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Tuesday, July 17, 2012

L'arco di Settimio Severo, Roma -- IMP · CAES · LVCIO · SEPTIMIO · M · FIL · SEVERO · PIO · PERTINACI · AVG · PATRI PATRIAE · PARTHICO · ARABICO · ET · PARTHICO · ADIABENICO · PONTIFIC · MAXIMO · TRIBUNIC · POTEST · XI · IMP · XI · COS · III · PROCOS · ET · IMP · CAES · M · AVRELIO · L · FIL · ANTONINO · AVG · PIO · FELICI · TRIBUNIC · POTEST · VI · COS · PROCOS · P · P · OPTIMIS · FORTISSIMISQVE · PRINCIPIBUS · OB · REM · PVBLICAM · RESTITVTAM · IMPERIVMQVE · POPVLI · ROMANI · PROPAGATVM · INSIGNIBVS · VIRTVTIBVS · EORVM · DOMI · FORISQVE · S · P · Q · R

Speranza

 

 
 
L'arco di Settimio Severo.
.
Localizzazione
Statobandiera Italia
ComuneRoma-Stemma.png Roma

L'arco di Settimio Severo è un arco trionfale a tre fornici (con un passaggio centrale affiancato da due passaggi laterali più piccoli), sito a Roma, all'angolo nord-ovest del Foro Romano e sorge su uno zoccolo in travertino, in origine accessibile solo per mezzo di scale.

 

 

Eretto tra il 202 e il 203, fu dedicato dal senato all'imperatore Settimio Severo e ai suoi due figli, Caracalla e Geta per celebrare la vittoria sui Parti, ottenuta con due campagne militari concluse rispettivamente nel 195 e nel 197-198.

L'arco era posto nel Foro a fare da péndant ideale all'arco di Augusto, anch'esso dedicato a una vittoria partica, e con l'arco di Tiberio e il portico di Gaio e Lucio Cesare costituiva uno dei quattro accessi monumentali alla piazza forense storica non percorribile da carri: alcuni gradini sotto i fornici impedivano infatti il passaggio delle ruote.

 ]

La volta del fornice centrale.
L'iscrizione.
L'arco, alto 23 metri, largo 25 e profondo 11,85, è costruito in opera quadrata di marmo, con i tre fornici inquadrati sul lato frontale da colonne sporgenti di ordine composito, su alti plinti, scolpiti con Vittorie e figure di barbari. Si tratta del più antico arco a Roma, conservato, con colonne libere anziché addossate ai piloni.
I fornici laterali sono messi in comunicazione con quello centrale per mezzo di due piccoli passaggi arcuati.
Sui due lati dell'alto attico è presente la seguente iscrizione:
« IMP · CAES · LVCIO · SEPTIMIO · M · FIL · SEVERO · PIO · PERTINACI · AVG · PATRI PATRIAE · PARTHICO · ARABICO · ET · PARTHICO · ADIABENICO · PONTIFIC · MAXIMO · TRIBUNIC · POTEST · XI · IMP · XI · COS · III · PROCOS · ET · IMP · CAES · M · AVRELIO · L · FIL · ANTONINO · AVG · PIO · FELICI · TRIBUNIC · POTEST · VI · COS · PROCOS · P · P · OPTIMIS · FORTISSIMISQVE · PRINCIPIBUS · OB · REM · PVBLICAM · RESTITVTAM · IMPERIVMQVE · POPVLI · ROMANI · PROPAGATVM · INSIGNIBVS · VIRTVTIBVS · EORVM · DOMI · FORISQVE · S · P · Q · R »
La quarta riga dell'iscrizione, dove compare optimis fortissimisque principibus, sostituisce il testo che riportava il nome di Geta e che venne cancellato e sostituito dopo il suo assassinio e la damnatio memoriae.
Sopra l'attico, come raffigurato nelle emissioni monetali, si trovava la quadriga imperiale in bronzo e gruppi statuari.

