LESSICO INTELLETTUALE EUROPEO ALFONSO MAIERU’
VIII
TERMINOLOGIA LOGICA
DELLA TARDA SCOLASTICA
CENTRO DI STUDIO DEL C.N.R. Edizioni dell'Ateneo Roma
1972, © Copyright by Edizioni dell'Ateneo Roma
47
139
195
217
Secondo le norme del Lessico Intellettuale Europeo questo volume è
stato sottoposto all'approvazione di T. De Mauro e T. Gregory
II
III.
IV.
INDICE
Avvertenze
Introduzione
1. Dalla logica antica alla logica medievale, p. 9; 2. Autori
e testi della logica modernorum, p. 22; 3. La logica medievale
come logica ‘formale’, p. 38
Appellatio
1. Appellatio-npoonvopia nell'antichità, p. 47; 2. Il problema
dei paronimi, p. 54; 3. L’appellatio tra dottrine grammaticali
ed esigenze dell’analisi dei sofismi, p. 68; 4. L’appellatio
nelle sumzzzziae dei secc. XII-XIII, p. 85; 5. Il secolo XIV,
p. 98; 6. I logici italiani, p. 114
Appendice 1. L’appellatio dicti nel secolo XII, p. 123
Appendice 2. L’appellatum nei secc. XII-XIII, p. 131
Ampliatio-restrictio (coartatio)
1. Consignificatio temporis, p. 139; 2. I commenti agli Elen-
chi sofistici del sec. XII, p. 145; 3. I trattati de proprietatibus
terminorum e le summulae tra la fine del sec. XII e la metà
del sec. XIII, p. 152; 4. Il secolo XIV, p. 172; 5. I logici
italiani, p. 188
Copulatio
Confusio
1. Suppositio confusa, p. 217; 2. Il sincategorema, p. 224;
3. Confusio e operatività logica (descensus e mobilitas),
p. 232; 4. I maestri più noti del sec. XIV, p. 243; 5. I lo-
323
393
499
623
625
634
635
637
VI.
VII.
Indice
gici inglesi della metà del sec. XIV, p. 271; 6. I logici ita-
liani, p. 287
Appendice 1. La suppositio e le sue divisioni nei secc. XIV-
XV, p. 306
Appendice 2. La negazione, p. 318
Propositio modalis
1. La logica modale nell’antichità, p. 323; 2. Boezio, p. 328;
3. Il modus nella logica medievale, p. 332; 4. Abelardo e
l’Ars Meliduna, p. 337; 5. I secoli XII-XIII, p. 344; 6. Il se-
colo XIV, p. 354; 7. Logici inglesi e italiani dalla metà del
sec. XIV, p. 367; 8. Per un’interpretazione della proposizione
modale, p. 374
Appendice. La Quaestio de modalibus di Bassano Politi, p. 385
Probatio propositionis
1. Il termzinus, p. 393; 2. La probatio, p. 398; 3. Termini
immediati e mediati, p. 403; 4. L’expositio, p. 412; 5. La
resolutio, p. 433; 6. I termini officiales, p. 451; 7. La de-
scriptio, p. 467; 8. La probatio per causas veritatis, p. 471
Appendice 1. Il trattato De probationibus attribuito a Gual-
tiero Burleigh, p. 484
Appendice 2. Il trattato De propositionum multiplicium si-
gnificatione di Guglielmo Heytesbury, p. 489
Sensus compositus, sensus divisus
1. Accezioni di compositio, compositus e divisio, divisus,
p. 499; 2. Aristotele, p. 507; 3. Da Boezio alla fine del sec.
XII, p. 511; 4. Dalla fine del sec. XII ad Alberto di Sasso-
nia, p. 524; 5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham,
p. 540; 6. I trattati italiani dei secc. XV-XVI, p. 555
Appendice 1. Il trattato Termini qui faciunt, p. 601
Appendice 2. Il trattato Termini cum quibus e Paolo da
Pergola, p. 607
Indici
Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi
Indice dei manoscritti
Indice dei termini greci
Indice dei termini latini
Esprimo la mia gratitudine al Prefetto della Biblioteca Apo-
stolica Vaticana e ai Direttori delle Biblioteche Angelica, Casa-
natense, Nazionale Centrale « Vittorio Emanuele II » e Univer-
sitaria Alessandrina di Roma; Ambrosiana di Milano; dell’Archi-
ginnasio di Bologna; Universitaria di Padova; Nazionale Mar-
ciana di Venezia; della Library of Corpus Christi College di
Cambridge; della Biblioteka Jagielloriska di Cracovia; della Wissen-
schaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt; della Bodleian Library
di Oxford; della Bibliothèque Nationale di Parigi; della Oester-
reichische Nationalbibliothek di Vienna. Devo alla loro cortesia
se mi è stato possibile utilizzare i fondi manoscritti o a stampa
sui quali è stato condotto il lavoro.
Ringrazio di cuore Lorenzo Minio-Paluello, che mi ha fornito
preziose indicazioni relative alla traduzione boeziana degli Elenchi
sofistici; Jan Pinborg, che ha messo a mia disposizione le notizie
da lui raccolte su Tommaso Maulevelt; Tullio de Mauro e Nino
Dazzi, che hanno avuto la bontà di leggere e discutere con me
il manoscritto. E ancora Zelina Zafarana, Giovanni Crapulli,
Agostino Paravicini Bagliani, Giorgio Stabile.
Un ringraziamento particolare vada a Tullio Gregory, che
mi ha indicato un metodo e mi ha aiutato costantemente e con-
ctetamente durante la preparazione, la stesura e la stampa del
lavoro. Senza i suoi consigli e il suo incoraggiamento non avtei
potuto superare le non poche difficoltà incontrate. Spero che i
risultati non siano del tutto inadeguati alla fiducia accordatami.
Alfonso Maierù
Roma, 10 maggio 1972.
AVVERTENZE
I. Nel corso dell’esposizione saranno utilizzati i seguenti simboli:
CP a
D', ‘G’, ‘1°, ‘5 variabili proposizionali;
- « non », segno della negazione (-p, P);
‘3° «se... allora», segno dell’implicazione
(p > d);
«e», segno della congiunzione; in genere
è omesso; pg si legge: « p e gq »;
«0 », segno della disgiunzione (pvg);
= « equivale », segno dell’equivalenza (p = g).
II. Per quanto riguarda le citazioni di testi latini, si noti:
— dei testi tratti da manoscritti o da antiche edizioni sono
state normalizzate le grafie secondo l’« usus scribendi » del
latino classico;
— si è unificato l’uso delle parentesi per tutti i testi (com-
presi quelli ricavati da recenti edizioni); le parentesi acute
( ) indicano sempre integrazione; le parentesi quadre [ ]
indicano espunzione, o includono una frase o un rimando
utile alla comprensione del passo in esame.
INTRODUZIONE
1. Dalla logica antica alla logica medievale
Gli studi dedicati alla storia della logica medievale! hanno
dimostrato che l’insieme delle dottrine logiche fiorite tra il se-
colo XII e il secolo XV non può essere ricondotto, puramente e
semplicemente, al patrimonio ereditato dagli antichi, ma possiede
una propria autonomia e una fisionomia ben definita. È vero però
che ciò che i medievali hanno elaborato non è spiegabile senza
tener conto dell’eredità degli antichi; proprio per questo, qualsiasi
tentativo di delineare una storia anche parziale dei concetti logici
nel medioevo deve prendere le mosse da un esame di quanto i
maestri medievali hanno ricevuto dall’antichità. Ricorderemo quin-
di, brevemente, gli autori e i testi di logica antica noti nel
medioevo.
1 Cfr. Pa. Bonner, Medieval Logic. An Quiline of its Development from
1250 to c. 1400, Chicago 1952; E.A. Moopy, Truth and Consequence in
Mediaeval Logic, Amsterdam 1953; I.M. BocHeNskt, A History of Formal
Logic, trans. and ed. by I. Thomas, Notre Dame ‘Ind., 1961; W. and M.
KweaLe, The Development of Logic, Oxford 1962 (reprint 1964): delle
due ultime opere, si veda la parte relativa alla logica medievale. Si tra-
lascia qui di ricordare e discutere opere come quella di C. PRANTL, Ge-
schichte der Logik im Abendlande, 4 voll., Leipzig 1855-1870 (ed. anast.
Graz 1955), utile per le notizie che fornisce ma superata nell’imposizione (di
essa esiste una traduzione parziale con il titolo Storia della logica in
10 Alfonso Maierù
Maestro di logica per eccellenza durante tutto il medioevo è
Aristotele. La sua autorità è incontrastata; con le sue affermazioni
i logici fanno i conti anche quando si è ormai operato un notevole
distacco dalle posizioni aristoteliche. Il complesso di opere aristo-
teliche che va sotto il nome di Orgamon (e cioè Categorie, De
interpretatione, Primi analitici, Secondi analitici, Topici ed Elenchi
sofistici), a mano a mano che è conosciuto nelle sue varie parti,
è utilizzato e assimilato grazie a un’assidua ‘lettura’ nelle scuole.
La storia della logica medievale è, per molti aspetti, la storia della
penetrazione e dell’utilizzazione delle opere logiche dello Stagirita
nella cultura medievale.
Accanto alle dottrine aristoteliche sono da ricordare quelle
stoico-megariche. Esse hanno operato in modo meno scoperto
(grazie alla mediazione di Boezio soprattutto) specie per quanto
riguarda la dottrina delle proposizioni ipotetiche e dei sillogismi
ipotetici, del resto sviluppate anche, nell’ambito della scuola ari-
stotelica, da Teofrasto e Eudemo.
Ma per comprendere l’evoluzione della logica medievale e la
posizione storica di certi problemi è necessario tener conto, oltre
che dei contributi dei due grandi filoni della logica antica ricordati,
anche di altri autori e testi che hanno avuto notevole importanza
per la conoscenza e lo studio delle dottrine logiche. Innanzi tutto,
oltre alle opere retoriche, vanno segnalati i Topica di Cicerone,
studiati fino al secolo XIII; poi, il Peribermeneias attribuito ad
Apuleio di Madaura? che, con le sue due parti (capitoli 1-6 e
7-14) dedicate rispettivamente allo studio dell’enunciato e del
Occidente. Età medievale. Parte I: dal sec. VII al sec. XII, condotta sulla
22 ed. tedesca da L. Limentani, Firenze 1937).
2 Sta in ApuLer MapaurensIS Opera quae supersunt, III: De pbilo-
sophia libri, Liber TIEPI EPMHNEIAE, ed. P. Thomas, Leipzig 1908,
pp. 176-194; per questo testo si veda M.W. SuLLivan, Apuleian Logic.
The Nature, Sources, and Influence of Apuleius's Peribermeneias, Amster-
dam 1967 (sull’autenticità dell’opera, cfr. pp. 9-14).
Terminologia logica della tarda scolastica 11
sillogismo categorico, è stato a lungo il manuale su cui si sono
formati i logici del medioevo; ancora, l’Isagoge di Porfirio, dedi-
cato ai ‘predicabili’ o « quinque voces » (genere, specie, diffe-
renza, proprio e accidente) che, nelle traduzioni di Mario Vitto-
rino e di Boezio, è stato sempre ben noto e diffuso nel medioevo
e ha fornito ai logici la formulazione del problema degli universali,
che infatti prende le mosse dalle parole del proemio *; inoltre, le
opere enciclopediche di Marciano Capella‘, Cassiodoro 5, Isidoro
di Siviglia‘, dedicate alla sistemazione delle nozioni fondamentali
delle arti liberali e che riservano quindi una parte alla logica o
dialettica (settimo libro del De Nuptiis di Marciano, terza parte
del secondo libro delle Institutiones di Cassiodoro, secondo libro
degli Esymologiarum sive Originum libri di Isidoro) riprendendo
dottrine aristoteliche mediate prevalentemente dal Peribermeneias
attribuito ad Apuleio, almeno per quelle che si trovano in esso; il
Liber de definitionibus di Mario Vittorino”; le opere di Boezio,
siano esse le traduzioni di tutto l’Orgaron di Aristotele o di Por-
firio, siano commenti alle opere di Aristotele (uno alle Categorie *,
3 Si veda la trad. di Boezio in Categoriarum supplementa, « Aristoteles
latinus », I, 6-7, ed. L. Minio-Paluello adiuv. B.G. Dodd, Bruges-Paris
1966, pp. 1-31; i frammenti della trad. di Vittorino, ivi, pp. 63-68; v. la
posizione del problema degli universali a p. 5.
4 Martrani Minner Fericis CapeLLAaE De nuptiis Philologiae et Mer-
curii libri VIII, ed. A. Dick, Leipzig 1925.
5 Cassiopori SenatoRrIS Institutiones, ed. R.A. Mynors, Oxford 1937
(reprint 1961, 1963).
6 Ismori Hisparensis Episcopr Etymologiarum sive Originum libri
XX, ed. W.M. Lindsay, Oxford 1911.
7 L’opera è edita tra quelle di Boezio in P.L. 64, 891B-910B.
8 In Categorias Aristotelis libri quatuor, P.L. 64, 159A-294C. Per l’ipo-
tesi dell’esistenza d’un secondo commento cfr. P. Hanor, Un fragment
du commentaire perdu de Boèce sur les Catégories d’Aristote dans les codex
Bernensis 363, « Archives d’histoire doctrinale et littéraire du moyen ge »,
XXVI (1959), pp. 11-27.
12 Alfonso Maierù
due al Periermenias?) o a Porfirio (due commenti !°), 0, ancora,
ai Topica di Cicerone! siano monografie (Introductio ad
syllogismos categoricos, De syllogismo categorico, De syllogismo
bypothetico, De differentiis topicis, De divisione *): sono opere
che fissano una terminologia (che alla lunga soppianta quella di
Cicerone e di Apuleio e s'impone definitivamente) ed offrono
ampio materiale per l’approfondimento delle dottrine logiche; in-
fine, un’opera anonima, Categoriae X, uscita forse dai circoli
temistiani (Minio Paluello l’ha edita di recente sotto il titolo di
Paraphrasis Themistiana nell’« Aristoteles latinus »), ‘lanciata’ alla
fine del secolo VIII da Alcuino, il quale forse per primo l’attribuì
ad Agostino, con un’edizione dedicata a Carlo Magno !. Sono da
ricordare ancora i Principia dialecticae attribuiti ad Agostino !',
il De doctrina christiana!5 e il De ordine! certamente di Ago-
stino, più per lo stimolo fornito dall’autorità del santo allo studio
della dialettica, della quale egli sottolinea spesso l’importanza in
quelle opere, che per un effettivo contributo dottrinale (esso,
comunque, è di matrice stoica).
? Anic Mani Severini BoertHm Commentarii in librum Aristotelis
IIEPI EPMHNEIAXZ, rec. C. Meiser, I ed., Lipsiae 1877; II ed.
Lipsiae 1880.
10 Anrcrr Manti Severini BoetHII In Isagogen Porphyrii Commenta,
rec. Schepps-Brandt, Vindobonae-Lipsiae 1906.
ll In Topica Ciceronis commentariorum libri sex, P.L. 64, 1039D-1174B.
1? Introductio ad syllogismos categoricos, P.L. 64, 761B-794B; De syllo-
gismo categorico libri duo, ivi, 793C-832A; De syllogismo bypothetico libri
duo, ivi, 83LA-876C; De differentiis topicis libri quatuor, ivi, 875D-892A;
Liber de divisione, ivi, 875D-892A. Cfr. LIM. De Ryk, On the Chronology
of Boethius Works on Logic, « Vivarium », II (1964), pp. 1-49 e 125-162.
13 Cfr. Anonymi Parapbrasis Themistiana (PsEUDO-AUGUSTINI Cate
goriae decem), ed. L. Minio-Paluello, « Aristoteles latinus », I, 1-5, Bruges-
Paris 1968, pp. 129-175.
14 Cfr. P.L. 32, 1409-1420.
15 P.L. 34, 15-122; cfr. ora De doctrina christiana, recensuit et prae-
fatus est G.M. Green, Vindobonae 1963.
16 Cfr. P.L. 32, 977-1020.
Terminologia logica della tarda scolastica 13
Questo patrimonio di testi e di dottrine non fu tutto utilizzato
nei vari periodi del medioevo. Mentre la cultura logica del se-
colo VII è dominata prevalentemente dai manuali ricordati, e
segnatamente dall'opera di Isidoro, nel secolo VIII Alcuino, per
scrivere la sua Didlectica, utilizza un corpo di testi comprendente
Isagoge, Categoriae X, Peribermeneias dello ps. Apuleio e il primo
commento di Boezio al De interpretatione!. Nei successivi se-
coli IX e X si diffondono, oltre all’opera pseudo-agostiniana Cate-
goriae X che lascia in ombra quella originale di Aristotele (pure
non ignota!), il Periberzzeneias dello ps. Apuleio, l’Isagoge, il
De interpretatione di Aristotele (è in un codice anteriore al-
1°820 !°), i Topica di Cicerone e il De dialectica dello ps. Agostino.
All’inizio del secolo X, intanto, cominciano a diffondersi gli altri
commenti di Boezio; ma solo nel secolo XI tutta l’opera di Boe-
zio (traduzioni, commenti, monografie) s’afferma decisamente: la
1? Cfr. praefatio a De interpretatione vel Periermenias, ed. L. Minio-
Paluello-G. Verbeke, « Aristoteles latinus», II, 1-2, Bruges-Paris 1965,
p. XLII; il De dialectica di ALcuino è in P.L. 101, 949B-976B; una
prima sistemazione dei dati relativi alla diffusione di questi testi nel me-
dicevo è in A. VAN pE Vyver, Les étapes du développement philosophique
du haut Moyen-dge, «Revue belge de philologie et d’histoire », VIII
(1929), pp. 425-452.
18 Per la diffusione delle Categorie d’Aristotele, cfr. gli studi di L.
Minio-PaLueLLo: The Genuine Text of Boethius® Translation of Aristotle’s
Categories, « Mediaeval and Renaissance Studies », I (1943), pp. 151-177;
The Text of the Categoriae: the Latin Tradition, « The Classical Quar-
terly », XXXIX (1945), pp. 63-74; Note sull’Aristotele latino medievale, XV,
« Rivista di filosofia neoscolastica », LIV (1962), pp. 137-147; oltre alla
praefatio alle Categoriae vel Praedicamenta, ed. L. Minio-Paluello, « Ari-
stoteles latinus », I, 1-5, cit.
19 Cfr. L. Minro-PaLuELLO, praefatio a De interpretatione vel Perier-
menias, cit., p. XLII; per la diffusione nel medioevo del De interpretatione,
cfr. J. Isaac, Le Peri Hermeneias en Occident de Boèce è Saint Thomas.
Histoire littéraire d'un traité d’Aristote, Paris 1953.
14 Alfonso Maierù
sua influenza dura praticamente incontrastata almeno fino al pri-
mo quarto del secolo XII®, A
In questo periodo si rafforza e consolida una tendenza, affio-
rata già nei secoli precedenti, a raccogliere in un solo manoscritto
più opere destinate a coprire un ampio arco di dottrine logiche e
perciò poste a base dell’insegnamento. Un gruppo di tre opere,
Isagoge, Categorie di Aristotele e De interpretatione, circola
stabilmente insieme; ad esso si affiancano le opere di Boezio, e
soprattutto le monografie De divisione, De differentiis topicis, De
syllogismo categorico e De syllogismo bypothetico che, insieme
alle tre opere ricordate, costituiscono i « septem codices » posti
da Abelardo alla base delle sue esposizioni di logica nella prima
metà del secolo XII . Altre opere, come il Peribermzeneias dello
ps. Apuleio e, come s'è detto, i Topica di Cicerone, sono oggetto
di lettura pet tutto il secolo XII. Ad esse si era intanto affian-
cato il Liber sex principiorum, esposizione di sei categorie (prin-
cipia: azione, passione, quando, dove, situazione, abito) che integra
quella di Aristotele, che ad alcuni di questi temi non ha fatto
molto spazio; il Liber risulta composto da uno o due frammenti
di un’opera riguardante la expositio delle Categorie di Aristotele
dovuta ad un anonimo autore del secolo XII 2,
Intanto nelle scuole cominciano a penetrare le altre opere
di Aristotele tradotte da Boezio e tutte tradotte di nuovo dal
î 20 Cfr. per tutti, L. Minro-PaLueLLO, Les traductions et les commen-
taîres aristoteliciens de Boèce, « Studia Patristica », II (1957), pp. 358-365
e M.D. CHeNU, La sbéologie au douzième siècle, Paris 19662 cap VI
(Aetas Boetiana), pp. 142-158. i °
s. Cfr. Perrus AsarLarpus, Dialectica, First Complete Edition of the
Parisian Manuscript by L.M. De Rijk, Assen 1956, p. 146 (la seconda ed, è
del 1970, ma qui si utilizza la prima).
fo Ch; L. Minio-PALUELLO, « Magister Sex Principiorum », « Studi Medie-
vali », 38 serie, VI (1965), fasc. II: Per la storia della cultura in Italia
nel Duecento e primo Trecento. Omaggio a Dante nel VII centenario della
nascita, pp. 123-151; il testo (AnonvMI Fragmentum vulgo vocatum « Liber
sex principiorum ») è in Categoriarum supplementa, cit., pp. 33-59; si veda
13 e — mem
Terminologia logica della tarda scolastica 15
greco specialmente ad opera di Giacomo Veneto *; Abelardo in-
torno al 1120 ha conoscenza degli Elenchi sofistici e dei Primi
analitici*; i Topici (già però in parte noti ad Abbone di Fleury,
Gerberto d’Aurillac e Notkero #) e gli Elenchi sono utilizzati nel
1132 da Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi*; Giovanni
di Salisbury per primo dà notizia dei Secondi analitici”, ve-
nuti in circolazione forse prima del 1145 ma non ancora notmal-
mente in uso a Chartres intorno alla metà del secolo XII. Tutte
queste opere sono già oggetto di lettura a Parigi intorno al 1200”.
Si ricostituisce allora il corpus delle opere logiche di Aristotele,
con o senza aggiunta di altre opere; si denomina ars nova il
complesso di opere aristoteliche di recente acquisizione (Primi e
Secondi analitici, Topici ed Elenchi), mentre con l’espressione
quivi la praefatio dell'editore, pp. XXXIX-LV; l’opera è in otto capitoli:
uno tratta della forma, cinque delle prime cinque categorie ricordate, uno
dell’habitus, uno «de magis et minus ».
2 Su Giacomo Veneto, cfr. i contributi di L. Minio-PaLuELLO: Jacobus
Veneticus Grecus, Canonist and Translator of Aristotle, « Traditio », VIII
(1952), pp. 265-304; Note sull’Aristotele latino medievale, VI, « Rivista
di filosofia neoscolastica », XLIV (1952), pp. 398-411; VII, ivi, pp. 485-495;
IX, ivi, XLVI (1954), pp. 223-231; XIV, ivi, LIV (1952), pp. 131-137;
Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, in Venezia e l'Oriente fra tardo
medioevo e rinascimento, a cura di A. Pertusi, [Firenze 1966], pp. 53-74.
2 Cfr. M.T. Beonio BroccHieri Fumacatti, La logica di Abelardo,
Firenze 1964, pp. 12-14.
3 Cfr. Mio-ParueLto, Note sull’Aristotele latino medievale, X, « Ri-
vista di filosofia neoscolastica », L (1958), p. 97.
26 Cfr. Minro-PaLueLro, Adam of Balsham «Parvipontanus » and
his Ars Disserendi, « Mediaeval and Renaissance Studies», III (1953),
pp. 135-140.
2 Joannis SarissERIENSIS Episcopi CarnoTENSIS Metalogicon libri
III, rec. C. C.I. Webb, Oxonii 1929, IV, 6, pp. 170-171.
28 Sui programmi di studio a Chartres e a Parigi cfr. J. Isaac, op. cit.,
pp. 63 sgg. (in part. p. 64); in generale, cfr. M. GRABMANN, Aristoteles im
12. Jabrbundert, « Mediaeval Studies », XII (1950), pp. 123-162, ora in
Mittelalterliches Geistesleben, III, Miinchen 1956, pp. 64-127.
2 Cfr. Minio-PaLueLLO, « Magister Sex Principiorum », cit., p. 149: il
16 Alfonso Maierù
ars vetus si designano i testi in uso da tempo, anche se, in seguito,
l’espressione viene usata dai maestri medievali a designare preva-
lentemente le tre opere: Isagoge, Categorie, De interpretatione,
alle quali risulta quasi sempre aggiunto il Liber sex principiorum *°.
: Queste sono, in sintesi schematica, le linee storiche dell’acqui-
sizione del patrimonio logico antico da parte dei maestri medie-
vali. Ma essi, mediante un assiduo studio e commento dei testi,
giunsero ben presto (a cominciare dalla seconda metà del se-
colo XII) a elabotare gli elementi fondamentali di un corpo di
dottrine logiche che ebbe il suo sviluppo nei secoli successivi.
Due contributi dottrinali furono decisivi in tal senso.
Da una parte, le dottrine grammaticali, raccolte alla fine del-
l’età antica da Donato nelle Artes grammaticae (secolo IV)® e
da Prisciano negli Institutionum grammaticarum libri (anno 500
ca.)®, sono oggetto di studio e di commento, diventano testi di
scuola e vengono distribuiti secondo criteri scolastici: di Donato
si legge l’Ars zizor, l’Ars maior (libri primo e secondo dell’ Ars
maior) e il Barbarismus (libro terzo dell’Ars maior); l’opera di
Prisciano è divisa in Priscianus maior (comprendente i libri I-XVI
degli Institutionum grammaticarum libri) e Priscianus minor (libri
XVII-XVIII)®. Tra i commentatori di Prisciano del secolo XII
corpus aristotelico ricostituitosi circolava in due forme, una italiana (o
italo-germanica) senza l’aggiunta di opere di Boezio, l’altra francese, che
aveva in più il De divisione e il De differentiis topicis di Boezio. ”
” Cfr. Aristoteles latinus, codd. descripsit G. Lacombe, in societatem
operis adsumptis A. Birkenmajer, M. Dulong, Aet. Franceschini, pars prior,
Roma 1939, pp. 43-45. ”
31 Prosi Donati Serva qui feruntur De arte grammatica libri, ex rec.
Th. Mommsenii, in Grammatici latini, ex rec. H. Keilii, IV, Lipsiae 1864:
Ars minor, pp. 355-366, Ars maior, pp. 367-402.
: » Prisciani GrammaTICI CAESARIENSIS Inustitutionum Grammaticarum
libri XVIII, ex rec. M. Hertzii, in Grammatici latini, cit., II (11. I-XII)
Lipsiae 1855, III (Il. XIII-XVIII), ivi 1859. ”
3 Cfr. H. Roos, Die Modi significandi des Martinus de Dacia. For-
o
Terminologia logica della tarda scolastica 17
occupano un posto di rilievo Guglielmo di Conches e Pietro Elia *.
Ma l’approfondimento delle dottrine grammaticali è stato possi-
bile grazie alla filosofia di Aristotele mediata da Boezio (com-
preso il Boezio degli opuscoli teologici).
Il secondo contributo è rappresentato dall’inserimento delle
nuove opere di Aristotele e soprattutto degli Elenchi sofistici nel-
l'ambito degl’interessi logico-linguistici in sviluppo. Gli Elenchi,
commentati a Costantinopoli da Michele di Efeso, tradotti e com-
mentati da Giacomo Veneto, rappresentano in Occidente il contri-
buto di Aristotele e della tradizione greca e bizantina mediata dal
Chierico Giacomo alla chiarificazione dei problemi che traggono
la loro origine dall'uso equivoco delle parole nel discorso. Essi
sono il primo dei testi ‘nuovi’ di Aristotele ad entrare in Occidente,
e innanzi tutto in Italia, per poi passare in Francia, dove era già
in atto lo sviluppo delle dottrine logico-linguistiche, e quindi nel
resto d’Europa *.
