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Thursday, March 12, 2015

L'OLIMPIADE -- melodramma tratto d'Erodoto, Libro VI.


Speranza
 
1733

Gallupi

L’OLIMPIADE

Libreto di Pietro Metastasio, tratto d’Orodoto, Libro VI.

Prima esecuzione: 28 agosto 1733

PERSONAGGI:
MEGACLE, nobile ateniense
CLISTENE, re di Sicione
ALCANDRO, confidente di IL RE CLISTENE
PRINCIPE FILINTO, figlio del re Clistene
AMINTA, aio di PRINCIPE FILINTO
PRINCIPESSA PRINCIPESSA ARISTEA , figlia del re Clistene, amante di Megacle
ARGENE, amante di PRINCIPE FILINTO
Coro di pastori e ninfe, atleti, sacerdoti. Comparse: guardie greche con Clistene, paggi e cavalieri con la PRINCIPESSA ARISTEA , ninfe e pastori con Argene, sacerdoti con PRINCIPE FILINTO, atleti con Megacle.
La scena si finge nelle campagne d'ELIDE, vicino alla città d'OLIMPIA, alle sponde del fiume ALFEO.
 
Argomento:
 
Dramma rappresentato con musica del Galuppi, la prima volta nel giardino dell'imperial favorita, alla presenza degli augusti regnanti, il dì 28 agosto 1733, per festeggiare il giorno di nascita dell'imperatrice Elisabetta, d'ordine dell'imperatore Carlo VI.

LA TRAMA

Nacquero a CLISTENE, re di Sicione, due figliuoli gemelli, IL PRINCIPE FILINTO e la PRINCIPESSA ARISTEA.

Ma, avvertito dall'oracolo di DELFO del pericolo ch''i correrebbe d'esser ucciso dal proprio figlio, per consiglio del medesimo oracolo CLISTENE fece esporre il primo e conservò la seconda.

Cresciuta la principessa ARISTEA in età ed in bellezza, fu amata da MEGACLE, nobile e valoroso ateniese, più volte vincitore ne' giuochi olimpici.

MEGACLE, non potendo ottener LA PRINCIPESSA ARISTEA da CLISTENE, a cui era odioso il nome ateniese, va disperato nella issola di CRETA.

Quivi assalito, e quasi oppresso da masnadieri, MEGACLE è conservato in vita dal PRINCIPE FILINTO creduto figlio del re di Creta.

Nell'isola di Creta MEGACLE contrae tenera e indissolubile amistà col suo liberatore, il principe FILINTO.

Avea IL PRINCIPE FILINTO lungamente amata ARGENE, nobil dama cretense, e promessale occultamente fede di sposo.

Ma, scoperto il suo amore, il re di CRETA, risoluto di non permettere queste nozze ineguali, perseguitò di tal sorte la sventurata ARGENE, che si vide costretta ad abbandonar CRETA e fuggirsene sconosciuta nelle campagne d'ELIDE visse nascosta a' risentimenti de' suoi congiunti ed alle violenze del suo sovrano.

Rimase IL PRINCIPE FILINTO inconsolabile per la fuga della sua ARGENE.

Dopo qualche tempo, per distrarsi dalla mestizia, il principe FILINTO risolse di portarsi in ELIDE e trovarsi presente alla solennità de' giuochi olimpici, ch'ivi, col concorso di tutta la Grecia, dopo ogni quarto anno si ripetevano.


Il principe FILINTO andovvi, lasciando MEGACLE in Creta.

All'ELIDE, il principe FILINTO trovò che CLISTENE, eletto a presiedere a' giuochi olimpiche, e perciò condottosi da Sicione in Elide, proponeva la propria figlia, LA PRINCIPESSA ARISTEA, in premio al vincitore.

La vide IL PRINCIPE FILINTO, l'ammirò, ed, obliate le sventure de' suoi primi amori con ARGENE, ardentemente se n'invaghì.

Ma il principe FILINTO, disperando di poter conquistar la principessa ARISTEA, per non esser egli punto addestrato agli atletici esercizi, di cui dovea farsi pruova ne' detti giuochi, immaginò come supplire con l'artificio al difetto dell'esperienza.

Gli sovvenne che l'amico MEGACLE era stato più volte vincitore in somiglianti contese e, nulla sapendo degli antichi amori di MEGACLE con lA PRINCIPESSA ARISTEA, il principe FILINTO risolse di valersi di MEGACLE, facendolo combattere sotto un finto nome.

Venne dunque anche MEGACLE in ELIDE alle violenti istanze del principe FILINTO.

Ma fu così tardo l'arrivo di MEGACLE, che già l'impaziente PRINCIPE FILINTO ne disperava.

Da questo punto prende il suo principio la rappresentazione del presente drammatico componimento.

Il termine o sia la principale azione di esso è il ritrovamento del principe Filinto, per le minacce degli oracoli fatto esporre bambino dal proprio padre Clistene.

Ed a questo termine insensibilmente conducono le amorose smanie della PRINCIPESSA ARISTEA, l'eroica amicizia di MEGACLE, l'incostanza ed i furori del PRINCIPE FILINTO e la generosa pietà della fedelissima Argene.

LICENZA: Ah no, l'augusto sguardo non rivolgere altrove, eccelsa Elisa. Ubbidirò. Tu ascolterai, se m'odi, dura legge a compir, voti e non lodi. Veggano ancor ben cento volte e cento i numerosi tuoi sudditi regni tornar sempre più chiaro questo giorno per te, per te, che sei la lor felicità, che nel tuo seno le più belle virtù, come in lor trono, l'una all'altra congiunte, ahimè, perdono, voti in mente io formai, ma dal mio labbro escon, per qual magia dir non saprei, trasformati in tua lode i voti miei, errai: ma il mondo intero ho complice nel fallo e non sdegnarti mi par bello l'error, l'anime grandi a vantaggio di tutti il ciel produce, nasconderne la luce perché, se agli altri il buon cammino insegna, le lodi di chi regna sono scuola a chi serve, il grande esempio innamora, corregge, persuade, ammaestra, appresso al fonte tutti non sono: è ben ragion che alcuno disseti anche i lontani, ah, non è reo chi, celebrando i pregi dell'anime reali, ubbidisce agli dèi, giova a' mortali, nube così profonda non può formarsi mai, che le tue glorie asconda, che ne trattenga il vol. Saria difficil meno torre alle stelle i rai, a' fulmini il baleno, la chiara luce al sol.

PRINCIPE FILINTO (nel fondo selvoso di cupa ed angusta valle adombrata dall'alto da grandi alberi che giungono ad intrecciare i rami dall'uno all'altro colle, fra' quali è chiusa) CD – 1 TRACK 3 -- Ho risoluto, Aminta, più consiglio non vuò.
AMINTA, aio di PRINCIPE FILINTO: PRINCIPE FILINTO, ascolta, deh modera una volta questo tuo violento spirito intollerante.
PRINCIPE FILINTO: E in chi poss'io fuor che in me più sperar, MEGACLE  istesso, MEGACLE m'abbandona nel bisogno maggiore, or va', riposa su la fé d'un amico.
AMINTA: Ancor non déi condannarlo però, breve cammino non è quel che divide ELIDE in cui noi siamo da Creta ove MEGACLE restò, l'ali alle piante non ha MEGACLE al fin, forse il tuo servo subito no 'l rinvenne, il mar frapposto forse ritarda il suo venir, t'accheta, in tempo giungerà, prescritta è l'ora agli olimpici giuochi oltre il meriggio, ed or non è l'aurora.
PRINCIPE FILINTO: Sai pur che ognun che aspiri all'olimpica palma or sul mattino dée presentarsi al tempio, il grado, il nome, la patria palesar, di GIOVE all'ara giurar di non valersi di frode nel cimento.

AMINTA Il so.
PRINCIPE FILINTO: T'è noto ch'escluso è dalla pugna chi quest'atto solenne giunge tardi a compir, vedi la schiera de' concorrenti atleti, odi il festive tumulto pastoral, dunque che deggio attender più, che più sperar.

AMINTA: Ma quale sarebbe il tuo disegno.
PRINCIPE FILINTO: All'ara innanzi presentarmi con gli altri.

AMINTA: E poi.
PRINCIPE FILINTO: Con gli altri a suo tempo pugnar.

AMINTA: Tu.
PRINCIPE FILINTO Sì, non credi in me valor che basti?

AMINTA: Eh qui non giova, prence, il saper come si tratti il brando, altra specie di guerra, altr'armi ed altri studi son questi, ignoti nomi a noi cesto, disco, palestra, a' tuoi rivali per lung'uso son tutti familiari esercizi, al primo incontro del giovanile ardire ti potresti pentir.
PRINCIPE FILINTO: Se fosse a tempo MEGACLE giunto a tai contese esperto, pugnato avria per me, ma s'ei non viene che far degg'io, non si contrasta, Aminta, oggi in Olimpia del selvaggio ulivo la solita corona, al vincitore sarà premio la PRINCIPESSA ARISTEA, figlia reale dell'invitto CLISTENE, onor primiero delle greche sembianze, uunica e bella fiamma di questo cor, benché novella.

AMINTA Ed Argene?
PRINCIPE FILINTO: Ed Argene più riveder non spero, amor non vive quando muor la speranza.

AMINTA: E pur giurasti tante volte.
PRINCIPE FILINTO: T'intendo, in queste fole finché l'ora trascorra, trattener mi vorresti, addio.

AMINTA Ma senti.
PRINCIPE FILINTO: No no.

AMINTA: Vedi che giunge. P
RINCIPE FILINTO: Chi.
AMINTA Megacle.
PRINCIPE FILINTO: Dov'è?
AMINTA: Fra quelle piante parmi, no, non è desso.
PRINCIPE FILINTO: Ah mi deridi, e lo merito, Aminta, io fui sì cieco che in Megacle sperai.
MEGACLE: Megacle è teco.
PRINCIPE FILINTO: Giusti dèi.
MEGACLE: Prence.
PRINCIPE FILINTO: Amico, vieni, vieni al mio seno, ecco risorta la mia speme cadente.
MEGACLE: E sarà vero che il ciel m'offra una volta la via d'esserti grato?
PRINCIPE FILINTO: E pace e vita tu puoi darmi se vuoi.
MEGACLE: Come.

