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Thursday, February 15, 2024

Grice e Musonio

 Gaio (1) Musonio Rufo, figlio di Capitone (2), fu degli stoici di maggior grido in quell'età, e uno di quelli che si guadagnarono un maggior numero di seguaci per l'efficacia del loro insegnamento. Plinio Secondo infatti, lodando le virtú singolari del suo amico Artemidoro, assicura che per esse ei merito che « a C. Musonio ex omnibus omnium ordinum adsectatoribus gener adsumeretur ». Era di Volsinio (3), in Etruria; ma non si può dire se fosse nato sotto Claudio o sotto Caligola; benché sia più probabile la seconda supposizione (4). Appartenne all'ordine equestre (5).L'incontriamo la prima volta in Roma, quando ne è mandato in esilio da Nerone l'anno 65, in quella serie di condanne che segui alla sventata congiura di Pisone. A lui, come a Verginio Flavo, celebre maestro di retorica, nocque, secondo Tacito, « claritudo nominis...; nam Verginius stu-

  • dia iuvenum eloquentia, Musonius praeceptis sapientiae fo-vebat » (1). Tre anni innanzi era nell'Asia Minore presso Ru-bellio Plauto (*), insieme con un altro filosofo, Cerano, greco,
  • il quale non si trova nominato in altro luogo (8). Sicché è probabile che egli non tornasse in Roma se non dopo la morte di Rubellio (l'anno 63), per seguire il quale aveva dovuto nel 60 lasciar Roma, quando a Rubellio per ordine di Nerone convenne ritirarsi in Asia (1). Se, adunque, fino al 63 il nostro Musonio poté essere il filosofo di Rubellio Plauto, del quale vedremo con che ardore proseguisse lo stoicismo, dopo quell'anno fino al 65 la frase di Tacito ci dice cheegli dovette esercitare in Roma l'insegnamento pubblico. Le relazioni avute con Rubellio — che prima del 60, al dire di Tacito (1), omnium ore celebratur, — e quei due anni consecutivi d'insegnamento pubblico, devono avergli fruttato la claritudo nominis che fu madre del suo esilio (2), Nerone nella scoperta della congiura pisoniana aveva trovato tra i congiurati più d'uno della setta stoica, come Seneca, a quanto pare, e Lucano; ed era naturale che anche Muso-nio, l'antico maestro ed amico del suo odiato Rubellio, lo stoico che suscitava tanta ammirazione intorno a sé e trasfondeva in tanti il suo entusiasmo, siccome apparisce da quel che ne dicono Tacito e Plinio il giovane, facesse nascere nell'animo dell'imperatore sospetti e timori e fors'anche invidia.

    Musonio, cacciato da Roma, fu da Nerone relegato nel-

    l'inospitale isola di Giaro, tra le Cicladi; e quivi dimorò fino alla morte di codesto imperatore. Ma neppur li si rimase dall'insegnare; giacché Filostrato - testimonio, in verità, non sicuro — ci fa sapere che in quell'isola accorrevano a lui da ogni parte, e da uno dei frammenti con-servatici da Stobeo si scorge che in Giaro era alla scuola di Musonio il compilatore di quella specie di 'Azurnusycuata, donde gli estratti musoniani di Stobeo sarebbero tolti (8).A Giaro si rese benemerito dell'isola, dove non s'era mai vista dell'acqua, ed ei seppe trovare una fonte; per vedere la quale Filostrato afferma che al suo tempo si visitava ancora quell'erma isola (1). Quanto tempo vi rimanesse si può precisare da un luogo del suo discepolo Epiteto; dove si ricorda un detto di lui relativo alla morte di Galba, dal quale risulta che egli era già a Roma sotto questo impera-tore. Sicché molto probabilmente vi sarà tornato nel 68, alla morte di Nerone (2); non altrimenti dello stoico Elvidio Pri-sco, cacciato anche lui da Nerone nel 65, e tornato a Roma

    all'avvento di Galba all'impero (*).

