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Tuesday, July 26, 2011

Grisotto

Luigi Speranza

Grice: «dire» vs. «implicare»

(significato letterale vs. significato inteso)

“Supponiamo che A e B stiano parlando di un amico comune, C, che ora lavora in banca.

A chiede come vada il nuovo lavoro di C e B risponde:

A: "Come vada il nuovo lavoro di C?"

B: Oh, piuttosto bene, mi pare;
i colleghi gli piacciono
e non è stato ancora arrestato.

E qui siamo tornati al nostro vecchio problema.

Come è possibile che tramite l’enunciazione di una frase che ha un certo significato letterale un parlante possa comunicare efficacemente un diverso senso inteso?

E qui possiamo anticipare la soluzione.

Il significato inteso viene inferito a partire dal significato
letterale, eventualmente con l’aggiunta di una o più altre premesse.

L’inferenza, o meglio, i diversi tipi di inferenza.

Passare da una o più premesse a una conclusione.

Possono variare:

1. il meccanismo che collega le premesse alla conclusione;

2. il tipo di informazione codificato nelle premesse (compresa la dipendenza dal contesto);

3. la forza dell’inferenza: il grado di certezza della verità della conclusione, data la verità delle premesse;

4. altre proprietà concomitanti.

Alcuni tipi di inferenza:

• l’implicazione logica

• l’implicazione semantica

• la presupposizione

• il ragionamento analogico

• il ragionamento probabilistico

• il ragionamento induttivo

• la implicatura conversazionale.

Per toglierci subito di torno le implicature convenzionali:

“X è un prof, ma è divertente”

quindi

“I prof non sono (in genere) divertenti”

Le implicature conversazionali, in generale, presentano come caratteristica tipica
e definitoria il fatto di dipendere sempre dal PdC e, in secondo luogo, dalle massime, ma in due modi diversi:

• o le massime sono osservate,

• o almeno una massima è sfruttata.

Implicature conversazionali di primo tipo: il parlante osserva il PdC e le massime.

1. Mario si è iscritto alla SSLMIT e Maria a Economia

2. Maria ha conosciuto l’uomo della sua vita e si è sposata.

2’. Maria si è sposata e ha conosciuto l’uomo della sua vita.

3. Mario ama molto la musica e va spesso a sentire concerti.

4. La lavagna è bianca
(→ completamente bianca)

4’. La bandiera è bianca, rossa e verde.

Sono casi di ambiguità? Cioè: “e” e “bianca” hanno due sensi letterali diversi?

Oppure, le informazioni

“e”

=

“e poi”,

“e” = “e quindi”,

“bianca” = “completamente bianca”;

“bianca” = “parzialmente bianca” possono essere inferite?

(Massima di modo: sii ordinato; massima di quantità: sii informativo quanto richiesto)

Sempre implicature conversazionali di primo tipo:

si suppone che il parlante osservi il PdC e osservi le massime, ma si attiva un diverso meccanismo:

5.

“Alcuni studenti hanno superato brillantemente il test”,

(quindi:) non molti studenti hanno superato brillantemente il test.

5’. “Molti studenti hanno superato brillantemente il test”,

(quindi:) non tutti gli studenti hanno superato brillantemente il test.

6. “Maria ha due figli”,

(quindi:) Maria non ha tre/quattro/cinque/... figli.

7. “Mario pensa di aver superato il test”,

(quindi:) Mario non sa di aver superato il test.

Ragionamento:

per la massima di quantità, dobbiamo supporre che il parlante sia tanto informativo
quanto gli è possibile. Ma dire “tutti gli studenti” sarebbe più in formativo che dire “molti studenti”; “molti” più che “alcuni”; “tre figli” più di “due”. Quindi, possiamo ragionevolmente concludere che se il parlante non ha usato la formulazione più informativa è perché non era in grado di farlo, attenendosi alla massima di qualità: cioè, o non sa se, o sa che non vale la formulazione più informativa.

Queste implicature sono note come implicature conversazionali scalari (per 7.: implicature conversazionali proposizionali).

Esempi di scale:





<1, 2, 3, 4, n>









<è possibile che p, è probabile che p, è certo che p>

ecc.

Il secondo tipo di implicatura conversazionale si basa su di un meccanismo parzialmente diverso.

Il parlante si dimostra pienamente cooperativo, vuole comunicare,
ma viola in modo del tutto palese una massima, cioè la sfrutta.

Spesso questo crea
incongruenze... In ogni caso, l’ascoltatore che deve interpretare l’enunciazione si
pone il problema:

“perché il parlante ha voluto violare quella massima, sapendo che
me ne sarei senz’altro accorto? Che cosa voleva che capissi?”

Rispondere a questa
domanda equivale a passare dal senso letterale al senso inteso, a inferire sulla base
delle aspettative conversazionali il senso inteso.

Vi sono esempi di implicature conversazionali basate sullo sfruttamento di ciascuna
delle massime. E, in generale, ovunque si possa riconoscere lo sfruttamento di una
massima, dobbiamo assumere l’attivazione di una implicatura conversazionale.

Violazioni reali e violazioni “apparenti”: non fa differenza!

1. Implicature basate sullo sfruttamento della massima di qualità:

Quasi tutte le figure retoriche:

ironia
metafora
iperbole (esagerazione)
attenuazione
(eufemismo), (non: “litote”), ecc.

Inoltre, alcuni casi a margine:

Studente: eeh... sì Grice è un linguista eeh strutturalista e...
Prof: Sì, certo! E Austin un generativista!

2.

