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Monday, September 29, 2025

Grice e Lanzalone

VERSO IL LINGUAGGIO UNIVERSALE 


I tentativi, più o meno ingegnosi, di creare, artificialmente, 
una lingua universale, sono tutti destinati a fallire miseramente ; 
come è già avvenuto del tcolapuk, del Vesperanto, e come fatal¬ 
mente avverrà di qualunque tentativo simile. Non si otterrà altro, 
per tal via, che accrescere la confusione di Babele, aggiungendo 
nuove lingue artificiali alle mille naturali già esistenti : le quali 
lingue artificiali, non che raggiungere l’universalità, non rag¬ 
giungeranno mai, neppure alla lontana, la diffusione delle natu¬ 
rali. Una lingua è un organismo vivo : e finché l’uomo non sco¬ 
prirà la chiave della vita, finché lo scienziato non arriverà, a 
forza di alambicchi e di storte, a costruire Vhomunculus, neppure 
alcun filologo arriverà a fabbricare una lingua che non sia morta 
prima di nascere. Lingua artificiale è una contraddizione in 
termini. 

Un linguaggio, parlato e inteso da tutta la gran famiglia 
umana, è una magnifica utopia ; anzi è parte di un’utopia assai 
più magnifica e vasta, verso cui tutte le crescenti energie della 
civiltà tendono con moto sempre più ampio e accelerato : Taf¬ 
fratellamento di tutti i popoli della terra . Giacché nulla stringe 
l’uomo all’uomo quanto la parola, sola per cui un’anima si effonde 
in un’altra anima. 

Ma se un linguaggio comune a tutte le nazioni è un’ utopia, 
ciò non vuol dire che sia un’ utopia inattuabile. Molte cose che 
oggi chiamiamo utopie, ideali inafferrabili, non sono che la realtà 
presentita di lontani o lontanissimi domani, alla quale noi ci 
avviciniamo con moto più o meno lento e progressivo. E se dalle 
famiglie nacquero le tribù, e da queste le città, i popoli, gli stati, 
le federazioni di stati, e in ultimo nascerà la federazione di tutti 
gli stati del mondo, e se dai singoli e rozzi dialetti nacquero 
le gloriose lingue nazionali e letterarie, parlate da milioni di 
uomini; non si vede perchè dalle lingue nazionali non debba 
nascere, quando i tempi saranno maturi, la lingua universale, 
sublime vincolo di fratellanza fra tutti i popoli, grandiosa espres- 


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sione della gran coscienza umana. Le lingue esistenti non saranno 
che i dialetti di questa grande lingua dell’avvenire. 

Ma ciò non avverrà per opera di filologi. 0 per dir meglio, 
avverrà anche per opera loro ; ma non debbono essi pretendere 
di anticipare, con un colpo di bacchetta magica, ciò che sarà 
frutto del lavorio dei secoli, nè di violentare i metodi della 
natura e della storia con misere costruzioni artificiali. Nelle cose 
della vita, l’uomo, studiando bene le energie naturali e sociali, 
può modificare, secondare e accelerare l’evoluzione progressiva, 
ma non sopprimerla, nè violentarla artificialmente; come, com¬ 
prendendo sempre meglio le forze naturali del vapore e dell’elet¬ 
trico, l’uomo se ne serve sempre meglio per i suoi fini e suoi 
comodi, ma non avrebbe potuto mai, nè potrebbe mai, creare o 
sopprimere il vapore o l’elettrico. 

Per evoluzione progressiva, ripeto, la lingua universale nascerà 
dalle lingue particolari; come queste nacquero dai dialetti. Il che 
però non significa che il glorioso avvento della lingua univer¬ 
sale non possa essere ritardato o accelerato dalle volontà umane : 
giacché anche la volontà umana è una magnifica forza desti¬ 
nata a sempre maggiore sviluppo, la quale si oppone ad altre 
forze, o coopera con esse. Soppresse, o quasi, le distanze, per 
virtù delle ferrovie, dei piroscafi, dei telegrafi, dei telefoni, dei 
palloni dirigibili e degli areoplani, dei commerci sempre piu 
frequenti e rapidi, delle alleanze, dei giornali, dei continui scambi 
letterari ed artistici, anche il cuore d’un popolo batterà più vicino 
al cuore d’un altro popolo, e il pensiero splenderà più vicino al 
pensiero, e anche le lingue, che esprimono il cuore e il pensiero 
dei popoli, attenueranno a poco a poco le loro dissomiglianze, 
e si sentiranno sorelle, perchè saranno quasi corpi di anime sorelle. 

