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Tuesday, September 30, 2025

Grice e Maccolini

 40 

G>sta non è P opera 9 siccome sa];»enteniente ne scrìsse 
il PertJcari ^ di un meschino retore > ma di un grave 
filosofo y essendoché i precetti , che egli porge suil» 
elocuzione ^ li desume daHa natura e dalle leggi iu* 
fallibili , universali deir intelletto e del cuore umano. 
Ecco pertanto V orditura e la disposizione dello, 
materie , che riguardano alla Elocuzione , e formano 
r eccellente Trattato di Paolo Gula. 

Primamente ei pone a debito principalissimo di: 
chi scrive il rendere chiara e coavenerolmente orna- 
ta r elocuzione. Rispetto alla ehiarezza afterma pnK 
cedere essa da ^ue cose: ^kdla qmdiià delle parole , 
che si adoperano 9 e dalla collocaikme loro* Reputa pa* 
role aoconce a fare perfettamente V ufficia ioro quel- 
le , che sono ben determinate , ciò è appi'opriate a 
ciascuna idea singolare , di maniera che non possano^ 
a Tcrun- altra appartenere ; e di ciò arreca oppor* 
tuni e validi esempi. Per la quale proprietà di vo» 
eaboli egli prescrive T osservanza di queste tre cose: 
saper ben dividere le idee fino ai primi lor» dementi : 
oonosoere al possiòHe i' etimologia , ossia la derimizione 
delle voci : rendersi famigliari le opere degli antichi 
scrittori. Avverte che perfelli sinonomi in nessun i* 
dioma si trovano , perciocché la più parte di questi 
diiferiscono tra loro neH^ aumento o difetto di qual* 
che idea accessoria , o almen che sia , difleiiscono per 
la virtù che hanno di risvegliare nella mente alcun* 
altea idea più o men nobile , o per cagione del suo- 
no nobile o rimesso , ovvero per cagione dell^ uso 
che di questo o quel vocabolo é fatto in umile o in 
illustre componimento. Bandisce da qualsiasi dettalo 
le parole antiquate , e dal consenso universale degli 
scrittori abolite : giudica improprie tutte le voci de* 
particolari dialetti e le forastiere, non ancora fiitte 
nostrali dall* uso de* migliori scrittori. 

Poscia facendosi a ragionare delP accoppiamento 
delle parole, pel quale si ottiene la cUàrtiaLa y mette 
iwiauà questo T^t'o; che (^i giudieio espresso eoa 



4t 

parole dicesì proposizione , e che molte di queste com* 
ponendo il ragionamento , ve ne ba taluna che Tiene 
modificata dalle altre. £ siccome quella, che è mo- 
dificata, chiamasi principale y subcdteme le altre ^ cosi 
la principale proposizione debbe fra le subaltei'ne 
primeggiare: dal che seguita essera da cansare la 
frequenza di queste 9 perchè ove soverchie tornasse* 
ro , saprebbono indebolire la principale , anziché rai? 
forzarla, secondo che porta T ufficio loro. Intorno a 
queste proposizioni subalterne egli avverte che esse 
distinguonsi in espresse ed in implicite 9 dando per et 
spresse cpielle, che tulle appalesano le parti loro, 
come — r uomo è ragionevole; e per implicite quelle, 
die contengono giudizi significati . dagli aggiunti, da 
sostantivi con proposizioni, o dagli avv verbi, come 
a dire -— /' uomo giusto è lodato — • Piiade amò Ore*, 
ste con fede — - i Romani amarono grandemente la po', 
tria. £ quanto alle proposizioni implicite, le quali 
servono a manifestare que* giudizi , che V umano in* 
Mletto suòle formare per abito rapidamente , il G>sta 
assenna gli studiosi , «he in luogo di esse non voglia* 
no usare le espresse, onde non .4 ritardi T intelli^. 
genza del lettera o deir ascoltante. Non assegna re* 
gola speciale per la collocazione di esse proposizioni 
subalterne , per questo che , essendo destinate a de* 
Dotare alcuna qualità delle idee significate 0. da so* 
slantivi , o dà^ verbi o da^ participii , mostrano da sé 
a quale delle parti del discorso debbono appartene- 
re ; e per ciò importa collocarle in luogo tale , che 
mai non nasca dubbio se sieno poste a modificara 
meglio r uno che V altro o verbo , o participio , ^ 
sostantivo. Raccomanda ai giovani eviuire T equiv<^ 
cazioni , rispetto specialmente alla prima e terza voce 
deir imperfetto dell' indicativo , che hanno simile de- 
sinenza : £a veduto che nelle naiTazioni in particolare 
mette bene distinguere le persone e le cose , di cui 
si parla , ripetendo talvolta i nomi loro per non con* 
fondere V una coir altra. Soggiunge che a fuggii'e 



42 

peiplessìtà nel Jiscorso fa mestieri guardarsi dall' li- 
bare il possessiro suo e suoi in Tcce del relativo lei, 
lui e loro ; che le particelle copulatire , avrersatiTe 9 
illative , e somiglianti Tagliono assai a chiarire il con- 
testo del ragionamento; imperciocché col mezzo loro- 
non è costretto il lettore a passare di salto da una 
proposizione all' altra senza poter scorgere agerolmente 
le attinenze loro. 

Dopo parlato della Chiarevta , passa il G>sla a dire 
MlV Ommienlo y che consiste nell' esporre leggiadra- 
mente e conreneTolmente ogni generazione di cose. 
Intorno a che avverte che la bellezza del discorso 
^ingenera tu gran parte dalla proprietà de' vocaòoU y 
fr {ìalV ordinata composizione loro; essendo che "pt^ 
tali condizioni esso discorso venga di leggierì inteso 
da chi r ascolta , che è quanto a dire , con qualche 
aorta dì diletto. Ma tosto soggiunge che non basta es- 
aere intesi senza fatica per guadagnarci V animo al- 
trui ; liensi fa mestieri favellare distinti , copiosi , 
splendidi, armoniosi congiungendo queste qualità, che. 
costituiscono V ornamento col decoro. 

Circa poi le parti, di che T ornamento si compo- 
ne , il Costa produce in mezzo primieramente quelle^ 
voci , che per cagione del loro suono hanno simi* 
glianza colla cosa significata , o quelle che n' espri- 
mono qualche particolare qualità; però che si fatte 
voci riescono molto leggiadre ed efficaci, siccome 6e* 
lato 9 ruggito y soffio, nitrito, boato, rimbombo, tonfo 
e altre molte, le quali furono per alcuno dette ter'- 
mini figure. Co' termini propri e co' termini figure 
mette V autore in una schiera le parole nobili , sk 
Teramente che sieno convenevolmente poste in uso^ 
osservando in proposito che alcune voci, le quali si- 
gnificano cose vili o laide , pur nondimeno sono te- 
nute per nobilissime; altre x)er lo contrario, che no- 
bili cose significano non sarebbono lodate in grave 
componimento. £ delle une e delle altre adduce op- 
portuni esempì seguitando in ciò le dottrine del Pai- 



43 

lavicini y che in tre schiere parti le parole rispetto 
alia maggiore o minore nobiltà loro» 

Appresso arer detto cfe//' Ornamento si fa il G)sta 
a favellare della Metafmay dichiarandola lume e va- 
ghezza deir orazione , qualvolta sia usata opportuna* 
mente. £ siccome la Metafora non è altra cosa che 
lo trasportameuto di un vocabolo dal proprio signifi- 
cato air improprio , così è chiaro prendere essa na- 
tura di una similitudine ristretta in una sola parola ; 
ossia diviene una abbreviata similitudine ^ che si fa 
recando una voce dal proprio significato alF impro^. 
prio ; come in luogo della seguente similitudine *— 
costui è crudele come una tigre y può adoperarsi que- 
sta forma di dire •— Costui è una tigre,. Però il G>- 
sta addimostra avere la metafora virtù di presentare 
all' animo più chiaramente ogni sorta di coocelti , in 
quanto che, dando essa forma sensibile alle idee in- 
tellettuali, le pone davanti agli occhi di chi legge 
od ascolta. £ al parer suo , le più efficaci metafore 
sono quelle , cbe lo scrittore traggo dalle qualità dei 
corpi , i quali hanno attinenza colla vista , forse per 
questo che alla reminiscenza delle qualità corporee, 
che s' imprimono néir animo col mezzo della vista 
più saldamente si associano le idee , che di essi corpi 
ci Tengono per gli altri sentimenti.. Poscia addita per 
leggiadre quelle Metafore , che assai piacquero ad À- 
rìstotele , e che ci rappresentano la cosa in moto , e 
principalmente quando assegnano agli oggetti inani- 
mati le operazioni degli animati. £ fra i molti pre- 
gi , che voglìonsi riconoscere nelle Metafore , il G)stà 
pur quello ravvisa di farci osservare fra le idee al- 
cune attinenze non anco avvertite; e >ae arreca ot^ 
portunamente (j^uesti versi di Dante 

O poca nostra nobiltà di sangue. 
Ben tu se^ manto che tosto raccorce , 
Si che se non %' ap]^)on di die in die , 
Lo tqmpo va d' intorno con la. foi'ce« 



• 44 

Dai quali Tersi si pare la nuora ingegnosa simili- 
tudine di un manto colla nobiltà della prosapia , si» 
militudine tanto Tera quanto singolare; perciocché 
Qome un bello e ricco monto > secondo la dichiarazione, 
del Costa , adorna la persona di colui , che sen veste y 
cosi adoma V animo <f alami uomini queU' onore ^ chs^ 
ricevono per li pregi degli avi loro, e che chianmd 
nobiltà; ma se per virtù novella non si reintegra, e* 
wene di giorno iu giorno scemando* 

Altro pregio della Metafora è riposto dal nostro 
Autore nella virtù , ch^ essa ha di muovere con gran 
forza gli affetti , essendo che rappresenta tulle ad un 
tempo le idee, che altrimenti dovremmo recare alla 
mente altrui una dopo T altra ; ma circa V uso loro 
neir affetto , egli ne fa accorti a non dar segno di 
lavoro o di fatica intellettuale , non essendo verosi- 
mile , che vada in cerca d' ingegnosi concetti chi ha 
1' animo perturbato. Finalmente ascrive fra i pregi 
della Metafora il coprire con velo di modestia e di 
gentilezza le cose, che espresse con termini propn 
sarebbero odiose o turpi; siccome appare da seguenti 
versi di Virgilio. 

• . • • O luce magis dilecta sorcNri 

Sola ne perpetua ma*rens carpere jovenla? 
JNec dulces natos, Venerb nec praemia norbP 

Ma se le Metafore convenevolmente usate appor- 
tano lume e vaghezza al discorso, fanno contrario 
efifetto , allorché sieno guaste da que^ vizii , di cui ra- 
giona il Costa. E primamente egli dichiara difformi 
quelle, che contengono il paragone di cose o nulla 
o poco somiglianti, e che non si confanno col pro- 
posto fine. Poco lodevoli sono quelle che volendo si- 
gnificare cose piccole , prendono da cose grandi Y i- 
magine, o al contrario, ^el qual vizio incorsero la 
più parte degli scritlori del secolo XV!!, principal- 
mente i poeti , i quali svisceravano i monti per es- 



46 

Iramè i metalli; facevano sudare i fuochi ; e avixie-' 
navano V Mio con V inchiostìy>* Tiene inoltre il Costa 
per biasimeroli qnelle Metafore , che ricordano al let-* 
lore qualche bruttura , o cosa vile , od altro non di> 
oevole alia gravità delle materie , di cui si tratta ; 
né ià. bnon viso a quelle , che si cavano da cose fi- 
losofiche ; imperciocché ( egli dice ) se ti fine , pel 
quale lo scrittore usa di esso loro , si e di rendere più 
doari e più dìvì i concetti , questo non si potrà otte^ 
nere 9 traendo la similiiitdine da cose poco note o ma* 
lagevoU ad intendere , come- sono le scienze y che spesso 
ond' essere chiarite , hanno mestieri delle similitudini 
tolte dalle cose materiali; ma di raih somministrano 
imagini acconce a recar luce (die prose e aUe poesie» 
Di poi avverte che fa d^ uopo schivare le metafore 
troppo comunali , come quelle , che a somiglianxa 
delle monete passale per molte mani , sono rimase 
senza vaghezza. £ saviamente osserva che non tutte 
le metafore^ comun(|ue ben derivate, possono conve- 
nire ad ogni scrittura , però che trovandosene delle 
più o meno illustri , ne segue che il grado della no- 
biltà loro \uole rispondere alla qualità del componi- 
mento. -^ Poi da quel buon filosofo , che egli era, 
pone in norma al lettore neir oso delle metafore 
l' aver riguardo al pensare della gente , nrila cui 
lingua si scrìve, facendo ragione che come la diver- 
atà de** costumi e delle usanze deriva fra gli nomini 
d^Ala diversità de' luoghi e de' climi , cosi diverse 
ancora esser denno le idee e le significazioni di es- 
se. •— £ certamente la coùdizione de^ luoghi influi- 
sce suir indole delle similitudini ; perciocché talon 
popolo le deriverà dalle cose campestri, tal altio 
àakXe marittime , e dal commercio , o dalle arti , se^ 
condo che questi o quegli oggetti gli si saranno più 
di frequente dinanzi agli occhi. Né è men vero che 
il rigore o la benignità del clima sono cagione che 
r mnana imaginativa sia più vivace in un luogo , e 
Bianco altrove ; oì^ poi interviene che molte meta- 



