a laici non può riuscire che vano, e incompleto, destituito pel fatto stesso delle persone, di autorità, e di competenza: quindi si rischia, tenuto conto delle varie opinioni dei docenti, che riesca più di danno che di profitto. La dottrina elementare dom- matìca meglio si imparte nel seno delle famiglie , l'autorità patema e* materna essendo più viva e sen- tita che quella di estranei ; e più propriamente nella Chiesa, per bocca di coloro che a ciò sono superior- mente ordinati; ove Uberamente e con efficacia si professa. Nelle scuole dovrebbesi diffondere, rinforzare ad ogni occasione quel sentimento di civile onestà , ove consiste ogni dignità morale, comune a tutti gli nomini, a qualunque fede appartengano. Che se, come altri notò, il rimuovere dalle scuole l'insegnamento religioso per mezzo dei chierici, o il toglierlo affatto, temesi occasione di allontanamento dalle medesime di grande copia di alunni, è questo uno dei soliti timori, prodotti da fatti particolari innalzati dalle fantasie e dagli interessi di vario genere, a legge, e che produ- cono inevitabilmente questo effetto solo, cioè di non 6 82 CA.FITOLO III osare mai avanzare, avendo paura della propria om- bra. Quando a nessuna professione, a nessun tiroci- nio, a nessuno utile esercizio sociale non si potesse pervenire, od essere legalmente abilitato a goderne i vantaggi, se non frequentando le scuole dello Stato, sottomesso ai loro esami, e ai diritti che ne ram- pollano , Tallontanamento non sarebbe di lunga du- rata, e dopo qualche oscillazione, o ricalcitranza , tutti volentieri e senza ombra di scrupolo vi inter- veprrebbero. Ben poco conosce gli uomini e.i tempi nostri colui che dubiterebbe di una tal verità: gli esempi che la testimoniano in altri ordini di fajtti, non m^cano tutti i giorni. Certamente, e questa è la condizione assoluta della riuscita, il governo dee curare con assidua e scrupolosa attenzione, e ferma volontà che le scuole dello Stato sieno le migliori di tutte quelle che sotto altro nome possano sorgere, e quindi i maestri dai gradi infimi ai supremi sieno degi^ dell'alto magisterio a cui si consacrano senza cerna partigiana, e che gli stipendi si accrescano, onde onestamente possano vivere e con quejla dignità e decoro atti ad infondere eziandio per sé stessi nelle giovani menti il sentimento di autorità: poiché pur troppo lo squallore, la miseria, gli stenti palesi , de- gni di altissimo rispetto, quando sieno virtuosamente sopportati , non sempre accrescono per la fralezza e vanità umana, merito in chi ne è vittima immerite- vole. Finché risolutamente non si porrà mano ad un tale riordinamento radicale dell'insegnamento, e non verrà divisa la Chiesa dallo Stato nelle pertinenze civili, vano é lo sperare di vincere grinflussi faziosi clericali, e la continua intromittenza loro nelle fac- PROPOSTE 83 «ende laicali* Non oso sperare^ tanta e la nostra fiac- chezza^ un si gran bene^ e si necessario^ prontamente, benché sia Tunieo modo di vincere. Ma quello di cbe sono certissimo; si è che dovrà farsi^ quando che sia, perchè è Funico argomento per combattere il pertinace iiiimico. Alcuni sottilmente sillogizzando potrebbero opporre a queste nostre dottrine l'obiezione, dimandando il perchè lo Stato solo e nella democrazia prevalente, può foggiare la forma interna di sé medesimo, secondo il canone del giure civile esclusivamente , negando questa facoltà a quello ecclesiastico, che si radica pa- rimente nella inviolabilità personale dei cittadini. Alla quale speciosa obiezione facile è la risposta : poiché Fattuazione organica delle funzioni e delle leggi onde risulta poi la nazione legalmente costituita, dipende e si evolve da quelle facoltà e potenze individuali che spettano all'esercizio d'atti esteriori, di fatti eco- nonùci, di procedure eflfettive, riguardano fini essen- zialmente terreni ed eudemonici, i di cui profitti e uti- Utà sono per sé medesimi così definiti e certi che acquistano spontaneamente l'assenso dell'universale : mentre il sentimento religioso, e le formolo onde obiet- tivamente si veste, variando da persona a persona, e riguardando interessi, e speranze che effettivamente qui BuUa terra non hanno compimento, se dovessero dar forma a così dire civile, ed estrinsecarsi in un ordine pubblico di popolo, recherebbero confusione e anarchia , o prevalendo il più forte, ritornerebbe a galla lo stato teocratico, che è la più bieca e turpe tirannide. Quindi mentre il sentimento religioso che nella democrazia vera dee risolversi nella assoluta li' 84 CAPITOLO m berta di coscienza^ viene tutelato come diritto inalie- nabile dallo Stato, non può^ come il fatto meramente giuridico, assumersi a principio organatore della so- cietà medesima, come qualunque altro sentimento del- l'animo umano. Ma alcuno , e ce ne sono molti , più appassionato amatore,, che fidente nei benefici effetti della libertà , insorgerà a ripetere ciò , che si andò ripetendo dai dottori in politica soventi volte , che^ concessa questa separazione dello Stato in tutti i suoi ordini dalla Chiesa, basterà poi a contrapporsi vitto- riosamente al gigante che ci sovrasta, e agli influssi perniciosi del medesimo verso la civiltà in generale, e la libertà della nazione in particolare? Una potenza cosi formidabile verrà poi sconfitta, in quanto agli effetti civili, con un tale metodo, e non userà invece della libertà sconfinata che le concediamo, a schiac- ciarci più prontamente? Vane paure! Se il papato conta una vita di diciotto secoli , se la sua efficacia penetra da per tutto, se sotto gli ordini suoi milita una moltiforme schiera di sudditi operosi e ubbidienti, e formolo adesso nel sillabo la teorica^ del dispotismo teocratico, l'umanità e la razza nostra europea nu- mera d'altra parte, ben più secoli di vita: crebbe e si emancipò con lotte continue e pertinaci d'onde uscivano più vive scintille di luce intellettiva, pro- rompevano più fervidi desiderii di libertà ; si raffor- zarono propositi più civili di vittorie futurp, che an- davano animando mille e mille e poi milioni di adepti, che poi si dilatavano baldi e procaci su tutta la terra^ recandovi non solo germi di verità e libertà, ma isti- tuzioni imperiture, Ed ora non