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Friday, July 6, 2012

Ville d'Italia -- dall'A alla Z

Speranza


 


La villa è una tipologia architettonica, storicamente un'ampia residenza collegata ad attività agricole.

L'idea e la funzione della villa hanno subito una considerevole evoluzione dalla sua invenzione, situabile in epoca romana tardo-repubblicana.

 

La villa in età romana era essenzialmente una casa di campagna. Sviluppatasi in Italia in particolare a partire dall'età tardo-repubblicana, sorgeva come residenza padronale al centro di un complesso di edifici e di terreni destinati alla produzione agricola oppure come luogo per il riposo (otium) dalle attività e dagli affari (negotium) praticati in città.

Secondo Plinio il Vecchio e Vitruvio vi erano due tipi di villa: la villa urbana, che era una residenza di campagna che poteva essere facilmente raggiunta da Roma (o da un'altra città) per una notte o due, e la villa rustica, la residenza con funzioni di fattoria occupata in modo permanente dai servi o da schiavi che ci lavoravano per i padroni.


Schema di villa rustica

La villa rustica in origine era sostanzialmente il nucleo di un'azienda agraria a conduzione familiare, dove veniva prodotto ciò che era necessario al sostentamento. Col passare degli anni e l'accrescersi della potenza di Roma, che a ogni conquista trasferiva in Italia centinaia di migliaia di schiavi da sfruttare nei più svariati lavori, le ville rustiche si fecero sempre più grandi e sontuose (200-250 ettari sembra comunque la misura media) e la produzione agricola diventò un'attività il cui scopo non era più semplicemente quello di sfamare il padrone, ma anche e soprattutto di vendere i prodotti in eccesso anche su mercati lontani.

In particolare, la villa come azienda agricola fu una forma presente soprattutto in Italia centrale, dalla Campania all'Etruria (celebre la Villa Settefinestre ad Ansedonia) ed è stata considerata da alcuni studiosi come la forma produttiva più originale, efficiente e razionale che l'economia romana abbia prodotto, la più vicina a sfiorare un modo di produzione propriamente capitalistico.[1] Le produzioni erano differenziate: piantagioni (soprattutto ulivi e vite), altre coltivazioni intensive, orti, pascoli, impianti di trasformazione, depositi, mezzi di trasporto. Si trattava, insomma, di una vera fabbrica rurale organizzata.[2]
Il lavoro era affidato a una massa di schiavi organizzati con disciplina militare, inquadrati da sorveglianti, schiavi anch'essi, sotto la direzione di un vicario del padrone, il villicus.
Una organizzazione così complessa necessitava di solide competenze, che i romani non esitarono a tradurre in famosi testi di agronomia, come: il De agri cultura di Marco Porcio Catone, il De re rustica di Marco Terenzio Varrone e i libri di Columella.
La villa era divisa in diversi settori:
  • La Pars Dominica era la zona residenziale, destinata al dominus e alla sua famiglia;
  • La Pars Rustica era la zona destinata alla servitù, ai lavoratori dell'azienda;
  • La Pars Fructuaria era destinata alla lavorazione dei prodotti.
Le Pars Rustica e Fructuaria assieme formavano la Pars Massaricia.
La progressiva riduzione degli schiavi, dovuta al concludersi della fase espansionistica dell' Impero romano (II secolo d.C.), costrinse l'aristocrazia fondiaria a cedere una parte sempre più vasta della terra a coloni. Questi ultimi, a differenza degli schiavi, erano liberi, ma legati al latifondista secondo la forma della commendatio, ovvero in cambio della protezione garantita dal padrone avevano l'obbligo di prestare servizi (corvée) e pagare canoni. Nelle ville vigeva la responsabilità collettiva del pagamento delle tasse.


Schema di villa urbana

La villa urbana può essere considerata come la sede del prestigio e del benessere dei romani più ricchi, il luogo delle relazioni sociali. Col tempo le ville urbane andarono ampliandosi, diventando pian piano simili alle residenze cittadine. Dotate di ogni comodità, spesso erano più grandi delle domus di città ed erano autosussistenti. Potevano avere biblioteche, sale di lettura, stanze per il bagno caldo, freddo e tiepido, una piscina scoperta ed una palestra. Ampi porticati permettevano passeggiate all'aperto. Erano circondate da parchi e giardini molto curati.
Una delle ville romane più maestose che si possono tuttora visitare è Villa Adriana, a Tivoli. Ma si possono ricordare anche le ville di Baia e Posillipo, la Villa dei Misteri a Pompei, la Domus Aurea di Nerone a Roma, la villa del Casale di Piazza Armerina.

