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Friday, July 19, 2024

GRICE E TREBAZIO: LA RAGIONE CONVERSAZIONALE DELLA REPUBBLICA ROMANA E L'IMPLICATURA CONVERSAZIONALE DEL LUOGO -- ROMA ANTICA -- FILOSOFIA CAMPANESE -- FILOSOFIA ITALIANA -- LUIGI SPERANZA, PEL GRUPPO DI GIOCO DI H. P. GRICE, THE SWIMMING-POOL LIBRARY, VILLA SPERANZA

 

Grice e Trebazio: la ragione conversazionale della repubblica romana e l’implicatura conversazionale del luogo -- antica roma -- la filosofia romana –  Roma – filosofia campanese -- filosofia italiana – Grice Italico -- Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza (Velia). Filosofo italiano. Novi Velia, Salerno, Campania. È molto dubbio che si debbano prendere alla lettera certe espressioni di CICERONE che accennano l’inclinazione di T. por la filosofia dell’Orto. Provenne da famiglia agiata e pare che si reca a Roma per darsi agli studi giuridici. Per raccomandazione di CICERONE, GIULIO CESARE lo conduce nelle Gallie e si serve di lui per pareri giuridici. Ritornato a Roma all’inizio della guerra civile, T. age da mediatore tra GIULIO CESARE  e CICERONE. Nel conflitto fra CESARE e POMPEO, T. si schiera col primo al quale rimase sempre fedele. Dopo la morte di GIULIO CESARE, T. si reca spesso alla villa Tuscolana di CICERONE, ove gli caddero in mano i "Topica" di Aristotele. Per contentare il suo desiderio di avere chiarimenti di quella trattazione, CICERONE scrive il saggio omonimo che dedica ed invia a T. In seguito T.  segue OTTAVIANO. ORAZIO dedica a T. una satira, in cui lo presenta come un insigne giurista. T. venne nominato cavaliere o da GIULIO CESARE o d'OTTAVIANO. T. è il maggiore giurista del tempo suo e ha come scolaro ANTISTIO LABEONE (si veda). Scrive sul diritto civile e sulle religione, ma ci restano soltanto citazioni di autori posteriori. T. probabilmente adere a un eclettismo simile in parte a quello di CICERONE con forti caratteri dell’ACCADEMIA e del PORTICO, ma non si può dire se accetta la scessi probabilista dell'ACCADEMIA. È in stretti rapporti di amicizia e confidenza con GIULIO CESARE, OTTAVIANO, ORAZIO, MECENATE, oltre che con CICERONE, col quale intrattenne un fitto epistolario e che gli dedica i “Topica”. In qualità di giureconsulto, segue GIULIO CESARE nelle sue campagne galliche, ricoprendo, anche se solo formalmente, la carica di tribuno militare. E inoltre ascoltato consigliere d’OTTAVIANO ed ha notevole fama quale maestro di MARCO ANTISTIO LABEONE (si veda), che, nella fase evolutiva che dalla Res publica al Principato, è l'artefice di quel movimento innovatore del diritto romano che e stato detto dei proculiani.  Delle sue numerose opere nulla si è conservato, se non le frequenti menzioni che di lui si trovano nelle Pandette e nelle Institutiones del Corpus iuris civilis giustinianeo. Da CICERONE e POMPONIO apprendiamo che è allievo a Roma di CORNELIO MASSIMO (si veda). Secondo POMPONIO, la perizia giuridica di T. e maggiore dell'eloquenza, arte in cui fu superato da qualcuno, come CASCELLIO, giuridicamente meno dotato di lui. Potrebbe essersi avvicinato all'ORTO tramite PANSA, una scuola dalla quale si sarebbe poi allontanato su sollecitazione di CICERONE che la considera poco consona alle virtù civili e allo studio e alla pratica del diritto. La questione ritorna poco dopo, quando CICERONE parla dei rischi del disimpegno civico di T., in relazione al suo ruolo di patrono di Ulubrae, i cui cittadini, in nome dell'amicizia tra i due, saputa della presenza dell'oratore di Arpino, si sono mobilitati nel dare un'entusiastica accoglienza. Nelle stesse righe, CICERONE già si mostra perplesso alla notizia di un suo precedente avvicinamento, sulla scia di Selius, all’ACCADEMIA di Carneade, della scessi, una tradizione filosofica un tempo seguita e apprezzata da CICERONE, ma dalla quale, come si evince indirettamente anche dalla lettera, egli aveva preso le distanze