    E a Roma Musonio si trovava durante il breve impero

    di Vinelio poicho 1 Potia Coria, sli api basiatori to riti

    Tao qua dio qui (o in pa la da i, partando gravi guasti

    l'ambasceria è rimasta famosa; giacché le parole, onde ce la descrive Tacito, colpiscono una delle debolezze più ridicole che si possano rimproverare ai filosofi: quella di far della filosofia fuori di luogo. Grave il danno prodotto dai Flaviani fuori della città; il popolo, levatosi in armi, vuole uscire in massa contro gli assalitori: tra poco scoppierà terribile la guerra civile. Si convoca il Senato; e questo sceglie dei le-gati, che si rechino ai duci di quell'esercito, per persuaderli pel bene della repubblica alla concordia e alla pace. Tra i primi inviati c'è uno de' più fervidi e sventurati stoici di quest'età, Aruleno Rustico, allora pretore. Ma egli e i compagni, venuti da Ceriale, furono accolti assai male; egli anzi ferito. Il che eccitò più che mai gli animi del popolo: « auxit, dice Tacito (*), invidiam super violatum legati prae-torisque nomen propria dignatio viri ». E quest'offesa recata a un uomo di tanta riputazione della sua setta. non dovette essere l'ultimo dei motivi che spinsero quindi Mu-sonio Rufo a mischiarsi (2) con gli altri legati, che andarono da Antonio. Ma già non deve parere strano, che un uomo cosi illustre, cosi rispettato al tempo suo, e che sapeva di essere ammirato e di poter contare sull'efficacia della sua nobile parola, s'inducesse a confidare in questa per calmare gli animi dei soldati, dimentichi perfino del più sacro diritto delle genti. Sarebbe stata forse la prima volta che egli parlava a una moltitudine? - Anche le Vestali si fecero apportatrici d'una lettera di Vitellio ad Antonio. Pure non si può non sorridere leggendo in Tacito che Musonio « coeptabat (8) permixtus manipulis, bona pacis ac belli discrimina disserens, armatos monere. Id plerisque ludibrio, pluribus taedio: nec deerant qui propellerent propulsarent-que, ni admonitu modestissimi cuiusque et aliis minitantibus omisisset intempestivam sapientiam ». Ci si sente Tacito ammiratore del vecchio Agricola, anche in quelle considerazioni che l'aveva sentito più volte a fare circa i suoi eccessivi amori giovanili per la filosofia - ultra quam con-cessum Romano ac senatori; - anche nell'avere conservato soltanto ex sapientia modum: e pare che goda a metterci innanzi lo spettacolo comico e pietoso della fatuità d'un filosofo fanatico. Ma sotto i colori aggiunti da Tacito si scorge chiaramente un quadro, che è eloquente testimonianza dell'atteggiamento morale e sociale di questo stoi-cismo: nei seguaci del quale vedi l'anima piena di fede, ardente degli apostoli. In Musonio non c'è l'uomo speculativo inesperto della vita, ma un'anima infiammata da profonde idealità, non comprese dai molti; un'anima compagna a quella dei martiri coetanei della religione novella.

    Sotto la pretura d'un altro illustre stoico, Elvidio Prisco, nell'anno 69, dopo il trionfo di Vespasiano, Musonio si riaffaccia nella storia di Roma: e questa volta con un atto, che gli attirò l'ossequio di tutti gli onesti. Era costume del tempo, come sotto l'imperatori violenti, di darsi al mestiere di accusatore, cosi sotto l'imperatori miti di dare addosso agli accusatori che più avevano spadroneggiato. Chi non ricorda il commovente processo di Barea Sorano, che occupa gli ultimi capitoli degli Annali di Tacito?

    In quell'imperversare dell'anno 65 contro tutti i virtuosi che Nerone vedesse in Roma, mentre Marcello Eprio, come vedremo, assaliva Trasea Peto, Ostorio Sabino citava Barea Sorano (1) a scolparsi dell'amicizia, che nel suo proconsolato in Asia aveva mantenuta con Rubellio Plauto e delle speranze sovversive sparse in quella provincia (2); e ne trascinava in Senato anche la giovane figliuola Servilia, che, mossa dall'angustia del suo cuore filiale, s'era indotta a consultare gli astrologi sulla sorte del padre (delitto anche questo agli occhi di Cesare, che ci vedeva sotto trame e propositi ribelli di novità). Invano il padre proclamava l'assoluta innocenza della sua Servilia: e accorreva verso di lei per abbracciarla, ma i littori frappostisi glielo impedivano.


