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ANALISI METAFISICA DEGLI ELEMENTI
DEL LINGUAGGIO
OPMA
affo òfctuho
òeivixe Viutxoilujioi
c)t tutte fé fi
DOMENICO PANDILLO
PROFESSORE DI BELLE LETTERE
E DI LINGUE ESTINTE E VIVENTI,
* NAPOLI 2
NAPOLI
DALLA TIPOGRAFIA TRANI,
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Essendosi adempito a quanto prescrive la legge,
la presente opera è sotto la di lei guarcntla.
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AL NOBIL UOMO
IL SIGNOR BARONE
D. FRANCESCO NICOTERA.
Consacro a Voi, gentilissimo e o-
noratissimo Signore , la mia Gram-
matica. Non bramosìa di laude ,
non sete di novità, non basso fine
indussemi a por mano ad opera sì
fatta. Solo ed unico mio scopo si
fu segnar più certa , spedita ed age-
vol via agii apparanti
L’idioma gentil , sonante e puro
di quel sommo e divino Tosco che
tutto seppe.
Fortissimo stimolo a farmi accin-
gere ad un tanto lavoro si fu pure
il riflettere che , chiamato io da
propizia stella a svelare ai figliuoli
vostri gli altissimi concetti e le bel-
lezze, copiose oltre ad ogni stima,
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dei sublimi classici dell’ itala favel-
la , con più ardente impegno ne
avrebber eglino apparato le dottri-
ne contenute in un libro fregiato
dell’ illustre nome di chi loro ha
dato V essere , e composto da colui
che ha la cura d incaminarli al ben-
essere.
Prego intanto il Dator d’ ogni
bene che lungamente e prospera-
mente conservi la vostra persona ,
per marche di onore , per grandez-
za d’animo e per buona riputazio-
ne , Eccellente , alla cospicua vo-
stra famiglia , preziosa , agli amici
e devoti vostri , carissima.
Di Napoli, a’dì 12 Gennaio i835.
Di Vostra Signoria Illustrissima,
A 'ffezi Oliati s. m0 e clcvotis. m ° servitore
D. PANDTJLLO.
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PREFAZIONE.
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%
Vox diversa sonat populorum ;
est vox tamen una.
Marciai.
Il linguaggio è V organo per cui comu-
nicasi la ragione umana , la facoltà che
trasmette’ V imagine del pensiero. Ecco
10 scopo di tutte le lingue } e per giu-
gnervi, esse impiegan, tutte , i suoni della
parola. Ma come mai questi suoni arti-
colati che formali un tutto sensibile, suc-
cessivo e divisibile , rappresentar possono
11 pensiero , oggetto puramente intellet-
tuale e necessariamente indivisibile ? La
LjOgica , mediante V astrazione , perviene
ad analizzare quest’atto indivisibile dello
spirito 5 essa considera separatamente le
idee che ne sono V oggetto j osserva le
diverse relazioni eh ’ hanno tra di loro a
causa del rapporto eh’ esse han tutte col
pensiero indivisibile. Quindi le idee par -
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ziali di un medesimo pensiero son con-
catenate le une con le altre in una suc-
cessione fondala sui rapporti che le le-
gano tra di esse e al tutto.
Or a questa successione dar puossi il
nome di ordine analitico , per esser ella
al tempo stesso il risultamcnto dell' analisi
del pensiero ed il fondamento dell' analisi
del discorso in tutte le lingue.
Il linguaggio , fondato in tutto e per
tutto su quest' analisi uniforme che ne è
come il meccanismo intellettuale , diviene
V i strumento comune della manifestazione
dei pensieri e della ragione umana , l' iu-
te rp et re dei sentimenti e delle affezioni ,
l' organo prezioso della carità universale
che legar dee tutti gli uomini per lor fe-
licita , e 'l legame necessario della società
che gli unisce.
Le differenze che ravvisami tra una
lingua e l'altra, non sono , per così dire ,
che superficiali j esse provengono da quel-
le dei tempi , dei luoghi , dei costumi e
degl' interessi , i quali , variando senza
fine , lascian sempre sussistere il mede-
simo fondo.
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La Grammatica , la scienza delle scien-
ze , quella che le abbraccia tulle , che ha
per oggetto l' enunciazione del pensiero
per mezzo della parola pronunziata o
scritta , ammette dunque due sorte di
princìpi. Gli uni , d’una verità apodittica
immutabile universale , son fondati sulla
natura del pensiero medesimo , ne se-
guono l'analisi ; gli altri non hanno che
una verità ipotetica e dipendente dalle
convenzioni fortuite arbitrarie e mutabili
che han generato i differenti idiomi. I
primi costituiscono la Grammatica gene-
rale , i secondi son l'oggetto delle diverse
Grammatiche particolari.
LjU Grammatica generale è dunque la
scienza ragionata dei princìpi immutabili
e generali del linguaggio pronunzialo o
scritto , in qualunque lingua si sia.
Una Grammatica particolare è V arte
di applicare ai princìpi immutabili e ge-
nerali del linguaggio pronunziato o scritto
le istituzioni arbitrarie ed usuali d' una
lingua particolare.
La Grammatica generale è una scien-
za , perchè non ha per oggetto se non la
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specolazione ragionata dei princìpi im-
mutabili e generali del linguaggio.
Una Grammatica particolare è un' arte,
perchè ha per oggetto V applicazione pra-
tica delle istituzioni arbitrarie ed usuali
di una lingua particolare ai princìpi ge-
nerali del linguaggio.
La scienza gramaticale è anteriore ad
ogni lingua , perchè i suoi princìpi sup-
pongono la possibilità delle lingue , per-
chè dirigono la ragione umana nelle sue
operazioni intellettuali'.
L’arte gramaticale, al contrario , è po-
steriore alle lingue , perchè gli usi delle
lingue deggion esistere pria di esser rap-
portali artificialmente ai principi generali
del linguaggio , e perchè i sistemi ana-
logici che f orman l'arte non posson essere
che il successo delle osservazioni fatte su-
gli usi preesistenti.
Io mi occuperò di quest' ultima, e , sic-
come la conoscenza di ciò che operasi
nel nostro spirito è assolutamente neces-
saria per comprendere i fondamenti della
Grammatica , la qual verità , se avesse d-
luminato ogni scrittore di grammatiche ,
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non si sarebbe imaginato di far teorìe
dei segni pria di aver approfondito la
conoscenza della lor formazione e quella
della lor espressione e deduzione , così
V ordine da me tenuto in questa IN uova
Grammatica Ragionata Italiana, ossia Ana-
lisi Metafisica degli elementi dei Discorso,
è diverso affatto da quello che general-
mente si osserva , ed è proprio quello da
natura e da ragione segnato.
lo non farò motto da prima di sostan-
tivi e di aggettivi , del lor accordo in ge-
neri e in numeri , nè delle regole da sta-
bilire perchè le diverse terminazioni del
verbo indichino le persone , i numeri , i
tempi , i modi , nè della maniera onde
queste parole riunite formar possano una
proposizione. Ciò facendo , sarebbe lo
stesso che cominciar dalla fine , partire
da una situazione in cui non siamo an-
cora. Ecco V errore e la falsità di tutte
le grammatiche non ischiarate dalla luce
dell 1 ideologìa.
Tosto che nasciamo , noi sentiamo ,
esprimiamo ciò che sentiamo , parliamo j
noi abbiamo un linguaggio , prendendo
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IO
queste parole nel lor più esteso senso ,
e con verità possiam dire di esser noi so-
vente eloquentissimi , pria di sapere e di
poter pronunziare una sola parola arti-
colata. Questo linguaggio primitivo , il
solo che possiamo parlare , non è mai da
noi abbandonato : noi lo coltiviamo in-
cessantemente , gradatamente lo perfezio-
niamo , sinché ghigniamo ad una lingua
perfezionatissima , pria di esserci caduto
nelV animo il dubbio che sienvi regole im-
mutabili le quali dirigono queste opera-
zioni e eli esse sian conseguenze imme-
diate e necessarie della nostra organizza-
zione medesima, lo non fo adunque che
seguire gradatamente i progressi del no-
stro spirito , senza perder mai di vista
la filiazione delle nostre idee.
Ij esame del discorso in genere ; Varia-
tisi dei suoi veri elementi , ecco V oggetto
delle mie ricerche in questa Grammatica.
Le informi decisioni dei primi grama-
tici , scrupolosamente da età in età ripe-
tute , senza essere state mai fuse nel cro-
giuolo delV esame e dell' analisi , han ser-
vito a moltiplicare gli errori e a via più
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II
spessore le tenebre del pedantismo. Ep-
però dissimular non deggio che il mio si-
stema di Grammatica , rovesciando la
maggior parte delle false idee ricevute e
degli erronei principi , sarà agramente
ripreso dall ’ ignorante ciurma e dai Zoili
pedanti cui paragono alle sucide Arpìe le
quali lordano tutto ciò che toccano , in-
sensatamente proclamando V inviolabil ri-
spetto dovuto alle opinioni dall’uso e dalla
propria antichità accreditate :
Clament periisse pudorem , . .
Vel quia nil rectum , nisi quod placuit sibi , ducunt ;
Vel quia turpe putant parere minoribus , et quae
Imberbes didicére , senes perdenda fateri.
Horat. II Epist. j , 80 .
lo risponderò loro con questa sentenza
del giudizioso Quintiliano :
Quidquid est optimum , ante non fuerat.
Instit. orat. X, a.
Adunque se la mia propria ragione ,
se le mie particolari esperienze di parec-
chi anni nell’ insegnamento non mi fac-
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ciano spacciar cV assai , fonimi asperare
che questo mio metodo sarà per riuscir
semplice , agevole , breve ed uniforme
agli apparanti la favella italiana e per
servir d' introduzione allo studio di tutte
le lingue , giacche tutte kan delle regole
tra lor comuni che derivano dalle nostre
facoltà intellettuali e d'onde emergono i
princìpi del raziocinio.
Le poche anime seguaci del vero e del
bello , al rimprovcrlo delle quali è bersa-
glio la gente ignara , vana , invidiosa e
superba , sapran al certo compatirmi s' io
non abbia saputo nè potuto far meglio ,
rammentando io loro le parole del divino
Alighieri .... Queste due proprietadi ha
la Gramatica , che per la sua infinitade li
raggi della ragione in essa non si termina-
no in parte. Convito.
Veggio infine avvertire gl' imparanti che
il pensiero dello stesso Dante dal Sanzio
così sviluppato : Grammaticorum sine ra-
tione testimoniisque auctoritas nulla est
( in Minerv . , lib. i , c. 2 ) , avendomi
ad evidenza mostro ch'il gramatico limi-
tar non deesi ad una esposizione dogma-
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tica delle regole grammaticali j ma che
dopo averle dedotte dai principi della
ragione e della sana logica , avvalorar le
debbe con autorità da far legge , ho sem-
pre giunto al precetto gli esempli , tratti
dai creatori della nostra lingua e dai clas-
sici più puri, Dante, Boccaccio, Petrar-
ca , Firenzuola , Fedi , Buonarroti , ec.
Chiudo quanto mi era posto in cuore
di far palese ai miei leggitori pregando
le persone scempie d ’ ogni mal talento ,
e coloro che meritamente han fama nella
repubblica delle lettere , di additarmi per
le vie aperte alla comunicazione lettera-
ria , gli errori ov io fossi , per inavver-
tenza o per ignoranza , potuto cadere.
Tantum abest ut scribi contra nos no-
limus , ut id etiam maxime optemus . . .
Nos qui sequimur probabilia , nec ultra
id quod verisimile occurrerit progredì pos-
sumus , et refellere sine pertinacia, et re-
felli sine iracundia parati sumus. Cic. II.
7 use. disp. ij.
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CAPITOLO I.
Analisi del Discorso.
Ogni sistema di segni è un linguaggio :
ogni impiego di un linguaggio , ogni emis-
sione di segni è un discorso. Essendo dun-
que ogni discorso la manifestazione delle
nostre idee , la conoscenza perfetta di que-
ste idee può sola farci scoprire la vera
organizzazione del discorso e svelarci com-
pletamente il segreto meccanismo delia sua
composizione.
Sentire e giudicare , ecco tutta la nostra
intelligenza , tutto il nostro essere , tutto
ciò che siamo , l’intiera nostra esistenza*
Giovanetti , è questo un fatto che ognun
di voi ha già dovuto in sè provare , è
questa la fonte , onde emanar deggiono
tutte le conoscenze gramaticali , debb’csser
questo il lilo d’ Arianna per non farvi
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smarrire negrinestricabili andirivieni del la-
birinto edificato dai Clamatici non filosofi.
Quando giudichiamo , sentiamo dei rap-
porti tra le nostre idee, sentiamo che un
essere qual si sia , o piuttosto l’idea che
se ne ha , giacché non sentiamo che le
nostre idee, rinserra una qualità, una' pro-
prietà , una circostanza qualunque. Giu-
dicare, è dunque sentire che una idea ne
rinchiude un’altra. Quando io penso a Ce-
sare, e giudico che Cesare è dotto, sento
che l’idea di Cesare comprende l’idea di
egser dotto e ch’ella la novera nel nume-
ro degli elementi che la compongono at-
tualmente. Imperò , quando abbiamo una
percezione , una idea , noi sentiamo } e
quantunque volte sviluppiamo una circo-
stanza in questa percezione , noi giudi-
chiamo. È questo, giovanetti , un punto
capitale che non bisogna perder mai di
vista.
Per esprimer un giudizio , fa di mestieri
enunciar le due idee di cui l’una contie-
ne l’altra, più l’atto dello spirito che rav-
visa questo rapporto. Ciò appellasi il sog-
getto, l’attributo ed il segno deU’afferma-
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zione che gli unisce. Ecco ciò che costi-
tuisce una proposizione. L’essenza del di-
scorso adunque è d’ esser composto di
proposizioni , di enunciazioni di giudizi.
Son questi i suoi veri elementi immedia-
ti 5 quindi impropriamente vengon appel-
lati elementi , parti del discorso , quelli
che sono realmente gli elementi , le parti
della proposizione. La decomposizione a-
dunque della proposizione sarà l’oggetto
delle nostre ricerche.
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CAPITOLO II.
Decomposizione della proposizione
nei suoi elementi .
Giovanetti, voi siete ora nella certezza
ch’ogni proposizione debb’esser l’enunzia-
zione d’un giudizio e che il discorso non
puote avere significazione veruna quando
non esprime un giudizio qualunque. Ri-
flettendo ognun di noi su la natura della
nostra intelligenza che tutta consiste a
sentire e a giudicare , non puossi affatto
dubitare di queste verità.
Si è dimostrato nel precedente capitolo
che per esprimer un giudizio fa d’ uopo
enunciare le due idee di cui 1’ una con-
tiene 1* altra , più 1’ atto dello spirito che
osserva un tal rapporto. Qual maraviglia
debb’ esser ora la vostra nell’ udire che
sovente un solo de’ nostri suoni articolati
rappresenta una proposizione intera, espri-
me un giudizio completo! Non 7 per esem-
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pio , vuol dire : io non sento ciò , o io
non credo ciò , o io non voglio ciò , se-
condo le occasioni diverse. Si, vuol dire
del paro : io lo credo , o io lo farò , o
ciò è certo , secondo i vari casi. 11 nostro
semplice grido ah! significa: io sono do-
lente. Il grido oh! può significare: io sono
attonito , stupefatto.
Avviene lo stesso di tutte le nostre in-
teriezioni, d’un gran numero di congiun-
zioni e di parecchie di quelle parole chia-
mate da alcuni gramatici particelle : esse
son tante enunciazioni di interi giudizi.
Dir puossene altrettanto , in molte cir-
costanze dei nostri pronomi. Essi rappre-
sentan sovente una intiera proposizione.
Quando, dopo aver detto: la Francia ha
dichiarato la guerra alla Spagna: soggiun-
go : siatene sicuro , credetelo , ciò vai
quanto dire : credete questo giudizio ,
siate sicuro di questo giudizio; la Fran-
cia ha dichiarato la guerra alla Spagna.
Ne e lo significano esattamente questa
proposizione : in un’altra circostanza , ne
significheranno un* altra.
Da un altro lato abbiamo parole , in
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gran numero , che non esprimono nep-
pure una intera idea , le quali non rap-
presentano , per così dire , che un fram-
mento d’idea : tali sono le nostre prepo-
sizioni , gli avverbi , gli aggettivi , com-
presivi i participi e gli articoli. Il , di ,
virtuoso , diligentemente , non significan
assolutamente nulla , e non si potrebbe
fare verun uso di sì fatte parole , isolate
e separate da ogni altra. Questi stessi se-
gni uniti ad altri , il dinoterà in qual e-
stensione debb’ esser presa una idea. Di ,
posto tra due idee , indicherà che 1’ una
è in un certo rapporto con l’altra. Vir-
tuoso disegnerà una qualità di un ente.
Diligentemente , la maniera onde un’azio-
ne è eseguita. Ma il non è mica il nome
dell’estensione j di non è quello del rap-
porto j virtuoso , non è quello della qualità,
nè diligentemente quello del modo. Non
son dunque questi , veri segni , ma real-
mente frammenti di segni.
Non havvi proposizione senza verbo e-
spresso o sottinteso.
Desso costituisce solo la proposizione e
determina il senso di quella nella quale
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entra. Ma quando il verbo è impiegato al
modo participio , non evvi enunciazione
di giudizio } quindi non havvi proposi-
zione. Quando dico : un uomo leggente ,
una donna pregiata , una cosa finita ,
enuncio semplicemente delle idee isolate
ed uniche. 11 verbo a questo modo , è un
vero aggiunto ed è questa la sua forma
essenziale e fondamentale , come vedrassi
quando si esporrà la teorìa del verbo.
Il verbo all’infinito non forma uè anco
proposizione , nè per seguenza enunzia-
zione di giudizio. Esso è un vero nome ,
mediante il quale si disegna ed il verbo
medesimo e lo stato eh’ esprime.
Lo stato primitivo d’ogni proposizione,
è, come di sopra si è accennato , d’ esser
composta d’ un sol grido. Ma quali ele-
menti necessari deggian contenersi in que-
sto segno unico , il vedremo tosto.
Essendo ogni proposizione l’enunciazio-
ne di un giudizio , ed ogni giudizio con-
sistendo a sentire che una idea esiste nel
nostro spirito , che un’ altra idea esiste in
quella, bisogna necessariamente che il se-
guo unico il quale esprime una proposi-
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zione contenga in sè almeno due altri se-
gni 5 l’ uno rappresentante una idea esi-
stente in sè stessa, e l’altro rappresentante
un’altra idea come non esistente che nella
prima. Son questi al certo due elementi
necessari del discorso: vediamo ora quali
essi sieno e poscia se sienvene altri del
pari indispensabili.
Il nome che si concepisce come sussi-
stente in sè e come il soggetto di ciò che
in lui si concepisce , è il primo di questi
due segni. In effetti , sono i nomi che
rappresentano tutte le idee che hanno nel
nostro spirito una esistenza assoluta ed
indipendente da ogni altra idea. Che que-
sta esistenza sia positiva e reale come
quella degli esseri sensibili , o pure fittizia
ed imaginaria come quella degli esseri
puramente intellettuali, poco rileva. Que-
ste idee esistono in sè stesse e non son
subordinate ad alcuna altra. 1 nomi adun-
que , ed i pronomi che ne fan le veci ,
posson solo esser i subietli dei nostri giu-
dizi e delle nostre proposizioni 5 e tutti
gli altri elementi del discorso non rappre-
sentano che idee a quelle relative. Nulla
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di meno le altre parole , ed anco frasi
intere , divengon assai sovente soggetti di
proposizioni j ma ciò avviene quando so-
no impiegate come nomi assoluti o sog-
gettivi , vai quanto dire riguardati come
esprimenti idee aventi un’ esistenza propria
ed assoluta.
Gli aggiunti propriamente detti, o mo-
dificativi y e per seguenza tutte le parole
e le frasi impiegate aggettivamente , son
le parole che compongono la seconda spe-
cie dei segni indispensabilmente necessari
per formar una proposizione. Ma essi non
sono attributi completi : esprimono bensì
una idea che fa parte d’ un’ altra, ma con
astrazione dell’idea di esistere. Valoroso ,
rappresenta , è vero , l’ idea valore come
appartenente o piuttosto come dovendo
appartenere ad un soggetto , ma non già
come effettivamente esistente. Imperocché
per significar completamente che una idea
è rinchiusa in un’altra , bisogna prima si-
gnificare eh’ ella è , eh’ ella esiste. Or di
questa proprietà sono scempi , per una
singolare astrazione tutti i nostri aggiun-
tivi , proprietà di cui va solamente adorno
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il solo aggiunto essendo , esistendo od esi-
stente che in sè racchiude I’ idea di esi-
stenza , idea che lo rende completamente
attributo e che per mezzo suo è implici-
tamente negli altri aggettivi compresa .
Questi aggettivi sono appunto i verbi. 1
verbi son dunque altrettanti aggiunti chiu-
denti in sè medesimi 1’ aggiunto essendo
che noi chiamiamo participio , eli* è la lor
forma essenziale e fondamentale. Quindi
fassi aperto perchè gli aggettivi propria-
mente detti son verbi mutilati , e i verbi
sono aggettivi interi , e perchè i primi
uniti ad un sostantivo non producon mai
una proposizione, e perchè non si richie-
de che un vèrbo e ’1 suo subietto per
farne una.
Ma il verbo al modo participio forma
la proposizione imperfettamente. Quando
dite: Giulio leggente od essendo leggen-
te , voi accoppiate due idee, una esistente
in sè stessa ed una che non puote esistere
che in un’ altra , e nulla d’ avvantaggio.
Ma quando dite : Pietro legge od è leg-
gente , voi pronunziate un giudizio for-
male , cioè che l’ idea di legge o è leg-
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genie esiste in una maniera positiva ed
attuale in un’ altra. Per le stesse ragioni
dianzi addotte non puote esservi proposi-
zione quando il verbo è all’indefìnito. .
In ogni proposizione dunque si conten-
gono due termini, un soggetto ed un at-
tributo , un nome ed un verbo. Tutto il
rimanente del discorso risolvesi in acces-
sorii di subietti o di attributi. Eccoci or-
mai pervenuti alla decomposizione com-
pleta della proposizione : facciamci ora a
percorrere le divisioni della medesima.
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CAPITOLO III.
Della divisione delle Proposizioni .
Giovanetti, si è dimostrato nell'antece-
dente capitolo che in ogni proposizione
contener deggionsi due termini : il sog-
getto che è il segno dell’ ente giudicato ,
quello del quale si afferma, o si nega, il
predicato , quello dell* idea in lui conte-
nuta , quello che si afferma o si nega.
Il soggetto esser può semplice come in
questa proposizione :
Beatrice mi guardò con gli occhi pieni
Di faville d'amor — Dante.
Il soggetto puote esser moltiplice , allor-
ché , in virtù della elissi che tanto suona
quanto difetto o mancamento , si attri-
buisce a più oggetti una intenzione mede-
sima , come in questi versi del Petrarca:
Amor , natura , e la helValma umile
Ov' ogn alta virtute alberga e regna ,
Contra me son giurati.
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Se non avesse in questo luogo il Poeta
fall’ uso della elissi , sarebbesi convenuto
dir così: amor contra me è giuralo } na-
tura contra me è giurata 5 e la bell'alma
umile ove ec. , contra me è giurata , e
però avrebbersi , in vece d’ una , tre pro-
posizioni.
Il soggetto è complesso come in questa
proposizione :
Lucevan gli occhi suoi più. che la stella .
Dante.
Dario re di Persia fu vinto daAlessandro.
Le formule gli occhi suoi , nel primo
esempio } Dario re di Persia , nel secon-
do , sono i soggetti complessi.
Non havvi lingua, per doviziosa di vo-
caboli che sia , la qual non manchi pur
sovente di segni, propri ad esprimere con
una sola voce ciascuna idea e ciascun
concetto che venir ci possa nello spirito :
in tal caso ci convien far uso d’una peri-
frasi , ossia d’un largo giro di più parole
ad un sol termine equivalenti 5 quindi in
questi versi di Dante :
Tu proverai si come sa di sale
Lo pane altrui , e cornee duro calle
Lo scendere e’I salir per V altrui scale ;
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l’ aggregamento dei segni lo scendere e 7
salir per V altrui scale , ritraenti sì fatto
concetto , forma il soggetto della seconda
proposizione.
Del paro che il soggetto , 1 T attributo
esser può semplice, moitiplice, complesso,
ed enunciato con una parafrasi.
L’attributo è semplice, come in questa
proposizione ; Dio è eterno. — È molti-
plice in questa : Dio è giusto ed onnipos-
sente. — È complesso in quest’ altra: Ce-
sare fu il tiranno d* una repubblica di cui
doveva esser il difensore. — - È finalmente
l’attributo enunciato per mezzo d’una pe-
rifrasi in questa proposizione : Il vivere
onestamente è il solo mezzo per essere
scempio dell ’ altrui maldicenza. Ciò pre-
messo passiamo a discorrere le differenti
specie di proposizioni.
Non è mia idea , o giovanetti, far qui
parola di tutte le specie di proposizioni
che distinguonsi nella Filosofia. La Gra-
matica non si occupa che della forma
delle proposizioni , e sotto questo ragguar-
damento dello spirito esse posson essere
i .° semplici o composte ; 2 . ° complesse od
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incomplesse ; 3.° relative ; 4-° integre od
elittiche; 5.° principali od incidenti, e que-
ste esplicative o determinative.
1. Le proposizioni sono semplici o com-
poste , secondo la natura del lor soggetto
e del lor attributo. Una proposizione sem-
plice è quella di cui il soggetto e 1’ attri-
buto sono egualmente semplici cioè, igual-
mente determinati da una sola idea tota-
le , come : la saggezza è preziosa ; la
considerazione che si accorda alla virtù
è preferibile a quella che si accorda alla
nascita.
Una proposizione dicesi composta quan-
do il soggetto o l’attributo son composti,
cioè determinati da differenti idee totali.
Una proposizione composta pel soggetto
può decomporsi in tante proposizioni sem-
plici quante son le idee totali integranti
contenute nel soggetto composto; ed esse
avranno tutte il medesimo attributo e sog-
getti differenti. Demostene e Cicerone fu-
rono oratori : sonvi qui due soggetti , De-
mostene e Cicerone ; quindi due propo-
sizioni semplici aventi lo stesso attributo :
i. Demostene fu oratore ; 2 . Cicerone fu,
oratore.
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3o
Una proposizione composta per V attri-
buto può decomporsi in tante proposizioni
semplici quante idee totali integranti sonvi
nell’ attributo composto j ed esse avranno
tutte il medesimo soggetto ed attributi dif-
ferenti Cicerone fu filosofo ed oratóre:
qui havvi due attributi , fu filosofo e fu o-
ratore : imperò due proposizioni semplici
col medesimo soggetto : i° Cicerone fu
filosofo \ 2 ° Cicerone fu oratore . La de-
composizione fassi sensibilissima in qnesta
veramente aurea strofa di Orazio, II. Od. io.
Auream quisquis mediocritalem
Diligiti tulus caret obsoleti
Sordibus tedi , caret invidenda
Sobrius aula.
II. Le proposizioni sono a un pari com-
plesse od incomplesse , secondo la forma
deli’ enunciazione del lor subietto e del
lor attributo.
Dicesi proposizione complessa quella di
cui il soggetto o l’attributo sono complessi.
i°. Proposizione complessa pel soggetto:
La possanza legislativa è rispettabile.
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3i
2. 0 Proposizione complessa per 1* attri-
buto : Dio governa tutte le parti dell' u-
niverso. ,
Una proposizione incomplessa è quella
di cui il soggetto é 1’ attributo sono pari-
mente incomplessi. Esempi : la saggezza
è preziosa : mentire è una viltà.
III. Chiamasi proposizione relativa quel-
la la quale dipende da altra proposizione
sottintesa. Tale si è la seguente :
Lassando l'atto di cotanto uffizio , Dant.
la cui correlativa sottintesa si è : quanto
è l' atto del giudicare.
IV. Quella eh’ ha neve il volto , oro i
capelli. Petr. — - Chiamasi proposizione in-
tegra quella in cui contengonsi tutte le parti
necessarie all’intendimento del concetto che
vuoisi esprimere, come nella seguente : quel-
la ch'ha neve il volto. Ma se tacciasi in essa
il soggetto o il verbo, o l’uno e l’altro,
la proposizione , per tal manco difettiva ,
dicesi proposizione elittica , siccome la se-
guente, finimento dei precitato verso: oro
i capelli , il cui intero costrutto si è , e
quella che ha oro i capelli.
V. Quando le giunte fatte , sia al su-
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32
bietto , sia all’ attributo , sia a qualche al-
tro termine modificativo dell’ uno o del-
1’ altro , sono esse stesse proposizioni , tali
proposizioni parziali sono incidenti } e quel-
le di cui esse son parti integranti , sono
principali.
Per esempio , quando dicesi : i savi ,
che sono più istrutti del comune degli
uomini , dovrebber pure sorpassarli in sag-
gezza , questa è una proposizione com-
plessa : che sono più istrutti del comune
degli uomini , è una proposizione parzia-
le , legata al soggetto i savi , di cui è un
compimento esplicativo , perchè serve a
svilupparne l’idea per trovarvi un motivo
che giustifichi 1* enunciazione della propo-
sizione principale , i savi dovrebbero sor-
passare gli altri uomini in saggezza : la
proposizione parziale , che sono più istrutti
del comune degli uomini , è dunque una
proposizione incidente.
Parimente quando dicesi : la gloria , che
proviene dalla virtù , ha uno splendore im-
mortale , è questa una proposizione com-
plessa : che proviene dalla virtù , è una
proposizione parziale , legata al subietto
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33
la gloria , di cui è un complimento de-
terminativo , perchè serve a ristrignere il
significato troppo generico , vago ed inde-
terminato del nome gloria , mediante l’i-
dea della causa particolare che la procu-
ra , cioè , la virlù : così la proposizione
parziale , che proviene dalla virtù , è una
proposizione incidente.
Sonvi dunque due sorte di proposizio-
ni incidenti : 1’ una esplicativa , e 1’ altra
determinativa .
L’ esplicativa serve a sviluppare la com-
prensione dell’ idea parziale alla quale è
legata : è una semplice spiegazione. Esem-
pio : i savi , che sono più istrutti del co-
mune degli nomini , dovrehher pure sor-
passarli in saggezza. La proposizione in-
cidente , che sono più istrutti del comune
degli uomini , è puramente esplicativa ,
perchè è lo sviluppo dell’ idea di savi.
La proposizione incidente determinativa
è quella che giugne un idea accessoria alla
comprensione dell’ idea parziale cui è le-
gata , per ristrignere l’ estensione del sog-
getto. Esempio : la gloria , che proviene
dalla virtù , ha uno splendore immortale.
3
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34
La proposizione incidente , che proviene
dalla virtù , è determinativa , perchè ag-
giugne all’ idea antecedente di la gloria ,
l’ idea accessoria di provenire dalla virtù ,
di aver la virtù per causa 5 e questa ad-
dizione ristrigne l’ estensione del nome glo-
ria , escludendo ogni gloria che non viene
dalla virtù.
E della proposizione basti ciò che se
n’ è parlato , e trapassiamo ora a discor-
rere i suoi diversi elementi e mostrar l’o-
» rigine e l’uso di ciascuno di essi.
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35
CAPITOLO IV.
Degli elementi della proposizione.
Giovanetti , dopo avervi parlato della
natura della proposizione, dopo di avervi
fatto conoscere i veri elementi ond’ è ne-
cessariamente composta e le divisioni di
essa , fa di mestieri or esaminare le dif-
ferenti sorte di parole di cui fassi uso in
una lingua perfezionata per render l’espres-
sione del pensiere più completa e più fa-
cile. lo non mi occuperò punto delle di-
verse classificazioni che i grammatici han
fatte di queste parole, nè del numero, nè
dell’ordine delle lor denominazioni $ del lor
uso e delle lor funzioni bensì. E però foni-
mi a considerare gli elementi del discor-
so come si offrono al mio spirito, parten-
do dallo stato primitivo della proposizio-
ne in una lingua nascente. E siccome nel-
1’ origine del linguaggio , una proposizione
*
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36
non è composta che di un sol gesto , di
un sol grido, così le prime parole che si
presentano al mio spirito , son quelle le
quali , anco attualmente , esprimon da sè
sole una intiera proposizione. Or queste
parole , questi segni ideali , questi gridi
inarticolati , nomansi dai grammatici in-
teriezioni. Di esse dunque conviene far
capo.
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37
CAPITOLO y.
Delle Interiezioni.
Ahi! serva Italia, di dolore ostello! D.
L’ interiezione , o giovanetti , è il vero
tipo originale del linguaggio. Tutte le al-
tre parti del discorso non sono che fram-
menti di questa e non son destinate che
a decomporla ed a risolverla nei suoi ele-
menti. Le interiezioni adunque sono segni
naturali della nostra organizzazione, espres-
sioni sincopate , vere frasi elilliche , spri-
inenti quei gridi di piacere o di dolore ,
di gioia o di tristezza, di approvazione o
di disprezzo , e di sensibilità , onde sia-
mo affetti. L’uomo ha apparato questo lin-
guaggio dalla stessa natura , eh’ è uno in
tutti , e di cui la moderna favella è una
semplice traduzione in suoni articolati ed
arbitrari. Ogni interiezione, per le ragio-
ni dianzi addotte , è una compendiata e-
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38
spressione d’un giudizio, ossia d’una pro-
posizione intiera j adunque ella debbe im-
plicitamente inchiudere uu soggetto ed un
predicato. In fatti il grido ah ! significa :
io sono soffrente , o io soffro. II grido oh!
vuol dire : io sono attonito , stupefatto. _
Doh! suona quanto: io sono sdegnato ,
incollerito , cruccialo ; e così dee discor-
rersi degli altri siffatti segni.
Delle interiezioni , alcuni son semplici
gridi naturali , siccome ah ! oh ! ec. \ al-
tre un aggregamento di voci articolate com-
miste ad alcun grido come oim 'e , ahimè , ec.
Quantunque volte avvenga eh’ altri suoni
articolati trovinsi giunti al semplice grido
naturale , ei possono risguardarsi in due
diversi aspetti ; cioè o come elementi d’una
proposizione elittica che la forza della pas-
sione e quindi la foga del dire non per-
mette esprimere per le solite formule del
favellare e ci lascia poca libertà di spirito
per analizzarli , o come una interpretazio-
ne della semplice interiezione , voglio di-
re , come una traduzione in voci artico-
late ed arbitrarie del grido medesimo. A-
dunque colui che compreso da forte do-
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3 9
lore , sciama : oimè ! viene a dire : oi !
cioè io sono da soverchio dolore oppres-
so } me , vale a dire ; soccorrete me. Ma
in questo verso di Dante : ahi ! quanto
egli era nell'aspetto fiero ! la formola quan-
to egli era nell' aspetto fiero , è una pretta
traduzione in voci articolate del sentimen-
to contenuto nel grido ahi !
Imperò chiameremo le prime , pssia i
semplici gridi inarticolati ahi oh! ec. in-
teriezioni pure f le seconde , ossia l’accop-
piamento d’ alcun grido con altro artico-
lato suono , saran da noi chiamate interie-
zioni miste.
ANALISI
Delle interiezioni e delle parole impiegate
come interiezioni nella nostra lingua .
A.
Ah ! ( io mi sento inorridire ); — Ah!
fiera compagnia . — Dante,
Ahi ! ( io mi sento da grande ira e cruc-
cio commosso forte ) 3 * — Ahi ! dura
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4 "
terra , perchè non t' apristi ! — Dante.—
Ahi ! nuli' altro che pianto al mondo
dura ! — Petrarca.
Ahimè o aimè ! ( io mi dolgo compian-
gete me )! — Aimè! che piaghe vidi
ne' lor membri ! Dante.
Ahi ! lasso ! ( io sono dolente , soccorrete
me lasso ) j Ahil lassa me ! ( io mi
lamento cosi per ) che assai chiaro co-
nosco corri! io ti sia poco cara. — Boc-
caccio.
B.
Beato me! (mirate me bealo") $ Bealo te!
( io ammiro te beato ).
Pur beato ! ( io posso pur chiamar me
beato )j — Pur me beato ( poi ) che
noi abbiamo giudice che non mi lascerd
piu far versi. Davanzati.
D.
Deh ! ( io mi sento commosso forte pen-
sandovi j — Deh ! amico mio , perchè
vuo' tu entrare in questa fatica ? Boc-
caccio.
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4 *
Doh ! ) io maravigliando il dico )$ —
Doh ! gli aveva ben tenero ’l budello ,
Buonarroti , Tancia.
E.
E ! ( la memoria di quella vista mi spa-
venta ancora ) j —
E quanto a dir qual era è cosa dura !
Dante.
Eh ! ( io sono quasi incollerito ) j — Ehi
che V . Sig. Illustriss. mi dà la baia.
Redi. Alla fine delle frasi interrogative,
questa interiezione significa 5 non dico
io vero ? Tu ti dai forse ad intendere
eli io' sia tuo schiavo , eh? Firenzuola.
Ehi ! ( io sono maravigliato ) — Ehi !
messere , che è ciò che voi fate ? Boc- '
caccio.
Eia ! ( di' su ) j — Eia ! Calandrino ,
che vuol dir questo ? Boccaccio.
Eimè ! ( io sono dolente , compiangete me)
E ime , lasso! che ora intendo quello che
non intesi. Crusca.
Eimeil {io sono adirato e mi vince l'im-
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V#»
4a
pazienza )\ — Eimei ! state a udire ,
Firenzuola.
H.
Hi ! ( ciò mi spira nausea e disprezzo ) ;
Hi! meccere. Boccaccio.
Hui ! o pure ui! (io sento acuto dolore )}
Alto sospir , c/i e duolo strinse in hui y
mise fuor pria , Dante.
O.
0 ! ( io chiamo voi ) ; — O voi , o Jot-
tor/ Firenzuola.
Oh! [io sorco pieno di maraviglia e d’ in-
vidia ) 5 — O/i / liberalità di Natan ,
quanto se ’ Zu maravigliosa ! Boccaccio.
O/i / o/ì ! [ io sorco maravigliato , io sono
maravigliato )/ — 04/ o/i/ la testug-
gine vola? Firenzuola.
01 / o pure ohi ! [ io sorco dolente ) j —
O/ , lasso ! che tuttor desio ed amo ,
Crusca.
Oìbò! [io sdegno e sprezzo ciò); — Dia
ce ne guardi , oibò ! Buonarroti.
OiVrcé / od ohimè ! o pure omè ! [io sona
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43
dolente , compiagnete me)', — Oimè ,
Zawo/ — Oimò! il bel viso ! Oimè! il
soave sguardo ! Petrarca.
Oimei! (oi mez) (zo son dolente , abbiate
pietà di me)', — i/ messo comincia a
dire : oimei ! Crusca.
O io! o pure oio ! ( io sono stupefatto).
Oio! disse il monaco, se vi di lungi ....
Boccaccio.
Oisè! ( gridava eh* egli era dolente, che „
compiangessero sé)} Oisè ! dolente se!
che il porco gli era stato imbolato. Boc-
caccio.
Oitu! (tu sei misero , tu sei degno di com-
pianto )} — Oitu ! Gerusalemme, Cru-
sca.
P.
Pu ! ( io V abborro ) — Pu! Buonarroti.
U.