solamente nel suo va- sto e onnipotente pensiero agita tutte le genti euro- PROPOSTE 85 ^eO; ma ravviva metà del nuovo mondo j fascia le bollenti terre dell'Africa, signoreggia l'Asia, ripopola l'Oceania, e stende la mano minacciosa già sul Giap- pone e la China, che eccita a nuovi fati, o li tras- forma a sua immagine :£ già nell'animo e nell'intel- ligenza sua stanno indelebili, consustanziati, e immor- iali l'eguaglianza civile, politica e la libertà del pen- siero : tre libertà che non si spengono , tre soli che non vedranno tramonto, e che bastano di per sé col tempo a sconfiggere qualunque potenza. Al sillabo noi opponiamo il codice del libero esame, e l'immenso jcumulo delle conquiste della natura , che sono stru- menti poderosi non di servitù, ma di libertà, ed eman- jcipazione: al servaggio delle menti, la vittoria vivi- £catrice della scienza moderna, al mito il vero, alle jsquallide e lugubri letane dei mistici, lo splendido e stridente carro dell'incivilimento. Chi dubita della finale vittoria, chi crede di fronte alla civiltà moderna ultrapotente il Papato, non intese la storia, o non comprese la legge indefettibile della nostra intrinseca evoluzione, e non sentì nell'anima quella voce divina che grida alla nostra umanità. Sorgi e cammina ! Che se vuoisi opporre all'esito favorevole della lotta, an- che la enorme virtù della unità del Papato, come forza direttrice, tenacemente nelle sue compagini co- stituita, e presente per tutto, si pensi che adèsso la nostra razza omogenea e identica nei tratti suoi prin- cipali, e animata degli stessi sentimenti, è parimente diffusa e organizzata nel mondo, e che la sua unità morale si va compiendo ogni giorno. Perchè per i tro- vati meravigliosi della scienza e dell'arte, che assog- gettarono alla volontà umana le potenti energie della ■•*«• 86 CAPITOLO III natura^ il pensiero che da prima esemplò sé stesso e^ scolpì nelle pietre; nei bronzi^ nelle pergamene dei popoli separati^ o inimici^ or non solo con la stampa si moltiplicò con la velocità quasi del concepimento in innumerevoli copie, ma identificandosi con l'immane rapidità deirelettrico in un istante, e in un punto raccoglie tutto ciò che avviene su tutta la superficie del mondo : e le merci, gli uomini , le dottrine , tra- valicano con l'impeto della ijieteora nejla espansione del vapore, immensi spazi di terre, perforano mon- tagne, e sorvolano^- emulando i venti, gli oceani, ae- oumunando prodotti materiali e intellettivi in breve giro di giorni: onde, per la originaria parentela e indole della stirpe or dominatrice, tutte insieme le forze domate della natura, van componendo l'unità di pensiero^ di scopo, di istituzioni per ogni dove : con- trapponendo ai concili! jeratici, le splendide e prov- vide mostre dell'industria e del sapere universale. La quale unità, perchè effetto della spontanea e nativa evoluzione della specie, non meccanico sistema di ar- tificiale organismo, è assai più potente di quella pon- tificale: ed ha nella legge che la governa, e negli effetti che naturalmente ne rampollano , la necessità d'infuturarsi, e la inevitabilità della vittoria. ' Di fronte alla cattolicità dommatica e ufficiale, la cattolicità delia- stirpe, del pensiero, delle istituzioni, della Civiltà va costituendosi, e poderosa si accampa, libera signora di sé medesima. Pongasi mente a questo fatto inne- gabile, e veggasi se le paure soverchie di chi nulla osa tentare, sieno giustificate dalle condizioni generali del mondo. Ma si rassicurino i timorati e i timorosi,, il sentimento ingenuo e nobile religioso non verrk PROPOSTE 87 Spento^ ma non verrà spenta neppure quella luce pu- rìssima di verità, quel calore di bene, quel fuoco di libertà che crebbero, e trionfarono a costo di lacriimè, di sangue, di stragi, di roghi infami e scellerati. Sia libera la Chiesa, ma libero lo Stato e autonomo in ogni ordine di sé medesimo , e sieno libere tutte le religioni che in esso convivono : non temete, il resul- tato finale non è dubbio, trionfo della libertà da una parte, ed epurazione daJU altra. Altri forse può dubitare, pur riconoscendo l'impos- sibilità della vittoria del sillabo nel mondo, che parzial- mente i popoli rischino secondo le proprie condizioni civili diverse, soccombere, ed in ispecie Y Italia ove il Papato ha la visibile sede, e regna il Pontefice. Vero è che non tutte le nazioni avanzarono siffatta- mente da superare e non temere gl'influssi perniciosi del Papato, e sarebbe follia il negarlo. Ma oltre gli aiuti che vengono loro dal di fuori per la continua efficacia del generale incivilimento, che da per tutto penetra e si diffonde, ciascuno di questi popoli, ap- punto perchè affine alla comune razza europea, ha in sé medesimo la necessità della emancipazione, la quale può parzialmente ritardare ad effettuarsi, ma deve in ultimo avverarsi per le ragioni discorse. In quanto poi all' Italia in particolare, non conosce l' indole del popolo nostro chi crede alla sua etema e congenita servilità religiosa tramutantesi in quella civile; chi crede che a questa posponga i suoi affetti e i suoi interessi; che rinunzi alla terra ed ai suoi leciti go- dimenti; voglia, parlo dell'universale, porre in non cale la nazione , rinunziare all' indipendenza ed alla libertà per vivere una squallida vita di chiostro, e 88 CAPITOLO m salire per lugubre scala al paradiso. L'italiano è con- servativo, non retrivo, per indole, e non inerte nel pensiero; e altrettanto rapido' ad afferrare il lato giu- sto, positivo delle dottrine, valutare con abilità in- genita gli avvenimenti e considerare ed estimare le sue condizioni; aperta una via, sorto un barlume di vero alla sua mente, vi s'innoltra con prudenza si^ ma virilmente, e con tenacità la segue. Conosco, gra- zie al cielo, il mio paese, e a palmo a palmo io posso dire; conversai con tutti i ceti, in tutte le parti della penisola, ed ho una chiara idea delle loro condizioni morali; e certamente in alcune provincie tali condi- zioni non sono liete e normali, e richiedono tutta la sollecitudine provvida e saggia dei governanti; ma non si illuda l'osservatore superficiale, anche fra loro, come dappertutto, l'agitazione operosa nazionale sotto mille forme si