    Venuta la volta de' testimoni, fra essi si fece a deporre contro il padre, suo discepolo, e la figlia, che a lui s'era rivolta per il responso desiderato sulla sorte del padre, quel malvagio stoicastro di Publio Egnazio Celere, vecchio antenato di Tartufo, e che già conosciamo (4). « Quantum mise-ricordiae, dice Tacito, saevitia accusationis permoverat, tantum irae P. Egnatius testis concivit ». Ma Sorano e Servilia dovettero morire; e Tartufo ebbe il solito compenso dei de-

    latori: denari ed onori (2) — benché Tacito un po' ingenuamente conchiuda che « dedit exemplum praecavendi quo modo fraudibus involutos aut flagitiis commaculatos, sie specie bonarum artium falsos et amicitiae fallaces ». Dopo d'allora i professori di filosofia avrebbero dovuto diventar tutti fior di galantuomini; il che veramente non pare.

    Ma tra gli Egnazii per fortuna c'è sempre un Musonio.

    E Musonio, quattr'anni dopo il turpe fatto, ristaurato con la vittoria di Vespasiano il regno della giustizia, sorse a vendicare la morte del compagno Sorano, simile al suo sciagurato Rubellio oltre che nella misera fine, nel desiderio di avere presso di sè un filosofo, che gli facesse da mentore, quasi dottrina vivente (3). Musonio adunque assali Publio

    Egnazio Celere, accusandolo di falso testimonio contro So-rano (*); mentre Elvidio Prisco si apprestava a fare altrettanto contro Eprio Marcello, accusatore di Trasea. Nota Ta-

    cito, che con l'accusa di Musonio pareva si rinfocolassero ivecchi odii delle delazioni; ma che nessuno tuttavia poteva far nulla che giovasse a salvare un accusato cosi vile e cosi apertamente reo: « quippe Sorani sancta memoria; Celer professus sapientiam, dein testis in Baream, proditor cor-ruptorque amicitiae, cuius se magistrum ferebat » (1). Quel giorno però in cui fu presentata l'accusa, si stabili che se ne trattasse il di seguente: e l'aspettativa era grande. Ma, entrato poi Muciano in Roma e tradottosi ogni potere in mano sua, si disviò e rinviò anche il processo di Egnazio, e non fu ripreso che al principio dell'anno seguente (del 70), un giorno che presiedeva il senato il figlio dell'imperatore, Domiziano.

    Egnazio fu condannato all'esilio, e Sorano vendicato. Sorani manibus satisfactum, dice Tacito, con onore di Musonio, il quale parve a tutti che fosse venuto a capo di un'opera di giustizia (2).

    Vi fu chi ambitiosius quam honestius tentò la difesa della spia: « ipsi Publio neque animus in periculis neque oratio subpeditavit » (3).

    Questa condanna fu un trionfo dello stoicismo, e poté sembrare per un momento che un'aura più propizia incominciasse per i suoi seguaci, grazie al governo mite di Vespa-siano. Ma poco dopo, nel 71, sappiamo da Dione che essi furono da questo imperatore per consiglio di Muciano cacciati tutti da Roma (4). Tutti, ad eccezione di Musonio, risparmiato forse per l'amicizia personale che lo stringeva, secondo Temistio (5), a Tito.Vedremo nella seconda parte le ragioni di questo bando generale dei filosofi a cui Muciano, secondo Dione, avrebbe indotto Vespasiano (che pur tanto favori la cultura (1)) sito

    fino alla morte, che non si può dire quando sia avvenuta.

    Ma pare che fosse morto da un pezzo nell'anno 101 (o 102), quando Plinio il giovane scriveva al padre raccomandan-dogli l'amico suo e genero di Musonio, Artemidoro, e ricordava l'affetto misto di ammirazione che egli - quantum licitum est per actatem (2) - aveva portato al vecchio filosofo etrusco (3).


    (1) PLINIO, Epist., III, 11, 5, 7. Lo ZELLER (o, c., III, 13, p. 729, n. 3) dice soltanto verosimile che il Gaio Musonio di q. 1. sia il noto filosofo stoico. Ma il contesto della lettera a me non pare che lasci alcun dubbio.

    (2) SurA, s.v.

    (3) TAciTo lo dice Tusci generis; Ab excessu, XIV, 59; e TUpprvóv FILOSTRATO,

    Vita Apoll., VII, 16. Ma SuIDA precisa anche la città, confermata da un'iscrizione relativa al poeta Rufio Festo Avieno discendente di Musonio e anch'esso

    Volsiniense: Corpus inscript. latin., VI, 587. Cfr, anche Epigramm. Anth. lat., I, 79, (I, 57 Burm.).