Uh! ( io inorridisco ) — Uh ! (prego ) che
Dio tei perdoni ! Firenzuola.
Le interiezioni di cui abbiam fatto
molto sono le più usitate } facciamo ora
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44
l’analisi di parecchie altre parole impie-
gate come una sorta d’interiezioni e pro-
curiamo di darne il significato.
B.
Bravo 1 bravai bravi ! brave l bravissimo!
Sono espressioni abbreviate di tu sei bra-
vo , tu sei brava ec.
Buono! è un elemento della proposizione
questo è buono .
C.
Cànchero ! {mi fosse venuto un} canchero
(s’ io faceva altrimenti ) mentre il pode-
stà qui stava r Buonarroti.
C ancherusse! — (im) cancherusse! ( mi
venga se io non dico vero ) e mi fu per
ingoiare , Buonarroti.
Cdnchitra! — Canchiira ! ( mi venga se
io mento ) cosi ben non canta il sere ,
Buonarroti.
Capperi ! — Capperi (io son maraviglialo )/
io mi ridico. Crusca.
Céppita! — C oppila ( io son maravi-
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45
gliato ) ! io ho fatto da medico daddo-
vero , Redi.
Cosi ! — (come è vero questo ch’io di-
co ), cosi ( desidero che ) cresca il bel
lauro in fresca riva ! Petrarca.
D.
Diacine o diacinl — Diacin ( diavolo fa )
eh’ ci mi risponda. Berni.
Diavolo ! ( desidero che il diavolo ti porli
via ) \ — • Come * diavolo ! non hanno
che una coscia e una gamba? Boccaccio.
Dòmine ! ( io invoco e prego te , signo-
re') , — Domine l fallo tristo. Boccaccio.
F.
Finocchi ! (io sono maravigliato) \ — Fi-
nocchi ! costui non è chi é* pareva. Fi-
renzuola.
G.
Guai! disgrazia. — Guai (sono preparati)
a voi , i quali vi apparecchiate d’ an-
dare colle ricchezze al reame del cielo !
Crusca.
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46
Guarda ! — Lo duca mio dicendo : guar-
da ( il periglio ) , guarda ! Mi trasse a
se del luogo dov ’ io slava. Dante.
M.
Madesì! ( mio Dio si).
Manco male ! Questa espressione vale quan-
to il male è manco che non sarebbe sta-
to , la cosa andando altrimenti.
N.
Non. — ( come questo eh* io dico è falso).
O.
Olà ! — Olà ! ( io chiamo te che sei là)
dove se ’ ? Boccaccio .
Omb 'e! ( ora bene) ora la cosa sta. bene)) —
Ombè ! quegli gli curi che è là propo-
sto a ciò. Buonarroti.
Orsù ! — Orsù (ora levatevi su ) , giova-
ni , assaltiamo virilmente e con allegra
fronte questi dormiglioni. Firenzuola.
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47
p.
Pape 1 . ( io sono maraviglialo ). — Pape ,
Satan ! pape , Satan , aleppe ! Dante.
SI. — ( come questo ch’io dico è vero ) ,
si ( vorrei che io) fossi morto quando
la mirai , Petrarca.
»S7«/ (sta cheto)! —Sta, ch’io vo' con-
siderarla meglio. Firenzuola.
Su ( levatevi su i piedi)', — Su, madon-
na , levatevi tosto. Boccaccio.
V.
Via ( va! o andate o andiamo in via) ', —
Via , fdccialevisi un letto tale , quale
egli vi cape. Boccaccio.
Viva! (io prego che egli viva)', — Viva ,
viva il nostro signore. Crusca.
Z.
Zitto ! (non fare o non fate un zitto)', —
Zitti un pò’, ch'elle dormono. Buonarroti.
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CAPITOLO VI.
48
Dei JSomi e dei Pronomi.
Giovanetti , io vi ho fatto conoscere ad
evidenza nel precedente capitolo che pos-
siamo esprimere una intiera proposizione
con un sol segno. Or conviene farvi osser-
vare che tosto che cessiamo di voler espri-
mere una proposizione per mezzo d’ una
sola parola , il primo bisogno che fassi in.
noi sentire si è quello di un segno che
rappresenti il soggetto di questa proposi-
zione , che disegni la cosa di cui vuoisi
far parola , l’ idea alla quale se ne attri-
buisca un’ altra. Questo seguo non puote
esser altro che il nome, esso solo adem-
pier può questo ufizio nel discorso ; i soli
nomi posson essere i soggetti delle propo-
sizioni. Inutil cosa estimo distinguer tra
essi e nomi propri ed individuali , come
Cesare , Pompeo , Alfredo ec. , o gene-
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49
rali e comuni , come libro , marmo , ta-
vola $ nomi di esseri reali o nomi di ge-
neri , di classi , di specie , di modi , di
qualità ed altri esseri intellettuali i quali
non hanno esistenza che nei nostro inten-
dimento. L’uso che dobbiam farne nei no-
stri raziocìni è la sola cosa di cui abbiamo
ad occuparci.
E però investigando , o giovanetti , la
filiazione delie nostre idee , parmi assai
verisimile , e direi pur certo , che i nomi
di persone sieno stati i primi, e forse as-
solutamente i primi inventati dagli uomi-
ni. Iu fatti , appena cominciò 1’ uomo a
manifestare , mediante un grido od un ge-
sto , un sentimento , una passione , un
movimento dell’ anima , sembrami che il
primo bisogno che si è fatto sentire abbia
dovuto essere di specificare chi provava
un tal sentimento ed a chi il suo parlare
volgea. Quindi 1’ origine dei nomi perso-
nali io , tu , se : io nome dell’ individuo
per sè parlante \ tu , nome d’un solo indi-
viduo , a cui dirigesi la parola ; sè , nome
dell’ individuo in relazione d’ identità col
soggetto: nel numero del più , noi , voi , sè .
4
Digitìzed by Google
5o
Avendo i creatori delle lingue attribui-
to a questi segni il comprendimento del-
l’ idea dell’ individuo con la determinazion
sua con 1’ atto della parola , ciò esser do-
vrebbe potentissimo argomento che queste
voci sieno veri nomi , cui con appaia-
mento speziale diremo nomi personali ,
lasciando ad ognuno la libertà di dar loro
il nome che più gli va a genio. Veniamo
or a parlare delle proprietà e virtù di sì
fatti segni. ,
Variazioni del nome personale io.
Singolare, Plurale.
Soggetto io noi.
[ di me .... di noi
Rapporti di dipendenza l n1 *, a ,ne * • ci, ne, ano
! da me .... da noi
Oggetto . . . . mi , me . . . ci , ne, noi
Variazioni del nome personale tu.
Singolare , Plurale
Soggetto tu voi
L di le .... di voi
Rapporti di dipendenza / ti , a te ... vi , a voi
/ da te .... da voi
Oggetto ti , te .... vi , voi
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5i
Variazioni del nome personale sé.
Questo nome , destinato ad esprimere
un rapporto d’ identità col soggetto , non
può mai rappresentare il soggetto stesso.
dì sè
Rapporti di dipendenza /
si , a sè
da sè
Oggetto
si , sè
Sonvi per F oggetto
e pel rapporto di
dipendenza due forme ben distinte, cioè:
Per 1’ oggetto
Pei rapporto di
dipendenza.
Mi , me
Mi , a me
Ci , noi
Ci , a noi
Ti , te
Ti , a te
Vi , voi
Vi , a voi
Si , sè
Si, a sè
Vediamo ora qual è il loro uficio nel
discorso.
i.° Se l’azione espressa dal verbo cade
sopra un sol’ oggetto , si dee far uso delle
forme mi , ti , ci , vi , si :
Mi ritrovai per una selva oscura. D.
*
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5a
a. 0 Pel rapporto di dipendenza deggionsi
impiegare le medesime forme mi , ci , ti ,
Vi , 5i , quando non havvi che un sol ter-
mine cui 1’ azione è diretta :
Tu sola mi piaci. Petrarca.
3.° Allorquando in una serie di propo-
sizioni similari sonvi più oggetti o più rap-
porti di dipendenza , con una sorta di op-
posizione tra un termine e un altro , o più,
non debbonsi mica impiegare le forme mi,
ci, ti, vi, si , ma queste, me, noi, le,
voi , sè , per l’ oggetto , e a me , a noi ,
a te , a voi , a sè , pel rapporto di di-
pendenza. Quelle medesime bellezze che
presero e vinser te , hanno di poi preso
e vinto me. Firenzuola. — Così la ma-
dre al figlio par superba , coni ella par-
ve a me. Dante.
La ragione di questa differenza è nella
natura stessa , la qual vuole che la forza
delle parole sia conforme a quella de’pen-
sieri. Le forme me, te, noi, e c. , hanno
maggior forza che le loro corrispondenti ,
mi, ti, ci, ec. , a causa che le prime
han l’ accento tonico , e le seconde ne sono
affatto prive , e per conseguenza il loro
suono è senza vigore.
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53
4-° Si fa pur uso delle forme me , te ,
ec., nei casi in cui l’ellissi sottintende una
delle due proposizioni similari :
Io parlo a te {e non parlo ad altri )
però che altrove un raggio
Non veggio di virtù , eh' al mondo
è spento. Petrarca.
5. ° Se il verbo sia all’ imperativo mo-
do , le parole mi , ci , ti , vi , si , affig-
gonsi ad esso infine e s’ incorporano in una
sola parola :
Porgimi , alto Signor , quella catena
Che seco annoda ogni celeste grazia .
Buonarroti.
6. ° Ma se il comando sia negativo, que-
ste medesime particelle deggion precedere
il verbo ; — non vi maravigliate.
7. 0 Se il verbo sia all’ indefinito , sop-
primesi Ve finale, e le parole mi, ci , ec.
si uniscon al medesimo :
Si come cieco va dietro a sua guida
Per non smarrirsi. Dante,
e se quest’ e finale sia preceduta da due
r , come in trarre , se ne sopprime una :
trarmi a riva.
8.° Le trasposizioni delle forme mi, ci,
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H
ec. , dinanzi al verbo di cui l’ infinito è
1’ oggetto , rendono 1’ espressione più ele-
gante : — non ti puoi tenere , invece di
non puoi tenerti.
9. 0 Le stesse particelle mi, ci, ec ., si
collocano pure appo il verbo , al partici-
pio presente o passato : — Mostrandovi
le sue bellezze eterne. Dante.
. Venuto è il tempo che io farò portar
pena alla malvagia femmina della ingiu-
ria fattami. Boccaccio.
, l.» Colonna 2. a Colonna 3 .® Colonna.
Mi ... .
lo • • • «
melo 0 me lo.
Ci ....
li ....
celi » ce li.
Ti ....
lei ....
tela » te la.
Vi ... .
le
....
vele » ve le.
Si ....
ne ... .
sene. » se ne.
. io. Allorché una della forme della pri-
ma delle tre colonne sovrapposte , è se-
guita da una di quelle della seconda co-
lonna , vengonsi a comporre delle due pri-
me le forme della terza colonna, col can-
giamento dell’ i in e, nelle particelle mi.
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55
ci , li , vi , si — ... Con quella fascia
Che la morte dissolve , men vo suso. D.
Questo cangiamento dell’ / in e si fa die-
tro un principio generale d’ armonìa, il
quale esige che quando una parola senza
accento , terminata in i , si giugne ad un
altra, igualmente priva -di accento, si cam-
bi T i della prima in e , senza di che si
avrebber parole di due sillabe , senza ac-
cento tonico , ciò eh’ è- ijnpossibile.
11. Se una delle forme semplici, mi,
ti , ci, ec. o delle composte , melo , te-
lo , ec. , sia posta dopo un verbo all’im-
perativo che ha subito un troncamento ,
come di', da', fa', ec. , debbonsi legare
in un sol corpo il verbo e la forma se-
guente , semplice o composta , sopprimen-
do 1 ’ apostrofo o l’ accento del verbo e
raddoppiando la consonante della forma
seguente. Avviene lo stesso dei verbi com-
posti di più sillabe e terminati in vocale
accentata : — Dimmi , per cortesìa , che
gente è questa. Petr. — Riguardommi.
12. Nelle proposizioni abbreviale, de-
corni, decoti, le particelle mi, ti, situate
dopo , formano con la parola ecco , un
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50
dattilo che, per la sua rapidità, dinota
perfettamente ciò che vorrebbesi poter e-
sprimere con un gesto : —
Éccomi ( ecco mi vedi ) , che doman-
di tu ? Bocc.
1 3 . Se le forme /ne, /e, se , sien se-
guite dal pronome il , deesi sopprimer la
vocale del pronome , per comporne le for-
me mel , tei , vel , sei , invece delle for-
me usuali melo , telo , velo , selo , ec. —
T tei dirò. Petr.
14. Le forme la ti , la si , il mi o lo
mi , ec. invece delle forme ordinarie tela,
seia , melo , ec. rendon l’ espressione più
graziosa 5 ma appartengono esclusivamente
al dialetto toscano : — La ti farò 5 — la
si ritolse 5 — il mi ridice. E nella forma
il mi , per melo , collocata dopo il verbo,
si tronca la vocale del pronome il : — Di-
telmi.
1 5 . Si è dinanzi stabilito per regola ge-
nerale che le forme mi , ci , ti , vi , ec.
melo , telo , ec., debban collocarsi innanti
al verbo tranne l’imperativo , l’infinito ed
i participi. Hassi oltre a ciò ad osservare
che quando il verbo è terminato in vo-
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57
cale accentata , anco in altro tempo si pos-
sono le anzidette forme dopo il verbo tra-
sporre , raddoppiando la consonante della
forma seguente, e così l’espressione acqui-
sta un carattere particolare, assai proprio
ad' indicare , con un* armonìa analoga ,
un’azione più o men prolungata, secondo
le circostanze, come fassi aperto dall’esem-
pio che segue : —
Lo mio maestro allora in su la gota
Destra si volse 'ndietro , e ri guarà ommi.
Dante.
16. La particella ne puote esser impie-
gata fuori dello stile familiare nel mede-
simo senso e nelle circostanze medesime
che la particella ci. E se ne segue un ver-
bo che , dopo il troncamento della voca-
le, termina in m, si trasforma questa let-
tera in w, per renderne più agevol la pro-
nunzia ; —
Mostratene la via di gire al monte. D.
Qui mai più , no , ma rivedrenne in
cielo. Petr.
17. Invece di dire con me , con te ,
con se , con noi , con voi , si può dire
meco , tecoj seco , e in verso solamente
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nosco , vosco : — Non credi tu me teco ?
Euripide v è nosco. Dante.
18. L’idioma italiano nell’ impiego dei
nomi personali offre dei vantaggi che le
altre lingue non hanno j sia per esprimere
certe gradazioni del pensiero , quelle va-
rie tinte, quelle sfumature, per cosi dire,
sia per dar all’espressione l’incanto dell’ar-
monia , più analoga al sentimento. Esempi.
Rendo me a voi.
A voi rendo me.
Mi rendo a voi.
Rendami a voi.
A voi mi rendo.
Vi rendo me
Rendomivi.
Vediamo ora in qual circostanza impie-
gar debbasi l’una anzi che l’altra di que-
ste differenti forme.
Rendo me a voi. Questa espressione e-
spiime che chi parla , vuol far sentire a
colui cui dirige la parola, i.°il valore che
attacca alla sua propria persona 5 2. 0 l’esclu-
sione assoluta di ogni altro individuo a cui
potrebbe rendersi. Esprimerà ancora la sua
idea con maggior forza , se dice : a voi
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*9
rendo me j ma s’ei facesse uso dell’espres-
sione mi rendo a voi , i.° l’armonìa non
avrebbe più la stessa gravità ; 2.° colui che
parla farebbe intendere eh’ e’non si occupa
quasi punto di se stesso, ma che rapporta
tutto il suo sentimento alla persona cui
volge la parola. Se poi volesse rendere la
sua espressione più rapida , ciò che può
sovente esser necessario , direbbe : rèndo-
mi a voi. Se vuol esprimere la medesima
idea con più di sentimento per la persona
a cui parla , dirà : a voi mi rendo. Di-
cendo : vi rendo me , l’interesse principale
dirigesi sull’ oggetto dell’ azione. Da ulti-
mo se la persona ch’esprime il suo senti-
mento trovasi in una situazione che gli dia
a pena il tempo di enunciar la sua idea ,
dirà : réndomivi , espressione rapidissima.
Eccovi , o giovanetti , un saggio della
prodigiosa ricchezza della lingua italiana }
quindi fatevi a considerare qual posto ella
occupar deggia tra le altre lingue.
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6o
DEL GENERE.
I nomi della lingua italiana sono stati
distribuiti in due appartate classi , relati-
vamente al genere j 1’ una comprende gli
esseri maschi e quelli cui si è attribuito
il genere maschile , l’altra comprende gli
esseri femminini e tutti quelli ai quali essi
quest’ ultimo genere attribuito.
Dicono alcuni grammatici che se i no-
mi fossero alla natura delle cose conformi
avrebbero ad essere in ogui lingua tre ge-
neri , il maschile, il femminile, e il neu-
trale , comprendendosi in quest’ ultimo ,
siccome nell’inglese idioma, i nomi degli
eDti inanimati , che non han sesso. Ma i
i creatori delle lingue , non avendo alcun
riguardo al picciol comodo che sarebbe da
tal distinzione risultato , hanna in ciò se-
guito il caldo dell’imaginazione , anzi che
un freddo ragionamento , e dando vita e
moto a quanto per occhio e per mente si
gira , dietro alle regole dell’ analogìa , at-
tribuirono il geoere maschile agli enti i
quali , considerati nelle relazioni analoghe
agl’individui animali comparati, riferi vansi
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6i
ad essi pel vigor delle membra , per la
forza, per gli effetti da essi prodotti, ed
anche per la material forma del nome me-
desimo 5 e compresero nel femminil ge-
nere quelli che , per le relazioni loro col
debil sesso, rassomigliavansi maggiormente
agli enti in lui contenuti.
Ma poiché 1’ imposizione del genere ,
dietro le regole analogiche, è nata dal con-
fronto degli enti inanimati con gli anima-
ti j e questo essendo conforme al ragguar-
damento e all’ atto del comparare e dello
scernere le convenienze e le discrepanze
dei diversi popoli , ne segue , che i nomi
medesimi aver deono nelle lingue disfor-
me genere , quantunque volte nella com-
parazione vengono ad affrontarsi due qua •
lità disformi.
Quel popolo, per esempio , il quale d’un
ente disanimato considerò principalmente
la fecondità e la vaghezza delle forme o
altre qualità al femmineo sesso appartenen-
ti , attribuìgli per questa ragione il genere
femminile ; e quello , il quale dell’ ente
medesimo risguardò principalmente la for-
za , la robustezza o altra proprietà degli
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62
enti del maschio sesso , 1 ’ ascrisse per tal
riguardo fra i nomi di genere maschile.
Un’ altra ragione della differenza dei ge-
neri sono i linimenti , dati ai diversi no-
mi , le più volte a caso , ma tal Hata per
una certa analogìa coi nomi delle lingue
onde essi erau tratti , sì come in quelle
avean già fatto da altre , e così via via.
La desinenza naturale dei nomi dell’ i-
dioma italiano essendo sempre una voca-
le , per essa conoscer debbesi il genere dei
nomi $ ed ecco le regole generali a ciò ne-
cessarie.
Son maschili :
1. I nomi in o, tranne mano , spiganurdo .
2 . I nomi in me } eccettuato arme, fa-
me , speme ( voce poetica ).
3. I nomi in re j salvo febbre , polvere ,
scure , torre.
4 * I nomi in nte$ eccetto gente , lente ,
mente , semente.
5. Le vocali i , o , u 5 le consonanti b ,
c > à , g , p , q, t , v\
L’ uso e ’l dizionario insegneranno agli
studiami le altre eccezioni alle quali que-
ste regole vau soggette.
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63
Son femminili ;
1. I nomi terminati in a : tranne ana-
tema , poema , diadema , dramma , epi-
gramma , problema , tema , ed altri de-
rivati dal greco.
2 . 1 nomi in i j eccettuati abbiccì , bar-
bagianni , di , e i composti di questo me-
desimo nome, lunedì , martedì , ec., brindi-
si , guastamestieri , diesi, ambassi. Si eccet-
tuai pure tutti i nomi terminati in t che
non han singolare.
3. I nomi in n : fuorché Corpi , /neu,
pianta , Perà , e qualche altro.
Parole d’ambi i generi.
Aere , arbore , carcere ( il plurale 9
carceri , è sol femminile ) , cenere , ( il
plurale ceneri , è femminile ) , dimane ,
significante il principio del giorno , è fem-
minile } nei senso di dimani , è maschile}
Jine e folgore , fonte , fronte , ( in prosa,
femminile, e in poesia , dei due generi),
Genesi , margine , e solo femminile nel
senso di cicatrice , noce , ordine , è pre-
feribilmente maschile 9 nel senso di ordi-
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64
ne religioso , oste , nel senso di esercito,
è femminile , quando significa albergato-
re , è maschile , trave , serpe.
DEL NUMERO
Nomi maschili.
Regole. Singolare. Plurale.
a mutasi in i. Dramma, drammi.
e i Padre , padri.
o i. Fratello, fratelli.
io j o ii . Tempio, tempj o tempii.
io ìi. Natio, natii.
ckio chi. Occhio , occhi.
glio gli. Periglio, perigli.
ciò ci. Bacio, baci.
gio , gi. Agio , agi. .
aio aj o ai. Portinaio, portinaio portinai.
ca chi. Duca , duchi.
co chi. Cuoco, cuochi.
go ghi. Luogo, luoghi.
I nomi maschili , qualunque sia la lor
desinenza nel minor numero , comune-
mente finiscono in i nel numero maggio-
re. Ravvi ciò non ostante alcune parole
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65
d’ una cadenza irregolare , come uomo ,
uomini j Dio , Dei j bue , ùuoi.
Le terminazioni cìiio , gZù) , c/o , g/o,
diyentan plurali mediante la soppressione
dell’ultima vocale, 1’/ non essendo al sin-
golare che come lettera modificativa del
suono.
Tutti i nomi in co , e in go , compo-
sti di due sillabe solamente prendono una
h al plurale avanti l’ultima vocale , salvo
i tre seguenti : greco, mago, porco , che
fanno greci , magi , porci.
Nelle parole in co composte di più di due
sillabe, questa desinenza trasformasi in chi,
quantunque volte venga preceduta da una
consonante -, ma se poi sia preceduta da
una vocale, cangiasi co, in ci, tranne
i seguenti : abaco , antico, carico, aprico,
beccafico , pudico , rammarico , fondaco ,
manico, opaco, stitico, traffico, ubbria-
co e qualche altro che prendon Yh al plu-
rale.
Nelle parole finite in go, di più di due
sillabe , se questo finimento sia preceduto
da una consonante , go trasformasi in ghi,
come albergo , alberghi. Se sia preceduto
5
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66
da una vocale , trasformasi parimente in
giù, eccetto alcuni nomi, come asparago
teologo , ec. , che fanno asparagi , teolo-
gi , ec.
Noim Femminili.
Regole.
Singolare.
Plurale.
a cangiasi in e.
Casa ,
case.
e
i.
Madre ,
madri.
0
i.
Mano ,
mani.
eia
ce.
Faccia,
facce.
già
8 e '
Bragia ,
brage.
già
gle.
Bugìa ,
bugìe.
ca che.'
Parca ,
Parche.
8 a
ghe.
Verga ,
verghe.
I nomi femminili terminati in a , can-
gian questa vocale in e : i nomi finiti in
e od in o , mutano queste vocali in i , al
plurale 5 i nomi in eia e in già , trasfor-
mano queste cadenze in ce e in ge , a
meno che l’accento tonico non cada sulla
penultima vocale, come in bugìa j allora,
bisogna necessariamente conservare al plu-
rale l ’ i del singolare , per esser sì fatta
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6 7
vocale parte integrante della parola , men-
tre, nel primo caso, vi si trova come let-
tera modificativa del suono. Le desinenze
ca e ga trasformansi in che e ghe , senza
veruna eccezione.
Finimenti invariabili.
Singolare.
Plurale.
a
Bontà ,
bontà.
è
Piè ,
piè.
i
Crisi ,
crisi.
ìt
Virtù ,
virtù.
ie
Specie ,
specie.
Ogni parola terminata in vocale accen-
tata , è invariabile ; le femminili in ie , del
paro , salvo la voce moglie , di cui il plu-
rale è mogli.
Osservazioni particolari.
Anello , Anelli o anella.
Braccio , Bracci o braccia.
Molti nomi in o , hanno , al plurale ,
la desinenza ia i e in a, con la quale di-
*
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68
ventan femminili. Sovente l’una di queste
terminazioni è preferibile all’ altra , o per
l’armonìa, o per l’eleganza, o perchè di-
venuta più familiare per 1’ uso.
Il nome legno ha tre differenti forme al
plurale: legni , legne , legna. La prima
è il nome specifico j la seconda e la terza
disegnano il legno da bruciare. Miglio ,
moggio , staio , paio , novo, fanno al plu-
rale , miglia , moggia , si aia , paia , fio-
ra. Gesto e gesta , gesti e geste al plurale.
Osso , fa ossi e ossa e non già osse , ec.
Le altre irregolarità su questo punto sono
unicamente poetiche , tali sono le forme
agora , borgora, corpora , letlora, e c., in
vece di aghi , borghi , ec. , impiegate da-
gli antichi e da Sannazzaro e dail’Ariosto
per la rima dei versi sdruccioli.
Sonvi dei nomi che , dietro la natura
delle cose eh’ esprimono , o per una con-
seguenza della lor origine , non posson es-
ser impiegate che al singolare , come, me-
le , prole , mane , per mattina , ec. , ed
altri di cui non puossi far uso che al plu-
rale , come nozze , molle o molli , ec.
Le parole eh’ escono nel minor numero
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69
in doppio finimento, prendono pure nella
caduta del maggior numero doppia desi-
nenza , secondo le variazioni di cui ab-
biam di sopra fatto motto.
Singolare.
Plurale.
Arma , j
Arme. )
Arme , j
Armi. J '
Canzona , )
Canzone.
Canzone , j
Canzoni.
Do fine, o giovanetti, al numero, a que-
sto secondo accidente o passione del no-
me , non men del primo notabile , cioè del
genere, con farvi osservare di esser prin-
cipio di ragione eli’ i nomi propri d’ un
individuo , come Demoslene , Cicerone ,
Virgilio , Orazio , ec. , non si potendo
con sè medesimi adduare nè intreare , non
han per conseguente nè sentimento nè for-
ma del secondo numero. Nondimeno al-
lorché sotto vesta di figura o colore ret-
torico s’ adoprano siccome nomi di specie,
ad accennare i sommi oratori , quali fu-
rono Demostene e Cicerone , e i gran poeti,
quali furono Virgilio ed Orazio , piglia-
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7 °
no aneli’ essi la nota propria del numero
maggiore , i Demosteni , i Ciceroni , ec.
Degli Aumentativi e dei Diminutivi .
Fa di mestieri, o giovanetti, ch’io vi
discorra di quello scemamento ed accre-
scimento di significato dei nomi, il quale
fassi col crescergli una o più sillabe , per
esprimer una modificazione dell’idea pri-
mitiva. Nou solo i nomi , ma i modifica-
tivi ancora, van soggetti a questi acciden-
ti 5 onde nell’ italica favella tragge il di-
scorso sì soave grazia e leggiadrìa, cotanta
forza e brevità , e 1’ oggetto medesimo in
tanti e sì vari aspetti appresentato viene
che in nullo può raffigurarlo la mente che
con atto similissimo noi ritragga la scrit-
tura.
Aumentativi.
I.
Cavallo ,
Donna ,
Cavallone.
Donnone.
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71
Gli aumentativi formansi col mutar de-
gli aggiunti l’ultima vocale in one , desi-
nenza alla quale si è data l’ attribuzione
di esprimere una idea di grandezza. Una
parola femminile , aumentata in tal guisa ,
diviene maschile. Così donnone è del ge-
nere maschile. E’ pare che , con l’ aumento
della massa e delle forze fisiche , l’ indi-
viduo prenda pur le forme del più forte
sesso.
II.
IFomo , Omaccio,
Donna , Donnaccia.
Il suono delle desinenze accio e accia
desta da sè stesso l’idea del disprezzo.
III.
Popolo Popolazzo.
Giovane , Ciovanastro.
Queste cadenze son pure nota di di-
sprezzo.
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7 2
IV.
Belli ,
Grasso ,
Fresca ,
Grande ,
Giovane ,
Bacio ,
Belloni.
Grassotto.
Ì Frescozza.
Frescoccia.
Grandaccio.
Giovanotto.
Baciozzo.
Queste terminazioni sono ancor proprie
degli aumentativi 5 il tempo e lo studio
posson soli mostrarne agli studiosi il senso
ed il valor preciso.
Diminutivi.
I.
Fianciullo ,
Fanciullino.
Figliuolo ,
Figliuoletto.
Bocca ,
Boccuccia.
Poeta ,
Poetuzzo.
Libro ,
Libricciuolo.
Prato ,
Praticello.
Pazza ,
Pazzarella.
Uomo ,
( Omicciatto
i n • • . . 1
Omicciattolo.
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73
A ritrarre le modificazioni per mezzo di
sì fatti diminutivi ombreggiate circa al me-
nomamento nel significato primiero dei vo-
càbolo , è necessario far sentire il carat-
tere di ciascheduna delle precedenti desi-
nenze.
La prima , ino , esprime non solo la
picciolezza dell’ oggetto , ma talvolta pur
quell’ affezione e quella tenerezza che la
natura c’ ispira per gli esseri che han più
bisogno del nostro soccorso. I nomi in tal
foggia modificati fan supporre , negli og-
getti che disegnano , una grazia ed una va-
ghezza particolare , e la desinenza medesi-
sima dipigner sembra questa idea.
La seconda, etto , puot’ esprimere, i.°
una semplice idea di picciolezza, come
nella forma giardinetto , quando Boccac-
cio disse : presero inverso un giardinetto
la via\ 2. 0 esprimer può la picciolezza a
un tempo e la grazia , come i 1 paroletta ,
diminutivo di parola , alloichè Dante dis-
se : per le sorrise parolette brevi } 3 .° può
dinotare un’ espressione di picciolezza e di
disprezzo , come in ometto , picciol uo-
mo , del seguente esempio di Caro : dii
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74
è questo ometto che ci è venuto a dir vil-
lanìa in casa nostra ?
La terza cadenza , uccio , esprime na-
turalmente un’idea di picciolezza, ma può
pur rappresentare un’idea di disprezzo o
di grazia. Soderini (Trattato della coltiva-
zione ) offreci un esempio del primo senso
nella parola carruccio , dicendo : si può
far portare .... con carrucci. Matteo Vil-
lani porgeci un esempio del secondo senso
nella voce cappelluccio , dicendo: con vii
cappelluccio. Boccaccio, in fine, ci dona
un esempio della terza modificazione, di-
cendo con una boccuccia piccolina.
La quarta , uzzo , impiegata come se-
gno di picciolezza , relativamente ad una
persona , indica un’estrema magrezza , este-
nuazione in un ente al di sotto delle pro-
porzioni ordinarie j ma esser può pure nota
di grazia. Essa esprime la prima idea nella
forma tisicuzzo dell’esempio di Boccaccio:
sì tisicuzzo mi parete. Si ravvisa
. 1’ altro senso nella parola occhiuzzo , di-
minutivo di occhio , nel seguente esempio,
cavato dalla Fiera di Buonarroti : ha ella
più quegli occhiuzzi ribaldi , che mi fer
pazziar ?
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75
La quinta , icciuolo , può dinotar sem-
plicemente la picciolezza, ma puote esser
anco l’espressione del poco conto che fassi
dell’ individuo così qualificato. L’ Ariosto
ci dà 1’ esempio della prima significazione
nella parola omicciuolo dicendo : gli di-
mostrò 7 bruttissimo omicciuolo j e Boc-
caccio ci presenta l’altra significazione nel-
1’ esempio seguente : era un buòno omic-
ciuolo d' un loro bellissimo giardino or-
tolano.
La sesta, elio, può disegnare una sem-
plice idea di picciolezza tìsica oppure di
disprezzo per la persona così qualificata.
Boccaccio offre la prima idea nella parola
campanella , dicendo : quando udirete so-
nar le campanelle , venite qui. Firenzuo-
la , nel suo Asino cC oro esprime l’ altra
idea con la voce procuratorello , allorché
disse : che dirai tu d' un certo procurato-
rello il quale , perciocché e’ disse non so
che contro di lei , ella il fece diventare
un montone ?
La settima , icello , può dimostrare , i .°
la semplice picciolezza dell’ oggetto } 2 .° il
disprezzo per 1’ oggetto } 3.° un certo iu-
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76
teresse e rispetto per l’ individuo. Si rav-
visa la prima di queste signifizioni in tra-
vicello , quando Boccaccio disse: sconfitta
dal travicello j la seconda r nella parola
fraticello , adoprata dallo stesso autore :
fraticello pazzo } la terza , nella parola
medesima , allorché Petrarca disse : e i
neri fraticelli } e i bigi , e i bianchi.
La ottava , erello , additar può la sem-
plice picciolezza dell’oggetto ed anco l’idea
del disprezzo che ispira la leggerezza dì
lui. Redi ci fornisce l’esempio della pri-
ma significazione nella parola coserella ,
dicendo ; i libri sono tutte coserelle stam-
pate in questa città } la seconda nella voce
pazzerello , nel seguente esempio di Fi-
renzuola: eh , pazzerello , disse mona Mé-
chera , ve' quel che tu di'.
La nona , iccialto , esprime il più pro-
fondo disprezzo. E’ pare che colui il quale
fa uso di questa modificazione abbia l’in —
tenzione di ridur l’oggetto all’ultimo grado
di depressione. La Crusca ce ne sommi-
nistra 1’ esempio seguente : egli è un certo
omicciatto , che non è nessun di voi che 9
reggendolo , non l'avesse a noia.
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La decima desinenza , ìccìattolo , espri-
me la medesima idea che la precedente ,
ma è nota d’ un più vivo disprezzo che
l’ individuo c’ ispira. L’ esempio seguente ,
tratto dalla Crusca , ad evidenza lo di-
mostra : Non potrà fiaccare con armi si
poderose V orgoglio ad un feccioso omic-
ciattolo quel gran Dio ?
Modificando 1’ aggettivo invece del no-
me qualificato , possonsi in italiano espri-
mere con altrettanta precisione , varietà e
grazia le più dilicate modificazioni dei no-
stri sentimenti , come rilevar puossi dai
seguenti esempi :
Guardo le lunghe sottilette dita. D.
o
Semplicetta farfalla al lume avvezza. P.
Amorosette e pallide viole. P.
Modificar possiamo ancora il nome e
1’ aggettivo a un tempo stesso :
Con un vasello snellello e leggiero. D.
Così le idee si moltiplicano e 1’ espres-
sione conformasi al più fugace pensiero.
Impossibil cosa è assegnar regole positive
su queste sorti di modificazioni onde la
nostra lingua abbonda j il tempo e lo stu-
dio posson soli farle conoscere ai discenti.
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7 8
Sonvi pure molti avverbi suscettibili di
queste diverse modificazioni : bene , beni-
no , assai bene , benone , benissimo. Havvi
di doppi aumentativi e doppi diminutivi :
ladro , ladrone , ladronaccio ; cosa , coset-
ta , cosettina. Ciascuna desinenza esprime
una particolar modificazione : tra le seguen-
ti , di cui la voce vecchio è suscettibile, vec-
chietto , veccliiuzzo , vecchierello , vecchiot-
to , vecchierellino , vecchiettino , vecchic-
cio , vecchi cciuolo , vecchino , evvi una
differenza che l’ uso e la pratica c’ inse-
gnano a gradatamente sentire. Parecchie di
si fatte modificazioni sono una sorta d’ir-
regolarità e che , per conseguente , P uso
solo può far conoscere agli studiami , co-
me amarognolo , un poco amaro , giallo-
gnolo , color giallo, ma sparuto, cattivo
rossigno , rossiccio , che ha lo stesso si-
gnificato $ mediconzolo , medico ignoran-
te. Havvi pur delle parole che , mediante
queste modificazioni, posson ricevere due
ed anco tre qnalilìcazioni ad un tempo.
In occhiettuzzaccio , che è la parola oc-
chio , pervenuta , per queste gradazioni ,
occhio , occhietto ) occhiettuzzo , all’espres-
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SI»
79
sione occhìettuzzaccìo , son comprese tre
differenti modificazioni cioè: i.° il dimi-
nutivo semplice etto , occhietto j 2. 0 la mo-
dificazione di carezza , uzzo , occhielluz-
zo j 3.° quella di dispetto e di corruccio,
accio , occhiettuzzaccio.
DEI PRONOMI.
Variazioni del pronome Egli.
Singolare. Plurale.
Soggetto . . egli eglino.
di lui di loro.
a lui , gli , li . . a loro , loro.
da lui da loro.
Oggetto ... lui , lo, il ... . loro, gli, li.
Rapporti di
dipendenza
Variazioni del pronome Ella.
Singolare. Plurale.
Soggetto . .
Rapporti di
dipendenza
Oggetto . .
ella
di lei ... .
a lei , le . .
da lei ... .
lei, la . . . •
elleno,
di loro,
a loro , loro,
da loro,
loro , le.
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8o
In qnesti pronomi sonvi , o giovanetti ,
due forme per l’ oggetto e due pel rap-
porto di dipendenza } 1’ uso di esse è fon-
dato su lo stesso principio che si è stabi-
lito per l’impiego delle forme mi, ci, ti ,
ec. ; me, noi, te, ec. Gli stessi princìpi
accenneranno pure il collocamento che sì
fatti pronomi occupar debbono nel di-
scorso.
La forma li , o gli , sia pel rapporto
di dipendenza al singolare , sia per 1’ og-
getto al plurale , impiegasi innanzi ad una
parola nè per vocale nè per s seguita da
un’ altra consonante :
E li condanna a sempiterno pianto. P.
Innanzi ad un verbo che non comincia
nè per vocale nè per s impura , puossi
impiegare il per lo, ciò che rende l’espres-
sione più graziosa :
Tu 7 dei saper , poiché tu oien con lei
A tornii ogni mia pace. Buonar.
Il pronome il , preceduto dalla parti-
cella non , legasi con essa per comporne
la fonila noi :
Io noi oidi, e però scriver noi posso. D.
La forma gliel ( glielo ) risulta , quando
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8i
il pronome gli , è accompagnato da uno
dei pronomi lo, li, la, le , ne , e for-
masene una sola parola, frapponendosi la
lettera e per conservare alla forma gli il
suono infranto che le è naturale :
Non gliel celai, ma tutto gli el apersi. D.
Invece delle forme lui , lei , loro , deb-
besi impiegare il nome personale se in
qualunque rapporto si sia , ogni volta che
queste forme sono identiche col soggetto
della proposizione :
1? amata spada in sè stessa contorse. P.
La elissi può sottintendere la preposi-
zione a dinanzi alle forme lei e lui :
OndC io risposi lei. D.
Ma per dar lui esperienza piena. D.
Le parole che nelle seguenti frasi el-
littiche abbiam restituite tra parentesi ,
evidentemente ci dimostrano che le forme
te , lui , me , ec. , vi si trovano non come
soggetto , ma bensì come oggetto , o co-
me complimento della preposizione in sot-
tintesa : Credendo esso chi io fossi ( in )
te , m ha con un bastone tutto rotto. B.
