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Monday, July 11, 2011

Grisotto: Erberto Paolo Grice

Luigi Speranza


Funzioni di verità


Alcune parole del linguaggio, come

non

e

o

sono chiamate
connettivi in quanto sono applicati a
uno o più enunciati consentono di
“costruire” un nuovo enunciato.

I logici per semplificare la
complessità del linguaggio ordinario
ed avere la massima esattezza
hanno costruito dei linguaggi
simbolici “rigorosi” (le cui regole
sintattiche sono definite con
esattezza e in modo completo) in cui
questi connettivi sono rappresentati
da simboli speciali.

Di solito i logici usano il simbolo

~

per

non,

il simbolo ‘v’ per ‘o’ e il
simbolo ‘/\’ in luogo di ‘e’.

~

è il simbolo della negazione (si
legge ‘non’);

/\

è il simbolo della congiunzione

(si legge ‘e’);

‘v’ è il simbolo della disgiunzione
(si legge ‘o’)


Questi tre simboli si chiamano
connettivi booleani (perché il loro
studio risale al logico inglese
George Boole (1815-1864).


Tautologie
• Un enunciato è una
tautologia se e solo se la sua
colonna principale reca
solamente ‘1’.
– Le tautologie sono enunciati veri in
virtù del significato dei connettivi
che occorrono in esso.
• Un enunciato è detto una
“contraddizione” se e solo se
la sua colonna principale reca
solamente ‘0’
– Le contraddizioni sono enunciati
falsi in virtù del significato dei
connettivi che occorrono in esso.


Condizionale filoniano
‘’
• È un connettivo vero-funzionale
(una funzione di verità)
• L’enunciato a sinistra del segno ‘’
è chiamato l’antecedente, quello
alla destra il conseguente
• Traduce all’incirca l’italiano “se …
allora” oppure “solo se”, ma anche
espressione contenenti
congiunzioni come “purché”,
“salvo” ecc.


Tesi di estensionalità
• Wittgenstein, Tracttatus logicophilosophicus,
prop. 5
• “La proposizione è una
funzione di verità delle
proposizioni elementari.
(La proposizione elementare è
una funzione di verità di se
stessa)”
Il condizionale verofunzionale
• Chi sostiene la tesi di estensionalità
sostiene anche che non v’è altro
condizionale al di fuori del
condizionale materiale.
• Infatti se analizziamo i 16 possibili
connettivi vero-funzionali tra due
enunciati (definiti dalle rispettive
tavole di verità) vediamo che solo 
soddisfa allo stesso tempo due
proprietà irrinunciabili:
– Che il condizionale sia falso quando
l’antecedente è vero ma il conseguente è
falso;
– Che il condizionale non sia
necessariamente simmetrico nel senso
che    possa avere condizioni di
verità differenti da quelle di   


I paradossi del
condizionale
• Le proprietà più strane del condizionale
   sono due:
– Esso risulta vero tutte le volte che
l’antecedente  è falso (indipendentemente
dal valore di verità del conseguente );
– Esso risulta vero tutte le volte che il
conseguente  è vero (indipendentemente dal
valore di verità dell’antecedente ).
• In matematica il condizionale consente di
dimostrare teoremi strani ma “innocui” come
“Se un triangolo ha quattro lati allora è un
triangolo isoscele”.
• Una volta a Russell fu chiesto di dimostrare
che se 2+2=5 allora lui era il Papa.
– La risposta fu la seguente. Poiché c’è un
teorema dell’aritmetica secondo cui 2+2=4, ne
deduciamo che 4 = 5. Sottraendo 3 a entrambi
i lati di questa equazione si ottiene 1 = 2. Ma
io e il Papa siamo due e poiché 1 = 2 siamo 1.
Se siamo 1 (una sola cosa) siamo identici.
Dunque io sono il Papa.
19
Cenni storici
• I primi logici che discussero la
natura dei condizionali furono i
megarici Diodoro Crono e il suo
allievo Filone nel IV secolo a.C.
• Aristotele, loro contemporaneo,
sostanzialmente ignorò gli
enunciati in forma condizionale
(anche se qualche cenno c’è
nella sua logica modale).
• I problemi relativi ai condizionali
erano così dibattuti tra i megarici
che, come riferisce Sesto
Empirico, Callimaco scrisse il
seguente epigramma:
• “anche i corvi sui tetti gracchiano
sulla natura dei condizionali”.

