Thursday, March 12, 2015
ADRIANO IN SIRIA
Speranza
1734
Pergolesi
“L’IMPERATORE ADRIANO IN SIRIA”
libretto di Pietro Metastasio
tratto della storia romana
Prima: 25 ottobre 1734, Teatro San Carlo, Napoli.
PERSONAGGI
L’IMPERATORE ADRIANO imperatore romano, amante della..........
PRINCIPESSA PRINCIPESSA EMIRENA prigioniera di L’IMPERATORE ADRIANO, amante di ..........
PRINCIPE FARNASPE, principe parto, amico, e tributario del re Osroa, amante, e promesso sposo d PRINCIPESSA EMIRENA ..........
IL RE OSROA re de Parti, padre d'PRINCIPESSA EMIRENA .......... TENORE
AQUILIO tribuno confidente d'L’IMPERATORE ADRIANO , amante occulto di Sabina ..........
SABINA, dama romana
AQUILIO, confidente d’Adriano (nella gran piazza d'Antiochia magnificamente adorna di trofei militari, composti d’insegne, armi ed altre spoglie di barbari superati. Trono imperiale da un lato. Ponte sul fiume Oronte, che divide la città suddetta. Di qua dal fiume, L’IMPERATORE ADRIANO su carro trionfale condotto da schiavi, Aquilio, Guardie e Popolo. Di là dal fiume, PRINCIPE FARNASPE ed Osroa, con séguito di Parti, che conducono doni da presentare ad L’IMPERATORE ADRIANO , quale, al suono d'allegra sinfonia, scende dal carro. Ad L’IMPERATORE ADRIANO ) Chiede il parto PRINCIPE FARNASPE di presentarsi a te.
L’IMPERATORE ADRIANO Venga e s'ascolti. (Aquilio passa il ponte. L’IMPERATORE ADRIANO sale sul trono e parla in piedi) Valorosi compagni, voi m'offrite un impero non men col vostro sangue che col mio sostenuto, e non so come abbia a raccoglier tutto de' comuni sudori io solo il frutto. Ma se al vostro desio contrastar non poss'io, farò che almeno nel grado a me commesso mi trovi ognun di voi sempre l'istesso. A me non servirete: alla gloria di Roma, al vostro onore, alla pubblica speme, come fin or, noi serviremo insieme. (siede) (replicandosi la sinfonia, passano il ponte PRINCIPE FARNASPE ed IL RE OSROA col séguito, preceduti da Aquilio)
PRINCIPE FARNASPE , principe parto: Nel dì che Roma adora il suo cesare in te, dal ciglio augusto, da cui di tanti regni il destino dipende, un guardo volgi al principe PRINCIPE FARNASPE . Ei fu nemico; ora al cesareo piede l'ire depone, e giura ossequio e fede.
OSROA, re de Parti. (piano a PRINCIPE FARNASPE ) Tanta viltà, PRINCIPE FARNASPE , necessaria non è...
L’IMPERATORE ADRIANO : Madre comune d'ogni popolo è Roma, e nel suo grembo accoglie ognun che brama farsi parte di lei. Gli amici onora, perdona a' vinti, e con virtù sublime gli oppressi esalta ed i superbi opprime.
IL RE OSROA: Che insoffribile orgoglio.
PRINCIPE FARNASPE: Un atto usato dalla virtù romana vengo a chiederti anch'io del re de' Parti geme fra’ vostri lacci prigioniera la figlia.
L’IMPERATORE ADRIANO: E ben? PRINCIPE FARNASPE: Rasciuga della sua patria il pianto: a me la rendi, e quanto io reco in guiderdon ti prendi.
L’IMPERATORE ADRIANO: Prence, in Asia io guerreggio, non cambio o merco; ed Adrian non vende, sullo stil delle barbare nazioni, la libertade altrui. PRINCIPE FARNASPE: Dunque la doni.
IL RE OSROA: Che dirà.
L’IMPERATORE ADRIANO: Venga il padre: la serbo a lui, e di lei cura in tanto noi prenderem. PRINCIPE FARNASPE: Dopo il fatal conflitto, è ignota a noi del nostro re la sorte: ma se a tal segno è augusto dell'onor suo geloso, questa cura di lei lasci al suo sposo.
L’IMPERATORE ADRIANO: Come, È sposa PRINCIPESSA EMIRENA? PRINCIPE FARNASPE: Altro non manca che il sacro rito.
L’IMPERATORE ADRIANO: Oh dio, ma lo sposo dov'è? PRINCIPE FARNASPE: Signor, son io.
L’IMPERATORE ADRIANO: Tu stesso, ed ella t'ama. PRINCIPE FARNASPE: Ah, fummo amanti pria di saperlo, ed apprendemmo insieme, quasi nel tempo istesso, a vivere e ad amar. Ma quando meco esser doveva in dolce nodo unita, signor (Che crudeltà!), mi fu rapita.
L’IMPERATORE ADRIANO: Che barbaro tormento. PRINCIPE FARNASPE: Ah, tu nel volto, signor, turbato sei, forse t'offende la debolezza mia, tanta virtude da me pretendi invano; cesare, io nacqui parto, e non romano.
L’IMPERATORE ADRIANO: Oh rimprovero acerbo, ah, si cominci su' propri affetti a esercitar l'impero, prence, della sua sorte la bella prigioniera arbitra sia, vieni a lei, s'ella segue come credi, ad amarti, allor, dicasi alfin, prendila e parti. Dal labbro, che t'accende di così dolce ardor, la sorte tua dipende e la mia sorte ancor, mi spiace il tuo tormento; ne sono a parte, e sento che del tuo cor la pena è pena del mio cor. (parte, seguìto d'Aquilio, dalle guardie e soldati romani).
IL RE OSROA Comprendesti, o PRINCIPE FARNASPE , d'augusto i detti? Ei, d'PRINCIPESSA EMIRENA amante, di te parmi geloso, e fida in lei. Amasse mai costei il mio nemico? Ah, questo ferro istesso innanzi alle tue ciglia vorrei... No, non lo credo. Ella è mia figlia.
PRINCIPE FARNASPE Mio re, che dici mai? Cesare è giusto; ella è fedele. Ah, qual timor t'affanna!
IL RE OSROA Chi dubita d'un mal, raro s'inganna. PRINCIPE FARNASPE: Io volo a lei. Vedrai.
IL RE OSROA: Va' pur, ma taci ch'io son fra' tuoi seguaci. PRINCIPE FARNASPE: Anche alla figlia.
IL RE OSROA: Sì, saprai, quando torni, tutti i disegni miei. PRINCIPE FARNASPE: Sì, sì, mio re, ritornerò con lei. (parte seguitato dall'accompagnamento barbaro).
IL RE OSROA Dalla man del nemico il gran pegno si tolga che può farmi tremare, e poi si lasci libero il corso al mio furor. Paventa, orgoglioso roman, d'IL RE OSROA lo sdegno. Son vinto e non oppresso, e sempre a' danni tuoi sarò l'istesso. Sprezza il furor del vento robusta quercia, avvezza, di cento verni e cento l'ingiurie a tollerar. E se pur cade al suolo, spiega per l'onde il volo, e con quel vento istesso va a contrastando in mar.
AQUILIO (negli appartmanti destinati ad PRINCIPESSA EMIRENA nel palazzo imperiale) Ah, se con qualche inganno non prevengo PRINCIPESSA EMIRENA , io son perduto. Cesare generoso a PRINCIPE FARNASPE la rende, ancorché amante. E se tal fiamma oblia, che ad arte io fomentai, farà ritorno all'amor di Sabina, il cui sembiante porto sempre nel cor. Numi, in qual parte PRINCIPESSA EMIRENA s'asconde? Eccola. All'arte.