Io v ho creduto esser ( in ) lui. B. —
Maravigliossi forte Tedaldo , che alcuno
. 6
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82
intanto il somigliasse , che fosse credulo
( essere in ) lui. B. — E ciò che non è
( in ) lei odia e disprezza. P. — ( Io
chiamo ) felice te , che si parli a tua po-
sta ! D.
Varie forme dei pronomi egli , ella.
Ei per egli. — Ed ei sen gl come ven-
ne veloce. D.
E' per egli. — Quel di retro muove
ciò eh' e' tocca. D.
Ei per eglino. — Ei son fra V anime
più nere. D.
E' per eglino. — Cortesemente gli do-
mandò chi $ fossero. B.
Elle per elleno. — Chente eh' elle si
Altri pronomi che esigono un' attenzione
particolare.
Questi e cotesti significano quest’ uomo}
quegli , quell’ uomo
Questi pronomi usansi ordinariamente
per disegnar individui della specie umana
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83
solamente. Questi mostra 1’ individuo vi-
cino a, colui che parla : Questi che mai
da me non jìa diviso . D. — Cotesti , ap-
presso a colui cui si parla : Cotesti che
ancor vive e non si noma. D. — Que-
gli accenna l’individuo lontano dall’uno
e dall’ altro : Quegli è desso. D. — Que-
ste parole rappresentar debbono solo il
soggetto della proposizione.
Il pronome quei è una sincope di que-
gli , ed è sommesso alle medesime regole :
E come quei che con lena affannata ,
Uscito fuor del pelago alla riva ,
Si volge all' acqua perigliosa e guata. D.
Si ha qualche esempio di questi , cote-
sti , quegli , usati per additar il soggetto,
ancorché non si riferiscano ad uomo , co-
me nel Boc. Dall' una parte mi trae l'a-
more , e dall' altra mi trae giustissimo
sdegno : quegli vuol eh' io ti perdoni , e
questi vuole che contro a mia natura in
te incrudelisca. Ma quest’ esempio non è
da imitarsi.
Il pronome altri è pur adoperato per le
enumerazioni nel medesimo senso che la
parola chi :
*
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84
Altri fa remi , ed altri volge sarte. D.
Il pronome altrui puot’ essere impiegalo
m tutti i rapporti , ma rappresentar non
dee il soggetto :
Se tu incateni altrui senza catena. B.
Forse , a te stesso vile , altrui se*
caro. P.
Amor negli anni altrui stagion rin-
verde. Buonar.
L’ elissi può sottintendere , dinanzi al-
trui , le preposizioni a , e di : Io reputo
gran follia quella di chi si mette senza
bisogno a tentar le forze dello ( di ) al-
trui ingegno. Boc.
La quiete onde sei privo ( a ) altrui
presenti ,
E quel riposo eh* anzi al nascer muo-
re ! Buonar.
Indipendentemente dalla preposizione di
l’ elissi può pur sottintendere la parola
qualificata da questo pronome : Il lavora -
ior del podere si dee guardare di tor V ( a-
vere di ) altrui. Novelle antiche.
La differenza tra i pronomi esso ^ essa ,
egli , ella , consiste in ciò : questi ultimi
sono impiegati ordinariamente per esseri
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animati , ed i primi per tutti gli esseri
inanimati , quantunque i maestri dell’arte
non abbian seguito strettamente nè l’uno
nè 1’ altro di questi princìpi :
Dinanzi ad essi non eran salvati. D.
Le forme desso , dessa , ec. non pos-
son adoperarsi che coi verbi essere , pare-
re , sembrare , e simili , e non posson a-
ver luogo nel discorso che per esprimere
un’ idea identica col soggetto :
Questi è desso , e non favella. D.
Tu non mi par ( esser') desso. B.
ElV è ben dessa , ancora è in vita. P.
. I pronomi costui , quest’ uomo , costei ,
questa donna , che fanno nel maggior nu-
mero costoro , mostrali la persona dap-
presso a colui che parla :
Diceanj chi è costui che senza morte ,
Va per lo regno della morta gente ?
Dante.
Colui , quell’uomo , colei , quella don-
na , di cui il plurale è coloro , disegnano
persone lontane ;
/’ son colei che ti die ’ tanta guerra. P.
Quest ’ è colui che 7 mondo chiama
Amore. P.
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86
Questi pronomi posson esser impiegati
in tutti i rapporti coi segni relativi, e quan-
do son collocati nel discorso come quali-
ficativi d’ un nome precedente, se, pere-
leganza , vengan collocati dinanzi al nome
eh’ essi qualificano , bisogna assolutamente
sottintendere la preposizione di. Nel co-
stui regno. — P. — Al colei grido. — B.
Lui e lei posson essere una sincope di
colui e colei ,
Ringrazio lui
Lo qual dal mortai mondo m ha ri-
moto. P.
Alzando lei che ne’ miei detti onoro. P.
La particella ne , impiegata come pro-
nome , significa di questo , di quello , ec.:
Dimandatene pur Vistone vostre. P.
I pronomi colestui , quest’ uomo , co-
test ei , questa donna, di cui il plurale è
colesloro , sebben oggi poco in uso , pos-
son tuttavia usarsi nello stil famigliare ,
ma sol per indicare le persone vicine a
colui cui volgesi per punta il discorso :
Se colestui se ne fidava , ben me ne pos-
so fidar io. — B. —
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«7
Perchè battete voi cotestoro ? — No-
velle antiche.
Allorché il verbo d’ una proposizione
determinativa riferiscesi al soggetto della
proposizione precedente, accordarsi dee col
soggetto medesimo il verbo della proposi-
zione determinativa !
Jo son colui che tenni ambo le chiavi
Del cuor di Federigo . — D.
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88
CAPITOLO VII.
Dei Verbi e dei Participi.
Nella decomposizione della proposizio-
ne , vi si è fatto , o giovanetti , chiara-
mente vedere eh’ ella rinchiude un sog-
getto ed un attributo, cioè una idea sen-
tita esistere nel nostro spirito , ed una
idea sentita esistere in quella. Vi si è fatto,
se ben vi ricorda , aperto che 1’ uomo ,
messosi a significar per parole i propri
concetti , da principio gli ritrasse per sem-
plici gridi , per sospiri , per atteggiamen-
ti , per cenni , ec. , e che il primo stato
della proposizione si fu d’ esser espressa
completamente con un solo di sì fatti se-
gni. Ma quando incominciarono i primi
uomini a decomporla ed imaginarono di
tradurre nella lor artifiziata favella il gri-
do o’I gesto ordinato a dimostrar resisten-
za deli’ individuo , per sè semplicemente,
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89
o per sè e per altrui parlante , ed uniro-
no queste parole all’ interiezione , è chiaro
che questa non ebbe ad esprimer più il
soggetto , ma bensì 1’ attributo. Or , noi
abbiam veduto che, degli elementi della
proposizione , i veibi sono i soli che e-
sprimono un attributo. Adunque , l’inte-
riezione eh’ era una proposizione intiera ,
è ridotta a non esser più che un verbo.
Quando dico ahi , questa interiezione ,
questa esclamazione, questo grido, signi-
fica l’intera proposizione io soffro. Ma to-
sto che dico io ahi , ahi non significa più
che l’attributo soffro o sono sofferente. Ec-
co dunque , o giovanetti , il secondo ele-
mento del discorso , il verbo , questa pa-
rola sì maravigliosa , sì ineffabile , trovata
naturalmente, scoverta necessariamente, che
ha sortito in particolare il nome che co-
munemente a tutti è dato , per mostrar la
preminenza ch’egli ha sopra gli altri segni
degli umani intendimenti.
Il verbo non ha alcun senso , non espri-
me verun giudizio senza un soggetto $ del
paro che il soggetto non esprime alcun
giudizio senza un verbo. Esso esprime l’i-
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9 °
dea che rappresenta come esistente real-
mente e positivamente in un’ altra e per
conseguenza rinchiude l’idea di esistenza j
però è suscettibile di tempi. L’ esprime
come destinata ad esistervi e a modificarla,
e però suscettibile di modi.
Esprimendo dunque il verbo l’idea sotto
forma attributiva , dee conformarsi al suo
soggetto in numero ed in persona. Se poi
venga degli accidenti e di persona e di nu-
mero e di modi dispogliato , esso si ri-
solve nel modo indefinito, cui noi chia-
meremo participio. Perchè manifestamente
si vede che , di tutte le forme del ver-
bo , quella del participio presente debbesi
considerar la primiera , non tanto per la
proprietà sua d’accennar l’idea principale,
quanto per essere stata pria d’ogni altra
creata: io esistente } noi esistenti ; fu que-
sta la primitiva maniera di esprimersi de-
gli uomini.
Ogni verbo a un modo definito è dun-
que un attributo, cioè esprime eh’ una ma-
niera di essere è attribuita a un soggetto ;
ed ogni attributo è un verbo , o almeno
rinchiude un verbo j consiste sempre a dire
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9 *
che un suggetto esiste in genere, od esiste
di tal maniera particolare.
Questa verità ci mena a conoscere , o
giovanetti , che , per non essersi , per di-
fetto di lume di ragione , scorta 1’ armo-
nìa dei segni coi concetti di cui fan ri-
tratto , s’ introdussero fra i verbi molte
inutili, anzi erronee distinzioni, chiaman-
dogli altri attivi , altri passivi , altri neu-
tri, altri uni-personali , altri riflessi , altri
infine con altri ridicoli nomi , informe par-
to d’ ignoranza e di errore.
È manifesto dunque che tutti i verbi
sono verbi di stato , perocché tutti espri-
mono che un soggetto è d’una maniera o
d’ un’ altra. Che questa maniera di essere
sia transitoria o permanente , passeggierà
o durabile ; che consista a fare od a sof-
frire , a ricevere o a produrre , nulla ri-
leva 5 è sempre una maniera di essere,
uno stato. Tutti i verbi a questo riflesso
son simili. Che si dica , amo , dormo ,
son battuto , tuona , si diporta , si accenna
sempre, io sono d’una maniera o d’un’altra.
In fatti le anzidette proposizioni amo ,
dormo , son battuto , tuona , si diporta ,
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9 *
non esprimono tutte se non tìn’accidental
maniera di essere , come vedesi aperto ,
traslatando le predette forme nelle primiere
loro equivalenti io sono amante , io sono
dormiente } io son battuto } il cielo è to-
nante j egli è diportante se j ove ognun
vede eh’ altro non affermasi in ognuna ,
se non che ’1 subbietto è , o nel modo mo-
strato dall’ aggiunto amante , o io quello
accennato dall’ aggiunto dormiente , o in
quello significato dagli aggiunti battuto ,
tonante , diportante.
La sola distinzione che s’ ha a fare tra
i verbi è quella che consiste ad esser com-
posti d’una o di più parole. In fatti nel-
1’ origine del verbo , allorché nasce , per
così dire , dall’interiezione , separando da
questa il soggetto della proposizione , i
verbi son tutti composti di un sol segno
che rinchiude due idee, cioè l’idea gene-
rale di esistenza, e l’idea particolare d’una
certa specie di esistenza, e che rappresenta
queste due idee sotto forma attributiva.
Poscia , il bisogno di esprimere in gene-
rale eh’ un soggetto è , esiste , senza dire
come , ha fatto imaginare il verbo essen-
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9 3
do , esistendo (i) ; ma quando poi avvi-
saronsi gli uomini di crear degli aggiunti,
vale a dire di formar dei segni che rap-
presentassero tutte le idee sotto forma at-
tributiva , come potendo esistere in altre ,
senza però esser dette esistervi , allora ac-
coppiando o confondendo col verbo primo
essendo questi nuovi segni, si formarono
tutti i verbi e tutti gli attributi possibili ,
e tutti differenti tra loro come lo sono i
diversi modificativi che li compongono.
Così io sono amante , sono leggente , son
debole , sono infelice , sono altrettanti verbi
come corro , scrivo , passeggio , donno .
Solamente , i primi son formati di due
segni j i secondi d’ un solo j le parti com-
ponenti son separate in vece d’ esser con-
fuse. Ecco tutta la differenza.
Impertanto tra tutti gli aggettivi essendo
è il solo che rinchiuda l’ idea di esisten-
(i) Essere ed esistere non son mica perfettamente
sinonimi. Essere esprime più ordinariamente 1’ esi-
stenza intellettuale , con astrazione dalla sua realtà
fuori del nostro spirito; ed esistere pigne più par-
ticolarmente 1’ esistenza positiva e reale , indipen-
dentemente da noi.
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94
za , ciò che lo rende un vero participio ,
cioè un verbo al modo aggettivo. E per-
chè il solo che esprima l’idea di esisten-
za , ei solo puote aver tempi ; giacché non
havvi che 1’ esistenza la quale sia suscet-
tibile di durata , e , per conseguenza , di
epoche nella durata. Quindi questo parti-
cipio ha due forme differenti } essendo ,
pel presente , e stato , pel passato.
Pertanto considerati i verbi in riguardo
alla virtù loro eh’ è d’ accennar l’esistenza
degli enti , essi appartengon tutti ad una
classe. La sola differenza degna di nota si
è , com’ ho di sopra accennato , quella che
nasce dal valor proprio degli aggettivi ,
onde son composti , altri dei quali accen-
nano un’ esistenza assoluta , ed altri una
maniera d’ essere relativa ad un ente , il
cui nome ha ad esser complimento dell’ ag-
giunto col quale il primo verbo è confuso.
Ordinar regolarmente le variazioni d’un
verbo nei suoi accidenti di modo , tem-
po , numero e persona , è ciò che nelle
scuole appellasi ordinariamente coniugare ,
coniugazioni \ voci formate dal nome ju-
gum , giogo , e dalla preposizione curri ,
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95
con , che tanto suona , quanto por sotto
lo stesso giogo.
Questa ragione converrebbe del paro alle
declinazioni dei nomi e degli aggiunti , e
però non pare sufficiente per dar nomi
differenti a cose tanto analoghe. Chiame-
remo adunque, o giovanetti , declinazioni
anco le variazioni dei verbi , per non mol-
tiplicar enti senza necessità , e compren-
deremo sotto questo nome generico tutti
i cangiamenti che subisce la lor forma pri-
mitiva.
I verbi , come di sopra si è mostro ,
esprimon sempre l’esistenza, sia una esi-
stenza astratta ed in generale, come fa il
verbo essere , sia una esistenza particola-
re , una certa maniera di essere determi-
nata , come fanno tutti i verbi aggettivi.
Quando i verbi esprimono puramente ed
unicamente questa esistenza generale o par-
ticolare, senza giugner alcun accessorio alla
sua semplice enunciazione , essi non sono
che semplicemente il nome di questa esi-
stenza , sono ciò che nomasi al modo in-
dejìnito. Essere , per esempio , è il nome
di questa qualità, di questa proprietà che
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96
consiste ad essere, a esistere, a non essere
il niente. Leggere è il nome di questo stato
particolare , di questa maniera speciale di
esistere che consiste ad esser leggente.
Se poi questi nomi , questi infiniti , su-
biscan delle modificazioni , se lor si dia
una terminazione aggettiva che rappresenti
la maniera d’essere, cui esprimono non più
come isolata ed indipendente , ma come
potendo e dovendo appartenere ad un ente
qualunque , il verbo è ciò che appellasi
il modo participio. Esso diviene un vero
aggettivo e ne fa tutte le funzioni.
Ma se invece di dare al nome verbale,
all’infinito del verbo, una forma aggetti-
va , gli si dia una forma che rappresenti
il secondo membro della proposizione ,
allora esso non è più nò soggettivo , nè
aggettivo , è un vero attributo , un modo
dejìnito. Ecco , o giovanetti , una mede-
sima parola che fa successivamente l’ ufi-
cio di tre diversi elementi del discorso :
è questa una prima parte delle declinazioni
del verbo.
Il verbo , in questi tre stati di attribu-
to , di aggettivo e di nome , è suscettibile
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97
d’una seconda specie di declinazione , di
quella , cioè , destinata a disegnare i suoi
rapporti con gli altri segni del linguaggio.
Cosi , nello stato di nome soggettivo ,
il verbo è suscettibile di esser d’ un ge-
nere e di notare i numeri e le desinenze ,
per esprimere , come gli altri nomi , le
sue proprie modificazioni.
Quando il verbo è nello stato di agget-
tivo , debbe , come gli altri modificativi ,
dinotare i numeri e le cadenze , per po-
tersi accordare coi sostantivi in tutte le
circostanze.
Da ultimo , quando il verbo è attribu-
to , fa di mestieri che esprima il rapporto
di concordanza col suo soggetto.
Ma i verbi, oltre alle modificazioni su
mentovate , esprimenti , nei tre differenti
stati , le lor relazioni con le altre parli
del discorso , hanno ancora un’ altra causa
di variazioni } e questo terzo ramo di de-
clinazione è destinato ad esprimere delle
modificazioni che son proprie e particolari
ad essi j giacché sempre esprimono una
maniera di essere, di esistere, che resi-
stenza è suscettibile di durata , e che la
7
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9 8
durazione ha necessariamente delle epoche
e del periodi cui titil cosa è disegnare.
Quindi i tempi in ogni modo.
Epperò fa d’ uopo , o giovanetti , eli’ io
di entrambi yi faccia parola , cominciando
dai modi.
Dei Modi dei Verbi.
Divenendo un verbo successivamente so-
stantivo, aggettivo ed attributo , senza ces-
sare d’esser verbo , senza cessare di espri-
mer 1’ esistenza , senza perder la proprietà
di aver dei tempi , eh’ è quella che lo di-
stingue essenzialmente da tutti gli altri ele-
menti del discorso, è per sè manifesto che
queste tre funzioni sono maniere di essere
differenti che gli appartengono , modi di-
stinti di sua esistenza , cui chiameremo con
ragionate denominazioni , modo sostanti-
vo , modo aggettivo e modo attributivo.
Giovanetti , non vi lasciate illudere dalle
moltiplici , vaghe ed erronee denominazioni
che i grammatici non filosofi hanno appo-
ste ai modi. Esse non sono che locuzioni
sincopate , le quali ridotte alla lor pienezza
gle
99
coll’ adempimento delle dissi , risolvonsi
sempre ai tre modi indicativo , condizio-
nale e soggiuntivo , sui quali estenderemo
ancora la nostra analisi.
Il verbo , in questi tre modi , rappre-
senta egualmente l’attributo j esso significa
che 1’ idea cui esprime è compresa in un
soggetto. Nel primo, lo dice positivamente
ed assolutamente ; nel secondo , vi aggiu-
gne un’ idea d’ incertezza , e nel terzo ,
una idea di dipendenza da un altro verbo.
Il modo condizionale non è che una
gradazione , un uso particolare del modo
indicativo , gradazione eh’ è piuttosto un
cangiamento di tempo anzi che di modo;
perocché esprime sempre qualche cosa di
futuro , od almeno di eventuale.
Il modo soggiuntivo è assolutamente il
modo indicativo ad un caso obliquo , pre-
cisamente come Caesaris è lo stesso nome
che Caesar , giugnendovi solamente l’idea
di dipendenza da un altro nome. Ciò è
tanto vero che talvolta si fa uso dell’ in-
dicativo nelle medesime circostanze in cui
s’ impiegherebbe il soggiuntivo : bisogna
ch'io sia , e sento che sono j e certamente
*
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loo
in ambo i casi esprimesi che l’ idea essere
è T attributo dell’ idea io.
11 condizionale e ’l soggiuntivo non son
dunque veri modi del verbo } ma 1’ uno
è una circostanza particolare, e l’altro un
caso obliquo del modo indicativo. Essi fan-
no tutti e tre parte del modo attributivo.
Riassumendo dunque le nostre idee, di-
ciamo , che è nella natura del verbo di
aver tre modi , il sostantivo , l’ aggettivo
e T attributivo $ che nel primo , è suscet-
tibile di tutte le modificazioni che forma-
no le declinazioni dei sostantivi j che nel
secondo , subisce tutte quelle che costi-
tuiscono le declinazioni degli aggettivi $
che nel terzo , dinota sempre i numeri e
le persone del suo soggetto $ che in tutti
e tre , disegna i tempi , e che tutte que-
ste alterazioni diverse compongono le sue
declinazioni. Ciò basti dei modi e trapas-
siamo alla teorìa dei tempi.
«
« n
Dei tempi dei Verbi.
Sono tre maniere principali di conside-
rar 1’ esistenza , cioè di riguardarla come
Digitlzed by Google
IOI
passata , come presente , o come a venire*
Quindi puossi il tempo partire in tre epo-
che principali : presente , passato , e fu-
turo. Le idee di passato e d’avvenire non
sono che relative all’idea di presente. Or,
nella durata come nello spazio , non po-
tendosi determinar un punto se non me-
diante le sue relazioni con un punto co-
nosciuto , considerar perciò dobbiamo il
presente qual termin fisso, ove appuntansi
le dimensioni delle diverse parti del pas-
sato e del futuro.
Il presente , nel discorso , s’ha dunque
a riguardar in un aspetto , perchè è sem-
pre compresa nell’ istante dell’ alto della
parola. Non avviene lo stesso del passato
nè del futuro , perchè un ente può essere
stato in tempo più o men remoto dall’ at-
tuale istante della parola , e puote aver
ad essere in tempo all’ istante medesimo
più o men lontano.
Essendo il carattere essenziale del verbo
di esser un aggettivo , come di sopra si
è mostrato , il quale diviene un attributo
od un sostantivo , secondo le idee che
• vi si aggiungono o che se ne tolgono \ ed
Digitized by Google
102
entrando il modo participio od aggettivo
nella composizione di tutti gli altri , co-
minceremo perciò da questo, come offer-
tasi questa formola pria d’ogn’ altra all’ inda-
gine dell’ uom parlante.
Distingueremo dunque un participio pre-
sente essendo \ un participio passato stato ,
ed un terzo participio composto di questi
due essendo stato.
Se dal modo aggettivo , passiamo al
modo sostantivo , vi troviamo un presente
eh’ è necessariamente un tempo semplice,
essere , ed un passato , composto dell'in-
finito presente e del participio passato ,
essere stato.
Veniamo ora al modo attributivo. Esso
contiene una moltiplicità di tempi , per la
ragione che quando il verbo è attributo
si ha più bisogno di esprimer tutti i gradi
di sua significazione per l’ esattezza e la
precisione del discorso. Esaminiamo dun-
que tutti questi tempi l’ un dopo 1’ altro.
II primo è il presente, io sono. Esso
accenda l’esistenza positiva, attuale ed as-
soluta nel momento in cui si parla. Que-
sta forma è semplice , nè si potrebbe com-
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io3
porre , se non del participio presente , sono
essendo , il che formerebbe un so\erchio
ripieno , una inutil ripetizione.
Il secondo , io sono stato , esprime una
esistenza passata assolutamente e compresa
in un periodo di tempo in cui l’attual mo-
mento della parola è pur compreso , che
chiameremo passato assoluto primo.
Il terzo , io fui , puossi considerare sic-
come una variazione del precedente , e
differenziasi da esso in questo, ch’egli ac-
cenna un’ esistenza stata in un periodo af-
fatto fuor di quello in cui l’ attuai mo-
mento è contenuto e che chiamar puossi
passato assoluto secondo.
Il quarto , fui stato , ha la virtù di ac-
cennar un’esistenza stata in tempo passato
e anteriore ad un periodo eh’ è pure fuor
del presente , cui chiameremo passato as-
soluto terzo. Superfluo affatto si giudica
questo tempo, poiché la formola sono sta-
to , distendesi a quanto è trascorso dall’i-
stante della parola al di là.
Il quinto, io era , esprime un’esistenza
passata di là dal presente ; ma 1* esprime
nel medesimo tempo come presente rela-
Digitized by Google
io4
tivamente ad nn’ altra epoca. Per questa
ragione nomasi passato imperfetto , e me-
glio appellerebbesi passalo presente. Puossi
pur accennare per esso l’esistenza attuale,
come , per esempio , se rompendo uno il
mio pensamento , io sciamassi : io era fe-
lice in questo momento.
Il sesto , io era stato , esprime pure
un’esistenza contemporanea ad una passata ,
un’esistenza presente in nn periodo passa-
to , ma in un periodo anteriore ad un al-
tro di già passalo $ è un secondo passato
relativo , un secondo grado del passato im-
perfetto.
Dopo questi due passati che sono nel
medesimo tempo presenti sotto un altro
aspetto e che per questa ragione chiame-
remo tempi relativi , per opposizione ai
tre primi che sono assoluti , seguono due
futuri. Il primo, io sarò , pigne puramente
e semplicemente 1’ esistenza a venire.
Esso si potrebbe chiamare il presente
del futuro. Il secondo è realmente un fu-
turo passato , giacché esprime un’ esisten-
za che sarà pria e fuori d’ un’altra ch’ha
a seguirla poi.
by Googk
io5
I tempi , detti condizionali o supposi-
tivi , perchè esprimono un’ esistenza la
quale avrà luogo quando una condizione
sarà adempita od una supposizione sarà
realizzata , sono , per la prima forma , io
sarei. Questo tempo ha un’analogìa evi-
dente con la forma futura , coi tempi im-
perfetti o relativi e col soggiuntivo o su-
bordinato. In effetti , sarei , significa io
sarò se una tal condizione sarà adempita
o quando una tal supposizione si realiz-
zerà. Esso è dunque un futuro riguardo
all’atto della parola : esprime una esisten-
za a venire , ma ehè sarà contemporanea
ad un’altra esistenza , e però partecipa
delle forme dei tempi futuri e dei tempi
relativi. Esprimendo inoltre l’esistenza co-
me subordinata ad una condizione, ad una
supposizione, partecipa ancora delle forme
del soggiuntivo o subordinalo'. I tempi dun-
que detti condizionali sono realmente i
tempi relativi od imperjetli dei tempi a
venire.
La seconda forma è , sarei stalo , esat-
tamente la stessa che sarei , giugnendovi
un’ idea di passato. Essa accenna un’ esi-
Digitized by Google
io6
stenza la quale , se avesse avuto luogo r
sarebbesi incontrata con altra di là da que-
sta in ch’io parlo. È un vero futuro pas-
sato relativo e subordinato ad uua condi-
zione.
Riguardo all’ imperativo , diciamo che
i grammatici l’ han distinto con tal nome,
perchè l’esistenza futura di cui egli è il
seguo , accennasi per esso imperativamen-
te. Le formole sia egli 5 sieno eglino , ap-
partengono evidentemente al soggiuntivo ,
in virtù dell’elissi.
In quanto al soggiuntivo , esso non si
puote adoperare , se non in una proposi-
zione dipendente , il quale accidente è
ciò appunto che costituisce il carattere e
la virtù sua propria.
Le sue formole sono , che io sia , la
quale accennar puote un’ esistenza con
questa eh’ io favello congiunta , o a lei
seguace.
Ch’io sia stato. Questa formola accenna
un’ esistenza di là o di qua dall’ attuai
momento della parola.
C/i io fossi. Questa ancora , sì come
l’anzidetta maniera, accennar puote un’e-
Digitìzed by Google
107
sistenza di là dall’ istante della parola o
di qua dal punto stesso.
C/i io fossi stato. Anche per questa
forinola accennar puossi un’esistenza ante-
cedente o susseguente all’atto della parola.
Di questi quattro tempi del Soggiuntivo
i due primi corrispondon per aualogìa a
due tempi assoluti dell’ indicativo , e gli
altri due lian più dì rapporto coi tempi
relativi dello stesso che compongono il
condizionale.
L’ espressione di dipendenza o di sub-
ordinazione che caratterizza il soggiuntivo
fa sì che il valore dei suoi tempi non
abbia nè fissezza , nè precisione j perchè
sempre è subordinata al senso del verbo
che lo regge 5 e però esso non è eh’ un
caso obliquo del modo attributivo.
Questa divisione di modi e di tempi
e la lor denominazione , mostrar vi debbe
ad evidenza , o giovanetti, che gli uomi-
ni, per pignere tutto ciò ch’avean a dire
dell’ esistenza s’ iudusser a considerarla
sotto due aspetti , come positiva e come
accidentale. Sotto ciascuno di questi due
punti di vista , ebbero da prima distinto
Digitized by Google
io8
tre epoche , io sono , io sono stato nel-
1’ esistenza positiva , e io sarò , io sarò
stato nell’ esistenza accidentale 5 quindi i
tempi assoluti. Poscia ebber bisogno di
rappresentar 1* esistenza in ciascuna di
queste quattro circostanza, come contem-
poranea ad un’ altra esistenza 5 quindi i
tempi relativi , io era , io era stato per
P esistenza positiva , e io sarei , io sarei
stato per l’esistenza accidentale j ed essen-
do eventuale quell’ esistenza che dipende
da una condizione o da una supposizione,
ne segue eh’ essa debb’ esser necessaria-
mente espressa dai due ultimi tempi rela-
tivi che perciò condizionali si appellano.
Ecco perchè da tutto ciò che abbiam
detto risulta , come di sopra si è accen-
nato , che il preteso modo soggiuntiva
non è un modo , ma solamente un casa
obliquo del modo attributivo , da cui ,
come caso diretto , riceve le modificazioni
dell’esistenza. Così , questo caso obliqua
non ha più clic quattro tempi che corri-
spondono egualmente ai quattro tempi
delle due divisioni del caso retto. Le duo
prime forme io sia , io sia stalo , sono
Digitized by Googlt
i°9
assolute j e le <lue altre io fossi , io fossi
sialo , son relative. Questi tempi non ap-
partengono propriamente , nò al presente
nè al futuro } essi sono essenzialmente
subordinati al verbo che li precede ^ le
tre epoche che dinotano datano da quella
che disegna il senso del verbo onde di-
pendono. Discorso su le varie forinole del
verbo, relative ai diversi periodi di tem-
po, vi prego, o giovanetti, di attentamente
considerare il quadro che vi espougo sotto
gli occhi, nel quale vedransi incoutanente
la vera distribuzione dei tempi , la lor
derivazione, la lor analogia, il loro valor
reale , i lor giusti rapporti , la vera teo-
rìa della formazione dei tempi. Incomin-
ciamo dai due ausiliari essere ed avere ,
e passerem poscia ai tre modelli delle tre
declinazioni dei verbi regolari.
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I IO
QUADrfO METODICO
Di tutti
i tempi realmente distinti degli ausiliari
Essere ed Avere.
NOMI
de’ verbi.
ESSERE.
AVERE.
Modo Aggettivo.
Participi.
, Presente essendo. . .
, Passato. ...... stato ....
Passato composto ... csseudostato
Futuro .
Avendo.
Avuto.
Avendo avuto.
Modo Sostantivo.
Indefiniti. 1
Presente
Passato.
Futuro.
• • . . essere
.... essere stato . .
Avere.
Avere avuto.
Modo Attributivo.
Caso diretto.
Esistenza
Positiva.
Tempi
| assoluti.
/ Io sono
1 Io sono stato ....
1 Io fui
( Io fui stato
Io ho.
Io ho avuto.
Io ebbi.
Io ebbi avuto.
1 Tempi
relativi.
( Io era
) Io era stato
Io aveva.
Io aveva avuto.
Esistenza
Accidentale.'
Tempi
assoluti.
Tempi
relativi.
1 Io sarò
ì Io sarò stato ....
f Io sarei
ì Io sarei stalo ....
Io avrò.
Io avrò avuto.
Io avrei.
Io avrei avuto.
Caso obliquo o subordinato •
Esistenza
Suboirìinata.
Tempi
1 assoluti.
| Tempi
. relativi.
^ Io sia
) Io sia stato
1 Io fossi ,
) Io fossi stato ....
Io abbia,
lo abbia avuto.
Io avessi,
lo avessi avuto.
DECLINAZIONI
in
Dei Verbi Regolari .
Tutte le terminazioni degl’ indefiniti si
rapportano alle tre seguenti: are , ere, ire:
cantare ; credere j sentire. Questi tre verbi
saranno i paradigmi o modelli di tutti gli
altri.
Infinito.
Cantare. Credere. Sentire.
Participio Presente.
Cantando. Credendo. Sentendo.
Participio Passato.
Cantato. Creduto. Sentito.
Participio Passato Composto.
Avendo cantato. Avendo creduto. Avendo sentito.
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112
Modo Indicativo.
Presente Assoluto.
Canto ,
Canti ,
Canta ,
Cantiamo ,
Cantate ,
Cantano.
Credo ,
Credi ,
Crede ,
Crediamo,
Credete ,
Credono.
Sento ,
Senti ,
Sente ,
Sentiamo ,
Sentite ,
Sentono.
Passato Assoluto Primo.
Ho cantato ,
Hai cantato ,
Ha cantato ,
Abbiamo cantato ,
Avete cantato ,
Hanno cantato.
Creduto , Sentito ,
Creduto , Sentito ,
Creduto , Sentito ,
Creduto , Sentito ,
Creduto, Sentito,
Creduto. Sentito.
Passato Assoluto Secondo.
Cantai ,
Cantasti ,
Cantò ,
Cantammo ,
Cantaste ,
Cantarono.
Credei ,
Credesti ,
Credè ,
Credemmo,
Credeste ,
Crederono.
Sentii ,
Sentisti ,
Sentì ,
Sentimmo ,
Sentiste ,
Sentirono.
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1 1 3
Passato Assoluto Terzo.
Ebbi cantato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avesti cantato ,
Creduto ,
Sentito 9
Ebbe cantato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avemmo cantato ,
Creduto ,
Sentito ,
Aveste cantato ,
Creduto ,
Sentito ,
Ebbero cantato.
Creduto.
Sentito.
Passato Presente Primo.
Amava , Credeva , , Sentiva ,
Amavi , Credevi , Sentivi ,
Amava , Credeva , Sentiva ,
Amavamo , Credevamo , Sentivamo ,
Amavate , Credevate , Sentivate ,
Amavano. Credevano. Sentivano.
Passato Presente Secondo.
Aveva amato, Creduto , Sentito ,
Avevi amato , Creduto , Sentito ,
Aveva amato , Creduto , Sentito ,
Avevamo amato , Creduto , Sentito ,
Avevate amato , Creduto , Sentito ,
Avevano amato. Creduto. Sentito.
8
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Presente del Futuro. .
n4
Amerò , Crederò , Senlirò ,
Amerai , Crederai , Sentirai ,
Amerà , Crederà , Sentirà ,
Ameremo , Crederemo , Sentiremo
Amerete , Crederete , Sentirete ,
Ameranno. Crederanno. Sentiranno.
Futuro Passato.
A
Avrò amato , Creduto , Sentito ,
Avrai amalo , Creduto , Sentito ,
Avrà amato , Creduto , Sentito ,
Avremo amato , Creduto , Sentito ,
Avrete amato , Creduto , Sentito ,
Avranno amato. Creduto. Sentito.
Futuro Condizionale.
Amerei , Crederei , Sentirei
Ameresti , Crederesti , Sentiresti ,
Amerebbe , Crederebbe } Sentirebbe ,
Ameremmo, Crederemmo, Sentiremmo,
Amereste , Credereste , Sentireste ,
Amerebbero. Crederebbero. Sentirebbero-
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Futuro Passato Condizionale.
Avrei amato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avresti amato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avrebbe amato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avremmo amato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avreste amato ,
Creduto ,
Sentito ,
Avrebbero amato.
Creduto.
Sentito.
Imperativo.
Canta , Credi , Senti ,
Cantiamo , Crediamo , Sentiamo ,
Cantate. Credete. Sentite.
Soggiuntivo. Tempi Subordinati.
Presente Assoluto o Futuro.
Che canti , Che creda , Che senta ,
Che canti , Che creda , Che senta ,
Che canti , Che creda , Che senta ,
Che cantiamo, Che crediamo, Che sentiamo.
Che cantiate , Che crediate , Che sentiate ,
Che cantino. Che credano. Che sentano.
Passato Assoluto o Futuro.
116
Che abbia cantato , Creduto , Sentito ,
Che abbia o abbi cantato, Creduto , Sentito ,
Che abbia cantato , Creduto , Sentito ,
Che abbiamo cantato , Creduto , Sentito ,
Che abbiate cantato , Creduto , Sentilo ,
Che abbiano cantato. Creduto. Sentito.
Primo Passato Relativo o
Futuro.
Che cantassi ,
Credessi ,
Sentissi , •
Che cantassi ,
Credessi ,
Sentissi ,
Che cantasse ,
Credesse ,
Sentisse ,.
Che cantassimo ,
Credessimo ,
Sentissimo
Che cantaste ,
Credeste ,
Sentiste ,
Che cantassero.
Credessero.
Sentissero.
i Secondo Passato Relativo o Futuro.
Che avessi cantato ,
Che avessi cantato ,
Che avesse cantato ,
Che avessimo cantato ,
Che aveste cantato ,
Che avessero cantato.
Creduto, Sentito,
Creduto , Sentito ,
Creduto , Sentito,
Creduto , Sentito ,
Creduto, Sentito,
Creduto. Sentilo.
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117
Nei verbi della prima declinazione che
han più di due sillabe all’indefinito , can-
giasi al futuro ed al condizionale la vo-
cale a di are in e, come canterò, cante-
rei , ec. il che dona a queste forme un
suono più aggradevole.
> Del Participio presente.
Le forme in o nel vedere , con o col
vedere , sono state sostituite alle forme in
vedendo o con vedendo , oggi quasi di-
susate. <
Debbesi far uso delle forme de’parlicipi
amando , piangendo , ec. , ogni volta che
questi participi presenti sono l’attributo di
una proposizione di cui il soggetto è sot-
tinteso : Pascomi di dolor , piangendo
rido : P. io rido io piangendo.
Perchè , cantando , il duol si disacerba ,
Canterò corti io vissi in libertade ,
Mentre Amor nel mio albergo a sdegno
s’ebbe : *
P. Io canterò , io cantando.
La forma in amar , equivalente ad un
nome , complimento della preposizione m,
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1 18
è impiegata per esprimere un’ idea cT inte-
riorità :
Io vo piangendo i miei passali tempi ,
1 quai posi in amar cosa mortale P.
La forma con raccomandarsi esprime il
mezzo di menar alla sua fine l’azione in-
dicata dal verbo che la precede 5 essa è
equivalente a un nome , complimento del-
la preposizione con : S' aiutava con rac-
comandarsi continov amente alla guardia
di Dio. — Crusca.
Nei due seguenti esempi del Dante , e
del Petrarca : v
Nel suo aspetto tal dentro mi fei
Qual si fé* Glauco nel gustar dell'erba
Che . . .
Questa che col mirar gli animi fura :
oltre le preposizioni relative ai rapporti
che si disegnano , evvi l’articolo che , col
concorso delle parole sottintese , determina
1 ’ azione } come si vede chiaramente , ri-
manendo le forme nel gustar dell * erba e
col mirar , all’ ordine della costruzione
piena, che è: nel gustar la sostanza del -
1' erba che ec. : e col mirar suo maravi-
glio so.
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ng
Nelle forme latrando lui , D. ; ( mentre io
udiva lui, egli latrando'). Ardendo lei, P.j
(se io vedessi lei , ella ardendo) ; lui, lei,
non rappresenta» mica il soggetto dei parti-
cipi latrando , ardendo , ma bensì l’oggetto
d’un verbo che l’elissi lascia sottintendere.
Del Participio Passato.
Essendo il participio passato un vero
aggettivo , dee però sempre riferirsi a un
nome , espresso o sottinteso cui qualifica.