in favore di una sua particolare interpretazione del PORTICO. Ha poi una notevole reputazione come maestro di MARCO ANTISTIO LABEONE (si veda), che avrebbe ricoperto un ruolo importante nella cruciale fase di svolta che portò dalla repubblica romana al principato. Nell’accanite dispute dottrinarie che divisero in fazioni i giureconsulti dell'epoca, LABEONE è l'iniziatore di quella corrente innovatrice che sarebbe stata detta dei proculiani. La familiarità con CICERONE è testimoniata dall'intensa corrispondenza – XVII lettere - nelle quali aleggia sempre un tono umoristico e confidenziale e da cui è possibile attingere molte delle notizie sulla sua vita. Ecco come CICERONE, probabilmente ospite di T. (o forse dell'amico THALNA) a VELIA in un viaggio verso la Grecia, si rivolge all'amico assente. Tu però, se, come sei solito, darai ascolto ai miei consigli, serberai i tuoi beni paterni, né lascerai il nobile fiume Alento, né diserterai la casa dei Papiri. Cicerone. Velia, lettera a T. in Roma. Da CICERONE proviene anche qualche annotazione critica sul carattere di T., secondo lui troppo incline, a volte, ad atteggiamenti presuntuosi e giudizi tranchant: come quando CICERONE, in mezzo ai brindisi, viene messo alla berlina dall'amico sulla questione dell'esistenza o meno di una particolare tradizione dottrinaria. L'esistenza della tradizione, a cui peraltro nessuno dei due adere, vienne negata da T.. CICERONE allora, pur rientrato tardi a casa, e tra i fumi dell'alcool, trova il tempo di puntigliose ricerche in biblioteca per dimostrare la fondatezza delle sue ragioni e rinfacciarle all'amico. Tratti caratteriali che CICERONE considera evidentemente difetti e che non manca di rimproverare all'amico, in maniera anche piuttosto aspra. E ora ascoltami bene, mio caro Testa [T.]! Io non so cosa ti renda più superbo, se il denaro che ti guadagni o l'onore che GIULIO CESARE ti fa nel consultarti. Conoscendo la tua vanità, possa io crepare se non credo che tu ami più l'essere da GIULIO CESARE consultato piuttosto che da lui arricchito! -- Cicerone. Roma, Lettera a T. in Gallia. CICERONE lo raccomanda come giureconsulto a GIULIO CESARE, allora pro-console della Gallia, definendolo probo, modesto e dotato di profonda conoscenza e dottrina dello ius civile. T. si une a GIULIO CESARE nella campagna di Gallia venendo investito della carica di tribuno militare. Mostrandosi poco attratto dalle faccende militari, sembra che GIULIO CESARE, pur confermandogli la carica e la paga, lo avesse esentato dagl’oneri connessi. La stessa cautela in materie militari lo dissuase dal seguire GIULIO CESARE in Britannia, facendogli meritare ancora le frecciate di CICERONE che ironicamente si chiede come mai un accanito nuotatore come lui non abbia voluto bagnarsi nell'oceano. Poté quindi godere dei favori di GIULIO CESARE con il quale entra in grande confidenza e al cui fianco resta fedele nel corso della guerra civile. A proposito di tale confidenza è significativo un aneddoto, riportato da SVETONIO, in cui GIULIO CESARE da prova di superbia e scarso rispetto verso il senato romano ricevendo, senza neppure alzarsi, una delegazione senatoria venuta a rendergli onori presso il tempio di Venere genitrices. In quell'occasione GIULIO CESARE letteralmente fulmina T. con lo sguardo, per il solo fatto di aver letto nei suoi occhi una poco gradita esortazione ad alzarsi. Ha anche da GIULIO CESARE il delicato incarico di mediare con CICERONE e con il tentennante SERVIO SULPICIO, nel tentativo, risultato poi vano, di condurre i due dalla sua parte. Dopo l'assassinio di GIULIO CESARE alle idi di marzo, si une alla cerchia d’OTTAVIANO e MECENATE, divenendo consigliere giuridico del principe. Da POMPONIO apprendiamo che T. acquisce l'ufficio di quaestor ma che il suo cursus honorum si ferma a quel gradino per scelta deliberate. T. infatti, non volendo profittare della posizione privilegiata, rifiuta