Implicature basate sullo sfruttamento della massima di quantità:
Diverse cose (vedi Grice e Levinson), qui parliamo di informatività.

Un enunciato è tanto più informativo quante più possibili situazioni esclude.

Mario ieri sera è uscito con qualcuno.

Mario ieri sera è uscito con una ragazza.

Mario ieri sera è uscito con una ragazza bionda.

Mario ieri sera è uscito con una ragazza bionda, molto bella.

Mario ieri sera è uscito con una ragazza bionda, molto bella ed elegante.

Mario ieri sera è uscito con una ragazza bionda, molto bella ed elegante, che studia russo.

Le patologie dell’informatività:

tautologie (“A o non A”, “Se A, allora A”, “X = X”) e
contraddizioni (“A e non A”). Ma:

“Mario, o viene o non viene.”

“Mario, se viene, viene.”

“La guerra è la guerra.”

“La SSLMIT è la SSLMIT.”

“I prof, gli studenti, le donne, gli uomini... sono...”

“Allora, vi siete lasciati?”

“Ci siamo lasciati e non ci siamo lasciati.”

“Stiamo insieme e non stiamo insieme.”

Ma, in generale, sembra che l’informatività sia coinvolta, eventualmente in modi
diversi, in molti meccanismi conversazionali di inferenza che tipicamente aumentano/
recuperano informazione lasciata implicita nell’enunciazione.

3.

Implicature basate sullo sfruttamento della massima di relazione:

Una distinzione, dubbia, di Grice confonde la situazione: quella tra violazioni e
violazioni apparenti della massima.

Se ha ragione Grice, allora le implicature conversazionali basate sullo sfruttamento della relazione sono un fenomeno marginale e relativamente raro:

A: Uffa, che barba queste lezioni di X! [X è alle spalle di A]
B: Uh, bella giornata oggi, eh...

Ma, se quello che conta è se la comprensione del significato inteso richieda comunque
un passo inferenziale, allora il fenomeno è assolutamente pervasivo e generalizzato:

A: Sono rimasto a secco.

B: C’è un garage all’inizio della prima strada sulla destra.

A: “Sai che ore sono?”
B: “Mah... E’ appena iniziato il telegiornale...”

A: Potresti prestarmi il notebook per questo finesettimana?”
B: Figurati che mi è caduto dalla finestra del secondo piano!

Un modello di comunicazione/conversazione ad iceberg, con quasi tutta l’informazione
“sommersa”, non esplicitata. Ma recuperabile.

4.

Implicature basate sullo sfruttamento della massima di modo:

Qui, invece, un problema c’è.

Bisogna, cioè, distinguere i casi in cui il parlante/scrivente è volutamente e palesemente prolisso, oscuro, complicato, ambiguo a fini comunicativi, e qui c’è lo sfruttamento della massima e l’implicatura, da quelli in cui lo è, sempre volutamente e palesemente,
ma per l’adesione ad un genere testuale che ridefinisce la nozione di
“modo appropriato”: ad esempio,

• la comunicazione politica,

• la comunicazione giuridica,

• la comunicazione burocratico-amministrativa,

• (la diagnosi medica?)

Comunque, oscurità:

A:
“Portiamo i bimbi al parco?”

B: “Sì, ma niente gi-e-elle-a-ti-i!”
mancata concisione:

“La cantante X ha emesso una serie di suoni corrispondenti alla partitura di un’aria
del Rigoletto.”

“La cantante X ha cantato un’aria del Rigoletto.”

L’ ambiguità è una questione abbastanza complessa.

-----------------

Il meccanismo generale delle implicature conversazionali:

1. Il parlante ha enunciato un’espressione che ha un certo significato letterale;

2. si può assumere che il parlante sia cooperativo;

3. si può assumere che il parlante intenda osservare le massime, oppure:

3’. si può assumere che il parlante intenda sfruttare una massima;

4. per mantenere l’assunzione 3., o, alternativamente, 3’. si deve assumere, eventualmente sulla base del contesto, di conoscenze generali o specifiche ecc., che il parlante intenda comunicare un certo significato inteso;

5. il parlante non ha dato alcuna indicazione, implicita o esplicita, che non intende
comunicare quel significato inteso;

6. si può assumere che parlante ed ascoltatore siano reciprocamente consapevoli che
le parti concordano in tutte le assunzioni;
quindi
si può concludere che il parlante ha inteso comunicare quel significato inteso.
Possiamo dire che “il parlante ha implicato conversazionalmente quel significato inteso”,
che “quel significato inteso è stato implicato conversazionalmente sulla base delle premesse”,che “quel significato inteso è l’implicatura conversazionale date le premesse”.

Le informazioni richieste, le basi su cui si poggiano le implicature conversazionali
sono:

1. il significato letterale dell’espressione enunciata;

2. il Principio di Cooperazione e le massime;

3. eventualmente, il contesto d’emissione (implicature particolarizzate); se l’implicatura è indipendente dal contesto, si parla di implicature generalizzate;

4. eventualmente, certe conoscenze generali enciclopediche;

5. eventualmente, certe conoscenze specifiche che rientrano nel background della
conversazione;

6. e, ancora, la conoscenza reciproca e condivisa delle parti circa la conoscenza dell’altro.

La debolezza delle implicature conversazionali: spesso sono meccanismi ricostruttivi, ma
non predittivi.

Quell’uomo è una macchina

Da ultimo: possiamo supporre un’implicatura conversazionale ovunque un’inferenza
possa essere motivata dal modo in cui generalmente ci si comporta nell’attività conversazionale.

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