Or , in tutte le frasi in cui si trova il
verbo essere , il participio qualifica il sog-
getto , come in questi due esempi : la tua
gloria è caduta % , queste parole ir? eran si
piaciute } ma in quelle in cui si trova il ver-
bo avere , il participio non può qualificare
che P oggetto di questo medesimo verbo :
Perduto ho quel che ritrovar non spero'. P.
io ho quel che non spero ritrovare , per-
duto } ove le parole : quel che non spero
ritrovare rappresentan l’oggetto di ho :
Non ho dimonj scongiurato. Davanzati;
io non ho questo oggetto scongiuralo , cioè
Ormimi perduta', D . — tu hai me perduta.
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120 „
Facciamci ora ad analizzare parecchie
frasi per renderle familiari ai discenti, for-
nendo loro i mezzi di reintegrare , in tutti
i casi possibili , il nome sottinteso.
1 . Ho ( un oggetto ) amalo.
2. Ho ( il pasto ) desinato.
3 . Ho ( un luogo ) passeggiato .
4 - Ho ( un padrone ) servilo.
5 . Ho sperato di vederlo , cioè ho ( rin-
contro ) di vederlo sperato.
6. Ha ( Cesser suo ) prosperato.
7 . Ha ( il cuore ) penato.
8 . Ho riso di ciò , cioè ho ( V evento )
di ciò riso.
9. Ho ( P inno ) cantato.
10. Ho (il corpo mio o il sonno) dormito.
11. Ho (un luogo) abitalo.
12. Mi sono assiso in terra , cioè sono
avendo me assiso , ec.
1 3 . Abbiamo ( il sentimento nostro )
taciuto.
14. Abbiamo ( il pensiero ) riflettuto.
1 5 . Io P ho (ho la, quella donna) fatta
cantare.
16. Gli ho ( ho gli , quegli oggetti )
fatti fare.
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1 21
17* Ella s' è ( ella è avendo si ) la-
sciata vincere dalla passione .
18. Ci siamo ( siamo avendo noi') pia-
ciuti ci ( a noi ).
19. Essi si sono ( essi sono avendo si )
pentiti.
20. forco tagliati i capelli ( <0 forco,
zo avendo i capelli tagliati a me ).
21. Vi siete fatto troppo aspettare ( voi
siete , voi avendo voi fatto aspettare troppo ).
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122
CAPITOLO Vili.
Degli Aggettivi o Modificativi.
Assai malagevol cosa è determinare pre-
cisamente la generazione di ciascuno degli
aggettivi , ed affermar positivamente se sie-
no stati formati da un nome, sostituendo
solamente la forma aggettiva alla forma
soggettiva , o da un verbo , sottraendone
l’ idea di esistenza.
Noi abbiam già conosciuto , o giovanet-
ti , tutti gli elementi necessari al discorso,
cioè i nomi eh’ esprimono i soggetti delle
proposizioni , e i verbi che ne esprimono
gli attributi. Or , tra quelli che , senza
esser assolutamente indispensabili , sono
pur tutta volta utilissimi , occupano il pri-
mo posto gli aggettivi , perchè verisimil-
mente inventali i primi. Essi hanno due
precipue proprietà , quella di modificare
i nomi e per conseguenza di moltiplicare
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123
il numero dei soggetti di proposizione real-
mente distinti } e quella d’ incorporarsi al
verbo essendo , componendosi d’ entrambi
un elemento solo con potenziata forza di
formar con lui , modificandolo , ogni sorta
di verbi aggettivi e di attributi differenti.
Essendo il nostro scopo quello di sem-
plificare per quanto lia possibile la teorìa
degli elementi del discorso , poco curan-
doci delle lor denominazioni , ed occu-
pandoci solo delle lor funzioni vere , la-
sciato però da banda tutte le differenti no-
menclature date loro dai grammatici non
ideologi , e le diverse classi in cui gli
han partiti , di pronomi , di nomi , di nu-
mero , di aggettivi propriamente detti , di
articoli , ec.
Gli aggettivi o modificativi dividonsi
adunque in due distintissime classi , e que-
sta divisione è fondata su le due maniere
di modificare una idea , cioè , nella sua
comprensione o nella sua estensione.
La comprensione d’una idea consiste nel
numero degli elementi che la compongo-
no , in quello delle idee ond’ è formata
od estratta. La sua estensione consiste nel
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1 24
numero degli oggetti cui è applicata at-
tualmente , tra tutti quelli ai quali essa
conviene , e nella maniera onde son con-
siderati. Così gli aggettivi dotto , ricco ,
bello , modificano una idea nella sua com-
prensione } perocché , se gli aggiungo all’idea
uomo , giungo a tutte le idee che compon-
gono questa idea uomo , le idee di dottri-
na , di ricchezza e di bellezza , che non
entrano necessariamente nella sua forma-
zione.
41 contrario, gli aggettivi il , questo ,
tutto , uno , altri , ciascuno , qualche ,
certo , ed altri simili , modificano una idea
nella sua estensione j imperciocché , se gli
aggiungo a questa medesima idea uomo ,
essi la determinano ad esser applicata agl’ in-
dividui cui può convenire , o in una ma-
niera indefinita , o con precisione , o col-
lettivamente , o distributivamente , o in
totalità , o ripartitameli te.
Questo è l’uso e la distinzione che hassi
a fare delle due specie di aggettivi che
esattamente nominar si possono aggettivi
determinativi. Essi debbonsi al genere e
al numero del nome soggettivo da esso
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125
modificato conformare. Ciò premesso, fac-
ciamci a percorrere gli ufizi diversi onde
naturati sono nel discorso dalla ragione
medesima.
I.
Degli Articoli.
Sonvi due articoli pei nomi maschili ,
lo , il. Lo , di cui il plurale è gli , si
mette innanzi a quei che cominciano per s
seguita da una consonante , per z o per
una vocale : lo studio , lo zejfiro , Tono -
re. Il , che fa al plurale i , ponsi innanti
ai nomi maschili di cui le lettere iniziali
non son quelle da noi testé indicate : il
canto , i canti.
La è pel genere femminile al singolare,
che fa le nel plurale : la rosa , le rose.
Incorporazione degli articoli con le pre-
posizioni de , (i) a , da , ne , co.
(i) Le preposizioni de, ne, co, che hanno il
medesimo valore che di , in , con , son quelle che
si legano agli articoli.
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Singolare.
126
Lo. II. La
De lo, — dello. De il, — del. De la, — della.
A lo, — allo. A il, — al. A la, — alla.
Da lo, — dallo. Da il, — dal. Da la, — dalla.
Ne lo, — nello. Neil, — nel. Ne la, — nella.
Co lo, — collo. Co il, — col. Co la, — colla.
Plurale.
Gli. I. Le.
De gli, — degli. De i, — dei. De le, — delle.
A gli, — agli. A i, — ai. A le, — alle.
Da gli, — dagli. Da i, — dai. Da le, — dalle.
Ne gli,- — negli. Ne i, — nei. Ne le,-— nelle.
Co gli, — cogli. Co i, — coi. Co le, — colle.
In grazia dell’armonia del discorso e per
evitare lo spiacevol suono che risulta dal-
l’ incontro di più monosillabe di seguito ,
si è fatta una sola parola dell’ articolo e
delle preposizioni , ogni volta che queste
trovansi avanti la stessa parola eh* è de-
terminata dall’articolo.
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127
Dell ’ impiego degli Articoli.
Quando dico: il fuoco j *7 Tevere $ il
Tasso , è manifesto che 1’ articolo deter-
mina i nomi , fuoco , Tevere , Tasso , col
concorso dell’espressione determinativa sot-
tintesa.
Ma se dico : il temporal fuoco, il fuoco
che saetta la natura del luogo j nè per
lo fuoco ( che ivi arde ) in là più in ac-
costai j D. in questi esempi il nome fuoco
è determinato nel primo , dall’articolo il ,
col concorso dell’aggettivo temporale \ nel
secondo , dal medesimo articolo , col con-
corso della proposizione : che saetta la
natura del luogo } nel terzo , dall’articolo
lo , col concorso della proposizione sottiu-
iesa : che ivi arde.
Riguardo a queste determinazioni è da
osservarsi che havvene di due sorte : le
une risultano dall’ insieme delle idee che
esprimono la proprietà essenziale la quale
distingue una specie da un’ altra , come
un individuo da un altro, proprietà inco-
municabile ad ogni altra specie , ad ogni
altro individuo j le altre non sono che ac-
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128
cidentali o dipendenti da tale o tal circo-
stanza. Le prime son sempre sottintese ,
perchè più o meno imperfettamente , si
presentan da sè stesse al nostro spirito ,
con l’ idea dell’ essere o della cosa che si
disegna ; le seconde , al contrario , deg-
gion esser sempre espresse , a meno che
lo spirito , con 1’ aiuto delle antecedenti ,
non possa agevolmente supplire a questa
elissi che l’ eleganza o i’ uso spesse fiate
esige.
Se poi dico :
La bella donna che cotanto amavi
Subitamente s y è da noi partita \ P.
l’articolo determina l’espressione bella don -
na, equivalente ad un nome, col concorso
della proposizione : che cotanto amavi .
E negli esempi: Come dal fuoco il cal-
do , esser diviso non può ’Z bel dalV eter-
no j Buonar. — M ’ è più caro il morir
che 7 viver senza P. — Vorrei sapere il
quando ", P. — le parole caldo , bel , eter-
no , morir, viver, quando, impiegate so-
stantivamente , son determinate dall’ arti-
colo , col concorso dell’espressione quali-
ficativa sottintesa.
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l2 9
Possiam dunque stabilire questo princi-
pio unico e comune a tutte le lingue :
Allorché V articolo è collocato innanzi ad
una parola , impiegata come nome , o
innanzi ad una espressione qualunque ,
impiegata pure come nome , questa pa-
rola è adoperata sostantivamente , e V ar-
ticolo la determina , col concorso d' un
aggettivo espresso o sottinteso , o d'un' in-
tera espressione equivalente ad t un ag-
gettivo.
Un altro principio unico e comune a
tutte le lingue si è che : Allorquando una
parola , qualunque ella siasi , è impie-
gata come aggettivo , ricusa l' articolo ,
in virtù di questo principio generale che
per qualificare un nome , basta indicare
il segno della qualificazione che si vuol
esprimere. Ciò fassi chiaro dai seguenti
esempi :
fieramente siam noi polvere ed ombra. P.
Amor nel dipartir V alma da Dio ,
Occhio sano me fece e te splendore. Buon.
Quella che ha neve il volto. P.
Per ( lo metallo ) oro e per ( lo metallo )
argento. D.
9
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i3o
Tolse ( lo individuo ) Giovanni dalla rete
e ( lo individuo ) Piero. P.
S ’ ( il paese ) Africa pianse , ( il paese )
Italia non ne rìse. P.
Più è ( lo alio ) tacer che ( lo atto )
ragionare onesto. D.
Le parole polvere , ombra , l’espressione
occhio sano , splendore , neve , oro , ar-
gento , Giovanni , Africa , Italia , tacer ,
ragionare , sono impiegate come veri ag-
gettivi (i).
Util cosa è pure osservare, o giovanetti,
che , allorquando una parola è impiegata
come aggettivo, puote avvenire che il no-
me a cui giugnesi sia espresso o sottinteso.
Se sia espresso e di natura a ricever l’ar-
ticolo , questo lo è ancora j se poi il nome
(1) Coloro clie potreliber maravigliarsi in sentire
che parole d’ogni specie possan esser impiegate come
veri aggiunti , sovvengansi che nelle espressioni Pie-
tro è uomo ; — L' uomo è animale ; — le parole
uomo , animale , sono evidentemente aggettivi. Del
paro in questi versi di Dante : Uomini siate c non
pecore matte. — Perchè un nasce S olone c l' altro
Serse , questi due nomi propri sono evidentemente
impiegati come aggiunti.
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i3r
sia sottinteso , l’articolo , eh’ è il principio
e la base di tale o tal determinazione , è
parimente sottinteso.
Welle espressioni :
1. Datemi il pane.
2 . Datemi pane.
3. Datemi del pane.
4- Datemi un poco di pane \
la soluzione analitica , per rimenarle al
principio unico che abhiam di sopra sta-
bilito , è la seguente :
1. Datemi il pane ( eh' è in su la
tavola che avete , ec. ).
2 . Datemi ( lo alimento ) pane.
3. Datemi ( un pezzo') del pane ( che
è in casa ,• che avete , ec. ).
4- Datemi un poco ( pezzo ) di (/o
alimento ) pane.
Dopo la preposizione per , qualunque
sia la lettera iniziale della parola seguente,
impiegasi l’articolo lo al singolare , e li al
plurale. Ciò non pertanto può dirsi pure
pel , pei , pe\ Per il , peri , non sono in uso.
Le combinazioni degli articoli con le pre-
posizioni tra o fra e su , come trolley f ralle,
sulle , ec., non son oggi neppur più in uso.
*
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i3i
La preposizione su , legata all* articolo
il j * j fa sul , sui.
Le forme con lo , con gli , con la ,
con le , son generalmente preferite oggi
alle forme composte collo , cogli , colla ,
colle. Con il , quantunque adoperata assai
sovente da Machiavelli e da altri scrittori,
è oggi affatto riprovata.
Si avverta per ultimo che innanzi al nome
Dei debba farsi uso dell’ articolo gli. Al
tempo degli Dei falsi e bugiardi. D.
IL
Delle desinenze degli Aggettivi.
Ogni aggettivo termina in o od in a.
La prima desinenza è destinata a qualifi-
car i nomi maschili , a causa della lor ca-
denza analoga a questo genere. Cangiando
l’o in a , gli aggettivi prendon una termi-
nazione propria a qualificare i nomi del
genere femminile : divino sguardo , divina
mente. La desinenza degli aggettivi ter-
minati in e , essendo analoga ai due ge-
neri , può qualificare egualmente i nomi
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i33
d’ ambo i sessi , dolce riso y dolce pena.
Le parole tanto , quanto , cotanto , al-
quanto , molto , troppo , poco , sono veri
aggettivi , ed in virtù della lor proprietà
di qualificare i nomi , prender debbono
le desinenze analoghe al genere ed al nu-
mero dei nomi che qualificano. Esempi :
Ma tu , perchè ritorni a tanta noia ? D.
Quanti dolci pensier , quanto desìo
Menò costoro al doloroso passo ! D.
Molti son gli animali a cui s' ammoglia. D.
Pochi compagni avrai per l’altra via. P.
Veggendo se tra nemici cotanti. D.
S’io non son per troppa tema errato. Buonar.
L’espressione sincopata un poco , per un
poco volume , esige la preposizione di :
Com’un poco ( volume ) di raggio si fu messo
Nel doloroso carcere. D.
Allorché gli avverbi piu , meno , assai ,
sembran esser adoperati come aggiunti ,
van soggetti alle medesime regole di co-
struzione che le parole tanto , molto , ec.
Della più bellezza e della meno ( bellezza )
delle ragionate cose disputando. B.
In assai cose , per tema di peggio , servai
i lor costumi. B.
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i34
Si ò detto , allorché queste parole piu,
meno , assai , sembrano esser impiegate
come aggiunti , giacché non sono e non
posson essere che avverbi, esprimenti sem-
pre una modificazione dell’aggiunto. In ef-
fetti , le parole più e meno , del primo
esempio , modificano l* aggettivo grande
sottinteso j e la parola assai , del secondo
esempio, modifica l’aggettivo numerose o
abbondanti , parimente sottinteso.
Le seguenti frasi , ridotte alla ior pie-
nezza , serviranno di modello per empie-
re , con l’aiuto dell’analisi , le varie dissi :
Ma più ( grande quantità ) di dubbio nella
mente aduna. D. #
In poco ( spazio ) d'ora. D.
Ma l'altra vuol troppo ( esercizio ) d’arte
e ( troppo studio ) d' ingegno. D.
Al sommo ( luogo ) d' una porla. D.
( In modo ) dolce ride. P.
Perdicon (contento), e'I padre (contento),
e la madre della Lisa ( contenta ) , ed ella
altresì ( contenta , tutti quegli individui)
contenti , grandissima festa fecero. B.
In questo esempio l’analisi distrugge la
ridicola opinione che quaudo l’ aggettivo
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1 35
ha rapporto a più nomi di sessi differenti,
debb’ esser al plurale e prendere il genere
maschile, perchè più nobile del femminile.
In una serie di proposizióni similari , il
nome è sottinteso tante volte , quanti ag-
gettivi isolati vi sono : Le bianche (guan-
ce') e le vermiglie guance. Come l’agget-
tivo non può rapportarsi che ad un sol
nome , così questo aver non può rapporto
che a un sol verbo : O Amore ( impari
altr uso ) o madonna impari altr’uso. — P.
Giovanetti, questi princìpi abbracciano
tutto ciò che bisogna sapere sull’ accordo
dell’aggettivo col nome. L’ultima cosa da
osservare intorno agli aggiunti, si è, eli’ es-
si , tranne un picciolissimo numero , non
han collocamento fisso nella lingua italia-
na. L’ armonìa e ’l sentimento han soli il
dritto di determinare se l’aggettivo prece-
der debba o seguire il nome cui qualifi-
ca. Procediamo ora alla maniera d’ espri-
mere le lor differenze relative.
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i36
nr.
Dei Comparativi e Superlativi .
Quando confronta lo spirito due qual-
sivogliano modificazioni o qualità , onde
farne giudicio alle differenze loro confor-
me , scerner può fra i due termini com-
parati una relazione di parità , di superio-
rità o d’ inferiorità , o in fine di premi-
nenza.
Il rapporto d’eguaglianza, e quelli del
più o del meno, diconsi comparativi , dal-
1’ atto stesso del pensiero : quello di ec-
cesso appellasi superlativo , dalle latine voci
super , sopra , e lalus , portato.
Le forme congiuntive impiegate nelle
comparazioni di parità, sono:
Cosi Come.
Si Come.
Tanto Quanto.
Cotanto Quanto.
Altrettanto .... Quanto.
Tanto piu .... Quanto più.
Che mi struggo n cosi come 'l sol
neve. — P.
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1 37
Tu non se ’ *n terra , si come tu cre-
di. — D.
E caddi ( cosi ) come corpo morto
cade. — D.
Farò (si) come colui che piange e
dice. — D.
Tanto m*è bel quanto a te piace. — D.
Di là fosti cotanto quant' io scesi. — D.
Altrettanto di doglia
Mi reca la pietà , quanto 7 marti-
re — D.
Tanto si vede men , quanto piu splen-
de. — D.
Quanto più si parla de' fatti della for-
tuna , tanto più ne resta a poter dire. — B.
L’analisi ci dimostra ad evidenza che in
ogni comparazione di superiorità o d’ in-
feriorità , evvi sempre elissi , e che le pa-
role soppresse sono a comparazione , o
pure a comparazione di quello y come dai
sottoposti esempi rilevar puossi :
Anima fia a ciò ( a comparazione )
di me più degna. — D.
L* acqua era buia mollo più ( a com-
parazione di quello ) che ( eli* era )
persa. — D.
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i38
Mille desiri più ( a comparazione di
quello ) che fiamma ( è calda )
caldi. — D.
La città di Siena , a comparazione
del suo popolo , ricevette maggior dan-
no. — 9 Crusca.
Gli aggettivi maggiore , minore , mi-
gliore , peggiore , e gli avverbi meglio e
peggio che contengono nella lor significa-
zione gli avverbi piu e meno , sou veri
comparativi.
Nel superlativo relativo, al secondo ter-
mine della comparazione, ponsi davanti la
preposizione di : il piu forte di tutti gli
uomini ,* Davauzati } nei quali esempli pel
loro diritto vi si sottintende a compara-
zione.
I superlativi assoluti fatinosi tramutando
in issimo 1’ ultima vocale dell’ aggettivo :
Onorate V altissimo poeta. — D.
Ma bisogna osservare, i.° che vi sono
degli aggettivi , i quali non terminano in
issimo , e ciò non pertanto son superlativi
assoluti , come ottimo , pessimo , acerri-
mo , celeberrimo , ec. j 2. 0 che se 1’ agget-
tivo è finito in co o in go , e di natura
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i3o
a prender Yh nella forma del plurale, bi-
sogna cangiar co in diissimo , e go in gàis-
simo 5 poco , pochissimo j vago , vaghis-
simo.
Havvi certe maniere cbe gl’ Italiani ri-
guardano come superlativi e clie, propria-
mente parlando , son veri italianismi , co-
me :
Ella sen va notando lenta lenta. — D.
JVè ancora spuntavano li raggi del
sole ben bene. — B.
E alma mia fiamma oltre le belle
bella. — P.
Iddio fece V uomo piu nobilissimo
(a comparazione di quello ) che gli
altri animali (sono nobili ) . -- Crusca.
E ombra sua molto bellissima. — B.
Le due ultime espressioni , quantunque
contrarie alle regole della logica , pure son
piene di grazia e di energìa j ma ci con-
tenteremo solo di ammirarle ne’ lor autori.
Esse sono state al certo tratte dal latino
linguaggio, in cui Cicerone scrisse : multo
jucundissimus } longe eruditissima , ec.
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Tutto y Ogni , Qualche , ec.
Quando all’ aggeltlvo tutto segue un no-
me , l’articolo collocar si dee nel mezzo.*
Tu che vinci
Tutte le cose fuor eh ’ i demon duri. D.
Ma avvertasi che l’ espressione tutte le
cose , è un’ inversione di le cose tutte ,
come chiaro si vede in questo verso di
Petrarca :
Ma ben veggi* or si come al popol tutto
Favola fui gran tempo.
Le forme da tutte partii in tutte par-
ti , e simili , sono espressioni avverbiali ,
in cui evvi elissi dell’ articolo innanzi ai
nome preso in un senso indeterminato :
Poi cominciò da tutte parti un grido. D.
In tutte parti impera. — D.
In questo verso dei Petrarca: E tutC al-
tre bellezze indietro vanno j vi è ellissi ed
inversione j 1’ ordine diretto è : e le bel-
lezze altre tutte ec.
Le espressioni di tutta gioia , di tut-
? uomo y c’ insegnano che la parola tutto ,
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* 4 *
fuori della lingua parlata è pur impiegata
nel senso di ogni: Perche non sali il di-
lettoso monte ,
Cti è principio e cagion di tutta
gioia ? — D.
Vinio stesso , se fosse stato imperato-
re f non poteva andar più a roba di tutto
uomo. — Davanzati.
La forma lutti quanti è un’ abbrevia-
zione di tutti quanti essi erano :
F sapea già di tutti quanti il nome. D.
La frase dell’ esempio seguente del Boc-
caccio fu tuli ’ uno , è una sincope di fu
fatto tulio in un medesimo tempo : Il dir
le parole , e C aprirsi , c 7 dar del ciotto
nel calcagno a Calandrino fu luti’ uno.
L’ aggettivo ogni , invariabile , esprime
l’ unione di più parti specifiche prese di-
stributivamente , annoverandole quasi l’una
dopo 1’ altra ,• al contrario di tutto che ac-
cenna l’atto della mente risguardante in uu
aspetto e collettivamente gl’ individui della
specie , di cui il nome stesso è ’l segno :
Già ogni stella cade , che saliva
Quando mi mossi. — D.
Nella parola Ognissanti , ogni è confuso
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1 4-2
con l’aggettivo santi , per comporne un’e-
spressione equivalente a un nome:
Quest'Ognissanti prossimo passalo. D.
Gli aggiunti ognuno , ciascuno e cia-
scheduno , differenziansi dal precedente ,
perchè esprimono la distribuzione con più
forza , e per la elissi del nome che vuoisi
supplire col tacitamente intenderlo con l’in-
telletto :
Ognuna in giù tenea volta la faccia. D.
10 mi rivolgo indietro a ciascun pas-
so. — D.
Ciascheduno V onora. — D.
Gli aggiunti qualche e alcuno , signifi-
cali entrambi un qualunque individuo della
specie di cui trattasi , indeterminatamente:
Non si pareggi a lei qual più s'apprezza
In qualche etade. — P.
Talor cosi , ad alleggiar la pena ,
Miostrava alcun de' peccatori il dosso. D.
11 primo aggettivo differisce dal secon-
do per due particolarità, cioè, perchè è
invariabile, e perchè non puote aver luo-
go nel discorso senza il nome che deter-
mina.
L’ aggettivo qualcuno o qualcheduno ,
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i43
che è una variazione della prima forma ,
significa uno individuo quale si sia.
Qualsisia ( quale egli si sia ) , qualsi-
voglia ( quale egli si voglia ) :
Che non possano esser rotte ...da qual-
sisia ferro. — Redi.
In un momento rampicarsi sopra qual-
sivoglia piu alto muro. — Redi.
Qualunque , che si compone di quale e
unque (mai) , significa tale individuo quale
possa mai essere.
Chiunque , composto degli elementi chi
e unque significa chi mai , cioè , colui che
mai ( in alcun tempo ) possa essere.
Qualunque priva sè del vostro mondo. D.
E cosi vada
Chiunque amorlegittimo scompagna. D.
Riguardo agli aggettivi niuno , nessuno ,
veruno , nullo , è da osservare , i ,° che
quando son collocati avanti al verbo , que-
sto rigetta la negazione } se poi sien posti
dopo, il verbo debb’ esser preceduto dalla
negazione } 2. 0 che quando queste parole
son messe binanti al verbo , 1’ espressione
è più forte } 3.° che 1’ aggettivo nullo ha
maggior forza esclusiva che niuno , nes-
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1 44
suno , veruno $ 4-° c ^ e la parola niente
( nè uno minimo ente ) , è sommessa alla
medesima regola di sintassi.
Y.
Degli Aggettivi Determinanti Numerali .
meri Cardinali.
Numeri Ordinali.
Uno.
Primo.
Due.
Secondo.
Tre.
Terzo.
Quattro.
Quarto.
Cinque.
Quinto.
Sei.
Sesto.
Sette. •
Settimo.
Otto.
Ottavo.
Nove.
Nono.
Dieci.
Decimo.
Undici.
Undecimo.
Dodici.
Duodecimo.
Tredici.
Decimoterzo.
Quattordici.
Decimoquarto.
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Numeri Cardinali.
Quindici.
Sedici.
Diciassette.
Diciotto.
Diciannove.
Venti.
Vent 1 uno.
Trenta.
Quaranta.
Cinquanta.
Sessanta.
Settanta.
Ottanta.
Novanta.
Cento.
Mille.
i4j
Numeri Ordinali.
Decimo quinto.
Decimo sesto.
Decimo settimo.
Decimo ottavo.
Decimo nono.
Ventesimo.
Ventesimo i.°
Trentesimo.
Quarantesimo.
Cinquantesimo.
Sessantesimo.
Settantesimo.
Ottantesimo.
Novantesimo.
Centesimo.
Millesimo.
Le forme dodicesimo , tredicesimo , quat-
tordicesimo , quindicesimo , sedicesimo ,
non sono adoperate che nello stile fami-
gliare j ma a partire da diciassette , può
dirsi , anco fuor di questo stile , dicias-
settesimo , o decimo settimo , diciottesimo
o decimo ottavo , ec.
I numeri cardinali naturati sono della
io
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146
virtù eli determinare gl’individui, rispetto
al numero e alla specie ; gli ordinali sou
destinati ad accennar il ragguardamento
della mente ravvisante gli oggetti di sua
intesa relativamente all’ ordine onde suc-
cedonsi.
La parola cento è invariabile; e mille ,
qualunque fiata trattisi di più d’ un mi-
gliaio , trasformasi in mila :
Quattro mila trecento e due volumi
Di sol. — r- D.
L’aggettivo uno , può ravvisarsi in due
diversi aspetti , cioè d’aggettivo numerico
quando vuoisi esprimere il numero anzi
che la specie , come : Aveva una figliuola
bellissima ; — B. e di aggettivo specifico ,
quando disegnasi piuttosto la specie che
il numero , come :
Gli venne a memoria un ser Cepperello
da Prato. — B.
Uno , una , riguardato si come agget-
tivo numerico , ha forma e significato del
maggior numero uni , une : Gli uni te-
menti Annibaie Cartaginese , gli altri ,
Filippo Macedonio. — Cr.
L’aggettivo specifico uno , una puot’es-
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* 4 ?
§er sotlinteso innanzi al nome elio deter-
mina , i. allorché questo nome disegna
l* intera specie 5 La fronte in donna ha
da essere spaziosa } Firenzuola — 2. quan-
do questa dissi è favorevole all’eleganza:
Giovane donna sótto verde lauro. — P.
Allorché un aggettivo di numero carri i-
nale determina un nome, questo può met-
tersi avanti o dopo il nome medesimo :
E quel che resse anni cinquanta sei. — P.
Tennemi Amor anni venl'uno ardendo . —
P. — Coi numeri 21 , 3 i , 4 1 » ec. > s0
il nome precede il numero , quello deb-
b’ essere al plurale , anni ventuno } se lo
segue, il nome debb’ essere al singolare:
Poi per la medesima via par discendere
altre novant' una rota. — D. Convito.
Dopo i nomi di sovrani , per disegnar
colui che vuoisi nomare nella serie degli
individui dello stesso nome, deesi far uso
dei numeri ordinali , come : Federico se-
condo 5 Carlo terzo , ec.
Dicono gl’ Italiani : tutti due , tutti tre ;
oppure tutti e due , tutti e tre , ec. } ed
anche tutti a due , tutti a tre , ec. La pri-
ma e la seconda di queste forme sono più
★
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i48
usitate : Era in pericolo di perdere tutti
due i figliuoli. — Pecorone. — Là Ve
già tutt' e cinque sedevamo. — D. — Non
vi ha ella invitati lutti a due? — Firenz.
Pare che colui che fa uso della secon-
da maniera insista più sul numero degl’in-
dividui che compongono la collezione, che
sulla collezione stessa j ei vuol diFe : tutti,
ed erano cinque , sei , sette , ec. La co-
struzione piena della forma tutti a due ,
a tre , ec., è tutti , e il loro numero giu-
gne a due , a tre , ec.
L’articolo che accompagna il nome de-
terminato dall’ aggettivo ambo, ambidue ,
ec. , e da ogni aggettivo numerale , vuoisi
interporre tra l’aggettivo slesso e ’l nome;
Roma
Ti c/iier mercè da tutti sette i colli. P.
Ambe le mani per dolor mi morsi. D.
L’analisi delle espressioni a uno , a due ,
ec. vedrassi a suo luogo \ appari qui il di-
scente che questa forma di enumerazione
appartiene alla lingua italiana esclusiva-
mente :
Come le pecorelle escon dal chiuso
A una t a due , a tre. D.
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*4o
e f come tu mi vedi ,
VuV io cascar li tre ad uno ad uno
T/n'l quinto dì ed sesto. — D.
Fa di mestieri in fine osservare per l’in-
telligenza, degli antichi che da certi numeri
formansi dei verbi nella maniera seguen-
te : da uno , formasi adunare } da due , ad-
duarsi j da tre , intreaisi } da cinque , in-
cinquarsi } da /m/Ze , immillarsi.
VI.
Degli aggettivi Determinanti Possessivi.
Chiamansi aggettivi determinanti posses-
sivi quelli , il cui proprio valore si è d’ac-
cennar il risguardamento della mente in-
tesa ad un oggetto che vien determinato
con una relazione di proprietà dai seguenti
segni di cotal virtù potenziati :
Singolare Maschile. Singolare Femminile.
Mio.
Mia.
Tuo.
Tua.
Suo.
Sua.
Nostro.
Nostra.
Vostro.
Vostra.
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i5o
Plurale Maschile.
Plurale Femminile
Miei.
Mie.
Tuoi.
Tue.
Suoi.
Sue. "
Nostri.
Nostre. '
Vostri.
V ostie. 1 (*)
Percorriamo ora le regole di sintassi alle
quali son queste parole sommesse.
Nell’ ordine della costruzione diretta gli
aggettivi possessivi collocansi dopo i nomi
cui determinano col concorso dell’articolo:
Morta e la donna tua ch'era si bella. D.
Non vidcr gli occhi miei cosa mortale.
Buonar.
Nella costruzione inversa sia che 1’ ag-
gettivo possessivo preceda il nome , sia
che lo segua, la elissi dell’articolo non dee
mai aver luogo ;
Chi ni allontana il mio fedele amico ? P.
Vinse paura la mia buona voglia. D.
La elissi può sopprimer l’ articolo che
(*) Si è sottratta la parola loro dalla serie di
questi aggiunti, com,e appartenente ai pronomi. Desso
è un pronome , e nulla più ; perchè quando si dice
il padre loro , vi è ellissi della preposizione di, il
padre di loro.
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i5i
col concorso del possessivo determina il
nome , quando questo è un nome di pa-
rentela o di dignità al minor numero, co-
me padre , madre , figlio , ec. , maestà ,
eccellenza , signorìa , ee. :
Mio figlio ov è ? e perchè non è teco? D.
Loda a cielo la magnificenza di sua
Maestà. — Caro.
Quando evvi nelle frasi trasposizione di
parole , 1* articolo è visibilmente sottinte-
so , anco innanzi a nomi che non sono di
parentela ;
Ripiglierà sua carne e sua figura , — D.
invece di la carne sua ; la figura sua.
Mio ben non cape in intelletto umano. P.
invece dell’ordine diretto il bene mio , ec.
VII.
Questo y Cotesto , Quello , ec.
Gli aggettivi determinativi questo , cole-
sto , quello , accennano che 1’ individuo
per essi dimostrato può trovarsi in altret-
tante situazioni di luogo diverse, relativa-
mente a colui che parla ed a colui cui di-
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102 ■
rigesi la parola disegnando il primo, que-
sto , la cosa presente o vicina a chi patr-
ia j il secondo , cotesto , 1’ oggetto eh’ è
presso a cui altri parla } il terzo , quello ,
la cosa che non è nè appresso a chi parla
nè a colui a cui altri volge il parlare. E-
sempi :
Appena in terra i begli occhi vicC io
Che fur due soli in questa oscura vita.
; Buonar.
Partiti da cotesti che son morti. — D.
Io non V intesi , nè quaggiù si canta ,
Llinno che quella gente allor cantaro ,
JYè la nota soffersi tutta quanta. — D.
A determinar due epoche , 1* una pas-
sata , l’altra futura, fassi pur uso degli
aggettivi quello e questo: Era la più bella
femmina che si vedesse in que ’ tempi nel
mondo. — B.
Pensa che questo dì mai non raggiorna.
Dante.
Le medesime parole disegnano ancora
le cose di cui si è parlato, in questo stes-
s’ ordine : questo , la più vicina $ quello ,
la più lontana :
Amore e crudeltà tri han posto il campo ,
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i53
Questa m > ancide , e quel mi tiene in
vita. — Buon.
La parola sta , accorciata di està > o
dell’antica ista , non è più in uso che nelle
forinole avverbiali stamane o stamattina ,
stasera , stanotte. 1 nostri antichi dissero
istamane ed istanotte. Tacesi leggiadra-
mente il nome a cui gli aggettivi questo
o questa , quello o quella , s’appoggiano,
nelle formole in questo , in quella , ec. ,
il cui pieno sarebbe, in questo tempo , in
quella ora , ec.
Vili.
\
Che , Quale , ec.
.. .
L’ aggettivo congiuntivo che è invaria-
bile ; esso è comune ad amendue i generi
e ad amendue i numeri, e, come scor-
gesi dai seguenti esempi, accenna il sog-
getto o 1’ oggetto della proposizione , sia
per gli esseri animati, sia per gl’inanimati :
Voglia sfrenata è’I senso , e non amore ,
Che V alma uccide. — Buonar.
V ’ sono i versi , u son giunte le rime ,
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154
Che gentil core udla pensoso e lieto ? P.
O voi che sospirate a miglior notti. P.
Cui , è parimente invariabile e serve ad
ambi i generi e numeri , potendo esser
impiegato in tutti i rapporti possibili, tran-
ne per disegnar il soggetto. Questa forma
pare più propria a determinar gli esseri
ragionevoli, ma impiegasi pure per le cose:
Questi V orme di cui pestar mi vedi. D.
L’ aggettivo quale , in virtù della sua
terminazione in e , conviene egualmente
ad ambi i sessi e determina tutti gli es-
seri , potendo esser impiegato per ogni rap-
porto :
Contro la qual non vai forza nè in-
gegno. — P.
Qual vaghezza di lauro ? Qual di
mirto ? — P.
Nelle frasi interrogative si fa uso di chi
per disegnar le persone } di che per le co-
se , e di quale per le qualità delle une e
delle altre :
Chi mi difenderà dal tuo bel volto ? Buo.
... E disser : Tu guardi si , Padre ,
che hai ? — D*
Quale può parimente esser impiegato
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1 55
nelle enumerazioni , alla stessa guisa di
chi :
, Qual fior cadea sul lembo ,
Qual su le trecce bionde . . .
Qual si posava in terra , e qual su
V onde y
Qual , con un vago errore
Girando , parea dir : qui regna a-
more. — P.
Chi , in questo esempio : Beato è chi
non nasce j — P. $ significa quella perso-
na la quale. In quest’ altro esempio rap-
portato dalla crusca : i tavarnieri e chi
questo sostengono , significa quelle perso-
ne le quali. Ma quando questa parola è
impiegata nelle enumerazioni , non può di-
segnare che un solo individuo dell’ uno o
dell’ altro sesso :
Chi ribalte da proda e chi da poppa. D.
Quando dicesi chi canta e chi balla ,
1’ analisi c’ insegna che una tal frase è sin-
copata e che per la sua pienezza fa di me-
stieri dire uno individuo è il quale can-
ta , e un individuo è il quale balla.
Le espressioni quello che o quel che 9
e ciò che , significano la cosa che :
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i56
Quello che la speranza ti promette. D.
Percompassiondiquel ch’i vidi poi. P.
Siete voi accorti
Che quel di retro muove ciò eh * e *
tocca ? — D.
Il che , o per una doppia elissi , che ,
significa la qual cosa : L'un fratello l'al-
tro abbandonava , e ( che maggior cosa è )
i padri e le madri i lor figliuoli. — B.
L’ espressione qual che è compendiata
di individuo tale quale è quello che\
Qual che per violenza in altrui noe -
eia. — D.
L’ aggettivo che puote adoperarsi in tutti
i rapporti , per soggetto e per oggetto e-
ziandio :
Tutte le cose di che 'l mondo è a -
domo. — P.
Se questa ( lingua ) con eli io parlo
non si secca. — D*
Mi ritrovai per una selva oscura
( In ) che la diritta via era smarrita. D.
Che può pure esprimer rapporto a per-
sone 5 ma dai buoni scrittori usasi assai
di raro :
Ed io son un di quei ( a ) chc l pian-
ger giova. — D.
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i5 7
Le preposizioni di e a posson ometter-
si innanzi a cui :
Il buon uomo in casa cui morto era. B.
Voi cui fortuna ha posto in mano il
freno .
Delle belle contrade. — P.
In questi esempi v . Colui lo cui saver
tutto trascende ; — D. — Il cui pensie-
ro } — B. — evvi ellissi e trasposizioue,
essendo l’ordine diretto lo saver di cui ,
il pensiero di cui. Adunque le parole on-
de queste forme sou composte possonsi or-
dinare in tre modi differenti ; di cui il
pensiero j il cui pensiero \ il pensiero di
cui ma il di cui pensiero è maniera vi-
ziosa.
La forma che può rappresentar egual-
mente il soggetto e l’oggetto , e cui , l’og-
getto solamente , soprattutto quando evvi
anfibologia , in modo che non possa di-
stinguersi se , usando il congiuntivo che ,
questo si rapporti al precedente od al se-
gu ente nome. Ecco esempi dell’ una e dell’
altra maniera :
Quella donna gentil cui piange A -
more . — D.