PRINCIPE FILINTO: Pugnando nell'olimpico agone per me col nome finto.
MEGACLE: Ma tu non sei noto in ELIDE ancor?
PRINCIPE FILINTO: No.
MEGACLE: Quale oggetto ha questa trama.
PRINCIPE FILINTO: Il mio riposo, oh dio, non perdiamo i momenti, appunto è l'ora che de' rivali atleti si raccolgono i nomi, ah vola al tempio, di' il nome finto, la tua venuta inutile sarà se più soggiorni, vanne, tutto saprai quando ritorni.
CD 1 – TRACK 4

MEGACLE: Superbo di me stesso andrò portando in fronte quel caro nome impresso come mi sta nel cor, dirà la GRECIA poi che fur comuni a noi l'opre, i pensier, gli affetti, e al fine i nomi ancor.
PRINCIPE FILINTO: O generoso amico, o MEGACLE fedel. A
MINTA: Così di lui non parlavi poc'anzi.
PRINCIPE FILINTO: Eccomi al fine possessor della PRINCIPESSA ARISTEA. Vanne, disponi tutto, mio caro Aminta, io con la sposa, prima che il sol tramonti, voglio quindi partir.
AMINTA: Più lento, o prence, nel fingerti felice, ancor vi resta molto di che temer, potria l'inganno esser scoperto, al paragon potrebbe MEGACLE soggiacer, so ch'altre volte fu vincitor; ma un impensato evento so che talor confonde il vile e 'l forte, né sempre ha la virtù l'istessa sorte.
PRINCIPE FILINTO: O sei pure importune con questo tuo noioso perpetuo dubitar, vicino al porto vuoi ch'io tema il naufragio, a'' dubbi tuoi chi presta fede intera, non sa mai quando è l'alba o quando è sera.

CD – 1 – TRACK 5 --
PRINCIPE FILINTO: Quel destrier, che all'albergo è vicino più veloce s'affretta nel corso, non l'arresta l'angustia del morso, non la voce, che legge gli dà, tal quest'alma che piena è di speme, nulla teme, consiglio non sente; e si forma una gioia presente del pensiero che lieta sarà.


* * * * *

CORO (in una vasta campagna alle falde d'un monte, sparsa di capanne pastorali, un ponte rustico sul fiume ALFEO, composto di tronchi d'alberi rozzamente commessi, veduta della città d'OLIMPIA in lontano, interrotta da poche piante, che adornano la pianura, ma non l'ingombrano. ARGENE in abito di pastorella tessendo ghirlande. Coro di ninfe e pastori tutti occupati in lavori pastorali, e poi la PRINCIPESSA ARISTEA con Séguito):

O care selve, o cara felice libertà.

ARGENE Qui se un piacer si gode parte non v'ha la frode ma lo condisce a gara amore e fedeltà qui poco ognun possiede e ricco ognun si crede né più bramando, impara che cosa è povertà senza custodi o mura la pace è qui sicura ché l'altrui voglia avara onde allettar non ha qui gl'innocenti amori di ninfe. Ecco PRINCIPESSA ARISTEA .

PRINCIPESSA ARISTEA: Siegui, o ARGENE.
ARGENE: Già il rozzo mio soggiorno torni a render felice, o principessa.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ah fuggir da me stessa potessi ancor come dagli altri, amica tu non sai qual funesto giorno per me sia questo.
ARGENE: È questo un giorno glorioso per te, di tua bellezza qual può l'età future prova aver più sicura, a conquistarti nell'olimpico agone tutto il fior della GRECIA oggi s'espone.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ma chi bramo non v'è, deh si proponga men funesta material al nostro ragionar, siedi, ARGENE, gl'interrotti lavori riprendi e parla, incominciasti un giorno a narrarmi i tuoi casi, il tempo è questo di proseguirli, il mio dolor seduci, raddolcisci, se puoi, i miei tormenti in rammentando i tuoi.
ARGENE: Se avran tanta virtù, senza mercede non va la mia costanza. A te già dissi che Argene è il nome mio; che in Creta io nacqui d'illustre sangue, e che gli affetti miei fur più nobili ancor de' miei natali.

PRINCIPESSA ARISTEA: So fin qui.
ARGENE De' miei mali ecco il principio, del cretense soglio PRINCIPE il regio erede fu la mia fiamma, ed io la sua celammo prudenti un tempo il nostro amor; ma poi l'amor s'accrebbe, e, come in tutti avviene, la prudenza scemò, comprese alcuno il favellar de' nostri sguardi: ad altri i sensi ne spiegò. Di voce in voce tanto in breve si stese il maligno romor, che 'l re l'intese: se ne sdegnò, sgridonne il figlio; a lui vietò di più vedermi, e col divieto glien'accrebbe il desio; che aggiunge il vento fiamme alle fiamme, e più superbo un fiume fanno gli argini opposti. Ebro d'amore freme il PRINCIPE di CRETA e pensa di rapirmi e fuggir, tutto il disegno spiega in un foglio: a me l'invia, tradisce la fede il messo, e al re lo reca. È chiuso in custodito albergo il mio povero amante. A me s'impone che a straniero consorte porga la destra. Io lo ricuso. Ognuno contro me si dichiara. Il re minaccia; mi condannan gli amici: il padre mio vuol che al nodo acconsenta. Altro riparo che la fuga o la morte al mio caso non trovo. Il men funesto credo il più saggio, e l'eseguisco. Ignota in Elide pervenni. In queste selve mi proposi abitar. Qui fra pastori pastorella mi finsi, e or son Licori: ma serbo al caro bene fido in sen di ARGENE il cor d'Argene.
PRINCIPESSA ARISTEA: In ver mi fai pieta ma la tua fuga non approvo però, donzella e sola cercar contrade ignote, abbandonar.
ARGENE: Dunque dovea la mano a MEGACLE donar.
PRINCIPESSA ARISTEA: Megacle, o nome, di qual Megacle parli.

ARGENE Era lo sposo questi che il re mi destinò dovea dunque obliar.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ne sai la patria

ARGENE: Atene.
PRINCIPESSA ARISTEA: Come in Creta pervenne?

ARGENE Amor ve 'l trasse, com'ei stesso dicea, ramingo, afflitto, nel giungervi fu colto da stuol di masnadieri; e oppresso ormai la vita vi perdea. Il PRINCIPE di Creta a sorte vi si avvenne, e il salvò, quindi fra loro fidi amici fur sempre. Amico al figlio, fu noto al padre; e dal reale impero destinato mi fu, perché straniero.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ma ti ricordi ancora le sue sembianze.
ARGENE: Io l'ho presente, avea bionde le chiome, oscuro il ciglio, i labbri
vermigli sì, ma tumidetti, e forse oltre il dover; gli sguardi lenti e pietosi: un arrossir frequente, un soave parlar... Ma... principessa, tu cambi di color, che avvenne.
PRINCIPESSA ARISTEA: Oh dio, quel MEGACLE, che pingi, è l'idol mio.
ARGENE Che dici.
PRINCIPESSA ARISTEA  Il vero. A lui, lunga stagion già mio segreto amante, perché nato in Atene, negommi CLISTENE, il padre mio, né volle mai conoscerlo, vederlo, ascoltarlo una volta. MEGACLE, disperato da me partì. Più no 'l rividi, e in questo punto da te so de' suoi casi il resto. ARGENE : n ver sembrano i nostril favolosi accidenti.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ah s'ei sapesse ch'oggi per me qui si combatte.

ARGENE: In Creta a lui voli un tuo servo e tu procura la pugna differir.
PRINCIPESSA ARISTEA: Come.

ARGENE: IL RE CLISTENE è pur tuo padre, ei qui presiede eletto arbitro delle cose,, ei può, se vuole.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ma non vorrà.

ARGENE Che nuoce, principessa, il tentarlo.
PRINCIPESSA ARISTEA: E ben, IL RE CLISTENE vadasi a ritrovar.

ARGENE Fermati, ei viene.
 
* * * * *
IL RE CLISTENE: Figlia ARISTEA, tutto è compìto, I nomi accolti, le vittime svenate, al gran cimento l'ora è prescritta, e più la pugna ormai, senza offesa de' numi, della pubblica fé, dell'onor mio, differir non si può.

PRINCIPESSA ARISTEA: Speranze addio.
IL RE CLISTENE:  Ragion d'esser superba io ti darei, se ti dicessi tutti quei, che a pugnar per te vengono a gara v'è Olinto di Megara, v'è Clearco di Sparta, Ati di Tebe, Erilo di Corinto, e fin di Creta il PRINCIPE venne.

PRINCIPESSA ARISTEA  Chi?
IL RE CLISTENE: Il PRINCIPE di Creta, il figlio del re cretense.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ei pur mi brama.
IL RE CLISTENE: Ei viene con gli altri a prova.

PRINCIPESSA ARISTEA: Ah si scordò d'ARGENE.
IL RE CLISTENE: Sieguimi, figlia Aristea.

PRINCIPESSA ARISTEA: Ah questa pugna, o padre, si differisca.
IL RE CLISTENE: Un impossibil chiedi, dissi perché, ma la cagion non trovo di tal richiesta.

PRINCIPESSA ARISTEA: A divenir soggette sempre v'è tempo, È d'Imeneo per noi pesante il giogo e già senz'esso abbiamo che soffrire abbastanza nella nostra servil sorte infelice.
IL RE CLISTENE: Dice ognuna così ma il ver non dice.  

CD – 1 – TRACK 6 --
Del destin non vi lagnate se vi rese a noi soggette; siete serve, ma regnate nella vostra servitù, forti noi, voi belle siete, e vincete in ogn'impresa, quando vengono a contesa la bellezza e la virtù.

