Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Monday, July 2, 2012

NERONE OPERISTICO

Speranza

Nerone

 
 
Nerone
Nerone
Testa in marmo di Nerone presso il Museo Palatino
Imperatore romano
In carica5468
Investitura13 ottobre 54
PredecessoreClaudio
SuccessoreGalba
Nome completoNero Claudius Caesar Augustus Germanicus
NascitaAnzio, 15 dicembre 37
MorteRoma, 9 giugno 68
Sepolturacolle Pincio presso la tomba di famiglia dei Domizii Ahenobarbi[1]
Dinastiagiulio-claudia
PadreGneo Domizio Enobarbo
MadreGiulia Agrippina Augusta
ConiugiClaudia Ottavia (53 - 62)
Poppea (62 – 65)
Statilia Messalina (66 - 68)
FigliClaudia Augusta (da Poppea) morta a 4 mesi


Lucio Domizio Enobarbo Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (latino: Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus; Anzio, 15 dicembre 37Roma, 9 giugno 68) è stato un imperatore romano.

Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia succedendo al suo padre adottivo Claudio nell'anno 54 e governò per quattordici anni fino al suicidio all'età di 30 anni.

Per la sua politica favorevole al popolo fu inviso alla classe aristocratica, motivo per cui ne fu tramandata un'immagine di tiranno, parzialmente rivista dalla maggioranza degli storici moderni, i quali ritengono che non fosse né pazzo - come lo descrissero alcune fonti - né particolarmente crudele, ma che i suoi comportamenti fossero simili a quelli di altri imperatori non ugualmente giudicati; inoltre fu accusato del grande incendio di Roma, fatto da cui gli studiosi moderni tendono a discolparlo.

 

 

Nascita [modifica]

Exquisite-kfind.png Albero genealogico giulio-claudio e Dinastia giulio-claudia.
Nacque ad Anzio il 15 dicembre 37, da Agrippina Minore e Gneo Domizio Enobarbo.

 

Il padre apparteneva alla famiglia dei Domizi Enobarbi, una stirpe considerata di "nobiltà plebea", (cioè recente), mentre la madre era figlia dell'acclamato condottiero Germanico, nipote di Marco Antonio, di Agrippa e di Augusto, nonché sorella dell'imperatore Caligola che quindi era suo zio materno.
Testa di Nerone

Nel 39 Agrippina Minore, sua madre, amante del potere e descritta da molti come spietatamente ambiziosa, fu scoperta coinvolta in una congiura contro il fratello Caligola e venne quindi mandata in esilio nell'isola di Pandataria nel mar Tirreno, nell'arcipelago Pontino. In quegli anni il piccolo Lucio visse con la zia Domizia Lepida, che egli amò più della madre e dalla quale avrebbe imparato l'amore per lo spettacolo e per la danza. L'anno seguente il marito di lei, Gneo, morì e il suo patrimonio venne confiscato da Caligola stesso.

Lucio nel frattempo fu affidato alle cure della zia, Domizia Lepida, ed alle nutrici Egogle ed Alessandra. Essendo la zia di non elevata condizione economica, in questi primi anni i precettori furono un barbiere ed un ballerino, i quali anch'essi aiutarono Lucio a coltivare l'amore per la danza e per lo spettacolo[2].

Nel 41 Caligola venne assassinato, così Agrippina Minore poté ritornare a Roma ad occuparsi del figlio dell'età di quattro anni, attraverso il quale aveva intenzione di attuare la propria opera di rivalsa. Lucio venne affidato a due liberti greci (Aniceto e Berillo) per poi proseguire gli studi con due sapienti dell'epoca: Cheremone d'Alessandria e Alessandro di Ege, grazie ai quali il giovane allievo sviluppò il proprio filoellenismo.
Nel 49 Agrippina Minore sposò l'imperatore Claudio, che era suo zio, ed ottenne la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di servirsi del celebre filosofo quale nuovo precettore del figlio. Inoltre, visto che il giovane Lucio dimostrava maggior affetto verso la zia Domizia Lepida, Agrippina per gelosia, la fece accusare di avere complottato contro l'imperatore, ottenendone da Claudio la condanna a morte. Nell'occasione, l'undicenne Lucio fu minacciato e costretto dalla madre a testimoniare contro la zia. Poco dopo, gli fu imposto il fidanzamento con Ottavia, figlia di Claudio, di otto anni[2].