La disputa tra Filone e
Diodoro
• Secondo Diodoro la proposizione “se
p allora q” è vera se e solo se è
impossibile che sia l’antecedente
vero e il conseguente falso.
– Il conseguente è “contenuto in
potenza nell’antecedente”.
• Secondo Filone, invece, un
condizionale è vero se e solo se non
ha un antecedente vero e un
conseguente falso.
– Chiaramente secondo Diodoro i
condizionali mantengono il loro valore
di verità nel tempo, mentre secondo
Filone no.
– Ma là dove il tempo non c’è (nel
campo della matematica) l’instabilità
del condizionale filoniano non ha
luogo.
21
Filone
• Filone anticipa il “condizionale
materiale” della logica
contemporanea.
• A sostegno della sua
concezione Filone osserva che
il condizionale inteso alla sua
maniera è quanto basta per
dedurre q dalle due premesse
p e “se p allora q”.
– Questa inferenza si chiama
modus ponens

Crisippo
• Una logica dei condizionali per la
quale il condizionale di Filone
funziona benissimo fu teorizzata
dagli stoici e, in particolare, da
Crisippo (III sec a.C.).
• Crisippo parte dai seguenti 5
“indimostrabili”:
1. Se il primo allora il secondo; ma il
primo, quindi il secondo
2. Se il primo allora il secondo; ma
non il secondo; quindi non il primo
3. Non sia il primo sia il secondo; ma il
primo; quindi non il secondo
4. O il primo o il secondo; ma il primo;
quindi non il secondo;
5. O il primo o il secondo; ma non il
secondo; quindi il primo.
23
Paradossi del condizionale verofunzionale
• La forma argomentativa:
• Se p allora q p  q
• Se q allora r q  r
• Quindi se p allora r p  r
• È valida ove si intenda il “se … allora” come
condizionale vero-funzionale (si chiama ‘sillogismo
ipotetico’).
• Ma sostituiamo a p l’enunciato ‘McCain morirà il giorno
prima delle elezioni’
• sostituiamo a q l’enunciato ‘Obama vincerà le elezioni’
• sostituiamo a r l’enunciato ‘McCain si ritirerà a vita
privata dopo le elezioni’.
• L’argomento che corrisponde al sillogismo ipotetico è il
seguente:
1. Se McCain morirà il giorno prima delle elezioni
allora Obama vincerà le elezioni
2. Se Obama vincerà le elezioni, allora McCain si
ritirerà a vita privata dopo le elezioni
3. Quindi: se McCain morirà il giorno prima delle
elezioni, allora McCain si ritirerà a vita privata il
giorno dopo le elezioni


Sillogismo ipotetico
(p  q) (q  r) (p  r) p q r
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 0 0 1 0 0 1 1 0
1 0 0 0 1 1 1 1 1 1 0 1
1 0 0 0 1 0 1 0 0 1 0 0
0 1 1 1 1 1 0 1 1 0 1 1
0 1 1 1 0 0 0 1 0 0 1 0
0 1 0 0 1 1 0 1 1 0 0 1
0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0
La tavola mostra che (p  r) è conseguenza
logica dell’insieme {(p  q), (q  r)} per cui
l’argomento:
(p  q)
(q  r)
 (p  r)
è valido.
25
Switch Paradox
• La forma argomentativa:
1. Se p e q, allora r
2. Quindi: se p allora r oppure se q allora r
è valida se i connettivi ‘e’, ‘oppure’ e ‘se …
allora’ sono interpretati, rispettivamente
come ‘’, ‘’, ‘→’.
• Interpretiamo p come ‘si preme il
pulsante A’
• Interpretiamo q come ‘Si preme il
pulsante B’
• Interpretiamo r come ‘il motore si
accende’.
• La forma precedente dà luogo al
seguente argomento:
• Se si preme il pulsante A e si preme il
pulsante B allora il motore si accende
• Quindi: Se si preme il pulsante A il
motore si accende oppure se si preme
il pulsante B il motore si accende.