Ma non possono i filologi, i letterati, gli scrittori, cooperare 
a questo lavorio d’evoluzione linguistica, da cui sorgerà la futura 
lingua, possente espressione del cuore e del pensiero di tutta 
l’umanità? Certamente si. 

Come vivono e si trasformano i corpi viventi? Per assimi¬ 
lazione ed eliminazione di molecole. Così anche le lingue. Le 
molecole delle lingue sono le parole. Ora non è oggi evidente 
in tutte le lingue dei popoli civili la tendenza ad assorbire un 
sempre maggior numero di molecole simili, cioè di parole co¬ 
muni? Se cresce con la civiltà la comunanza dei bisogni, dei 
sentimenti, dei pensieri, non può non crescere, parallelamente, 
la comunanza dere espressioni. Le scienze hanno già un lin- 


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guaggio quasi identico presso tutti i popoli della cultura. L’Italia, 
ha prestato agli altri popoli molti termini di musica. La Francia 
distribuisce al mondo civile le denominazioni dei nuovi oggetti 
di moda. L’Inghilterra ha date tante parole per le nuove inven¬ 
zioni. I popoli, che producono più cose utili e più pensiero, sono 
quelli che più infiltrano molecole nuove negli altri organismi 
linguistici. Ecco, sotto i nostri occhi, rivelarsi la vera evoluzione 
verso la lingua universale, che non può essere creata se non 
dalla coscienza universale evoluta. 

Si calmino i puristi. Come la gran coscienza umana non 
sopprimerà, ma disciplinerà le coscienze nazionali, nè queste sop 
presserò mai le coscienze regionali e iudivk^jiali ; come le grandi 
lingue nazionali non hanno mai aboliti gl’idiomi particolari; così 
anche la lingua universale non farà sparire le particolari fiso- 
nomie delle lingue nazionali. Essa sarà lo splendido fiore di tutte 
le lingue : sarà costituita, come già il volgare illustre, da ciò che 
in ciascuna Ungila appare e in nessuna riposa . 

Che importano le misere quistioni di purismo davanti al lumi¬ 
noso ideale, di preparare una lingua, che sia l’espressione della 
fratellanza di tutti gli uomini? Sport, telegrafo, tramvay, fono - 
grafo , cinematografo, debutto, hangar, réclame, flirt, e tante altre 
parole, sono ormai molecole linguistiche penetrate nell’uso di 
tutti i popoli più o meno inciviliti; e il numero di queste mo¬ 
lecole comuni diverrà sempre più grande. Ad accrescerne il numero 
e la diffusione cooperino filologi e scrittori, se vogliono spianare 
la via alla formazione e al trionfo del linguaggio universale. 
Questi vocaboli comuni a più lingue non sono barbarismi ma 
cicilismi . Si consolino i puristi. Invece di attaccarsi ai nudi vo¬ 
caboli, si sforzino di dare alle altre nazioni pensieri e prodotti 
nuovi; così daranno essi anche i vocaboli nuovi; e sarà gloria 
della loro nazione e della loro lingua. Ecco il nuovo campo del 
vero patriottismo linguistico. Esiste già un corredo di vocaboli, 
che possono dirsi internazionali. Un vocabolario internazionale, 
che li raccogliesse tutti, registrando anche (pelli comuni a tre 
o quattro lingue, riuscirebbe, credo, utilissimo ; e i vocaboli co¬ 
muni a tre o quattro lingue potrebbero così, per opera di scrit¬ 
tori e giornalisti, diffondersi a tutte. 