46 

forc natura] issime in Asia , appaiono ardite e strane 
in Europa. Certo è altresì che le Metafore si natu- 
rano col grado di civiltà , in che un popolo x'vre sì 
che rozze e selvagge riescono là dove è molta la fiel- 
Tatichezza delle leggi e de^ costumi , e all'* opposto 
allr^ indole acquistano fra genti ben costumate e ci* 
\iii. A questa diversa natura de^ popoli il Costa in-> 
culca agli studiosi por mente, allorché torranno a 
trasportare dair una lingua all' alti'a i versi e le pro- 
se , onde non seguitino effetti contrari a quelli , che 
r autore originale ebbe air animo di produrre colle 
sue scritture. Difatto ogn' idioma ha metafore sue pro- 
prie e particolari , che si disdicono del tutto alle altre 
lingue , ove in queste si trasportino letteralmente ; sic- 
come chiaro yedesi nella lingua latina , in cui sono 
metafore , che male si tradurrebbono in italiano ; tutto 
ehe fra questi due idiomi abbia sì stretto vincolo di 
parentela. £ di vero 9 osserva il Costa, la bella me- 
tafora di Virgilio •— dassique immittU habenas 9 di- 
verrebbe difforme così recata in italiano -<- mette le 
hriglie alla flotta: quella di Orazio — • lene capiU a- 
quce sacras y male tradurrebbesi — // dolce capo del- 
l' acqua sacra 9 e T altra — - gravem stomacum Pelidce , 
malissimo si renderebbe con dire — - U grave stomaco 
del PdUk. Onde è' manifesto, che se molte sono le 
metafore della lingua latina disconvenienti air indole 
del nostro idioma , assai più debbono diilerire dalle 
nostrali quelle de^ popoli da noi disgiunti e per co- 
stume e per clima. 

Dopo ciò il Costa reca in mezzo alcune regole da 
esservarsi neir uso delle metafore , e mette avanti pri- 
mamente , che non vogliono essere ammassate nel dis- 
corso y ma parcamente indottevi yc di guisa dte paiano y 
al dire di Cicerone , esserci venute spontanee e non per 
forz4iy ne per invadere il luogo alimi. Poscia aTrerle, 
che la metafora non debbe accoppiarsi con altra me- 
tafora o con Toci proprie , di maniera che fra queste 
e quelle appaia manifesta of^posùione. Insegna che 



47 

a render chiare e naturali quelle metafore, che per 
sé medesime sarebbero ardile e spiacenti , mette bene 
talvolta disporre per acconcio modo V animo degli 
ascoltanti ; e riprova il costarne di quegli scrittori « 
che riducono le idee astratte a termini più astratti 
di quello che sì couTcìTebbe , studiandosi a tutt' uo- 
mo di rimoverle da* sensi ; e si fatti loro sottilissimi 
concetti congiungono con molte metafore fra loro di- 
scordanti , ond" è che la mente degli uditori tra que- 
sti estremi e ti*a questi contrari ysl smarrita , e nulla 
comprende. Accusa parimente di frìvolo e sciocco il 
trarre le metafore dalla somiglianza ed uguaglianza 
de** nomi imposti a cose diverse alludendo air una di 
esse mentre si fa mostra di favellare delF altra ; del 
qual difetto accagiona lo stesso Petrarca in molti luo- 
ghi del suo Canzoniere là dove laudando o piange|^^ 
do la sua donna parla del lauro , e allude intanto 
al nome di lei. 

< Appresso il ragionamento sutr uso , su^ pregi t é 
sti^ vizi delle metafore , riconosce il G>sta opportuno 
favellare degli altri traslati di parole e di concetti e 
delle figure; ma affermando egli che tali materie 
sono state definite e largamente dichiarate da tutti i 
rettorici^ sta contento a farne cenno di alcune, e si 
passa affatto deUe altre , ricordando agli studiosi .che 
si fatte maniere di favellare non sono beile se non 
in quanto vengono dallo scrittore opportunamente a* 
doperate. 

Non pertanto a noi è paruto bene enumerare sulk 
fine di questa seconda Parte essi Traslati e Figure ^ 
acciocché i giovani ne conoscano almeno le de$n{- 
zioni , e da alcuno esempio , che intorno ad esse ad- 
durr^no loro , n^ acquistino qualche notizia. 
^ Posciacchè il Costa ha dimostro in che consbta la 
proprietà delle voci e delle metafore, e come queste 
e come quelle si vogliano congiungere per far chiaro 
e accetto il discorso, viene a dire degli elementi, 
«nd' è costituita r elegama 9 dalla quale in singolar 



4t 

modo Vantaggia ogni altro ornamento* Pel Tocabolo 
Eleganza egli intende quella certa tersezza e genti- 
lezza, per la quale il ragionamento non solamente 
si rimane scevro da ogni errore , ina in ogni sna 
parte riesce ornato per forma , che da modo volgare 
del tutto si diparte. Rispetto alle parti , di che V ele^ 
ganza si compone , il Costa produce in mezzo pri- 
mieramente la Brevità} colla quale i pensieri ren- 
donsi più lucidi e penetranti. A cotal fine egli ad- 
dimostra acconce quelle voci, che somiglianti alle 
monete d* oro equivalgono al valsente dì molte ai- 
Ire , come le seguenti — dismnare y miscredere y rilega 
gere , disfrancare , disvolere ed altre assai ; e con que- 
ste i diminutivi , gli accrescitivi , i vezzeggiativi , i peg- 
giorativi 5 di cui è grande copia nel nostro idioma^ 
Anche V intralascia mento o de^ verbi , o de^ prò* 
nomi 9 o delle particelle , o degli affissi giova ad ab* 
breviare il discorso, come chi dicesse — Dammi be<* 
re — onde fosti ? — non $ono da tanto — uomo d* a-> 
nima — raggiorna -» annotta — vergognando tacque — 
e molti e molti somiglianti modi , da^ quali T orazio- 
ne acquista maravigliosa forza. £ vuoisi. avvertire che 
r osservanza delle regole grammaticali è gran parte 
di elegante elocuzione ; imperciocché , se il trascorar* 
le jion induce sempre oscmità , rende pur sempre il 
discorso irregolare e plebeo. Onde non si hanno in 
luogo di peregrini modi que^ costrutti contro gram* 
matica , che si rinvengono negli antichi autori per 
colpa o degli emanuensi , o degli stampatori , o de- 
fli scrittori medesimi , di quelli cioè che pur plebe» 
iamente dettarono nel benedetto Trecento; però che 
simili costrutti o portano oscurità n^la sentenza, o 
fastidio ne^ lettori. Oltre air osservanza delle regole 
grammaticali per rendere elegante il discorso , fa me- 
stieri por mente a^ que^ modi di favellare , i quali 
non essendo proprii degli stranieri , siccome il Costa 
avverte , gli danno quei natio coloro , e direbbesi 
quasi , fisonomia y per cui ogni idioma da ciascun at* 



Irò si dtsdngiie. E questa vaghezza di dire, che pei 
moderni è chiamata Urbanità , paò meglio sentirà 
che dichiarare , siccome appare dal seguente confron- 
to di alcuni modi volgari con modi urbani. 

Presso che niente — Yicin che niente 

Fuggire , o sequestrarsi -^ Allontanare il secolo da 

dal mondo sé 

Tra me e voi passa o — Altro è da jsie a voi 

ha difierenza 
Vivere come una bestia — Vivere a modo o a leg- 
ge di bestia 
Far rivivere — Recare a vita 

Vicino a quel luogo — Vìcin di quel luogo 

Questa bevanda ha un — Questa bevanda sa d' a* 

agro sa pcMre gi*ume 

Sono fiori della stagione — . Sono fiori che la stagio* 

ne porta o concede 
Il {»rese per marito -- Il prése a marito 

dò non gli piacque •« Ciò non gli venne in 

grado o non tornoglì 
accetto 

E qapsti bastino di moltissimi altri somiglianti , che 
chiari essendo , naturali e gentili apportano venustà 
alle scritture. Ma parcamente si vogliono adoperare 9 
acciocché non rendano per. la ti'oppa copia ricercato 
il discorso ; e sa ognuno essere V afièttazione tal vì« 
zio 9 che toglie autorità e fede al dicitore* 

Inoltre dichiara il Costa contrariò alle genuine gra- 
ne e air eleganza del ben favellare il costume di co- 
loro, i quali compongono prose con parole e modi 
fuor d^ uso 9 e costruzioni contorte alla boccacesca , 
e della stessa guisa fanno versi oscuri e senza grazia 
.e senza nerbo 9 e si argomentano poi di avere imi- 
tato Dante e il Petrarca. Ma peggiore opera fanno 
coloro 9 che gridando V uso per ai'bitro delle lingue 9 
mettono in ^riso la gentilezza e la proprietà della 
(avella, e togliendo dentro al patrio idioma vocaboli 

3 



«0 

e forme forestiere sì lo sconciano e travisano , che 
non gli lasciano di suo che la sola terminazione de^- 
le Toci. Su di che il Gista discorre sapientemente le 
ragioni , onde i superstiziosi non debbono restringere 
la lingua nostra a que^ termini , in cui stette nel tre» 
cento, né i libertini hanno a rompere- ogni argine 
si che le purissime fonti del gentil faTellare si fac- 
ciano torbide e limacciose. 

Poscia facendosi a dire della Varietà del Unguag- 
gio , la quale si è uno degli elementi , ond' è costi- 
tuita V eleganza , mostra , secondo le dottrine del Pal- 
lavicini , che il discorso può Tarlare per sei guise. £ 
la prima si è , quando a sfuggire la ripetizione dei 
Tocaboli , si pongono in uso i sinonimi , si Teramen- 
te che la picciola differenza , che è in essi , non tol- 
ga alla dizione la proprietà necessaria ; per non pec- 
care contro la quale è da por mente al vero scopio 
delle voci. La seconda , quando viene rappresentata 
una cosa pe^ suoi efiètti congiunti, come p* es. se 
poeticamente si dicesse — il Sole vdava i pesci ^ per 
significare la fine deir inverno. 

E per ciò con somma grazia e novità Dante rap- 
presentò la sera pe' suoi effetti dicendo , 

Era già r ora che volge il desio 
A naviganti, e intenerisce il core 
Lo di ch^ han detto a^ d^^lcji amici , addio ; 
E.che lo novo peregrin d'amore 
Punge , s' oàe squilla di lontano 
^€he paia il giorno pianger che si muore. 

4 

Il terzo modo della Varila sta nella definizione 
delle cose, o nelle brevi descrizioni loro, le quali 
possono prendersi in luogo delle cose stesse, o que- 
ste dinotare per qualche loro speciale proprietà, co- 
me per nominare Giove si dicesse — Il Padre degli 
uomini e degli Dei — o per dire là morte "-* Colei 
che tutte nostre disuguaglianze adegua — 



n qaarto h V uso promlf^cao della significazione at* 
tìva e passiva de* yerbi — Onde diremo indifiSsrenle* 
mente — Pietro ama la virtù, ovvero — La virtù è 
amata da Pietro , e F uno e V altro secondo 1* op« 
portnnità. 

Il qointo consiste neir oso negativo in vece del 
positivo; come chi ponesse nel luogo della seguente 
proposizione positiva — Francesco ha cessato di vive- 
re, F altra — Francesco non è più tra vivi — 

Il sesto sono le metafore , per le quali possiamo 
nnrabii mente variare il discorso^ ora volgendo in 
senso metaforico un concetto altre volte espresso con 
termini propri , ora usando metafore tolte o dal ge« 
nere o dalla specie , o da cose animate o dalle ina- 
nimale , ora quelle che alla vista , ora V altre che 
agli altri sentimenti del corpo si riferiscono. 