Come è possibile
questo paradosso?
• Si può essere sorpresi da
questo paradosso, perché la
transitività del condizionale
sembra molto naturale.
• Notiamo che in matematica il
sillogismo ipotetico non dà mai
luogo a problemi perché esso
è valido quando i condizionali
veri sono necessariamente
veri, e questo vale sempre in
matematica.
27
Switch Paradox
((p  q)  r) (p  r)  (q  r) p q r
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 0 0 1 0 0 0 1 0 0 1 1 0
1 0 0 1 1 1 1 1 1 0 1 1 1 0 1
1 0 0 1 0 1 0 0 1 0 1 0 1 0 0
0 0 1 1 1 0 1 1 1 1 1 1 0 1 1
0 0 1 1 0 0 1 0 1 1 0 0 0 1 0
0 0 0 1 1 0 1 1 1 0 1 1 0 0 1
0 0 0 1 0 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0
La tavola mostra che ((p  r)  (q  r)) è
conseguenza logica di ((p  q)  r) per cui
l’argomento:
((p  q)  r)
 ((p  r)  (q  r))
è valido.


Esempio matematico
• Siano:
– p = ‘a è un poligono con tre lati’
– q = ‘a è un poligono con i lati della stessa
lunghezza’
– r = ‘a è un triangolo equilatero’
Teorema 1:
Se a è un poligono con tre lati [p] e a è un poligono
con i lati della stessa lunghezza [q] allora a è un
triangolo equilatero [r].
Il Teorema 1 è chiaramente corretto. Da esso però
consegue (se il condizionale è filoniano) il seguente:
Teorema 2:
Se a è un poligono con tre lati [p] allora a è un
triangolo equilatero [r] oppure se a è un poligono
con i lati della stessa lunghezza [q] allora a è un
triangolo equilatero [r]
È chiaro però che il teorema 2 suonerebbe falso a
qualunque studioso di geometria. Infatti se a è un
poligono con tre lati (triangolo) non è detto che a sia
un triangolo equilatero e se a è un poligono con i lati
della stessa lunghezza non è detto che sia un
triangolo equilatero.
Questo esempio mostra che in matematica non si
può sempre fare uso di condizionali composti (cioè
di enunciati che prevedono più di una occorrenza del
condizionale) se si adotta il condizionale filoniano.
29
Soluzione del
paradosso
• In matematica il condizionale è sempre inteso o in
senso modale o in senso metalinguistico:
• Se p allora q è inteso come:
• È necessario che se p allora q (senso modale)
– ‘è necessario’ è un operatore che si applica a un enunciato.
• non è una funzione di verità ed è indicato con il simbolo ‘□’. In
questo contesto significa ‘è matematicamente necessario che’
• Quindi dicendo ‘se p allora q’ il matematico intende □(p 􀕜 q􁈻.
• Ciò equivale però, in virtù di un teorema di logica, a dire
che q è conseguenza logica di p in presenza degli
assiomi della teoria matematica in questione. Questo è
il senso metalinguistico
• Si ritiene comunemente che l’uso dell’operatore modale
sia ridondante in matematica perché ogni proposizione
matematica vera è anche necessariamente vera. Ciò
vale anche per i condizionali.
• Tuttavia, in logica modale da □((p  q) → r)) non
consegue □(p → r)  □(q → r)
• Né dal fatto che r sia conseguenza logica di p  q
consegue che o r è conseguenza logica di p oppure è
conseguenza logica di q.
• Ma ciò mostra che il condizionale materiale, senza
operatori modali, funziona in matematica solamente in
quelle proposizioni in cui occorre come connettivo
principale, perché solo in quel caso la sua
interpretazione modale o metalinguistica coincide con
quella verofunzionale.

