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G>sta non è P opera 9 siccome sa];»enteniente ne scrìsse
il PertJcari ^ di un meschino retore > ma di un grave
filosofo y essendoché i precetti , che egli porge suil»
elocuzione ^ li desume daHa natura e dalle leggi iu*
fallibili , universali deir intelletto e del cuore umano.
Ecco pertanto V orditura e la disposizione dello,
materie , che riguardano alla Elocuzione , e formano
r eccellente Trattato di Paolo Gula.
Primamente ei pone a debito principalissimo di:
chi scrive il rendere chiara e coavenerolmente orna-
ta r elocuzione. Rispetto alla ehiarezza afterma pnK
cedere essa da ^ue cose: ^kdla qmdiià delle parole ,
che si adoperano 9 e dalla collocaikme loro* Reputa pa*
role aoconce a fare perfettamente V ufficia ioro quel-
le , che sono ben determinate , ciò è appi'opriate a
ciascuna idea singolare , di maniera che non possano^
a Tcrun- altra appartenere ; e di ciò arreca oppor*
tuni e validi esempi. Per la quale proprietà di vo»
eaboli egli prescrive T osservanza di queste tre cose:
saper ben dividere le idee fino ai primi lor» dementi :
oonosoere al possiòHe i' etimologia , ossia la derimizione
delle voci : rendersi famigliari le opere degli antichi
scrittori. Avverte che perfelli sinonomi in nessun i*
dioma si trovano , perciocché la più parte di questi
diiferiscono tra loro neH^ aumento o difetto di qual*
che idea accessoria , o almen che sia , difleiiscono per
la virtù che hanno di risvegliare nella mente alcun*
altea idea più o men nobile , o per cagione del suo-
no nobile o rimesso , ovvero per cagione dell^ uso
che di questo o quel vocabolo é fatto in umile o in
illustre componimento. Bandisce da qualsiasi dettalo
le parole antiquate , e dal consenso universale degli
scrittori abolite : giudica improprie tutte le voci de*
particolari dialetti e le forastiere, non ancora fiitte
nostrali dall* uso de* migliori scrittori.
Poscia facendosi a ragionare delP accoppiamento
delle parole, pel quale si ottiene la cUàrtiaLa y mette
iwiauà questo T^t'o; che (^i giudieio espresso eoa
4t
parole dicesì proposizione , e che molte di queste com*
ponendo il ragionamento , ve ne ba taluna che Tiene
modificata dalle altre. £ siccome quella, che è mo-
dificata, chiamasi principale y subcdteme le altre ^ cosi
la principale proposizione debbe fra le subaltei'ne
primeggiare: dal che seguita essera da cansare la
frequenza di queste 9 perchè ove soverchie tornasse*
ro , saprebbono indebolire la principale , anziché rai?
forzarla, secondo che porta T ufficio loro. Intorno a
queste proposizioni subalterne egli avverte che esse
distinguonsi in espresse ed in implicite 9 dando per et
spresse cpielle, che tulle appalesano le parti loro,
come — r uomo è ragionevole; e per implicite quelle,
die contengono giudizi significati . dagli aggiunti, da
sostantivi con proposizioni, o dagli avv verbi, come
a dire -— /' uomo giusto è lodato — • Piiade amò Ore*,
ste con fede — - i Romani amarono grandemente la po',
tria. £ quanto alle proposizioni implicite, le quali
servono a manifestare que* giudizi , che V umano in*
Mletto suòle formare per abito rapidamente , il G>sta
assenna gli studiosi , «he in luogo di esse non voglia*
no usare le espresse, onde non .4 ritardi T intelli^.
genza del lettera o deir ascoltante. Non assegna re*
gola speciale per la collocazione di esse proposizioni
subalterne , per questo che , essendo destinate a de*
Dotare alcuna qualità delle idee significate 0. da so*
slantivi , o dà^ verbi o da^ participii , mostrano da sé
a quale delle parti del discorso debbono appartene-
re ; e per ciò importa collocarle in luogo tale , che
mai non nasca dubbio se sieno poste a modificara
meglio r uno che V altro o verbo , o participio , ^
sostantivo. Raccomanda ai giovani eviuire T equiv<^
cazioni , rispetto specialmente alla prima e terza voce
deir imperfetto dell' indicativo , che hanno simile de-
sinenza : £a veduto che nelle naiTazioni in particolare
mette bene distinguere le persone e le cose , di cui
si parla , ripetendo talvolta i nomi loro per non con*
fondere V una coir altra. Soggiunge che a fuggii'e
42
peiplessìtà nel Jiscorso fa mestieri guardarsi dall' li-
bare il possessiro suo e suoi in Tcce del relativo lei,
lui e loro ; che le particelle copulatire , avrersatiTe 9
illative , e somiglianti Tagliono assai a chiarire il con-
testo del ragionamento; imperciocché col mezzo loro-
non è costretto il lettore a passare di salto da una
proposizione all' altra senza poter scorgere agerolmente
le attinenze loro.
Dopo parlato della Chiarevta , passa il G>sla a dire
MlV Ommienlo y che consiste nell' esporre leggiadra-
mente e conreneTolmente ogni generazione di cose.
Intorno a che avverte che la bellezza del discorso
^ingenera tu gran parte dalla proprietà de' vocaòoU y
fr {ìalV ordinata composizione loro; essendo che "pt^
tali condizioni esso discorso venga di leggierì inteso
da chi r ascolta , che è quanto a dire , con qualche
aorta dì diletto. Ma tosto soggiunge che non basta es-
aere intesi senza fatica per guadagnarci V animo al-
trui ; liensi fa mestieri favellare distinti , copiosi ,
splendidi, armoniosi congiungendo queste qualità, che.
costituiscono V ornamento col decoro.
Circa poi le parti, di che T ornamento si compo-
ne , il Costa produce in mezzo primieramente quelle^
voci , che per cagione del loro suono hanno simi*
glianza colla cosa significata , o quelle che n' espri-
mono qualche particolare qualità; però che si fatte
voci riescono molto leggiadre ed efficaci, siccome 6e*
lato 9 ruggito y soffio, nitrito, boato, rimbombo, tonfo
e altre molte, le quali furono per alcuno dette ter'-
mini figure. Co' termini propri e co' termini figure
mette V autore in una schiera le parole nobili , sk
Teramente che sieno convenevolmente poste in uso^
osservando in proposito che alcune voci, le quali si-
gnificano cose vili o laide , pur nondimeno sono te-
nute per nobilissime; altre x)er lo contrario, che no-
bili cose significano non sarebbono lodate in grave
componimento. £ delle une e delle altre adduce op-
portuni esempì seguitando in ciò le dottrine del Pai-
43
lavicini y che in tre schiere parti le parole rispetto
alia maggiore o minore nobiltà loro»
Appresso arer detto cfe//' Ornamento si fa il G)sta
a favellare della Metafmay dichiarandola lume e va-
ghezza deir orazione , qualvolta sia usata opportuna*
mente. £ siccome la Metafora non è altra cosa che
lo trasportameuto di un vocabolo dal proprio signifi-
cato air improprio , così è chiaro prendere essa na-
tura di una similitudine ristretta in una sola parola ;
ossia diviene una abbreviata similitudine ^ che si fa
recando una voce dal proprio significato alF impro^.
prio ; come in luogo della seguente similitudine *—
costui è crudele come una tigre y può adoperarsi que-
sta forma di dire •— Costui è una tigre,. Però il G>-
sta addimostra avere la metafora virtù di presentare
all' animo più chiaramente ogni sorta di coocelti , in
quanto che, dando essa forma sensibile alle idee in-
tellettuali, le pone davanti agli occhi di chi legge
od ascolta. £ al parer suo , le più efficaci metafore
sono quelle , cbe lo scrittore traggo dalle qualità dei
corpi , i quali hanno attinenza colla vista , forse per
questo che alla reminiscenza delle qualità corporee,
che s' imprimono néir animo col mezzo della vista
più saldamente si associano le idee , che di essi corpi
ci Tengono per gli altri sentimenti.. Poscia addita per
leggiadre quelle Metafore , che assai piacquero ad À-
rìstotele , e che ci rappresentano la cosa in moto , e
principalmente quando assegnano agli oggetti inani-
mati le operazioni degli animati. £ fra i molti pre-
gi , che voglìonsi riconoscere nelle Metafore , il G)stà
pur quello ravvisa di farci osservare fra le idee al-
cune attinenze non anco avvertite; e >ae arreca ot^
portunamente (j^uesti versi di Dante
O poca nostra nobiltà di sangue.
Ben tu se^ manto che tosto raccorce ,
Si che se non %' ap]^)on di die in die ,
Lo tqmpo va d' intorno con la. foi'ce«
• 44
Dai quali Tersi si pare la nuora ingegnosa simili-
tudine di un manto colla nobiltà della prosapia , si»
militudine tanto Tera quanto singolare; perciocché
Qome un bello e ricco monto > secondo la dichiarazione,
del Costa , adorna la persona di colui , che sen veste y
cosi adoma V animo <f alami uomini queU' onore ^ chs^
ricevono per li pregi degli avi loro, e che chianmd
nobiltà; ma se per virtù novella non si reintegra, e*
wene di giorno iu giorno scemando*
Altro pregio della Metafora è riposto dal nostro
Autore nella virtù , ch^ essa ha di muovere con gran
forza gli affetti , essendo che rappresenta tulle ad un
tempo le idee, che altrimenti dovremmo recare alla
mente altrui una dopo T altra ; ma circa V uso loro
neir affetto , egli ne fa accorti a non dar segno di
lavoro o di fatica intellettuale , non essendo verosi-
mile , che vada in cerca d' ingegnosi concetti chi ha
1' animo perturbato. Finalmente ascrive fra i pregi
della Metafora il coprire con velo di modestia e di
gentilezza le cose, che espresse con termini propn
sarebbero odiose o turpi; siccome appare da seguenti
versi di Virgilio.
• . • • O luce magis dilecta sorcNri
Sola ne perpetua ma*rens carpere jovenla?
