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Tuesday, July 12, 2011

Grissoto, ossia l'arte della conversazione

Luigi Spernza

"La conversation est un édifice auquel on travaille en commun. Les interlocuteurs doivent placer leurs phrases en pensant à l’effet d’ensemble, comme les maçons leurs pierres."
------- André Maurois, La Conversation.

(cfr. Grice on dove-tailing).

Che la conversazione sia una specialità italiana è opinione comune.

Considerata al pari di uno sport nazionale1, la conversazione pare che abbia trovato in Firenze – per gusto e per spirito – il suo locus ameno.

C’è chi asserisce che tale primato sia detenuto in Italia essenzialmente per ragioni linguistiche3 e chi, invece, enfatizza il suo declino già dall’inizio del secolo diciassettesimo, paragonando quel modo di conversare contemporaneo con le « bonnes choses qui se disaient entre Scipion et Laelius, Atticus et Cicéron, et les autres honnêtes gens de chaque siècle4 ».

Ad ogni

1 « La conversation […] a passé pendant quatre siècles pour un sport national ». Marc
Fumaroli, « L’art de la conversation, ou le Forum du royaume », in La diplomatie de
l’esprit, Paris, Hermann, 1984, p. 284. Dello stesso autore, si veda anche: Trois institutions
littéraires, Folio, Histoire, 1994; « De l’âge de l’éloquence à l’âge de la conversation : la
conversion de la rhétorique humaniste dans la France du XVIIe siècle », in Art de la lettre,
art de la conversation à l’époque classique en France, (sous la dir. De Bernard Bray et
Christoph Strosetzki), Klincksieck, 1995 ; préface à l’anthologie « L’art de la
conversation », textes réunis par Jacqueline Hellegouarc’h, Paris, Garnier, 1997.
2Che Parigi sia habitat naturale della conversazione è opinione consolidata nei secoli : « il
faut avouer que la conversation à Paris est perfectionnée à un point dont on ne trouve aucun
exemple dans le reste du monde » ; scrive Louis Sebastien Mercier, Tableau de Paris,
Paris, La Découverte, 1985, p. 37; « La langue française est de toutes les langues celle qui
exprime avec le plus de facilité, de netteté et de délicatesse, tous les objets de la
conversation des honnêtes gens ; et par là elle contribue dans toute l’Europe à un des plus
grands agréments de la vie », Voltaire, « Des beaux arts », Le Siècle de Louis XIV, Paris,
Librairie Victor Lecoffre, s.d. p. 424 ; « A Paris on s’entretient assez généralement de
littérature, et les spectacles qui se renouvellent sans cesse donnent lieu à des observations
ingénieuses et spirituelles. Mais dans la plupart des autres grandes villes le seul sujet dont
on ait l’occasion de parler, ce sont les anecdotes et des observations journalières sur les
personnes dont la bonne compagnie se compose », Mme De Staël, De l’Allemagne, Paris,
Hachette, 1958, vol. I, pp. 137-138.
3 « De toutes les langues de l’Europe, la française […] est la plus propre à la conversation,
elle a pris son caractère dans celui du peuple qui la parle ». Cfr. ( C. Villaret), L’Esprit de
Monsieur de Voltaire, Ie partie, Amsterdam, Pierre Eraled, 1753, pp. 180-181.
4 Guez de Balzac, « De la conversation des Romains », in OEuvres, édition de L. Moreau, J.
Lecoffre, 1854, t. I, p. 237. La crisi della conversazione in Francia sarà testimoniata in
seguito anche nei romanzi di Flaubert: in Bouvard et Pécuchet, ad esempio, le
conversazioni dei conviviali presso Madame de Faverges, traducono a pieno tale decadenza
culturale. Sull’attuale stato di crisi della conversazione, si rimanda invece a Lydie Salvare,
modo, le conversazioni che proliferano nei romanzi del ventesimo e del
ventunesimo secolo testimoniano che, di tutti i “generi letterari5”, è probabilmente
l’unico orale, coltivato con tanta benevolenza anche nella prosa contemporanea; la
conversazione, insomma, resta il motore trainante della scrittura odierna: lo
dimostrano i tanti “forum virtuali” o salons de bavardage, frequentati da milioni di
interlocutori che, con un linguaggio apparentemente privo di regole6, danno vita ad
animate discussioni. Certo, questa qualità di conversazione scritta varia e, dipende
sia dal livello di cultura di chi prende parte ai dibattiti, sia dagli argomenti trattati
in “conferenza”, ma al di là del valore del testo, bisogna anche tener conto che ad
ogni epoca le conversazioni riflettono il modo di esprimere pensieri che sono, a
loro volta, determinati dalle tendenze del proprio tempo. Per quanto riguarda l’uso
del t’Chat, ad esempio, pareri contrastanti animano forti dibattiti: mentre per i
giovanissimi tale pratica è ormai parte integrante della loro cultura di
comunicazione, per la generazione precedente è, talvolta, mancanza di interesse e
di significato. In realtà, i tempi cambiano e non sempre si sta al passo di questi con
disinvoltura; non c’è quindi da meravigliarsi se da sempre c’è chi – trovandosi a
disagio con la contemporaneità – evochi con nostalgia i tempi passati :
L’un des thèmes récurrents de Mme du Deffand dans sa correspondance avec
Voltaire était la nostalgie pour la grande littérature du siècle précédent, une
nostalgie qui déplorait la décadence du goût.7
*
* *
Oggetto di numerosissimi trattati, la conversazione è concepita fin
dall’Antichità come una disciplina; risalendo all’etimologia della parola e
recuperando il suo vero significato8 – cum et versari – si comprende che il
conversare implica il parlare familiare, il discorrere amichevolmente « un dialogue
à plusieurs, à coeur ouvert, entre gens d’esprit »9 e che di conseguenza non solo si
distingue dalle altre forme d’interazione, ma soprattutto si allontana
dall’eloquentia: la prima è movimentata da uno stile semplice, mentre la seconda è
supportata da uno aulico10. Il fatto, tuttavia, che la conversazione possa riguardare
anche argomenti frivoli e non necessariamente “pubblici”, non implica che essa sia
priva di convenzioni. Tralasciando le sue origini che risalgono ai dialoghi platonici,
ravvivata dal Rinascimento italiano, la conversation prende spunti e toni diversi in
Francia già dal Cinquecento: Montaigne – per quella sua maniera di intenderla – è
da considerare, infatti, precursore dei mondains del Seicento11.
La Conférence de Cintegabelle, Paris, Seuil, 1999: « cet art de la conversation où nous
français excellâmes est aujourd’hui en crise » (p. 41).
5 Si intende il modo in cui Marc Fumaroli definisce la conversazione. Cfr. Le genre des
genres littéraires français: la conversation, Oxford, Clarendon Press, 1992.
6 Anche la conversazione quotidiana implica un contratto, diritti e doveri di dire o di non
dire, sempre negoziabili. Cfr. Bruce Fraser, « Conversational mitigation », in Journal of
Pragmatics, North-Holland, Amsterdam, n° 4, august 1980, pp. 341-350.
7 Benedetta Craveri, « L’épistolaire au féminin. Correspondances de femmes XVIIIe
siècle », Actes publiés sous la direction de Brigitte Diaz et Jürgen Siess, Colloque de
Cerisy-La-Salle, 1er – 5 octobre 2003.
8 Ė significativo confrontare anche l’evoluzione del termine conversation: nel
diciassettesimo secolo, conversation intendeva art de vie, concepita con presupposti e
regole, oggi la conversazione è considerata una pratica naturale, informale e talvolta
anodina.