ARGENE Udisti, o principessa.
PRINCIPESSA ARISTEA: Amica, addio, convien ch'io siegua il padre, ah tu, che puoi, del mio MEGACLE amato, se pietosa pur sei, come sei bella, cerca, recami, oh dio, qualche novella. Tu di saper procura dove il mio ben s'aggira, se più di me si cura, se parla più di me. Chiedi se mai sospira quando il mio nome ascolta; se 'l proferì tal volta nel ragionar fra sé.
ARGENE: Dunque il PRINCIPE di Creta ingrate già di me si scordò, povera ARGENE, a che mai ti serbar le stelle irate, imparate, imparate, inesperte donzelle. Ecco lo stile de' lusinghieri amanti. Ognun vi chiama suo ben, sua vita e suo tesoro: ognuno giura che, a voi pensando, vaneggia il dì, veglia le notti. Han l'arte di lagrimar, d'impallidir. Tal volta par che su gli occhi vostri voglian morir fra gli amorosi affanni: guardatevi da lor, son tutti inganni.
CD – 1 – TRACK 7:

Più non si trovano fra mille amanti sol due bell'anime, che sian costanti e tutti parlano di fedeltà. E il reo costume tanto s'avanza, che la costanza di chi ben ama ormai si chiama semplicità.
MEGACLE: PRINCIPE!

PRINCIPE FILINTO: Amico.
MEGACLE Eccomi a te.

PRINCIPE FILINTO: Compisti.
MEGACLE: Tutto, o signor, già col nome  finto al tempio per te mi presentai, per te fra poco vado al cimento, or, fin che il noto segno della pugna si dia, spiegar mi puoi la cagion della trama.
PRINCIPE FILINTO: Oh, se tu vinci, non ha di me più fortunato amante tutto il regno di CUPIDO.
MEGACLE: Perché?

PRINCIPE FILINTO: Promessa in premio al vincitore è una real beltà, la vidi appena che n'arsi e la bramai ma poco esparto negli atletici studi.
MEGACLE: Intendo, io deggio conquistarla per te.

PRINCIPE FILINTO: Sì, chiedi poi la mia vita, il mio sangue, il regno mio, tutto, o Megacle amato, io t'offro e tutto scarso premio sarà.
MEGACLE: Di tanti, o prence, stimoli non fa d'uopo al grato servo, al fido amico, io sono memore assai de' doni tuoi, rammento la vita che mi desti, avrai la sposa speralo pur, mella palestra elèa non entro pellegrin, bevve altre volte i miei sudori ed il silvestre ulivo non è per la mia fronte un insolito fregio io più sicuro mai di vincer non fui desio d'onore, stimoli d'amistà mi fan più forte anelo, anzi mi sembra d'esser già nell'agon gli emuli al fianco mi sento già; già li precorro e asperse dell'olimpica polve il crine, il volto, del volgo spettator gli applausi ascolto.
PRINCIPE FILINTO: O dolce amico, o cara sospirata PRINCIPESSA ARISTEA.
MEGACLE: Che.

PRINCIPE FILINTO: Chiamo a nome il mio tesoro.
MEGACLE: E la PRINCIPESSA ARISTEA si chiama.

PRINCIPE FILINTO: Appunto.
MEGACLE: Altro ne sai.

PRINCIPE FILINTO: Presso a Corinto nacque in riva all'Asopo, al re IL RE CLISTENE UNICA prole.
MEGACLE: Ahimè, questa è il mio bene e per lei si combatte.

PRINCIPE FILINTO: Per lei.
MEGACLE: Questa degg'io conquistarti pugnando.

PRINCIPE FILINTO Questa.
MEGACLE : Ed è tua speranza e tuo conforto sola la PRINCIPESSA ARISTEA.

PRINCIPE FILINTO: Sola la PRINCIPESSA ARISTEA.
MEGACLE: Son morto.

PRINCIPE FILINTO: Non ti stupir, quando vedrai quel volto, forse mi scuserai, d'esserne amanti non avrebbon rossore i numi istessi.
MEGACLE: Ah così no 'l sapessi.

PRINCIPE FILINTO Oh, se tu vinci chi più lieto di me, MEGACLE istesso quanto mai ne godrà, di'; non avrai piacer del piacer mio.
MEGACLE Grande. PRINCIPE FILINTO Il momento, che ad PRINCIPESSA ARISTEA  m'annodi, Megacle, di', non ti parrà felice?
MEGACLE Felicissimo, o dèi.

PRINCIPE FILINTO: Tu non vorrai pronubo accompagnarmi al talamo nuzial.
MEGACLE: Che pena.

PRINCIPE FILINTO Parla.
MEGACLE Sì come vuoi, qual nuova specie è questa di martirio e d'inferno.
PRINCIPE FILINTO: O quanto il giorno lungo è per me, che l'aspettare uccida nel caso, in cui mi vedo, tu non credi, o non sai. MEGACLE Lo so, lo credo.
PRINCIPE FILINTO Senti, amico. Io mi fingo già l'avvenir: già col desio possiedo la dolce sposa. MEGACLE (Ah questo è troppo!)
PRINCIPE FILINTO E parmi. MEGACLE Ma taci: assai dicesti. Amico io sono; il mio dover comprendo; ma poi...
PRINCIPE FILINTO Perché ti sdegni? In che t'offendo?
MEGACLE (Imprudente, che feci!) Il mio trasporto è desio di servirti. Io stanco arrive da cammin lungo; ho da pugnar: mi resta picciol tempo al riposo, e tu me 'l togli.
PRINCIPE FILINTO E chi mai ti ritenne di spiegarti finora?
MEGACLE Il mio rispetto. PRINCIPE FILINTO Vuoi dunque riposar?
MEGACLE Sì. PRINCIPE FILINTO Brami altrove meco venir?
MEGACLE No. PRINCIPE FILINTO Rimaner ti piace qui fra quest'ombre?
MEGACLE Sì. PRINCIPE FILINTO Restar degg'io?
MEGACLE No. (e si getta a sedere) PRINCIPE FILINTO (Strana voglia!) E ben, riposa: addio.


CD – 1—TRACK 9 -- PRINCIPE FILINTO: Mentre dormi, Amor fomenti il piacer de' sonni tuoi con l'idea del mio piacer. Abbia il rio passi più lenti; e sospenda i moti suoi ogni zeffiro leggier.
MEGACLE Che intesi, eterni dèi! Quale improvviso fulmine mi colpì! L'anima mia dunque fia d'altri! E ho da condurla io stesso in braccio al mio rival! Ma quel rivale è il caro amico. Ah quali nomi unisce per mio strazio la sorte! Eh che non sono rigide a questo segno le leggi d'amistà. Perdoni il prence, ancor io sono amante. Il domandarmi ch'io gli ceda PRINCIPESSA ARISTEA  non è diverso dal chiedermi la vita. E questa vita di PRINCIPE FILINTO non è? Non fu suo dono? Non respiro per lui? Megacle ingrato, e dubitar potresti? Ah! se ti vede con questa in volto infame macchia e rea, ha ragion d'aborrirti anche PRINCIPESSA ARISTEA . No, tal non mi vedrà. Voi soli ascolto obblighi d'amistà, pegni di fede, gratitudine, onore. Altro non temo che 'l volto del mio ben. Questo s'evìti formidabile incontro. In faccia a lei, misero, che farei! Palpito e sudo solo in pensarlo, e parmi istupidir, gelarmi, confondermi, tremar. No, non potrei.
PRINCIPESSA ARISTEA  (senza vederlo in viso) Stranier.
MEGACLE (rivoltandosi) Chi mi sorprende? (riconoscendosi). PRINCIPESSA ARISTEA: Oh stelle.
MEGACLE: Oh dèi. PRINCIPESSA ARISTEA  Megacle! mia speranza! Ah sei pur tu? Pur ti riveggo? Oh dio! di gioia io moro; ed il mio petto appena può alternare i respiri. Oh caro! Oh tanto e sospirato e pianto e richiamato invano! Udisti al fine la povera PRINCIPESSA ARISTEA . Tornasti: e come opportuno tornasti! Oh Amor pietoso! Oh felici martìri! Oh ben sparsi fin or pianti e sospiri!
MEGACLE Che fiero caso è il mio. PRINCIPESSA ARISTEA  Megacle amato, e tu nulla rispondi? E taci ancor? Che mai vuol dir quel tanto cambiarti di color? Quel non mirarmi che timido e confuso? E quelle a forza lagrime trattenute? Ah! più non sono forse la fiamma tua? Forse...
MEGACLE Che dici! Sempre... Sappi... Son io... Parlar non so. (Che fiero caso è il mio!) PRINCIPESSA ARISTEA  Ma tu mi fai gelar. Dimmi: non sai che per me qui si pugna?
MEGACLE Il so. PRINCIPESSA ARISTEA  Non vieni ad esporti per me?
MEGACLE Sì. PRINCIPESSA ARISTEA  Perché mai dunque sei così mesto?
MEGACLE Perché... (Barbari dèi, che inferno è questo!) PRINCIPESSA ARISTEA  Intendo: alcun ti fece dubitar di mia fé. Se ciò t'affanna, ingiusto sei. Da che partisti, o caro, non son rea d'un pensier. Sempre m'intesi la tua voce nell'alma: ho sempre avuto il tuo nome fra' labbri, il tuo volto nel cor. Mai d'altri accesa non fui, non sono, e non sarò. Vorrei...
MEGACLE Basta: lo so. PRINCIPESSA ARISTEA  Vorrei morir più tosto che mancarti di fede un sol momento.
MEGACLE (Oh tormento maggior d'ogni tormento!) PRINCIPESSA ARISTEA  Ma guardami, ma parla, ma di'...
MEGACLE Che posso dir? ALCANDRO (esce frettoloso) Signor, t'affretta, se a combatter venisti. Il segno è dato, che al gran cimento i concorrenti invita. (parte)
MEGACLE Assistetemi, o numi. Addio, mia vita. PRINCIPESSA ARISTEA  E mi lasci così? Va'; ti perdono, pur che torni mio sposo.

MEGACLE (in atto di partire) Ah sì gran sorte non è per me! PRINCIPESSA ARISTEA  Senti. Tu m'ami ancora?

