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Wednesday, July 18, 2012

BERNINI -- Vaticano

Speranza

Nel 1657 il primo progetto di Lorenzo Bernini fu sostituito da un altro con porticati liberi di archi su colonne a formare un’ampia piazza ovale e poco dopo con colonnati architravati.

Il portico, rispondeva anche all'esigenza liturgica della tradizionale processione del Corpus Domini, guidata dal papa attraverso le strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini.

In più l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non avrebbe impedito al popolo la veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro e di benedirli.

Decisivo fu l'intervento di papa Alessandro VII Chigi che consente di superare le obiezioni relative ai possibili rientri finanziari legati alla possibilità di edificare edifici sui margini della piazza. Nel ripensare il progetto Bernini dovette comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, superando intrighi e opposizioni.

 

Davanti alla facciata Bernini prevede uno spazio a trapezio la piazza "retta" la cui forma è ottenuta ribaltando simmetricamente la direzione di via Alessandrina rispetto all'asse della basilica.

La divergenza fra le ali fa sembrare più vicina la parete di fondo e al contempo cerca di mediare la necessità di far predominare nella piazza l'asse della basilica (sottolineato dall'obelisco) e nella città l'asse della via Alessandrina, centrata sul portone di bronzo.

Per la forma trapezoidale può essere avanzata anche l'ipotesi di un riferimento extra-biblico all'Ariel ("leone di Dio", perché il leone viene schematizzato con un trapezio per via delle maggiori dimensioni delle spalle), un cortile trapezoidale del Tempio di Salomone (Re e Sacerdote, come il Papa).[senza fonte]

Le due ali rettilinee devono però essere svincolate dalla scalinata centrale, essendo il pavimento della nuova basilica 3,2 metri più alto di quello antico, per la decisione presa di realizzare le «grotte vaticane».

La cornice dei tratti porticati finisce esattamente alla quota di quella dell'ordine basso inserito da Maderno nell'ordine gigante michelangiolesco. Si ha così l'impressione di un unico partito architettonico che circonda l'invaso.

Nella vistosa inclinazione dei "corridori" Bernini rinuncia alla soluzione cinquecentesca di lasciare un ordine retto, inserendo sotto la base e tra capitello e trabeazione dei 'cunei' triangolari, e usa invece un'"architettura obliqua". Ciò contravviene a quanto sosteneva Vitruvio riguardo all'architettura come specchio della realtà.[non chiaro]

 

Quello che nella città è l'asse principale (via Alessandrina), nella piazza diventa l'asse secondario, tanto più che si procede alla demolizione della torre di Ferrabosco che sottolineava l'ingresso ai Palazzi Vaticani, in corrispondenza con tale asse urbanistico.
Inevitabilmente Bernini per la prima volta nella storia della piazza impone l'asse della basilica; ma vi conserva dentro l'asse ormai plurisecolare del Borgo Nuovo, anche se completamente nascosto. Non lo evidenzia in alcun modo né il disegno della pavimentazione, né alcuna eminenza scultorea; ma è vero che nulla lo interrompe, e la fontana nell'esedra settentrionale della piazza è tangente all'angolo esterno di questo percorso, proprio per non intercettarlo.
Dovendo però accettare l'obelisco come centro della nuova piazza, Bernini ha dovuto ruotare l'asse maggiore dell'ovale per renderlo parallelo alla facciata, imprimendo così una sensibile deformazione alla parte trapezoidale.

 

Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra area oltre a quella dell'«insula grande» e rispettare i prospetti delle case ad essa antistanti, con l'intenzione di dimostrare così la netta insufficienza della proposta. Con le demolizioni, che inevitabilmente deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il quartiere di Borgo cambierà radicalmente; fino ad allora le sue case si erano spinte oltre l'abside di San Pietro sul lato meridionale, tra questo e le mura. Le demolizioni per la piazza lo spaccano quasi a metà. La trasformazione di Borgo corrispose poi anche a un cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne aristocratico. E diventò probabilmente anche più romano.
Ma perché l'ovale? Perché non era un'ellisse, di più difficile disegno e realizzazione e inconsueto nell'architettura sacra; e perché l'ovale è l'unione di due semicirconferenze che si intersecano nei rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica notoriamente cara alla Chiesa per via delle sue implicazioni cosmologiche[senza fonte]. L'idea dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte contrapposizione alla basilica longitudinale, serviva a reggere la spinta della sequenza formata dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini sosteneva opportunamente che «la chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever à braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl'Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl'Infedeli per illuminarli alla vera fede», dando così una felice immagine del suo intervento ancor oggi comunemente riconosciuta e accettata.
La piazza ovale doveva però essere ricavata in pendio, su cui la posizione dell'obelisco costituiva una quota non modificabile. Nella primitiva soluzione ad arcate si era pensato di far assorbire il dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico orizzontale. Nella soluzione definitiva il colonnato corre su un piano inclinato in modo impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la sua tessitura, formata da intercolumni uguali, è deformata a parallelogramma da pavimento a soffitto.
La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema evocabile dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da Ezechiele come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero della Trinità.
E la concavità della piazza produce l'effetto «teatro» (così definito nei documenti[non chiaro]): quando è piena di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea.
Altri particolari:
  • il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi dell'emiciclo settentrionale;
  • la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord è parallela al prospetto meridionale dello stesso Palazzo Nuovo.[8]
Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la linearità dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo l'interno del corridoio risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente allineate. Con la posizione delle fontane, che si frappongono tra l'osservatore e gli avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a nord era stata rinnovata dal Maderno, quella "gemella" a sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De' Rossi).
La lunga teoria delle 162 statue di santi – ognuno in corrispondenza di una colonna, come tante singole colonne trionfali – rappresenta la «ecclesia triumphans» in relazione alla «ecclesia militans» cioè la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni delle sculture – realizzate da collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con modelli dal vero provati sulla piazza – sono esattamente la metà di quelle sulla facciata della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e un Gesù di mano berniniana (la cui croce è sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella dell'obelisco antistante). Dimensioni: 198 × 148 metri.

 

L'ingente e complessa manomissione della forma urbana, dovuta alla demolizione dell'ultimo isolato tra la via Alessandrina e Borgo Vecchio – interrompendone la continuità – è messa a frutto in scala architettonica.
La parte occidentale è il recapito dell'asse urbanistico e il luogo del suo raccordo con l'asse architettonico, che si ferma, non potendo prolungarsi nella dimensione urbana.
Il contributo di piazza Rusticucci alla riuscita dell'insieme era determinante: non solo creava la distanza prospettica necessaria per ritrovare la cupola al di sopra della facciata, ma permetteva di vedere anche la piazza e il portico, di cogliere questo spazio-catino anteposto e strettamente congiunto al resto. La piazza è molto decentrata rispetto a San Pietro, ma dalla parte giusta, cioè verso il portone di bronzo.
Dopo lo sventramento piacentiniano è stata sostituita dalla simmetrica piazza Pio XII, termine di via della Conciliazione.

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Tra l'obelisco e la fontana di destra, sul suolo, si trova contrassegnato il "centro del colonnato", da cui, con un gioco prospettico, le quattro massicce file di colonne sembrano solo una
Vista del colonnato



La forma complessa rendeva difficile l'allineamento delle colonne e la conformazione dell'ordine.

Anche le basi devono essere deformate sull'arco di cerchio, così come i capitelli se fossero stati utilizzati lo ionico o il corinzio.

Quello dorico è pertanto l'ordine più adatto alla geometria della piazza, utilizzato semplificando la trabeazione, senza metopetriglifi così come proposto nell'opera teorica del Vignola.

L'ordine dorico era comunque considerato un ordine eroico adatto alla figura di san Pietro (vedi il martyrium del Tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, del Bramante).

In realtà il grande ordine continuo della piazza è dorico nei sostegni verticali – colonne, pilastri e lesene – e più o meno ionico (privo di triglifi) nella trabeazione: così del resto era usato spesso per marcare volumi curvilinei, com'è – per esempio – la trabeazione del primo piano del Colosseo.

Relativamente basso ed estremamente austero, il dorico forniva un contrasto semplice e poco attraente ("contrapposto" era la parola di Bernini), che avrebbe ingrandito l'altezza della facciata e aumentato la magnificenza dell'ordine corinzio della facciata.

