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Monday, July 9, 2012

Le ville d'Italia -- dall'A alla Z: la villa Cicogna Mozzoni

Speranza





La facciata corredata dal paesaggio di una nevicata invernale

La Villa Cicogna Mozzoni è un complesso monumentale eretto a Bisuschio tra il XV secolo e il XVI secolo.

La villa è stata definita come una delle più celebri dimore di delizie del Varesotto e dell'alta Lombardia.

Indice

La villa sorge ai limiti del centro storico del paese.

Al tempo, la sua costruzione è avvenuta al di fuori del nucleo medioevale.

L'edificio vero e proprio (senza considerare le dipendenze) ha un impianto a U, tipico delle dimore nobili del rinascimento lombardo.

Vi si accede tramite un vialone alberato, in salita, che si slarga sul piazzale dove sorge la villa. La facciata è disposta su due piani, austera, asimmetrica rispetto al portale d'ingresso, in bugnato. Le pareti che danno sul piazzale, ora fortemente sbiadite, mostrano ancora deboli tracce di una ricca decorazione ad affresco.

Varcando il portale d'ingresso, si entra nel cortile d'onore del palazzo, che lo chiude su tre lati, mentre il quarto è rappresentato dal giardino. La pavimentazione del cortile è in pietra locale: si tratta di ciottoli in porfido rosso di Cuasso, mentre, al centro, alcuni ciottoli bianchi delineano lo stemma della famiglia Cicogna Mozzoni (una cicogna con un serpente nel becco e un sasso nella zampa, accanto a un'aquila, sovrastate dalla corona comitale). Sui due lati lunghi della villa si apre il porticato, sorretto da robuste colonne doriche in pietra di Viggiù, mentre sul terzo lato della casa il porticato è ricreato grazie agli affreschi eseguiti in trompe-l'œil, ora molto sbiaditi. Tuttavia, lo stato globale di conservazione degli affreschi del cortile è migliore rispetto a quelli esterni: si leggono ancora numerose figure e le brillanti variazioni cromatiche. Sono gli affreschi a livello del piano terra ad avere la peggio, dato che mostrano numerose efflorescenze per umidità di risalita. Invece, sono ben conservati gli affreschi delle volte dei portici: il portico e est (quello d'entrata) mostra alcune scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio, racchiuse in cornici geometriche e accompagnate da vivaci grottesche; il portico a ovest, sulle velette, mostra diverse figure mitologiche e storiche. Interessante vedere come ci sia un'attenta contrapposizione tra figure maschili e femminili: queste si alternano, in modo che una figura maschile resti speculare a una femminile e viceversa.
Al centro, un altro affresco in trompe l'œil crea l'effetto di un pergolato, dove si intrecciano tralci di vite carichi di grappoli, rami di melograno e di piante di limone carichi di frutti maturi. Tra questi rami, alcuni putti giocano con pavoni e altri animali. Il tutto serve da cornice per lo stemma inquartato della famiglia Cicogna Mozzoni. Gli affreschi di questo portico rappresentano alcune scene di caccia, che rivelano la funzione primitiva di questa dimora. L'intonaco appare "picchiettato" in più punti: si tratta della tracce lasciate dai manovali, nel XIX secolo, nell'intento di liberare le pareti dallo spesso strato di calce, che era stato applicato durante la peste del '600 in modo da evitare il propagarsi della malattia.


La scalinata


Non si sa con certezza in quale anno nacque la villa. Certamente, all'inizio, doveva essere una cascina di caccia che la famiglia Mozzoni, milanese, utilizzava per questo scopo.