 

Il primo scandalo del regno di Nerone coincise col suo primo matrimonio, considerato incestuoso, con la cugina Claudia Ottavia, figlia di suo zio Claudio.

Nerone più tardi divorziò da lei quando s'innamorò di Poppea. Questa, descritta come una donna notevolmente bella, sarebbe stata coinvolta prima del matrimonio con l'imperatore, in una storia d'amore con Marco Salvio Otone, amico di Nerone stesso[3]. Nel 59 Poppea fu sospettata d'aver organizzato l'omicidio di Agrippina, mentre Otone venne inviato come governatore in Lusitania, l'odierno Portogallo.
Nel 62 Nerone sposò Poppea dopo aver ripudiato Claudia Ottavia per sterilità e averla relegata in Campania. Alcune manifestazioni popolari in favore della prima moglie, convinsero l'imperatore delle necessità di eliminarla, dopo averla accusata di tradimento[4].
Lo stesso anno Burro morì, forse ucciso per ordine di Nerone, e Seneca si ritirò a vita privata; la carica di prefetto del Pretorio venne assegnata a Tigellino (già esiliato da Caligola per adulterio con Agrippina). Contemporaneamente venne introdotta una serie di leggi sul tradimento, che provocarono l'esecuzione di numerose condanne capitali.
Nel 63 Nerone e Poppea ebbero una figlia, Claudia Augusta, che tuttavia morì ancora in fasce.
Dopo la morte di Poppea, nel 66 Nerone sposò Statilia Messalina.

 

Le fiaccole di Nerone, Henryk Siemiradzki (1848-1902), ora al Museo Nazionale di Cracovia. I cristiani furono perseguitati da Nerone dopo questo incendio.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Grande incendio di Roma.
Allo scoppio del grande incendio di Roma del 64, l'imperatore si trovava ad Anzio, ma raggiunse immediatamente l'Urbe per conoscere l'entità del pericolo e decidere le contromisure, organizzando in modo efficiente i soccorsi, partecipando in prima persona agli sforzi per spegnere l'incendio. Nerone mise sotto accusa i Cristiani residenti a Roma. Dai duecento ai trecento cristiani vennero messi a morte[2].
Fu poi accusato, dopo la morte, di aver provocato egli stesso l'incendio. Nonostante la ricostruzione dei fatti sia incerta e molti aspetti della vicenda siano ancora controversi, l'immagine iconografica dell'imperatore che suona la lira dal punto più alto del Palatino mentre Roma bruciava è ormai ampiamente superata e considerata inattendibile. Al contrario, l'imperatore aprì addirittura i suoi giardini per mettere in salvo la popolazione e si attirò l'odio dei patrizi facendo sequestrare imponenti quantitativi di derrate alimentari per sfamarla[2]. In occasione dei lavori di ricostruzione, Nerone dettò nuove e lungimiranti regole edilizie, destinate a frenare gli eccessi della speculazione e tracciare un nuovo impianto urbanistico, sul quale è tuttora fondata la città[2]. In seguito all'incendio egli recuperò una vasta area distrutta, facendo realizzare il faraonico complesso edilizio noto come Domus Aurea, la sua residenza personale, che giunse a comprendere il Palatino, le pendici dell'Esquilino (Oppio) e parte del Celio, per un'estensione di circa 2,5 km quadrati (250 ettari).

 

Nel 65 venne scoperta la congiura pisoniana (così chiamata da Gaio Calpurnio Pisone) e i cospiratori, tra cui anche Seneca, vennero costretti al suicidio. La stessa sorte toccò anche Gneo Domizio Corbulone. In quel periodo Nerone ordinò anche la decapitazione di San Paolo e, più tardi, secondo la tradizione cattolica, la crocifissione di San Pietro.
Nello stesso anno, Poppea, in attesa del secondogenito di Nerone, morì a causa di incidente di gravidanza[2], e non a causa di un calcio sferratole dal marito come è opinione comune. Secondo Svetonio invece, Nerone l'avrebbe ripudiata per sposare Statilia Messalina e Poppea, ritiratasi nella sua villa del Vesuviano, ad Oplontis, sarebbe morta nel 79 durante l'eruzione del Vesuvio.
Nel 67, l'imperatore viaggiò fra le isole della Grecia, a bordo di una lussuosa galea sulla quale divertiva gli ospiti (fra questi anche tutti gli stupefatti notabili delle città visitate e tributarie di Roma, compresa Atene) con prestazioni artistiche, mentre a Roma, Ninfidio Sabino (collega di Tigellino, che aveva preso il posto dei congiurati pisoniani) andava procurandosi il consenso di pretoriani e senatori.
Prima di lasciare la Grecia, annunciò personalmente -ponendosi al centro dello stadio d'Istmia, presso Corinto, prima della celebrazione dei giochi panellenici- la decisione di restituire la libertà alle poleis, eliminando il governo provinciale di Roma.[5]