Schema di villa porticata

  

Dopo le invasioni barbariche, i latifondisti usavano i barbari come milizia per tenere soggiogati i coloni affinché non si ribellassero.

Dopo l'invasione longobarda le ville rimasero in mano ai latifondisti latini, ma erano particolarmente spremute fiscalmente. Da questo periodo presero a chiamarsi curtes. Ogni villa o curtis poteva avere un'estensione tra i 100 ed i 10.000 ettari (in quest'ultimo caso se include area boschiva), anche suddivisi in più appezzamenti sparsi (anche fino a 40). Poteva essere laica oppure ecclesiastica.
La Pars rustica era divisa in appezzamenti chiamati manso affidati al singolo colono. I mansi potevano avere estensione tra 5 e 30 ettari. Esistevano anche mansi liberi da sudditanza, ed erano chiamati mansi allodiali, che potevano anche essere uniti in villaggi. A partire dall'anno mille la Pars Dominica cominciò ad essere venduta a borghesi imprenditori, con redditi ottenuti dai diritti bannali.

Modello di villa romana a Hessen

Esempi di ville romane 

Voci correlate 

Altri progetti [modifica]

  


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L'impluvium di Villa San Marco nell'antica città romana di Stabiae

La villa era originariamente una casa di campagna romana costruita per le classi sociali più elevate. Secondo Plinio il Vecchio, vi erano due tipi di villa: la villa urbana, che era una residenza di campagna che poteva essere facilmente raggiunta da Roma (o da un'altra città) per una notte o due, e la villa rustica, la residenza con funzioni di fattoria, occupata in modo permanente dai servi, i quali generalmente si occupavano della proprietà, che ruotava attorno alla villa, che poteva essere abitata stagionalmente.

C'era una certa concentrazione di ville imperiali nei pressi della baia di Napoli, in particolare modo sull'isola di Capri e sul Monte Circeo sulla costa di Anzio. I ricchi romani fuggivano dalle calure estive nelle colline vicino Roma, specie a Tivoli (vedi Villa Adriana). Cicerone si dice possedesse non meno di sette ville, la più antica delle quali era presso Arpinum, che aveva ereditato. Plinio il Giovane ne possedeva tre o quattro, delle quali la più conosciuta in base alle sue descrizioni è presso Laurentium.

Gli scrittori romani riferiscono con soddisfazione dell'autonomia delle loro ville, dove bevevano il loro vino e spremevano il loro olio, un sintomo della crescente frammentazione dell'Impero Romano. Quando ville complete e funzionanti venivano donate alla Chiesa cristiana, servirono come base per monasteri che sopravvissero alle invasioni dei Goti e dei Longobardi. Un notevole esempio di tali ville convertite in monasteri è costituito da Montecassino.

Resti di ville romane sono stati accuratamente indagati anche in Inghilterra. Come le loro controparti italiane, erano società agrarie completamente funzionanti grazie a campi e vigneti, forse persino a fabbriche di mattoni o cave, e ruotavano attorno ad un centro di comando di alto livello dotato di propri bagni e giardini. La grande villa di Woodchester conservava i suoi pavimenti in mosaico quando la chiesa parrocchiale anglo-sassone fu costruita (non per caso) sullo stesso luogo. Le sepolture nel cortile della chiesa fino al XVIII secolo dovettero essere scavate attraverso i pavimenti intatti in mosaico. La villa rustica, ancor più simile ad un palazzo, a Fishbourne vicino a Winchester è stata costruita, in modo poco convenzionale, come un grande rettangolo aperto con giardini circondati da portici e a cui si accedeva attraverso un portico. Verso la conclusione del III secolo le città romane in Gran-Bretagna cessarono di espandersi: come i patrizi vicini al centro dell'impero, i Britanni romani si ritiravano dalle città dentro le loro ville, che entrarono in una fase di palazzo, un' "età d'oro" della vita della villa.