propagò; l'idea del riscatto politico, il sentimento di libertà, una forma migliore e più degna di vita, traversarono, mossero quelle menti e quegli animi, ed all'occorrenza saprebbe deludere le cieche mene dei retrogradi e dei demagoghi. Cosi dunque non temasi in Italia della libertà con- cessa alla chiesa e alle chiese, e si proceda con riso- lutezza; si armi dei suoi diritti naturali lo Stato, e si lasci il clero esercitare il suo ufficio, e di fare e disfare in casa propria in quelle cose che strettamente si attengono al suo ministerio. Contro la fazione cle- ricale, non v'ha altra politica possibile; ogni aggres- sione è vana, ogni minaccia non rintuzza ma fortifica l'avversario, ed ogni ingerenza dello Stato nelle cose interne delle chiese, riesce poi di danno a sé stesso. I clericali, e parlo della fazione politica loro, ben N PROPOSTE 89 sanno del resto^ (gli abili e che hanno il mestolo in mano) che senza lo Stato e il suo appoggio , le loro forze sono monche e sfatate ; imperocché il giorno nel quale in Italia^ per una ipotesi impossibile^ avessimo un parlamento del loro colore e spirito, e quindi un governo uscito dalle loro viscere, sarebbe l'ultima ora * della loro fazione , poiché nessun popolo di Europa vorrebbe e potrebbe mantenere rapporti col nero e ' funesto governo, mentre una riscossa di tutte le gra- dazioni dei partiti liberali della penisola fora inevi- tabile o spaventosa. Questa i clericali sanno, e quindi non tentano, né tenteranno l'ultima prova, e solo pro- cacceranno di tenere Ymo zampino ed un addentellato nel giure pubblico della nazione, perché lo Stato da sé medesimo, per gli errori servili o erroneamente aggressivi, si procuri una certa rovina. Quindi, qua- lunque sia il governo che resti al timone della no- stra patria, non devii dalle norme che ora tracciammo ; ogni altra politica sarebbe funesta; con l'apparenza • della forza e della libertà troncherebbe i nervi a sé stesso. Adoperandoci di questa guisa, noi renderemo a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che é di Pia, secondo il detto profonda del Nazzareno ; e men- tre daremo saldi fondamenti alla libertà ed al suo incrementa, faremo un bene eziandio alla chiesa, poi- ché, toltole ogni speranza d' ingerenza nelle cose civili, e richiamata al suo morale ministerio, abbraccerà nella carità religiosa anche la patria ; come sanno molti buoni fra loro, i quali sentono che per conquistare, secondo la loro fede, la'^patria celeste, bisogna amare e difendere quella terrena. L'altra fazione che tenta* e vorrebbe sconvolgere 90 CAPITOLO m Fattuale ordine di cose civili, quali vennero prodotte dal lento moto della evoluzione sociale, è la dema- gogia anarchica e selva^ia, avente gradazioni diverse, come diversi propositi, diffusa da per tutto,^e stretta da vincoli, patti, associazioni, e guidate da uomini risoluti. E da prima è d'uopo , per giusta ed equa estimazione d'uomini e di cose, distinguere ed asso- lutamente separare da una tale fazione il partito re- pubblicano che si agita anch'esso da per tutto, e che in varie parti del mondo ha vita effettiva e legale riconoscimento. Vero è che una tale distinzione sa- rebbe superflua e stolta, se pur troppo lo zelo im- provvido o l'ignoranza, non spingesse molti a con- fondere cose insociabili, e a far tutto un mazzo, sieno buoni o rei, di quelli che a puntino non partecipano al grado presente del loro liberalismo. Il partito re- pubblicano, quando come in generale si mostra, segue la legge sana della democrazia moderna, riposa sui medesimi fondamenti giuridici e éivili dei popoli retti a monarchia rappresentativa; mantiene saldi i principj * • di proprietà, di famiglia, d'ordine, senza cui convi- venza umana non è possibile, ed è una naturale e necessaria evoluzione sociale. Quindi è d'uopo non fraintendersi, né recare violentemente e con palese in- giustizia le colpe, i danni, i pericoli alla forma repubbli- cana, che sono propri esclusivamente della demagogia. Dispregiare con puerile sussiego questa torbida fa- zione, è follia; la fidanza di sterminarla con le sole armi, è concetto che non può capire che in un cer- vello da Don Chisciotte ; combatterFa con palliativi o discorsi, è troppo ingenua bredulità. A mali morali, profondi, tenaci, universali come quelli di cui trat- PROPOSTE 91 tìatnO; si può ovviare soltanto con serii e virili pro- positi, e Còli rimedi adeguati alla forza che li produce* IEj prima condizione a sapersi schermire da un tale nemico, è quella al solito di non farsi illusione alcuna intorno alla sua potenza, indagarne l'origine, e non attenuarne il pericolo. E questo si farà per noi il più brevemente possibile, onde premunirsi in Italia anti- cipatamente dagli influssi e danni di questo malanno, perchè la libertà sana e la civiltà non ne soffrano detrimento. La demagogia o l'insurrezione anarchica delle classi povere e proletarie non è nuova, e si può dire che i germi sbocciarono col costituirsi delle società pri- mitive; imperocché di fronte ai più potenti, ai più agiati e felici, stettero sempre i derelitti dalla for- tuna, i deboli, i miseri, qualunque ne fossero le ca- gioni. Ma se il sentimento , il mobile , lo scopo si mantenne identico di mezzo alle trasformazioni sociali, la forma della demagogia cambiò, e i suoi seguaci e proseliti crebbero spaventosamente di numero. Quindi nell'età nostra, per quanto si estende la civiltà eu- ropea sopra la terra, assunse una forma consuonante con quella naturale del progresso sociale, delle con- dizioni economiche presenti, e con l'immenso accre- scimento della popolazione. Or noi si vide che il fon- damento, il fatto che costituiva l'indole propria della società moderna e dell'incivilimento stesso, è un fatto economico, il lavoro, reso libero, scevro di qualsiasi privilegio od ostacolo, e sostegno unico dei singoli associati, nella moltiforme sua natura, e nella immensa varietà dei suoi atti, dal rozzo manuale al più alto intelletto, H sentimento di questa feconda e santa '92 CAPITOLO m T-erità, pel naturale svolgimento che in tutti lo pro- dusse e lo suscitò; nacque nell'animo di tutte le classi^ vagamente le eccitò, spingendole di un salto con Tim- maginativa agli effetti ultimi