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Thursday, March 12, 2015

MARCANTONIO E CLEOPATRA

Speranza

1873

 

LAURO ROSSI
 “MARCANTONIO E CLEOPATRA”
Libretto

Statua di Cleopatra – Roma.

 

PERSONAGGI
MARCANTONIO, triumvir… tenore -- role created by Filippo Patierno.
OTTAVIA, sposa di Marcantonio, sorella di Ottaviano … mezzo-soprano
OTTAVIANO, triumvir …  tenor --  role created by Romano Nannetti.
PROCULEIO, soldato romano … tenore.
CLEOPATRA VI, regina d’Egitto … soprano – role created by Teresina Singer.
DIOMEDE, confidente di Cleopatra … baritono
CARMIANA, nutrice di Cleopatra … soprano.

 

DIOMEDE (Ne un luogo delizioso presso la reggia di CLEOPATRA, a destra dello spettatore è un ricco padiglione, sotto cui vedonsi imbandita una splendida mensa. A sinistra, in fondo il Tempio d'Iside, le cui porte sono spalancate, fra il padiglione edil Tempio, in fondo scorre il Nilo, le cui acque sono schierate da' raggi della luna che sorge, vienendo dalla destra sollecito e turbato): Qui suoneran fra poco inni di gioia e cantici d’amore, misero Egitto. Poor Egypt. il limpido sorriso del tuo splendido cielo. The limpid smile of your splendid heaven. L’incanto delle tue notti stellate son muti all’alme dal dolor turbate -- strano di cose evento, i plausi forse delle servili turbe adulatrici eco faran fra poco alla fervida prece che in quel delubro ad Iside s’innalza, vorrei varcare anch’ io quella tremenda soglia ma il cor mi manca. My heart fails. Ah, no, si vinca questa forza che mi rattiene.  (DIOMEDE s'avvicina al tempio, e mentre sta per scendere i gradini s'imbatte in alcuni sacerdoti d'Iside che escono dallo stesso tempio. S’entri).
SACERDOTI: T’arresta. DIOMEDE: Che mai, la dea.
SACERDOTI: Destino orribile  ne favellò al suo responso il tempio da’ cardini tremò -- più vittime adorne di bende e di fior sull’ara sull’ara votammo -- le preci intonammo col pianto sul ciglio col palpito in cor col palpito in cor -- al priego funebre silenzio seguì ma poscia con suono più forte del tuono la diva tremenda rispose così stancato ha l’Egitto de’ numi il favor sul libro de’ fati suoi dì son contati – Egypt’s days are counted -- sventura minaccia, lo preme il terror – lo preme il terror – il terror.
DIOMEDE: Mostriamci ancor fidenti. SACERDOTI:  È vano, CLEOPATRA.
DIOMEDE: Che il popolo nol sappia! CLEOPATRA pregherò. SACERDOTI: CLEOPATRA, l’Egitto perderà.
DIOMEDE: Mel promettete che il popolo nol sappia. SACERDOTI: CLEOPATRA, l’Egitto perderà, ebbene ascolta.
DIOMEDE: Fremere mi sento. In questo, si odono di lontano dalla parte del Nilo suoni festivi che annunciano l'appressarsi della nave su cui sono CLEOPATRA ed Antonio. Festive sounds are heard Si vede in questa una nave traversare il Nilo, su cui CLEOPATRA, MARCANTONIO ed alcune Schiave.
SCHIAVI: Il zeffiro mite che placido aleggia e i fiori del prato soave careggia, il murmur dell’onda che bacia la sponda sia l’eco del grido che alziamo dal cor; la volta de’ cieli festiva risponda evviva la gioia evviva l’amor.
SACERDOTI: Quella canzon. DIOMEDE: Quei canti. SACERDOTI: L’Egitto muor. DIOMEDE: In me risvegliano il disprezzato amor. SCHIAVI: Evviva la gioia evviva l’amor evviva la gioia evviva l’amor. DIOMEDE: Oh disprezzato amor.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Tiepolo: “Marcantonio e Cleopatra” – Metropolitan Museum of Art.
MARCANTONIO E CLEOPATRA:
Amiam gl’istanti volano, amiam, gl’istanti volano. (DIOMEDE: Oh rabbia, indegno)
MARCANTONIO E CLEOPATRA:
Umano cor sa vivere se vive sol d’amor, sol d’amor.
CLEOPATRA:
Io vo’ di baci fervidi le labbra tue stancar.
MARCANTONIO:
Io vo’ di baci fervidi le labra tue stancar -- si stancar le labbra tue stancar e fino ai numi l’anima per te vogl’io levar, ah.