PRINCIPESSA EMIRENA: È vero, Aquilio, o troppo credula io sono? Il mio PRINCIPE FARNASPE è giunto.
AQUILIO: Così non fosse. PRINCIPESSA EMIRENA: E perché mai t'affligge la mia felicità?
AQUILIO: La tua sventura, principessa, compiango, ah, se vedessi di quai furie agitato augusto è contro te, IL PRINCIPE FARNASPE a lui ti richiese, gli disse che t'ama, che tu l'ami; e mille in seno di cesare ha destate smanie di gelosia. Freme, minaccia, giura che in Campidoglio, se in te non è la prima fiamma estinta, ei vuol condurti al proprio carro avvinta.
PRINCIPESSA EMIRENA: Ah, che solo il pensarlo mi fa gelar, né vi sarà riparo.
AQUILIO Il più certo è in tua man. Cesare viene ad offrirti PRINCIPE FARNASPE ; egli il tuo core spera scoprir così. Deh, non fidarti della sua simulate tranquillità. Il caro prence accogli con accorta freddezza. Il don ricusa della sua man. Misura i detti, e vesti di tale indifferenza il tuo sembiante, come se più di lui non fossi amante.
PRINCIPESSA EMIRENA: E il povero PRINCIPE FARNASPE di me che mai direbbe? Ah, tu non sai di qual tempra è quel core. Io lo vedre a tal colpo morir sugli occhi miei.
AQUILIO Addio. Pensaci, e trova, se puoi, miglior consiglio. PRINCIPESSA EMIRENA: Odimi. Almeno corri, previeni il prence...
AQUILIO: Eccolo. PRINCIPESSA EMIRENA: Oh dio.
AQUILIO: Armati di fortezza. Io t'insegnai ad evitare il tuo destin funesto. PRINCIPESSA EMIRENA: Misera me, che duro passo è questo!
L’IMPERATORE ADRIANO: Principe, quelle sono le sembianze che adori? PRINCIPE FARNASPE Oh dio, son quelle, che sempre agli occhi miei sembran più belle.
L’IMPERATORE ADRIANO: Costanza, o cor, vaga PRINCIPESSA EMIRENA, osserva con chi ritorno a te, più dell'usato so che grato ti giungo: afferma il vero. PRINCIPESSA EMIRENA: Chi è, signor, questo stranier. PRINCIPE FARNASPE Straniero?
L’IMPERATORE ADRIANO: No 'l conosci? PRINCIPE FARNASPE: Né sai qual io mi sia? PRINCIPESSA EMIRENA: Che pena è il similar, non mi sovviene.
PRINCIPE FARNASPE Che nuovo stil, bella PRINCIPESSA EMIRENA, è questo d'accoglier chi t'adora? Il tuo PRINCIPE FARNASPE PRINCIPESSA EMIRENA: Tu sei PRINCIPE FARNASPE. Al nome ti riconosco adesso. Al tuo valore so quanto debba il padre mio. Rammento più d'una tua vittoria, e de' meriti tuoi serbo memoria.
PRINCIPE FARNASPE: Ah, ritorna più presto a scordarti di me. M'offende meno la tua dimenticanza.
PRINCIPESSA EMIRENA: In che t'offendo, se i merti tuoi, se i miei doveri accenno?
PRINCIPE FARNASPE Giusti dèi, qual freddezza! Io perdo il senno.
L’IMPERATORE ADRIANO: Chi mi inganna di voi, fFinge LA PRINCIPESSA EMIRENA o simula IL PRINCIPE FARNASPE. Esser mentito dée l'amore o l'oblio. PRINCIPESSA EMIRENA: Chi t'inganna io non son. PRINCIPE FARNASPE: Dunque son io?
L’IMPERATORE ADRIANO: Se fosse il tuo ritegno rispetto, o principessa, abbandonalo pur, del core altrui non son tiranno, ecco il tuo ben, te 'l rendo, se verace è l'affetto.
PRINCIPESSA EMIRENA: Non ti credo. PRINCIPE FARNASPE: Rispondi. PRINCIPESSA EMIRENA: Io non l'accetto. PRINCIPE FARNASPE: Principessa, idol mio, che mai ti feci? Queste sono l'accoglienze, i trasporti d'amor? Poveri affetti! Sventurato PRINCIPE FARNASPE, PRINCIPESSA EMIRENA infidel, spiegami almeno l'arte con cui di così lungo amore imparasti a scordarti.
PRINCIPESSA EMIRENA: Deh, per pietà, taci, PRINCIPE FARNASPE e parti. PRINCIPE FARNASPE: Che tirannia, t'ubbidirò, crudele; ma guardami una volta, in questa fronte leggi dell'alma mia, no, non mirarmi, barbara, giacché vuoi che ubbidisca PRINCIPE FARNASPE i cenni tuoi. PRINCIPE FARNASPE Sul mio cor so ben qual sia il poter de' sguardi tuoi. Basta un sol, dell'alma mia la costanza a indebolir. Tu nel volto arrossiresti, e rimorso avresti al core; io potrei del tuo rossore lusingarmi e insuperbir.
L’IMPERATORE ADRIANO: Dove, PRINCIPESSA EMIRENA? PRINCIPESSA EMIRENA: A pianger sola. Il pianto libero almen mi resti, giacché tutto perdei.
L’IMPERATORE ADRIANO: Nulla perdesti. Posso offrirti, se vuoi, e l'impero e la man.
PRINCIPESSA EMIRENA: No, che non puoi. Sai pur che la tua mano a Sabina è promessa.
L’IMPERATORE ADRIANO: Io non suppongo in lei tanta costanza. Avrà cambiato, senza fallo, pensier, come d'aspetto la mia sorte cambiò. Veduto allora non avevo il tuo volto: era privato, ero vicino a lei. Sospiro adesso, cara, ne' lacci tuoi: porto l'alloro in fronte; e Sabina è sul Tebro, io sull'Oronte. AQUILIO, confidente d’Adriano: Signor.
L’IMPERATORE ADRIANO: Che fu. AQUILIO: Dalla città latina giunge.
L’IMPERATORE ADRIANO: Chi giunge mai? AQUILIO: Giunge Sabina.
L’IMPERATORE ADRIANO: Ahi colpo, Aquilio, oh dio, va', conducila altrove, in questo stato non mi sorprenda, a ricompormi in volto chiedo un momento, ah, poni ogni arte in uso. AQUILIO: Signor, viene ella stessa.
L’IMPERATORE ADRIANO: Io son confuso.
SABINA: Sposo, augusto, signor, questo è il momento che tanto sospirai: giunse una volta, son pur vicina a te, soffri che adorno di quel lauro io ti miri, che costa all'amor mio tanti sospiri.
L’IMPERATORE ADRIANO: Che dirò. SABINA: Non rispondi.
L’IMPERATORE ADRIANO: Io non credea, potevi pure, oh dio, chiede ristoro la tua stanchezza, olà, di questo albergo a' soggiorni migliori passi Sabina e al par di noi s' onori. SABINA: E tu mi lasci, il mio riposo io venni a ricercare in te.
L’IMPERATORE ADRIANO: Perdona: altrove grave cura or mi chiama. SABINA Aquilio, io non l'intendo.
AQUILIO: E pur l'arcano è facile a spiegar. Adriano è amante. Questa è la tua rival. PRINCIPESSA EMIRENA Pietosa augusta, se lungamente il cielo a cesare ti serbi, una infelice compatisci e soccorri. E regno e sposo e patria e genitor, tutto perdei. SABINA (Mi deride l'altera!)
PRINCIPESSA EMIRENA: Un bacio intanto sulla cesarea man.
