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Wednesday, September 19, 2012

La Cenerentola di Rossini

Speranza

La Cenerentola


Writings by the librettist Jacopo Ferretti:
Open letter written by Gertrude Righetti Giorgi in defense of La Cenerentola (Excerpt)


Mancavano due soli dì al Natale dell'anno 1816, quando il pacifico impresario Cartoni ed il Maestro Rossini m'invitarono ad un congresso innanzi al censore ecclesiastico.  Trattavasi di considerevoli modificazioni da operarsi in un libretto scritto dal Rossi per il Teatro Valle, e che come second'opera del carnevale comporre si doveva dal Rossini.  Nel titolo vi si leggeva: «Ninetta alla corte», ma il soggetto ne era «Francesca di Foix», una delle meno morali commedie del teatro francese, in un'epoca che incominciava a cangiarsi in una famosa scuola di libertinaggio. Le modificazioni, che ragionevolmente vi si volevano dal provvido Catone, snaturata avrebbero la farsa comica dell'argomento. Il censore ecclesiastico, che non andava a teatro, non ne rimase da me persuaso, ma ne fu dolorosamente convinto il Rossini; quindi mi si pregò di trovare e scrivere a volo un nuovo argomento. Si pregò, dissi, ed è frase storica: perche fra me ed il Rossini v'era un po' di ruggine, per un piccolo sopruso che ne aveva ricevuto (1).  Ma... il non saper dir di no, un poco d'ambizione di scrivere con quell'insigne pesarese, mi fecero porre a tortura la fantasia e, ristrettici in casa del Cartoni a bere il thé in quella sera freddissima, io proposi un venti o trenta soggetti da melodramma. Ma quale fu riconosciuto troppo serio ed in Roma allora, almeno in carnevale, volevano ridere.
Quale troppo complicato; quale soverchiamente dispendioso per l'impresario, le di cui viste economiche esser debbono sempre rispettate dalla docilità de' poeti: e quale infine non conveniente a' virtuosi cui veniva destinato.

Stanco dal proporre e mezzo cascante dal sonno, sillabai in mezzo ad un sbadiglio:
Cenerentola.

Rossini, che, per esser meglio concentrato, si era posto in letto, rizzatosi su come il Farinata dell'Alighieri.

Avresti tu core di scrivermi Cenerentola?

mi disse; ed io a lui di rimando:

E tu di metterla in musica?

ed egli:

Quando il programma?

ed io:

A dispetto del sonno, dimani mattina»; e Rossini: «Buona notte!».

Si ravvolse nella coltre, protese le membra e cadde in un beato sonno, simile a quello degli Dei d'Omero.

Io presi un'altra tazza di thé, combinai il prezzo, scrollai la mano al Cartoni e corsi a casa.

Là un buon caffè di moka rimpiazzo il thé della Giamaica; misurai più volte per largo e per lungo con le braccia conserte la mia camera da letto, e quando Dio volle mi vidi dinanzi il quadro: scrissi il programma della "Cenerentola", e all'indomani lo inviai al Rossini.

Ne restò soddisfatto.


La mia povera "Cenerentola", figlia inaspettata e lavoro di pochi giorni, vuol essere a voi raccomandata, perché balzando fuori dal cenere del focolare dimanda un tutore, e non sa trovarlo meglio che in voi.  Vuol anche che per me saper vi si faccia che, s'ella non comparisce con la compagnia di un mago operatore di fantasmagoria o di una gatta che parla, e non perde nel ballo una pantofola (ma piú tosto uno smaniglio) come sul teatro francese o su qualche vasto teatro italiano, ciò non deve considerarsi crimenlæsæ, ma più tosto una necessità nelle scene del Teatro Valle, ed un rispetto alla delicatezza del gusto romano, che non soffre sul palco scenico ciò che lo diverte in una storiella accanto al fuoco.  La precipitanza in cui fu di mestieri scegliere l'argomento e sceneggiarlo, per presentarlo di tratto in tratto versificato al Maestro, avrà forse tolto la possibilità di evitare qualcuno de' soliti difetti de' drammi buffi.  Ma la vostra cortesia e la vostra sperienza cosa non sapranno perdonare?  Vi prega infine la mia Cenerentola che saper facciate, come buoni tutori a qué pochi che nol sanno, ch'ella è figliastra e non figlia di Don Magnifico, e quindi mostrar può qualche giorno di più di vita delle due sorelle, e che una delle forti ragioni che mi persuasero a scegliere quest'argomento fu appunto quell'aria d'ingenua bontà, che forma uno de' caratteri distinti della brava Madama Giorgi, carattere premiato in Cenerentola, secondo la Cronaca delle fate. Miei fratelli!  Conosco la mediocrità de' miei versi non ritornati sull'incude. Ma ho la fortuna di consegnarli al moderno Prometeo dell'armonia, che saprà scaldarli con la favilla del sole.



In quella prima tempestosissima sera, dal naufragio non iscampò che il largo e la stretta del quintetto, il rondò finale ed il sublime largo del sestetto.

Il resto passò inosservato ed anche qua e là sibilato.

Ma Rossini, non immemore della effimera caduta del Barbiere di Siviglia e conscio della magia infusa a larga mano nella Cenerentola, a me, nel dì dopo, stordito e dolente di quel fiasco, gravemente diceva:

Sciocco! Non si termina il carnevale senza che tutti se ne innamorino: non passerà un anno che sarà cantata dal Lilibeo alla Dora e tra due anni piacerà in Francia e farà meravigliare l'Inghilterra.

Se la disputeranno gl'impresari e più ancora le prime donne».
E avvenne così. E quella Roma che l'aveva disapprovata, negli estremi dì del carnevale ne divenne briaca e l'applaudì dopo fino al delirio.



Miserabili che imbrattate le carte onde marcarne da' vostri leggitori un immeritato profitto!  Sui teatri di Roma non si permettono i movimenti delle persone come sulle scene di Francia. Si trovò che si poteva in qualche modo offendere la decenza coll'uso della pianella, e che trattandosi di opera in musica si poteva benissimo adottare la sostituzione dello smaniglio. Né credesse mai il Sig. Giornalista di Parigi che io ciò dicessi a giustificazione del mio piede: egli non mi conosce, e se mi conoscesse direbbe forse che io avrei avuto più interesse ad adottare la pianella anziché appigliarmi al ripiego dello smaniglio.

Note:
1: L'anno precedente, Rossini aveva rifiutato un libretto propostogli dal Ferretti, optando per il Barbiere con Sterbini

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