Detto de** modi , onde si genera varietà di discor* 
so, il Costa prende a favellare delle Sentenve^ orna* 
mento , dal quale riceve molta gravità Y elocuzione. 
E per Sentenza si vuole intendere una verità morale 
e universale espressa con tale brevità , che l' intel- 
letto di lieve la comprenda e ritenga, com6 a mo- 
do d* esempio. 

— Obtrectatio et livor pronis aurlbus accipiuntur — 

— Audaces fortuna juvat — 

— Quisque suos patimur manes *- 

— Cosa bella e mortai passa e non dura -* 

— Muoiono le Città , 'muoiono i Regni -^ 

— Infinita è la schiera degli sciocchi «* 

E così dicasi d' altre infinite* Per altro il Costa 
saviamente assenna gli studiosi di usarle a temperan- 
za in qualsivoglia sorta scritture , perchè il soverchio 
loro uso è indizio, che lo scrittore vuole ostentare 
sapienza, laddove afieltazione e null^ altro appalesa. 
Oltredicchè la troppa copia delie sentenze anziché ri- 
creare , affatica i leggitori , come interviene a chi leg- 
ge le opere morali di Seneca. 



62 

Oltre alle sentenze , le' quali con moderazione ado- 
perate giovano all' ornamento del discorso 9 il Co6ta 
riconosce pari efficacia ne^ Gancetti > i qaali sono certa 
proposizioni, che per essere nooYe ed espresse con 
brevi parole recano diletto e maraviglia agli nditorì , 
e manifestano T acuto \ingeg no di chi le dice. Di essi 
concetti ha due sorta. L' una dei detti gravi ; V altr^ 
dei rìdevoli, o delle facezie che dir si voglia. Pur 
nondimeno gli uni e gli altri nascono d^ un medesi* 
ino fonte; e' secondò Cicerone, solamente difièrisco- 
uo in questo , che i gravi si derivano da cose one- 
ste : e i ridevoli da cose deformi , o alcun poco tur- 
pi. Se non che pare giustamente al Costa che a £ar 
ridevolè un detto convenga le più volte , eh' esso com- 
prenda in se alcune idee discrepanti, congiimte in- 
sieme di maniera che la congiunzione loro dica bene 
con una. terza idea. £ moltissime sono le guise dei 
concetti ingegnosi; secondo che af^re dal terzo Li- 
bro deir Oratore. Imperciocché M. Tullio primiera- 
mente tocca delle maniere graziose , che consistono 
nelle parole, distinguendole da quelle, che stanno 
nelle cose , e che vengono significate dal parlare con- 
tinuato. Una seconda guisa sta nella imitazione dei 
costumi altrui fatta per modo di favellare continuato. 
Ma le maniere di que' concetti , che meglio fanno al 
nostro proposito , sono quelle , la cui grazia risiede 
nelle parole. £ sono, quelle primamente , che s' in- 
generano dalia metafora , quando in ispezie a chi ab- 
bia parlato, metaforicamente , si risponde cosa inaspet- 
tata continuando la metafora stessa. Poi il paragona- 
re cose vili e piccole a cose grandi , ma si per altro 
che la piacevolezza non ti'apassi in buffoneria. Anche 
V Iperbole , ciò è accrescendo o diminuendo il valo- 
re d' alcuna cosa , costituisce molti motti ridevoli. Da- 
gli equivoci eziandio nascono le arguzie , sebbene più 
spessamente ne provengano freddi e insulsi motti. 
Il' esprimere una cosa sola in luogo di due per mo- 
do che 1' altra sia intesa , fa graziosi e leggiadri al- 



63 

emii detti. Nominar pore con bnone parole cose non 
iìoone , e dedarre con nna risposta da una medesima 
cosa il contrario di quello che altri dedaceva , suole 
muovere a riso. Né senza grazia similmente sono quei 
detti 9 che bene s' accontengono al costume della per- 
sona , alla quale s^ indrìzzano ; e quelli ancora , che 
procedono da sciocchezza o goffezza finta o vera che 
ella sia. Ma oltre ai ridcToli e graziosi hanno luogo 
I concetti stiblimi y che sono quelli , i quali rappresen- 
tano con brevi parole V idea di alcuna potenza o for- 
za straordinaria , per la quale V ascoltante resta com- 
jweso di alta maraviglia : come quel luogo di T. Li- 
vio nella allocuzione di Anni]>ale a Scipione — Ego 
Annibal peto pacem — essendo che la voce Ànnihal 
rechi alla mente deli^ uditore le virtù , le imprese , 
k ferocia di quel sommo capitano. Di questi sublimi 
concetti hawene parecchi esempli ne^ poeti tragici di 
ogni età , e d* ogni popolo ; che il Medea superest 
di Seneca , il fu' il mourùi di Corneille ; quello di 
Alfieri in bocca di Carlo nd Filippo — ed io son pre- 
sto a morte — dammela tu — e moltissimi altri di 
questo gran Tragico ne fanno piena fede. Ma come 
fa detto delle sentenze, debbe lo scrittore guardar» 
di fare soverchio uso de^ concedi ingegnosi e grazio- 
si e de' sublimi ; perciocché T artifizio manifesto e 
r. affettazione contrafanno alla grazia e alla grandez- 
za vera della elocuzione. * 

Appresso aver favellato de^ concetti , procede il Co- 
sta a dire delF Armonia , la quale sta nelle attinenze 
delle lettere o delle sillabe , che si succedono eoa 
quella certa legge , che si afià alla natura delF or- 
gano deir udito. Ma essa è di due maniere : V una 
ha per fine soltanto la dilettazione degli orecchi; 
r altra , oltre la dilettazione degli orecchi , risguarda 
alla imitazione del suono e de' movimenti delle cose 
inanimate e delle animiate , e a quella degli umani af- 
fetti. Onde il Costa parlando della naturale varietà 
di suono , che hanno le parple , insegna che u vo- 



/ 



^ I 



«4 

gliono con ogrd cura allocare in guisa che il loro suo» 
no disarmonico serva all' armonia di tutto il discorso» 
E ragionato delle parli , ond^ essa armonia semplice 
si compone , cioè dèlie attinenze di tempo e di suo- 
no, fa chiaro che da un determinato numero di sii* 
labe e da una determinata positura di accenti nasce 
il numero nella nostra faveila , onde si generano mol-^ 
te specie di Tersi, e dal movimento di molli versi 
uniti nasce il ritmo poetico, come da quello di mi- 
nuti numerosi mombri d^ indeterminata misura iitasce 
quello della prosa , il quale è pure di varie sorte. 
Rispetto air armonia imitativa egli osserva derivarsi 
infinita varietà di vocaboli dalla mescolanza delle let- 
tere liquide e delle vocali; trovandosi neUa nostra 
lingua voci sciolte , languide , dense , aride , morbi- 
de , riserrate , tarde , mutole ^ rotte , impedite , scor- 
revoli e strepitanti , onde variando la composizione 
di questi suoni si possono ordinare e versi e ritmi , 
che ogni grido, o romore o movimento valgano ad 
imitare. Intorno a che egli adduce diversi esempii 
tolti da sommi poeti nostrali e latini , alcuno de^ qua- 
li fu per noi arrecato allora che tenemmo discorso 
delle più famose Epopee» Circa a quella parte della 
armonia, che imita gli affetti, il Costa afferma ciò 
provenire dalle attinenze , ch^ essi hanno col suono e 
col numero ; conciosiachè ad ogni sorta di affetti ris- 
ponda un particolare moto dell' organo vocale , per 
cui si formano voci diverse , secondo la diversità dei 
medesimi affetti. E detto come le parole s' innalza- 
no, declinano o si abbassano per le diverse lettere 
di diverso suono , di che si compongono , addimostra 
che tale particolare virtù delle parole viene rafforza- 
ta dalle attinenze, che le passioni hanno col nume- 
ro ; e in quella guisa che V uomo è nelF ira impe- 
tuoso , frettoloso neir allegrezza , lento nella mestizia , 
versatile nelF amore , immobile nella paura , cosi la 
uatwale favella in adoperando il suono e il numero 
€ontempera gli accenti, rallenta ed accelera il corso 



«5 

Jelle parole secondo la natura degli aflètti, che mi- 
ra a manifestare. £ di ciò altresì il Costa arreca op- 
portuni esempìi , che per amore di brevità qui si tra* 
lasciano ; e piuttosto avvertiremo ad imitazione di. lui 
che per dilettare gli altrui orecchi non si debhe mai 
turbare quell- ordine delle parole ^ in virtù del qua- 
le diventa chiara V elocuzione ; però che ninna lode 
acquisterà colui che per esprìmere qualsiasi o movi- 
mento o suono od afiètto coll^ armonia , o per for- 
xsare un periodo numeroso e grave , si rende oscuro. 
. Stabilite le leggi circa la chiarezza e V armonia 
del discorso , il Cojta si fa' a dire della coUocauone 
Mie parole ^fer la quale diventa efficace T elocuzio- 
ne. Intorno che senza commendare V ordine diretto 
^eglio che l' inverso , egli ne dà per regola V atte- 
nersi al modo , onde ci vengono air anima le idee • 
di maniera che volendo noi fedelmente rappresentare 
dia mente altrui ciò che abbiamo veduto o imagi- 
siamo di vedere, o ciò che sentiamo, foimar dob- 
liiamo la serie delle parole secondo quella delle no- 
ftre idee per quanto il comporta V indole della fe- 
jrella. E questa verità egli conforta di ben dedotti 
esempli del Furioso e della Eneide. E in vero V ar-? 
le del particolareggiare sta nel rappresentare con pa- 
iole le sole idee che vengono naturalmente all' ani- 
Jlo^ di chi mira le cose , e di chi è mosso dagli af- 
ieiti; ma è bisogno non trapassare questo limite, 
peaa V incorrere nel vizio della prolissità e della mi- 
nutezza , onde s' ingenera nel lettore non comporta- 
bde fastidio. Inoltre osserva il G>sta che siccome le 
cose hanno più o meno di forza sulF animo nostro 
secoido che più o meno bastano a destare 1' amore 
o 1 odio , o mettere timore , cosi interviene talora 
che e»e risvegliandosi nella mente tengono quell' or- 
dine , die dai gradi della rispettiva loro forza dipen- 
de,^ Il èie pure convalida 4;on opportuni esempli ca- 
vali dai pi'incipaU scrittori italiaiJ e latini. Finalmen- 
te avverti che lo scrìltore debbe fare opera che le 



56 

idee Tengano all' animo de' lettori crescendo per gra- 
do, e non che il Intto sia inteso al primo detto; che 
mette bene collocare V aTverbio dopo il Terbo , lo 
addtettiyo appresso il sostantiro qnalTolta Steno posti 
nel discorso a fine di accrescergli vigore ; che non si 
Tuole imitare l'esempio del Boccaccio circa la cMfy- 
cazione del verbo in punta de^ periodi, la qnal cosa 
non solamente scema di varietà il dbcorso, ma il 
più delle volte tnrba la naturale associazione delle 
idee ; e che infine nel collocare le parole secondo b 
serie delle idee conviene avere considerazione a coi- 
ciliare quest' ordine con quello , che V orecchio umi- 
no e il genio della lingua richieggono. 