9 Cfr. Fumaroli, « L’art de la conversation, ou le Forum du royaume », cit. p. 289.
10 Cicéron, De officiis, II, XIV, 48 (Belles-Lettres), 1984, t. II, p. 39.
11 « Par sa conception de la conversation, Montaigne est singulièrement en avance sur son
temps […] Pascal l’appellera l’incomparable auteur de l’art de conférer. Il définit déjà très
bien le plaisir propre de la conversation de l’honnête homme et surtout marque avec force
Se il Cinquecento italiano vede la nascita della conversazione intesa come
ideale di vita civile, il Seicento francese la porterà sul più alto gradino: alla
conversation sarà conferito il titolo di souveraine. Saranno i salons mondani
dell’aristocrazia parigina a dettare le nuove regole del saper vivere12, in questi
luoghi privati le bienséances avranno la loro piena applicazione. Le donne
dovranno rinunciare ai difetti tradizionalmente attribuiti al loro sesso, quali il
bavardage, la coquetterie, così come agli uomini è richiesto di farlo per i propri13;
per l’uso della lingua « la galanterie de l’esprit est de dire des choses flatteuses
d’une manières agréable14 », senza mai abbassare la guardia sullo stile da adottare,
in quanto « il ne faut pas qu’un mauvais mot pour faire mépriser une personne dans
une compagnie 15»; per la discrezionalità, infine, « l’artifice le plus délicat consiste
à faire croire qu’il n’y en a point 16»; ma, al di là di tali sotterfugi, per affinare la
propria natura, ben altre attenzioni dovranno con cura rispettare gli invitati:
Nata come un intrattenimento fine a se stesso, come un gioco destinato allo
svago e al piacere reciproco, la conversazione obbediva a leggi severe che ne
garantivano l’armonia su un piano di perfetta uguaglianza. Erano leggi di
chiarezza, di misura, di eleganza, di rispetto per l’amor proprio altrui. Il talento
di ascoltare vi era più apprezzato che quello di parlare, e una squisita cortesia
frenava l’irruenza e impediva lo scontro verbale.17
A quei tempi far parte di un salon era un po’ come sentirsi su di un
palcoscenico; al pari della formazione di un attore, i convitati, infatti, dovevano
non solo tenere a bada le battute di propria competenza, ma per brillare di qualità e
di ingegno dovevano anche essere abili nel disbrigarsi, e l’improvvisazione, fra le
tante virtù, era di certo tra quelle più apprezzate: « Paraître, s’adapter,
complaire, séduire, c’est jouer sans cesse un rôle, et pour cela simuler ce qui plaît
en dissimulant ce qu’on pense, ce qu’on veut et ce qu’on va faire »18. Queste
strategie comportamentali venivano attivate, ad ogni modo, per il raggiungimento
di due obiettivi: il piacere e il divertimento.
L’hôtel de Rambouillet est un cercle où l’on s’amuse: promenades, bals,
mascarades, comédies, farces même sont les principales occupations de cette
jeunesse turbulente et exubérante, que la marquise tient sous son indulgente
férule. Sans doute, on n’y intéresse à la littérature, mais dans la mesure où ellemême
est un amusement Foin des pédants ! Plus même que le premier sermon
du tout jeune Bossuet ou le Polyeucte de Corneille qui ne remporte qu’un
les défauts à éviter ». Préface de Pierre Villey, Montaigne, Les Essais, livre III, Paris,
Quadrige, 1988, p. 921.
12 Per la trattazione si rimanda ad alcuni studi significativi : Roger Picard, Les Salons
littéraires et la société française, 1610-1789, New York, Brentano’s, 1943 ; Jacqueline
Hellegouarc’h, L’Art de la conversation, Paris, Garnier, 1997 ; Benedetta Craveri, La
civiltà della cnversazione, Milano, Adelphi, 2001 ; Amelia Gere Mason, The Women of the
French Salons, USA, Kessinger PUblishing, 2004.
13 Cfr. Fumaroli, « L’art de la conversation, ou le Forum du royaume », cit. p. 297.
14 La Rochefoucauld, Maximes, Paris, Imprimerie Nationale, 1998, p. 77.
15Hippolyte Taine, « L’esprit et la doctrine », in Les Origines de la France contemporaine,
l’Ancien Régime, Paris, Hachette, 1906, p. 293.
16 In Les Femmes illustres (1642), Georges e Madeleine de Scudéry riportano alcune
caratteristiche della conversazione femminile. Cfr. Emmanuel Bury, Littérature et politesse,
L’invention de l’honnête homme, ( 1580-1750), Paris, PUF, 1996, p. 96.
17 Craveri, La civiltà della conversazione, cit., p. 16.
18 Jean Rohon, Le XVIIe siècle, une révolution de la condition humaine, Paris, Seuil, 2002,
p. 628.
succès d’estime, on apprécie les rondeaux, ballades, énigmes, métamorphoses et
autres gentillesses galantes dans le goût des productions de Voiture.19
L’ossessivo bisogno di svago della nobiltà francese di quegli anni20 lo si può
comprendere, tenendo conto di due matrici di fondo: da un lato, tale passatempo, è
conseguente alla distrazione della corte, ovvero ad un legame di causa-effetto,
come lo ha definito Taine: gli aristocratici privati dalle loro responsabilità
politiche, non avendo altre cariche né altri interessi, si liberano nel « causer,
écouter, s’entretenir avec agrément et avec aisance de tous les sujets, graves ou
légers »21; d’altro canto, questo atteggiamento libertino è « speculare alla crisi della
grande oratoria politica e forense, ormai desueta nella monarchia di Luigi XIII e di
Richelieu: mortificata nella sua vocazione essenziale ».22
Le mouvement des idées apparaît donc extrêmement complexe par la liaison
des aspects politiques, religieux, intellectuels, par les contradictions et les
revirements que provoquent les relations et les intérêts personnels. La matière
même de la pensée est double, grands problèmes théoriques sans doute, mai
moins intéressants qu’une foule de problèmes pratiques soulevés par le jeu
même de la vie : il y a la cour, ses passions, ses intrigues et ses drames, la vie
privée du roi et de son entourage, qui recouvrent et transforment les questions,
et, fait essentiel, les hommes ont plus d’importance que les doctrines. 23
Una tale libertà di tono ed una tale capacità d’innovazione non sarebbe stata
possibile nello spazio politico circoscritto della corte, né nel gabinetto di un
erudito24, ma trova la sua piena espressione nei salons: la fluidità di questi gruppi –
il loro incessante rinnovamento – permetteranno alla società di antico regime di
perpetuarsi nel tempo.25 Tra i vari divertimenti – quello forse più apprezzato – era
il teatro, nonostante le condanne della Chiesa; anche la musica non era mai assente,
così come la danza che conobbe una vogue incredibile. Oltre a tali espressioni
artistiche, le serate nei salons si distinguevano – divenendo occasione di vanto –
per la presenza di letterati che, grazie alle proprie abilità oratorie, dilettavano la
salonnière e i suoi convitati. Presentarsi, tuttavia, ad un salon in forma sempre
brillante non era possibile, e non lo era, del resto, anche per chi – per maestria nella
favella – incantava, seduceva, e veniva ricevuto dappertutto e accolto senza alcuna
riserva all’ Hôtel de Rambouillet. Anche Vincent Voiture, insomma, – seppur
idolatrato l’âme du rond – non sempre riusciva nell’intento di distrarre e
rallegrare:
19 Georges Mongrédien, Les Précieux et les Précieuses, Paris, Mercure de France, 1963, p.
8. Sul salon di Catherine de Vivonne si veda tra l’altro : F. A. Fischer, Das Hôtel de
Rambouillet und die Precieusen, Jena, Ratz, 1868 ; Ėmile Weisser, L’Hôtel de Rambouillet:
essai d’histoire littéraire , Breslau, 1873 ; Leon H. Vincent, Hôtel de Rambouillet and the
précieuses, Boston, Houghton, Miffin & Co, 1900 ; Ėmile Magne, Voiture et l’Hôtel de
Rambouillet : les années de gloire, 1653-1648, Paris, Ėmile Paul frères, 1930 ; Charles-
Louis Livet, Précieux et précieuses : caractères et moeurs littéraires du XVIIe siècle,
Ressouvenances, 2001.