Lungo tutto l’arco del secolo XII, da un lato l’analisi delle
parti del discorso proposto dalle grammatiche di Donato e di
Prisciano, dall’altro l'indagine sui termini di cui si compone l’enun-
ciato, quale è nel De interpretatione e nei commenti boeziani ad
esso, contribuirono a individuare alcuni temi, che vanno da quello
della vox a quello della sigrificatio e della consignificatio, dall’in-
dagine sui rapporti tra piano della realtà, piano mentale e piano
schungen zur Geschichte der Sprachlogik im Mittelalter, « Beitràge zur
Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters », XXXVII, 2,
Miinster W.-Kopenhagen 1952, pp. 88-89.
3 Ivi, pp. 93-94.
35 Cfr. Minio-PaLueLLo, Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, cit.,
pp. 67-69; L.M. DE Rrjk, Logica modernorum. A Contribution to the
History of Early Terminist Logic, I: On the Twelfth Century Theories of
Fallacy, Assen 1962; un bilancio del contributo grammaticale e del contri-
buto proveniente dalla dottrina delle fallacie si trova in In, Logica moderno-
rum, Il, i: The Origin and Early Development of the Theory of Suppo-
sition, Assen 1967, pp. 491 sgg.
18 Alfonso Maierù
linguistico * a quello, più complesso, tra oratio ed enuntiatio da
un lato e realtà significata e intelletto che compone e divide i
concetti espressi dalle parole, dall’altro; fino all’articolazione dei
termini componenti l’enunciato in categoremi o parti significative,
soggetto e predicato, e sincategoremi, particelle consignificative o
operatori. Dottrine semantiche ed enucleazione di strutture rile-
vanti da un punto di vista sintattico furono ben presto sistemate
in appositi trattati de proprietatibus terminorum, detti anche parva
logicalia in relazione alle dottrine propriamente aristoteliche rap-
presentanti per eccellenza la ‘logica’, e che nel nuovo genere della
letteratura logica affermatosi nella seconda metà del secolo XII,
le summulae, facevano seguito ai trattati nei quali le dottrine ari-
stoteliche erano riassunti per la scuola.
Ma, contemporaneamente, ci si dedicò allo studio dell’inferenza
logica, elaborata a partire dagli stessi testi aristotelici — Primi
analitici e Topici — e da elementi stoici; si cominciò a parlare
delle conseguentiae e si avviò la costituzione di dottrine della
logica degli enunciati che trovarono posto in trattati autonomi ”.
Questo corpus di dottrine logiche, appartenenti sia alla logica
dei predicati che alla logica degli enunciati, è designato con
l’espressione logica moderna, o logica modernorum, mentre logica
antiqua è detto l’insieme di logica vetus e di logica nova.
I trattati più significativi nei quali si concretizza la logica mo0-
dernorum sono i seguenti *:
36 Cfr. In Arist. Periermenias, I ed. cit., p. 37, II ed., cit., p. 20 (cfr.
cap. IL n. 5); e ancora DE Rijk, Logica modernorum, LI, i, cit., pp. 177-182.
37 Cfr. I.M. BocHENSKI, De consequentiis Scholasticorum earumque ori-
gine, « Angelicum », XV (1938), pp. 92-109; ma si vedrà con profitto di
Pi. BòHNER, oltre all’op. cit., pp. 52 sgg., anche Does Ockbam know of
Material Implication, « Franciscan Studies », XI (1951), pp. 203-230, ora
in Collected Articles on Ockbam, ed. by E.M. Buytaert, St. Bonaventure
N.Y.-Louvain-Paderborn 1958, pp. 319-351.
38 Una prima sistemazione in PH. BòHNER, Medieval Logic, cit., pp. 6-18,
Terminologia logica della tarda scolastica 19
a) Proprietates terminorum: studiano i vati categoremi, e
comprendono: — de suppositionibus o dottrina della funzio-
ne di un termine che occorre in una proposizione in luogo
della cosa di cui si parla; essa si articola in varie specie, come si
vedrà nel capitolo IV; — de armpliatione, di cui ci occupiamo nel
capitolo Il; — de restrictione, per il quale si veda lo stesso capi-
tolo II; — de appellatione, cui è riservato il capitolo I; — de
copulatione cui è dedicato il capitolo III; — de relativis, studio
della supposizione del pronome relativo, condizionata dal rapporto
che esso ha col termine (antecedens) al quale è ordinato; queste
dottrine hanno molto spesso, al di fuori delle surzzzulae, sistema-
zione in trattati autonomi;
b) Tractatus syncategorematum: è lo studio delle particelle
consignificative, o operatori logici; essi sono talora espliciti, talora
impliciti in un categorema: omznis è un semplice sincategorema;
differt è un categorema che ha un importo sincategorematico.
Lo studio dei categoremi comprendenti un sincategorema trova
spesso posto nei trattati de esponibilibus. Ma sincategoremi e
categoremi aventi un importo sincategorematico condizionano la
supposizione dei termini che ad essi seguono, ‘confondendoli’; si
hanno così anche alcuni trattati de termzinis confundentibus (si
veda per questo il capitolo IV). Tutti i trattati dedicati ai sinca-
tegoremi hanno avuto alterna fortuna; spesso sono stati assorbiti
nei Sophismata, raccolta di problemi vertenti su proposizioni che
richiedono particolari analisi proprio a causa dei sincategoremi
(e termini con importo sincategorematico) in esse presenti di:
e L.M. De Ryk, Logica modernorum, II, i, cit., pp. 535 sgg. in part.
pp. 593-596. Cfr. anche, per una valutazione in termini di logistica di
alcuni temi, AN. Prior, The « Parva logicalia » in Modern Dress, « Domi-
nican Studies », V (1952), pp. 78-87.
8 JE. WersnerpL, Curriculum of the Faculty of Arts at Oxford in the
Early Fourteenth Century, « Mediaeval Studies », XXVI (1964), pp. 153-156,
ha fatto il punto sulla questione (cfr. anche: ., Developments in the
Arts Curriculum at Oxford in the Early Fourteenth Century, ivi, XXVII
20 Alfonso Maierù
c) De consequentiis, dedicati alla dottrina dell’inferenza logica
e in genere alla logica degli enunciati;
d) De obligationibus: analizzano e sistemano le regole della
disputa scolastica, che hanno avuto origine dal quotidiano eser-
cizio della disputa sulla traccia, probabilmente, dei luoghi dia-
lettici ‘9;
e) De insolubilibus, dedicati all'esame di proposizioni anti-
nomiche secondo la tradizione del paradosso del bugiardo; la
discussione è condotta con l’aiuto di dottrine sematiche e serve a
precisare il ‘significato’ di una proposizione ‘;
f) De veritate propositionis: è un genere di trattato fiorito
nei secoli XIV e XV che si ricollega agli insolubilia e ripone in
discussione il ‘significato’ della proposizione;
g) ai trattati de probatione propositionis è dedicato il capi-
tolo VI;
h) ai trattati de sensu composito et diviso è dedicato il
capitolo VII.
Quanto la logica medievale debba a influenze bizantine e
arabe è ancora oggetto di indagine; ma due fatti sembra siano
definitivamente acquisiti. Il primo è che di nessuna delle opere
[1966], p. 166 n. 62); ma si veda M. GrABMANN, Die Sophismataliteratur
des 12. und 13. Jabrbunderts mit Textausgabe eines Sophisma des Boetius
von Dacien. Ein Beitrag zur Geschichte des Einwirkens der aristotelischen
Logik auf die Ausgestaltung der mittelalterlischen philosophischen Dispu-
tation, « Beitràge zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittel-
alters », XXXVI, 1, Miinster W. 1940.
4 Cfr., per una presentazione generale, M.A. Brown, The Role of the
Tractatus de obligationibus in Mediaeval Logic, « Franciscan Studies »,
XXVI (1966), pp. 26-35; secondo O. Birn, The Tradition of the Logical
Topics: Aristotle to Ockham, « Journal of the History of Ideas», XXIII
(1962), p. 307, queste dottrine hanno avuto origine dai Topici.
4 Cfr., per alcune note storiche, A.N. Prior, Soze Problems of self-
reference in John Buridan, « Proceedings of the British Academy », XLVIII
(1962), pp. 281-296; L.M. De RiJk, Somze Notes on the Mediaeval Tract
Terminologia logica della tarda scolastica 21
comprese nell’Organon di Aristotele, fatta eccezione per i Se-
condi analitici, esiste una traduzione dall'arabo, né risulta sia
mai esistita, mentre, per quanto riguarda i Secondi analitici,
perduta la versione boeziana, essi furono tradotti dal greco da
Giacomo Veneto (prima del 1150) e poi da anonimo (prima del
1160); solo dopo Giacomo Veneto, Gerardo da Cremona ne
fece una traduzione dall’arabo; ma tutto Aristotele, con eccezione
di poche parti, giunse ai Latini prima dal greco che dall’arabo ®.
È questo un elemento in più a testimonianza che i rapporti cul-
turali con l'Oriente greco non furono mai interrotti; per questo
canale passò anche il commento agli Elenchi, tradotto dal greco
nel secolo XII e attribuito ad Alessandro d’Afrodisia, peraltro
perduto în greco (il testo greco del commento agli Elenchi perve-
nutoci è di Michele di Efeso; in latino restano alcuni frammenti
del commento di Alessandro), e il commento ai Secondi analitici
di Alessandro d’Afrodisia, del quale parimenti manca il testo
greco, entrambi tradotti da Giacomo Veneto *.
L'altro fatto è che l’Isagoge alla logica di Avicenna, unico
trattato logico dello Shifa tradotto in latino, e la Logica di
al-Ghazali citcolarono a cominciare dalla fine del secolo XII
ed ebbero influenza nel secolo XIII, insieme con le opere di
De insolubilibus, with the Edition of a Tract dating from the End of the
Twelfth Century, « Vivarium », IV (1966), pp. 83-115; L.M. Roure, La
problématigue des propositions insolubles du XIII: siècle et du début du
XIVE, suivie de l’édition des traités de William Shyreswood, Walter Bur-
leigh et Thomas Bradwardine, « Archives d’histoire doctrinale et littéraire
du moyen fige », XXXVII (1970), pp. 205-326.
4 Un bilancio puntuale delle traduzioni dal greco in latino è in L.
Minio-PaLueLLo, Aristotele dal mondo arabo a quello latino, in L’Occidente
e l'Islam nell'alto medioevo. Settimane di Studio del Centro Italiano di
Studi sull’alto medioevo, XII, Spoleto 1965, pp. 603-637, oltre che nel
già cit. Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino, pp. 60-61.
4 Cfr. Minro-Paruetto, Note sull’Aristotele latino medievale, IX, cit.,
pp. 229-231, e XIV, cit., p. 131; ., Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino,
cit., p. 62.
22 Alfonso Maierù
Averroè e degli altri filosofi arabi, in una direzione ben precisa:
se della determinazione delle intenziones o concetti, e quindi
È ; ; - ;
h; scorso considerato a livello mentale, e della discussione di
problemi appartenenti alla metalogica *.
2. Autori e testi della « logica modernorum »
Il periodo di storia della logica oggetto d’indagine in questo
lavoro è limitato ai secoli XIV e XV. Ma l’esigenza di rendere
conto dei precedenti, o del formatsi di alcune dottrine, ci ha con-
dotto spesso a tener presente non solo opere del secolo XIII, ma
anche i testi, disponibili in edizioni, del secolo XII. i
Diamo qui di seguito uno sguardo sommario agli autori e ai
testi utilizzati.
Per il secolo XII, ci si è limitati alla Dialectica di Garlandus
Compotista ‘, alle opere di Abelardo (| 1142) (Introductiones
4 Cfr. la Logica di Avicenna in AviceNNAE perbypatetici phi i
medicorum facile primi Opera in lucem redacta È pon rota
potuit per canonicos emendata, Venetiis mandato ac sumptibus haeredum
nobilis viri domini Octaviani Scoti [...] 1508 per Bonetum Locatellum Bergo-
mensem, ff. 2ra-12vb; la Logica di AL-GHAZALI è in C.H. LoHR, Logica
Algazelis, Introd. and Critical Text, « Traditio », XXI (1965), pp. 233.390.
ma si tenga presente anche il Liber de intellectu di ax-Kinpi (o Liber
introductorius in artem logicae demonstrationis collectus a Mabometh disci-
pulo ALquinpi philosophi) ed. in :A. Nacy, Die philosophischen Abbandlun-
gen des Ja “qb ben Ishàq al-Kindî, « Beitrige zur Geschichte der Philo-
sophie des Mittelalters », II, 5, Miinster W. 1897, pp. 41-64. Di recente
ha sottolineato l’importanza dello studio delle intertiones, e quindi dell’in-
fluenza araba, J. Pinporc nella rec. a L.M. De RiJk, Logica modernorum
II, i-ii, « Vivarium », VI (1968), pp. 155-158. i
4 Dialectica, First Edition of the Manuscri i i
I ; pts with an Introduct
the Life and Works of the Autor and on the Contents of dhe: Passent
Work by L.M. De Rijk Ph. D., Assen 1959,
I
Terminologia logica della tarda scolastica 23
dialecticae *, Logica ‘Ingredientibus’, Logica ‘Nostrorum’ ®, Dia-
lectica 8), all’Ars disserendi di Adamo di Balsham, detto il Par-
vipontano (f forse prima del 1159), a quanto ha pubblicato
il De Rijk nella Logica modernorum: sia nel primo volume, dedi-
cato alla penetrazione e ai commenti agli Elenchi sofistici (Glose
in Aristotilis Sopbisticos elencos, Summa Sophisticorum elencorum,
Tractatus de dissimilitudine argumentorum, Fallacie Vindobonen-
ses, Fallacie Parvipontane 5), nonché ai testi editi nello stesso
volume sotto il titolo Frustula logicalia ma relativi al secondo
commento di Boezio al De interpretatione*; sia nella seconda
parte del secondo volume, nel qual esono edite alcune sumzzzulae
(i testi utilizzati sono, nell’ordine: Excerpta Norimbergensia, Ars
4 Sono la prima parte (comprendente Editio super Porphyrium,
Glossae in Categorias, Editio super Aristotelem De interpretatione, De
divisionibus) degli Scritti di logica, ed. M. Dal Pra, Firenze 19692,
pp. 3-203; la seconda parte, Super Topica glossae (ivi, pp. 204-330), fa
parte della Logica ‘Ingredientibus’ (per la quale v. n. seguente), e sarà citata
in modo autonomo.
41 La Logica ‘Ingredientibus’ è edita da B. Geyer, Peter Abaelards
philosophische Schriften, « Beitrige zur Geschichte der Philosophie des
Mittelalters », XXI, 1-3, Miinster W. 1919-27 (la numerazione delle pp. con-
tinua da un fasc. all’altro); ad essa si ricollegano le Glosse super Perier-
menias XII-XIV, ed. da L. Minto-PALUELLO, Twelfth Century Logic. Texts
and Studies, II, Roma 1958; la Logica ‘Nostrorum petitioni sociorum’, è
edida da B. GEYER, op. cit., « Beitrige zur Geschichte der Philosophie und
Theologie des Mittelalters », XXI, 4, Miinster W. 1933 (la numerazione delle
pp. continua quella della Logica ‘Ingredientibus’).
48 Perrus Asaearpus, Didlectica, cit. (cfr. n. 21).
59 Apam Barsamiensis ParvipontanI Ars Disserendi (Dialectica Alexan-
dri), in L. Minio-ParueLto, Twelfth Century Logic. Texts and Studies, 1,
Roma 1956.
50 Cfr. De Ryxk, Logica modernorum, I, cit.; i testi elencati sono, nel-
l'ordine: Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, ivi, pp. 187-255; Summa
Sopbisticorum elencorum, ivi, pp. 257-458; Tractatus de dissimilitudine
argumentorum, ivi, pp. 459-489; Fallacie Vindobonenses, ivi, pp. 491-543;
Fallacie Parvipontane, ivi, pp. 545-609.
51 Ivi, pp. 611-625.
24 Alfonso Maierù
Emmerana, Ars Burana, Tractatus Anagnini, Tractatus de univo-
catione Monacensis, Introductiones Parisienses, Logica Ut dicit’,
Logica ‘Cum sit nostra’, Dialectica Monacensis, Tractatus de pro-
prietatibus sermonum*; ma si utilizzano anche le Fallacie Lon-
dinenses e le Fallacie Magistri Willelmi®, che in realtà tratta-
no temi riguardanti gli Elenchi sofistici); sono stati presi in
esame e utilizzati anche i testi che il De Rijk riporta ampia-
mente nella prima parte del secondo volume (Ars Meliduna,
Summe Metenses)® e quanti altri testi egli utilizza al fine di
ricostruire le origini della logica terministica confluita nelle su7-
mulae; queste costituiscono il tramite naturale tra l’insegnamento
di Abelardo e le sumzzulae del secolo XIII, secondo quanto ha
suggerito il Grabmann * e ha dimostrato il De Rijk: i testi, tutti
anonimi, delle sumzzzulae edite sono datati dallo studioso olan-
5 Cfr. De Rijk, Logica modernorum, II, ii, Texts and Indices, Assen
1967: Excerpta Norimbergensia, ivi, pp. 109-141; Ars Emmerana, ivi,
pp. 143-174; Ars Burana, ivi, pp. 175-213; Tractatus Anagnini, ivi, pp. 215-
332; Tractatus de univocatione Monacensis, ivi, pp. 333-351; Introductiones
Parisienses, ivi, pp. 353-373; Logica ‘Ut dicit’, ivi, pp. 375-411; Logica
“Cum sit nostra’, ivi, pp. 413-451; Dialectica Monacensis, ivi, pp. 453-638;
Tractatus de proprietatibus sermonum, ivi, pp. 703-730.
53 Ivi, pp. 639-678 (Fallacie Londinenses) e pp. 679-702 (Fallacie Ma-
gistri Willelmi).
. * Cfr. De Rijk, Logica modernorum, II, i, cit., pp. 292-390 (Ars Meli
duna) e pp. 449-490 (Summe Metenses).
5 Cfr. GrABMANN, Handschriftliche Forschungen und Funde zu den
philosophischen Schriften des Petrus Hispanus, des spàteren Papstes Johan-
nes XXI. (1277), « Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wis-
senschaften », philos.-histor. Abteilung, 9, Miinchen 1936, pp. 31 sgg., e so-
prattutto Bearbeitungen und Auslegungen der aristotelischen Logik aus der
Zeit von Peter Abaelard bis Petrus Hispanus. Mitteilungen aus Handschriften
deutscher Bibliotheken, « Abhandlungen der Preussischen Akademie der
Wissenschaften », philos.-histor. Klasse, 5, Berlin 1937, e Kommentare zur
aristotelischen Logik aus dem 12. und 13. Jabrbundert im Ms. lat. Fol. 624
der Preussischen Staatsbibliothek in' Berlin. Ein Beitrag zur Abaelardfor-
schung, « Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften »,
philos.-histor. Klasse, Berlin 1938, pp. 185-210.
Terminologia logica della tarda scolastica 25
dese al periodo che va dalla seconda metà del secolo XII alle
prime due decadi del secolo XIII (sono collocati agli inizi di
quest’ultimo secolo solo il Tractatus de proprietatibus sermonum
e le Summe Metenses). i |
Per i secoli successivi, ci si è limitati ad esaminare i testi
appartenenti alla tradizione delle sumzzulae o singoli trattati
rientranti nella tradizione della logica modernorum. i
Così, per il secolo XIII, sono state prese in considerazione
le Sumule dialectices* la cui attribuzione a Ruggero Bacone
(* 1292 ca.) è stata rimessa in discussione 5, e dello stesso Bacone
le opere, certamente autentiche, Summa de sophismatibus et
distinctionibus® e Compendium studii theologiae; quest ultimo
ha notevoli affinità con le Sumule dialectices ricordate D Sono
state, naturalmente, consultate sia le Introductiones in logicam ®
che i Syncategoremata® di Guglielmo di Shyreswood (f dopo
56 Cfr. Rogeri Baconi Surzmza gramatica nec non Sumule dialectices, nunc
primum edidit R. Steele, in Opera bactenus inedita Rogeri Baconis, fasc.
XV, Oxonii 1940. ; |
57 Già P. Grorieux (Répertoire des Maîtres en théologie de Paris au
XIIIe siècle, II, Paris 1934, p. 73) aveva collocato l’opera tra quelle
dubbie; v. ora L.M. De Rj, Logica modernorum, II, i, dit., pp. 168, 173,
445, che avanza il nome del domenicano Roberto Bacone (per il quale cfr.
ivi, pp. 71-72). R. SreeLE, nell’Introduction all’ed. cit., pp. XXIXXII, fa
riferimento al Compendium (v. n. 59) per sostenere l’autenticità.
58 Roceri Baconi Liber de sensu et sensato nec non Summa de
sophismatibus et distinctionibus, nunc primum edidit R. Steele, in Opera
bactenus inedita Rogeri Baconis, fasc. XIV, Oxonii 1937.
59 FrarrIs Roceri Bacon Compendium studii theologiae, ed. H. Rash-
dall, Aberdoniae 1911. | |
6 L'edizione è in M. GraBmann, Die Introductiones in logicam des
Wilbelm von Shyreswood (* nach 1263), « Sitzungsberichte der Bayerischen
Akademie der Wissenschaften », philos-histor. Abteilung, 10, Miinchen
1937; si veda ora WILLIAM 0F SHERWOOD'S Introduction to Logic, transl.
with-an Intr. and Notes by N. Kretzmann, Minneapolis Minn. 1966.
61 In J.R. ODonneLt, The Syncategoremata of William of Sherwood,
26 Alfonso Maierù
il 1267); le Sumemulae logicales®, il Tractatus exponibilium ©
e il Tractatus syncategorematum ®* di Pietro Ispano, divenuto
papa col nome di Giovanni XXI ({ 1277); per le Surzzzulae
logicales di Lamberto di Auxerre, abbiamo utilizzato i cenni che
ha fornito Carl Prantl nella sua Geschichte der Logik im Abend-
lande. Di Vincenzo di Beauvais ($ 1264) si è consultato lo
Speculum doctrinale *, che raccoglie tanta parte dell’insegna-
mento grammaticale e logico del tempo; di Tommaso d’Aquino
(7 1274), gli opuscoli De modalibus" e De fallaciis ®. Tutte
queste opere si collocano intorno alla metà del secolo, con la
sola eccezione del Compendium di Bacone, scritto nel 1292.
Alle esposizioni e ai commenti al corpus tradizionale degli scritti
« Mediaeval Studies », III (1941), pp. 46-93; cfr. WILLIAM oF SHERWO0D'S
Treatise on Syncategorematic Words, trans. with an Intr. and Notes by N.
Kretzmann, Minneapolis Minn. 1968 (London 1969).
6 Perri Hispani Summulae logicales, quas e codice manu scripto Reg.
Lat. 1205 edidit I.M. Bochefiski, Taurini 1947.
6 In J.P. Muttatry, The «Summulae logicales» of Peter of Spain,
Notre Dame Ind. 1945, pp. 104-108.
6 In Perri Hispani Summulae logicales cum VersorI Parisiensis claris-
sima expositione. Parvorum item logicalium eidem Petro HisPANO ascriptum
opus [...], Venetiis Apud Jacobum Sarzinam 1610; cfr. ora PETER OF
Spain, Tractatus syncategorematum and Selected Anonymous Treatises, trasl.
by J.P. Mullally, with an Intr. by J.P. Mullally and R. Houde, Milwaukee
Wisc. 1964.
6 Op. cit., III; le pp. saranno fornite di volta in volta. Per la data
zione dell’opera, cfr. ora L.M. De Rik, Note on the Date of Lambert
of Auxerre’ Summule, « Vivatium », VII (1969), pp. 160-162; per il testo,
v. LampERTO DI AuxERRE, Logica (Summa Lamberti), prima ed. a cura di
F. Alessio, Firenze [1971].
6 Vincentit BeLLovacensIs Speculum doctrinale, Duaci 1624 (ed.
anastatica Graz 1965).
6 Useremo il testo che sta in I.M. BocHENSKI, Sancti Thomae Aqui-
natis de modalibus opusculum et doctrina, « Angelicum», XVII (1940),
pp. 180-218.
6 In Sancti THomae Aquinatis Opuscula philosophica, ed. R. Spiazzi,
Taurini-Romae 1954.
Terminologia logica della tarda scolastica 27
logici si farà riferimento solo occasionalmente, e anche in tal
caso si farà riferimento solo alle expositiones di Alberto Magno
e alle In librum primum priorum Analyticorum Aristotelis quaes-
tiones, attribuite a Duns Scoto” e certamente databili al tempo
del « doctor subtilis », quindi agli inizi del secolo XIV; si utiliz-
zeranno inoltre le In libros Elenchorum quaestiones, certamente
di Duns Scoto”!.
Gli autori e i testi presi in esame per il secolo XIV possono
essere distinti in tre gruppi.
Va considerata innanzi tutto l’opera dei logici inglesi nel
suo complesso. Essa rappresenta il contributo più originale €
più coerente allo sviluppo e alla sistemazione delle dottrine logiche
medievali. ui
Di Guglielmo di Occam (1349 ca.), sulla cui personalità
è qui inutile soffermarsi tanto è universalmente riconosciuta la sua
importanza nella storia della logica, si sono esaminate, nell ordine,
l’Expositio aurea in artem veterem®, la Summa logicae (nell edi-
zione del Bohner per la parte da lui pubblicata Be per il resto
nell'edizione veneziana del 1508”), il Tractatus logicae minor
© Le expositiones di ALsERTO Macno delle opere logiche d’Aristotele
stanno nei primi 2 voll. di Opera, cd. A. Borgnet, Parisiis 1890. _
70 In Opera omnia, I, ed. L. Wadding, Lugduni Sumptibus Laurentii
Durand 1639.
n Ivi. n
© Cfr. GuiieLmi pe OccHam Expositio aurea et admodum utilis
super Artem veterem, cum questionibus ALBERTI PARVI DE SAXONIA.
Impensis [...] Benedicti Hectoris Bononiensis artis impressorie solertissimi
Bononieque Impressa sub Anno domini 1496 die vero XII Julii, s. pp.
3 W. Ockuam, Summa logicae. Pars prima. Pars secunda et tertiae
prima, ed. by Ph. Bohner, St. Bonaventure N.Y-Louvain-Paderborn 1951-54
(la numerazione delle pp. continua da un volume all’altro; perciò non sarà
indicato il volume da cui è tratta la cit.). _
7 Macistri GuieLMI (!) OccHam Summa totius logice, [Venetiis per
Lazarum de Soardis die 15 Maij 1508].
28 Alfonso Maierù
(databile al periodo 1342-45)", e l’Elementarium logicae (data-
bile al periodo 1342-47, ma da collocare dopo il Tractatus logicae
minor)".
Avversari di Occam furono Gualtiero Burleigh e Riccardo
di Campsall. Il primo, nato intorno al 1275 e morto dopo il
12 gennaio 1344, era già maestro nel 1301 e nel 1324 era maestro
in teologia a Parigi ”; compose molti trattati di logica: sono expo-
sitiones della logica antigua, oppure opere legate più propriamente
alla tradizione della logica modernorum. Di queste ultime sono state
prese in esame le due redazioni incomplete del De puritate artis
logicae® e il trattato De probationibus, sulla cui attribuzione al
nostro maestro sono stati di recente avanzati dubbi”.
Il secondo — fellow del Balliol College nel 1304, poi del
Merton College tra il 1305 e il 1326, ricordato come maestro
m È in E.M. Buyraert, The Tractatus logicae minor of Ockbam
«Franciscan Studies », XXIV (1964), pp. 34-100; per la datazione di de
sta e della seguente opera di Occam, cfr. ivi, pp. 51-53.