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i58
Forse cui Guido vostro ebbe a disde-
gno. — D.
Un cavalier eh’ Italia tutta onora. P.
È da osservarsi infine che quale va dis-
giunto dall’ articolo i . , nelle interrogazio-
ni ; quali novelle mi recate voi ? 2 . nelle
proposizioni dubitative : non so qual sia j
3. quando è in correlazione di tale :
Qual i fioretti dal notturno gielo
Chinati e chiusi , poi che'l sol gl'im-
. bianca ,
Si drizzan tutti aperti in loro stelo ,
Tal . . . D.
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CAPITOLO IX.
»5 9
Delle preposizioni.
Afferma il maestro di coloro che sanno,
niuna cosa potersi sapere se prima i primi
princìpi , i primi elementi , e le prime ca-
gioni di lei non si sanno. Con questo pro-
cedere che tanto assottiglia la mente , ver-
rà a comprendersi nell’analisi che fare-
mo di questi segni detti volgarmente pre-
posizioni ^ primamente qual sia l’ uficio
vero e’1 loro uso nella nostra lingua j se-
condamente , che ognun di essi , in ogni
formola e guisa del dire , si appresenta o-
gnora in un aspetto medesimo , cioè col-
l’ impressa qualità del primiero suo essere,
per quanto ad essa diverso , e spesso an-
che contrario , per lo material costrutto
apparir possa } terziamente , che niun di
questi segni può -mai in luogo d’un altro
sostituirsi , nè dimostrare altro ragguarda-
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i6o
mento della mente , che quello al quale
fu da prima ordinato $ infine , che quan-
tunque volte due popoli accennan le stesse
relazioni con segni diversi, ciò nasce, non
da capriccio , non da cieca usanza , lin-
guaggio ordinario de’ grammatici non filo-
sofi , ma sì da natura e ragione : giacché
se ciascun popolo della terra ravvisato a-
vesse d’ un modo 1’ oggetto della sua in-
tesa, accennato avrebber tutti con un segno
unico e solo le relazioni medesime , men-
tre avviene il contrario , e ciò per l’atto
disforme della mente che , per via diver-
sa , giugne sovente ad un fine medesimo.
Seguendo adunque , o giovanetti , me-
todicamente e gradualmente la generazione
dei segni delle nostre idee, eccoci giunti
ad un elemento del discorso altamente no-
tabile. Esso ha due importantissime pro-
prietà j l’ una d’ incorporarsi in un gran
novero di voci e , per tal congiungimen-
to , diventar parte integrante e necessaria
alla formazione e al significato delle voci
medesime $ come , per esempio , nelle se-
guenti , congiungere , soprapporre , impor-
re , deporre , apporre , ec. j l’altra qualità
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è
1 6 r
si è quella di collegar coi segni delle idee
relative quelli coi quali essi sono in relazio-
ne diretta. Questo elemento è dunque se
non assolutamente necessario, almeno mol-
to essenziale.
Sonvi delle lingue , come la basca e la
peruviana che non han preposizioni } pe-
rocché dinotano per mezzo del cangiamento
delle sillabe desinenziali tutti i rapporti
che noi invece esprimiamo per mezzo di
quei segni } ma molte lingue , come la no-
stra, non han casi, e quelle che ne han-
no , ne contengono sì picciol numero che
non sono sufficienti ad esprimere i diversi
rapporti eh’ una idea aver può con un’al-
tra } quindi il bisogno delle preposizioni.
Ma queste , sebbene in grandissimo nume-
ro , non possono in veruna lingua espri-
mere i diversi rapporti tra i nomi ; eppe-
rò ciascuna di esse , per derivazioni e pel-
metafore , ha ricevuto una moltitudine di
sensi differenti , quantunque analogici. Ev-
vi più } se noi rimontiamo allo stato pri-
mitivo di tutte le lingue , non troveremo,
nella lor origine , che alcuni gridi più o
inen articolali , come di sopra si è per noi
1 1
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162
dimostrato , alcune parole , la più parte
monosillabe, formate il più sovente per ono-
matopeia e facendo l’ uffizio di nomi. Tutte
queste sillabe che sono state successiva-
mente sopraggiunte ai segni originari , che
formano tutti i derivati di quei primi ra-
dicali e per mezzo dei quali gli uni e gli
altri son divenuti , secondo il bisogno ,
verbi , aggettivi , avveri j , ec. , tutte que-
ste sillabe , dico , non son esse ad evi-
denza vere preposizioni ? disegnazione sem-
pre insignificante e sovente falsa , per la
proprietà , sì capitale , che hanno d’incor-
porarsi con la parola che modificano e di
formar tutti i composti e derivati dei ra-
dicali primitivi d’ogni lingua, e che però
appellar dovrebbersi composizioni anzi che
preposizioni.
Quantunque non si possa sempre trovare
1’ etimologìa di questi segni } è certo non-
dimeno eh’ essi derivan lutti da nomi o da
aggettivi e ne derivan ordinariamente per
abbreviazione, giacché è nella natura del-
l’uomo impaziente d’ esprimer le sue idee ,
di compendiare al più possibile il discorso
ed in ispezie le parole di cui più frequen-
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163
te è T uso. Essi son dunque nomi od ag-
gettivi originari , impiegati prepositivamen-
te , e scemi delle lor primitive sillabe de-
sinenziali , e però indeclinabili in tutte le
lingue : e qui comincia la classe delle pa-
role invariabili. Ciò basti della lor origine
e trapassiamo a mostrar di ciascuno di
questi elementi l 5 ufficio e 1’ uso.
Della Preposizione di.
L’ operazione propria di questo segno
si è manifestar conceputa idea di qualità ,
cioè il rapporto di due nomi di cui l’uno
qualifica 1’ altro :
Come raggio di sol traluce in vetro. P.
Parole di dolore. D.
Ma , come sovente accade che l’uno dei
due nomi è sottinteso , io vi additerò , o
giovanetti, il mezzo, di ristabilire questa
elissi.
1. II Dante disse: per esser fi' ( )
di Pietro $ dunque , allorché Dino Com-
pagni disse : messer Palmieri di messer
Ugo , ei sottintese il nome figlio.
2 . Boccaccio disse : gli mise innanzi
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164
certi ceppi 5 ma egli pur disse : messivi
su di valenti uomini , sottintendendo la
parte dell’ oggetto qualificato da di valenti
uomini , che puot’ esser un buon numero.
3. Il medesimo scrittore disse : a' ca-
valli e all’ armi usatasi j dunque , quando
scrisse : di tali sen'igi non usata , sottin-
tese P espressione all' esercizio.
4- Dante dice: vicino ai monti } adun-
que nella frase : vicina di Napoli , Boc-
caccio sottintende alla città.
5. Petrarca scrive : presso al giorno } e
la Crusca cita la frase , presso alla città
di Parigi , dunque in questa locuzione di
Dante , presso del mattino , il poeta sot-
tintende all'ora o al tempo } e quando si
dice presso di Parigi , si sottinteudon le
parole alla città.
6. II Dante disse : pàrliti da cotesti che
son morii \ dunque, allorché disse: di Fi-
renze partir ti conviene , ei sottintende 9
dalla città.
7 . Bembo , dietro l’ordine della costru-
zione diretta , disse : comlatteronsi più di
sei ore con incredibile gagliardìa } ma nel-
l’ esempio che cita la Crusca , di grandis-
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sima forza combatteo , piacque all’ autore
di sottintendere con impeto .
8. Il Dante scrisse : accese in fuoco d'i-
ra ^ dunque, quando Boccaccio disse: ac-
ceso della sua bellezza , sottin tendesi nel
desiderio.
9. Passavanti dice : tutto quello in che
avrà offeso Iddio } così Boccaccio , dicen-
do di che ? offesi ? sottintende evidente-
m ente per elissi in fatto o in materia.
10. Si è dimostrato con l’autorità, sì
bene con la ragione , che il secondo ter-
mine del paragone è preceduto in italiano
dalla preposizione di , in virtù dell’espres-
sione a comparazione. È dunque evidente
che in questo esempio , tratto dal Con-
vito di Dante : ciascuno è certo che la
natura umana è perfettissima di tulle le
altre nature di quaggiù , fu pensier del-
1’ autore sottintendere 1’ espressione a com-
parazione.
1 1 . Petrarca , seguendo 1 ’ ordine della
costruzione diretta , dice : ogni impresa
crudel par che si tratti j così, il Dante,
quando dice : ma per trattar del ben eli 1
vi trovai , sottintende la parte dell’oggetto
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iG 6
qualificato da del ben , ec. Questa parte
esser può gli effetti.
12. Petrarca disse : che meritò la sua
invitta onestate , 1 dunque, allorché il Dante
scrisse : s’ io meritai di voi , sottintende
la grazia o il favore.
1 3 . Il Dante disse: aver diletto ; dun-
que , nella frase del Boccaccio : io ho di
belli gioielli , ha sottinteso 1 ’ espressione
certo numero o certa quantità , di cui di
belli gioielli è il qualitìcativo.
14. La Crusca cita questo esempio: du-
rò di cosi fare ogni notte per ispazio di
uno mese } dunque, nell’esempio seguente
eh’ essa rapporta , durando questo modo
di parlare bene di due miglia , si sottin-
tende per ispazio o per lo spazio , espres-
sione qualificata da di due miglia.
1 5 . Si legge nel Pecorone : ti comando
che tu lo lasci venire in camera per di
e per notte ad ogni sua posta 5 egli è dun-
que aperto che quando Boccaccio disse :
non tornerà di questi sei mesi , ei soppri-
me per elissi 1’ espressione per lo tempo.
16. Dante disse: quando ne liberò con
la sua vena } dunque , l’esempio seguente,
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167
citato dalla Crusca : e di quelli danari
liberò il marito e i figliuoli 5 1* elissi sot-
tintende col mezzo o con la somma.
17. La ragione, in un con la grammati-
ca, ci obbliga a dire pigliare una cosa * è
dunque evidente che F irenzuola , dicendo
anche delle golpi si piglia , sottintende
la parte dell’ oggetto qualificato da delle
golpi la quale è alcuna , cioè alcuna golpe.
18. Si legge nella Crusca ed in parec-
chi dei nostri classici scrittori: riconoscere
alcuno per suo liberatore } dunque , nel-
1 ’ esempio seguente , citato dalla Crusca :
creandoli conti paladini , e per di sua
famiglia , si sottintende il complimento
della preposizione per, eh’ è il nome mem-
bri, qualificato da di sua famiglia.
19. Il Dante disse: Ciano che quella
gente allor cantaro j dunque, allorché dis-
se : e canterò di quel secondo regno , sot-
tintende l’oggetto qualificato dalla prepo-
sizione di , e ’l suo compimento le pene
e lo stato.
20. Dietro l’autorità di tutti i nostri
classici , si dice essere in tale luogo } dun-
que in questa frase del Dante : mentre eh
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i68
io fui di la , le parole nel mondo , qua-
lificate da di là, sono sottintese: nel mon-
do di là.
21. Boccaccio disse: con li quali , ra-
gionando , incautamente s' accompagno j
dunque, nell’esempio che cita la Crusca:
accompagnossi di buona compagnia , si
sottintendono le parole con gente.
22. Avendo detto il Boccaccio : egli si
è innamorato a una donna , è chiaro che
quando dicesi : innamorarsi di una don-
na , evvi elissi d’ un nome , complimento
della preposizione a j e che per seguenza,
le parole sottintese possono essere alle bel-
lezze : innamorarsi alle bellezze d y una
donna.
Della Preposizione a.
Naturata è questa preposizione delia pro-
prietà d’accennare un rapporto di attribu-
zione o di tendenza. Ma , assai sovente ,
raggiunto che , esplicitamente od implici-
tamente , esprime questo rapporto , è sot-
tinteso } .l’analisi additerà il mezzo di rein-
tegrare l’ellissi nelle più difficili frasi ita-
liane in cui aver può luogo siffatta sop-
pressione.
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169
1. Boccaccio disse: in sul primo son-
no ; dunque , allorché scrisse : al primo
sonno , impiega una forma elittica di cui
la costruzione piena debb’ essere : in tempo
vicino al primo sonno.
2 . Avendo il medesimo scrittore detto:
volse i passi verso la casa j è evidente
che in quest’esempio dello stesso autore,
se ne fuggirono a Rodi , deesi sottinten-
dere volgendo i passi verso a Rodi.
3. Petrarca disse ; devoto aprimi rami 5
dunque, nell’esempio seguente citato dal-
la Crusca , a qual donna sei tu? debbesi
sottintendere la parola devoto , esprimente
il rapporto disegnato dalla preposizione a.
4- Si legge in Boccaccio : sottoporla a
lei j dunque , nella frase impiegata dai
nostri classici , stare a padrone , si sot-
tintende sottoposto : sottoposto a padrone .
5. L’ uso , approvato dalla ragione , ci
fa dire : che novelle avete nella città ?
dunque , in questo esempio citato dalla
Crusca : che novelle avete a città ? vi è
elissi e la costruzione piena debb’ essere :
che novelle avete nel giro attenente alla
città ?
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170
6. La Crusca cita questo esempio : eles-
sela in cosi grande stato \ il che ci mo-
stra che la frase ch’ella adduce , eleggere
uno a re , è eiittica, e che la costruzione
piena è : in grado appartenente a re.
7. Boccaccio dice: stringendosi al petto
il morto cuore } ciò ci porge il mezzo di
supplire all’ elissi della frase del Dante ,
Jerniò le piante a terra , supplendo stret-
te : strette a terra.
8. Boccaccio disse : solamente che uo-
mini fossero conformi a' lor costumi } dun-
que l’espressione del Petrarca è a grado ,
è sincopata di in modo conforme a grado.
9. Si legge nel Boccaccio : ivi forse a
tre miglia. La parola ivi disegna il punto
della partenza j per pervenire al termine
opposto bisogna dunque dire da ivi , cioè :
movendo da ivi. Non può giugnersi alla
meta senza percorrere lo spazio interme-
dio } così reintegrar deesi 1’ elissi , dicen-
do : movendo da ivi , e andando per uno
spazio forse eguale a tre miglia.
10. La Crusca cita l’espressione a due
mesi , e con ciò ci autorizza a dire a due
ore , a tre anni , ec. Puossi reintegrar l’e-
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* 7 *
lissi , riflettendo che il tempo non può
pervenire al termin disegnato senza per-
correre lo spazio che si frappone } lo che
ci fa vedere che queste espressioni sono
un’abbreviazione di: il tempo avendo scorso
per ispazio eguale a due anni , a due ore ,
a tre anni , ec.
1 1 . Questo esempio di Petrarca : i ho
pregato Amore... che mi scusi appo voi ,
c’insegna a supplire all’ elissi nella frase
del Boccaccio: alle belle donne si scusò j
cioè , appo alle belle donne.
1 2. Allorché il Boccaccio disse : gli fece
pigliare a tre suoi famigliari , non è egli
manifesto che mette la preposizione a da-
vanti alle parole tre famigliaci, per dise-
gnare questi individui come il termine al
quale i suoi ordini son diretti , e che per
conseguente , la sua espressione è sinco-
pata di gli fece pigliare , comandando a
tre suoi famigliari che gli pigliassero ?
1 3 . Il Dante disse: volti a levante \ dun-
que , in questa frase che cita la Crusca :
V animo suo era tutto a ’ poveri , si può
sottintendere volto : volto a ? poveri.
14. Nell’ esempio seguente citato dalla
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I72
Crusca : noi abbiamo casa d'avanzo , alla
famiglia che siamo , colui che parla dice
dietro la comparazione che ha fatta tr,a la
capacità della casa e ’l numero degl’ indi-
vidui che compongon la sua famiglia. È
dunque evidente di esservi elissi di com-
parando la casa nostra : comparando la
casa nostra alla famiglia , ec. : giacché
il Dante disse : comparala al sonar di
quella lira.
15. Questo esempio della Crusca: esporsi
a manifesto pericolo c’ insegna che nel se-
guente ch’ella adduce: andrete sino a Pisa
a questo caldo ? dobbiamo sottintendere
esposto : voi essendo esposto a questo caldo.
16. Per reintegrare Pelissi nella frase se-
guente , citata dalla Crusca : fare all’amo-
re , deesi ragionar così : fare è verbo d’a-
zione , esso dee dunque aver un oggetto
che puote esser atti. La preposizione a ci
mostra che queste azioni tendono al ter-
min disegnato dalla stessa preposizione }
dunque la costruzione piena debb* essere ;
fare atti inducenti alV amore.
17. Le formule classiche fare in sorte }
fare in modo } fare in guisa , e simili ,
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, 7 3
c’ insegnano qual debb’ essere la costru-
zione piena di questa locuzione citata dal-
la Crusca : fare a lascia podere. Dite
dunque ; fare le cose in modo simile a
colui che lascia il podere.
Delle P reposizioni in e ne.
V vidi duo ghiacciati in una buca. D.
Queste preposizioni , di cui la seconda
puot’esser uu’alterazione di en , impiegata
dai nostri antichi e derivata dal celtico
come le due precedenti di e a , poten-
ziate sono della virtù d’ accennar un’ idea
di stato in luogo dal nome che n’ è il se-
gno , determinato.
Ma come spesso avviene d’esser l’agget-
tivo ch’esprime un tal rapporto , sottinte-
so , e talvolta la stessa preposizione anco-
ra , si esporranno per noi gli esempli più
difficili in cui Questa elissi ha luogo , e
s’ indicheranno i mezzi di rimenar le frasi
alla costruzione dell’ordine diretto.
i. La Crusca cita questa locuzione, an-
dare in punta di piedi j il che ci ammaa-
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j 74
stra che in quest’altro esempio : tornando
a casa in propri piedi , si sottintende egli
andante : egli andante in propri piedi.
2. Per l’espressione che adduce la Cru- -
sca : porre in . . . si apprende che nella
frase da lei citata , colle mani in croce ,
si sottintende poste : poste in croce.
3. La Crusca cita questo esempio : una
donna il domandò in compra , di cui la
costruzione piena è : il dimandò per modo
consistente in compra.
4- In questa frase che cita la Crusca :
in queste parole Panuzzo tornò a casa ,
si dee sottintendere il discorso stando : il
discorso stando in queste parole.
5. Petrarca disse : credendo esser in del }
dunque, in questo esempio che cita la Cru-
sca , chi dice eh' egli v' andò in cinque
anni , è soppresso essendo : essendo in
cinque anni.
6. In questo esempio che adduce la
Crusca , l'eròe sono buone da mangiare }
ma non perchè sieno colte il tal dì , la
preposizione in o ne è sottintesa : il tal
dì , cioè , in il o nel tal dì.
7. La Crusca cita questi esempi : ac-
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17 $
ciocche voi siate in della corte dello im-
peradore \ coloro che sono in dell’ amor di
Dio. Welle forme in del , in dello , esi-
mili , che i moderni hanno affatto abban-
donate, la parte del reggimento della prepo-
sizione in qualificata dalle espressioni del-
la corte , ec. , e dell’ amor v ec. , è sottin-
tesa. Dunque , in della corte , è un’ ab-
breviazione di in compagnia della corte j
e in dell’ amor di Dio è sincopata di in
fuoco dell ’ amor di Dio.
Della Preposizione da.
Ogni cosa da voi ni è dolce onore. P.
Deh , dimmi , Amor , se muove
. Da te , che donna a fedel servo sia
Nemica. Franco Sacchetti , citato dalla
Crusca.
Amor , la vaga luce
Che muove d(ì begli occhi di costei ,
Servo ni 1 ha fatto. B. Cauz. V.
La qual via muove dal castello diPralo...
e viene insino alla porta. Crusca.
Più che tu non speri ,
S’appressa un sasso che dalla gran cerchia
Si muove. D.
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mG
*
Così dall imo della cerchia scogli
Movcn. D.
Movendo la radice di questa distinzione
dalla natura. Crusca.
La preposizione da , pur trasferita nel
nostro idioma dalla lingua celtica , è de-
stinata ad indicar un rapporto di partenza
o d’allontanamento. Gli esempli di sopra
citati ne sono una prova incontestabile.
Ma potendo , come il più sovente ac-
cade , esser sottinteso l’aggettivo che espri-
me sì fatto rapporto , esporransi da noi
alcuni esempli in cui questa dissi ha luo-
go , per insegnare agli studiosi a ravvisa-
re , in ogni caso possibile , il principio
unico che abbiamo stabilito e nel mede-
simo tempo i mezzi di ristabilire l’ dissi.
1. Il Dante disse, parlando di Enea ,
che venne da Troja \ la ragione , di ac-
cordo con gli esempli , ci dimostra che
questa frase è un’ abbreviazione di : che ,
movendosi da Troja , venne in Italia.
2. Boccaccio disse : chi da voi non de-
sidera (Tesser amato : or , leggendosi nei
nostri classici amar d’ amore , amar per
amore , ec., è evidente che la costruzione
piena dell’ esempio di sopra debb’ essere :
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1 7 7
chi non desidera la fortuna di esser ama-
to con amore moventesi da voi.
Analizzate del paro le frasi classiche :
amar da padre , cioè ; con amore moven-
tesi da padre $ amar da figliuolo , cioè ;
con amore , ec.
Pei seguenti esempi, ci limiteremo a ri-
stabilire tra parentesi la parola esprimente
T idea di allontanamento disegnata dalla
preposizione da.
3. Che mi disvia ( movendomi ) da tutti
gli altri. P.
4- ( Movendomi ) dalla mia giovanez-
za . 13 .
5. Questo è segno ( moventesi ) da Dio.
Crusca.
6 . Ristrette ( con forza moventesi') dei vo-
leri ... de padri. B.
7 . ( Con volontà mossa ) da me non
venni. D.
8 . Andatevene ( nel luogo moventesi )
da lui. B.
9 . In una valle ombrosa ( per V ombra
moventesi ) da molti arbori. B.
10. Essendo in età da ( cui muovesi
il tor ) marito. B.
12
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178
1 1 . Non le rispondo ( cose moventi si )
da medico , ma bensì ( cose moventi si )
da buon amico. Redi.
12. Essa incontrogli ( sino al luogo }
da ( cui muovono } tre gradi discese. B.
1 3 . Sono passato ( perii luogo movente }
da casa vostra. Crusca.
14. Fatevi ( narratore movendovi } da
( il } capo. Crusca.
1 5 . La forza di essi dipende ( nella
forza movente } dalla potenza romana.
Davanzati.
16. Era biasimato ( con biasimo mo-
vente ) da tutti. Crusca.
1 7 . Serrerai bene V uscio da ( cui muove
la } via. B.
18. Aveva una casa (nel luogo movente )
dalle fornaci. Crusca.
19. Io sono (operante per impulso mo-
vente} dalla sua (parte}. Crusca.
20. La torre è forte ( per forza mo-
vente } da sè. Crusca.
21. Divino sguardo da ( cui muove il}
far Vuomo felice.
Una chiara pruova della giustezza e della
precisione di sì fatta analisi si contiene nel
terzo dei seguenti versi del Petrarca :
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I 79
Pace tranquilla senz alcuno affanno,
Simile a quella che nel cielo eterna ,
Move dal loro innamorato riso.
Della preposizione per.
Questa preposizione che il latino e l’ita-
liano idioma han tolto dal greco poros ,
che ha generato egualmente la preposizione
par francese, e la spagnuola por , rappre-
senta un’ idea generale di traversamento
dall’uno all’altro estremo d’un qualsivoglia
spazio. Naturata di questa proprietà ella
fu destinata sin dalla sua nascita ad esser
nota del movimento che fassi , passando
per alcun luogo mezzano tra ’l principio
e’1 Pine} e di questa regola sien gli esempli:
Elio passò per l’isola di Lenno. D.
Per quella contrada molto spesso passava . B .
Ma sovente accadendo che il rapporto
del luogo per cui si passa , espresso sem-
pre dall’aggettivo passante , e dalla prepo-
sizione stessa , sono , l’uno o l’altra , o en-
trambi sottintesi, metteremo sotto gli oc-
chi degli apparanti una serie di esempi in
cui evvi siffatta elissi , con le parole re-
★
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i 8 o
stituite tra parentesi , perchè imparino gli
allievi a ristabilire da sè stessi cotali difetti.
i. (passando) Ferme si va nella città
dolente ,
Per me si va nell’eterno dolore ,
Per me si va tra la perduta gente. D.
i. j E venni qui ( passando ) per V in-
fernale ambascia. D.
3. Baverina sta come stata ( il tempo del
suo esser tale passando per ) moli anni. D.
4* Sapere una cosa (la scienza di quella
passando ) per prova. Crusca.
5. Tutte le torri di Firenze... alte (la
loro altezza passando per ) cento venti
braccia l’una. Crusca.
Dietro questo principio incontestabile dis-
se il Dante: per quanto ir posso } il Boc-
caccio : lunga per lo terzo j la Crusca ;
per una gittata di pietra.
6 . Quelle vivande diligentemente appa-
recchieranno ? che ( il comandamento pas-
sando ) per Paraneno saranno loro ordi-
nate. B.
7 . Quel sasso non si potrebbe muovere
( con forza passante ) per cinquanta paia
di buoi. Crusca.
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i8i
8. Ella non. ci può , (V effetto passando')
per potere che abbia , nuocere. B.
g. Quivi soavemente spose il carco soave
( passando ) per lo scoglio. D.
i o. Io sono ( Tesser mio passando ) per
non esser pih. B.
1 1 . Questa donna è sufficientemente bel-
la ( il suo esser bella passando ) per (esser)
moglie. Crusca.
12. Credono in Dio ( il loro credere
passando ) per parole. Crusca.
1 3 . Mandare ( alcuno , il motivo di
ciò passando ) per ( chiamare ) uno. Cr.
14. Io ti giuro ( con giuramento pas-
sante ) per quello indissolubile amore che
10 ti porto. B.
1 5 . Sono nominati ( la lor nominanza
passando ) per ( essere nel numero ì dei
primi. Crusca.
16. Ci conviene (l'acquisto passando)
per molle tabulazioni sostenere, acquistare
11 reame di Dio. Crusca.
17. Il principio da cui nasce una qual-
sivoglia disposizion d’animo , ha una certa
colleganza e consorterìa con la causa , onde
un effetto deriva } e però col principio unico
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i8a
da noi stabilito , supplir si puote all’elissi
che evvi ne’ seguenti esempi ed in quanti
altri mai addur si potrebbero :
Femmina è cosa mobil per natura. P.
E trarrotti di qui per luogo eterno. D.
Piaga , per allentar d'arco , non sana. P.
Spero per lei gran tempo
Viver, quandi altri mi terrà per morto. P.
Per te poeta fui , per te cristiano. D.
Della preposizione con;
Questa preposizione è naturata della
virtù d’indicar un rapporto di compagnia ,
ordinariamente espresso dal modificativo
giunto o, congiunto , per dar più forza
all’ idea che vuoisi esprimere:
È giunta la spada col pastorale. — D.
Con quello giugnendosi. — B.
Con amor congiunto. — P.
La mia anima si congiugnerà
con la tua. — B.
Questo aggiunto ch’esprime il rapporto,
esser può sottinteso , in virtù dell’origine;
di questa stessa preposizione , derivata dal
celtico con, significante unione 9 congiuri-
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i83
pimento : Ragionando ( egli essendo giunto )
con meco , ed io ( essendo giunto ) con
lui — P.
Pongasi attenta mente alle seguenti frasi
nelle quali abbiano ristabilito tra parentesi
le parole dalla elissi taciute.
1. Sentì parlare molte persone , le quali ,
come egli avvisava , quello andavano a
fare che esso ( essendo giunto ) co' suoi
compagni avea già fatto. B.
2 . Essendosi Dioneo , ( giunto') con gli
altri giovani messo a giocare. B.
3. La reina ( essendo giunta ) con le
altre donne ( giunte ) insieme co' giovani^
( tutti ) a carolar cominciarono. B.
4- Venendo ( giunto ) teco. D.
Delle preposizioni fra o infra ,
tra o intra.
La preposizione tra , di cui fra non è
eh’ una variazione, deriva dal celtico tra .
I latini avean attinta alla medesima sor-
gente la stessa preposizione ira che non
è più nsitata se non nei verbi trajicio ,
traluceo 5 ec. Era e tra diseguan un’idea
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1 84
di posizione trasversale ; le composte infra
( ln j ra ) e intra ( in tra ), accennano una
idea di più , quella d’ interiorità.
Non son mica queste parole che espri-
mon da sè sole una tal idea , ma bensì
con l’ aiuto d’ un aggiunto generalmente
sottinteso , come fassi aperto dai seguenti
esempi , e dai verbi Jraporre e traporre.
Così si sporranno da noi alcuni esempi
con questa parola ristabilita tra parentesi,
perchè gli apparanti ravvisino in ogni caso
possibile questo principio unico.
1. Un dì ad andare ( per lo luogo
stante') fra V isola si mise. — B.
2 . Una sera ( stante ) fra V altre. — B.
3. {In consiglio formato) fra sè deli -
berarono. — B.
4- ( Nel tempo corrente) fra qui e otto
dì. — B.
5. ( In istato stante ) fra paura e spe-
me. — P.
6. ( Nel luogo posto ) fra via. — P.
7* Si che venne ad imperare ( in tutto
il tempo stante ) fra ( lo essere ) solo , e
( lo essere ) accompagnato , ( per ) anni
cinquanta sei. — Crusca.
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i 85
8. Quando ( il tempo ) fu un pezzo
( stante ) fra notte. — Crusca.
9. ( Pinto da affetto stante ) fra ( e
passante ) per paura e ( stante fra e pas-
sante ) per vergogna ^ fuggiva. — Crusca.
10. Già terra in ( luogo posto') fra te
pietre. — P.
11. (Nel tempo posto) in ( tempo cor-
rente ) fra pochi giorni. — B.
12. Io era (nel luogo stante) tra color
che son sospesi. — D. .
1 3 . E in breve , (la roba stante ) ira
ciò che v' era non valeva oltre due cento
fiorini. — B.
14. Sarà poi ( nel luogo stante ) tra
noi due tutto questo avere. — Crusca.
1 5 . Essere (nello stato posto) tra'l si
e 7 no. — Crusca.
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i86
Spiegazione , analisi ed uso di tutte le
parole od espressioni adoperate nella
favella italiana come preposizioni.
A
Accanto (a canto ; a il canto) (in luogo
confine al canto attenente a).
Accosto (accostato) (in luogo accostato a').
Addosso ( a dosso , a il dosso ) ( in luogo
attenente a il dosso appartenente a ).
Adentro ( a dentro , a il luogo dentro )
( nel luogo attenente a il luogo dentro
appartenente a , o pure , stante in ).
Anzi (in luogo stante in anzi , guardando
al luogo di , guardando a ).
Appetto ( a petto ; a il petto ) ( in luogo
confine a il petto attenente a ).
Appiè ( a piede , a il piede ) ( in luogo
confine a il piede di).
Appo ( appressato ) ( in luogo appo al
luogo di j appo a ).
Appresso ( appressato ) ( in luogo o in
tempo appressato al tempo o al luogo
di j appressato a).
Attorno (a torno; a il torno) (nel luogo
volgente a il tórno attenente a).
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187
Avanti. Gli elementi di questa forma sono
le parole celtiche ab , seguo di allonta-
namento , e ant , donde il latino ante ,
segno di opposizione. Così i’amdisi della
parola avanti puote essere ( nel luogo
movente avanti , guardando a j guar-
dando al luogo di, guardando al luogo
movente da ).
La forma avante per avanti è poetica.
C
Circa ( in circa , in cerchio ) in luogo
stante nel cerchio dij nel cerchio atte-
nente a).
Contra. Questa parola componesi degli
elementi con e tra , parole prese dal
celtico , e di cui la prima è un segno
d’ opposizione j e’1 secondo ( trach ) ,
significa verso. Si dice ancora contro.
D
Dallato ( da lato j da il lato ) ( movendo
da il lato attenente a ).
Dappoi (da poi) ( movendo da il tempo
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a 88
corrente poi , e andando a ) — Movendo
da il poi , in che ciò fu fatto.
Dattorno ( da torno } da il torno ) ( in
misura movente da il torno attenente
a j da il torno di ).
Davanti ( da ab ant } vedete avanti )
( nel luogo movente da ante , guar-
dando a } movendo da o dal luogo di ).
Dentro (nel luogo dentro appartenente a }
appartenente al luogo di '. ; movendo da).
Questa parola componesi di tre elementi
celtici, di y en , tre.
Dietro (di retro) (nel luogo o nel tempo
dietro , guardando a j movendo da ) .
Il secondo elemento onde questa parola
componesi è il celtico dre , dietro.
Dinanzi (di in anzi) (nel luogo dinanzi
riguardando a j riguardando al luogo
di } movendo da ).
Di presso ( vedete presso ) nel luogo di
luogo presso a ).
Di retro o di rietro ( vedete dietro ( nel
luogo di retro riguardando a } moven-
do da).
La forma primitiva , divenuta oggi popo-
lare e poetica , è dreto , di cui le se-
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i8 9
guenti , dietro , di dietro , retro , di re-
tro , di rieto , di rietro , drieto , sono
altrettante variazioni o alterazioni.
Dirimpetto o di rimpetto (di re in petto)
( nel luogo di rimpetto guardando a j
guardando al luogo di') . La preposi-
zione di è il segno di rapporto di qua-
lificazione } la particella re esprime il
ripiego dei pensiero da un termine a un
altro j im è un’alterazione di in \ petto
nome, è preso qui in un senso figurato.
Dirinconlro o di rincontro. Questa forma
esprime la medesima idea che la pre-
cedente } gli elementi che la compon-
gono sono di re in con tre } ella può
dunque esser analizzata così : in luogo
posto in ispazio di luogo determinato ,
ripiegandosi il pensiero in luogo oppo-
sto per traverso.
Di verso ( stando in o movendo da luogo
di luogo verso a ) . La parola verso è
il latino versus.
Dopo (in tempo o luogo posteriore guar-
dando a j guardando al tempo o al
luogo di ).
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I 9°
E
Eccetto ( questo essendo eccetto che è ) .
Questa parola deriva dal latino exceptus ,
da ex e caplus.
Entro. Vedete Dentro.
F
Fino ( nel luogo o nel tempo stante in
fine appartenente a j contenuto in ; mo-
vendo da ) . Questa parola deriva dal
celtico fin o fiin f fine.
Fore , finora , fuore , fuori ( nel luogo o
nel tempo stante in fuori , movendo
da j movendo dal luogo o dal tempo
di'). Di queste forme igilalmente impie-
gate dai nostri antichi , la prima e la
terza son rimaste ai poeti \ e l’ultima è
la più usi tata. Il Dante ha detto pure
furi per fuori. L’ origine di questa pa-
rola è il celtico fior , d’ onde il dorico
fora , il latino fioris e fioras , e ’1 fran-
cese fors , cangiato in hors.
A fronte o alla fronte ( in luogo volto a
fronte , riguardando a ; guardando al
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* 9 *
luogo di'). Questa parola fronte , la lati-
na frons e la francese front , derivano dal
celtico fron , significante davanti.
G
Giusta o giusto ( in maniera giusta o in
modo giusto ). Par mi che questa parola
sia una sincope di aggiustata , o ag-
giustato , derivata dal celtico ajusta ,
d’onde il francese ajuster.
I.
Incontra 0 incontro ( in con tra ) ( al cam-
mino volgente in luogo stante contro a ).
In queste forme , la preposizione in espri-
me un’idea di contrarietà, con , un’idea
di unione di forze che agiscon insieme j
tra , un’idea di traversa. Vedete Contra.
Infino ( in fino } in fine ) ( in fine con-
tiguo a $ contiguo al luogo di } mo-
vendo da $ contenuto in ).
Infiora } in fuori. Vedete Fare.
Innanzi ( in anzi ) in tempo corrente anzi ,
riguardando a ).
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IQ2
J/isino ( in sino \ in fine). Vedete Infitto.
Intorno ( in torno } in il torno ) ( in il
torno appartenente a ; appartenente al
luogo di , movendo da. Il nome torno
deriva dal celtico lor , cerchio.
Inverso ( in luogo verso ) ( in luogo ver-
so a j verso al luogo di, o in confronto
verso a. Vedete Verso.
L.
Lontano ( in luogo o in tempo lontano ,
movendo da j riguardando a \ guardando
al luogo di ).
Lungi ( in luogo stante lungi , movendo
da , riguardando a ).
Lungo ( nel luogo stante in luogo lungo ,
guardando a ; guardando al luogo di').
M.
Mediante ( essendo mediante questo che e).
N.
Nanti. Questa forma non è più in uso ,
essa era adoperata , al par che nanzi 5
nel senso di innanzi.
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ig3
O.
Olirà , olire ( in luogo stante oltre , guar-
dando a j guardando ai confini di ).
La prima di queste forme è più usitata
in verso.
Presso ( presàato } appressato ) ( in luogo
o in tempo presso a $ presso al tempo
o al luogo di ; presso , movendo da ).
La parola presso è derivata dal celtico prem,
vicino ", d’onde l’antico francese preme ,
il più prossimo ; e nelle due lingue ,
prèmere , deprimere.
Pria o prima ( in ora prima , riguardando
al tempo di ).
Q.
Quanto ( in tanto volume , in quanto vo-
lume, o pure pertanto vedere per quanto
è dato a , ovvero per tanto arbitrio per
quanto io ho ).
R.
JRimpelto , a ri mp etto , di rimpetto. Ve-
dete Dirimpetto.
i3
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194
Rispetto , a rispetto , in rispetto , per ri-
spetto ( la considerazione passando per
il rispetto riguardante a , o pure ris-
guardante al riguardo di').
S.
Salvo ( salvato ) ( questo essendo salvalo
che è).
Sanza. Questa parola che i moderni han
cangiata in senza e di cui la forma pri-
mitiva è stata san , deriva dal celtico sy 9
difetto , mancanza.
Il latino sine , lo spagnuolo sin e 1 fran-
cese sans , emergono dalla medesima
sorgente.
Sino. Vedete insino.
Sopra ( in luogo posto sopra , guardando
a \ guardando al luogo di ).
Le parole sopra , sovra , su , e le antiche
forme sor , sur , son derivate dal cel-
tico swp, d’onde il latino super.
Sotto ( in luogo posto sotto , guardando
a } guardando al luogo di , ovvero in
tempo corrente sotto , riguardando a).
Questa parola , e la latina sub , subtus ,
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iq5
deriva dal celtico sub. Sovra. Vedete
Sopra.
Su. Vedete Sopra. Le forme suvi o suvviy
e suso per su , son poetiche.
V.
Verso. Vedete Inverso. La forma ver , per
verso, è poetica.
*
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CAPITOLO X.
196
Degli Avverbi.
Senza farci mai scappar di mano il filo
delle nostre idee , eccoci giunti , o giova-
netti , alla seconda specie della classe delle
parole invariabili , ed alla prima di quella
delle elitticlie , cioè agli avverbi , a meno
che non vogliansi già riguardare come pa-
role elittiche tutti i verbi aggettivi , per-
chè in sè rinserranti il verbo essere ed un
aggiunto.
Poscia che l’opera e gli studi de’sommi
ingegni ebber alzato il parlare a un certo
grado di perfezionamento , agevol cosa fu
a discernere che resistenza e le qualità ,
siccome le lor differenze relative , pote-
vansi in altrettante guise modificare, quanti
erano gli accidenti loro. Si fu allora che
scorta l’analogìa tra il modo d’essere d’un
ente e il luogo e tempo iu che egli è 9
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*97
cominciossi a dire : cantare in tuono doL
ce , scrivere in istile elegante j trattare
con maniere cortesi } fiero in modo dolce j
venite in questo luogo \ partì nel giorno
di ieri.