Condizionali indicativi e
condizionali congiuntivi
1. Consideriamo i due seguenti
enunciati:
a) Se Sabrina Misseri non ha ucciso
Sarah, allora un’altra persona ha
ucciso Sarah;
b) Se Sabrina Misseri non avesse
ucciso Sarah, un’altra persona
avrebbe ucciso Sarah;
2. Nel primo caso si parla di
condizionali indicativi, nel
secondo caso di condizionali
congiuntivi o controfattuali.
3. Chiaramente i due tipi di
condizionale dicono cose
diverse.
– In particolare possiamo credere il
primo ma non il secondo.
31
Dove sta la differenza?
• A prima vista i due condizionali
hanno la stessa forma logica “se A
allora B”.
• Se il significato non dipende dalle
nostre conoscenze non si
comprende dove stia la differenza.
Ma osserviamo:
– Nel primo caso (indicativo) non
sappiamo se Sabrina abbia ucciso
Sarah
– Nel secondo caso (contro fattuale)
presupponiamo che Sabrina abbia
ucciso Sarah.
• Quindi sembrerebbe che il significato
di questi condizionali dipenda dallo
stato di conoscenza dei parlanti,
quindi dal contesto epistemico.

Altro esempio
• “Se stacco la mano dalla penna essa
cade sulla scrivania”.
• Supponiamo che non stacchi la
mano dalla penna. Domani potrei
dire:
• “Se ieri avessi staccato la mano
dalla penna, questa sarebbe caduta
sulla scrivania”
– Il primo enunciato non presuppone
che non stacchi la mano dalla penna e
può essere ritenuto vero
indipendentemente da ciò.
– Il secondo invece presuppone che non
abbia staccato la mano.
– Eppure non sembra esserci una
sostanziale differenza tra i due
enunciati. Non si può ritenere vero il
primo e falso il secondo e viceversa.
33
Aspetto modale
• In molti condizionali congiuntivi “se A
allora B” sembra esserci un “legame
necessario” tra l’antecedente A e il
conseguente B.
• Si può dire che A è condizione
sufficiente di B e che quindi non può
essere vero A senza essere vero B
– Questo legame può essere logico
oppure causale.
• In qualche caso (i cosiddetti
condizionali backtracking), tuttavia il
legame logico o causale sembra
assente:
– Es. “Ieri mattina Maria è andata in
biblioteca. Maria aveva detto che
sarebbe andata in biblioteca oppure in
banca. Credo perciò che se ieri Maria
non fosse andata

...


E allora?
• Se questa “prova” è corretta c’è
da chiedersi perché troviamo
tanto paradossale la verità di
condizionali come:
• “Se oggi è lunedì allora la luna
ruota intorno alla terra”
• “Se oggi è martedì allora domani
il sole non sorgerà”.


Il miglior tentativo di spiegare i
paradossi pur difendendo il
condizionale filoniano si deve al
filosofo inglese (di Oxford)
Erberto Paolo Grice (1913-1988).

Tutta la filosofia del linguaggio di Grice (che è una teoria generale non limitata allo studio dei condizionali) ruota intorno alla nozione di
implicatura conversazionale.

Secondo Grice si deve distinguere il contenuto di un enunciato da ciò che esso
suggerisce a chi ascolta secondo determinate convenzioni sociali e il contesto.
Se dico:

Che brutta figura feci il 29 dicembre 2004
quando al bar versai, in presenza di tanti colleghi,
il cappuccino sulla giacca del professore
che aveva preso servizio in
questa università proprio quel giorno!

suggerisco di aver versato il cappuccino sulla giacca di qualche malcapitato collega.

Nessuno penserebbe che mi sia versato il cappuccino addosso.

Eppure il professore che prese servizio il 29 dicembre 2004 sono
proprio io!

In questo caso il contenuto letterale della frase è diverso da ciò che essa suggerisce all’ascoltatore.

Logica e conversazione
(1967 -- "Logic and Conversation", Oxford, 1964, still unpublished. A more detailed version of the programme: desiderata, principle of candour, benevolence, self-interest.