il consolato offertogli d’OTTAVIANO. Si sa ad esempio che OTTAVIANO, dopo aver dato personale attuazione a un fidecomesso formalizzato da un certo LUCIO LENTULO attraverso codicilli, incaricò una commissione di saggi, fra cui T., dall'indiscussa autorità, di pronunciarsi sulla legittimità dei codicilli stessi. Dalla stessa fonte apprendiamo che la favorevole risposta di T. e improntata a un'argomentazione molto pragmatica. I codicilli, più informali di un vero e proprio testamento, permetteno di dare efficacia anche alle disposizioni mortis causa di quei cittadini romani che, impegnati in lunghi viaggi, non potevano conformare le loro volontà nelle solenni formalità richieste al testamento. Ogni sorta di scrupolo sulla legittimità dei codicilli sarebbe svanita quando perfino il prestigioso LABEONE, allievo di T., ne avrebbe fatto personalmente uso. Questa innovazione giuridica infranse la regola secondo cui le disposizioni testamentarie dovessero essere integrate in un unico atto unitario, che disponesse simultaneamente di tutti i beni. Da allora in poi è possibile frammentare le proprie disposizioni testamentarie in una serie di singoli atti scollegati. Alla cerchia di MECENATE appartene ORAZIO che recalcitra, con tono leggero e confidente, ai pareri legali dell'amico sui rischi insiti nella mestiere di poeta satirico. C'è di quelli cui sembro nella satira troppo feroce e oltrepassare i limiti consentiti. T., dimmi tu che cosa fare. Startene quieto. Dici che non devo scriver più versi affatto? Appunto questo. Che mi prenda un malanno se non era questo il meglio. Però soffro d'insonnia. La consulenza si sposta allora su un altro terreno. Coloro che han bisogno di dormire attraversin tre volte il Tevere unti. A sera si bagnino di vino. O se tanta mania ti forza a scrivere osa cantar le imprese dell'invitto Cesare, e avrà compensi la fatica. ORAZIO insiste ancora. Non che gli manchi la voglia ma i suoi mezzi poetici non li sente all'altezza del compito. T. sembra inchiodarlo alla durezza della norma che non tollera ignoranza, ma poi si arrende agli argomenti del poeta e conclude con un'interpretazione pragmatica. Tuttavia vorrei darti il mo consiglio di stare attento, di restare in guardia che non ti porti qualche seria noia l'ignoranza di leggi inviolabili. Se qualcuno abbia scritto contro un altro versi cattivi sia condotto innanzi al tribunale e sia data sentenza. Sta bene. Se cattivi; ma se buoni qualcuno li abbia scritti e con la lode di Cesare che giudica la causa? Se qualcuno ha latrato, integro lui, dietro a un altro che è degno di disprezzo? Saranno disarmate dalle risa le leggi e tu sarai lasciato andare. -- Orazio, Satire. Gli scritti di T. annoverano un De religionibus, in almeno X libri e un “De iure civili”. Delle sue opere, che si conservavano ancora al tempo di POMPONIO, non ci è pervenuto direttamente alcun frammento. Sappiamo tuttavia che e frequentemente citato dai giuristi successivi come desumibile dalle occorrenze nelle Pandette e nelle Institutiones del Corpus iuris civilis giustinianeo. La congettura sulla data di morte si deve a Kunkel, Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen, Böhlau Verlag. Tale datazione si basa sull'identificazione del LENTULO della diatriba giuridica sui codicilli con il LUCIO CORNELIO LENTULO, pro-console d'Africa. CICERONE pone mano a questa breve opera proprio su richiesta di T. Vi si dedica, lavorando a memoria, nella tappa da VELIA a REGGIO di un suo viaggio -- Si veda: Cic. ad familiares. La decisione di intraprendere questo viaggio è maturata nelle turbolenze successive all'assassinio di GIULIO CESARE, volendo CICERONE raggiungere la Grecia attraverso una lunga e inusuale, ma più sicura navigazione litoranea che, dalle coste tirreniche, attraversasse lo stretto di Sicilia.  