 

DIOMEDE: Oh angoscia pel mio cor, ah sol d’Egitto la sorte può cangiare d’un Nume il favor, ingrate, io fremo, signor, la Regina al ferro de’ sicari la vita mia destina, fia vero, vanne, la sua perfidia non ha più freno, mia vita è d’abominio, di donna ingrato il cor. SACERDOTI: Non regge il cor non regge il cor, ah suon funesto al nostro cor. Si presenta uno schiavo a DIOMEDE ed ambedue vendono sul davanti della scena, in un angolo di essa. A slave approaches Diomede and they come to the fore of the scene
ARIA DI DIOMEDE. RECITATIVO: Dunque fra le tenebre, quando l’aspetto meno, morrò, di tradimento cinge il viver mio, così chi siede in trono, quando l’affetto langue, cerca il rimorso soffocar col sangue. ARIA:  alla minaccia fiera crudele che vien scagliata su’ giorni miei, io maledire quell’infedele con quanto ha sdegno l’anima, dovrei maledir, ma tanta forza mi manca in cor io l’amo ancor, la fede stessa che le ho giurato or più possente m’avvampa il petto potrebbe il mancar di rai ma in me mancar non mai l’affetto, ah, ella un pugnale mi vibra al cor; io l’amo ancor – io l’amo, io l’amo ancor. I still love her!
DIOMEDE parte dalla destra. Diomede exit. Dalla sinistra della scena vengono MARCANTONIO e CLEOPATRA, preceduti da principi e duci, seguiti da Schiavi e dalle Schiave e Guardie. I primi hanno ghirlande di fiori sul capo. Si appressano alla mensa, nel cui mezzo siedono MARCANTONIO E CLEOPATRA ed ai lati duci e principi. Le guardie si schierano in due ali nel giardino. Vari schiavi versano vino nelle coppe. Le schiave intrecciano danze voluttuose, ed alcune fra esse spargono di fiori la mensa.Vengono in scena Principi e Duci. Le ballerine si dispongono a voluttuosa danza.
SCHIAVI, DUCHI E PRINCIPI:  L’ore che fuggono passiam festanti tra lieti cantici giuochi e piaceri brevi dell’estasi sono gl’istanti sa viver solo chi sa goder (ad MARCANTONIO e CLEOPATRA)  su voi mandi il nostro sole il più bel de’ suoi sorrisi, le carole, le canzoni non vi trovin mai divisi; inondate il vostro core di celeste voluttà; ogni cosa in terra muore, sol confine amor non ha.

 


Marcantonio e Cleopatra
MARCANTONIO (con passione a CLEOPATRA).

 

A te d’appresso mi credo un dio.

 

CLEOPATRA (con passion a MARCANTONIO). Immenso eterno fia l’amor mio.
MARCANTONIO E CLEOPATRA (agli Schiavi).
Falerno o schiavi versate ognor, evviva Bacco evviva l’amor.
DUCHI E PRINCIPI: Versate schiavi versate ognor evviva Bacco evviva l’amor.
CLEOPATRA (volgendosi a MARCANTONIO).  Perché la gioia che l’alma incanta memoria lasci di questo dì:
l’estro scintilla ti leva e canta. SCHIAVE, DUCHI E PRINCIPI: L’estro scintilli, su presto canta.
MARCANTONIO: Tengo l’invito. SCHIAVE, DUCHI E PRINCIPI: Su canta, canta, l’estro scintilla, su, canta.
MARCANTONIO:

 

libo alle notti, alle notti di questo ciel --- I cheer for the nights of this sky.
al suo sorriso, al sorriso che parla amor – to the smile that speaks of love
libo alla luna che senza velo --- to the moon without a veil
che senza velo, senza velo  -- without a veil
n’apre i tesori del suo splendor --- opens for us the treasures of her splendour
del suo splendor  --- of her splendour
n’apre I tesori del suo splendor  --- opens the treasures of her splendour
del suo splendor
del suo splendor.
io libo a te che in cielo schiuder sai l’Olimpo schiuder sai  a me – I cheer for you that Olympus gave to me.
l’Olimpo a me.

 

CLEOPATRA, Schiave, di Duchi e di Principi: È bella al cor l’ebbrezza del vin, l’ebbrezza dell’amor.
In questo, si odono in qualche distanza squilli di tromba. Le danze e i canti cessano, e l'ansietà si legge in tutti i volti.
MARCANTONIO, CLEOPATRA E TUTTI: Che fia?
SCHIAVO (ad MARCANTONIO annunziando): Di Roma un messo parlarti vuol.
MARCANTONIO: Potea miglior momento attendere. CLEOPATRA: Istante ch’io temea.
Tutti lasciano la mensa e si appressano a CLEOPATRA ed a Antonio. Lo schiavo parte.
MARCANTONIO: Venga. -- Come!
PROCULEJO (preceduto da guardie, porge ad MARCANTONIO una pergamena): A te Roma, Antonio, per me salute manda -- e queste cifre.
MARCANTONIO  (spiegando la pergamena) Leggasi.  Roma che mai comanda? Rome, who commands me.
CLEOPATRA: Ebbene?
MARCANTONIO:  È risoluto che sul Tebro ritorni; trasgredendo il commando tu colpevol ti fai d’alto delitto e Roma muoverà contro l’Egitto. I have to return to the Tiber in Rome.
CLEOPATRA E TUTTI: Che.
MARCANTONIO: Rispondere a Roma tu potrai che innanzi a te suo nunzio quest’ordin lacerai. (Marcantonio lacera la pergamena).
CLEOPATRA (per calmarlo): Marcantonio.
PROCULEJO (scacciando Marcantonio)Vanne, involati o ch’io. Non vuoi.
MARCANTONIO: Non vo’ esci.
PROCULEJO: Di guerra nunzio a Roma tornerò.
CLEOPATRA (con passione e risolutezza. a Marcantonio):  Purché mi resti Marcantonio la guerra affronterò.
MARCANTONIO (amorosamente). Io sì ti resto, e un cantico novello scioglierò. (MARCANTONIO riprende la coppa, e con più enfasi di prima ripete il cantico).
Schiave, di Duchi e Principi: Un cantico novello scioglierà. Viva amor.
MARCANTONIO, CLEOPATRA ETUTTI:  All’astro libo io liobo ei liba all'astro dell’oriente  alla sua luce che immensa immense brilla  ogni suo raggio per l’occidente per lo’occidente, per l’occidente di guerra e morte sia la scintilla di morte sia la scintilla.