SABINA Scostati, ancora non son moglie d'augusto; e, quanto dici, misera tu non sei, forse ch' io stessa la pietà, che mi chiedi, mendicherò da te.
PRINCIPESSA EMIRENA: La mia catena. SABINA: Non più, lasciami sola. PRINCIPESSA EMIRENA: Oh dèi, che pena. PRINCIPESSA EMIRENA: Prigioniera abbandonata, pietà merto e non rigore, ah, fai torto al tuo bel core, disprezzandomi così. Non fidarti della sorte: presso al trono anch'io son nata; e ancor tu fra le ritorte sospirar potresti un dì.
AQUILIO: Tentiam la nostra sorte. SABINA: Il caso mio non fa pietade, Aquilio? AQUILIO: È grande invero l'ingiustizia d'augusto, ei non prevede come puoi vendicarti, a te non manca né beltà, né virtù, qual freddo core non arderà per te, sugli occhi suoi dovresti.
SABINA: Che dovrei. AQUILIO: Seguitarlo ad amar, mostrar costanza, e farlo vergognar d'esserti infido. Si turba il mar, facciam ritorno al lido. Vuoi punir l'ingrato amante? Non curar novello amore. Tanto serbati costante, quanto infido egli sarà. Chi punisce un traditore non punisce i falli sui, ma giustifica l'altrui con la propria infedeltà.
SABINA: Io piango, ah no, la debolezza mia palese almen non sia, ma il colpo atroce abbatte ogni virtù, vengo il mio bene fino in Asia a cercar: lo trovo infido, al fianco alla rivale; che in vedermi si turba; m'ascolta appena, e volge altrove il passo: né pianger debbo? Ah, piangerebbe un sasso. Chi soffre, senza pianto, il caro amato oggetto alla rivale accanto, o non ha core in petto, o non conosce amor. Se lo sentiste mai, bell'alme innamorate, fede per me voi fate del fiero mio dolor.
IL RE OSRO (negli cortili del palazzo imperiale con veduta interrotta da una parte del medesimo che soggiace ad incendio. Notte. IL RE OSROA dalla reggia con face nella destra e spada nuda nella sinistra, séguito d'Incendiari parti, poi PRINCIPE FARNASPE): A Feroci parti, al nostro ardir felice arrise il ciel. Della nemica reggia volgetevi un momento le ruine a mirar. Pure è sollievo nelle perdite nostre quest'ombra di vendetta. Oh, come scorre l'appreso incendio, e quanti al cielo innalza globi di fumo e di faville! Ah, fosse raccolto in quelle mura, ch'or la partica fiamma abbatte e doma, tutto il senato, il Campidoglio e Roma.
PRINCIPE FARNASPE: Osroa, mio re!
IL RE OSROA: Guarda, PRINCIPE FARNASPE, È quella opera di mia man. PRINCIPE FARNASPE: Numi, e la figlia.
IL RE OSROA Chi sa: fra quelle fiamme, col suo cesare avvolta, forse de' torti tuoi paga le pene. PRINCIPE FARNASPE Ah, PRINCIPESSA EMIRENA , ah, mio bene! (vuol partire)
IL RE OSROA Ascolta. E dove? PRINCIPE FARNASPE A salvarla e morir. (vuol partire)
IL RE OSROA Come! Un'ingrata, che ci manca di fé, pone in oblio. PRINCIPE FARNASPE È spergiura, lo so, ma è l'idol mio. (getta il manto, ed entra tra le fiamme)
IL RE OSROA Se quel folle si perde, noi serbiamoci, amici, ad altre imprese. Vadan le faci a terra. Al noto loco ritornate a celarvi. (partono gli incendiari). E pure, ad onta del mio furor, sento che padre sono. Non so quindi partir. Sempre mi volgo di nuovo a quelle mura. Eh, non s'ascolti una vil tenerezza. Ah, forse adesso però spira la figlia, e forse a nome moribonda mi chiama. A tempo almeno fosse giunto PRINCIPE FARNASPE . Il lor destin voglio saper. Dove m'inoltro? Oh dèi! Di qua gente s'appressa, di là cresce il tumulto, e tutto è in moto il cesareo soggiorno. Oh amico! Oh figlia! Parto? Resto? Che fo? Senza salvarli mi perderei. Ma giacché tutto, o numi, volevate involarmi, questi deboli affetti a che lasciarmi? A un semplice istante agghiaccio, m'accendo; non temo, pavento; resisto, m'arrendo; risolvo, mi pento. Che istante funesto è questo per me! Oh dèi! Chi consiglia quest'alma smarrita? L'amico... la figlia... il regno... la vita... Ma il rischio s'avanza, speranza non v'è.
SABINA E nessuno sa dirmi, se sia salvo il mio sposo! Aquilio, dove, ah, dov'è cesare?
AQUILIO Almeno lasciami respirar. SABINA Dove s'aggira? Parla.
AQUILIO Ma s'io no 'l so! SABINA Questo è lo stile del gregge adulator, che adora il trono, non il monarca. Infin ch'è il ciel sereno, tutti gli siete intorno e lo seguite; se s'intorbida il ciel, tutti fuggite. Eccolo. Non sdegnarti.
L’IMPERATORE ADRIANO: LA PRINCIPESSAEMIRENA vedesti. SABINA: Io te cercai.
L’IMPERATORE ADRIANO: LA PRINCIPESSA EMIRENA dov'è? AQUILIO: Ne corro in traccia, né ancor m'avvengo in essa.
L’IMPERATORE ADRIANO: Misera principessa! (in atto di partire) SABINA: Odi, e non miri come cresce l'incendio, ah, tu non pensi al riparo, signor.
L’IMPERATORE ADRIANO: Le accese mura si dirocchino, Aquilio, acciò non passi alle intatte la fiamma. AQUILIO: All'opra io volo (parte). SABINA Ma cesare...
L’IMPERATORE ADRIANO: Che pena. SABINA: E di te stesso prendi sì poca cura? Ove t'inoltri fra' notturni tumulti? Il reo si scopra pria di fidarti.
L’IMPERATORE ADRIANO: È già scoperto il reo. Lo conosco. È PRINCIPE FARNASPE è fra catene: non v'è più da temer. SABINA Dunque lo stolto...
L’IMPERATORE ADRIANO: Se non trovo PRINCIPESSA EMIRENA, io nulla ascolto. (parte)
SABINA Senti, come mi lascia, che disprezzo crudel, tutto si soffra, seguiamo i passi suoi. (in atto di partire) PRINCIPESSA EMIRENA Soccorso! Aita! Sabina.
SABINA: Eterni dèi! Mancava ad insultarmi anche costei. PRINCIPESSA EMIRENA Che avvenne, augusta?
SABINA E a me lo chiedi? Intendo: vuoi che de' tuoi trionfi t'applaudisca il mio labbro. È vero, è vero: ostenta ancor nel tuo bel volto le meraviglie sue l'età novella. Tu sei l'Elena nostra, e Troia è quella
PRINCIPESSA EMIRENA Ah, qual nascosto senso celano i detti tui?
SABINA: IL PRINCIPE FARNASPE te 'l dirà; chiedilo a lui. (parte)
PRINCIPE FARNASPE incatenato fra guardie romane, ed PRINCIPESSA EMIRENA . PRINCIPESSA EMIRENA PRINCIPE FARNASPE!
PRINCIPE FARNASPE: Principessa! PRINCIPESSA EMIRENA, tu prigionier.
PRINCIPE FARNASPE Tu salva. PRINCIPESSA EMIRENA: Agl'infelici difficile è il morir, di quelle fiamme sei tu forse l'autor. PRINCIPE FARNASPE No ma si crede. PRINCIPESSA EMIRENA Perché.