MEGACLE Quanto l'anima mia. PRINCIPESSA ARISTEA  Fedel mi credi?
MEGACLE Sì, come bella. PRINCIPESSA ARISTEA  A conquistar mi vai?
MEGACLE Lo bramo almeno. PRINCIPESSA ARISTEA  Il tuo valor primiero hai pur?
MEGACLE Lo credo. PRINCIPESSA ARISTEA  E vincerai?
MEGACLE Lo spero. PRINCIPESSA ARISTEA  Dunque allor non son io, caro, la sposa tua?
MEGACLE Mia vita... Addio.
CD – 1—TRACK 10: Ne' giorni tuoi felici ricordati di me.
PRINCIPESSA ARISTEA  Perché così mi dici, anima mia, perché?
MEGACLE Taci, bell'idol mio.
PRINCIPESSA ARISTEA  Parla, mio dolce amor.
MEGACLE Ah che parlando, oh dio! tu mi trafiggi il cor.
PRINCIPESSA ARISTEA  Ah che tacendo, oh dio! tu mi trafiggi il cor.
PRINCIPESSA ARISTEA  (Veggio languir chi adoro, né intendo il suo languir.)
MEGACLE (Di gelosia mi moro, e non lo posso dir.)
PRINCIPESSA ARISTEA  E MEGACLE Chi mai provò di questo affanno più funesto, più barbaro dolor! Segue il ballo di Ninfe insidiate da Satiri e difese da Pastori.
CD – 1 – Track 11: ARGENE Ed ancor della pugna l'esito non si sa?
PRINCIPESSA ARISTEA  No, bella Argene. È pur dura la legge, onde n'è tolto d'esserne spettatrici!
ARGENE Ah! che sarebbe forse pena maggior veder chi s'ama in cimento sì grande, e non potergli porger soccorso: esser presente...
PRINCIPESSA ARISTEA  Io sono presente ancor lontana: anzi mi fingo forse quel che non è. Se tu vedessi come sta questo cor! Qui dentro, amica, qui dentro si combatte; e più che altrove
qui la pugna è crudele. Ho innanzi agli occhi Megacle, la palestra, i giudici, i rivali. Io mi figure questi più forti e quei men giusti. Io provo doppiamente nell'alma ciò che or soffre il mio ben, gli urti, le scosse, gl'insulti, le minacce. Ah! che presente solo il ver temerei; ma il mio pensiero fa ch'io tema lontana il falso e il vero.
ARGENE (guardando per la scena) Né ancor si vede alcun.
PRINCIPESSA ARISTEA  (turbata) Né alcuno... Oh dio! ARGENE Che avvenne?
PRINCIPESSA ARISTEA  Oh come io tremo, come palpito adesso! ARGENE E la cagione?
PRINCIPESSA ARISTEA  È deciso il mio fato: vedi Alcandro, che arriva. ARGENE Alcandro, ah corri: consolane. Che rechi?
ALCANDRO Fortunate novelle. Il re m'invia nunzio felice, o principessa. Ed io...
PRINCIPESSA ARISTEA  La pugna terminò?
ALCANDRO Sì; ascolta. Intorno già impazienti... ARGENE (ad Alcandro) Il vincitor si chiede.
ALCANDRO Tutto dirò. Già impazienti intorno le turbe spettatrici...
PRINCIPESSA ARISTEA  (con impazienza) Eh ch'io non cerco questo da te.
ALCANDRO Ma in ordine distinto...
PRINCIPESSA ARISTEA  (con sdegno) Chi vinse dimmi sol.
ALCANDRO PRINCIPE FILINTO ha vinto. PRINCIPESSA ARISTEA  PRINCIPE FILINTO!
ALCANDRO Appunto. ARGENE Il principe di Creta!
ALCANDRO Sì, che giunse poc'anzi a queste arene. PRINCIPESSA ARISTEA  (Sventurata PRINCIPESSA ARISTEA !) ARGENE (Povera Argene!)
ALCANDRO (ad PRINCIPESSA ARISTEA ) Oh te felice! Oh quale sposo ti diè la sorte! PRINCIPESSA ARISTEA  Alcandro, parti.
ALCANDRO T'attende il re. PRINCIPESSA ARISTEA  Parti, verrò.
ALCANDRO T'attende nel gran tempio adunata... PRINCIPESSA ARISTEA  (con sdegno) Né parti ancor?
ALCANDRO (Che ricompensa ingrata!) (parte) ARGENE Ah dimmi, o principessa, v'è sotto il ciel chi possa dirsi, oh dio! più misera di me?
PRINCIPESSA ARISTEA  Sì, vi son io. ARGENE Ah non ti faccia amore provar mai le mie pene! Ah tu non sai qual perdita è la mia! Quanto mi costa quel cor che tu m'involi!
PRINCIPESSA ARISTEA  E tu non senti, non comprendi abbastanza i miei tormenti. Grandi, è ver, son le tue pene: perdi, è ver, l'amato bene; ma sei tua, ma piangi intanto, ma domandi almen pietà. Io dal fato, io sono oppressa: perdo altrui, perdo me stessa; né conservo almen del pianto l'infelice libertà. ARGENE E trovar non poss'io né pietà né soccorso?
AMINTA Eterni dèi! parmi Argene colei. (vuol partire)
ARGENE Vendetta almeno, vendetta si procuri.
AMINTA Argene, e come tu in Elide! Tu sola! Tu in sì ruvide spoglie! ARGENE I neri inganni a secondar del prence dunque ancor tu venisti? A saggio in vero regolator commise il re di Creta di PRINCIPE FILINTO la cura. Ecco i bei frutti di tue dottrine. Hai gran ragione, Aminta, d'andarne altier. Chi vuol sapere appieno se fu attento il cultor, guardi il terreno.
AMINTA (Tutto già sa.) Non da' consigli miei... ARGENE Basta... Chi sa: nel cielo v'è giustizia per tutti; e si ritrova talvolta anche nel mondo. Io chiederolla agli uomini, agli dèi. S'ei non ha fede, ritegni io non avrò. Vuo' che Clistene, vuo' che la Grecia, il mondo sappia ch'è un traditore, acciò per tutto questa infamia lo siegua; acciò che ognuno l'aborrisca, l'evìti, e con orrore, a chi no 'l sa, l'additi.
AMINTA Non son questi pensieri degni d'Argene. Un consigliero infido, anche giusto, è lo sdegno. Io nel tuo caso più dolci mezzi adoprerei. Procura ch'ei ti rivegga; a lui favella; a lui le promesse rammenta. È sempre meglio il racquistarlo amante che opprimerlo nemico.
ARGENE E credi, Aminta, ch'ei tornerebbe a me?
AMINTA Lo spero. Al fine fosti l'idolo suo. Per te languiva, delirava per te. Non ti sovviene che cento volte e cento... ARGENE Tutto, per pena mia, tutto rammento.
ARGENE Che non mi disse un dì! Quai numi non giurò! E come, oh dio, si può, come si può così mancar di fede! Tutto per lui perdei; oggi lui perdo ancor. Poveri affetti miei!
Questa mi rendi, amor, questa mercede? (parte)
AMINTA Insana gioventù! Qualora esposta ti veggo tanto agl'impeti d'amore, di mia vecchiezza io mi consolo e rido. Dolce è il mirar dal lido chi sta per naufragar; non che ne alletti il danno altrui, ma sol perché l'aspetto d'un mal, che non si soffre, è dolce oggetto. Ma che! l'età canuta non ha le sue tempeste? Ah che pur troppo ha le sue proprie; e dal timor dell'altre sciolta non è. Son le follie diverse, ma folle è ognuno: e a suo piacer ne aggira l'odio o l'amor, la cupidigia o l'ira.
AMINTA: Siam navi all'onde algenti lasciate in abbandono: impetuosi venti i nostri affetti sono: ogni diletto è scoglio: tutta la vita è mar. Ben, qual nocchiero, in noi veglia ragion; ma poi pur dall'ondoso orgoglio si lascia trasportar.
IL RE CLISTENE preceduto da PRINCIPE FILINTO, Alcandro, Megacle coronato d'ulivo, Coro d'Atleti, Guardie e Popolo.
CORO: Del forte PRINCIPE FILINTO nome maggiore d'Alfeo sul margine mai non sonò. Sudor più nobile del suo sudore l'arena olimpica mai non bagnò. L'arti ha di Pallade, l'ali ha d'Amore: d'Apollo e d'Ercole l'ardir mostrò. No, tanto merito, tanto valore l'ombra de' secoli coprir non può.
IL RE CLISTENE Valoroso, che in mezzo a tanta gloria umìl ti stai, quell'onorata fronte lascia ch'io baci e che ti stringa al seno. Felice il re di Creta, che un tal figlio sortì!
(ad Alcandro) Se avessi anch'io serbato il mio Filinto, chi sa, sarebbe tal. Rammenti, Alcandro, con qual dolor te 'l consegnai? Ma pure...
ALCANDRO: Tempo or non è di rammentar sventure.
CLISTENE: È ver. Premio PRINCIPESSA ARISTEA  sarà del tuo valor. S'altro donarti IL RE CLISTENE può, chiedilo pur, che mai quanto dar ti vorrei non chiederai.
MEGACLE: Coraggio, o mia virtù. Signor, son figlio, e di tenero padre. Ogni contento, che con lui non divido, è insipido per me. Di mie venture pria d'ogni altro io vorrei
giungergli apportator: chieder l'assenso per queste nozze; e, lui presente, in Creta legarmi ad PRINCIPESSA ARISTEA .
IL RE CLISTENE Giusta è la brama. MEGACLE Partirò, se il concedi, senz'altro indugio. (presentando PRINCIPE FILINTO) In vece mia rimanga questi, della mia sposa servo, compagno e condottier.
IL RE CLISTENE (Che volto è questo mai! Nel rimirarlo il sangue mi si riscuote in ogni vena.) E questi chi è? Come s'appella?
MEGACLE Egisto ha nome, Creta è sua patria. Egli deriva ancora dalla stirpe real: ma più che 'l sangue, l'amicizia ne stringe; e son fra noi sì concordi i voleri, comuni a segno e l'allegrezza e 'l duolo, che PRINCIPE FILINTO ed Egisto è un nome solo.
PRINCIPE FILINTO (Ingegnosa amicizia!)
IL RE CLISTENE E ben, la cura di condurti la sposa Egisto avrà. Ma PRINCIPE FILINTO non debbe partir senza vederla.
MEGACLE Ah no, sarebbe pena maggior. Mi sentirei morire nell'atto di lasciarla. Ancor da lunge tanta pena io ne provo...
IL RE CLISTENE Ecco che giunge. PRINCIPESSA ARISTEA  (All'odiose nozze come vittima io vengo all'ara avanti.)
PRINCIPE FILINTO (Sarà mio quel bel volto in pochi istanti.) IL RE CLISTENE (ha per mano Megacle) Avvicinati, o figlia; ecco il tuo sposo.
MEGACLE (Ah! non è ver.) PRINCIPESSA ARISTEA  (stupisce vedendo Megacle) Lo sposo mio!
IL RE CLISTENE Sì. Vedi se giammai più bel nodo in ciel si strinse. PRINCIPESSA ARISTEA  (Ma se PRINCIPE FILINTO vinse, come il mio bene?... il genitor m'inganna?)
PRINCIPE FILINTO (Crede Megacle sposo e se ne affanna.) PRINCIPESSA ARISTEA  (additando Megacle) E questi, o padre, è il vincitor?
IL RE CLISTENE Me 'l chiedi? Non lo ravvisi al volto di polve asperso? All'onorate stille, che gli rigan la fronte? A quelle foglie, che son di chi trionfa l'ornamento primiero?
PRINCIPESSA ARISTEA  Ma che dicesti, Alcandro?