Secondo Grice l’operazione dei logici che hanno costruito linguaggi artificiali per studiare il significato dei connettivi è da un lato sostanzialmente corretta perché
vale a isolare il significato convenzionale (non
contestuale) di quei connettivi, significato che è
presente anche nel linguaggio naturale, dai significati
conversazionali pragmatici, dipendenti dal contesto.


Quindi Grice respinge tanto la tesi dei logici secondo la
quale il linguaggio naturale è cattivo perché nasconde il
vero significato delle parole logiche con ambiguità,
inesattezze etc. sia la tesi opposta, secondo la quale il
vero significato è quello della lingua naturale che
comunque diverge da quello della lingua artificiale dei
logici.

“l’assunto condiviso dai contendenti che le divergenze
esistano veramente è (genericamente parlando) uno
sbaglio comune, sbaglio che deriva da una insifficiente
attenzione alla natura e all’importanza delle condizioni
che governano la conversazione” (Logica e
conversazione, p. 201)

Nell’uso del linguaggio, in generale, il contenuto
convenzionale si affianca a un contenuto secondario,
allusivo, che deriva dalle regole che governano la
conversazione e che Grice chiama appunto implicature
conversazionali.

Massime della conversazione

• Resta da esplicitare quali siano
le regole della conversazione e in
che modo mediante esse si
possa spiegare l’origine delle
implicature conversazionali.

La massima generale che regola
la conversazione è chiamato da
Grice ‘Principio di Cooperazione’
e suona così:

Il tuo contributo alla
conversazione sia tale quale è
richiesto, allo stadio in cui
avviene, dallo scopo o
orientamento accettato dallo
scambio linguistico in cui sei
impegnato” (p.204).

Le massime specifiche

• Dal principio generale di cooperazione Grice
ricava alcune massime più specifiche,
raggruppate sotto quattro categorie:
Quantità, Qualità, Relazione e Modo.

• Quantità:

1. Dà un contributo non meno informativo di
quanto è richiesto per gli scopi dello
scambio linguistico.

2. Non dare un contributo più informativo di
quanto è richiesto.

• Qualità:

1. Non dire ciò che credi essere falso.

2. Non dire ciò per cui non hai prove adeguate

• Relazione:

1. Sii pertinente (Non dire cose irrilevanti o che
non c’entrano)

• Modo:

1. Evita l’oscurità di espressione

2. Evita l’ambiguità

3. Sii breve

4. Sii ordinato nell’esposizione.

(He added an extra maxim, in WoW:P&CE, making this a 'decalogue').


La natura delle
massime
• Le massime di Grice sarebbero
considerate da Kant imperativi
ipotetici, vale a dire mezzi
affinché la conversazione
raggiunga gli scopi condivisi.
• Sorprende un po’ che la
massima della veracità sia
vista in questo modo, giacché
essa sembra avere un
fondamento etico più profondo.
45
Definizione di implicatura
conversazionale
• Si immagini una persona X che
conversa con Y.
• Supponiamo che X proferisca
p. Diciamo che X ha implicato
conversazionalmente q, nel
caso in cui:
1. X rispetta le massime
conversazionali;
2. X crede q;
3. X pensa (e ritiene che Y a sua
volta pensi) che faccia parte
della competenza
dell’ascoltatore inferire q dal
proferimento di p da parte di X.

Esempio
• Supponiamo che A e B stiano
parlando di un comune amico, C,
che ora lavora in banca. A chiede
come va col lavoro di C e B
risponde: “Oh, proprio bene, mi pare;
va d’accordo con i colleghi, e non è
ancora finito in prigione”.
• A potrebbe ragionare come segue:
1. B ha apparentemente violato la
norma “sii pertinente”.
2. La violazione può essere evitata solo
supponendo che C sia
potenzialmente disonesto.
3. B sa che io (cioè A) posso fare la
considerazione di cui al punto 2;
4. Dunque B implica (vuol dare a
intendere) che C è potenzialmente
disonesto.
47
Presupposti dell’inferenza
di un’implicatura
• Per inferire un’implicatura
l’ascoltatore si basa sui seguenti
dati:
1. Il significato convenzionale delle
parole proferite;
2. Il Principio di cooperazione e le
sue massime;
3. Il contesto, linguistico ed
extralinguistico del proferimento
4. La conoscenza di sfondo dei
parlanti
5. La “common knowledge”, cioè il
fatto che tutti gli elementi
rilevanti siano accessibili a tutti i
parlanti (o almeno assumano
che sia così)