JNec dulces natos, Venerb nec praemia norbP
Ma se le Metafore convenevolmente usate appor-
tano lume e vaghezza al discorso, fanno contrario
efifetto , allorché sieno guaste da que^ vizii , di cui ra-
giona il Costa. E primamente egli dichiara difformi
quelle, che contengono il paragone di cose o nulla
o poco somiglianti, e che non si confanno col pro-
posto fine. Poco lodevoli sono quelle che volendo si-
gnificare cose piccole , prendono da cose grandi Y i-
magine, o al contrario, ^el qual vizio incorsero la
più parte degli scritlori del secolo XV!!, principal-
mente i poeti , i quali svisceravano i monti per es-
46
Iramè i metalli; facevano sudare i fuochi ; e avixie-'
navano V Mio con V inchiostìy>* Tiene inoltre il Costa
per biasimeroli qnelle Metafore , che ricordano al let-*
lore qualche bruttura , o cosa vile , od altro non di>
oevole alia gravità delle materie , di cui si tratta ;
né ià. bnon viso a quelle , che si cavano da cose fi-
losofiche ; imperciocché ( egli dice ) se ti fine , pel
quale lo scrittore usa di esso loro , si e di rendere più
doari e più dìvì i concetti , questo non si potrà otte^
nere 9 traendo la similiiitdine da cose poco note o ma*
lagevoU ad intendere , come- sono le scienze y che spesso
ond' essere chiarite , hanno mestieri delle similitudini
tolte dalle cose materiali; ma di raih somministrano
imagini acconce a recar luce (die prose e aUe poesie»
Di poi avverte che fa d^ uopo schivare le metafore
troppo comunali , come quelle , che a somiglianxa
delle monete passale per molte mani , sono rimase
senza vaghezza. £ saviamente osserva che non tutte
le metafore^ comun(|ue ben derivate, possono conve-
nire ad ogni scrittura , però che trovandosene delle
più o meno illustri , ne segue che il grado della no-
biltà loro \uole rispondere alla qualità del componi-
mento. -^ Poi da quel buon filosofo , che egli era,
pone in norma al lettore neir oso delle metafore
l' aver riguardo al pensare della gente , nrila cui
lingua si scrìve, facendo ragione che come la diver-
atà de** costumi e delle usanze deriva fra gli nomini
d^Ala diversità de' luoghi e de' climi , cosi diverse
ancora esser denno le idee e le significazioni di es-
se. •— £ certamente la coùdizione de^ luoghi influi-
sce suir indole delle similitudini ; perciocché talon
popolo le deriverà dalle cose campestri, tal altio
àakXe marittime , e dal commercio , o dalle arti , se^
condo che questi o quegli oggetti gli si saranno più
di frequente dinanzi agli occhi. Né è men vero che
il rigore o la benignità del clima sono cagione che
r mnana imaginativa sia più vivace in un luogo , e
Bianco altrove ; oì^ poi interviene che molte meta-
46
forc natura] issime in Asia , appaiono ardite e strane
in Europa. Certo è altresì che le Metafore si natu-
rano col grado di civiltà , in che un popolo x'vre sì
che rozze e selvagge riescono là dove è molta la fiel-
Tatichezza delle leggi e de^ costumi , e all'* opposto
allr^ indole acquistano fra genti ben costumate e ci*
\iii. A questa diversa natura de^ popoli il Costa in->
culca agli studiosi por mente, allorché torranno a
trasportare dair una lingua all' alti'a i versi e le pro-
se , onde non seguitino effetti contrari a quelli , che
r autore originale ebbe air animo di produrre colle
sue scritture. Difatto ogn' idioma ha metafore sue pro-
prie e particolari , che si disdicono del tutto alle altre
lingue , ove in queste si trasportino letteralmente ; sic-
come chiaro yedesi nella lingua latina , in cui sono
metafore , che male si tradurrebbono in italiano ; tutto
ehe fra questi due idiomi abbia sì stretto vincolo di
parentela. £ di vero 9 osserva il Costa, la bella me-
tafora di Virgilio •— dassique immittU habenas 9 di-
verrebbe difforme così recata in italiano -<- mette le
hriglie alla flotta: quella di Orazio — • lene capiU a-
quce sacras y male tradurrebbesi — // dolce capo del-
l' acqua sacra 9 e T altra — - gravem stomacum Pelidce ,
malissimo si renderebbe con dire — - U grave stomaco
del PdUk. Onde è' manifesto, che se molte sono le
metafore della lingua latina disconvenienti air indole
del nostro idioma , assai più debbono diilerire dalle
nostrali quelle de^ popoli da noi disgiunti e per co-
stume e per clima.
Dopo ciò il Costa reca in mezzo alcune regole da
esservarsi neir uso delle metafore , e mette avanti pri-
mamente , che non vogliono essere ammassate nel dis-
corso y ma parcamente indottevi yc di guisa dte paiano y
al dire di Cicerone , esserci venute spontanee e non per
forz4iy ne per invadere il luogo alimi. Poscia aTrerle,
che la metafora non debbe accoppiarsi con altra me-
tafora o con Toci proprie , di maniera che fra queste
e quelle appaia manifesta of^posùione. Insegna che
47
a render chiare e naturali quelle metafore, che per
sé medesime sarebbero ardile e spiacenti , mette bene
talvolta disporre per acconcio modo V animo degli
ascoltanti ; e riprova il costarne di quegli scrittori «
che riducono le idee astratte a termini più astratti
di quello che sì couTcìTebbe , studiandosi a tutt' uo-
mo di rimoverle da* sensi ; e si fatti loro sottilissimi
concetti congiungono con molte metafore fra loro di-
scordanti , ond" è che la mente degli uditori tra que-
sti estremi e ti*a questi contrari ysl smarrita , e nulla
comprende. Accusa parimente di frìvolo e sciocco il
trarre le metafore dalla somiglianza ed uguaglianza
de** nomi imposti a cose diverse alludendo air una di
esse mentre si fa mostra di favellare delF altra ; del
qual difetto accagiona lo stesso Petrarca in molti luo-
ghi del suo Canzoniere là dove laudando o piange|^^
do la sua donna parla del lauro , e allude intanto
al nome di lei.
< Appresso il ragionamento sutr uso , su^ pregi t é
sti^ vizi delle metafore , riconosce il G>sta opportuno
favellare degli altri traslati di parole e di concetti e
delle figure; ma affermando egli che tali materie
sono state definite e largamente dichiarate da tutti i
rettorici^ sta contento a farne cenno di alcune, e si
passa affatto deUe altre , ricordando agli studiosi .che
si fatte maniere di favellare non sono beile se non
in quanto vengono dallo scrittore opportunamente a*
doperate.
Non pertanto a noi è paruto bene enumerare sulk
fine di questa seconda Parte essi Traslati e Figure ^
acciocché i giovani ne conoscano almeno le de$n{-
zioni , e da alcuno esempio , che intorno ad esse ad-
durr^no loro , n^ acquistino qualche notizia.
^ Posciacchè il Costa ha dimostro in che consbta la
proprietà delle voci e delle metafore, e come queste
e come quelle si vogliano congiungere per far chiaro
e accetto il discorso, viene a dire degli elementi,
«nd' è costituita r elegama 9 dalla quale in singolar
4t
modo Vantaggia ogni altro ornamento* Pel Tocabolo
Eleganza egli intende quella certa tersezza e genti-
lezza, per la quale il ragionamento non solamente
si rimane scevro da ogni errore , ina in ogni sna
parte riesce ornato per forma , che da modo volgare
del tutto si diparte. Rispetto alle parti , di che V ele^
ganza si compone , il Costa produce in mezzo pri-
mieramente la Brevità} colla quale i pensieri ren-
donsi più lucidi e penetranti. A cotal fine egli ad-
dimostra acconce quelle voci, che somiglianti alle
monete d* oro equivalgono al valsente dì molte ai-
Ire , come le seguenti — dismnare y miscredere y rilega
gere , disfrancare , disvolere ed altre assai ; e con que-
ste i diminutivi , gli accrescitivi , i vezzeggiativi , i peg-
giorativi 5 di cui è grande copia nel nostro idioma^
Anche V intralascia mento o de^ verbi , o de^ prò*
nomi 9 o delle particelle , o degli affissi giova ad ab*
breviare il discorso, come chi dicesse — Dammi be<*
re — onde fosti ? — non $ono da tanto — uomo d* a->
nima — raggiorna -» annotta — vergognando tacque —
e molti e molti somiglianti modi , da^ quali T orazio-
ne acquista maravigliosa forza. £ vuoisi. avvertire che
r osservanza delle regole grammaticali è gran parte
di elegante elocuzione ; imperciocché , se il trascorar*
le jion induce sempre oscmità , rende pur sempre il
discorso irregolare e plebeo. Onde non si hanno in
luogo di peregrini modi que^ costrutti contro gram*
matica , che si rinvengono negli antichi autori per
colpa o degli emanuensi , o degli stampatori , o de-
fli scrittori medesimi , di quelli cioè che pur plebe»
iamente dettarono nel benedetto Trecento; però che
simili costrutti o portano oscurità n^la sentenza, o
fastidio ne^ lettori. Oltre air osservanza delle regole
grammaticali per rendere elegante il discorso , fa me-
stieri por mente a^ que^ modi di favellare , i quali
non essendo proprii degli stranieri , siccome il Costa
avverte , gli danno quei natio coloro , e direbbesi
quasi , fisonomia y per cui ogni idioma da ciascun at*
Irò si dtsdngiie. E questa vaghezza di dire, che pei
moderni è chiamata Urbanità , paò meglio sentirà
che dichiarare , siccome appare dal seguente confron-
to di alcuni modi volgari con modi urbani.
Presso che niente — Yicin che niente
Fuggire , o sequestrarsi -^ Allontanare il secolo da
dal mondo sé
Tra me e voi passa o — Altro è da jsie a voi
ha difierenza
Vivere come una bestia — Vivere a modo o a leg-
ge di bestia
Far rivivere — Recare a vita
Vicino a quel luogo — Vìcin di quel luogo
Questa bevanda ha un — Questa bevanda sa d' a*
agro sa pcMre gi*ume
Sono fiori della stagione — . Sono fiori che la stagio*
ne porta o concede
Il {»rese per marito -- Il prése a marito
dò non gli piacque •« Ciò non gli venne in
grado o non tornoglì
accetto
E qapsti bastino di moltissimi altri somiglianti , che
chiari essendo , naturali e gentili apportano venustà
alle scritture. Ma parcamente si vogliono adoperare 9
acciocché non rendano per. la ti'oppa copia ricercato
il discorso ; e sa ognuno essere V afièttazione tal vì«
zio 9 che toglie autorità e fede al dicitore*
Inoltre dichiara il Costa contrariò alle genuine gra-
ne e air eleganza del ben favellare il costume di co-
loro, i quali compongono prose con parole e modi
fuor d^ uso 9 e costruzioni contorte alla boccacesca ,
e della stessa guisa fanno versi oscuri e senza grazia
.e senza nerbo 9 e si argomentano poi di avere imi-
tato Dante e il Petrarca. Ma peggiore opera fanno
coloro 9 che gridando V uso per ai'bitro delle lingue 9
mettono in ^riso la gentilezza e la proprietà della
(avella, e togliendo dentro al patrio idioma vocaboli
3
«0
e forme forestiere sì lo sconciano e travisano , che
non gli lasciano di suo che la sola terminazione de^-
le Toci. Su di che il Gista discorre sapientemente le
ragioni , onde i superstiziosi non debbono restringere
la lingua nostra a que^ termini , in cui stette nel tre»
cento, né i libertini hanno a rompere- ogni argine
si che le purissime fonti del gentil faTellare si fac-
ciano torbide e limacciose.
Poscia facendosi a dire della Varietà del Unguag-
gio , la quale si è uno degli elementi , ond' è costi-
tuita V eleganza , mostra , secondo le dottrine del Pal-
lavicini , che il discorso può Tarlare per sei guise. £
la prima si è , quando a sfuggire la ripetizione dei
Tocaboli , si pongono in uso i sinonimi , si Teramen-
te che la picciola differenza , che è in essi , non tol-
ga alla dizione la proprietà necessaria ; per non pec-
care contro la quale è da por mente al vero scopio
delle voci. La seconda , quando viene rappresentata
una cosa pe^ suoi efiètti congiunti, come p* es. se
poeticamente si dicesse — il Sole vdava i pesci ^ per
significare la fine deir inverno.
E per ciò con somma grazia e novità Dante rap-
presentò la sera pe' suoi effetti dicendo ,
Era già r ora che volge il desio
A naviganti, e intenerisce il core
Lo di ch^ han detto a^ d^^lcji amici , addio ;
E.che lo novo peregrin d'amore
Punge , s' oàe squilla di lontano
^€he paia il giorno pianger che si muore.
4
Il terzo modo della Varila sta nella definizione
delle cose, o nelle brevi descrizioni loro, le quali
possono prendersi in luogo delle cose stesse, o que-
ste dinotare per qualche loro speciale proprietà, co-
me per nominare Giove si dicesse — Il Padre degli
uomini e degli Dei — o per dire là morte "-* Colei
che tutte nostre disuguaglianze adegua —
n qaarto h V uso promlf^cao della significazione at*
tìva e passiva de* yerbi — Onde diremo indifiSsrenle*
mente — Pietro ama la virtù, ovvero — La virtù è
amata da Pietro , e F uno e V altro secondo 1* op«
portnnità.
Il qointo consiste neir oso negativo in vece del
positivo; come chi ponesse nel luogo della seguente
proposizione positiva — Francesco ha cessato di vive-
re, F altra — Francesco non è più tra vivi —
Il sesto sono le metafore , per le quali possiamo
nnrabii mente variare il discorso^ ora volgendo in
senso metaforico un concetto altre volte espresso con
termini propri , ora usando metafore tolte o dal ge«
nere o dalla specie , o da cose animate o dalle ina-
nimale , ora quelle che alla vista , ora V altre che
agli altri sentimenti del corpo si riferiscono.
