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Monday, February 19, 2024

Grice e Grazia

 Grice e Grazia – il principio di benevolenza conversazionale -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Mesoraca). Filosofo italiano. Grice: “Grazia is important to understand Galileo, whom Italians consider a philosopher!” Grice: “Grazia also wrote about architecture – a truly Renaissance man!”. Studia a Napoli dove venne condotto, dalla natia Calabria, da uno zio dell'ordine dei Teatini. Si laurea a Napoli. Studia filosofia. Si oppose al Criticismo kantiano e all'Idealismo hegeliano in nome dell'esperienza. Saggi: “Discorso sull'architettura del teatro” (Napoli: Giordano); “La scienza umana” (Napoli: Flautina); “Logica speculativa” (Napoli: Gemelli); “Filosofia: eterodossa ed ortodossa” (Napoli: Poliorama); “Considerazioni sopra 'l discorso di Galileo Galilei intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. don Carlo Medici (Firenze, Pignonj). “Della vita e delle opera: Dizionario Biografico degli Italiani. Classe Appetito;Volere.Condizionediogni appetito è l'andarsi rinvigorendo con la reiterazione degli atti fino a rendersi dominante su gli altri appetiti. Condizione della volontà è l'andar con l'esercizio acquistando maggior potere su imoti del corpo sog   3.Classe- Moloriprimitividellavolontà: Tendenza istintiva delle nostre forze all'azione; appetito istintivo del piacere nella sua triplice forma, e avversione al dolore; amor di sè stesso co'tre caratteri di concentrazione, di reazione, di espansione spontanea. Classe- Oggetti dell'amor proprio diconcen nale, onore esterno. Reazione dell'amor proprio: Emo sentimento. Espansione spontanea. Benevolenza. Il benessereè certamente oggetto dell'amor proprio; ma nella classe va distinto dall'amor proprio l'appetito istintivo del piacere, e l'avversione al dolore. Non è perchè a mi a m o n o i s t e s s i, che desideriamo il piacere e fuggiamo il dolore. L'amor proprio si pronunzia nel cercare I mezzi per procurarci l'uno, e per sottrarci all'altro, fino a contrastare a tale uopo altri appetiti. L'appetito quindi del benessere, una delle esigenze dell'amor proprio,é precisamente quel principio, in cui Stewart ha fatto consistere tutto il nostro amor proprio. Un tale appetito abituale non è  getti al suo comando, come anche su l'attenzione riflessiva. Seconda condizione dell'appetito è l'essere accompagnato da piacere, quando è soddisfatto; e da dolore, quando essendo istigato non è soddisfatto. È questo esclusivamente il piacere e il dolore morale. trazione: Benessere, dignità. perso IL METODO. Classe Stati diversi dell'appetito: Desiderio, o contento; godimento, o afflizione, o rammarico; speranza, o timore; pentiinento; disperazione. zione benevola di riconoscenza; ri   invero irreducibile. Ammettendosi in un essere dolori e piaceri ,e ragione e volontà, esso prevedendo le conseguenze delle sue azioni, non mancherà di formarsi un piano di condotta per evitare il dolore, per pro cacciarsi il piacere; e la repressione di altri appetiti entrerà come mezzo in questo piano. Noi intanto a b biamo notato tra fenomeni irreducibili l'appetito del benessere a sola mira di esibire intero nella 4. classe ildominiodell'amorproprio. E lapresenteosserva zione basta a far riguardare con tutto rigore l'addotto esempio di classificazione. Abbiam già completato il quadro de' fenomeni pri mitivi del pensiero, distinguendolo in tre categorie corrispondenti a' fenomeni, Sensazione, Giudizio, Volontà ; e tenendo conto delle condizioni loro comuni. Pria di progredire nel nostro divisamento, daremo fine a questo articolo con la seguente generale osservazione. La semplicità di una classificazione di fenomeni primitivi non si dee giudicare su la classe suprema. Il numero de' princip jignoti è eguale al numero de' fenomeni distinti nella totalità della classificazione. Può quindi avvenire, che due classificazioni sieno nel fondo identiche, mentre si offrono sotto aspetti assai diversi. Se, per esempio, alla prima classe, che comprende i tre fenomeni -- sensazione, giudizio, volere – si fosseanche ascritta la memoria, esi fosse distinta nella riproduzione degli atti mentali, e nel riconosciinento; non si sarebbe nulla cangiato uel nu Inero de' fenomeni irreducibili. Ciò non dimeno un tal cangiamento non sarebbe del tutto indifferente .Nella classificazione da noi preferita i fenomeni della prima classe sono i più differenti di natura. Ma ciò che si riproduce nella memoria non perde la sua natura primitiva. Le idee astratte si riproducono nella loro perfetta integrità. Le sensazioni perdono estremarnente di vivacità al riprodursi nella immaginazione. Niente altro cangiano di loro condizione primitiva. E lostesso avviene nella riproduzione delle affezioni morali. La memoria quindi, presa nel suo più ampio significato, non reca fenomeni di natura differente da que' della sensibilità, dell'intelletto, e della volontà. Queste ultime facoltà somministrano materiali fra loro differenti, e la memoria è addetta a ritenerli in deposito. Cosi la prima classe ha potuto segnalare la prima divisione della scienza ne' tre rami logica, etica, estetica. Non è certamente questo un vantaggio di allo rilievo, ma non v'era alcuna ragione per disprezzarlo.  Si supponga or che  invece di esibire in più ordinii fenomeni primitivi, si fossero enumerati in una sola lista , come è costume: sensazione, giudizio, attenzione, immaginazione, reminiscenza, analisi, sintesi, astrazione, generalizzazione. Il numero de'fenomeni primitivi potrebbe rimanere lo stesso, ma senza esservi marcata la dipendenza tra I medesimi. L'attendere è proprio dell'intelletto. L’immaginazioneè una legge della sensibilità. La reminiscenza o riconoscimento è un giudizio. L'analisi, la sintesi, l'astrazione, la generalizzazione, appartengono all'intelletto. Una tale dipendenza è una condizione di più nel fenomeno: è propriamente una ulteriore parziale riduzione. Così per altro esempio, se i motori della volontà si enunciassero come segue: Tendenza istintiva delle nostre forze all'azione; appetito istintivo del  piacere; appetito razionale del benessere; appetito della dignità personale; appetito dell'onore esterno; emozione benevola di riconoscenza; risentimento; benevolenza ; si avrebbe completo il numero de' motori primitivi, ma niente apparirebbe della loro dipendenza. L’enunciazione non darebbe ultimata la loro riduzione, non si esprimerebbe completo, per quanto a noi si scopre, il sistema della natura de' fenomeni della volontà. Vedula primordial nelle ricerche della origine e della reulià della scienza umana. Sula ipotetica origine a priori delle idee e IL METODO IL METODO VELLA SCIENZA DELLA NATURA.  primitivi ..realtà delle conoscenze. delle conoscenze. Si annunziano I principj, trattida osservazioni parlicolari, su la origine e Classificazione de'fenomeni primitive. Riduzione de'fenomeni particolari a' »esempio tratto dalla estetica Classificazione delle scienze nell'ordine logico. Metodo inventivo nelle scienze nat. Metodo inventivarella scienza delpen Melodo di esposisione nelle varie. Metododiesposizionenellascienzadelpensiero - poche idee sul metodo Utilitàinultimarleriduzioni Classificasione delle scienze. ESPERIMENTI DEL METODO PER LA SCIENZA PRIMA. CORSO PROGRESSIVO DELLA FILOSOFIA PRIMA,  E SUE DEVIAZIONI. Posizioni diverse nella quistione del Metodo. Esemplare classico del metodo speculativo. Primo esemplare del metodo di pura osservazione. Deviazioni del metodo nel periodo sco. Metodo di pura osservazione nella parte  psicologica della Filosofia ortodossa. Progresso della osservazione analitica nella Filosofia, ad onta che i sistemi: declinassero o al sensualismo, o  al’ idealismo. Idealismo assoluto de’ discepoli di Kant. Declinazione della osservazione analitica, e rifiuto de’ suoi prodotti precedenti, surrogandovi una supposta percezione de’.sensi, e una dimessa ma  ra soggettività, e per ultimo rivisioni ontologiche. Sut-nesso detta discorsa Rassegna ci con la  seguente. ESPERIMENTI DELLA FILOSOFIA SPECULATIVA. SULLA LOGICA DI HEGEL.  Su l'identità de’ due contrarii. Le idee fondamentali dell’ intimo senso  Vanno snaturate in ogni panteismo . Su le categorie, e l'Idea assoluta. . vo nella scienza prima   — tende di continuo ad alterare il genuino valore delle idee fondamentali. SU LA FILOSOFIA SPECULATIVA. SULLA IMPOTENZA DELLA RAGIONE INDIVIDUALE , SECONDO IL LAMENNAIS. . ="Sv-t5 EINE DI Dio, DEL cinite, SISI  L'ATTO CREATIVO, SECONDO IL Gro-  SERIE input » Sul secondo a della formola. .IN. Su Te altre parti della Formola, cioè  T Enie e l'alto creativo. .Sulla Visione delle idee in Dio indipendentemente dalle altre parti della    iu DETTE IEEE SU LE CONDIZIONI DELLA FILOSOFIA.  Sul concetlualismo, perenne caasa delle  deviazioni della Filosofia. . . Hi. Su i recenti proget di nuova Filosofia  OROCO: «..-_/._. cs. iu » Influenza della sacks tedesca su la Filosofia. Sulle più famose obbiezioni prodotte da’  moderni contro la Teologia naturale. VW. Riassunto degli articoli precedenti e conseguenze per le scuole d’insegnamento. » ÈNTE IN UNIVERSALE, LUME PERENNE DELL'UMANO INTELLETTO , SECONDO ZL ROSMINI.. Su i modi dialettici adoprati dal Rosmini  nel mostrar conforme al suo sistema la dottrina insegnata da Aquino. Wl, già un anno decorso che uno dei più profondi filosofi di questa Italiana provincia faceva da noi dipartila ! Niun periodico della capitale fra i tanti che pur trattano di futilità e di non nulla , o tutt'al piú di celebrità di teatro,fecealcunmottodilui:ilsoloOmnibus annun ziandone la grave perdita, prometteva una biografia dell'estinto:ma tale promessa insino ad ora non l'ab biamo veduta recare in atto Noi per mera carità di patria e senza pretenzione letteraria di sorta, diamo questi pochi cenni per come abbiamo potuti raccogliergli frugando nella nostra memoria (1). A quella regione ferace di eletti ingegni ed in ispecie di grandi filosofi da Pitagora a Galluppi (tralasciando tanli altri illustri nomi) appartenne il nostro Filosofo, avendo avuto i natali verso il 1792 nell'antica Reazio ,oggiM e  Ahi sugli estinli Non sorge fiore ove non sia d'umane Lodi onorato e d'amoroso pianto. . 7   soraca,inProvinciadiCalabriaultra2.dabaronale ed agiatafamiglia. Passòl'infanzianellaterranatale,ima mostrato avendo svegliato ingegno, fu pensiero di un suo zio, religioso dello insigne ordine de'Teatini di con durlo in Napoli per fargli apparare belle lettere e filosofia appo que'RR.Padri. Quivi dedicandosi alacremente a talistudi,ebbe a con discepoloilfamoso ex Generale de Teatini, P.Gioacchino Ventura, che se tutti ammirano per non comune facondia , per vasto sapere ,per rettitudine ed illibatezza di costumi, gl’Italiani lo avrebbero a ragione desiderato continuatore dell'opera progreditrice e liberale da lui cominciata a p r o p u g n a r e n e g l i a n n i 1 8 4 6 e 4 7 . C o n l u i il De Grazia le g o s s i con tale intima amicizia e scambievole stima , che le m e morie di quella loro prima età insieme trascorsa, dopo tanto volgere d'anni non più cancellaronsi ,abbenchè pel diverso stato da essi prescelto, vivuto avessero quasi sempre l'un dall'altro discosti. Escito il De Grazia da quelle scuole, diessi con tutto ardore agli studi severi delle matematiche , non pure tra lasciando qnelli della filosofia , pe ' quali monstrava incli nazione grandissima. Giovane ancora militò per qualche tempo nel Genio ; m a poscia,smesso il cingolo militare, esercito professione d'Ingegnere, entrando nel Corpo detto allora de' Ponti e Stradë. Si nell'una che nell'altra carriera adempi lode volmente ai doveri della sua carica, e procacciossi giusta estimazione.Ed abbenchè per lasua indipendenza di pen samenti e per la sua modestia , non venisse adoperato come avrebbesi dovuto,pure quello che in varie pro vincie per suoi elaborati disegni in opere pubbliche ed in fatto di edifizi vari, venne eseguito, riusci di uni versale contentamento,e rivelar seppe la sua valentia, tanto da essere ricercato e consultato dagli stessi suoi compagni ed emoli nella professione. Ma nel paese del De Grazia da piú tempo non costruisconsi più quelle opere grandiose da potersi rivelare il genio artistico di un'ar chitetto;e se pure alcuna fiata qualche notevole edifizio debbesi costrurre, l'ingegnosirimanefrapastoje;perché condannato a grame proporzioni di una architettura bor ghese, od a meschine economie che sovente lasciano le opere pel volgere di più anni incomplete,ovvero menate a compimento , ma di gran lunga variate dagli originali disegni. De Grazia, omettendo i lavori per Ponti e Strade e smessa ogni altra cura ed applicazione, si dedicò con tutto ardore a quegli studi filosofici che fin dalla gioventù avea mostrato di molto prediligere. Frutto delle sue lucubrazioni e speculazioni filosofichefulagrave opera:Saggio sulla realtà della scienza umana ; lavoro sapiente e profondo , che pubblicossi a Napoli e che il Silvestri in Milano ed ilFontana a Torino voleano ristampato pe'loro tipi,ma non vedendosi incuorati da   chicchessia a tale pubblicazione , e la stampa tacendo su di un'opera di tanta mole , ne smisero il pensiero. Non è scopo nostro venire in disquisizione sul suo si stema filosofico e sulle opere di lui, secondo che ne fac ciamo qui menzione ,pon sentendoci da tanto,e lasciando a'profondi pensatori un tale incarico. Solo diciamo ,ch'egli rifuggendo da'sistemi oltramontani e dallaservile imita zione, ha tutte leproprietà dell'italiano Filosofo, per quella sua maniera di studiare il mondo esteriore, e per quel pratico senno che loconducono dall'esperienza alla induzione ,per modo da congiungere sempre l'osservazione di fatto colla generalità delle idee.In ciò fare egli seguiva in gran parte le dottrine del sommo Aquinate ,gloria d’l talia e della Chiesa ; senza aver letto ancora Opera alcuna di questo santo Dottore. Per caso in confutando talune teoriche dell'altro nostro celebre italiano , l'abate Rosmini , il quale in un luogo delle sue opere ivaesponendo molte sentenze di S. Tommaso in conferma de'suoi detti,sorse vaghezza al De Grazia di leggere la somma di esso santo; e grandissimo fu il suo compiacimento in rilevare l'ac cordo delle loro dottrine in ciò che concerne ilprincipio di rifuggire da ogni ipotesi speculativa, e di ricondurre la scienza fondamentale al puro metodo di osservazione; e pieno di rispetto e di ammirazione pel santo d'Aquino, iva seco stesso facendo le più alte maraviglie del quanto poco abbia progredito la scienza filosofica in questi u l timi sei secoli. Oltre a molti altri scritti minori , pubblicati in parecchi giornali specialmentenel Progresso enel Calabrese,altra grave sua Opera è quella intitolata : Discorsi sulla Logica di Hegel e sulla Filosofia speculativa , ove adoprandosi dimostrare l'assurditàdi taleLogica,confutaque'filosofi che han cercato con malizia o senza addarsene d'intede scare la filosofia italiana.  Per chi le Opere del De Grazia punto non conosce,riu. scendogli per avventura nuovo un tal nome ,potrebbe di leggieri riputare sospetti i nostri elogi, se non altro ,per troppa carità di patria : noi a renderlo persuaso del con trario, e che anzi,il lodato resta sempre al disotto delle nostre umili laudazioni , citeremo l'autorità di un giudice assai competente ed in nulla sospetto, qual'è il celebre Professore di Heidelberg Cav. Carlo Mittermaier. Questi nel suo Libro Condizioni d'Italia pubblicato nel 1846 e precisimente nella Lettera di appendice indiritta al chiaro abate Mugna , traduttore del suo libro, dopo aver parlato delle celebrità letterarie e scientifiche d'Italia , e m o strando desiderio che le opere filosofiche degl’Italiani fos sero meglio sludiate dagli stranieri ed in ispecie da'suoi connazionali , venendo a parlare di Napoli dice : « Il genio della filosofia napoletana è la copiosa e fina analisi dello spirito umano,sempre unito a grande dovizia d'idee e ad una tendenzapratica ».Ad essoappartengonoleopere di P. Galuppi e di V. De Grazia, peculiarmente l'opera di questo:Saggio sulla realtà dellascienzaumana.Esa >   minandol’A. gliscrittide'suoipredecessori,non che de'filosofi tedeschi ed entrando in minute particolarità (peresempio vol.2.p.1.174)intornoa'varipensamenti sulla origine delle idee,seguesi con piacere lo stesso A. nel suo ingegnoso sviluppo e si ammira la sua fina analisi intorno alla natura delle conoscenze pure intuitive , e c o noscenze dimostrative. « Fin qui il Mittermaier.Le parole di un tant’uomo sono più che sufficienti a testificare sul merito filosofico del nostro concittadino , ed altre singole illustritestimonianzepotremmopurqui addurre;ma le opere di lui per chi vuole e può leggerle parlano abba stanza.Solo non vogliamo tralasciare di dire che fu in grand'estimazione tenuto da quell'antico uomo di stato e scienziato profondo il Conte de' Camaldoli , Francesco Ricciardi,e che ilsuo grand'emulo il Galluppi (la cui fllosofia era stata in qualche parte del De Grazia confutata perché non severamente italiana, nè in tutto da lui tro vata scevra di straniere dottrine) richiesto un giorno del suo parere sul Saggio della realtà dellascienza umana , rispose:l'operaprocedemoltobene,secondo ilsistema seguito dall'autore.E qui di volo ci si permetta domandare a noi stessi: chi raggiun se piú il vero de' due chiari concittadini nei loro rispettivi sistemi? chi più possedette geniocreatore? A ciòrispondiamoesserpaghidi rilevare inambidue il positive progresso della filosofia appo noi e possiamo riguardarli come continuatori delle dottrine sviluppate da' due filosofi Calabresi Telesio e Campanella  che cercarono di richiamare la filosofia del secolo decimo settimo a'suoi veri principi facendo appello all'esperienza, alla propria ragione ed all'esatto studio del mondo ,quale si offre alla osservazione, e sopratutto cercando di sce verare la filosofia dalle quisquiglie scolastiche del tempo ; per il che ebbero a sostenere aspra guerra per parte de' loro avversari , seguaci delle dottrine d'Aristotile , più in quanto alla forma che alla sostanza. Or nella gran serie di sistemi de' filosofi di Europa , ognuno dei quali nasce per distruggere l'anlecedente , e per essere poi a sua volta distrutto dal successivo,i sistemi seguiti da' due grandi Calabresi, Galluppi e De Grazia, sono sistemi italiani, sopratutto quello del secondo , e sopravviveranno a'posteri assai più,se non c'inganniamo,dell'eccletismo di Francia e del razionalismo puro di Germania ,il quale ultimo sistema argutamente il De Grazia chiama: poema filosofico; abbenchè de' filosofi tedeschiegli faceastima grandissima, especialmentedi Emanuele Kant, ch'èil primo nella serie di quelli che formano la moderna scuola, per la mente profonda, vasta e unicamente originale fra tutti i filosofi di Germania ,per maturo giudizio,fervida imaginazione,esottilissimoingegnoanalitico,ma lamen lava che il suo genio batté la via del eccletismo scettico e del dommatismo razionale. Ma benché per noi sian grandi tutt'e due inostri con cittadini,nondimeno sembra rilevarsi dalle suespresse parole del professore di Heidelberg che nell'opera,da lui citata e da noi di sopra più volte riferita,la penetrazione filosofica e la fina analisi del nostro De Grazia abbiano richiamato la sua attenzione assai più che nol fecero le opere filosofiche del Galluppi. Eppure questi , sebbene tardi, fü almeno ricordato da quel Governo , essendo stato nominato professore di filosofia nella cattedra della universitàdegli studi di Napoli (2) e nella morte di lui fu r o n v i pubblich e esequie e recitaronsi funebri elogi m a il De Grazia vive e muore ignorato, e non fu noto che alla calabraterra, chevidelonascere,edaqualche singola celebrità nostrana e straniera. Di chi la colpa ? Forse de' tempi ? del governo ? o della propria sua indole? Noi crediamo esservi concorse tutte e tre le suindicate cagioni. Circa il governo cui appartenne il De Grazia, il merito non è merce cui è andato per ordinario ed unquemai in traccia; ma nel tempo presente solo il pensarlo è utopia. E finalmente l'indole di lui rifuggente dallo adulare potenti,dalcercarmecenati,dalraccomandare odedicare isuoi scritti achichessia,mantenendosi sempre in dignità  Il secolo che corre: e che appellasi posilivo non ha altripensieridominanticheilcredito,> laborsa,lespe culazioni commerciali, o tutt'al più qualche progresso materiale da solletitare l'ardente brama del guadagno (peste della società presente) che di continuo lo stringe ed arrovella;epperò non è secolo che occupar puotesi di filosofia.  