I Mozzoni, diretti dipendenti del duca di Milano, avevano ottenuto dal ducato stesso il permesso di cacciare nei territori circostanti a Bisuschio. Il primo documento che parla di una dimora bisuschiese, utilizzata dalla famiglia Mozzoni come casino di caccia risale al 1463. Un altro anno fondamentale per la storia della villa è il 1476, in cui il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, grande appassionato di caccia, visitò Bisuschio e la dimora dei Mozzoni. Questo fatto indica che la dimora di caccia doveva essere in certe condizioni per ospitare una persona del rango di un duca che, tra l'altro, in occasione della battute di caccia, amava circondarsi di un imponente corteo. Durante la caccia, era il 2 novembre, il Duca rischiò di finire tra le fauci di un orso, ma uno dei mastini di Agostino Mozzoni, il padrone di casa, salvò la vita del duca affrontando l'orso. La povera bestia morì per le ferite riportate, ma il suo sacrificio non fu vano: infatti, il Duca, riconoscente, concesse numerosi privilegi alla famiglia dei suoi ospiti. La vicenda sembra avere un che di fantasioso e leggendario, ma è autentica ed è testimoniata da un diploma di esenzione ducale, datato 4 novembre 1476.[1]
Fu forse grazie a questi numerosi privilegi che i Mozzoni ampliarono la loro fortuna, permettendo loro così di proseguire le modifiche alla dimora. Si stima che intorno al 1530 si cominciarono consistenti rimaneggiamenti architettonici che diedero grssomodo all'edificio l'impronta attuale. L'edificio fu anche decorato con pitture a fresco, che la tradizione vuole eseguiti dalla bottega dei fratelli Campi di Cremona. Tuttavia, l'attribuzione non sembra certa, perché un'attenta analisi rivela mani ed epoche diverse. Questo importante intervento architettonico, probabilmente, fu concluso nel 1559. Infatti, un cartiglio dipinto in una delle camere della villa riporta questa data che, tra l'altro, vide il matrimonio tra Cecilia e Ascanio Mozzoni.
Fu proprio Cecilia una delle personalità più interessanti della famiglia Mozzoni. Nacque nel 1544, figlia naturale di Francesco Mozzoni, ma non della di lui consorte Caterina Bossi di Azzate. Fu legittimata nel 1562, tre anni dopo il matrimonio con Ascanio Mozzoni, suo cugino di terzo grado. Ebbe numerose contese per cause ereditarie con la cugina Camilla, moglie di Guido Antonio Arcimboldi, feudatario della Pieve di Arcisate. Cecilia ebbe la meglio sulla cugina ed ebbe inoltre un ruolo chiave nelle vicende ecclesiastiche di Bisuschio.

Il giardino all'italiana in una fotografia del 1890

Al marito Ascanio si deve l'ampliamento del giardino e la realizzazione del parterre e delle terrazze all'italiana. Egli era un uomo di grande cultura, che viaggiava molto tra le dimore nobili italiane per trarre spunti per il suo giardino. Anche Cecilia ebbe parte in questo: con la promessa di costruire una nuova chiesa per Bisuschio, ottenne il terreno e l'antica chiesa di San Giorgio al Monte, che confinavano con il parco della villa. Il terreno della chiesa fu aggiunto al parco, l'edificio religioso fu demolito e le macerie furono riutilizzate per creare le decorazioni del giardino. Però, la promessa della nuova chiesa fu mantenuta e Cecilia fece costruire, appena fuori dal paese, la chiesa di San Giorgio al piano, terminata nel 1605.
Cecilia e Ascanio ebbero una sola figlia, Angela. La linea maschile del ramo Mozzoni di Bisuschio si interruppe qui. Angela si sposò nel 1580 con il nobile Giampietro Cicogna, conte di Terdobbiate, Tornaco e Peltrengo, dando vita alla famiglia Cicogna Mozzoni, che dà tuttora il nome alla villa bisuschiese. Il dipinto già accennato in precedenza, quello in cui lo stemma inquartato è sorretto da putti festanti e rami carichi di frutti maturi è stato forse realizzato in occasione del matrimonio di Angela e Giampietro.
Negli anni a venire seguirono alcune opere di abbellimento alla villa che, sostanzialmente, non mutò la sua struttura. Nel Settecento si ampliarono i giardini all'italiana progettati da Ascanio, completando le due grosse peschiere accanto alla casa, decorandole con statue ed eleganti balaustre. Al 1728 risale la doppia scalinata scenografica, che parte dal retro della casa, si inerpica sulla collina e termina in un tempietto, che rappresenta un interessante punto panoramico. La scalinata conta ben 156 scalini: è doppia nel senso che consta di due "ali" laterali, tra le quali scorre un rivolo d'acqua, che termina in una fontana con mascherone. Il progetto dell'impianto appartiene al conte Francesco II Cicogna Mozzoni, che morì proprio nel 1728, senza veder completata la sua realizzazione.
Nell'Ottocento si prestò più interesse alla parte informale del giardino: si aggiunsero numerose serre (ancora esistenti) e un campo da tennis. Per quanto riguarda la villa vera e propria, tra fine Settecento e inizio Ottocento, i locali al piano terra, fino ad allora magazzini, furono trasformati in sale, in cui prevale lo stile impero. Dal 1958 la villa è aperta al pubblico. Sono visitabili 12 ambienti riccamente arredati e affrescati fra cui una Biblioteca con 5000 volumi, camere da letto, una stanza per la musica con un fortepiano costruito da Anton Walter di Vienna nel 1798.