Detto de** modi , onde si genera varietà di discor*
so, il Costa prende a favellare delle Sentenve^ orna*
mento , dal quale riceve molta gravità Y elocuzione.
E per Sentenza si vuole intendere una verità morale
e universale espressa con tale brevità , che l' intel-
letto di lieve la comprenda e ritenga, com6 a mo-
do d* esempio.
— Obtrectatio et livor pronis aurlbus accipiuntur —
— Audaces fortuna juvat —
— Quisque suos patimur manes *-
— Cosa bella e mortai passa e non dura -*
— Muoiono le Città , 'muoiono i Regni -^
— Infinita è la schiera degli sciocchi «*
E così dicasi d' altre infinite* Per altro il Costa
saviamente assenna gli studiosi di usarle a temperan-
za in qualsivoglia sorta scritture , perchè il soverchio
loro uso è indizio, che lo scrittore vuole ostentare
sapienza, laddove afieltazione e null^ altro appalesa.
Oltredicchè la troppa copia delie sentenze anziché ri-
creare , affatica i leggitori , come interviene a chi leg-
ge le opere morali di Seneca.
62
Oltre alle sentenze , le' quali con moderazione ado-
perate giovano all' ornamento del discorso 9 il Co6ta
riconosce pari efficacia ne^ Gancetti > i qaali sono certa
proposizioni, che per essere nooYe ed espresse con
brevi parole recano diletto e maraviglia agli nditorì ,
e manifestano T acuto \ingeg no di chi le dice. Di essi
concetti ha due sorta. L' una dei detti gravi ; V altr^
dei rìdevoli, o delle facezie che dir si voglia. Pur
nondimeno gli uni e gli altri nascono d^ un medesi*
ino fonte; e' secondò Cicerone, solamente difièrisco-
uo in questo , che i gravi si derivano da cose one-
ste : e i ridevoli da cose deformi , o alcun poco tur-
pi. Se non che pare giustamente al Costa che a £ar
ridevolè un detto convenga le più volte , eh' esso com-
prenda in se alcune idee discrepanti, congiimte in-
sieme di maniera che la congiunzione loro dica bene
con una. terza idea. £ moltissime sono le guise dei
concetti ingegnosi; secondo che af^re dal terzo Li-
bro deir Oratore. Imperciocché M. Tullio primiera-
mente tocca delle maniere graziose , che consistono
nelle parole, distinguendole da quelle, che stanno
nelle cose , e che vengono significate dal parlare con-
tinuato. Una seconda guisa sta nella imitazione dei
costumi altrui fatta per modo di favellare continuato.
Ma le maniere di que' concetti , che meglio fanno al
nostro proposito , sono quelle , la cui grazia risiede
nelle parole. £ sono, quelle primamente , che s' in-
generano dalia metafora , quando in ispezie a chi ab-
bia parlato, metaforicamente , si risponde cosa inaspet-
tata continuando la metafora stessa. Poi il paragona-
re cose vili e piccole a cose grandi , ma si per altro
che la piacevolezza non ti'apassi in buffoneria. Anche
V Iperbole , ciò è accrescendo o diminuendo il valo-
re d' alcuna cosa , costituisce molti motti ridevoli. Da-
gli equivoci eziandio nascono le arguzie , sebbene più
spessamente ne provengano freddi e insulsi motti.
Il' esprimere una cosa sola in luogo di due per mo-
do che 1' altra sia intesa , fa graziosi e leggiadri al-
63
emii detti. Nominar pore con bnone parole cose non
iìoone , e dedarre con nna risposta da una medesima
cosa il contrario di quello che altri dedaceva , suole
muovere a riso. Né senza grazia similmente sono quei
detti 9 che bene s' accontengono al costume della per-
sona , alla quale s^ indrìzzano ; e quelli ancora , che
procedono da sciocchezza o goffezza finta o vera che
ella sia. Ma oltre ai ridcToli e graziosi hanno luogo
I concetti stiblimi y che sono quelli , i quali rappresen-
tano con brevi parole V idea di alcuna potenza o for-
za straordinaria , per la quale V ascoltante resta com-
jweso di alta maraviglia : come quel luogo di T. Li-
vio nella allocuzione di Anni]>ale a Scipione — Ego
Annibal peto pacem — essendo che la voce Ànnihal
rechi alla mente deli^ uditore le virtù , le imprese ,
k ferocia di quel sommo capitano. Di questi sublimi
concetti hawene parecchi esempli ne^ poeti tragici di
ogni età , e d* ogni popolo ; che il Medea superest
di Seneca , il fu' il mourùi di Corneille ; quello di
Alfieri in bocca di Carlo nd Filippo — ed io son pre-
sto a morte — dammela tu — e moltissimi altri di
questo gran Tragico ne fanno piena fede. Ma come
fa detto delle sentenze, debbe lo scrittore guardar»
di fare soverchio uso de^ concedi ingegnosi e grazio-
si e de' sublimi ; perciocché T artifizio manifesto e
r. affettazione contrafanno alla grazia e alla grandez-
za vera della elocuzione. *
Appresso aver favellato de^ concetti , procede il Co-
sta a dire delF Armonia , la quale sta nelle attinenze
delle lettere o delle sillabe , che si succedono eoa
quella certa legge , che si afià alla natura delF or-
gano deir udito. Ma essa è di due maniere : V una
ha per fine soltanto la dilettazione degli orecchi;
r altra , oltre la dilettazione degli orecchi , risguarda
alla imitazione del suono e de' movimenti delle cose
inanimate e delle animiate , e a quella degli umani af-
fetti. Onde il Costa parlando della naturale varietà
di suono , che hanno le parple , insegna che u vo-
/
^ I
«4
gliono con ogrd cura allocare in guisa che il loro suo»
no disarmonico serva all' armonia di tutto il discorso»
E ragionato delle parli , ond^ essa armonia semplice
si compone , cioè dèlie attinenze di tempo e di suo-
no, fa chiaro che da un determinato numero di sii*
labe e da una determinata positura di accenti nasce
il numero nella nostra faveila , onde si generano mol-^
te specie di Tersi, e dal movimento di molli versi
uniti nasce il ritmo poetico, come da quello di mi-
nuti numerosi mombri d^ indeterminata misura iitasce
quello della prosa , il quale è pure di varie sorte.
Rispetto air armonia imitativa egli osserva derivarsi
infinita varietà di vocaboli dalla mescolanza delle let-
tere liquide e delle vocali; trovandosi neUa nostra
lingua voci sciolte , languide , dense , aride , morbi-
de , riserrate , tarde , mutole ^ rotte , impedite , scor-
revoli e strepitanti , onde variando la composizione
di questi suoni si possono ordinare e versi e ritmi ,
che ogni grido, o romore o movimento valgano ad
imitare. Intorno a che egli adduce diversi esempii
tolti da sommi poeti nostrali e latini , alcuno de^ qua-
li fu per noi arrecato allora che tenemmo discorso
delle più famose Epopee» Circa a quella parte della
armonia, che imita gli affetti, il Costa afferma ciò
provenire dalle attinenze , ch^ essi hanno col suono e
col numero ; conciosiachè ad ogni sorta di affetti ris-
ponda un particolare moto dell' organo vocale , per
cui si formano voci diverse , secondo la diversità dei
medesimi affetti. E detto come le parole s' innalza-
no, declinano o si abbassano per le diverse lettere
di diverso suono , di che si compongono , addimostra
che tale particolare virtù delle parole viene rafforza-
ta dalle attinenze, che le passioni hanno col nume-
ro ; e in quella guisa che V uomo è nelF ira impe-
tuoso , frettoloso neir allegrezza , lento nella mestizia ,
versatile nelF amore , immobile nella paura , cosi la
uatwale favella in adoperando il suono e il numero
€ontempera gli accenti, rallenta ed accelera il corso
«5
Jelle parole secondo la natura degli aflètti, che mi-
ra a manifestare. £ di ciò altresì il Costa arreca op-
portuni esempìi , che per amore di brevità qui si tra*
lasciano ; e piuttosto avvertiremo ad imitazione di. lui
che per dilettare gli altrui orecchi non si debhe mai
turbare quell- ordine delle parole ^ in virtù del qua-
le diventa chiara V elocuzione ; però che ninna lode
acquisterà colui che per esprìmere qualsiasi o movi-
mento o suono od afiètto coll^ armonia , o per for-
xsare un periodo numeroso e grave , si rende oscuro.
. Stabilite le leggi circa la chiarezza e V armonia
del discorso , il Cojta si fa' a dire della coUocauone
Mie parole ^fer la quale diventa efficace T elocuzio-
ne. Intorno che senza commendare V ordine diretto
^eglio che l' inverso , egli ne dà per regola V atte-
nersi al modo , onde ci vengono air anima le idee •
di maniera che volendo noi fedelmente rappresentare
dia mente altrui ciò che abbiamo veduto o imagi-
siamo di vedere, o ciò che sentiamo, foimar dob-
liiamo la serie delle parole secondo quella delle no-
ftre idee per quanto il comporta V indole della fe-
jrella. E questa verità egli conforta di ben dedotti
esempli del Furioso e della Eneide. E in vero V ar-?
le del particolareggiare sta nel rappresentare con pa-
iole le sole idee che vengono naturalmente all' ani-
Jlo^ di chi mira le cose , e di chi è mosso dagli af-
ieiti; ma è bisogno non trapassare questo limite,
peaa V incorrere nel vizio della prolissità e della mi-
nutezza , onde s' ingenera nel lettore non comporta-
bde fastidio. Inoltre osserva il G>sta che siccome le
cose hanno più o meno di forza sulF animo nostro
secoido che più o meno bastano a destare 1' amore
o 1 odio , o mettere timore , cosi interviene talora
che e»e risvegliandosi nella mente tengono quell' or-
dine , die dai gradi della rispettiva loro forza dipen-
de,^ Il èie pure convalida 4;on opportuni esempli ca-
vali dai pi'incipaU scrittori italiaiJ e latini. Finalmen-
te avverti che lo scrìltore debbe fare opera che le
56
idee Tengano all' animo de' lettori crescendo per gra-
do, e non che il Intto sia inteso al primo detto; che
mette bene collocare V aTverbio dopo il Terbo , lo
addtettiyo appresso il sostantiro qnalTolta Steno posti
nel discorso a fine di accrescergli vigore ; che non si
Tuole imitare l'esempio del Boccaccio circa la cMfy-
cazione del verbo in punta de^ periodi, la qnal cosa
non solamente scema di varietà il dbcorso, ma il
più delle volte tnrba la naturale associazione delle
idee ; e che infine nel collocare le parole secondo b
serie delle idee conviene avere considerazione a coi-
ciliare quest' ordine con quello , che V orecchio umi-
no e il genio della lingua richieggono.
Seguitando passo passo le dottrine enunciate d^
Costa nel suo libro della Elocuzione , toccheremo qui
delle leggi della convenevolezaa , ossia del decoro ^ i
quale consiste nell' accoi'do e nelle attinenze delle pa-
role e de' modi , e dell' armonia e delle figure , U
une con 1' altre , e tutte insieme , secondo i fini ch«
lo scrittore si propone , secondo le materie eh' egL
ha per le mani, secondo la condizione sua e degli
ascoltanti , e secondo i luoghi , ove parla. E impoiv
ta por mente che dal decoro procede la venustà , ch«
ammiriamo nelle più belle opere dell' arte ; e senza
di esso non ha pregio cosa veruna fra gli uomini.