 

Exquisite-kfind.png Campagne armeno-partiche di Corbulone, Rivolta di Budicca e Spedizione romana alle fonti del Nilo.
Sotto Nerone, il re della Partia Vologese I pose sul trono del regno d'Armenia il proprio fratello Tiridate, sul finire del 54. Questo convinse Nerone che fosse necessario avviare preparativi di guerra in vista di un'imminente campagna militare. Domizio Corbulone fu inviato a sedare le continue scaramucce tra le popolazioni locali e sparuti gruppi di romani. In realtà non vi fu una vera guerra fino al 58 d.C. Dopo la conquista di Artaxata nel 58 e della città di Tigranocesta, nel 59, pose sul trono dei parti re Tigrane IV, nel 60. Il nuovo re non era molto favorevole all'influenza dei romani ed il fratello Tiridate si sostituì al medesimo nel 64. Si spense così l'ultimo focolaio di guerra e Nerone poté fregiarsi del titolo di Imperator (Pacator) invitando a Roma il re Tiridate I. Inaugurò, nel contempo, solenni festeggiamenti per la ricorrenza del trecentesimo anniversario della prima chiusura delle porte del tempio di Giano Gemino (236 a.C.) per celebrare la "pace ecumenica" raggiunta in tutto l'impero, e per far dimenticare al popolo il disastroso incendio della città del mese di luglio. Per le ingenti spese sostenute, Nerone fece la riforma del conio ed emise una nuova moneta sulla quale, nel dritto appare la sua figura con il capo incoronato e l'aspetto fiero com la scritta: "IMP NERO CAESAR AVG GERM" e sul rovescio, il tempio di Giano "a porte chiuse" con la scritta: "PACE P R UBIQ PARTAIANVM CLVSIT -S C -". Per la prima volta dunque, Roma, un comandante si fregiò del titolo di Imperatore. Il re Vologese, timoroso del mare, arrivò a Roma dopo un viaggio durato ben otto mesi, nell'inverno del 65 e, nella primavera del 66 furono ripetuti i festeggiamenti e, alla presenza del popolo e dell'esercito, tolse la tiara dal capo di Tiridate e lo incoronò con un diadema invitandoLo a sedere alla sua destra. Nel corso del suo principato continuò la conquista della Britannia, anche se negli anni 60-61 fu interrotta da una rivolta capeggiata da una certa Budicca.

 

Gaio Giulio Vindice, governatore della Gallia Lugdunense, si ribellò dopo il ritorno dell'imperatore a Roma, e questo spinse Nerone ad una nuova ondata repressiva: fra gli altri ordinò il suicidio al generale Servio Sulpicio Galba, allora governatore nelle province ispaniche: questi, privo di alternative, dichiarò la sua fedeltà al Senato ed al popolo romano, non riconoscendo più l'autorità di Nerone. Si ribellò quindi anche Lucio Clodio Macero, comandante della III legione Augusta in Africa, bloccando la fornitura di grano per la città di Roma. Nimfidio corruppe i pretoriani, che si ribellarono a loro volta a Nerone, con la promessa di somme di denaro da parte di Galba. Infine il Senato lo depose e Nerone si suicidò il 9 giugno 68, nella villa suburbana del liberto Faonte, pugnalandosi alla gola con l'aiuto del suo segretario Epafrodito.
Il corpo di Nerone fu cremato e le sue ceneri deposte in un'urna di porfido, sormontata da un altare di marmo lunense. Il luogo di sepoltura era il Sepolcro dei Domizi, sotto l'attuale basilica di Santa Maria del Popolo.