PRINCIPE FARNASPE: Perché son parto perché son disperato in quelle mura perché fui colto. PRINCIPESSA EMIRENA E a che venisti.
PRINCIPE FARNASPE: Io venni a salvarti e morir. L'ultimo dono forse ottenni dal ciel, ma non la sorte che tu debba la vita alla mia morte.
PRINCIPESSA EMIRENA Deh, pietosi ministri, disciogliete quei lacci, o meco almeno dividetene il peso.
PRINCIPE FARNASPE: Ah perché mai mi schernisci così, troppo è crudele questa finta pietà. PRINCIPESSA EMIRENA: Finta la chiami.
PRINCIPE FARNASPE: Come crederla vera, assai diversa parlasti, o principessa. PRINCIPESSA EMIRENA Il parlar fu diverso, io fui l'istessa.
PRINCIPE FARNASPE: Ma le fredde accoglienze. PRINCIPESSA EMIRENA: Eran timore d'irritar d'L’IMPERATORE ADRIANO il cor geloso.
PRINCIPE FARNASPE: E da lui che temevi. PRINCIPESSA EMIRENA: D'un trionfo il rossor.
PRINCIPE FARNASPE: Dunque son io. PRINCIPESSA EMIRENA: La mia speme, il mio amor.
PRINCIPE FARNASPE: Basta, non più, ti credo. Detesto i miei sospetti: te ne chieggo perdon. M'ama il mio bene, il suo labbro me 'l dice; e ad onta delle stelle io son felice. PRINCIPESSA EMIRENA Ah, non partir!
PRINCIPE FARNASPE Conviene seguir la forza altrui. PRINCIPESSA EMIRENA Mi lasci? Oh dio! Che mai sarà di te, dolce ben mio?
PRINCIPESSA EMIRENA : Sola mi lasci a piangere nel mio dolor spietato, barbaro ingiusto fato. Lassa, che fia di me. Come potrò resistere a sì crudele affanno? Empi, ben mio, tiranno! Voglio morir con te.
PRINCIPE FARNASPE Oh cari sdegni, oh amabili trasporti d'amore e di pietà, che mi rendete certo della sua fede, e tutto il peso a' ceppi miei togliete. Lieto così talvolta fra lacci ancor s'ascolta cantar quell'usignuolo, se la fedel compagna risponde al canto, al duolo, con cui d'amor si lagna, vago di libertà. Più non rammenta il nido, sgombra ogni duol dal petto,
e il dolce antico affetto solo spiegando va.
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CD – 2 –
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CD 2 – TRACK 1 –
SABINA, sposa d’Adriano (nella galleria negli appartamenti di L’IMPERATORE ADRIANO corrispondente a diversi gabinetti): Veramente tu sei, più di quel che credei, sollecita e attenta. Estinto appena è l'incendio notturno, e già ti trovo nelle stanze d'augusto.
PRINCIPESSA EMIRENA: Oh dio, Sabina, che ingiustizia è la tua! L'amor d'augusto non è mia colpa; è pena mia. M'affanno di PRINCIPE FARNASPE al periglio: ecco qual cura mi guida a queste soglie. Ho da vederlo perir così senza parlarne? Alfine PRINCIPE FARNASPE è l'idol mio. Gli diedi il core, e ha remoti principi il nostro amore. SABINA Parli da senno, o fingi. PRINCIPESSA EMIRENA Io fingerei, se così non parlassi.
SABINA E non t'avvedi che, parlando per lui, cesare irriti. PRINCIPESSA EMIRENA Ma non trovo altra via.
SABINA Quando tu voglia, una miglior ve n'è. Da questa reggia fuggi col tuo PRINCIPE FARNASPE, È suo custode Lentulo il duce. A' miei maggiori ei deve quantunque egli è: se ne rammenta, e posso promettermi da lui d'un grato core anche prove più grandi.
PRINCIPESSA EMIRENA Ah, se potesse riuscire il pensier!
SABINA Vanne: è sicuro. A partir ti prepara. Al maggior fonte de' cesare i giardini col tuo sposo verrò. Colà m'attendi prima che ascenda a mezzo corso il sole. PRINCIPESSA EMIRENA Ma verrai? Del destino son tanto usata a tollerar lo sdegno...
SABINA Ecco la destra mia; prendila in pegno. PRINCIPESSA EMIRENA Ah, che a sì gran content è quest'anima angusta! Oh me felice! Oh generosa augusta! (parte)
SABINA Chi sa; quando lontana PRINCIPESSA EMIRENA sarà, forse ritorno farà il mio sposo al suo primiero amore.
L’IMPERATORE ADRIANO: PRINCIPESSA EMIRENA, mio ben, numi, che dissi. (vuol partire)
SABINA: Perché fuggi, IMPERATORE ADRIANO. Un sol momento non mi negar la tua presenza, e poi torna al tuo ben, se vuoi.
L’IMPERATORE ADRIANO: Come, supponi, qual è dunque il mio ben? SABINA: No, non celarmi quell'onesto rossor. Numi del cielo, chi creduto l'avria! Chi ti sedusse? Parla, di', come fu?
L’IMPERATORE ADRIANO: Che vuoi ch'io dica, se tutto mi confonde? Io già lo veggo ch'hai ragion d'insultarmi. Ma che pro? Ero nel campo, quando condotta innanzi mi fu LA PRINCIPESSA EMIRENA, allor ch'io la mirai carica di catene domandarmi pietà, bagnar di pianto questa man che stringea, fissarmi in volto le supplici pupille in atto così dolce... Ah, se in quell'atto rimirata l'avessi a me vicina, sarei degno di scusa anche a Sabina.
SABINA Ah, questo è troppo. E dove mai s'intese tirannia più crudele? Il premio è questo che ho da te meritato? Barbaro! Mancator! Spergiuro! Ingrato!
L’IMPERATORE ADRIANO: Son fuor di me. SABINA: Che dissi, Ah no, perdona l'oltraggiose querele. Ire son queste, che nascono d'amor. Come a te piace
di me disponi. Instabile o costante, sarai sempre il mio ben. Chi sa? Lo spero, verrà, verrà quel giorno, che, ripensando a chi fedel t'adora, forse dirai... Ma sarò morta allora. (siede)
AQUILIO (Qui Sabina!)
L’IMPERATORE ADRIANO: Io non posso più vederla penar. Cedo a quel pianto; mi sento intenerir.) Sabina, hai vinto. A' tuoi lacci felici tornerò, sarò tuo.
AQUILIO (Stelle!)
SABINA Che dici?
L’IMPERATORE ADRIANO: Che son vinto, che cedo, che ti rendo il mio core. SABINA Ah, non lo credo.
AQUILIO (Qui bisogna un riparo.) SABINA S'PRINCIPESSA EMIRENA una volta torni a veder...
L’IMPERATORE ADRIANO: Non la vedrò. SABINA Ma puoi di te fidarti?
L’IMPERATORE ADRIANO Ho risoluto, e tutto si può, quando si vuole.
AQUILIO A' piedi tuoi l'afflitta prigioniera inchinarsi desia. Non ti ritrova, e lung'ora ti cerca.
SABINA (Ecco la prova.)
L’IMPERATORE ADRIANO: No, Aquilio, io più non deggio PRINCIPESSA EMIRENA veder. Tempo una volta è pur ch'io mi rammenti la mia fida Sabina.
SABINA (Oh cari accenti!) AQUILIO È giustizia, è dover. Ma che domanda la povera PRINCIPESSA EMIRENA ? A lei si nega quel che a tutti è concesso? È serva, è vero, ma pur nacque regina.
L’IMPERATORE ADRIANO: È ver, ma temo, tu che faresti in un egual periglio nel caso mio? SABINA: Non chiederei consiglio.