Ma essendo vari i fini speciali , a cui mira lo scrl-
tore , varie le cose , di che e' può ragionare , vaiie
le umane condizioni e le circostanze , seguita che ra-
ri pur sieno i generi e le spezie de' componimmti
per loro proprio carattere distinti. Onde il G)sta de-
finisce questo carattere nel modo seguente a 1/ co*
ratiere del discorso si è la contemperanza degli ebmen-
ti y da' giudi seno costituiti la chiarezza e V onamen-
io y fatta secondo le leggi del decoro S5 Ora If© ge-
neri di scrivere, o tre caratteri fra loro diversi e
distinti nascono da tre fini, che di necessiti debbe
proporsi chi scrive ; ciò è o convincere , o persuade^
re, o dilettare altndj che è quanto a dii^ j adopc»
rare o il carattere flosoficOf o il persuasivo ^ o il
fobico»
Rispetto al carattere filosofico y che è quello di con-
vincere chi legge od ascolta , il G)sta saviamente ad«
dimostra che la virtù di esso risiede nella precisione
delle parole e de^ modi , e che pei' ciò essa preci-
none vuole essere la prerogativa di sì fatto genere di
scritture. Dal che seguita che le metafore e le figu-
re debbono assai di rado e sobriamente accettarsi nel-
lo scrivere insegnativo 9 e similmente ogni soverchio
ornamento 9 acciocché il verosimile per cagione degli
artificii oratorj non abbia ad invadere il luogo dei
vero ; né paia che il filosofo voglia invescare e pren-
dere altrui. Tutlavolta vereconde metafore , e alcune
naturali figure , e modi urbani e gentili , e armonia
facile e piana non sono disdetti al filosofo ne^ propri
scritti.
Dato il contrassegno del carattere filosofico viene
il Costa a fare il somigliante del persuasivo* Egli os-
serva essere grande la differenza tra il convincimen-
to e la persuasione;, però che per essere convinti
dobbiamo conoscere tutte le proposizioni , che com-
pongono un ragionamento fino alle prime percezioni ,
dalle quali dipende il prìncipo fondamentale di quel-
lo ; laddove per essere persuasi 9 basta che il regio*
namento abbia per fondamento o V opinione , o V ap-
parenza, o r autorità. Dal che i*isulta che la persna-
flione non proviene sempre dal conoscimento di tutte
le proposizioni 9 che occorrono nelle filosofiche dimo-
strazioni 9 onde a guadagnarci V animo altrui non ca-
de sempre il dimostrare sottilmente alla maniera dei
filosofi 9 ma bene sta V usare di qualsiasi verosimile
principio; di comporre invenzionr^ che abbiano sem-
manza di verità'; di adoperare figure 9 che 9 concitan-
do 1' animo delf uditore 9 conformino la mente di
lui al voler nostro di guisa che venga spontaneo e
sollecito n^la nostra sentenaea. Ma conviene d' altra
parte rimoTere dal discorso ogni proposizione e ogni
3»
A I
é8
artifizio 9 che sappiano di falsità ; perciocché se P W"
te oratoria non è veramente V arte di dlmosifare ( nel-
lo stretlo significato de' filosofi ) si è senza meno, co»
me la defini Dionigi d' Alicaiuasso , /' àrie dì fard
credere > Però primo ufficio dell' oratore , dice il G>-
sta , è il provare la sua proposizione nella divisata nuz-
niera, cioè per naturai guisa e chiaramente; secando
ufficio y il dilatare ; terzo , il commovere. Onde addo-
mandasi accorgimento nelle pro\e ; sobrietà negli or-
namenti spettanti al diletto; veemenza nel concitare
gli afiètt\. Per cotal modo si perviene a trionfare e
governare la volontà degli uomini.
Dal carattere persuasivo passando il G)s(a a/ poeti-
co, ne fa veduto che la poesia fu dal po|)o]o inven-
tata per proprio diletto , e poscia dagli autori della
TÌIa civile ad ammaestramento di esso popolo adope-
rata. Onde il fine del poeta si è quello di piacere
alla più parte degli uomini. Investigando pertanto
quali sieno i modi che dilettano il più degli uomì-
Ili , e quali sieno quelli che li noìano 9 si peiviene
a conoscere quali convengono e quali disconvengono
al carattere della locuzione poetica. £ siccome è ma-
nifesto che le parole apportano diletto colla malei'ia-
le struttura loro , e colla qualità delle idee 9 che re-
cano alla mente , cosi ne seguita che il carattere poje-
tico debbo nascere dall' una e dall'* altra. Dell^ ar«
monia , onde sono dilettati i sensi e appagato V in-
telletto in virtù della imitazione y già toccammo di
M)pra. Ora accennando la natura delle idee dilette-
voli abbiamo dal Costa , che propri saranno del ca-
rattere poetico i vocaboli e i modi acconci a sveglia-
re ad un tempo la rimembranza di molte sensaaùo-
ni piacevoli , ed a concitare le varie passioni , e a
rendere sensibili coU* aiuto delle similitudini tolte dal-
le cose corporee i più sottili concetti della mente.
Su di che egli avverte eh» gli aggiunti opportunamenr
te scelti valgono a significare le passioni o le auoni
e gli usi delle cose ^e le qualità loro proprie , le quali
/ ^9
meJianie i soU nomi sostantivi non verrehÒono air ani*
mo de* lettori ^ o ci verrebbono deòolmente. Mostra che
le Metafore danno corpo alle idee astratte; che i
Tropi rapfHnesentano agli occhi dell^ intelletto quella
soia parte o qualità delF obbietto , che per la prima
eolphnebbe il senso di colui, che cogli occhi del
corpo il mirasse. Per queste arti si vestono i con*
cetti intellettuali di forme sensibili, di maniera che
pare al lettore non di percepire per segni le cose ,
ma di vederle e quasi toccarle con mano.
Dopo avere il Costa ragionato del carattere filoso-
fico , persuasivo e poetico in genere , si fò a dichiarare
la specie loro. £ quanto a quella del carattere filo*
sofico , avveitendo che la matematica , la iSsica , la
metafisica , la morale , la politica , le arti liberali , e
le meccaniche , e molte altre conoscenze attinenti alle
anzidette essendo le materie , intorno le quali cade
r insegnamento 9 interviene, che dovendo gli scrittori
usar parole e modi conirenienti alF indole di cjasche^
duna delle dette materie, vengono di necessità a co»
stituire diverse specie di carattere insegnativo più ò
meno austero. £ fa d' uopo altresì aver considerazio-
ne alla persone , a cui s indrizza lo scrittore ; le
quali sono di due maniere : alcune letterate , ed al-
cune mezzanamente iustruite, si che colle prime si
converrà stretto sermone ; più diffuso colle altre ,
siccome quelle che vogliono intendere per minuto
ed anche per via di similitudini e di esempi le co*
se, che vengono loro esposte.
Carca la particolarità del carattere persuasivo, è
parimenti da avvertire alla diversa condizione delle
persone , a cui si parla , di maniera che quanto mag-
giore negli ascoltanti sarà V acutezza dell^ intelletto e
la sapienza , altrettanta esser dovrà la cura nelF ora-
tore di occultare l'artificio. £ perchè in tre schiere
può partirsi ogni ordine di persone; vale a dire in
uomini letterati , in nomini forniti di convenevole di-
ffcrezìoiie di meate, e finalmente nel minuto popolo^
60
così tre specie di carattere persuasivo si richieggono»
La prima partecipa alquanto delie <[ualità proprie
del genere filosofico; la terza dì quella del poetico;
la seconda è media fra le due. Per la quale di^er-
sità di persone , e per conseguenza delle cose , di cui
si può favellare, i reUorici restrinsero sotto tre soli
nomi i molti membri del carattere persuasivo; e que*
sti sono , il sublime , il temperalo ^ ed il tenue, onde
è chiaro che a ciascuna di queste specie si addicono
e Tòci e modi particolari. Di che il €o6ta arreca op»
porlune e sapienti dimostrazioni.
Quanto alla specie del carattere poetico V autore ^
le cui dottrine Teniamo accennando , dichiara che
questo^ genere non si vuole dividere in ispecie per
rispètto della diversità degF intelletti ; imperciocché
tanto gli uomini di sottile ingegno 9 quanto quelli ,
in cui la fantasia prevale air intelletto , hanno tutti
dinanzi al poeta una medesima disposizione ; ma con-
viene dividerlo per rispetto della condizione del poe«*
ta , o delle persone , che egli introduce a parlare , e
delle varie cose , ch^ eì fa subbietto del canto. Laon-
de essendo varie le passioni 9^ e le cose, che espri-
mere si possono dal poeta lirico, ne seguita che il
canto si divide in varie specie, che tutte poi si li-
mitano a tre , come nel carattere persuasivo , cioè al
sublime, al -mediocre, e al tenue. Però ciascuno di
questi canti avrà qualità sue proprie. £ chi torrà a
celebrare le laudi degli Dei e degli Eroi, e vorrà
ritrarre alte e generose passioni , avrà mestieri dì
magnificenza e gravità di modi , di sentenze e d^ ar-
monia i non che di splendide illustri parole , e di
nobili concetti. Più tenui maniere e parole, e più
temperata armonìa si accon vengono a chi tratta di
materie meno gravi , e avrà per le mani meno splen-
dido subbietto. Quegli poi che toccherà di miti aC*
fetli , o di scherzi , o di simili cose , a piacevolezza
e semplicità , a soave e varia ma sempre tenue ar-
monia debbe comporre il proprio Canto* Di qui il
61
cdrattere speiciale de^ poemi epici e romanzeschi ; de'
poemi burleschi e delle novelle: di qui la varietà
de^ metri , alcuni de^ quali portano seco 1* umiltà ,
altri la mediocrità , ed altri la magnificenza dell^ ar»
monia.
Dopo ciò procede il G>sta a dire dello stile, cui
sapientemente e' definisce = il carattere del discorso
modificato secondo le qttalllà dell' intelletto , della Jan"
iasia, e degli affètti dello scrittore == Però rendesi
diiaro che essendo la disposizìoue dell' ingegno e delle
affezioni dell" animo in ciascun uomo diverse , anche
le maniere dello scrivere , ciò è lo stile , debbono
essere di numero pressoché infinito. Ed ecco la ca<-
gione 9 onde taluno scrittore riesce nitido e chiaix) ;
o dolce e piano; tal altro leggiadro e grazioso; al<«
euno perspicace e sottile ; chi maestoso e grave ; chi
molle e delicato ; questi rapido e robusto ; quegli co-
pioso e pieno 9 e pur tutti meritevoli di pari com*
mendazione , e ciascuno a so medesimo e a nuir al-
tro ^somigliante.
DoxM) detto dello stile il G)sta si fa a ragionare
del modo di acquetare le qualità necessarie a seri-
vere gentilmente , con che pone fine alF opera sua.
Ma perchè noi più innanzi faremo di ciò parola , qui
diamo per finiti i rapidi cenni, che abbiamo latto
intorno V Elocuzione secondo le dottrine di Paolo
Costa ; e passiamo a trattare di corsa de' Traslati e
delle Figure, siccome promettemmo di fare là dove
fu ragionato de' pi'^gi e de' vizj della Metafora.
CAPO IL
De' Tradati di parole.
Oltre la Metafora , parlano i rettorici *della sinedo-
cbe , che i Latini cbianyuao Intellectio > ed ha luogo
allora che si nomina la parte in vece del tutto ; come
iu VirgUio
62
S«d>iiiersa8qae obrae puppes
O si nomina il tutto , e si intende una parte sola ;
come appare dal seguente luogo del Palrarca
G>me il freddo armo oltre' V ondoso mare
Caccia gli augelli.
Ovrero quando in vece della cosa si nomina la
materia , onde ella è composta ; siccome disse Orazio
Non domus et fundus , non mrls acerrus et auri^
O nominando il genere per la specie, o la specie
pel genere , come chi dicesse con Virgilio
. • . Pnedamque ex unguibus ales
Projecit fluyio. — o col Tasso
E le mamme allattar di tigre Ircana
O adoperando il plurale in luogo del singolare , e
TÌceversa , come fa V Ariosto nel Furioso
Crudel secolo ]K)Ì che pieno sei
Di Tiesti , di Tantali e d^ Atrei I
^ il Petrarca.