 

Rilievo dell'Assedio e presa di Ctesifonte, marmo, 4,90x4 m.
Terzo pannello
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Campagne partiche di Settimio Severo.
Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Campagne partiche di Settimio Severo
Il teatro delle campagne militari di Settimio Severo
Il teatro delle campagne militari di Settimio Severo
Data195 - 198
LuogoArmenia e Mesopotamia
EsitoVittoria romana
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
9 - 11 legioni
vexillationes di 13 - 16 legioni
unità ausiliarie
(totale: circa 150.000 uomini)
Voci di battaglie presenti su Wikipedia
Le campagne partiche di Settimio Severo (195-198) costituirono l’ennesimo successo delle armate romane sui Parti per la supremazia del vicino regno d'Armenia. Dopo questa disfatta i Parti verranno prima battuti dalle armate romane del figlio, Caracalla (215-217), e poi sostituiti nel 224 dalla dinastia dei Sasanidi.

Indice

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Contesto storico [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Settimio Severo e Dinastia dei Severi.
La dinastia dei Severi che regnò sull'Impero romano tra la fine del II e i primi decenni del III secolo, dal 193 al 235, con una breve interruzione durante il regno di Macrino tra il 217 e il 218, ebbe in Settimio Severo il suo capostipite ed in Alessandro Severo il suo ultimo discendente. La nuova dinastia era nata sulle ceneri di un lungo periodo di guerre civili, dove si affrontarono altri tre contendenti oltre a Settimio Severo (Didio Giuliano, Pescennio Nigro e Clodio Albino). Nei nomina degli imperatori era, inoltre, presente un chiaro riferimento alla dinastia degli Antonini. Il motivo era quello di creare una forma di continuità ideale con la precedente dinastia, quasi non ci fosse stata alcuna interruzione, neppure con il predecessore Pertinace.

Casus belli [modifica]

Settimio Severo decise di invadere l'Osroene nel 195, poiché i Parti avevano aiutato nel corso del 194 il suo diretto rivale alla porpora imperiale, Pescennio Nigro, che era stato sconfitto in tre battaglie (a Cizico, Nicea ed Isso), e nel tentativo di rifugiarsi presso i Parti, fu raggiunto e ucciso.

Forze in campo [modifica]

Le operazioni di questi anni di guerra al di là che permisero allo stesso imperatore di costituire tre nuove legioni:
ne coinvolsero direttamente altre come:
oltre ad alcune vexillationes provenienti da altri fronti come:
Il totale delle forze messe in campo dall'Impero romano potrebbe aver superato i 150.000 armati coinvolti; di essi, una metà fu costituita da legionari (provenienti da ben 24-25 legioni), la restante da ausiliari.[2]

Fasi del conflitto [modifica]

Il primo pannello dell'arco trionfale a Roma mostra la campagna contro Adiabeni ed Osroeni. Si riconosce la partenza delle truppe romane dal castrum (registro inferiore); il primo scontro (registro centrale); la liberazione di Nisibis e la fuga di Vologase V (registro superiore-destro); l' adlocutio all'esercito, con Severo sul suggesto, i figli e gli alti ufficiali (registro superiore-sinistro).

Prima guerra partica (194-195) [modifica]

Si erano ribellati a Roma, Adiabeni ed Osroeni, mettendo sotto assedio la città di Nisibis. Venuti, però, a sapere che Severo aveva sconfitto ed ucciso Pescennio Nigro, decisero di chiedere il suo perdono,[3] sebbene non fossero disposti a liberare le guarnigioni romane sottratte a Nigro. Anzi pretendevano che i Romani lasciassero libero il resto del loro paese. Motivo per cui Severo non esitò a condurre contro gli stessi la guerra.[4] Egli, infatti, partito da Antiochia alla volta dell'Eufrate, lo attraversò a Zeugma nel corso di quell'estate particolarmente calda, tanto che l'armata romana rischiò di perdere numerosi soldati per disidratazione.[5] Dopo un primo scontro, riuscì a liberare la città di Nisibis, che evidentemente era romana dai tempi delle campagne di Lucio Vero.[6] Decise quindi di dividere l'esercito in altri tre tronconi, inviando i suoi sottoposti, Laterano, Leto e Candido in diverse direzioni per sottomettere tutte le città che si erano ribellate in precedenza.[7] Rientrati dopo aver raggiunto il loro obiettivo, Severo divise nuovamente l'esercito tra Leto, Anullino (probabilmente quel Publio Cornelio Anullino, console nel 175 e nel 199) e Probo ed inviandoli contro un certo Arche,[8] evidentemente un re della zona, forse appartenente alla popolazione degli Arabi della città fortificata di Hatra,[9] assediata almeno due volta da Severo (anche durante la campagna del 197-198[10]).
Alcune di queste scene sono rappresentate nel primo pannello sud-est dell'arco di trionfo posizionato vicino alla curia Iulia nel foro romano. Al termine delle operazioni di guerra costituì nuovamente la provincia di Mesopotamia (che comprendeva il solo Osroene ed Adiabene) ponendovi a presidio due delle tre nuove legioni appena create (la legio I e la III Parthica), sotto la guida di un prefetto di rango equestre. Per questi successi assumeva i titoli di Adiabenicus e Arabicus.[11][12][13]