. 76 In EM. Buvraert, The Elementarium logicae of Ockbam, « Fran-
ciscan Studies », XXV (1965), pp. 151-276, e XXVI (1966), pp. 66-173:
poiché non citeremo le ultime pp. della seconda parte (dopo p. 123), la
numerazione delle pp. non dà luogo a confusione tra le due parti; omette-
sue mp l'indicazione del volume e dell’annata della rivista.
er le notizie biografiche relative ai maestri inglesi che seguono, 3
A.B. Empen, A Biographical Register of the arida of Oxford to (Di
1500, 3 voll., Oxford 1957-59, 44 l.; per il nostro autore, cfr. C. MARTIN,
Walter Burley, in Oxford Studies presented to Daniel Callus, Oxford 1964,
Rio. NI ties E Ockham and Some Mertonians, « Mediaeval
udies », , pp. 174-188, e Repertorium ivi
ferergicig 13, pp. D: Mertonense, ivi, XXXI
® De puritate artis logicae Tractatus longior. With a Revised Edition of
the Tractatus brevior, ed. by Ph. Bshner, St. Bonaventure N.Y.-Louvain-
na e 1955.
? È contenuto nel ms. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibli
Amplon. Q. 276, ff. 6ra-19va; l’indice del ms. è in J. Tesio, Lea
klung der Sprachtheorie im Mittelalter, « Beitrige zur Geschichte der Philo-
sophie und Theologie des Mittelalters », XLII, 2, Miinster W. 1966
pp. 152-160; Pinborg avanza dubbi sull’autenticità dell’opera (ivi, p. 153).
Terminologia logica della tarda scolastica 29
reggente nelle arti nel 1308 e come « sacre theologie professor »
nel 1322, morto tra il 1350 e il 1360 — scrisse, fra l’altro,
una Logica valde utilis et realis contra Ocham e delle Questiones
super librum Priorum analeticorum: di entrambi utilizzeremo
quanto ha pubblicato il Synan®.
La generazione successiva annovera Guglielmo Heytesbury:
fellow del Merton College nel 1330, fu tra i fellows fondatori
del Queen's College nel 1340, e poi ancora fellow del Merton
College; nel luglio 1348 è ricordato come maestro in teologia;
fu due volte cancelliere dell’università di Oxford, probabilmente
nei periodo 1353-54 e 1370-72; morì tra il 17 dicembre del 1372
e il 5 febbraio 1373 ®. Compose la sua opera maggiore, le Regulae
solvendi sophismata, nel 1335 © e i Sophismata prima del 1343.
Di lui si ricorderanno le Regulae, il De sensu composito et
diviso, il De veritate et falsitate propositionis (questi testi sono
80 Cfr. ELA. Synan, Richard of Campsall, an English Theologian of the
Fourteenth Century, « Mediaeval Studies», XIV (1952), pp. 1-8; .,
Introduction alle Questiones (di cui alla n. seguente); v. WersHEIPL, Reper-
torium Mertonense, cit., pp. 208-209.
81 Rispettivamente: E.A. Svnan, The Universal and Supposition in a
Logica Attributed to Richard of Cempsall, in Nine Mediaeval Thinkers.
A Collection of bitherto unedited Texts, ed. J.R. O'Donnell, Toronto 1955,
pp. 183-232; e The Works of Richard of Campsall, I: Questiones super
librum Priorum analeticorum. Ms. Gonville and Caius 688, ed. by E.A.
Synan, Toronto 1968.
8 Cfr., oltre a Empen, op. cit., ad L: J.A. WrrsHerPL, Ockbam and
Some Mertonians, cit., pp. 195-199 (in part., p. 196: il suo testamento,
datato 17 dicembre 1372, fu omologato il 5 febbraio 1373), e Repertorium
Mertonense, cit., pp. 212-217.
8 Cfr. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek, ms. Amplon. F.
135, f. 17r: «Explicit quidem tractatus optimus datus Oxonie a mag.
Wilhelmo de Hytthisburi aD. MCCCXXXV »; cfr. W. ScHum, Be-
schreibendes Verzeichniss der Amplonianischen Handschriften-Sammlung zu
Erfurt, Berlin 1887, p. 88.
84 Cfr. A. Mater, Die Vorliufer Galileis im 14. Jabrbundert, Roma
1949, p. 303: nel 1343 Gregorio da Rimini cita i Sophiswata di Heytesbury
nel suo commento alle Sentenze.
30 Alfonso Maierù
stati editi a Venezia nel 1494 *), e il trattato De propositionum
multiplicium significatione, conservato in un solo manoscritto *.
Riccardo Billingham, poi, fu maestro nelle arti e reggente
nel 1349 e fellow del Merton College tra il 1344 e il 1361;
di lui si sono studiati lo Speculumz puerorum sive Terminus est
in quem e il De sensu composito et diviso”.
Giovanni Wyclif (} 21 dicembre 1384) compose una Logica
(o Summula de logica) e tre trattati che vanno sotto il nome di
Logice continuacio: sono stati tutti pubblicati da M.H. Dziewicki
in tre volumi compresi nell'edizione delle opere latine di Wyclif
sotto il titolo Tractatus de logica ®.
Condiscepolo di Wyclif al Merton College fu Rodolfo Strode
( 1387), maestro nelle arti, poeta e uomo politico ®: la sua Logica
85 Cfr. GuiLeLMI HENTISBERI Tractatus de sensu composito et diviso.
Regulae eiusdem cum suphismatibus [....]. Tractatus HENTISBERI de veritate
et falsitate propositionis. Conclusiones eiusdem. Impressum Venetiis per
Bonetum Locatellum sumptibus Octaviani Scoti 1494. I capitoli delle
Regulae saranno citati autonomamente; essi sono: De insolubilibus, De
scire et dubitare, De relativis, De incipit et desinit, De maximo et minimo,
De tribus praedicamentis.
86 Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. VI, 160 (= 2816),
ff. 252ra-253vb.
87 Cfr. A. Marerù, Lo «Speculum puerorum sive Terminus est in
quem» di Riccardo Billingham, «Studi Medievali», 32 serie, X (1969),
A Giuseppe Ermini, III, pp. 297-397; notizie biografiche, ivi, pp. 300-301;
testo dello Speculum puerorum sive Terminus est in quem, ivi, pp. 338-384;
testo parziale del De sensu composito et diviso (dall’unico ms. noto, Parigi,
Bibliothèque Nationale, lat. 14715), ivi, appendice B, pp. 387-393.
88 J. WycLir, Tractatus de logica, Now First Edited from the Vienna
and Prague Mss. by M.H. Dziewicki, 3 voll, London 1893-99 (First repr.
New York-London-Frankfurt a. M. 1966): la Logica occupa le pp. 1-74 del
vol. I; il tr. I Logice continuacio è ivi, pp. 75-120; il tr. II Logice conti-
nuacio è ivi, pp. 121-234; il tr. III Logice continuacio occupa i voll. IT-III
dei Tractatus de logica.
8° Cfr. Dictionary of National Biography, ed. L. Stefen-S. Lee, London
1908-13, ad /., e EMDEN, op. cit., ad I.
Terminologia logica della tarda scolastica 31
in sei trattati (uno dei quali dedicato alle Conseguentiae) è tutta
conservata nel ms. Bodleian Library, Canon. 219”.
Un autore del quale non si sa altro se non che fu inglese”
è Tommaso Maulevelt: i più antichi manoscritti delle sue opere
logiche, diffuse prevalentemente nell’Europa continentale, sono
della metà del secolo XIV”. I trattati qui presi in esame sono
90 Per il testo dei trattati ancora inediti ci serviamo del ms. Oxford
Bodleian Library, Canon. 219, ff. 13ra-52vb: la successione dei trattati nel
ms. non è quella voluta dall'autore; qui si darà solo l'indicazione dei ff,
non del trattato; per il testo delle Conseguentiae ci serviamo della seguente
ed.: Stroni Consequentie cum commento ALEXANDRI SERMONETE. Declara-
tiones GAETANI in easdem Consequentias. Dubia Magistri PAULI PERGULEN-
sis. Obligationes eiusdem Stropi. Consequentie RicarDI DE FERABRICH.
Expositio GAETANI super easdem. Consequentie subtiles HENTISBARI. Questio-
nes in Consequentias Strodi perutiles eximii artium doctoris domini ANtoNI
FracHantiani Vicentini. Impressa fuerunt Venetiis que in hoc volumine
continentur per Lagarum de Soardis, sumptibus Heredum nobilis viri domini
Octaviani Scoti civis Modoetiensis et Sociorum 1517 Die 8 Aprilis.
9! Risulta dai sgg. ms.: Erfurt, Amplon. Q. 255 « Explicit tractatus falla-
ciatum lectus Lovanii per mag. Thomam Anglicum dictum Manlevel»
(f. 27), e Amplon. Q. 288 «Hec questiones fuerunt compilate per Thom.
Manlevel Anglicum doctorem solempnem ». Non serve molto alla identifi-
cazione del nostro autore quanto si legge in PRANTL, op. cit., IV, p. 210
(che ricorda il Tractatus obligationum di Martin Molenfelt, per il quale
cfr. Murtaty, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. 153-155); F. EHRLE,
Der Sentenzentommentar Peters von Candia des pisaner Papstes Alexander V.,
Miinster W. 1925, pp. 206-207, che identifica Tommaso con Martino;
GraBMann, Handschriftliche Forschungen und Funde ..., cit., pp. 73 e 84;
K. MicHarsri, Le criticisme et le scepticisme dans la philosophie du
XIV siècle, « Bulletin international de l'Académie polonaise des Sciences
et des Lettres», Classe d’hist. et philos., Cracovie 1925, p. 79, ora in
La philosophie au XIVE siècle. Six études, herausg. und eingel. von K. Flasch,
Frankfurt a. M. 1969, p. 147. Ma cfr. J. Pinpore, Die Entwicklung der
Sprachtheorie ..., cit., p. 146 n. 23; il Pinborg mi ha comunicato le notizie di
cui a questa e alla seguente n. con lettera del 18.8.70.
92 Cfr. Gottinga, Universitàtsbibliothek, ms. Theol. 124.
Vv Alfonso Maierù
De suppositionibus e De terminis confundentibus®. Un’adeguata
datazione può essere proposta dopo un accurato esame delle
sue opere.
Per la scuola parigina del secolo XIV sono state invece consi-
derate le opere di tre autori: Buridano, Alberto di Sassonia,
Marsilio di Inghen. Buridano ( 1358 ca.) fu rettore dell’univer-
sità nel 1328 e nel 1340; delle sue opere logiche utilizzeremo il
Compendium logicae* (il Tractatus de suppositionibus sarà citato
9 L'incipit del trattato De suppositionibus è: « Expedit ut terminorum
acceptio lucide cognoscatur », e l’explicit: « Utrum istae propositiones de
virtute sermonis sint verae hoc patebit in libro de Consequentiis et sic
sit finis huius operis causa brevitatis »; del trattato De terminis confunden-
tibus l'incipit è: «Affectuose summariam cognitionem terminorum vim
confundendi habentium », l’explicit: «consequentia negatur quia ante-
cedens est verum et consequens falsum ». Il secondo trattato rinvia al primo,
ma i codici consultati presentano varianti a questo proposito: il Vat. lat.
3065, f. 26ra, ha: «aliquae (sc. regulae) positae sunt in tractatu de
suppositionibus sic incipiente: Intentionis praesentis in hoc tractatu etc. »,
e ciò è anche (meno «in hoc tractatu etc. ») nell’Amplon. Q. 30, f. 141r;
il ms. Cracovia, Biblioteka Jagiellotfiska, 1894 ha invece (f. 295v): « incipiente:
Expedit etc. », mentre i mss. Cracovia 2178 (f. 43v) e 2591 (f. 80r) omettono
l’incipit, pur conservando il rinvio al De suppositionibus. Il trattato De
suppositionibus, a sua volta, ha un rinvio all’altro: « [...] de quibus patebit
[così i mss. Cracovia 2178, f. 40v, e 2591, f. 75v; il Vat. lat. 3065, f. 68ra,
ha patuit] in libro de terminorum Confusione ». Maulevelt parla dunque
di tre trattati (De suppositionibus, De terminis confundentibus, De conse-
quentis) che potrebbero essere parti di un'unica opera logica, o surzzza.
Utilizzeremo il testo dei due trattati secondo il ms. Vat. lat. 3065 (De ter
minis confundentibus, ff. 25vb-28ra, e De suppositionibus, ff. 65vb-68rb),
per il quale cfr. il mio Lo « Speculum puerorum ..., cit., pp. 312-314.
% Cfr. Joannis BuripaNI Perutile Compendium totius logicae cum
praeclarissima sollertissimi viri JOANNIS DORP expositione. Impressum Vene-
tiis per Petrum de Quarengiis Bergomensem. Anno domini 1499, die
XI Maij, s. pp.
I '''+—m_—1__ __——___r o_o T_—1-P-P1_1_.u
Terminologia logica della tarda scolastica 33
nell’edizione della Reina #), i Sophismata®, le Consequentiae”;
si ricorderanno anche i Capitula a lui attribuiti dal ms. Vat. lat.
3065%. Alberto di Sassonia (| 1390) fu anch’egli rettore a
Parigi nel 1353, quindi, dal 1365, fu rettore dell’università di
Vienna e poi vescovo di Halberstadt: ricorderemo le sue Quaestio-
nes in Ochami logicam®, la Logica!” e i Sophismata!". Marsilio
di Inghen (} 1396), professore a Parigi e rettore dell’università
nel 1367 e nel 1371, primo rettore dell’università di Heidelberg
nel 1386, ha lasciato molte opere logiche, ma qui saranno utiliz-
zati solo i Textus dialectices '. Le opere di questi maestri, per
la diffusione avuta in tutta Europa, servono a caratterizzare
8 G. Burano, Tractatus de suppositionibus, prima ed. a cura di
ME. Reina, « Rivista critica di storia della filosofia », XII (1957), pp. 175-
208, 323-352.
9% Burani Sopbismata, per felicem balligault parisius impressa [...] die
20 Novembris 1493, s. pp. (ma con paginazione a mano nell’esemplare uti-
lizzato).
9 Burani Consequentiae. Impressus parisius per Anthonium caillaut,
s. a. [ca, 1495], s. pp.
9 Ms. cit., ff. 105-107vb; per essi cfr. G. FepERICI VESCOVINI, Sw
alcuni manoscritti di Buridano, « Rivista critica di storia della filosofia »,
XV (1960), p. 417.
9 Per le quali cfr. l’ed. dell’Expositio aurea di Occam (n. 72).
10 Arsertuci Logica. Perutilis Logica excellentissimi Sacre theologie
professoris magistri ALsERTI DE SAXONIA ordinis Eremitarum Divi Augustini.
Impressa Venetiis ere ac sollertia Heredum Domini Octaviani Scoti Civis
Modoetiensis et sociorum. Anno a Christo ortu 1522. Die XII. mensis
Augusti.
101 Cfr. ArseRTI De SaxonIa Sopbismata nuper emendata. Impressum
est Parisiis hoc opusculum [...] Opera ac impensa Magistri felicis Baligault
[...] Anno ab incarnatione dominica 1495, s. pp. (ma l'esemplare utilizzato
ha la paginazione a mano).
102 Stanno in Parvorum logicalium liber L...] continens perutiles L...]
Perri HispAnI tractatus priorum sex et [...] MARsILII dialectices documenta,
cum utilissimis commentariis per [....] CONRADUM PSCHLACHER [...] congestis,
Viennae Austriae, Johannes Singrenius, 1516. I trattati di Marsilio sono:
Tractatus suppositionum, ivi, ff. 146v-166r; Tractatus ampliationum, ivi, ff.
34 Alfonso Maierù
dottrine ampiamente conosciute e accettate. Non più di un cenno
è riservato al Tractatus exponibilium di Pietro d’Ailly (} 9 ago-
sto 1420)!%.
Il terzo gruppo di autori del secolo XIV è quello italiano. Ma,
per la verità, solo Pietro di Mantova appartiene al secolo XIV:
studente a Padova già nel 1387, dal 1392 al 1400 lettore di
filosofia a Bologna, Pietro ha lasciato una Logica !* di notevole
interesse che sarà qui più volte citata. Gli altri maestri o vissero
a cavallo tra il secolo XIV e quello successivo, come Paolo Veneto,
o sono da assegnare ai secoli XV e XVI. Poiché tuttavia le loro
opere testimoniano che in Italia l'insegnamento della logica era
impartito spesso su testi di maestri inglesi o derivati da questi,
essi sono posti accanto ai maestri del secolo XIV quali loro
legittimi epigoni.
Paolo Nicoletti, noto come Paolo Veneto (| 15 giugno 1429),
studiò, fra l’altro, a Oxford per tre anni, dal 1390!%, e insegnò
in varie università italiane e soprattutto a Padova; citeremo
168v-173v; Tractatus appellationum, ivi, ff. 175v-179v; Textus de statu,
f. 180; Tractatus restrictionum, ivi, ff. 181v-182r; Tractatus alienationum,
ivi, f. 182v; Prima Consequentiarum pars, ivi, ff. 184r-193r; Secunda Conse-
quentiarum pars, ivi, ff. 194v-208v. Al titolo Textus dialectices seguirà solo
l'indicazione dei ff.
103 Cfr. MacistRI PetrI DE ArLLvAco Tractatus exponibilium, Parisius
[...] Impressus a Guidone Mercatore. In campo gaillardi. Anno domini 1494
Id. Octobris, s. pp. (ma l'esemplare consultato ha la paginazione a mano).
10 Petrus MANTUANUS, Logica. Tractatus de instanti, [ Padova, Johann
Herbort, 1477-1480]; l’ordine dei trattati è diverso dai mss. alle stampe;
l’ed. utilizzata è s. pp., ma l'esemplare che ho consultato ha una pagina
zione a mano; la segnatura della Bibl. Vat. è Ross. 1769; cfr. la bibliografia
in Lo «Speculum puerorum »..., cit., p. 299 n. 16.
105 La più completa trattazione d’insieme del pensiero di Paolo Veneto è
ancora quella di F. MomicLiano, Paolo Veneto e le correnti del pensiero
religioso e filosofico del suo tempo, Torino 1907; pet il soggiorno ad Oxford,
cfr. B. NarpI, Letteratura e cultura veneziana del Quattrocento, in La
civiltà veneziana del Quattrocento, [Firenze 1957], p. 108 e pp. 135-136
(n. 9), dove si afferma che Paolo rimase a Oxford almeno 3 anni, e si
Terminologia logica della tarda scolastica 35
le sue opere: Logica parva!%, Logica magna'!, Quadratura"®.
Paolo da Pergola (f 30 luglio 1455), fu discepolo di Paolo
Veneto a Padova e resse dal 1421 al 1454 la scuola di Rialto a
Venezia !”; la sua Logica segue da vicino la Logica parva del
suo maestro; il trattato De sensu corpositio et diviso dipende dal-
l'omonimo trattato di Heytesbury !°; i Dubiz sono legati ai temi
delle Consequentiae di Strode !!!.
Altro discepolo di Paolo Veneto fu il vicentino Gaetano
da Thiene (f 1465), professore a Padova dal 1422, che ha legato
il suo nome soprattutto al commento delle opere di Heytesbury
(Regulae e Sophismata); si ricorderà di lui l’Expositio delle Con-
sequentiae di Strode !!2,
Il domenicano Battista da Fabriano (f 19 novembre 1446),
riporta il seguente documento: « Die 31 Augusti 1390: Fecimus studentem
fratrem Paulum de Venetiis in nostro studio Oxoniensi de nostra gratia
speciali cum omnibus gratiis quibus gaudent ibidem studentes intranei. Item
eidem concessimus quod tempore vacationum Lundonis possit libere morati ».
Cfr. ora A.R. PerreraH, A Biograpbical Introduction to Paul of Venice,
« Augustiniana », XVII (1967), pp. 450-461.
16 Pauri VENETI Logica, [Venezia, Cristoforo Arnaldo, ca. 1476], s. pp.
AI titolo Logica parva seguirà solo l’indicazione del trattato.
107 Pauri Veneti Logica magna. Impressum Venetiis per diligentissimum
virum Albertinum Vercellensem Expensis domini Octaviani Scoti ac eius
fratrum (sc. opus) feliciter explicit Anno D. 1499 Die 24 octobris.
108 Macistri Pauri VenETI Quadratura. Impressum Venetiis per Bone-
tum Locatellum Bergomensem iussu et expensis Nobilis viri Octaviani Scoti
civis Modoetiensis. Anno ut supra [1493].
10 Cfr. B. NARDI, op. cit., pp. 111-118.
110 Cfr. Pau or PercuLA, Logica and Tractatus de sensu composito
et diviso, ed. M.A. Brown, St. Bonaventure N.Y.-Louvain-Paderborn 1961. Si
tenga presente anche I. Bon, Paul of Pergula on Suppositions and Conse-
quences, « Franciscan Studies », XXV (1965), pp. 30-89.
111 Cfr. per l’ed. dei Dubia, n. 90.
112 Cfr. su Gaetano da Thiene: P. Silvestro DA VaLsanziBIo, Vita e
dottrina di Gaetano da Thiene, Padova 1949; per l’ed. dell’Expositio (che
citeremo col titolo Super Consequentias Strodi), cfr. n. 90.
36 Alfonso Maierù
professore di filosofia e teologia a Padova, Siena, Firenze e Fer-
rara, cominciò la sua carriera accademica un decennio dopo Gaeta-
no da Thiene; compose, fra l’altro, una Expositio del De sensu
compositio et diviso di Heytesbury !!3.
Il senese Alessandro Sermoneta (‘* 1486), « magister artium
et medicinae », figlio del medico Giovanni, insegnò a Perugia, poi
a Pisa (per quattro anni) e finì la sua carriera a Padova (dal
1479) !4; ricorderemo i suoi due scritti di logica: Super Conse-
quentias Strodi!5 e Expositio in tractatum de sensu composito
et diviso Hentisberi!*,
Un’Expositio dello stesso trattato De sensu composito et divi-
so scrisse anche il carmelitano senese Bernardino di Pietro Lan-
ducci (f 28 marzo 1523), che divenne generale del suo ordine
nel 1517 !”,
113 Cfr. J. Quérrr-J. Ecuarp, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lute-
tiae Parisiorum 1719, p. 847; G. Brorto-G. ZonTA, La facoltà teologica di
Padova, I (secc. XIV-XV), Padova 1922, p. 166; M.E. Cosenza, Biographical
and Bibliographical Dictionary of Italian Humanists and of the World
of Classical Scholarship in Italy, 1300-1800, 6 voll., Boston 1962-67, ad
L’ed. dell’Expositio è in Tractatus de sensu composito et diviso magistri
GuLieLMI HENTISBERI cum expositione infrascriptorum, videlicet: Magistri
ALEXANDRI SERMONETE (impressum Venetiis per Jacobum Pentium de Leuco,
a. d. 1501, die XVII julii), Magistri BERNARDINI PETRI DE LANDUCHES (... a.
d. 1500, die XX novembris), Magistri PauLi PercuLENSIS et Magistri
Bapriste DE FABRIANO (...a. d. 1500, die III decembris). Si veda ora L. GAR-
can, Lo studio teologico e la biblioteca dei Domenicani a Padova nel Tre e
Quattrocento, Padova 1971, pp. 70-73 (Battista da Fabriano).
114 Cfr. J. FaccioLATI, Fasti Gymnasii Patavini, I, Patavii 1757, p. 132;
A. FagroNI, Historiae Academiae Pisanae volumen I, Pisis 1791, pp. 343-
344; G. Ermini, Storia dell’università di Perugia, Bologna 1947, p. 501.
115 Cfr. l’ed. cit. inn. 90.
116 Cfr. l’ed. cit. in n. 113.
117 Cfr. l’ed. del testo in n. 116; si vedano per le notizie biografiche:
J. TritHEMIUS, Carmelitana Bibliotheca sive illustrium aliquot Carmelitanae
religionis scriptorum et eorum operum catalogus [...] magna ex parte auctus
[...] auctore P. Petro Lucio BeLGA, Florentiae apud Georgium Marescottum
Terminologia logica della tarda scolastica 37
Contemporaneo del Landucci dovette essere il lodigiano Bas-
sano Politi « artium et medicinae doctot »: alunno di Gero-
lamo Marliani !!8, insegnò calculationes a Pavia! e compose vati
trattati di logica: un De sensu composito et diviso !®, una decla-
ratio della Logica parva di Paolo Veneto! e una Quaestio de
modalibus, che sarà qui utilizzata, scritta al tempo di Alessan-
dro VI Borgia (1492-1503) !2.
Infine, Benedetto Vettori, di Faenza (1481-12 febbraio 1561),
insegnò logica (1503-05), filosofia (fino al 1511) e medicina
(1512-31) a Bologna, medicina a Padova (1531-39) e poi di
1593, pp. 20-21; C. ne VrrLiers, Bibliotheca Carmelitana [....], I, Aurelianis
1752 (ed. anast. Romae 1927), nr. LXV, 267-269.
118 Bassani Porti Quaestio de modalibus, Venetiis apud Bonetum
Locatellum 1505; l'incipit è (ivi, f. 2ra): « Excellentissimi doctoris magistri
Bassiani Politi Laudensis quaestio de numero modorum facientium sen-
sum compositum et divisum. Quaestio est difficilis in materia de modalibus,
utrum tantum sex [....] », l’explicit è (ivi, f. 4rb): «[...] iam patet ex dictis
quid sit dicendum. Finis »; cfr. ivi la lettera dedicatoria a Rodrigo Carvajal,
dalla quale risulta che fu alunno di Gerolamo Marliani, vivente quando l’au-
tore scriveva (insegnò a Pavia nel 1486-87 e nel 1507: cfr. Memorie e docu-
menti per la storia dell'università di Pavia [...], Pavia 1878, ad I.), figlio
di Giovanni Marliani (per il quale cfr. M. CLaceTT, Giovanni Marliani and
Late Medieval Physics, New York 1941. Sul Politi cfr. C. DionisortI, Er-
molao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi
in onore di B. Nardi, Firenze [1955], pp. 238 sgg.
119 Cfr. Quaestio de modalibus, cit., f. 3va: « Pro cuius declaratione prae-
suppono mihi unum fundamentum Petri Mantuani in primo capitulo De
instanti anno elapso dum Papiae calculationes profiterer per me fortissimis
rationibus comprobatum »; il suo Tractatus proportionum introductorius ad
Calculationes Suiset è edito insieme con la Quaestio ai ff. 4va-8vb.
120 Quaestio, cit., f. 3va: «[...] stante fundamento diffuse declarato in
tractatu nostro De sensu composito et diviso », e f. 4rb: « Hoc autem diffuse
declaravimus in tractatu nostro De sensu composito et diviso ».
121 Ivi: «[...] optime poteris sustentare definitionem Pauli de supposi-
tione absque aliqua limitatione, ut diffuse contra modernos declaravimus
super Logica patva ».
12 Ivi, f. 3va: « Alexandro nunc summo pontifice ».
38 Alfonso Maierù
nuovo a Bologna !*; ha lasciato molte opere di medicina e due
opere logiche, composte entrambe al tempo in cui insegnava
logica a Bologna: la prima è Collectaneae in suppositiones Pauli
Veneti, la seconda è Opusculum in Tisberum de sensu composito
et diviso; utilizzeremo solo quest’ultima.
Non di tutti questi trattati si troverà qui un’analisi appro-
fondita, ma ad alcuni si farà solo un riferimento.