Due tipi di piano di villa nella Britannia romana possono essere caratteristici delle ville romane i genere. Quello più usuale con estese ali di stanze tutte aperte su un portico di collegamento, che può essere esteso ad angoli retti, anche per racchiudere un cortile. L'altro tipo ha una stanza centrale a navate come una basilica, indizio del ruolo di magistrato del proprietario. Le costruzioni della villa erano spesso strutture indipendenti collegate attraverso i loro cortili comuni. Per le parti meno prestigiose la villa era fatta di costruzioni di legno, attentamente regolate a tenone e mortasa e tenute insieme, su una base di pietra; per le part cerimoniali al legno si sostituiva completamente la pietra. Sono state inoltre ritrovate tracce di vetri per finestre e telai in ferro sempre per queste ultime.

 

Dopo l'epoca romana il termine fu riferito ad una fattoria autosufficiente, solitamente fortificata, in Italia o nei territori gallo-romani. Era autosufficiente come un villaggio ed i suoi abitanti, che potevano esservi legalmente vincolati in qualità di servi, erano chiamati "villani" o "villici".

I Franchi Merovingi adottarono il concetto (ma il termine francese, posteriore, fu basti or bastide).


In Spagna, una villa è una città con uno statuto (fuero) di minore importanza rispetto alla città (ciudad).

Una successiva evoluzione portò ad essere la distinzione tra villas e ciudades puramente onorifica. Madrid è una Villa y Corte, ma l'assai più piccola Ciudad Real fu dichiarata ciudad dalla corona spagnola.

Villa (o i suoi derivati) è parte di molti toponimi spagnoli, come Vila Real e Villadiego.

Quando è associata ad un nome di persona spagnolo, è probabilmente derivata dal senso originale di proprietà di campagna piuttosto che di città.

 


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Con Leon Battista Alberti e i suoi trattai ("De re aedificatoria" e poi "Villa") venne riscoperto il gusto della villa come luogo di piacere e di ozio rispetto alle residenze urbane e vennero ripresi tutta una serie di consigli edificativi da Vitruvio e altri autori con qualche aggiunta e nuova chiarificazione.

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La prima villa costruita in pieno stile rinascimentale viene considerata Villa Medici a Fiesole, dove per la prima volta sono assenti i caratteri militari e difensivi tipici dei castelli e caseggiati rustici medievali.

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Qualche decennio dopo Lorenzo il Magnifico faceva costruire a Giuliano da Sangallo la villa medicea di Poggio a Caiano, utilizzata come modello per i successivi sviluppi architettonici.

Fondamentale è la nuova concezione di apertura verso l'esterno (rispetto alla chiusura difensiva medievale), con i giardini che diventano un tramite insostituibile tra l'abitazione e la natura stessa.


Dalla Toscana il concetto di villa si diffuse nelle altre corti italiane: a Roma, a Ferrara, a Mantova, a Milano, la Liguria, eccetera.

Nel XIV e XV secolo in Italia, la "villa" connotava una volta ancora una casa di campagna, talvolta la sede del potere della famiglia come nel caso di Villa Caprarola, più spesso progettata per i piaceri stagionali, generalmente collocata in modo da essere facilmente raggiungibile dalla città.

VILLE DI ROMA:


Non distante da Roma nel XVI secolo furono costruite numerose ville: Villa Madama, il progetto della quale, attribuito a Raffaello Sanzio, fu completato da Giulio Romano nel 1520, fu una delle residenze private mai costruite che hanno avuto più influenza.

Elementi derivati dalla Villa Madama apparvero nelle ville fino al XIX secolo.

La Villa Albani fu costruita vicino alla Porta Salaria.

Altre sono:

La Villa Borghese con i suoi famosi giardini.

La Villa Doria Pamphili (1650).

La Villa "Giulia" di Papa Giulio III (1550), progettata dal Vignola.


Le colline di Frascati videro la costruzione della Villa Aldobrandini (1592), Villa Falconieri e Villa Mondragone.