Lo schema generale di
un’implicatura
1. X ha detto che p
2. Non c’è motivo per pensare che
X stia violando le massime
3. X violerebbe le massime se non
pensasse che q
4. X sa (e sa che io so che lui sa)
che io posso capire che è
richiesta la supposizione che X
pensa q
5. X non ha fatto nulla per
indicarmi che non pensa q
6. X intende farmi pensare o è
disposto a lasciarmi pensare
che q.
7. Dunque X ha implicato q
49
Congiunzione e
implicatura
• Se dico “Anna è caduta e si è fatta
male”, secondo Grice non sta a
significare che il significato nella lingua
naturale della congiunzione ‘e’ è diverso
da quello stabilito dalla tavola di verità
della congiunzione.
• La tavola di verità fissa il contenuto
letterale, convenzionale della frase.
• Ma se volessi comunicare due fatti
indipendenti violerei la massima della
quantità.
– Se informo che Anna è caduta, ci si
aspetta che spieghi la dinamica della
caduta e comunque altri fatti relativi alla
caduta.
– Se invece suppongo che non violi la
massima, ciò si può spiegare solo
ammettendo che voglia lasciare intendere
che si è fatta male a causa della caduta.
• Naturalmente sia io sia l’interlocutore
sappiamo che cadendo ci si fa male etc.

Disgiunzione
• Il mio unico figlio si chiama Stefano. Supponiamo
che dica “o mio figlio si chiama Stefano oppure
egli si chiama Giovanni”.
• Questo enunciato è chiaramente vero in base alla
tavola di verità della disgiunzione.
• Tuttavia, poiché si suppone che io ben conosca il
nome di mio figlio, sembrerebbe che questa
asserzione debba essere classificata come falsa
e che la disgiunzione così come è usata in questo
contesto non corrisponda alla tavola di verità della
disgiunzione.
• Ma Grice ha un’altra spiegazione. Le massime
che impongono di dire tutto quel che è richiesto e
di non essere prolisso sono apparentemente
violate.
• L’apparente divergenza rispetto alla tavola di
verità deriva solo dalla violazione delle massime.
Quando asseriamo una disgiunzione suggeriamo
anche che non conosciamo il valore di verità di
nessuno dei due disgiunti ma sappiamo solo che
uno dei due è vero.
• Se l’ascoltatore assume che io rispetti le massime
si chiederà che cosa voglia dare a intendere con
la disgiunzione. Magari che non sono sicuro di
essere il vero padre di Stefano e che tuttavia ho
un secondo figlio da un’altra donna di nome
Giovanni. Queste sono implicature
conversazionali.
51
Condizionale
• Secondo Grice, quel che vale per
la congiunzione e la disgiunzione
vale anche per il condizionale.
• Ciò che suona strano in certi
condizionali è il fatto che il loro
proferimento comporta prima
facie una violazione del principio
di cooperazione e delle sue
massime.
• Ciò induce a pensare che si tratti
di un connettivo diverso dal
condizionale filoniano. In realtà
non è così, anche se nei singoli
casi il suo uso può avere
implicature conversazionali
aggiuntive