L’IMPERATORE ADRIANO: E ben. Parta LA PRINCIPESSA EMIRENA senza vedermi. Aquilio gliene rechi il comando. AQUILIO (facendosi artificiosamente sentire) Ah, che dirai povera principessa!
L’IMPERATORE ADRIANO: Olà, che parli. AQUILIO Nulla, signor. Volo a ubbidirti.
L’IMPERATORE ADRIANO: Aspetta. Meglio è che il suo destino sappia dalla mia voce. L'ascoltarla un momento alfin che nuoce?
SABINA (alzandosi) Ah, ingrato, m'inganni nel darmi speranza; giurando costanza mi torni a tradir. La fiamma novella scordarti non sai. T'aggiri, sospiri, cercando la vai: lontano da quella ti senti morir.
L’IMPERATORE ADRIANO: Udisti, Aquilio, e si dirà che tanto sia debole L’IMPERATORE ADRIANO? AQUILIO Ognuno è reo,
se l'amore è delitto.
L’IMPERATORE ADRIANO: E con qual fronte le colpe altrui correggerò, se lascio tutto il freno alle mie? No, no: si plachi la sdegnata Sabina; non si vegga PRINCIPESSA EMIRENA ; al primo laccio torni quest'alma, e, scosso il giogo vergognoso... Oh dio, non posso. (entra)
AQUILIO: Tolleranza, o mio cor. La tua vittoria, benché non sia lontana, matura ancor non è. L'amor d'augusto, gli sdegni di Sabina combattono per noi. La pugna è accesa; ma non convien precipitar l'impresa. Saggio guerriero antico mai non ferisce in fretta. Esamina il nemico, il suo vantaggio aspetta, nel dal calor dell'ira mai trasportar si fa. Muove la destra, il piede, finge, s'avanza, e cede, fin che il momento arriva che vincitor lo fa.
PRINCIPESSA EMIRENA (in un boschetto contiguo a’ giardini reali). Qui Sabina non veggo. A questo fonte l'attender mi prescrisse, e ancor non viene. Che sia, non so, ma sento in ogni istante affannar da sospetti il core amante.
SABINA Ecco la sposa tua.
PRINCIPE FARNASPE Bella PRINCIPESSA EMIRENA . PRINCIPESSA EMIRENA Sei pur tu, caro prence? Il credo appena.
PRINCIPE FARNASPE Alfin, ben mio. SABINA: Di tenerezze adesso tempo non è. Convien salvarsi. È quella l'opportuna alla fuga, non frequentata oscura via. Non molto lunge dal primo ingress si parte in due. Guida la destra al fiume, la sinistra alla reggia. A voi conviene evitar la seconda. Andate, amici, sicuri a' vostri lidi; la fortuna vi scorga, amor vi guidi. PRINCIPESSA EMIRENA Pietosa augusta.
PRINCIPE FARNASPE Eccelsa donna, e come render mercé... SABINA Poco desio. Pensate qualche volta a Sabina; e fra le vostre felicità, se pur vi torno in mente, esiga il mio martiro dalla vostra pietà qualche sospiro.
SABINA: Splenda per voi sereno, d'amica stella un raggio; e al caro lido in seno, vi porti a respirar. E per me cangi ancora la mia sorte mia d'aspetto, destando in qualche petto quella pietà, che altrui non sdegno dimostrar.
PRINCIPE FARNASPE Ed è ver che sei mia? Ne temo, e quasi parmi ancor di sognar. PRINCIPESSA EMIRENA Non manca, o sposo, per esser lieti appieno, che ritrovare il padre. Oh qual content nel rivedermi avria! Sapessi almeno in qual clima s'aggiri!
PRINCIPE FARNASPE Saran paghi, mia vita, i tuoi desiri. PRINCIPESSA EMIRENA Sai dunque IL RE OSROA dov'è?
PRINCIPE FARNASPE: Sì ma per ora non pensar che a seguire i passi miei. PRINCIPESSA EMIRENA:Quante gioie in un punto amici dèi.
PRINCIPE FARNASPE Ferma! PRINCIPESSA EMIRENA Perché?
PRINCIPE FARNASPE Non odi qualche strepitio d'armi? PRINCIPESSA EMIRENA Odo, ma donde non saprei dir.
PRINCIPE FARNASPE Da quel cammino istesso che tener noi dobbiamo. PRINCIPESSA EMIRENA Ahimè!
PRINCIPE FARNASPE Non giova l'avvilirsi, ben mio. Celati intanto che l'armi io scopro e la cagion di quelle.
PRINCIPESSA EMIRENA Che sarà mai? Non mi tradite, o stelle. (si nasconde)
IL RE OSROA (in abito romano con spade nuda dalla strada disegnata da Sabina) Fra l'ombre adesso a raccontar l'altero vada i trofei della sua Roma.
PRINCIPE FARNASPE E dove corri, signor, con queste spoglie?
IL RE OSROA Amico, siam vendicati. È libera la terra dal suo tiranno. Ecco il felice acciaro che L’IMPERATORE ADRIANO svenò.
PRINCIPE FARNASPE Come!
IL RE OSROA Solea l'aborrito romano per questa oscura via passare occult d'PRINCIPESSA EMIRENA a' soggiorni. Un suo seguace, complice del segreto, me 'l palesò. Fra questi eroi del Tebro
l'oro ha trovato un traditore. Al varco, travestito in tal guisa, io l'aspettai, fin che passò col servo, e lo svenai.
PRINCIPE FARNASPE Ma del nemico invece potevi fra quell'ombre l'altro ferir.
IL RE OSROA No, fu previsto il caso, finse cader quando mi fu vicino, il servo reo con questo segno espresso cesare espose, assicurò sé stesso.
PRINCIPESSA EMIRENA (Chi sarà quel roman? Stringe un acciaro, e sanguigno mi par. Potessi in volto mirarlo almeno.)
PRINCIPE FARNASPE Or che farem? Fuggendo per la via che facesti, incontro andiamo a mille, che concorsi al tumulto saran. Sugli altri ingress veglian servi e custodi. Io voglio prima ricercar se vi fosse altra via di fuggir. Fra quelle piante nascosto attendi. Io tornerò di volo.
IL RE OSROA Sollecito ritorna, o parto solo. (si nasconde)
PRINCIPE FARNASPE Questo... No. Quel sentier... Sì, questo eleggo.
IL RE OSROA ed PRINCIPESSA EMIRENA in disparte.
L’IMPERATORE ADRIANO (con spade nuda – a guardia della strada) Fermati, traditor! PRINCIPE FARNASPE Numi, che veggo!
L’IMPERATORE ADRIANO: Impedite ogni passo alla fuga, o custodi. PRINCIPE FARNASPE Io son di sasso. PRINCIPESSA EMIRENA (Ah, siam scoperti!)
L’IMPERATORE ADRIANO: Istupidisci, ingrato, perché vivo mi vedi? A me credesti di trafiggere il sen. L'empio disegno con voci ingiuriose nel ferir palesasti.
PRINCIPESSA EMIRENA (Ecco l'errore. Colui che si nascose è il traditore.)
L’IMPERATORE ADRIANO: Perfido, non rispondi? A che venisti? Qual disegno t'ha mosso? Chi sciolse i lacci tuoi? Parla. PRINCIPE FARNASPE Non posso.
L’IMPERATORE ADRIANO: Il silenzio t'accusa. Olà! Si tragga nel carcere più nero il delinquente. PRINCIPESSA EMIRENA Fermatevi! Sentite: egli è innocente. PRINCIPE FARNASPE Principessa, che fai?
L’IMPERATORE ADRIANO: Stelle, tu ancora qui con IL PRINCIPE FARNASPE? E il traditor difendi? PRINCIPESSA EMIRENA Ei non è traditor. Fra quelle fronde.