Riconoscimenti [modifica]

(LA)
« Obiit tricensimo et secundo aetatis anno, die quo quondam Octaviam interemerat, tantumque gaudium publice praebuit, ut plebs pilleata tota urbe discurreret. et tamen non defuerunt qui per longum tempus vernis aestivisque floribus tumulum eius ornarent ac modo imagines praetextatas in rostris proferrent, modo edicta quasi viventis et brevi magno inimicorum malo reversuri. Quin etiam Vologaesus Parthorum rex missis ad senatum legatis de instauranda societate hoc etiam magno opere oravit, ut Neronis memoria coloretur. denique cum post viginti annos adulescente me extitisset condicionis incertae qui se Neronem esse iactaret, tam favorabile nomen eius apud Parthos fuit, ut vehementer adiutus et vix redditus sit. »
(IT)
« Morì nel suo trentaduesimo anno d'età, nel giorno anniversario dell'uccisione di Ottavia e fu tale la gioia di tutti che il popolo corse per le strade col pileo. Tuttavia non mancarono quelli che, per lungo tempo, ornarono di fiori la sua tomba, in primavera e in estate, e che esposero sui rostri ora le immagini di lui vestito di pretesta, ora gli editti con i quali annunciava, come se fosse ancora vivo, il suo prossimo ritorno per la rovina dei suoi nemici. Per di più, Vologeso, re dei Parti, quando mandò ambasciatori al Senato per riconfermare l'alleanza, fece chiedere anche, insistentemente, che si onorasse la memoria di Nerone. Infine, vent'anni dopo la sua morte, durante la mia adolescenza, venne fuori un tale, di ignota estrazione, che pretendeva di essere Nerone e questo nome gli valse tanto favore presso i Parti che essi lo sostennero energicamente e solo a malincuore lo riconsegnarono. »
(Svetonio, Vita dei Cesari, Nero LVII)
Con la sua morte terminò la dinastia giulio-claudia.

 

Fu detto anche "il porrofago" perché era ghiotto di porri. Questo ortaggio, diceva, gli serviva per schiarirsi la voce.

Nutrì, secondo Svetonio, oltre che una sfrenata passione per la musica e il canto, anche una discreta passione per la pittura e la scultura.

Svetonio parla anche delle sue personali qualità artistiche ricordando come avesse scritto molti componimenti poetici originali.
(LA)
« Itaque ad poeticam pronus carmina libenter ac sine labore composuit nec, ut quidam putant, aliena pro suis edidit. venere in manus meas pugillares libellique cum quibusdam notissimis versibus ipsius chirographo scriptis, ut facile appareret non tralatos aut dictante aliquo exceptos, sed plane quasi a cogitante atque generante exaratos; ita multa et deleta et inducta et superscripta inerant. »
(IT)
« Essendo incline alla poesia, compose versi volentieri e senza fatica e non pubblicò mai, come insinuano alcuni, quelli degli altri spacciandoli per suoi. Mi sono capitati tra mano taccuini e libretti che contengono alcuni suoi versi assai noti, scritti di sua mano ed è facile vedere che non sono stati né copiati né scritti sotto dettatura, ma sicuramente composti da un uomo che medita e crea, perché vi sono molte cancellature, annotazioni e inserimenti. »
Si cimentò anche pubblicamente come suonatore di cetra. La notizia secondo cui avesse assistito all'incendio di Roma suonando questo strumento è un falso: allo scoppio dell'incendio, Nerone si trovava nella sua villa di Anzio e si precipitò a Roma per dirigere l'opera di spegnimento e i soccorsi, ai quali partecipò in prima persona.
Stando al trattato storico politico di Tacito, Nerone amava passare il suo tempo nella residenza estiva di Torre di Gianus, dove amava deliziare il palato dei suoi ospiti con delicati manicaretti da lui stesso preparati. Non vi è alcuna prova che Nerone soffrisse di malattie come il saturnismo (intossicazione da piombo), attribuita anche ad altri imperatori a causa dell'uso del vino addolcito in otri di piombo.