A diminuire la distanza dall’anima d’un popolo a quella dei 
popoli fratelli, assai gioverebbe che ciascun popolo, mediante 
frequenti congressi di letterati e scrittori, si adoperasse a sem¬ 
plificare la propria scrittura, e renderla, quanto più fosse possi- 


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bile, diretta e facile espressione grafica della pronunzia. Così 
Papprendimento d’una lingua sarebbe facilitato a nazionali e a 
stranieri con immenso vantaggio generale. 

Questo potrebbe aprire la via a congressi filologici mondiali, 
che mirassero a dare a tutti i popoli un alfabeto unico. Che 
gran festa di trionfo per il genere umano il giorno che si otte¬ 
nesse questo ! Quanto sciupo di forze mentali evitato ! Che accre¬ 
scimento nella facilità delle comunicazioni ! Che passo gigantesco 
verso la lingua universale e la pace universale! 

Il combinare studiate morfologie artificiali, gli è come un 
costruire appariscenti fiori di carta o di seta, belli ma senza vita. 
Coltiviamo invece ifc fiore vivo, con quelle amorose cure che la 
natura, sempre meglio intesa dall’uomo, ci suggerisce ; e otter¬ 
remo meravigliosi effetti, affrettando e migliorando durevolmente 
il cammino delPevoluzione. 

E nient 7 altro si può fare, almeno in linea provvisoria? — Se 
si riuscisse a stabilire ciò che già si è tentato in qualche recente 
congresso, cioè adottare nelle relazioni in*emozionali una delle 
lingue vite, sarebbe certamente questo un belPavviamento verso 
la soluzione definitiva del problema. Tutti i numeri per questo 
alto ufficio avrebbe con sè la lingua inglese, già diffusa in tanti 
paesi del mondo, se non fosse di ostacolo Penorme difficoltà d 7 im¬ 
pararne la scrittura e la pronunzia, troppo fra loro lontane; nè 
il riavvicinarle è agevole impresa. Quasi la stessa difficoltà sus¬ 
siste per la lingua francese. Moltissime simpatie e i migliori 
vantaggi offrirebbe P italiana : ma è troppo difficile che le altre 
nazioni vogliano riconoscere questo primato alP Italia. E, in gene¬ 
rale, la gelosia fra le nazioni sarà il più grande ostacolo, quasi 
invincibile, alla scelta d 7 una lingua viva come lingua interna¬ 
zionale. Si parlò anche del latino. E questa, secondo me, sarebbe 
la migliore soluzione provvisoria ; perchè il latino eviterebbe la 
gelosia, ed è già, si può dire, lingua mondiale, stante che, in 
qualunque parte del mondo civile, chi sappia il latino ha un 
mezzo di farsi intendere dalla gente colta. 

Capisco, che il voler esprimere il pensiero moderno, così com¬ 
plesso e ricco, con una lingua di circa duemila anni fa, e quindi 
relativamente povera, gli è appunto come il voler vestire un 
uomo adulto coi panni di quand’era bambino. Ma qui non si 
tratterebbe di tornare al latino di Sallustio e di Cicerone: si 
tratterebbe d 7 un latino, sgombro di tutti gli antichi impacci sin¬ 
tattici, e arricchito di tutti i neologismi necessarii ; d 7 un latino 


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rimodernato, reso quasi lingua viva, capace quindi di assorbi¬ 
mento e di eliminazione. Il mio antico maestro nell’Università 
di Napoli, monsignor Mirabelli, nella sua elegantissima Petreide T 
per indicare il cannone, usò un’ ingegnosissima perifrasi di otto 
esametri (oh il tempo è moneta!); ma il nuovo latino interna¬ 
zionale non si farebbe alcuno scrupolo di ammettere nel suo 
dizionario: canno, onis ; telegrafus, ecc. Parrebbe goffo a prin¬ 
cipio ; ma potrebbe, col tempo e con 1’ uso, acquistare una svel¬ 
tezza e un’eleganza a sè, come lo stesso latino antico dalle gof¬ 
faggini di Pacuvio e Ennio, arrivò alle squisitezze di Livio e di 
Virgilio, e come si osserva nello svolgimento d’ogni idioma giunto 
a cultura letteraria. 