20« Ardeur et bonheur de vivre s’extériorisent fréquemment par la fête […] On aime alors
le monde des mascarades, des cérémonies, de la chasse, monde plein de symboles, des
déguisements, d’évasions qui contribuaient encore à l’irréalisation de la vie », Marie-
Thérèse Hipp, Mythes et réalité, enquête sur le roman et les mémoires (1660-1700), Paris,
Klincksieck, 1976, p. 333.
21 Cfr. Taine, « L’esprit et la doctrine », cit., pp. 194-195.
22 Craveri, La civiltà della conversazione, cit., p. 458.
23 Pierre Barrière, La vie intellectuelle en France, du XVIe siècle à l’époque contemporaine,
Paris, Albin Michel, 1961, p. 182.
24 Cfr. Bury, Littérature et politesse, cit., p. 84.
25 Cfr. Alain Niderst, Madelaine de Scudéry, Paul Pellison et leur monde, Paris, PUF, 1976,
p. 517.
Je fus berné vendredi après dîner, parce que je ne vous avais pas fait rire
dans le temps que l’on m’avait donné pour cela, et Madame de Rambouillet en
donna l’arrêt, à la requête de Mademoiselle sa fille et de Mademoiselle Paulet.26
Il conversare nel Seicento, tuttavia, non era una prerogativa riservata ai salons;
in realtà, ogni occasione era ideale per farvi ricorso: in carrozza, ad esempio,
durante un lungo viaggio e … se poi la compagnia era eclettica, il divertimento,
non poteva, di certo, mancare:
pour vous apprendre de quelles personnes cette compagnie était composée,
vous saurez qu’il y avait avec nous un jeune partisan, déguisé en soldat, pour
cacher sa profession […] Auprès de celui-ci était un mauvais musicien, […] La
troisième personne de cette compagnie était une bourgeoise de Rouen […] La
quatrième était une épicière de la rue Saint-Antoine ; qui avait plus de douze
bagues à ses doigts. […] La cinquième , tante de celle-là, était une chandelière
[…] La sixième était un jeune écolier […] La septième était un bourgeois
poltron qui craignait toute chose […] La huitième était un bel esprit de Basse-
Normandie […] La neuvième était mon frère […] Une si belle assemblée doit
sans doute vous persuader que la conversation en était fort divertissante.27
Dunque, al di là d’essere comparata ad un’istituzione28, o ad « une acrobatie de
chaque minute »29, o intesa « comme forme générale d’expression de la société et
de la culture »30, la conversazione nel Seicento in Francia è vista anche come un
gioco.31 Come ogni gioco è un sistema di regole e come in ogni gioco la
conversazione ha la capacità di inventare dal niente situazioni sorprendenti; c’è
nella conversazione come nel gioco uno spazio di implicito la ruelle, le boudoir, le
fumoir, le jardin, le salon; un tempo ben preciso, prefissato par le calendrier des
ruelles; e uno scopo chiaramente stabilito: le divertissement; oltre alla capacità di
civilizzare l’individuo e di farlo progredire. Infine, come il gioco, anche la
conversazione:
propose et propage des structures abstraites, des images de milieux clos et
préservés, où peuvent s’exercer d’idéales concurrences. Ces structures, ces
concurrences sont autant de modèles pour les institutions et les conduites .32
La nozione di gioco anche se spiega in parte le intenzionalità della
conversazione, non permette di chiarire il motivo della sua enorme diffusione.33 Il
26 Cfr. « Lettre de Vincent Voiture à Mademoiselle De Bourbon », Mongrédien, Les
Précieux et les Précieuses, cit., p. 39.
27 Lettre di Madeleine De Scudéry a Mlle Robineau (Rouen, le 5 septembre 1644), in E.
Herriot, M. Roustan, Lettres choisies du XVIIe siècle, Paris, Librairie Ch. Delagrave, s.d.,
pp. 322- 324.
28 « La conversation française est bien une institution littéraire au sens plénier du terme »,
Fumaroli, Trois institutions littéraires, cit., p. 30.
29 Cfr. Vladimir Jan Kélévitch et Béatrice Berlowitz, Quelques part dans l’inachevé, Paris,
Gallimard, coll. « Folio », 1978, p. 22.
30 Claude Rivière, Les Rites profanes, Paris, PUF, coll. « Sociologie d’ aujourd’hui », 1995,
p. 45.
31 Nella conversazione il linguaggio si trasforma scientemente in gioco e gli interlocutori in
giocatori. Cfr. Roger Caillois, Les jeux et les hommes, Paris, Gallimard, Folio/ Essais, 1967,
p. 13.
32 Ibidem, p. 16.
33 La relazione conversation-jeu, portata avanti da Roger Caillois, è intesa in maniera
diversa da Robert Mauzi: trattasi «d’un jeu pas gratuit […] tourné vers l’évasion,
puisqu’elle nous introduit dans le monde et nous y attache» Cfr. L’Idée du bonheur dans la
successo di tale rito mondano trova, infatti, la sua piena applicazione grazie ad
un’atmosfera di consenso e di armonia, in un perfetto equilibrio tra le nuove attese
individuali dell’uomo contemporaneo e le sue irrinunciabili esigenze sociali;
questo incontro armonioso tra foro interiore e spazio esterno è capitale nel secolo
diciassettesimo e trova realizzazione e consolidamento nelle nozioni di honnêteté e
di honnête homme. Il Seicento offre l’immagine di una convergenza tra l’uomo di
lettere da una parte e l’uomo mondano dall’altra, entrambi parlano la stessa lingua;
e se il conversare è paragonabile ad un’arte nel XVII secolo, ciò è dovuto anche – o
forse soprattutto – al fatto che mai come in quest’epoca, in Francia, l’estetica della
conversazione e i suoi principi regolatori determinano la qualità della scrittura;
insomma, mai come allora, un testo per sedurre doveva imitare il tono della
conversazione:
Entre le salon et le livre, comme entre l’institution et le public c’est la même
conversation qui se poursuit, le même goût et le même effort pour ajuster le
langage. […] Ce sont les mêmes sujets que l’on traite dans le discours fictionnel
et dans la conversation mondaine. […] Dans cet univers la littérature et la
conversation sont consubstantielles.34
L’altro grande momento della conversazione “alla francese” è il diciottesimo
secolo.
Se il Seicento ha consolidato una certa cultura, il Settecento la diffonde in
maniera esponenziale, e se la vita intellettuale nel diciassettesimo secolo è
circoscritta in gran parte a luoghi privati, nel diciottesimo la vie de l’esprit si
affaccia all’esterno, bisognosa di punti di riferimento.