 

MARCANTONIO : Io libo a te.

 

CLEOPATRA: Tu libi a me.
MARCANTONIO: A Roma andrai con me.
CLEOPATRA: A Roma andro con te.
MARCANTONIO, CLEOPATRA E TUTTI:  Sarà fatal l’Egitto a Roma.
MARCANTONIO: Dell’aquila arresterassi il vol.
MARCANTONIO, CLEOPATRA, e Tutti: Evviva Bacco, evviva amor. Tutti tornano alla mensa.

 

CARMIANA E SCHIAVI (Nella sala nella reggia di CLEOPATRA, aperta in fondo, che lascia vedere guernito di navi il porto di Alessandria, la città qu' suoi monumenti. Ai lati due statue, quella di CLEOPATRA ed Antonio. CLEOPATRA è mollemente seduta su cuscini orientali. È al suo fianco Carmiana, e la circondano alcune schiave, che agitano de' ventagli di penne d'ibis. Le fan pure corona de' Saggi, de' Filosofi, de' Cantor, nonché altri Schiavi e Schiave. I Cantori hanno delle lire di avorio e delle cetre d'oro. È presso Carniana uno Schiavo che ha fra mani un cestino di fiori). Lieto un raggio di viva speranza
o regina ti brilli sul cor ti ridoni la spenta esultanza ti conforti nel giusto dolor ritornata ad incanto novella ti vedremo sull’alme regnare come il sole che torna più bello  dopo il nembo pe’ cieli a brillar.
CLEOPATRA (fra sé, estremamente mesta). Il mio core ogni gioia perdè, il creato è una tomba per me.
SCHIAVI: Da più lune tu gemi e per te noi gemiam. Ragione di stato trasse MARCANTONIO in Senato.
Carmiana prende dalle mani dello Schiavo il cestino di fiori, e lo presenta a CLEOPATRA, la quale con un gesto rifiuta.
CARMIANA. Spera e giuliva tu accogli i prediletti fiori.
SCHIAVI:  Il duol la prostrò.
CARMIANA: Un sol detto noi tutti rincori.
SCHIAVI: Ansiosi attendiamo. CLEOPATRA si alza, e in tono di commando.
CLEOPATRA: Ne andate io vo’.
CORO (sottovoce sgombrando la scena): Il duol la prostrò.
CLEOPATRA (guarda intorno, e mestamente dice): RECITATIVO: Oracoli mendaci, a che mi prometteste il suo ritorno
A che mi prometteste. ARIA:  il profetato giorno è questo e intanto volan l’ore ed ei non riede, invano spio nella vasta immensità de’ cieli del mar sull’orizzonte non un batter di remi, non un canto festive in l’ontananza, che mi parli d’amore, d’amore e d’esultanza, ma un silenzio ferale che spavento mi dà, misero core, quello che soffri è disperato amore. Poor heart that suffers, it’s love without hope.
(fissando con passione la statua di Marcantonio). ARIA:  Io de’ venti vorrei l’audace volo per giunger fino a te – a te, e per dirti che la possa del mio duolo  è assai maggior, è assai maggior di me. maggior di me, ah.
RITORNELLO:  ma se il fato mi niega, mi niega un tanto ben, pietoso accogli i miei sospiri almen, i miei sospiri almen, pietoso accogli i miei sospiri almen.
io del sole vorrei gli ardenti rai per brillare su te – su te e mirarti, e seguirti ovunque vai e averti ognor con me, ognor con me, ognor con me – ah. (Repete ritornello) Ah, sì, de' venti vorrei l'audace volo per giunger, per giunger, ah fino a te, sì fino a te, sì fino a te. CLEOPATRA assorta ne' suoi pensieri siede – DIOMEDE apparisce – Ella al vederlo, quasi non crede a sé medesima. Si alza, e come presa da terrore, dà alquanti passi indietro – DIOMEDE resta immobile in un lato, in fondo della scena.
CLEOPATRA (con terrore): Tu.
DIOMEDE: Sì.
CLEOPATRA: Da me che vuoi, discostati.
DIOMEDE: Temi di che, son io, mi riconosci, mirami.
CLEOPATRA: Ah qual terror m’invade, salvo.
DIOMEDE: De’ tuoi si fransero contro la mia le spade.
CLEOPATRA: È salvo.
DIOMEDE: M’era cognito il tuo fatal disegno e seppi sempre cauto fuggir l’agguato indegno, la scorsa notte compiere volesti l’attentato, ma i vili spersi furono e me protesse il fato, io vivo.
CLEOPATRA: Un nume infausto assai di me più forte con te mi fece barbara, mi consigliò tua morte.
DIOMEDE: No, fu la tua perfidia che morte m’apprestava, ed il mio lungo vivere nel duol non ti bastava.
CLEOPATRA (con accento quasi di preghiera): Ascolta.
DIOMEDE: No, ricordati che il core m’uccidesti quel dì che il seno a palpiti di nuovo amor schiudesti; pur se allo sprezzo aggiungere cerchi il rimorso. CLEOPATRA: Che. DIOMEDE: In sen tu un ferro immergimi, fia morte un ben per me. Dal primo istante che a questo cor rival felice tuo cor rapì, mia vita sparsa fu di dolore, ogni mio giorno fu d’agonia. Pur io sperava che un dì pentita tu ritornassi di nuovo a me. Ah, quella speme tutta è perduta; cruda un’Erinni ritrovo in te!
CLEOPATRA: A’ giusti sensi del tuo furor alfine io sento che fui spietata. Un nome, un fato di me maggior all’opra indegna m’ha trascinata; m’è il foco ond’ardo delizia e vita, null’altro in terra sorride a me.
DIOMEDE (con intenzione): E credi tu di Marcantonio certa la fede. CLEOPATRA (con amarezza): Ah, taci.
DIOMEDE: Eppur l’assenza rendere può i giuri suoi mendaci. CLEOPATRA: Tradirmi... ei...
DIOMEDE: Sì. CLEOPATRA: Che?
DIOMEDE: Sappilo. CLEOPATRA: Ebben favella. (presa da delirante curiosità)
DIOMEDE: Corre la voce che ad altra MARCANTONIO diè il core. CLEOPATRA (con tuono esaltato): MARCANTONIO infido, ah, no, mentisci.
DIOMEDE: Un nunzio da Roma giunse. CLEOPATRA (tutta tremante prende il papiro, legge rapidamente; indi getta il papiro con disperazione). Io tremo, a me spergiuro Antonio, di sdegno avvampo e fremo.
DIOMEDE: Tel guiro. CLEOPATRA (con risoluzione): Prima che splendono le nuziali tede ei mi vedrà.
DIOMEDE (per calmarla): Deh, frenati. CLEOPATRA: Roma io volgo il piede. Segurimi.
DIOMEDE: Deh. CLEOPATRA: Sì.
DIOMEDE: Ah. CLEOPATRA: Seguimi, immense è il mio furor. DIOMEDE: Ah, pensa.
CLEOPATRA afferra DIOMEDE, lo conduce sul davanti della scena, con la massima agitazione ed ira.
CLEOPATRA: Come spettro inaspettato mi vedranno al Tebro in riva, dell’amore calpestato la vendetta coglierò.
Ed in lei che a me rapìa beata chi mi fea, ritemprato nel veleno come spettro la vendetta coglierò.
DIOMEDE: Frena, frena il tuo furor. La ragion ti dia consiglio; del tuo popol all’amor te sottrarre amor non può. Trema e pensa al tuo periglio, il tuo fato a Roma è scritto. Pensa ah! Resta! O il sol d’Egitto con te eclissar vedrò.
Regina pentirtene potresti. Regina, pentirterne potresti.
CLEOPATRA: Un pentimento.
DIOMEDE: Sì. CLEOPATRA: Decisi, a Roma. DIOMEDE: Regina. Cleopatra entra frettolosa ed agitatissima, seguita da DIOMEDE.