ALCANDRO Io dissi il vero.
IL RE CLISTENE Non più dubbiezze. Ecco il consorte, a cui il ciel t'accoppia: e no 'l potea più degno ottener dagli dèi l'amor paterno. PRINCIPESSA ARISTEA  (Che gioia!)
MEGACLE (Che martìr!)
PRINCIPE FILINTO (Che giorno eterno!)
IL RE CLISTENE (a Megacle ed PRINCIPESSA ARISTEA ) E voi tacete? Onde il silenzio?
MEGACLE. Oh dio! come comincierò. PRINCIPESSA ARISTEA  Parlar vorrei, ma...
IL RE CLISTENE Intendo. Intempestiva è la presenza mia. Severo ciglio, rigida maestà, paterno impero incomodi compagni sono agli amanti. Io mi sovvengo ancora quanto increbbero a me. Restate. Io lodo quel modesto rossor, che vi trattiene.
MEGACLE (Sempre lo stato mio peggior diviene.)
IL RE CLISTENE So ch'è fanciullo Amore, né conversar gli piace con la canuta età. Di scherzi ei si compiace; si stanca del rigore: e stan di rado in pace rispetto e libertà.
MEGACLE (Fra l'amico e l'amante, che farò sventurato!)
PRINCIPE FILINTO (piano a Megacle) All'idol mio è tempo ch'io mi scopra.
MEGACLE (Aspetta.) Oh dio! PRINCIPESSA ARISTEA  Sposo, alla tua consorte non celar che t'affligge.
MEGACLE (Oh pena! Oh morte!)
PRINCIPE FILINTO (a Megacle, come sopra) L'amor mio, caro amico, non soffre indugio. PRINCIPESSA ARISTEA  Il tuo silenzio, o caro, mi cruccia, mi dispera.
MEGACLE (Ardir mio core: finiamo di morir.) (a parte a PRINCIPE FILINTO) Per pochi istanti allontanati, o prence. PRINCIPESSA ARISTEA  E qual ragione?...
MEGACLE (come sopra) Va': fidati di me. Tutto conviene ch'io spieghi ad PRINCIPESSA ARISTEA .
PRINCIPE FILINTO Ma non poss'io esser presente?
MEGACLE (come sopra) No: più che non credi delicato è l'impegno.
PRINCIPE FILINTO E ben, tu 'l vuoi, io lo farò. Poco mi scosto: un cenno basterà perch'io torni. Ah! pensa, amico, di che parli, e per chi. Se nulla mai feci per te, se mi sei grato e m'ami,
mostralo adesso. Alla tua fida aita la mia pace io commetto e la mia vita. (parte)
MEGACLE (Oh ricordi crudeli!) PRINCIPESSA ARISTEA  Al fin siam soli: potrò senza ritegni il mio contento esagerar; chiamarti mia speme, mio diletto, luce degli occhi miei...
MEGACLE No, principessa, questi soavi nomi non son per me. Serbali pure ad altro più fortunato amante. PRINCIPESSA ARISTEA  E il tempo è questo di parlarmi così? Giunto è quel giorno... Ma semplice ch'io son: tu scherzi, o caro, ed io stolta m'affanno.
MEGACLE Ah! non t'affanni senza ragion. PRINCIPESSA ARISTEA  Spiegati dunque.
MEGACLE Ascolta: ma coraggio, PRINCIPESSA ARISTEA . L'alma prepara a dar di tua virtù la prova estrema. PRINCIPESSA ARISTEA  Parla. Ahimè! che vuoi dirmi? Il cor mi trema.
MEGACLE Odi. In me non dicesti mille volte d'amar, più che 'l sembiante, il grato cor, l'alma sincera, e quella, che m'ardea nel pensier, fiamma d'onore? PRINCIPESSA ARISTEA  Lo dissi, è ver. Tal mi sembrasti, e tale ti conosco, t'adoro.
MEGACLE E se diverso fosse Megacle un dì da quel che dici; se infedele agli amici, se spergiuro agli dèi, se, fatto ingrate al suo benefattor, morte rendesse per la vita che n'ebbe; avresti ancora amor per lui? Lo soffriresti amante? L'accetteresti sposo?
PRINCIPESSA ARISTEA  E come vuoi ch'io figurar mi possa Megacle mio sì scellerato?
MEGACLE Or sappi che per legge fatale, se tuo sposo divien, Megacle è tale. PRINCIPESSA ARISTEA  Come!
MEGACLE Tutto l'arcano ecco ti svelo. Il principe di Creta langue per te d'amor. Pietà mi chiede, e la vita mi diede. Ah principessa, se negarla poss'io, dillo tu stessa.
PRINCIPESSA ARISTEA  E pugnasti...
MEGACLE Per lui. PRINCIPESSA ARISTEA  Perder mi vuoi...
MEGACLE Sì, per serbarmi sempre degno di te. PRINCIPESSA ARISTEA  Dunque io dovrò...
MEGACLE Tu dei coronar l'opra mia. Sì, generosa, adorata PRINCIPESSA ARISTEA , seconda i moti d'un grato cor. Sia, qual io fui finora, PRINCIPE FILINTO in avvenire. Amalo. È degno
di sì gran sorte il caro amico. Anch'io vivo di lui nel seno; e s'ei t'acquista, io non ti perdo appieno. PRINCIPESSA ARISTEA  Ah qual passaggio è questo! Io dalle stelle
precipito agli abissi. Eh no: si cerchi miglior compenso. Ah! senza te la vita per me vita non è.
MEGACLE Bella PRINCIPESSA ARISTEA , non congiurar tu ancora contro la mia virtù. Mi costa assai il prepararmi a sì gran passo. Un solo di quei teneri sensi quant'opera distrugge! PRINCIPESSA ARISTEA  E di lasciarmi...
MEGACLE Ho risoluto. PRINCIPESSA ARISTEA  Hai risoluto? E quando?
MEGACLE Questo (morir mi sento) questo è l'ultimo addio. PRINCIPESSA ARISTEA  L'ultimo! Ingrato... (s'appoggia ad un tronco) Soccorretemi, o numi! Il piè vacilla: freddo sudor mi bagna il volto; e parmi ch'una gelida man m'opprima il core!
MEGACLE Sento che il mio valore mancando va. Più che a partir dimoro, meno ne son capace. Ardir. Vado, PRINCIPESSA ARISTEA : rimanti in pace. PRINCIPESSA ARISTEA  Come! Già m'abbandoni?
MEGACLE È forza, o cara, separarsi una volta. PRINCIPESSA ARISTEA  E parti...
MEGACLE (in atto di partire) E parto per non tornar più mai. PRINCIPESSA ARISTEA  Senti. Ah no... Dove vai?
MEGACLE A spirar, mio tesoro, (Megacle parte risoluto) lungi dagli occhi tuoi. (in atto di partire, ma si ferma alla scena) PRINCIPESSA ARISTEA  Soccorso... io... moro.
(sviene sopra un sasso)
MEGACLE (rivolgendosi indietro) Misero me, che veggo! (tornando) Ah l'oppresse il dolor! Cara mia speme, bella PRINCIPESSA ARISTEA , non avvilirti; ascolta: è qui. Non partirò. Sarai...
Che parlo? Ella non m'ode. Avete, o stelle, più sventure per me? No, questa sola mi restava a provar. Chi mi consiglia? Che risolvo? Che fo? Partir? Sarebbe
crudeltà, tirannia. Restar? che giova? forse ad esserle sposo? E 'l re ingannato, e l'amico tradito, e la mia fede, e l'onor mio lo soffrirebbe? Almeno partiam più tardi. Ah che sarem di nuovo a quest'orrido passo! Ora è pietade l'esser crudele. Addio, mia vita: addio, mia perduta speranza. (le prende la mano e la bacia) Il ciel ti renda più felice di me. Deh, conservate
questa bell'opra vostra, eterni dèi; e i dì, ch'io perderò, donate a lei. PRINCIPE FILINTO... Dov'è mai? PRINCIPE FILINTO. (verso la scena)
PRINCIPE FILINTO Intese tutto PRINCIPESSA ARISTEA ?

