Il monte della Sibilla, zoè,
come si dice, il monte di Venere
La montagna, che
congiunge anche formalmente la terra al cielo, è stata considerata come
l’ambiente naturale più efficace di attivazione del sacro da parte di religioni
e credenze di tutti i tempi e la stessa stregoneria europea si è manifestata
come fenomeno soprattutto montano.
Nello specifico il monte Sibilla aveva conquistato una diffusa fama di luogo favorevole alle consacrazioni magiche evidentemente perché percepito come sede di energie connettibili a quell’universo occulto di cui i suoi pellegrini – maghi, Alchimisti, Geomanti… – erano imbevuti.
Il regno ascoso nelle sue viscere assumeva così nella tradizione magica, sia culta che popolare, le sembianze pagane di un universo parallelo in cui il tempo non scorre ed è possibile ottenere eterna giovinezza, rigenerazione e piaceri di ogni sorta.
Nello specifico il monte Sibilla aveva conquistato una diffusa fama di luogo favorevole alle consacrazioni magiche evidentemente perché percepito come sede di energie connettibili a quell’universo occulto di cui i suoi pellegrini – maghi, Alchimisti, Geomanti… – erano imbevuti.
Il regno ascoso nelle sue viscere assumeva così nella tradizione magica, sia culta che popolare, le sembianze pagane di un universo parallelo in cui il tempo non scorre ed è possibile ottenere eterna giovinezza, rigenerazione e piaceri di ogni sorta.
Il demone o entità che
governa questa zona-potere – non una vera e propria dea, ma un misto fra natura
umana e natura divina – è un archetipo femminile intriso, come si è detto, di
peculiarità sia telluriche e ctonie (evidenziate dalla grotta) sia acquee
(connesse al lago ma anche alla proclamata umidità della caverna, di cui si
dice appunto che è attraversata da corsi idrici sotterranei), la cui
radicalità, eminentemente venerea, è comunque caratterizzata in chiave lunare,
come dimostrano la ritmicità settimanale delle trasformazioni in serpe della
Sibilla e lo stesso legame di questo luogo-dea con
le acque.
Simbolicamente intrigante
in tal senso la descrizione che Andrea da Barberino ci offre dell’arrivo di
Guerrino al monte Sibilla dove dovrà incontrare Alcina.
La forma del monte che
aveva preso a salire era quella di un pesce marino, detto Aschi, il quale abita
le profonde regioni dell’oceano.
Ivi non si può entrare che durante un solo periodo dell’anno, vale a dire cioè quando il sole trovasi nei punti cardinali del Cancro, dei Gemelli, o del Leone. Quando vi andò il Guerrino il segno era quello del Cancro.
Ivi non si può entrare che durante un solo periodo dell’anno, vale a dire cioè quando il sole trovasi nei punti cardinali del Cancro, dei Gemelli, o del Leone. Quando vi andò il Guerrino il segno era quello del Cancro.
Dunque la montagna
ricorda a Guerrino un pesce degli abissi marini, quasi che l’autore volesse
sottolinearne la corrosiva e inquietante potenza fluidica; e il momento in cui
l’eroe riesce a entrare nelle cavità sibilline è zodiacalmente governato non
dal Sole (Leone) e neppure dalla Coppia mercuriale (Gemelli), bensì da Diana-Luna
(Cancro), come se si trattasse di un effettivo regressus
ad uterum.
Un utero dove risiedono
le proprie origini – quelle che appunto vi cerca il Meschino – ma dov’è anche
possibile venir irretiti in un viaggio senza ritorno verso gli oscuri, sconosciuti
reami della pre-nascita.
La matrice della figura Sibilla è infatti improntata a quella perdizione suggente che anche nel resoconto di Delle Piatte trova una personificazione mitologica in VENERE, dea pagana di fertilità e d’amore e per questo avvertita dalla Weltanschauung cristiana come lilithica e devastante.
La matrice della figura Sibilla è infatti improntata a quella perdizione suggente che anche nel resoconto di Delle Piatte trova una personificazione mitologica in VENERE, dea pagana di fertilità e d’amore e per questo avvertita dalla Weltanschauung cristiana come lilithica e devastante.
Delle Piatte, come si è
visto, abita e opera in Val di Fiemme, in una zona quindi vicina all’area
culturale germanica, dove le attestazioni dell’avvenuta sovrapposizione, alla
quale lui accenna, fra il monte marchigiano e il
mons veneris
di tannhäuseriana memoria erano all’epoca già numerose.
mons veneris
di tannhäuseriana memoria erano all’epoca già numerose.
Già a metà del
Quattrocento un astronomo sassone chiede a Enea
Silvio Piccolomini notizie di un
mons veneris
italiano dove si apprendono le arti magiche e chiama il monte marchigiano con questo stesso nome il domenicano Felix Faber di Ulm nel suo libro di pellegrinaggi Evagatorium in Terrae Sanctae, Arabiae et Egypti peregrinationem (1483).
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Anche Arnolfo di Harff, aristocratico di Colonia sul Reno, riferisce di aver visitato in Italia nel 1497 un “monte di Venere” sede di attività negromantiche.
E ancora nel 1572 Abramo Oertel nel Theatrum orbis terrarumscriverà che l’antro “è stato conosciuto da noi anche con il nome di
"Frau Venus Berg". Come a dire "il monte di signora Venere" -- and his son, CUPIDO.
mons veneris
italiano dove si apprendono le arti magiche e chiama il monte marchigiano con questo stesso nome il domenicano Felix Faber di Ulm nel suo libro di pellegrinaggi Evagatorium in Terrae Sanctae, Arabiae et Egypti peregrinationem (1483).
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Anche Arnolfo di Harff, aristocratico di Colonia sul Reno, riferisce di aver visitato in Italia nel 1497 un “monte di Venere” sede di attività negromantiche.
E ancora nel 1572 Abramo Oertel nel Theatrum orbis terrarumscriverà che l’antro “è stato conosciuto da noi anche con il nome di
"Frau Venus Berg". Come a dire "il monte di signora Venere" -- and his son, CUPIDO.
Non fa dunque meraviglia
che Delle Piatte affermi che nella convinzione generale (“come si dice”) il
monte Sibilla coincida con il tannhäuseriano
nons Veneris
e prova ulteriore ne è che nella caverna lo stregone dice di aver trovato un vecchio con la barba bianca, scoprendo poi che si tratta dello stesso “il Tonhauser”.
nons Veneris
e prova ulteriore ne è che nella caverna lo stregone dice di aver trovato un vecchio con la barba bianca, scoprendo poi che si tratta dello stesso “il Tonhauser”.
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