3. La logica medievale come logica ‘formale’
La struttura della sumzzzula, o summa, nel secolo XIV ha subìto
una notevole evoluzione: mentre nei secoli XII e XIII essa risul-
tava composta, come s'è detto, di alcuni trattati che riassumevano
le dottrine dell’Isagoge e dell’Organon (in questo caso, l’esposi-
zione del De interpretatione occupava il primo posto) ai quali
seguivano altri trattati sulle proprietates terminorum, con la
Summa logicae di Occam cade la distinzione tra elementi della
logica antiqua ed elementi della logica moderna; la materia è
ristrutturata, secondo un criterio ‘naturale’, in tre parti che
studiano rispettivamente l’elemento più semplice o termine, la
proposizione, il sillogismo o strutture logiche complesse !5. Questo
criterio ‘naturale’ non corrisponde alla distinzione tra logica ele-
mentare o degli enunciati e logica dei predicati.
Ma con il De puritate artis logicae di Burleigh si fa un passo
13 Cfr. S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni
della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bolo-
gna 1847, nr. 2450, p. 321. 3
14 Cfr. per entrambe: BenEDICTI VICTORII BononiensIS Opusculum in
Tisberum de sensu composito ac diviso cum eiusdem collectaneis in suppo-
sitiones Pauli Veneti. Expositio Benedicti Victorii Bononiensis ordinariam
(?) logicae Bononiae publice profitentis feliciter explicit. Laus deo. Finis.
Bononiae 1504.
125 Cfr. Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 82-83.
Terminologia logica della tarda scolastica 39
avanti. L’opera, si è detto, ci è pervenuta in due redazioni: se
il tractatus longior risulta di due trattati (de proprietatibus termi-
norum e de propositionibus et syllogismis bypotheticis) e risente
ancora del criterio ‘naturale’ che presiede alla Summa logicae di
Occam, il tractatus brevior avrebbe dovuto risultare di quattro
parti, dedicate rispettivamente alle regulae generales (e cioè
consequentiae, syncategoremata e suppositiones), all’ars sophistica
(dottrina delle fallaciae), all’ars exercitativa (o de obligationibus)
e all’ars demonstrativa (o sillogismo)!%. Nel iractatus brevior,
dunque, la distribuzione della materia non obbedisce più che a
criteri puramente logici, ponendo in primo piano la logica degli
enunciati.
Ma per avere un quadro più completo delle modificazioni
subite dall'impianto dei manuali di logica del secolo XIV, è oppor-
tuno accennare ancora alla struttura di due opere. Le Regulae
solvendi sophismata di Heytesbury sono una surzzza !” (ma vanno
anche sotto il nome di Logica !*), ma della summa tradizionale
conservano ben poco; si articolano infatti in sei capitoli, dedi-
cati agli insolubilia, al de scire et dubitare, alla supposizione del
relativo (de relativis), alla expositio de incipit et desinit, ai
problemi de maximo et minimo e a quelli, compresi nell’ultimo
capitolo (de tribus praedicamentis), relativi al moto locale, quan-
titativo (de augmentatione) e qualitativo (de alteratione). Più
tradizionale la distribuzione della Logica di Strode: in un primo
trattato l’autore ricapitola la materia dei seguenti libri: De inter-
pretatione (con in più la trattazione delle proposizioni ipotetiche),
Isagoge, Categorie e Primi analitici, nel secondo si toccano i
seguenti argomenti: termine, proposizione, de obligationibus (è,
126 Cfr, l’Introduction del Bonner a W. BurLEIGH, op. cif., pp. VI-XI.
127 Op. cit., f. 4va: «[...] traderem brevi summa» e «Et in sex capi-
tula nostram dividens summulam [...] ».
128 Così, secondo ScHum, op. cit., p. 88, è nel cit. ms. Erfurt, Amplon.
F. 135.
40 Alfonso Maierù
questo, un trattato dedicato, come avverte l’autore, ai « principia
logicalia » e che deve servire ad introdurre i giovani « in tracta-
tus graviores» !®); seguono gli altri quattro trattati: conseguentiae
de suppositionibus et exponibilibus, obligationes, insolubilia. i
Si può notare che in queste opere nuove esigenze e nuovi
problemi si fondono con esigenze tradizionali d’insegnamento. Ma
emerge sempre più l’affermarsi della logica degli enunciati o
consequentiae rispetto alla logica dei termini, giacché la logica
dei termini è sottoposta a verifica mediante consequentiae.
Ciò è stato già rilevato a proposito della suppositio ®, ma
trova ora nuove conferme soprattutto nella dottrina della pro-
batio propositionis: la logica elementare, specie nella probatio,
è il presupposto indispensabile di tutta l’articolazione del discorso
logico e delle analisi proposte. Contemporaneamente, anche a
livello di organizzazione di un corpus di dottrine logiche, la
consequentia va a prendere il primo posto; si è ricordata la
collocazione che essa ha nel tractatus brevior De puritate artis
logicae di Burleigh; ma si pensi che, spesso, il sillogismo è
considerato, come dev'essere, un tipo di conseguentia (Riccardo
di Campsall parla di « consequencia sillogistica » ! e Alberto
di Sassonia ha « de consequentiis syllogisticis »!*) fino a giungere
con Alessandro Sermoneta, all’affermazione del primato delle
consequentiae rispetto ai sillogismi: le corseguentiae sono « com-
munissima pars libri Priorum, aut ad ipsum isagogicon » !*.
Tutto ciò è testimonianza di un lavoro che lungo i secoli
Fa Cfr. Logica, cit., f. 19vb: «Et haec dicta de principiis logicalibus
ad iuvenum introductionem in tractatus graviores sufficiant ».
19 Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 29-31.
131 Cfr. Questiones ..., cit., 12.34, p. 205.
{ sa” Logica, IV, 7: De consequentiis syllogisticis hoc est de syllogismis,
. 28vb.
È 133 Cfr. Super Consequentias Strodi, cit., f. 2ra: « Ad secundum dico
libellum hunc esse communissimam partem libri Priorum aut ad ipsum
isagorgicon (!), et per consequens immediate postponi debere ad librum
Terminologia logica della tarda scolastica 41
ha avuto di mira l’identificazione di ‘strutture’ logiche sulle quali
fosse possibile ‘operare’. Ma è ben noto che la logica è, nel medio-
evo, una delle arti del trivio e ha per oggetto il linguaggio (è quin-
di una scientia sermocinalis) come la grammatica e la retorica, dif-
ferendo però da esse perché la logica mira a discernere le proposi-
zioni vere da quelle false, mentre la grammatica e la retorica
insegnano, rispettivamente, a servirsi del linguaggio con corret-
tezza e con eleganza; a sua volta, il linguaggio oggetto d’indagine
è una lingua storica, il latino. È da chiedersi perciò fino a che
punto i risultati dello sforzo compiuto per identificare strutture
linguistiche sulle quali fosse possibile operare validamente da
un punto di vista logico autorizzino a patlare di ‘logica formale’
nel medioevo; o, in altri termini, se le ‘strutture’ siano autentiche
‘forme’, siano trattate senza far riferimento al significato delle
parole e al senso delle espressioni 14. Quando si cerca una rispo-
sta, la difficoltà maggiore s'incontra, come si sa, nel fatto che la
proposizione studiata dai medievali ha un ineliminabile importo
esistenziale, per cui elementi extralogici (ontologici, gnoseologici)
finiscono per condizionare la trattazione della logica. È tuttavia
utile indicare alcuni elementi che documentano il progressivo affer-
marsi di una concezione formale della logica. Oltre alla distinzione,
troppo nota, tra ‘materia’ e ‘forma’ di un argomento, che circola
per tutto il medioevo, ricordiamo che Buridano considera la
copula est « formale propositionis » !%: essa cioè è l’elemento
Periermenias et anteponi ad librum Topicorum, Elenchorum et Posteriorum.
Patet hic ordo, quia de consequentia hic tamquam de subiecto agitur, quae
communiot est omni specie argumentationis seu syllogismo simpliciter, de
quo agitur in libro Priorum ». Cfr. Moopy, Truth and Consequence ...,
cit., p. 10.
134 Cfr. R. CarnaP, Sintassi logica del linguaggio, tr. it. A. Pasquinelli,
Milano 19662, p. 33.
135 Cfr. Tractatus de suppositionibus, cit., p. 193: «[...] cum copula
debeat esse formale propositionis {...] »; la Reina legge: «esse (verbum)
formale », ma l'integrazione è superflua. Ma v. BURIDANO, Consequentiae, cit.,
tei Alfonso Maierù
formale della proposizione categorica o atomica; che Alberto
di Sassonia parla di « formale propositionis » per le ipotetiche 1%:
sono tali le particelle sincategorematiche (come si, vel) che fun-
gono da connettivi tra proposizioni atomiche in modo da formate
proposizioni molecolari; che Heytesbury usa il termine forzza per
indicare una struttura logica, considerata solamente dal punto
di vista operativo, nella quale le variabili stanno per proposi-
zioni !”. Il progressivo, cosciente affermarsi del primato della
logica degli enunciati va dunque di pari passo con l’individuazione
di ‘forme’ logiche. Infine, in un testo in cui si discute della
diversità delle logiche, proprie delle varie scienze, all’interno del-
l’unica (uziversalis) logica comune a tutte le scienze, e quindi
della diversità della « rationalis logica fidei » e della « logica
naturalis » ‘*, Roberto Holcot scrive: « Sed quid est dicendum:
estne logica Aristotelis formalis, an non? Dico, quod si non vis
I, 7 (distingue tra ‘materia’ e ‘forma’ della proposizione o della consequentia
e precisa quali elementi siano da considerare spettanti alla forma).
156 Cfr. Sophismata, cit., II, 8° «Non Socrates currit vel non curtit »,
f. [4lra]: «[...] quia formale, scilicet nota disiunctionis, in utraque affir-
matur », e 9° « Non aliquis homo currit si aliquod animal currit », f. [4lra-b]:
«[..] eo quod in illo sensu negatio cadit supra formale propositionis, scilicet
supra notam conditionis ».
157 Cfr. cap. VI, app. 2, nn. 8 e 9 (in entrambi i casi si tratta della
proposizione copulativa).
158 Cfr. RosertI HoLcor Opus questionum ac determinationum super
libros Sententiarum, Lugduni 1518, I Sent., q. 5J: « Eodem modo rationalis
logica fidei alia debet esse a logica naturalis. Dicit enim Commentator secundo
Metaphysicae commento XV quod quaedam logica est universalis omnibus
scientiis, et quaedam propria unicuique scientiae; et si hoc est verum, a
multo fortiori oportet ponere unam logicam fidei, et similiter alia logica
utitur obligatus certa specie obligationis, et alia libere respondens secundum
qualitatem propositionum. Modo philosophi non viderunt aliquam rem esse
unam et tres; ideo de ea in suis regulis mentionem non fecerunt. Sunt igitur
in logica fidei tales regulae: quod omne absolutum praedicatur in singulari
de tribus, et non in plurali; alia, quod unitas tenet suum consequens,
ubi non obviat relationis oppositum. Et ideo, concessis praemissis dispositis
Terminologia logica della tarda scolastica 43
vocare logicam formalem nisi illam, quae tenet in omni “agi
sicut dicit Commentator primo Physicorum commento XXV: er-
mo concludens per se debet concludere in omni materia, tune
patet, quod non. Si vis vocate logicam formalem illam, quae per
naturalem inquisitionem in rebus a nobis sensibiliter a non
capit instantiam, dico quod sic » !®: secondo Holcot, la logica
aristotelica è logica naturale, e la sua validità non trova ecce-
zione nell’ambito della nostra esperienza; essa è quindi formale
nell'ordine della natura; ma la logica aristotelica non è una logica
universale valida « in ogni materia » (non è applicabile, ad tr
pio, al dato rivelato, come al problema della trinità) e in tal
senso non è ‘logica formale’. Forse altri testi potranno ts
mentare meglio e chiarire con quale coscienza i maestri Fa ev
si servissero dei propri strumenti scientifici, e quindi della logica
Ma sembra incontestabile che qui s’affaccia 1 esigenza di una
logica formale, la cui validità si estenda ad ogni campo del sapere
e non dipenda dalle particolarità della materia trattata, De sia
cioè condizionata dai princìpi di questa, ma ubbidisca solo ai
propri princìpi.
Prima di concludere, è il caso di spendere qualche parola per
presentare questo lavoro e per collocarlo in rapporto ai temi ora
accennati. na .
Ciascuno dei capitoli nei quali esso si articola è dedicato ie
studio di un termine o gruppo di termini, e quindi di una dot-
in modo et in figura, negatur conclusio, quia in conclusione obviat cera
oppositio; sicut si arguitur sic: haec essentia est pater, haec essentia t.-
filius, ergo filius est pater; et utraque praemissarum est vera, et app:
ispositio tertiae figurae ». .
de" Ivi (continuaz. del testo della n. prec.). Il passo è gar w
F. Horemann, Robert Holcot. Die Logik in der Theologie, in Lo ssd
Mediaevalia, 2: Die Metaphysik im Mittelalter. Vortrige des si mi
nalen Kongresses fiir mittelalterliche Philosophie (Kéln 31 Aug.-6 Sept. 9
herausg. P. Wilpert-W.P. Eckert, Berlin 1963, p. 633.
44 Alfonso Maierà
trina, che ha un certo rilievo nel quadro dell’insegnamento logico
della tarda scolastica. L’ordine con cui si succedono i capitoli
non è quello strettamente alfabetico: il criterio alfabetico si com-
pone con quello dell’affermarsi cronologico delle dottrine; la com-
binazione dei due criteri ha portato a una disposizione che, pur
salvando la varietà dei temi trattati, forse conferisce una certa
unità all’esposizione.
Nel secolo XIV le dottrine, proprie della logica modernorum,
relative ai termini e alle proposizioni hanno trovato una partico-
lare sistemazione in due specie di trattati che corrispondono a
diversi punti di vista: uno è quello fornito dal de sensu composito
et diviso (si pensi al trattato di Heytesbuty), l’altro corrisponde
a quello della probatio propositionis (quale si trova, ad esempio,
nello Speculum di Billingham). Si è dato un certo rilievo a questi
temi per due motivi: primo, perché sembra siano le dottrine verso
le quali confluiscono le altre (si vedano i rapporti tra appellatio
e senso composto e senso diviso, tra ampliatio e propositio
modalis, tra suppositio confusa, descensus e probatio, tra propo-
sitio modalis e probatio, tra la dottrina della probatio e quella
del senso composto e del senso diviso: è una fitta rete di nessi
che corre da un tema all’altro); secondo, perché i due punti di
vista, in certo senso concorrenti, finiscono per unificatsi (il de
sensu composito et diviso è in genere analizzato per mezzo della
dottrina della probatio dai maestri italiani dei secoli XV e XVI)
e il rapporto tra di essi costituisce uno dei temi più interessanti
della logica della tarda scolastica.
I primi tre capitoli (rispettivamente appellatio, ampliatio-
restrictio, copulatio) affrontano una problematica che, pur pre-
sente nella tarda scolastica, non ha ricevuto un impulso notevole
in quel periodo; essi infatti svolgono una tematica caratterizzante le
prime discussioni sulle proprietates terminorum. Segue un quarto
capitolo che studia un aspetto della suppositio; la dottrina della
suppositio rappresenta il frutto più maturo dei parve logicalia e
Terminologia logica della tarda scolastica 45
apre la strada allo studio dei termini dal punto di vista della
logica degli enunciati; qui se ne tratta un capitolo particolare, la
confusio, al quale i logici della tarda scolastica fanno continua-
mente riferimento e che mostra la tendenza a una nuova organiz-
zazione della dottrina in un quadro più ampio. Seguono gli ultimi
tre capitoli, dedicati alla propositio modalis, alla probatio propo-
sitionis, al sensus compositus e al sensus divisus, che dovrebbero
meglio documentare la capacità di analisi dei maestri medievali
alle prese con un linguaggio storico mentre aspiravano a fondare
un linguaggio ‘scientifico’.
Quanto di tutto ciò la logica derivi dalle dottrine gramma-
ticali si vedrà nei singoli casi. Il De Rijk, nel primo volume della
sua Logica modernorum, ha fatto un primo bilancio dei termini
che la logica fa propri ricavandoli dalla grammatica: di essi ricor-
diamo suppositio, appositio, appellatio, implicatio, incongruus!®.
Ma bisogna aggiungere che la logica necessariamente fa leva sulle
dottrine grammaticali nella sua indagine sulle strutture linguistiche;
si pensi allo studio delle parti del discorso, in particolare del
nome con i suoi casi (si veda la funzione dei casi obliqui in con-
trapposizione al caso rectus), e del verbo e del tempo di esso;
del pronome relativo in rapporto al problema della supposizione;
si pensi al rapporto tra forma avverbiale e forma causalis o
nominale del ‘modo’; e, ancora, a quanto siano presenti le dot-
trine delle costruzioni grammaticali, indipendenti (nella forma
attiva o passiva) e dipendenti (dictu72) e, in particolare, all’impor-
tanza che esse rivestono per l’esame del senso composto e del
senso diviso.
Il lettore vedrà se, e quale, utilità possa venire alla discus-
sione di problemi affrontati da logici e linguisti del nostro
tempo dalla lettura di testi del genere. Segnaliamo soltanto alcuni
punti nei quali il confronto risulta immediatamente interessante:
140 Op. cit., I, pp. 20-22; ma cfr. tutta la prima parte del secondo volume
della stessa opera.
46 Alfonso Maierù
la dottrina dell’impositio di cui si parla nel nostro capitolo primo
richiama alla mente la critica della dottrina del nome avanzata dal
Wittgenstein !; la «consignificatio temporis» è negata’ dal
Russell !*; la dottrina della copula e della predicazione, di cui
fra l’altro al capitolo terzo, può essere esaminata alla luce del-
l’ontologia di Lesniewski, come ha fatto D.P. Henty!#*; per
quanto riguarda la logica delle modali si veda l’ultimo paragrafo
del capitolo quinto; in rapporto al capitolo sesto, si veda l'esame
dei particolari egocentrici e degli atteggiamenti enunciativi operata
da Russell !*. Si tratta solo di alcuni argomenti e punti di contatto
che permettono però di notare come il ripropotsi, a distanza di
tanti secoli, degli stessi temi sottolinei quanto siano insoddisfa-
centi le formulazioni e le soluzioni finora affacciate, se la ricerca
intorno ad essi continua con impegno.
141 Cfr. Ricerche filosofiche, ed. it. a cura di M. Trinchero, Torino 1967:
ad es., $ 40, pp. 31-32.
14 Cfr. A Inquiry into Meaning and Truth, tr. it. di L. Pavolini col
titolo Significato e Verità, Milano 1963, p. 144.
143 Cfr. Henry, The « De Grammatico » of St. Anselm. The Theory of
Paronymy, Notre Dame Ind. 1964, pp. 122 sgg., che utilizza C. LEJEWSKI,
On Lesniewski's Ontology, « Ratio », I, 1958.
14 Op. cit., cap. VII (pp. 138-147) per i particolari egocentrici, e pp. 88
sgg., 209 sgg., 230 sgg. per gli atteggiamenti enunciativi.
I
APPELLATIO
1. « Appellatio »—mpoonyopia nell'antichità
Il valore primo e fondamentale dei termini appellatio e
appellare è, rispettivamente, ‘atto del nominare’ o semplicemente
‘nome’, e ‘nominare’, ‘designare’ !.
Ma appellatio rende il greco rpoonvopia ?, fra l’altro, in due
contesti: quello aristotelico delle Categorie e quello stoico delle
dottrine grammaticali. In rapporto al testo aristotelico e all’in-
segnamento stoico si sono costituite due tradizioni; di esse la
più antica, e più ampiamente testimoniata, è senza dubbio
la seconda. Un primo cenno si trova in Quintiliano, il qua-
le, discutendo del numero delle parti del discorso, si chiede
se npoonvopia sia da considerare una specie di nome o una auto-
noma parte del discorso (in questo secondo caso, romzen è quella
parte del discorso indicante una qualità propria, individuale,
esempio: ‘Socrate’, mentre appellatio è la parte del discorso indi-
cante una qualità comune, esempio: ‘uomo’), e se il termine
npoonvopia sia da rendere indifferentemente con vocabulum o
1 Cfr. Thesaurus linguae latinae, s. vv. appellare, appellatio.
2 Cfr. però L. ApAmo, Boezio e Mario Vittorino traduttori e interpreti
dell’« Isagoge» di Porfirio, «Rivista critica di storia della filosofia »,
XXII (1967), p. 159, il quale rileva che Vittorino rende « prevalentemente »
xamyopeiv con appellare, xaxmyopla con appellatio, xatnYyopobpevos con
appellativus.
48 Alfonso Maierù
appellatio, oppure se vocabulum debba essere distinto da appel-
latio, indicando il primo termine i nomi comuni di corpi, visibili
e tangibili, e il secondo i nomi comuni di cose invisibili e non
tangibili 5.
Come è noto, per i grammatici della tarda antichità il nomen
può essere proprium o appellativum; il primo designa i nomi di
persona, l’altro i nomi comuni: la dottrina stoica è qui evidente-
mente ripresa ‘; in questo contesto è frequente il richiamo, esplicito
3 Institutiones oratoriae libri XII, ed. L. Radermacher, Lipsiae 1945,
I, 4, 19-21, vol. I, p. 25: «Paulatim a philosophis ac maxime Stoicis
auctus est numerus (sc. partium orationis), ac primum convinctionibus arti-
culi adiecti, post praepositiones: nominibus appellatio, deinde pronomen,
deinde mixtum verbo participium, ipsis verbis adverbia. noster sermo arti-
culos non desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit
superioribus interiectio. alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus octo
partes secuti sunt, ut Aristarchus et aetate nostra Palaemon, qui vocabulum
sive appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius, at ii, qui
aliud nomen, aliud vocabulum faciunt, novem. nihilominus fuerunt, qui
ipsum adhuc vocabulum ab appellatione diducerent, ut esset vocabulum
corpus visu tactuque manifestum ‘domus lectus’, appellatio, cui vel alterum
deesset vel utrumque ‘ventus caelum deus virtus’. adiciebant et adseveratio-
nem,ut ‘eheu’, et tractionem ut ‘fasciatim’: quae mihi non adprobantur.
vocabulum an appellatio dicenda sit tpoonyopla et subicienda nomini necne,
quia partvi refert, liberum opinaturis relinquo ».
Ma appellatio vale nomen per Quintiliano: cfr. ivi, XII, 10, 34, vol. II,
p. 408: «res plurimae carent appellationibus ». Più generalmente, per il
valore del termine in retorica, cfr. H. Lausserc, Handbuch der literarischen
Rbetorik. Eine Grundlegung der Literaturwissenschaft, Miinchen 1960,
Registerband, p. 648.
4 Stoicorum veterum fragmenta, ed. J. von Arnim, III, Lipsiae 1903,
p. 213, $ 21 Diocles Magnes apud Diog. Laért. VII, 57: toù Sì Xbyov
tori pépn Evie, die gno Avoyévne TE Èv TD Tepi pwviig xa Kpbatrrog *
$voua, mpoonvopia, pfua, oiviecos, &pipov e $ 22: Diocles Magnes
apud Diog. Laért. VII, 58: tot Sì mpoonyopla pév, xatà tèv Atovivnv,
pépos Xbyov omuatvov xouviy Toubenta, olov “Uvapwroc”, “Immoc”.
dvopa SE tot pepog Abyov SnXoiy idtav mowrtnta, olov Atoyévng,
Zwxpktng. Presso gli stoici, come si vede, tpoonyopia è parte del discorso
accanto a $vopua, non una sottoclasse di esso, come sarà per i latini.
Terminologia logica della tarda scolastica 49
o implicito, alla distinzione tra vocabulum e appellatio®.
La tradizione aristotelica è legata a due passi delle Categorie.
Nel capitolo 1 Aristotele pone la definizione dei termini denomi-
Prisciano però ripete la dottrina originale: op. cit., II, 16 in Grammatici
latini, II, cit., p. 54: « Secundum stoicos vero quinque sunt eius (sc. ora-
tionis) partes: nomen, appellatio, verbum, pronomen sive articulus, co-
niunctio. nam participium connumerantes verbis participiale verbum voca-
bant vel casuale [....]» (e aggiunge, ivi, XI, 1, in Grammatici latini, II,
cit., pp. 548-549: « Sic igitur supradicti philosophi [sc. stoici] etiam parti-
cipium aiebant appellationem esse reciprocam, id est dvTavaNALO TOY
mpoomyoplav, hoc modo: ‘legens est lector? et “lector legens’, ‘cursor est
currens’ et ‘currens cursor’, ‘amator est amans’” et ‘amans amator’ vel
nomen verbale vel modum verbi casualem »).
5 La lettura di alcuni passi dei grammatici mostra quanto fosse artico-
lata la discussione relativa a appellatio in rapporto al nome (per altre occor-
renze, cfr. Thesaurus linguae latinae, sv. appellatio): DiomEDIS Artis
grammaticae libri III, ex rec. H. Keilii, I, in Grammatici latini, cit., I,
Lipsiae 1857, p. 320: dopo aver definito il zomen « pars orationis cum
casu sine tempore rem corporalem aut incorporalem proprie communiterve
significans », aggiunge: «Sed ex hac definitione Scaurus dissentit. separat
enim a nomine appellationem et vocabulum. et est hotum trina definitio
talis: [...] appellatio quoque est communis similium rerum enuntiatio specie
nominis, ut homo vir femina mancipium leo taurus [....]. item vocabulum est
quo res inanimales vocis significatione specie nominis enuntiamus, ut atbor
lapis herba toga et his similia »; ma cfr. p. 322: « Appellativa nomina sunt
quae generaliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur,
quarum altera significat res corporales, quae videri tangique possunt (i
altera incorporales, quae intellectu tantum modo percipiuntur, verum neque
videri nec tangi possunt [...] »; Ex CWarISsII arte grammatica excerpta, ivi,
p. 533: «Nomina aut propria sunt aut appellativa » e « Appellatio dicitur
quidquid praeter proprium nomen est. appellativa nomina sunt quae gene-
raliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur. alia enim
significant res corporales, quae videri tangique possunt, et a quibusdam
vocabula appellantur, ut homo arbor pecus; alia quae a quibusdam appel-
lationes dicuntur et sunt incorporalia, quae intellectu tantum modo perci-
piuntur, verum neque videri nec tangi possunt, ut est pietas iustitia. ea
nos appellativa dicimus »; PrIScIANO, op. cit., II, 17-18, in Grammatici
latini, II, cit., pp. 54-55: «Quidam autem novem dicebant esse partes
orationis, appellationem addentes separatam a nominibus, alii autem decem
50 Alfonso Maierà
nativi o paronimi (distinguendoli da quelli univoci e da quelli
equivoci) nel seguente modo (secondo la traduzione di Boezio):
Denominativa vero dicuntur quaecumque ab aliquo solo differentia
casu secundum nomen habent appellationem [tv xatà tobvoua mpoo-
myopiav éxe], ut a grammatica grammaticus, et a fortitudine fortis .
Sono partonimi quei termini che hanno appellazione, cioè trag-
gono la loro funzione del nominare e quindi la loro forma lingui-
[...], alii undecim [....]. his alii addebant etiam vocabulum et interiectionem
apud Graecos [...]. Proprium est nominis substantiam et qualitatem signifi-
care. hoc habet etiam appellatio et vocabulum: ergo tria una pars est
orationis », e $ 24, ivi, p. 58: «Hoc autem interest inter proprium et
appellativum, quod appellativum naturaliter commune est multorum, quos
eadem substantia sive qualitas vel quantitas generalis specialisve iungit
[...]»; Donato, Ars grammatica, cit., Il, 2, in Grammatici latini, IV, cit.,
p. 373: « Nomen unius hominis, appellatio multorum, vocabulum rerum est.
sed modo nomina generaliter dicimus. Qualitas nominum bipertita est, aut
enim propria sunt nomina aut appellativa [...]. appellativorum nominum
species multae sunt. alia enim sunt corporalia [...] alia incorporalia [...] »;
Pompei Commentum Artis Donati, ex rec. H. Keilii, in Grammatici latini,
cit., V, Lipsiae 1868, p. 139: «Qualitas nominum principaliter dividitur in
duas partes. omnia enim nomina apud Latinos aut propria sunt aut appel-
lativa» e p. 150: «Sunt nomina (sc. appellativa) quae appellantur corpo-
ralia, sunt quae incorporalia [...] », e ConsENTII Ars grammatica, ex rec.