MEGACLE (in atto di partire) Tutto. T'affretta, o prence; soccorri la tua sposa. PRINCIPE FILINTO Ahimè, che miro! Che fu?
MEGACLE Doglia improvvisa le oppresse i sensi. PRINCIPE FILINTO E tu mi lasci?
MEGACLE (partendo come sopra) Io vado... (tornando indietro) Deh pensa ad PRINCIPESSA ARISTEA . (partendo) Che dirà mai quando in sé tornerà? Tutte ho presenti tutte le smanie sue.)
(si ferma) PRINCIPE FILINTO, ah senti. Se cerca, se dice: «L'amico dov'è?». «L'amico infelice» rispondi, «morì». Ah no! sì gran duolo non darle per me: rispondi ma solo: «Piangendo partì». Che abisso di pene lasciare il suo bene, lasciarlo per sempre, lasciarlo così!
PRINCIPE FILINTO Che laberinto è questo! Io non l'intendo. Semiviva PRINCIPESSA ARISTEA ... Megacle afflitto... PRINCIPESSA ARISTEA  Oh dio!
PRINCIPE FILINTO Ma già quell'alma torna agli usati uffizi. Apri i bei lumi, principessa, ben mio. PRINCIPESSA ARISTEA  (senza vederlo) Sposo infedele!
PRINCIPE FILINTO Ah! non dirmi così. Di mia costanza ecco in pegno la destra. (la prende per mano) PRINCIPESSA ARISTEA  Almeno... (s'avvede non esser Megacle e ritira la mano) Oh stelle! Megacle ov'è?
PRINCIPE FILINTO Partì. PRINCIPESSA ARISTEA  Partì l'ingrato? Ebbe cor di lasciarmi in questo stato?
PRINCIPE FILINTO Il tuo sposo restò. PRINCIPESSA ARISTEA  (s'alza con impeto) Dunque è perduta l'umanità, la fede, l'amore, la pietà! Se questi iniqui incenerir non sanno,
numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?
PRINCIPE FILINTO Son fuor di me. Di', che t'offese, o cara? Parla; brami vendetta? Ecco il tuo sposo, ecco PRINCIPE FILINTO... PRINCIPESSA ARISTEA  Oh dèi! Tu quel PRINCIPE FILINTO sei! Fuggi, t'invola, nasconditi da me. Per tua cagione, perfido, mi ritrovo a questo passo.
PRINCIPE FILINTO E qual colpa ho commessa? Io son di sasso. PRINCIPESSA ARISTEA  Tu me da me dividi; barbaro, tu m'uccidi: tutto il dolor, ch'io sento, tutto mi vien da te. No, non sperar mai pace. Odio quel cor fallace: oggetto di spavento sempre sarai per me.A me «barbaro»! Oh numi! «Perfido» a me! Voglio seguirla; e voglio sapere almen che strano enigma è questo. ARGENE Fermati, traditor.
PRINCIPE FILINTO (riconosce Argene) Sogno o son desto. ARGENE Non sogni no: son io l'abbandonata Argene. Anima ingrata, riconosci quel volto, che fu gran tempo il tuo piacer; se pure in sorte sì funesta delle antiche sembianze orma vi resta.
PRINCIPE FILINTO (Donde viene; in qual punto mi sorprende costei! Se più mi fermo, PRINCIPESSA ARISTEA  non raggiungo.) Io non intend bella ninfa, i tuoi detti. Un'altra volta potrai meglio spiegarti. (vuol partire) ARGENE (trattenendolo) Indegno, ascolta.
PRINCIPE FILINTO (Misero me!) ARGENE Tu non m'intendi? Intendo ben io la tua perfidia. I nuovi amori, le frodi tue tutte riseppi; e tutto saprà da me IL RE CLISTENE per tua vergogna. (vuol partire)
PRINCIPE FILINTO Ah no! (trattenendola) Sentimi, Argene. Non sdegnarti: perdona, se tardi ti ravviso. Io mi rammento gli antichi affetti; e, se tacer saprai, forse... chi sa? ARGENE Si può soffrir di questa ingiuria più crudel! «Chi sa», mi dici? In vero io son la rea. Picciole prove di tua bontà non sono le vie che m'offri a meritar perdono.
PRINCIPE FILINTO (vuol prenderla per mano) Ascolta. Io volli dir... ARGENE (lo rigetta) Lasciami, ingrato: non ti voglio ascoltar.
PRINCIPE FILINTO (Son disperato.) ARGENE No, la speranza più non m'alletta: voglio vendetta, non chiedo amor. Pur che non goda quel cor spergiuro, nulla mi curo del mio dolor.
PRINCIPE FILINTO In angustia più fiera io non mi vidi mai. Tutto è in ruina, se parla Argene. È forza raggiungerla, placarla... E chi trattiene la principessa intanto? Il solo amico
potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno e consiglio e conforto Megacle mi darà. (vuol partire) AMINTA Megacle è morto!
PRINCIPE FILINTO Che dici, Aminta! AMINTA Io dico pur troppo il ver.
PRINCIPE FILINTO Come! Perché? Qual empio sì bei giorni troncò? Trovisi: io voglio ch'esempio di vendetta altrui ne resti.
AMINTA Principe, no 'l cercar: tu l'uccidesti. PRINCIPE FILINTO Io! Deliri?
AMINTA Volesse il ciel ch'io delirassi. Odimi. In traccia mentre or di te venìa, fra quelle piante un gemito improvviso sento; mi fermo: al suon mi volgo; e miro uom, che sul nudo acciaro prono già s'abbandona. Accorro. Al petto fo d'una man sostegno; con l'altra il ferro svio. Ma, quando al volto Megacle ravvisai, pensa com'ei restò, com'io restai!
Dopo un breve stupore: «Ah qual follia bramar ti fa la morte!», io volea dirgli. Ei mi prevenne: «Aminta, ho vissuto abbastanza», sospirando mi disse dal profondo del cor. «Senz'PRINCIPESSA ARISTEA  non so viver, né voglio. Ah! son due lustra che non vivo che in lei. PRINCIPE FILINTO, oh dio! m'uccide, e non lo sa; ma non m'offende: suo dono è questa vita; ei la riprende».
PRINCIPE FILINTO Oh amico! E poi? AMINTA Fugge da me, ciò detto, come partico stral. Vedi quel sasso, signor, colà, che il sottoposto Alfeo signoreggia ed adombra? Egli v'ascende
in men che non balena. In mezzo al fiume si scaglia: io grido in van. L'onda percossa balzò, s'aperse; in frettolosi giri si riunì; l'ascose. Il colpo, i gridi
replicaron le sponde; e più no 'l vidi.
PRINCIPE FILINTO Ah qual orrida scena or si scopre al mio sguardo! (rimane stupido) AMINTA Almen la spoglia, che albergò sì bell'alma, vadasi a ricercar. Da' mesti amici questi a lui son dovuti ultimi uffici.

PRINCIPE FILINTO Dove son! Che m'avvenne! Ah dunque il cielo tutte sopra il mio capo rovesciò l'ire sue! Megacle, oh dio! Megacle, dove sei? Che fo nel mondo senza di te! Rendetemi l'amico, ingiustissimi dèi! Voi me 'l toglieste, lo rivoglio da voi. Se lo negate, barbari, a' voti miei, dovunque ei sia a viva forza il rapirò. Non temo tutti i fulmini vostri: ho cor che basta a ricalcar su l'orme d'Ercole e di Tesèo le vie di morte.
ALCANDRO Olà. PRINCIPE FILINTO non l'ode.
PRINCIPE FILINTO Del guado estremo. ALCANDRO: Olà!
PRINCIPE FILINTO Chi sei tu, che audace interrompi le smanie mie? ALCANDRO: Regio ministro io sono.
PRINCIPE FILINTO Che vuole il re? ALCANDRO Che in vergognoso esiglio quindi lungi tu vada. Il sol cadente se in Elide ti lascia, sei reo di morte.
PRINCIPE FILINTO A me tal cenno? ALCANDRO Impara a mentir nome, a violar la fede, a deludere i re.
PRINCIPE FILINTO Come! Ed ardisci, temerario...
ALCANDRO Non più. Principe, è questo mio dover; l'ho adempito: adempi il resto.
PRINCIPE FILINTO (snuda la spada) Con questo ferro, indegno, il sen ti passerò... Folle, che dico? che fo? Con chi mi sdegno? Il reo son io, io son lo scellerato. In queste vene con più ragion l'immergerò. Sì, mori, PRINCIPE FILINTO sventurato... Ah perché tremi, timida man? Chi ti ritiene? Ah questa è ben miseria estrema! Odio la vita: m'atterrisce la morte; e sento intanto stracciarmi a brano a brano in mille parti il cor. Rabbia, vendetta, tenerezza, amicizia, pentimento, pietà, vergogna, amore mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide anima lacerate da tanti affetti e sì contrari! Io stesso non so come si possa minacciando tremare, arder gelando, piangere in mezzo all'ire, bramar la morte, e non saper morire. Gemo in un punto e fremo; fosco mi sembra il giorno: ho cento larve intorno; ho mille furie in sen. Con la sanguigna face m'arde Megera il petto; m'empie ogni vena Aletto del freddo suo velen. Segue il ballo di Cacciatori e Cacciatrici.
MEGACLE (Bipartita, che si forma dalle rovine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d'edera, di spini e d'altre piante selvagge. Megacle, trattenuto da Aminta per una parte, e dopo PRINCIPESSA ARISTEA , trattenuta da Argene per l'altra: ma quelli non veggon queste). Lasciami. In van t'opponi. AMINTA Ah torna, amico, una volta in te stesso. In tuo soccorso pronta sempre la mano del pescator, ch'or ti salvò dall'onde, credimi, non avrai. Si stanca il cielo d'assister chi l'insulta.
MEGACLE Empio soccorso, inumana pietà! negar la morte a chi vive morendo. Aminta, oh dio! lasciami. AMINTA Non fia ver.
PRINCIPESSA ARISTEA  Lasciami, Argene. ARGENE Non lo sperar.
MEGACLE Senz'PRINCIPESSA ARISTEA  non posso, non deggio viver più. PRINCIPESSA ARISTEA  Morir vogl'io dove Megacle è morto. AMINTA Attendi. ARGENE Ascolta.
MEGACLE Che attender? PRINCIPESSA ARISTEA  Che ascoltar?

MEGACLE Non si ritrova più conforto per me. PRINCIPESSA ARISTEA  Per me nel mondo non v'è più che sperar.
MEGACLE Serbarmi in vita. PRINCIPESSA ARISTEA  Impedirmi la morte... MEGACLE: indarno tu pretendi.: PRINCIPESSA ARISTEA  ... in van presumi. AMINTA (volendo trattener Megacle che gli fugge) Ferma. ARGENE (volendo trattener PRINCIPESSA ARISTEA  come sopra) Senti, infelice. (incontrandosi a mezzo il teatro) PRINCIPESSA ARISTEA  Oh stelle. MEGACLE Oh numi!. PRINCIPESSA ARISTEA  Megacle! MEGACLE Principessa! PRINCIPESSA ARISTEA  Ingrato! E tanto m'odii dunque e mi fuggi, che, per esserti unita s'io m'affretto a morir, tu torni in vita. MEGACLE Vedi a qual segno è giunta, adorata PRINCIPESSA ARISTEA , la mia sventura; io non posso morir: trovo impedite tutte le vie, per cui si passa a Dite. PRINCIPESSA ARISTEA  Ma qual pietosa mano.