Tal si fa l’origine di siffatte forme mo-
dificanti, e cotale il procedere dell’nmano
ingegno , sinché , pervenuto il linguaggio
al suo colmo di perfezione e di finezza
e avvedutosi l’uomo che, figurandosi i
movimenti nostri di fuori , secondo i de-
siri e gli altri affetti che ci affigon dentro,
imaginò di rappresentar le figurazioni ester-
ne degli enti per quelle ond’esse han prin-
cipio, cioè per quelle dell’anima j e avendo
fatto segno di lei la voce mente , s’ inco-
minciò da prima a far uso delle forme
cantare con mente dolce } piangere con
mente pietosa , con mente dolorosa , ec.,
in cambio delle prime formule : cantar
con tuono dolce j con tuono soave $ pian-
gere in atto pietoso j in atto doloroso , ec.,
e da ultimo , alzato il linguaggio al colmo
del suo più bel fiore, s’ebbe in pensiero
di ridurre gli anzi detti modi alla massima
lor semplicità , sottintendendo in prima il
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198
segno del rapporto , e formando poscia
del nome e dell’aggiunto un corpo solo ,
teneramente , dolcemente , fortemente , ec.,
cioè d* una tenera maniera , d 1 una dolce
maniera , dC una forte maniera , ec.
3Noi abbiam tratto la parola mente dal
celtico ment che significa maniera. I la-
tini hanno attinto alla stessa fonte le for-
inole forti mente , inimica mente , ec. E
Boccaccio , nella novella nona della nona
giornata , disse : con sana mente , invece
di sanamente.
Ma non potendosi tutte le modifica-
zioni esprimere in cotal guisa, fu di me-
stieri imaginare un altro modo d’ abbre-
viamento , il qual si fu di sottintendere in
altre il nome , in altre la preposizione ,
in altre il modificativo , in altre infine ado-
perando altri mezzi d’ alterazione , aggiu-
gnendo , menomando , sostituendo un se-
gno in luogo d’ un altro , onde nasce so-
vente il non poter risalire senza fatica all’o-
rigine prima e all’ intero costrutto di sif-
fatte maniere 5 quindi le forme semplici
oggi , molto , sempre , qui, ec., sostituite
alle composte al di d y oggi j in molta
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*99
copia ; in tempo eterno $ in questo luo-
go , ec.
Dalle cose sia qui sposte cavar si pos-
sono le seguenti conclusioni , i. che la
denominazione d’avverbi non dee far cre-
dere che queste parole naturate furono
della proprietà d’accennar solo le modifi-
cazioni dei verbi j giacché modifican so-
vente gli aggettivi , ed anco altri avverbi ,
come nelle seguenti frasi : un uomo ben
fatto $ assai ben fatto , ec,,* e però parmi
che più sarebbe ad essi convenuto il nome
di segni o note di modificazione , anzi
che quello d’avverbi. 2 . Gli avverbi come
le preposizioni derivan sempre da un nome
o da un aggettivo che è il lor tipo pri-
mitivo. 3. Gli avverbi sono elementi se-
condari del discorso e quasi superflui ,
per quanto utili essi sieno alla brevità del
favellare. Questi segni creati furono gran
tempo dopo l’ invenzione del linguaggio
composto di segni articolati e arbitrari.
5. Non essendo gli avverbi nè nomi nè
parole che direttamente riferisconsi ad un
nome in particolare, ma servendo ad espri-
mere una circostanza fissa e determinata
della significazione d’un aggettivo o d’un
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200
verbo , hanno ad essere , siccome sono di
fatto in tutte le lingue , necessariamente
indeclinabili. Un avverbio che subirebbe
una variazione , diverrebbe un altro av-
verbio , un’ altra parola. 6. Gli avverbi
servono a sporre in modo compendiato le
idee che sprimer si dovrebbero mediante
una preposizione e ’1 suo complimento.
L’esistenza semplice e la dipendente de-
gli enti modificar puossi relativamente al
tempo , al luogo , al modo , alla qualità,
alla quantità , all’ordine, al numero , ec. }
quindi la diversità delle denominazioni
apposte agli avverbi e le varie classifica-
zioni in che sono stati parliti. Ora , per
esempio , vien appellato avverbio di tem-
po } qui avverbio di luogo. Bene , di mo-
do. A bello studio , di qualità. Oltremo-
do , di quantità. Da ultimo , di ordine 5
e così degli altri.
Passiamo ora a sporre la maniera di
formar gli avverbi o le espressioni avver-
biali , in cui la parola mente e l’ aggettivo
relativo alla modificazione che disegnasi ,
sono il complimento d’ una preposizione
sottintesa.
E caramente accolse a se quell ’ una. P.
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201
In questo esempio il nome mente , ma-
niera, essendo del genere femminile, l’ag-
gettivo caro prende la desinenza in a che
conviene a questo genere come si è veduto
nel capitolo degli aggettivi.
Soavemente disse ch'io posassi. — D.
Qui l’aggettivo soave non subisce alcun
cangiamento , perchè la forma degli ag-
giunti terminati in e, conviene igualmente
ad ambi i generi.
Quando 1’ aggettivo è terminato per re
o per le , si tronca l’ ultima vocale per
render più aggradevole il suono dell’espres-
sione : Ora per le tue parole maggior-
mente il conosco. — B. — Bene e leal-
mente le sue cose guidarono. — B.
I nostri antichi scrittori non han sempre
fatto una cotal elisione , come rilevar puossi
dai seguenti esempi : TJmilemente vi prie-
go. — B.
Similemente il mal seme d'Adamo. D.
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302
CATALOGO ALFABETICO
Delle parole e delle espressioni adoperate
come avverbi. Analisi delle medesime.
Queste parole e queste espressioni' si
sporranno per noi in due sezioni separa-
te } parleremo nella prima delle parole ge-
neralmente chiamate avverbi, e delle espres-
sioni che , sebben composte di più paro-
le , scrivonsi in una sola 5 e nella secon-
da , si sporranno le espressioni avverbiali
formate col concorso delle preposizioni di ,
a , da , ec. Evvi un gran numero di sì
fatte parole che appellansi , or preposizio-
ni , or avverbi , ciò che ripugna alla ua-
tura delle cose ed esser debbe un grande
ostacolo ai progressi della scienza. Noi ab-
biam rimediato a questo disordine collo-
cando le parole in quella delle due classi
che natura ha lor assegnata.
A.
Adagio ( ad agio ) ( in modo simile ad
agiato passo}.
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2o3
Adesso ( ad esso ) ( in tempo attenente ad
esso tempo ).
Addoppio o a doppio ( in modo simile a
corpo doppio , cioè doppiato ).
Affatto ( a fatto ) ( in modo simile a atto
fatto ).
Allora (a la ora) {in tempo contiguo a
quella ora').
Allor fu la paura un poco queta. — D.
Allotta per allora è voce poetica.
Almanco ( a il manco) ( all'atto o al vo-
lume manco a comparazione ec. )
Almeno (a il meno). Questa espressione
» è la medesima che la precedente e si
analizza del paro.
Alquanto ( alcun tanto ) ( alcun volume
o tempo tanto quanto egli sia).
E se questo mio ben durasse alquan-
to. P.
Alto ( in luogo alto o in tuono allo ). —
Gridavan sì alto. — D.
Evvi un gran numero di espressioni av-
verbiali composte d’ una preposizione ,
d’un nome e d’un aggettivo, nelle quali
l’elissi sopprime i due primi elementi.
Tali sono le seguenti , rimenate all’ or-
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204
dine della costruzione diretta per servir
di modello ad ogni altra forma della
sorte. Aperto ( in modo aperto ) ; asso-
luto ( in modo assoluto ) j basso ( in
luogo basso o in tuono ) j breve ( in
discorso breve) ; caro ( per prezzo ca-
ro ) ; continuo ( in tempo continuo ) 5
eterno ( in tempo eterno ) , ec.
Altramente ( altra mente ) ( con mente
altra ).
Le forme altramenti e altrimenti , sono
variazioni della prima forma.
Altresì ( altro si) ( con altro atto fatto si
come questo o quello ).
Altrettale ( altro tale ) ( in un altro modo
tale , quale . . . ).
Altrettanto ( altro tanto ) ( un altro volu-
me o atto tanto quanto è questo o
quello ).
Altrieri (altro ieri) ( in lo altro ieri).
Altronde ( altro onde ) ( in altro onde ).
Altrove (altro ove) ( in altro ove).
Anche , anco , ancora ( a o in questa o
quella ora ).
Più vago di veder eh ’ io non fossi
anco. P.
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205
Ancoi , voce poetica (a o in questo oggi).
Appena o a pena ( in modo simile a pena).
Appieno ( a pieno ) ( in modo simile a
luogo pieno ).
T non posso ritrar di tutti appieno. D .
Appunto ( a punto ) ( in modo simile a
punto accostato a punto ).
Assai ( a sazietà , molto ).
Avaccio (in modo avacciato ), prontamente.
Avale ( a eguale ) ( a tempo eguale al
presente ).
B.
Bene , benissimo.
Bensì ( bene sì ) ( il fatto sta bene ( ve-
ramente ) sì come io dico ).
Boccone o bocconi.
C.
Ci (in questo luogo).
Colà ( in quel luogo o tempo ).
Vuoisi così colà dove si puote
Ciò che si vuole. — D.
Colaggià o colaggiuso (colà giù o giuso)
( in quel luogo stante in luogo basso).
Colassù o colassuso ( colà su o suso )
( in quel luogo stante in luogo alto ).
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2o6
Come (con o in che maniera , ovvero
in quella maniera che ).
Contrattempo (coatra tempo) (in tempo
stante contra a tempo opportuno ).
Cosi ( co sì ) (così . . . . come dico , come
dissi , ec. )
Costà (in cotesto luogo).
Costaggiù (costà giù) (in cotesto luogo
stante in giù).
Costassù ( costà su ) ( in cotesto luogo
stante in su ).
Costì (in cotesto luogo).
Costinci (da cotesto luogo ). —
Ditel costinci , se non, Varco tiro . — D.
Cotale (cotale) (con tale atto , quale).
Cotanto ( co tanto ) ( con o in tanto vo-
lume in quanto ....).
Cotanto V esser vinto gli dispiacque ! P .
D.
Daddovero ( da vero , da vero ) ( dico ,
o dice .. . cose moventi da fatto vero ).
Dimane o dimani ( nel giorno di il se-
guente mane , cioè mattina).
Quando fui desto innanzi la dimane ,
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207
Pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli
Ch' erano meco , e dimandar del pane. D.
Dimanisera ( nel giorno di dimani nella
sera ).
Domattina ( domane nella mattina ).
Dove ( nel luogo nel quale ).
Dovunque ( dove unque ) ( in ogni luogo
io che mai ).
E.
Ecco ( vedi } vedete j odi , udite').
Essempigrazia o esempligrazia (per gra-
zia d ' esempio ).
Eziamdìo o eziandìo (anche Dio volente ).
F.
Finora (fino a o da quest' ora).
Fiore ( per quanto è picchia qualsivoglia
particella che sia).
Forse ( ciò è in forse ).
G.
Già ( in tempo passato } in tempo pre-
sente ).
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2o8
Giammai ( già mai ) ( in alcun tempo
mai ) .
Giu o giuso ( in o nel luogo stante in
lasso luogo ).
Gli (in quel luogo').
( Gnaffe ( in mia fè ).
Guari. Credo che questa parola , sì che
la francese corrispondente , guères , de-
rivino dal celtico gerr , picciolo j d’onde
il latino gerrae , bagattelle.
I.
Jersera (ieri sera) (in ieri nella sera).
Immediate ( senza mezzo ; senza mettere
tempo in mezzo).
Imprima o in prima (in ora prima).
Indarno ( in vano $ in luogo vano ).
Indi (da o per quel luogo).
Ìndiritta ( in diritta ) (in via non diritta ).
Questa forma non è più in uso.
Insembra o insembre (insieme). Voci an-
tiche.
Insieme. Questa parola , sì che la latina
simul , e la francese ensemble , deriva-
no dal celtico eng , folla , e syml , adu-
nato.
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• 209
Intanto (in tanto tempo, in quanto....)
Intrafatto ( in modo interamente fatto').
Jntrocque ( intra hoc ) ( intra questo tem-
po ). Forma oggi inusitata.
Invano ( in luogo vano ),.
Issa ( in questa stessa ora). Voce poetica.
Issofatto^ in ipso facto) («e/ fatto stesso).
Ita (ita est) ( così è, si). Questa parola
è poetica.
Ivi (in quel luogo).
L.
Là ( in quel luogo ). — Pon mente se di
là mi vedesti unque. — D.
Laci (in quel luogo). Forma poetica com-
posta di là e ci.
Laggiù ( là giù ) ( in quel luogo stante
in giù ).
Lassù (là su) (in quel luogo stante in su).
Li (in quel luogo ).
Liei. È la stessa parola li , cui i poeti
han giunto , per la rima , ci.
Linci (da quel luogo).
*4
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210
M.
Madesì ( mio Dio sì). Le forme madie
. e madiò ( mio Dio ) , siccome la prece-
dente , appartengono al dialetto toscano.
Muffe ( per mia fé).
Mainò ( mio Dio , no ).
Maisi ( mio Dio si).
Male ( in modo malo o per mio male).
Malgrado ( con malo grado).
Manco ( in grado $ in peso j in volume
mancato ).
Massime ( in modo sommo).
Maunque ( mai , mai \ mai in nessun
tempo). Voce non più in uso.
Mediate ( con mezzo } con termine mez-
zano ).
Meglio ( in qualità migliore a compara-
zione dì ).
Meno ( in quantità minore a compara-
zione di).
Mica ( per quanto è piccìola una mica).
Mo ( in questo momento).
Molto ( in quantità grande).
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ili
N.
No ( voglio negativamente. — ) Non.
O.
Oggi (in questo oggi j in questo tempo ).
Oggidì , oggigiorno ( oggi m questo di ;
oggi in questo giorno').
Oggimai ( oggi mai ) movendo da oggi e
andando in mai).
Ognindi ( in ogni di ).
Ognora (ogni ora) ( in ogni ora).
Ornai , ormai , oramai ( movendo da que-
sta ora e andando in mai).
Onde ( nel luogo in che o da che o per
che ).
Ondunque ( onde unque ) ( in ogni luogo
per lo quale mai).
Ora ( in questa ora).
Orinci ( in luoghi da qui lontani ).
Ove (i'w o nel luogo nel quale).
Ovunque (ove unque) (in ogni ove mai).
*
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212
P.
Pai te ( in quella stessa parte di tempo ).
Peggio ( pia male a comparazione di...')
Più ( in quantità più grande a compara-
zione di...).
Poco (in volume poco).
Posdomane , posdomani (post , cioè poi ,
movendo da domane o dimani).
Punto (per quanto è picciolo un punto).
Q.
Qua ( in questo luogo ). Questa voce di-
segna un luogo men circoscritto di qui.
Quaggiù ( in questo luogo stante in bas-
so). — Venni quaggiù del mio beato
scanno. — D.
Qualora ( qual ora ) ( in ora tale in ora
(in volta tale in quale volta).
Quando ( latino : qua in die } il giorno o
il tempo in che ).
Quandunque ( quando unque ) ( in ogni
quando mai ).
Quasi. Questa parola viene dal celtico casi.
quale ).
Qualvolta
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2l3
Quassù ( qua su ) ( in questo luogo stante
in su ).
Qui ( in questo luogo').
Quicentro ( quivi entro ) ( in questo luo-
go entro ).
Quid ( in questo luogo). La particella ci è
aggiunta alla forma qui per licenza poetica.
Quinci (da o per questo luogo ).
Quiritta ( in questo luogo per via ritta).
Quindi (da o per o in quel luogo).
Quinoltre o quindi oltre (movendo da qui
e andando oltre).
Quivi ( in quel luogo ).
Quiviritta ( quivi per via ritta ).
R.
Repente (in atto repente ).
S.
Sempre (senza fine). Questa voce risulta
da due parole celtiche, chemp , o semp y
senza , e ar , ed in composizione er, fine.
SI (il fatto sta si , come io dico ; come
tu dici ).
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ai4
Si (si, come io dico , tu dici...).
SI ( in modo fatto si , come conviene es-
sere per questo che è .. .).
Con quest’ analisi , ciascuno può ridurre
a un principio unico i quaranta signifi-
cati differenti che si attribuiscono alla
particella si.
Sipa (sì), forma del dialetto bolognese,
adoperata dal Dante nel i8.° canto del-
F Inferito , nel senso di si.
Sossopra o sottosopra o sozzopra (la parte
di sotto stando nel luogo di sopra ).
Sovente (in tempo sovente).
Supino ( in alto supino ). — Supin ricad-
de , e più non parve fuora. — D.
T.
Talora ( in ora tale in quale ora ciò av-
viene ).
Talvolta ( in volta tale in quale volta ciò
avviene ).
Tampoco (tanto poco quanto poco si vo-
glia ).
Tanto ( in tanto volume in quanto volu-
me . . .).
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21 5
Tanto sio ( tanto tosto quanto tosto è pos-
sibile ).
Tardi ( in tempo tardo').
Teste ( in questa ora presente o passata
o futura ).
Tosto ( in modo tosto).
Trabene poltra bene).
Troppo (in truppa). Trovasi l’ origine di
questo vocabolo nel celtico tropa , truppa.
Tuttavìa ( in tutta via ).
Tuttavolta ( in tutta volta ).
Tuttora o tutC ora o tuttore ( in tutta ora ,
in tutte ore ).
U.
XJguanno o unguanno (per o in questo
anno ).
Urnbè ! ( ora bene ).
U adunque (da onde unque).
TJnqua o unque ( mai in alcun tempo ).
Pon mente se di là mi vedesti unque. D.
Unquanche o unquanco ( unque anche ,
unque anco ) ( mai insino a questa ora.
Queste , e le due precedenti , son voci
poetiche.
Unque mai (mai, mai).
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2l6
V.
Vi ( ivi in quel luogo).
Volentieri o volontieri ( con animo vo-
lente ).
Delle espressioni avverbiali formate
per mezzo delle preposizioni
di , a , da , in , ec.
Queste espressioni che sono una delle
sorgenti della prodigiosa ricchezza della
nostra lingua , sono del paro una delle
principali difficoltà per gli apparanti l’ ita-
lica favella. Epperò noi ci faremo a sporre
ai discenti un mezzo sicuro di sommettere
al nostro metodo analitico sì fatte espres-
sioni quasi senza novero , operazione dello
spirito senza la quale impossibil cosa è
comprenderne esattamente la forma e la
significazione. Pongano ben mente gli stu-
diami a questa parte affatto nuova della
nostra grammatica , alla quale ci lusinghia-
mo sarà fallo, da coloro a cui l’altrui sa-
pere non fa ùggia , assai grata accoglienza.
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I.
217
Di
(in maniera ) Di brigata.
„ {per modo) Di caso.
( nel luogo) D'intorno ( di luogo stan-
te in torno ).
( nel luogo) Di là.
( in modo) Di buona voglia).
(in spazio) Di corto {tempo).
S nel tratto ) Del continuo { tempo ).
con passo) Di pari {passo).
Fassi aperto dai precedenti esempi che
ogni espressione avverbiale formata della
preposizione di , e d’ una o di più paro-
le , altro non è che la parte qualificativa
d’ un nome e d’ una preposizione cui l’e-
lissi sotti nteude sempre. Il nome sottin-
teso non puote esser indicato che dal sen-
so del nome espresso, e ’1 verbo dall’e-
spressione avverbiale modificato, può solo
farci trovare la preposizione di cui il nome
elittico è il complimento.
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( movendo dal giorno') D' oggi ( andan-
do in poi).
( in tempo ) Di bel mezzo di.
( movendo da stato ) Di bene ( essere ,
andando ) in meglio ( essere ).
( movendo da un termine ) Di tempo
( andando ) in ( altro ) tempo.
Vedesi ad evidenza da quest’analisi che
se una delle espressioni di cui abbiam par-
lato sia seguita da un nome, complimento
della preposizione in , questa formula è il
termine della parola andando , dalla elissi
sottintesa.
I.
( in modo appartenente) A bocca.
( in compagnie simili ) A branchi.
- ( in modo eguale ) A briglia sciolta.
( in quantità simile) A bizzeffe.
(co» intaglio appartenente) A bulino,
(in tempo conveniente) A buona sta-
gione ).
( per prezzo eguale) A buon mercato.
( in tuono eguale ) Ad alta voce.
( per cammino verso) A destra (mano).
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219
(con animo inteso') A diletto.
(in luogo appartenente) Ad imo ( luogo ).
(in tempo appartenente ) Ad uri ora.
( con caratteri simili ) A lettere maiu-
scole. \ . \ ‘
( in luogo verso ) Allo ( luogo stante )
in giù.
La preposizione a disegna il termine a
cui tende V essere o la cosa \ questa ten-
denza do vrebb’ esser espressa da un agget-
tivo che , in cotali espressioni avverbiali ,
è sempre sottinteso. Questo aggettivo^ è
sempre uno di quei che reintegrati abbia-
mo nelle precedenti frasi j cioè apparte-
nente j simile y eguale y conveniente j vol-
gente j verso.
a. >
(in maniera simile) A brano (presso)
a brano.
( in tempo confine ) Ad ora ( seguen-
te ) ad ora.
(in luogo presso) A terra (presso) a terra .
In queste espressioni avverbiali : ad ora
ad ora , a terra a terra , ed altre simili ,
evvi una doppia elissi che reintegrar deesi
nella guisa stessa delle forme semplici.
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aao
3 .
Mangiare ( in modo simile ) a ( modo
che ) crepa ( il ) corpo.
( in modo simile ) A ( modo che') fiacca
( il ) collo.
È sempre il medesimo principio $ al-
leghiamo questi esempli per far vedere
come empier debbansi le elÌ6Si ueile espres-
sioni in cui entra un verbo.
4 .
( in proporzione eguale ) Ad assai
( quantità ).
Se T espressione avverbiale compongasi
della preposizione a e d’un avverbio o d’un
aggettivo , questo determina o qualifica
un nome sottinteso.
5 .
(in modo simile) A fine forza (forzata).
Quest’esempio è destinato a dimostrarci
un errore generalmente sparso , che in sì
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221
fatta espressione la parola forza sia no-
me , mentre è aggiunto.
6 .
( nello spazio appartenente ) Al (luogo)
di fuori.
L’ articolo legato alla preposizione a
determina con l’aiuto dell’espressione qua-
lificativa di fuori , o simile , il nome
luogo od ogni altro nome relativo alle cir-
costanze e che è sempre sottinteso. Se , in-
vece della preposizione di , siavi ogn’ al-
tra preposizione , supplir deesi la parola
eh’ esprime il rapporto , di cui la preposi-
zione è il segno j come per esempio nella
f orma alla per fine , eh’ è sincopata di
giunto alla parte passante per fine.
1 .
Da
( in luogo movente ) Da banda.
( in luogo movente) Da (luogo) alto.
( in luogo movente) Da lunga (via).
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222
( in prezzo movente ) Da meno ( va-
lore a comparazione di ... ).
( movendo ) Dalla ( via ) lontana.
( in luogo movente ) Dalla ( parte
stante ) lungi.
La preposizione da disegna il termine
della partenza espresso dall’aggettivo mo-
vente , sempre sottinteso in siffatte espres-
sioni avverbiali ; questa parola è adunque
in esse il primo mobile dietro il quale
tutte le altre voci offronsi naturalmente da
sè stesse al pensiero*
2 .
( movendo ) Da ( una ) banda ( an-
dando fino ) a ( l'altra ) banda.
( movendo ) Da ( luogo passante )
per lutto ( luogo ) .
( movendo ) Da indi ( vegnendo ) in
qua.
Se una di queste espressioni avverbiali
sia seguita da una preposizione con un
complimento, il discente restituir dee l’ag-
gettivo esprimente il /apporto di cui la
preposizione è il segno.
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223
f.
In
In ( luogo ) allo.
In ( tempo ) breve.
Per reintegrar Pelissi in queste, espres-
sioni avverbiali , basta sapere ch’ogni ag-
gettivo suppone un nome cui qualifica ed
a cui si raffibbia come la qualitate alla
sostanza.
2 .
( nel luogo stante ) In ( luogo posto )
là.
( nel luogo stante ) In ( luogo posto')
oltre.
Nelle espressioni avverbiali composte
d’ una preposizione e d’ un avverbio, av-
verta bene lo stu diante che l’avverbio mo-
difica sempre il suo aggettivo sottinteso
che fa parte del complimento della pre-
posizione , sì come nei due precedenti e-
sempi.
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aa4
1.
Per
( V azione passando ) Per costà.
( la dimostrazione passando ) Per e-
sempio.
( l’azione passando ) Per ( luogo ) di-
retto.
( l’ azione passando ) Per forza.
In ogni espressione avverbiale composta
della preposizione per e cl’una o più altre
parole , la elissi sottintende sempre 1’ ag-
gettivo esprimente l’idea del rapporto on-
de la preposizione per disegna il termine.
* , \
2 .
( il desiderio passando ) Per ( tempo
appartenente ) al presente ( tempo ).
Se la prima parte dell’ espressione av-
verbiale sia seguita dalla preposizione a
col suo complimento , fa di mestiere so-
stituire , sì nell’ una che nell’altra , 1’ ag-
gettivo che può solo esprimere il rapporto
di cui la preposizione non fa che indicare
il termine.
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3.
( il motivo dell' azione passando ) Per
( lo adoperarla ) in casa.
Dassi l’ analisi di quest’espressione, Per-
chè si è creduta una spezie d’irregolarità
di cui impossibil cosa era render ragione.
Delle espressioni avverbiali che forman
classe a parie.
Già ( lungo ) tempo ( è passato ).
Infine ( in fine ) ( movente ) da sera.
Injìn ( movente ) da ( questa ) ora.
Viva son io , e tu sei morto ancora ,
Diss' ella , e sarai sempre injìn che
giunga
Per levarti di terra l' ultirn ora. P.
Injino ( in fine ) ( appartenente ) a
( questa ) ora.
Injino ( appartenente ) allora (a quella
ora ).
Là ( in quel tempo ) intorno ( in tor-
no )•
(in ) L' altrieri.
( con ) Armata mano.
i5
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( in ) Ogni ora.
( in modo stante ) Oltra (al ) modo
( convenevole ).
Più che tanto ( quanto basta ).
( il tempo scorso da quell' ora alla pre-
sente ) Poco ( tempo ) fa.
Poco ( tempo ) stante ( fra V uno e
V altro fatto ).
( come) Punto (passante) per punto.
( movendo ) Quindi ( andando ) a
pochi di.
Quivi ( in quel lnogo ) medesimo .
Quivi ( in quel luogo ) ( posto in ) su.
Quivi ( andando ) oltre.
( in ) Tutte le più ( spesse in nume-
ro ) volte.
( movendo ) Indi ( andando ) a po-
chi di.
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CAPITOLO XI.
• 227
Delle Congiunzioni o Interiezioni
congiuntive.
Le differenti spezie di parole che so-
nosi fino ad ora da noi considerale , sono
gli elementi o le parti integranti delle pro-
posizioni , ed esse vi entrano più o men
necessariamente, a ragione della natura pro-
pria di ciascuna e dei differenti bisogni
dell’ enunciazione.
Non avviene lo stesso delle congiunzio-
ni. Esse sono, al certo , elementi dell’o-
razione , giacché son parti utilissime nei
nostri discorsi, ma non sono elementi delie
proposizioni } esse servono solamente a
legarle le une alle altre.
Tal è di fatto , o giovanetti , il carat-
tere distintivo di questi segui della fa-
vella che congiunzioni addimandansi : es-
se ordinate sono a legare una con altra
★
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228
proposizione \ ed errano coloro che fansi
a credere che le congiunzioni legar pos-
sono pur anco una con altra parola, men-
tre sempre due sentenze realmente con-
giungono.
E in vero, quando dico: Demostene e
Cicerone furori eloquenti , io dico in realtà
Demostene fu eloquente , e Cicerone fu
eloquente : od in altri termini , Demo-
stene fu eloquente , a ciò aggiungo che
Cicerone fu eloquente.
Del paro , quando dico ; questo prin-
cipio è cero o falso , è come se io di-
cessi , questo principio è vero o questo
principio è falso : e traducendo o, si ha,
questo principio è vero a una condizione
la quale è , che non si possa dire che
questo principio è falso. La congiunzione
o , esprime realmente tutto ciò che ve-
desi in carattere corsivo , tra queste due
proposizioni , questo principio è vero ,
questo principio è falso \ e così ella ap-
picca l’una con l’altra.
Dir puossi altrettanto delle congiunzio-
ni che adopera nsi nell’ interrogare \ co-
mechè non paiano da prima due propo-
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229
sizioni congiugnere , perchè la prima è
soppressa. In effetti , nelle formule; co-
me siete voi entrato? perchè siete voi sor-
tito ? esprimo realmente queste idee , io
domando come voi siete entrato j io do-
mando perchè voi siete sortilo. E svilup-
pando il sentimento delle congiunzioni ,
risulta : io domando una cosa la quale è
la maniera onde voi siete entrato. Io do-
mando una cosa la quale è la ragione
per la quale voi siete sortito. Le con-
giunzioni come e perchè collegano in real-
tà le proposizioni sottintese, io domando ,
con le proposizioni espresse, voi siete en-
trato , voi siete sortito.
Dai soprascritti esempli adunque evi-
dentemente conoscesi che questi segni so-
no , è vero , un elemeuto del discorso ,
ma non precisamente un elemento d* una
proposizione in particolare } esse son pa-
role elittiche , ma differenti da tutte le al-
tre } elle hannosi a riguardare qual for-
inola compendiata d’ una intiera proposi-
zione , il cui senso relativo e imperfetto
s’appicca alla proposizione che le precede,
e perdesi in quella che le segue e in lor
si confonde.
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a3o
La voce che dalla cui virtù ricevon tutte
le altre e nome e proprietà di congiun-
zioni , è propriamente la congiunzione u-
nica, la congiunzione per eccellenza. Essa
deriva dal primitivo qhe o quhè, che signi-
ficava legame , cordone , possanza unitiva.
Imperò , chi non considera delle cose la
material forma, manifestamente può vedere
che la congiunzione che non è altro che
l’ aggettivo congiuntivo , di cui a suo luogo
ragionossi, il quale, adoperato siccome con-
giunzione , è il nesso che due proposizio-
ni fra loro collega. Quando dico , per e-
sempio : voglio che siate buono , è lo stes-
so che: voglio una cosa , la quale è , siate
buono.
Estimiamo affatto superfluo produr qui
altri esempli a provar tal vero. Nel seguen-
te catalogo si sporranno , all’ uopo , trenta
frasi.
Quindi non dobbiamo maravigliarci delle
tante inutili distinzioni fatte di questo se-
gno , nè dei tanti e sì diversi nomi im-
posti alle congiunzioni , appellandole, al-
tre causali , altre copulative , condiziona-
li , sospensive , dubitative , negative , ag-
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a3i
giuntile, elettive , conclusive , dichiarati-
ve , diminutive , ec.
Perchè le vane appellazioni dall’ errore e
dall’ignoranza prodotte non ci abbaglino,
imprendiamo or a disaminare tutte le for-
mule , che a dritto o a torto congiunzioni
addimandansi , procurando di far apparare
il vero uficio e ’l valor proprio di ciasche-
duna.
Catalogo alfabetico ed analisi di tutte
le parole e frasi adoperate come
• congiunzioni.
A.
Acciò ( a ciò ) ( con animo inteso a ciò
che è, ec. ).
Acciocché ( a ciò che ).
Abbenchè ( a bene che ).
Affinchè o affinechè ( a fine che ) ( con
animo inteso a un fine che è, ec.).
Ancora che o ancor che ( a questa ora
avvenendo una cosa che è , ec.).
Ancora quando ( in quella ora nella quale
avviene che ).
Anzi che ( in tempo anteriore , guardando
al tempo in che avverrà che ).
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a3a
Appresso che ( a presso che ) ( [in tempo
contiguo a tempo presso a quello in
che )<
Atteso che ( a questo essendo V animo at-
teso che è ).
Avanti che (in ora movente avanti , mo-
vendo da quella in che avverrà che ).
Avvegna che ( la sorte volendo che av-
vegna questo che è ).
Avvegnadio che ( Dio volendo che avven-
ga ciò che fa che ).
B.
Benché o heneche ( bene che ) ( natura
volendo bene questo che fa che ).
C.
Caso che ( il caso volendo che ).
1. Che. — Pensa ( una cosa ) che ( è ) 9
chi sè non ama , al mondo niuna cosa
possiede. B. Fiammetta.
2. Per Dio pregandolo ( per questa cosa')
che ( è ) , se per la salute d 1 Aldobran-
dino era venuto , ( pregandolo , dico ,
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a33
per questa cosa ) eh' (è) egli s 'avac-
ci asse ). B.
3. Seco deliberarono ( questa deliberazio-
ne ) che (è ) , come prima tempo si
vedessero ( la deliberazione') di rubar-
lo. B.
4. Non aveva Coste ( altro luogo movendo
da uno ) che ( era ) una cameretta as-
sai piccola. B.
5. Regnò anni trenta sette {in) che ( an-
ni fu in parte ) re de' Romani , e ( in )
eh' ( anni fu in parte ) imperadore.
Crusca.
6 . ( Io desidero una cosa ) che ( è ) ma-
ladetta sia l' ora ( in ) che io prima , la
vidi. B.
7 . Al papa andava ( con desiderio inteso
a questo fine ) che ( è ) , mi maritas-
se. B.
8 . ( Io ti domando la cagione per) che
( cagione) non rispondi , reo uomo? B.
9 . Dillo sicuramente ( per questa ragio-
ne ) eh' ( è ) io ti prometto di pregare
Dio per te. B.
• io. ( lo consento che) avvegna ( quello )
che può ( avvenire ). B.
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234
11. E non riposò mai ( in fino all ’ ora
in') ch'egli ebbe ritrovato Biondello. B.
12. JSon vollero tornare indietro ( secon-
dando il desio che fece ) che andassero
alla battaglia. Crusca.
1 3 . Non appartiene dunque a voi che ( la
perversità vostra fa che ) siate maggiori
peccatori , di riprendere li minori. Cr.
14. La quale della persona gli parea (in )
che ( era ) la giovinetta la quale uvea
proposto di sposare. B.
1 5 . Io non so da me medesimo vedere
che ( potenza ) piu in questo si pec-
chi y o la natura .... o la fortura. B.
16. Per partito avea preso ( questo par-
tilo ) che ( è ) , se ella a lui tornasse
( la risoluzione ) di fare altra rispo-
sta. B.
1 7. La donna contenta molto si dispose
a voler tentare come quello ( atto ) po-
tesse osservare , il che ( atto ) promesso
avea. B.
18. (di) che la seconda morte ciascun
grida. D.
ig. Avea otto anni (di) che (anni) li
quattro era stalo ritropico. Crusca.
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a 35
20. Tira uno aglio , tirane due , e potè
assai tirarne , ( non avvenne ) che tro-
vasse il capo a ni uno. Crusca.
2 1 . Ed io son un di que * ( a ) che ’l pian-
ger giova. P.
22. Non ristette mai il cavallo ( infino
al momento in ) che giunse. Crusca.
23 . Questo avvien ( per ) che io son rin-
giovenito Crusca.
24. Non avendo ( cosa alcuna ) cAe pre-
stamente potesse dare. Crusca.
25 . Come mi potrò io partire da costoro
( senza ) che il cuore non mi si schian-
ti ? Cr.
26. Portavasi ciascuno alcuna cosa che
( potesse ) mangiare. Crusca.
27. Dove ha maggiori maestri .... ( a
comparazione di quelli ) che son qui. B.
28. Nel quale non è via ( per ) che gente
ci passi. Crusca.
29. Tanto ( sforzo ) seppe fare ( quanto
sforzo fu necessario a produrre questo
effetto ) che (è) la giovane cominciò
non meno ad amar lui , che egli amasse
lei. B.
3 0. Io mi credo ben far si ( il fare è ne-
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2 36
cessano come per produrre questo ef-
fetto ) che ( è ) fatto mi verrà di dor-
mirvi. B.
Cioè ( ciò è ) ( ciò che io dico è ).
Come che ( in ogni modo in che la sorte
vuole che ).
Comunque ( come unque ) ( in che modo
mai avverrà che ).
Con ciò era cosa che ( la ragione pre-
mendo con ciò che era questa cosa che
è , la sorte volle che ).
Con ciò fosse cosa che ( la ragione pre-
mendo con ciò , la sorte volle che fosse
una cosa che è , fortuna volle che ).
Con ciò sia o sie cosa che ( la ragione
premendo con ciò , natura vuole che
sia una cosa che fa che ).
Con lutto o con tutto che ( la ragione
premendo con tutto questo che fa che ).
Con tutto ciò ( V opposizione premendo
con tutto ciò che fa che ).
Con tutto sia ciò che ( la natura oppo-
nendosi con tutto questo che è , ella
vuole che .ciò sia , che fa ).
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a37
D
Da che ( altri movendosi da una cosa
che è ).
Da poi o da poi che ( movendo da un
riflesso posto poi , che è ).
Dato o dato che ( questo essendo dato
che è).
Davanti che ( movendo in tempo corrente
davanti , guardando all ’ ora in che
conviene che ).
Di che ( per cagione di che atto ).
Di maniera che (m maniera di maniera
che fa che ) . Analizzate del paro Di
modo che.
Dinanzi che ( nel tempo corrente in tem-
po dinanzi al tempo in che conviene che').
Di poi che ( nel tempo scorso in tempo
di poi , guardando al tempo in che ).
Di presente che ( nel tempo di tempo
presente a quello in che ).
Di sorta che o di sorte che ( la cosa es-
sendo cosa di questa sorte , una cosa
avviene che è).
Donde che ( movendo da onde fortuna
vuole che).
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a38
Donduiique ( donde unqne ) ( movendo
da onde mai fortuna vuole che ciò sia ) .
Dove o dove che ( in ogni dove in che
la sorte farà che ).
Dunque (Jdal detto a questa ora seguita
che).
E
Ecco che ( ora io pongo innanzi questo
supposto che è, la fortuna vorrà che).
F
Fin a tanto che o fino a tanto ( fino a
tanto tempo , quanto sarà quello in
che avverrà che ).
Finche ( fino al momento in che avverrà
che ).
Forse che (Jòrse avviene una cosa che è).
G
Giacché ( già che ) ( già avvenendo una
cosa che è).
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23g
I
Il di che ( considerando il successo di
questo fatto che è detto ).
Il perche (considerando V effetto passante
per che fatto ).
Imperché ( im o in per che ) intendendo
in lo effetto passante per questo che e).
Questa forma non è più in uso.
lmperciò (in per ciò) ( intendendo in lo
effetto passante per ciò che detto è ) .
Imperciocché ( in per ciò che ) ( inten-
dendo in lo effetto passante per ciò
che detto è ).
Imperiaqual cosa ( in per la quale cosa )
( intendendo in lo effetto passante per
la quale cosa , avvenne una cosa che è).
Imperò (in però) (la cagione pontando
in lo effetto passante per ciò ).
Imperocché (intendendo in lo effetto pas-
sante per ciò che è ).