e salutari di questo principio, valicandone i necessari intervalli per igno- ranza da una parte , e per impeto di bisogno dal- l'altra. Indi la foga pertinace, perseverante, ma più calma, o Torrido assalto ^subitaneo di selvaggie ire contro quei medesimi sostegni, quelle istituzioni che Bono anzi i mezzi di giungete gradatamente ad una condizione migliore di tutti. Cosi nacquero per un verso le associazioni della cosi detta intemazionale, o le improvvise ruine della comune. Ma nel tempo stesso che noi dobbiamo combattere le funeste teo- riche di queste sette, e soffocarne con pronta energia i delirii nefandi, non bisogna, lo ripeto, fanciullesca- mente cullarsi nella idea, che fatti cosi universali, e che in un modo o nell'altro si mostrano per quanto fii stende il campo civile delle nazioni, sia un mero capriccio momentaneo d' ebbre moltitudini, vapore di idioti, e fenomeno che non abbia fondamento di sorta nella storia; né in se, in mezzo al profondo errore che l'offusca, e lo insozza, un raggio e un filo di vero. E noi vedemmo già che la demagogia ha la sua sto- ria, antica quanto il mondo , e svolgentesi e sgomi- tolandosi con i secoli parallela alla trasformazione fiociale della nostra stirpe. Ed il vero, che questa fa- zione nelle sue teòriche micidiali racchiude è questo: che ad ogni uomo, ad ogni cittadino, sia qualunque la nascita, l'economica condizione, incombe egualmente l'obbligo salutare del lavoro, ed è compartecipe di tutti i doveri che stringono autorevolmente tutti i consociati a prò di tatti con reoiprocft operosità; im- perocché l'ozio infecondo , e soltanto consumatore & cormttore, è oramai agli occhi di tutti il più tristo, squallido e vituperevole vizio sociale, la causa e il fomite di ogni disordine e , d' (^ni ruina. Ma questo vero, che or comincia, rispetto al suo valore sociale, a risplendere alle menti di tutti, e che mano mano che la società progredisce, sempre più palese si farà, e che dee divenire la fede comune , nelle sette de- magogiche si trasformò in ribellione ad ogni sano principio, e divenne piuttosto sorgente di miserie e di lutti, che fonte di prosperità per gli stessi che si Intano in suo nome. Quindi la fallacia nella cre- denza di poter sterminare ogni sentimento religioso^ come quello che secondo essi sostiene i perni della . società attuale; la puerile fidanza del condividere i beni fra tutti, e ritornare, per essere felici e mirabili, alle delizie animalesche delle prime orde umane. II sentimento religioso in sé , astraendo dalle forme dommatiche che può rivestire , è in quella vece sì connaturato all'uomo, appena gli balenò un ra^io di intelligente attività nella mente, è un. bisogno cosi profondo, che il supporlo nell'universale temporario periturio, riesce un errore sì madornale, quanto il credere che possa miù cessare il sentimento del bello, del buono, dell'utile, e così via discorrendo. Un tal sentimento muterà forma, materia, simbolo, a sempre più puro e razionale aere s'innalzerà, ma rimarrà^ e quando anche in tutti si trasmutasse in effettiva intellezione dell'ordine infinito del mondo, e dell'e- terna energia che lo vivifica, e continua, avrà sempre una efficacia potente negli animi umani , e una au- 94 CAPITOLO III torità suprema nei loro atti. Quindi, sicc^ome è vano l'assunto, è assurdo il crederlo effettuabile ; e di questo si persuadano coloro che eccitano a simili fantaami le moltitudini. In quanto poi alla proprietà e alla fami- glia, sarebbe con esse distrutto l'ordine civile, ogni spe- ranza di miglioramento, ogni libertà. Poiché l'ultimo fatto sociale a cui" pervenne il moto evolutivo umano è Tuniversale libero lavoro, questo senza la proprietà non può sussistere, in quanto mancherebbe di sussidi, e dei giusti stimoli ad esercitarsi. Che se il lavoro è un dovere, un godimento, una dignità, la sola nobiltà possibile oramai nel mondo, oltre avere un effetto che giova alla generale convivenza nella reciprocanza di ragioni e d'influssi che l'anima, è pure un modo di rendere più lieta, agiata e amabile la vita; poiché colui che vuole rendere l'uomo misticamente perfetto, e che tutto versi e si travagli nella carità, e non senta e non provi gli onesti piaceri, e rinunzi ai co- modi, agli agi, agli utili personali, non solo disconosce la umana natura, ma annienta la storia. Laonde la proprietà ed in conseguenza la famiglia, sono condi- zioni indispensabili del lavoro, e con esso della civiltà tutta quanta, e della libertà che a tutti è si cara, e desiderata. Questi sono i veri contro cui infuriano i propositi dell'intemazionale, i quali se venissero ad effetto, ogni bene sarebbe distrutto; sono errori in cui cadono e caddero non una sola volta, quelli che, vi- vificati da un sentimento giusto e da un vero che balena incerto e confuso nelle loro menti, credono raggiungere la meta sterminando gli argomenti che vi conducono. Egli è certo però che tali sette sono or formida- PROPOSTE 95 bili e sparse da per tutto: hanno associazioni, pecu- nia, giornali, conventicole e cattedre: e gl'iniziati si mescolano in tutti gli ordini della vita, e gli arruf- foni ne sfruttano la credulità, o ne inveleniscono, rin- fuocano le ire: pericolo tanto più tremendo, quanto più è avvalorato da un sentimento giusto di una ve- rità male intesa. Or che contrapporrete a questa fiu- mana? — La Forza? — fu tentato, ma l'idra rina- sce: oltre, che la forza contro il sentimento e il nu- mero non prevale, e senza un principio che la sostenga, è vano amminicolo. Combatterlo con principii con- trarii? — si sperimentò, risorse, e sempre più sì estende. Con gl'influssi" religiosi? — Ma ella imper- versò maggiormente ove le genti erano guidate e ispirate dal clero, e si agita nei paesi, ove la fede è più viva, poniamo che non sia la cattolica, tralasciando anche che alcune tendenze, ire, dispetti clericali sono fomite a queste sette, e piuttosto che attutarle, le attizzano. Forse pej: mezzo delle esortazioni, le per« suasioni, i libri, e i giornali? — Certamente questi modi, e argomenii quando sieno bene appropriati e condotti, hanno un grande valore, e maggior della forza, e degli influssi religiosi, perchè vanno a poco a poco componendo una opinione favorevole ai suoi principj, e l'opinione oggi è regina, e può molto: ma la sua efficacia è in parte frustrata dai giornali, dalle associazioni della setta, onde è lento e stentato il be- nefico risultamento. Dunque non hawi rimedio? — I rimedii opportuni, i soli efficaci, e che, spero, sa- ranno riconosciuti tali a poco a poco da tutti, se vo- gliamo salvare la civiltà, sono di due sorta, privati e pubblici: e ne discorreremo partitamente le loro ragioni. 