Il salon35 – forma parigina per eccellenza, nonostante la sua diffusione anche in
provincia – continua la propria tradizione, ma trasformandosi e differenziandosi:36
Le monde des salons et des cercles n’a en effet rien d’uniforme et le mot
conversation recouvre une grande diversité de pratiques. Chaque assemblée a en
effet son type de conversation qui dépend non seulement de la personnalité du
maître ou de la maîtresse des lieux mais encore de celle de ses habitués.37
L’ideale della conversazione portato avanti nel secolo XVII si trasforma quindi
considerevolmente nel secolo XVIII: quel modo di conversare “leggero”,
autosufficiente e limitato ad una cerchia ristretta di privilegiati, diventa
littérature et la pensée française au XVIIIe siècle, Bibliothèque de l’évolution de
l’humanité, Paris, Albin Michel, 1994, p. 587.
34 Emmanuel Godo, Histoire de la Conversation, Paris, PUF, 2003, pp. 88-89.
35 In realtà, in Francia salon per tutto il Settecento non è un termine ben visto, preferendo
quello di cercle: «Salon c’est tout qu’on déteste: une pièce de réception quasi officielle, une
mondanité bavarde et prétentieuse ». Cfr. Fumaroli, ( préface à l’anthologie), in Jacqueline
Hellegouarc’h, L’Esprit de société, Cercles et salons parisiens au XVIIIe siècle, Paris,
Garnier, 2000, p. VII.
36 Nel circolo di Mme de Lambert la conversazione è generalmente molto seriosa; il
martedì nel salon di Mme de Tencin si conversa invece in modo scherzoso; Mme Geoffrin, di
lunedì invita gli artisti, di mercoledì i letterati, il suo ruolo dunque di maîtresse è quello di
moderare gli animi di entrambi; da Mlle Quinault si conversa liberamente; Mme Vigée-
Lebrun predilige l’arte e bandisce la politica; diversamente per Mme de Staël la politica
costituisce l’argomento portante di ogni sua conversazione; secondo Marmontel, per
vivacità, nessun circolo è paragonabile a quello di Julie de Lespinasse: « Nulle part la
conversation n’était plus vive, ni plus brillante, ni mieux réglée que chez elle », Cfr.
Hellegouarc’h, in L’Esprit de société, Cercles et salons parisiens au XVIIIe siècle, cit., p.
187.
37 Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 148.
progressivamente uno spazio di riflessione aperto al pubblico, rivolto all’avvenire e
al progresso. Se la conversazione mondana del Seicento era fine a se stessa, quella
dei filosofi del Settecento diventa uno strumento di ricerca della verità, un modo di
pensare, di creare e di costruire collettivamente un sapere. Di certo, la struttura di
reciprocità che reggeva lo scambio mondano del diciassettesimo secolo continua a
regolare la partecipazione degli interlocutori: nel diciottesimo secolo è affidato
soprattutto alla padrona di casa il compito di organizzare gli incontri; il suo ruolo,
infatti, non è tanto quello di conversare, quanto di intervenire con discrezionalità,38
per tale motivo sono soprattutto i circoli gestiti dalle donne ad essere più
regolamentati.39 Nel Seicento, la conversazione era « conforme à la conscience des
usagers de l’époque »40, il suo scopo principale non era tanto il dibattito sulla
ricerca del vero e del falso, ma piuttosto poggiava sull’asse estetico del piacere: « il
n’y a pas de place pour le débat intellectuel au sein des sociétés mondaines ».41
Questo aspetto elitario della conversazione mondana è criticato nel Settecento, la
vacuità del divertimento aristocratico è rigettata dal momento in cui la
conversazione si eleva a luogo critico per eccellenza, estendendosi sempre di più
alla sfera pubblica e permettendo la nascita di ciò che oggi comunemente
definiamo l’opinione pubblica:
Le XVIIe siècle français en particulier a identifié la conversation à un art
d’agréer, et lui donne pour principe les bienséances. Le XVIIIe siècle soumet à
l’inventaire cet héritage et en dénonce la vacuité : ce reflet que chacun doit
renvoyer à l’autre est bien la condition d’un accord heureux, mais il cerne le
vide.42
Dunque, la conversazione diventa una pratica pubblica motivata da una volontà
di riforma che favorisce la discussione e lo scambio di opinioni divergenti. Questa
attività del linguaggio incarna lo spirito dei Lumi, insegue l’ideale di eguaglianza e
cerca di ridurre – piuttosto che di rafforzare – le distinzioni sociali, aprendosi alla
molteplicità e alla proliferazione delle idee e rivolgendosi ad una pluralità di
individui. L’influenza inglese è di fondamentale importanza in questa nuova
concezione della conversazione che anima la sfera intellettuale della Francia del
XVIII secolo; l’Inghilterra, dal 1710, gioca un ruolo decisivo in questa nuova
retorica della conversazione:
Addison et Steele créent avec le Spectateur un nouveau mode d’expression
et de diffusion de la réflexion morale et philosophique: une feuille de journal
quotidienne par la quelle l’auteur communique directement avec ses lecteurs,
développant sa pensée à partir de leurs réactions […] et à partir de ce qui s’offre
à tous dans l’actualité des moeurs ou de la pensée.43
38 Tra le maîtresses, Mme Geoffrin si distingue per le sue qualità di organizzatrice : « le plus
souvent elle se contentait d’écouter avec intérêt; elle ne parlait guère de suite que pour
conter, ou pour développer un sentiment vif que la conversation faisait naître à elle». Cfr.
Hellegouarc’h, « Portrait de Madame Geoffrin », in L’Esprit de société, Cercles et salons
parisiens au XVIIIe siècle, cit. ; diversamente Mme du Deffand è troppo impaziente ed
egocentrica per restare in disparte e brillare di discrezionalità. Cfr. Benedetta Craveri,
Madame du Deffand e il suo mondo, Milano, Adelphi, 1982.
39Al circolo di Holbach, aperto di giovedì e di domenica, e a quello di Helvétius, aperto di
martedì, le riunioni sono: « moins strictement rêglementées que dans les cercles féminins »
Cfr. Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 152.
40 Delphine Delanda Denis, La muse galante. Poétique de la conversation dans l’oeuvre de
Madeleine de Scudéry, Paris, Honoré Champion, 1997, p. 20.
41 Ibidem, p. 22.
42 Jean-Paul Sermain, « Le code du bon goût (1725-1750) », in Marc Fumaroli, Histoire de
la rhétorique dans l’Europe moderne, 1450-1950, Paris, PUF, 1999, p. 932.