Esempio
• Tutte le volte che so che il conseguente
B di un condizionale “Se A allora B” è
vero, le massime della quantità e della
brevità mi impongono di asserire
direttamente B, a meno che non voglia
suggerire qualcosa con un’implicatura
conversazionale.
• Così chi asserisse “se la luna ruota
attorno alla terra oggi è lunedì”
formulerebbe un condizionale vero, ma
violerebbe le massime:
– Della quantità, dato che “Se la luna ruota
attorno alla terra allora oggi è lunedì” ha
un contenuto informativo minore di “oggi è
lunedì”
– Della brevità, dato che oggi è lunedì è più
breve di “Se la luna ruota attorno alla terra
allora oggi è lunedì”
– Della pertinenza perché tira in ballo un
fatto astronomico a sproposito.
53
Altro esempio
• Supponiamo che io dica a uno studente alla
fine dell’esame: “se lei ha studiato allora io
sono Napoleone”.
• Poiché sia io sia il mio interlocutore
sappiamo che il conseguente è falso,
asserendo la verità di questo condizionale
sto asserendo anche la falsità
dell’antecedente (“lei ha studiato”).
– E ciò in accordo alla tavola di verità del
condizionale filoniano.
• Quindi quel che comunico nel contesto in cui
quel condizionale è proferito è “Lei non ha
studiato”.
• Qui c’è una violazione delle massime, ma è
una violazione intenzionale.
– Secondo Grice molte figure retoriche si
basano sulla aperta violazione delle massime
(violazione ben chiara anche a chi ascolta)
– Ad es. nell’ironia si viola apertamente la
massima della veracità.
• Il suo compito era proprio un autentico
capolavoro!

Rasoio di Occham (Occam)

•Grice ammette che una via alternativa è
quella di vedere molteplici usi e
significati delle parole logiche (in
particolare del condizionale), piuttosto
che rimanere fedeli alla semantica delle
tavole di verità.

Qui Grice si rifà a una variante del
rasoio di Ockham (XIV secolo).

La versione tradizionale è

Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem”

La versione di Grice è relativa ai
significati:

Sensus non sunt multiplicandi praeter necessitatem.

Il significato dei connettivi così come
stabilito dalle tavole di verità è il più
semplice.

Perché introdurre altri
complicate semantiche se ciò non è
necessario?

Fraintendimento
• Strawson ha frainteso la posizione di Grice.
• Il quale avrebbe accettato un condizionale come
quello di Strawson ove vi fossero usi del
condizionale che
– corrispondono al condizionale di Strawson
– Non sono spiegabili nei termini del principio di
cooperazione e del condizionale filoniano.
• Secondo Grice le cose non stanno così rispetto
alle nostre pratiche linguistiche e forme di vita.
• Nulla vieta che vi possano essere società dove
l’analisi di Grice fallisce, per va di fattori relativi
agli usi e costumi di quella società.
• In questo caso anche un connettivo come quello
di Strawson potrebbe, in linea di principio, essere
utilizzato per dare il significato convenzionale al
“se … allora”.
• Notiamo, comunque che se ‘’ è un
rafforzamento del condizionale filoniano allora
ogni conseguenza logica di A  B è anche
conseguenza logica di A  B. Ma allora certi
paradossi, come il paradosso dell’interruttore,
colpiscono tanto il condizionale filoniano quanto
quello di Strawson.
57
La vera difficoltà di
Grice
• In realtà le difficoltà di Grice non derivano dal
suo occamismo, ma dal fatto che vi sono
forme di condizionali che non si prestano a
essere analizzati nei termini della teoria
conversazionale di Grice.
• Ciò è quanto emerso dagli studi degli anni
‘70 che ruotano intorno a una certa tesi,
originariamente proposta da F.P. Ramsey nel
1929, ma ripresa da Adams negli anni ’70,
nota come Tesi di Ramsey-Adams.
• A dispetto di ciò la difesa del condizionale
filoniano non è stata abbandonata ma è stata
riformulata nel 1987 su nuove basi dal
filosofo australiano
Frank Cameron Jackson
(1943-).
Strawson
• Il grande filosofo Peter Frederick
Strawson (1919–2006) ha
criticato nel 1986 l’occamismo di
Grice.
• Strawson ritiene che A B
significhi:
– C’è una connessione tra A e B in
virtù della quale A  B è vero.
• Chiaramente ‘’ così chiarito è
più forte di ‘’, nel senso che se
un enunciato della forma
A B è vero è vero anche il
corrispondente enunciato A  B,
ma non viceversa.

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