96 CAPITOLO III Odesi tutto giorno dalle persone di ogni ordine e d'ogni ceto, tra quelli più agiati^ lamenti e querimonie rispetto ai pericoli che ci sovrastano da parte della demagogia universale^ e si paventa^ si trema^ s'im- preca^ o si pronostica il finimondo. Ma sciaguratamente tutto questo tumulto dì sgomenti^ predizioni^ spasimi si risolve in parole, in chiacchere, in vaniloquio ef- fervescente, e nessuno, parlo in generale, fa nulla, o aspetta da un arcangelo la spada salvatrice, o grida contro il governo e i governi che non uccidono a soffocano nella culla il mostro divoratore. E mi fanno la figura di chi, appreso lentamente il fuoco in un canto della propria casa, corra in piazza a gemere^ a piangere la imminente ruina delle sue mura, im- precando perchè il sindaco non distrugga i zolfanelli, causa immediata del danno, invece di provvedere to- sto e virilmente al pericolo, tenue da principio, con la propria persona, o con gli ajuti che ai forti e vo- lonterosi non mancano mai. Cosi presso a poco va la faccenda per tutti coloro, e sono innumerevoli, che presentendo l'avvento della cosi detta questione so- ciale, credono rimediare al male col vociferare ai quattro venti il prossimo diluvio, o volendo che altri gli soccorra con modi, che neppure essi sanno in che veramente consistono. Ma in tale maniera l'acqua arriva alla gola, e senza rimedio, perchè il neghittoso è spia- cevole a tutti, utile a nessuno. Egli è oramai tempo di mutare registro, e se veramente stanno a cuore gli averi, i diritti, la giustizia, non fosse che rispetta ai privati vantaggi, bisogna persuadersi, perdio! che il tempo è venuto, ove chi non opera, e fortemente vuole e lavora, verrà travolto non solo dalla fiumana PROPOSTE 97 impura ch^ paventano^ ma dalla indole della civiltà presìHite, nella quale il volontarìp infingardo nozi può trovare modo durevole di vita. E innanzi tutto la so- * cietà è solidale d'ogni bene^ d'ogni male, e chi non sente q^uesto alto dovere, è indegno di chiamarsi uomo civile: e quindi ognuno è strettamente tenuto a coo- perare al maggior benessere possibile della nazione. E si badi che questa, di cui parlo, non è mica una carità estrinseca e contingente, che possa a volontà con minore o maggiore zelo esercitarsi, come avviene in altri fatti di pubblica o privata beneficenza, ma è una necessità intrinseca, senza la quale la società minerebbe. La quale cosa si fa a tutti palese anche materialmente, se riflettono ajla solidarietà, sempre più stretta e generale che nasce fra tutti gì' interessi, sia per associazioni a scopi diversi di utilità perso- nale, o di prodotti, sia per la dipendenza d'ogni or- dine di fatti economici fra loro, sia nel più vasto e universale credito dello Stsito, da cui dipendono una immensa varietà di fortune particolari. Quindi il la- voro libero, ma cooperativo dei singoli, onde si con- servino intatte e abbondanti le fonti .di ricchezza e di sussistenza nazionale, anche per questo lato, è la- voro necessario: che se egli allentasse, svigorisse., o venisse meno, il popolo perirebbe senza rimedio. Adunque tra i rimedii privati che possono contra- stare all' ampliarsi delle sette demagogiche a danno di tutti, è l'operosità di tutti, e in specie di quelli che più avrebbero a perdere, e nei quali quanto è più grande la ricchezza e l'agio, tanto più cresce e ingigantisce il dovere dell'opera. Si persuadano che nelle moltitudini adesso il prestigio solo delle ric- 7 98 CAPITOLO HI chezze, o del nome; o del fasto è scemato, e va sce- mando, grazie al cielo, rapidamente, e invano si at- * teggerk a pavone , chi sotto le splendide penne , e r iridiscente folgore delle piume , cela miseramente una cornacchia. D popolo non dispregia- né nomi , né fasto, quando coloro che li portano, o V esercitano senza jattanza , sono degni della civiltà nostra , la quale consiste tutta nel lavoro, utile e generoso. Bi- sogna adunque che coloro a là crescente onda delle mene demagogidie , è una ne- cessità delle stesse condizioni civili deUe nazioni mo- derne, un diritto e un dovere. ' Dichiarati brevemente i rimedi privati, conside- riamo quali sieno ,o possano essere quelU pubblici, o di pertinenza dello Stato, e del suo governo. Questi a divisarli compiutamente si disbrancano in lare or- dini, e possono essere quindi di tre specie: mo^?ali, amministrativi e poUtìci. . Un grande rimedio aU'er- rore, al vizio e alle miserie, è certamente V istruzione diffusa, e più tra quelle classi che di per sé mal sa- prebbero provvedervi, e alle quali manc^ lo stimolo proprio ad avanzare, vale a dire alle plebi della città e delle campagne. Che questo sia precipuo ed asso- luto dovere di ogni governo civile, è chiaro, e sarebbe anche più chiaro, se non fossero ancora alcuni, e non. son pochi, nei quali si mantiene la dignitosa e gene- rosa ctedenza, che T ignoranza delle moltitudini la- voratrici, è un ingrediente e un sussidio nòbilissimo di governo, e si affidano nella loro maraVigliosa atti- tudine, di contrastare ad ogni male, puntellati all'arte provvida di pochi, e all'uni vergfale e servile asinag- gine. E tatLto più stupore arreca una tale saggia sen- tenza, in qitanto di preferenza è sostenuta da quelli — non parlo certamente di tutti — che bazzicano frequentemente per le chiese, e fanno pompa di cri- stiana pietà. Brutta e ridicola contraddizione, la quale se ingenuamente* professata, indica in essi una igno- PROPOSTE 105 ranza proporzionata al grottesco proposito; se ad afte pensata, è iniqua e degna deff universale dispregia. Jn ciasctm uomo come sono eguali potenzialmente i diritti e i doveri, sono eguali i bisogni e la necessità deiihi dignità della vita; ora in tutti in quella guisa dello stato, e migliorare le loro condizioni economiche; ma