 

ANCELLE: (A ROMA Stanza nella casa di OTTAVIA NO  Cesare. OTTAVIA  è circondata dalle Ancelle, le quali sono intese a metterla in toletta da sposa. Due di esse curano l'acconciatura del capo, separandole i capelli col ferro d'una lancia e formandone sei trecce. Si alza la tela)-- Di gemme fulgide t’adorna il crine, più bella MARCANTONIO ti dee trovare. Il giorno fausto spuntato è alfine, la vita un’estasi per te sarà. Dall’ara pronuba preci e profumi fra canti s’alzano fidenti al ciel; sapranno renderti felice i Numi, vivrai fra palpiti d’un cor fedel.
OTTAVIA: I vostri accenti suonan grati all’alma mia; pegno di pace a Roma è il nostro imen, le gare cesseran, nuova grandezza ne avrò la Patria, della speme il grido lusinghe mi dice, la mano sua ti renderà felice.
ARIA: Ma il cor d’MARCANTONIO avrò? Potrà egli mai dal suo pensier amante di CLEOPATRA cancellar l’affetto, ah, ttaci, in me fatal sospetto. ARIA: Mentre le dolci immagini d’un avvenir beato col lor sorriso parlano di care gioie a me, in mezzo ai fiori sembrami che un serpe sia celato e m’impedisca muovere in sino all’ara il piè.
ANCELLE: Non paventar, saranno i Numi propizi a te.