Ma se il Latino e il Greco
Pai'lan di me dopo la morte ^ è un rento»
£ per altro da avvertire circa questo Traslato , che
esso diverrà vizioso allora che V imagine della cosa,
da cui si prende la parola, non sìa -bene associata
alle idee che si vogliono svegliare in altrui, e non
sia atta a fare impressione\nell' animo più che le.
altre idee, che vanno in sua compagnia. Cosi U
CostÀ.
6$
La Metonimia dai Latini detta Denominaiio conMste
nel nominare la causa per 1* efletto , o questo per
quella ; il contenente pel contenuto ; il possessore per
la cosa posseduta ; la Tirtù ed il vizio in luogo del-
V uomo virtuoso o del vizioso; il segno per la cosa
significata , ed al contrailo.
Nominò la causa |x;r T efletto il Petrarca con que-
sti versi
• . • • ed ha fatti suoi Dei ^
Non Giove e Palla , ma Venere e Bacco
Laddove Virgilio si valse dell' effetto per dinotare
la causa dicendo
Lucius et ultrices posuere cubilia curae,
Fallentesque habitant morbi ec. ec.
E parimenti il Poliziano
E il cicco errore or qua or «à svolazza.
Il contenente pel contenuto venne usato da Cìce*
rone quando egli disse s= Mei capitis servandi causa
Romam uno tempore, quasi signo dato, Italia tota
convenit =
Nominò il possessore per la cosa posseduta Virgilio
là dove scrisse:
lam prox-imus ardet Ucalegon.^
M. Tullio nella seconda Catilinaria nominò il vi-
zio peir uomo vizioso allorché disse = Cum ignavia ,
cum luxuria , cum amentia nobis certandum est =s
Il segno per la cosa significala fu adoperato da
Virgilio e da Dante co' seguenti versi
nium non populi fasces, non purpura regua
Flesuit . • » y* Iiib. II. Georg.
64
E come messaggier che porta olirò*
C. I. Par.
La Catacresi chiamata da Latini Àbusio si annere-
rà anch' essa fra i Traslati di parole , e si fa ogni
volta che manca il termine proprio per significare
alcuna cosa , e si ricorre ad una metafora in ma-
niera per altro alquanto ardita. Cosi Virgilio serven-
dosi di questo traslato appellò eqiaan il simulacro dx\
cavallo che i Greci lavorarono sotto le mura di Troia
. . • Equnm divina Palladii arte
£dificant.
E presso vari scrittori Latini s' incontrano le se^
guenti guise di favellare -— grandem orationem — '
minutum animum — « longum consilinm —
La Metalessi che i Latini dissero Partecipatio com-
prende in se medesima la Metonimia e la Metafora ,
e si fa in due modi 1 .^ quando una medesima cosa
ae dà di sé due impressioni diverse e simultanee , e
noi riferiamo indifièrentemente le proprietà delF una
a qudle deir altra , siccome fece Virgilio quanda
disse — Frigus captamns opacum — • ciò è a dire
captamus ad umbram. £ D&nte a signific£ure che era
venuto ia luogo tacito e teneln'oso scrìsse
'V venni in loca d* ogni luce muto*
2*^ Quando per dinotare una cosa ne nominia-
mo un^ altra , ma sì disparata che a ben intendere
quella prima , fa mestieri giugnervi grado per grado*
Tali sono questi modi che leggonsi in Virgilio
Ternaque transierant RutulU hibema subaetts.^
Post aUquot mea regna videns mh'abor arista^ » .
e tale questQ di Dante
65
Ha non cinquanta Tolte fia raccesa
La faccia della donna che qui regge ec.
Lia Nominazione che scmhra equivalere ai Termini
Figui^e , di che si è fatto parola trattando della Elo-
cuzione, consiste o in un vocabolo non prima usalo
e acconcio ad imitare col suono la cosa , che si vuo-
le per esso significare , oppui'e sta in voci già cogni-
te, ma disposte per maniera, o per metafora tras-
portate a dinotare iftia cosa , che abbia con esse so-
miglianza di suono. Però famigliari sono al nostro
idioma i seguenti modi — il fischiar delle serpi — il
gracchiare de' corvi — V abbaiare de' cani — il bela-
re degli agnelli — 1' urlare de' lupi — il ruggire dei
leoni — il mugghiare de' tori ec. e in queste voci me-
desime — bombarda — schioppo — cannone — cam-
pana — e in non poche altre simili scorgesi una co-
tale imitazione di suono, ^asce anche questo Trasla-
to' o da una metafora ad arte usata , o dalla collo-
cazione delle parole. Appartengono al primo genere
i seguenti modi adoperati dai Latini s Postquam fe-
ài impetum in Rempublicam , fragor cìvitatis audi-
tus est s3 però che le voci impetus e Jragor sono me-
taforiche , e parimenti col suono esprìmono V azione
che prendesi a significare. Sono del secondo genere
questi ver^ di Virgilio e del Tasso
Vela dabant laeti , et spumas salis aere ruebant.
Il' rauco suon della tartarea tromba.
CAPO III.
Dè^ Tramati S concetto.
Se i Traslati di parole seguono ogni volta che si
trasporta una voce dal significato proprio ad un im-
proprio ; que' di concetto stanno in - un pensiero es-
presso talora con parole proprie , ma di tale maniera
66
che venga inteso diversamente da quello che esse pa*
role portano. I traslati di concetto sono i seguenti.
V ÀUegoria y V Ironia , V iperbole y la Paràfrasi 9 4
V Antonomasia^
L* Allegoria che pe* Latini fa detta Permutatio sk
è una metafora continuata per modo che altro riesce
quello che V oratore o il poeta dice , ed altro ciò
che essi intendono significare. Così il Petrarca sotto
il simbolo di una nave racconta le sue sventure
Passa la nave mia colma d^ oblio
Per aspro mare a mezza notte il verno ec. ec«
7 E Orazio sotto V allegorìa pur Ì* una nave nel-
CMe XIII. Lib. I. descrìve lo slato della Roma-
na Repubblica a^ suoi tempi co"* seguenti versi
O navis, referent in mare te novi
Fluctus. Oh! quid agis? forliter occupa
Portum ec. ec.
, Ha usando V Allegorìa importa aver considerazio*
ne a tre cose. La prìma , che riesca, facile e chiara^
onde, come dice M. Tullio, per la sua oscurità non
diventi un enigma. La seconda; che la stessa meta-
fora venga continovata sino alla fine , perchè non si
caggia nel vizio di alcuni , che incominciano a par-
lare di una burrasca , a modo d' esempio , e vanno
a terminare con un incendio , o con un rovinio , se-
condo che osserva Quintiliano. La terza ; che sia bre-
ve e dicevole alla cosa , che si vuole rappresentare.
L* Ironia chiamala dai Latini Dissimulatio è quel
Traslato , per cui le parole esprìmono il contrario di
quello , che conviene intendere , o per le circostan-
te , o pel suono della voce , o per la natur£| della
cosa stessa , che repugna a quanto di lei si dice. Cosi
Cicerone nella Filip. i. contro di Antonio :=i Quid
tandem erat caussjc , cur senatum externo die tam
07
diterbe cogeret • . • Hannibal, credo, etai ad por-
tas , aut de Pyrrlii pace agebatur ec. E= E similuien-
le Dante nel Canto XXVI dell' Inferno
Godi , Firenase , poiché sei si grande
Che per mare e per tei'ra batti V ale ,
E' per V Inferno il nome tuo si spande.
Che se V Ironia pervenga fino a mordere altrui ^
e fargli ingiuria, acquista nome presso i Latini di
suhsanatio e di sarcmmos appo i Greci, siccome suo-
nano questi Tersi del Tasso
No, non potrai dalle mìe mani, o forte
Delle donne uccisor, fuggir la morte.
. V Ip&Me detta pe' Latini Superlatio si fa ingran-
dendo , o minorando con esagerazione le cose di ma*
niera che montino o scemino del proprio intrinseco
Talore. Tale è da reputarsi la lode, che Cicerone
tributa a Cesare neli* Orazione a faY(M*e di Marcello
S Donndsii gentes immanitate barbaras, moltitudine
innumerabiles , locis infinitas, omni copiarum geilfere'
abundantes S e tali sono i seguenti versi di Dante
nei Canto XXYII del Purgatorio
. .. • • In un bogliente vetro
Gittato mi sarei per rinfrescarmi.
Ma conviene usare assai parcamente di questo Tras-
lato , come quello che di leggieri può riuscire vizio-
ao. E però fa mestieri comporre V Iperbole per mo^
do che faccia credere altrui essere la cosa descrìtta
f|uale fu per Io scrittore veduta. Onde Longino cap.
38 del Sublime dà per eccellenti quelle Iperboli , le
quali nascono da alcuno veemente afietlo dclF animo ,
e dalla magnificenza degli aggiunti.
La Perifrcisi che i Latini appellarono CircuUio è
68
nn colai giro di parole , con che lo scrittore signifi-
ca quello che o con una sola o con pochissimp vod
poteva esprìmere. Della Perifrasi si valide Cicerone a
favore di Milone , dove disse sa Fecerunt id servi
Mìlonis , ncque imperante , ncque sciente , ncque prae-
«ente domino , quod quisque servus in tali re facere
voluisset SS E di essa usò Dante nel Canto XJLMV
dell' Inferno , dove chiamò Cristo
L''' uomo che nacque e visse senza pecca-
Così il Petrarca a dinotare V Italia disse
il bel paese
Che Appenin parte , e il mar circonda e 1^ Alpe
Là Perifrasi reca ornamento e chiarezza al discor-
so, e fa altresì che si passino dentro il silenzio al-
cune cose , che non mette bene sìgnifiare co^ termini
propri. Ma vuole essere adoperata con moderazione,
onde il discorso non sa. faccia languido e soverchio/
X' Antonomasia detta dai Latini Pronominaiio non
varia gran fatto dalla Perifrasi, ed ha luogo allora
che non potendo o non volendo noi nominare taliH
no pel suo nome proprio, ciò facciamo col mezzo
di un appellativo. In sei guise adoperasi 1* Antono-
masia. 1.® In rirtù de' Patronomici , siccome abbia-
mo da Orazio , che in luogo di nominare Achille
^ Agamennone disse
Neslor coroponere lite»
Inter Pelidem festinat et inter Atridem
2.^ Coir accennare la patria o il luogo y ove di-
mora la persona , a cui si allude , in vece di lei me-
desìaia. Fero il Petrarca accennando ad Annibale
disse.
Vidi oltre un rivo il gran Cartaginese
r
69
E Dante anziché nominare Licurgo e Sotonc , così
(avello
Atene e Lacedemone che fenno
L^ antiche leggi e faron si civili ec* ec.
S*^ Ponendo un aggiunto nel luogo del nome pro-
prio. In tal guisa Dante per significare Omero disse
siam con quel Greco
Che le muse lattar più eh' altro mai
4.^ Adoperando pel nome proprio quello deir ar«
te, della dignità o del- ministerio di alcuno, come,
a cagion d* esempio , quando dicesi — il Filosofo per
dire Aristotile; il Mellifluo per significare s« Bernar^
do ; /' Angelico per accennare a s. Tommaso , e cosà
Tà discorrendo.
5*^ Usando un nome proprio in vece di un ap-
pellativo* G>sì Giovenale , quando disse
Tertius e Gelo cecidit Cato
E il Salvini , quando chiamò il Magliabecehi^ Ao-
vello Ftdereo.
6»^ Nominando alcun popolo in luogo dell^ attri-
buto , che si costuma ascrivergli. Però usiamo la vo-
ce Greco in vece di frodoleuto; quella di Cretese in
cambio di bugiardo; quella di Cartaginese per man-
catore di fede.
CAPO IV.