 

Nerone, oltre alla famosa ricostruzione di Roma a seguito dell'incendio del 64, intraprese altre opere pubbliche tra cui due imprese sovrumane iniziate ma mai completate: il taglio dell'istmo di Corinto e un canale lungo la costa dall'Averno a Roma.
La prima opera, già tentata dal tiranno Peliandro, dal Re di Macedonia Demetrio Poliorcete, da Giulio Cesare e da Caligola sembrava non portare fortuna a chi la intraprendeva, tutti morti in modo violento. Gli scavi furono segnati da episodi nefasti e si interruppero con la morte dell'ideatore.
Il canale dall'Averno a Roma (lungo 250 km), ancora più mastodontico di quello di Corinto assorbì risorse umane e economiche immense e non fu mai completato a causa degli infiniti problemi tecnici.

Titolatura imperiale [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Monetazione dei Giulio-Claudii e riforma monetaria di Nerone.
Titolatura imperialeNumero di volteDatazione evento
Tribunicia potestas14 anni:la prima volta (I) il 4 dicembre del 54 e poi rinnovatagli ogni anno, il 13 ottobre.
Consolato5 volte:nel 55, 57, 58, 60 e 68.
Salutatio imperatoria13 volte:I (al momento della assunzione del potere imperiale) nel 54, (II) nel 56, (III-IV) nel 57, (V-VI) nel 58, (VII) nel 59, (VIII-IX) nel 61, (X) nel 64, (XI) nel 66 e (XII-XIII) nel 67.
Altri titoliPater Patriae e Pontifex Maximus nel 55.

Critica storica [modifica]

Una martire cristiana, olio su tela del pittore Henryk Siemiradzki, 1897, Varsavia, National Museum.
« Il popolo amava Nerone. Perché opprimeva i grandi ma era lieve con i piccoli »
Nerone fu considerato un tiranno e un folle, ma a differenza di imperatori come Commodo e Caligola, non pare verosimile che avesse problemi mentali, né che fosse particolarmente crudele, o perlomeno era assai simile ai predecessori Tiberio e Claudio, molto severi con gli oppositori. Furono Tacito, senatore e nemico di Nerone, e gli storici cristiani a rivestirlo della leggenda nera che ancora lo accompagna.

L'immagine di Nerone è stata tramandata dagli storici cristiani quale autore della prima persecuzione contro i cristiani, nonché responsabile del martirio di moltissimi cristiani e dei vertici della Chiesa Romana, cioè San Pietro e San Paolo. Vi è la probabilità che un provvedimento di Nerone nei confronti dei Cristiani fosse il cosiddetto Editto di Nazaret, databile per alcuni al 62 (molti storici attribuiscono invece a Tiberio il provvedimento che vietava l'asportazione dei cadaveri dai sepolcri), precedente però all'incendio di cui il popolo e Nerone accusarono i cristiani. La voce che circolava - infondata - era che l'imperatore fosse il responsabile dell'incendio. Nella verità l'imperatore offrì l'uso della reggia ai senzatetto e organizzò squadre di pompieri (e non suonò la cetra mentre Roma bruciava). In realtà emise condanne contro i cristiani non per la loro religione ma seguendo le leggi molto severe nei confronti dei non cittadini romani. Il primo editto anti-cristiano risale invece all'epoca di Domiziano. Anche Traiano, l'imperatore amato dalla storiografia cristiana, perseguitò la Chiesa subendo però la sorte opposta a quella di Nerone presso i posteri (Dante lo posiziona in Paradiso).