Ma prima di finire, io voglio proporre, ai pazienti e inge¬ 
gnosi ricercatori di nuovi schemi linguistici artificiali, una mia 
idea, la quale, se potesse svolgersi e attuarsi, segnerebbe una 
grande conquista della cultura universale. 

Non potrebbero tutte le lingue, rimanendo pure come sono, 
avere per ciascuna loro parola un’ unica comune espressione gra¬ 
fica? Non potrebbe crearsi ima lingua scritta, che fosse letta da 
ogni popolo in modo diverso secondo la lingua propria? Una 
scrittura insomma che non esprimesse il suono, ma l’idea, la 
cosa, che ogni lingua speciale tradurrebbe nei propri suoni? 

Si rinnoverebbe, in altro modo, il miracolo che gli apostoli 
fecero per opera dello Spirito Santo: 

Come la luce rapida 
Piove di cosa in cosa 
E i color varii suscita 
Ovunque si riposa, 

Tal risonò molteplice 
La voce dello Spiro; 

L'arabo, il Parto il Siro 
In suo sermon l’udì. 

Si avrebbe una lingua scritta universale, espressione gràfica 
unica di tutte le più svariate lingue parlate. 

Recherò qualche esempio. Il segno . è da un italiano letto 
punto, da un francese point, da uno spagnuolo punto, da un 
inglese point, da un tedesco punkt, e cosi da ogni popolo nel 
suono della sua lingua. Dunque è possibile esprimere con un 
segno unico un’idea espressa in varii suoni. Ora, dato il segno 
del nome punto, si può stabilire, per esempio, che un accento 
acuto sul segno esprima l’aggettivo da esso derivato : quindi scri- 


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vendo/leggo: puntuto; un accento grave esprima l’avverbio; 
quindi il segno '. si leggerebbe : a foggia di punto, o simili ; un 
accento circonflesso posto sul segno esprimerebbe il verbo: quindi 
? significherebbe punteggiare. 

Insomma bisognerebbe stabilire segni speciali per certi nomi ; 
tutti i loro derivati, nomi, verbi, aggettivi, avverbi, segnarli con 
un sistema unico e identico. Mettiamo che il segno o significhi 
pane ; il segno ó significherebbe panificare, il segno o signifi¬ 
cherebbe il luogo dove si fa il pane, panificio; il segno -o la 
persona che fa il pane, panettiere; un punto a destra del cir¬ 
conflesso (indicante, come si è detto, il verbo), <5* potrebbe indi¬ 
care nome derivato dal verbo: panificazione. Il segno v , posto 
sul segno della parola, indicherebbe nome astratto. E così di 
seguito. 

Poniamo che il segno ~ significhi onda; avremo: 

* — ondoso 
« = ondosamente 
2 ondeggiare 
- • ” ondeggiamento 
~ = luogo che ondeggia, mare 
— ciò che fa le onde, tempesta 
x — ondosità 


Le parole comuni a tutte o a molte lingue, e i nomi propri, si 
scriverebbero, per semplificare, tali e quali. 

Non si giungerà, per tal via, a esprimere tutte le sfumature 
del pensiero e del sentimento : ma certo si giungerà a intendersi 
e a farsi intendere, da straniero a straniero: il che è ciò che 
preme sopratutto. L’impresa è ardua, ma non impossibile, se ci 
si metta un filologo poliglotta di genio e di pazienza. Si può 
ottenere così una vera stenografia poliglottica, anzi panglottica, 
una chiave che tutti i popoli della cultura saprebbero usare ; e, 
in attesa della lingua parlata universale, si avrebbe un vocabo¬ 
lario grafico universale, che chi lo studiasse e conoscesse potrebbe 
farsi comprendere da tutti gli uomini colti della terra. 

Io getto un seme. Chi sa che non cada in terreno fecondo 
e germogli e cresca in pianta rigogliosa? 

Giovanni Lanzàlone. 

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