Villa d'Este presso Tivoli è famosa per i suoi giochi d'acqua nei suoi giardini terrazzati, ed altrettanto nota è Villa Medici a Roma, sulla collina del Pincio, costruita nel 1540.

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In Toscana alla fine del Cinquecento Ferdinando I de' Medici faceva completare a Bernardo Buontalenti il sistema della ville medicee, dei veri e propri centri di controllo sul territorio, usate dai granduchi durante i loro spostamenti, nonché centri della florida industria agricola locale.

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In Liguria l'opera di Galeazzo Alessi si distingue per l'eccezionale adeguamento architettonico al territorio: l'apertura visiva della villa al paesaggio, come suo completamento, si risolve in un doppio loggiato, al piano terreno verso il mare ed al piano superiore verso le montagne, esaltando le caratteristiche stesse del paesaggio ligure. Villa Durazzo, Santa Margherita.

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Le ville di Palladio [modifica]

Villa veneta


Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, una delle più grandi ville venete

Villa Manin di Domenico Rossi a Passariano di Codroipo

La villa veneta è una tipologia di residenza patrizia fondata dal patriziato della Repubblica di Venezia e sviluppatasi nelle aree agricole dei Domini di Terraferma tra la fine del XV secolo e il XIX secolo[1].

In questo arco temporale furono realizzate più di cinquemila ville venete, molte delle quali sono ancora conservate e tutelate dall'Istituto Regionale Ville Venete; le zone attualmente interessate dalla presenza di questi edifici sono l'intera Regione Veneto, in particolare la Riviera del Brenta, e alcune pianure del Friuli-Venezia Giulia.
Nel XVI secolo, con l'architetto Andrea Palladio, si formò uno specifico tipo di villa veneta, individuato con il nome di villa palladiana: le ville palladiane del Veneto sono state inserite nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO[2].

 

La conquista veneziana della Terraferma veneto-friulana, compiutasi tra il XIV ed il XV secolo, comportò un sempre maggiore interessamento dell'aristocrazia veneto-veneziana per i possedimenti fondiarii. Alle grandi proprietà si accompagnarono grandi investimenti in agricoltura, spesso derivati dai redditi mercantili delle famiglie, ma che furono poi remunerati dalla produttività delle tenute. Il simbolo di questo "mondo" fu la villa veneta, in cui si affiancavano sia l'estetica e la grandiosità della residenza signorile, sia gli edifici necessari alla gestione della tenuta circostante: aveva dunque, a differenza di altri sistemi di ville, una doppia funzione, sia di rappresentanza e di svago, che di centro produttivo.

 

Tale sviluppo avvenne, come detto, anche grazie alle fortune mercantili veneziane: le quali, al contrario di quanto sostenga la "leggenda" spesso dominante, non erano rivolte esclusivamente al Mar Mediterraneo (vedesi ad esempio le galee che prestavano regolare servizio commerciale con le Fiandre, o la Compagnia veneta del Baltico[3]), di cui comunque rimase la principale potenza commerciale fino al 1797 ed in cui i commerci rimasero importanti (pur se declinanti nella loro quota di commercio globale) anche dopo che le potenze euro-atlantiche ebbero aperto nuove rotte commerciali ed esplorato nuovi territori[4].
Si andava così a soddisfare anche quel bisogno veneziano di ritorno alla terraferma e alla campagna, che, in una città fatta di strette calli e di orizzonti lagunari, era divenuta quasi un mito[5].


La struttura della villa di Terraferma trova la sua base nei castelli, caduti in disuso e perlopiù ubicati in aree rialzate e di valore paesaggistico: a partire da queste architetture, la nobiltà veneziana inizia la conversione in villa, aggiungendovi nel tempo un numero crescente di elementi stilistici tipici dell'architettura della città, fino ad elaborare un modello che ha il suo apice nelle dimore palladiane; così modello urbano e modello rurale vanno a innestare un interscambio culturale che si protrae nei secoli: la venezianità viene esportata nelle eleganti dimore di Terraferma, mentre l'amore per le campagne e per gli orizzonti collinari influenza soprattutto l'arte cinquecentesca di Venezia, come testimoniato dalle opere di Giorgione e Tiziano[6].