Seconda guerra partica (197-198) [modifica]

Settimio Severo: denario[14]
Septimius Severus Denarius 197 90020195.jpg
L SEPT SEV PERT AVG IMP VIII, testa laureata a destra, in uniforme militare (Paludamentum)PROFECTIO AUG, Settimio Severo a cavallo che parte per il fronte orientale con una lancia in mano.
2.85 g, coniato nel 197.
La seconda campagna fu condotta dall'estate del 197 alla primavera del 198.
In questo terzo pannello è rappresentato l'avvicinamento dei Romani a Seleucia, da dove i Parti fuggono a cavallo (registro inferiore); gli abitanti rimasti, si arrendono supplichevoli a Severo (registro centrale), che entra trionfante nella città conquistata (registro superiore).
197
La campagna era iniziata a causa di un nuovo assedio delle armate partiche alla città di Nisibis, la quale resistette grazie alle capacità del suo comandante, quel Leto che partecipò alla precedente campagna del 195.[15] Le armate di Severo, in piene forze, varcarono ancora una volta l'Eufrate presso Zeugma e si diressero con grandi macchine d'assedio alla volta di Edessa, che gli spalancò le porte in segno di accoglienza, ed inviandogli alti dignitari e vessilli quale atto di sottomissione. Il re di Osroene Abgar VIII, promise forze alleate per l'offensiva in Mesopotamia.
Il re dei Parti, Vologase V, venuto a sapere che Severo si stava avvicinando a Nisibis, decise di allontanarsi. Frattanto l'imperatore romano, raggiunta la città, ormai libera dall'assedio, ebbe un incontro inaspettato. Cassio Dione Cocceiano racconta, infatti, che qui trovò un cinghiale enorme, che aveva ucciso un cavaliere romano, il quale aveva tentato invano di abbatterlo. Fu necessario l'intervento di una trentina di soldati per catturarlo e portarlo a Severo.[15]
Severo, costruita una flotta, percorse l'Eufrate con navi estremamente rapide, dove raggiunse prima Dura Europos, proseguì poi per Seleucia che occupò, dopo aver messo in fuga la cavalleria catafratta dei Parti.[15] L'avanzata prosegì con la cattura di Babilonia[16] che poco prima era stata abbandonata dalle forze nemiche e, verso la fine dell'anno, anche la stessa capitale dei Parti, Ctesifonte,[16] fu posta sotto assedio. La città ormai circondata, tentò inutilmente di resistere all'impressionante macchina militare che l'imperatore romano era riuscito a mettere insieme (circa 150.000 armati). Quando ormai era prossima alla capitolazione, il re Vologase V abbandonò i suoi e fuggì verso l'interno dei suoi territori. La città fu saccheggiata e molti dei suoi abitanti furono trucidati barbaramente dai soldati romani,[15] come era successo in passato ai tempi di Traiano (nel 116) e Lucio Vero (nel 165).[17][15]
Rilievo dell'Assedio e presa di Ctesifonte. In questo quarto pannello sono rappresentate le macchine da guerra attorno alla capitale dei Parti (registro centrale), dalla quale fugge il re Vologase V (a destra in basso); a fianco una scena poco chiara, che rappresenterebbe l'elevazione di Caracalla ad Augusto (registro superiore-destro); adlocutio di Severo alle truppe (registro superiore-centrale); un cavaliere allude al ritorno dalla spedizione (angolo in alto a sinistra).
198
Severo trascorse l'inverno nei pressi della capitale partica e verso febbraio-marzo decise di risalire il Tigri per far ritorno tra i confini romani.[15] Durante la ritirata tentò invano per la seconda volta di assediare l'importante roccaforte di Hatra, ma anche questa volta senza successo, visto che molte delle sue macchine erano state distrutte ed molti dei suoi uomini erano feriti.[18] Si racconta poi che durante questa guerra mise a morte due importanti personaggi. Si trattava di un certo Giulio Crispo, un tribuno del pretorio, poiché si era lamentato della lunga guerra , ed aveva citato il poeta Maro, secondo il quale "mentre Turno voleva sposare Lavinia, noi moriamo tutti inascoltati", riferendosi alle lamentele dei soldati; l'altro uomo che mise a morte, questa volta per gelosia, era proprio quel Leto che aveva difeso Nisibi nel corso di queste campagne, forse perché era coraggioso ed amato dai soldati, i quali avevano dichiarato che non avrebbero continuato la guerra se non fosse stato Leto a condurli.[18]
Cassio Dione Cocceiano riferisce, infine, che Severo decise poco dopo, di porre un'altra volta sotto assedio la città di Hatra, portando con sé grandi quantità di viveri e macchine d'assedio, ma in questa occasione si racconta che, non solo perse una grande quantità di denaro per l'allestimento della spedizione, ma anche numerose macchine da guerra (a parte quelle di un certo Prisco),[19] ed inoltre, lo stesso imperatore, nel corso di un attacco alle mura nemiche, per poco non rischiò la vita, decidendo infine di ritirarsi definitivamente recandosi in Egitto.[20] In seguito a questi successi si meritò, però, l'appellativo di Parthicus maximus.[11][21]