e modestia , coltivando la scienza per abitudine contratta agli studi severi e per naturale inclinazione del suo genio inventivo e calcolatore, senza avere unquemai tenuto scuola (che gli scolari molto influiscono alla fama ed a rendere popolare il nome de’loro maestri)e menando per conseguenza vita laboriosa e ritirata ; fecer si tutte le cosi fatteragionicheilnome suorimanesseignotoall'universale. Ma qui non possiamo fare a meno di non osservare che in questa epoca di generale centralizzazione governativa negli stati di reggimento assoluto sopratutto, ne' quali ė spesso negato a privati di fare puranco il bene (4)o altra innocentissima cosa ,senza previa superiore autorizzazione, o sovrano beneplacito;ove nullapuossi mandare a stampa senzapreventivarevisioneecontro revisione;non rebbe uu richieder troppo da cotali governi se alla mania di voler lutto sapere ed operare aggiungessero un pò di buonavolontàedesideriodiconoscerelegrandi intelli genze , tenerne nota ed applicarle a vantaggio della n a zione. E grata cosa sarebbe riuscita al De Grazia,abbenchè dell'indole qui sopra descritta , e sempre abborrente dalla servitù e dalla vanità, se il governo in modo qualunque avessegli addimostrato di tenerloin pregio, o nominandolo professore di filosofia nella Università, dopo la morte del Galluppi, non essendovi in tutto il reame altri che più diluinefossestatodegno,omostrandogli dipregiarlo in altra guisa qualunque,ma sempre per moto spontaneo, essendo stata sua massima indeclinabile che il merito de  sa   vesi conoscere volenterosamente dagli altri,senza sforzo di sorta per parte propria. Sonovi però di momenti nella vita de' popoli in cui l'opinione pubblica si addimostra regina e manifestasi con tuttalapossibilespontaneità.Un talemomentosifuquando nel 1848 ilDe Grazia,non pure senza brigarlo,ma senza avervinemmeno pensalo,vide ilsuo nome con migliaia di voti sortire dalle urne elettorali, qual depulato cala brese nel Parlamento napoletano.Molto egli si compiacque per tale dimostrazione di stima e di fiducia da parte dei suoi concittadini;ed accetatone il grave mandato ,pieno di buon volere e di coraggio si parti con gli altri deputati per alla volta della capitale. Lusingavansi gli elettori suoi nella speranza di vederlo presto discendere dalle astrattezze filosofiche,alla realtà della vita politica:ma tanto non avvenné,   Equicisi permettanoper poco talune reminiscenze, r i andando 'un tempo, che già fu per i liberali onesti e di buona fede che credevano alla santità ed alla osservanza di giuramenti e del cui gran numero facevano parle quasituttii liberali delleprovincie, traqualiil De Grazia, que' tre primi mesi, con assai più ragione di quello che uno scrittore francese diceva del suo paese nel 1830 furono giorni deliziosi,in cui la generazione nostra conobbe quell'allegrezza,quella ‘speranza, quel non so che si raro nell'umana storia che ci fa dimentichi del peso della vita. L'avvenire non più  rappresentavasitristea'nostrisguardi,scoprivasiun'oriz. zonte sconosciuto, tutto era color di rosa,perché crede vasial progresso indefinitodell'umanità,ealcompimento insperato di tuttele promesse della filosofia moderna. Quelle notizie sempre succedentisi di libertà di popoli, di cessazione di ogni dispotismo e tirannide in quasi tutta Europa, d'indipendenza ed autonomia di nazioni, eccede vano l'immaginazione e faceano degli uomini tanti inna morati viventi in un'atmosfera inebbrianto. Tempi felici! e che non più ritorneranno !perocchè a tutte quelle nobili aspirazioni (forse perché non provegnenti nella gran maggioranza da vero disinteressamento, abnegazione e pura virtú) sono troppo rapidamente succedute le idee finanziarie e di materiali interessi, che stan materializ zandotuttiglispiritiedimmergendoliinunprofondo le targo daimpedirediaddarsidellalenta,ma sempreognor crescente propagazione del dispotismo; e che per sopras sello invece di farei indefinitamente progredire, ci ha fatto, e ne sta facendo precipitosamente indietreggiare (7).E cio di passaggio. Ma ritornando al nostro Vincenzo, egli era uno di quei tanti Filosofi che hanno il coraggio del pen. sieroe non quello dell'azione.Uomo adusato da tanti anni  а star chiuso nella rocca della sua mente per dare corpo e vita a'suoi pensamenti filosofici, riputavasi vestito del lusbergo delpiùsaldoproposito:ma arrivatoalcontatto della fredda realità, divenne esangue ed impallidi. Difatto giunto in Napoli, tosto avvidesi del come furono conce   I fatti che vide nel famoso 15 Maggio , al primo scio gliersidella Camera de'Rappresentanti della nazione, non che nel tempo successivo (da superare f i n a n c o l e sue previsioni e che iscusano la sua condotta inverso chi volle accagionarlo di timidità) fecero d' allora in poi addive nirlo più solitario e ritirato di prima. Lui felice ! che p o teva col pensiero allontanarsi dalla triste realtà che cir condavalo, e vagare tra i nobili e pacifici campi della fi losofia. Fu verso quel torno che rivedemmo per l'ultima volta il'De Grazia,ilquale ci feceaperto diesser egli tuttoap plicato al compimento di un lavoro già concepito quando legge la Somma dell'Aquinate.A questonomeglidichia rammo francamente il desiderio nostro, e di altri suoi amici ancora, che siccome dalle sentenze filosofiche scelte dalla S o m m a presentar volea la Filosofia di S. T ommaso , coll'esame comparativo delle dottrine del nostro secolo; cosi dalla scelta di tutte le sentenze politiche, di che ab bonda quell'aureo libro, ci facesse conoscere la politica di quel santo dottore, in tutto tendente a fare che la s u prema autorità non trasmodasse in dispotismo e tirran nide, e che la macchina governativa fosse tutta intesa a formare il benessere della gran maggioranza della co  48 dute le improvvisate riforme; col suo sguardo scrutatore s'impossesso della situazione politica del momento, e m i surandone tutta la portata, promise a sé stesso di non porre piede nell'aula del Parlamento Napoletano. e   mune Patria; che simili scritti, soggiugnevamo,potrebbero serviredifrenoalpotere,affinchéne'suoiattinon de generasse in forza brutale. Al che il nostro Filosofo (cui sembravagli ancora di sentire il fragore delle artiglierie) mestamente rispose: L'eloquenza della bocca de'cannoni fa ammutolire ogni lingua , e fa cadere la penna dalle p a ralizzatemani.E noidirimbecco:seilcannonedistrugge, la penna può e sa riedificare. Fu dunque nel 1851 che il cennato suo lavoro col litolo di:Prospetto della Filosofia Ortodossa, venne stampato in Napoli, in un volume in 8. di pagine 632. Fra le molle lodi che questo libro ebbe dalla stampa periodicadi di verse parti, furono quelle tributategli con molto calore dalla perma'osa Civiltà Cattolica (8)(anno 3. vol.10. N. 60) connostra grande maravigliaesatisfazione.Ma lamag gior lode che ridondar possa a vantaggio del De Grazia, si è, che per il primo ha cercato di far rivivere la Filo sofiadiS.Tommaso,echeilsuo pensieroè statoposcia seguito dalla Università -parigina e da parecchie di Ger : mania. Era sua intenzione comporre un'opera di Estetica ed un'altra d'Istituzioni filosofiche, questa sopratutto, per esservene secondo lui, gran difetto nelle scuole : m a tale divisamento non potè mandare ad effetto: sonosi tro vati,èvero,de'manoscrittinellasuacasa,ma forte temiamo che andranno perduti. Ferale morbo mina da più tempo isuoigiorni,edegli vide approssimare ilsuo fine con la serenità di un fanciullo e con l'impassibilità di un Filosofo ed il 22 settembre 1857 cessò di vivere. Fu ilDe Grazia di ordinaria statura e di gracile com plessione; di aspetto nobile e dignitoso, ed insieme di tratti gentili, e cortesi epperò riusciva piacevole nella conversazione.Nel suo incesso vedevasi grave e pensoso come se ruminasse qualcosa col cervello,o talmente era assorto da suoi filosofici pensieri,da non por mente alle cose esteriori,e da non addarsi degli amici che passavan gli allato, se questi nol riscuotevano chiamandolo per nome.Visse sempre celibe.Lasciò un'unico nipole, erede de'suoi beni, mostrandosi pur generoso nelle ultime dis posizioni verso due suoi antichi compagni ed i suoi d o mestici. Or un tant’uomo disparve dalla scena di questo mondo senza che nemmeno un fiore si fosse sparso sulla sua tomba ; senza che nè pietra pè parola additassero ove han riposolesueceneriericordasseroilnome diluiagli avvenire ! A voi Italiani,che amate gl'illustri figli della comune sventurata patria nostra, e che vi distinguete per nobili sentimenti di nazionalità, abbiamo rivolta la nostra p a rola:inscrivete,per come é debito, il nome di Vin cenzo De Grazia tra quei grandi nomi che passar denno alla Posterità ! Tu , illustre Mittermaier, che nel fare m e n zione in semplice lettera, de'chiari Italiani, non potesti fare a meno di non dire parole di lode sul merito filoso fico del nostro Eroe: spendine altre poche or ch'ei è trappassato, por vendicare l'ingiusto silenzio tenuto dal  20   21 paese ovo nacque e mori.E tu,o venerando P. Ventura, che non mai dimenticasti il tuo condiscepolo, abbenché sempre gran distanza da lui ti divise, e che forse ignori ch'ei non è più , in rilevare la sua dipartita, scrivi alcun motto per quell'ingegno sdegnoso di ogni schiavitù mas sime se straniera,che co'suoi scritti fè sempre aperta guerra alla filosofia che non attinge i suoi lumi alle fonti del Cristianesimo,ciòinfluirànonpocoafarsicheilnome deltuoanticoamicosiaconto all'universale(9).Le no stre rozze e disadorne parole rassembreranno talco o mica inruvida roccia,ma levostresarannoripetutedagliechi, lontani e renderanno al virtuoso obbliato, dopo morte quel merito che in vita gli fu negato.  0 Napoli febbraio 1858.  Sopra un'amena collina distante una diecina di chilometri dal mar Ionio è situata Mesuraca,paesello che conta un due migliaia e mezzo di abitanti.Uno scrittore che sognasse,ve gliando,gl'irrevocabili portenti della Magna Grecia,nei ru deri che ingombrano il vicino monte Matonteo, crederebbe di scorgere gli avanzi di un vetusto tempio , sacro a Venere ; e nel nome tradizionale della montagna non mancherebbe lo appiglio di ricordare il riso e gli amori , fidi compagni della vezzosaDeadiAmatunta.Noi,nellanostramodestaprosa, ci contentiamo a più vicine,e più certe memorie. Egli adunque contava quindici anni meno del suo illustre compaesano,del Galluppi, ch'era nato il 1770, nella stessa provincia di Catanzaro ,in una piccola cittaduzza posta quasi in riva dell'opposto mare;e,vedi caso,era nato anche lui di casa baronale ; sicchè pare che su lo scorcio del passato se colo lo stemma gentilizio non fosse così ostinatamente avver so agli studi  Addi 19 febbraio 1785, in quel paesello appunto,nasceva da Marco e Laura Brondolillo quel Vincenzo De Grazia, di cui vogliamo esporre la dottrina filosofica. Nasceva di casa baronale ; ma non è quel che ci preme ;nè pare importasse neppure a lui, che aveva il buon senso di segnare a fronte de'suoilibriilproprio nome ecognome asciuttoasciutto,e senza nessun prefisso. Giovanettino ancora di soli cinque anni lascio, o meglio gli fu fatto lasciare il paese nativo, e fu condotto a Napoli, e quivi chiuso nel collegio di San Carlo alle mortelle, dove continuò a studiare,come sisuole,finoallaprimagioventù. Tra le poche carte,non disperse o distrutte,dalle quali ho potuto raccogliere qualche scarsa notizia della vita di lui, avanza una lettera del rettore di quel collegio,certo Teofilo Misa,sottoladatadel15agosto1795,concuisiraggua gl i a v a il padre della b u o n a riuscita de' pubblici saggi dati dai figliuoli di lui.Questa lettera giova non tanto a testimonian za del profitto; chè un baroncino , si sa, fa sempre bene ; e di fatti il buon rettore si lodava non solo di Vincenzo , m a del l'altro fratello Domenico ; quanto ad assodare la data della nascita . Eugenio Arnoni , che laboriosamente s'ingegna di scrivere lememorie dellaCalabria,lofanato il1792:seil1795 da va pubblici esami , quella data è dunque sbagliata ; e rimane accertata quella che ho trovata scritta io nel volume su la logica di Hegel , insieme con l'altra concernente la morte del De Grazia.Il volume appartiene alla famiglia del filosofo,ed iol'hopotutoavere,insieme conglialtridocumenti,perla cortese premura di Antonio Serravalle, valoroso giurecon sulto,e caldo promotore della gloria del nostro paese:qual cuno di casa vi avrà registrato certamente quelle due date. Forniti i primi studi , diessi a coltivare le matematiche, e divenne ingegnere.Ilnapoletano conquistato dalle armi fran cesi,doveva allora,per l'imitazione de'conquistatori, corre re dietro al mestiere delle armi . Il 1811 il nostro De Grazia trovavasi arruolato da sottote nente nel Genio,quando con Decreto Reale comunicatogli da Campredon a nominato ingegnere aspirante di Ponti e Strade. L'an no appresso,con Decreto del 22 aprile 1812, fu promosso ad ingegnere ordinario di seconda classe. Qui i documenti , che abbiamo avuto sott'occhio , finisco no;nèsappiamo,se,cessato ildecennio,eiritirossi disua  2   scelta, o se fu licenziato dal Borbone restaurato sul trono. Dal 1812 ci è forza saltare al 1838 . Il 29 giugno di quell'anno la Società Economica di Cala bria Ultra 2.a lo proponeva a socio : la nomina aveva luogo soltanto il 18 dicembre 1839. Era lentezza,o si erano incon tratiostacoli?nonsisa,efameraviglia,come diunuomo di vaglia, vissuto tra di noi, s'ignorino tante circostanze, che ci aiuterebbero a lumeggiarne meglio la figura. Vero è che le abitudini del filosofo erano molto casalinghe, che dalla famiglia ei visse diviso , che per le vie raro si faceva vedere. E di o m i ricordo, c h e a n d a t o studente a Catanzaro benchè misidicesse cheilDeGraziaci fosseallora, benchèio avessi desiderio di vederlo,nonmiven ne mai fatto d'imbattermegli per via. Questariservatausanza,e'lnon averemaiinsegnato,fe cero sì, che poco si dilatasse la sua fama, e ch'ei passasse quasi sconosciuto. Quando il Serravalle mandommi le sue carte, credevo di trovarci copiose notizie,od almeno un frequente carteggio : m'ingannai :corrispondenze non mantenne,o non conservo ; più facilmente però non mantenne,perchè non ci sarebbe sta ta ragione di conservare alcune lettere, e di distruggere le altre.Nè ciòprovenne,aparermio,danoncuranza,ma da impossibilità; correndo tempi fieramente avversi ad ogni a c comunamento degli animi,pieni di paure e di sospetti.  3 Dueotrenomine diAccademie glivennero,chenoiab biamo trovate fra le sue carte,con una certa cura custodite: una ,a socio onorario dell'Accademia Valentini di Napoli ,che avevaaprotettoreilContediSiracusa,sottoladatadel4giu gno 1842;una seconda,a socio corrispondente della R. AC cademia de'Peloritani,sotto la data del 10 ottobre 1842 ;una terza,più tarda, ma non più celebre,a socio onorario della R. Società Economica della Provincia di Cosenza, sotto la data Ecco gli scarsi onori fatti ad uomo meritevole di maggior fama ! IlMittermaier,professore dell'Università diHeidelberg, scrivevaintantoall'ab.PietroMugna,cheavevavoltatoin italianoilsuolibro sulecondizioni d'Italia,quest'onore vole giudizio sul nostro filosofo : « Il genio della filosofia napoletana è la copiosa e fina a n a lisi dello spirito umano ,sempre unita a grande dovizia d'idee e ad una tendenza pratica.Qui appartengono le opere di Gal luppi,ediV. deGrazia,peculiarmente l'ultimadiquesto. Esaminando l'autore gli scritti de'suoipredecessori,anche de filosofi tedeschi,ed entrando in minute particolarità,(per esempio vol.II,pag.1-171)intorno a'varî pensamenti sul l'origine delle idee, seguesi con piacere nel suo ingegnoso sviluppo,e si ammira la sua fina analisi (per esempio vol.II, pag . 171 ) intorno alla natura delle conoscenze pure e cono scenze dimostrative ». Così scriveva il giureconsulto tedesco. L'opera del De Grazia,a cui egli alludeva,e che preferiva a quelle dello stesso Galluppi, era appunto il Saggio su la realtà della scienza u m a n a cominciato a pubblicare a N a poliil1839,efinitoil1842. Della importanza di quest'opera,e della mira che l'autore vi si prefisse, discorreremo ampiamente : per ora giova a v vertire, che gli stranieri avevano letto ed ammirato un libro che gl’Italiani di allora quasi ignoravano,e che i contempo r a n e i, per non far torto ai loro maggiori, continuano ad ignorare. Escludo da questo numero Ferri, che nelsuo Saggio sulla storia dellafilosofia in Italia lo riporta nel ca talogo dei libri filosofici (degnazione non piccola) ; guardan dosi,beninteso,di accennarne almeno lo scopo.Forse non lo aveva letto. IlDe Grazia passava ilpiù del suo tempo a Napoli, dove il Galluppi fin dal 1831 teneva la cattedra di filosofia nella  4. Università,ed attirava a sè la gioventù si per l'insegnamen to vivo, come per la popolarità de'suoi elementi .Al De G r a zia mancava l'una cosa e l'altra,perciò non gli riuscì di ave re seguaci. E che desiderasse farsene, l'ho raccolto da una lettera che gli scriveva Lorenzo Zaccaro il 3 marzo 1842 . Nel saggio medesimo da lui pubblicato le allusioni al Gallup pieranofrequenti;mavelate,esenzacitarlodinome.La fama del suo illustre concittadino turbava i suoi sonni ; ma all'emulazione non simescevanessunsenso d'invidia,e molto meno obblique a r t i per soppiantarlo. Tulelli anzi mi ha raccontato, che,vacando per la morte del Galluppi la cattedra della Università napolitana,al De Grazia non sarebbe stato difficile ottenerla,se l'avesse chiesta.M o stratagli questa agevolezza,eiricusò di chiederla,benchè la desiderasse,enon lonascondesse:offerta l'avrebbeaccettata; ma ilGovernonapoletanoparchenonlovedessedibuonoc chio . IlDe Grazia,intanto,alparidelGalluppi sieratenuto ap partato,nè si era mescolato nei rivolgimenti politici:entram bi,per usare una frase del Bonnet,s'erano fabbricato un ri tiro dentro il proprio cervello . Il Galluppi aveva visto le stra gi del 1799 ,gli spergiuri del 1821 , ed aveva continuato tranquillo le sue meditazioni : pubblica, in mezzo a que  rimescolio , i suoi elementi di filosofia. Il De Grazia non a vrebbe potuto, per l'età, prender parte ai casi del 1799;a vrebbe potuto il 1821 , m a nol fece : la filosofia civile e bat tagliera era finita col patibolo di Mario Pagano ; da indi in poi,nel mezzogiorno d'Italia,prevalsero le speculazioni soli tariefattene'penetrali dellacoscienzasubbiettiva.IlGioia ed il Romagnosi scontavano nello Spielberg il delitto di aver applicato l'ingegno alla Statistica,ed al Dritto pubblico :nel Napoletano,tra il 1799 ed il 1848, i filosofi furono esclu sivamente psicologi. Non so se bisogna far eccezione per quel Pasquale Borrelli, che,sotto lo pseudonimo di Pirro    Il 1848 trovavasi il De Grazia avanti negli anni,dedito da quasi cinque lustri agli studi filosofici, stimato, se non cele bre; adatto adunque a rappresentare decorosamente alla C a mera la sua provincia. Pare che questi numeri gli meritas sero isuffragî degli elettori politici,ed egli riuscì eletto con 5103 voti,terzo fra inove deputati della provincia di Catan zaro .L'esito gli fu comunicato il 7 maggio 1848 dal Presiden te Ignazio Larussa, valoroso giureconsulto ,e scelto Deputato anche lui,con queste parole: Tal verbale , nell'essere il mandato legale de poteri a Lei conferiti, è in pari tempo la testimonianza più luminosa del le Sue eminenti virtù ». Il De Grazia però non fece a tempo di saggiarsi nella vita politica : la mala fede del principe aiutata dalla inesperienza politica del popolo insanguinava le vie di Napoli e sgomentava naturalmente l'animo di chi era fatto per la quiete dello scrittoio,anzi che pei clamori e per le zuffe delle piazze . Il De Grazia, senza infamia e senza lod e , torna agl i studi. Lallebasque, scriveva aLugano laGenealogia del pensiero, e che quivi pare balestrato da contrario e prepotente de stino. Dopo lamorte delGalluppi,contro lacuifilosofiaaveva assiduamente armeggiato nel saggio,era nel mezzodì inval saquelladelRosmini edelGioberti,ed,oltreaquesteita liane, quella straniera dell'Ilegel: i due ultimi filosofi aveva no principalmente il sopravvento . Ciò dava molestia a lui, costante e schietto sostenitore della filosofia della sperienza. Se gli era parsa incauta e sdrucciolevole quella che il M a miani chiamava la riservatissima filosofia del Galluppi,è da immaginare quanti pericoli non temesse dalle ardite sintesi del Gioberti e dell’Hegel. In un volume raccolse adunque le critiche di questi sistemi, e di quello del francese Lamen nais,e pubblicollo il 1850.   