 


OTTAVIANO (muovendo verso OTTAVIA, scuotendola): Suora diletta!
MARCANTONIO: OTTAVIA , all’ara. OTTAVIA (con passione) Antonio!
MARCANTONIO: L’ombra dilegua fin del dubbio che la tua mente ingombra. OTTAVIA: E posso?
MARCANTONIO: Sacrifizio il mio non è, tel giuro; per te rinasco a nuovi palpiti d’amor, sublime e puro.
OTTAVIA: Fia vero.
MARCANTONIO : Andiamo.  OTTAVIANO: Al tempio fuman gl’incensi;
OTTAVIA: Ah! Sì, del serto ormai cingetemi, amor miei voti udì (Le Ancelle le pongono sul capo una corona di Verbena, e la ricoprono di un velo)
OTTAVIANO: Muovi o suora, muovi all’ara, nulla turbi il tuo pensier; ivi Imene a te prepara una vita di piacer. Le Ancelle vanne omai lieta all’ara, della gioia il sol brilla, nulla turbi il tuo pensier; Antonio giubilante vieni all’ara, nulla turbi il tuo pensiero. Per te amore ah, sì! Prepara una vita di piacer.
OTTAVIA: Giubilante muovo all’ara, in te fida il mio pensier. Se tu solo per me vivrai per te solo anch’io vivrò.
OTTAVIANO: Questo giorno, tu non sai quanto, quanto a me costò! Ma se lieta appien sarai gran mercede anch'io, sì, avrò!
MARCANTONIO E OTTAVIA: Se d’amarti alfin giurai il mio giuro manterrò. Ah la vita in me vivrai io la vita in te vivrò.
OTTAVIANO: Ah! Vieni, vieni all'ara ivi Imene a te prepara una vita di piacer.
OTTAVIA: Oh quale istante.
MARCANTONIO, OTTAVIA  e Ancelle: Andiam. MARCANTONIO ed OTTAVIA  escono con le Ancelle.
Ottaviano solo.
OTTAVIANO: T’affrena o cor quest’alba messaggiera di così lieto evento; non credea che giungesse, eppur sfavilla questo giorno da me bramato tanto. Come grande mi sento, Roma possente miri il mio content. ARIA: Non basta a me l’impero d’Occidente che ho di Cesare il sangue insieme il cor. I miei sguardi son fissi all’Oriente, di sua gran luce attratto allo splendor la più ridente incantato appar la terra, il ciel, il mar. In quella vaga region beata spiegar il suo poter Roma non può; se la spada fatal non sia spezzata che a doppia punta due rivali armò, Imen che fausto a noi sorride già Imen la spezzerà.
MARCANTONIO, OTTAVIA , OTTAVIANO  E PROCULEJO (A una strada di Roma. Ampia strada di Roma antica. In fondo il Tempio di Giunone fugge, le cui porte sono spalancate. Viene il corteggio nuziale nell'ordine seguente: alla testa di esso sono cinque giovani, ciascuno de' quali ha in mano una fiaccola di pino. Li segue un giovinetto, che tiene accesa e sollevata la fiaccola dell'Imeneo. Tengono lor dietro i parenti e gli amici di Cesare, e di Antonio, indi i Duci ed il popolo. Segue OTTAVIA  sostenuta da due giovinette, dopo delle quali una terza, che porta uno scrigno aperto, entro cui veggonsi monili, ed altri ornamenti. Mostransi poi MARCANTONIO e Cesare. Chiude il corteggio una schiera di giovani schiave, delle quali alcune portano le rocche e fusa, ed altri oggetti donneschi. I Militi si dividono in due ali innanzi al tempio. Gli sposi sono dal Pontefice massimo ricevuti sull'uscio di esso. Antonio, OTTAVIA , Cesare e Proculejo sono entrati nel tempio. In questo si ode di dentro il seguente canto) Cinto di nubi rosee vago imeneo discendi, la sposa palpitante invoca il tuo favor.
DIOMEDE: Regina.
CLEOPATRA appare da un lato della strada, in atto minaccioso, seguita da DIOMEDE.
CLEOPATRA (accennando al canto) Ascolta.
OTTAVIANO, OTTAVIA E PROCULEJO: Lo sposo di delizie sente inondarsi il cor.
CLEOPATRA (per avanzarsi verso il tempio) Che rabbia, io vò.
DIOMEDE (trattenendo Cleopatra): Che fai?
MARCANTONIO, OTTAVIA , OTTAVIANO , e Proculejo: Da questa eletta coppia lustro la patria avrà, e della pace il lauro a cinger tornerà.
DIOMEDE: T’arresta. CLEOPATRA (cercando svincolarsi da DIOMEDE): Mi spinge là quel demone che mi condusse qui.
DIOMEDE: Se turbi il rito, vittima  di morte tu cadrai. CLEOPATRA si slancia verso il tempio nel momento appunto che escono Antonio, OTTAVIA , Cesare, Proculejo ed il loro seguito.
MARCANTONIO (nel veder CLEOPATRA, dà un grido): CLEOPATRA. CLEOPATRA: Sì, mirami.
MARCANTONIO: Ah.  OTTAVIA , Proculejo e Coro di Popolo Romana (OTTAVIA  atterrita si stringe a Ottaviano): CLEOPATRA.
CLEOPATRA: Sì. CLEOPATRA si avvicina a Marcantonio.
CLEOPATRA (in tono concitato, a Marcantonio): Dunque indegno, all’amor mio questo premio tu serbasti! No, lassù non havvi un Dio, che il tuo fallo a punir basti. Pur se torni al primo affetto, se d’amor mi parli un detto, la vendetta che giurai ah! su lei non compirò. A me torna, ricorda omai quanto, oh quanto il cor t’amò.
MARCANTONIO: Della patria al santo affetto immolar dovetti il cor: fui dai Numi benedetto quel che a lei promisi amor. Santo un giuro da me chiede ch'io le serbi eterna fede. La memoria del passato cancellar io dovrò!
DIOMEDE: Qual t’acceca insano amore qui sei sola e fra nemici; ti dilegua ed altro core, torneranno i dì felici. Più sfidar non dei la sorte, l’aura spirò qui di morte. Vieni, vieni oblia l’ingrato che un abisso a te scavò.
OTTAVIA: Di lei l’ardito accento infausto scende nel cor; la sua vista è mia sventura, è il maggior de’ miei tormenti; la mia gioia se spirata in dolor si cangiò! Si raffrena lo spergiuro, ma più fingere non può.
OTTAVIANO: Qual ardir! E può secura gli stolti accenti proferir! Nelle vene scorrer sento foco immenso di furore; una gioia immensurata dileguò la sciagurata. Calpestare a me si spetta, calpestare io dovrò; e lo strale di vendetta io vibrare in lei saprò.
Proculejo e Popolo Romano: Tanto ardì la sciagurata, l’averno qui la mandò; una gioia immensurata in dolore si cangiò. (con tono risoluto afferra per la mano Antonio, e con viva forza lo ritrae di nuovo a sé)
CLEOPATRA: Ah no. MARCANTONIO: Che tenti. OTTAVIANO (con ira) Perversa. DIOMEDE: Vieni.
CLEOPATRA (sciogliendosi da DIOMEDE, con disperazione verso Marcantonio): Non mai se pria tu non mi segua...
MARCANTONIO  (compassionevole): Frenati.
CLEOPATRA (con terribile minaccia). Ebben la mia vendetta saprò cogliere, ti vò ferire al cor (cava un pugnale e muove per ferire OTTAVIA)
OTTAVIA , Proculejo e Coro di Popolo Romano: Empia, l’averno furia non ha di te maggior.
CLEOPATRA (con esaltazione sempre crescente): Trema, o Roma, il tuo sole splendente quando un giorno eclissarsi dovrà.
DIOMEDE (traendo a se): Su te pende di Roma il furore, vieni, fuggi altro scampo non ha.
OTTAVIANO, Proculejo e Coro di Popolo Romano: Forsennata, delira tua mente, più che sdegno muove a pietà.
MARCANTONIO (commosso, interponendosi): Deh cessate freme d’amor, di ragione più senso non ha.
DIOMEDE: Tutte desta le forze del cor o il cor d’affanno morrà.
CLEOPATRA: Dalla terra tua schiava fremente maledetto tuo nome sarà.
OTTAVIA , Proculejo e Coro di Popolo Romano: L’anatema che scagli furente sull’Egitto per te ricadrà.
MARCANTONIO: Non v’offenda suo cieco furore, l’infelice vi desti pietà. CLEOPATRA: Antonio.
MARCANTONIO: CLEOPATRA. OTTAVIA: Ah sdegnato lo colse la man, mi muove a pietà
TUTTI: Andiam.
Il corteggio si allontana. CLEOPATRA cade sulle braccia di DIOMEDE svenuta. Si abbassi subito la tela.