Al riguardo occorre però senz'altro ricordare che nello stesso periodo San Paolo, per avere giustizia, si era appellato proprio al giudizio di Nerone, finendo assolto delle colpe imputategli nel 62. Ancora San Paolo, nella sua Epistola ai Romani, raccomandava l'obbedienza a Nerone. All'epoca di Nerone i cristiani, che erano praticamente una setta fra tante dell'ebraismo, erano assai malvisti anche per via delle agitazioni messianiche che si manifestavano spesso nella comunità giudaica. Sui delitti di Nerone molto si è detto, in particolare sulla condanna a morte della madre Agrippina: spesso si tratta di falsi storici (come l'omicidio di Poppea, che invece pare morì per gravidanza oppure successivamente nell'eruzione del Vesuvio, e del figlio di questa, figliastro di Nerone), delitti ed esecuzioni volti a difendere la propria persona da possibili congiure (comunissimi tra gli imperatori romani: ad esempio Costantino fece uccidere il proprio figlio Crispo, così come Nerone condannò Seneca), assassinii voluti da altri in nome suo come quello di Britannico che fu fatto eliminare da Agrippina, dopo la morte di Claudio, Ottavia e forse la stessa Agrippina la cui condanna fu sollecitata da Poppea. Pare inoltre che la spietata Agrippina volesse addirittura tentare un colpo di stato contro Nerone per ucciderlo e sostituirsi a lui, come già aveva tentato con Claudio: a questo punto fu Seneca a consigliarne l'eliminazione.[7]. Tacito la accusa addirittura di tentato incesto, ultimo tentativo per cercare di riottenere il potere. Nella dinastia giulio-claudia erano all'ordine del giorno gli omicidi: vedesi la "strage" della famiglia di Caligola da parte di Tiberio e Seiano, la condanna della moglie Messalina da parte di Claudio. L'immagine di tiranno sanguinario appare immeritata per un principe che fu clemente con molti, detestava gli spettacoli gladiatori ritenendoli crudeli, e promosse opere sociali e pubbliche di grande valore, come l'interrotta riforma fiscale che avrebbe colpito i ceti abbienti in favore della plebe[8].
La cosiddetta Tomba di Nerone lungo la Via Cassia.

Si è ritenuto, addirittura, che Nerone fosse l'anticristo poiché la somma del valore numerico delle lettere che compongono le parole "Cesare Nerone" in lingua ebraica è 666, il numero della seconda Bestia dell'Apocalisse. Contrariamente alla storiografia ufficiale, il popolo della città continuò a tributargli una sorta di spontaneo culto popolare fino al XII secolo, quando papa Pasquale II interruppe la tradizione di portar fiori al mausoleo dei Domizi Enobarbi, ov'era sepolto Nerone, facendolo demolire e costruire al suo posto una cappella che sarebbe poi divenuta Santa Maria del Popolo.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Sepolcro dei Domizi#La distruzione del sepolcro.
Nella tradizione popolare romana molti sono i luoghi riferiti e intitolati a Nerone per la semplice presenza di resti antichi. In particolare un sarcofago monumentale marmoreo lungo la Via Cassia ha dato il nome Tomba di Nerone ad una vasta area circostante. Basta però guardare il lato dell'avello opposto al tracciato stradale per leggere l'epigrafe che lo attribuisce al console Publio Vibio Mariano. In epoca moderna Girolamo Cardano, umanista, scrisse un'opera di elogio intitolata Encomius Neronis. Il marchese de Sade e i decadenti lo consideravano un esteta che voleva superare ogni limite umano. Nel 2010 Anzio, sua città natale, ha inaugurato il primo monumento al mondo dedicato a Nerone, una statua bronzea. In passato la stessa cittadina gli dedicò una via[9]

Filmografia su Nerone 

Note [modifica]

  1. ^ Svetonio, Nero 50.
  2. ^ a b c d e f da Nerone di Massimo Fini
  3. ^ Il pettegolezzo su questo presunto triangolo si riscontra in molte fonti (Plutarco Galba 19.2-20.2; Svetonio Otone 3.1-2; Tacito due versioni: Storie 1.13.3-4; Annali 13.45-46; e Cassio Dione 61.11.2-4)
  4. ^ Dawson, Alexis, Whatever Happened to Lady Agrippina?, The Classical Journal, 1969, p. 254
  5. ^ Dell'evento parla Svetonio (Nero XIX, 24) e il testo del discorso di Nerone è pervenuto tramite un'iscrizione (Dittenberger SIG III ed. 814 = SIG II ed. 376): "L'imperatore dice: «Volendo contraccambiare la nobilissima Grecia della benevolenza e venerazione nei miei confronti, ordino che il maggior numero di persone di questa provincia siano presenti a Corinto il 28 novembre». Essendo convenuta la folla in adunanza, egli proclamò quanto segue: «Greci! Concedo a voi un dono inatteso, quantunque non del tutto insperato da parte della mia magnanimità, tanto grande quanto non siete arrivati a chiedere: tutti voi Greci che abitate l'Achaia e quello che fino ad ora è stato il Peloponneso ricevete la libertà e l'immunità (eleutheria, aneisphoria), che neanche nei periodi più felici avete tutti avuto, perché eravate schiavi o di stranieri o l'uno dell'altro. Oh! se avessi potuto concedere questo dono quando la Grecia era all'apice della potenza, perché più persone potessero godere del mio favore! Per questo biasimo il tempo che ha consumato la grandezza del mio favore. E ora vi reco questo beneficio non per pietà, ma per benevolenza e contraccambio gli dei, la cui benevola presenza ho sempre sperimentato sia per terra sia per mare, per il fatto che mi hanno concesso di beneficiare in maniera così grande. Infatti anche altri hanno liberato città e capi, ma Nerone ha liberato l'intera provincia». Il sacerdote a vita degli Augusti e di Nerone Claudio Cesare Augusto [...]"
  6. ^ «Habuit et pingendi fingendique non mediocre studium» - De vita Caesarum, Nero LII
  7. ^ Massimo Fini, Nerone. Duemila anni di calunnie,Mondadori, Milano, 1993, ISBN 88-04-38254-6
  8. ^ Massimo Fini, Nerone. Duemila anni di calunnie,op.cit.
  9. ^ Monumento a Nerone. Il nome di Anzio sui più importanti giornali del mondo