PRINCIPE FARNASPE Taci! PRINCIPESSA EMIRENA ...l'empio s'asconde, che spinse a' danni tuoi l'acciar rubello. PRINCIPE FARNASPE (Oh dio! Non sa che il genitore è quello.)
L’IMPERATORE ADRIANO: Se credulo mi brami, a questo segno di PRINCIPE FARNASPE al periglio non mostrarti agitata.
PRINCIPE FARNASPE (Secondiamo l'error.) PRINCIPESSA EMIRENA Se a me non credi.
PRINCIPE FARNASPE E che ti giova, o cara, sol per pochi momenti differirmi la pena? I falli miei mi son cari a tal segno, che tornarne innocente io non vorrei.
L’IMPERATORE ADRIANO: Oh anima perversa! PRINCIPESSA EMIRENA Io non l'intendo.
PRINCIPE FARNASPE (Che bel morir se il mio signor difendo!)
PRINCIPESSA EMIRENA (a PRINCIPE FARNASPE ) Prence, sposo, ben mio, perché congiuri tu ancor contro te stesso, signor.
PRINCIPE FARNASPE Taci una volta, PRINCIPESSA EMIRENA , se m'ami. PRINCIPESSA EMIRENA Io t'odierei, se t'ubbidissi. I passi miei seguite. Qui, qui s'asconde il traditore. (corre)
PRINCIPE FARNASPE Oh dio! Ferma! PRINCIPESSA EMIRENA Vedilo, augusto. IL RE OSROA È ver, son io. PRINCIPESSA EMIRENA Ah, padre!
L’IMPERATORE ADRIANO: Il re de' Parti in abito romano e quanti siete, scellerati, a tradirmi.
IL RE OSROA Io solo, io solo ho sete del tuo sangue. Il colpo errai; ma, se mi lasci in vita, il fallo emenderò.
L’IMPERATORE ADRIANO: Così fra l'ombre assalirmi, infidele, coglier l'istante che inciampo e cado al suol.
IL RE OSROA Barbara sorte! Ecco l'inganno. Il tuo seguace ad arte cader doveva, e tu cadesti a caso.
L’IMPERATORE ADRIANO: Troppo ingrata mercede, barbaro, tu mi rendi. Oppresso e vinto t'invito, t'offerisco di Roma l'amistà...
IL RE OSROA Sì, questo è il nome, empi, con cui la tirannia chiamate; ma poi servon gli amici, e voi regnate.
L’IMPERATORE ADRIANO: Alma rea, troppo abusi della mia sofferenza. Olà, ministri, in carcere distinto alla lor pena questa rei custodite.
PRINCIPE FARNASPE Anche PRINCIPESSA EMIRENA ?
L’IMPERATORE ADRIANO: Sì, ancor l'ingrata. PRINCIPE FARNASPE Ah, che ingiustizia è questa! Qual delitto a punir ritrovi in lei?
L’IMPERATORE ADRIANO: Tutti nemici e rei, tutti tremar dovete: perfidi, lo sapete, e m'insultate ancor? Che barbaro governo fanno dell'alma sdegno, rimorso interno, amore e gelosia! Non ha più furie Averno per lacerarmi il cor.
PRINCIPESSA EMIRENA Padre... Oh dio, Con qual fronte posso padre chiamarti io, che t'uccido? Deh, se per me t'avanza...
IL RE OSROA Parti, non assalir la mia costanza. PRINCIPESSA EMIRENA Ah, mi scacci a ragion. Perdono, o padre; eccomi a' piedi tuoi.
IL RE OSROA Lasciami, o figlia. No, sdegnato non sono; t'abbraccio, ti perdono. Addio, dall'alma mia parte più cara. PRINCIPESSA EMIRENA Oh addio funesto!
PRINCIPE FARNASPE Oh divisione amara! PRINCIPESSA EMIRENA Quell'amplesso e quel perdono, quello sguardo e quel sospiro fa più giusto il mio martiro, più colpevole mi fa. Qual mi fosti e qual ti sono chiaro intende il core afflitto, che misura il suo delitto dall'istessa tua pietà.
PRINCIPE FARNASPE Almen tutto il mio sangue a conservar bastasse il mio re, la mia sposa.
IL RE OSROA Amico, assai debole io fui. Non congiurar tu ancora contro la mia fortezza. Abbia il nemico il rossor di vedermi maggior dell'ire sue. Nell'ultim'ora cader mi vegga e mi paventi ancora. Leon piagato a morte sente mancar la vita, guarda la sua ferita, né s'avvilisce ancor. Così nell'ore estreme rugge, minaccia e freme, che fa tremar morendo talvolta il cacciator.
PRINCIPE FARNASPE E non ti struggi in pianto, non ti sciogli in sospiri, o mesto core? Da così gran dolore ingombro, taci, soffri, e non ti lagni del tuo destin tiranno? Dunque no 'l senti? Ah no: questo è l'inganno. Quel tuo silenzio istesso, che stupido ti rende, mi fa tremar, ed a ragion pavento che, lo stupor cessato, t'opprima a un colpo solo tuo tormento. Torbido in volto e nero, senza che tuoni il cielo, tacito e gonfio appare senza alcun vento il mare, e in petto al passeggero il cor fa palpitar. In quell'orrore ascoso il turbine s'appresta; è quel silenzio un segno di prossima tempesta, che van destando i venti racchiusi in seno al mar.
SABINA (nella sala terrena con sedie) Come! Ch'io parta? A questo segno è cieco e ingiusto a questo segno? E di qual fallo
vuol punirmi L’IMPERATORE ADRIANO?
AQUILIO Ei sa che fosti d'PRINCIPESSA EMIRENA e PRINCIPE FARNASPE consigliera alla fuga.
SABINA È vero. Io volli, serbando la sua gloria, beneficando una rival, di nuovo procurarmi il suo amor. Non l'odio o l'ira mi consigliò, ma la pietà, l'amore; onde error non commisi, o lieve errore.
AQUILIO Sabina, io lo conosco, e lo conosce forse L’IMPERATORE ADRIANO ancor. Ma giova a lui un lodevol pretesto. SABINA E ben, mi vegga e n'arrossisca.
AQUILIO Il comparirgli innanzi di vietarti m'impose. SABINA Oh dèi! Ma deggio partir senza vederlo?
AQUILIO Appunto. SABINA E quando?
AQUILIO Già le navi son pronte. SABINA Un tal commando ubbidir non si deve.
AQUILIO Ah no, ti perdi, parti; fidati a me, lo vincerai non resistendo. Io cercherò il momento di farlo ravveder. SABINA: Ma digli almeno.
AQUILIO Va' senz'altro parlar, t'intendo appieno. SABINA: Digli ch'è un infedele; digli che mi tradì; senti. Non dir così. Digli che partirò; digli che l'amo. Ah, se nel mio martir lo vedi sospirar, tornami a consolar; ché prima di morir di più non bramo. (parte)
AQUILIO Io la trama dispongo perché parta Sabina, e poi mi affanno nel vederla partir. Pensa, o mio core, che la perdi, se resta. Ella risveglia d'augusto la virtù. Soffrir non puoi l'assenza del tuo bene; ma, se lieto esser vuoi, soffrir conviene.
AQUILIO: Contento forse vivere nel mio martir potrei, se mai potessi rendere il sol degli occhi miei fedele all'amor mio, fedele a questo cor. Ma se vicino ei resta a quella che l'accende, gradita antica face, come sperar mai pace, come sperare amor? (vuol partire)
L’IMPERATORE ADRIANO: Aquilio, che ottenesti? AQUILIO Nulla, signore. Ad ubbidirti inteso, non trascurai ragione per trattener Sabina. È risoluta, e vuole partir.