Pur lodando l'impresa del De Grazia,il Padula non gli dis simulava però che la critica fatta dell'Hegel e del Gioberti era scarsa al bisogno : instava, che ci tornasse sopra,e che raddoppiasse i colpi ; sollecitava da ultimo il filosofo a p u b blicare la Filosofia del pensiero, opera dal De Grazia dovu ta accennare come in via di esser composta. Quest'opera pe rò non venne , nè la critica contro all'Hegel ed al Gioberti fu rinforzata: venne bensì fuora il Prospetto di filosofia ortodossa. L'autore fin dalle prime mosse era dovuto p a rere sospetto di sensualismo,e quindi pericoloso alle creden ze religiose:a lui l'appunto rincrebbe,e si risolse di scagio narsene . Divisò quindi invocare a soccorso la filosofia dell'A quinate, valido usbergo a proteggerlo dai colpi frateschi, ed amettere in salvo la pericolante ortodossia.IlProspetto, invero,piacquealcleronapoletano,piacqueaiGesuiti;ras sicurò l'autore medesimo,che doveva sentirsi in disagio. Padula,ilsolo,credo,cheleggesseallorailibri delDe Graziain Calabria, glibattevalemani da Acri, suo paesenativo.LeletteredelPadulailDeGraziaavevacon servate; gradito applauso in tanto silenzio.Il Padula però gli dipingeva iltrionfo delle idee giobertiane appresso la gioven tù calabrese, ed in una lettera segnata addi 1 del 1851 ,da Acri,gli scriveva,non senza un certo sgomento,così : « Sia comunque , l'epopea giobertiana ha sedotto molti let tori;ed io invano da due anni a questa parte mi vado adope rando a disingannarli. Altro frutto non colsi, che di essere chiamato bestia ». A tergo di una lettera del Padula c'è una bozza di risposta doveilDeGraziaraccontaleliete,enonsoseoneste,acco glienze fatte al suo ultimo libro dal Sanseverino.Ricopio le sue medesime parole: « Oltre l'articolo inserito nella Civiltà Cattolica , al quale accenna la sua pregiatissima lettera,un altro forse se ne pub blicherà nel Periodico la Scienza e la Fede. Eparmichean   8c h e il clero napolitano a b bia accolto con favore il mio piccolo lavoro ;ilche io debbo precipuamente alla imparzialità e dottrina del regio prof. Don Gaetano Sanseverino, profes sore di filosofia nel Seminario di Napoli, il quale ha una m e r i t a t a r i p utazione presso il clero anzi detto. È ben s ì indipendente d a t a l favore v o l e opinione il suffragio de ' redattori della Civiltà cattolica ». Ho detto di dubitare, che queste accoglienze fossero one s t e , quanto erano liet e . Il clero napoletano allora, e i Gesuiti specialmente miravano ascalzare la filosofia del Gioberti,a denigrarla,ametterla inmalavoce.IlGiobertifilosofonon era forse la secreta n:ira de'loro strali :tiravano al filosofo per colpire l'uomo politico : guerreggiavano la costui filosofia per vilipendere quel senso d'italianità che traspirava da tutte le pagine dell'illustre torinese. In quella che il Padula aveva chiamatal'epopeagiobertiana,lafilosofianonerasenonun e pisodio solo;e se gran parte de'giovani corse dietro ai pensamenti di Gioberti , vi cor  e s o spinta da quel caldo patriottismo, onde ilfilosofo aveva saputo ravvivarli.Igiovani hanno più sicuro,che non gliuomini fatti,ilpresentimento dell'avve nire. I Gesuiti se n'erano accorti, e festeggiavano l'opera del De Grazia,perchè vi trovavano un poderoso aiuto.Non dico che il De Grazia sospettasse le riposte intenzioni de'suoi lo datori; egli accettava la lode, perché la credeva di buona fe de.Nell'annunzio che ne dà al Padula,e che noi abbiamo ri ferito,c'è la ingenuità, e direi quasi ilcandore di un fanciul lo che non ha pratica del mondo . Ecco ora l'intonazione dell'articolo della Civiltà cattolica : ne cito solo il primo periodo: ex ungue leonem . « Lode al cielo !Mentre tanti italianissimi fanno di tutto per intedescare la filosofia italiana, intenebrandola colle lar ve di quell'Assoluto che sfuma nel vacuo del possibile,e colla nullità di una logica che teorizza la contraddizione, sorge all'estremità d'Italia , nella patria degli Archita, dei Zenoni ,    dei Campanella, dei Galluppi un ingegno sdegnoso di tale schiavitù, che tenta richiamare gli Italiani a pensamenti meno aerei spezzando gli idoli adorati oggidì dalla filosofia eterodossa, e congiungendo l'osservazione di fatto colla ge neralità delle idee ». Qui la frecciata va agli hegeliani ; e'l contrapposto fra ita lianissimi e tedescanti non poteva essere più abilmente, o più gesuiticamente messo in rilievo : non basta però a colo rire intero il disegno dell'articolista, ed ecco un 'altra frec ciata,che mira più addentro. «Oh questosì,chepotràdirsiunverorinnovamentodifi losofiaitalica!enegode l'animo dipotervaticinarealch. A. esito migliore e maggior riconoscenza per parte dei suoi concittadini , di quella che sperar possono certi rinnovamenti di filosofia italica, i quali tentano di risuscitare i sogni di Pitagora e di Zenone per fingersi Italiani, mentre in verità altro non sono che triste imitazioni del protestantesimo te desco,o dell'eccletismo francese. Mentre costoro per dare lo scambio agli Italiani vanno nella Magnagrecia ad invocare la Pitonessa,perchè risusciti dalla tomba iprofeti del paga nesimo,all'estremità della Magnagrecia presso la calla del cattolico Galluppi la Provvidenza fa sorgere un ingegno sin golare, che passando dalla milizia alla Scuola sembra con trapporsi al Renato ,che abbandonò la milizia per combattere la Scuola ». FinquiilGesuita.Ordunque,notoio,quandosivuolfi losofare alla tedesca , l'Italia è la patria degli Archita , e dei Zenoni,e non istà bene curvarsi a gioghi stranieri: quando poi sirisale a Pitagora,ch'era stato modello adArchita,ed allo stesso Zenone da voi indicato,ecco che questi diventano a un tratto profeti del paganesimo : potremo sapere a quali filosofi bisogna ricorrere per aver il vostro pieno beneplaci to,padre reverendo ?  - « La lettura della bella sua opera mi fa sentire anche più la perdita che io ho fatta;e che sarebbe per me irreparabile se non mi riuscisse di vederla nelle poche ore che passerò in Napoli prima di ripartire per R o m a . Se in tale occasione p o tessiriceverel'onorediunasuavisita,mi stimereifelicedi conoscere il Ristoratore della filosofia ortodossa ». Mi son fermato su questi giudizî,perchè qualcuno ne ave va indotto,aver ilDe Grazia nell'ultima opera cangiato via, ed essersiaccostato alTomismo.IlDe Grazia,qui come nel Saggio,rimane saldo nella sua dottrina sperimentale: se di fetto v'ha in lui, è la ripetizione quasi puntuale delle m e d e sime idee,e delle medesime parole stemperata in molti volu mi;ma cangiamenti non glisipossono imputare.Quel che si trova dippiù nel Prospetto di filosofia ortodossa è lo sforzo di far parere tomistica la sua filosofia. Perchè ciò gli pre messe,non indovino : era per tranquillità della propria co scienza ? era per capacitare gli altri ? era per aver dalla sua il clero, e col mezzo di questa cooperazione diffondere la sua dottrina ? nol saprei dire: certo la sua filosofia rimase quasi sconosciuta, nè le lodi del clero napoletano e de'gesuiti le valsero allora, e forse le nocquero più tardi : successe di lei ciò ch'era succeduto di un teatro da lui disegnato,e costruito a Cosenza ; il quale fu disfatto per impiantarvi un collegio di gesuiti. Ma lasciamolo làil Gesuita,che non siaccorge,quanto la filosofia del De Grazia possa arrecar di nocumento alla sua fede:ilcritico non va a cercare tanto per lo sottile,e siap paga dell'autorità di san Tommaso ,e del titolo del libro:più inlànonvede.NèpiùinlàvideilP.Taparelli,contuttala fama di dotto, perchè in una lettera scritta al nostro De G r a zia da Sorrento,in data del 12 agosto 1852,lo salutava,senz'altro, ristoratore della filosofia ortodossa. Il De Grazia, saputolo a Napoli , era stato a fargli visita : non lo aveva trovato , e d il Taparelli , i n f o r m a t o n e , gli aveva scritto così.   Meritava egli quest'obblio? Certo che no ; e noi ci studie remo didimostrarlo,facendouna rapidaesposizionedellesue dottrine contenute ne'libri finora accennati. E primadi tutto: qualieranolecondizionifilosofichedelle provincie meridionali , quando egli diessi a filosofare ? Quale fine si propose egli ? Quali mezzi aveva sotto mano ? Queste notizie sono indispensabili per valutare equamente il risulta to delle sue ricerche . Vincenzo de Grazia aveva avuto una coltura matematica ; e, come porta questa coltura, il suo spirito ne aveva attinto un bisogno di dimostrazioni rigorose,ed un'avversione alle conclusioni frettolose, ed alle sintesi arrischiate. Da parec chie testimonianze si raccoglie,ch'ei diessi alla filosofia sui quarant'anni, quando già la fantasia è manco vivace pur n e gli u o m i n i c h e p i ù n e a b b o n d a n o . E l ' e d u c a zion e a d u n q u e e l'età lo attiravano per quella via piana e sicura, dove un pie de va innanzi l'altro, senza intoppi, e senza bisogno di salti. Nel 1825,quando all'incirca eisimise afilosofare, ilGal luppi aveva lastricato quella via, ed additatala ai suoi con cittadini.La filosofia sperimentale era in voga. Erainvoga,ma lestavasempre difronte,temutaavver saria,quella filosofia che rivendicava all'attività dello spiri to un'attività produttrice ed indipendente, benchè sotto v a rie forme. Il Locke nel secolo diciassettesimo aveva combat tuto l'Innatismo cartesiano,ma era stato alla sua volta com battuto da Leibniz :l'Innatismo ricompariva sotto altro aspet to.Non dicogiàchelefiguresianobell'edisegnatenelmar mo,dicevaLeibniz;ma ilmarmo nonèperòliscioeschiet to,c'èuna certavenatura,che messa inrisalto siaccosta as sai alle linee che ti occorrono a figurarle. Stefano Bonnot di  11 Il De Grazia mori a Napoli, quasii gnorato : era attorno ad altri lavori , fra i quali un'Estetica, eleIstituzionidifilosofia;ma diquestimanoscrittiforsela sciati a Napoli non si è potuto avere nessuna notizia.   Condillac ripigliava l'impresa del filosofo di Wrington , e non c o n t e n t o d i d i v o l g a r l o t a l e q u a l e , c o m e a v e v a f a t t o il V o l t a i r e , lo semplificava,lo facilitava,sicchè la sola sensazione faceva a lui quell'ufficio, pel quale al Locke erano occorsi due coef ficienti : la riflessione del filosofo inglese era sbandita come soverchia.IlCondillacaveva,come suolesuccedere,comincia to con ricalcare fedelmente le orme di Locke , poi aveva ri fatto a modo suo : e la sua semplicità maravigliosa piacque in Francia più della circospetta indagine del filosofo inglese. Onde,morto luiil1780,ilsuofilosofarecontinuò,inter r o t t o a p p e n a d a l l o s t r e p i t o d e l l a r i v o l u z i o n e ,c h e t e n n e d i e t r o allasuamorte.Cessato,difatti,ilterrore del1793,l'anno appressoicondillachianiriapparveropadronidelcampo filo sofico,edebberoinmanolaScuolanormale,el'Istituto,che allora sorgeva per Decreto della Convenzione attuato dal Di rettorio.Questo gruppo detto degl'Ideologi contava nomi ce l e b r i : C a b a n i s il f i s i o l o g o d e l l a s c u o l a , T r a c y l ' i d e o l o g o p r o priamentedetto,Volney ilmoralista,Garatprofessorealla scuola normale e difensore del sistema ; e poi con loro altri che dipoi deviarono,chi più chi meno ,ma che allora stavano p e r la m e d e s i m a d o t t r i n a : il M a i n e d e B i r a n , il D e G e r a n d o , ilLa Romiguière. Nel decennio corso fra la cessazione del terrore e la fon dazionedell'Impero,dal1794 al1804,questogruppodiva lentuomini si adunava nei giardini di Auteuil, e l'amicizia deglianimi siaccoppiava ne'loro convegni allaconcordia delle dottrine . Sotto l'Impero , il cielo per loro si annuvolo . Tutti sanno il dispregio in cui il primo Napoleone teneva l'I deologia;nontuttinesannoilmotivo.Napoleonenon l'odia va tanto come dottrina,quanto come partito. IlCabanis,ilVolney,ilGarat,ilDeTracy,cheavevan visto di buon occhio il Nettuno che placava le onde tempe stose della rivoluzione, non furono più contenti, quando lo videro troneggiare da Giove . Gli tennero il broncio , ed ei si  12   vendicò nel rimpastare l'Istituto,scartando la sezione delle scienze morali, e destituendo l'Ideologia, secondo la frase del Damiron . Il Villemain racconta gli scoppi della collera napoleonicacontro quegl'innocenti ideologhi,che poinon lameritavano davvero.All'Ideologia Napoleone imputava di scandagliare le fondamenta dello Stato col fine di scalzarle. Vera o falsa che fosse l'accusa,l'Ideologia ne scapitd, alme no perdendo la veste di filosofia ufficiale, e lo spiritualismo, chenespiavalemosse,lasoppiantonellascuolanormale, dove ilRoyer Collard l'introduceva il1811. Seguace del keid,questo eloquente filosofo seppe vincere la preoccupazio ne invalsa, che filosofare liberamente non si potesse fuori della Ideologia;e che quindi o bisognava accettare lo spirito teologico del De Maistre, o schierarsi tra gl'ideologi con a c a p o il T r a c y . C o l R o y e r C o l l a r d l ' a l t e r n a t i v a f u e v i t a t a , e d inaugurata la nuova scuola filosofica della Francia , quella ch'è stata da indi in poi sempre al potere col Cousin ,col R é musat, col Barthélémy de Saint Hilaire, col Waddington , colSimon. In Italia lo spiritualismo ,rinfiancato dall'eccletismo cousi njano,benchè tradotto dal Galluppi,non fece fortuna: gl’Ita liani o tennero la via degl'ideologi, o se ne scostarono per ben altra filosofia, che non fosse l'eccletismo. Più che la filosofia del senso comune proposta dal Reid per fronteggiare lo scetticismo di Davide Hume ,ed accettata dal Royer -Collard per combattere l'Ideologia,diè da pensare agl'I talianilafilosofiatrascendentale di Emanuele Kant.IlGal luppi se ne mostrava profondo conoscitore fin dal 1819, quando incominciava la pubblicazione del Saggio su la cono scenza umana ;sebbene avesse dovuto studiarla nelle scarse e s p o s i z i o n i d e l V i l l e r s . P i ù t a r d i s o l t a n t o , il 1 8 2 1 , t r a d u c e v a laCriticainitalianoilMantovani;ma PirroLallebasque,il 1824,era in grado di studiarla su l'originale, come dimo stra di saper fare nella esposizione che ne dà nella sua Intro  13   duzione alla filosofia del pensiero : caso degno di nota per quel tempo, quando nè la lingua,né la filosofia tedesca era no divolgate, come oggidì, non dico in Italia, ma neppure nella rimanente Europa . Leduevieaperte,daindiinquà,furonoadunque,almeno p e r n o i , q u e s t e d u e : il s e n s i s m o , e d il c r i t i c i s m o . T r a q u e s t e cercava di aprirsi un varco intermedio il Galluppi ; al sensi smopropendeva ilBorrelli,alcriticismo ilColecchi.Pa squale Borrelli scriveva e stampava a Lugano, quasi con temporaneamente al Galluppi, ch'ei conosceva però soltanto di nome .Ottavio Colecchi insegnava pure in quel torno,ma le sue questioni filosofiche non furono pubblicate, se non il 1843. Che ilDe Grazia non abbia quindi conosciuto gli scritti del Colecchi , è certo ; del Borrelli si può dubitare, benchè a certi segni,che appresso additeremo, si possa credere di averne avuto sott'occhio le opere .Indubitato è però che siasi formato sul Galluppi,e che siasi prefisso di camminare su la via dischiusa dal suo gran concittadino, evitando gli svia menti ,in cui l'altro era incorso ,e tirando più dritto alla meta . Più dritto e difilato procedette in realtà;ma verso dove ? ParvealDeGraziacheilGalluppi,scambiodifondarelafi losofia della sperienza, come si era proposto, per incaute concessioni al Kantismo,era finito con darsegli in preda. Cotesto sviamento ei combatté a tutt'oltranza ne'primi libri, come nell'ultimo;primacopertamente,esenzapronunziarne ilnome,poiallasvelata.Onde amenonpiccolasorpresaha cagionato il giudizio di certi nostri storici e critici ad orec chio,iqualiconfondonoilGalluppicolDeGrazia,comese professassero la medesima dottrina. Capisco che iltitolo, c o m u n e a d e n t r a m b i , di filosofia s p e r i m e n t a l e , h a p o t u t o t r a r reinerroreiprelodatigiudici;ecompatirei losbaglio,s'ei fossero dilettanti;ma è da condannare severamente in loro, che si danno l'aria di scrivere storie e critiche, senza leg gere neppure ilibri istoriati e criticati.  