    1. Infatti la frase di PLiNIo, Epist. III, 11, 5: • et C. Musonium, socerum eius (sc. Artemidori], quantum licitum est per aetatem, cum admiratione di-
    2. lexi • - deve far pensare che Musonio fosse innanzi negli anni quando Plinio (nato nel 62 o 61), era ancora giovane; che perciò intorno all'80 avesse una cinquantina d'anni. Lo Zeller pone l'anno di nascita di lui tra il 20 e il 80 d. C.
    3. TAc., Hist., III, 81.
  • (1) Ab excessu, XV, 71. Cfr. DIoNE-SIFILINO, LXII, 27. SUIDA (s. v.) dice: 8ià

    Népwvos dvoupsitar (cioè è ucciso: ma questo è certo un errore). Da un frammento d'una lettera di GIULIANo l'Apostata, riferito da Suida, si ricaverebbe che quando Nerone bandi Musonio, questi occupava una pubblica carica aTe-jé?eto Bapüv = murorum curator erat; ed. Bernardy). Ma non è chiaro se il frammento di Giuliano si riferisca al nostro Musonio, o al Musonio vissuto sotto Gioviano, a cui si riferisce l'art. seguente di Suida.

    (2) Тас., Аб ехсеззи, XIV, 59.

    (8) Ma forse è una stessa persona con lo scrittore di questo nome ricordato da PLiNio tra le fonti della Nat. Hist., I, 2. A torto l'HALM (nell'Index historicus, s. v. Coeranus - nella sua ediz. di Tacito) sospetta che sia da sostituire Cornutus nel detto luogo Ab exc., XIV, 59, 6; perchè la lezione è sicura; e d'altra parte Cornuto in quel tempo era in Roma. Su Cornuto, maestro di Persio e Lucano, v. per ora MARTINI, De L. Ann. Cornuto, Lugd., Bat., 1825;

    ZELLER, o. c., III, I%, 689; TEUFFEL-SCHWARE, Roem, Litter.-Gesch., § 293, 2; e PAULY-WIssOwA, Real-Encyclopidie s. v. Il Lipsio al cit. loc. di Tacito sospettò che il Coeranus dovesse con lieve mutazione di lezione identificarsi con quel Claranus, condiscepolo di SENEcA, di cui questi parla nell'epist. 66. Ed invero la probabile data di questa lettera (primavera o estate del 64, secondo Hu-GENFELD, o. c., p. 675) e il dirsi in essa che Seneca aveva riveduto cotesto Cla-rano post multos annos combinano con l'anno 63, nel quale ei si sarebbe trovato con Rubellio in Asia. Ma nè anche di Clarano s'avrebbe altra notizia.

    (4) Ab exc., XIV, 22.

    1. 0. c., 1. 0.
    2. A questo tempo si può riferire la notizia di EPITETo (Diss., I, 1, 26 e sg.) di un rimprovero dato a Trasea Peto, che avrebbe detto voler egli morire la vigilia di quel giorno, in cui gli sarebbe toccato di lasciar Roma.

    TU ODU aUTÕ POSSOS SiTEV; El uéy d5 PapÚTEpOr ¿xTErA, TIS i Mapia tÃs

    extorisi si d'ós xoupótepor, tis ool déduxev; aù d618i6 pelerãy apxsioles

    TỘ Siouévo; — Quando Musonio tornò, Trasea era morto.

    (3) Quanta incertezza ci sia intorno all'autore dei frammenti musoniani di Stobeo, comunemente attribuiti a quel CLAUDIo PoLLIoNE, che secondo SUIDA (Moudúvos) avrebbe seritto appunto degli anourquoveúpara Mouraviou vedi

    di thy puyny pains au Epaxévos pE X.T.?, STon., II, p. 74. Cir. WENDLAND,


JULIANI epist. in Rhein. Mus., XIII, 24, Froste., Vita Apoll., VII, 16.

Tutti gli altri luoghi di Filostrato in cui si nomina un Musonio, si riferiscono a un altro Musonio, di Babilonia, cinico.

(2) EPITETO (Diss., III, 15, 14) dice: POÚpO TIS ElEYE, l'álßa aparèvros,

8t Noy Movoi o MóJHOE dOEia; "O 8à, Mi yap dyú ool tot', egn, añò l'arßa

натвохейава, оть проова б хосноє діохвіто; — Il concetto di Calba accennato

in questo passo Musonio non avrebbe potuto averlo se non a Roma, dopo essere steto da lui richiamato ed averne sperimentato il governo assai mite in

confronto del precedente.