Seguitando passo passo le dottrine enunciate d^ 
Costa nel suo libro della Elocuzione , toccheremo qui 
delle leggi della convenevolezaa , ossia del decoro ^ i 
quale consiste nell' accoi'do e nelle attinenze delle pa- 
role e de' modi , e dell' armonia e delle figure , U 
une con 1' altre , e tutte insieme , secondo i fini ch« 
lo scrittore si propone , secondo le materie eh' egL 
ha per le mani, secondo la condizione sua e degli 
ascoltanti , e secondo i luoghi , ove parla. E impoiv 
ta por mente che dal decoro procede la venustà , ch« 
ammiriamo nelle più belle opere dell' arte ; e senza 
di esso non ha pregio cosa veruna fra gli uomini. 
Ma essendo vari i fini speciali , a cui mira lo scrl- 
tore , varie le cose , di che e' può ragionare , vaiie 
le umane condizioni e le circostanze , seguita che ra- 
ri pur sieno i generi e le spezie de' componimmti 
per loro proprio carattere distinti. Onde il G)sta de- 
finisce questo carattere nel modo seguente a 1/ co* 
ratiere del discorso si è la contemperanza degli ebmen- 
ti y da' giudi seno costituiti la chiarezza e V onamen- 
io y fatta secondo le leggi del decoro S5 Ora If© ge- 
neri di scrivere, o tre caratteri fra loro diversi e 
distinti nascono da tre fini, che di necessiti debbe 
proporsi chi scrive ; ciò è o convincere , o persuade^ 
re, o dilettare altndj che è quanto a dii^ j adopc» 



rare o il carattere flosoficOf o il persuasivo ^ o il 
fobico» 

Rispetto al carattere filosofico y che è quello di con- 
vincere chi legge od ascolta , il G)sta saviamente ad« 
dimostra che la virtù di esso risiede nella precisione 
delle parole e de^ modi , e che pei' ciò essa preci- 
none vuole essere la prerogativa di sì fatto genere di 
scritture. Dal che seguita che le metafore e le figu- 
re debbono assai di rado e sobriamente accettarsi nel- 
lo scrivere insegnativo 9 e similmente ogni soverchio 
ornamento 9 acciocché il verosimile per cagione degli 
artificii oratorj non abbia ad invadere il luogo dei 
vero ; né paia che il filosofo voglia invescare e pren- 
dere altrui. Tutlavolta vereconde metafore , e alcune 
naturali figure , e modi urbani e gentili , e armonia 
facile e piana non sono disdetti al filosofo ne^ propri 
scritti. 

Dato il contrassegno del carattere filosofico viene 
il Costa a fare il somigliante del persuasivo* Egli os- 
serva essere grande la differenza tra il convincimen- 
to e la persuasione;, però che per essere convinti 
dobbiamo conoscere tutte le proposizioni , che com- 
pongono un ragionamento fino alle prime percezioni , 
dalle quali dipende il prìncipo fondamentale di quel- 
lo ; laddove per essere persuasi 9 basta che il regio* 
namento abbia per fondamento o V opinione , o V ap- 
parenza, o r autorità. Dal che i*isulta che la persna- 
flione non proviene sempre dal conoscimento di tutte 
le proposizioni 9 che occorrono nelle filosofiche dimo- 
strazioni 9 onde a guadagnarci V animo altrui non ca- 
de sempre il dimostrare sottilmente alla maniera dei 
filosofi 9 ma bene sta V usare di qualsiasi verosimile 
principio; di comporre invenzionr^ che abbiano sem- 
manza di verità'; di adoperare figure 9 che 9 concitan- 
do 1' animo delf uditore 9 conformino la mente di 
lui al voler nostro di guisa che venga spontaneo e 
sollecito n^la nostra sentenaea. Ma conviene d' altra 
parte rimoTere dal discorso ogni proposizione e ogni 

3» 



A I 



é8 

artifizio 9 che sappiano di falsità ; perciocché se P W" 
te oratoria non è veramente V arte di dlmosifare ( nel- 
lo stretlo significato de' filosofi ) si è senza meno, co» 
me la defini Dionigi d' Alicaiuasso , /' àrie dì fard 
credere > Però primo ufficio dell' oratore , dice il G>- 
sta , è il provare la sua proposizione nella divisata nuz- 
niera, cioè per naturai guisa e chiaramente; secando 
ufficio y il dilatare ; terzo , il commovere. Onde addo- 
mandasi accorgimento nelle pro\e ; sobrietà negli or- 
namenti spettanti al diletto; veemenza nel concitare 
gli afiètt\. Per cotal modo si perviene a trionfare e 
governare la volontà degli uomini. 

Dal carattere persuasivo passando il G)s(a a/ poeti- 
co, ne fa veduto che la poesia fu dal po|)o]o inven- 
tata per proprio diletto , e poscia dagli autori della 
TÌIa civile ad ammaestramento di esso popolo adope- 
rata. Onde il fine del poeta si è quello di piacere 
alla più parte degli uomini. Investigando pertanto 
quali sieno i modi che dilettano il più degli uomì- 
Ili , e quali sieno quelli che li noìano 9 si peiviene 
a conoscere quali convengono e quali disconvengono 
al carattere della locuzione poetica. £ siccome è ma- 
nifesto che le parole apportano diletto colla malei'ia- 
le struttura loro , e colla qualità delle idee 9 che re- 
cano alla mente , cosi ne seguita che il carattere poje- 
tico debbo nascere dall' una e dall'* altra. Dell^ ar« 
monia , onde sono dilettati i sensi e appagato V in- 
telletto in virtù della imitazione y già toccammo di 
M)pra. Ora accennando la natura delle idee dilette- 
voli abbiamo dal Costa , che propri saranno del ca- 
rattere poetico i vocaboli e i modi acconci a sveglia- 
re ad un tempo la rimembranza di molte sensaaùo- 
ni piacevoli , ed a concitare le varie passioni , e a 
rendere sensibili coU* aiuto delle similitudini tolte dal- 
le cose corporee i più sottili concetti della mente. 
Su di che egli avverte eh» gli aggiunti opportunamenr 
te scelti valgono a significare le passioni o le auoni 
e gli usi delle cose ^e le qualità loro proprie , le quali 



/ ^9 

meJianie i soU nomi sostantivi non verrehÒono air ani* 
mo de* lettori ^ o ci verrebbono deòolmente. Mostra che 
le Metafore danno corpo alle idee astratte; che i 
Tropi rapfHnesentano agli occhi dell^ intelletto quella 
soia parte o qualità delF obbietto , che per la prima 
eolphnebbe il senso di colui, che cogli occhi del 
corpo il mirasse. Per queste arti si vestono i con* 
cetti intellettuali di forme sensibili, di maniera che 
pare al lettore non di percepire per segni le cose , 
ma di vederle e quasi toccarle con mano. 

Dopo avere il Costa ragionato del carattere filoso- 
fico , persuasivo e poetico in genere , si fò a dichiarare 
la specie loro. £ quanto a quella del carattere filo* 
sofico , avveitendo che la matematica , la iSsica , la 
metafisica , la morale , la politica , le arti liberali , e 
le meccaniche , e molte altre conoscenze attinenti alle 
anzidette essendo le materie , intorno le quali cade 
r insegnamento 9 interviene, che dovendo gli scrittori 
usar parole e modi conirenienti alF indole di cjasche^ 
duna delle dette materie, vengono di necessità a co» 
stituire diverse specie di carattere insegnativo più ò 
meno austero. £ fa d' uopo altresì aver considerazio- 
ne alla persone , a cui s indrizza lo scrittore ; le 
quali sono di due maniere : alcune letterate , ed al- 
cune mezzanamente iustruite, si che colle prime si 
converrà stretto sermone ; più diffuso colle altre , 
siccome quelle che vogliono intendere per minuto 
ed anche per via di similitudini e di esempi le co* 
se, che vengono loro esposte. 

Carca la particolarità del carattere persuasivo, è 
parimenti da avvertire alla diversa condizione delle 
persone , a cui si parla , di maniera che quanto mag- 
giore negli ascoltanti sarà V acutezza dell^ intelletto e 
la sapienza , altrettanta esser dovrà la cura nelF ora- 
tore di occultare l'artificio. £ perchè in tre schiere 
può partirsi ogni ordine di persone; vale a dire in 
uomini letterati , in nomini forniti di convenevole di- 
ffcrezìoiie di meate, e finalmente nel minuto popolo^ 



60 

così tre specie di carattere persuasivo si richieggono» 
La prima partecipa alquanto delie <[ualità proprie 
del genere filosofico; la terza dì quella del poetico; 
la seconda è media fra le due. Per la quale di^er- 
sità di persone , e per conseguenza delle cose , di cui 
si può favellare, i reUorici restrinsero sotto tre soli 
nomi i molti membri del carattere persuasivo; e que* 
sti sono , il sublime , il temperalo ^ ed il tenue, onde 
è chiaro che a ciascuna di queste specie si addicono 
e Tòci e modi particolari. Di che il €o6ta arreca op» 
porlune e sapienti dimostrazioni. 

Quanto alla specie del carattere poetico V autore ^ 
le cui dottrine Teniamo accennando , dichiara che 
questo^ genere non si vuole dividere in ispecie per 
rispètto della diversità degF intelletti ; imperciocché 
tanto gli uomini di sottile ingegno 9 quanto quelli , 
in cui la fantasia prevale air intelletto , hanno tutti 
dinanzi al poeta una medesima disposizione ; ma con- 
viene dividerlo per rispetto della condizione del poe«* 
ta , o delle persone , che egli introduce a parlare , e 
delle varie cose , ch^ eì fa subbietto del canto. Laon- 
de essendo varie le passioni 9^ e le cose, che espri- 
mere si possono dal poeta lirico, ne seguita che il 
canto si divide in varie specie, che tutte poi si li- 
mitano a tre , come nel carattere persuasivo , cioè al 
sublime, al -mediocre, e al tenue. Però ciascuno di 
questi canti avrà qualità sue proprie. £ chi torrà a 
celebrare le laudi degli Dei e degli Eroi, e vorrà 
ritrarre alte e generose passioni , avrà mestieri dì 
magnificenza e gravità di modi , di sentenze e d^ ar- 
monia i non che di splendide illustri parole , e di 
nobili concetti. Più tenui maniere e parole, e più 
temperata armonìa si accon vengono a chi tratta di 
materie meno gravi , e avrà per le mani meno splen- 
dido subbietto. Quegli poi che toccherà di miti aC* 
fetli , o di scherzi , o di simili cose , a piacevolezza 
e semplicità , a soave e varia ma sempre tenue ar- 
monia debbe comporre il proprio Canto* Di qui il 



61 

cdrattere speiciale de^ poemi epici e romanzeschi ; de' 
poemi burleschi e delle novelle: di qui la varietà 
de^ metri , alcuni de^ quali portano seco 1* umiltà , 
altri la mediocrità , ed altri la magnificenza dell^ ar» 
monia. 

Dopo ciò procede il G>sta a dire dello stile, cui 
sapientemente e' definisce = il carattere del discorso 
modificato secondo le qttalllà dell' intelletto , della Jan" 
iasia, e degli affètti dello scrittore == Però rendesi 
diiaro che essendo la disposizìoue dell' ingegno e delle 
affezioni dell" animo in ciascun uomo diverse , anche 
le maniere dello scrivere , ciò è lo stile , debbono 
essere di numero pressoché infinito. Ed ecco la ca<- 
gione 9 onde taluno scrittore riesce nitido e chiaix) ; 
o dolce e piano; tal altro leggiadro e grazioso; al<« 
euno perspicace e sottile ; chi maestoso e grave ; chi 
molle e delicato ; questi rapido e robusto ; quegli co- 
pioso e pieno 9 e pur tutti meritevoli di pari com* 
mendazione , e ciascuno a so medesimo e a nuir al- 
tro ^somigliante. 

DoxM) detto dello stile il G)sta si fa a ragionare 
del modo di acquetare le qualità necessarie a seri- 
vere gentilmente , con che pone fine alF opera sua. 
Ma perchè noi più innanzi faremo di ciò parola , qui 
diamo per finiti i rapidi cenni, che abbiamo latto 
intorno V Elocuzione secondo le dottrine di Paolo 
Costa ; e passiamo a trattare di corsa de' Traslati e 
delle Figure, siccome promettemmo di fare là dove 
fu ragionato de' pi'^gi e de' vizj della Metafora. 

CAPO IL 

De' Tradati di parole. 

Oltre la Metafora , parlano i rettorici *della sinedo- 
cbe , che i Latini cbianyuao Intellectio > ed ha luogo 
allora che si nomina la parte in vece del tutto ; come 
iu VirgUio 



62 
S«d>iiiersa8qae obrae puppes 

O si nomina il tutto , e si intende una parte sola ; 
come appare dal seguente luogo del Palrarca 

G>me il freddo armo oltre' V ondoso mare 
Caccia gli augelli. 

Ovrero quando in vece della cosa si nomina la 
materia , onde ella è composta ; siccome disse Orazio 

Non domus et fundus , non mrls acerrus et auri^ 

O nominando il genere per la specie, o la specie 
pel genere , come chi dicesse con Virgilio 

. • . Pnedamque ex unguibus ales 
Projecit fluyio. — o col Tasso 
E le mamme allattar di tigre Ircana 

O adoperando il plurale in luogo del singolare , e 
TÌceversa , come fa V Ariosto nel Furioso 

Crudel secolo ]K)Ì che pieno sei 
Di Tiesti , di Tantali e d^ Atrei I 

^ il Petrarca. 