Infinaltanto j infinoattanlo j infintanto 5
. infinaltanto che ; infino a tanto che ;
infine a tanto che (in fine dell'ora at-
tenente a tanto tempo , quanto tempo
dee passare prima chef
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2/j.O
Jnfinchè 5 infine che , infino che ( giu-
gnendo in tempo stante in fine atte-
nente all'ora in che').
Jnfin tanto } infin tanto che. Vedete in-
fi natlanto che.
In mentre $ in mentre che {in quel men-
tre in che).
Innanzi che ( in tempo corrente innanzi ,
guardando al tempo in che conviene
che ).
In quanto 5 in quanto che ( in tanto ri-
guardo , in quanto riguardo è questo
che è).
Insin a tanto j in sino a tanto } insin a
tanto che ; insino a tanto che. Vedete
le forme Infinattanto , ec.
Insino che. Vedete Infnchè , ec.
Insin tanto $ insin tanto che. Vedete In -
fi natlanto , ec.
Intanto che ( in tanto tempo in quanto
tempo sarà quello in che ).
Intanto come ( in tanto e così fatto spa-
zio in quanto e come fatto spazio).
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L
241
Là dove o laddove (m ogni luogo in cui
avverrà che ).
Là onde ( la mente fissandosi in quel
luogo , vede nascere da quel luogo una
cosa che è ) .
M
Ma. Questa particella , in virtù della sua
origine , esprime a un tempo un’ idea
d’opposizione, ed un’idea di eccesso nel
termine in vista. Essa dunque significa,
io oppongo un maggior riguardo che è.
Ma' che. Dal celtico mai , grande , son
derivati l’ italiano mai o ma , adoperati
nel senso di più j il latino magis ; il
mais della lingua provenzale e dell’an-
tico francese, e lo spagnuolo mas.
Mentre o mentre che. Vedete In mentre .
N
Nè (e non ). I nostri antichi scrittori han-
no adoperato questa particella nel senso
delia semplice congiunzione e.
16
Digitized by Google
242
Non che ( non dico che).
Nondimanco ( non di manco ) ( non per
una dramma di manco peso a compa-
razione di quello che è ).
Nondimeno ( non di meno ) ( non per una
dramma di meno peso, ec. ).
Niente dimanco ( in niente di manco pe-
so , ec. ).
Niente dimeno ( in niente di meno pe-
so , ec. ).
Non ostante che ( questo non ostante che è).
Nulla manco (in nulla cosa manco, ec. ).
Nulla dimeno ( in nulla cosa di meno
peso , ec. ).
O
O (pongo questa alternativa che è).
Ognora che o ogni ora che ( in ogni ora
in che avviene che ) .
Ogni volta che ( in ogni volta in che av-
viene che).
Oltre a ciò ( oltre a ciò che è detto 0
che è fatto).
Oltre a di questo ( oltre a la sostanza di
questo che è detto ).
Olirà che o oltre che ( oltre a questo
che è ).
Digitized by Googte
243
Onde che ( da onde nasce questo che è).
O veramente 5 o vero , ovvero. La parola
veramente è un elemento di parlo con
mente vera $ e la voce vero è un ele-
mento di pongo per fatto vero.
P
Per benché ( la cagione passando per que-
sto che è). Forma disusata.
Pertanto ( la cagione passando per tanto
per quanto detto è, seguita che').
Pertanto che (V effetto passando per tanto
quanto è questo che è ).
Perchè (per che) ( per che cagione ).
Perciò ( per ciò ) (la cagione passando
per ciò che detto è , seguita che ).
Perciocché ( per ciò che ) ( V effetto pas-
sando per ciò che è detto ).
Però (per ciò che detto è).
Perocché (l'effetto passando perciò che è).
Poi o poiché ( in tempo movente da poi ,
guardando a quello in che ). ( Moven-
do dal tempo poi in che ) .
Posciachè o poscia che ( movendo dal ri-
guardo vegnente poi , che è).
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*44
Posto che ( questo essendo posto che è).
Pria che o prima che ( nell * ora prima ,
guardando all' ora in che avverrà che ) .
Pure ( non ostante il riguardo opposto
all'evento ). Ogni altra significazione at-
tribuita a questa parola , è erronea.
Purché o pure che ( stando contro all’e-
vento contrario questo atto che è ).
Q
>
Quando (m quel tempo in che natura
vorrà che').
Quando che (quando avverrà questo che e).
Quando che sia ( quando il cielo vorrà
che sia questo che è ).
Quanto ( per tanto ingegno o potere ,
quanto è questo che è ).
Quantunque ( quanto unque ) ( /’ effetto
passando per tanto per quanto avviene
mai questo che è).
Quasi che ( essendo già quasi giunto il
tempo in che avviene questo che è ).
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2\6
s
Se ( questo sia posto che è , o vero se io
desidero questo che è ).
Se bene o sebbene ( questo sia bene po-
sto che è ).
Secondamente che ( secondamente alla
maniera che è ).
Secondo che ( in modo secondo a questo
che è ).
Sempre che ( in tutto il sempre in che
avviene questo che è).
.Se non. Non potendo dar una formola
generale per compier questa elissi , ne
sponiamo un modello nelle parole del-
l’esempio seguente, restituite tra paren-
tesi : Vide uscire del deserto mollo a
dentro due bellissimi lioni, non
temette ( quelli ) se non come ( egli
avrebbe temuto la vista ) di due colom-
be. — Crusca.
Se non che ( se non è o se non fosse
stato questo che dico').
Se non se ( se non se ne eccettua questo
che è ).
Senza che ( senza questo che è ).
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346
Si che o sicché ( la cosa stando si , come
è detto , questo avviene che è).
Sin che. Vedete finché.
Solo che ( questo solo caso avendo luogo
che è).
T
Tanto che ( premendo con tanto sforzo ,
quanto conviene per questo che è), (Tra
tanto tempo in quanto conviene per
questo che è ).
Tanto ( con tanto merito , con quanto
detto è, avviene questo che è').
Tosto che ( cosi tosto come tosto avviene
questo che è). Del paro si analizzi,
tosto come.
Tutta fiata ( in tutta fiata in che questo
avviene che è ).
Tutta volta o tutta volta che ( in tutta
volta in che questo avviene che è ).
Tuttora che ( in tutta ora in che avviene
questo che è ).
Tutto che o con tutto che ( con tutto que-
sto che è ).
Giovanetti , senza perder mai di vista
la filiazione delle nostre idee , noi abbiamo
Digitized by Googl
247
analizzalo non solo lutti gli elementi del di-
scorso dei quali facciam uso, ma tutti quelli
eziandìo cui possibil cosa ella è impiegare
all’ espressione del pensiero. Ogni segno
delle nostre idee , di qualunque natura
siasi, puote e debb’esser sempre collocato
in una delle classi di sì fatti elementi. Le
loro specie , di cui abbiam descritto le
proprietadi e gli ulìci , essendo unicamente
fondate su la natura e 1’ uso delle nostre
facoltà intellettuali , e su la generazione
delle idee che ne risultano , affannosi ad
ogni possibil linguaggio. Attualmente noi
conosciam bene gli elementi d’ ogni di-
scorso, presi ciascuno in particolare. Nul-
1’ altro or ci avanza ad esaminare se non
i mezzi onde quelli tra lor collegansi , e le
leggi che a tal colleganza presiedono. Sarà
questo l’oggetto della Sintassi , di cui nel
vegnente capitolo ragioneremo.
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CAPITOLO XII.
Della Sintassi.
Se le impressioni ricevute dalle cose
fuor di noi esistenti , i nostri giudizi , le
affezioni di piacere o di duolo e le pas-
sioni da noi sentite e le combinazioni sen-
za novero delle idee medesime , ritratti
fossero nella favella per mezzo d’ un se-
gno unico e distinto, tutte le nostre idee
rimarrebbero , nei nostri discorsi , isolate,
indipendenti e senza nesso tra di loro.
Ma per nostra ventura , un tal ordine
di cose non essendo , nè potendo esse-
re , giacché i nostri sentimenti ritraggonsi
per T accozzamento di più e più segni ,
tranne un picciol nùmero di concetti da
un sol segno manifestati, che lor resta ir-
revocabilmente affisso , e che rende per-
petua e permanente , nella nostra rimem-
branza , il risultamento delle operazioni
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349
intellettuali che gli han prodotti , segue
da tal felice ritrovamento , eh’ a ritrarre
gl’ infiniti e disformi atti della nostra in-
telligenza , essendosi sottoposto ad altret-
tante combinazioni diverse il picciol nu-
mero dei segni delle sue operazioni , con-
vien sapere non solo d’ ogni vocabolo il
significato proprio , la virtù e la forza 3
ma discerner pur anche gli effetti e le ca-
gioni d* ogni loro congregamento. Imperò
h annosi ad apparare e le leggi stabilite
dalla natura per regola dell’ accozzare in
un corpo i segni delle forme ideali , certe
trasformazioni da questi medesimi segni
subite, e la creazione di certe note natu-
rate ad accennar le relazioni delle cose.
La sintassi , considerata come 1’ arte di
calcolare idee d’ogni genere per mezzo di
segni dati, e a prender questo termine in
tutta 1 ’ estensione della sua significazione
primitiva che vuol dire connetto , ordino
con , consiste dunque a disegnare il luogo
che i segni occupar deggion nel discorso,
a determinar le variazioni che alcuni deb-
bon subire , e a fissar l’uso di quelli che
servono a commettere e collegar insieme
Digitìzed by Google
2.^)0
i fili , per così dire , della tela dei nostri
ragionamenti , che con vocabolo proprio
costruzione s’appella.
Havvi due spezie di costruzioni ; l’una,
diretta j l’altra , inversa addimandata.
Essendo un principio incontestabile , alla
natura nostra conforme , che i segni se-
guon le idee , ne segue che la frase co-
minciar deggia dall’ idea da cui è preoc-
cupato chi fassi a parlare , e che tutte le
altre si seguan poscia a proporzione del
lor rapporto con quella $ per conseguente
l’ordinamento delle parole sarà tale ch’ap-
presenti prima il soggetto e quindi l’attri-
buto , giacché al certo , l’oggetto dell’esa-
me è presente al pensiero pria della cir-
costanza che vi si scovre.
È questo l’ordine invariabile dell’opera-
zione intellettuale.
L’altra costruzione che inversa addi man-
dasi va libera d’ogni freno, relativamente
alla posizione delle parole.
La costruzione diretta esser non può se
non una in ogni tempo e luogo , ove parli
1’ uomo un linguaggio composto di suoni
articolati , uno essendo il procedere del-
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25 1
l’ intelletto umano , una l’ umana natura ,
la qual vuole che la mente , nelle opera-
zioni sue intellettuali , abbia in cospetto
in prima in prima l’oggetto del suo inten- .
dimento e poscia le proprietadi in esso lui
ravvisate.
Per lo contrario la costruzione inversa
esser puote in mille guise differenziata ,
essend’ ella una necessaria seguenza della
particolar maniera d’ esser tocco e preoc-
cupato j ed è tale, non solo fra nazioni di
disforme linguaggio , ma fra gl’ individui
della stessa nazione pur anco. Quindi quel-
la maravigliosa varietà nella costruzione di
tal sorte fra gli scrittori del tempo stes-
so , dello stesso paese, parlanti la favella
medesima.
Le trasposizioni d’una lingua servir pos-
sono in qualche sorta come misura per de-
terminar il grado di sensibilità d’un popolo
e ’l carattere di ciascuno scrittore che or-
dina sempre le parole secondo il grado di
sentimento onde è smosso dalle differenti
idee. Ecco la regola sovrana delle traspo-
sizioni. Un esempio farà meglio sentire
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a52
ciò che per noi si asserisce." Dovendosi
sprimere il pensiero nelle seguenti frasi
contenuto , un individuo può dire :
I. È morta per averlo amalo troppo.
a. Per averlo amato troppo è morta.
3. Per troppo averlo amalo è morta.
L’anima di colui che fa uso della prima
maniera è più commossa dall’ idea della
morte dell’ individuo , che dall’ idea della
causa di tal morte.
Colui che si serve della seconda j fa ve-
dere che la causa della morte della per-
sona il tocca in quel momento più che la
morte medesima.
Da ultimo , colui eh’ adopera la terza
maniera, mostra che l’idea contenuta nel-
l’avverbio troppo , cioè l’eccesso della pas-
sione , più tosto che la passione stessa ,
colpisce di vantaggio l’anima sua. La ve-
rità di sì fatti principi è espressa dalla
bocca del più grande dei poeti in questi
versi :
Io mi son un che , quando
Amore spira , noto , e a quel modo
Che detta dentro vo significando. D.
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253
L’armonìa, l’eleganza, la chiarezza, ec.,
sono le cause secondarie delle inversioni.
Vediamne gli esempli.
I. Tre legioni e tre legati atterrai io.
Davanz.
Il pensiero eh’ occupa 1’ anima di colui
che parla e che colpir dee di vantaggio
l’ imaginazione di coloro che l’ascoltano,
è quello eh’ è espresso dalle parole tre le-
gioni e ire legati.
La parola io che , seguita da altre pa-
role , non produrrebbe alcun effetto , per-
cuote di più, collocata, com’è, alla fine
della frase , e lascia una impressione più
durevole.
a. Arse ogni cosa sacra e profana.
Davanz.
L’ immaginazione di chi parla è forte-
mente preoccupata dalla maniera onde il
tutto fu consunto : arse ; è dunque natu-
rale che quest’idea sia espressa la prima,
quantunque l’ordine della costruzione di-
retta esiga che questa parola sia 1’ ultima
della frase.
3. Fiera materia di ragionare n'ha oggi
il nostro re data. B.
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254
II tristo soggetto del discorso che si è
ascoltato , è ciò che qui occupa fortemente
lo spirito di chi parla } quindi le parole
fiera materia , collocate secondo, l’ordine
della costruzione diretta , renderebbero
questa frase affatto indegna del suo autore.
4. Hanno molte mogli guasto i mariti.
Davanz.
Per le parole molte mogli , intercalate
tra hanno e guasto , questa frase acquista
eleganza e leggiadrìa.
5 . Si posero in cerchio a sedere. B.
Per le parole a sedere , trasposte della
sorte , questa frase acquista una grazia par-
ticolare , e per le parole in cerchio , allo-
gate dinanzi a sedere , l’ imaginazione vede
già gl’ individui in quistione , dalla maniera
che più occupa il pensiere dello scrittore.
6 . Era già V oriente tutto bianco , e gli
surgenti raggi per tutto il nostro emispe-
rio avevan fiatto chiaro , quando Fiam-
metta da' dolci canti degli uccelli , li quali
la prima ora del giorno su per gli arbu -
scelli tutti lieti cantavano , incitata , su
si levò , e tutte l' altre e i tre giovani fiece
chiamare B.
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V
255
Se si togliesser le trasposizioni in questo
periodo a bella posta fatte dall’autore , non
più si sentirebbe l’effetto dell’armonìa che
vi regna.
La costruzione sola però non è mica
sufficiente per ispander nel discorso una
chiarezza perfetta. Oltre alle cause di so-
pra sposte che ci fan sovente un piacere
e pur un bisogno d’ intervertire 1’ ordine
delle nostre idee, le varie tinte di queste
e , per così dire , le ombre , divenute sono
sì delicate , e per seguenza la lor espres-
sione sì complicata che l’ ordin solo dei
segui sarebbe incapace di far sempre sen-
tire i lor rapporti. Quindi essi ricorso ad
altri spedienti , e da prima a quello di
far subire a questi segni , differenti modi-
ficazioni che indicassero da lor concordan-
za o la lor dipendenza e che nei medesi-
mo tempo imprimesser loro certe modifi-
cazioni di tempi , di numeri , di generi o
di altre circostanze cui sarebbe mestieri ,
senza di quelle , sprimere per mezzo di
altri segni separati e distinti. Or queste
modificazioni costituiscono le declinazioni
dei nomi , degli aggettivi e dei verbi. Se
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*56
i nomi fosser sempre destinati ad espri-
mer i soggetti delle nostre proposizioni ,
il genere e ’1 numero sarebber due motivi
per far variare la linale di queste parole ,
anzi le sole cause possibili delle loro va-
riazioni. Ma servendo essi sovente nel di-
scorso di complimenti ad altri nomi , o
ad aggettivi , o a verbi aggettivi , in tal
caso , util cosa estimasi accennare la lor
dipendenza da questi altri nomi , da que-
sti aggettivi e da questi verbi. Ecco un’al-
tra ragione per dare ai nomi differenti de-
sinenze che casi addimandansi , di cui fa-
rem motto nel seguente capitolo.
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CAPITOLO XIII.
Della maniera cT esprimere differenti rap-
porti che i Greci ed i Latini disegna-
vano per mezzo dei casi.
Pria che s’ entri a discorrere la propo-
sta materia , crediamo esser mestieri , o
giovanetti, mostrare che cosa intender deg-
giasi per questa voce casi , qual fosse appo
i Greci e i Latini 1’ uso e 1’ ufìcio loro ,
e con qual compenso , nelle lingue di tal
privilegio mancanti , siasi a cotal difetto
supplito.
Eran usi i Greci e i Latini , a dimo-
stramento delle relazioni eh’ hanno o aver
possono tra loro le comparate cose , de-
clinare i nomi loro } torcergli cioè e va-
riargli di caso in caso , altramente proffe-
rendogli nei genitivo , altramente nei da-
tivo e negli altri ragguardamenti. Siffatti
i 7
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a58
finimenti o vero cadenze , addimandavansi
con particolar vocabolo casi , dal nome
casus caduta , sceso dal verbo cadere ca-
dere, traslativamente adoperato. Le caden-
ze , per esempio , del nome mater , ma-
tris , mairi , malrern , maire , erano i vari
casi eh’ avea questo nome nel numero del-
1’ uno. Il disporre ordinatamente le diverse
sillabe desinenziali d’ un qualsivoglia no-
me , appellavasi declinare.
I nomi italiani non van soggetti a sif-
fatte variazioni di desinenza, mutandosi
solo dal minore nel maggior numero j per
conseguente non sono nella nostra favella
nè casi nè declinazioni. Quindi i creatori
della nostra lingua , variando le cadenze
dei nomi , non hanno avuto iu mira se
non d’ accennar per esse il numero e ’l ge-
nere degl’ individui , senza alcun’ altra vi-
sta o riguardo.
Imperò, dappoiché per lunghissimo trat-
to di tempo videsi la favella aggiunta a
quel termine di perfezionamento , di cui
malagevòl opra sarebbe , anzi impossibile,
determinar il preciso punto , idearono gli
uomini di supplire al difetto delle varie
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2 ^ 9 .
cadenze dei nomi con certe note o segni ,
i quali , sì come i casi della lingua lati-
na , fossero delle relazioni delle cose in-
dicatori j e allora fu eh’ iu luogo delle
forme libro Cesare } vado Napoli , si disse
libro di Cesare , vado a Napoli ; il che
quanto alla chiarità e nitidezza della lo-
cuzione stato sia giovevole , ad ogni veg-
gente occhio si fa manifesto.
Adunque , i risguardamenti o vedute
eh’ accennar soleano i Greci ed i Latini
co’ vari finimenti ovvero casi dei nomi ,
notansi nel parlar nostro per mezzo delle
preposizioni , che meglio addimandereb-
bersi segni di relazioni o , come altrove
si è detto , rapporti di dipendenza j sic-
come in ogni altro linguaggio , in cui non
abbian luogo i casi , e siccome far dovea-
no i Latini e i Greci medesimi nell’ accen-
nar quelle vedute ossia relazioni , per le
quali mancavano i nomi loro di speziai
finimento j non essendo possibil cosa espri-
mere con sì pochi casi le convenienze senza
fine , le discrepanze e le ombre , le quali
scerner può la mente nella comparazione
delle cose che affronta.
*
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a6o
Col primo caso , nominativo appellato,
solevano i padri nostri nomar semplice-
mente l’oggetto del lor giudicamento. On-
de , nella proposizione : Alexander vicit
Darium , Alessandro vinse Dario , Ale-
xander era il nominativo. Essendo esso
nella diritta costruzione sempre innanzi al
verbo , sì fatta posizione basta a distin-
guerlo dagli altri termini della proposizio-
ne e però ei non va d’ alcun segno notato.
Questo nominativo corrisponde appo
noi al soggetto della proposizione. In
questa: Io vidi Elettra, io è il soggetto.
Col secondo caso , che genitivo addi-
mandasi per esser quasi dal nominativo
generato e per generar egli stesso gli altri
casi obliqui , accennavasi singolarmente
una relazione di qualità, come nella for-
mula umbra noctis , ombra di notte, ma-
nifestamente appare.
Questo rapporto di qualificazione espri-
mesi in italiano con la preposizione di :
L'ira di Giove.
Col dativo , titolo apposto al terzo ca-
so , in virtù dell’ atto del dare principal-
mente proprio ad esso , sprimevasi quell’
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n6i
idea medesima che noi disegnar sogliamo
con. la preposizione a , quando vogliamo
accennare un rapporto d’attribuzione o di
approssimanza : do Caesari , do a Cesare.
Col quarto caso, chiamato accusativo ,
per la cadenza sua propria del concetto
dell’ accusare , rappresentava il nome il
termine dell’ azione del soggetto , il qual
caso sarà da noi oggetto chiamato. Dili-
gile inimicos vestros , amate i vostri ne-
mici. Nella lingua nostra ei non è da nota
alcuna distinto , giacché la positura sua ,
la quale , nella diritta costruzione , esser
dee dopo il verbo , agevolmente da ogni
altro termine distinguesi.
Il quinto caso era quello onde chiama-
vasi chi che sia , e per questo rispetto
solo appellavasi vocativo. O Petre ....
In italiano , basta perciò profferire il no-
me della persona cui altri chiama, Pietro.
— Padre , che hai ? — D.
Con la sesta e ultima cadenza , detta
« dai latini grammatici ablativo , sì come
quella che principalmente al tor via si
conveniva ed era al dativo contraria, ac-
cennavasi il termine ond’ era una qualsi-
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262
voglia cosa dipartita. Questo rapporto di
allontanamento va distinto in italiano dalla
preposizione da :
Mai diviso da le non fu il mio cor . P.
JSoi eravam partiti già da elio. D.
Il secondo di questi esempi c’ insegna
che questa preposizione non ammette pun-
to elisione.
Il rapporto di esistenza nel luogo è in-
dicato dalla preposizione in : Credendo
esser in del. — P.
Il rapporto del luogo per cui si passa
è disegnato dalla preposizione per : Pas-
sando per li cerchi senza scorta. — D.
11 rapporto di compagnia è indicato
dalla preposizione con : Con noi venite. D.
La preposizione tra o fra disegna una
idea di posizione trasversale : Veggendo
se tra nemici cotanti. — D.
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a63
CAPITOLO XIV.
Paradigmi d’analisi nelle frasi si dorme,
si mangia , si loda , e simili.
Il verbo ch’entra nella composizione di
sì fatte frasi , debb’esser un verbo d’azione
o di stato , e , nella prima supposizione
il subbietto del verbo puoi’ esser espresso
o sottinteso.
Ecco tre punti di vista differenti i quali
esigono che questa materia sia in altret-
tanti paragrafi trattata.
PARAGRAFO PRIMO.
Dei casi in cui il verbo eh’ entra nella
composizione di colali frasi , è un ver-
bo di azione di cui il soggetto è espresso.
1. Nè o sì tosto mai , nè i si scrisse. D.
2. Nè si pietose nè sì dolci parole
S' udinon mai. — P.
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264
Analisi di siffatte frasi: I. Nè o scrisse
si mai si tosto , nè i scrisse si mai si
tosto ; 2 . Nè parole si pietose udirono si
mai , nè parole si dolci udirono si mai.
Ma quest’ analisi è ancor ben lungi dall’
esser completa, perocché non ci appalesa
l’ente che agisce, o, per meglio dire, il
termine d’onde proviene l’azione espressa
dal verbo. È adunque mestieri , per ri-
menare queste frasi elittiche a tutta- la lor
integrità , alla lor forma primitiva , origi-
naria , trovar questo termine incognito.
Or, Dante , Purg. canto 3 , dice :
per quella pace
Ch’io credo che per voi tutti s’aspetti.
E ’l medesimo poeta , Inf. canto III ,
dice : Da tal si vuole.
Egli è dunque evidente che le anzidette
frasi: o non scrisse si mai , ec., parole sì
dolci non udirono si mai , sono sincopate
delle seguenti : o non scrisse si mai per
l'uomo o dall'uomo ,.ec parole si dolci
non udirono si mai per l'uomo o dall'uomo.
Questa reintegrazione di parole è fondata
su la ragione , non men che su l’autorità
di Dante , e su quella di tutt’ i classici
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a65
dell’ Italia \ ella è dunque incontestabile.
Ma ciò non è ancor tutto } perciocché ,
ove son le parole eh’ esprimono l’ idea di
passaggio indicata dalla preposizione per ,
o quella di allontanamento disegnata dalla
preposizione da ? Adunque, fa d’uopo pur
supplire a questo difetto con le parole
ehe posson sole esprimere queste idee j
cioè passando per o movendo da\ del paro
supplir debbesi al manco del soggetto el-
littico di tai verbi. Imperò le anzi dette
frasi , rimenate alla lor pienezza , sono ed
esser deggion le seguenti : o non scrisse si
mai sì tosto , Vatto dello scrivere passando
per Tuomo o movendo dall' uomo.... parole
si dolci non udirono si mai , Vatto dell'udire
passando per l’uomo o movendo dall'uomo'.
Ecco una formula generale d’analisi per
tutte le frasi possibili della prima delle
tre divisioni per noi indicate.
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266
PARAGRAFO SECONDO.
Dei casi in cui il soggetto del verbo d'a-
zione che entra nella composizione di
frasi si fatte , è sottinteso.
Qui si monta. — D.
Qui non si canta. — D.
Non essendovi proposizione senza sog-
getto , fa di mestieri trovar da prima
questo termine 5 e la natura dei verbi
montare e cantare , incontanente ci ad-
dita che le parole le quali rappresentan
questo termine ignoto, non posson essere
che la montagna , nel primo esempio ,
od ogni altra parola analoga } e 7 canto
o l'inno , nel secondo esempio , od ogui
altra simile parola} quindi si ha: la mon-
tagna monta si qui il canto o
l'inno non canta si qui } e ciò eh’ essi
detto nel precedente paragrafo , ci fa ve-
dere che la costruzione piena di tal grup-
po di parole debb’essere, nel primo caso:
la montagna monta si qui , /’ alto del
montare passando per l'uomo o movendo
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267
dalViiomo ; e nel secondo caso: il canto
o Vinno non canta si qui-, l'atto del can-
tare passando per V uomo o movendo
dall ' uomo.
Ecco una nuova formula generale d’ a-
nalisi per tutte le frasi della seconda di-
visione.
PARAGRAFO TERZO.
Dei casi in cui il verbo eh' entra nella
composizione di frasi cotali , è un
verbo di stato.
Non si va — • D.
Cercando una formola generale , appli-
cabile a questa costruzione elittica , fu
nostro pensier primo trovare il subbietto,
termine sempre sottinteso in siffatte frasi,
e con cui la particella si disegna l’iden*
tità sua. Da prima erasi affacciato ai no-
stro spirito egli j ma facendoci poscia a
riflettere sul vero equivalente di questo
pronome egli , ecci paruto ch’ènonpotea
rappresentare se non l’ azione medesima
dal \erbo accennata } cioè , 1’ espressione
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a68
V andare , idea astratta , di cui il verbo
dimostra l’ adempimento nella tale o tal
epoca 5 impertanto essi scritto : V andare
non va si , V atto dell ’ andare passando
per V uomo o movendo dall’ uomo, in fatto
l’espressione si va sprimente che l’azione
dal verbo disegnata , recasi ad effetto nell’
istante medesimo della parola , puossi tra-
durla per V andare è in atto j dunque il
pronome egli tien luogo dell’atto relativo
onde la particella si accenna il riflesso
sopra sè medesimo j e potendo quest’atto
esser espresso dall’ infinito , fassi aperto
che può dirsi /’ andare va si : il che si-
gnifica che 1’ azione espressa da andare ,
si fa, s’adempie per un impulso esterno,
di cui la causa è additata dalla preposi-
zione per o da , ed il complimento dall*
uno o dall’altro di questi due segni. Que-
sta nuova formula d’ analisi è applicabile
a tutte le frasi possibili della terza ed.
ultima divisione.
In grazia dei tre su fìssati paradigmi ,
analizzate del paro i seguenti esempli :
Non vi si pensa.
E come’l pan per fame si manduca — D.
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269
E come in fiamma favilla si vede — D.
Or drizza ’l viso a quel che si ragiona. D.
Quando s'ode cosa o vede ,
Che tenga forte a se V anima volta,
Vassene 7 tempo , e V uom non sè
n avvede — D.
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Del Ripieno.
Inutil cosa estimiamo far qui motto della
ellissi , dietro tutto quello che relativa-
mente ad essa si è nel corso di quest’ o-
pera ragionato e che bastar dee perchè i
discenti compian tutti i suoi vuoti e ri-
solver possano parecchi di quei problemi
di grammatica donde dipende l’intelligen-
za d’ un gran novero di espressioni oltre
ad ogni stima difficili. Impertanto affassi
meglio al nostro prò , o giovanetti , di-
scorrervi di un’ altra voce che pleonosmo
addimandasi nel greco idioma da cui è
nella nostra favella discesa e che con vo-
cabolo proprio ripieno appelleremo. Desso,
secondo che pel volgo de’ grammatici è
difinito , è nota di ridondanza , proprio
tutto ’1 contrario della ellissi , voce pur
tolta dal greco, che tanto suona nel ser-
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271
mon nostro quanto omissione. Il ripieno
ha dunque luogo quando in un costrutto
puossi per avventura sottrarre una o più
voci, sì che però non sia in parte alcuna
il sentimento alterato.
A noi che tutto l’animo abbiamo inteso
a far apparare agli studiosi giovani cose e
non parole , si fa a credere tutto il con-
trario , cioè che non sono, nè esser pos-
sono in verun linguaggio, pleonasmi veri:
imperocché , in quanti modi di dire tro-
vasi un qualche ripieno , o egli accenna
elei concetto principale un accidente che
altramente non potrebbesi se non per lun-
go giro di parole significare, o egli ador-
na il parlare, o gi ugne maggior vivezza e
spirito a un tal dettato che , senza cotal
giunta languido e freddo addiverrebbe , o
quella che pare soprabbondaute voce , im-
prime nell’ orazione efficacia e forza tale
che non può chi ben considera giudicarla
soverchia , o infine quella cotal ridon-
danza non è dal buon uso e dalla ragio-
ne approvata , ed è vituperevol vizio e
debbesi fuggire , come fuggir debbonsi a
un pari che la mala ventura tutti quei
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27 2
sconci ed oscuri modi di dire che inge-
nerano confusione e discordia nel discor-
so ed ai quali essi dato color di figure.
Ma ben sovente i grammatici han preso
il raro per lo denso.
Adunque , coloro che nella logica sen-
tono molto avanti dicono che non sono
nel linguaggio parole oziose e inutili, os-
sia ripieni , e eh’ essendo le parole ritratti,
e non già scorbi dei concetti dell’animo ,
non deonsi le sottoposte formule adope-
rare, se non venga per esse un’intenzione
o vero una circostanza , un accidente ,
un’ombra del pensamento figurata.
Bello — Per bella paura . B. — La pa-
rola bella esprime nel nome una di-
stinta qualità di forza e di grandezza.
Bene — ( Tu dici ) bene , io il farò. B.
Ci — Naturai ragione è di ciascuno che
ci ( qui j in questo mondo ) nasce. B.
Di — Il domandò il santo frale ( in
materie ) di molle altre cose ( alla
domanda ) delle quali ( dico alla do-
manda ) di tutte , rispose a questo
modo. B.
E — {Io vo speculando ) e io giudico.
Firenz.
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2^3
Ecco — Ecco ( odi mi ) Giannotto , a
te piace eli io divenga cristiano , ed io
son disposto a farlo. B.
Egli . — Egli ( cioè che in Firenze fu
una giovane ) non sono ancora molti
anni passati , che in Firenze fu una
giovane. In questa frase e simili , la voce
egli non è che l’ indicatrice dei sog-
getto.
Ella. — Ella ( la cosa ) non andrà cosi ,
eli io non te ne paghi. B.
Esso. — La disavventura era tanta , e
con esso ( disastro ) la discordia de ’
Fiorentini , che , ec. Crusca. Allorché
l’aggettivo esso pare determinare un no-
me femminile , una cotale apparenza è
illusoria.
Già. — ( io desidero ) Già ( che ) Dio
non voglia. B.
Lo. — ( Per quello che risguarda ) lo
rimedio y lo vi darò , io.
Mica. — Non sogno , nè ( sogno per
quanto è piccola una ) mica. B.
Ne. — La donna ... se ne ( dal luogo
dov ’ eli' era ) venne. B.
Non. — lo temo forte che Lidia con con-
iX
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274
siglio e voler dì luì questo , non ( vor-
rei che ciò fosse ) faccia. B.
Ora. — ( Io domando ) ora , che vorrà
dir questo ? B.
Or ben ! — Or ( io son persuaso , tu di-
ci ) ben , disse Bruno , come è ella
fatta ? B.
Punto. — Ella nè allora nè poi il co •
nobbe ( nè pure in quanto è piccolo un )
punto. B.
Pure. — Il dirò pure. Si è già dimostrata
la proprietà unica di questa parola nel
capitolo delle congiunzioni.
Sempre mai. — Z)e’ mi tu far sempre
mai morire a questo modo ? La prima
di sì fatte voci disegna l’intiera distesa
del tempo; la seconda la continuità delle
parti in cui esso si potrebbe partire. Il
perchè questa forma ha tutta P energìa
della passione.
SI. — Se tu fossi stato un di quegli che
il posero in croce , avendo la contri-
zione eh ’ io ti veggio , si ( così ) ( è
come dico ) ti perdonerebbe egli. B.
Sì bene. — E istamane dicestel voi ? a
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cui Rinaldo rispose : $2 ( cosi ) ( è ,
il dissi ) bene ( certamente ). B.
Tutto. — Egli si struggea ( in ) tutto
( V esser suo ) d’ andarla ad abbraccia-
re. B.
Uno. — Ed io sol ( e ) uno ( fra i vi-
vi ). D.
Via. — Va ( in ) via. D. — Gliele con-
venne gitlar ( in ) via. B.
*
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276
CAPITOLO XVI.
I.
DelV Accento Grammaticale.
Io intendo , o giovanetti , per accento
grammaticale quelle note o segni che la
grammatica alluoga su le vocali, sia in fi-
ne , sia in mezzo delle parole.
Gl’ Italiani han due di sì fatti accenti :
il grave ('), e 1’ acuto (').
Appiccasi il primo di questi accenti su
l’ ultima vocale delle parole di cui si è
scemata alla fine una vocale od una silla-
ba , come nelle seguenti voci :
Boutade ,
Bontate ,
Fede ,
Die ,
Ambe ,
| bontà.
amo.
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Virlude ,
Virlule ,
virtù.
277
Il secondo accento ponsi su la vocale
intermedia d’ una parola di cui si è sop-
pressa una lettera nel mezzo, come in già
e natio per giva e nativo , e su tal vo-
cale cade l’accento tonico , pronunziandola.
II.
Dell' Apostrofo.
1.
La ombra ,
La erede ,
Le eredi ,
Lo arcano ,
Lo indizio ,
Gli indizi ,
Lo ingegno ,
Onde egli ,
Vi amo ,
Bello amore ,
V ombra.
V erede.
V arcano.
V indizio.
gV indizi.
Ì V ingegno,
lo ’ ngegno
oncT eg/i .
v’ a/no.
6e//’ amore .
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278
Perduto il ben , perduto 7 ben.
SI il faremo si 7 farem , ec.
di smalto ,
1/ apostrofo è segno o nota in forma di
virgola (’) apposta alla sezzaia della pa-
rola } con che s’ accenna che le manca in
line una vocale , tolta via per l’ intoppo
d’altra vocale.
2 .
Là era.
La pia ombra.
La fè amica .
Perchè io , perch ’ io.
Le pie ombre.
Il di era.
Sii or.esto.
Cantò assai.
Il mio orto.
Gli inganni , gV inganni.
Gli orti.
Gli anzi detti esempli ci dimostrano :
1 . che ogni vocale accentata non ammette
elisione , tranne le congiunzioni in cui tro-
vasi T aggettivo congiuntivo che } 2 . che
le parole terminate per più vocali non am-
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279
mettono nè anche l’elisione } 3. che la voce
gli non ammette 1* elisione dell’ i finale se
non anzi a parola che comincia per i.
3.
Dolce amica.
Baci amorosi.
Le parole terminate in ce e ge , non sono
suscettibili di elisione che dinanzi la voce
e , e le parole in ci e gi , innanti alla
vocale i.
HI.
Dello Scemamentor
i.
Crudele non sono , crudel non sono.
Te solo bramava, te sol bramava.
Buono pane, buon pane.
Appellasi scemamento , la soppressione
d’ una o di più. vocali o sillabe , in una
paròla seguita da un’ altra che comincia
per una consonante.
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280
Le vocali e , o , precedute da Z , in ,
n , r , sono suscettibili di scemamento ,
salvo in alcuni aggettivi in ro } co : chia-
ro , nero , ec.
2.
Fanciullo vezzoso , fanciul vezzoso.
Augelli , augèi.
Cavalli , . cavai.
Nelle parole terminate in ZZo , troncar
puossi 1’ ultima sillaba j e , al plurale di
queste stesse voci le due ultime II , in
poesìa.
3 .
Anima degna.
Ora geme , or geme.
Le parole terminate in a , eccetto la
voce ora , adoperata avverbialmente , del
paro che i suoi composti allora , ancora ,
ec. , non van soggette a diminuzione.
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4 -
281
Foglio
Meglio
Mezzo
Tieni ,
Egli ,
Eglino
vo'.
9 ( me'.
V
Queste parole 9 sì che parecchie altre ,
son del novero di quelle che lo scema-
mente ha lo più alterate.
5 .
Ben ti dico — B.
Ma tutte son quasi nere — B.
A voler esser vostro — B.
Il dar lor bere del suo buon vino . B.
Saper ben parlare — B.
/)’ un bel castelletto — B.
Impossibil cosa ella è volere stabilire
regole positive per apparar le circostanze
in cui lo scemamento è indispensabile o
proprio a dar ad una frase o ad un’ e-
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283
spressione 1’ armonìa che le conviene :
l’orecchio solo , perfezionato dalla lettura
dei classici, guidar debbe gli studiosi del
nostro idioma.
IV.
DeW Accrescimento delle parole.
1.
Con studio , con istudio.
Per sdegno , per isdegno.
La dolcezza della nostra pronunzia non
soffre ordinariamente lo ’ntoppo di tre
consonanti di sèguito in due parole , di
cui la prima è terminata da una conso-
nante , e la seconda comincia per 5 im-
pura : imperò , invece di dire o scrivere
con studio , con sdegno , ec. si fa pre-
ceder da un i la seconda di queste parole
e dicesi : con istudio , per isdegno , ec.
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2 .
283
A Antonio , ad Antonio.
E io, ed io.
O io , od io.
La lettera d giunta alle su dette parti-
celle , è una seguenza dello stesso prin-
cipio.
V.
Della Linea di congiugnimene .
La linea retta e orizzontale (-) , inter-
ponsi fra gli elementi d’ una formula, af-
fi n d’ accennar per essa il collegamento
eh’ hanno insieme le parti , nel ritratto
dell’idea unica e sola , di cui sono il se-
guo , sì come nella seguente ben-essere.