Lo ZELLER, o. c., vol. cit., p. 730 n., cita anche (come il MoNasEN, Ind. plin., s. v.) Tac., Hist., III, 81. Ma questo luogo non proverebbe. È un evidente errore quello di S. GiRoLaMo, all'anno Abr. 2095 = 79 d. C.: • Titus Muso-nium Rufum philisophum de exilio revocat ». Giacché nella cacciata del 71

Musonio fu eccettuato, e rimase sempre in Roma sotto Vespasiano.

Il CHRIST, Gesch. d. griech. Litter., Nördlingen, 1899, p. 512, dice che Mu-sonio tornò in Roma sotto Trajano! - Molto probabilmente allora era morto.

(8) TAc., Hist., IV,

  1. Hist., III, 80,
  2. TAc., Hist., III, 81: • Miscuerat se legatis... ». Egli non era dunque
  3. propriamente un legato.

prodie tot, il vole di grinto rogu latativo. Bai minciava sompre 

  1. Era stato consul suffectus sotto Claudio nel 52; e apparteneva forse alla famiglia Servilia (Ephem. epigr., II, 45). Sua figlia infatti si chiamava Servilia.
  2. • Crimini dabatur amicitia Plauti et ambitio conciliandae provinciae

ad spes novas •. Tac., 46 exc., XV, 23. Vedi poi i capp. 30-38.

  1. Vedi sopra, pp. 82-3.
  2. "O 8è On MOÚTAOS Eri uE to duxopaurig nal xpipara Nai tudE EraßE

postquam pecunia reclusa sunt • di Tac., 1. c.

(8) Barea Sorano dovette volgersi allo stoicismo dopo il 52, perchè in quest'anno lo vediamo (TAc., Ab exc., XII, 58) autore di quel senatoconsulto (Pul-

NIo, Ep., VIII, 6; cfr. VII, 29, e SvEr., Claud., 28) in cui si decretavano le insegne pretorie e 150 milioni di sesterzi a Pallante. Chi consideri il modo onde Plinio parla di quel S. C., uno stoico non avrebbe commesso un tale atto; mentre poi TAcITo, Ab excessu, XVI, 21, dice che Cicerone volle distruggere la virtù stessa, virtutem ipsam excindere concupivit, con l'uccidere Trasea e Sorano.

(4) • Tum invectus est Musonius Rufus in P. Celerem, a quo Baream So-

ranum falso testimonio circumventum arguebat •. Tac., Hist., IV, 10.(1) Il nome d'Egnazio, come s'è visto più su, rimase tristamente celebre come sinonimo di delatore e traditore vilissimo. Lo dimostrano le frequenti

allusioni di Giovenale.

(2) • Justum officium [Nipperdey) explesse Musonius videbatur • Tac., Hist., IV, 40. Per la condanna della spia cfr. DIONE-SIrIL., LXII, 26, e lo ScHoL. di Giovenale ad Sal., I, 33. - TAcrro, l. c., continua: • Diversa [da quella di Musonio] fama de Demetrio Cynicam sectam professo, quod manifestum reum ambitiosius quum honestius defendisset •. Ma è da sospettare che Tacito abbia confuso il Demetrio cinico, onorato da tutti gli stoici migliori del tempo (cfr. Ab exc., XVI, 34), col Demetrio causidico, delatore di Nerone, ricordato

dallo ScuoLIAsTE di Giovenale, ad Sat., I, 38.

(8) Tac., 1. c.

(4) DIoNE-SIFIL., LXVI, 18.

(5) Orat. XIII, 178.


  1. SvEr., Vesp., 18: • ingenia et artes vel maxime fovit ..
  2. Epist., III, 11. Le lettere del lib. III di Plinio devono essere state scritte tra il 101 o il 102, secondo il MouMsEN, Zur Gesch. d. junger. Plinius, nell' Her. mes, III, 1869, p. 40 (v. lo stesso studio con aggiunte nella Biblioth, de l'école des hautes étude, trad. par Cu. MoreL, Paris, Franck, 1873, p. 11 e sgg.).

(8) Sulla vita di Musonio non v'è che la vecchia Dissertatio de M. R. (1783)

di PIeTRo NIEUWLAND, ristampata innanzi a C. M. R. Reliquiae et apophthegmata, cum ann. ed. F. VENHUIZEN PEERLKAMP, Harlemi, 1822, e uno scritterello del REINACH, Sur un témoignage de Suidas relatif à Mus. R., in Comples rendus de l'Acad. des inscriptions et belles lettres, 1886.

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