Sviluppo [modifica]

Dopo un primo periodo di reale impegno agronomico sul territorio, la villa divenne una moda, propagandosi a tal punto che le famiglie nobili spesero gigantesche ricchezze per costruire delle ville da usare solo d'estate, dalla vigilia della festa di Sant'Antonio di Padova, il 13 giugno, alla fine di luglio o al massimo fino al periodo della vendemmia. L'edificio della villa perse i suoi connotati rustici, aumentando di misura, eguagliando per lo sfarzo interno i palazzi di città; si arricchì inoltre di vasti giardini lussureggianti di piante esotiche e siepi potate a disegno, dove si creavano complessi giochi d'acqua, tendendo in tutto a rivaleggiare con modelli internazionali come la reggia di Versailles dei re di Francia a cui alcuni facoltosi possidenti intendevano equipararsi, a volte consumando nell'intento l'intera fortuna di famiglia.


Veduta di una tipica struttura di villa veneta (Villa Malvolti di Castello Roganzuolo), con edificio padronale, barchessa e annessi, il tutto inserito in una vasta tenuta agricola


Villa Sandi-Zasso a Sospirolo

La struttura tipo della villa veneta si distingue innanzitutto per il contesto nel quale le architetture si pongono: di norma e in accordo alla sua funzione, la villa veniva inserita in una grande proprietà agricola.


Al centro del complesso architettonico si situa il corpo centrale (o casa dominicale), che era la residenza dei proprietari, più elaborata e ornata in quanto luogo di rappresentanza, nonché di villeggiatura estiva; quasi tutte le ville erano prive di sistemi di riscaldamento invernale e di cucina. Il modello prevedeva che nelle vicinanze o collegata alla villa vi fossero delle dipendenze dette barchesse, dove veniva organizzato il lavoro: cucine, abitazioni dei contadini, stalle e altri annessi rustici.

Ville palladiane [modifica]

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La reputazione dall'architetto Andrea Palladio agli inizi, ed anche dopo la morte, si è fondata sulla sua abilità di disegnatore di ville.[7] Le ville da lui edificate sono concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza. Furono commissionate intorno alla metà del Cinquecento dalle famiglie più importanti del luogo, soprattutto aristocratici ma anche alcuni esponenti dell'alta borghesia della Repubblica veneta.
Insieme alla città di Vicenza, 24 ville palladiane del Veneto sono state inserite, tra il 1994 e il 1996, nella lista Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.[8]
Grazie anche alle loro descrizioni e ai dettagliati disegni pubblicati da Palladio nel trattato I quattro libri dell'architettura (1570), le ville palladiane divennero per i secoli successivi oggetto di studio per gli architetti europei, che si ispirarono ad esse per le loro realizzazioni.

  1. ^ Scarpari, op. cit., p.13
  2. ^ Cfr. sitiunesco.it
  3. ^ http://it.wikipedia.org/wiki/Alberto_Treves_de_Bonfili#Carriera_politica
  4. ^ Alvise Zorzi, Napoleone a Venezia, EAN 9788804596912, Mondadori 2010
  5. ^ Scarpari, op. cit., p. 14
  6. ^ Scarpari, op. cit., p. 14-15
  7. ^ Howard Burns, Andrea Palladio (1508-1580), nel sito del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio
  8. ^ (EN, FR) City of Vicenza and the Palladian Villas of the Veneto World Heritage Site

Bibliografia [modifica]

  • Gianfranco Scarpari, Le ville venete, Roma, Newton Compton, 2007 (1980).

Voci correlate [modifica]

Sito Ufficiale per la navigazione alle Ville Venete

Altri progetti [modifica]

Collegamenti esterni [modifica]

   

1leftarrow.pngVoci principali: Villa veneta, Andrea Palladio.