43 Ibidem, pp. 932-933.
Il principio di reciprocità della conversazione dei Lumi offre delle condizioni di
interazione, permettendo una collaborazione intellettuale in un quadro di riflessione
democratico; la scrittura e l’oralità, infatti, partecipano in egual modo a questa
nuova forma di conversazione che si allontana sempre di più da quella seicentesca,
non solo in quanto la riconoscenza del gruppo poggia ormai anche sul merito
individuale e sul valore delle idee espresse, ma soprattutto perché queste idee
possono riguardare anche argomenti proibiti fino ad allora. Se precedentemente tra
le cose da evitare nelle conversazioni mondane vi era soprattutto la politica –
considerata pericolosa, in quanto opera esclusiva del re – in seguito, il salon
diviene anche un luogo politico, un progetto sociale44, un modello alternativo, dove
la stessa politica trova una propria dimensione e rivendicazione:
Le public nécessaire à l’avènement des Lumières, et dont la liberté ne peut
être limitée, est ainsi constitué par des individus qui ont les mêmes droits, qui
pensent par eux-mêmes et parlent en leur nom propre, et qui communiquent par
l’écrit avec leurs semblables. Aucun domaine ne doit être soustrait à l’empire de
leur activité critique : ni les arts et les sciences, ni les questions de religion, ni la
législation.45
La conversazione è res publica, diventa benefica per tutti, permettendo il
perfezionamento dei ragionamenti e l’acquisizione di un forte spirito di tolleranza
al contatto con le idee degli altri. Mentre nel secolo precedente si sceglieva un tema
in particolare e tale animava l’intero incontro, nel Settecento, la conversazione,
invece, tratta temi diversi e scelti solo a caso; è l’arte del bâton rompu ad animare
le conversazioni settecentesche, una particolare tecnica in cui l’improvvisazione la
fa da padrone, un’arte che, in seguito, Marivaux porterà in teatro.46
In realtà, le ricette per conversare erano più o meno le stesse del secolo
precedente: bisognava essere abili nell’improvvisare poemi, leggere in pubblico e
raccontare – con autorevolezza – anche aneddoti frivoli, avere il senso del gusto e
del rispetto degli altri e, a queste buone maniere, bisognava saper soprattutto
pensare ed esprimere in modo elegante e convincente le proprie idee. Lo stesso
scambio tra oralità e scrittura continuava nel diciottesimo secolo, anche se
d’Alembert, per l’Encyclopédie, riassumeva i grandi principi della conversazione,
sottolineando tra l’altro che: « Une conversation ne doit pas plus être un livre,
qu’un livre ne doit être une conversation »47 e malgrado (la conversazione) fosse
44 Nel salon di Julie de Lespinasse, ad esempio, le conversazioni trattavano ogni
argomento: « politique, religion, philosophie, contes nouvelles, rien n’était exclu de ses
entretiens », Cfr. Hellegouarc’h, in L’Esprit de société, Cercles et salons parisiens au
XVIIIe siècle, cit., p. 127.
45 Roger Chartier, Les origines culturelles de la Révolution française, Paris, Seuil , 2000,
p. 44.
46 Marivaux in Les Serments indiscrets (1732) dichiara che la sua opera subisce l’ influenza
delle conversazioni : « Il est vrai que j’ai tâché de saisir le langage des conversations, et la
tournure des idées familières et variées qui y viennent, mais je ne me flatte pas d’y être
parvenu », Cfr. Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 142 ; del resto, Marivaux è stato
un assiduo frequentatore di salons: quello di Mme Lambert « Fra gli amici della marchesa,
sarebbe stato Marivaux a eccellere su tutti », Cfr. Craveri, La civiltà della conversazione,
cit., p. 371; e quello di Mme de Tencin che Marivaux stimava in modo particolare: « Elle
était la meilleure de toutes les amies, elle aurait été la plus aimable de toutes les
maîtresse », in Hellegouarc’h, L’Esprit de société, Cercles et salons parisiens au XVIIIe
siècle, cit., p. 77.
47 D’Alembert, « Conversation », Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des
arts et des métiers, t. IV, 1754, p. 164.
considerata nel Settecento una pratica meno colta, in quanto la conoscenza delle
belles lettres era una dote caratterizzante dell’ uomo di mondo del Seicento.48
un mélange indéfinissable de simplicité et d’élévation, de grâce et de raison,
de critique et d’urbanité. On recherchait avec empressement toutes les
productions nouvelles des brillants esprits qui faisaient alors l’ornement de la
France. Les ouvrages de Bernardin de Saint-Pierre d’Helvétius, de Rousseau, de
Duclos, de Voltaire, de Diderot, de Marmontel, donnaient un aliment perpétuel
à ces conversations.49
Se la conversazione nel Settecento la si vuole letteraria e filosofica, la letteratura
e la filosofia a sua volta adoperano uno stile comunicativo che tanto richiama
l’entusiasmo delle conversazioni. Questo modello di scrittura lo si trova
incessantemente nell’opera di Diderot50, in Jacques le fataliste et son maître, il
narratore conversa con il narratario e conversa con se stesso, i suoi personaggi
conversano tra loro, e le loro conversazioni hanno per oggetto altre
conversazioni51; per Voltaire la conversazione vivacizza la sua vita e la sua opera52,
alla contessa Bentick egli stesso confesserà: « J’ai plus besoin de votre
conversation que d’un médecin, parce que je crois plus au plaisir qu’à la
médecine »53. La conversazione, insomma, sostiene gran parte della letteratura
dell’epoca: Les lettres persanes, Manon Lescaut, Les Liaisons dangereuses – solo
per citare alcune opere – per vivacità di spirito, nonché per audacia e virtuosismo,
richiamano i tratti dell’oralità.
La conversation dans ce cas, n’est plus seulement un art: c’est le paradigme
de toute écriture, de toute philosophie et de toute connaissance. […] Penser,
écrire, connaître : tout se fait sur le mode de la conversation.54
Gli elementi tipici della conversazione daranno alla luce Les Conversations
d’Ėmile, di Louise d’Ėpinay (prima edizione 1774), una scrittura dialogica doppia:
un dialogo tra narratore e narratario e tra educatrice e allieva. Il rapporto che Mme
d’Ėpinay desidera instaurare con i suoi lettori – così come quello istauratosi tra
madre e figlia – è esplicitamente di reciprocità e di scambio, partecipando così
48 Cfr. Hellegouarc’h, L’Art de la conversation, cit., p. 228.
49 Hellegouarc’h, L’Esprit de société, Cercles et salons parisiens au XVIIIe siècle, cit., p.
15.
50 La potenzialità creatrice e istruttiva della conversazione rappresenta una ricchezza
inestimabile per i filosofi dei Lumi. Denis Diderot affascinato da questa pratica sociale
esprime con entusiasmo a Sophie Volland le possibilità imprevedibili che possono
emergere dalle conversazioni: « C’est une chose singulière que la conversation, surtout
lorsque la compagnie est un peu nombreuse. Voyez les circuits que nous avons faits; les
rêves d’un malade en délire ne sont pas plus hétéroclites. Cependant, comme il n’y a rien de
décousu ni dans la tête d’un homme qui rêve, ni dans celle d’un fou, tout se tient aussi dans
la conversation ». Denis Diderot, Lettres à Sophie Volland , ( Ėdition établie par André
Babelon) Plan-de-la-Tour, Ėdition d’aujourd’hui, 1978, t. I, p. 255.
51 Cfr. Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 171.
52 « La conversazione dello scrittore si ornava […] di tutte le figure della retorica mondana,
e l’adulazione delicata, la schermaglia galante, la gaiezza, il brio, l’arte della battuta e
dell’à propos trovavano in lui uno straordinario virtuoso. Il talento del conversatore si
rivelava, dunque, speculare a quello dell’improvvisatore ». Craveri, La civiltà della
conversazione, cit., p. 354.
53 Cfr. Geneviève Haroche-Bouzinac, « Billets font conversation. De la théorie à la
pratique : l’exemple de Voltaire », in Art de la lettre, art de la conversation à l’époque
classique en France, cit., p. 341.