H. Keilii, ivi, p. 338: « Qualitas nominum in eo est, ut intellegamus, utrum
nomen quod positum fuerit appellativum sit, an proprium. appellativa
enim nomina a genere et specie manant » e p. 339: «Appellativa autem
nomina, quae a genere et specie manare diximus, plures differentias habent.
nam vel rem corporalem vel incorporalem significant [...] ». Della distin-
zione nomen-appellatio-vocabulum resta traccia nel medioevo nei commenti
a Prisciano: cfr. quello di Guglielmo di Conches, (in De Rijg, Logica moder-
norum, II, i, cit., p. 226), quello di Pietro Elia (ivi, p. 234) e la glossa
Promisimus (ivi, p. 260).
6 Cat. 1, la 12-15 (l’espressione messa in parentesi è alla r. 13); transì.
Boethii, « Aristoteles latinus », I, 1-5, cit., p. 5 (cors. mio); cfr. H. STEINTHAL,
Geschichte der Sprachwissenschaft bei den Griechen und Ròmern, I, Berlin
18902, p. 207: «Nur ist allerdings xxtnyopia bei Aristoteles nicht véllig
gleichbedeutend mit rpoonyopia und Uvopa, so wenig wie xamnyopeiv
Terminologia logica della tarda scolastica 51
stica, da un altro termine, che può essere detto principale o primi-
tivo”, con la sola differenza, rispetto ad esso, della terminazione,
o suffisso.
Nel capitolo 5, invece, dopo aver precisato che le sostanze
prime significano l’individuo (q68e qu, hoc aliquid), Aristotele
afferma:
In secundis vero substantiis videtur quidem similiter ad appellatio-
nis figuram [o sub appellationis figura, sub figura appellationis *:
o oynua tig mpoonyoplas] hoc aliquid significare, quando quis
dixerit hominem vel animal; non tamen verum est, sed quale aliquid
[motéy 7v] significat (neque enim unum est quod subiectum est quem-
admodum prima substantia, sed de pluribus homo dicitur et ani
mal); non autem simpliciter qualitatem significat, quemadmodum
album (nihil enim significat album quam qualitatem), genus autem et
speciem circa substantiam qualitatem determinant (qualem enim quan-
dam substantiam significant)?.
Secondo Aristotele, mentre i nomi delle sostanze prime desi-
gnano la realtà individuale, i nomi delle sostanze seconde desi-
dasselbe ist wie rpoonyopevtw [...]; sondern xatmyopia in der hier gemein-
ten Bedeutung entspricht noch eher dem platonischen Ausdrucke èrwwwyia
[...]. Wahrend nimlich évopa, Wort, nur das lautliche ovuforov, Zeichen,
der Sache ist, und in npoonyopia die Anwendung dieses dvoua auf die mit
demselben bezeichnete Sache liegt: ist xatnyopta das Wort, insofern es
nicht bloss Zeichen ist, sondern zugleich das Bezeichnete in sich fasst,
d. h. das Wesen und die Bestimmung der Sache aussagt und insofern Be-
griff ist ». È da notare che PrISCIANO (op. cit., IV, 1-2, in Grammatici latini,
II, cit., pp. 117-118) dà come denominativo il sostantivo rispetto all’agget-
tivo (es. « sapiens sapientia »), che è il contrario di quanto si può vedere
in Aristotele (del quale si veda anche Car. 8, 10a 27-32).
T Per ‘principale’: cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 168A; per ‘primitivo’:
cfr. Martino DI Dacia, Modi significandi, in Opera, ed. H. Roos, Hauniae
1961, nr. 71, p. 34 (cfr. PriscIano, op. cit., IV, 1, in Grammatici latini,
II, cit., p. 117).
8 Transl. Boethii, « Aristoteles latinus », I, 1-5, cit., p. 11; la prima variante
è in apparato critico, la seconda è corrente nel medioevo.
9 Cfr. Cat., 5, 3b 13-23 (la prima espressione greca è alla r. 14); transl.
52 Alfonso Maierù
gnano il genere e la specie: le prime, ‘quest'uomo’ o ‘questo
cavallo’ !, sono sostanze in senso proprio; le seconde, ‘uomo’
o ‘animale’, pur utilizzando gli stessi nomi che designano le
sostanze prime (‘quest’'uomo’ e ‘uomo’), in realtà designano di
esse le qualità comuni; sono — preciseranno i maestri medie-
vali — degli universali, e l’universale, secondo la definizione ari-
stotelica !!, è ciò che è predicabile di più. Così, questo testo si
presta ad essere accostato da un lato alla definizione di nomen
appellativum, poiché nome appellativo è il nome comune, e ciò
che in grammatica è detto ‘comune’ in logica è detto ‘univer-
sale’ nel medioevo ‘; dall’altro, al primo testo dello stesso Aristo-
tele, giacché, se ad esempio gramzzaticus deriva da grammatica,
e grammatica è una qualità, come album deriva da albedo e designa
principalmente una qualità, sarà lecito chiedersi, per un verso,
se le sostanze seconde vadano considerate nella categoria della
qualità e, per un altro verso e soprattutto, se, e come, ‘gramma-
Boethii, « Aristoteles latinus », cit., p. 11. Cfr. Copulata tractatuun
parvorum logicalium (ed. Colonia 1493) che fa derivare la dottrina del-
l’appellatio da questo passo (in BòHNER, Medieval Logic, cit., p. 17).
10 Cat. 5, 2a 13.
11 De interpr. 7, 17a 39.
12 Cfr. Introductiones Parisienses, cit., p. 373: «Quidam (sc. terminus)
communis sive universalis sive appellativus »; v. cap. IV, $ 1.
13 Cfr. Occam, Summa logicae, cit., p. 110: « Et ita omnia illa nomina
communia, quae vocantur secundae substantiae, sunt in praedicamento quali-
tatis, accipiendo ‘esse in praedicamento’ pro eo, de cuius pronomine de-
monstrante ipsum praedicatur ‘qualitas’. Omnia tamen illa sunt in praedica-
mento substantiae, accipiendo ‘esse in praedicamento’ pro illo, de quo signi
ficative sumpto praedicatur ‘substantia’. Unde in ista propositione: ‘Homo
est animal’, vel: ‘Homo est substantia’, ‘homo’ non supponit pro se, sed
pro suo significato. Si enim supponeret pro se, haec esset falsa: ‘Homo est
substantia’, et haec vera: ‘Homo est qualitas’. Sicut si haec vox ‘homo’
supponat pro se, haec est falsa: ‘Homo est substantia’, et haec vera: ‘Homo
est vox et qualitas’. Et ita secundae substantiae non sunt nisi quaedam
nomina et qualitates praecise significantes substantias. Et propter hoc, et non
propter aliud dicuntur esse in praedicamento substantiae ». Si noti però
Terminologia logica della tarda scolastica 53
tico” o ‘bianco’ possano designare una sostanza !'.
All’impostazione del problema nel medioevo contribuiscono
due dottrine, cioè la definizione di zomzen data da Prisciano:
« Proprium est nominis significare substantiam et qualitatem »
(0, come leggeranno i medievali, « substantiam cum qualitate ») !5,
e l’affermazione boeziana relativa alla costituzione degli esseri:
in una sostanza « diversum est esse et id quod est »; l’« id quod
est » è la sostanza completa, ed è tale grazie a un esse, a una
forma, che è un « quo est », ciò grazie al quale la sostanza diviene
quello che è, ciò di cui la sostanza partecipa !.
La dottrina grammaticale del nome, « substantia et qualitas »,
si presta ad essere interpretata alla luce della dottrina boeziana,
per la quale la sostanza, designata dal nome, è un composto, un
«quod est », e si costituisce in virtù di un «quo est», una
forma! Ci si chiede: ciò è vero di tutti i nomi, non solo dei
denominativi e dei nomi di sostanza seconda, ma anche dei nomi
di sostanza prima? E come si può articolare nella predicazione
tale distinzione: ponendo a soggetto la substantia (secondo la
terminologia grammaticale), o il suppositum (secondo la termi-
che Boezio, In Arist. Periermenias, Il ed., cit., forma nomi di qualità dai
nomi di individui: p. 136: «Alia est enim qualitas singularis, ut Pla-
tonis vel Socratis, alia est quae communicata cum pluribus totam se sin-
gulis et omnibus praebet, ut est ipsa humanitas » e p. 137: « Age enim incom-
municabilis Platonis illa proprietas Platonitas appelletur. eo enim modo quali-
tatem hanc Platonitatem ficto vocabulo nuncupare possimus, quomodo homi-
nis qualitatem dicimus humanitatem ».
14 È il problema posto nel De gramzzzatico di Anselmo d'Aosta, come si
vedrà nel paragrafo 2.
15 Prisciano, op. cif., II, 18 (cfr. la prec. n. 5); per l’uso medievale,
cfr. M-D. CHENU, La théologie au douzième siècle, Paris 19662, pp. 101 sgg.
(è qui ripreso e parzialmente modificato l’articolo Grammaire et théologie
au XIIe et XIII siècle, « Archives d’histoire doctrinale et littéraire du
moyen fàge », X [1935-36], pp. 5-28).
16 Cfr. Girson, La philosophie au moyen dge, Paris 19522, pp. 148-149.
17 CHENU, op. cit., pp. 102-103.
54 Alfonso Maierù
nologia logica), e a predicato ciò che vien detto rispettivamente
la qualitas © il significatum? *
I maestri medievali hanno sviluppato questi temi soprat-
tutto nel secolo XII, mentre nei secoli successivi le dottrine fissate
vengono tramandate in modo sostanzialmente immutato.
2. Il problema dei paronimi
La storia della teoria dei paronimi o denominativi (o deri-
vati !°) è stata di recente ricostruita da D.P. Henry che ha studiato
il De grammatico di Anselmo d’Aosta 9.
Riprendiamo qui le linee generali della dottrina anselmiana
e seguiamo lo sviluppo del problema fino al secolo XIV.
È noto che Boezio pone tre condizioni perché si abbiano
i termini denominativi:
Tria sunt autem necessaria, ut denominativa vocabula constituantur:
prius ut re participet, post ut nomine, postremo ut sit quaedam no-
minis transfiguratio, ut cum aliquis dicitur a fortitudine fortis, est
enim quaedam fortitudo qua fortis ille participet, habet quoque nomi-
nis partecipationem, fortis enim dicitur. At vero est quaedam transfi-
guratio, fortis enim et fortitudo non eisdem syllabis terminantur?!.
18 ALBERTO Magno, I Sent., d. 2, a. 11, sol. (cit. in CHENU, op. cit.,
p. 102): «Duo sunt attendenda in nomine, scilicet forma sive ratio a
qua imponitur, et illud cui imponitur; et haec vocantur a quibusdam signi-
ficatum et suppositum, a grammaticis autem vocantur qualitas et substan-
tia ». L’influenza di Porfirio è stata determinante per una impostazione del
problema in termini di predicazione: cfr. E.A. Moopy, The Logic of
William of Ockbam, London-New York 1935 (ed. anastatica 1960), in part.
p. 74.
19 MartINno DI Dacia, /.c.; ma cfr. Cassionoro, Irstitutiones, cit., II,
iii, 9, p. 113: « denominativa, id est derivativa [....] ».
20 Cfr. D.P. Henry, The « De grammatico » ..., cit., pp. 79-101 (per la
ricostruzione storica del problema: in questo libro sono sistemate le ricerche
precedenti dell’autore), e The Logic of St. Anselm, Oxford 1967, pp. 31-116.
2 In Cat. Arist., cit., 168A-B. L’analisi delle tre condizioni in HenRry,
The « De grammatico » ..., cit., pp. 80-82.
Terminologia logica della tarda scolastica 55
A fondamento di questa interpretazione è la dottrina boeziana
della costituzione dell’essere mediante la partecipazione a una
‘forma’, e quindi al nome che la designa: il denominativo si ri-
cava dal nome della forma, e si differenzia da questo soltanto
nella parte terminale.
Con ciò non è ancora risolto il problema, se il nome ottenuto
significhi principalmente la forma o il soggetto al quale inerisce.
Altrove, però, lo stesso Boezio afferma che album è detto deno-
minative di un corpo e perciò può essere predicato del nome
di corpo, ma non è possibile che la ‘definizione’ di album, e tutto
ciò che essa contiene, possa essere predicata del subiecium, cioè
del nome che funge da soggetto 2; diverso è il caso di anizzal,
detto di homzo: animal non solo può essere predicato di homo,
ma, essendo esso posto nella definizione di horzo, la definizione
di animal può essere predicata di hozzo. Vengono così a confi-
gurarsi due tipi di predicazione secondo Boezio: una predicazione
secundum accidens, e si ha quando si predica del subiectum ciò
che è in subiecto, e una predicazione de subiecto (0 in eo quod
quid) o essenziale, e si ha quando una parte della sostanza è
predicata della sostanza stessa”. Questo secondo modo di predi-
cazione ha luogo quando le sostanze seconde sono dette di sostanze
prime (non solo, in tal caso, è predicabile il nome, ma anche la
ratio o definitio del nome); ma quando un denominativo è predi-
2. Cosa siamo ‘soggetto’ e ‘predicato’ è detto da Boezio, In Arist. Perier-
menias, I ed., cit., p. 77: « Termini autem sunt nomina et verba, quae in
simplici propositione praedicamus, ut in eo quod est Socrates disputat,
Socrates et disputat termini sunt. et qui minor terminus in enuntiatione
proponitur, ut Socrates, subiectus dicitur et ponitur prior; qui vero maior,
praedicatur et locatur posterior, ut disputat »; cfr. HeNRY, The Logic of
St. Anselm, cit., p. 61.
2 Boezio, In Cat. Arist., cit., 175D-176A e 185A-B; cfr. HENRY, The
Logic of St. Anselm, cit., pp. 42-54.
56 Alfonso Maierù
cato di un subiectum, la predicazione attiene al nome, non alla
ratio o definitio del nome *.
Si vede bene, dunque, che altro è il modo in cui ‘uomo’
è detto di Socrate, o ‘animale’ di uomo, altro è il modo in cui
album è detto di una sostanza qualsiasi. E poiché album (o gram-
maticus) non è il nome della qualità (a/bedo, grammatica), ma di
un quale, cioè di un soggetto cui la qualità inerisce (è nome cioè
non della sua razio, ma del subiectum), bisogna precisare in che
modo esso denoti il subiectum.
S. Anselmo nel De grammiatico fa porre così il problema dal
Discepolo: « De ‘grammatico’ peto ut me certum facias utrum
sit substantia an qualitas » #. I termini usati sono quelli della
definizione del nome data da Prisciano, ma posti in disgiunzione
(« substantia an qualitas »); ben presto però, nel corso della
discussione tra Maestro e Discepolo, si cerca di spiegare come
grammaticus sia « substantia ef qualitas » *.
Per comprendere la risposta data dal Maestro nel testo di
Anselmo, si consideri innanzi tutto l’analisi che egli fa di homzo:
Nempe nomen hominis per se et ut unum significat ea ex quibus
constat totus homo. In quibus substantia principalem locum tenet, quo-
niam est causa aliorum et habens ea, non ut indigens illis sed ut se
indigentia. Nulla enim est differentia substantiae sine qua substantia
inveniri non possit, et nulla differentiarum eius sine illa potest exi-
stere. Quapropter quamvis omnia simul velut unum totum sub una
significatione uno nomine appelletur ‘homo’, sic tamen principaliter
2 Boezio, In Cat. Arist., cit., 191A-B. All’origine della distinzione tra
definizione nominale e definizione essenziale è Anal. post. II, 10 (93b 29 sgg.)
secondo H. ScHnoLtz, Storia della logica, tr. it. di E. Melandri, Milano 1962,
p. 64.
25 Cfr. De Grammatico, in S. Anselmi Opera omnia, ed. F.S. Schmitt, I,
Edimburgi 1946, p. 145; Anselmo stesso c’informa che il problema era
molto dibattuto al suo tempo: « Tamen quoniam scis quantum nostris tem-
poribus dialectici certent de quaestione a te proposita [...] » (ivi, p. 168).
26 Ivi, p. 156.
Terminologia logica della tarda scolastica 57
hoc nomen est significativum et appellativum substantiae [...]: sub-
stantia est homo et homo substantia [....] ?”.
Si legga di seguito la risposta fornita al Discepolo per quanto
riguarda grammaticus:
Grammaticus [...] non significat hominem et grammaticam ut unum,
sed grammaticam per se et hominem per aliud significat. Et hoc no-
men quamvis sit appellativum hominis, non tamen proprie dicitur
eius significativum; et licet sit significativum grammaticae, non tamen
est eius appellativum. Appellativum autem nomen cuiuslibet rei nunc
dico, quo res ipsa usu loquendi appellatur ®,
Secondo Anselmo, dunque, ciò che distingue l’uso di homo
e di grammaticus è che il primo « per se et ut unum significat
ea ex quibus constat homo », il secondo « non significat hominem
et grammaticam ut unum, sed grammaticam per se et hominem
per aliud significat »; il primo è un nome di sostanza e quindi,
boezianamente, « praedicatur de subiecto »: esso significa e
nomina la sostanza (« est significativum et appellativum substan-
tiae »), cioè, ancora boezianamente, esso può essere predicato di
un sudiectum non solo come zomzen, ma anche quanto alla ratio
o definitio del nomen; il secondo è nome di un composto di
sostanza e accidente, composto denominato dall’accidente che ine-
risce alla sostanza (non qualitas, quindi, ma quale); il suo nome
è predicabile del subiectum-composto, non lo è la sua definitio, 0
ratio: la « praedicatio secundum accidens » importa che ciò che
è predicato non costituisca sostanzialmente un « unum aliquid »
con la sostanza cui inerisce e da cui dipende sostanzialmente ?.
2 Ivi.
28 Ivi, p. 157.
2 Cfr. AristoTELE, De interpr. 11, 21a 7-15; transl. Boethii, « Aristoteles
latinus », II, 1-2, cit., pp. 24-25: « Eorum igitur quae praedicantur et de
quibus praedicantut, quaecumque secundum accidens dicuntur vel de eodem
vel alterum de altero, haec non erunt unum; ut homo albus est et musicus,
sed non est idem musicus et albus; accidentia enim sunt utraque eidem.
58 Alfonso Maierù
Perciò altra è la significazione, altra la funzione nominativa di
grammaticus: esso significa per se l’accidente, ma nomina il
subiectum, l’uomo che ha la grammatica; il subiectum è signi-
ficato obliquamente, o secondariamente (per aliud), ma è propria-
mente nominato; l’accidens è significato primariamente, ma non
è nominato. Vengono così differenziandosi due funzioni proprie
del nomen: una è la significatio, l’altra è l’appellatio (Anselmo
usa poco questo ultimo termine, ma usa molto appellativus, appel-
lare); la prima è ordinata al significato, l’altra al referente; e
l’appellatio è qui lontana anticipazione della teoria medievale
della supposizione ®.
l Nelle sue opere, Anselmo prospetta, fra l’altro, la possibilità
di considerare il rapporto tra i nomi come bumanus e bumanitas;
poiché tuttavia tra di essi non corre un vero e proprio rapporto
di paronimia, egli non ne affronta l’analisi *. La considerazione
di casi come questo avrebbe però permesso di dare al problema
un respiro più ampio, come si vedrà in Occam.
Qualche decennio dopo Anselmo, Abelardo riprende il pro-
blema in un contesto in cui la presenza di Prisciano si è fatta
più determinante. Va notata, innanzitutto, la distinzione che
Abelardo scorge tra il diverso valore di ‘qualità’ in Aristotele e
Nec si album musicum verum est dicere, tamen non erit album musicum unum
aliquid; secundum accidens enim musicum album, quare non etit album
musicum. Quocirca nec citharoedus bonus simpliciter, sed animal bipes; non
enim secundum accidens »; cfr. Henry, The Logic of St. Anselm, cit.
pp. 54-60. j ”
30 Un cenno in tal senso in PH. BòunER, Medieval Logic, cit., p. 20; ma
cfr. D.P. Henry, The Early History of « Suppositio », « ; sonlin Stadics »,
XXIII (1963), pp. 205-212, ripreso in The Logic of St. Anselm, cit., pp. 108-
116; ev appendice 2, n. 1. Henry rende «significatio per se» con
meaning e « appellatio » con reference (cfr. The « De grammatico » ..., cit.,
p. 118). Per appellatio in AnseLMo, cfr. De Grammatico, cit., pp. 163-164.
3 Cfr. Epistola de incarnatione Verbi, in Opera omnia, cit., II, Romae
1940, p. 26; ma v. Henry, The « De grammatico »..., cit., p. 87. i
Terminologia logica della tarda scolastica 59
in Prisciano: mentre per Aristotele ‘qualità’ denota tutto ciò
che è considerabile sotto la categoria della qualità, Prisciano ritiene
che qualità sia nome di tutte le forme (« omnium formarum
nomen accipitur » ©). Ciò permette di considerare qualsiasi forma,
quindi anche le forme sostanziali, come qualità, e spiega come,
nel secolo XII, si siano moltiplicati i nomi astratti per indicare
le forme (es. deus-deitas), e si sia posto il problema di ciò che li
differenzia dai corrispondenti nomi concreti *.
Per quanto riguarda più direttamente il problema dei paro-
nimi, è da dire che Abelardo include questi termini tra i momzi-
na sumpta*, i quali si distinguono dai mozzina substantiva *
perché sono detti delle cose semplicemente per significare la
forma che ad esse inerisce: essi #0 determinano la sostanza delle
cose, ma denotano ciò che è affetto da una certa qualità.
32 AseLARDO, Dialectica, cit., p. 93.
3 Cfr. CHENU, op. cit., pp. 100-107, pet quanto riguarda i nomi divini.
3 Ma già Anselmo aveva parlato di nomen sumptum (cfr. Henry, The
Logic of St. Anselm, cit., p. 64; s. ANSELMO, Epistola de incarnatione Verbi,
cit., p. 13; cfr. glossa Promisimus, in De Rx, Logica Modernorum, Il,
i, cit., p. 262. Per AseLARDO, cfr. Logica ‘Ingredientibus', cit., pp. 122-123;
« Sunt autem omnia denominativa vocabula sumpta, non autem omnia sumpta
sunt denominativa. Sumpta autem vocabula ea dicimus, quae simpliciter
propter adiacentem formam significandam reperta sunt, ut rationale, album.
Non enim ‘rationale’ dicit animal rationale vel ‘album’ corpus album, sed sim-
pliciter ‘rationale’ ponit affectum rationalitate, ‘album’ affectum albedine, non
etiam substantiam rei, quid sit, determinat. Sumptorum veto tria sunt genera,
quia quaedam cum nomine formae in materia vocis ex toto conveniunt, ut
grammatica nomen mulieris cum grammatica nomine scientiae. Quaedam
vero penitus a nomine formae differunt, ut studiosus a virtute, quaedam
autem cum per principium conveniant, per finem disiuncta sunt, ut fortis
fortitudo, quae cum in primis syllabis conveniant, in ultimis differunt. Et
haec tantum sumpta, quae scilicet principio conveniunt cum nomine formae
et fine differunt, denominative esse determinat [...]. Denominativa dicuntur
subiecta illa quae habent appellationem ab aliquo, hoc est vocabulum quod-
cumque significans ex forma adiacente secundum nomen, id est simili-
tudinem nominis ipsius formae, ut iam est expositum ».
35 Cfr. Dialectica, cit., p. 595: « Sicut autem nomina quaedam substan-
60 Alfonso Maierù
Ci si chiede quindi in quale categoria vadano considerati i
nomina sumpta, e si risponde:
[...] quando contingit idem vocabulum res diversorum praedicamen-
torum significare, secundum principalem significationem in praedica-
mento ponendum est, ut album quod albedinem principaliter signi-
ficat, propter quam maxime repertum est atque ubique eam tenet,
quam etiam praedicare dicitut 4;
e ancora:
Cum enim tradat grammatica omne nomen substantiam cum qualitate
significare, ‘album’ quoque, quod subiectam nominat substantiam et
qualitatem determinat circa eam, utrumque dicitur significare; sed
qualitatem quidem principaliter, causa cuius impositum est, subiectum
vero secundario #7.
tiva dicuntur, quae rebus ipsis secundum hoc quod sunt data sunt, quae-
dam veto sumpta, quae scilicet secundum formae alicuius susceptionem impo-
sita sunt, sic et definitiones quaedam (secundum) rei substantiam, quaedam
vero secundum formae adhaerentiam assignantur ».
36 Cfr. AseLarDOo, Logica ‘Ingredientibus’, cit., p. 115; il tentativo di
ricondurre le parti del discorso studiate dal grammatico alle categorie aristo-
teliche è già in Distributio omnium specierum nominis inter cathegorias
Aristotelis, ed. P. Piper, che ha attribuito il trattato a Notkero Labeone (cfr.
P. Pier, Die Schriften Notkers und seiner Schule, I, Freiburg i.B.-Tibingen
1882, e in « Zeitschrift fiir deutsche Philologie », XXII [1890], pp. 278-286)
Ma il sec. IX è il « terminus ante quem» per la composizione del trattato
secondo il De Rx: cfr. On the Curriculum of the Arts of the Trivium at
St. Gall from c. 850 - c. 1000, « Vivarium », I (1963), p. 83.
37 Cfr. Dialectica, cit., p. 113; v. anche ivi, p. 596: «At vero in his
definitionibus quae sumptorum sunt vocabulorum, magna, memini, quaestio
solet esse ab his qui in rebus universalia primo loco ponunt, quarum signi-
ficatarum rerum ipsae esse debeant dici; duplex enim horum nominum quae
sumpta sunt, significatio dicitur, altera vero principalis, quae est de forma,
altera vero secundaria, quae est de formato. Sic enim ‘e/bum? et albedinem
quam circa corpus subiectum determinat, primo loco significare dicitur et
secundo ipsius subiectum quod nominat ». Alle pp. 596 sg. della Didlectica,
AseLARDO si chiede se la definizione « formatum albedine », sia di 4/bum
in quanto voce oppure della sua significatio, e poiché sembra ovvio che sia
definizione della significatio, chiede ulteriormente se sia della significatio
Terminologia logica della tarda scolastica 61
Richiamando quanto si è detto della soluzione anselmiana e
confrontando ad essa quella proposta da Abelardo, si può rile-
vare una stretta analogia tra le due posizioni: per Anselmo,
come per Abelardo, il termine denominativo significa principal
mente la qualità o forma da cui è tratto, e secondariamente il
subiectum che nomina (il termine rorzinare di Abelardo ha lo
stesso valore dell’appellare di Anselmo).
Dal secolo XIII non è venuto alcun contributo originale
alla interpretazione del problema dei paronimi *.
prima (albedo) o seconda, e mostra le difficoltà dell’uno e dell’altro caso.
Conclude però a proposito della significatio prima: « Dicatur itaque illa
definitio albedinis esse non secundum essentiam suam, sed secundum adiacen-
tiam acceptae. Unde et eam praedicari convenit et de ipsa albedine secundum
adiacentiam, hoc modo: ‘omne album est formatum albedine’, et de omnibus
de quibus ipsa in adiacentia praedicatur » (p. 596), e per la significatio
seconda: « Potest etiam dici definitio eadem esse huius nominis quod est
‘album’, non quidem secundum essentiam suam, sed secundum significatio-
nem, nec in essentia sua de ipso praedicabitur, ut videlicet dicamus hanc
vocem ‘album’ esse formatam albedine, sed secundum significationem, se
scilicet consignificando, ac si (si)c diceremus: ‘res quae alba nominatur est
formata albedine’ » (p. 597). Cfr. De Rik, Logica modernorum, IK:4, it;
pp. 200-202.