Ma se il Latino e il Greco 

Pai'lan di me dopo la morte ^ è un rento» 

£ per altro da avvertire circa questo Traslato , che 
esso diverrà vizioso allora che V imagine della cosa, 
da cui si prende la parola, non sìa -bene associata 
alle idee che si vogliono svegliare in altrui, e non 
sia atta a fare impressione\nell' animo più che le. 
altre idee, che vanno in sua compagnia. Cosi U 
CostÀ. 



6$ 

La Metonimia dai Latini detta Denominaiio conMste 
nel nominare la causa per 1* efletto , o questo per 
quella ; il contenente pel contenuto ; il possessore per 
la cosa posseduta ; la Tirtù ed il vizio in luogo del- 
V uomo virtuoso o del vizioso; il segno per la cosa 
significata , ed al contrailo. 

Nominò la causa |x;r T efletto il Petrarca con que- 
sti versi 

• . • • ed ha fatti suoi Dei ^ 

Non Giove e Palla , ma Venere e Bacco 

Laddove Virgilio si valse dell' effetto per dinotare 
la causa dicendo 

Lucius et ultrices posuere cubilia curae, 
Fallentesque habitant morbi ec. ec. 

E parimenti il Poliziano 

E il cicco errore or qua or «à svolazza. 

Il contenente pel contenuto venne usato da Cìce* 
rone quando egli disse s= Mei capitis servandi causa 
Romam uno tempore, quasi signo dato, Italia tota 
convenit = 

Nominò il possessore per la cosa posseduta Virgilio 
là dove scrisse: 

lam prox-imus ardet Ucalegon.^ 

M. Tullio nella seconda Catilinaria nominò il vi- 
zio peir uomo vizioso allorché disse = Cum ignavia , 
cum luxuria , cum amentia nobis certandum est =s 

Il segno per la cosa significala fu adoperato da 
Virgilio e da Dante co' seguenti versi 

nium non populi fasces, non purpura regua 
Flesuit . • » y* Iiib. II. Georg. 



64 

E come messaggier che porta olirò* 

C. I. Par. 
La Catacresi chiamata da Latini Àbusio si annere- 
rà anch' essa fra i Traslati di parole , e si fa ogni 
volta che manca il termine proprio per significare 
alcuna cosa , e si ricorre ad una metafora in ma- 
niera per altro alquanto ardita. Cosi Virgilio serven- 
dosi di questo traslato appellò eqiaan il simulacro dx\ 
cavallo che i Greci lavorarono sotto le mura di Troia 

. . • Equnm divina Palladii arte 
£dificant. 

E presso vari scrittori Latini s' incontrano le se^ 
guenti guise di favellare -— grandem orationem — ' 
minutum animum — « longum consilinm — 

La Metalessi che i Latini dissero Partecipatio com- 
prende in se medesima la Metonimia e la Metafora , 
e si fa in due modi 1 .^ quando una medesima cosa 
ae dà di sé due impressioni diverse e simultanee , e 
noi riferiamo indifièrentemente le proprietà delF una 
a qudle deir altra , siccome fece Virgilio quanda 
disse — Frigus captamns opacum — • ciò è a dire 
captamus ad umbram. £ D&nte a signific£ure che era 
venuto ia luogo tacito e teneln'oso scrìsse 

'V venni in loca d* ogni luce muto* 

2*^ Quando per dinotare una cosa ne nominia- 
mo un^ altra , ma sì disparata che a ben intendere 
quella prima , fa mestieri giugnervi grado per grado* 

Tali sono questi modi che leggonsi in Virgilio 

Ternaque transierant RutulU hibema subaetts.^ 
Post aUquot mea regna videns mh'abor arista^ » . 

e tale questQ di Dante 



65 

Ha non cinquanta Tolte fia raccesa 

La faccia della donna che qui regge ec. 

Lia Nominazione che scmhra equivalere ai Termini 
Figui^e , di che si è fatto parola trattando della Elo- 
cuzione, consiste o in un vocabolo non prima usalo 
e acconcio ad imitare col suono la cosa , che si vuo- 
le per esso significare , oppui'e sta in voci già cogni- 
te, ma disposte per maniera, o per metafora tras- 
portate a dinotare iftia cosa , che abbia con esse so- 
miglianza di suono. Però famigliari sono al nostro 
idioma i seguenti modi — il fischiar delle serpi — il 
gracchiare de' corvi — V abbaiare de' cani — il bela- 
re degli agnelli — 1' urlare de' lupi — il ruggire dei 
leoni — il mugghiare de' tori ec. e in queste voci me- 
desime — bombarda — schioppo — cannone — cam- 
pana — e in non poche altre simili scorgesi una co- 
tale imitazione di suono, ^asce anche questo Trasla- 
to' o da una metafora ad arte usata , o dalla collo- 
cazione delle parole. Appartengono al primo genere 
i seguenti modi adoperati dai Latini s Postquam fe- 
ài impetum in Rempublicam , fragor cìvitatis audi- 
tus est s3 però che le voci impetus e Jragor sono me- 
taforiche , e parimenti col suono esprìmono V azione 
che prendesi a significare. Sono del secondo genere 
questi ver^ di Virgilio e del Tasso 

Vela dabant laeti , et spumas salis aere ruebant. 
Il' rauco suon della tartarea tromba. 

CAPO III. 

Dè^ Tramati S concetto. 

Se i Traslati di parole seguono ogni volta che si 
trasporta una voce dal significato proprio ad un im- 
proprio ; que' di concetto stanno in - un pensiero es- 
presso talora con parole proprie , ma di tale maniera 



66 

che venga inteso diversamente da quello che esse pa* 
role portano. I traslati di concetto sono i seguenti. 

V ÀUegoria y V Ironia , V iperbole y la Paràfrasi 9 4 

V Antonomasia^ 

L* Allegoria che pe* Latini fa detta Permutatio sk 
è una metafora continuata per modo che altro riesce 
quello che V oratore o il poeta dice , ed altro ciò 
che essi intendono significare. Così il Petrarca sotto 
il simbolo di una nave racconta le sue sventure 

Passa la nave mia colma d^ oblio 

Per aspro mare a mezza notte il verno ec. ec« 

7 E Orazio sotto V allegorìa pur Ì* una nave nel- 
CMe XIII. Lib. I. descrìve lo slato della Roma- 
na Repubblica a^ suoi tempi co"* seguenti versi 






O navis, referent in mare te novi 
Fluctus. Oh! quid agis? forliter occupa 
Portum ec. ec. 

, Ha usando V Allegorìa importa aver considerazio* 
ne a tre cose. La prìma , che riesca, facile e chiara^ 
onde, come dice M. Tullio, per la sua oscurità non 
diventi un enigma. La seconda; che la stessa meta- 
fora venga continovata sino alla fine , perchè non si 
caggia nel vizio di alcuni , che incominciano a par- 
lare di una burrasca , a modo d' esempio , e vanno 
a terminare con un incendio , o con un rovinio , se- 
condo che osserva Quintiliano. La terza ; che sia bre- 
ve e dicevole alla cosa , che si vuole rappresentare. 
L* Ironia chiamala dai Latini Dissimulatio è quel 
Traslato , per cui le parole esprìmono il contrario di 
quello , che conviene intendere , o per le circostan- 
te , o pel suono della voce , o per la natur£| della 
cosa stessa , che repugna a quanto di lei si dice. Cosi 
Cicerone nella Filip. i. contro di Antonio :=i Quid 
tandem erat caussjc , cur senatum externo die tam 



07 

diterbe cogeret • . • Hannibal, credo, etai ad por- 
tas , aut de Pyrrlii pace agebatur ec. E= E similuien- 
le Dante nel Canto XXVI dell' Inferno 

Godi , Firenase , poiché sei si grande 
Che per mare e per tei'ra batti V ale , 
E' per V Inferno il nome tuo si spande. 

Che se V Ironia pervenga fino a mordere altrui ^ 
e fargli ingiuria, acquista nome presso i Latini di 
suhsanatio e di sarcmmos appo i Greci, siccome suo- 
nano questi Tersi del Tasso 

No, non potrai dalle mìe mani, o forte 
Delle donne uccisor, fuggir la morte. 

. V Ip&Me detta pe' Latini Superlatio si fa ingran- 
dendo , o minorando con esagerazione le cose di ma* 
niera che montino o scemino del proprio intrinseco 
Talore. Tale è da reputarsi la lode, che Cicerone 
tributa a Cesare neli* Orazione a faY(M*e di Marcello 
S Donndsii gentes immanitate barbaras, moltitudine 
innumerabiles , locis infinitas, omni copiarum geilfere' 
abundantes S e tali sono i seguenti versi di Dante 
nei Canto XXYII del Purgatorio 

. .. • • In un bogliente vetro 
Gittato mi sarei per rinfrescarmi. 

Ma conviene usare assai parcamente di questo Tras- 
lato , come quello che di leggieri può riuscire vizio- 
ao. E però fa mestieri comporre V Iperbole per mo^ 
do che faccia credere altrui essere la cosa descrìtta 
f|uale fu per Io scrittore veduta. Onde Longino cap. 
38 del Sublime dà per eccellenti quelle Iperboli , le 
quali nascono da alcuno veemente afietlo dclF animo , 
e dalla magnificenza degli aggiunti. 

La Perifrcisi che i Latini appellarono CircuUio è 



68 

nn colai giro di parole , con che lo scrittore signifi- 
ca quello che o con una sola o con pochissimp vod 
poteva esprìmere. Della Perifrasi si valide Cicerone a 
favore di Milone , dove disse sa Fecerunt id servi 
Mìlonis , ncque imperante , ncque sciente , ncque prae- 
«ente domino , quod quisque servus in tali re facere 
voluisset SS E di essa usò Dante nel Canto XJLMV 
dell' Inferno , dove chiamò Cristo 

L''' uomo che nacque e visse senza pecca- 

Così il Petrarca a dinotare V Italia disse 

il bel paese 

Che Appenin parte , e il mar circonda e 1^ Alpe 

Là Perifrasi reca ornamento e chiarezza al discor- 
so, e fa altresì che si passino dentro il silenzio al- 
cune cose , che non mette bene sìgnifiare co^ termini 
propri. Ma vuole essere adoperata con moderazione, 
onde il discorso non sa. faccia languido e soverchio/ 

X' Antonomasia detta dai Latini Pronominaiio non 
varia gran fatto dalla Perifrasi, ed ha luogo allora 
che non potendo o non volendo noi nominare taliH 
no pel suo nome proprio, ciò facciamo col mezzo 
di un appellativo. In sei guise adoperasi 1* Antono- 
masia. 1.® In rirtù de' Patronomici , siccome abbia- 
mo da Orazio , che in luogo di nominare Achille 
^ Agamennone disse 

Neslor coroponere lite» 

Inter Pelidem festinat et inter Atridem 

2.^ Coir accennare la patria o il luogo y ove di- 
mora la persona , a cui si allude , in vece di lei me- 
desìaia. Fero il Petrarca accennando ad Annibale 
disse. 

Vidi oltre un rivo il gran Cartaginese 



r 



69 

E Dante anziché nominare Licurgo e Sotonc , così 
(avello 

Atene e Lacedemone che fenno 

L^ antiche leggi e faron si civili ec* ec. 

S*^ Ponendo un aggiunto nel luogo del nome pro- 
prio. In tal guisa Dante per significare Omero disse 

siam con quel Greco 

Che le muse lattar più eh' altro mai 

4.^ Adoperando pel nome proprio quello deir ar« 
te, della dignità o del- ministerio di alcuno, come, 
a cagion d* esempio , quando dicesi — il Filosofo per 
dire Aristotile; il Mellifluo per significare s« Bernar^ 
do ; /' Angelico per accennare a s. Tommaso , e cosà 
Tà discorrendo. 

5*^ Usando un nome proprio in vece di un ap- 
pellativo* G>sì Giovenale , quando disse 

Tertius e Gelo cecidit Cato 

E il Salvini , quando chiamò il Magliabecehi^ Ao- 
vello Ftdereo. 

6»^ Nominando alcun popolo in luogo dell^ attri- 
buto , che si costuma ascrivergli. Però usiamo la vo- 
ce Greco in vece di frodoleuto; quella di Cretese in 
cambio di bugiardo; quella di Cartaginese per man- 
catore di fede. 