L’IMPERATORE ADRIANO: S'arresti. AQUILIO Perché? Cesare teme d'una donna lo sdegno?
L’IMPERATORE ADRIANO: No. AQUILIO La vuoi tua consorte?
L’IMPERATORE ADRIANO: Oh dio. AQUILIO Dunque arrestarla a noi che giova?
L’IMPERATORE ADRIANO: Io stesso no 'l sol dir. AQUILIO Deh, pensa adesso a porre in uso il mio consiglio. Un cenno d'IL RE OSROA sarà bastante perché t'ami PRINCIPESSA EMIRENA . Ella ti sdegna per non spiacere al padre, e al padre alfine parrà gran sorte il ricomprarsi un regno con le nozze di lei.
L’IMPERATORE ADRIANO: Ah, tu non sai qual guerra di pensieri agita l'alma mia. AQUILIO Questo pensiero ti piacque pur. Ne convenisti.
L’IMPERATORE ADRIANO: Io feci ancor di più. Dal carcere ordinai ch' IL RE OSROA a me si traesse. Ei venne, e attende qui presso il mio comando. AQUILIO Io non ho core di vederti soffrir. Vado de' Parti ad introdurre il re.
L’IMPERATORE ADRIANO: Senti e se poi. AQUILIO Non più dubbi, signor.
L’IMPERATORE ADRIANO: Fa' quel che vuoi, che dir può il mondo, al fine il conservar la vita è ragion di natura: e in tanta pena io viver non saprei senza PRINCIPESSA EMIRENA . IL RE OSROA Che si chiede da me?
L’IMPERATORE ADRIANO: Che il re de' Parti sieda e m'ascolti; e, se non pace, intanto abbia tregua il suo sdegno. (siede) IL RE OSROA A lunga sofferenza io non m'impegno.
(siede) AQUILIO (Del mio destin si tratta.)
L’IMPERATORE ADRIANO: Osroa, nel mondo tutto è soggetto a cambiamento, e strano saria che gli odi nostril soli fossero eterni. Alfin la pace è necessaria al vinto, utile al vincitor. Fra noi mancata è la materia all'ire. Il fato avverso tanto ti tolse e tanto mi diè benigno il ciel, che non rimane né che vincere a noi, né che perdere a te.
IL RE OSROA Sì! Conservai l'odio primiero, onde mi resta assai.
AQUILIO (Che barbara ferocia!)
L’IMPERATORE ADRIANO: Ah, non vantarti, d'un ben, che posseduto tormenta il possessor. Puoi meglio altronde il tuo fasto appagar. Sappi che sei arbitro tu del mio riposo, appunto qual son io de' tuoi giorni. Ordina in guise gli umani eventi il ciel, che tutti a tutti siam necessari; e il più felice spesso nel più misero trova che sperar, che temer. Sol che tu parli, la principessa è mia; sol che io lo voglia, tu sei libero e re. AQUILIO (Della risposta io tremo.)
L’IMPERATORE ADRIANO: E ben, che dici, tu sorridi e non parli. IL RE OSROA: E vuoi che io creda sì debole ADRIANO?
L’IMPERATORE ADRIANO: Ah, che pur troppo, Osroa, io lo son. Dissimular che giova? Se la bella PRINCIPESSA EMIRENA meco non veggo in dolce nodo unita, non ho ben, non ho pace e non ho vita.
IL RE OSROA Quando basti sì poco a renderti felice, io son content che si chiami la figlia.
L’IMPERATORE ADRIANO: Aquilio, a noi la principessa invia. AQUILIO Ubbidito sarai. (Sabina è mia!) (parte)
L’IMPERATORE ADRIANO: Ora a viver comincio. Olà, togliete quelle catene al re de' Parti. (escono due guardie)
IL RE OSROA Ancora non è tempo, L’IMPERATORE ADRIANO . Io goderei prima de' doni tuoi che tu de' miei.
L’IMPERATORE ADRIANO: Van riguardo. (alle guardie) Eseguite il cenno mio. IL RE OSROA Non è dover. Partite. (partono le guardie)
L’IMPERATORE ADRIANO: Dal peso ingiurioso io pur vorrei vederti alleggerir. IL RE OSROA Son sì contento, pensando all'avvenir, ch'io non lo sento.
L’IMPERATORE ADRIANO: Eppur non viene. (guardando per la scena) IL RE OSROA Impaziente io ne sono al par di te.
L’IMPERATORE ADRIANO: La principessa io vado ad affrettar. (s'alza) IL RE OSROA No, già s'appressa. (s'alza trattenendolo)
L’IMPERATORE ADRIANO (incontrando LA PRINCIPESSA EMIRENA ) Bellissima PRINCIPESSA EMIRENA ...
OSROA (ad L’IMPERATORE ADRIANO ) A lei primiero meglio sarà ch'io tutto spieghi.
L’IMPERATORE ADRIANO: È vero. PRINCIPESSA EMIRENA (Perché son così lieti?) IL RE OSROA E pure, o figlia, fra le miserie nostre abbiamo ancora di che goder. Lo crederesti? Io trovo nella bellezza tua tutto il compenso delle perdite mie. PRINCIPESSA EMIRENA Che dir mai vuoi?
L’IMPERATORE ADRIANO: Quella fiamma vorace.
OSROA (ad L’IMPERATORE ADRIANO ) Lasciami terminar.
L’IMPERATORE ADRIANO: Come a te piace. OSROA: Tal virtù ne' tuoi lumi raccolse amico il ciel, che, fatto servo, il nostro vincitor odia la vita senza di te, che per suo nume adora.
L’IMPERATORE ADRIANO: Tu dunque puoi. OSROA: Non ho finito ancora.
L’IMPERATORE ADRIANO: Mi fa morir questa lentezza. IL RE OSROA Io voglio, senti, o figlia, e scolpisci questo del genitore ultimo cenno nel più sacro dell'alma. Io voglio almeno in te lasciar, morendo, la mia vendicatrice. Odia il tiranno, com'io l'odiai finora; e questa sia l'eredità paterna.
L’IMPERATORE ADRIANO: Osroa, che dici. IL RE OSROA: Né timor, né speranza t'unisca a lui; ma forsennato, afflitto vedilo a tutte l'ore fremer di sdegno e delirar d'amore.
L’IMPERATORE ADRIANO: Giusti dèi, son schernito. IL RE OSROA Parli cesare adesso: IL RE OSROA ha finito.
L’IMPERATORE ADRIANO: Fra poco assiso in trono cesare parlerà. Qual deve, risponderà: al delinquente il giudice, al vinto il vincitor. Sdegnasti il mio perdono: tardi te n' pentirai, e in van detesterai l'ingiusto tuo furor.
IL RE OSROA Figlia, s'è ver che m'ami, ecco il momento di farne prova. PRINCIPESSA EMIRENA Se basta il sangue, è tuo: lo spargerò.
IL RE OSROA Toglimi all'ire del tiranno roman. Senza catene ti veggo pur. PRINCIPESSA EMIRENA Sì: ci conobbe augusto d'ogni insidia innocenti, e le disciolse a PRINCIPE FARNASPE ed a me. Ma qual soccorso perciò poss'io recarti?
IL RE OSROA Un ferro, un laccio, un veleno, una morte, qualunque sia. PRINCIPESSA EMIRENA Padre, che dici? E queste sarian prove d'amor? La figlia istessa scellerata dovrebbe...
IL RE OSROA Va'! Ti credea più degna dell'origine tua. Tremi di morte al nome sol! Con più sicure ciglia riguardarla dovria d'IL RE OSROA la figlia. Ti perdi e confondi
al nome di morte. Va', fuggi, t'ascondi, indegna del sangue, che avresti da me! Tu chiudi nel petto un'alma sì vile, e soffri l'aspetto d'un padre ch'è re.