Bibliografia [modifica]

  • Ernest Renan, L'Antéchrist (1873), trad. it. "L'Anticristo Nerone" a cura di Angelo Treves, Edizioni Corbaccio, Milano 1936.
  • Philipp Vandenberg, Nero. Kaiser und Gott, Künstler und Narr., Bertelsmann, Monaco, 1981.
  • Massimo Fini, Nerone Duemila anni di calunnie, Mondadori, Milano, 1993, ISBN 88-04-38254-6
  • Girolamo Cardano, Elogio di Nerone. Mansuetudine, acume politico e saggezza di un esecrato tiranno, Gallone Editore, 1998.
  • Alessandra d'Epiro Dusmet de Beaulieu, "Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus",Rosablu, Anzio-Roma,2009,ISBN 978-88-903865-1-0
  • Alessandra d'Epiro Dusmet de Beaulieu, "Alèxandros, Aristotéles, Nero, Seneca", Rosablu, Anzio-Roma, 2011,ISBN 978-88-903865-2-7
  • Albino Garzetti, L'Impero da Tiberio agli Antonini, Cappelli, Bologna, 1960 (v. pag. 153 e segg.: Nerone)
  • Miriam T. Griffin, Nerone: la fine di una dinastia, SEI - Società Editrice Internazionale, Torino, 1994
  • Mario Attilio Levi, Nerone e i suoi tempi, Rizzoli, Milano, 1995 e successive rist.; altra ediz.: RCS Quotidiani-Corriere della Sera, Milano, 2006
  • Jürgen Malitz, Nero, Beck, München 1999, ISBN 3-406-44605-1.
  • Santo Mazzarino, L'Impero romano, tre vol., Laterza, Roma-Bari, 1973 e 1976 (v. vol. I); riediz. (due vol.): 1984 e successive rist. (v. vol. I)
  • Mario Pani, Lotte per il potere e vicende dinastiche. Il principato fra Tiberio e Nerone, in: AA.VV., Storia di Roma, Einaudi, Torino, 1990, vol. II, tomo 2; ripubblicata anche come Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, Ediz. de Il Sole 24 ORE, Milano, 2008 (v. il vol. 16°)
  • Helmuth Schneider, "Nero", in: Manfred Clauss (Hrsg.): Die römischen Kaiser, Beck, München ²2001, ISBN 3-406-47288-5.
  • Gerhard H. Waldherr, Nero. Eine Biografie, Friedrich Pustet, Regensburg 2005, ISBN 3-7917-1947-5.
  • Brian H. Warmington, Nerone: realtà e leggenda, Laterza, Roma-Bari, 1973; nuova ediz., dal titolo Nerone: vita e leggenda, 1982; ripubblicata anche dalle Ediz. de Il Giornale, Milano (senza data)
  • Dimitri Landeschi "Terrore e morte nella Roma di Nerone" Boopen 2011
Le citazioni sono estratte da:
  • Svetonio - Vita dei Cesari - Garzanti.
  • Svetonio - Vita dei Cesari - Newton, 1995.

Voci correlate [modifica]

Altri progetti [modifica]

Collegamenti esterni [modifica]

Fonti primarie [modifica]

Materiale secondario [modifica]

PredecessoreImperatore romanoSuccessoreSPQRomani.svg
Claudio54 - 68Galba


No comments:

Post a Comment