CAPO IV. 

Delle Figure di parole. 

Queste differiscono dai Traslati per ciò» che, se 
questi hanno luogo col cangiare in certo modo il si- 
gnificato delle parole, quelle procedono egualmente 
dalla virtù delle voci proprie e delie traslate, per- 



\ 



7i 

IHa takolta la gradazione consute Qnicameiite ne^ 
concetti 9 ano de^ quali cresce sopra V altro , grado per 
grado senza reiterazione di ^veruna parola ; e diventa 
allora leggiadi^a ed efficacissima Figura — G>sì Ci- 
cerone s=s Nihil agis y nihil molirìs , nihil cogitas 9 
quod ego non modo audiam, sed etiam videam, 
pleneque sentiam. 

Il Polismteto si è V unione delle varie particelle 
o copulative o disgiuntive, per le quali chi parla 
pone inanzi agli occhi degli ascoltanti molti obbietti 
in un medesimo tempo. Onde il Petrai*ca cosi disaa 

L^ acque parlan d^ amore e V óra e i rami 
E gli augelletti e i pesci e i fiori e inerba 

X' Àpaieugma è quella figura , per la quale le 
parti del discorso , che potrebbono esser rette da nn 
verbo solo, vengono contrassegnate in ciascuna sen* 
lenza da verbi particolari ; come a cagione d' esem- 
pio s= Popolus R. ^Numantiam delevit , Garthaginem 
flustiilit , Corinthum disiecit , Fragellas evertit c^ 
Rispetto alle figure di scioglimento, le quali consi->< 
stono in qualche voce intralasciata nel discorso , pur- 
ché essa voce di lieve sottintendasi, havvene di tre 
maniere , o piuttosto sono ti'e le dette figure , e 80* s 
no, la Disgiuntone, lo Zeugma e la Reticenza^ 

La Disgiunzione d' indole contraila al Polisintelo 
si là allora che V oratore o il poeta concitato da ga* 
giiardi afiètti rappresenta svariate cose in un punto» 
solo om mettendo le particelle congiuntive; siccome « 
fece M. Tullio nell^ orazione in favore di Marcello 
sss Constituenda judicia , revocanda fides 9 compri- 
oiendae libidines, propaganda soboles ec« ec. = Si* 
milmente adoperò Virgilio là dove disse 

Gelum, mai*e, sydera testor. 

Lo Zeugma detto dai Ladni Conjunctio o ÀSunctiù 
ha luogo qualvolta che un solo verbo collocato ia 



j 



r 



73 



principio o in fine, od anche nel messo regge di- 
verse proposizioni. Di questa figura usò Alberto Loi- 
lio nella allocuzione a Paolo 111 dicendo =5 £ cosi 
finalmente la temerità alla ragione , la bugia alla Te* 
xil'à , le tenebre alla luce daran luogo s=s 

La Reticenza è quella figura , per cui omettiamo 
nel discorso alcuna parola , che dalla tessitura e dal 
.«nso delle altre agevolmente s' intende. A tale figura 
appartiene quel modo di Orazio 

— - Donarem tripodas praemia fortium «^ cioò 
^ui simt prasmiafortiìmi. Similmente parlò Dante nel 
Canto XV del Paradiso 

Mon y* era giunto ancor Sardanapalo 
A mostrar ciò che in camera si puote «— intendi 
la voce commettere* 

Circa le figure di similitudine , le quali consistono 
in leggiadri molti, o scherzi, che nascono da due 
o più Toci somiglianti di suono , e diverse di signi- 
ficato , a quattro si restringono , e sono — la Fara^ 
nomasiay i Pari-Munenti, i Pari-consonanti y e la Cor^. 
rispondenza de' membri , ossia V Isocolon» 

La Paronomasia detta pe^ Latini Àdnommatio é di 
doe maniere. La prima, ponendo due parole Tuna 
appresso T altra simili o qv^si simili di suono, e op- 
poste di significato; siccome lece Virgilio in quel 
verso 

Lybicis teris otia terris. 

La seconda , quando di necessità si ripete la stessa 
parola nello stesso significato, ma con qualche mu« 
tamento; siccome dbse Ovidio 

Spectatum ornatae veniunt spectentur ut ipsae. 

E di questo modo la Paranomasia ritraggo assai 
della Traduzione , salvo che in questa , per essere ^ 
gura d' aggiungimento , può intralasciarsi la ripeti^ 
zione della parola , neir altra non mai. 4 



74 

Si chiamano Parl»Finienti V incontrarsi di due o 
più parole in un medesimo periodo allo stesso caso , 
tempo, o persona, ancorché differiscano alquanto 
nella terminazione loro. Con M. Tullio nella i.^ 
Gìtilinaria sa Ad hanc te amentiam natura peperìt 9 
voluntas exercuit, fortuna servavit S 

1 Pari-Consonanti ossia il similiter dssinens de^ La* 
tini è una cotale consonanza di suono tra varie pa* 
role insieme congiunte nel discorso , o sieno nomi , 
o sieno verbi , comecché variino di caso , di tempo 
o di persona. Onde lo Speroni in un suo dialogo cosà 
disse a II qual nome , non ha molto ad andare , cfaei 
d^ odioso , di scandaloso , di abbominevole , di biasi- 
mevole , di dispregialo , di perseguitato che egli è , 
sarà per santo adorato, ss 

La Corrispondenza de* menibri 3 ovvero V hocoUm, 
sta in quella grazia , che acquista T elocuzione alloi- 
ra quando i membri di un periodo non diversificano 
di misura e d' armonia. Il che si fa manifesto da 
queste parole di Cicerone nella a.^ Filippica s Quod 
bene cogitasti aliquando , laudo ; quod non indicasti^ 
gratias ago : quod non fecisli , ignosco. 

Ma somigliante Figura vuole essere adoperata con 
naturalezza e non a bello studio ; perciocché crebbe 
puerilità il comporre tutti i periodi con eguale ar- 
monia e misura; laddove il discorso debbo acquista- 
re dalla varietà bello ornamento , siccome altrove ac- 
cennammo. Le. medesime avvertenze sono da avcr^ 
per rispetto delle altre figure di parole, le quali sa- 
prebbbono rendere ricercato e insulso il discorso, 
qualora o troppo spesso o con soperchia cura fossero 
cerche e adoperate. 



76 

CAPO V. 

Ddle Figure dk' concelto. 

Adornare e mettere nel più chiaro lame qne^ pen«^ 
sameati 9 che significare vogliamo colle parole , e che , 
bene adoperando , fanno 1' elocuzione leggiadra , no* 
bile ed efficace , è quanto si comprende sotto' il no- 
me di Figure di concetto. Ma queste sono di due 
specie , secondo Cicerone : altre miti , e come a di* 
re, più famigliari al comune favellare: altre vee- 
menti 9 e fuori del volgare uso. Onde quelle servono 
a iarci graziosi e a persuadere altrui; queste a c(Hn- 
movei*e e convincere chi u' ascolta 

%i I. Bèlle Figure di concetto più miti* 

Diremo primamente della Dubitatone y la quale, 
Secondochèil vocabolo suona, sia in certa sospensio- 
ne deir animo intorno' a ciò , che vogliamo prima 
dire , e che poi , o a qual consiglio dobbiamo me- 
glio appigliarci. . Ecco come ne usa lo Speroni - nella 
oraanone funebre della Duchessa d* Urbino s Ma la 
mia orazione da qual parte delie sue laudi prenderà 
il suo principio? Ove avrà ella il suo fine? e con 
qual ordine ragionando trascorrerà le altre doti di 
questa illustro Signora ? A Se non che alla dubita^ 
zione conseguita talvolta V deùone y quando cioè de*- 
iìberiamo finalmente di fare o dire alcuna di quelle 
cose , intorno le quali stavamo in forse ; siccome fe- 
ce il Petrarca nel seguente modo 

Che debbo dir? in un passo men varco; 
Tutti son qui prigion gli Dei di Varrò 

Dicesi Ccmuadcazione quella Figura, per la quale 
fidandosi V oratore nella bontà del suo subbietto mo- 



76 

stra ricbìedere di consiglio que^ medesimi , a cin , a 
contro cui favella. li che fece M. Tullio contro Ce«> 
cinna in questa sentenza s Quaero si te hodie domam 
tuam redeuntem ^ homines armati non modo limine , 
tectoque aedlum tuarum , sed primo adìtu 9 veslibu* 
loque prohiberent, quid acturus sis? a 

La Concessione ha luogo allora che V oratore con- 
fidandosi nella propria causa fa sembiante di com* 
portare e concedere qualche cosa eziandio sconvene» 
Tole e ingiusta. Di questa Figura si valse Monsignor 
dalla Gasa nella a*^ Orazione per la Lega, ove dis- 
se ss Ora ecco V Imperatore riposerà quest^ anno ( se 
cosi fia ; però che nessuno ce ne fa certi ) ma se 
pur cosi fia , egli starà fermo quest^ anno non per 
tardare, ma per andar più ratto S 

La Permissione che , al parere di Quintiliano , è 
assai dissimile air antecedente , consiste nella fidan^- 
za , che V oratore pone nella bontà e clemenza dei 
giudici o de^ suoi ayversari di guisa che si rimette 
interamente nella volontà loro* Onde Virgilio così 
induce Eolo a dire a Giunone 

. • • Juus, o Regina, quid optes 
Esplorare labor; mihi jussa capessere fas esl* 

È detta Preoccupazione quella Figura , mediante la 
quale 1' oratore precorre alle obiezioni altrui , o to- 
glie di mezzo quelle dubbietà , che gli asciatami pò- 
Irebbono concepire — Valga d* esempio Gcerone nel- 
1* Orazione in favore di Archia -a Quaeres a nobis , 
Gracche , cur tantopere hoc homine delectemur ? 
quia suppeditat nobis, ubi et animus ex hoc forensi 
strepitu deficiatur , et aures convicio defessae conquie- 
scant S 

Tra le Figure di concetto si annovera pur quella 
che Desiderio si appella ; e avviene allora quando au» 
guriamo a noi medesimi o agli altri qualche buona 
ventura, o alcuna guisa di bene. A cotale Figura 



77 

partengono le segmenti parole del Casa fieli* Qraxio- 
ne a Carlo Quinlo S Piaccia a colai , al quale , es« 
sendo egli somma bonlà, ogni ben piace, che que- 
ste mie parole più alla buona intenzione che air u- 
mil fortuna mia conyeneToli nel vostro animo sieno 
ricevute =3 £ similmente il Tasso nel Canto VI. per 
Ixx^ca d' Erminia 

Ah! perchè forti a me natura e il cielo 
Altrettanto non fèr le membra e il petto. 
Onde potessi anch* io la gonna e il relo 
Cangiar nella corazza e nel!' elmetto ? 

La Sentenza non è alti'a cosa che un ammaestra- 
mento proficuo al buon governo della umana vita; 
ovvero, siccome fu di sopra detto parlando della Ep 
locuzione del Costa , si è una verità morale e uni- 
versale significata con tale brevità , che la mente di 
lieve la comprenda e ritenga. Tale si è questa di 
Virgilio 

I9octes atque dies patet atri janua Ditis* 

Ed altratale questa di Seneca nella tragedia V À- 
gamemnone Atto IL 

Quem paenitet peccasse, paene est innocent 

La Bidribuiione ha luogo quando alcuna cosa si 
divide in ciascheduna sua parte , o assegnasi a_ mol- 
le persone varie operazioni. Di questo modo V osò 
Cicerone nella i.^ Catilinaria ;=! Policeor vobis. P. 
C. tantam in n<^is consulibus fore diligentiàm, tan- 
tam in equitibus R. vìrtutem , tantam in omnibus 
bonis consensionem ut ec. ec. E nelP altra guisa la 
adoperò Virgilio , così incominciando Y opera sua del« 
le Georgiche* 



78 

Quid faciat Wtas segetes, quo sydere terram 
Vertere , Maecenas , nlmisque adiongere vhes 
G>nTeniat; quft cura boum, quù cultus habendo' 
Sit pecori ec. ce. 