PRINCIPESSA EMIRENA Misera, a qual consiglio appigliarmi dovrò?
PRINCIPE FARNASPE (con fretta) Corri, PRINCIPESSA EMIRENA . PRINCIPESSA EMIRENA Dove?
PRINCIPE FARNASPE Ad augusto. PRINCIPESSA EMIRENA E perché mai?
PRINCIPE FARNASPE Procura che il comando rivochi contro il tuo genitore. PRINCIPESSA EMIRENA Qual è?
PRINCIPE FARNASPE Vuol che, traendo delle catene sue l'indegna soma, vada... PRINCIPESSA EMIRENA A morte?
PRINCIPE FARNASPE No. Peggio. PRINCIPESSA EMIRENA E dove?
PRINCIPE FARNASPE A Roma. PRINCIPESSA EMIRENA E che posso a suo pro?
PRINCIPE FARNASPE Va', prega, piangi, offriti sposa ad L’IMPERATORE ADRIANO : oblia i ritegni, i riguardi, le speranze, l'amor. Tutto si perda, e il re si salvi. PRINCIPESSA EMIRENA Egli pur or m'impose d'odiar cesare sempre.
PRINCIPE FARNASPE Ah, tu non devi un comando eseguir dato nell'ira, ch'è una breve follia. Dobbiamo, o cara, salvarlo suo malgrado. PRINCIPESSA EMIRENA Ad altri in braccio andar dunque degg'io? Tu lo consigli, e con tanta costanza?
PRINCIPE FARNASPE Ah, principessa, tu non vedi il mio cor. Non sai qual pena questo sforzo mi costa. Io so che resto afflitto, disperato, grave agli altri ed a me. Ma l'Asia tutta che direbbe di noi, se IL RE OSROA perisse, mentre possiam salvarlo? Un gran sollievo per me sarà quel replicar talora nel mio dolor profondo:
«chi diè legge al mio cor dà legge al mondo».
PRINCIPESSA EMIRENA Ah, se vuoi che io consenta a perderti, ben mio, deh, non mostrarti così degno d'amor.
PRINCIPE FARNASPE Bella mia speme, no, non mi perdi. Infin ch'io resti in vita, t'amerò, sarò teco. Però sol quanto la gloria tua, la mia virtù concede. E tu... Ma dove
mi trasporta l'affanno? Ah, che ci manca anche il tempo a dolerci. IL RE OSROA perisce, mentre pensiamo a conservarlo. PRINCIPESSA EMIRENA Addio.
PRINCIPE FARNASPE Ascoltami. PRINCIPESSA EMIRENA Che vuoi?
PRINCIPE FARNASPE Va'... Ferma... Oh dèi! Vorrei che mi lasciassi, e non vorrei. L'estremo pegno almeno ricevi in quest'addio, del mio costante amor.
PRINCIPESSA EMIRENA Strappar mi vuoi dal seno, con dir così, ben mio, a viva forza il cor.
PRINCIPE FARNASPE Vanne. PRINCIPESSA EMIRENA Ti lascio.
PRINCIPE FARNASPE Ah, senti... PRINCIPESSA EMIRENA Che pena! Parla, o caro.
PRINCIPE FARNASPE Ricordati di me. PRINCIPESSA EMIRENA E PRINCIPE FARNASPE : Oh dio, che tanto amaro forse il morir non è. Ah, non dicesti il vero, ben mio, quando dicesti
che sol per me nascesti, ch'io nacqui sol per te.
AQUILIO (in un luogo magnifico del palazzo imperiale. Scale per cui si scende alle ripe dell'Oronte. Veduta di campagna e giardini sull'opposta sponda. Sabina ed Aquilio, con Séguito, che s'incamminano alla volta delle navi, ed L’IMPERATORE ADRIANO con accompagnamento numeroso): Ahimè!
SABINA: Numi, che chiedi? (torna indietro)
L’IMPERATORE ADRIANO: A questo segno dunque odioso ti sono io, che partir vuoi senza vedermi?
SABINA Ah no! Non schernirmi ancora. Mi discacci, mi vieti di comparirti innanzi...
L’IMPERATORE ADRIANO: Io, quando, Aquilio, non richiese Sabina la libertà d'abbandonarmi? SABINA Oh dèi! (ad Aquilio) Non fu cenno d'augusto ch'io dovessi partir senza mirarlo? AQUILIO (Se parlo, mi condanno, e se non parlo.) SABINA Perfido! Ti confondi? Intendo, intend le trame tue. Sappi, L’IMPERATORE ADRIANO.
AQUILIO: Io stesso scoprirò l'error mio. Sabina adoro. Temei che al fin vincesse la sua virtù. Perciò da te lontana...
L’IMPERATORE ADRIANO: Non più. Tutto compresi. (alle guardie) Olà! Costui sia custodito. AQUILIO (è disarmato) (Avversa sorte!)
L’IMPERATORE ADRIANO: E meco rimanga la mia sposa. SABINA Io sposa! E quando?
L’IMPERATORE ADRIANO: Fra poco. Non domando che tempo a respirar. PRINCIPESSA EMIRENA Ah, cesare, pietà! PRINCIPE FARNASPE Pietà, signore!
L’IMPERATORE ADRIANO: Di chi? PRINCIPESSA EMIRENA Del padre mio. PRINCIPE FARNASPE Dell'oppresso mio re.
L’IMPERATORE ADRIANO: Roma, il senato deciderà di lui. PRINCIPESSA EMIRENA Dunque non curi d'PRINCIPESSA EMIRENA che piange, ch'è tua sposa, se vuoi?
L’IMPERATORE ADRIANO: Sposa? Ah, ch'io ben conosco tutto quel cor. No, no. L'odio paterno, il suo laccio primiero è troppo forte. Mi sarebbe nemica ancor consorte.
PRINCIPESSA EMIRENA No, cesare, t'inganni. Il dover mio farà strada all'amor. Rivoca il cenno, perdona al genitore. Per questa invitta mano, che è sostegno del mondo, che bacio e stringo e del mio pianto inondo.
L’IMPERATORE ADRIANO: Sorgi. Ah, non pianger più. (Chi vide mai lagrime così belle? È donna o dea? Quando m'innamorò, così, così piangea. SABINA: Che spero più.
PRINCIPE FARNASPE Risolvi, augusto.
L’IMPERATORE ADRIANO : Almeno fosse altrove Sabina.
SABINA Augusto, io veggo, e 'l vede purtroppo ognun, che t'affanni invano per renderti a te stesso; ed io, che, invece di sdegnarmi con te per tanti oltraggi, sento che più m'accendo,
da quel che provo a compatirti apprendo. D'ogni dover ti sciolgo, ti perdono ogni offesa, ed io stessa sarò la tua difesa.
L’IMPERATORE ADRIANO: Anima generosa degna di mille imperi, anima grande, qual sovrumano è questo eccesso di virtude. Ecco, mi desto da quel vile letargo ond'era avvolto: son disciolto, son mio, in questo giorno tutti voglio felici, ad IL RE OSROA io dono e regno e libertà; rendo al PRINCIPE FARNASPE la sua bella PRINCIPESSA EMIRENA ; Aquilio assolvo d'ogni fallo commesso. E a te, Sabina, degno di te, rendo me stesso. SABINA Oh gioie. PRINCIPESSA EMIRENA Oh tenerezze! PRINCIPE FARNASPE Oh contento improvviso! SABINA Ecco il vero L’IMPERATORE ADRIANO . Or lo ravviso.
CORO: S’oda augusto infin sull'etra il tuo nome ognor così e da noi, con bianca pietra sia segnato il fausto dì.
FINE
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