parlandosi di suffragio fermarsi alle porte del sal- terio e dell'abbaco, è tale stravaganza che la maggiore non si può immaginare; si crede d'essere' del nostro' secolo, e viviamo delle idee dei bisarcavoli! ^PROPOSTE 12T Cicerone assennatamente dicera essere gF ignoranti capaci di verità^ poiché T ignoranza ^ cioè la mente primitiva^ non ingombra da sfumature; e il più delle volte arruffata da un sapere rachitico, entrato a spruzzi anarchici nel celabro, è tutt'altro che chiusa alle ve- rità pratiche della vita ; che anzi quando queste ver- tono intomo a positive questioni d' interessi generali, ma consuonanti o influenti con e su quelli particolari della famiglia, del comune, della provincia, sono pronte a colpirne il nocciolo principale, e a scegliere le per- sone più idonee a risolverle secondo le necessità del momento. Se non fosse così, se noi attendessimo ad allargare il diritto di suff'ragio che virtualmente è di tutti, quando tutti fossero dotti, ed uomini di stato almeno in cacchioni, io credo che si aspetterebbe in- darno quel giorno, e si aprirebbero le universali urne dei trapassati allo squillo finale dell'arcangelo, più presto che quelle generali del popolo pel comune sufeagio. Ma ribadiscono gli oppositori : voi desiderate esten- dere il diritto di suffragio mentre ^ nessuno, o da pochi si chiede : attendete che il desiderio nasca, si diffonda, giunga legalmente al parlamento, e allora si aprirà la mano, ma sempre con prudente riserva. E cosi, soggiungerò io, noi liberi cittadini di libero Stato, e un governo che dalla libertà è sorto, e a que- sta deve intendere con tenaci propositi, saremo meno generosi, meno magnanimi dei governi dispotici ? In questi sovente, e la storia anche contemporanea è piena di esempj, il governo costringe spontaneamente le moltitudini riluttanti a incivilirsi, e con violenta mano le sforza ad accettare .riforme civili, ammini- 128 CAPITOLO ni stratìve, economiofae : noi BEtremo il contrario: in nome delia libertà, teleremo lontani dalle riforme utili e ne- cessarie quelle moltitudini chC; secondo il ^iblime concetto, persistono nella ignoranza, o nella indiffe- renza politica. Un governo onesto di libero popola dee spingere al meglio di proprio impulso le genti confidate al suo senno : nò dee nelle leggi fondamen- tali attendere che altri domandi, ma generosamente anticipare opportune riforme. Ma se del resto tuUi non chiedono o vogliono il diritto di suffi*agio, questi è sorto nella coscienza dei più, emana spontanear- mente dal nostro giure pubblico, è una necessità dei tempi, è un dovere civile. Che se un tale dovere, per ipotesi impossibile, non* si sentisse, o si dissimulasse, p^r durare in un certo grado matematicamente mi- surato, e fisso di libertà, a prò di minoranze qua quando anche, per ipotesi, ciò avvenisse, Teffetto sólo che produr- rebbe, fora certamente una'^pìù grande e viva ope- rosità nei partiti liberali, e una agitazione legale più intensa, le quali riuscirebbero in fine a risolvere più presto e ricisamente una tale questione interna, e scongiurare più virilmente i pericoli, onde è gravida per la nazione. Altro benefizio che recherebbe seco la partecipazione, larga del popolo al Suffragio, sa- rebbe quello di stimolare, (essendo più vasto il sin- dacato, e le possibili peripezie del voto), e costrin- gere i- deputati ad intervenire scrupolosamente al par- lamento^ e smettere il brutto sciopero in cui sono ca- duti molti ripetutamente, e in modo da far credere cronico il morbo pernicioso, che gl'infesta, e li rende colpevoli dinanzi alla nazione. Più e più volte gli atti e le discussioni del parlamento, d'importanza ca- pitale per la prosperità e ordine del paese, non po- terono aver termine necessario, o sanzione legale, per Io scarso numero degli intervenuti, e ancKe quando giungevano alla cifra prestabilita, di fronte alla to- talità dei rappresentanti, erano si può dire al disotto del decoro del parlamento.' Se coloro che pur brigano, e fauno chiasso per essei'c assunti al grave incarico, V IdS CAPITOLO m e rappresentano ciò che v'ha di più vivo nella na* ssioney e la funzione più eccelsa di un popolo, che è quella 4'essere il legislatore di sa medesimo^ danno un si tristo esempio di trascuranza agli alti doveri, e di abbandono alla alacrità civile della vita pubblica, B0^ è da atupire, se gli aitai alla base imitano nel laìiguote, nella cascarne, nella dimenticanza dei di- ritti e doveri civili, i loro rappresentanti ; e «'inge- neri nella na2doDe quell'ozio politico, che è la lue più deleteria, e corruttrice delle viscere della mede- sima; sintomo, se i rimedii non intervengono pronti ed energici, di inevitabile morte. O non cercare, de- siderare r^lezioùe e intromettersi in ogni maniera per ottenerla, o ottenuta, attendere con lealtà e perseve- ranza al proprio mandato, ^d esercitarlo costantemente, risparmiando cosi un malo esempio al popolò \ intero, un acerbo e giusto rimprovero a sé medesimi; la- sciando aperto il corso ai più degni, e più operosi, e non ocisasionando cosi la morale decadenza dell'auto- rità del parlamento, come pur troppo fra noi già per moltissimi accadeva : e che io dica il vero faccio ap- pello alla stampa quotidiana di tutti i colori piena so- vente di acuti, e meritati riinbrotti ai neghittosi le- gislatori. Bispetto al pericolo del cesarismo, che secondo altri sarebbe il mostro che uscirebbe dal voto generale, come quei fantocci deformi e strani, che scattano al* Timprowiso dalla scatola magica, a stupose e terrore dei nostri fanciulli, temerlo da senno in Italia, è cosa che non Val la pena di confutare. Il cesarismo è solo possibile in un paese, sconvolto ^à , sconquas' fiato, disordinato a più riprese, e dove la furia PROPOSTE 139 delle fazioni anaik^hicbe^ o le gare di pretendenti più meno apocrifi, tanto scrollarono le fondamenta d'o* gni ordine, e tanto impaurirono le maggiorante, che, conservatrici sempre, si appigliano di iiecessità all'u- nico modo di salvezza che si presenta, sia pute Tau- tonta irra:dónaie della sciabola, o la potenza moi'ale di un nome: poiché ove è questione di anarchia di forze brute tenzonanti , il popolo si rivolge a quella che ha maggiore probabilità di