54 Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 169.
pienamente al modello di conversazione filosofica dei Lumi che favorisce il
dibattito delle idee. La scelta di Louise d’Ėpinay per una forma di scrittura
dialogica come canale pedagogico si accorda pienamente col pensiero di André
Morellet, il quale considerava la conversazione come la grande école d’ésprit, vale
a dire come lo strumento atto a rendere lo spirito più vigoroso, più giusto, più
penetrante, più profondo.55 Queste stesse idee saranno supportate nei venerdì di
Mme Necker – un eccellente trampolino di lancio per uomini e idee del tempo – la
maîtresse voleva che sua figlia, ancora bambina, sedesse accanto a lei, su un
piccolo sgabello, in quanto nella conversazione si apprendeva non solo la bellezza
della lingua, ma si acquisiva, senza alcun sforzo, la cultura eclettica, necessaria per
vivere in società. Per Necker il ruolo della maîtresse è quello di impedire che la
conversazione diventi noiosa, raccomandandosi che:
il faut toujours apporter dans la conversation le calme de la raison et de
l’attention: les contes perdent tout leur agrément, quand on les fait avec
distraction. Les exagérations ne font plaisir qu’en plaisanterie, et l’on doit se
mettre en garde contre la tentation où l’on est d’exagérer avec les gens qui
exagèrent et qui soutiennes des thèses extravagantes : l’exagération nuit à la
considération, et même à tous les genres de réputation.56
Probabilmente, Mme Necker non brillava di particolari qualità intellettuali, – per
Morellet era una vera nullità – ma suppliva le sue carenze con l’applicazione e lo
studio e i suoi Mélanges, pubblicati solo postumi dal marito, costituiscono l’ultimo
manuale di buone maniere, scritto in Francia alla vigilia della Rivoluzione.57
Diversamente, la conversazione sarà una dote innata per Mme de Genlis: « on aurait
voulu pouvoir écrire ce qu’elle disait » dichiarerà in diverse occasioni Mme Vigée-
Lebrun;58 tale pratica del linguaggio senz’altro contribuirà nel caratterizzare l’opera
poliedrica della Contessa – una scrittura dai generi più disparati – e darà anche il
titolo ad una delle sue raccolte più significative: Conversations d’une mère avec sa
fille, en français et en italien.
le titre de Conversations, choisi pour ce recueil qui propose un texte bilingue
de dialogues, veut évoquer sans doute l’atmosphère mondaine de la société
raffinée de l’Ancien régime, que Madame de Genlis n’a jamais cessé de
considérer comme le parangon de tout paradis social.59
Dalla seconda metà del diciottesimo secolo – e soprattutto verso il suo culmine
– la conversazione sarà giudicata diversamente e con scetticismo: « on avait bien
autre chose à faire qu’à causer »,60 divenendo l’emblema di una società in cui
regnava l’ipocrisia e la menzogna: « Le discours remplace la conversation, le
tribun prend la place du devisant et l’orateur masculin celui de la maîtresse des
lieux ».61
Le attenzioni rivolte alle buone maniere, al gusto, cedevano il passo alle
grossièretés; l’utilizzo di un tale linguaggio non aveva certamente velleità di stile,
55 Cfr. André Morellet, Essai sur la conversation, Paris, H. Nicolle, 1812, p. 158.
56 Necker, Mélanges extraits des manuscrits, Paris, Charles Pougens, 1798, t. II, p. 305.
57 Cfr. Craveri, La civiltà della conversazione, cit., p. 495.
58 Hellegouarc’h, L’Esprit de société, Cercles et salons parisiens au XVIIIe siècle, cit., p.
338.
59 Valeria De Gregorio Cirillo, « Les conversations de Madame de Genlis: structure des
échanges et interactions langagières », in Pratique et passion de l’écriture. Saggi su
Madame de Genlis, Napoli, L’Orientale Editrice, 2003, p. 67.
60 Cfr. «Conversation », in Nouveau Larousse illustré, (édition établie par Claude Augé) t.
III, Paris, Larousse, 1897, p. 252.
61 Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 198.
ma contribuiva di certo a sottolineare il desiderio dell’epoca di distacco dalla
tradizione, al beneficio di una situazione rivoluzionaria.62 Dall’atteggiamento di
rifiuto al sentimento nostalgico provato per la conversazione alla francese non
intercorse, tuttavia, moltissimo tempo: fu dapprima Mme de Staël a restaurare la
conversation e a mitizzarla di nuovo63; seguirono la riapertura a Parigi (1818) di
alcuni salons – seppure prevalentemente politici – e in seguito Balzac la riporterà
in auge, ridandole: « le sceptre avec lequel elle a si longtemps donné des lois aux
arts et à la littérature »,64 per scuotere i “dottrinari” e rimediare alla noia pubblica.65
Il carattere corale e orale di La Comédie Humaine fungerà, infatti, da mimesis
restauratrice della conversazione alla francese:
La littérature est ainsi, pour Balzac, la réparation et la restitution d’un
bonheur oral et social perdu, alors que, pour les écrivains de l’Ancien Régime,
elle était le relais d’une conversation qui préexistait et qu’il lui suffisait, en
quelque sorte, de poursuivre par écrit.66
L’impulso di nostalgia, diffusosi nell’Ottocento, cela in pratica i dispiaceri, le
frustrazioni, le insoddisfazioni di chi viveva con angustia la contemporaneità; uno
stato di disorientamento è palese ad esempio nei fratelli Goncourt: Edmond e Jules
dedicheranno nella loro opera comune ampio spazio al XVIII secolo, affermando
che: « toutes nos origines et tous nos caractères sont en lui ».67 In, La Femme au
XVIIIe siècle, i due fratelli tracciano una tripartizione del secolo dei Lumi:
Trois époques apparaissent dans la société du dix-huitième siècle. Trois
évolutions de son histoire attribuent trois formes a son esprit social et lui
imposent trois modes. […] Et c’est la physionomie de ces trois âges qu’il faut
étudier d’abord. […] Mais pour entrer dans la société du dix-huitième siècle,
pour la toucher du regard, ouvrons un carton de gravures, et nous verrons ce
monde, comme sur ces trois théâtre, dans le salon de 1730, dans le salon de
1760, dans le salon de 1780. 68
Il sentimento nostalgico animerà anche Sainte-Beuve fin dai suoi esordi. La sua
copiosa opera69 è un inno alla filosofia della conversazione70; se infatti
nell’Ottocento la scrittura non è più vista come un prolungamento naturale della
conversazione, ma bensì una sua rottura, Sainte-Beuve non condividerà affatto tale
drastico provvedimento: « il n’a jamais voulu admettre que les vases
62 Cfr. Roland Barthes, Le Degré zéro de l’écriture, Paris, Seuil, 1953, p. 7.
63 Si veda : Mme De Staël, De l’Allemagne, cit.
64 Honoré de Balzac, « Complaintes satiriques sur les moeurs du temps présent », in OEuvres
Complètes, Paris, Ėdition Société des Ėtudes balzaciennes, t. XXVI, 1963, p. 261.
65 Cfr. Fumaroli, La diplomatie de l’esprit, cit., pp. 316-317.
66 Ibidem, p. 319.
67 Edmond et Jules de Goncourt, La Femme au XVIIIe siècle, Paris, Flammarion, 1982, p.
45.
68 Ibidem, p. 75.
69 Membro del Cenacle romantique, collaboratore di riviste letterarie, ospite di saloni
mondani, professore e membro dell’Académie, senatore e precursore dei Dîners Magny,
Sainte-Beuve, si fa portavoce di numerosi discorsi e intermediario di diversi gruppi: Port-
Royal, 5 voll., 1840-1859; Portraits littéraires, 3 voll., 1840-1878; Portraits
contemporains, 5 voll., 1846-1871; Portraits de femmes, 1840 e 1870; Causeries du lundì,
16 voll., 1851-1881; Nouveaux lundis, 13 voll., 1863-1870, Premiers lundis, 3 voll., 1874-
1875. La sua attenzione mostrata alla conversazione, e in particolare alla causerie, non
passa di certo inosservata; si vedano in particolare gli scritti ironici di Balzac, quelli dei
Goncourt o, in seguito, le pungenti riflessioni di Proust. Cfr. Roxana Verona, Les
“salons”de Sainte-Beuve. Le critique et ses muses, Paris, Champion, 1999.