38 Vincenzo DI BeauvEAIS, op. cif., 108, si limita a richiamare la diffe-
renza tra il procedimento aristotelico della derivazione del paronimo (da forti-
tudo, fortis) e quello di Prisciano (da fortis, fortitudo): cfr. n. 6; PreTRo
Ispano, Summulae logicales, cit., 2. 22, p. 22, ripete la dottrina d’Aristotele
e di Boezio, impostando il problema in termini di predicazione; così, ripren-
de anche la distinzione dici de subiecto - esse in subiecto, che ricorda quella
boeziana praedicari de subiecto-praedicari in subiecto (ivi, 3. 10, p. 26):
«Eorum vero, quae dicuntur de subiecto, omnia praedicantur nomine et
ratione, ut homo de Socrate et de Platone. Eorum autem, quae sunt in subiecto
in pluribus quidem, neque nomen neque ratio de subiecto praedicatur, ut
haec albedo vel hoc album. In aliquibus autem nomen nihil prohibet
praedicari aliquando de subiecto, rationem vero praedicari est impossibile,
ut album de subiecto praedicatur, ratio vero albi de subiecto numquam
praedicabitur ». Le Sumzyle dello Ps. BAcONE riprendono la terminologia e
i problemi noti: dezominativum (p. 203), sumptum (è il concreto, mentre
astratto è il termine dal quale suzzitur il concreto, p. 205); diversità del
62 Alfonso Maierùà
Ma Guglielmo d’Occam, nel secolo XIV, ha fornito un’analisi
esemplare del nostro problema, inquadrandolo in quello più
vasto del rapporto tra nomi concreti e nomi astratti, dal momento
che a partire dal secolo XII, e poi con Duns Scoto, i nomi astratti
formati sulla base di nomi concreti si erano moltiplicati sempre
più: andavano quindi analizzate tutte le possibilità di rapporti
tra nomi concreti e nomi astratti in modo da poter individuare
i paronimi e indicarne correttamente le valenze significative.
Secondo Occam, quattro sono i tipi di nomi concreti e di
corrispondenti nomi astratti; in tre casi però il nome astratto e
il nome concreto sono sinonimi”, in quanto le forme astratta e
concreta non importano cose differenti. Innanzi tutto sono sino-
nimi le forme astratte e concrete della categoria di sostanza
(bomo-humanitas), della categoria di quantità (quantum-quan-
titas) o che riguardano la figura e sono riconducibili alla quantità
(curvum-curvitas), e della categoria di relazione (pater-pater-
nitas)®; non c’è alcuna distinzione, infatti, nell'unità dell’indi-
procedimento del logico (aristotelico) e del grammatico (di Prisciano) (p. 207);
i nomi concreti sono tali perché « significant rem in concrecione et inclina-
cionem ad subjectum, sive ad materiam in qua est accidens, quia album
idem est quod res alba, ‘res’ enim nominat subjectum sive materiam in
qua est albedo » (p. 205); ma è bene ricordare che non tutti i concreti
sono denominativi, giacché, oltre a quelli che designano la forma acciden-
tale in congiunzione al suo subiectum, ci sono i concreti che designano
la forma sostanziale in unione con la sua materia (p. 207).
® Cfr. Summa logicae, cit., p. 19: «Stricte dicuntur illa synonyma,
quibus omnes utentes intendunt uti simpliciter pro eodem; et sic non
loquor hic de synonymis. Large dicuntur illa synonyma, quae simpliciter
significant idem omnibus modis, ita quod nihil aliquo modo significatur
per unum, quin per reliquum eodem modo significetur, quamvis non
omnes utentes credant ipsa idem significare, sed decepti existimant aliquid
significari per unum, quod non significatur per reliquum [...]. Isto secundo
modo intendo uti in isto capitulo et in multis aliis de hoc nomine ‘syno-
nyma’ ». Un’esposizione molto chiata in Moopv, The Logic of William of
Ockbam, cit., pp. 53-65.
4 Occam, Sura logicae, cit., pp. 19-20.
Terminologia logica della tarda scolastica 63
viduo, tra la realtà di esso e il principio formale che lo fa essere
quello che è, né si può supporre che la quantità, la figura, la
relazione siano cose distinte dalla sostanza quanta, o che ha
figura, o che sia in relazione. Alla domanda: che cosa significa
dunque la forma astratta humzanitas rispetto alla forma concreta
homo, Occam risponde che la prima designa tutto ciò che designa
la seconda, ma in modo differente, giacché humzanitas equivale a
«homo in quantum homo », cioè alla forma reduplicativa del
nome; infatti il nome astratto rende reduplicativa ed esponibile
la proposizione in cui è posto ‘. Sono, inoltre, sinonimi i nomi
la cui forma astratta equivale a quella concreta con in più
un sincategorema, o un avverbio, e simili ‘. Sono, infine, sinonimi
i nomi la cui forma astratta è un nome collettivo e quindi designa
molte cose « simul sumptae », mentre la forma concreta può
essere verificata « pro uno solo » (populus-popularis) *.
Ma, oltre a questi casi, vi sono nomi astratti che non so-
no sinonimi dei corrispondenti nomi concreti, e costituiscono il
quarto tipo. Essi sono di tre specie: innanzi tutto, si dà il
caso che la forma astratta abbia supposizione per un accidente o
forma che inerisca a un subiectum, e il concreto abbia suppo-
sizione per il subiectum dell’accidente o forma predetta: così,
albedo sta per l’accidente, album per il subiectum, cioè per il
corpo bianco (il contrario si ha per ignis-igneus: ignis, che è la
forma astratta — sostantiva, meglio — sta per il subiectum, e
igneus, che è la forma concreta — aggettivale — sta per l’acci-
4 Ivi, pp. 22 sgg.; per la expositio in generale, cfr. cap. VI, $ 4; per
la reduplicativa in part., cfr. Moopy, op. cit., p. 63.
4 Occam, Summa logicae, cit., p. 28: l’autore insiste sul carattere
‘arbitrario’ (« ad placitum instituentis ») della utilizzazione di un termine
in luogo di più altri: « Possunt enim utentes, si voluerint, uti una dictione
loco plurium. Sicut loco istius totius ‘omnis homo’, possem uti hac dictione
“A?, et loco istius totius ‘tantum homo’, possem uti hoc vocabulo ‘B’, et
sic de aliis ».
4 Ivi, p. 32.
64 Alfonso Maierù
dente); inoltre, il termine concreto in molti casi può stare per una
parte di una cosa e la forma astratta — sostantiva — per il
tutto (boro sta per il tutto in « anima non est homo », mentre
bumanus sta per una parte in « anima est humana »: l’anima infatti
è una parte dell’uomo), o viceversa (azizza sta per una parte,
animatum per il tutto); infine, talora il concreto e l’astratto
stanno per cose distinte, per le quali non valgono i rapporti
accidens-subiectum, patte-tutto, già esaminati, ma valgono altri
rapporti: quello tra causa ed effetto (homo che indica la causa,
e bumanus che indica il prodotto dell’azione dell’uomo), tra
luogo e ciò che sta in esso (Anglia, Anglicus), tra signum e signi
ficatum (la differenza essenziale nell'uomo non è l’essenza, ma
è segno di una parte dell’essenza, la razionalità) 4.
Orbene, denominativi in senso stretto sono i concreti inclusi
nella prima specie di concreti e astratti non sinonimi, mentre in
senso largo sono denominativi tutti i concreti che non siano sino-
nimi della corrispondente forma astratta ‘.
4 Ivi, pp. 16-18.
45 Ivi, p. 43: « Terminus autem denominativus ad praesens potest accipi
dupliciter, scilicet stricte, et sic terminus incipiens, sicut abstractum incipit,
et non habens consimilem finem et significans accidens dicitur terminus
denominativus, sicut a ‘fortitudine’ ‘fortis’, a ‘iustitia’ ‘iustus’. Aliter dici-
tur large terminus habens consimile principium cum abstracto sed non
consimilem finem, sive significet accidens sive non; sicut ab ‘anima’
dicitur ‘animatus’ ». In Expositia aurea ..., cit., ad l., però OccaMm aveva
affermato: « denominativum multipliciter accipitur, scilicet large, stricte et
strictissime »: la prima accezione (large) è esemplificata, fra l’altro, proprio
con animatus (occorre come esempio della « secunda differentia » dei nomi
concreti e astratti non sinonimi, cfr. Summa logicae, cit., p. 17); la terza
accezione (strictissimze) è quella aristotelico-boeziana; la seconda è così for-
mulata: « Secundo modo dicitur denominativum cui correspondet abstractum
differens sola terminatione importans rem in alio formaliter inhaerentem
et ab eo totaliter differente, et isto modo dicitur materia formata a forma ».
— Si noti, infine, che sempre nell’Exposito aurea, la trattazione dei deno-
minativi è limitata al richiamo degli elementi boeziani e alla riconduzione
Terminologia logica della tarda scolastica 65
Ma Occam va più oltre nell'esame di questo problema: vi
sono dei nomi che sono detti absoluta, che significano primo
tutto ciò che significano (« quidquid significatur per idem nomen,
aeque primo significatur ») ‘: tali sono tutti i nomi della cate-
goria di sostanza e i nomi astratti della categoria della qualità ;
i nomi non assoluti sono detti connotativi: « Nomen [...] connota-
tivum est illud, quod significat aliquid primario et aliquid secun-
dario » %; dei nomi connotativi è possibile, a differenza dei nomi
assoluti, dare una « definitio quid nominis », cioè una definizione
nominale, che esprime ciò che è importato dal nome; di album,
ad esempio, la definizione nominale è « aliquid habens albe-
dinem »: orbene, secondo Occam, album significa primariamente
ciò che nella definizione nominale è al nominativo (nell’esempio,
aliquid) e significa secondariamente ciò che nella definizione
nominale è al caso obliquo (4/bedo) . Nomi connotativi sono tutti
della « praedicatio denominativa » alla « praedicatio univoca » o alla « prae-
dicatio aequivoca ». Al testo di Occam fa seguito un lungo passo che a un
primo giudizio sembra richiamare elementi di Buridano (cfr. n. 51), incluso
tra le lettere maiuscole F e M. così: «F. Quamvis ista dicta venerabilis
inceptoris clarissima sint [...] ut notatur hic per venerabilem nostrum
expositorem magistrum Guilielmum de Ocham. M »; esso è dovuto all’edi-
tore, frate Marco da Benevento.
4 Summa logicae, cit., p. 33.
#1 Cfr. ivi, p. 35, e Moopy, op. cit., p. 56, il quale rileva che la
differenza essenziale, della categoria di sostanza, è invece termine con-
notativo.
4 Summa logicae, cit., p. 34.
4 Così il Moopy, op. cit., p. 55, e L. Baupry, Lexigue philosophique
de Guillaume d’Ockbam, Paris 1958, s.v. connotativum; si veda sw. conno-
tatum una citazione dal II Sent., q. 26, O: «Illud quod ponitur ibi (sc.
in definitione nominali) in recto est significatum principale [...] et quod
ponitur in obliquo est connotatum »: il termine connotativo conmota ciò
che significa secondariamente; e s.v. significare, la quarta accezione. Ma
cfr. Bacone, Compendiumi..., cit., p. 46: « Deinde diligenter considerandum
est ulterius, quod nomen inpositum alicui rei soli extra animam, potest
66 Alfonso Maierù
i termini concreti non sinonimi dei corrispondenti astratti, e quindi
tutti i denominativi (assumendo il termine in senso stretto o
in senso largo), e, più generalmente, tutti i termini contenuti
nelle categorie diverse da quella di sostanza, compresi i nomi
concreti della categoria della qualità ”.
La terminologia, e quindi la soluzione, occamista non è dif
fusa al tempo del maestro 8. Dopo di lui, Strode ritiene, sempli-
cemente, che conzotare vale « secundario significare » 5, mentre
multa simul significare extra animam, et hec vocantur in philosophia cointel-
lecta, et apud theologos connotata ».
50 Ivi, pp. 34-35.
51 Cfr, BurLEIGH (Super artem veterem Porphyrii et Aristotelis, Venetiis
1497, s. pp.) che distingue semplicemente (sotto Denominativa vero, nel com-
mento alle Categorie) due tipi di nomi concreti: il « concretum substantiale »
e il « concretum accidentale »; di essi, solo il secondo è denominativo: «[...]
iste terminus ‘homo’ est concretum substantiale, quia sibi correspondet
aliquod abstractum, scilicet ‘humanitas’, et non praedicatur denominative;
ideo dico quod omne denominativum est concretum sed non e contra; nam
concretum quoddam est accidentale et quoddam substantiale. Concretum
accidentale est denominativum, sed concretum substantiale non est deno-
minativum respectu illius cuius est substantiale ».
52 Srrope, Logica, cit., f. 15rb: «Item, terminorum quidam dicuntur
abstracti et quidam concreti. Abstracti sunt illi qui ultra illud pro quo
supponunt non connotant aliquid inhaerere sibi, ut hic: li ‘homo’ (!),
li ‘albedo’. Sed concreti sunt illi qui connotant illis pro quibus supponunt
aliquid inhaerere, ut fere omnia adiectiva, ut ‘album’, ‘nigrum’ et alia
adiectiva, ut alibi magister declaravit. E? sic patet differentia inter suppo-
sitionem, significationem et connotationem, vel inter supponere, significare
et connotare. Supponere nam est pro aliquo capi ut subiectum et praedicatum
in propositione. Sed significare est aliquid repraesentare. Connotare vero
est secundario significare, ut li ‘album’ non significat principaliter, sed
supponit pro substantia quam etiam significa et connotat sibi inbaerere
albedinem » (cors. mio); v. anche ivi, f. 15vb: «[...] terminus qui princi-
paliter significat substantiam, ut ‘lignum’ vel ‘lapis’, dicitur (ex dicuntur)
esse substantiae vel in praedicamento substantiae; sed qui connotant quali.
tatem, ‘album’, ‘nigrum’, sunt in praedicamento qualitatis, qui quanti.
tatem, in praedicamento quantitatis [...]».
Terminologia logica della tarda scolastica 67
Butidano * e Wyclif * accostano sempre a comnotare l’avverbio
accidentaliter: per l’uno ciò che è ‘connotato’ è ‘appellato’ dal
53. Burano, Compendium logicae, cit., III, sotto Denominativa vero:
« Circa quam est primo notandum quod triplicia sunt denominativa: quaedam
sunt denominativa voce tantum, quaedam significatione tantum, quaedam
voce et significatione simul »; esempi del primo sono bomzo-bumanitas, che
sono sinonimi: «[...] et alia denominativa reperiuntur in tetminis essentia-
libus et absolutis », e continua: «Sed denominativa significatione tantum
sunt concreta habentia abstracta cum quibus non conveniunt in principio vel
non differunt in fine litteraliter vel syllabaliter sed comnotant aliud acciden-
taliter pro quo sua abstracta supponunt principaliter, ut li ‘studiosus’ est
denominativum significatione tantum respectu huius abstracti ‘virtus’, quia
li ‘studiosus’ connotat accidentaliter vittutem pro qua supponit li ‘virtus’.
Sed denominativa voce et significatione simul sunt concreta habentia
abstracta cum quibus quantum. est ex parte vocis conveniunt in principio
litteraliter vel syllabaliter et differunt ab eis in fine et connotant illud
accidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter, ut li ‘album’
dicitur denominativum voce et significatione simul respectu huius abstracti
‘albedo’ »; quest’ultima specie sono i denominativi veri e propri, i quali
«[...] secundum illud nomen habent appellationem, id est connotant illud
accidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter » (cors. mio).
5 WycLir, Tractatus de logica, I, cit., p. 3: « Terminus substancialis est
terminus qui significat naturam rei sine conmotacione accidentalis proprie-
tatis; ut iste terminus, boro, significat essenciam humanam sine connotacione
extranea [...]. Sed terminus accidentalis est diccio significans essenciam rei,
connotando accidentalem proprietatem: sicut iste terminus, albus, significat
substanciam et similiter albedinem, que est proprietas extranea ab essencia,
que est substancia [...]», e p. 5: « Terminorum alius est concretus, alius
abstractus. Terminus concretus est terminus significans rem que indifferenter
potest contrahi ad supposicionem simplicem vel personalem; sicut iste ter-
minus, 4om0, significat in proposicione tam personaliter pro persona; quam
eciam simpliciter pro natura. Sed terminus abstractus significat pure essen-
ciam rei sine connotacione aliqua ad suppositum cui inest, sicut iste ter-
minus deitas, bumanitas, albedo, canitas etc. [...]. Et sic ex omnibus terminis
concretis possunt abstracta capi » (cors. mio). La definizione di termine deno-
minatus o denominativo non fornisce elementi notevoli (ivi, p. 5). Si veda
invece im. Miscellanea philosophica, II, ed. M.H. Dziewicki, London 1905
(First repr. New York-London-Frankfurt a.M. 1966), pp. 161 sgg., in part.
p. 161: « Nota primo quod “abstractum” in terminis vocatur terminus qui
68 Alfonso Maierù
termine concreto, come si vedrà; per l’altro l’accidente è il signi-
ficato primario del termine.
3. L’« appellatio » tra dottrine grammaticali e esigenze dell’analisi
dei sofismi
I paronimi costituiscono dunque una classe particolare di
nomi, che pongono all’attenzione del logico il problema del rap-
porto tra sigrificatio e appellatio; ma che cosa un nome significhi,
che cosa nomini, e se la funzione nominativa del nome sia primaria
o del tutto secondaria, sono domande che nel secolo XII i
maestri si pongono per tutti i nomi, non solo per i paronimi.
Viene così in primo piano la considerazione del momento
istitutivo del nome, dell’atto, cioè, per il quale il nome è costi-
tuito come « vox significativa »; si constata che all’origine del
nome sta l’esigenza di designare le cose e che quindi la vox
diviene significativa innanzi tutto perché l’uomo possa parla
re delle cose usando segni fonici in luogo delle cose stes-
significat formam substancialem vel accidentalem primarie; sed “concretum”
est terminus qui formam et suppositum cuius est talis forma significat »;
pp. 162-163: «Suppono quod cuilibet termino significati est dare prima-
rium significatum [...]. Pro intellectu tamen, nota quod primarium signifi-
catum alicuius termini est significatum ad quod intellectus tali audito imme-
diate fertur intelligendus; ex quo sequitur quod omnis terminus communis
significans habet duplex significatum, scilicet primarium et 2ndarium; sequi-
tur quod omnis terminus habens predicatum debet principaliter sumi pro
significato suo primario. Exempli gracia, cum proponitur, “Homo est ani-
mal”, intellectus audientis hanc proposicionem non fertur super Sor nec
Platone, sed absolute super significato primario, quod est species humana
que est humanitas. Si autem proponitur cum predicata humanitate, videndum
est si predicatum limitat ipsum subiectum racione primarii significati vel
secundarii. Et sic revertitur nobis illa antiqua regula et famosa: Talia sunt
subiecta qualia permittuntur ab eorum predicatis [cfr. De Ryx, Logica moder-
norum, II, i, cit., p. 561]. Exemplum ad significatum primarium. Hec est re-
gula vera: “Homo communicatur multis, eo quod predicatum non potest com-
Terminologia logica della tarda scolastica 69
e 5; si constata anche, d’altra parte, che la vox resta significativa
anche in assenza della cosa da nominare e che quindi le due fun-
zioni del nome non sono strettamente interdipendenti: altro è il
significato, altro il referente del nome. Delle occasioni che si offro-
no ai maestri medievali nei testi in uso nelle scuole come luoghi per
dibattere questi problemi, dobbiamo richiamarne due: una è rap-
presentata dal secondo passo delle Categorie d’Aristotele (5,
3b 14), già ricordato, e dalla sua utilizzazione nella definizione
delle fallacie; l’altra è la definizione che Prisciano dà di nomen.
Esaminiamo brevemente i risultati in questo paragrafo. Ricor-
diamo che un’ampia documentazione per lo studio di questi temi
è fornita dal De Rijk nella sua Logica modernorum *.
Come avvio allo studio di questi temi si tenga presente l’inse-
gnamento di Abelardo, il quale, esaminando la dottrina della
petere significato primario huius termini 40mz0, cum Sor non communicatur
multis, licet Sor sit illa humanitas que communicatur multis”. Exemplum 21,
scilicet significati secundarii, “homo currit” et predicatum limitat subiectum
ad significatum secundarium, cum non potest competere significato pri-
mario, eo quod humanitas, sive species humana, non potest currere, nisi sit
currens. Et 3° suppono quod significatum termini concreti accidentalis pri-
marium est accidens sive forma talem substanciam denominans; ut huius
termini, 4/bum, significatum primatium est albedo substanciam albisans.
Similiter huius termini iustumz, est iusticia subiectum iustificans. Ista suppo-
sicio tenet per primam Aristotelis auctoritatem allegantem: “Album solam
qualitatem significat”; quod intelligitur primarie; sed substanciam cui inest
albedo secundarie [...]. Et cum omne denominans, ut huius(modi), sit prius
denominato, ut huiusmodi, sequitur quod a principali debet capere suam
primariam significacionem sed omnem etsi non sequitur quod album omnem
substanciam significaret quod factum est ». La prospettiva diversa di Wyclif
rispetto a quella di Occam è condizionata dalla soluzione realistica del pro-
blema degli universali. Per la distinzione tra significatum primarium e signi
ficatum secundarium, cfr. ancora m., Tractatus de logica, I, cit., in part. pp. 7
e 76-77 (si veda p. 77: «[...] tripliciter contingit signum significare secun-
darie quodlibet designandum [...] », ecc.).
55 Cfr. cap. IV, $ 1.
56 In particolare, cfr. la prima parte del secondo volume, cit.
70 Alfonso Maierù
impositio, o institutio voluntaria, che è quell’atto libero dell’uomo
che attribuisce a una vox una significatio, distingue molto chiara-
mente la funzione propria della «vox significativa » di essere
signum, e quindi di generare o constituere intellectum, e la fun-
zione, secondaria secondo Abelardo, di designare le realtà estra-
mentali, detta, quest’ultima, zorzinatio (o appellatio). Nel proce-
dimento istitutivo della vox, l’inventor ha guardato a fondo nella
natura delle cose ”: su questo stretto rapporto, in sede di insti-
tutio, tra natura delle cose e mozzen, si fonda la funzione secon-
daria della vox. Perciò i nomi dicono riferimento (momzinant,
appellant) alla realtà attualmente significata, perché tale è una
« quaedam imponentis intentio », e cioè tale è la volontà del-
l’inventor. Nel caso di distruzione della realtà esterna, però, i
nomi perdono il loro potere appellativo, la « significatio rei »,
mentre sussiste la « significatio intellectus »: la prima è appunto
funzione secondaria, la seconda è funzione primaria della vox; e
proprio perché la prima è funzione che viene meno « rebus dele-
tis », essa è irrilevante ai fini della determinazione della signifi-
catio vera e propria. La significatio si allontana così dalla nomi
natio *. Questa distinzione abelardiana tra significare e appellare-
nominare è netta, specie nella discussione sugli universali, giac-
ché in questa indagine non ha peso la zomzinatio ®.
Per quanto riguarda, poi, la distinzione tra sostanze prime
e sostanze seconde, Abelardo glossa l’espressione aristotelica « sub
5 Cfr. Logica ‘Ingredientibus’, cit., p. 112: « [...] qui vocabulum invenit,
prius rei naturam consideravit, ad quam demonstrandam nomen imposuit »;
Logica ‘Nostrorum?, cit., p. 567: «Impositor (Compositor: Geyer) namque
nominum rerum naturas secutus est »: così legge il De Rijk, Logica moder-
norum, II, i, cit., p. 192 (ma vanno tenute presenti, per quanto qui si dice,
tutte le pp. 186-199).
58 Logica ‘Ingredientibus’, cit., p. 309: « Rerum quippe significatio tran-
sitoria est, intellectus vero permanens »; cfr. BEONIO BROCCHIERI FUMAGALLI,
op. cit., p. 35.
59 Ivi, p. 46; De Ru, op. cti., IL, i, pp. 193 sgg.
Terminologia logica della tarda scolastica 71
figura appellationis » così: «ex similitudine nominationis ». Il
Maestro Palatino, cioè, ritiene che, mentre le sostanze prime nomi-
nano le «res subiectae » « ut personaliter discretae », cioè in
quanto distinte l’una dall’altra, le sostanze seconde sembra signi-
fichino anch'esse le cose come distinte, ma in realtà il « modus
nominandi » dell’uno e dell’altro tipo di sostanze differisce: le
seconde infatti « sunt impositae propter qualitatem substantiae »,
e nominano le cose « ut convenientes », in quanto cioè le cose
nominate dalle prime convengono in certo modo tra loro.
Abelardo perciò afferma che generi e specie, cioè le sostanze
seconde, sono «in sensibilibus positae per appellationem, extra
vero per significationem »: essi infatti nominano le cose sensi-
bili e in certo senso le significano, ma non le significano in guanto
cose sensibili, dal momento che se queste perdessero le loro forme
attuali, sarebbero ancora nominate da generi e specie; perciò la
significatio di essi non è esaurita dalle realtà sensibili, che non
sta in queste. $
Anche per le sostanze seconde (anzi, a maggior ragione per
esse) vale quindi la distinzione tra significatio e appellatio-nomi-
6 Logica “Ingredientibu»’, cit., p. 157: «In secundis vero. In primis
videtur et est, sed in secundis videtur similiter, ut scilicet significent rem
subiectam ut personaliter discretam, sed non est verum. Et unde videtur
similiter, supponit: ex figura appellationis, id est ex similitudine nomina-
tionis. Similes namque sunt secundae substantiae cum primis in eo quod
casdem res quae discretae sunt, nominant, sed in modo quidem nominandi
differuntur, quia primae, in quantum hoc aliquid sunt, nominant eas, id est
ut personaliter discretas et ab omnibus differentes, secundae vero easdem
appellant ut convenientes. Sed wmagis. Secundae non significant res suas ut
hoc aliquid, sed potius ut quale aliquid, quia cum primae substantiae
maxime propter discretionem substantiae sint impositae, secundae impositae
sunt propter qualitatem substantiae ».
61 Logica ‘Nostrorum?, cit., p. 527: « [...] genera et species quaedam, non
omnia, in sensibilibus sunt posita, hoc est sensibilia habent nominare, et
ponuntur extra sensibilia, id est res habent significare et non cum aliqua
forma quae sensui subiaceat, quia si res omnes formas quae sensui subiacent,
amittefent, non ideo minus a genere et specie nominari possent. Sunt igitur
72 Alfonso Maierù
natio, tanto più, in quanto la convenienza su cui si fondano non
può essere esaurita dalla denotazione di una singola « res
subiecta ».
Questo stesso tema è affrontato da alcuni dei primi com-
menti agli Elenchi sofistici nella discussione della « figura dictio-
nis », che nel secolo XII dai grammatici viene definita: « pro-
prietas constandi ex dictionibus sive ex sillabis tantum » ©: la
stessa vox, ad esempio homo, proprio perché può denotare più
individui, sembra che significhi la sostanza individuale, mentre
in realtà la significa soltanto « sub figura appellationis », cioè,
non la significa in senso proprio, ma la nomina; ciò che è signi-
ficato in senso proprio è l’universale. I testi che affrontano il
problema fanno tutti riferimento, esplicito o implicito, a Cate-
gorie, 5, 3b 14%.
genera et species in sensibilibus posita per appellationem, extra vero per
significationem ».
@ Cfr. Fallacie Parvipontane, cit., p. 586.