Conseguenze [modifica]

Settimio Severo: aureo[22]
Septimius Severus RIC 0142b.jpg
L SEPT SEV AVG IMP XI PART MAX, testa laureata a destra, in uniforme militare (Paludamentum)VICToria PARTHICAE, la Vittoria che avanza verso sinistra e tiene nelle mani una corona ed un trofeo, ai suoi piedi un prigioniero seduto (la Partia).
7,11 g, coniato nel 198/200.

Reazioni immediate [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Arco di Settimio Severo.
Settimio Severo era così riuscito a riconquistare in modo permanente la Mesopotamia settentrionale facendone, come in passato avevano fatto Traiano e Lucio Vero, una nuova provincia romana con a capo un praefectus Mesopotamiae di rango equestre. Per questi successi ottenne il titolo vittorioso di Parthicus maximus, gli fu decretato un Trionfo ed eretto un arco trionfale nel foro romano.[23]

Impatto sulla storia [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Campagne partiche di Caracalla e Campagne mesopotamiche di Ardashir I.
La provincia appena formata della Mesopotamia rimase sotto il controllo romano per alcuni decenni e divenne, insieme al regno d'Armenia, oggetto di contesa nei successivi due secoli, almeno fino al IV secolo, con la campagna sasanide di Giuliano del 363. Le invasioni si susseguirono infatti alle ritirate ed a nuove invasioni da parte delle armate romane.

Note [modifica]

  1. ^ J.R.Gonzales, Historia de las legiones romanas, p.728.
  2. ^ Yann Le Bohec, L'esercito romano, p. 34 e 45.
  3. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXV, 1, 2.
  4. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXV, 1, 2.
  5. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXV, 2, 1-2.
  6. ^ C.Scarre, The Penguin atlas of ancient Rome, London 1995, p.97 e 99.
  7. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXV, 2, 3.
  8. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXV, 3, 2.
  9. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXIV, 11, 2.
  10. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXVI, 10-11.
  11. ^ a b AE 1893, 84; CIL VIII, 24004; AE 1901, 46; AE 1906, 21; AE 1922, 5; AE 1956, 190; CIL VIII, 1333 (p 938).
  12. ^ C.Scarre, Chronicle of the roman emperors, London & New York 1995, p.131.
  13. ^ Roman Imperial Coinage Septimius Severus, IV, 690; Adiabenicus e Arabicus: Septimius Severus Sestertius RIC 0690a.jpg
  14. ^ Roman Imperial Coinage, Septimius Severus, IVa, 494; BMC 466. Cohen 580.
  15. ^ a b c d e f Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXVI, 9.
  16. ^ a b Zosimo, Storia nuova, I, 8.2.
  17. ^ C.Scarre, The Penguin atlas of ancient Rome, London 1995, p.99.
  18. ^ a b Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXVI, 10.
  19. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXVI, 11.
  20. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXVI, 12.
  21. ^ Yan Le Bohec, L'esercito romano. Le armi imperiali da Augusto a Caracalla, Roma 1992, pp. 256 e 268.
  22. ^ Roman Imperial Coinage, Septimius Severus, IVa, 142b.
  23. ^ C.Scarre, Chronicle of the roman emperors, London & New York 1995, p.131.