Delle Figure di parole.
Queste differiscono dai Traslati per ciò» che, se
questi hanno luogo col cangiare in certo modo il si-
gnificato delle parole, quelle procedono egualmente
dalla virtù delle voci proprie e delie traslate, per-
\
7i
IHa takolta la gradazione consute Qnicameiite ne^
concetti 9 ano de^ quali cresce sopra V altro , grado per
grado senza reiterazione di ^veruna parola ; e diventa
allora leggiadi^a ed efficacissima Figura — G>sì Ci-
cerone s=s Nihil agis y nihil molirìs , nihil cogitas 9
quod ego non modo audiam, sed etiam videam,
pleneque sentiam.
Il Polismteto si è V unione delle varie particelle
o copulative o disgiuntive, per le quali chi parla
pone inanzi agli occhi degli ascoltanti molti obbietti
in un medesimo tempo. Onde il Petrai*ca cosi disaa
L^ acque parlan d^ amore e V óra e i rami
E gli augelletti e i pesci e i fiori e inerba
X' Àpaieugma è quella figura , per la quale le
parti del discorso , che potrebbono esser rette da nn
verbo solo, vengono contrassegnate in ciascuna sen*
lenza da verbi particolari ; come a cagione d' esem-
pio s= Popolus R. ^Numantiam delevit , Garthaginem
flustiilit , Corinthum disiecit , Fragellas evertit c^
Rispetto alle figure di scioglimento, le quali consi-><
stono in qualche voce intralasciata nel discorso , pur-
ché essa voce di lieve sottintendasi, havvene di tre
maniere , o piuttosto sono ti'e le dette figure , e 80* s
no, la Disgiuntone, lo Zeugma e la Reticenza^
La Disgiunzione d' indole contraila al Polisintelo
si là allora che V oratore o il poeta concitato da ga*
giiardi afiètti rappresenta svariate cose in un punto»
solo om mettendo le particelle congiuntive; siccome «
fece M. Tullio nell^ orazione in favore di Marcello
sss Constituenda judicia , revocanda fides 9 compri-
oiendae libidines, propaganda soboles ec« ec. = Si*
milmente adoperò Virgilio là dove disse
Gelum, mai*e, sydera testor.
Lo Zeugma detto dai Ladni Conjunctio o ÀSunctiù
ha luogo qualvolta che un solo verbo collocato ia
j
r
73
principio o in fine, od anche nel messo regge di-
verse proposizioni. Di questa figura usò Alberto Loi-
lio nella allocuzione a Paolo 111 dicendo =5 £ cosi
finalmente la temerità alla ragione , la bugia alla Te*
xil'à , le tenebre alla luce daran luogo s=s
La Reticenza è quella figura , per cui omettiamo
nel discorso alcuna parola , che dalla tessitura e dal
.«nso delle altre agevolmente s' intende. A tale figura
appartiene quel modo di Orazio
— - Donarem tripodas praemia fortium «^ cioò
^ui simt prasmiafortiìmi. Similmente parlò Dante nel
Canto XV del Paradiso
Mon y* era giunto ancor Sardanapalo
A mostrar ciò che in camera si puote «— intendi
la voce commettere*
Circa le figure di similitudine , le quali consistono
in leggiadri molti, o scherzi, che nascono da due
o più Toci somiglianti di suono , e diverse di signi-
ficato , a quattro si restringono , e sono — la Fara^
nomasiay i Pari-Munenti, i Pari-consonanti y e la Cor^.
rispondenza de' membri , ossia V Isocolon»
La Paronomasia detta pe^ Latini Àdnommatio é di
doe maniere. La prima, ponendo due parole Tuna
appresso T altra simili o qv^si simili di suono, e op-
poste di significato; siccome lece Virgilio in quel
verso
Lybicis teris otia terris.
La seconda , quando di necessità si ripete la stessa
parola nello stesso significato, ma con qualche mu«
tamento; siccome dbse Ovidio
Spectatum ornatae veniunt spectentur ut ipsae.
E di questo modo la Paranomasia ritraggo assai
della Traduzione , salvo che in questa , per essere ^
gura d' aggiungimento , può intralasciarsi la ripeti^
zione della parola , neir altra non mai. 4
74
Si chiamano Parl»Finienti V incontrarsi di due o
più parole in un medesimo periodo allo stesso caso ,
tempo, o persona, ancorché differiscano alquanto
nella terminazione loro. Con M. Tullio nella i.^
Gìtilinaria sa Ad hanc te amentiam natura peperìt 9
voluntas exercuit, fortuna servavit S
1 Pari-Consonanti ossia il similiter dssinens de^ La*
tini è una cotale consonanza di suono tra varie pa*
role insieme congiunte nel discorso , o sieno nomi ,
o sieno verbi , comecché variino di caso , di tempo
o di persona. Onde lo Speroni in un suo dialogo cosà
disse a II qual nome , non ha molto ad andare , cfaei
d^ odioso , di scandaloso , di abbominevole , di biasi-
mevole , di dispregialo , di perseguitato che egli è ,
sarà per santo adorato, ss
La Corrispondenza de* menibri 3 ovvero V hocoUm,
sta in quella grazia , che acquista T elocuzione alloi-
ra quando i membri di un periodo non diversificano
di misura e d' armonia. Il che si fa manifesto da
queste parole di Cicerone nella a.^ Filippica s Quod
bene cogitasti aliquando , laudo ; quod non indicasti^
gratias ago : quod non fecisli , ignosco.
Ma somigliante Figura vuole essere adoperata con
naturalezza e non a bello studio ; perciocché crebbe
puerilità il comporre tutti i periodi con eguale ar-
monia e misura; laddove il discorso debbo acquista-
re dalla varietà bello ornamento , siccome altrove ac-
cennammo. Le. medesime avvertenze sono da avcr^
per rispetto delle altre figure di parole, le quali sa-
prebbbono rendere ricercato e insulso il discorso,
qualora o troppo spesso o con soperchia cura fossero
cerche e adoperate.
76
CAPO V.
Ddle Figure dk' concelto.
Adornare e mettere nel più chiaro lame qne^ pen«^
sameati 9 che significare vogliamo colle parole , e che ,
bene adoperando , fanno 1' elocuzione leggiadra , no*
bile ed efficace , è quanto si comprende sotto' il no-
me di Figure di concetto. Ma queste sono di due
specie , secondo Cicerone : altre miti , e come a di*
re, più famigliari al comune favellare: altre vee-
menti 9 e fuori del volgare uso. Onde quelle servono
a iarci graziosi e a persuadere altrui; queste a c(Hn-
movei*e e convincere chi u' ascolta
%i I. Bèlle Figure di concetto più miti*
Diremo primamente della Dubitatone y la quale,
Secondochèil vocabolo suona, sia in certa sospensio-
ne deir animo intorno' a ciò , che vogliamo prima
dire , e che poi , o a qual consiglio dobbiamo me-
glio appigliarci. . Ecco come ne usa lo Speroni - nella
oraanone funebre della Duchessa d* Urbino s Ma la
mia orazione da qual parte delie sue laudi prenderà
il suo principio? Ove avrà ella il suo fine? e con
qual ordine ragionando trascorrerà le altre doti di
questa illustro Signora ? A Se non che alla dubita^
zione conseguita talvolta V deùone y quando cioè de*-
iìberiamo finalmente di fare o dire alcuna di quelle
cose , intorno le quali stavamo in forse ; siccome fe-
ce il Petrarca nel seguente modo
Che debbo dir? in un passo men varco;
Tutti son qui prigion gli Dei di Varrò
Dicesi Ccmuadcazione quella Figura, per la quale
fidandosi V oratore nella bontà del suo subbietto mo-
76
stra ricbìedere di consiglio que^ medesimi , a cin , a
contro cui favella. li che fece M. Tullio contro Ce«>
cinna in questa sentenza s Quaero si te hodie domam
tuam redeuntem ^ homines armati non modo limine ,
tectoque aedlum tuarum , sed primo adìtu 9 veslibu*
loque prohiberent, quid acturus sis? a
La Concessione ha luogo allora che V oratore con-
fidandosi nella propria causa fa sembiante di com*
portare e concedere qualche cosa eziandio sconvene»
Tole e ingiusta. Di questa Figura si valse Monsignor
dalla Gasa nella a*^ Orazione per la Lega, ove dis-
se ss Ora ecco V Imperatore riposerà quest^ anno ( se
cosi fia ; però che nessuno ce ne fa certi ) ma se
pur cosi fia , egli starà fermo quest^ anno non per
tardare, ma per andar più ratto S
La Permissione che , al parere di Quintiliano , è
assai dissimile air antecedente , consiste nella fidan^-
za , che V oratore pone nella bontà e clemenza dei
giudici o de^ suoi ayversari di guisa che si rimette
interamente nella volontà loro* Onde Virgilio così
induce Eolo a dire a Giunone
. • • Juus, o Regina, quid optes
Esplorare labor; mihi jussa capessere fas esl*
È detta Preoccupazione quella Figura , mediante la
quale 1' oratore precorre alle obiezioni altrui , o to-
glie di mezzo quelle dubbietà , che gli asciatami pò-
Irebbono concepire — Valga d* esempio Gcerone nel-
1* Orazione in favore di Archia -a Quaeres a nobis ,
Gracche , cur tantopere hoc homine delectemur ?
quia suppeditat nobis, ubi et animus ex hoc forensi
strepitu deficiatur , et aures convicio defessae conquie-
scant S
Tra le Figure di concetto si annovera pur quella
che Desiderio si appella ; e avviene allora quando au»
guriamo a noi medesimi o agli altri qualche buona
ventura, o alcuna guisa di bene. A cotale Figura
77
partengono le segmenti parole del Casa fieli* Qraxio-
ne a Carlo Quinlo S Piaccia a colai , al quale , es«
sendo egli somma bonlà, ogni ben piace, che que-
ste mie parole più alla buona intenzione che air u-
mil fortuna mia conyeneToli nel vostro animo sieno
ricevute =3 £ similmente il Tasso nel Canto VI. per
Ixx^ca d' Erminia
Ah! perchè forti a me natura e il cielo
Altrettanto non fèr le membra e il petto.
Onde potessi anch* io la gonna e il relo
Cangiar nella corazza e nel!' elmetto ?
La Sentenza non è alti'a cosa che un ammaestra-
mento proficuo al buon governo della umana vita;
ovvero, siccome fu di sopra detto parlando della Ep
locuzione del Costa , si è una verità morale e uni-
versale significata con tale brevità , che la mente di
lieve la comprenda e ritenga. Tale si è questa di
Virgilio
I9octes atque dies patet atri janua Ditis*
Ed altratale questa di Seneca nella tragedia V À-
gamemnone Atto IL
Quem paenitet peccasse, paene est innocent
La Bidribuiione ha luogo quando alcuna cosa si
divide in ciascheduna sua parte , o assegnasi a_ mol-
le persone varie operazioni. Di questo modo V osò
Cicerone nella i.^ Catilinaria ;=! Policeor vobis. P.
C. tantam in n<^is consulibus fore diligentiàm, tan-
tam in equitibus R. vìrtutem , tantam in omnibus
bonis consensionem ut ec. ec. E nelP altra guisa la
adoperò Virgilio , così incominciando Y opera sua del«
le Georgiche*
78
Quid faciat Wtas segetes, quo sydere terram
Vertere , Maecenas , nlmisque adiongere vhes
G>nTeniat; quft cura boum, quù cultus habendo'
Sit pecori ec. ce.