VI.
Del Segno (••)•
Questo segno , composto di due punti
orizzontalmente posti , alluogasi sopra la
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284
seconda di due vocali che voglionsi in
due distinti suoni proferire , e adoperasi
nel verso , come
A te convien tenere altro viaggio. D.
VII.
Del Segno («»).
Questo segno , viene adoperato , quan-
do vuoisi distinguere dall’orazione intiera
un’ allegazione ò citazione d’ altro autore.
Questo « ponsi avanti alla prima parola
e in principio d’ ogni verso 5 questo » ,
dopo l’ultima della sentenza citata.
Vili.
Della Linea di divisione ( — •).
Questo segno , adoperato nel dialogo ,
usasi in luogo delle formole ? egli disse y
ei soggiunse y ec. , per accennar un nuo-
vo interlocutore. Esso è di gran vantaggio
allo studio della brevità 7 e della chiarezza
del discorso.
«a
m
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IX.
a85
Della Parentesi ( ).
Questo segno , formato di due lineette
curve, dentro al corpo d’alcuna clausola,
come corpo che da sè stia , ha luogo 5 e
s’ adopera , quand’ altri inserisce nel di-
scorso un concetto , staccato in modo
dall’ intrecciatura degli altri , che possa
indi spiccarsi , senza che però il senso
delle parole antecedenti e delle conse-
guenti venga perturbato in verun modo ,
sì come nell’esempio che si produce dove
senza l’interposto:
Quanf è' l poter di una prescritta usanza !
la sentenza sarebbe tuttavia intera e com-
pita :
Dalma nudrita sempre in doglie e'n pene ,
(Quant'è’l poter dluna prescritta usanza \ )
Contra 7 doppio piacer si inferma fue ,
Citai gusto sol del disusato bene ,
Trema lido or di pautn or di speranza ,
D' abbandonarmi fu spesso intra due. P.
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a86
Se le parti del periodo separate per
mezzo della parentesi , deggion esser di-
vise dalla virgola, questa alluogasi innanti
alla parentesi.
X.
Del punteggiare e virgolar
le scritture.
Quanto necessario sia il rettamente pun-
teggiare , in ispezialità nell’italiano , a ca-
gion della libertà delle elissi e delle tras-
posizioni più frequenti ed ardite che in
ogn’altro idioma, di quanto lume e chia-
rità vengano per questa operazione asper-
se le scritture , abbastanza per le dimo-
strazioni de* savi avverato è. Il mal col-
locar gli spazi e le virgole , guasta stra-
namente i concetti e confonde i sentimen-
ti } non agevol cosa essendo, siccome dassi
a credere il volgo, anzi difficoltosa d’as-
sai , l’ arte del punteggiare e virgolar le
scritture. Ella ha sue radici nella più su-
blime metafisica , radi essendo coloro i
quali sieno di tanto acume d’ingegno do-
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287
tati che possano, cl’un solo sguardo della
mente, raccorre il tutto insieme d’nn pe-
riodo , suoi capi , giri , e membra } scer-
ner distintamente i vincoli delle diverse
sue parti, ponderar la giusta misura delle
pause, distinguer in esse, siccome in ap-
parente quadro , il principale dall’acces-
sorio, l’accidentale dall’essenziale, l’ante-
cedente dal conseguente, con tutte quelle
modificazioni , differenze ed ombre , nel
cui armonizzato contesto consiste 1’ unità
del pensamento in lui ritratto.
Impertanto sarà nostro studio , o gio-
vanetti , raccor diligentemente le regole da
molti valenti uomini intorno a ciò ragio-
nate , farne un sunto e a voi sporle ,
perchè v’addestriate al buon uso di que-
sti segni. Per sì fatto esercizio , supplir
puossi in gran parte ai difetto del primo
studio, quello cioè dell’originazione delle
idee , che con particolar vocabolo addi-
mandasi ideologìa, vero, primo e generai
fondamento d’ogni umano sapere.
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288
Della virgola (,).
i.
Aiutami da lei , famoso saggio ,
C/i ella mi fa tremar le vene e ( ella
mi fa tremare ) i polsi. D.
Quest’ esempio dà luogo a due regole
fondamentali : i. le parole onde apostro-
fasi qualcuno, come famoso saggio , esser
deggion tra due virgole j 2. se l’una delle
due proposizioni dipendenti sia ridotta
per 1 ’ elissi alla sua più gran semplicità ,
come l’ultima delle proposizioni sudette ,
la congiunzione che lega siffatte proposi-
zioni esclude la virgola.
2.
( lo ) non ( sono ) uomo , ( io ) uomo
già fui. D.
Due proposizioni della stessa natura , a
difetto di congiunzione , debbon esser se-
parate dalla virgola.
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3.
289
(JSoi) taciti ( ri andavamo V un dinanzi
e V altro dopo ) , ( noi ) soli ( andavamo
l'un ec. ), e ( noi rì andavamo l’un ec.),
senza compagnia ,
]S’ andavam Vun dinanzi e V altro dopo ,
Come i frali minor vanno per via. D.
In una serie di proposizioni similari ,
ciascuna debb’ esser separata dalla virgola.
4-
1 . Egli avean cappe , con cappucci bassi
Dinanzi agli occhi , fatte della taglia
Che per li monaci in Cologna fassi. D.
2. Porser gli uncini verso gl’ impaniati,
Ch’eran già cotti dentro dalla crosta. D.
Allorché una proposizione determinativa
qualificante una parte della proposizione
che la precede è necessaria all’interezza del
senso della parte qualificata , come nel
primo dei sopra sposti esempli , la pro-
posizione che per li monaci , non s’ ha a
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a 9P
por virgola. Ma , nel caso contrario , la
virgola è necessaria , e però , nel secondo
esempio , la proposizione di erari , ec. ,
è separata dalla virgola.
5 .
Non vi dispiaccia , se vi lece ( soddis-
fare alla mia domanda ) , dirci
S' alla man destra giace alcuna foce. D.
Ogni proposizione, completa o ellittica,
intercalala tra due parli d’ un’altra propo-
sizione , siccome le parole se vi lece , tra
non vi dispiaccia , e dirci , bassi a por tra
due virgole.
6 .
1. Ma esso eh ’ altra volta mi sovvenne
Ad alio , forte , tosto di io montai ,
Con le braccia ni avvinse , e mi so-
stenne. D.
2. Ristetti, e vidi duo mostrar gran fretta
Deli animo , col viso , d’ esser meco. D.
Trovandosi una o più parole , per tra-
sposizione , fuori del luogo che lor de-
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29 1
stina l’ ordine della costruzione diretta ,
come nel primo esempio , forte , che star
dovrebbe dopo m’ avvinse j e col viso nel
secondo , die alluogar dovrebbesi dopo
mostrar , hanno ad essere fra due virgole
per evitar un contro-senso a colui che
legge.
7 -
1. Chc 9 come noi venimmo al guasto
ponte ,
Lo duca a me si volse , ec. D.
2. Ma i' noi credo già , io (no/ credo
già ), e metterei la testa , che non
ne sarà nulla. Firenzuola.
Ogni elemento d’una proposizione ellit-
tica , come nel primo esempio che 9 ele-
mento di io dico questo per che , e io ,
del secondo esemplo , alluogato al comin-
ciamento d’una frase , debb’esser separato
da ciò che segue per mezzo d’ una vir-
gola ; ma , posto nel corpo d’ una frase ,
hassi a metter tra due virgole.
*
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2Q2
8 .
La virtù , V onore , sono i miei numi.
Sp contenga il periodo due soli termini
omologi , deonsi segnar le pose con la vir-
gola , quantunque volte noi siano da una
delle congiunzioni e , ne , o.
La ragione del virgolar sì fattamente le
soprascritte parole si è , eh’ esse sono un
abbreviamento delle seguenti : la virtù è
il mio nume } V onore è il mio nume.
9 -
Le passioni , che sono le malattie del-
V anima , emergono dalla nostra sol -
levaziojie conira la ragione.
Le proposizioni incidenti , tali che ,
spiccate dal corpo del periodo , non ven-
ga però guasto il sentimento della propo-
sizione principale , deonsi por fra due vir-
gole.
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IO.
293
Il saggio , disse Socrate , è ? ec.
Le sentenze interposte deonsi notar con
la virgola , perché chi legge possa fermarsi
dove si conviene.
Del punto e virgola (;).
Poi s ' appiccdr , come di calda cera
Fossero stati , e mischidr lor colore }
JSè l'un nè V altro già parea quel oliera. D.
Notasi con questo segno il secondo grado
delle pose , e debbesi adoperare quando
il periodo contenga più parli subalternate
o vero inferiori.
Dei due punti (:).
. . . . Un de' neri cherubini
Gli disse : noi portar ? non mi far torto. D.
Il terzo grado delle pose notasi coi due
punti , il che avviene : Primamente ? quan-
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2 94
d* uno riferisce nel discorso le sentenze
d’ altro autore. Secondariamente , allorché
un periodo contiene due grandi distinzio-
ni , l’una o l’altra delle quali o amendue
divise sieno in più parti graduali e subor-
dinate , deonsi notar coi due punti le di-
stinzioni maggiori.
Del punto (.).
È uficio e proprietà di questo segno
d’ accennar ove l’ intero collegamento dei
capi , e giri e membri dei periodo , per
cessar l’attrazione delle parti, s’appunta.
È questa la regola del puntare ed è su-
perfluo darne gli esempli.
Del punto interrogativo (?).
E se non piangi , di che pianger suoli ?
Questo segno alluogasi alla fine delle
proposizioni interrogative. Arrogete a ciò,
che talora l’ ammirazione s’ adombra nel
discorso sotto forma interrogativa , sicco-
me nella proposizione che vegg' io !
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Del punto ammirativo (!).
Quanti dolci pensier , quanto disio
Menò costoro al doloroso passo ! D.
Il punto ammirativo ponsi alla line delle
frasi sclamative.
De 1 punti suspensivi (....)•
Pure a noi converrà vincer la punga ,
Cominciò ei $ se non ... tal ne s’ offerse.
Oh quanto tarda a me eh' altri qui
giunga ! D.
S’è introdotto nella scrittura questo nuo-
vo segno affiti d’ accennar per esso il su-
bitano interrompimento d’un concetto, da
contrario pensamento rintuzzato } il che
incontra quando P animo passionato di chi
parla o scrive viene quasi ad un’ ora da
più diversi affetti assalito , come
mar per tempesta ,
Se da contrari venti è combattuto. D.
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CAPITOLO XVII.
Dei segni durevoli delle nostre idee r
ed in ispezialilà della scrittura
propriamente detta.
Giovanetti , pria eh’ io facessi fine a
questa mia grammatica, ben vi ricorda che
l’ analisi da noi ragionata degli elementi
della proposizione, è applicabile a tutti i
linguaggi possibili , di qualunque spezie
essi sieno. Richiamate alla vostra memoria
il principio ch’ogni sistema di segni è un
discorso. Per seguenza il discorso è sem-
pre la rappresentazione più o men perfetta
de’ nostri pensamenti. Or, ogni nostro pen-
siero non consistendo che a sentire e a giu-
dicare , ogni discorso debb’ esser composto
di proposizioni j queste proposizioni , di
soggetti e di attributi \ questi soggetti e
questi attributi d’idee principali e di com-
plimenti } e’, per conseguenza, è di mestieri
che ravvisiamo in tutt’i linguaggi possibili,
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297
qualche cosa cTanalogo agli elementi della
proposizione e a’mezzi di sintassi ch’abbiam
nel carso di quest’ opera ragionati.
Se tutte siffatte parti sono più sviluppa-
te , e se tutte le lor insensibili gradazioni
son meglio distinte nel linguaggio artico-
lato che in ogn’ altro, ciò avviene perchè *
per diverse cagioni , i suoni della voce so-
no , di tutti i nostri segni naturali , i più
comodi e i più perfettibili, e, per tai mo-
tivi , sono stati i più adoperati ed i più
perfezionati.
Tutti i segni naturali delle nostre idee
son momentanei. Ogni uomo parla natu-
ralmente il linguaggio d’ azione. Questo
linguaggio è indiritto atre sensi, il tatto r
la vista .e l’udito j epperò esso è compo-
sto di tre spezie di segni , di toccamenli y
di gesti e di suoni. Ma gli uomini non,
bau potuto servirsi lunga pezza di siffatti
segni senza desiderare di renderli durabi-
li , e comunicar le lor idee, non già im-
mediatamente e in modo assai ratto , ma
per serbarne l’ espressione a tempi ed a
generazioni a venire, e trasmetterla a di-
stanze lontane.
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Un tal motivo gli ha da prima indotti
ad eriger monumenti , a cacciar chiodi
dentro alle mura , come i Romani ; ad
annodar cordelle , come i Peruviani $ a
forar alberi in un certo modo , o piantar-
ne di nuovi , come praticano alcuni sel-
vaggi j poscia gli ha guidali a imaginar pit-
ture , scolpiture , intagli , progetti ed or-
diti d’ogni specie per eternare , almeno in
massa , la rimembranza d’ uomini , d’ av-
venimenti , di fatti , di luoghi , o di sen-
timenti che preservar voleano da un totale
oblìo. Io non fo qui motto di questi di-
versi generi di segni , nè di quelli inven-
tati in sèguito , e che sono esclusivamente
propri all’ aritmetica, all’algebra, alla chi-
mica, all’astronomìa ed a diverse altre scien-
ze. Accennerò solo rapidamente di quali
spedienti abbia 1’ universale potuto avvi-
sarsi per render durevole la serie completa
dei segni delle loro idee 5 e quantunque
le lingue usuali degli uomini sien sempre
state lingue vocali , esaminiamo successi-
vamente le tre ipotesi in cui sarebber elle
derivate da uno de’ tre rami dilferenti del
linguaggio di natura , i gesti ,• il tatto e
le grida.
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299
Se la lingua usuale degli uomini fosse
stata composta di gesti , non avrebber egli-
no potuto convertirla in segni permanenti
se non imaginando una serie di ligure de-
lineate sur una materia qualunque j fissan-
do tra esse le medesime derivazioni , le
stesse analogìe , e forme di composizione
e decomposizione analoghe a quelle dei
gesti , e riconoscendovi i medesimi ele-
menti del discorso e le leggi medesime di
coordinazione o di sintassi.
Una tal lingua sarebbe totalmente arti-
liciale , e nota solo a chi la detta o la
spiega.
Sarebbe avvenuto lo stesso se la lingua
d’ usanza fosse stala composta di tocca-
menti di convenzione. Per renderli fissi e
permanenti , sarebbe di mestieri rappresen-
tarli del paro per mezzo d’ una serie di
figure abbozzate.
Le lingue composte di suoni erano su-
scettibili dei medesimo mezzo, di legare,
cioè , ad una figura disegnata , ciascuna
delle idee rappresentate da ciascuna parola
della lingua parlata. Quindi è di mestieri ,
come nelle due prime supposizioni , creare
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3oo
tante figure quanti segni differenti sono
nella lingua usuale , ed osservarvi le me-
desime analogìe e’1 medesim’ ordine di com-
posizione } sono due lingue parallele e cor-
rispondenti.
Tal è la maniera usitata dagli antichi
Egizi , dai Cinesi , dai Giapponesi , e ge-
neralmente da tutti i popoli che servonsi
delle figure che chiamiamo geroglifiche o
simboliche , e di quelle che ne derivano j
in una paiola, da tutti gli uomini ch’han-
no una lingua parlata ed una lingua pinta.
Iddio , eh’ avea destinalo 1* uomo a vi-
ver in società , ha preparato in lui 1’ or-
gano della parola, per esser lo strumento
della comunicazione dei pensieri. Per mez-
zo della flessibilità prodigiosa delle parti
di quest’ organo , gli uomini son capaci di
pronunziar una certa quantità di suoni sem-
plici , di collegarli rapidissimamente per
formarne di composti , e di combinar gli
uni e gli altri in tante maniere , che la
fecondità medesima dello spirito umano ,
per infinita eh’ ella esser paia , non sem-
bra poter esaurire i mezzi e gli espedienti
tutti dell’ organo medesimo.
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3oi
La comunicazione dei pensieri" per mez-
zo della scrittura non è meno ammirabile
di quella che fassi per mezzo della parola.
Dopo molte meditazioni e moltiplici pro-
ve , disgustato delle difficoltà , degli equivo-
ci , delle oscurità , dei limiti troppo angu-
sti della scrittura geroglifica , F inventore
della scrittura letterale avvisossi del nu-
mero assai scarso dei suoni elementari , e
comprese che rappresentandoli per mezzo
di altrettanti caratteri distinti , potrebber
questi combinarsi come i suoni cui rap-
presentano : ciò che costituisce in effetto
F arte ingegnosa di pigner la parola e di
parlare agli occhi j arte maravigliosa che
fissa per sempre la parola e’1 pensiero da
quella espresso , che invia F una e F altro
agli assenti , che li fa passare alla poste-
rità più rimota , e pel cui mezzo , la di-
stanza dei tempi svanisce , i luoghi si toc-
cano , formausi dei legami tra tutti i punti
abitati dello spazio e della durata , e tutti
gli esseri viventi e pensanti che occupan
la superficie del globo , tra lor s’ intrat-
tengono.
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3oa
La nostra scrittura europea , derivata
dagli alfabeti greco e romano, quantunque
non sia pienamente perfetta, eli’ è, fino
ad ora , ciò che gli uomini hanno ideato
di meglio in questo genere. Ma per ben
giudicarne , fa d’ uopo , o giovanetti , at-
tentamente esaminare la parola medesima,
di cui la scrittura è il tipo , ed esserne
debbo la rappresentazion fedele per esser
perfetta.
I gramatici anco i più scrupolosi in ana-
lisi , dicono che le voci , rappresentate dalle
vocali , sono una spezie di suoni , e che
le articolazioni , rappresentate dalle conso-
nanti , sono un’ altra specie di suoni j co-
me se potesse esservi nella natura un’ ar-
ticolazione senza voce ed una voce senza
articolazione.
Fatto questo primo passo falso , com-
messo questo primo errore, impossibil cosa
ella è stata per loro , veder con chiarità
come una scrittura corrisponda alla paro-
la } quando un carattere sia realmente al-
fabetico o veramente sillabico, e che cosa
sia una sillaba: e non han potuto distin-
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3o3
guere con nettezza tutt’ i differenti suoni
che compongon il discorso e che succe-
donsi con tanta rapidità nella pronunzia.
Quest’ errore fondamentale consiste nel
fallo dond’ emerge ogni error filosòfico ,
e , aggiunger si potrebbe , lutti gli altri in
genere , cioè consiste a prender un’ astra-
zione per una realtà, a personificare un’idea
astratta , a credere eh’ una qualità ch’os-
serviamo in un subbietto sia un esser reale
e fisico come il soggetto cui appartiene.
Le voci e le articolazioni non son mica
suoni , ma qualitadi inerenti ai suoni $ e
nessun suono reale puot’ essere scevro nè
deli’ una nè dell’ altra.
Ogni linguaggio vocale è composto di pa-
role. Queste son composte di suoni che
succedonsi. Ciascun di questi suoni è un
effetto fisico prodotto dall’ organo vocale
sull’organo auditorio. Esso risulta dall’e-
missione d’una certa quantità d’aria ch’esce
fuor della gola , mentre il sistema intero
dell’ organo vocale è disposto d’ una certa
maniera. Quando questa disposizione del-
l’organo cangia in tutto o in parte, in un
modo o in un altro , non vietisi a produr
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3o4
più lo stesso effetto j più non continuasi
il medesimo suono j gliene succede un al-
tro. Ciascun suono, ciascuna emission d’a-
ria realmente da un’ altra distinta 9 real-
mente da essa differente per qual si sia cir-
costanza , forma una sillaba naturale o fi-
sica. Queste sillabe naturali o fisiche son
sempre separate l’ una dall’ altra per un
movimento qualunque nell’organo, per un
cangiamento nella sua disposizione , che
interrompe 1’ emissione dell’ aria , o sola-
mente la modifica. Se queste sillabe natu-
rali o fisiche non sono esattamente le stesse
che quelle conosciute e confessate dalle
grammatiche , dalle rettoriehe e poetiche
delle differenti lingue , e che appellar pos-
sonsi sillabe convenzionali od artificiali ,
la ragione ne è che le prime (o i suoni
reali ) non son sempre facili a distinguere
e molte di queste sillabe fisiche s’uniscono
o si confondono facilmente con quella che
le segue o le precede , perchè esse sono
o brevissime od assai sorde, o perchè il
movimento organico che le separa è assai
poco sensibile. Di quivi proviene che se
ne sono sovente riunite parecchie insieme
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3o5
senza accorgersene ; e che le sillabe con-
venzionali variano nei diversi idiomi e nelle
differenti epoche d’ una medesima lingua ,
mentre le sillabe naturali sono e saranno
eternamente le stesse in tutte le lingue.
In ciascuna di queste emissioni d’aria,
in ciascuno di questi suoni , havvi più cose
ad osservare , cioè , la voce , la durata ,
il tuono , il suono , e V articolazione.
Chiamasi voce quella circostanza del suo-
no la quale fa eh’ esso sia un’ a od un i
anzi che un o od un u.
Nella scrittura alfabetica, la voce è no-
tata con caratteri chiamati vocali.
La durata è quella circostanza del suo-
no la qual fa eh’ egli sia lungo o breve.
Ella è espressa nella scrittura con note
chiamate segni di quantità.
Queste differenze di durata costituiscon
la misura e la cadenza del discorso.
Il tuono è ciò che fa eh’ un suono sia
acuto o grave. Egli è espresso nella scrit-
tura con segni chiamati accenti , e questi
soli meritan veramente il nome d’accento ,
accenlus , che deriva da ad cantum.
Il suono è quella circostanza la qual fa
ao
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3o6
che distinguiamo la voce d’ un uomo da
quella d’ un altro , avvegnaché pronunzino
tutti e due la medesima voce con la stessa
forza , con la stessa articolazione e col tuo-
no medesimo ; del pari eh’ in un suono
musicale avvertiamo eh’ esso è prodotto da
due strumenti di differente spezie o v,ero
da due strumenti differenti della medesi-
ma spezie , comechè sien perfettamente al-
1’ unisono e tutte le altre circostanze pa-
ian esattamente le stesse.
L ’ articolazione è una modificazione del
suono , la quale non ne è nè la voce nè il
tuono , eli’ è propriamente la maniera on-
de il suono comincia a toccarci. Essa ser-
ve a separare un suono da quello che lo
precede , anzi che a legarli tra loro. Sic-
come non havvi suono senza voce o sen-
za tuono , così senz’ articolazione.
Ciò che abbiam detto, rende completa
1’ analisi dei suoni che compongono il lin-
guaggio vocale. Un tal esame era neces-
sario pur troppo per farci un’ idea giusta
dell’articolazione, della voce, del tuono,
e della durata del suonò. Siccome la fi-
gura, la grandezza, la gravità d’ un corpo
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3o7
non posson avere luogo senza di esso , del
paro che questo corpo non puot’ esistere
senz’ esser grande , -figurato , pesante d’una
certa maniera e a un certo grado , così
ogni suono vocale va necessariamente di
quelle qualitadi adorno. ,
Non evvi dunque alcun suono che deb-
b’ esser chiamato piuttosto un! articolazio-
ne od una voce , anzi che un tuono od una
durata.
Quando scriviamo un’ a sola e la pro-
nunziamo , noi suppliamo 1’ articolazione ,
il tuono e la durata che* non son rappre-
sentati.
Quando pronunziamo un p od un b i-
solati , sovveniamo al difetto della voce ,
del tuono e della durazione.
Le lettere dell’Alfabeto italiano sono ven-
tuna , A , B , C , Z), E , E, G , H ,
7, L , M , 2V, O, P, Q, R, S , T,
u, v, z.
Le quali si pronunziano toscanamente in
questo modo :
a , bi , ci , di , e , effe , g* , acca , i ,
e/Ze, emme , e/me, o , pi , qu v erre ,
*e , u , w’j zeto.
3o8
Dei Verbi Irregolari.
Prima Declinazione .
' In ogni declinazione hacci dei verbi che
nelle lor desinenze allontanansi dalie-regole
della medesima.
La prima declinazione non ha che quat-
tro verbi irregolari: andare , dare, fare,
stai % e. Noteransi per noi in ciascun tempo
solamente le voci irregolari.
Andare. Andando. Andato. Vo o vado ,
vai , va , andiamo , andate , vanno. An-
dava , ec. Andai , ec. , e non andiedi , ec.
Andrò , ec. Andrei , ec. vada , an-
diamo, andate, vadano. Che io vada , ec.
CAe io andassi , ec.
Dare. Dando. Dato. Do, dai, dà , dia-
mo , date , danno. Dava , ec. Diedi o
detti , ctayh , diede o diè o dette , demmo ,
deste , diedero o dettero. Darò , ec. Da -
rei , ec. Dà , dia , diamo , date , dìeno o
diano. Che dessi, ec . , e non dossi, ec.
Fare. Facendo. Fatto. Fo o faccio,
fai > fa > facciamo , fate , fanno. Face-
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3o9
va , ec. J Feci , facesti , fece , facemmo , *
faceste, fecero. Farò , ec. Farei, ec. Fa,
faccia , facciamo , fate , facciano. Che
faccia , ec. Che facessi , ec*
Stare. Stando. Stato. Sto , stai , sta 9
stiamo , state , stanno. Stava, ec. Stetti ,
e non stiedi , ec. stesti , stette , stemmo 9
steste, stettero. Starò, ec. Sta, stia, stia-
mo , state, stieno o stiano. Che stia, ec.
Che stessi , ec. , e non già slassi , ec.
Seconda Declinazione.
Partiamo questi verbi in due classi , di
cui la prima comprende quelli ch’han T ac-
cento tonico sull’ antipenultima vocale } e
la seconda quei ch’han quest accento sulla
penultima.
I verbi della prima classe non hanno
d’ irregolare che il perfetto assoluto e ’I
participio passato , o pure l’ uno o l’altro
solamente , tranne i verbi che seguono e
i lor composti : bdttere , cdpere , crede-
re , empiere , ésigere , fèndere , frèmere ,
gémere , miètere, méscere , pàscere, pèn-
dere, prescindere, ricévere, resistere, ri-
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3io
flèttere , ripètere , scèrnere , sólvere , span-
dere , splèndere , sprèmere , stridere , ìmc-
cùmbere , sùggere , fóndere , véndere .
Quelli della seconda classe hanno altre
irregolarità, salvo persuadere e solere che
hanno irregolari persuasi , ec. , persuaso e
sòlito.
Verbi della prima Classe.
np a
lor
cere ,
tòr
«
tòrto.
Ucci
e/ere ,
ucci
ucciso ( 1 ).
Accór
gere,
accòr
5 /
accòrto (a).
Fri
g&re ,
fri
fritto .
Có
gliere ,
cò
còllo.
Distin
gi/ere ,
distin
«
distinto.
M
e//ere ,
m
messo (3).
Pr
émere ,
pr
èssi
prèsso.
Espr
intere ,
espr
èssi
esprèsso (4)-
Acce
ndere ,
acce
si
acceso (5).
(i) Cedere ; cèssi o cedetti ; cesso o ceduto.
(a) Dirigere ; essi , etto. Esigere ; eì , esatto.
Cingere -, insi, into. Negligere ; èf« ; étto.
{ò) Flettere ; Jlcssi, Jlesso.
(4) Espellere ; , a/jo.
(5) Fóndere : , yùjo.
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3 1 1
Ass ólvere, ass òlsi assòlto (i).
Corr ómpere , corr appi corrotto .
' Cór rere , cor si corso.
Cono scere 9 cono bbi conosciuto.
Discu tere , discu ssi discusso.
Pres umere pres unsi presunto.
C uocere , c òssi còtto (2)*
Pere uotere , pere òssi percosso.
Comm uovere , comm ossi commòsso.
Vi vere , vi ssi vissuto.
Nàscere , fa nacqui , nato j e piòvere ,
piovve , piovuto.
Verbi della seconda classe.
Condurre , sincope di Conducere .
Conducendo. Condotto. Conduco. Con -
duceva. Condussi. Condurrò. Condurrei.
Conduci f conduca. Che conducessi.
(1) Dicesi pur assoluto. Sólvere: et o etti ; utos
Involgere : invòlto.
(2) Nuocere: nàcqui, nociuto.
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312
Severe , per contrazione Bere.
Beendo o bevendo. Beo o bevo , ec.
Beeva o beveva. Bevvi bevei o bevetti , la
prima forma è più usitata. Berò o beverò.
Cadere .
Cadendo. Caduto. Cado o caggio.
Caddi. Son caduto. Caderò j e cadrò ,
solo nel verso.
Chiedere.
Chiedendo. Chiesto. Chiedo o chieg-
go , chiedono o chieggono. Chiesi 9 Chie-
da o chieggo.
Dire , sincope di Dicere.
Dicendo. Detto. Dico , dici o di ' ,
ce, diciamo , dite , dicono. Dissi .
D/’ , cùca. CAe dicessi.
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Dolere (si).
3 1 3
Dolendosi. Dolutosi. Mi dòlgo o dò-
glio , ti duoli , si duole , ci dogliamo ,
vi dolete , si dolgono , o dogliono. Mi
dolsi. Mi son doluto. Mi dorrò. Duoliti,
dò! gasi, o dógliasi , dogliamoci , dolete-
vi ) dólgansi o dógliansi.
Dovere.
Dovendo. Dovuto. Debbo o deggio ,
devi o dèi , deve, dèe o dèbbe , dobbia-
mo , ec. Dovei o dovetti , ec. Dovrò. Che
debba , ec.
Nuocere.
Nocendo. Nociuto. Nuoco o néccio ,
nuoci j nuoce , nocciamo , nocete , ec. No-
ceva. Nócqui. Nocerò. Nuoci , nuoccia o
néccia.
Parere.
Parendo. Paruto o parso. Paio , pari ,
pare , paiamo , parete , paiono. Parvi.
**
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3i4
Parrò. Pari, paia, paiamo , parete , pa-
iano.
Piacere.
Piacendo. Piaciuto. Piaccio, piaci, ec.
Piacqui. Piacerò. Piaci, piaccia , ec. De-
clinate allo stesso modo giacere.
Porre , sincopato di Ponere ►
Ponendo. Posto. Pongo , poni , pone ,
poniamo , ponete , pongono. Posi. Porro.
Poni , ponga.
Potere.
Potendo. Potuto. Posso , puoi , può ,
possiamo, potete, póssono. Potei. Potrò .
Che possa , ec.
Rimanere.
Rimanendo. Rimaso o rimasto. Rimare -
go , rimani, rimane, rimaniamo , non ri-
mangliiamo nè rimagnamo j rimanete , ec.
Rimasi. Rimarrò. Rimani, rimanga , ec
Sapere .
3i5
Sapendo. Saputo. So , sai , sa , sa/7-
piamo , sapete , sanno. Seppi. Saprò. Sap-
pi , sappia , ec.
Scégliere , per sincope Scerre.
Scegliendo. Scelto. Scelgo o sceglio , ec.
Scelsi. Sceglierò. Scegli , scelga , o sce-
glia.
Sedere.
Sedendo. Seduto. Siedo o seggo , sie-
rfi, siede i sediamo o seggiamo , sedete
seggono o siedono. Sederò j fee?rò nel ver-
so. Siedi, segga o sieda , sediamo o seg-
hiamo , sedete , seggano o siedano.
Svellere e per sincope Sverre.
Svellendo. Svelto. Svelgo o svelto , sce/-
// , svelle o sveglie , sveltiamo , sveltele ,
svelgono. Svelsi. Ho svelto. Sverrò. Svel-
tii svelga , sveltiamo , svellete , svelgano.
CK io svelga , che noi sveltiamo , ec.
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3 1 G
Tacere.
Tacendo. Taciuto. Taccio , ec. Tac-
ciamo , tacciono, l'acqui , ec. Taci, tac-
eia y ec.
Tenere.
Tenendo. Tenuto. Tengo , f/em , tiene ,
teniamo , ec. Tenni , ec. Terrò, ec. Ter-
rei, ec. Tieni , tenga, ec.
Togliere o Torre.
Togliendo. Tolto. Tóglio o tòlgo, to-
gli, toglie , ec. Tolsi* ec. Toglierò o for-
rò, ec. Toglierei o torrei. Togli, toglia
o /o/gtf , ec.
Traere o Trarre.
Traendo. Tratto. Traggo , trai, trae,
traiamo o traggiamo , traete , traggono.
Trassi, ec. Tranò, ec. Trai, tragga, ec.
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3i7
Valere.
Valendo. Valuto. Valgo o vaglio, va-
li 9 vale , vagliamo , ec. Valsi , ec. Var-
rò , Vali , va/ga o vaglia 9 ec.
Vedere.
Vedendo. Veduto. Vedo, veggo , veg-
gio, ec. vediamo o veggiamo , ec. Vidi ,
e non , ec. Vedrò , ec. J'Wt , ve-
da, vegga o veggia.
Volere.
Volendo . Voluto. Vàglio ovo*, vuoi ,
vuo/e o vo’, vogliamo , volete , vogliono , e
nel verso vonno. Volli , ec. Vorrò , ec.
Che voglia , ec.
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3i8
Verbi Irregolari
Della Terza Declinazione.
Tutti questi verbi declinansi come il ver-
bo unire , il quale non è irregolare se noa
al presente assoluto dell’indicativo, a quello
dell’ imperativo e del soggiuntivo , ove la
prima e la seconda del plurale son regolari.
1. ° Unisco , unisci , unisce , uni- j
scono.
2 . ° Unisci , unisca , — —* uniscano.
3. ° Che unisca , che unisca o unischi ,
unisca , cAe uniscano.
Il verbo apparire , ha le doppie forme,
apparisce o appare , appariscono od cp-
paiono. ' *
• ' I verbi aprire , coprire , scoprire , han
le doppie forme apri* e apersi , ec.
Havvi di quei verbi che , al presente
assoluto dell’ indicativo , all’ imperativo ed '
al presente del soggiuntivo , han due for-
me, tali che abhorrire , che fa abbonisco
od abborro , ec. 1/ uso e ’l dizionario fa-
ranno istrutti di siffatte differenze gli stu-
diosi.
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3i9
Verbi della, stessa declinazione ,
Degni di nota per irregolarità particolari.
Morire.
Morendo. Morto. Muoio , muori , muo-
re , moiamo , morite , muoiono. Morii ,
e non morsi , ec. Morrò , ec. Muori , /Muo-
ia , ec.
Salire .
Salendo. Salito. Salgo , , ec. <Sa-
gliamo , ec. »Sa/i , .saiga , ec.
- Seguire.
Seguendo. Seguito. Seguo o sieguo , ec.
Segui , segua , ec.
XJdire.
Udendo. Udito. Odo , ec. Udiamo ,
udite , odono. Udiva , ec. Udii, ec. Z7-
rftrò , ec. Ofifr , udiamo , udite , odano .
Udissi, ec.
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320
Uscire.
Uscendo. Uscito. Esco , esci , esce ,
usciamo , uscite, escono. CK io esca , ec.
C/f’ io uscissi , ec.
Venire .
Venendo. Venuto. Vengo , vieni, vie-
ne , veniamo , venite , vengono. Venni ,
ec. Verrò , ec. Vieni, veniamo o ve gno-
mo , ec.
Verbi Difettivi.
Qui farassi per noi da ultimo una spo-
sizione di alcuni verbi i quali , per patir
difetto di molte voci nella lor declinazio-
ne , addimandansi difettivi. Saran da noi
soltanto notate le forme che sono in usanza.
Arrogere che vale Aggiugnere. Arro-
ge , egli arrogeva j atro se , arrosero , ar-
roto , arrogendo.
Calere, che significa esser a cuore. Co-
luto. Cale ; calea $ colse j caglia j cales-
se 5 correbbe.
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321
Folcire che vale quanto reggere , pun-
tellare. Folce $ folcisse.
Gire che dinota andare. Gito $ gite -,
giva o già , givi , giva o già , givamo ,
givate, givano o giano\ gisti , gi o gio ,
gimmo , giste , girono ; girò , gzraz , gz-
rà , giremo , gzre/e , giranno 5 gira , ec.
gissi, ec.
Ire vale quanto gzre , ambedue poco ia
usanza in prosa, ito j ite } iva ; zVzzwo j
/remo , zrete.
Licere o lecere che suona quanto esser
lecito o convenevole . Z^'ce o lece.
Lucere nel sentimento di risplendere ,
soffre difetto nella prima persona del pre-
sente assoluto dell’ indicativo 5 dell’intero
passato assoluto primo j di tutte le forme
composte , perchè mancante del participio
passato.
Mólcere che suona addolcire, ha molce
e molcea.
Olire nel senso di render odore , ha
oliva , olivi , olivano j olente.
Redire o riedere che vai ritornare , ha
riedi , riede , riedono.
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322
Solere. Questo verbo significa esser sò-
lito , aver per costume . Solendo j solito ,
soglio , suoli o suo ’ , suole , sogliamo ,
solete , sogliono. Fui solito , ec. Soleva ,
ec. CAe soglia , ec. C7*e solessi , ec.
E qui ci aggrada di far fine al nostro
ragionare, lasciando il rimanente alla cura
particolare , al buono avviso dei maestri
filosofi , al giudicio e alla direzion loro ,
nè siavi , spero , chi appuntar osi i caddi
prieghi che fommi a dar loro , cioè che vol-
ger facessero ai loro allievi nocturna et
diurna manu le più terse scritture dell’au-
reo secolo dell’ Alighieri , del Cavalca e
del Passavanti , nelle quali apparar potes-
sero e la soave e spontanea movenza de’pe-
riodi e la forbitezza dello stile e la pu-
rezza del dettato e la semplicitade e leg-
giadrìa.
ERRORI INCORSI IN POCHI ESEMPLARI.
Alla pagina 80 verso i 3 dopo la voce — parola — ag-
giungi — che non comincia.
ERRORI. CORREZIONI.
Pag. 71 v. 16 Ciovanasiro Giovanastro.
/
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INDICE
DELLE MATERIE.
Epistola Dedicatoria p. 3
Prefazione 5
Cap. I. Analisi del Discorso . . i5
Cap. II. Decomposizione della
proposizione nei suoi
, elementi |8
Cap. III. Della divisione delle pro-
- posizioni 26
Cap. IV. Degli elementi della pro-
posizione - . . TV. 35
Cap. V. Delle interiezioni . V 37
Cap. VI. Dei nomi e dei pronomi .
Cap. VII. Dei verbi e dei participi ♦ 88
Cap. Vili. Degli aggettivi o modi-
ficativi 122
Cap. IX. Delle preposizioni . . . 1^9
Cap. X. Degli avverbi 19^
Cap. XI. Delle congiunzioni o in-
teriezioni congiuntive. 227
Càp. XTT . Della sintassi 248
Gap. XIII. Della maniera cT espri •
mere differenti rappor-
ti che i Greci ed i Lar
tini disegnavano per
mezzo dei casi . . . 257
Càp. XIV. P aradigmi d' analisi nel-
le frasi si dorme, si
mangia , si loda , e si-
mili 263
Cap. XV. Del ripieno 270
Gap. XVI. DelV accento grammati-
cale . .. 276
Cap. XVII. Dei segni durevoli delle
nostre idee , ed inispe -
zialità della scrittura
propriamente detta , , 296
a&s 'c, 8
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