La giacitura curva implica però l'espediente di aumentare gradualmente il diametro delle colonne dalla prima alla quarta fila per compensare l'aumento dell'intercolumnio. Ciò comporta che le proporzioni delle slanciate colonne e degli intercolumni sul lato interno della piazza sono vicine a quelle del corinzio, mentre all'esterno – più massicce – sono compatibili col dorico; lo scarto proporzionale sarebbe risultato evidente soprattutto nei triglifi, che vengono soppressi anche per questo motivo.

Il «terzo braccio» [modifica]

La piazza con il terzo braccio
Un tema controverso (e delicatissimo) è la saldatura fra il nuovo scenario aulico e il paesaggio urbano preesistente. Bernini ipotizza allora un «terzo braccio» centrale del colonnato, distanziato dai laterali quanto basta per non invadere il canale visivo fra Borgo Nuovo e il portone di bronzo.
Prima segue la forma ovata della piazza (rendendone più netta la percezione), poi approda a una versione rettilinea, che più tardi vorrebbe anche arretrare verso il borgo. Ma la Congregazione, pur decidendo l'abbattimento dell'ultimo isolato di Borgo Nuovo, rimanda al futuro ogni spesa edilizia. Poco dopo, con la morte di Alessandro VII, tramonta l'eventualità di queste aggiunte. La mediazione tra la scala del monumento bramantesco e la scala minuta della città moderna non viene più separata nettamente da altri corpi edilizi.
Lo scenario della piazza è presentato obliquamente anche nella maggior parte delle incisioni e delle fotografie antiche. È questa coscienza connaturata con la città che ha scongiurato per lungo tempo l'esecuzione dei tanti progetti per la demolizione della «spina»; ancora nel 1882 il consiglio comunale di Roma delibera di sospendere, per questa parte, l'esecuzione del piano regolatore del 1881 «anche per ragioni di estetica, essendo a dubitarsi che quella demolizione possa nuocere all'effetto della piazza di san Pietro»[senza fonte].

Risoluzione dei problemi [modifica]

«L'abilità dell'Architetto si conosce principalmente in convertir i difetti del luogo in bellezza».[9] Bernini impostò il suo progetto su tutti i vincoli che i secoli precedenti – e i papi e gli architetti – gli avevano trasmesso e imposto. Solo a San Pietro ha modo di lavorare abbastanza a lungo, in fasi successive e correggendo se stesso, su un unico contesto. Riesce così a riordinare un intero pezzo di città. Ci sono anomalie, simmetrie soltanto apparenti, soluzioni insolite, accomodamenti dissimulati e bruschi raccordi francamente accettati, adattamenti ai vincoli imposti dagli elementi preesistenti e artifici per mascherare la loro irregolarità.
Bernini non considera le proporzioni un valore assoluto ma una variabile dipendente da un più ampio contesto.

Interventi sulla facciata del Maderno [modifica]

Il prospetto troppo sviluppato in orizzontale, basso e largo, non poteva essere rialzato senza danneggiare ulteriormente la visuale della cupola.
Definita da Bernini una facciata «quatta», priva di ogni apprezzabile articolazione in profondità, fu modificata in senso tanto estetico quanto funzionale. La scalinata che davanti alla chiesa, larga quanto l'intera facciata, viene limitata solo alla parte centrale; davanti alle due appendici, costruite come basi dei due campanili, Bernini demolisce la gradinata preesistente, scava il terreno sottostante e abbassa il nuovo piano di calpestio fino a dove lo consentono le fondazioni delle due appendici, avvicinandolo per quanto possibile al livello del piano su cui poggia la base dell'obelisco. Sulla facciata, nella parte rimasta scoperta al di sotto dell'ordine, replica la stessa zoccolatura che c'era già nelle parti absidali della chiesa. In questo modo la nuova scala sembra qualcosa di aggiunto, di anteposto, migliorando le proporzioni del prospetto.
Il rione Borgo prima della costruzione della via
Non solo: ai lati della nuova scalinata è possibile realizzare due passaggi percorribili anche dalle carrozze e l'originale dislivello tra i piani di spiccato della facciata e dell'obelisco si è ridotto a solo sei metri (che con i 200 metri di distanza dall'obelisco fa una pendenza del 3%, e dunque pavimentazione continua senza gradonature e corretta raccolta delle acque piovane).

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