 

 

 


MARCANTONIO (nella piazza in Alessandria. A’ lati due magnific obelischi. Solo, viene dal fondo della piazza nel Massimo abbatimento): 

 


 

 

Recitativo: Azio, tremendo nome che del tempo sul dorso andrai famoso.  Azio, vorrei sol io che fossi vinto da un eterno oblio. Eternal oblivion Perfida CLEOPATRA, con la tua nave che sparì, le sorti si cangiar’ dell’Egitto -- e pur la mia. Perfidious Cleopatra
Nel nulla io son caduto. OTTAVIANO vincitore, ei del mondo signore un abietto son io che il ferro osai brandir contro la patria, e abbandonar per lei per lei che mi tradia, fin la consor. Ah come trar potrei in cotanta viltade i giorni miei, i giorni miei, in cotanta viltade. My days in bad times. ARIA:  In ripensar le vittime cadute nel periglio, cadute nel periglio d’una cocente lagrima sento bagnarmi il ciglio – sento bagnarmi il ciglio.  A tear I feel flowing from my eye. Giorno fatal,  infausto se un Dio ti fe’ spuntar te un altro dalla storia  dovrebbe cancellar.
REFRAIN: In ripensar le vittime cadute nel periglio, le vittime cadute.
D’una concente lagrima, d’una cocente lagrima sento bagnarmi il ciglio.
Infausto
Infausto
Giorno fatal, infausto, fatale, infausto, giorno fatal.
Mentre Marcantonio sta per allontanarsi, assorto nei suoi tristissimi pensieri, si arresta ai suoni festivi ed alle voci che si odono di dentro.
SOLDATI: Spargiam la via di fiori d’MARCANTONIO al vincitor.
MARCANTONIO rimane immobile ed atterrito. In questo arrivano Militi Egiziani, quasi fuggendo ed in disordine.
MARCANTONIO: Quai voci? (rivolgendosi ai Militi con somma premura). Amici?
SOLDATI: Il popolo al tuo rivale inneggia.
MARCANTONIO: Ed ella, ed ella?
SOLDATI: Ad un colloquio lo attende nella reggia.
MARCANTONIO: Fia ver?
SOLDATI: Né a patti scendere dispera.
MARCANTONIO: Iniquo fato. Che più sperar, o, restami de’ numi il don più grato.
SOLDATI: Che parli?
MARCANTONIO: In mezzo all’anima voce feral suonò.
Io sono ancora libero se un brando a me restò
CABALETTA:
sogni di gloria, sogni d’amore
ombre fugaci siete quaggiù
io vi disprezzo nel mio dolore
nel vostro incanto non vivo più – non vivo piu.
del cor la forza sol non perdei
in me ridesta l’ardire estremo.
ah, vedrà la patria
vedran gli dei
che da romano, da romano, sapro saprò morir – morir.
MARCANTONIO trae la spada.
SOLDATI:  Che tenti?
MARCANTONIO: Ah no, lasciatemi.
SOLDATI: T’arresta.
MARCANTONO: Morte, vò morte.
CORO: Che parli? Ah no t’arresta.