Flag of UNESCO.svg Bene protetto dall'UNESCO Flag of UNESCO.svg
UNESCO World Heritage Site logo.svg Patrimonio dell'umanità
Ville palladiane del Veneto
(EN) City of Vicenza and the Palladian Villas of the Veneto
La Rotonda.png
TipoArchitettonico
CriterioC (i) (ii)
PericoloNessuna indicazione
Riconosciuto dal[[1994, 1996]]
Scheda UNESCO(EN) Scheda
(FR) Scheda

Le ville palladiane sono un insieme di ville venete (del territorio della Repubblica di Venezia), concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza, edificate intorno alla metà del Cinquecento dall'architetto Andrea Palladio per le famiglie più importanti del luogo, soprattutto aristocratici ma anche alcuni esponenti dell'alta borghesia della Repubblica veneta.
Insieme alla città di Vicenza, 24 ville palladiane del Veneto sono state inserite, tra il 1994 e il 1996, nella lista Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.[1]


Le ville palladiane si distinguono dalle ville romane e dalle ville medicee toscane.

 

Le ville palladiane non erano destinate unicamente allo svago dei proprietari, ma erano - anzitutto - dei complessi produttivi.

Circondate da vaste estensioni di campi coltivati e vigneti, le ville comprendevano magazzini, stalle e depositi per il lavoro agricolo. Di norma presentano ali laterali, le barchesse, destinate a contenere gli ambienti di lavoro, dividendo razionalmente lo spazio del corpo centrale, destinato ai proprietari, da quello dei lavoratori, in modo da non sovrapporre le diverse attività. Il corpo centrale è a sua volta suddiviso in senso verticale, dove ogni piano assolve a funzioni diverse.


Grazie anche alle loro descrizioni e ai dettagliati disegni pubblicati da Palladio nel trattato I quattro libri dell'architettura (1570), le ville palladiane divennero per secoli oggetto di studio per gli architetti europei, che si ispirarono ad esse per le loro realizzazioni.

 

L'architettura della villa [modifica]

La reputazione di Palladio agli inizi, ed anche dopo la morte, si è fondata sulla sua abilità di disegnatore di ville. Durante la guerra della lega di Cambrai (1509-1517) erano stati inferti ingenti danni a case, barchesse e infrastrutture rurali. Il raggiungimento dei precedenti livelli di prosperità nella campagna fu probabilmente lento, e avvenne soltanto negli anni quaranta del Cinquecento, con la crescita del mercato urbano delle derrate alimentari e la decisione a livello governativo di liberare Venezia e il Veneto dalla dipendenza dal grano importato, e specialmente da quello che proveniva dal sempre minaccioso Impero ottomano. Questo enorme investimento in agricoltura e nelle strutture necessarie alla produzione agricola accelera il passo. Per decenni i proprietari terrieri avevano acquistato costantemente, sotto lo stabile governo veneziano, piccole tenute, ed avevano consolidato i loro domìni non solo attraverso l'acquisto, ma anche con lo scambio di grandi poderi con gli altri possidenti. Gli investimenti nell'irrigazione e le bonifiche mediante drenaggio accrebbero ulteriormente il reddito dei ricchi latifondisti.
Le ville del Palladio - cioè le case dei proprietari fondiari - rispondevano alla necessità di un nuovo tipo di residenza rurale. I suoi disegni riconoscono implicitamente che non era necessario avere un grande palazzo in campagna modellato direttamente su quelli di città, quali sono di fatto molte ville della fine del XV secolo (come l'enorme villa da Porto a Thiene). Qualcosa di più piccolo, spesso con un unico piano principale abitabile, era adatto come centro per controllare l'attività produttiva, da cui derivava probabilmente la maggior parte del reddito del proprietario, e per impressionare gli affittuari e i vicini oltre che per intrattenere gli ospiti importanti. Queste residenze, benché fossero talvolta più piccole delle ville precedenti, erano ugualmente efficaci al fine di stabilire una presenza sociale e politica nelle campagne ed erano adatte per il riposo, la caccia, e per sfuggire dalla città, sempre potenzialmente malsana.