Note [modifica]

  1. ^ 1476- Novembre 4- Esenzione fino alla somma di ducati 10 d’oro sui beni posseduti nelle terre del ducato di Milano da Agostino e Antonio fratelli Mozzoni. (Libera traduzione dal latino). Galeazzo Maria Sforza, Visconte e Duca di Milano, conte di Pavia e di Angera, Signore di Genova e Cremona In una delle cacce all’orso che abbiamo ultimamente fatto nel nostro Vicariato di Varese, ci è divenuto molto caro Agostino Mozzoni del luogo di Bisuschio dello stesso Vicariato di Varese e desideriamo beneficiarlo per le attenzioni, la diligenza e la sollecitudine e per ripagarlo in parte di quella ferita infertagli dall’orso in quella battuta di caccia. Per la qual cosa a tenore del presente, nel pieno dei nostri poteri, diritti, in ogni modo e forma concediamo privilegi ed immunità ai beni del predetto Agostino e di Antonio suo fratello, dei loro figli e discendenti, e dei discendenti dei discendenti, situati nel vicariato di Varese o in qualsiasi altra parte del nostro dominio, in perpetuo, a partire da oggi e sino a che durerà il nostro beneplacito li rendiamo immuni ed esenti da dazi, imposte, imbottato, angherie, citazioni, e da qualsiasi altro onere dovuto alla nostra Camera, o in qualunque modo da Comuni, ora ed in futuro con qualsiasi legge sia imposto, e con qualsiasi nome venga chiamato, a meno che non vengano emanati ordini contrari, ad eccezione degli oneri dovuti per il sale ed i dazi ordinari. Stabiliamo che l’esenzione fatta ad essi fratelli non ecceda la somma di 10 ducati d’oro, oltre la quale intendiamo e vogliamo che detti fratelli e discendenti siano tenuti al dovuto pagamento. Diamo mandato ai nostri Maestri delle Entrate, al Podestà di Varese ed a tutti gli altri nostri Ufficiali presenti e futuri a cui spetta, perché questa nostra lettera di immunità e questo nostro intendimento osservino e facciano inviolabilmente osservare, in fede della quale abbiamo comandato di farla registrare sotto la fede del nostro sigillo. Data a Galliate il 4 novembre 1476, segnata col sigillo ducale in cera bianca, come è consuetudine, etc. Io Francesco; e in calce A. Jacobus. Registrata alla Camera degli Uffici Referendari del Comune di Milano nel libro degli incanti dei dazi e deliberazioni degli anni 1475-1477 nel foglio 202 a tergo. Così si ritrova nell’Archivio degli Illustrissimi Magistrati Camerali dello Stato di Milano per esecuzione del Decreto, osservata la dichiarazione fatta di non usarla contro il Regio Fisco Ducale, e per fede. Angelo Maria Brugus Regio archivista.

Collegamenti esterni [modifica]

   

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