 


Il suicidio di Marcantonio dopo la disfatta d’Azio.

 

 

 



La morte di Marcantonio

 


CLEOPATRA (in una sala terrena nella reggia, messa nel più splendido lusso orientale; è aperta n fondo la scia vedere un'amena campagna. Con Carmiana, Schiave ed alcuni del seguito di CLEOPATRA, la quale è mollemente adagiata su un letto di porpora, e spira dal suo abbigliamento somma grazia e seduzione. Carmiana è a lei appresso, e la circondano le schiave e quelli del suo seguito): Al tetro spettacolo di sangue regger non potea di donna il core, ed Azio abbandonai con la mia nave, e sangue a risparmiar scender non volli, in campo aperto ora ottenerne spero mercede.
Carmiana: E Antonio.
CLEOPATRA: Invano chiesi di lui. Carmiana: E d’OTTAVIA NO  domar pensi l’orgoglio?
CLEOPATRA: E non ho meco ancora quell’ignoto poter che a voglia mia ogni core domava? Ei vien.
Si odono alcuni squilli di trombe, CLEOPATRA si alza e muove verso il fondo della sala; fa un cenno e si allontana Carmiana, le schiave e quelli del suo seguito. Cesare si ferma sul limitare della sala, e fingendo benevolenza.
OTTAVIANO: Regina.
CLEOPATRA (con finzione) Grazia ti rendo.
OTTAVIANO:  Taci, in core senso finora incognito mi parla in tuo favore.
CLEOPATRA (quasi credendo): Fia vero, ah, se magnanimo mostrarti a me tu vuoi, e patti imporre, imponili
a tuo talento, il puoi.
OTTAVIANO: Proponi. CLEOPATRA: A Roma cedere Cipro e Fenicia voglio, e tu secura rendimi il mio malfermo soglio.
OTTAVIANO: Spera. CLEOPATRA: Ah magnanimo! E posso?
OTTAVIANO: Spera. CLEOPATRA: Oh come all’anima è dolce la tua pietà. E sarà ver oh magnanimo Oh come è dolce la tua pietà. E fia ver, posso sperar?
OTTAVIANO (con intenzione): Farò di tergere dal tuo bel ciglio il pianto, vedrò riedere sul viso tuo l’incanto,
palese il cor d’OTTAVIA NO  fra poco a te sarà. Che rechi mai?
Proculejo apparisce dal fondo, Cesare gli muove incontro.
PROCULEJO: Spettacolo di sangue ne attrista, tutti i Romani piangono il prode che mancò.
OTTAVIANO: Che dici? PROCULEJO: È spento Antonio, e per sua mano.
OTTAVIANO E CLEOPATRA: Orrore.
CLEOPATRA: Spento.
OTTAVIANO (con ira sempre crescente): E per te, del misero tu consumasti il core. CLEOPATRA (con sorpresa) Che?
OTTAVIANO: La civil Discordia tra noi tu fomentasti. CLEOPATRA: Ah taci.
OTTAVIANO: Tu d’OTTAVIA il talamo oltraggiasti, scontare le sue lagrime tu devi e il crudo affanno. CLEOPATRA (atterrita): OTTAVIANO .
OTTAVIANO:  I Numi e gli uomini lei vendicar sapranno, invano speri. CLEOPATRA: Ah, fremere mi fan tuoi detti.
OTTAVIANO (con ischerno) Il veggo. CLEOPATRA: Quanto il tuo cor sia perfido sul volto alfin ti leggo, ma il cielo.
OTTAVIANO: Il Cielo agl’empi sempre avverso fu. CLEOPATRA: Tu mi schernisci? Oh rabbia!
OTTAVIANO: Io scherno a che? CLEOPATRA (prorompendo): Non più. M’abbandona al crudele mio fato, fa che i Numi decidan di me; ma tu cessa dal vil simulato, da quel duolo che duolo non è!
OTTAVIANO: Giunta è l’ora! Già il braccio di Roma minaccioso si stende su te. La corona onde cingi la chioma
sarà in breve spezzata da me! CLEOPATRA: La tua vendetta è vile come il tuo cor. Your vengeance is vile, like your heart.
OTTAVIANO:  A Roma dei seguire il vincitor. You must follow the winner to Rome.
CLEOPATRA (disperatamente): A Roma, no, non mai sottrarmi all’onta, oh come anelo, e il posso, la morte soltanto potria (guardando attorno). La morte soltanto potria ma come chi l’ardente desio saprà far pago.
DIOMEDE che è entrato per una porta segreta, seguito da uno schiavo, il quale reca un cestino di fiori ha udito le ultime parole di CLEOPATRA, si avanza a lei rapidamente e con voce sommessa e con circospezione.
DIOMEDE: Io de’ tuoi pensieri conscio regina a te volai. CLEOPATRA: Dov’è la morte?
Diomede mostra il cestino che tiene lo schiavo – Diomede shows the basket with flowers carried by the slave.
DIOMEDE: Mirala, la morte io ti recai. CLEOPATRA: Tra fior?
DIOMEDE: Li osserva. DIOMEDE si avvicina al cestimo e solleva i fiori ed i frutti.
CLEOPATRA: Ah, un’aspide. ------ Ah, an asp.