Il Passaggio defto da^ Greci Melatasi ^ sì fa allora 
che chi parla trapassa da una cosa ad un* altra eoa 
bello accorgimento e con grazia. E chiamasi Passag- 
gio perfetto , quando V uditore è ammonito di quan- 
to fu detto e resta a dirsi ; e dicesi imperfetto quan* 
do dell' una e dell' altra cosa yiene fatta semplice 
menzione. Delia prima maniera usò il Casa nella 
mentovata Orazione a Carlo Y. in tale sentenza ss 
Assai chiaro è adunque V. M. ritenere Piacenz» eoa 
suo danno e con sua {jerdita. Veggiamo ora , se il 
lasciarla le porge utile o se le reca maggior incorno^ 
do o disarvantaggio C3 

Del Passaggio imperfetto si valse Cicerone nell' O- 
razione . in favore di Roscio così dicendo ^ Age nane , 
illa vldeamus , judices , quae consecuta sunt S e al- 
trove =3 Sed arrogantiam hominis , insolentiamque co- 
gnoscite ^ 

V Epilogo sta in un breve compendio di tutto quel- 
lo che divisamente fu ragionato , donde se ne cava 
poi un conseguente corollario. Così M. Tullio par- 
landò a prò d' Archia S5 Quai*e conservate , judices, 
hominem pudore eo, quem amicorum studiis videtis 
comprobari; ingenio autem tanto quantum id conve- 
nit existimari , quod summorum homìnum ingeniis 
expeditum esse videatis: causa vero eiusmodi quae 
beneficio legis , auctoritate mnnicipii , testimonio Lu- 
culli , tabulis Metelli comprobatur s 

La Similitudine può definirsi una dimostrazione la 
più chiara di una cosa col mezzo di un' altra , ta 
quale , benché per sé stessa diversa sia , pur molto 
l** assomigli, ^el seguente modo ne. usò Dante 



19 



A noi Tenia la creatura bella 
Bianco restila , e nella faccia qbale 
Par tremolando mattutina stella. 

E così Alberto Lollio in morte del Ferrino j=s 
Egli a guisa d** una chiara lampa , che spàrge la sua 
ddara luce d^ ogni intorno ayea renduto i suoi mag- 
^ori e la casa sua presso a tutti magnifica , ragguar« 
-derole , e onorata =: Ma neir uso della similitudine 
vuoisi avere le seguenti considerazioni: che sia con- 
venevole , e provenga da cosa nobile : che sia di co- 
mune intendimento : che bene risponda air intento 
del dicitore : che le parole e i modi si addicano tanto 
alla similitudine (][uanto alla cosa assomigliata: che 
fra r una e V altra sia veramente perfetta la siml- 
glianza. 

La Comparazione si fa rafirontando due cose di- 
verse, e mostrandone da qualche lato una piena ras- 
somiglianza. I Latini la chiamarono Imago ^ e Icori i 
Greci a significarne V effetto , che àa\V uso di lei si 
deriva , ciò è il raffi gm*are che facciamo come in 
un" imagine tale o tale obbietto od azione. In tale 
guisa ne usò Lucrezio Lib. III. de Natura rerum* 

Floriferis ut opes in saltibus omnia libant 
Omnia nos itidem depascimur aurea dieta 

Non pertanto cade in acconcio toccar qui della 
differenza che ha tra la metafora, la similitudine, e 
la comparazio])a. La metafora si è trasportare una 
parola dal significato proprio ad un improprio, sic- 
come fu detto, o veramente trasportare una parola 
da una cosa ad un' altra in virili di qualche somi- 
glianza , che passa fra loro. La similitudine digerisce 
dalla metafora per ciò solo che va compagna a qual- 
che particella che ne chiarisce e distingue la rasso- 
miglianza. Laddove la comparazione richiede che si 



80 

renda palese il foDdamenro della stessa rassomigllaiv 
ca , e si dichiari la cagione e il modo onde V uni 
e r altra cosa hanno attinenza fra loro. 

L'esempio risiede nella sposizione di qualche fatt* 
o detto altrai, che dica hene col proposito delk 
scrittore. Però M. Tullio nell^orazione per la Legge 
Manilia se ne ralse in tal guisa = Majores nostn 
sa&pe mercatoribus ac naviculatoribus incoriosius tra- 
ctatis bella gesseruut: vos tot civium Romanorim 
minibus uno nuncio necatis , quo tandem animo esse 
debetis? s=: 

Il Dialogismo ha luogo allora che specialmente 
nella narrazione entra taluno a favellare seco stesso 
o con altri ; e se ne sx>ongono le vicendevoli domaA- 
de e risposte. Di questa figura fè uso Dante là <love 
rappresentò la vedovella con parlante a Traiano ba- 
peratore 

. « . Signor , fammi vendettli. 
Di^l mio figliuol , eh' è morto , òod' io m^accore. 
Ed egli a lei rispondere. Ora aspetta 

Tanto ehe io torni t ed ella , signor mio ^ 
Come persona ^ in. cui dolor s^ affretta , 
Se tu non torni? ec. ec. 

L' Etopéia è riposta bella chiara fedele descrizione 
deir indole , degli affetti , e di tutte le buone o ree 
qualità di alcuno. Sallustio descrive V indole di Ca* 
tilina nel seguente modo =: Huic ab adolescentia 
bella intestina , caedes , rapinae , dbcordia civilis grata 
iiiere: ìbique juventulem suam exercuit. Animus aa- 
dax , subdolus , varius ; cujuslibet rei simulator ac 
dissimulator, alieni ^ppetens, sui profusus, ardens 
in cupidìtà t ibus . . . . Yastus animus immoderata , 
incredibilia , nimis alta semper cupiebat s=: 

La Prosopografia ^ che può farsi in due maniere , 
consiste nel descrivere la persona , il portamento ^ e 
le opere di alcuno, perchè se n^e sospetti di qualcbo 



81 

guisa r animo , o perchè aperUmente Io si raffiguri. 
Ecco come il Ta.sso nel Canto III della Gernsalem- 
me descrive Plutone 

Rosseggian gli occhi, e di yeneno infetto 
Come infausta cometa , il guardo splende ; 
or ìutoItc il mento , e su T irsuto petto 
Ispida e folta la gran barba scende, 
E in guisa di voragine profonda 
S* apre la bocca d^ atro sangue immonda. 

Col mezzo di questa figura accoppiata alla Proso- 
popeia i poeti mirabilmente descrivono le virtù e i 
vizi , anzi ogni generazione di cose. 

La Dimìnituane è quella figura , per la quale V o* 
ratore , avvisando in sé proprio o nel suo cliente 
qualche merito, mostra accortamente di minorarlo 
per tor via ogni sospetto di vana ostentazione. Di 
tale artifizio si valse Tullio sul principio deir orazio- 
ne in favore di Archia := Si quid est in me inge- 
nii , judices , ( quod sentio quam sit exiguum ) aut 
si qua exercitalio dicendi , qua me , non inficior , 
mediocriter esse versatum ; aut si ec. ec. =: 

La Digressione consiste propriamente nel lasciar 
stare ad un tratto il principale obbietto del discorso 
divergendo ad altre materie. Ma in due maniere si 
adopera questa figura. Prende appo i Latini il nome 
di Dedtnatio allora quando V oratore interpone un 
breve concetto a fine di meglio dichiarare i suoi pen-« 
samenti, o vieppiù illustrare le trattate materie. Chia« 
msLsì Dìgressia quando il discorso viene interrotto dal- 
r oratore per raccontare o descrivere cose , che cag* 
giono in acconcio , sebbene non si attengano stretta^- 
mente al suo proposito. Esempi di cotal genere di 
digressione ne ha di molti presso i poeti , e special- 
mente in Orazio; e, per rispetto alla prima maniera 
torna opportuno T ayvertire quanto fu detto della fi^ 
gora di Dirmnutiimc* 

4* 



82 



5- 1 1 • Delle Figure di concetto atte a commovere* 

V Interrogazione , che qui registrasi la prima 9 h 
quella Figura , per cui V Oratore domanda V avver- 
sario non di cosa ignota o dubbia , ma va enume* 
rando diverse cose a fine d^ incalzarlo e soverchiarlo 
per modo che quegli sì rimanga preso e vinto. Di 
questa Figura si giova spessissimo Cicerone nelle sue 
Orazioni ; siccome appare da quella a^ prò di Liga- 
rio ss Quidenim luus ille , Tubero , districtus in ^acie 
Pharsalica gladius agebat? cuius latus mucro ille pe- 
tehat ? qui sensus erat armonim tuorum ? quae tua 
mens , oculi , ardor animi ? quid cupiebas ? quid op 
tabas? 1= 

Conviene osservare che /' Interrogazione non sola* 
mente serve a convincere , ma è atta alti'esi a con- 
citare ì vari afiètti ; lo sdegno , la compassione , la 
mai'ayiglia , come da' seguenti esempi 

. . . £t quisquam numen lunonis adoret 
Fraeterea , aut supplex arìs imponat honorem? 

Yirg. £neid* Lib. i. 
Quid meus JEneas in te commitlere tantum , 
Quid Troes potuere? ec. Virg. 

Tant» ne animis coelesdbus irae? Virg. 

lì Soggiungimento detto pe' Latini Suhiectio signifi- 
ca il rispondere che fa da se 1' Oratoi'e-alle proprie 
interrogazioni. Così il Tolomei neir allocuzione con- 
tro Leone secretario S Che dici tu , Leone ? É que- 
sto vero che tu abbi divulgati i segreti misteri della 
virtù , o no ? Non risponde , perchè né negare noi 
può, confessare noi vorrebbe. Certo debbe esser ve- 
ro !=: £ parimenti il Petrarca 

Che parlo ? O dove sono ? E chi m^ inganna ? 
Altri , eh' io stesso , e il desiar soverchio 



8» 

Chiamasi Ssdamazione un sabito interrompimento 
def discorso , o 1' esprimere Tcemenli afletti deir a- 
nimo e la gravezza e atrocità di qualche fatto con 
alta 9 sonora Toce ; siccome in Cicerone contro di Ca- 
tìlina ^ O tempora , o mores ! proh Dii immortales ! 
ubinam gentium sumas! quam remp. habemus^ in 
qna urbe Tivimus ! E similmente fece il Bocaccio , 
dopa narrrate le sventure della patria per la soste- 
nula pestilenza s O quanti gran palagi rimasero vuo- 
ti ! o quante memorabili schiatte si videro senza suc- 
cesspK rimanere! 

U Apostrofe che è assai leggiadra ed efficace Fi- 
gura 9 ha luogo allora che V oratore rivolge ad un 
tratto il ragionamento da quello, col quale o verso 
il quale favellava, ad altra cosa o persona lontana 
o presente. In tal modo V usò il Tolomei neir ora- 
zione in lode del Redi S Giovani , voi che dal dol- 
ce desio di gloria spronati, abbandonando generosa- 
mente gli spassi e i dilettosi inviti di vostra fresca 
età non ascoltando , aH' erto e faticoso poggio dellaf 
virtù v^ incamminate , dite , chi vi fece dare i primi 
passi ? chi vi die mano , chi vi guidò , chi vi scor- 
se, chi vi confortò nel gran viaggio, se non il Re- 
di ? cs Né altrimenti appare in Virgilio là dove E- 
nea si fa a parlare a compagni defunti in Troia 

. . . . o terque quaterque beati 
Queis ante ora patrum Troiae sub mtenibus altis 
Contigit oppetere; o Danaum fortissime gentis 
Tytide ... 

La Frosopopeia chiamata dai Latini Conformaiio sta 
nell" introdurre nel discorso alcuna persona assente o 
defunta , e talvolta alcuna cosa inanimata a fare quel- 
lo , che è proprio delP uomo , o di chi vive ed è 
fHTesejite. ^ile addurremo alcun esempio. Monsignor 
Dalla Casa nella menzionata Orazione a Carlo Y. cosi 
r adopera sa Questa terra , Sacra Maestà » e questi 



84 

lidi parea che avessero vaghezza e desiderio di farri» 
allo incontro 9 ed il vostro travagliato e comJbatluto 
navillo soccorrere ; e ne^ lor seni e ne^ lor porti ab- 
bracciarlo s £ a colale Figura appartengono pare i 
seguenti versi di Virgilio 

Atque indignai um magnos stridoribus asqaor 
Mirai urque novas frondes , et non sua poma 

L' Ipotiposi y che i Latini dissero Denwnstraiio , è 
Figura molto acconcia a piegar T animo altrui ; e si 
la quando chi parla 9 descrive tanto vivamente alcu* 
ii<^ avvenimento 9 o qualche persona 9 che air uditore 
cembri non già di ascoltare ma di vedere le esposte 
cose. Aiutandosi di questa Figm'a descrisse Tullio a»* 
sai al vivo la crudeltà di Verre S Ipse inflammatus 
scelere et furore in forum venit. Ardebant oouli 9 to* 
lo en ore crudelitas emicabat. Expectabant omnes 
quo tandem progressurus , aut quidnam acturus es- 
set 9 cum repente hominem corripi , atqne in foro 
medio nudari ac deligari, et virgas eiLpediri iubet. 
Oamat ille miser: se civem esste Romanum S 

Tralasciamo per brevità le bellissime Ipotiposi di 
Virgilio nel Libro IV. e VIIL dell' Eneide, con 
che neir uno descrive la morte di Dìdone ; nell^ al- 
tro i Ciclopi e il ministerio loro. 

