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Monday, December 1, 2014

L'ENEIDE DI BERLIOZ: La presa di Troia e Didone abbandonata

Speranza

La rivincita di Berlioz: i troiani trionfano alla Scala
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Una bella scommessa, per il Teatro alla Scala, allestire una nuova produzione de I TROIANI (La presa di Troia e Didone abbandonata) di Ettore Berlioz, soprattutto dopo il monumentale e faraonico allestimento di Luca Ronconi andato in scena nella stagione 1981/82 e ripreso nel 1995/96.

Pur  ricorrendo a una coproduzione che vede impegnati i teatri di Vienna, Covent Garden di Londra e San Francisco Opera, resta uno sforzo non indifferente anche per un teatro abituato a portare in scena grandi produzioni.

Si è rivelata invece una scommessa vincente.

I troiani (La presa di Troia e Didone abbandonata) è un mastodontico affresco musicale che Berlioz ha tratto dall’"Eneide" (Canto II e Canto IV) di Virgilio, traducendola in un grand’opèra che alterna marce guerresche a duetti d’amore, cori imponenti e dolorosi e drammatici “a solo”.

Il più impegnativo dei lavori operistici del musicista, un’idea cullata da sempre e che con grande suo disappunto, non riuscì mai a vedere realizzata su un palcoscenico nella sua interezza.

Solo la seconda parte, Didone abbandonata, trovò la via della realizzazione, vivente il compositore, nel 1863 al Teatro Lirico di Parigi.

Buone le critiche degli addetti ai lavori ma tiepida l’accoglienza del pubblico.

Neppure il Teatro dell’Opéra, sempre in cerca di spettacoli imponenti, osò mettere in scena un tal spettacolo che richiede continui cambi di scena, per paura della bancarotta.
 
In questa coproduzione internazionale del lavoro epico berlioziano, David McVicar era il regista che assieme allo scenografo Es Devlin e alla costumista Moritz Junge hanno ideato uno spettacolo che si situa, per la prima parte dell’opera ("La presa di Troia"), nella metà dell’ottocento, con i personaggi a vestire abiti militari di uno o dell’altro degl’ imperi dominanti.

La scena è un’imponente muraglia metallica che protegge Troia, così come il famoso cavallo altro non è se non una gigantesca macchina da guerra dalle sembianze equine, costruita con i resti di armi e artiglieria.

Nella seconda parte ("Didone abbandonata"), tipicamente nordafricano, si apre allo spettatore uno sfondo paesaggistico formato dalle caratteristiche case di terracotta e fango, illuminato dalla calda luce mediterranea, di forte impatto visivo.

Profumate e limpide si presagiscono anche le notti, in cui una stilizzata e confidenziale luna protegge i duetti amorosi degli amanti, salvo giacere poi spezzata alla rottura del loro legame.

Uno spettacolo interessante, più pregnante nella prima che nella seconda parte, dove è sembrata più forte la preoccupazione di riempire la rarefazione drammaturgica del compositore che di narrare una storia. 
 
Inspiegabile poi come si sia risolto con un semplice tendaggio (pur drappeggiato in un angolo…) la scena seconda del Quinto atto, con la povera Didone lasciata predaBerlioz

dell’angoscia dell’abbandono.

Sul podio un attesissimo debutto, quello dell’italo-inglese Antonio Pappano, che dirigeva un’opera per la prima volta alla Scala.

Ad Antonio Pappano il merito di aver trascinato l’intera compagnia di canto, di aver creduto nella musica di Berlioz, contagiando la resa degli artisti in palcoscenico.

Il direttore sceglie un approccio alla partitura vibrante e fresco, imprimendo con un gesto netto e deciso, un ritmo epico e dai colori vibranti e di forti emozioni.

Si può forse rimarcare che una simile direzione privava alcune scene di quel senso di mistero e magia, vedi il concertato che precede il raffinato e sensuale duetto d’amore tra Didone ed Enea ("Notte d'ebrezza").

Ottimo concertatore di un cast importante tra cui spiccano i nomi di Anna Caterina Antonacci nei panni di Cassandra, la figlia del re Priamo, Daniela Barcellona quale Didone e Gregory Kunde a impersonare Enea.

L’Antonacci è stata un’interprete superlativa, rendendo ogni sfumatura dello strazio e dell’impotente preveggenza di Cassandra.

Impressionante nei gesti quanto intensa negli accenti, suppliva con intelligenza (non facendola rimpiangere) a un’organizzazione vocale che soprattutto nei gravi, avrebbe dovuto avere altra consistenza.

Ottimo Enea impersonato da Gregory Kunde, un tenore che sembra stia ri-vivendo una stagione dorata della sua carriera, alle prese con personaggi complessi e ardui (ricordiamo il suo strepitoso Vasco de Gama nell’Africaine a Venezia) che risolve in scioltezza vocale invidiabile, allo scoccare delle sessanta primavere!

Ottima Didone quella tratteggiata da Daniela Barcellona, sia vocalmente sia scenicamente (ad onta di quella palandrana in cui è sempre infagottata e di alcune descrittivismi registici) nel rendere i vari stati d’animo della regina cartaginese.

Il resto del cast era formato da Fabio Capitanucci, un Corebo imponente ma vocalmente non sempre controllato.

Alterna Anna quella di Maria Radner, intensa ma inizialmente dalla voce velata.

Oscillante la voce di Priamo di Mario Luperi, struggente e partecipe Ecuba quella di Elena Zilio, commovente nella scena dell’arrivo di Andromaca.
 
Un Narbal credibile e solidale alla sua regina era disegnato da Giacomo Les Troyens,ROH; 20th June 2012,   Les Troyens,ROH; 20th June 2012,

Prestia anche se vocalmente non irreprensibile, un bravo Iopas quello di Shalva Mukeria.

L’aria d'ILA era cantata ottimamente da Paolo Fanale, un tenore che sembra promettere molto bene.

Restano da citare il Panteo di Alexandre Duhamel, efficace, il tenero Ascanio di Paola Gardina, la simpatica coppia di soldati troiani di Guillermo Esteban Bussolini e Alberto Rota, mentre Deyan Vatchkov  dava profondo corpo all’adirata ombra di Ettore.

Non più che modeste le coreografie di Lynne Page, concentrato di dejà vu e sostanzialmente lontane dal contesto narrato.

Grandi accoglienze da parte del pubblico, che ha gioiosamente apprezzato lo spettacolo nella sua globalità.

Caterina Antonacci è stata salutata da un boato di approvazione, alla fine della prima parte dell’opera.

Di poco meno l’intensità degli applausi che ha accolto la Barcellona e Kunde.

Felicitato anche il resto del cast.

Una vera esplosione è stata l’accoglienza che ha salutato l’ingresso in palcoscenico del Maestro Antonio Pappano. Spettacolo da non perdere, con cinque ore e mezza di durata che scorrono in un soffio. Al Teatro alla Scala.

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