Bibliografia [modifica]

Fonti primarie
Letteratura storiografica moderna
  • Autori Vari, Storia del mondo antico, in L'impero romano da Augusto agli Antonini, Milano, 1975, Cambridge University Press, vol. VIII.
  • F.A.Arborio Mella, L'impero persiano da Ciro il Grande alla conquista araba, Milano 1980, Ed.Mursia.
  • A.R.Birley, Septimius Severus. The african emperor, Londra e New York, 1988. ISBN 0-415-16591-1
  • J.R.Gonzalez, Historia del las legiones romanas, Madrid 2003.
  • Yann Le Bohec, L'esercito romano (in italiano), Roma, 1992. ISBN 88-430-1783-7
  • Edward Luttwak, La grande Strategia dell'Impero romano, Milano, 1981.
  • F.Millar, The roman near east - 31 BC / AD 337, Harvard 1993.
  • C.Scarre, The Penguin atlas of ancient Rome, London 1995. ISBN 0-14-051320-9
  • C.Scarre, Chronicle of the roman emperors, London & New York 1995. ISBN 0-500-05077-5

Voci correlate [modifica]





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L'arco

I due lati principali dell'arco erano decorati da rilievi. Ai lati del fornice centrale si trovano le consuete Vittorie con trofei, che volano sopra genietti che simboleggiano le quattro stagioni (due per faccia). Sui fornici minori si trovano motivi analoghi, ma le personificazioni rappresentano dei fiumi. nelle chiavi d'arco sono scolpite varie divinità: Marte, Ercole, Libero, Virtus (forse) e Fortuna. Sui fornici minori corre un piccolo fregio con la processione trionfale scolpita da altissimo rilievo. Sui plinti delle colonne rappresentazioni di soldati romani con prigionieri parti (quattro sulla fronte e due sui lati minori).
La parte più interessante della decorazione sono comunque i quattro grandi pannelli che occupano lo spazio sui fornici minori, dove è scolpita la narrazione delle campagne di Settimio Severo in Mesopotamia, organizzate in fasce orizzontali da leggere dal basso verso l'alto, come consueto nella pittura trionfale e nelle narrazione da essa derivate (colonna Traiana, colonna di Marco Aurelio, ecc.)
Le scene sono:
  • Primo pannello (Sud-Est), Avvenimenti della prima guerra del 195:
    • Partenza delle truppe romane dall'accampamento (registro inferiore)
    • Scontro tra Romani e Parti (registro centrale)
    • Liberazione di Nisibis e fuga del re dei Parti Vologase V (registro superiore a destra)
    • Adlocutio all'esercito di Severo sul suggesto, coi figli e gli alti ufficiali (registro superiore a sinistra)
  • Secondo pannello (Nord-Est), Avvenimenti della seconda guerra del 197-198:
    • Partenza delle truppe con le macchine da assedio (grande ariete testudinato) alla volta di Edessa, che spalanca le porte in segno di accoglienza e invia dignitari e vessilli per sottomettersi (registro inferiore)
    • Sottomissione del re di Osroene Abgar VIII, il cui esercito si mescola a quello romano e viene poi arringato dall'imperatore (registro centrale)
    • Concilium imperiale in un castrum presso un ariete (registro superiore a destra)
    • Profectio per la penetrazione in suolo nemico (registro superiore a sinistra)
  • Terzo pannello (Nord-Ovest):
    • Avvicinamento dei Romani a Seleucia, da dove i Parti fuggono a cavallo (registro inferiore)
    • I Parti si arrendono supplichevoli a Severo (registro centrale)
    • Severo fa l'ingresso nella città conquistata (registro superiore)
  • Quarto pannello (Sud-Ovest):
    • Assedio con le macchine da guerra alla capitale dei Pati, Ctesifonte (registro centrale), dalla quale fugge a piedi il re Vologases (estrema destra in basso)
    • Scena non identificata, con cavalieri a piedi nella rappresentazione di Ctesifonte (forse l'elevazione di Caracalla al titolo di Augusto, che avvenne in quell'occasione, registro superiore a destra)
    • Adlocutio di Severo (registro superiore al centro)
    • Un cavaliere in piedi che allude al ritorno dalla spedizione (angolo in alto a sinistra)