vittoria, e di ristabi- lire quindi la pace, e la cancordia nel caos informe sociale. Ma un tal voto," quando è generale, se ma- nifestasi sostenitore di una forma dittatoriale in un dato momento^ ove egli è necessario, apparisce anche come fondatore di repubblica, quando una tal forma di reggimento ad un dato momento, sia Tunica arra di durevole ordine, come intervenne in Francia : nella quale, nonostante la lunga cospirazione della caduta assemblea, e del suo governo, retrogrado e monar- chico, e tutto rìmmienso arrabbattarsi dei clericali, e dei funzionari governativi, sorse testé la repubblica da quelle Urne rurali^ che secondo i giusti estimatori del senno delle moltitudiiii, dovevano imporre alla Francia il -^èsaitfismo na^Kileonico^ o il lugubre spettro della rameica tirannide legittimista. Che se invece avvenne il contrario della comune aspettativa, si deve solo a ciò, che tra i varii e funesti pretendenti al trono francese, e delle loro ingenerose e tristi fazioni, il popolo senti, che runico governo d'ordine, era il rejpubblicano, che ta- gliava a tutti la cresta, e li poneva fuori dell'astioso e cupido combattimento, e per la repubblica votò. In Italia non vi sono affatto elementi per un cesarismo possi- bile, e mancano condizioni antecedenti per un tal ri- 140 CAPITOLO ni Bultato; qui non sfacelo, qui non anarchia^ qui non odii; rancori^ ambizioni^ rafforzati dal sangue sparso^ da vendette nefande, da rappresaglie inique ; qui nes- sun bisogno di salvatore, o d'incoronare col servag- gio del popolo, un fortunato vincitore di eroiche bat- taglie. Da noi le istituzioni, grazie al cielo, possono per poco affievolirsi , o venire in meglio modificate, ma legalmente operano , e sono fisse nella coscienza pubblica, né alcuno anche dei partiti possibili più risoluti, e accentuati, pensa a rovesciarle, perchè in Italia c'è senso in tutti della realtà, né ci si sca- priccia in utopie senza pratico costrutto: in Italia la dinastia regnante è politicamente insigne pel ri- spetto alle leggi, né vi attenta, né vi corrìe rischio, (quando esercita il suo mandato, come ora fa) di v^e- nire rejetta, e inimicata dalla nazione^ e F esercito nostro, quanto valoroso, fedele^ onesto, e nel quale in bella armonia si fusero tutti gli elementi fortf della nazione, sia patrizi, sia popolani, se è tutela delle leggi, dell'ordine, della integrità della patria , non è una accolta di pretoriani, e conosce a prova quali sieno i suoi doveri di soldato leale e devoto e quelli di cittadino. Indi il timore e lo spauracchio di Cesari possibili in Italia è affatto chimerico, e non conosce certo il popolo nostro, né le nostre condizioni civili interno in tutti i loro elementi , chi paventa di un tale babau, E dico adunque che si dee proporre legalmente e stabilire una tal forma di suffragio, senza indugio^ poiché la libertà lo richiede, la dignità della nazione lo esige, la prudenza Io consiglia. Le moltitudini eleg- gono, non governano; immenso ' divario ; ed esse in PROPOSTE 141 media secondo tempi, luoghi, e coadisiom sociali soel- gono' seeipmi pia opportuni ai bisogni presenti. Io 80 a rn^AA dito tatto quello che poseono rispondere , e obiettAi^é coloro ohe sono di contrario avviso : e m'in- vitératino ad inchieste del come si fanno e si fecero le elezioni' in varie provincie della penisola, sia per brogli, tàsir per persone e mi sopraffaranno di una quai^tità enorme di fatti , e' di aneddoti ; ma queste cose^ e questi riposti archivi! ,li conosciamo: ed è ap- punto perchè U conosciamo, che invochiamo la ri- forma del voto. Poiché il ragionamento dì alcuni fra gli awersarii consiste a dire: il voto, nella guisa che ora si esercita, è vero, non dà buoni restdtati, dunque.... Voi* attendete una conclusione necessaria: ohibò! la logica loro è più stupènda: dunque conser- viamolo! Altri potrebbe opporre : concesso che la moltitudine, la gt»nde maggioranza delle nazioni sieno di fatto e sempre conservatrici, perchè allora prevalsero via via, e vinsero le rivoluzioni , effettuando ad onta di quel freno costante, mutamenti radicali nel costume e nelle idee dei popoli? La ragione e la spiegazione di un tale fette è ovvia a trovarsi; poiché per una parte le moltitudini, perchè conservatrici, e lontane e abor- renti per le loro faccende, dal moto e dall'agitazione delle minoranze, che vivono in special modo di pen- sieiV)^ e di abitudini innovatrici, nulla iniziano spon- taneamente, e rimangono estranee agli influssi delle novelle idee; e dall'altra non chiamate a manifestare legalmente i loro sentimenti, non possono arrestare, moderare o piegare il corso degli avvenimenti, o mo^- dificame i resultamenti sociali. Le moltitudini vivono 142 CAPITOLO m sciolte y guardando ciascuno ai propri negozii^ e non possono congregarsi facilmente in assemblee, in comi- tati, in conventicole, come è facile alle minoranze ap- punto perchè minoranze. Ma una tale inerzia, una tale paziente annegazione, non rimane senza effetto col tempo; inquanto se le minoranze si spinsero oltre certi confini morali e civili e vollero trionfanti prin- cipii che offendono il sentimento ereditario della mol- titudine, cadono poi in seguito le loro esagerazioni stesse, non nutrite e sostenute dall'universale, e solo resta il progresso possibile, pratico, buono, il quale, comechè nuovo, pure non perturbando le coscienze e abitudini della maggioranza nazionale, viene a poco a poco a consustanziarsi con le medesime: e cosi i po- poli camminano e vanno perfezionandosi. E che ciò sia vero, oltre la testimonianza palese di tutte le sto- rie, basta fermarsi a considerare il corso delle rivo- luzioni moderne di tutti gli Stati, perchè la realità della dottrina nostra salti agli occhi ai più miopi. Affine dunque che le moltitudini non per lunga e sempre faticosa efficacia, come freni conservativi, ope- ranti spontaneamente e fuori del giure positivo, rie- scano immediatamente salutari all'equabile e fruttuoso progresso dei popoli civili, è d'uopo renderle partecipi della vita pubblica, chiamandole alla elezione di co- loro che sono poi i legislatori della nazione, è deb- bono guidarla alla libertà e ai beni che essa racchiude^ con ordine e operosità. Così facendo, con