Quando imploriamo V aiuto , la fede, e. la giusti* 
zia di taluno 9 o confessando il nostro malefizio , ov- 
vero amplificando le nostre miserie domandiamo ve* 
nia o pietà 9 allora adoperiamo /' Ossecrazione , la qua- 
le nella prima anzidetta guisa fu chiamata da' Latini 
MhprecaUoy e nel secondo modo Conquesiio» 
f I seguenti esempi faranno veduto come questa Fi- 
gura può adoperarsi nelF una e nell' altra maniera 
A G>si Cicerone in favore di Ligario P Ego ad pa- 
•jrentem loquor. Erravi , temere feci ; poenitet ; ad cle- 
mentiam tuam confugio; delieti veniam peto; ut i» 
gnoscas, oro, moveaut le horum lacrymae., moveat pie* 



85 

tas j m«Teat f ermaaitas , Taleat tua vox. Ola qu» tì« 
ck s 

£ il Tasso in tal modo induce Armida a scongiil» 
rare la clemenza di Gefliredo 

Per questi piedi onde i superbi e gli empi 
Calchi ; per questa man che il dritto aita | 
Per r alte tue vittorie e per que* tempi 
Sacri , cui desti e cui dar cerchi aita , 
Il mio desir , tu 9 che puoi solo , adempì ee. 

L* Imprecatone segue allora quando V Oratore o il 
Poeta , acceso di magnanim* ira , chiama qualche scia^ 
gura sopra altrui o sopra sé medesimo. Onde pressa 
Virgilio così impi'eca Didone ad Enea 

Liltora littoribus contraria , fluctibus undas 
Imprecor, arma armb, pugnent ipsique nepotes* 

£ la medesima contro sé propria 

Sed mihi Tel tellus , optem , prius ima dehiscot 
Vel pater omnipotens adìgat me luimine ad umbra* 

Lia Corretione è Figura assai artifiziosa, e sta nel 
proferire parola o concetto 9 di cui mostriamo ricre* 
derci, sostituendone altro più acconcio a line che 
più di leggieri s^ imprima neir animo dell' uditore.^ 

Per tal modo V usò Cicerone nella Filippica XlV« 
SS Nunquam enim in civili bello supplicai io decreta 
est. Decretam dico? ne victoris quidem literis po- 
stulata C= £ ciò rispetto alla par<^a. Quanto ad un 
intero concetto , valga fra i molti , che potremmo ad* 
durre questo esempio del Petrarca 

Miser chi speme in cosa mortai pone 

( Ma chi non ve la pone ? ) e s' ei si trota 

Alla fine ingannato y è ben ragione. 



86 

La Sospensione consisle in un hingo giro di paro- 
le , per le quali V oratore tiene in pendente V animo 
degli ascoltanti intomo a cosa , che fa loro credere 
di gran momento 9 e alla fine poi manifesta quello 
eh* essi meno si aspettavano. Di sì fatta Figura le- 
pidamente (è uso Marziale nel seguente Epigramma 

Qnod convivaris sine me tam sspe, Luperoe 
Inveni , noceam qua ratione tìbi. 
Irascar , licet usqoe voces , mittasque rogesque ; 
Quid facies? inqub — Quid faciam? veniam 

La Preterizione ha luogo allora che V oratore s* in- 
jGnge di passare dentro il silenzio , o d^ ignorare o 
non curare di dire ciò che per V appunto rende ma- 
nifesto. I Greci divisero questa Figura in due ma- 
niere. La dissero Pandepsi quando fingesi tacere quel- 
lo che si dice. La chiamai'ono ÀpotHexi quando si 
ripulsa sdegnosamente alcuna cosa indegna a dirsi. 
Della prima maniera si è la seguente di Cicerone 
contro Vatidio ss lUud tenebricosissìmum tempus in&- 
untis aetatb tu» patiar latere; licet impune per me 
parietes in adolescentia proibderis 9 vicinos compilarìs , 
matrem verberaris su Del secondo genere sono que- 
ste parole del Casa nella orazione a Carlo V. =; lo 
lascio stare e Bologna e Firenze e Roma e molti al- 
tri stati , de^ quali voi per avventura avreste potato 
agevolmente in diversi tempi farvi Signore S 
. L' Àposiopesi che non \aria gran fatto dalla Pre- 
teriuone e fu detta po'* Latini Prceàsio si forma con 
troncare d' un tratto il discorso , come se da sdegno ^ 
da dolore o da altro affetto sopraftatti non bastiamo 
più a dire quello che già venivamo significando. Cosi 
Virgilio nel Libro II. dell' Eneide in persona di 
Sìnone 

Sec requievit enim , donec Calchaate minbtro • . 
Sed quid ego ha^: anteia n^quiqQaiiiingrataieTolTo?. 



87 
E il Tasso similmente in bocca del mago Ismene 

• . . che si che si • • • ma intanto 
Conobbe che eseguito era V incanto 

• 
17 Antìtesi ossia contrapposto , sta néìV opporre pa- 
role a parole , o conceJti a concetti. Del primo ge- 
nere sono c|ue^ modi di dire usati in ispezie da^ poe- 
ti; siccome sono questi del Petrarca 

— O viya morte , o dilettoso male. 

— £ gli atti suoi soavemente alteri 

— I dolci sdegni alteramente umili. 

Antitesi di concetto si è la seguente di Alb. Lol- 
lio neir Orazione a Paolo III. s Movesi V Impera- 
tore , non per cupidigia d^ allargare i confini , ma 
per ccmserirarli; non per difendere le membra dello 
Impero , ma per non perdere il capo ; non per op- 
primere gì* innocenti 9 ma per correggere i disubbi- 
dienti. S^ 

Non pertanto usando T Antitesi conviene por men- 
te che. non sieno troppo frequenti, e che riescano 
naturali ; altrimenti il discorso . anzi che acquistare va- 
ghezza e forza , si farà languido e insulso. 

L* Esomazione giova assai bene ad ingrandire e am- 
plificare le cose , e fa si che V oratole svolge e re- 
plica in diverse guise una medesima sentenza , di ma- 
niera che ella si porge come nuova e sempre dilet- 
tevole air ascoltante. Onde Ilioneo nel 1 . Lib. del- 
l' Eneide per dire , se vive Enea y parla in tal forma 

Quem si fata virum servant, si vescitur aura 
£lhe^ia, nec adbuc crudelibus occubat umbris ec^ 

£ qui giova osservare che /' Esomazione diversifi- 
ca dalla Sinonimia, per che quest^ risiede .soltanto 
nelle. parole 9 e quella ne' concetti. PÌTersifca ezian- 



88 

dio dalla Perifran » per che questa ha luogo usando 
una sola circonlocazione per manifestare ' una cosa ,. 
che potrebbe nominarsi espressamente , e tuttavia non 
si nomina ; laddove V Esoniazione si fa nominando 
la oosa stessa , e accozzando diverse Perifrasi per rap» 
presentarla in varie forme , onde riesca efficace appo 
gli uditori 

L' Enfasi si è una maniera di favellare sentenzio* 
so e grave , che in breve esprime piii di quello che 
portano le parole. Tale è questa sentenza delF au> 
lore ad Erennio S Noli , Saturnine , nimium populi 
reverentia fretus esse: inulti iacent Gracchi i= £ si» 
milmenle il Casa nella sua Orazione 2.^ per la Lega 
s Dunque avremo noi V avversario nostro per Du- 
ce e Capitano? ss 

L* Bjnfonema altro non è che una esclamazione sen* 
lenziosa, la quale per lo più conseguita al racconto 
di notabili cose , che V oratore espone perturbato nel* 
r animo da alcuno veemente affetto. Tale si è quel- 
la di Virgilio, che, dopo ~ narrato il fratricidio di 
Pigmalione commesso per cagione d* avarizia , sciama 

. . . Quid non mortalia pectora cogi» 
Auri sacra fames! 

£ il Petrarca altresì chiude con questo Epilbnema 
VQ suo Sonetto 

Che bel fin fa chi ben amando muore. 

^ V Ihmuiginauone o Desaiùone è Figura viracissi* 
ma , e assai efficace ; e consiste nel descrivere con 
gravità e brevità le conseguenze di alcuna cosa, co* 
me se le avessimo dinanzi agli occhi. Cosi Virgilio 
nel VI. Libro dell' Eneide 

• • . Bella, horrida bella 

Et Tybrim multo spumantem sanguine cerno. 



8» 

E Alb. Lollio simil melile nelP Qraaone a Paolo 
III. S Farmi cK udir fin di qua lo sb'epito deir ar- 
me , il fremito de** caTalli , il rumor de^ tamburi 9 e 
lo stridor delle trombe s: Elega nlissimi esempi dì ti 
fatta Figura pur si rioTeugoiio in Cicerone 9 in Om» 
ùoj e negli altri poeti latini e nostrali. 

L* Impossibile h Figura spezialmente usata da^ poe- 
ti ; e si fa quando per vieppiù affermare la v^ità 
di una cosa si arrecano in mezzo alcune impossibilir 
tà , cbe maggiormente quella confermino. In tal mo- 
do r adoperò Virgilio nella £gl. 1.^ 

Ante leyes ergo pascentur in letbere ceryl^ 
Et freta destituent nudos in littore pisces; 
Ante pererratis amborum fiaibusi» ex.ttl 
Ant Ararim Partbus bibet aut Germania Tigriu) 
Quam nostro illius labatur pectore vultùs 

Vh altrimenti V usò Cicerone contro di Antonio 
SS Prius undae et flammae in gratiam redeant , quani 
cuBt Antonio Respublica ss 

La Licema console in quesito artificio; ed è cbe 
r Oratore fidandosi nella propria causa favella a co» 
loro , che debbe temere e venerare , con tale liber- 
tà , che , perchè sembri alquanto ardito , pur niuno 
offende 9 anzi talora riesce accetto a chi V ode. Si 
Talse di cotale Figura M. Tullio nella 1.^ Catilina^ 
ria 9 siccome in altre \ sue Orazioni 9 là dove disse 
ss Non deest reip. consilium , neque auctoritas huius 
ordinis. Nos , nos , dico aperte 9 Consules desuinus Ci 
£ di pari guisa il Casa nella sovrallegata Orazione 
a Carlo V. s £ veramente egli pare da temer for- 
te^ ehe questo atto possa recare al nome di Y. M. 
se non tenebre 9 almeno alcun^ ombra per molte ra- 
gioni ss 

La Congerie si fonda neW accozzamento di molte 
cose sparse pel discorso 9 e recate in una sotto gli 
occhi degli uditori a fine di significare qualche ga- 



*N 



90 

gliardo aflbtto dell' animo , o trionfare al tutto dello 
avversarioi In tal guisa V adoperò il Casa nella Ora- 
tione 1 .^ per la Lega a Egli tì ha nella guerra ab- 
liandonali , nelle battaglie traditi , nella littoria in- 
gannati , nella pace assolati 9 e neir amicìzia con 
gravissima e memorabìl fame in tanta sua dovizia e 
superfluità tormentati , e , quanto era in lui , uccisi 
sa E per sì fatta Figura il Petrarca chiude il Capit. 
III. del Trionfo d' Amore 

♦ 

E so i costumi e i lor sospiri e i canti > 
£ il parlar rotto, e il subito silenzio, 
E il brevissimo riso e i lunghi pianti. 

Qui faremo fine ai rapidi cenni , che recato afobìa- 
JBo intorno le suesposte Figure , replicando gli avver- 
timenti già altrove per noi espressi circa V uso delle 
medesime ; ciò è a dire , che se di rado e opportu- 
liamente usate aggiungono grazia e decoro a qualsiasi 
funere di componimenti, adoperate senza consiglio, 
troppo spesso e alla rinfusa o a beir arte , fanno lo 
efifetto contrario alla intenzione dello scrittóio , e al 
fine, a cui elle sono destinate. 



91 

PARTE TERZA 

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