 

I rilievi sui plinti

La decorazione accessoria segue lo stile classico dell'arte ufficiale ed è tesa a esaltare con simboli e allegorie l'eternità e l'universalità dell'Impero (le stagioni, i fiumi della Terra), oltre alla gloria degli imperatori (Vittorie, prigionieri). Forte è la connotazione chiaroscurale.

Le scene scolpite vennero probabilmente create usando come modello le pitture che narravano i fatti della guerra inviate dalla Mesopotamia al Senato in preparazione del trionfo[1], che poi venne rimandato dall'imperatore e mai celebrato. I modelli più diretti per i rilievi furono sicuramente le due colonne coclidi, cioè quella Traiana e quella Aureliana, in particolare la seconda per la tecnica narrativa molto essenziale, qui ancora più riassuntiva e schematica.
L'ambientazione delle scene è unica, con un generico paesaggio roccioso (ottenuto bucherellando la superficie del marmo), con accenni di fiumi (come il Tigri nel pannello di Nord-Ovest) e le schematiche raffigurazioni di città. La narrazione in alcuni punti è continua, in altri mostra scene isolate, istantanee. La comprensione dei fatti è spesso affidata a gesti eloquenti e situazioni facilmente intelligibili.
Da un punto di vista stilistico alcuni storici hanno individuato due maestri, anche se almeno tutti i pannelli e il fregio sopra i fornici laterali sono opera unitaria, con stringenti affinità con la colonna di Marco Aurelio, di pochi anni anteriore. Qui però si registra la tendenza a isolare maggiormente le figure dallo sfondo tramite netti sottosquadri e quella a preferire una rappresentazione piatta, pittorica.
Uno dei pannelli più significativi è quello dell'Assedio e presa di Ctesifonte, dove è particolarmente evidente l'uso del trapano, che crea zone profonde con forti ombreggiature alternate a quelle in luce sulla superficie, dando un effetto coloristico già visibile in alcune opere sin dall'età di Antonino Pio.
Ma una novità ancora più eclatante è la rappresentazione della figura umana, ormai appiattita in scene di massa ben lontane dalla visione "greca" della rappresentazione dell'individuo isolato e plastico. Si tratta di una testimonianza evidente della nascita di nuovi stilemi legati al filone dell'arte "provinciale e plebea" che dominarono l'arte tardoantica sfociando poi nell'arte medievale. Funzionari, artisti e imperatori stessi infatti provenendo dalle province portarono a Roma, con un'influenza sempre crescente, i caratteri dell'arte tipici proprio dei loro territori d'origine (non è corretto quindi parlare di una "decadenza" dell'arte).
Un altro segno evidente di queste nuove tendenze è la figura dell'imperatore che, circondato dai suoi generali, arringa la folla durante l'adlocutio: non siamo ancora agli ingigantimenti gerarchici tipici delle raffigurazioni imperiali del IV secolo, ma già l'imperatore si trova su un piano rialzato, che emerge sulla massa dei soldati come un'apparizione divina.
Queste tendenze furono ancora più evidenti nell'Arco di Costantino, del secolo successivo.

Note [modifica]

  1. ^ Herod., III, 9, 12.

Bibliografia [modifica]

Voci correlate [modifica]

Altri progetti [modifica]

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