70 Cfr. Fumaroli, La diplomatie de l’esprit, cit., p. 319.
communicants entre littérature et conversation fussent définitivement brisés ».71
Insomma, i Goncourt come Sainte-Beuve continueranno nel voler credere che i
“discorsi” delle conversazioni e quelli della scrittura siano tra loro ancora tessuti a
maglia stretta, e che di conseguenza:
la conversation puisse posséder l’intensité de la chose écrite tout en ayant
l’éclat propre à l’échange de paroles et que la littérature sache garder da sa
source orale une fraîcheur que le passage à l’écriture menace toujours de lui
faire perdre.72
A parte alcuni nostalgici che “costruivano” le proprie strutture narrative sulle
rovine della società mondana73, la conversazione nell’Ottocento « n’est pas du tout
doué pour le loisir »74; il diciannovesimo secolo d’altronde è caratterizzato dal
disordine, dall’impotenza di giungere ad una stabilità di pensiero e di azione – uno
stupido secolo come viene definito per polemica da Léon Daudet75 – un secolo in
cui si animano straordinari sconvolgimenti scientifici e di fronte a questa, talvolta,
brutale rottura con le abitudini, di fronte ai tanti cambiamenti di regime –
monarchia, impero, repubblica, democrazia – le stesse ideologie sembrano
paradossalmente perdere d’importanza; di fronte a tale caos l’uomo non riesce a
distrarsi nel modo in cui lo faceva l’uomo seicentesco: attraverso il gioco della
conversazione. Il suo problema centrale è infatti se stesso e la sua natura, la sua
storia, il suo destino, la sua stessa civiltà messa in discussione. La conversazione
dell’Ottocento – almeno quella manifestata in letteratura – non terrà affatto conto
delle bienséance76, ma mira innanzitutto ai contenuti, non preoccupandosi
minimamente della sua forma: cessa d’essere insomma un’arte per diventare una
tecnica.
[…] est banale, courante odieuse, toute faite, monotone, à la portée de
chaque imbécile[ …] coule, coule des lèvres, des petites lèvres des femmes
qu’un pli gracieux retrousse, des lèvres barbues des hommes qu’un bout de
ruban rouge à la boutonnière semble indiquer intelligents. Cela coule sans fin,
écoeurant, bête à faire pleurer, sans une variante, sans un éclat, sans une saillie,
sans une fusée d’esprit.77
La conversazione non è considerata più un’arte, ma continuerà ad essere per
tutto il ventesimo secolo oggetto di attenzioni, suscitando sentimenti fortemente
contrastanti.
All’inizio del secolo c’è chi osa e la introduce persino nella scrittura in versi,
per poter esprimere al meglio i moti della quotidianità e/o della fantasia – si pensi
71 Fumaroli, Trois institutions littéraires, cit., p. 182.
72 Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 220.
73 Tra i nostalgici si rimanda ancora a Mme de Staël: « Dans toutes le classes, en France,
ont sent le besoin de causer: la parole n’y est pas seulement comme ailleurs un moyen de se
communiquer ses idées, ses sentiments et ses affaires, mais c’est un instrument dont on
aime à jouer et qui ranime les esprits », in De l’Allemagne, cit., p. 101.
74 Fumaroli, Trois institutions littéraires, cit., p. 187.
75 In merito alla conversazione Leon Daudet dichiarava : « Le café est l’école de la
franchise et de la drôlerie spontanée, tandis que le salon – sauf chez une madame de Loynes
[…] – est en général l’école du poncif et de la mode imbécile »; in Salons et journaux,
Paris, Grasset, 1932, p. 76.
76 Si pensino ad esempio i racconti anacronistici e fantastici di Barbey d’Aurevilly o alle
conversazioni malsane di Octave Mirbeau.
77 Guy de Maupassant, Croniques, (préface par Hubert Juin), t. I, Paris, UGE, 1980, p.
387.
ad esempio alla forma del poema-conversazione di Apollinaire o alle conversazioni
immaginate da Claudel78 – e chi invece la denigra anche in prosa, pensando alla
letteratura come antitesi della conversazione: per Proust bisogna allontanarsi dalla
conversazione per poter scrivere, in quanto per diventare scrittore, il narratore deve
prendere dapprima coscienza che l’io che conversa non è affatto l’io profondo e
autentico che si manifesta unicamente nella scrittura.
Bisognerà, tuttavia, attendere gli anni cinquanta per far sì che la conversazione
possa ritrovare un posto d’onore nella letteratura francese e sarà il teatro del dopo
guerra a conferirle una forza drammatica e poetica.79 Ad ogni modo, per tutto il
Novecento, ricorre incessantemente il tema dell’incomunicabilità: l’impossibilità di
esprimersi attraverso la sola parola e la confusione che questa provoca per i
molteplici suoi significati e significanti. Il linguaggio cessa d’essere allora uno
strumento conciliatorio per farsi carico di fraintendimenti e la conversazione – in
questo clima di riflessione e smarrimento – non può che apparire priva di regole.80
*
* *
Cosa resta della conversazione alla francese? Qual è il suo rapporto con la
letteratura?
Per rispondere a tali quesiti bisognerebbe forse chiedersi dapprima cosa resta
oggi della stessa letteratura (?). Si potrebbe poi pensare alla letteratura nel suo
significato più ampio81 e con non poca fantasia associarla ad ogni forma di
espressione scritta, rendendosi conto che in una società frenetica come la nostra, il
nostro stesso modo di scrivere – e di conseguenza la stessa letteratura – cambia
ripetutamente: internet, le t’Chat – e forse soprattutto l’uso dei brevi messaggi di
testo inviati mediante il telefono cellulare – hanno insomma rivoluzionato e
continuano a farlo ogni giorno di più le nostre lingue scritte. Oggi, non sono solo le
generazioni più giovani – anche se gli ultra trentenni usano questi strumenti in
maniera più parca – a scrivere con i travasi della lingua parlata, a creare nuove
forme di abbreviazioni, a dare libero sfogo alla propria creatività, attraverso un
linguaggio scritto che si avvale sempre di più di un rafforzamento di segni
tipografici: abbondanza di punti esclamativi, puntini di sospensione fino al ricorso
delle famose “faccine” i cosiddetti “emoticon”, tradotti in francese col termine
binette. E secondo il parere di affermati linguisti dovremmo anche esserne contenti,
78 « […] c’est Claudel qui redonne tout son éclat au genre de la conversation. Ses
Conversations dans le Loir-et-Cher, écrites entre 1925 et 1928, mettent en scène des
personnages imaginaires devisant sur le monde moderne ». Godo, Histoire de la
conversation, cit., p. 277.
79 Si pensi ad esempio alla tragica conversazione sregolata in La Cantatrice Chauve di
Eugéne Ionesco o alla conversazione come unica via di salvezza in En attendant Godot di
Samuel Beckett, o ancora alle pièces teatrali di Claude Mauriac, pubblicate nel 1964 sotto il
titolo di La Conversation.
80 Nathalie Sarraute afferma che un sottile gioco, talvolta feroce, si anima tra la
conversation e la sous-conversation. Cfr. L’Être du soupçon , Paris, Gallimard, 1956, p.
146. Si vedano anche le sue opere teatrali: Le Silence (1967) ; Pour un oui ou pour un non
(1982), dove le conversazioni dei personaggi sembrano edificate su discorsi insensati. Per
alcuni aspetti la Sarraute ricuce il legame interrotto tra letteratura e conversazione,
portandolo ad un livello che non ha nulla, tuttavia, da vedere con la tradizione classica.