Gli affreschi del salone di Villa Caldogno testimoniano i vari momenti della vita in villa all'epoca di Palladio
Le facciate, dominate da frontoni di solito decorati con le insegne del proprietario, annunciavano una potente presenza in un vasto territorio pianeggiante, e non avevano bisogno, per essere visibili, dell'altezza dei palazzi cittadini. Le loro logge offrivano un luogo piacevole ed ombreggiato per pasteggiare, per conversare o per le esecuzioni musicali, attività queste che si possono vedere celebrate nella decorazione della villa, ad esempio a villa Caldogno.
Negli interni Palladio distribuiva le funzioni sia verticalmente che orizzontalmente. Cucine, dispense, lavanderie e cantine si trovavano al piano terreno: l'ampio spazio sotto il tetto veniva impiegato per conservare il prodotto più prezioso della tenuta: il grano, che incidentalmente serviva anche per isolare gli ambienti abitabili sottostanti. Al piano principale, abitato dalla famiglia e dai suoi ospiti, le stanze più pubbliche (la loggia e il salone) si trovavano sull'asse centrale mentre a destra e a sinistra vi erano delle infilate simmetriche di stanze, dalle grandi camere rettangolari, attraverso le stanze quadrate di medie dimensioni, fino a quelle rettangolari piccole, usate talvolta dai proprietari come studi o uffici per amministrare il fondo.
L'abitazione dei possidenti spesso non era l'unica costruzione di cui Palladio era responsabile. Le ville, nonostante la loro apparenza non fortificata e le loro logge aperte, discendevano ancora direttamente dai castelli ed erano circondate da un cortile recintato da un muro che le dotava della necessaria protezione dai banditi e dai malintenzionati. Il cortile ("cortivo") conteneva barchesse, torri colombaie, forni per il pane, pollai, stalle, abitazioni per i fattori e per i servitori domestici, stanze per fare il formaggio e cantine per spremere l'uva. Già dal XV secolo si usava creare una corte davanti alla casa, con un pozzo, separata rispetto al cortile di servizio e con le sue barchesse, gli animali e gli spazi per battere il grano. Giardini, orti di verdure e di spezie, vasche per i pesci e, quasi invariabilmente, un grande frutteto (il "brolo") erano tutti raggruppati o localizzati all'interno del muro di cinta.
Nei suoi disegni Palladio cercò di coordinare tutti questi differenti elementi che nei complessi precedenti non erano collocati in considerazione delle visuali simmetriche e delle gerarchie architettoniche, ma soltanto in base alla forma dell'area disponibile, generalmente delimitata da strade e corsi d'acqua. Anche l'orientamento era importante: nei suoi Quattro libri dell'architettura (pubblicati a Venezia nel 1570), Palladio afferma che le barchesse dovrebbero essere esposte a Sud in modo da tenere asciutta la paglia, per evitare che fermenti e bruci.
Palladio trovò ispirazione nei grandi complessi antichi che somigliano alle dimore di campagna circondate dalle loro dipendenze, o che forse credeva davvero fossero dei complessi residenziali - esemplare è il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli, che egli aveva rilevato. È chiaro per esempio, che le barchesse ricurve che costeggiano l'imponente facciata della villa Badoer riprendevano quel che era ancora visibile del Foro di Augusto. Nel suo trattato Palladio mostra generalmente gli impianti di villa simmetrici, ma in realtà era consapevole del fatto che qualora non fosse stato possibile esporre entrambe le ali delle barchesse a Sud, come nel caso di villa Barbaro a Maser, il complesso non sarebbe mai stato costruito simmetricamente. Un esempio è la villa Pojana, dove la grande barchessa con raffinati capitelli dorici è certamente disegnata da Palladio. La barchessa esistente è esposta a Sud, e non viene bilanciata da un elemento corrispondente dall'altro lato della facciata principale.

Il vivere in villa e la sua filosofia [modifica]

Palladio riteneva che la villa fosse, oltre che centro di proprietà terriera, anche luogo di salute, benessere, studio e riflessione. Egli scrisse nei Quattro Libri (II, pag.45):

 