Il Passaggio defto da^ Greci Melatasi ^ sì fa allora
che chi parla trapassa da una cosa ad un* altra eoa
bello accorgimento e con grazia. E chiamasi Passag-
gio perfetto , quando V uditore è ammonito di quan-
to fu detto e resta a dirsi ; e dicesi imperfetto quan*
do dell' una e dell' altra cosa yiene fatta semplice
menzione. Delia prima maniera usò il Casa nella
mentovata Orazione a Carlo Y. in tale sentenza ss
Assai chiaro è adunque V. M. ritenere Piacenz» eoa
suo danno e con sua {jerdita. Veggiamo ora , se il
lasciarla le porge utile o se le reca maggior incorno^
do o disarvantaggio C3
Del Passaggio imperfetto si valse Cicerone nell' O-
razione . in favore di Roscio così dicendo ^ Age nane ,
illa vldeamus , judices , quae consecuta sunt S e al-
trove =3 Sed arrogantiam hominis , insolentiamque co-
gnoscite ^
V Epilogo sta in un breve compendio di tutto quel-
lo che divisamente fu ragionato , donde se ne cava
poi un conseguente corollario. Così M. Tullio par-
landò a prò d' Archia S5 Quai*e conservate , judices,
hominem pudore eo, quem amicorum studiis videtis
comprobari; ingenio autem tanto quantum id conve-
nit existimari , quod summorum homìnum ingeniis
expeditum esse videatis: causa vero eiusmodi quae
beneficio legis , auctoritate mnnicipii , testimonio Lu-
culli , tabulis Metelli comprobatur s
La Similitudine può definirsi una dimostrazione la
più chiara di una cosa col mezzo di un' altra , ta
quale , benché per sé stessa diversa sia , pur molto
l** assomigli, ^el seguente modo ne. usò Dante
19
A noi Tenia la creatura bella
Bianco restila , e nella faccia qbale
Par tremolando mattutina stella.
E così Alberto Lollio in morte del Ferrino j=s
Egli a guisa d** una chiara lampa , che spàrge la sua
ddara luce d^ ogni intorno ayea renduto i suoi mag-
^ori e la casa sua presso a tutti magnifica , ragguar«
-derole , e onorata =: Ma neir uso della similitudine
vuoisi avere le seguenti considerazioni: che sia con-
venevole , e provenga da cosa nobile : che sia di co-
mune intendimento : che bene risponda air intento
del dicitore : che le parole e i modi si addicano tanto
alla similitudine (][uanto alla cosa assomigliata: che
fra r una e V altra sia veramente perfetta la siml-
glianza.
La Comparazione si fa rafirontando due cose di-
verse, e mostrandone da qualche lato una piena ras-
somiglianza. I Latini la chiamarono Imago ^ e Icori i
Greci a significarne V effetto , che àa\V uso di lei si
deriva , ciò è il raffi gm*are che facciamo come in
un" imagine tale o tale obbietto od azione. In tale
guisa ne usò Lucrezio Lib. III. de Natura rerum*
Floriferis ut opes in saltibus omnia libant
Omnia nos itidem depascimur aurea dieta
Non pertanto cade in acconcio toccar qui della
differenza che ha tra la metafora, la similitudine, e
la comparazio])a. La metafora si è trasportare una
parola dal significato proprio ad un improprio, sic-
come fu detto, o veramente trasportare una parola
da una cosa ad un' altra in virili di qualche somi-
glianza , che passa fra loro. La similitudine digerisce
dalla metafora per ciò solo che va compagna a qual-
che particella che ne chiarisce e distingue la rasso-
miglianza. Laddove la comparazione richiede che si
80
renda palese il foDdamenro della stessa rassomigllaiv
ca , e si dichiari la cagione e il modo onde V uni
e r altra cosa hanno attinenza fra loro.
L'esempio risiede nella sposizione di qualche fatt*
o detto altrai, che dica hene col proposito delk
scrittore. Però M. Tullio nell^orazione per la Legge
Manilia se ne ralse in tal guisa = Majores nostn
sa&pe mercatoribus ac naviculatoribus incoriosius tra-
ctatis bella gesseruut: vos tot civium Romanorim
minibus uno nuncio necatis , quo tandem animo esse
debetis? s=:
Il Dialogismo ha luogo allora che specialmente
nella narrazione entra taluno a favellare seco stesso
o con altri ; e se ne sx>ongono le vicendevoli domaA-
de e risposte. Di questa figura fè uso Dante là <love
rappresentò la vedovella con parlante a Traiano ba-
peratore
. « . Signor , fammi vendettli.
Di^l mio figliuol , eh' è morto , òod' io m^accore.
Ed egli a lei rispondere. Ora aspetta
Tanto ehe io torni t ed ella , signor mio ^
Come persona ^ in. cui dolor s^ affretta ,
Se tu non torni? ec. ec.
L' Etopéia è riposta bella chiara fedele descrizione
deir indole , degli affetti , e di tutte le buone o ree
qualità di alcuno. Sallustio descrive V indole di Ca*
tilina nel seguente modo =: Huic ab adolescentia
bella intestina , caedes , rapinae , dbcordia civilis grata
iiiere: ìbique juventulem suam exercuit. Animus aa-
dax , subdolus , varius ; cujuslibet rei simulator ac
dissimulator, alieni ^ppetens, sui profusus, ardens
in cupidìtà t ibus . . . . Yastus animus immoderata ,
incredibilia , nimis alta semper cupiebat s=:
La Prosopografia ^ che può farsi in due maniere ,
consiste nel descrivere la persona , il portamento ^ e
le opere di alcuno, perchè se n^e sospetti di qualcbo
81
guisa r animo , o perchè aperUmente Io si raffiguri.
Ecco come il Ta.sso nel Canto III della Gernsalem-
me descrive Plutone
Rosseggian gli occhi, e di yeneno infetto
Come infausta cometa , il guardo splende ;
or ìutoItc il mento , e su T irsuto petto
Ispida e folta la gran barba scende,
E in guisa di voragine profonda
S* apre la bocca d^ atro sangue immonda.
Col mezzo di questa figura accoppiata alla Proso-
popeia i poeti mirabilmente descrivono le virtù e i
vizi , anzi ogni generazione di cose.
La Dimìnituane è quella figura , per la quale V o*
ratore , avvisando in sé proprio o nel suo cliente
qualche merito, mostra accortamente di minorarlo
per tor via ogni sospetto di vana ostentazione. Di
tale artifizio si valse Tullio sul principio deir orazio-
ne in favore di Archia := Si quid est in me inge-
nii , judices , ( quod sentio quam sit exiguum ) aut
si qua exercitalio dicendi , qua me , non inficior ,
mediocriter esse versatum ; aut si ec. ec. =:
La Digressione consiste propriamente nel lasciar
stare ad un tratto il principale obbietto del discorso
divergendo ad altre materie. Ma in due maniere si
adopera questa figura. Prende appo i Latini il nome
di Dedtnatio allora quando V oratore interpone un
breve concetto a fine di meglio dichiarare i suoi pen-«
samenti, o vieppiù illustrare le trattate materie. Chia«
msLsì Dìgressia quando il discorso viene interrotto dal-
r oratore per raccontare o descrivere cose , che cag*
giono in acconcio , sebbene non si attengano stretta^-
mente al suo proposito. Esempi di cotal genere di
digressione ne ha di molti presso i poeti , e special-
mente in Orazio; e, per rispetto alla prima maniera
torna opportuno T ayvertire quanto fu detto della fi^
gora di Dirmnutiimc*
4*
82
5- 1 1 • Delle Figure di concetto atte a commovere*
V Interrogazione , che qui registrasi la prima 9 h
quella Figura , per cui V Oratore domanda V avver-
sario non di cosa ignota o dubbia , ma va enume*
rando diverse cose a fine d^ incalzarlo e soverchiarlo
per modo che quegli sì rimanga preso e vinto. Di
questa Figura si giova spessissimo Cicerone nelle sue
Orazioni ; siccome appare da quella a^ prò di Liga-
rio ss Quidenim luus ille , Tubero , districtus in ^acie
Pharsalica gladius agebat? cuius latus mucro ille pe-
tehat ? qui sensus erat armonim tuorum ? quae tua
mens , oculi , ardor animi ? quid cupiebas ? quid op
tabas? 1=
Conviene osservare che /' Interrogazione non sola*
mente serve a convincere , ma è atta alti'esi a con-
citare ì vari afiètti ; lo sdegno , la compassione , la
mai'ayiglia , come da' seguenti esempi
. . . £t quisquam numen lunonis adoret
Fraeterea , aut supplex arìs imponat honorem?
Yirg. £neid* Lib. i.
Quid meus JEneas in te commitlere tantum ,
Quid Troes potuere? ec. Virg.
Tant» ne animis coelesdbus irae? Virg.
lì Soggiungimento detto pe' Latini Suhiectio signifi-
ca il rispondere che fa da se 1' Oratoi'e-alle proprie
interrogazioni. Così il Tolomei neir allocuzione con-
tro Leone secretario S Che dici tu , Leone ? É que-
sto vero che tu abbi divulgati i segreti misteri della
virtù , o no ? Non risponde , perchè né negare noi
può, confessare noi vorrebbe. Certo debbe esser ve-
ro !=: £ parimenti il Petrarca
Che parlo ? O dove sono ? E chi m^ inganna ?
Altri , eh' io stesso , e il desiar soverchio
8»
Chiamasi Ssdamazione un sabito interrompimento
def discorso , o 1' esprimere Tcemenli afletti deir a-
nimo e la gravezza e atrocità di qualche fatto con
alta 9 sonora Toce ; siccome in Cicerone contro di Ca-
tìlina ^ O tempora , o mores ! proh Dii immortales !
ubinam gentium sumas! quam remp. habemus^ in
qna urbe Tivimus ! E similmente fece il Bocaccio ,
dopa narrrate le sventure della patria per la soste-
nula pestilenza s O quanti gran palagi rimasero vuo-
ti ! o quante memorabili schiatte si videro senza suc-
cesspK rimanere!
U Apostrofe che è assai leggiadra ed efficace Fi-
gura 9 ha luogo allora che V oratore rivolge ad un
tratto il ragionamento da quello, col quale o verso
il quale favellava, ad altra cosa o persona lontana
o presente. In tal modo V usò il Tolomei neir ora-
zione in lode del Redi S Giovani , voi che dal dol-
ce desio di gloria spronati, abbandonando generosa-
mente gli spassi e i dilettosi inviti di vostra fresca
età non ascoltando , aH' erto e faticoso poggio dellaf
virtù v^ incamminate , dite , chi vi fece dare i primi
passi ? chi vi die mano , chi vi guidò , chi vi scor-
se, chi vi confortò nel gran viaggio, se non il Re-
di ? cs Né altrimenti appare in Virgilio là dove E-
nea si fa a parlare a compagni defunti in Troia
. . . . o terque quaterque beati
Queis ante ora patrum Troiae sub mtenibus altis
Contigit oppetere; o Danaum fortissime gentis
Tytide ...
La Frosopopeia chiamata dai Latini Conformaiio sta
nell" introdurre nel discorso alcuna persona assente o
defunta , e talvolta alcuna cosa inanimata a fare quel-
lo , che è proprio delP uomo , o di chi vive ed è
fHTesejite. ^ile addurremo alcun esempio. Monsignor
Dalla Casa nella menzionata Orazione a Carlo Y. cosi
r adopera sa Questa terra , Sacra Maestà » e questi
84
lidi parea che avessero vaghezza e desiderio di farri»
allo incontro 9 ed il vostro travagliato e comJbatluto
navillo soccorrere ; e ne^ lor seni e ne^ lor porti ab-
bracciarlo s £ a colale Figura appartengono pare i
seguenti versi di Virgilio
Atque indignai um magnos stridoribus asqaor
Mirai urque novas frondes , et non sua poma
L' Ipotiposi y che i Latini dissero Denwnstraiio , è
Figura molto acconcia a piegar T animo altrui ; e si
la quando chi parla 9 descrive tanto vivamente alcu*
ii<^ avvenimento 9 o qualche persona 9 che air uditore
cembri non già di ascoltare ma di vedere le esposte
cose. Aiutandosi di questa Figm'a descrisse Tullio a»*
sai al vivo la crudeltà di Verre S Ipse inflammatus
scelere et furore in forum venit. Ardebant oouli 9 to*
lo en ore crudelitas emicabat. Expectabant omnes
quo tandem progressurus , aut quidnam acturus es-
set 9 cum repente hominem corripi , atqne in foro
medio nudari ac deligari, et virgas eiLpediri iubet.