14   15 TornooraalDeGrazia.Perdimostrareilprocessostori co de'due opposti avviamenti, ei ricorre alla sorgiva :rifà quindi la storia de sistemi filosofici moderni,ed ammaestra to dagli errori altrui ripropone il problema, e si accinge a risolverlo. Anche qui l'influenza del Galluppi è manifesta, avendo questi pel primo rimesso in onore appresso di noi la storia della filosofia, e dato il più lucido esempio d'innestare le ricerche proprie con le indagini fatte prima da altri sul m e d e s i m o s o g g e t t o : il D e G r a z i a t u t t a v i a r i t e s s e l a m e d e s i m a storia con altro intendimento ;perciò la sua non è ripetizione di quella fatta dal Galluppi, e vale il pregio di essere esposta e conosciuta in disparte. II. La filosofia pel De Grazia si aggira sul problema della scien zaumana,nèpiùnémeno,chepelGalluppi:iltitolodelle due opere capitali scritte dai due filosofi calabresi accusa la medesima intenzione.Il Galluppi scriveva il Saggio plosofi co su la critica della conoscenza ; il De Grazia, il saggio su la realtà della scienza umana . Questa similitudine ha tratto in errore alcuni storiografi dafrontispizî,perchè dallaintestazionesono corsi,senz'al t r o , a d a s s e r i r e c h e il G a l l u p p i e d il D e G r a z i a p r o f e s s a n o l a medesima dottrina.Se non che,questa volta l'hanno sba gliata ; chè se il problema è lo stesso in entrambi , la solu zione è diversa non solo,ma opposta.Il De Grazia scrisse col manifesto divisamento di combattere la soluzione gallup piana. Già nella stessa intestazione il filosofo di Mesuraca accenna a questo punto capitale del suo Saggio , ch'è la real tà della scienza,compromessa,a parer suo, dalla spiegazio ne accettata dal filosofo di Tropea. Ma seguiamo ilprocesso storico delproblema,com'è espo sto dal De Grazia. IlGalluppi aveva dato l'esempio di accoppiare alla sua    Ancora non gli eran potute essere note le tre epoche di stinte da Augusto Comte , che par di non aver conosciuto n e p pure dopo,egiàeglitripartiscelastoriadellafilosofia,aun di presso,con un criterio analogo a quello del filosofo francese. Nella prima epoca la ragione,baldanzosa per inesperta gioventù,silibra a volo,e tenta costruzioni metafisiche, te nendo scarsissimo conto della scienza principale,e facendo ne quasi un'appendice delle sue fantastiche cosmogonie. Nella seconda,ella piglia per verità le mosse dal proble madelconoscere;matostoloabbandona,sedottadallame tafisica. Nella terza,la ragione rinsavita si propone chiaro il suo cômpito,ed'altronon sibriga;senon che,pur nelle solu zioni del problema conoscitivo,di quando in quando,fa capo lino ilrazionalismo. Insomma l'esosa metafisica,lo scapestrato razionalismo s o n o p e r D e G r a z i a il v e r o o s t a c o l o , c h e n o n l a s c i a p a s s a r l a vera scienza per la sua via. Alle tre epoche egli assegna questi intervalli di tempo:la prima si stende dai primi abbozzi ionici fino a Socrate, il fondatore della definizione,e de'ragionamenti d'induzione ; la seconda da Platone e da Aristotele corre fino a Locke ; in terrotta qua e là dai tentativi del Galilei, del Bacone,e del Des Cartes;laterzaduraancora,edènelmeglio delle sue conquiste.  16- dottrina la genesi storica del problema da lui riproposto ; e sirifàdaCartesioaquestaparte,daCartesiocheperluiè il padre della filosofia moderna .Il De Grazia risale più in su , fino ai primordî della filosofia greca , senza perder d'occhio p e r ò il p r o b l e m a d e l l a s c i e n z a . Il s u o c r i t e r i o s t o r i c o è s e m plicissimo:v'èduefilosofie,una che ritienel'osservazione de'sensi,un'altra che l'impugna;e quest'ultima, comechè si argomenti di ricostruire la impugnata testimonianza,m e ritasempreilnome dirazionalismo.   È mestieri,diceilDe Grazia,distaccardeltutto leme tafisiche speculazioni dalla scienza del pensiero,per forzar la ragione al metodo di pura osservazione ». La ragione,secondo lui, ha una tendenza precisamente contraria; ingegnandosi di rimenare all'ordine a priori quel chetrovasidatodainduzione.È necessario adunque che la filosofia n e infreni l' i m p e t o , e n e m o d e r i la foga ; e , p e r n o n esserviriuscitaancora,lametafisica èrimastastazionaria, piena zeppa di ambiziose vedute, non avvalorate da'fatti. «Positivoprogresso dellafilosofiad'oggidì è quello di es sersiridottelericerchemetafisiche,cheuntempo formava no la sterile ricchezza degli scritti filosofici ». L a s t e s s a a v v e r s i o n e h a il D e G r a z i a p e r l o s p i r i t o t e o l o g i c o . « L'intervento divino nella spiegazione de'fenomeni na turali vale quanto la macchina nello scioglimento del nodo diuna tragedia.Perocchè è ben facile espediente ilriporta re ad una causa sovrannaturale quegli effetti, che non siè saputo ricondurre alle cause naturali ». Soggiunge innotaunariserva,èvero;dichiaradinon v o l e r i m p u g n a r e i m i r a c o l i : il p u n t o p r i n c i p a l e n o n è m e n saldo però,l'esclusione loro dalla scienza. QuiilDe Grazia,siacheloconoscesse,oche s'incontras se col Comte , si mostra cosi aperto avversario dell'interven todivino,come delleipotesimetafisiche:teologia,erazio nalismo sviano dalla vera scienza. Il tradizionale metodo della filosofia telesiana rivive dopo tresecolinelDeGrazia:fondamentodellascienzaèlasolaos servazione;e nondimeno riserva di ossequio verso l'autorità religiosa,da parte degli autori. IlDeGrazia rivolgeaifenomeni delpensiero quella os servazione, che il Telesio aveva rivolto a'fenomeni naturali. Ilmetodo ch'ei si traccia,e che si studia di seguire,è il se guente:osservare ifenomeni primitivi,ridurli finoagli ele menti irreducibili.  17 3    «La filosofiaintellettuale,eidice,dopoaverriconosciuto i fatti attuali di coscienza dee saggiar di risalire di riduzio ne in riduzione al fatto primitivo,alla pura veduta intellet Quali sono i fenomeni primitivi del pensiero a cui si fer ma?Sono tre,lasensazione,ilgiudizio,ilvolere;quindi tre parti principali della filosofia,Estetica,Logica,Etica. Lasciando di vedere se questi tre sono proprio i fenomeni irreducibili,certo è però che ilmetodo da lui seguito è pre cisamente quello tenuto dalle scienze esatte.L'autore non dissimula il bisogno da lui sentito di applicare alla filosofia ilmetodo dellematematiche,allequali s'era da prima ad detto, e dal cui studio deriva in gran parte il riscontro che si può scorgere tra la sua filosofia e quella che nel torno m e desimo si coltivava in Francia sotto il nome di filosofia po sitiva. « E p p u r e , e s c l a m a il D e G r a z i a , n o n v ' è c h i p a s s a n d o d a l la evidenza delle matematiche alle ricerche filosofiche non senta irrequieto ilbisogno di sortir fuori delle incertezze, in cui vede implicato il sistema della scienza ». Come dalla semplice osservazione lo spirito possa solle v a r s i a l l a r i d u z i o n e s c i e n t i f i c a d e ' f e n o m e n i , il D e G r a z i a d e scrive in modo molto preciso;e tale che merita esser riferi to con le sue stesse parole. « Ma l'esperienza non è l'osservazione empirica,che si arresta a'fenomeni isolati.Ilmetodo sperimentale sigiova dituttiinostrimezziperiscovrirelaconnessione de'feno meni;del ragionamento astratto,della induzione,delle spe rienze artifiziali, delle ipotesi.Con sì varî mezzi la fisica la vora alle classificazioni de'fenomeni esterni,a ridurre i fe nomeni particolari a'generali,a rilevare dal corso della na tura le sue leggi,cioè le costanti condizioni de'fenomeni,le une costanti e permanenti , le altre costanti nel cangiar dei fenomeni. In tal divisamento non mira soltanto a minorar  tuale ».   l'ignoto,che resta limitato a'fenomeni irreducibili, ma ad uno scopo più positivo,a quello diprevenir l'esperienza,e somministrar così preziosi materiali a tutte le arti ». C h i r i c o r d a il m o t t o d e l C o m t e : « s a v o i r c ' e s t p r é v o i r » r i conoscerà di leggieri il riscontro de due filosofi. Nè risalta meno la comune mira di ridurre i fenomeni fino all'estremo limite, affine di minorare l'ignoto . Trasportandoorailmetodotestedescritto alleinvestiga zioni filosofiche, il De Grazia procede cosi ; osserva , cioè, i fatti della coscienza,qual'è attualmente, e di riduzione in riduzione risale finoaiprimielementi,ond'ellaèstata ge nerata.Eglistessoformolailsuoproblemainquesti termi ni:«coimezzichesonoinnostropotere,ritrovarlagene razione delle verità,di cui siamo in possesso ». Questo metodo ei lo chiama genealogico; e la parola ed il concetto sitrovano inun altro filosofo italiano,noto alDe Grazia,in Pasquale Borelli,che intitolò lasua filosofia,Prin cipii della genealogia delpensiero.Fino a che punto s'ac cordino nel loro intento,toccheremo appresso :qui basta n o tare,chelafilosofiavera,lafilosofiaseriapelDeGrazia co mincia con quest'analisi minuta degli elementi primi del pensiero.Dimodochè sebbene ei lodi Aristotele di aver a m messo la realtà delle idee universali,e più ancora di essersi fondato sul senso,nondimeno,poiché lo Stagirita vi arrivo quasi di lancio,e per un'affrettata generalizzazione,il n o strofilosofononripiglialaverastoriadalui.Ilprimo sag gio genealogico del pensiero sembra a lui,essere stato il Saggiosul'intellettoumano diLocke,chepure ilGalluppi chiamava immortale. QuelSaggio,cadutopoi indiscredito,ebbe una meritata rinomanza;elafamafupiùfondatadeldiscredito.La filo sofia inglese mette capo tutta quanta in esso ; la francese del secolotrascorso nederivò;allatedesca,iniziatadalKant, d i è il p r i m o u r t o p e r m e z z o d i H u m e . O g g i d i , a p p r e s s o d i n o i  19   Il principal merito del filosofo di Wrington era agli occhi del De Grazia quello di aver combattuto ad oltranza le idee innate.Ritenere tutte,o alcune idee per innate,porta ne cessariamente per conseguenza di non ricercarne l'origine; e quindi impedisce il progresso della filosofia, che tutta si dee travagliare attorno a questa ricerca.Cartesio e Leibniz, chesicredonodiaverleammesse,inrealtàleritenneroco me semplici disposizioni ;e fu per colpa di una improprietà dilinguaggio ses'imputòalorodiaverleaccettate.E qui dava una toccatina alGalluppi. Ma ilsistemalockiano,nelrintracciarelagenealogia del pensiero, omise moltissimi atti mentali che vi concorrono ; ed era omissione scusabile in un primo tentativo,ed in ri cerca cotanto complessa.Locke diè,per dir così,una for mola generale,allaqualeeranoapplicabilipiùvalori:Con dillac si avvisa di darle un valore preciso ; ma precisando, disvia.Locke,difatti,aveva riconosciute due sorgenti delle nostre idee,la sensazione,e la riflessione:quest'ultima non era ben definita,erauna funzione che accoglieva un po'di tutto,giudizio,astrazione,ragionamento,volontà,era in definita,siconfondeva con lacoscienza:Condillac dà un va  - 20 - sièpiùgiustiversodelmodesto,delsincero,del pazientis simo Locke ; smessi i superbi fastidî delle sintesi frettolose: al tempo che scriveva il De Grazia le invettive giobertiane erano accolte senza molti scrupoli ; ed al filosofo calabrese f u g l o r i a n o n e s s e r s e n e l a s c i a t o s m u o v e r e . Il G a l l u p p i , c o m e abbiamo visto,lo aveva pregiato assai,ma i consigli del buon vecchio cominciavano ad aver poca presa su gli animi de'giovani.Fuori d'Italia l'Herbart faceva tanta stima del Saggio lockiano,che al Consigliere Clemens,il quale lo ri chiedeva intorno alla filosofia da insegnare ne’ginnasi, riso lutamente rispondeva : dal maestro di filosofia ne'ginnasi anzi tutto ed assolutamente richiederei che avesse letto Locke .  lore preciso , riduce tutto alla sensazione , o semplice , o t r a sformata : sentire è giudicare. IlDe Grazia,come abbiamo visto,fa della sensazione e del giudizio due fenomeni irreducibili ; egli non può dunque nè contentarsi dell'ambiguità della riflessione lockiana, ne moltomeno dellasemplicitàdellasensazionecondillachiana. All'osservazione de'fatti gli pare che il Condillac abbia sosti tuito la tortura del fare sistematico . Gran merito di Kant è quello di avere scorto l'importanza del giudizio,di questo fenomeno irreducibile,stato dal Con dillac confuso con la sensazione. Pel filosofo di Koenisberg gli ultimi elementi delle nostre idee sono da una parte le sensazioni,dall'altraigiudizî:idueelementi appunto che al nostro filosofo paiono indispensabili alla soluzione del p r o blemachesièproposto. Ma con questo gran merito egli imputa al Kant una gran colpa,la soggettività de’rapporti; vizio che gli sembra infet tare la filosofia contemporanea. L a s o g g e t t i v i t à d i K a n t p e r ò , e d il D e G r a z i a n e c o n v i e n e , fu una necessità storica. Locke aveva detto che tutte le n o stre idee nascono dalla sperienza,e che un'idea originale semplice non può derivare quindi da un ragionamento : H u meaccettòlepremesse,econtinuò:mal'ideadicausanon ܚ.ܝ 21- Per lui,come per d'Alembert,lafacoltà distintiva dell'es sere attivo e intelligente,è quella di poter dare un senso al la parola è:ora il Condillac questa distinzione l'ha distrutta. ; i J tà el Seelementisoggettivi,eglinota,simesconoco'dati spe rimentali,in taleipotesinon conosceremmo quel ch'è nel fattoosservato,ma quelcheciapparisce esservi;talchese spogliamo ilfattodiciòch'ènostraproprietà,lanostraco noscenza svanisce.Si vuol che siano elementi soggettivi le ideedispazio,ditempo,disostanza,dicausa?Togliete via dunque dagli oggetti esterni e dal proprio essere siffatti ele menti;e la scienza della natura,e dello spirito è distrutta »,   può derivare dalla sperienza ;dunque non c'è.Cosi tutta la scienza della natura andava in aria,e Reid sirifugiò nel sen so comune ,in una credenza irresistibile,istintiva:Kant a m mise degli elementi aggiunti dall'attività dello spirito. IlDe Grazia nota con molto accorgimento,che in sostan zailsensocomune,dicuitantosicompiacciono certi filo sofi anche oggidi,non salva nulla;che per giunta è pieno di contraddizioni,perchè introduce classificazioni e distinzioni arbitrarie,mentre si era prefisso di accettare le comuni cre denzetaliqualisitrovanonellacoscienzavolgare;che tra Reid e Kant,per ciò che riguarda la realtà della scienza, nonc'èpuntodidivario. «Kantnellospiegareilfenomenolosfigura,elascia sco vrireildubbio:lascuolascozzesetieneoccultato ildubbio perchè non imprende la spiegazione del fenomeno .... È BravoilDeGrazia!Eglinonsilasciaappagaredallepa role,e civedebenaddentro;esel'haconKant,saperò rendergli giustizia,nè condannando lui,assolve quelli che sono intinti della stessa pece. Ed ora viene ilbuono.Nella dottrina kantiana ei capisce subito, che non il numero degli elementi soggettivi aggiunti dallo spirito,ma l'aggiunzione sola,quanta che fosse, era sufficiente a compromettere la realtà della scienza umana . Certi nuovi critici,che in filosofia credono poter servirsi dellastadera,han detto,peresempio:ilKantammette in tuizionipure,categorie edidee,tutte apriori,ilGalluppi, invece, appena appena dà per soggettivi i due rapporti d'i dentità e di diversità,dunque è lampante ch'ei sian discosti le mille miglia uno dall'altro.  sta dunque la differenza, in quanto alla realtà delle nostre conoscenze , tra il proscritto sistema kantiano, e la favorita dottrina della scuola di Reid !> que IlDe Grazia scrive così:«basta ilsupporre una pura ve duta dello spirito il solo rapporto d'identità e di diversità,   ·23 rapporto fondamentale delle nostre conoscenze , per ricadere nel realismo empirico del sistema kantiano ».(Saggio etc. Vol.2,pag.160 - Napoli 1839). Nè contentoacid,altroverincalzalasuaosservazione in questi termini: « M e t t i a m o o r a i n d i s p a r t e il s i s t e m a k a n t i a n o ; c a n g i a m o la sua ripartizione tra gli elementi soggettivi e gli oggettivi accordando più largamente alla sperienza ; o anche tutte le idee diciamole derivate dalla sperienza,e riteniamo bensi solamente che non sono condizioni oggettive i rapporti a n zidetti appresi tra le sensazioni ; noi ricadiamo apertamen te nel realismo empirico della filosofia critica ». (Vol. 3, p.367). Pel De Grazia il kantismo consisteva nell'applicazione di elementi soggettivi alle sensazioni:dovunque riscontra que sto medesimo processo ei riconosce ritenuto il fondamento della filosofia kantiana. Ei si maraviglia anzi che gli altri non siansi accorti di questa medesimezza. « La storia nota a stupore della posterità,che i filosofi tutti hanno accusato d'idealismo il sistema kantiano, e che niuno aveva avvertito, l'idealismo esser nella supposta n a tura soggettiva delle idee di rapporto ».(Vol.4,pag.512). Quale sarebbe stata la maraviglia del De Grazia,se avesse vistoche,quando ebbenotatacotestasomiglianzaloSpaven ta,controluigridaronotutteleoche,vigili sentinelledella rocca filosofica. Parve denigrazione della filosofia italiana, quella ch'era critica aggiustata e seria:parve così a coloro, iquali se ne predicavano sostenitori,quando non l'avevano studiata,e forse neppure letta. Ma torniamo al De Grazia. Ei non cita il Galluppi in tutto quanto il Saggio, se non una volta sola ; egli però scrive il libro per combattere la dottrina del suo gran concittadino,che glipareva derivata a dirittura da quella di Kant.Che però miri al Galluppi, ap    parisce da un'apposita nota,che aggiunge a pag.239 del 4° vol.delsuoSaggio. « La dottrina degli elementi soggettivi,ei dice,è stata da noi detta soggettivismo per denotarla qual vizio radicale del metodo filosofico.Puòanche dirsiformalismo,riferendosi alleformepure diKant,che sono gli elementi soggettivi. Noi abbiamo preferito finora la prima espressione per la c o n siderazione, che nelle dottrine attualmente in vigore si abbraccia l'ipotesi degli elementi soggettivi,e non vi si parla di forme. E siccome credono alcuni di non incorrere nell'idealismo di Kant,tuttochè adottano quella ipotesi;noi nel combatterla sotto qualunque aspetto,dovevamo ritenere il nome or generalmente adottato, quello di elementi sogget tivi.Se cifossimoinvecediretticontro ilformalismo, po teasi credere che prendevamo di mira il solo sistema kantia no.Insostanza,ladistinzionedimateriaediformaintal sistema serve a render più potente l'idealismo,che si rac chiude nella dottrina degli elementi soggettivi.Quindi si son messe in disparte le forme kantiane, e si sono adottati gli elementi soggettivi che Kant appello forme. Ecco come da taluni si è creduto evitare l'idealismo k a n tiano !» Pel De Grazia adunque il divario fra Kant e Galluppi, ed anche tra Kant e Rosmini,come vedremo appresso, era più dinomeched'altro.Checosanediràilprof.Acri?checo sa ne diranno tutti quei ciarlatani grandi e piccini,che sen zaaverlettoneppureifrontispizîdelleopereche citano,lo mitriarono vindice della filosofia italiana ? Ai ciarlatani è inutile rivolgere nessuna domanda;al pro fessore Acri domando che cosa voleva dire,quando scrisse a proposito del Galluppi il seguente giudizio ricavato dal De Grazia .  24 « Ma perciò che Galluppi e Kant affermano tutt'e due che questeidee(identitàediversità)sono soggettive es'accor   dano nelleparole,ne vuoi dedurre che Galluppi sia kantia n o ? Il t u o a r g o m e n t o s a r e b b e q u e s t o n è p i ù n é m e n o : q u e l l ' a n i m a l e lì è c a n e ; q u e l l a c o s t e l l a z i o n e lì è c a n e : q u e l l o a b baia;dunque quell'altra deve pure abbaiare.Se si considera ilpensiero delGalluppi su questo argomento,quantunque non molto lucido e netto, come ha notato quel nostro De Graziadegnodimaggiorfama,sivedesubitochel'idea diidentitàhavaloreoggettivoereale,perchènasce dall'i dentità reale dell'io come cosa,non altrimenti che l'idea di unità ».(Acri,Critica etc.p.31). Quando lessi questa scappata dell'Acri,mi misi a ridere: tralasciai pero di tenerne conto nella risposta che gli feci, non volendo entrare nella esposizione del De Grazia,che sa pevodidovere scriveredopo:eccomioraapoternefartoc care con mano la falsità. Stando all'Acri,adunque,quel nostro De Grazia aveva notato benissimo che per Galluppi le idee di identità e di di versitàerano oggettive;chesoltantonellaespressioneave va questi mancato di lucidezza. HailprofessoreAcrilettodavveroilSaggio delDeGra zia?Iocredo,edebbocrederedino,perchè intutt'iquat tro volumi,quel nostro valoroso concittadino d'altro non biasimailGalluppi,pursenzacitarlodinome,che diaver accettato dal kantismo la soggettività de'rapporti, segnata mente poi di questi due d'identità e di diversità.  - 25 Ilprof.Acri,seavesselettoillibro,non sarebbeuscitoin quella citazione,inesatta non solo,ma assurda ;chi pensi, che ilDe Grazia ad altro fine non scrisse,che a rilevare la medesimezza de'risultati, per rispetto alla realtà della n o stra scienza,si delle forme kantiane,come degli elementi soggettividelGalluppi.Capiscocheilprof.Acri potevafar a fidanza con l'ignoranza assoluta de'suoi ammiratori in fatto di storia della filosofia,ma egli non doveva contare per niente,dunque,neppure isuoi contraddittori?   Padronissimo di creder lui,che que'rapporti pel Galluppi sianooggettivi,ma perchèvolertiraredallasuaancheilDe Grazia,che tuttalavitascrisseappunto per dimostrare il contrario?