quei tem- peramenti richiesti dalla moralità e dignità stessa del voto, si otterrà una maggiore attività politica ; la na- zione non sonnecchierà mai, né ristagnerà; i partiti che pervengono al governo dello Stato, nella vicenda PROPOSTE 143 continua di nuovi biefogni^ non crìstalUzzeranno^ e ri- poseranno in una beata e grassa quiete^ ringipvaniti e stimolati sempre dal voto popolare^ donde tutto nelle democrazie fluisce e sorge ^ e viene legittimato; si avrà sempre una benefica remora alle intemperanze delle fazioni, e quello che più importa , un ostacolo, e, si radichi bene nella mente , V unico ostacolo al- l' imperversare della furibonda demagogia. Io non aspiro alla divina prerogativa della infallibilità, e lascio ad altri senza rammarico questa modesta ed umile virtù ; ma per quello che io valgo a discernere dopo lungo studio e lungo amore pel pubblico bene, crèdo fermamente alla efficacia, necessità, utilità delle mie proposte, come sono certo che quadrano a capello con le norme positive di una scienza sociale, vera- mente degna di questo nome. ' Tali sono le proposte, che coscienziosamente e dopo maturo e scrupoloso esame, e modestia, venni svol- gendo in questo mio scritto ; tali le riforme che credo indispensabili per la durata, la esplicazione naturale e la salute delle nostre istituzioni, e pel decoro e la prosperità della patria. Certamente non si possono tutte e subito attuare , e Roma non fii fatta in un giorno; ma necessario è che gli uomini a qualunque partito nazionale appartengano, proposti al governo della cosa pubblica, vi si accingano con tenace pro- posito, e vi aspirino costantemente. Un sentimento di malessere indefinito occasionò la crisi presente, e la nazione sta raccolta attendendo che i diversi ordini dello Stato meglio rispondano all'indole loro e dei tempi, e si ritemperi a vita più robusta e libera la fibra dei cittadini; e tale è il compito di coloro che 144 CAPITOLO m / ora salirono; è giudicheremo dai fatti se sono da tanto. Quelli che caddero ^ il partito cioè che fino ad o^ resse i destini d' Italia^ operò cèrto molte cose buotie^ e condusse a termine, stimolato però dalla piÙL viva ' e impaziente parte della nazione e laicamente eoa;* diuvato da questa, Tunità territoriale e politica della patria^ protetto da fortuna propizia e da eventi in- sperati, trasmutanti in vittoria eziandio la sconfitta; ma a poco a poco, ritirandosi in sé medesimo e chiuso troppo forse agli influssi sempre salutari della mag- gioranza del popolo, si aflSevoll ed obbliò le origini sue, e la natura essenzialmente democratica degli Stati moderni. L'Italia oramai è giunta a quel tem- peramento civile ehe esclude la violenza e T illegale intromissione di fazioni perturbatrici, ma vuole ed esige che si avanzi e che si cammini di pari alle na- zioni più civili; che gli uomini che la capitaneggiano si governino con le idee nuove, e si lascino i metodi troppo curialeschi e scolastici nell' indirizzo della cosa pubblica. Or non è più tempo, e tra poco lo vedranno anche i più restii e ostinati, di grette abilità e di pic- coli e scuciti mezzi, giorno per giorno, di reggere gli Stati ; tutte le questioni sono larghe e grandi, e non si risolvono che con intendimenti e principj larghi e generosi; in ogni vertenza è conflata, a cosi dire, la vita di tutto un popolo, anche per i rapporti che essa ha o può avere con tutte le nazioni civili. Iso- larsi, fetcendo i suoi affari alla guisa di un agente di fattoria, è impossibile, dannoso e indecoroso; la ne- cessità presente spinge i popoli europa all'unità mo- rale della razza loro, ed all'equilibrio econoiiiicO civile e politico di tutte le membra ; ciò che non importa- PROPOSTE 145 ima yi^ota cosmopQlitia alla maniera dei politici mi- stici: m ogoji inombro e nazione vive deUa sua vita particolare; ma ^n conserto di vincoli si stretti, e una reciprocità di r^oni che costringono tutti ad avan- z^ure perire ; poiché la selezione naturale governa anche 1^* vita dei pppoli. Né valga il dire, come da molti si ripete^ che il governo è, od era assai più liberale della na:pione, e quindi ogni spinta o riforma riuscire inutile , o inopportuna; poiché, oltre essere questo in generale vero per tutti i governi, in quanto sono al di sopra del sapere e del civile temperamento delle moltitudini, suscita spontaneamente questo di- lemma: o il governo, in uno Stato libero, possiede minori spiriti liberi del popolo, e quindi dee, in virtù della legge fondamentale di un libero Stato, ritirarsi, perchè violatore moralmente della medesima; o si confessa più liberale del paese, e allora piuttosto che ristarsi e mantenere il grado fisso del valore civile del medesimo, dee spingerlo innanzi e trasformarlo alla sua immagine; che se sta, non procacciando di eccitarlo alla riforma, è indegno dell'alto loco che oc- cupa. Queste teoriche di accomodamenti pratici non sono più d'uso, e solo argomentano una profonda im- perizia del come si dirigano le società moderne, e dei doveri effettivi dei governanti. Sciolto da qualunque legame di disciplina, come di- cesi, di partiti, perchè uomo affatto privato ed oscuro, e al di sopra di questi, come debbo essere lo scrittore im- parziale, non consigliandomi con altre norme che con quella che io credo il giusto , scevro da qualunque am- bizione personale, né stimolato da ire o passioni di parte, liberamente dissi , comecché sempre con rispetto 146 CAPITOLO in olle persone, ciò che stimava opportuno ed utile, devoto in tutta la mia vita ad una cosa sola, ma quella gran- dissima e santa, la verità. Se altri mi provi che io mi ingannai, sarò ancora felice quando il contrario di ciò che credetti, profitti alla mia patria. In ogni modo, nel piccolo giro delle mie facoltà, avrò soddisfatto al- l'obbligo di cittadino ; ciascuno dovendo servire la pa- tria in quel modo che gli è concesso. Solo una cosa detesto in questo ordine di fatti: la petulante vanità dei neghittosi. FINE. DELLO STESSO AUTORE S^Uo ai ierehi: DELLK CONDIZIONI INTELLETTUALI D.' ITALIA ITm preparmziùHe ì SELLA LEGGE FONDAMENTALE DELLA INTELLIGENZA ffCL RC6II0 ANIMALC S t'Udii di Psicologia compartita. Se- ■ rv;. ■ft-

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