81 « Au plus large, la littérature, c’est tout ce qui est imprimé (ou même écrit) […] ( la
frontière entre le littéraire et le non-littéraire) varie considérablement selon les époques et
les cultures ». Cfr. Antoine Compagnon, « L’extension de la littérature », in Le Démon de
la théorie, littérature et sens commun, Paris, Seuil, 1998, p. 32.
perché questo modo di scrivere non solo mette in moto una certa espressività
individuale – che dà ridondanza per esprimere le proprie emozioni – ma soprattutto
dà la possibilità di scrivere in francese – così come ad esempio in italiano o in
spagnolo – anche fuori dai contesti istituzionali. Questo modo di scrivere rapido e
informale – che tende alla “economicità” dei caratteri – bisognerebbe allora lodarlo
(?) perché capace di mantenere in vita anche le lingue destinate a perire, in quanto
sopraffatte dall’anglomania (?); le lingue, del resto, come ogni organismo vivente
hanno il dovere di rinnovarsi per adattarsi e sopravvivere.
Ora, se la lingua – scritta o parlata – è il motore trainante delle conversazioni,
non c’è quindi da meravigliarsi affatto se oggi la lingua francese è : «chose
lointaine et inutile même en France » e se « la littérature […] dort dans des rayons
de livres, et la conversation, en tant qu’art de dire, un reflet de la littérature et une
forme de communication, disparaît peu à peu ».82
Ai nostri giorni, la nozione di salon in Francia ha infatti perso l’importanza di
un tempo: da forma di cultura spirituale di una società, da “palcoscenico” dove
ognuno si cimentava in un ruolo ben definito, si passa alle maisons o agli ambienti
in cui intrattenere discorsi è raro e tali incontri non vanno mai oltre il bavardage:
la conversation moyenne d’un français d’aujourd’hui sera aussi orageuse,
bruyante et embrouillée que celle d’un letton ou d’un américain, pourtant elle aura
assurément plus de brillance de pensée et d’expression. La négligence
contemporaine, la hâte et le manque de style ont touché la culture des lettres
française en moindre mesure.83
L’uso del termine salon pare, tuttavia, voler ritornare in voga in Francia,
indicando i tantissimi salons de bavardage attivati su internet. Potrebbe tale lemma
richiamare un’eco di nostalgia (?) o semplicemente essere un moto rivoluzionario
per difendersi dall’etnocentrismo inglese (?); del resto, fra le lingue romanze, la
lingua francese è quella che – supportata da una politica linguistica ben tornita84 –
più di tutte le altre tenta di richiamare l’attenzione su di sé: una buona parte del
lessico informatico non a caso ha voci proprie, nazionali e non di prestito85.
Internet cambia la natura stessa della scrittura86 e di conseguenza della
conversazione scritta, volerlo negare sarebbe assurdo, come se negassimo ad
82 Imants Lancmanis, « L’héritage de Madame de Sévigné », in Style épistolaire et la
conversation en France, cit., p. 6.
83 Ibidem, p. 7.
84 « Sebbene abbia assunto sfumature diverse e perseguito differenti finalità nel corso dei
secoli, il patto di alleanza tra lingua e potere politico, in realtà ben anteriore alla
fondazione dell’ Académie française, è saldo come non mai in Francia, dove la lingua
riveste a tutti gli effetti e più che in ogni altro paese la funzione di simbolo – di prestigio, di
unità – oltre che di strumento di comunicazione ». Filomena Vitale, Lingua francese e
politica linguistica. Tradizione, innovazione, diffusione, Napoli, Liguori, 2002, p. 1.
85 Si riportano alcuni termini francesi del linguaggio informatico : balise (tag), courriel
(email), disquette (floppy), disque dur (hard disk), en ligne (on line), fichier (file), logiciel
(software), mot de passe (password), ordinateur (computer) page d’accueil (home page),
réseau (network), toile (web). Per un glossario esaustivo si rimanda a: http://www.alsic.ustrasbg.
fr/info/gloss.htm.
86 « Internet est la véritable Ėglise de ceux qui vénèrent l’information. Les réseaux, les
ordinateurs, toutes les machines à communiquer deviennent autant de lieux privilégiés,
quasi exclisifs, où se pratique ce nouveau culte. Ils rendent caduques les formes anciennes,
archaïques, de communication, de médiation, de savoir, de loisir et, d’une façon générale,
de contact avec les autres ». Philippe Breton, Le culte de l’Internet, une menace pour le lien
social ?, Paris, La Découverte, 2000, p. 9.
esempio l’influenza esercitata dalla fotografia – dalla sua nascita – sulla scrittura.87
Scrivere contemporaneamente a molti – talvolta nell’anonimato più assoluto ed
equivocando anche sul proprio genere – non è quindi la stessa cosa di stare da solo
davanti ad una pagina bianca; « la notion même d’auteur pourrait se trasformer
avec l’impact d’nternet ».88
Le conversazioni elettroniche e gli incontri virtuali invadono oggi la toile,
queste nuove forme conviviali non sono prive di regole, né esenti da rischi.89
Visitando ad esempio il Salon de bavardage di AlphaRoute si viene a conoscenza
che tra le primissime regole da rispettare bisogna innanzitutto avere il buon senso
delle idee degli altri – una bienséance settecentesca – evitare un linguaggio
grossier, presentarsi sempre con le buone maniere e conversare con dovuta calma –
come del resto lo auspicava Mme Necker – non scrivendo in caratteri maiuscoli, in
quanto: « les majuscules veulent dire que tu hurles ».90 A questi principi che di per
sé già richiamano alcune fondamentali regole di condotta dei salons littéraires
seicenteschi, bisogna anche aggiungere che oggi come allora si conversa
soprattutto per soddisfare due obiettivi propedeutici: il piacere e il divertimento.
Le lingue si rigenerano, le vie di comunicazione sono sempre più sofisticate e il
bisogno di svago dell’umanità è alla ricerca di passatempi nuovi, sempre più
disparati e coinvolgenti; da tali riflessioni ne consegue che:
Le lieu naturel de la conversation n’est donc pas le passé. Comme une poésie
qui s’offrirait à quiconque consent à elle, elle appartient résolument au présent. Il
suffit que les visages, les coeurs et les paroles s’ouvrent et se désarment pour
qu’elle ait lieu . 91
87 Per la trattazione si rimanda ad alcuni studi significativi : Jean-Marie Schaeffer, L’image
précaire, Paris, Seuil, 1987; Philippe Hamon, Imagerie, Paris, Corti, 2001 ; Daniel
Grojnowski, Photographie et langage, Paris, Corti, 2002 ; Philippe Ortel, La littérature à
l’ère de la photographie, enquête sur une révolution invisible, Paris, Chambon, 2002.
88 Cfr. « Internet et littérature », in Forum, vol. 35, n° 3, 11 septembre 2000, fonte internet:
http://www.forum.umontreal.ca/numeros/2000-2001/ , pagine consultate luglio 2007.
89 Cfr. Marc Coutty, Françoise Lazare, « Internet réhabilite le bavardage », in Le Monde,
08. IX. 2000.
90 « Le salon de bavardage d’Alpha Route est un endroit où les apprenants se rencontrent en
temps réel pour se faire des amis, parler de leur apprentissage et apprendre à bavarder en
ligne !C’est un endroit où se détendre, s’amuser et rencontrer des apprenants ». Cfr.
http://www.ressources.alpharoute.org
91Godo, Histoire de la conversation, cit., p. 315.

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