6 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cit., p. 212: «Figura
dictionis secundum appellationem est quando aliqua vox eadem figuracione
appellat plura et ex hoc videtur significare hoc aliguid » e anche p. 222:
« Ut hoc nomen ‘homzo’ appellat Socratem et Platonem eadem figura et ex
hoc videtur quod significet Socratem et Platonem; non tamen est verum »;
Summa Sophisticorum elencorum, cit., pp. 334-335, e Tractatus de dissimili
tudine argumentorura, cit., pp. 476-477, che dipende dalla Summa riportando-
ne perfino un esempio; Fallacie Vindobonenses, cit., p. 515: « Ex similitudine
appellationis, ut hoc nomen ‘homo’ videtur significare hoc aliguid, [non:
add. De Rijk, ma sembra vada espunto] quia appellat hoc aliquid, idest
individuum, sed non significat hoc aliquid, immo significat aliquid, idest
universale » (il testo non ha in questo caso un riferimento esplicito alle
Categorie, ma la terminologia risente delle discussioni sul passo ricordato).
In Fallacie Parvipontane, cit., non occorre il termine appellatio nella discus-
sione della « figura dictiones », ma si sofferma che il sesto modo di questa
fallacia è quello in cui si confonde hoc aliguid con quale quid: ivi, p. 590:
«Ut autem hoc facilius intelligatur, sciendum quod dictiones determinate
significantes dicuntur hoc aliguid significare, ut propria nomina et prono-
Terminologia logica della tarda scolastica 73
C'è da aggiungere che in questi testi si trova talora un riferi-
mento al zozzen appellativum, che è appunto il nome comune, o
l’universale *.
Nell’Ars disserendi di Adamo Parvipontano, appellatio ha
un ruolo di primo piano e denota la funzione del nominare;
essa è propria del termine comune, usato come comune, il cui cor-
rispettivo, o designato, è detto appellatum, come si vedrà“.
L’appellatio dà luogo a sofismi, se non se ne precisa opportu-
namente di volta in volta la portata. Ma è bene seguire lo svolgi-
mento del pensiero dell’autore. Adamo nella sua opera si pro-
pone di illustrare quanti e quali siano i generi del discorso, e
quali i fini dell’ ‘arte’ che li studia. I generi del discorso — inse-
gna — sono due: l’uno si realizza attraverso interrogazione e
risposta, nella disputa, l’altro si realizza senza di queste, nella
esposizione; il fine è « insegnare come discorrere e come intendere
ciò che è comunicato attraverso il discorso nelle discipline filo-
sofiche » 4. Constatato che ogni discorso parte « ab interrogatione
vel enuntiatione » ‘’, che entrambe hanno due parti, il « de quo »
si parla, e il « quid de eo » o ciò che si dice £, e che ciascuno di
questi può essere considerato da due punti di vista, « qualiter de
quo » o cosa designata, e « qualiter quid » o termini designanti,
Adamo comincia il suo studio dal « de quo » o soggetto, preci-
sando che la designazione di esso può essere chiara o oscura,
mina. Dictiones autem indeterminate significantes dicuntur quale quid
significare, ut nomina generum, nomina specierum »; si vedrà nel cap. IV,
$ 1, che indeterminate caratterizza il termine communis (o universalis) che
ha confusio. Ma cfr. Logica ‘Cum sit nostra’, cit., pp. 450-451, per i rapporti
tra confusio e quale aliquid.
% Cfr. Glose..., cit., p. 222 (a proposito di De sopb. el. 168a 23).
65 Cfr. appendice 1 a questo capitolo.
6 Cfr. L. Minio-PaLueLLO, Introduction a ADAM or BALSHAM PARVIPON-
TANUS, Ars disserendi, cit., p. XXV; ci serviremo dell’introduzione del Minio-
Paluello per l’esposizione dello schema dell’Ars.
6? Cfr. Ars disserendi, cit., p. 8.
68 Ivi, pp. 9-10.
74 Alfonso Maierù
e'che la designazione oscura può avere duplice origine: o perché
si applica a differenti cose, o perché il designatume è difficile da
cogliere ©.
Passando ad esaminare le designazioni sofistiche, egli distin-
gue quelle incorzplexe, cioè consistenti di una sola vox, e quelle
complexe, consistenti di più voces. Le prime possono aver luogo
per equivocatio, per univocatio, o con termini collettivi”; le
seconde possono aver luogo, se il sofisma è causato da un solo
termine, in quattro modi, di cui qui ci preme ricordare solo l’equi-
vocatio e l’indistinctio; se il sofisma sorge dal rapporto tra più
termini, in molti modi, di cui ricordiamo solo il termine collet-
tivo”. All’esame di ognuno di questi livelli di sorgenti di sopbis-
mata Adamo fa seguire una esposizione delle regole che permet-
tono di dominare le difficoltà.
In tutti i casi ricordati, il Parvipontano fa ricorso al termine
appellatio, per caratterizzare l’origine del sofisma, e una volta
a nominatio. Per la designazione sofistica incomplessa: — l’equi-
vocatio è definita « eadem diversotrum non eadem ratione appel-
latio » ??, cioè ha luogo quando si ha la stessa appellatio di più
cose non allo stesso titolo, in quanto il nome usato non con-
serva, nei vari casi, la ratio, la significatio, o definitio grazie
alla quale l’appellatio è stata data?; — l’univocatio invece è «eadem
9 Cfr. ivi, pp. 18 sge.
20 Ivi, pp. 25-31 (eguivocatio), pp. 31-32 (univocatio), pp. 32-33 (termine
collettivo).
71 Ivi, pp. 42-44 (eguivocatio), pp. 44-46 (indistinctio), pp. 62 sgg. (tet-
mine collettivo).
72 Ivi, p. 26; definizione alternativa è quella di p. 35: « Equivocatio est
eadem diversorum huius aliter quam illius appellatio ».
73 Cfr. ivi, p. 38: « equivoce enim dicuntur omnia quorum duplex signi-
ficatio », ma anche p. 35: « Ex quibus igitur que equivoce dicantur compe-
riri difficile, duo: plurium pluribus ignorabilis differentia nec tamen nulla;
plurium modus appellationis pene idem nec tamen idem»; cfr. DE Rik,
Logica modernorum, I, cit., pp. 69-70, dove sono esaminati alcuni casi di
Terminologia logica della tarda scolastica 75
ratione diversorum eadem appellatio » ”: essa si differenzia dal-
l’equivocatio perché non causa, di per sé, « sophisticam duplici-
tatem » ” come si ha in quella; l’urivocatio perciò non è un vero
e proprio principio sofistico *, e si può vedere meglio ciò nei
commenti agli Elenchi sofistici ispirati al Parvipontano; — l’uso
dei termini collettivi dà luogo a sofisma quando si ha « plurium
ut non unius appellatio » ”: nel caso della proposizione « contraria
non sunt concedenda », il sofisma sorge dal fatto che contraria
(termine incomplesso) designa due realtà opposte, e si può dubi-
tare se si parla dei due contrari separatamente o di entrambi
considerati insieme.
Per la designazione sofistica complessa in cui il sofisma sorge
dal fatto che un termine è applicato a designare differenti
cose, l’eguivocatio ha luogo in tutti i modi in cui si può avere
nella prima classe; l’indistinctio è definita: « [...] cum quod ipsa
verbi variatione distingui solet, in quibusdam non distingui con-
tingit » ®, ed è così distinta dalla eguivocatio: « Differt autem
ab equivocatione indistinctio quod illa ex diversorum est eadem
nominatione, hec ex unius indistincte variata (sc. nominatione)» DI
si può notare che nominatio prende il posto di appellatio in
questo caso. Infine, per la designazione sofistica complessa in
cui il sofisma sorge dall’uso di un nome collettivo in connessione
con altri termini, Adamo pone le stesse condizioni poste nella
prima classe e fornisce l'esempio « duo contraria non sunt con-
equivocatio secondo Adamo, e op. cit., II, i, p. 495, n. 1, dove ratio è resa
con definition.
© Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32.
75 Ivi, p. 32 (22 rec.).
% Per ulteriori considerazioni, cfr. De RiJk, op. cit., I, p. 75.
TI Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32.
8 Ivi, p. 45; nella proposizione « verisimilis falsi probatio falsi similis
non est», verisimilis può riferirsi a probatio oppure a falsi; di qui l’în-
distinctio, giacché non è chiaro quale caso abbia verisimzilis.
79 Ivi, p. 46.
76 Alfonso Maierù
cedenda », nel quale il termine incomplesso contraria è sosti-
tuito dal termine complesso duo contraria”.
Il valore di appellatio nel testo di Adamo può essere ulterior-
mente chiarito da altre occorrenze: appellationum novitas*,
appellatio permanens®, appellatio secundum accidens* e così
via; tutte confermano che l’accezione fondamentale è parallela
a quella di romzinatio.
Si è detto che appellatio è funzione propria del termine comune
in quanto comune: ciò fa sì che, data l’ampiezza della possibilità
di designazione di esso, appellatio s'accompagni sempre nel testo
all’indicazione di una pluralità (pluriumz, diversorum) nei con-
fronti della quale va operata una precisazione, una determinazione
limitativa. I seguaci del Parvipontano sviluppano questo elemento
elaborando la dottrina dell’ampliatio e restrictio dell’appellatio,
in alcuni trattati di arte sofistica.
L’anonimo autore delle Fallacie Parvipontane definisce l’equi-
vocatio in rapporto all’appellatio, così come si è visto nel testo
di Adamo: « Equivocatio est eadem diversorum non eadem ratione
80 Ivi, p. 63; è un caso di congiunzione (altro esempio: «duo et tria
sunt quinque », ivi, p. 64).
81 Ivi, p. 88: «Si quos autem appellationum talium perturbet novitas,
sufficiat eis eorum que distinximus sine nominibus cognitio, ne incognite
distinctis incognita etiam nomina adhibentem horreant » e p. 95: « appella-
tionum autem novitatem non horrebit appellatorum tam frequentem usum
quam necessariam disciplinam perpendens ».
82 Ivi, p. 36 (28 rec.): «Advertatur autem secundum ea que pre-
dicta sunt non ex omni translatione equivocationem contingere, sed ex qua
permanentem appellationem fieri accidit et que eius sit ad quod transfertur ».
83 Ivi, p.4(2? rec.): « quoniam secundum accidens est huiusmodi certorum
appellatio » e p. 73: «[...] contingit autem et hoc his que secundum acci-
dens fiunt appellationes frequenter, ut cum dicitur ‘pater istius est
albus’ [...] ».
84 Cfr. l’indice analitico dell’ed. cit. curata dal Minio-Paluello, per avete
un quadro completo dell’uso di appellatio.
Terminologia logica della tarda scolastica 77
appellatio »; l’univocatio è compresa sotto l’equivocatio e e
questa può essere intesa in senso lato « quando (sc. est) ex
variata appellatione sive ex variata suppositione [...]»: in
questo caso, suppositio è concorrente di appellatio; ma suppo-
sitio vale qui subiectio, cioè è funzione del termine che è soggetto
grammaticale in una proposizione *; appellatio, accostata a suppo-
sitio, ne assume in certo senso il valore: infatti ora appellatio
è proprietà del termine posto in una proposizione. Univocatio
quindi viene definita: « [...] manente cadem significatione variata
nominis suppositio; quia, etsi vatiatur suppositio, manet tamen
eadem significatio » ®. L’anonimo autore precisa che si hanno tre
specie di umivocatio: « Prima est quando aliqua dictio sumitur ad
agendum de se vel de suo significato »; esempi sono: « ‘magister’
est nomen » e « ‘homo’ est species »;
« Secunda species est quando aliqua dictio transsumitur modo ad
agendum de aliqua rerum alicuius maneriei, modo de tali manerie
rerum, ut cum dicitur: ‘homo est dignissima creaturarum’. Potest enim
sic intelligi ut fiat sermo de aliquo appellatorum huius nominis ‘h0m0’;
potest etiam intelligi ut fiat sermo de tali manerie rerum;
maneries vale ‘universale natura’ o ‘forma’ di una specie”; si
noti l’uso di appellata per designare i subiecta di homo”;
Tertia species est quae consistit in ampliatione et restrictione alicuius
dictionis, quemadmodum accidere solet in nominibus appellativis ®:
85 Fallacie Parvipontane, cit., p. 553; essa è duplice: «[...] alia est
principalis et per se, alia ex adiuncto ».
86 Ivi, p. 561: «Item. Univocatio ex dissimili acceptione unius termini
accidit; sed equivocatio eodem modo habet accidere; quare ratione simili-
tudinis univocatio sub equivocatione continetur ».
87 Ivi, p. 562.
88 Cfr. De Rijk, op. cif., II, i, p. 532.
89 Fallacie Parvipontane, cit., p. 562.
% Cfr. De RyK, op. ciz., II, i, p. 588.
9! Cfr. appendice 1 a questo capitolo.
® Fallacie Parvipontane, cit., p. 562.
78 Alfonso Maierù
il nomen appellativum è condizionato nella sua funzione di sog-
getto dal tempo del verbo, di modo che può avere appellatio
rispetto a cose presenti, passate o future”,
Il Tractatus de univocatione Monacensis, che mostra parecchie
somiglianze con le Fallacie Parvipontane*, definisce l’univocatio
e la distingue dall’eguivocatio come segue:
Est igitur univocatio manente eadem significatione variata nominis
appellatio, quando scilicet aliqua dictio variat appellationem. (Nota)
quod equivocatio consistit in variata nominis significatione, univo-
catio consistit in variata nominis appellatione 9.
Se risulta chiaro che urivocatio è proprietà che appartiene ai
termini in base alla loro funzione significativa”, è altrettanto
chiaro che, confrontando questo testo e quello delle Fallacie
Parvipontane, sempre più suppositio e appellatio appaiono ter-
mini concorrenti; nel nostro Tractatus si parla di ampliatio e
restrictio dell’appellatio”.
Nelle Fallacie magistri Willelmi, la univocatio è ripresa sotto
la figura dictionis e definita: « [...] eiusdem dictionis in eadem
significatione et terminatione varia appellatio », e si aggiunge;
« Et notandum quia variatur univocatio usu et accidente consi-
gnificatione. Accidit enim ex hiis appellationem restringi vel
ampliari » 9. Anche questo testo conferma l’uso ormai accertato
9 Cfr. ivi, e De RiJx, op. cit., II, i, pp. 494-497 e 528-533; cfr. anche
cap. II, $ 2.
% De Ru, op. cit., II, i, p. 533.
95 Tractatus de univocatione Monacensis, cit., p. 337.
% Cfr. De RIJK, op. cit., II, i, p. 496.
9 Cfr. cap. II, $ 2.
98 Fallacie magistri Willelmi, cit., p. 691. Nelle Fallacie Londinenses, cit.,
p. 665, si legge: « In tertia acceptione (sc. figure dictionis) dicitur appellatio
dictionis, scilicet quedam proprietas que inest dictioni ex eo quod supponit
unum vel plura». Il contesto indica che qui suppositio ha il valore tecnico
più tardi comune (cfr. p. 668, e De Rjx, op. cit., II, i, p. 541); appellatio
perciò è inglobato nella suppositio.
Terminologia logica della tarda scolastica 79
di appellatio come funzione della « vox significativa » capace,
nella proposizione, di ampliazione e restrizione.
Il contributo dato dai grammatici alla dottrina dell’appellatio
è rintracciabile in alcuni commenti a Prisciano del secolo XII,
là dove occorre la definizione di rozen (« substantia et qualitas »).
Guglielmo di Conches distingue quattro gruppi di nomi:
Nomina igitur vel significant substantias vel ea que insunt substantiis
vel quedam figmenta animi vel modos loquendi; substantias, ut hec
nomina ‘Socrates’, ‘homo’; vel ea que insunt substantiis, ut ‘albedo’,
‘nigredo’; figmenta animi, ut hec ‘yrcocervus’, ‘chimera’; modos lo-
quendi de rebus, ut ‘omnis’ 9.
I nomi del primo gruppo sigrificano l’intelligibile, o essenza di
qualcosa ‘9, ma rorzinano le realtà individuali, anche se nel testo
non si fa alcun esplicito riferimento all’esistenza di esse!%; ciò
non è vero solo dei nomi appellativi (ad es. di horzo) ma anche
dei nomi propri (Socrates) !.
Per i nomi del secondo gruppo, Guglielmo distingue tra
® Il testo del commento di Guglielmo di Conches, secondo il ms. Fi-
renze, S. Marco 310, è ampiamente riportato dal De Ru, op. cit., II, i;
il passo cit. è a p. 223. .
100 Ivi, p. 224: « Significat ergo hoc nomen ‘homo’ et similia appellativa
substantiam, et non aliquam. Quod igitur ab hac voce significatur, ita ut
significatur potest intelligi, non tamen esse. Unde dicimus quod solum intelli-
gibile significat et non actuale » (cfr. le considerazioni del De Ryx, ivi,
1227),
i 101 La p. 224: « Quamvis igitur ‘boo’ significet communem qualitatem
omnium hominum et non ipsos homines, tamen nominat ipsos homines et
non ipsam qualitatem. Unde dicimus quod aliud significat et aliud nominat »
(per il riferimento all’esistenza, cfr. n. 100 e quanto ne dice De Ru, ivi,
; 227),
Ù 102 la p. 224: «[...] hoc proprium nomen significat substantiam ita
quod aliquam individuam, et significat propriam illius qualitatem [...]. Nomi-
nat vero eandem substantiam quam significat, sed non qualitatem»; ma
cfr. il testo di Boezio in n. 13.
80 Alfonso Maierù
forma astratta e forma concreta del nomen, albedo e album:
pet entrambi Guglielmo stabilisce cosa significhino, cosa nomini.
no: « [...] ‘albedo’ significat solam qualitatem, hoc commune acci-
dens. Nominat tamen sua individua, ut ‘hec albedo est albedo» 18.
Più articolato è il discorso per 4/b4m, e ci riporta a quanto sap-
piamo dei paronimi:
[...] ‘album’ idem accidens signific sl a i
AR nto € denti at quod et albedo’, sed aliter,
; ‘at inherentiam illius accidentis et subiecti, quod hoc
nomen albedo non facit. Ergo hec duo nomina non in re significata
differunt, sed in modo significandi 1%;
e alla domanda, se album significhi sostanza e qualità, risponde:
pg: ita, sed secundario, quia cum determinet inherentiam acci-
ale et subiecti, quia certum est quia sola substantia est subiectum
accidentium, secundario, idest innuendo, significat substantiam 15,
| Della terza classe di nomi Guglielmo afferma che « figmenta
animi [...] quoddam significatum animi significant et nomi-
nant », mentre di quelli della quarta afferma che « nec substan-
tiam (nec) qualitatem significant nec aliquid nominant » !%,
; Guglielmo, dunque, precisa per ogni specie di nome cosa
significano, cosa nominano. Ciò è particolarmente importante
per i nomi delle prime due classi. La funzione del nome in quanto
designa qualcosa (zozzinatio) è identica a quella che nei testi
precedenti, abbiamo visto, era chiamata appellatio. In Guglielmo
essa assume sfumature che, a lungo andare, confluiranho nella
dottrina della suppositio; in particolare, per quanto riguarda i
nomi della prima classe, Guglielmo afferma che essi, nella propo-
193. Ivi,
1% Ivi.
ist, iuziio 6 A
Ivi; cfr. anche p. 225: « Adiectiva igitur nomina nominant illas
substantias quibus insunt accidentia que significant, ut ‘4/44’ rem cui inest
albedo ».
106 Ivi; p. 225,
Terminologia logica della tarda scolastica 81
sizione, possono designare se stessi o la specie!: si tratta di
quelle funzioni che saranno chiamate « appellatio materialis » e
« appellatio manerialis 0 simplex » ‘!® e che saranno dette più
tardi « suppositio materialis » e « suppositio simplex ».
Di diverso avviso è Pietro Elia, il quale, nella Sumzza super
Priscianum, commentando la definizione che Prisciano dà di
nomen, riferisce le opinioni dei suoi contemporanei: dai raggua-
gli di Pietro Elia, si può ricavare che ormai la dottrina di Pri-
sciano si è incontrata con quella di Boezio (« quod est », cioè
«res existens », e « quo est» o forzza) e che Prisciano viene
spiegato con Boezio !”. Dopo aver esposto una prima opinione,
secondo la quale tutti i nomi significano sostanza e qualità !,
perfino omnis e nichil!!!, e una seconda, che sembra essere quella
di Guglielmo di Conches !, ne enuncia una terza, per la quale
ogni nome significa una substantia, oppure modo substantie: i
nomi propri e appellativi significano la sostanza, giacché sono
107 Ivi, p.224: «Sed quamvis proprie nominat (sc. ‘homo’) ipsa indi-
vidua, aliquando tamen ex adiuncto nominat speciem quam significat — ut
hic: ‘bomo est species” —; aliquando se ipsum tantum, ut hic: ‘homo est
nomen? ».
18 Cfr. De Ru, ivi, p. 526; cfr. la glossa Promzisimus, ivi, pp. 526 sg.;
v. quanto si dirà più avanti a proposito del testo del ms. Vienna, lat. 2486.
19 Il De RiJk riporta ampi passi dal ms. Paris, Arsenal 711: cfr. ivi,
p. 231: «Hoc autem est illud quod plerique dicunt, scilicet quod omne
nomen significat gu0 (quod: De Rijk) est et id quod est, ut hoc nomen
(‘bomo’) significat id quod est, idest rem que est homo, et illud quo est,
scilicet humanitatem qua est homo, quoniam homo ab humanitate est homo ».
110 Ivi: « Et rursus hoc nomen ‘albedo? significat rem pro substantia que
est albedo, et facere album sive albedinem, ut fingam vocabulum, pro forma.
Et hoc idem de cetetis nominibus dicunt ».
ill Ivi: «Quidam tamen nimis ridiculose dicentes quod ‘omnis’ signi-
ficat formam que debet dici omnitas, fingentes nomen ad similitudinem huius
quod est ‘buzzanitas’. De hoc nomine quod est ‘richil’ dixerunt quod signi-
ficat rem que non est pro substantia et nichilitatem pro forma ».
112 Ivi, pp. 231-232.
82 Alfonso Maierù
stati trovati dall’imzpositor per parlare delle sostanze !5; gli altri
nomi, che sono nomi di accidenti, significano non la sostanza,
ma « modo substantie » !: così pure i sincategoremi e i « figmen-
torum nomina » !5. A quest’ultima opinione sembra aderire
Pietro Elia !!,
In altri commenti a Prisciano vengono riprese alcune dottrine
nelle quali le correlazioni significatio (primaria) —forma e signifi-
catio (secondaria)—substantia (o subiectum d'una qualitas) si van-
no sempre più accentuando, di modo che appellatio cessa di valere
nominatio per limitarsi a designare una natura universale, o anche
l’intellectus di essa.
Così, le Glosule in Priscianum del ms. Colonia 201 affermano
che il nome nozzinat la substantia per via dell’imzpositio ricevuta,
ma significat la qualità !”, giacché la qualitas è in realtà la « causa
113 Ivi, p. 233: «Dicunt ergo quod nomina propter substantias primo
reperta sunt. Qui enim nomina primo imposuit, ad loquendum de substantiis
ea invenit ».
114 Ivi: «Sed postea dilatata est locutio, ita scilicet ut non solum de
substantiis, verum etiam de ceteris rebus vellent homines loqui. Imposuerunt
itaque accidentibus nomina quibus de illis agerent, sed positio eorum est
secuta positionem nominum prius impositorum propter substantias. Data
sunt itaque nomina accidentibus sed ita ut quamvis significarent illa acci-
dentia, tamen modo substantie significarent et in natura communi vel propria
(vel) ut in natura communi vel propria. Scis quid est modo substantie signi-
ficare: significare aliquid sine tempore et in casuali inflexione communiter
vel proprie, vel quasi communiter vel quasi proprie ».
115 Ivi: i sincategoremi (omzzis, neullus) «[...] nichil significant sed
tantum consignificant, ut ‘omnis’ consignificat quoniam universaliter et ita
quod sine tempore in casuali inflexione et quasi communiter. Nichil enim
commune pluribus designat, sed quasi commune aliquid significaret plura
complectitur [...]. Hec vero habent alia nomina huiusmodi, ut ‘quis’, ‘nichil
et figmentorum nomina, ut ‘hircocervus” et ‘chimera’, ita scilicet quod nichil
possit obici contra ».
16 Ivi, p. 234.
17 Ampi passi ivi: cfr. p. 228, n. 1: « [...] nomen [....] substantiam tantum
Terminologia logica della tarda scolastica 83
inventionis nominum » !!, dal momento che la pluralità di qua-
lità, cioè di forme, è la vera causa della pluralità di nomi.
Il commento anonimo a Prisciano, contenuto nel ms. Vienna,
lat. 2486, fornisce elementi, decisivi nel senso indicato, commen-
tando le espressioni « significare substantiam » e « significare
qualitatem ». Per la prima, l’anonimo autore riferisce un’opinione
secondo la quale ogni nome significa sostanza e qualità: «[...]
‘homo’ significat essentiam que est horzo et istam proprietatem,
scilicet humanitatem; et ‘albedo’ significat rem albam et aliquam
proprietatem, scilicet albere vel facere album. Et sic omnia
alia »!!. Per la seconda, si afferma: «Significare qualitatem est de
notare de quo genere rerum aliquid sit vel de qua manerie [....].
‘Album’ bene denotat de quo genere rerum aliquid sit, scilicet
quod ‘album?’ dicitur nomen corporum et quod semper intelligitur
album corpus » !®. Le espressioni « rem albam » del primo passo e
« nomen corporum » del secondo non devono trarre in inganno: non
si tratta di un significare che denoti realtà esterne, ma di un rinvio
alla realtà specifica, astratta, universale, cioè alla forma che è oggetto
dell’intelletto (intelligitur), come ben indicano i termini essentia,
genus, maneries occorrenti nei testi. C'è uno slittamento della
nominatio, 0 significazione secondaria, o appellatio, verso il piano
mentale, comunque intralinguistico. Ciò trova ulteriore conferma
nella dottrina secondo la quale se albume, posto a parte praedicati;
nominat, quia ei fuit impositum, qualitatem vero significat non nuncupative,
immo representando et determinando circa substantiam propter quam tamen
notandam substantie fuit impositum »; perciò, continua il testo, ogni nome
ha due significazioni: « [...] unam per impositionem in substantia, alteram
per representationem in qualitate ipsius substantie [...]. Similiter ‘album?
per impositionem significat corpus — idest nuncupative, quia qui dixit:
«dicatur hec res alba”, non dixit: “substantia et albedo dicantur alba”; in
quo notatur impositio —, albedinem vero significat per representationem ut
principalem causam ».
118 Ivi, p. 523.
119 Riportato ivi, p. 241.
120 Ivi, pp. 242-243.
84 Alfonso Maierù
significa una qualità, posto però 4 parte subiecti significa una
essenza !!, La prima parte di questa affermazione testimonia
di una particolare interpretazione dell’appellatio come proprietà
del predicato, il quale come tale « appellat formam » o « ratio-
nem », come si vedrà; di modo che la dottrina dell’appellatio, se fa
leva sul momento istitutivo della vox, dice riferimento alla realtà
estramentale attualmente indicata; e se fa leva, invece, sul mo-
mento ‘significativo’ (nel senso più forte), dice riferimento alla
qualità o forma che è causa del nome.
La glossa Promisimus, infine, riprendendo la distinzione tra
nomi propri e nomi appellativi presente in Prisciano, analizza i
rapporti tra significatio, appellatio e nominatio, riporta varie opi-
nioni sullo sfondo della quadripartizione dei nomi di Guglielmo di
Conches, e precisa che, secondo un’opinione, il « significare
substantiam et qualitatem » è del nome proprio come del nome
comune o appellativo !2; per un’altra opinione, invece, solo i
nomi propri hanno appellatio-nominatio della sostanza significata,
non della qualità, mentre i nomi appellativi hanno appellatio, e
appellant i loro appellata in linea di diritto, ma non li nominant
di fatto !*. Per quanto riguarda i nomi astratti della categoria
121 Ivi, p. 241: « Modo opponitur eis de hoc quod dicit Boetius: “album
michil significat nisi qualitatem”. Ita exponunt quod intellexit: quando po-
nitur ex parte predicati, tunc significat qualitatem. Sed bene potest poni in
subiecto; et tunc significat aliquam essentiam ut ‘album est corpus’: tunc
‘album’ quoddam corporeum significat ».