CLEOPATRA: M’è dato ormai comprendere i sensi del tuo cor. I now comprehend the sense of your heart.
DIOMEDE: Ti seppe amar quest’anima d’onnipossente amor. In questo OTTAVIANO ritorna e la sala si popola di duci e militi Romani che vengono dal fondo.
OTTAVIANO (a Cleopatra, ivintadola a seguirlo): A Roma.
CLEOPATRA: Vaneggi, non mai.
OTTAVIANO:  Tu d’orgoglio invano fai pompa: mi dei seguir. You make a vain ostentation of your pride. You must follow me.
OTTAVIANO si avvicina allo schiavo e risoluta.
CLEOPATRA (con sopresa) Seguirti non voglio, ma libera invece qui scelgo morir.
Cleopatra rende l'aspide che è nel cestino e se lo accosta rapidamente al seno. Cleopatra brings the snake to her breast.
Fattasi pungere da esso lo getta nel cestino medesimo. Lo schiavo esce per la porta segreta. Tutti alzano un grido di orrore.
DIOMEDE, OTTAVIANO, Proculejo e Coro di Soldati Romani: Ah!
CLEOPATRA (a Ottaviano con fermezza): Mi guarda, son lieta, già serpe il veleno cadavere muto tra poco sarò.
Look at me. I am happy.
OTTAVIANO,  PROCULEJO E SOLDATI ROMANI: Fu l’odio per Roma sì grande in quel seno, che al par d’un romano la morte sfidò.
Tutti restano in un'attitudine corrispondente alle proprie passion.Indi CLEOPATRA, presa da delirio, afferra pel braccio DIOMEDE ed OTTAVIANO.
CLEOPATRA: Mirate, mirate, di gioia esultante col riso d’averno m’è Roma d’innante; fantasma sparisci, sparisci da me, un cor che ti sprezza tua preda non è.
OTTAVIANO,  PROCULEJO E SOLDATI ROMANI (commossi, guardando CLEOPATRA, con passione):
E’ sogno, bestemmia, di mente delira, respinto quel voto da’ numi sarà.
DIOMEDE: CLEOPATRA. Se alfin de’ mortali vincesti tu l’ira mio core una vita di morte vivrà.
My heart will live a life of death.
CLEOPATRA: Io libera m’alzo sull’ali di morte, tu avrai da un superbo servaggio mirate a Roma un fantasma superbo.
DIOMEDE: Regina. Queen.
DIOMEDE, OTTAVIANO, PROCULEJO E SOLDATI ROMANI: Ah. Si odono in qualche distanza e poi da vicino, funebri concenti.  Si vede passare a traverso della campagna il cadavere di MARCANTONIO su letto mortuario preceduto e seguito da soldati, da centurioni e da duci romani.
PROCULEJO: Le mortali spoglie del triumviro vinto.
CLEOPATRA: Del dì la luce sparì, già notte mi circonda. The light of day is gone – night already surrounds me.
Cleopatra si abbandona fra le braccia di DIOMEDE. Cleopatra embraces Diomede.
DIOMEDE: Misera.  Poor one.
PROCULEJO E SOLDATI ROMANI: Abbia pace l’estinto nell’orrore dell’urna.
CLEOPATRA: MARCANTONIO m’attendi, fra poco a te sarò. Marcantonio, wait for me. I’ll soon be with you.
DIOMEDE: Infelice, crudo fato.  Unhappy, crude fate.
CLEOPATRA: Lieta io moro, Marcantonio, e tu rammenta come finì mia vita.
Happy I die, and you remember how I finished my life.  Con l’ultimo grido disperato; si comincia ad abbassare la tenda.
DIOMEDE, OTTAVIANO, PROCULEJO E SOLDATI ROMANI: Spenta. Dead -- Si abbassa interamente la tenda.
FINE

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