È un po'troppo,parmi. Finchè visse ilGalluppi,ilDe Grazia non riflni dal com batterneladottrina,congrandeinsistenzaforse,delche si scusava;ma con profondaconvinzione,edopo averne lunga mente ponderato quelli che a lui parevano inconvenienti gravissimi.Nol nominò però mai,altro che una volta sola, c o m e a b b i a m o v i s t o , e p e r l o d a r l o . M o r t o c h e f u il G a l l u p p i , scrivendo egli l'ultima sua opera col titolo di Prospetto della filosofiaortodossa,smettelaprima riserva,elocombatte no minatamente .Ripetendo le antiche obbiezioni ,egli scrive cosi : « Su tutto quel che abbiamo qui osservato intorno alla dottrina della sensazione essenzialmente percettiva, e della soggettivitàdelleideedirapporto,dobbiamo anoistessiil far noto a'nostri cortesi lettori,che fin dal 1839 le stesse osservazioni, più estesamente sviluppate,furono fatte di ra gione pubblica, e non abbiam poi cessato di riprodurle in parte,e ripetutamente in varii articoli pubblicati in diversi giornali ».(pag.141-142). Dimodochè rimane fuori di ogni controversia, che il De Grazia ha inteso combattere la dottrina del Galluppi su la soggettività de'rapporti,e che ha creduto essere questa dot trina conforme a quella di Emanuele Kant . Potrei anzi a g giungere,che la soggettività de'rapporti parve al De Grazia concedere più di quel che Kant medesimo ricercasse:«tutto, egli avverte, si accordava a Kant , anzi ancor più di quanto questiesigea,quando glisiaccordava,che le idee di rap porto sono elementi soggettivi ».(Vol.4,pag.267). Eperchèdippiù?PerchèKantlimitavaalmenoilnumero delle sue forme; mentre la tesi galluppiana della soggettività spaziava più largamente. Ecco le strette in cui il De Grazia pone questa filosofia.  26   «Finché siritiene,eidice,da'filosofilanatura soggetti vadelleideedirapporto,restainconcusso ilprincipio,che isensinonpossonoaltrodarcichenude sensazioni.Questo p r i n c i p i o o r o v e s c i a p e r i n t e r o il s i s t e m a s p e r i m e n t a l e , o deve ammettersi che tutte le nostre idee sono sensazioni:ad un estremo èilformalismoassoluto,all'altroestremo è il sensualismo. Nelle forme pure dello spirito si modella in ideel'informemateriasensibile,dice ilformalista:tutte le nostre idee sono sensazioni, o primitive o trasformate, dice ilsensualista».(Vol.4,pag.269-270). O Kant,oCondillac:eccoilbivio dellafilosofia,secondo il nostro filosofo. Perchè questo bivio? Perchè due soluzioni sono possibili, quando non si tien conto di tutti nostri m e z zi del conoscere.Questi mezzi sono due :sentire,e giudica re;ridurli entrambi ad un solo,importa o lasensazione tra sformata di Condillac,o ilformalismo kantiano. Formalista è dunque il Galluppi, formalista il Rosmini ; entrambi costretti ad ammettere tutt'igiudizi come sinteti ciapriori. « Se l'idea di identità fosse un elemento soggettivo,come essi opinano,e perciò addizionale alle due idee,il nostro giudizio sarebbe in tutti casi sintetico a priori ».(p.286). Ma ilGalluppicombatteigiudizîsinteticiapriori,sidi ilcorollario previsto dal De Grazia non lo tocca dun que .Così ragionerebbe chi si fermasse alla buccia delle q u e stioni;noncosìilDeGrazia,ilquale vipenetraaddentro. È una contraddizione,eglidice,dicuiilfilosofonon s'èac corto, perchè la vera dottrina è quella che non dipende dal la intenzione,o dalla professione di fede che fa un autore, ma quellachesifondanellalogica. Avete un bel dire che giudizi sintetici a priori non vole  27 rà; « Non si è dunque avvertito, che son due tesi contraddit torie, il non esservi giudizî sintetici a priori, e l'essere ele mento addizionale l'idea d'identità ». (loc.cit.).   te ammetterne,quando poisostenete che ogni rapporto è un'identità o totale o parziale ; e quando soggiungete che questa identità è un'aggiunta dello spirito. Quale dottrina contrappone ora il De Grazia a quelle del Condillac,e del Kant ? L'uno diceva : giudicare è sentire ; l'altro, seguito dal Rosmini e dal Galluppi, diceva:giudicare è a g g i u n g e r e ; il D e G r a z i a , d i s c o s t a n d o s i d a l p r i m o e d a l s e condo,dice:giudicare èosservare. Ma prima d'intendere il significato nuovo,ch'ei dà alla funzione del giudizio,necessita ricordare com'egli abbia in teso la sensazione. Né Locke, nè Condillac distinsero abbastanza la sensazio ne dalla percezione ; Condillac anzi le confuse affatto. Alla stessa confusione fu sforzato ilGalluppi.Tralascio le osser vazioni sui primi due,mi fermo a quelle che vanno dritte contro la spiegazione galluppiana,ch'è lamira principale del De Grazia . Due sbagli commette ilGalluppi,uno di confondere ilsen - timento con la coscienza; l'altro di confondere la sensazione con la percezione. « Il sentimento e la coscienza del sentimento sono nel n o stro spirito cosi abitualmente congiunti,che più filosofi han confuso i due fatti affermando, che sentire ed esser conscio di sentire non sono che una operazione medesima dello spi rito ».(Vol.4,pag.17). « Confondendo la coscienza della sensazione con la s e n sazione, non si sono avveduti que'filosofi, che ciò era un confondere il conoscere, il percepire col sentire, c o n fusione che essi medesimi rimproverano a'sensualisti ». (loc. cit.). Queste due confusioni erano state fatte veramente dal G a l luppi,avendoeglicompresosottoilnome disensibilitàin   Il simile si dica della idea dell'ente, che il Rosmini a g giunge ad ogni giudizio; su la quale torneremo altra volta.   29 «Sentireilmesensitivodiunfuordime,glidiceilDe Grazia,èlapiùforzatacontrazione,che potea darsi all'e spressione del fatto di coscienza ».(Vol.4,pag.18). L'industria adoperata dal Galluppi per nascondere questi giudizî elementari e primitivi proviene,a parer del nostro fi losofo, dal perchè egli li aveva tenuti per sospetti di sogget tivismo.Questo medesimo motivo lo indusse ad ammettere le sensazioni oggettive, senza bisogno di spiegare il passag gio dal sentire al percepire . Leibniz e d'Alembert, entrambi geometri , e prima di loro anche il Malebranche, avevano riconosciuto il bisogno di spiegareilpassaggiodalmealfuordime:idueprimiave vano anzi proceduto più avanti,additando come mezzo l'in duzione;ilGalluppitagliòcorto,negò ilproblema stesso; affermando non esservi luogo a passaggio,quando la sensa zione coglie immediatamente l'oggetto. Doppio sbaglioadunque da partedelGalluppi:primo,aver disconosciuto igiudizî primitivi;secondo,aver rifiutato,per la conoscenza del mondo esteriore,ilsoccorso della induzio ne . Contro i giudizî lo aveva prevenuto la dottrina kantiana de'rapporti soggettivi ; contro l'induzione,il presupposto che nessun'abitudine posteriore avrebbe potuto fare ciò che un atto primitivo non aveva potuto.Se una prima sensazio ne non mi fapassareall'oggettoesterno,come,diceva il Galluppi, mi ci potrebbe abilitare una seconda od una terza? Eppure de'giudizî abituali che si frammischiano alle sensa zioni aveva toccato prima il Malebranche , poi il Condillac ;  - ternailsentimentoelacoscienzadelme;esottoilnomedi sensihilità esterna la sensazione e la percezione . Perchèdalsentimentosivadaallacoscienza,edallasen sazioneallapercezionecivuoleilgiudizio;non ilgiudizio galluppianocheaggiungarapportisoggettivi,ma ilgiudi zio che osserva,ed osservando distingue i rapporti reali delle cose.   e della forza dell'abitudine Hume ,e della efficacia della in duzione avevano accennato il Leibniz ed il D'Alembert ! IlDe Grazia riassume e tesoreggia isaggi de'suoi prede c e s s o r i , e li c o m p i e c o s ì . associazione adunque spiega l'origine : l'induzione as sicura la realtà;come si può assicurare, beninteso, una ve rità contingente , la quale non esclude mai la possibilità del l'opposto. Coloro i quali han posto mente alla sola abitudine fonda ta su l'associazione,han detto :ma qual garantia ci porge ella della sua realtà ? Così son rimasti nel circolo descritto 'da Davide Hume. Il D e G r a z i a , s c h i v a le p r i m e e le s e c o n d e difficoltà , e f o r m o l a il p r o c e s s o g e n e a l o g i c o c o s i : l ' a s s o c i a z i o n e c o m i n c i a , senza badare alla realtà;l'induzione legittima ciò che trova, senza doversi brigare del cominciamento. In siffatta guisa il nostro filosofo fa capitale di tutt'i saggi parziali tentatiprimadilui,licollega,liordina,licompie uno con l'altro :la sensazione e igiudizî abituali, intrave duti da Malebranche e da Condillac ;l'osservazione, indefi nitatralemanidiLocke,edaluimeglioprecisata;lamas sima aurea del Kant :pensare è giudicare ;la virtù dell'abi tudine,messa a rilievo da Hume;la induzione accennata da Bacone in generale,additata da Leibniz e dal D'Alembert a  scenze provvisorie. 30 La sensazione dà iprimi dati,ilgiudizio osserva i rap portichevisonocontenuti;l'associazionedelleideecifor nisce leconoscenze prime concernenti ilmondo esterno,in via provvisoria ;l'induzione,più tardi,legittima le cono Gli altri,invece,ponendo mente alla tardiva comparsa d e l l a i n d u z i o n e , h a n n o o s s e r v a t o , c o m e il G a l l u p p i : m a l a i n duzione vien troppo tardi a farmi passare alla realtà ester na,richiede troppi congegni,troppe industrie,dicuil'in fante non si può supporre capace.   31 proposito dellaconoscenzadelleveritàdifatto.Bacone,di fatti,dicendo:sensus tantum 'de experimento, esperimen tum de rejudicet,aveva enunciato un canone applicabile piùaifenomeninaturali,chealnostromodo diconoscerli: l'applicazione speciale alla nostra conoscenza si deve a'due geometri filosofi, cioè al Leibniz ed al D'Alembert. La storia intanto invece di attribuire agli anzidetti filosofi la debita lode di essersi accostati sempre più alla soluzione delproblema delconoscere,ricordalemacchine artificiose de'lorosistemi,l'occasionalismo,l'armonia prestabilita,e simili deviamenti dalla salda filosofia. IlGalluppipoiagliocchisuoihailtortonon solodinon aver profittato de'saggi antecedenti, ma di essere indietreg giato anche al di là di quel che aveva avvertito ilCondillac. Questi aveva ritenuto per obbiettivo, o percettivo il solo tatto: Galluppi estese l'obbiettività a tutti i sensi, occultan do la difficoltà invece di scioglierla.La realtà oggettiva de gli esseri esteriori,ei dice,ha bisogno di essere legittimata: « ciò che non veggono alcuni odierni scrittori,iquali sup ponendo naturalmente percettividell'oggetto esterno i no stri sensi,credono con ciò avere abbastanza legittimata la realtà dell'oggetto esterno ».(Vol.2,pag.254-255). IlGalluppidiffidandodituttociòche civieneinorigine per mezzo de'giudizî,trasporta alla sensazione quanto im mediatamente siapprende con l'atto del giudizio (pag.316). Ei non s'accorge che c'è una contraddizione manifesta tra la realtà oggettiva delle idee e la natura soggettiva de'rap porti (pag.316-317). Ondechesquadrilaquestione,ilDeGraziatorna,edin siste sempre su questo vizio radicale della dottrina gallup piana;vizio che apparve chiaro in Kant,e che in lui rimase occulto per aver dichiarate oggettive leidee,contraddicendo alla loro provenienza . Nel Galluppi rivive la tesi del concettualismo , che il n o    -- stro filosofo combatte aspramente;nel Galluppi,e più anco ranelRosmini.IlDe Graziafautore del realismo,non del platonico però,spende molte pagine nel rilevare gl'inconve nienti del concettualismo medioevale,e più del moderno;ed in questa disputa,trattata largamente in una rassegna appo sitapubblicatail1850,eidifendeSanTommaso dallataccia di concettualista, ed impugna la somiglianza che il Rosmini vuol trovare tra la sua teorica dell'ente possibile, e quella dell'Aquinate. Di questa particolare ricerca diremo appres so : continuiamo intanto ad avvertire, con la scorta del De Grazia , le lacune ch'egli addita ne'sistemide'suoi avversarî. La critica dello stato attuale fu fatta maestrevolmente da K a n t : il D e G r a z i a è l a r g h i s s i m o d i l o d i a l f o n d a t o r e d e l C r i ticismo,filosofo per questo verso inarrivabile.Della origine peròilKantnon occupossi,dichiarandoaggiuntiaprioritut tiquegli elementi, di cui gli pareva arduo rintracciare la ge nerazione.Quanto sitoglieaiverimezzi diacquistar cono s c e n z e , t u t t o si a t t r i b u i s c e a d u n a s u p p o s t a o r i g i n e a p r i o r i , a questo vasto serbatoio di tutte le perdite dell'analisi . Cosi , con una similitudine arguta,ei battezza per vere lacune,per difetto di analisi ogni forma a priori. Nella stessa maniera han combattuto,dopo delDe Grazia,l'apriori ifilosofi po sitivisti.Siricasca inquesto metodo dunque,sempre che, abbandonatalagenesisperimentale,siricorre allospedien te di addizioni di forme pure;sia qualunque ilnome con cui si travestiscano . D'accordo con Kant,dice ilDe Grazia,che la conoscenza risulti dasensazioniedagiudizî;ma giudicare,perme, semplicemente osservare,e non è punto aggiungere. La ve duta èprora quando siosserva nell'oggetto,non già quando  - Ilmetodo daseguire,nelproblema dellaconoscenza,era questo:esaminare lo stato della coscienza,qual'è attualmen te;risalirealleoriginidelleideecheoravitroviamo;legit timarne la realtà.   O siaggiunge dal soggetto.Aggiuntachel'avretevoi,non è più da discorrere della sua realtà. Sicché delle tre analisi da fare, Kant fece benissimo la critica della coscienzaattuale;arrestossi per via nel rintrac ciare le origini della coscienza primitiva;e conseguentemen te non potè legittimare la realtà della nostra scienza. La realtà della scienza è collegata con la dottrina del giu dizio:se questo è una mera osservazione,la realtà è assicu rata; se,invece,è una funzione addizionale,la realtà non si può a nessun patto legittimare. Ed ora noi siamo perfettamente in grado dicomprendere, perchè il De Grazia combatta con tanta insistenza la filoso fia del Galluppi,ed insieme di valutare,quanto poco la mira delDeGrazia siastatascortadaquellichenehannofinora discorso.Egli ritorna spesso su la critica da noi esposta, con una prolissità,ch'è stata non piccola causa dell'esser passatainavvertita,perchèdileggereiseivolumidelle sue opere i più si sono sgomentati. Il significato però di tutta la sua discussione si può ridurre a quest'alternativa in cui egli trovòimpigliatalaricercadellaumana cognizione:gliuni avevan detto col Condillac: giudicare è sentire ;gli altri a vevan ripetuto con Kant :le idee di rapporto sono elementi soggettivi:egliavevarisposto:èfalsal'una el'altraspiega zione.Ilgiudicarenonèsentire,ma osservare;irapporti sono oggettivi,non soggettivi. Il Galluppi intanto , destreggiandosi tra le due spiegazioni , aveva di ciascuna ritenuto una parte.Pur discostandosi dal ladottrinacondillachiana,purdistinguendo ilgiudiziodal la sensazione,aveva però ammesso de'rapporti,iquali era no sentiti:tali erano il rapporto tra modificazione e sostan za,ed ilrapporto tra effetto e causa. Similmente,pur promettendo divolersiappartareda Kant, pur professandosi fedele al metodo sperimentale, aveva a c  ce to B EL er EN 5 0   cettato due rapporti come soggettivi affatto,quello d'identi tà,e quello di diversità. La sottile e giusta critica del De Grazia aveva messo in e videnza le due capitali contraddizioni della filosofia del Gal luppi.La consapevolezza piena,profonda,ch'egli ha delle obbiezioni mosse al suo grande avversario , ve lo fa insistere forse soverchiamente ;ma non senza rivelare una grande perspicacia di mente nell'applicazione che ne fa alle singole questioni. « L'idea di azione,di connessione,egli scrive,è idea di rapporto;eirapportisigiudicano,non sisentono.Sièdi menticato in questa occasione,che una sensazione non è più che una nostra modificazione, e per se stessa non può darci altra idea che quella di un particolar nostro modo di esistere » (Vol.4,pag.140). L'anno appresso,che ilDe Grazia finiva la pubblicazione d e l s u o S a g g i o , il 1 8 4 3 c i o è , u n d o t t o a b b r u z z e s e , O t t a v i o Colecchi,pubblicava in due volumi le sue Quistioni filosofi che,e vi rifaceva lacritica delGalluppi,muovendo da un criterio opposto a quello del nostro De Grazia,ed intanto somigliantissima nel significato. Il Colecchi segue la filosofia kantiana nel concetto fonda mentale,ma senediparteinmoltiparticolari.Riduceleca tegorie tutte quante a quelle di sostanza e di causa;le dedu c e n o n g i à d a l l e f o r m e d e l g i u d i z i o , c o m e a v e v a f a t t o il K a n t , ma dalle anzidette nozioni di sostanza e di causa, congiun te con quelle di spazio e di tempo ; rifiuta lo schematismo kantiano, che gli parve complicato, e superfluo ; e finalmen te crede , che la realtà della nostra scienza non ne sia punto compromessa . Il Colecchi adunque biasima il Galluppi d'incoerenza per averammesso alcuni rapportioggettivi,edaltrisoggettivi; senonche,invecedisoggiungerecomeilDeGrazia:dove vateritenerlituttiperoggettivi,corregge lacontraddizione   io galluppiana in un modo opposto,soggiungendo:dovevate ammetterli tutti per soggettivi. Tralasciando ora le modificazioni arrecate dal Colecchi allafilosofiakantiana,eraffrontandolesueobbiezioni con tro il Galluppi in ciò che s'accordano con le altre antece dentemente mosse dal nostro De Grazia,citiamo in compro va testualmente le parole del filosofo abbruzzese,perchè il lettore ne vegga l'accennata somiglianza. Dopo aver egli ricordato la soggettività de'rapporti d'i dentità e di diversità ammessa dal Galluppi contro del Locke , continua così: « Posto ciò si domanda ora:se rispetto a quelle idee che sono un prodotto dell'analisi che le separa da'sentimenti, e che sono perciò oggettive,venga lo spirito assistito o no dalledue ideed'identitàedidiversità?seno,nonpotràegli separarle punto dai sentimenti;perocchè un bambino puran che ne ha bisogno,per distinguere lasua nutrice da uno stra niero;e tale distinzione è fuor di dubbio un atto di analisi : se sì, le due idee d'identità e di diversità devono precedere le sensazioni:sono dunque per anticipazione,ed anteriori ai sentimenti; e perciò nell'ordine cronologico delle nostre co gnizioni non possono essere posteriori alle sensazioni, ne presupporle come condizioni indispensabili.Come dunque so stenere: che ogni nostra cognizione incomincia con l'analisi, e termina con la sintesi, se per fare qualunque spezie di a n a lisi,ha bisogno lo spirito delle due idee d'identità edi diver sità,le quali, per avviso del nostro autore, sono un prodotto della sintesi che le aggiunge ai prodotti dell'analisi » ? (Qui stionifilosofiche,vol.1,pag.197-198- Napoli1843). Potreicitarealtriluoghi,concuiilColecchinota ildi  - 35 un li ne ato 4 1 Biasima inoltre il Galluppi di aver detto che sono sogget tivesololeideedirapporto,perchèegliammette leideedi spazio,ditempo,disostanza,dicausa,sottoilnome dileggi della intelligenza,che sono soggettive,senza essere rapporti.   verso valore che debbono avere nella ipotesi del Galluppi le idee di identità e di diversità quando si applicano o agli o g getti dellamatematica,oaquellidellasperienza;ma usci reifuoridelmiotema.Amepremeassodarechelecontrad dizioni, in cui s'era avvolta la filosofia galluppiana per m a n co di coerenza,erano state rilevate con mirabile acume dal De Grazia e dal Colecchi. Il prof.Ferri,il quale scrisse due grossi volumi su la sto riadellafilosofiaitaliananelnostrosecolo,non trovòaltro spazio per ricordare idue anzidetti nostri filosofi, che que sto,occupato dalle seguenti parole: « Il faudrait enfin mentionner les écrits de Di Grazia, et de Collecchi , Napolitains, qui, tout en modifiant,ou en c o m battant Galluppi,n'ont cependant pas dépassé le point de vue de l'expérience ou de la philosophie critique ».(Essais sur l'histoire etc. tom . 