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Wednesday, July 11, 2012

Antonio Cesarini

Speranza



Nino Cesarini ritratto da Paul Hoecker nel 1904.


Antonio Cesarini, meglio conosciuto con il diminutivo Nino Cesarini  (Roma, 29 settembre 1889Roma, 25 ottobre 1943), è stato un modello italiano.

Durante la sua giovinezza posò per vari artisti, come il pittore Paul Hoecker e lo scultore Vincenzo Gemito,  che lo hanno rappresentato come prototipo di bellezza maschile sotto una luce fortemente omoerotica.

 

 

Nino Cesarini crebbe a Roma in una famiglia di modesta estrazione sociale.

In seguito all'incontro con il barone Jacques d'Adelsward-Fersen, suo protettore e compagno di vita, lasciò Roma e la famiglia per trasferirsi con lui a Capri.

Fersen si stava costruendo sull'isola una splendida dimora (villa Lysis), dedicata alla "jeunesse d'amour", che ornò con statue e quadri raffiguranti il suo giovane amante nudo.


Considerato di particolare bellezza, Nino Cesarini posò per Paul Hoecker (il cui ritratto, del 1904 circa, è recentemente riemerso alla luce) e per Umberto Brunelleschi (1879-1949).

Lo scultore napoletano Francesco Jerace (1854-1937), scolpì una statua in bronzo di Nino nudo (ca. 1906) che fu collocata sul belvedere esterno della villa di Capri. Infine Vincenzo Gemito lo ritrasse in età adulta in uno schizzo di profilo, tuttora di proprietà degli eredi di Cesarini. Contrariamente a quanto si sente comunemente dire, invece, non esiste alcuna prova del fatto che lo abbia ritratto il fotografo Wilhelm von Pluschow, nonostante esistano sue foto di Villa Lysis e di Capri. Pertanto, gli scatti di Pluschow normalmente a lui attribuiti si riferirebbero in realtà ad un altro modello del fotografo.

Dopo la morte di Fersen, avvenuta a Capri il 5 novembre del 1923 per overdose da cocaina, gli avvocati della sua famiglia insinuarono il sospetto che il Cesarini lo avesse avvelenato. Infatti nel testamento il barone gli lasciava un'eredità di 300.000 franchi e l'usufrutto vitalizio di Villa Lysis. Ma l'esame necroscopico, eseguito a Roma sul cadavere, scagionò del tutto il Cesarini che, inoltre, concordò in cambio di 200.000 lire con la famiglia di Fersen la rinuncia all'usufrutto della villa, i cui costi di manutenzione eccedevano le sue possibilità economiche, e tornò definitivamente a vivere nella sua città natale. Fino alla morte Cesarini sembra che si guadagnò da vivere come edicolante. Negli ultimi anni la sua salute aveva finito per risentire dell'abuso delle sostanze stupefacenti (oppio e cocaina) a cui era stato indotto dal barone Fersen.

Le sue spoglie sono sepolte a Roma nel cimitero monumentale di Campo Verano.

Note [modifica]

  1. ^ a b Rosemberg (2003); pag. 208.
  2. ^ Ryersson, Yaccarino (2004), pag. 105.

Bibliografia [modifica]


  • Whitney Davis:
  • «Homoerotic Art Collection from 1750 to 1920», in
  • Other objects of desire: collectors and collecting queerly.
  • Editori: Michael Camille, Adrian Rifkin. Wiley-Blackwell, 2001; ISBN 9780631233619.

  • Giovanni Dall'Orto:
  • «Gémito, Vincenzo» in Who's who in gay and lesbian history: from antiquity to World War II. Robert Aldrich, Garry Wotherspoon (curatori). Routledge, 2003 (seconda edizione); ISBN 9780415159838.

Edito su issuu in formato .pdf (richiede autenticazione per certificare la maggiore età), è una disamina di tutte le immagini di Nino Cesarini attribuite a Wilhelm von Plueschow.
In base a confronti iconografici, conclude che nessuna di esse può essere considerata un suo ritratto.

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