"Le Case della Città sono veramente al Gentil'huomo di molto splendore, e commodità, havendo in esse ad habitare tutto quel tempo, che li bisognerà per la amministratione della Repubblica, e governo delle cose proprie. Ma non minore utilità, e consolatione caverà forse dalle case di Villa, dove il resto del tempo si passerà in vedere, e ornare le sue possessioni, e con industria, e arte dell'Agricoltura accrescer le facultà, dove ancho per l'esercitio, che nella Villa si suol fare a piedi, e a cavallo, il corpo più agevolmente conserverà la sua sanità, e robustezza, e dove finalmente l'animo stanco delle agitationi della Città, prenderà molto ristauro, e consolatione, e quietamente potrà attendere à gli studij delle lettere, e alla contemplatione; come per questo gli antichi Savi solevano spesse volte usare di ritirarsi in simili luoghi, ove visitati da' vertuosi amici, e parenti loro, havendo case, giardini, fontane, e simili luoghi sollazzevoli, e sopra tutto la lor Vertù; potevano facilmente conseguir quella beata vita, che qua giù si può ottenere".
Con le ville, i loro giardini, l'ambiente in cui sono costruite, Palladio affronta il tema, dibattuto nel XVI secolo, del rapporto fra civiltà e natura e lo risolve "affermando il profondo senso naturale della civiltà, sostenendo che la suprema civiltà consiste nel raggiungere il perfetto accordo con la natura senza perciò rinunciare a quella coscienza della storia che è la sostanza stessa della civiltà".[2] Questo "spiega l'enorme fortuna che il pensiero e l'opera del Palladio avranno nel Settecento, quando i filosofi dell'Illuminismo sosterranno il fondamento naturale della civiltà umana".[3]

Elenco [modifica]

Le 24 ville palladiane del Veneto riportate nell'elenco dell'UNESCO:[1]
Di queste Villa Trissino a Cricoli non è attualmente attribuita a Palladio da più parte della critica, ma rimane legata tradizionalmente al suo nome.

Altre ville palladiane non comprese nell'elenco UNESCO:[4]
Tra i progetti di villa che furono pubblicati da Palladio ne I quattro libri dell'architettura (1570) ma non furono realizzati vi fu villa Mocenigo "alla Brenta", mentre villa Mocenigo a Marocco fu costruita solo in parte e poi demolita.

Note [modifica]

  1. ^ a b (EN, FR) City of Vicenza and the Palladian Villas of the Veneto World Heritage Site
  2. ^ Giulio Carlo Argan, Storia dell'arte italiana, vol.3, p.227.
  3. ^ op. cit. p.227
  4. ^ Palladio e il Veneto - Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio

Bibliografia [modifica]

Fonti [modifica]

Voci correlate [modifica]

Altri progetti 

Collegamenti esterni [modifica]



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Alla fine del XVI secolo le ville progettate da Andrea Palladio (1508-1580) nei pressi di Vicenza e lungo la riviera del Brenta nei territori della Repubblica di Venezia rimasero esempi influenti per oltre quattro secoli. Palladio spesso accorpava tutti gli annessi rustici (barchesse) in un'unica architettura nelle sue ville estese (come nel caso di Villa Emo a Fanzolo di Vedelago).
Alcuni celebri esempi di ville palladiane:
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La Queen's House, a Greenwich, è la prima villa neopalladiana in Inghilterra. Fu edificata a partire dal 1616 su progetto di Inigo Jones

Prospetto di Villa Tittoni Traversi a Desio, neoclassica opera dell'architetto Giuseppe Piermarini, successivamente trasformata da Pelagio Palagi.

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Palladianesimo.
All'inizio del XVIII secolo anche in Inghilterra crebbe lo spazio di questo tipo di architettura ed il termine venne adottato dalla lingua inglese. Grazie all'opera di estimatori ed emuli di Palladio, come Inigo Jones, nella valle del Tamigi presto nacquero molte ville neopalladiane, tra le quali la Marble Hill House.
Negli Stati Uniti la villa di Monticello di Thomas Jefferson, a Charlottesville in Virginia, può essere considerato il primo esempio di questa tipologia oltreoceano. Mentre la Casa Bianca è una copia delle ville palladiane italiane.

 

Nel XIX secolo il termine "villa" fu esteso a descrivere qualsiasi casa suburbana che fosse isolata in aperta campagna, in contrapposizione alla 'schiera' di case unite.
Al momento in cui si costruirono ville semi-isolate nel XX secolo, il termine perse il suo originario significato e si inflazionò. La 'villa' suburbana divenne bungalow dopo la prima guerra mondiale.
Restano comunque legate all'architettura moderna importanti opere classificabili in tale tipologia, progettate e costruite da architetti come Frank Lloyd Wright, Richard Neutra, Le Corbusier.
Esempi rappresentativi di villa nell'architettura contemporanea:

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