1, p . 334 ). Certo così il prof. Ferri non si compromette. En m o d i fiant, en combattant, sono frasi tanto diplomatiche che par c h e d i c a n o , e n o n d i c o n o . Il D e G r a z i a h a m o d i f i c a t o il G a l l u p p i ; il C o l e c c h i l ' h a c o m b a t t u t o : c i h o g u s t o : s t a b e n e ; m a c h e c o s a h a n d e t t o ? Q u e s t o è il p u n t o ; e s u q u e s t o , s i l e n zio perfetto.E poi ilDe Grazia non l'ha punto modificato, l'ha combattuto pure : l'avesse combattuto, qual lume si ricaverebbedaquestemezzeparole?Nonerameglioconfes sare di non averne letto sillaba ? E perchè non occuparsene? Forsechèerandamenoditantialtri?Io,peresempio,sen za far torto a nessuno , e salvo la disparità per altri riguar di,trovo più ingegno filosofico nel De Grazia e nel Colecchi, che non nelMamiani.L'ho detta grossa?Chiedo scusa a tutti quelli che ne prenderanno scandalo ;certo di aver con mecoloro,chesen'intendonodavvero;eche intendendo sene ardiscono dire il proprio parere. Del silenzio sul Colecchi il prof. Ferri si scusa quasi ,scri vendo in una nota così :  36   « Les écrits de Collecchi dispersés dans les recueils litté raires n'avaient pas encore été publiés en un seul corps il y a quelques années ». Pardon,prof.Ferri:gliscrittidelColecchi furono stam pati fin dal 1843 in due volumi,che io ho qui sul tavolo,ed hanno questaindicazione:Napoli,all'insegnadiAldoMa nuzio,CarrozzieriaMontoliveton.13,1843.Qualgirodi anni comprendete voi nell'il y a quelques années ? Venticin que non vi bastano ? E perchè non una parola sul De Grazia , che doveva es servi noto,poichè ne registrate ilSaggio nell'indice delle opere filosofiche pubblicate in Italia in questo secolo ? Forse n o n e n t r a v a n e l d i s e g n o v o s t r o , c h ' e r a d i d e s c r i v e r e il p e n siero italiano tutto inteso a cercare ciò che poi ha finalmen te trovato , l'idealismo temperato ? ed allora perchè accusare diparzialitàloSpaventa,cheavevatrascuratinon soquali filosofi, indotto dal suo criterio hegeliano ? Ma passiamo oltre,avvertendo soltanto,poichè siamo su q u e s t o a r g o m e n t o , c h e il c o g n o m e d e l D e G r a z i a n o n v a s c r i t toDiGrazia;echeilColecchinonvarinforzatocome l'ha rinforzatoilprof.Ferri,che loscriveCollecchi.Sarebbero minuzie, se non attestassero la poca diligenza nello scrivere la storia. Morto chefuilGalluppi,ilDeGrazia,benchèricordiqua e là gli sforzi sostenuti nel combatterne le dottrine, rivolge però altrove la propria attenzione. Ne'discorsi pubblicati il 1850 ei se la piglia con la filosofia,che in Italia aveva preso ilsopravvento,echenonsicuravadinascondereildispre gio in cuiteneva l'esperienza.Oramai non si tratta più di scoprire un Idealismo,tutto studioso di occultarsi sotto il nome difilosofiasperimentale,com'erastatoilcasodelGal luppi,ma di combattere un Idealismo che si presentava alla svelata,eche,sottonomi diversi,s'eraguadagnate lementi della nuova generazione.IlDe Grazia comprende tutti que  37   stisistemisotto un nome solo,sottoquello difilosofia spe culativa . Traquestisistemiperò,secondolavaria importanza,al cuni combatte più acremente,altri accenna soltanto.Accen na pure del consenso del genere umano del La Mennais,del tradizionalismo del P. Ventura;delprimo un po'più distesa mente, perchè s'accorda col sistema del Gioberti nel rifiu tare la testimonianza e l'autorità della coscienza subbiettiva. Quanto al P. Ventura, poco seguito aveva trovato in Italia, nèmeritavaimportanza,nèilDeGraziaglienedàmolta. Mente severa, educata alle scienze matematiche, il De Grazia la giustizia sommaria di tutti questi sistemi in un fa scio,ai quali a suo avviso mancava e la base solida, ed il rigoroso ragionamento. «Una volta,eiscrive,erascrittoall'ingressodellascuo. la:nemo accedat,nisigeometra;igiovanettioggi leggono: nemo accedat,sigeometra.E non hanno torto,perché ove si tratta di creare enti, o di manifestazioni del Dio -Cosmo, e di ispirazioni,e di intuiti,o di nuove logiche trascenden tali,non può esservi luogo pe'geometri:non è arena per le loro forze ». Ce n'è per tutti, come si vede, e non risparmia né i si stemi tedeschi,nè i francesi,né i nostrani ;ma vediamo quali obbiezioni particolari muova a ciascuno ;e basterà ac cennarle,perchè oramai abbiamo abbastanza conosciuto il suo criterio. « Più dilettevole trattenimento ci dà il La Mennais nel ravvisar per ogni dove un riflesso del d o m m a religioso ; che  38 Contro del La Mennais nota che la ragione umana collet tivaèun'astrazione,che solo l'individuo esiste;e quindi il c o n s e n s o u n i v e r s a l e n o n h a a l t r o v a l o r e , c h e q u e l l o d e g l ' i n dividui, da cui proviene. Con non dissimulata derisione trat ta poi le spiegazioni fantastiche de'fenomeni naturali per mezzo del domma.   Punzecchiando ilGioberti,siricordadelGalluppi,cheper liberarsidaognimolestiasularealtàde'corpi,concepi ob biettive le sensazioni , e scrive . Le sue celie su la commodità di questi spedienti sono fre quenti;senoncheglisembra che nègl'intuiti,néleispi razioni , nè gli istinti, nè le idee inerenti allo spirito , benchè talvolta simulino l'evidenza,bastano però a surrogarla pie namente . Se ilDe Grazia tralascia gl'influssi divini, cið avviene perchè il Mamiani non li aveva ancora escogitati. Ma torniamo agli appunti ch'ei muove al Gioberti.Come ! eidice,l'intuitoèpresente,enon sivede!È ecclissato,sirepli ca,estabene;ma comeunmotivofinitobastaadecclissarlo? Il D e G r a z i a , p e r q u e s t o i n e s p l i c a b i l e e c c l i s s e , s ' i n s o s p e t  39 d'altronde doveasi toccare con più rispettoso contegno. Fino n e ' s e t t e c o l o r i d e l p r i s m a s c o r g e il t e r n a r i o , d a c h e t r e s o l i secondo l'autore sono iprincipali ». Che cosa avrebbe detto ilDe Grazia,se avesse letto la Vita di Gesù Cristo dell'abate Fornari ? Il Gioberti si studia di sostenere col ragionamento la dot trinaquasiispiratadelLaMennais:ilDeGraziarendegiu stizia al filosofo italiano,nè lo confonde con l'autor dell’Ab bozzo.Eccoperòlasommadegliappunticheglimuove. IlGioberti,perlui,escludeognianalisi delle idee,eper dispensarci dalle minute inchieste psicologiche, ci accorda l ' i m m e d i a t a v e d u t a d e l l e i d e e d i v i n e . C e r t a m e n t e , r i p i g l i a il De Grazia,eivalmegliocontemplarlenellalorointegritàri flesse dal lume divino su le parole, che attentarsi di rima neggiarle con profana analisi ! « P e r t o g l i e r s i d a o g n i i m p a c c i o b a s t a o g g i il d i r e : i o s e n to i corpi esterni,le mie sensazioni sono percettive de'corpi esterni;ovvero per risolvere con un solo atto tutte le qui stioni di ontologia e di psicologia : io intuisco il creato,il creatore,el'atto creativo!»   tiscedellaesistenzadell'intuito.E poi,esso nèsipuòvedere dalla coscienza,nè dimostrare dalla ragione, come fare dun que a verificarlo ? Nè piùplausibileèilsussidiochedovrebbearrecarelapa rola, affinchè dall'intuito si passasse alla riflessione. Il p o t e r e d e l l a p a r o l a , d i c e il D e G r a z i a , è m i s t e r i o s o : n o n circoscrive l'idea,su la quale non ha presa n è punto nè poco ; e non accresce la nostra facoltà intellettiva. Sicchè, tutto ragguagliato, ilGioberti cilasciacon una virtù intellettiva in potenza , e con una riflessione a nude parole. Dove però il De Grazia va più addentro nel sistema giober tiano,è,a parer mio,nella seguente osservazione. «Ma laricercafondamentale,dicuisièsempre taciuto, concernelapossibilitàdellavisioneinDio.La stessanonè solamenteunfattogratuitamentesupposto,ma neppurciè dato sapere, se un essere può vedere le idee di un altro es sere ». Questa obbiezione del De Grazia equivale a quella dello Spaventa,quando osservava,che l'Ente veduto dall'intuito giobertiano non può essere uno spirito. Diciamo ora della critica del Rosmini . Della teorica rosminiana il nostro filosofo s'era occupato nel Saggio ; ci torna di poi nelle opere posteriori alla morte del Galluppi con più larghezza.  40 IlDe Grazia continua:vedere le idee in Dio,presuppone assodato,cheIddioleabbia;ora,cheilmodo dellacono scenzadivinanonsiaconformealnostro;echequindinon si faccia per idee molteplici e rappresentative, pare più ac cettato dalla filosofia ortodossa . E qui riscontra la dottrina giobertiana non solo con quella del Malebranche,ma con quella di Sant'Agostino,e non la trova somigliante,e quin di non la tiene per ortodossa. Nel Galluppi il De Grazia aveva combattuto il concettua   l i s m o , a v e v a c o m b a t t u t o l ' a s s e r z i o n e , c h e le n o s t r e i d e e n o n siano rappresentative.A proposito del Rosmini ripiglia la controversia del concettualismo . Il concettualismo si fonda su la subbiettività de'rapporti, onde risultano le idee:contro ilconcettualismo adunque ba sta contrapporre questa sentenza di san Tommaso : « relatio nem esserem naturae ». O r q u a l d o t t r i n a s e g u e il R o s m i n i ? F o r s e q u e s t a d e l l ' A q u i nate,fondatasulpiùschiettorealismo?No;nesegueuna ambigua , e per tal ambiguità cerca tirar dalla sua l'autorità di San Tommaso . « L ' e n t e i d e a l e d e l R o s m i n i , d i c e il D e G r a z i a , è b i f r o n t e ; da un lato offre l'idea universale di esistenza, dall'altro un ente esistente ». Basterebbe questa profonda osservazione, per dimostrare diquantaperspicaciafossefornitoilDe Grazia;ma egliva più in là ancora,ed addita un riscontro, che rivela la forza della sua critica. « M a , ci si dirà, qui non trattasi di una esistenza sostan ziale, o di accidenti di una sostanza, bensi di una esistenza ideale, qual può competere ad una idea.Si,ciò ricorda l'Idea di Hegel , con la differenza che questa contempla sè stessa, e l'idea universale di esistenza è l'oggetto contemplato da tutte le intelligenze, differenza che gli hegeliani farebbero sparire.Quanto allanaturadellaesistenza,l'entedelRosmi ni non è meno lucido e trasparente, che l'Idea hegeliana, perchè altro non è che l'idea di esistenza, o la possibilità  «Sipongaormente,eglidice,cheiduepuntimessia maggiorrisaltonelnostrolibrosono:1.che ilconcettuali smo è la causa principale delle deviazioni della filosofia,e la grande abilitazione de'sistemi speculativi;2. che l'Aquinate, tenendosi immune dal concettualismo,ha felicemente seguito il metodo di pura osservazione ». 6   42 - dell'esistenza,come lo stesso Rosmini ripetutamente va ri cordando a'suoi lettori ». « Se quindi si ammette una esistenza attuale e indetermi nata;attuale e non reale; se si ammette la possibilità dell'e sistenza essere un'attuale esistenza,si avrà il caso proprio di una identità de'due contrari «.(Esperimenti della filoso fiaspeculativane’sistemidelsecolocorrente -Napoli1850-- 29 Rassegna,pag.288). Ho notato in corsivo l'ultima conclusione del De Grazia, perchè il lettore rifletta su la somiglianza da lui additata tra l'Ente rosminiano,e l'Idea dell'Hegel. Quando lo Spaventa, dopo del De Grazia,e senza sapere forsedelfilosofocalabrese,lecuiopere,specialmente leul time,erano rimaste sconosciute,mise in rilievo con più lar g h e z z a q u e l r i s c o n t r o , la c o s a p a r v e s t r a n a , e ci si v i d e u n o stiracchiamento forzato de'sistemi in servizio di un criterio preconcetto.Piùtardi,coloro chesieranoarrogatalarap presentanzadellafilosofiaitaliana,levarono lavoce,epro testarono contro il malvezzo di voler far parere la nostra filosofiaun'imitazione dellafilosofiatedesca.Sietematti,si disse !il Galluppi kantiano ! Il Rosmini hegeliano ! Le son cosedaridere:voiconfondeteitipicon gliectipi;voi non sapete che in Italia c'è un'abbondanza straordinaria di tipi, e che voi altri li sfigurate barbaramente per poterli tramu tare in ectipi. Questa brava gente,veramente tipica,ignorava,che ilri scontro era tanto poco sforzato, da esser apparso manifesto ad un filosofo, il quale non era punto tenero della filosofia tedesca,e che di tutto si poteva accusare, salvo che della smania divoler costruire la storiaapriori.IlDe Grazia, difatti,aveva a chiare note,e con grande insistenza,segna latoilkantismonelsistemadelGalluppi;econ menodiffu sione,ma con non minor chiarezza,l'hegelismo nel sistema delRosmini.Oh!come dunqueivindici,glistoriografi,i    rappresentanti dellafilosofiaitalianaignoravanotuttalacri tica che si era esercitata nel nostro paese su la nostra filo sofia nazionale ? Ma torniamo alRosmini. IlDe Grazia,dopo avvertita l'ambigua natura dell'Ente rosminiano,dopoaverbiasimatoilRosmini dinonaverte nuto fermo in una sola e medesima sentenza,di averlo una voltachiamatounlumedatodaDio,un'altravoltaillume divinomedesimo,eidimostraugualeaccorgimento nelrile vare altri difetti. L'origine delle nostre idee è doppia,una l'idea dell'ente, l'altra lapercezionesensitiva;ma ilDe Grazia s'accorge, che la vera sorgente,l'unica sorgente rimane quest'ultima, e domanda : « A che serve il contrarre l'espressione di quanto si vuol che noi percepiamo immediatamente con una sensazione ? Il participio sostituito al verbo potrà mai avere ilvalore di nascondereimoltigiudizî,chesicontengono nellaformola «enteagentesuimieisensi»? Il participio sostituito al verbo è difatti il ripiego della i d e o l o g i a r o s m i n i a n a : il D e G r a z i a l ' h a c o l t o a m a r a v i g l i a . « La percezione sensitiva, ei continua,è,o no, un atto del pensiero ? Se lo è,siavrà un pensare identico alsentire; senonloè,siavràunapercezione,allaqualeilnostrospi rito non pensa !O cade in sensualismo, o è nulla pel nostro pensiero ». La percezione sensitiva adunque non si vede in che diver sifichi dalla sensazione, posto che in lei non debba concorre re traccia di pensiero : nè molto proficua è la ragione, che il De Grazia chiama potenza terza e neutrale. Non è intellet to,non è senso:applica ildato dell'intelletto ai dati della sensibilità;d'altro non brigasi;ma chimallevaallorala realtà ?Non l'intelletto che ha da fare col possibile ; non il senso che non può cogliere altro che nostre modificazioni.    « La capacità di sentire e la facoltà di percepire sono due potenze così differenti,che dee tenersi per ugual controsenso l' a t t r i b u i r e l a p e r c e z i o n e a l l a s e n s i b i l i t à , e l ' a t t r i b u i r l a s e n sazione all'intelletto ». Rosmini con la percezione sensitiva attribuisce al senso più che la costui capacità non comporti ; ricasca quindi nel difetto del Galluppi, che fece la sensazione immediatamente percettiva.A questo sbaglio ecco tener dietro un altro,che a noi piace riferire con le stesse parole del De Grazia. « Un'altra opinione sui generis è di ammettere nel fatto la percezione immediata del nostro essere ,e dell'essere ester no , m a il fatto aver bisogno di venire autenticato da una idea innata, per quanto concerne la vera esistenza, perchè altri menti quella da noi appresa nella coscienza potrebbe dirsi apocrifa ! » Meglio non poteasi rilevare la superfluità dell'ente rosmi niano,dopoaverammesso lapercezionesensitivapercoglie re l'esistenza immediata e reale. Come impugni il De Grazia le interpetrazioni date dal RosminialsistemadisanTommasovedremoaltravolta;chè tal ricerca non è semplicemente storica,e meglio si collega allaesposizione della dottrina del nostrofilosofo,ilquale altro non pretende di aver fatto,che di aver rinnovata la filosofia del sommo Aquinate,stata per tanti secoli o scono sciuta o frantesa. Venghiamo al giudizio su l'Hegel. Già pel De Grazia tutt'i sistemi nati in Germania dopo del Kant sono « romanzi filosofici »;questo d'Hegel fra gli altri, anzi a capo degli altri. Ignaro della lingua tedesca,egli tanto sa de'sistemi tede schi, quanto ne ha appreso dal libro di Ott,ch'era stato pub b l i c a t o a P a r i g i il 1 8 4 4 . N o n è d a r e c a r m a r a v i g l i a a d u n q u e ,  - 44 - Al De Grazia non isfugge nessuno dei tortuosi giri dell'ideo logia rosminiana.   45 s'ei qui non possa penetrare sempre addentro nel pensiero dell'Hegel,come ha fatto coi filosofi francesi, e coi nostri. Onde,mentre lasuacritica della filosofia del Galluppi,del Rosmini edelGioberti,benchèprolissaestemperata,abbon da di osservazioni sode e profonde, la critica dell'Hegel rie sce monca e superficiale. A lui mancava la cognizione pie na ed esatta del sistema;pur tuttavia di alcuni appunti non sipuò ameno diammirare lasagacia,elaserietà. Attraverso alle incertezze di una esposizione,dove trovan luogo metafore più proprie ad abbuiare un concetto,che a lumeggiarlo,èdifficilecogliere ilsignificato genuinodiun sistema . Così al De Grazia il divenire hegeliano sembra uno strofinamento dell'essere col non-essere. Par che baleni il sospetto di qualche alterazione al De Grazia stesso,ma tosto si ripiglia, ed afferma che « si può esser sicuro che le pro posizioni fondamentali della Logica hegeliana non valgono in tedesco più di quel che valgano in italiano o in qualsiasi lingua ».Una tal sicurezza veramente fa un poco a calci col metodo d'osservazione adottato dal nostro filosofo. Il quale se avesse conosciuto iltedesco, si sarebbe accorto che non trattavasi nè di movimento,nè molto meno distrofinamento. L'accusaperò,chemuove allaLogicahegelianadiessere un sistema di rapporti senza termini,è molto più fondata. SenonchenellaLogica,itermininonsonoenonpossono essere altro,che relazioni anch'essi ; ma non è vero però, c h ' e i s i a n o u n m e r o n i e n t e , e c h e t u t t o il p r o c e s s o h e g e l i a no riesca al postutto ad un movimento da niente a niente. Cotesta esagerazione è in lui derivata dal non aver c o m p r e s o b e n e il v a l o r e d e l N i c h t - s e i n , c h e n o n e g l i s o l t a n t o , m a parecchi si sono incaponiti ad intendere per un bel nulla. Fisso in questa interpetrazione, ei continua a biasimare questo modo di far della scienzaun tessuto disiedino, lontano da ogni realtà salda,e solo conveniente a quella fi losofia,che riduceirapportiapurevedute dellospirito.Qui,    come si può scorgere,ei non vuol lasciarsi fuggir l'occasio ne di scagliare un'altra frecciata alla tanto combattuta filo sofia del Galluppi, accennando la simiglianza che corre tra la soggettività de'rapporti e l'Idealismo trascendentale ,che poi siassolvettenell'Idealismoassoluto.IlDe Graziaconfino accorgimento perseguita il suo illustre avversario sino alle ultime e non sospettate conseguenze del suo principio. « Un rapporto ideale senza itermini sarebbe appreso dalla. nostramente,sesiammettesse lasupposizione,che irap porti sono pure vedute dello spirito, alle quali nulla corri sponde nelle cose ». Hegel è agli occhi del De Grazia « un elevato e perspicace p e n s a t o r e » , m a il s u o s i s t e m a è u n a p e r p e t u a i r o n i a . L a sola istruzione che se ne possa cavare è quella di capacitarsi della impotenza della filosofia speculativa a cogliere ed a spiegare la realtà. « Ecco dunque l'istruzione ch'egli (Hegel) ci dà in forme le più solenni :volete voi passare dal cerchio delle idee astrat te al mondo reale ? vi è forza porre innanzi tratto, che il reale è lo stesso che l'ideale ! In altri termini : dalle idee astratte non si può derivare la realtà; e questa massima può servir di lezione pe'tentativi,in cui con minori proporzioni, o più propiamente, con meno di purità speculativa, si voles se maneggiare ilmetodo ontologico ».  