ALCANDRO Oh sacrilego! Oh insano! Oh scellerato ardir! PRINCIPESSA ARISTEA  Vi sono ancora nuovi disastri, Alcandro?
ALCANDRO In questo istante rinasce il padre tuo. PRINCIPESSA ARISTEA  Come!
ALCANDRO Che orrore, che ruina, che lutto, se 'l ciel non difendea, n'avrebbe involti! PRINCIPESSA ARISTEA  Perché?

ALCANDRO Già sai che per costume antico questo festivo dì con un solenne sacrifizio si chiude. Or mentre al tempio venìa fra' suoi custody la sacra pompa a celebrar Clistene, perché non so, né da qual parte uscito, PRINCIPE FILINTO impetuoso ci attraversa il cammin. Non vidi mai più terribile aspetto. Armato il braccio, nuda la fronte avea, lacero il manto, scomposto il crin. Dalle pupille accese uscia torbido il guardo; e per le gote, d'inaridite lagrime segnate, traspirava il furore. Urta, rovescia i sorpresi custodi; al re s'avventa: «Mori», grida fremendo, e gli alza in fronte il sacrilego ferro. PRINCIPESSA ARISTEA  Oh dio!
ALCANDRO Non cangia il re sito o color. Severo il guardo gli ferma in faccia; e in grave suon gli dice: «Temerario, che fai?». (Vedi se il cielo veglia in cura de' re!) Gela a que' detti il feroce. Il braccio in alto sospende a mezzo il colpo. Il regio aspetto attonito rimira: impallidisce; incomincia a tremar: gli cade il ferro; e dal ciglio, che tanto
minaccioso parea, prorompe il pianto. PRINCIPESSA ARISTEA  Respiro.
ALCANDRO Oh folle! AMINTA Oh sconsigliato. PRINCIPESSA ARISTEA  Ed ora il genitor che fa?
ALCANDRO: Di lacci avvolto ha il colpevole innanzi. AMINTA (Ah! si procure di salvar l'infelice.
MEGACLE ED IL PRINCIPE FILINTO: Che dice. ALCANDRO: Alle richieste nulla risponde. È reo di morte, e pare che no 'l sappia, o no 'l curi, ognor piangendo il suo Megacle chiama: a tutti il chiede, lo vuol da tutti; e fra' suoi labbri, come altro non sappia dir, sempre ha quel nome.
MEGACLE: Più resister non posso, al caro amico per pietà chi mi guida? PRINCIPESSA ARISTEA: Incauto, e quale sarebbe il tuo disegno, il genitore sa che tu l'ingannasti; sa che Megacle sei, perdi te stesso presentandoti al re; non salvi altrui.
MEGACLE: Col mio principe insieme almen mi perderò (vuol partire). PRINCIPESSA ARISTEA: Senti  e  non stimi consiglio assai miglior che il padre offeso vada a placare io stessa.
MEGACLE: Ah, che di tanto lusingarmi non so. PRINCIPESSA ARISTEA: Sì, questo ancora per te si faccia.
MEGACLE: Oh generosa, oh grande, oh pietosa PRINCIPESSA ARISTEA, facciano i numi quell'alma bella in questa bella spoglia lungamente albergar, ben lo diss'io, quando pria ti mirai, che tu non eri cosa mortal, va, mio conforto.
PRINCIPESSA ARISTEA: Ah basta; non fa d'uopo di tanto. Un sol de' guardi tuoi mi costringe a voler ciò che tu vuoi. Caro, son tua così, che per virtù d'amor i moti del tuo cor
risento anch'io. Mi dolgo al tuo dolor; gioisco al tuo gioir; ed ogni tuo desir diventa il mio..
MEGACLE: Deh secondate, o numi, la pietà della PRINCIPESSA ARISTEA . Chi sa se il padre però si placherà. Troppa ragione ha di punirlo, è ver; ma della figlia lo vincerà l'amore. E se no 'l vince? Oh dio! Potessi almeno veder come l'ascolta. Argene, io voglio seguitarla da lungi.
ARGENE: Ah tanta cura non prender di costui. Vedi che 'l cielo è stanco di soffrirlo. Al suo destino lascialo in abbandono.
MEGACLE: Lasciar l'amico! Ah così vil non sono. Lo seguitai felice quand'era il ciel sereno, alle tempeste in seno voglio seguirlo ancor. Come dell'oro il fuoco scopre le masse impure, scoprono le sventure de' falsi amici il cor.
ARGENE: E pure a mio dispetto sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi, ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira, mentre il labbro minaccia, il cor sospira. Sarai debole, Argene,
dunque a tal segno? Ah no. Spergiuro! Ingrato! non sarà ver. Detesto la mia pietà. Mai più mirar non voglio quel volto ingannator. L'odio: mi piace di vederlo punir. Trafitto a morte
se mi cadesse accanto, non verserei per lui stilla di pianto. AMINTA: Misero dove fuggo? Oh dì funesto! Oh PRINCIPE FILINTO infelice!
ARGENE È forse estinto quel traditor? AMINTA No, ma il sarà fra poco. ARGENE Non lo credere, Aminta. Hanno i malvagi molti compagni; onde giammai non sono poveri di soccorso. AMINTA: Or ti lusinghi: non v'è più che sperar. Contro di lui gridan le leggi, il popolo congiura, fremono i sacerdoti. Un sangue chiede l'offesa maestà. De' sacrifici, che una colpa interrompe, è il delinquent vittima necessaria. Ha già deciso il pubblico consenso. Egli svenato fia su l'ara di Giove. Esser vi deve l'offeso re presente; e al sacerdote
porgere il sacro acciaro.
ARGENE: E non potrebbe rivocarsi il decreto? AMINTA E come? Il reo già in bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori io coronar gli vidi; e 'l vidi, oh dio! incamminarsi al tempio. Ah! fors'è giunto: ah! forse adesso, Argene, la bipenne fatal gli apre le vene. ARGENE: Ah no, povero prence (piange).
AMINTA Che giova il pianto. ARGENE: E la PRINCIPESSA ARISTEA  non giunse.
AMINTA: Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole, o non può compiacerla. ARGENE E Megacle? AMINTA Il meschino ne' custodi s'avvenne, che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai chieder fra le catene di morir per l'amico: e, se non fosse ancor ei delinquente, ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro morir non può.

ARGENE: L'ha procurato almeno. Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi l'amistà che l'amore? Ah quali io sento d'un'emula virtù stimoli al fianco! Sì, rendiamoci illustri. In fin che dura, parli il mondo di noi. Faccia il mio caso meraviglia e pietà: né si ritrovi nell'universo tutto chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto. Fiamma ignota nell'alma mi scende: sento il nume; m'inspira, m'accende, di me stessa mi rende maggior. Ferri, bende, bipenni, ritorte, pallid'ombre, compagne di morte, già vi guardo, ma senza terror.
AMINTA: Fuggi, salvati, Aminta, in queste sponde tutto è orror, tutto è morte. E dove, oh dio! senza IL PRINCIPE FILINTO io vado? Io l'educai con sì lungo sudore: a regie fasce io l'innalzai da sconosciuta cuna; ed or potrei senz'esso partir così? No. Si ritorni al tempio: si vada incontro all'ira dell'oltraggiato re. IL PRINCIPE FILINTO involva me ancor ne falli sui: si mora di dolor, ma accanto a lui. Son qual per mare ignoto naufrago passeggiero, già con la morte a nuoto ridotto a contrastar. Ora un sostegno ed ora perde una stella; al fine perde la speme ancora e s'abbandona al mar.
CORO (
Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in vari piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all'intorno de' sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori. IL RE CLISTENE che scende dal tempio, preceduto da un numeroso Popolo, da' suoi Custodi, da PRINCIPE FILINTO in bianca veste coronato da fiori, da Alcandro e dal Coro de' Sacerdoti, de' quali alcuni portano sopra bacili d'oro gli stromenti del sacrificio): I tuoi strali terror de' mortali ah! sospendi, gran padre de' numi, ah! deponi, gran nume de' re. Fumi il tempio del sangue d'un empio, che oltraggiò con insano furore, sommo Giove, un'immago di te. I tuoi strali terror de' mortali ah! sospendi, gran padre de' numi, ah! deponi, gran nume de' re. L'onde chete del pallido Lete l'empio varchi; ma il nostro timore ma il suo fallo portando con sé. I tuoi strali terror de' mortali ah! sospendi, gran padre de' numi, ah! deponi, gran nume de' re.
IL RE CLISTENE: Sventurato, ecco vicino de' tuoi miseri dì l'ultimo istante. Tanta pietade (e mi punisca Giove se adombro il ver) tanta pietà mi fai, che non oso mirarti. Il ciel volesse che potess'io dissimular l'errore: ma non lo posso, o figlio. Io son custode della ragion del trono. Al braccio mio illesa altri la diede; e renderla degg'io illesa o vendicata a chi succede. Obbligo di chi regna necessario è così, come penoso, il dover con misura esser pietoso. Pur se nulla ti resta a desiar, fuor che la vita, esponi libero il tuo desire. Esserne io guiro fedele esecutor. Quanto ti piace, figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.
PRINCIPE FILINTO: Padre che ben di padre non di giudice e re que' detti sono, non merito perdono, non lo spero no 'l chiedo e no 'l vorrei, afflisse i giorni miei di tal modo la sorte ch'io la vita pavento e non la morte, l'unico de' miei voti è il riveder l'amico pria di spirar, già ch'ei rimase in vita, l'ultima grazia implore d'abbracciarlo una volta e lieto io moro.
IL RE CLISTENE T'appagherò.(alle guardie) Custodi, Megacle a me. ALCANDRO Signor, tu piangi, e quale eccessiva pietà l'alma t'ingombra.
IL RE CLISTENE: Alcandro, lo confesso, stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio, la voce di costui nel cor mi desta un palpito improvviso, che lo risente in ogni fibra il sangue. Fra tutti i miei pensieri la cagion ne ricerco, e non la trovo. Che sarà, giusti dèi, questo ch'io provo. Non so donde viene quel tenero affetto quel moto, che ignoto mi nasce nel petto; quel gel, che le vene scorrendo mi va. Nel seno a destarmi sì fieri contrasti non parmi che basti la sola pietà.