Oamat ille miser: se civem esste Romanum S
Tralasciamo per brevità le bellissime Ipotiposi di
Virgilio nel Libro IV. e VIIL dell' Eneide, con
che neir uno descrive la morte di Dìdone ; nell^ al-
tro i Ciclopi e il ministerio loro.
Quando imploriamo V aiuto , la fede, e. la giusti*
zia di taluno 9 o confessando il nostro malefizio , ov-
vero amplificando le nostre miserie domandiamo ve*
nia o pietà 9 allora adoperiamo /' Ossecrazione , la qua-
le nella prima anzidetta guisa fu chiamata da' Latini
MhprecaUoy e nel secondo modo Conquesiio»
f I seguenti esempi faranno veduto come questa Fi-
gura può adoperarsi nelF una e nell' altra maniera
A G>si Cicerone in favore di Ligario P Ego ad pa-
•jrentem loquor. Erravi , temere feci ; poenitet ; ad cle-
mentiam tuam confugio; delieti veniam peto; ut i»
gnoscas, oro, moveaut le horum lacrymae., moveat pie*
85
tas j m«Teat f ermaaitas , Taleat tua vox. Ola qu» tì«
ck s
£ il Tasso in tal modo induce Armida a scongiil»
rare la clemenza di Gefliredo
Per questi piedi onde i superbi e gli empi
Calchi ; per questa man che il dritto aita |
Per r alte tue vittorie e per que* tempi
Sacri , cui desti e cui dar cerchi aita ,
Il mio desir , tu 9 che puoi solo , adempì ee.
L* Imprecatone segue allora quando V Oratore o il
Poeta , acceso di magnanim* ira , chiama qualche scia^
gura sopra altrui o sopra sé medesimo. Onde pressa
Virgilio così impi'eca Didone ad Enea
Liltora littoribus contraria , fluctibus undas
Imprecor, arma armb, pugnent ipsique nepotes*
£ la medesima contro sé propria
Sed mihi Tel tellus , optem , prius ima dehiscot
Vel pater omnipotens adìgat me luimine ad umbra*
Lia Corretione è Figura assai artifiziosa, e sta nel
proferire parola o concetto 9 di cui mostriamo ricre*
derci, sostituendone altro più acconcio a line che
più di leggieri s^ imprima neir animo dell' uditore.^
Per tal modo V usò Cicerone nella Filippica XlV«
SS Nunquam enim in civili bello supplicai io decreta
est. Decretam dico? ne victoris quidem literis po-
stulata C= £ ciò rispetto alla par<^a. Quanto ad un
intero concetto , valga fra i molti , che potremmo ad*
durre questo esempio del Petrarca
Miser chi speme in cosa mortai pone
( Ma chi non ve la pone ? ) e s' ei si trota
Alla fine ingannato y è ben ragione.
86
La Sospensione consisle in un hingo giro di paro-
le , per le quali V oratore tiene in pendente V animo
degli ascoltanti intomo a cosa , che fa loro credere
di gran momento 9 e alla fine poi manifesta quello
eh* essi meno si aspettavano. Di sì fatta Figura le-
pidamente (è uso Marziale nel seguente Epigramma
Qnod convivaris sine me tam sspe, Luperoe
Inveni , noceam qua ratione tìbi.
Irascar , licet usqoe voces , mittasque rogesque ;
Quid facies? inqub — Quid faciam? veniam
La Preterizione ha luogo allora che V oratore s* in-
jGnge di passare dentro il silenzio , o d^ ignorare o
non curare di dire ciò che per V appunto rende ma-
nifesto. I Greci divisero questa Figura in due ma-
niere. La dissero Pandepsi quando fingesi tacere quel-
lo che si dice. La chiamai'ono ÀpotHexi quando si
ripulsa sdegnosamente alcuna cosa indegna a dirsi.
Della prima maniera si è la seguente di Cicerone
contro Vatidio ss lUud tenebricosissìmum tempus in&-
untis aetatb tu» patiar latere; licet impune per me
parietes in adolescentia proibderis 9 vicinos compilarìs ,
matrem verberaris su Del secondo genere sono que-
ste parole del Casa nella orazione a Carlo V. =; lo
lascio stare e Bologna e Firenze e Roma e molti al-
tri stati , de^ quali voi per avventura avreste potato
agevolmente in diversi tempi farvi Signore S
. L' Àposiopesi che non \aria gran fatto dalla Pre-
teriuone e fu detta po'* Latini Prceàsio si forma con
troncare d' un tratto il discorso , come se da sdegno ^
da dolore o da altro affetto sopraftatti non bastiamo
più a dire quello che già venivamo significando. Cosi
Virgilio nel Libro II. dell' Eneide in persona di
Sìnone
Sec requievit enim , donec Calchaate minbtro • .
Sed quid ego ha^: anteia n^quiqQaiiiingrataieTolTo?.
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E il Tasso similmente in bocca del mago Ismene
• . . che si che si • • • ma intanto
Conobbe che eseguito era V incanto
•
17 Antìtesi ossia contrapposto , sta néìV opporre pa-
role a parole , o conceJti a concetti. Del primo ge-
nere sono c|ue^ modi di dire usati in ispezie da^ poe-
ti; siccome sono questi del Petrarca
— O viya morte , o dilettoso male.
— £ gli atti suoi soavemente alteri
— I dolci sdegni alteramente umili.
Antitesi di concetto si è la seguente di Alb. Lol-
lio neir Orazione a Paolo III. s Movesi V Impera-
tore , non per cupidigia d^ allargare i confini , ma
per ccmserirarli; non per difendere le membra dello
Impero , ma per non perdere il capo ; non per op-
primere gì* innocenti 9 ma per correggere i disubbi-
dienti. S^
Non pertanto usando T Antitesi conviene por men-
te che. non sieno troppo frequenti, e che riescano
naturali ; altrimenti il discorso . anzi che acquistare va-
ghezza e forza , si farà languido e insulso.
L* Esomazione giova assai bene ad ingrandire e am-
plificare le cose , e fa si che V oratole svolge e re-
plica in diverse guise una medesima sentenza , di ma-
niera che ella si porge come nuova e sempre dilet-
tevole air ascoltante. Onde Ilioneo nel 1 . Lib. del-
l' Eneide per dire , se vive Enea y parla in tal forma
Quem si fata virum servant, si vescitur aura
£lhe^ia, nec adbuc crudelibus occubat umbris ec^
£ qui giova osservare che /' Esomazione diversifi-
ca dalla Sinonimia, per che quest^ risiede .soltanto
nelle. parole 9 e quella ne' concetti. PÌTersifca ezian-
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dio dalla Perifran » per che questa ha luogo usando
una sola circonlocazione per manifestare ' una cosa ,.
che potrebbe nominarsi espressamente , e tuttavia non
si nomina ; laddove V Esoniazione si fa nominando
la oosa stessa , e accozzando diverse Perifrasi per rap»
presentarla in varie forme , onde riesca efficace appo
gli uditori
L' Enfasi si è una maniera di favellare sentenzio*
so e grave , che in breve esprime piii di quello che
portano le parole. Tale è questa sentenza delF au>
lore ad Erennio S Noli , Saturnine , nimium populi
reverentia fretus esse: inulti iacent Gracchi i= £ si»
milmenle il Casa nella sua Orazione 2.^ per la Lega
s Dunque avremo noi V avversario nostro per Du-
ce e Capitano? ss
L* Bjnfonema altro non è che una esclamazione sen*
lenziosa, la quale per lo più conseguita al racconto
di notabili cose , che V oratore espone perturbato nel*
r animo da alcuno veemente affetto. Tale si è quel-
la di Virgilio, che, dopo ~ narrato il fratricidio di
Pigmalione commesso per cagione d* avarizia , sciama
. . . Quid non mortalia pectora cogi»
Auri sacra fames!
£ il Petrarca altresì chiude con questo Epilbnema
VQ suo Sonetto
Che bel fin fa chi ben amando muore.
^ V Ihmuiginauone o Desaiùone è Figura viracissi*
ma , e assai efficace ; e consiste nel descrivere con
gravità e brevità le conseguenze di alcuna cosa, co*
me se le avessimo dinanzi agli occhi. Cosi Virgilio
nel VI. Libro dell' Eneide
• • . Bella, horrida bella
Et Tybrim multo spumantem sanguine cerno.
8»
E Alb. Lollio simil melile nelP Qraaone a Paolo
III. S Farmi cK udir fin di qua lo sb'epito deir ar-
me , il fremito de** caTalli , il rumor de^ tamburi 9 e
lo stridor delle trombe s: Elega nlissimi esempi dì ti
fatta Figura pur si rioTeugoiio in Cicerone 9 in Om»
ùoj e negli altri poeti latini e nostrali.
L* Impossibile h Figura spezialmente usata da^ poe-
ti ; e si fa quando per vieppiù affermare la v^ità
di una cosa si arrecano in mezzo alcune impossibilir
tà , cbe maggiormente quella confermino. In tal mo-
do r adoperò Virgilio nella £gl. 1.^
Ante leyes ergo pascentur in letbere ceryl^
Et freta destituent nudos in littore pisces;
Ante pererratis amborum fiaibusi» ex.ttl
Ant Ararim Partbus bibet aut Germania Tigriu)
Quam nostro illius labatur pectore vultùs
Vh altrimenti V usò Cicerone contro di Antonio
SS Prius undae et flammae in gratiam redeant , quani
cuBt Antonio Respublica ss
La Licema console in quesito artificio; ed è cbe
r Oratore fidandosi nella propria causa favella a co»
loro , che debbe temere e venerare , con tale liber-
tà , che , perchè sembri alquanto ardito , pur niuno
offende 9 anzi talora riesce accetto a chi V ode. Si
Talse di cotale Figura M. Tullio nella 1.^ Catilina^
ria 9 siccome in altre \ sue Orazioni 9 là dove disse
ss Non deest reip. consilium , neque auctoritas huius
ordinis. Nos , nos , dico aperte 9 Consules desuinus Ci
£ di pari guisa il Casa nella sovrallegata Orazione
a Carlo V. s £ veramente egli pare da temer for-
te^ ehe questo atto possa recare al nome di Y. M.
se non tenebre 9 almeno alcun^ ombra per molte ra-
gioni ss
La Congerie si fonda neW accozzamento di molte
cose sparse pel discorso 9 e recate in una sotto gli
occhi degli uditori a fine di significare qualche ga-
*N
90
gliardo aflbtto dell' animo , o trionfare al tutto dello
avversarioi In tal guisa V adoperò il Casa nella Ora-
tione 1 .^ per la Lega a Egli tì ha nella guerra ab-
liandonali , nelle battaglie traditi , nella littoria in-
gannati , nella pace assolati 9 e neir amicìzia con
gravissima e memorabìl fame in tanta sua dovizia e
superfluità tormentati , e , quanto era in lui , uccisi
sa E per sì fatta Figura il Petrarca chiude il Capit.
III. del Trionfo d' Amore
♦
E so i costumi e i lor sospiri e i canti >
£ il parlar rotto, e il subito silenzio,
E il brevissimo riso e i lunghi pianti.
Qui faremo fine ai rapidi cenni , che recato afobìa-
JBo intorno le suesposte Figure , replicando gli avver-
timenti già altrove per noi espressi circa V uso delle
medesime ; ciò è a dire , che se di rado e opportu-
liamente usate aggiungono grazia e decoro a qualsiasi
funere di componimenti, adoperate senza consiglio,
troppo spesso e alla rinfusa o a beir arte , fanno lo
efifetto contrario alla intenzione dello scrittóio , e al
fine, a cui elle sono destinate.
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PARTE TERZA


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