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Tuesday, July 26, 2011

Grisotto

Luigi Speranza

Einteresse per la storia della linguistica è in forte aumento in questi anni.

Da parte italiana ci sono molti e notevoli contributi, tra i quali in prima linea occorre menzionare l'importante opera

"Storia della linguistica" a cura di

Giulio Lepschy,

di cui sono già stati pubblicati nel 1990, presso l'editore II Mulino, i volumi I e 11, mentre il 111 e ultimo volume è in preparazione.

Ma oltre a questo ricordiamo p.es. le ricerche di Mirko Tavoni sul Rinascimento, quelle di Raffaele Simone sulla linguistica del '600 e del '700, gli studi di Maurizio Dardano sulle idee linguistiche di Manzoni e di Leopardi, gli studi di Lia Formigari sulla filosofia del linguaggio ecc. (elenco che è lungi dall'essere esauriente).

Einteressante libro di Claudio Marazzini costituisce uno dei contributi italiani più recenti a questo filone di ricerca.

Esso tratta una serie di vicende della storia della linguistica in Italia (e della «storia della storia della lingua» (p. 11)), a partire dalle prime riflessioni sull'origine del volgare sorte nell'Umanesimo e nel primo Rinascimento, secondo le quali il volgare veniva considerato «una corruzione del latino» (la cosiddetta «teoria della catastrofe»), fino alle riflessioni politico-sociali del Manzoni.

Un filo conduttore dell'esposizione è appunto costituito dall'esame della varia importanza della lingua, e soprattutto della questione dell'origine della lingua, nel quadro culturale generale attraverso i secoli.

La teoria della corruzione, che serviva a mettere in risalto la superiorità del latino rispetto al volgare, verso la fine del '500 fu sostituita da teorie che con una vantazione più positiva dell'origine del volgare, servivanoa difendere l'uso di quest'ultimo

(Cap. I: La «Teoria della catastrofe» nell'Umanesimo e nel Rinascimento).

Tale interesse per l'origine porta direttamente al «fervore di studi etimologici» del '600, culminante con il lavoro di Ménage

(Cap. II Gli studi etimologici nel sec. XVII).

Nel '700 la linguistica troverà una funzione nella ricerca della storia civile e culturale nonché nella storia letteraria

(Cap. IlI

Una linguistica per la storia e

Cap. IV Storia linguistica e storia letteraria nel sec. XVIII).

La scoperta del sanscrito e il nascente comparativismo

(Cap. V: "Nuovi orizzonti della linguistica: l'ereditàdi de Brosses e la scoperta del sanscrito")

ci porta alla situazione assai complessa della prima metà dell'Boo

(Cap. VI: "La linguistica italiana tra Classicisti e Romantici"), periodo della storia italiana in cui si nota un non sottovalutabile influsso della Francia
del 700.

Costante nell'esame di CM. è l'attenzione prestata al ruolo della tradizione presso gli studiosi italiani:

«mi accorgevo che tutti gli studiosi italiani che si erano occupati, nel corso dei secoli, di linguistica 'storica', avevano guardato ai lavori dei loro predecessori in maniera molto più ordinata e sistematica di quanto ci si sarebbe potuto attendere ... Gli eruditi del sec. XVIII ... non avevano avuto bisogno di procedere, come noi moderni, alla 'riscoperta' di autori come Castelvetro e Cittadini, perché le notizie si erano trasmesse senza interruzione dagli uni agli altri.» (p. 10).

Secondo me, CM. colpisce nel segno additando con questa osservazione un tratto fondamentale della storia della linguistica italiana, e, probabilmente, della scienza italiana in genere.

La strutturazione del lavoro presenta un certo squilibrio che può cagionare un leggero disagio nel lettore.

Il periodo dal 1450 al 1700 è descritto in 54 pagine (dalla p. 17 alla p. 70), mentre il periodo dal 1700 al 1850 è stato oggetto di un'esposizione molto più approfondita di 140 pagine.

A questo va aggiunto che una delle personalità più affascinanti del '700, che meriterebbe un'interpretazione nel quadro generale trattato dal CM. e di cui il lettore certo poteva aspettare un ritratto, cioè Giambattista Vico, non viene affatto trattato.