PRINCIPE FILINTO: Ah, vieni, illustre esempio di verace amistà,, Megacle amato, caro Megacle, vieni.
MEGACLE (fra le guardie): Ah qual ti trovo, povero prence.
PRINCIPE FILINTO: Il rivederti in vita mi fa dolce la morte.
MEGACLE: E che mi giova una vita, che invano voglio offrir per la tua, a molto innanzi, PRINCIPE FILINTO, non andrai, noi passeremo ombre amiche indivise il guado estremo.
PRINCIPE FILINTO: O delle gioie mie, de' miei martiri, finché piacque al destin, dolce compagno, separarci convien. Poiché siam giunti agli ultimi momenti, quella destra fedel porgimi, e senti. Sia preghiera, o commando vivi; io bramo così. Pietoso amico chiudimi tu di propria mano i lumi; ricordati di me. Ritorna in Creta al padre mio, povero padre, a questo preparato non sei colpo crudele, deh tu l'istoria amara raddolcisci narrando, il vecchio afflitto reggi, assisti, consola; lo raccomando a te, se piange, il pianto tu gli asciuga sul ciglio; e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio. MEGACLE: Taci, mi fai morir.
IL RE CLISTENE: Non posso, Alcandro, resister più, guarda que' volti: osserva que' replicati amplessi, que' teneri sospiri e que' confuse fra le lagrime alterne ultimi baci, povera umanità.
ALCANDRO: Signor, trascorre l'ora permessa al sacrifizio.
IL RE CLISTENE: È vero, olà, sacri ministri, la vittima prendete, e voi, custodi, dall'amico infelice dividete colui. (son divisi da' sacerdoti e da' custodi)
MEGACLE: Barbari, ah voi avete dal mio sen svelto il cor mio.
PRINCIPE FILINTO: Ah dolce amico.
MEGACLE: Ah caro prence (guardandosi da lontano) PRINCIPE FILINTO E MEGACLE: Addio.
CORO: I tuoi strali terror de' mortali ah! sospendi, gran padre de' numi, ah! deponi, gran nume de' re.
Nel tempo che si canta il coro, IL PRINCIPE FILINTO va ad inginocchiarsi a' piè dell'ara appresso al Sacerdote. Il Re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile da un de' Ministri del tempio; e, nel porgerla al Sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia.
IL RE CLISTENE: O degli uomini padre e degli dèi, onnipotente Giove, al cui cenno si move il mar, la terra, il ciel; di cui ripieno è l'universo, e dalla man di cui pende d'ogni cagione e d'ogni evento la connessa catena; questa, che a te si svena, sacra vittima accogli. Essa i funesti, che ti splendono in man, folgori arresti. (nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)
ARGENE: Fermati, o re, fermate, sacri ministri.
IL RE CLISTENE: Oh insano ardir! Non sai, ninfa, qual opra turbi? ARGENE: Anzi più grata vengo a renderla a Giove, una io vi reco vittima volontaria ed innocente, che ha valor, che ha desio di morir per quel reo.
IL RE CLISTENE: Qual è? ARGENE: Son io.
MEGACLE: O bella fede. PRINCIPE FILINTO: Oh mio rossor. IL RE CLISTENE: Dovresti saper che al debil sesso pe 'l più forte morir non è permesso.
ARGENE: Ma il morir non si vieta per lo sposo a una sposa, n questa guise so che al tessalo Admeto serbò la vita Alceste; e so che poi l'esempio suo divenne legge a noi.
IL RE CLISTENE: Che perciò, sei tu forse del PRINCIPE FILINTO consorte. ARGENE: Ei me ne diede in pegno la sua destra e la sua fede.
IL RE CLISTENE: Licori, io, che t'ascolto, son più folle di te, d'un regio erede una vil pastorella dunque.
ARGENE: Né vil son io, né son Licori. Argene ho nome, in Creta chiara è del sangue mio la gloria antica e se giurommi fé, IL PRINCIPE FILINTO il dica. IL RE CLISTENE: PRINCIPE FILINTO, parla.
PRINCIPE FILINTO: È l'esser menzognero questa volta pietà. No, non è vero. ARGENE: Come, e negar lo puoi, volgiti, ingrato; riconosci i tuoi doni, se me non vuoi, l'aureo monile è questo, che nel punto funesto di giurarmi tua sposa ebbi da te, ti risovvenga almeno che di tua man me ne adornasti il seno.
PRINCIPE FILINTO: Pur troppo è ver. ARGENE: Guardalo, o re.
IL RE CLISTENE (alle guardie che vogliono allontanarla a forza) Dinanzi mi si tolga costei.
ARGENE: Popoli, amici, sacri ministri, eterni dèi, se pure n'è alcun presente al sacrifizio ingiusto, protesto innanzi a voi; giuro ch'io sono sposa aL PRINCIPE FILINTO, e voglio morir per lui: né, principessa, ah, vieni; soccorrimi: non vuole udirmi il padre tuo.
PRINCIPESSA ARISTEA: Credimi, o padre, è degna di pietà.
IL RE CLISTENE: Dunque volete ch'io mi riduca a delirar con voi, arla; ma siano brevi i detti tuoi.
ARGENE Parlino queste gemme, porge il monile a Clistene, io tacerò, van di tai fregi adorne in Elide le ninfe.
IL RE CLISTENE (lo guarda e si turba) Ahimè, che miro, Alcandro riconosci questo monil.
ALCANDRO Se il riconosco, È quello che al collo avea, quando l'esposi all'onde, il tuo figlio bambin.
IL RE CLISTENE: IL PRINCIPE FILINTO, oh dio, tremo da capo a piè). IL PRINCIPE FILINTO, sorgi, guarda: è ver che costei l'ebbe in dono da te.
PRINCIPE FILINTO: Però non debbe morir per me, fu la promessa occulta, non ebbe effetto; e col solenne rito l'imeneo non si strinse.
IL RE CLISTENE Io chiedo solo se il dono è tuo. PRINCIPE FILINTO: Sì. IL RE CLISTENE: Da qual man ti venne.
PRINCIPE FILINTO: A me donollo Aminta. IL RE CLISTENE: E questo Aminta chi è.
PRINCIPE FILINTO Quello a cui diede il genitor degli anni miei la cura. IL RE CLISTENE: Dove sta.
PRINCIPE FILINTO: Meco venne; meco in Elide è giunto. IL RE CLISTENE: Questo Aminta si cerchi. ARGENE: Eccolo appunto.
AMINTA (vuol abbracciarlo) Ah, IL PRINCIPE FILINTO.
IL RE CLISTENE: T'accheta, rispondi, e non mentir, questo monile donde avesti. AMINTA: Signor, da mano ignota, già scorse il quinto lustro ch'io l'ebbi in don.
IL RE CLISTENE: Dov'eri allor. AMINTA: Là, dove in mar presso a Corinto sbocca il torbido Asopo.
ALCANDRO (guardando attentamente Aminta) Ah, ch'io rinvengo delle note sembianze qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno, certo egli è desso (inginocchiandosi) Ah, d'un antico errore mio re, son reo, deh me 'l perdona, io tutto fedelmente dirò.
IL RE CLISTENE: Sorgi, favella.
ALCANDRO: Al mar, come imponesti, non esposi il bambin: pietà mi vines, costui straniero, ignoto mi venne innanzi, e gliel donai, sperando che in rimote contrade tratto l'avrebbe.
IL RE CLISTENE: E quel fanciullo, Aminta, dov'è, che ne facesti. AMINTA: Io quale arcano ho da scoprir.
IL RE CLISTENE: Tu impallidisci. Parla, empio, di', che ne fu, tacendo aggiungi all'antico delitto error novello.
AMINTA: L'hai presente, o signor: IL PRINCIPE FILINTO è quello. IL RE CLISTENE: Come, non è di Creta FILINTO il prence?
AMINTA: Il vero prence in fasce finì la vita. Io, ritornato appunto con lui bambino in Creta, al re dolente l'offersi in dono: ei dell'estinto in vece al trono l'educò per mio consiglio.
IL RE CLISTENE (abbracciandolo) Oh numi, ecco Filinto, ecco il mio figlio. PRINCIPESSA ARISTEA: Stelle.
PRINCIPE FILINTO: Io tuo figlio. IL RE CLISTENE: Sì, tu mi nascesti gemello alla PRINCIPESSA ARISTEA. Delfo m'impose d'esporti al mar bambino, un parricida minacciandomi in te.
PRINCIPE FILINTO: Comprendo adesso l'orror che mi gelò, quando la mano sollevai per ferirti.
IL RE CLISTENE: Adesso intend l'eccessiva pietà, che nel mirarti mi sentivo nel cor.
AMINTA: Felice padre. ALCANDRO: Oggi molti in un punto puoi render lieti. IL RE CLISTENE: E lo desio, d'Argene Filinto il figlio mio, Megacle della PRINCIPESSA ARISTEA  vorrei consorte; ma FILINTO, il mio figlio, è reo di morte.
MEGACLE: Non è più reo, quando è tuo figlio. IL RE CLISTENE: È forse la libertà de' falli permessa al sangue mio, qui viene ogni altro valore a dimostrar, l'unico esempio esser degg'io di debolezza, ah questo di me non oda il mondo, olà, ministri, risvegliate su l'ara il sacro fuoco, va, figlio, e mori, anch'io morrò fra poco.
AMINTA: Che giustizia inumana. ALCANDRO: Che barbara virtù.
MEGACLE: Signor, t'arresta, tu non puoi condannarlo, in Sicione sei re, non in Olimpia, È scorso il giorno, a cui tu presiedesti, il reo dipende dal pubblico giudizio.
IL RE CLISTENE: E ben s'ascolti dunque il pubblico voto, a pro del reo non prego, non comando, e non consiglio.
CORO DI SACERDOTI E POPOLO: Viva il figlio delinquente, perché in lui non sia punito l'innocente genitor. Né funesti il dì presente, né disturbi il sacro rito un'idea di tanto orror.


FINE

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