I due principii che lo informano sono l'Idealismo,e la con traddizione ; dall'uno il sistema hegeliano piglia le prime mosse;coll'altraprocede avanti.Che cosa se ne inferisce? Q u e s t o s o l t a n t o , c h e il c o n c e t t u a l i s m o è f a l s o ; m a l a v e r a f i losofia rimane illesa dai suoi colpi. Il valore che il De Grazia attribuisce ad Hegel è lo stesso, benchè egli nol dica espressamente, di quello che Socrate ebbe verso la Sofistica. L'ironia socratica avrebbe svelato le contraddizioni della Sofistica, come l'ironia hegeliana avreb be tirato le ultime conseguenze del Concettualismo moderno .   H e g e l , s e c o n d o il g i u d i z i o d e l D e G r a z i a , a d d i t o il r i m e d i o contro le forme subbiettive di Kant ,deducendo da quelle pre messe , che dunque « i fenomeni del pensiero sono la sola v e rità assoluta », Tutta la storia della filosofia si spiega,adunque, e siran noda intorno al problema della conoscenza. Tre domande si possono fare: qual è lo stato presente della nostra coscienza ? qual è stata la sua origine ? qual è la sua realtà ? Il criterio con cui il nostro filosofo giudica tutt'i sistemi è il s e g u e n t e : « c i ò c h e l a n o s t r a m e n t e v e d e i n u n f a t t o o è realmente nel fatto, o la nostra veduta è su tal riguardo il lusoria ». D a u n l a t o a d u n q u e c ' è il r e a l i s m o , a f a v o r e d e l q u a l e e g l i s i s c h i e r a ; d a l l ' a l t r o l a t o il c o n c e t t u a l i s m o , c h e p i g l i a d i v e r se forme, finchè non diventi idealismo assoluto, ossia l'iro nia hegeliana, che mette a nudo le coperte magagne de'siste mi antecedenti,Benchè ilibridelDeGraziasianopiuttostopolemiciche dottrinali,pure in essi,e nel Saggio principalmente,si scor gono le linee di una nuova soluzione del problema genealo gico delle idee.Il De Grazia fa consistere in questa soluzio ne tutta la sostanza della filosofia;m a a lui la genealogia non ha lostessosignificato,chehaalBorrelli,dalqualetolse probabilmente ilnome.IlBorrelli,quasi almodo stesso,che fa oggidi l'Herbert Spencer, studia la genesi del pensiero sotto l'aspetto fisiologico : il De Grazia si arresta ai tre fe nomeni primitivi del sentire,del pensare,e del volere,e di quivi soltanto piglia le mosse . Qual è ora per lui l'immediato,o ilfatto primitivo, sul quale riposa la filosofia sperimentale ? IlGalluppi aveva risposto :questo immediato è ilsenti mentodelmeedelfuordime;ilDeGraziarisponde:ilve roimmediatoèilsentimentodelmesolo. Questa prima discrepanza si può dire la origine di ogni divario che corre tra la filosofia de due filosofi calabresi. E n trambi vogliono partire dalla esperienza immediata, m a i li miti di questa immediatezza non sono tracciati al modo m e desimo . «Ilmetodo d'osservazione,dice ilDe Grazia,ciguida a    riconoscere,che ilcampo dellaimmediata percezione di fatti reali è la sola esperienza interna, ove l'oggetto è in noi , è la nostra esistenza,e quanto apprendiamo nelle nostre m a niere di essere.Gli oggetti esterni non sono esposti alla im m e d i a t a n o s t r a p e r c e z i o n e , m a n o i li p e r c e p i a m o c o l m e z z o di più atti mentali ». Questa confusione sembra al nostro filosofo tanto più ine scusabile nel Galluppi,quanto più questi si era chiarito con trario alla tesi della sensazione trasformata . «Potrebbemaicredersi,eidice,chementre egli(ilGal l u p p i ) c o m b a t t e a v i v a m e n t e il p r i n c i p i o s e n s u a l i s t a , g i u d i c a r e è s e n t i r e , a b b i a p o i r i t e n u t o , c h e il s e n t i r e è u n a s p e c i e del pensare ? » Il De Grazia scorge manifesti gl'inconvenienti della spie gazione galluppiana , e li addita così . «Quandosiammette,chelerealtàesteriorisonodanoi sentite,e che poi l'analisi,distinguendo isentimenti che da prima erano confusi,cidàleidee,non sipuòsfuggirealla conseguenza,che dette idee non sono altro che sentimenti distinti;poichè l'analisi non ha cangiato la loro natura pri m i t i v a ; o n d e t u t t o il c a p i t a l e d e l l a e s p e r i e n z a e s t e r n a è c o stituito da ciò che sisente,e da que'rapporti,che il nostro spirito ha in pura sua seduta,ma che non sono nelle cose. Si fatte conseguenze vengono poi confermate ed ampliate con essersidetto,che lacoscienzaèlasensibilità interna,cioè   All'acume del De Grazia non isfuggi la conseguenza,che avrebbe portato il principio galluppiano. Se la realtà este rioreècoltaimmediatamente,dunque ilsentire è lostesso c h e il p e r c e p i r e ; è l o s t e s s o , c h e il p e n s a r e . G a l l u p p i s e n ' e ra aperto con molta chiarezza: la sensazione,per lui,suppo ne l'oggetto sentito,come ilpensare suppone l'oggetto pen sato.Ilsentire era dunque una specie del pensare :sentire e pensare non erano più due fenomeni primitivi, ed irredu cibili,come ilDe Grazia sostiene.   la conoscenza de'fatti interni è sensibilità. Vedesi quindi che con questi principî ilsentire non fu distinto dal pen sare ». Gli estremi , tra cui si studia di librarsi il De Grazia , son questi due:da una parte quello che raccorcia la portata del la coscienza;dall'altra quello che la dilata oltre il convene vole.Chi dice:lacoscienzanon coglielanostraesistenza,e chidice:lacoscienzasiestendeallarealtàesterna,dice u gualmente cosa inesatta ;per difetto, la prima osservazione; per eccesso,la seconda. IlGalluppiammetteundoppioimmediato,ilme edilnon me;ilDeGrazianeammetteuno,ilmesolo:dondeproviene siffatto divario ? Eccolo ,con le parole stesse del De Grazia, le quali compendiano e chiariscono la dottrina galluppiana. « Il dir che partendo dalle nostre modificazioni sensibili, noi veniam per via di giudizî acquistando la conoscenza del m o n d o e s t e r i o r e , v a l q u a n t o il d i r c h e l o s p i r i t o u m a n o c o n i s u o i p r o p r i i e l e m e n t i c o m p o n e il m o n d o . L a f i l o s o f i a s p e r i mentale di Francia su questo punto va a coincidere con l'I dealismo di Kant ». E perchè? Perchè il Galluppi non si affidava ai giudizî per coglierelarealtà;perchèigiudizî,secondo lui,erano pure v e d u t e dello spirito ; d i m o d o c h é , se il m o n d o n o n ci fosse a p parso dal bel principio così,come oggi lo apprendiamo , quel lo costruito di poi sarebbe stato una mera relazione del n o stro spirito,a cui nulla sarebbe corrisposto di reale nella natura.Diffidente della sincerità de'nostri mezzi di conosce re,ilGalluppiquindiappigliossialpartito delReid,edam mise l'immediatezza della sensazione,confondendola con la percezione esterna.  51 « Si è quindi detto,osserva il De Grazia,che nel fatto io s e n t o n o n è c o n t e n u t o il p r o p r i o e s s e r e , e si è t e r m i n a t o d ' a l tra parte con dire che nel fatto io sento si contiene l'essere straniero,ilnonio».    IlDe Graziaritienelasinceritàdelgiudizio,ritieneirap porti come reali,e quindi non alla sensazione,ma ad un pro cessospontaneodell'intelletto,edalconcorso digiudizîdi venuti abituali ed indiscernibili attribuisce le idee de'corpi, quali nello stato presente le troviamo nella nostra coscienza . Esclusa dal De Grazia l'immediatezza della sensazione, non per questo ei mena buoni que'sillogismi, iquali si cre devano più spedito passaggio dalle nostre sensazioni alm o n do esterno. Il De Grazia nota che il modello di questi ragionamenti ri sale fino al nostro Campanella , il quale lo formolò così: Sia monoichemutiamo:dunquesentiamosolonoistessi,enon giàlecose.Noisentiamo lecoseesterne,soloperchécisen tiamomutare,manonsiamonoichecimutiamo;dunqueal tracosacimuta. Questo sillogismo , che , variamente rimaneggiato , è r i m a sto in sostanza il gran ponte di passaggio dal mondo interno all'esterno,nonèparsoabbastanzaconcludentealnostro fi losofo.Le lacune,ch'egliviha scorte,non sipossono logi camente colmare.Anzitutto :chi vi dice che ilprincipio di ogni nostra mutazione sia la volontà ? L'associazione delle nostre idee talvolta non è volontaria, ed intanto è mutazio nenostra.Epoi,poniamochelamutazioneviadditialcun c h è d i e s t e r n o , c h i v i g a r a n t i s c e c h e il p r i n c i p i o e s t e r n o s i a un corpo ?  A taliobbiezioninonc'èdareplicare:ilsillogismoèim potente a discoprire un fatto :esso è utile soltanto a disco prire verità di ragione. Tolta l'immediatezza della sensazione,tolto il sillogismo, il D e G r a z i a t o r n a a l l e r a p p r e s e n t a z i o n i , c o m e i m m a g i n i d e l le cose esterne,ed alla induzione,la quale,travagliandosi su quelle immagini,va legittimando la realtà delle immagini complesse,che l'associazione ha spontaneamente ed abitual mente formate.Non sarà una dimostrazione necessaria,ma   nelle verità di fatto non si dà mai l'assoluta impossibilità dell'opposto,e bisogna contentarsi della certezza morale. L'associazione collega insieme le immagini visive e le tat tili:igiudizîabitualicolgonoirapportiqualirealmente e sistono ;noi adunque venghiamo componendo lo spettacolo del mondo esterno non con vedute subbiettive,ma con ele menti dati dalla realtà stessa dellecose. Questa è stata pure la dottrina dell'Aquinate,e ditutta la filosofia ortodossa. Nell'ultima opera pubblicata col titolo di Prospetto della filosofia ortodossa,ilnostro filosofo sifaforte dell'autorità dell'Aquinate per tutte le parti fondamentali della sua dot trina,salvoimiglioramentich'eicredediavervi arrecato, supplendo a quelli ch'ei chiama desiderata della filosofia to mistica.IlDeGrazianoneraabbastanzaversato nella filo s o f i a a r i s t o t e l i c a , d a a c c o r g e r s i c h e il m e g l i o d i q u e l l a , c h e ei battezzava per dottrina ortodossa,era mutuato da Aristo tele.Vediamo intanto quali principii ei ne accoglie,e ne te soreggia. Primieramente il De Grazia avverte la differenza che l’A quinate mette tra isensibili proprî,ed icomuni;differenza, che noi sappiamo appartenere ad Aristotele. Con molto acume l’Aquinate aveva avvertito di fatti che isensibili proprî sono qualità,come odori,sapori,suoni,co lori,e simili;e che isensibili comuni,invece,sono quanti tà o estensiva,o intensiva,o discreta,come figure,distan ze,movimenti, successione :« sensibilia propria ... sunt qualitates : sensibilia communia omnia reducuntur ad quantitatem ». Finalmente cita la sentenza che accenna alla formazione delleimmagini corporee,echeattribuisceallospirito,enon  53 Dipoi ricorda la dottrina sui rapporti,che San Tommaso hariconosciutocomereali,comeresnaturae,enongiàco me res rationis.   giàaicorpi.«Imaginemcorporisnoncorpus inspiritu, sed ipse spiritus in seipso facit ». Alla quale ultima sentenza ilDe Grazia aggiunge questa avvertenza . E l'avvertenza mira visibilmente a cansare l'equivoco del le forme soggettive,e degli elementi a priori da lui con gran de perseveranza combattuti.Lo spirito si compone egli le immagini de'corpi esterni, l'idea del corpo è un prodotto della sintesi , contro alla opinione del Galluppi, m a in questo raccoglimento non c'è mistura di elementi soggettivi :tutti idati sono reali.Inquestosignificato,enonaltrimenti va intesalaproposizione dell'Aquinate,che ad altri potrebbe parere intinta di kantismo, e che suona così :dat (anima) eisformandisquiddam substantiaesuae. San Tommaso adunque aveva tracciato le prime linee di quella filosofia sperimentale, di cui ilDe Grazia si dà per continuatore: i due filosofi cadono d'accordo sui seguenti ri sultati : 1o che nel senso non v'è altro che il cangiamento del senso;2ocheleimmaginide'corpi sivan componendo con elementi nostri;3ochenoigiudichiamo,essere icorpi simili a quelle immagini. S e n o n c h e S a n T o m m a s o s ' e r a f e r m a t o q u i : il D e G r a zia ha domandato inoltre:con quali operazioni si son for mate quelle immagini ? Con qual criterio le giudichiamo si mili ai corpi esterni ? E alla prima domanda ha risposto : le operazioni sono i giudizî accoppiati alle sensazioni;l'associazione delle im magini visive con le immagini tattili: giudizi ed associa zione che si uniscono spontaneamente ed abitualmente. Alla seconda domanda poi ha risposto: la legittimazione   « Quanto però egli(San Tommaso )enuncia,non lascia dub bio, che nella formazione delle immagini de'corpi esterni ha inteso non mettersi in opra altri elementi,che que'del senso e della imaginazione ».   Quando , difatti, io applico ai fenomeni della estensione le verità della geometria,e l'applicazione riesce,allora è chia ro che alla esistenza de'corpi si aggiunge tutta la forza della dimostrazione induttiva. Mal si è creduto che ogni nerbo di logica dimostrazione consistesse soltanto nel sil logismo e nelle sue forme. « Se l'estensione corporea,dice ilDe Grazia,è reale, la troverò costantemente conforme alle leggi geometriche,ma se è un'illusione de'sensi,mi sipotrà presentare nelle vo lubili forme in cuiapparisce ne'sogni.Nella ipotesi affer mativa v'è la necessità assoluta di trovarsi avverate le ve ritàmatematiche,come sihanell'esperienza:nellaipotesi negativa,l'evento che ne dà l'esperienza, è uno degli in finiti eventi possibili. Questo cenno può far presentire, a qual grado si eleva la pruova induttiva del Leibniz,riguar dandola dal solo lato delle verità matematiche. Esposta in questi termini la mente del nostro filosofo, proseguiamo a raffrontare le differenze conseguenti tra la sua dottrina,e quella del Galluppi. Il Galluppi aveva pareggiata la sperienza interna con l'e sterna,e quindi ammessa una doppia relazione colta imme diatamente, quella tra sostanza e modificazione, e l'altra tra causaedeffetto.IlDeGrazia,invece,distingueleidee pri - si fa non per la immediatezza della sensazione,e neppure per sillogismo,ma per via d'induzione,secondo l'addita mento diLeibniz,ediD'Alembert,idue filosofimatemati ci,mal trascurati dai filosofi posteriori. Non è dimostrazione apodittica cotesta,certamente : an che un incontro fortuito potrebbe essere causa di quella cor rispondenza che noi verifichiamo nella sperienza tra i rap porti quantitativi ideali,eirapporti quantitativi reali dei corpi;ma aqualestremo siassottiglia questa possibilitàdi un incontro fortuito,e di quanta forza non s'ingagliardi sce l'ipotesi della realtà de'rapporti tra corpo e corpo !   mitive dalle derivative ;chiama primitive quelle che sono ricavate dal fatto immediato della coscienza,da lui circo scritto nelsoloiosento;echiamaderivativequelleche na scono poi dalla sperienza esterna. « Si sono messe,ei dice,in una medesima classe,tanto le idee primitive di numero, di sostanza,e di modificazione, di affermazione e negazione,quanto le idee derivative di causa,diazione mutua,delcontingente,delnecessario,del possibile;e non si sono mentovate le idee derivative di spa zio,ditempo,per essersi supposto venirci date dallasen sibilità senza previo lavoro dell'intelletto ». L'originale dell'idea di sostanza è dunque ilnostro pro prio essere:delle modificazioni si dice impropriamente che esistono:ciò ch'esiste è la sostanza.Però se un essere esi stente non avesse punto di modi,ei non sarebbe nè in m o to,nèinquiete;nèpensante,nènon pensante,ecisarebbe u n m e z z o t r a l' e s s e r e e d il n o n e s s e r e ; il c h e è a s s u r d o . Cosi dice egli parlando delle forme kantiane,e l'appun to si può volgere pure al Galluppi,che alla sostanza ed alla causa attribuì, come abbiamo visto, la medesima origine. Pel De Grazia la coscienza è l'lo sento,e in questo fatto permanente della propria esistenza lo spirito apprende la sostanza, come la modificazione nelle sensazioni in cui si senteesistere.Ilmododiesisterenon sipuòdispiccaredal laesistenza,edilDeGraziachiama una rivoluzione filoso fica quella avvenuta in occasione dello scetticismo di Hume , quando si cominciò ad affermare che nel fatto di coscienza v'èilsolomodo diessere,enon giàl'essere.D'allorain poi si cercò di supplire a questo difetto supposto per via di aggiunzioni provenienti da altresorgenti:così ilRosmini suppose che al fatto di coscienza si dovesse aggiungere l'i dea dell'essere.Pel De Grazia ilfatto della coscienza nella sua integrità dà l'uno e l'altro; se non che a cogliere questo rapporto non è attalasensazione,siveramente ilgiudizio.   Senza avere sperimentato il fatto del passaggio da una modificazione ad un'altra,noi non avremmo potuto affer marlo : dopo la sperienza però,noi essendo in un dato m o do pensiamo la tendenza di passare ad un altro; e cotesta tendenza chiamiamo forza, la quale è dunque ciò che han no di costante gli stati successivi della sostanza. Nella originedell'idea di causa noi abbiamo bisogno di al tri dati. a Non siavverte,diceilnostro autore,chelacausa che produce le sensazioni è quella che mette in esercizio la sen sibilità;lacausa cheproduceipensierinon èlapotenzadi pensare,ma èquellachemetteineserciziolapotenzadi pensare;la causa che produce ivoleri non è la volontà,ma è quella che mette in esercizio la volontà ». Chi ricorda ora che a queste tre classi di fenomeni ri duce eglituttalanostraattivitàspirituale,vede chiaramen te cheperluiselacoscienzaporgeilmodellodellasostan za,non èperòbastevoleaspiegarel'ideadicausa.Qui oc corrono più sostanze, di cui una determina l'altra. Nella sostanza la mutazione sopravvenuta è determinata dallostatoanteriore;nellacausaessamutazione èdeter minata e dallo stato anteriore e dalla mutua azione. Il De Grazia riassume la sua dottrina su queste due idee capitali nel seguente modo . « La sostanzapersistenellasuaimmutabilenaturaal can giar delle modificazioni. Nell'ordine naturale nè possono prodursi nuove sostanze, nè leattualiannientarsi. I cangiamenti di una sostanza sono cosi connessi tra lo ro,cheinogniistanteilsuostatoèdeterminatodalsuosta to antecedente,cioè nel corso de'suoi cangiamenti ha per modificazionecostanteunatendenzaalcangiamentocheim mediato vaseguendo,equestatendenzaèquelchenoico  - 57 8   nosciamo della forza interna di una sostanza.La diversa na tura di queste forze ci viene manifestata dalla esperienza, cioè dai diversi cangiamenti della sostanza.Così distinguia mo levarieforzeinternediunasostanza,elevarieforzein terne delle diverse sostanze ». « Una sostanza, che trovasi in uno stato permanente non può da sè stessa,cioè per propria forza,passare ad altro stato ». «Oltrelaconnessionetraicangiamentidiunastessaso stanza v'è anche una connessione tra i cangiamenti di di verse sostanze,cioè una mutua azione tra le medesime ». « Tutti gli avvenimenti dell'universo saranno necessarii, e l'azzardo non è che l'incontro di avvenimenti non con nessi tra loro.Ma questo incontro medesimo è necessario, in quanto son necessarie le serie de'cangiamenti anteriori, che han determinato quegli stessi avvenimenti che s'incon trano ». Ecco la somma della sua dottrina,la quale,intorno alla causalità specialmente, è la traduzione filosofica delle leggi delmoto diNewton.Questeleggi,osservailDeGrazia,ed a ragione, non sarebbero vere leggi degli esseri naturali,se fosse falsa l'ipotesi della mutua azione. Locke intanto aveva negato l'idea di sostanza, Hume la connessione richiesta dalla mutua azione nella causalita ; entrambi per lo stesso motivo,che noi cioè non conoscia mo adeguatamente nè quella,nè questa.Pare al nostro au torecheilragionamentodiHumesiriducaaquestoentime ma:noinonabbiamoideaadeguata diazione;dunque non ne abhiamo punto. Le ricerche,dalle quali Hume era stato indotto a questa conclusione ,la quale troncava i nervi ad ogni attività scien tifica, si possono brevemente esporre così.L'esperienza non dàconnessione,ma semplicecongiunzione:ilragionamento non dà idee nuove :l'abitudine non cangia la natura della  58   prinda percezione,come una serie di zeri è impotente a co stituire una quantità. Con lacoscienzacolghiamolemutazioninostre,elegiu dichiamo appartenereallanostrasostanza:conl'astrazione noi rendiamogeneralequestaconnessioneinterna.La spe rienza esternadipoicimostrafattiincongiunzione,ma con tal costanza,che noi ci avvezziamo a riferire un fenomeno alla presenza di un dato oggetto:noi induciamo,che questa congiunzionesiaunaveradipendenza.Eperchè?