Intanto, conoscendo il punto di partenza dell'autore (a cui anche è dovuta un'edizione recente di Ludovico Antonio Muratori,

"Dell'origine della lingua italiana". Dissertazione XXXII sopra le antichità italiane, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1988, pp. 95, con un'introduzione dell'editore, intitolato

"L. A. Muratori e la tradizione storico-filologica nella linguistica del Settecento") quale è esposto nell'lntroduzione, tale squilibrio diventa comprensibile.

Infatti, spetta a CM. il merito di aver riscoperto, agli inizi degli anni '80, le idee linguistiche dello studioso piemontese, Carlo Denina, come espresse nella Clef des langues, a cui ha dedicato tutta una serie di studi fondamentali.

Carlo Denina (1731-1813) era già noto come storico, mentre la sua opera linguistica, la Clef des langues, in cui si trovano tra l'altro delle idee, ispirate dalla cosiddetta 'teoria scitica', sull'importanza del sanscrito per comprendere l'origine delle lingue, era stata negletta.

Il presente lavoro è nato, e si giustifica, come una ricostruzione dell'universo culturale del Denina, e al Denina viene lasciato ampio spazio.

Proporrei, in forma scherzosa, come titoio più appropriato al contenuto dell'opera di CM., Per una ricostruzione dell'universo culturale di Carlo Denina.

Altrettanto difficile riesce all'autore giustificare l'assenza del Vico, e la pagina 13 dell'lntroduzione, dedicata a tale giustificazione, risulta poco convincente specie se vista in relazione al titolo del lavoro, cfr. tra l'altro.

«A me interessava piuttosto mettere in evidenza nomi che non erano stati valutati affatto...».

E, tuttavia, è forse soprattutto l'intento espresso dall'autore nel sopraccitato passo, che rende tanto piacevole la lettura del suo libro.

Leggendolo, ho ammirato la serietà e profondità con cui CM tratta il suo argomento.

La ricca documentazione, scelta con vagliati criteri, in equilibrata combinazione con osservazioni ben ponderate.

Tra i molti passi che ho letto con particolare interesse vorrei menzionare le pagine su Gilles Ménage, studioso francese, autore del primo vocabolario italiano etimologico

"Orìgine della lingua italiana", Parigi, 1666-69.

Oltre a dare un'ottima caratterizzazionedegli studi etimologici precedenti, CM. riferisce l'appassionante «gara tra Firenzee Parigi».

La Crusca, infatti, cercò di contrastare l'iniziativa di Ménage chiedendoa
doaCarlo Dati di elaborare un Vocabolario etimologico della Crusca, lavoro che
tuttavia non fu mai realizzato.

Molto informativo e interessante è la descrizione dell'importante contributo dei missionari del '600 e soprattutto del '700 alla raccolta di materiali etnografici e etnolinguistici.

Nel 1790 viene pubblicato presso la tipografia romana di Propaganda fide un Sidharubam seu Grammatica samcrdamica, lavoro dovuto al padre carmelitano Paolino di San Bartolomeo, comprendente anche una dissertazione sul sanscrito.

Sebbene l'attività linguistica dei missionari non fosse senza influsso anticipante sul comparativismo, è solo oggi che i linguisti hanno riconosciuto l'importanza dell'enorme corpus conservato negli archivi di Propaganda fide, il quale in questi anni è oggetto di una serie di indagini linguistiche.

Alla fine vorrei brevemente menzionare il passo in cui è esposto il dibattito sull'identità del siciliano illustre (p. 195-204), svoltosi intorno agli anni 1820-30.

In realtà si trattava di favorire determinate opinioni nel corrente dibattito sulla questione della lingua.

Come prova di una tradizione linguistica 'illustre' indipendente dai modelli toscani, furono presentate tra l'altro delle poesie siciliane, scritte, a quanto pareva, in una lingua molto simile al toscano, ma soltanto «migliore».

Nel 1830, in nome di una teoria filofiorentina, il filologo modenese Giovanni Galvani concluse la questione del siciliano illustre, tirando avanti i testi siciliani originali e dimostrando che le versioni già presentate per illustrare il carattere illustre del siciliano, in realtà, non erano altro che testi toscanizzati da copisti toscani! (p. 201)

Claudio Marazzini, presentandoci con alta erudizione e coscienza scientifica una serie di momenti poco ricordati, ma notevoli e salienti, della storia (della storia) della linguistica, ci ha dato un prezioso lavoro che senz'altro occuperà un posto di rilievo nel complesso di ricerche italiane sulla storia della linguistica.

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