Cic. ad familiares. Pomp. Enchiridion, nel frammento incorporato nelle Pandette giustinianee (The Latin Library). Un accenno a una possibile vicenda epicurea di T. compare nell'epistola ad familiares 7.12 scritta dalle paludi pontine. La notizia è riferita a CICERONE dallo stesso PANSA, allora in Gallia e in procinto di diventare tribuno per il biennio 52-51 a.C. L'accenno è inserito in una sorta di canzonatura, in cui Cicerone indulge all'ironia lieve sullo scarso impegno di T. nella campagna di Gallia, quasi l'avesse scambiata per una molle vacanza tarantina. ^ Altre fonti lo indicano invece come epicureo seguace di Irzio, legato di Cesare in Gallia (che sarà console con Pansa). Si veda Gravina. Origines juris civilis (De ortu et progressu juris civilis), riportata in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napol. Ad familiares. L'accoglienza degli ulubrani intenti a rendergli onore viene comicamente resa con l'immagine fabulistica di un'orda di ranocchi gracidanti, in una lettera di poco successiva (ad familiares). Sellius, comune amico dei due, fu un oratore le cui doti non sono ritenute eccelse da Cicerone (Cic. ad familiares). Pomp. Enchiridion, in: Pandette. Il riferimento, non chiaro, a Thalna è in una lettera scritta da Vibo a Tito Pomponio Attico: ad Atticum. Dovrebbe trattarsi, in questo caso, di persona sicuramente diversa dal Thalna nominato (o pseudonimato) in ad Atticum, giudice corrotto ai tempi del famoso processo in cui Clodio fu imputato e Cicerone testimone. È anche possibile che Cicerone, nella corrispondenza, non facesse menzione dell'ospitalità offertagli a Elea da Trebazio, per non compromettere l'amico. Cic. ad familiares. La disputa, per inciso, riguardava l'esistenza di certe tradizioni giuridiche circa una facoltà, in capo all'erede, di perseguire giudizialmente un furto avvenuto prima della successione mortis causa. Cicerone tende ad imputare l'atteggiamento così titubante -- e così poco saggio -- dell'amico agli insegnamenti di Cornelio Massimo. ^ “studiosissimus homo natandi” -- così lo definisce in ad familiares. Svetonio, Vite dei Cesari. Si veda, su Lacus Curtius di Thayer. Il tentativo con Cicerone è in Plutarco, Vite parallele. Cicerone o su Lacus Curtius. La notizia su Sulpicio è tratta dal già citato Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, che riprende, anche in questo caso, il Gravina. Origines juris civilis, Vol. 1, (De ortu et progressu juris civilis). Forse identificabile con Lucio Cornelio Lentulo, console e pro-console d'Africa, morto in Provincia d'Africa (cfr. Kunkel, Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen, Böhlau Verlag, Institutiones. Sul prestigio di T. troviamo questo inciso: «cuius tunc auctoritas maxima erat». ^ Si intende meglio il consiglio se lo si confronta con l'immagine di un T. appassionato nuotatore, già ricordata in una precedente nota (ad familiares.  In questo caso Augusto. In Orazio - Tutte le opere. Versione, introduzione e note di Cetrangolo, Sansoni. Intratext Library. Macrobio, in Saturnalia cita infatti, fra gli altri, il decimo libro della sua opera. Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ruiz, T., in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, T. su sapere.it, De Agostini. Opere di T. su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute. Portale Antica Roma   Portale Biografie Categorie: Giuristi romaniPolitici romani del I secolo a.C.Giuristi del I secolo a.C.Persone delle guerre galliche[altre] A lawyer and a friend of Cicerone. When he converted to The Garden, Cicerone wrote to him questioning whether being a gardener was compatible with belonging to the legal profession. Trebazio was also the author of some works about the divine and its cult. Gaio Trebiano Testa. Keywords: I topica di Cicerone, ius, legge, Ottaviao, Labeone, satira, Orazio, religione, ius civile, pragmatica del diritto. Per H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

 

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