«Unacon t r a r i a s u p p o s i z i o n e , ei r i s p o n d e , i m p l i c a l ' a s s u r d o , c h e d u e sostanze con le stesse modificazioni sono condizionate ad e sercitare una mutua azione in un tempo più tosto che in altro;in un luogo più tosto che in altro luogo. In tal guisa tutte quelle funzioni del pensiero,che isolate non sarebberostatebastevoliafornircilaconnessionecau sale,intrecciateabilmente insieme bastano. IlKant,come sappiamo,dallepremesse diHume,lasciate correre senza contrasto,inferi che dunque l'idea di causa è a priori ; evitando con questa origine le scabrose ricerche de]l'analisi.Altri aveva inferito,che ilprincipio di causali tà sia,nongiàsinteticoapriori,ma analiticoadirittura, come trainostriilGalluppiedilRosmini:ilnostroDeGra zia riconosce che nella idea dell'avvenimento non è racchiu s a l'idea della sua causa ; dà ragione alla filosofia critica di averlo sostenuto per sintetico;ma crede di coglierla poi in flagrante contraddizione nel valore che Kant attribuì a tal principio.Giovaesaminarequest'ultimo aspetto della que stione .  .-59 11DeGraziareplicò:altroèilnonavereunaideaadegua ta,ilnonconoscereilcomedell'azione;edaltroilnon a verne la menoma idea.Vero è inoltre,che nè la sperienza, nè il sillogismo,nè l'abitudine bastano da soli,ma intrecciati insieme forsebasteranno:epoisièlasciatafuordiconto l'in duzione,laquale èdiunaiutoinestimabile.Ed eccocome.   Kant aveva attribuito al principio di causalità un'origine apriori,epoiavevaattribuitoallostessounvalore ogget t i v o : il D e G r a z i a i n t e r p e t r a o g g e t t i v o n e l s e n s o d e l l a f i l o s o fiasperimentale,ed affibbiaalKant una contraddizione,che proviene da una poco esatta cognizione della Critica della Ragion pura. «Daunapartesiammette,cheinostriconcettieigiu dizî sintetici a priori hanno un valore oggettivo nella na tura ... Dall'altra parte si sostiene che la causalità non è legge degli esseri, ma legge de'lor cangiamenti sommessi alla nostra esperienza ». Per Kant l'oggettivo non era punto nella natura , m a era semplicemente ciò che si trovava in ogni coscienza,non co me questa o quella coscienza empirica ed individuale,ma in ogni coscienza umana in universale,in ogni coscienza uma na come tale. Onde Kuno Fischer esponendo questa significazione della parola oggettivo nel sistema kantiano scrive appunto cosi: « N u n heisst « verknüpft sein in reinen Bewusstsein » soviel als « obiectiv verknüpft sein ». Ma di tali inesattezze fu causa non la poca penetrazione dellamente,sil'averluiignoratolalingua tedesca;ilche lo costrinse a servirsi di poco sicure traduzioni. N e l l ' e s a m e d e l m o d o , c o m e il D e G r a z i a s p i e g a l ' o r i g i n e dell'idea disostanza,equella dicausa,noi abbiamo indi cato tutto quanto il suo processo analitico nella genealo gia del pensiero,perchè la prima idea è primitiva, la se conda derivativa. Pure di altre principali toccheremo un cenno per chiarezza maggiore,ma prima alleghiamo testual mente la formola del suo metodo. « Pura osservazione di fatto nelle idee primitive;pura os servazione di concetti astratti nelle idee derivative ;ecco i due cardini del presente Saggio. La natura oggettiva delle idee di rapporto , e i giudizî parte integrante di alcune idee sono ledue vedute primordialinellaquistionedellaorigine e realtà delle nostre conoscenze ». Con questo criterio ora ilnostro filosofo si fa ad esami nare ilfatto,ediquivi pervia diastrazione,ossiapervia del giudizio,attinge ogni nostra idea. Percepire ilpossibilevalgiudicare ciò ch'è possibile, come percepireilnecessariovalgiudicareciòch'èneces s-ario,e percepire ilgeneraleval giudicare ciò ch'è gene r ale ». È una falsa opinione il credere che la necessità,la pos sibilità,launiversalità,come altresì laidentità,ladiversi t à non siano contenute tutte quante nella realtà che ci sta davanti : il giudizio non aggiunge nulla di suo, esso è un puro mezzo di osservazione, e nulla più. « Il nostro spirito ha la virtù di apprendere l'identità e la diversità,con cuisioffronoleideeallanostra percezio ne:eccoquantodevesisolamentediredalfilosofo». L'infinito non è pel nostro autore,se non la quantità in finita, e la origine di questa idea è anch'essa dovuta alla e sperienza. « Partendo dal principio,che ilpositivo dee precedere il negativo nell'ordine genealogico, abbiamo conchiuso,la quantità che ha limiti dover precedere la quantità che non ha limiti;ilfinito dover precedere l'infinito;ilsiavanti al no.L'equivoco ènelcredere,che una quantitàinfinita non ènegativa». Che sesiosserva,laquantitàinfinitacomprendere in se tutte le finite, è da osservare altresì ch'essa le comprende non come negazione,ma come quantità:lanegazione siri ferisce al limite. Tra quelli che San Tommaso chiamava sensibili comuni c'erano l'estensione e lasuccessione,rapporti quantitati vi,mentre isensibiliproprîeranoqualità.Oralavorando  Piùcomplicataèlagenesidelleideedispazioeditempo.   62 sopra questi due dati,vale a dire considerando come as soluta la posizione de'punti nella estensione,e degl'istanti nella successione, si ha nel primo caso lo spazio, nel se condo iltempo. « La pura estensione non è tutta intera l'idea dello s p a zio :in questo v'è dippiù il valore assoluto de'suoi punti . L'idea di successione non è tutta intera l'idea del tempo : in questo v'è dippiù il valore assoluto de'suoi istanti ». Che cosa vuol dire questo valore assoluto ? Ecco:l'estensione consiste nella postura de'punti;e c o testa postura è di sua natura relativa. Se ora la postura non si riferisce ad alcuni punti soltanto,ma a tutt'i punti assegnabili,siavrànonpiùunadataestensione,ma lo spa zio.Cosidicasideltempoperrispettoallasuccessione. C'è successione,se un istantesiriferisce ad un istante dato : c'è tempo se la relazione si allarga a tutti gl'istanti a s s e gnabili. Dimodochè lo spazio siha negando illimite della esten sione finita ; il tempo negando il limite della successione finita. Ma l'estensione e la successione,si domanderà, donde provvengono ? IlDeGraziachelichiamasensibilicomuni,ritenendo la nomenclatura tomistica nel Prospetto della filosofia o r t o dossa,nel Saggio ne attribuisce l'origine non alla sensibi lità, ma all'intelletto.Egli anzi combatte la dottrina k a n tiana delle forme pure della sensibilità,osservando che non si può dare estensione e successione senza apprendere del le sensazioni come moltiplici,e quindi come diverse, o meidentiche;sicchènumero,diversità,identitàsono con dizioni dell'apprensione di questi due nuovi rapporti, che si dicono estensione e successione.Kant che le attribuiva alla sensibilità non si accorgeva del concorso indispensa bile dell'intelletto che vi si richiedeva ;ed anzi si contrad  CO   diceva ammettendo, che la materia sensibile prende un pri mo ordinenelleformepuredellasensibilità,echeperesse forme la varietà e la moltiplicità della rappresentazione ac quista un certo ordine. Questa contraddizione era stata avvertita dal Borrelli pri ma delGrazia,eforsequestil'hamutuatadall'autoredella Genealogiadelpensiero.Kant,aveva dettoilBorrelli,tie ne percategoriedell'intellettoladiversitàelamoltiplicità: e d intanto ammette una varietà ed una moltitudine anche nella sensibilità: come va ciò ? Nè il Borrelli, né il De Grazia s'accorsero però che il divario tra categoria, ed intuizione pura consiste non già nel supporre entrambe una moltiplicità;ma nel diverso m o do dellegamecategorico,edintuitivo. Ma è tempo omai di giudicare nel suo insieme il tentati v o del nostro filosofo. Propostosi discoprire lelacunedellafilosofiadelGallup pi principalmente,e di additare i costui sviamenti dal m e todo sperimentale, egli si studia di evitare ogni spiegazio n e ,la quale non si desumesse dal fatto reale.La ragione c'è nonperprodurre,maperosservare:ilpiùchepossafa re èdiastrarre.Per questa disposizione d'animo gliando a sanguelafilosofiadell'Aquinate,che,foggiatasul'ari stotelica, gli parve battesse la stessa via.Ripetendo l'an tico adagioaristotelicocheilpensareèofantasia,onon senza fantasia,l'Aquinate procede difatti di astrazione in astrazione,ma senzadispiccarsimaidalfattosensibile.Che cosaèilfantasma?Similitudinedellacosaparticolare:Si militudo reiparticularis.Checosaèl'attodell'intendere? È laspecieintelligibile,speciesintelligibilis,chesitorna ad astrarre dalfantasma:un'astrazione adoppiogrado.E che cosavuoldireilluminareifantasmi,equelfamoso lu me divino,sulqualetantoavevadisputatoilRosmini,seera Dio stesso,ounsuoriflesso?PelDeGrazianonèaltro,se  non l'effetto della attenzione, che vi si presta. Il giudicare era a lui un fatto irreducibile,da non confondere con la s e n s a z i o n e ,m a i n s i e m e e r a u n p u r o m e z z o d i o s s e r v a z i o n e . O s s e r vare adunque è la parola che compendia tutta la sua filosofia . Per questo verso la filosofia del De Grazia è più moderna di quella del Galluppi, e rasenta assai da presso il Positivis mo contemporaneo,cheinqueltorno sistavaconcependo. Il Corso di filosofia positiva dettato da Augusto Comte fu pubblicato in Francia. Il De Grazia avrebbe potuto averne notizia,matuttoinduce acredere,ch'ei non l'abbiaavuta.L'educazioneprimadellasuamente, che al pari di quella del Comte era stata avvezza alle scien zeesatte,elapocapropensione per lespiegazioni trascen dentali poteronlo però sospingere per la medesima via. Il De Grazia al pari de'positivisti dichiara sconosciute le essenze delle cose, limitata ad una mera riduzione di feno meni tutta la nostra scienza:crede anche lui doversi appli care alla filosofia il metodo delle scienze esatte e delle s p e rimentali,e da qui la grande importanza che attribuisce alla induzione , la scarsa che attribuisce al sillogismo .  Se non che all'osservazione immediata ei seppe accoppia re l'induzione,ch'è l'osservazione mediata.Della induzio ne ebbe un concetto preciso,nè lavolle ristretta al sempli ceradunamento de'fattiosservati,ma ne estese la portata oltre ai limiti della sperienza.In questo allargamento però essa non genera nell'animo quella evidenza, che scintilla soltanto dalla osservazione immediata, o dalle verità di r a gione;ma una certezza morale,laquale ammette la possibi litàdell'opposto.Tutte lescienzesperimentali debbono te nersi paghi di quello stato, ch'è pure tanto discosto dal d u b biotormentosolasciatoinereditàdạHume,ilqualedisco nobbe l'efficacia della induzione. Ecco difatti alcune sentenze,le quali si potrebbero cre dere imitate da Augusto Comte.   « Il metodo è il ridurre i fenomeni particolari a'fenomeni generali, e questi ad altri più generali fino ad arrestarsi a pochi fenomeni irreducibili ». « La riduzione viene operata a lume delle verità neces sarie da un lato,e dalle accurate osservazioni dall'altro la to.E un fenomeno generale che resiste agli incessanti rigo rosi tentativi di riduzione,non è perciò dichiarato assolu tamente irreducibile alle note forze primarie delle sostanze corporee,note però negli effetti, e per noi sempre ignote nella loro essenza ». « I nostri mezzi sono impotenti a scovrir la natura degli ésseri.Tutto quel che può scovrire la nostra ragione nella scienza della natura è riposto nel classificare i fatti speri mentali con andarrisalendoda’fattiindividualia'generali, e da questi a'più generali fino a raggiungere ifatti primiti vi,ov'èforzal'arrestarsi». Ma allatoaquestesomiglianzetroviamonelDeGraziadei tratti, che lo differenziano dal fondatore del Positivismo francese;ne addito due come principali. Il Comte trascura affatto il problema della conoscenza , ed invece questo problema rimane pel De Grazia ilprimo ed il capitale. Il Comte attribuisce alla metafisica un valore storico sol t a n t o , il De Grazia è per sua s o c h e l a metafisica po s s a r i m a nere accanto alla scienza sperimentale.Così,sebbene dichia ri inconoscibilel'essenzadell'anima,enotasolalasuama nifestazione nel pensiero,non esita poi di affermare che la metafisica ne ha stabilito la spiritualità, l'immortalità, la vita futura. Questa oscillazione fra le esigenze del suo metodo e le tra dizioni di quella ch'ei chiama filosofia ortodossa fa sì che in lui sipuòravvisareorauntomista,edora un positivista, secondo i casi.Se non che il tomismo stesso a lui or balena 9  va come riflesso dalla filosofia aristotelica,or come lume r a g giante dallarivelazionedivina; edellaortodossia del cre dente si faceva schermo a nascondere gli ardimenti del si losofo . Noiignoriamoqualiaccuseglifuronomosse,equalirim proveri fatti :certo apparisce da alcuni luoghi dei suoi li bri che qualcosa di simile ci debba essere stato : eccone u n o per esempio. « Ci crediamo abbastanza fortunati di aver veduto p r o trattiinostrigiorni,finoall'istantedirassicurarciche il nostro comunquedebolelavoroerasottolaguarentigiadel l'Aquinate, contro le avventate odiose imputazioni ». Ed altrove dice esplicitamente ch'ei ricorre all'autorità diSanTommaso periscagionarsidellatacciad'incredulita. Lo studio di Aquino, e d il Prospetto della filosofia ortodossa che ne fu ilrisultato,ebbero adunque per fine ladifesa della propriadottrina.Meglio forse avrebbe fatto a dispregiare ilvano cicaleccio delvolgo,che di ogni ri cercafilosoficas'adombraes'insospettisce;ma l'indoledel nostro filosofo era dimessa e circospetta, e preferi di ripa rarsi sotto l'egida di un dottore di santa Chiesa; come se u n altrettalespedientefossegiovato al Rosmini edal Gioberti. Senza il bisogno di questa apologia della sua dottrina a vrebbe potuto por mano a quella Filosofia del pensiero, a cui accenna;imperciocchè,contutt'iseivolumidaluimessi a stampa,ilsuo sistema rimane appena delineato nel prin cipioenelmetodo;nèdelleapplicazioni alla Estetica,oal l'Etica si trova più di un semplice accenno: la Logica stessa non vi è di stesa pienamente, sebbene tutto i'l Saggio non s i occupi di altro che di Logica. Stando ai brevi accenni noi sappiamo che le parti della filosofia per lui sarebbero state la logica,l'etica,l'estetica, perchè itre fenomeni irreducibili del pensiero sono ilgiudi care,ilvolere,ilsentire.Ilsillogismo ègiudizio pure;ma  66   un giudizio fondato sopra idee astratte, mentre il giudizio primitivo è la osservazione immediata della realtà concreta. Il sillogismo è applicabile alle sole verità di ragione. La prova induttivá si adopera a slargare la cerchia della sperienza immediata :essa però presuppone la realtà delle idee di numero,identità, diversità, sostanza,modificazione, necessità,possibilità.Queste idee non si possono ricavare per induzione, altrimenti ci sarebbe un circolo:sono ricava te per astrazione dalla osservazione immediata fatta per m ezzo del giudizio. L'associazione è la sorgente spontanea,ma illegittima del le nostre idee: l'induzione dipoi legittima, confermandole , quelle relazioni,che l'associazione delleidee aveva per ipo tesi anticipato. Ecco adunque delineato il compito della logica: analisi d e l senso comune, e giustificazione delle credenze spontanee che quello contiene. E dell'Etica ? Solo per intramessa sappiamo,ch'egli,a differenza di Elvezio , il quale dà per originario il solo desiderio del proprio utile, ammette appetiti disinteressati originalmente, non credendo che l'abitudine potrebbe andare fino al punto di snatu rare laqualitàstessadeldesiderio.Orsenoiabbiamo nella coscienza attuale de motivi disinteressati, è necessità che questi motivi si fondino sopra appetiti primitivameute tali. Anchequiadunqueavrebbe il De Grazia adottatolostesso procedimento della conoscenza :lo spirito avrebbe legittima to conlaragioneciòchelanaturaspontaneamenteavesse in  1 Prima la mente crede, perchè non ragiona ancora ;poi crede,perché laragione ha legittimato lasuacredenza. Fin chè il dubbio non l'assale,la mente riposa sicura sui nessi stretti spontaneamente dalla associazione naturale delle sue idee:quando ildubbio sottentra,la induzione ne la libera, giustificando la spontanea credenza .   origine operato. Se non che, eglisenerimetteaquella Filo sofiadelpensiero,chepoiononscrisse,ononarrivòsino a noi. Meno preciso è il disegno, del qua l e si sarebbe dovuto toccare della Estetica. Noi sappiamo solo, che il Bello è per lui «l'oggetto della percezione,quando ci riesce piacevole il contemplarlo ». Ma ,oltre a questo effetto prodotto dalla bel lezza nello spirito contemplatore,invano si cercherebbero altri schiarimenti . Nei voluminosi libri che scrisse avrebbe il De Grazia po tuto colorire intero il disegno della sua filosofia, se non si fosse allargato troppo in polemiche ed in apologie,soventi superflue, e se avesse usato maggior parsimonia nello stile, ch'èdiffuso,stemperato,eridondante d'interminabiliripe tizioni. I sei volumi si sarebbero potuti restringere in un solo, o in un paio al più, senza nessun danno per le idee che viesprime;eforseconquestoguadagnodippiù,diaverpo tuto trovare maggior numero di lettori. Dobbiamo in questa occasione ricordare,che il sensua lismo era la dottrina favorita de'giovani italiani, pria di comparire il Saggio su la critica della conoscenza,ilche av venne nel 1819; e che in parte con la forza del ragionamen to,einparteconquellaautoritàcheilnostroGalluppi ven ne mano mano acquistando pel valore della sua opera, egli riuscì a sradicare l'errore dalle menti giovanili,ed avviarle a'sani principi della morale e della religione.Quindi le sue istituzioni di filosofia, del tutto conformi ai suoi principi del Saggio,furono adottate per quasi tutte le scuole d'inse gnamento in Italia.Un tal positivo giovamento recato alla  68 Il De Grazia combatté la filosofia del Galluppi, finché que sti viveva e professava nella Università napoletana : la combattè perchè la credette sbagliata e perniziosa. Morto che fu ilsuo grande avversario,ei,pur rimanendo saldo nella sua sentenza , scrisse di lui queste parolesua patria è la gloria maggiore cui aspirar mai si possa da un filosofo». Così il De Grazia giudica il Galluppi morto nel Prospetto di filosofia ortodossa ; ed il giudizio ci rivela il carattere integro,leale,generoso di chi lo portava.Combattendo le dottrine di un avversario,ei rispetto,ei lodò le intenzioni ; ei non disconobbe l'utilità che aveva arrecato al suo paese . Talvolta anzi ei par che non agogni,che non cerchi altra gloria, che quella conseguita dal suo valoroso avversario: dispera quasi di conseguirla vivo,pur se l'augura dopo morto, non tanto per sè, quanto a pro della sua patria. «Ese non può goderne chi l'ha meritata, pur questa tar dagloriasiriflettesulasuapatria, servedisprone a'suoi concittadini sopra tutto,nella faticosa carriera letteraria, e riesce di nobile compiacenza per tutti gli spiriti fatti per a m mirare,per amar lavirtù ». Chi scriveva queste magnanime parole ebbe certamente un cuore non minore della mente, e la tarda gloriadaluiinvo cata è un tributo ben meritato da chi non stimolato da biso gno, non allettato da premio, passò la vita, non fragliagi ereditati, manella faticosa palestra dello studio, dove s'in vecchia e simuore anzi tempo,ma dove siha almeno ildrit todicredereche, morendo, non si muore del tutto.Vincenzo Di Grazia. Grazia. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grazia” – The Swimming-Pool Library. 

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