12 Dal ms. Oxford, Bodl. Laud. lat. 67, citato ivi, p. 258: «Et eorum
que significant substantiam quedam determinant qualitatem circa substan-
tiam, sive communem, ut ‘homo’, sive propriam, ut ‘Socrates’, que ‘Socra-
titas” a Boetio appellatur [cfr. n. 13]. Concedunt ergo quod utrumque
istorum nominum ‘homo’, ‘Socrates’ significat substantiam et qualitatem;
neutrum tamen eorum plura, licet alterum sit substantia et alterum qualitas,
que sunt plura, tamen significare substantiam et qualitatem non est significare
plura ».
13 Ivi: «Nomen proprium nominat, idest appellat, cam substantiam
quam significat, sed nullam qualitatem. De nulla enim qualitate agitur per
Terminologia logica della tarda scolastica 85
della qualità, essi, — si dice, ed è dottrina più comune — sigri-
ficant ma non appellant '*. I nomi concreti della categoria della
qualità, infine, « nominant, idest appellant » le sostanze cui ineri-
scono gli accidenti, e significant primariamente la qualità !5.
Per questa seconda opinione, dunque, i nomi astratti signifi-
cano, i nomi concreti della categoria di qualità significano e nomi-
nano-‘appellano’, i nomi propri significano-nominano-‘appellano’
l'individuo ma non significano una qualità, i nomi comuni signi-
ficano e ‘appellano’, e talora nominano. Il valore di appellare non
coincide con quello di nomzizare, come si è constatato finora: l’ap-
pellare dei nomi appellativi non dice necessariamente rinvio al
referente estralinguistico, ma, sulla scia di quanto si è visto negli
altri commenti a Prisciano, rinvia solo agli appellata, al correlativo
mentale designato dal termine.
Ci sono, anche da un punto di vista grammaticale ormai, gli
elementi per una considerazione della funzione appellativa di un
nome, all’interno di una proposizione, che sia condizionata appunto
dalla struttura logico-linguistica della proposizione stessa.
4. L’« appellatio » nella « summulae » dei sec. XII-XIII
Già con i Tractatus Anagnini la dottrina dell’appellatio, alla
proprium, ut hoc nomen ‘Socrates’ et significat et appellat hunc hominem.
Appellativum vero significat substantiam et omnem appellat, sed non omnem,
cui convenit proprietas designata per ipsum, scilicet humanitas, nominat,
(sed) quamlibet substantiam cui ipsum convenit appellat, quia pro uno-
quoque eorum habet poni. Ut hoc nomen ‘boro? significat hominem et
omnem appellat et quemlibet hominem, sed nullum determinate ».
14 Ivi: «De hoc vero nomine ‘albedo’ dicunt quod solam qualitatem
significat, scilicet a/bedinem, sed nullam appellat, tamen omnem significat ».
125 Ivi, p. 259: « Nominant autem, id est appellant, adiectiva substantias
illas quibus insunt accidentia illa que eis significantur, ut ‘albus’ principa-
liter significat qualitatem (substantiam: De Rijk) determinando eam inesse,
secundario subiectum albedinis et illud nominant ».
86 Alfonso Maierù
fine del secolo XII, non ha più una funzione centrale, ma il suo
posto è occupato dalle dottrine della sigrificatio e della suppositio.
L’autore, anonimo, richiamandosi alla distinzione tra nomi propri
e nomi appellativi ‘%, caratterizza l’appellatio come proprietà di
un termine di aver riferimento ai suoi appellata: in questo senso
occorre a proposito della supposizione di un termine in presenza
della dictio ‘alius’ '? e a proposito della supposizione conseguente
all’uso comune (« de communi usu loquentium »), e in partico-
lare discutendo « de nominibus articularibus », o nomi di dignità
e cariche pubbliche, che, assunti al caso obliquo, hanno appellatio
ristretta !8, Appellatio dunque occorre nella discussione più gene-
rale dell’ampliatio e restrictio d'un termine, di cui si dirà nel
seguente capitolo !?,
Ma tra la fine del secolo XII e la prima metà del secolo XIII
circa fiorì quel genere letterario noto col nome di sumzzulae; in
esse la dottrina dell’appellatio, pur non svolgendo un ruolo cen-
trale nella trattazione dei « parva logicalia », appare ormai matura
da un punto di vista logico: l’appellatio non è più considerata
come proprietà del nome in quanto tale, ma proprietà di un ter-
mine in una proposizione, cioè in un contesto sincategorematico,
in una struttura sintattica logicamente rilevante, nell’ambito della
quale si precisano le possibilità operative dei termini.
Se ancora nella Logica ‘Cum sit nostra’ il riferimento sintat-
tico non è decisamente affermato e sussiste una considerazione
del nome assunto nella sua atomicità !*, il discorso si fa più com-
pleto e interessante negli altri trattati.
126 Tractatus Anagnini, cit., cfr. ad esempio pp. 301 e 316-317.
127 Ivi, p. 271: «[...] tunc precedens terminus restringitur ad suppo-
nendum illa que cadunt sub appellatione sequentis termini », e ancora: « sub
appellatione sequentis termini », nello stesso contesto.
128 Ivi, pp. 274-275: « nomina articularia sumpta per obliquum restrin-
gunt appellationem, ut ‘video regem’, ‘loquitur de rege’ ».
129 Cfr. cap. II, $ 2.
130 Logica ‘Cum sit nostra’, cit., p. 449: «Et est appellatio sermonis
Terminologia logica della tarda scolastica 87
Le Introductiones Parisienses, dopo aver definito i termini
suppositio, significatio, consignificatio, definisce così l’appellatio:
Appellatio, ut solet dici, est presentialis convenientia alicuius cum
aliquo; vel: quedam proprietas que inest termino ex eo quod pro
presenti significat, ut solet dici. Ut hoc nomen ‘Antichristus’ non
appellat Antichristum, immo subponit et significat !,
Perché un termine abbia appellazione, si richiede la conside
razione della struttura proporzionale (convenientia) e il riferimento
al tempo presente. Manca, nel testo, qualsiasi cenno all’appellatio
come funzione del predicato !°. }
Anche il Tractatus de proprietatibus sermonum definisce l’ap-
pellatio indicando come elemento caratterizzante la connotazione
temporale del tempo presente ‘*, che deve aver luogo in un con-
testo proposizionale !*. E poiché l’appellatio è inferiore alla suppo-
predicabilis significatio sine tempore [...]. Vel: appellatio est proprietas ter-
mini communis quam habet secundum quod comparatur ad sua singularia,
que comparatio inest ei secundum quod appellat. Ut cum dicitur: ‘homo est
animal’, iste terminus ‘homo? habet comparationem ad singularia, que com-
paratio inest ci secundum quod appellat Socratem vel Platonem »: interes-
sante il rilievo relativo alla predicabilità, ma il prosieguo del discorso mostra
qual è il vero interesse del nostro testo. Si noti che la suppositio è definita
«substantiva rei designatio, idest significatio termini substantivi» (ivi,
p. 446); è chiaro, dall’analisi di homo contenuta nel primo testo, che suppo-
sitio e appellatio non si escludono.
131 Introductiones Parisienses, cit., p. 371.
132 Seguono (ivi, pp. 371-373) sei regole relative all’ampliatio e alla
restrictio di suppositio e appellatio.
133 Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 722: « Appellatio est
proprietas que inest voci ex eo quod assignet aliquem mediante verbo pre-
sentis temporis. Per hoc patet quod ille terminus tantummodo appellat qui
vere potest sumi cum verbo presentis temporis; ille vero nil appellat qui
vere non potest sumi cum verbo presentis temporis, ille scilicet qui nil
potest significare presentialiter ».
134 Ivi: « Appellare est assignare aliquem. Unde terzzinum appellare nil
aliud est quam terzzinum convenire alicui, hocest esse assignare alicui me-
diante verbo presentis temporis ».
88 Alfonso Maierù
sitio, in quanto è un capitolo di essa !%, l’appellatio può essere
anche definita come la coartatio (o restrictio) della suppositio
mediante il verbo di tempo presente !%,
La Dialectica Monacensis, agli elementi già rilevati della conno-
tazione temporale in un contesto proposizionale, aggiunge che 4p-
pellare è accidentale per il termine, e che la funzione del termine
che appellat è quella di essere predicato !”.
Ancora, le Suzzzze Metenses caratterizzano in modo molto
chiaro l’appellatio come suppositio del termine « pro iis qui sunt »,
« pro existente », a differenza della supposizione, che è funzione
del termine non legata ai « presentia supposita » !*.
135 Ivi: «[...] cum suppositio et appellatio se habeant quasi superius et
inferius [...]».
136 Ivi, pp. 722-723: « Quoniam (autem) variatur per verbum presentis
temporis vel preteriti vel futuri, et cum talis variatio sit suppositio coartata
et talis suppositio coartata per verbum presentis vel preteriti vel futuri dicatur
appellatio [...] ».
137 Dialectica Monacensis, cit., p. 616: « Dicitur autem terminus appel-
lare id de quo vere et presentialiter et affirmative potest predicari. Ut patet
in hoc termino ‘bomzo’, qui appellat Sortem, Platonem, et omnes alios presen-
tes. Et notandum quod terminus communis hoc quod appellat, supponit.
Sed non convertitur, quia multa supponit que non appellat. Iste enim ter-
minus ‘bozz0? supponit Cesarem et Antichristum, non tamen appellat cos,
eoquod. non sunt presentes. Unde accidentale est termino appellare id quod
modo appellat, quia iste terminus ‘hozz0” appellat Sortem cum ipse est, cras
non appellabit ipsum dum ipse non est, sed tamen supponit ». La supposi-
zione è comunque superior all’appellazione; di essa si afferma: «[...] ter-
minus communis pet se sumptus supponit pro omni quod potest participari
formam eius:[...] », dove è presente un riferimento alla forzz4 (natura uni-
versale) come residuo delle interpretazioni dell’espressione: « substantia et
qualitas ».
1388 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 458: «Quoniam appellatio est nota
corum. que accidunt termino inquantum est in propositione, ideo viso
de suppositione termini videndum est de appellatione eiusdem et de diffe-
rentia que est inter appellationem et suppositionem. Sciendum tamen quod
appellatio termini est suppositio eius pro iis qui sunt. Unde appellata
dicuntur presentia supposita; suppositio est tum pro existente tum pro non
Terminologia logica della tarda scolastica 89
Questa caratterizzazione è prevalente nel secolo XIII, e non
solo nelle varie sumzzzulae, ma anche in testi come lo Speculum
doctrinale di Vincenzo di Beauvais !*.
Lamberto di Auxerre ricorda quattro accezioni di appellatio,
ma afferma che il valore principale resta « acceptio termini pro
supposito vel suppositis actu existentibus » !°. Pietro Ispano a sua
volta definisce senz'altro: « Appellatio est acceptio termini pro
re existente », il che rende questa funzione del termine diversa
dalla significatio e dalla suppositio !!. La necessità dell’attuale
esistenza della cosa appellata fa sì che Pietro attribuisca l’appel-
latio non solo ai nomi comuni, ma anche ai nomi propri quando
designano una realtà esistente ‘4°. Bisogna però distinguere due casi
existente. Et ex hoc patet differentia inter appellationem et supposi-
tionem [...]. Non autem terminus appellat nisi pro eo qui vere est. Et
propterea manifestum est quod multos appellavit quos modo non appellat,
et multos postea appellabit; item multos appellabat (appellat: De Rijk) quos
modo non appellat nec postea appellabit ».
139 Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 240: « Appellatio vero dicitur quae-
dam proprietas quae inest termino, eo quod ille potest accipi pro aliquo
supposito actu existente. Unde differt a suppositione, eo quod suppositio est
indifferens respectu entium, et non entium [...]: unde suppositio communior
est quam appellatio »; per la distinzione tra nomi comuni o appellativi e
nomi propri, cfr. ivi, 95-98.
140 In PRANTL, op. cit., III, p. 31, n. 129: « Appellatio dicitur quatuor
modis: ... propria nominatio..., proprietas nominum..., acceptio termini pro
supposito sub suo significato..., acceptio termini pro supposito vel pro sup-
positis actu existentibus... Quarto modo est principalis intentio... ».
141 Summulae logicales, cit., 10.01, p. 102; continua così il testo cit.:
«Dico autem “pro re existente”, quia terminus significans non ens nihil
appellat, ut “Caesar” vel “Antichristus”, et sic de aliis. Differt autem
appellatio a suppositione et significatione, quia appellatio est tantum de re
existente, sed suppositio et significatio sunt tam de re existente quam non
existente, ut “Antichristus” significat Antichristum et supponit pro Anti-
christo, sed non appellat, “homo” autem significat hominem et supponit de
natura sua tam pro hominibus existentibus quam non existentibus et ap-
pellat tantum homines existentes ».
14 Ivi, (10.02): « Appellationum autem alia est termini communis, ut
90 Alfonso Maierù
riguardo all’appellatio del termine comune: se il termine ha sup-
posizione semplice (se cioè sta per l’essenza comune d’una cosa),
allora « idem significat, supponit et appellat »; se invece ha sup-
posizione per i suoi inferiora, esso significat la natura comune,
supponit per quegli inferiora per i quali viene quantificato e ap-
pellat gli inferiora esistenti !9.
L’uso dei termini appellatio, appellare da parte di Guglielmo
di Shyreswood merita un discorso più ampio. Innanzi tutto, va
precisato che secondo Guglielmo appellatio è la generale predica-
bilità del nome in una proposizione che abbia il tempo presente !*.
Ma il maestro ci informa che, secondo alcuni (guidar), il predi-
cato ha appellatio mentre il soggetto ha suppositio 5. Ora, la
“homo”, alia termini singularis, ut “Socrates”. Terminus singularis idem
significat, supponit et appellat, quia significat rem existentem, ut “Petrus” ».
143 Ivi, 10.03, pp. 102-103: «Item, appellationum termini communis alia
est termini communis pro ipsa re in communi, ut quando terminus habet
simplicem suppositionem, ut cum dicitur “homo est species” vel “animal
est genus”; et tunc terminus communis idem significat, supponit et appellat,
ut “homo” significat hominem in communi et supponit pro homine in
communi et appellat hominem in communi. Alia est termini communis pro
suis inferioribus, ut quando terminus communis habet personalem supposi-
tionem, ut cum dicitur “homo cutrit”. Tunc “homo” non significat idem,
supponit et appellat, quia significat hominem in communi et supponit pro
particularibus et appellat particulares homines existentes ».
14 Introductiones în logicam, cit., p. 74: « Appellatio autem est presens
convenientia termini i.e. proprietas, secundum quam significatum termini
potest dici de aliquo mediante hoc verbo: est [...]. Appellatio autem (sc. est)
in omnibus substantivis et adiectivis et participiis et non in pronominibus,
quia non significat formam aliquam, sed solam substantiam » (abbiamo tenuto
presente le correzioni suggerite in KNEALE, op. cit., pp. 246 sgg., al testo
che il Grabmann ha fissato nell’ed. cit.), e p. 82: « Appellatio autem inest
termino, secundum quod est predicabilis de suis rebus mediante hoc verbo:
est »; cfr. DE Rik, op. cit., II, i, pp. 563 sgg. In questo senso il BocHENSKI,
A History of Formal Logic, cit., p. 176, intende appellare come ‘nominare’
le cose presenti.
145 GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 82: « Dicunt igitur quidam.
quod terminus ex parte subiecti supponit et ex parte predicati appellat ».
Terminologia logica della tarda scolastica 9i
supposizione può essere duplice: « aut secundum actum aut se-
cundum habitum » 16; della supposizione abituale (che ha ri-
scontro nella supposizione naturale di Pietro Ispano 19), scrive:
« Secundum autem quod est ‘** in habitu dicitur suppositio signifi-
catio alicuius ut subsistentis. Quod enim tale est, natum est ordinari
sub alio »; la supposizione attuale è definita « ordinatio alicuius
intellectus sub alio » !: un termine, in quanto tale, è naturalmente
capace di fungere da soggetto e in tal caso ha supposizione abituale;
se è usato in una proposizione, esso è attualmente ‘ordinato’ a un
predicato, ed ha supposizione attuale. Ciò premesso, Guglielmo
commenta così l’opinione dei quidam:
Et sciendum, quod ex parte subiecti supponit (sc. terminus) secundum
utramque diffinitionem suppositionis (sc. actualem et habitualem), ex
parte autem predicati supponit secundum habitualem suam diffinitio-
nem. Scieridum etiam quod terminus ex parte subiecti appellat suas
res, sed non secundum quod est subiectum. Ex parte autem predicati
appellat. Secundum autem quod predicatum, comparatur ad subiectum
suum per aliquam suarum rerum et secundum hoc appellat 199.
Sembra di poter ricavare dal testo le seguenti affermazioni: la
supposizione attuale non importa l’appellatio; la supposizione abi-
tuale, propria del termine in quanto tale, importa l’appellatio;
l’appellatio è perciò proprietà del termine in quanto tale: il sog-
getto appellat in forza della sua ineliminabile supposizione abi
tuale, il predicato appellat in quanto esso ha solo supposizione
abituale; e poiché il predicato significa una forma che inerisce
alla substantia del soggetto, il termine predicato designa solo una
16 Ivi, p. 74. . o
147 Summulae logicales, cit., 6.04, p. 58; cfr. DE Ru, op. cit., II, i,
pp. 566 sgg.; cfr. anche cap. II, nn. 67 e 69. :
188 Nel testo di GueLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cit., p. 74, si legge sunt,
che è riferito insieme a suppositio e copulatio.
149 Ivi.
150 Ivi, p. 82.
92 Alfonso Maierù
151 x n
forma e appellat secondo che è ordinato al soggetto, e grazie al
soggetto; il predicato è quindi assunto nella sua intenzione e
aa; - ;
inerisce’ al soggetto che riceve estensione dalla copula !2.
Da quanto si è detto, appare evidente che la dottrina della
appellatio proposta da Guglielmo è ancora legata all’analisi gram-
maticale della relazione che intercorre tra nome appellativo e
realtà designata. Ma resta vero ancora, per Guglielmo, che il
nome, per sua natura (de se), «supponit pro presentibus » !*
cioè ha la funzione, che gli deriva, come si sa, dalla sua impositio,
di nominare le cose presenti: è questa la ragione per cui l’appel-
latio è legata, come a sua « conditio sine qua non », alla connota-
zione temporale della copula di tempo presente.
151 Cfr. ivi, p. 78: «Queratur, utrum dictio, que predicatut, predicet
solam formam et si stet simpliciter aut non. Et videtur, quod non. Si enim
ita esset, vere diceretur: quedam species est homo sicut dicitur: homo est
species. Dicendum, quod hoc non sequitur. Omne enim nomen significat
solam formam et non absolute, sed inquantum informat substantiam deffe-
rentem ipsam et sic aliquo modo dat intelligere substantiam. Nomen ergo
in predicato dat intelligere formam, dico, ut est formam substantie subiecti.
Et ideo cum illa substantia intelligatur in subiecto, non intelligetur iterum
in predicato. Unde predicatum solam formam dicit ». Si ricordi che significatio
è definita (ivi, p. 74): « presentatio alicuius forme ad intellectum »: forma
è una natura universale; per il De Rij€, op. cit., II, i, p. 563, n. 3, l’espres-
sione « significatum termini » del primo testo della n. 144 vale « the universal
nature the term signifies ».
12 Così il De Rug (ivi, p. 564) intende il passo di Guglielmo: di
contro ai « quidam » che appaiono sostenitori della teoria dell’identità per
quanto riguarda la copula (soggetto e predicato hanno la stessa estensione,
indicata dalla copula), Guglielmo è sostenitore della teoria dell’inerenza (per
la quale cfr. Moopy, Truth and Consequence..., cit., pp. 32 sgg., e cap. III).
sa Cfr. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 85: «Et dico, quod ille
terminus: homo supponit pro presentibus de se, quia significat formam in
comparatione ad suas res. Hec autem comparatio tantum salvatur in existen-
tibus. Solum enim est suum significatum forma existentium et proprie pro
hiis supponit de se »; per forma, e significatum, cfr. n. 151; per l’interpre-
tazione proposta, cfr. KNEALE, op. cit., pp. 247-248.
Terminologia logica della tarda scolastica 93
Di contro alla dottrina che interpreta l’appellatio come una
specie di suppositio, e precisamente quella specie che vale in rela-
zione al tempo presente, dottrina che deriva dall’affermarsi della
suppositio come teoria generale del termine nella proposizione
in sostituzione dell’appellatio (ben illustrata dal De Rijk'*),
sopravvive nelle sumzzzulae l’interpretazione dell’appellatio come
proprietà del termine derivante dalla primitiva impositio: essa è
documentata dall’Ars Meliduna, dalle Sumule dialectices attribuite
a Ruggero Bacone, ma anche nel Compendium studii theologiae
di Ruggero Bacone.
Se, per parte sua, l’Ars Meliduna afferma ancora le tesi
dell’appellatio come risultato immediato dell’institutio 9, della
154 Cfr. Logica modernorum, II, i, cit., in particolare i capp. XVI (pp. 513-
554) e XVII (pp. 560-575).
155 Op. cit., p. 294: « Causa institucionis vocum fuit manifestacio intel-
lectus, idest ut haberet quis quod alii intellectum suum manifestaret [....].
Notandum tamen quod institucio vocum non fuit facta ad significandum, sed
tantum ad appellandum, quippe cum appellacio vocum magis sit necessaria
ad loquendum de rebus subiectis quam significacio. Quod autem ad appel
landum fuerint voces institute, satis probabiliter coniectari potest ex illa
inposicione vocis que fit cum puero nomen inponitur: ibi enim non queritur
quid significabit illud nomen vel quo nomine puer significabitur sed pocius
quid appellabitur. Amplius autem ex hoc quod ubicunque proprie ponuntur
nomina in supposito semper ponuntur ad agendum de appellatis tantum, ut
dicto quoniam horzo currit. Appellant ergo nomina res illas propter quas
supponendas fuerunt instituta. Verba quoque similiter, saltem casualia, idesi
participia. Licet autem ad appellandum tantum fuerint institute voces, tamen
preter appellacionem habent etiam significacionem, sed hanc ex appellacione
contraxerunt sive ex institucione facta ad appellandum ». Discutendo della
significazione dei nomi, l’autore c’informa che, secondo una tesi, essi signi
ficano le forme ideali, per cui « desinente re appellata, manet vocis signifi-
catio » (ivi, p. 295); ciò ricorda da vicino quanto scrive GIOVANNI DI Sa
LIsBURY, Metalogicon, cit., IV, 35, p. 205: « [...] temporalia uero widentur
quidem esse, co quod intelligibilium pretendunt imaginem. Sed appellatione
uerbi substantiui non satis digna sunt que cum tempore transeunt, ut nun-
quam in eodem statu permaneant, sed ut fumus euanescant; fugiunt enim,
ut idem (sc. Plato) ait in Thimeo, nec expectant appellationem »; cfr
94 Alfonso Maierù
necessità del riferimento al presente e della priorità logica della
significatio e della suppositio rispetto all’appellatio, giacché il
nome conserva quelle quando perde questa in seguito alla distru-
zione della cosa ‘appellata’ !*, il discorso diventa più articolato
negli altri due testi.
L’autore delle Sumzule scarta sia la dottrina della suppositio
come proprietà del soggetto !”, sia quella dell’appellatio come
proprietà del predicato: l’appellatio è ordinata agli appellata e
perciò è proprietà del soggetto come del predicato, giacché en-
trambi sono ordinati agli appellata; e poiché i termini che hanno
appellazione sono usati nella loro valenza significativa, ogni 4ppel-
latio è personale (‘personale’ indica che il termine è usato a deno-
tare le realtà significate) e si può articolare a somiglianza della
supposizione personale ‘*. L’autore, inoltre, ricorda due opinioni
Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, ed. T.H. Waszink,
« Plato latinus », IV, Londini et Leidae 1962, p. 47. Cfr. MurraLry, The
« Summulae logicales » ..., cit., pp. lviti-lix.
156 Ars Meliduna, cit., p. 316: «Significat enim hoc nomen ‘Cesar’
adhuc illud individuum quod olim significavit. Neque enim nomen
re (ce)dente significationem amisit quam prius habuerit, sed appellationem,
— que est per verbum presentis temporis vera attributio sive copulatio.
Unde et semper exigit rem existendi. Distat ergo inter suppositionem, signi-
ficationem, appellationem, quia duo prima precedunt tertium, ut in hoc
nomine ‘Antichristus’; semper etiam post ipsum manent, ut in hoc
nomine ‘Cesar’; ipsa vero simul. Significat itaque ‘Cesar’ individuum,
non quod modo sit individuum, sed quod est vel fuit vel erit. Et ita
significat individuum quod non est nec tamen (erit) aliquod individuum.
Sicut supponit vel, secundum alios, significat boro qui non est et tamen
quilibet homo est, quia significatio dictionis appellationem ampliat ».
157 Sumule dialectices, cit., p. 268: «[...] quarto modo dicitur suppo-
sicio ‘proprietas termini subjecti’, sive subjecti in quantum alii supponit
et subicitur in oracione »; quindi è scartata la tesi che intende la suppo-
sitio come « substantiva rei designacio » (ivi).
1588 Ivi, p. 277: «[...] dicitur quod appellacio est termini predicabilis
sine tempore significatio (significato: Steele). Quod est falsum: quia appel-
lacio dicitur per comparacionem ad appellata que respicit. Cum igitur subjectus
terminus equaliter respiciat appellata, sic terminus predicatus erit appellacio
Terminologia logica della tarda scolastica 95
relative al riferimento temporale del nome che ha appellatio: una,
più diffusa, sostiene che il termine comune denota tutti i suoi
(possibili) appellata, senza alcun riferimento temporale (su questa
affermazione, legata all’analisi del momer appellativum, fa leva
la dottrina dell’ampliatio e della restrictio); l’altra, invece, intende
l’appellatio del termine come riferita al presente, giacché « ter-
minus est solum nomen presencium » !’. Questa seconda è l’opi-
nione condivisa dall’autore delle Sumzzle; fra i vari argomenti
addotti a sostegno di essa, uno è ricavato dalla dottrina della
ampliatio: se il termine avesse appellazione per il presente come
pet il passato e il futuro, l’ampliazione non avrebbe senso !, e
conclude:
Dicendum est igitur quod terminus est solum nomen presencium vel
existencium, nomen dico significacionis [...]. Quare terminus de se
solum concernit presencia, et supponit pro illis de sui materia; pet
naturam autem verbi de preterito et futuro, vel habenti materiali
eorum ut verba ampliandi, poterunt stare pro preteritis et futuris!9!,
All’obiezione, che si può formulare contro la tesi che so-
stiene essere elemento caratterizzante dell’appellatio il riferimento
al tempo presente, che cioè il nome, a differenza del verbo, non
connota il tempo, e quindi non è giustificato alcun riferimento
subjecti sicut predicati. Cum igitur omnis appellacio sit respectu significacio-
num, omnis appellacio erit personalis. Sicut autem supposicio personalis
dividitur sic appellacio potest dividi; alia discreta, alia communis etc., et
competunt eadem exempla tam a parte subiecti quam a parte predicati »;
cfr. cap. IV, $ 1.
159 Ivi: «Duplex tamen est sentencia de appellacionibus, quia quidam
dicunt quod terminus appellat de se appellata presencia, preterita et
futura, et est communis entibus et non-entibus. Alii dicunt quod terminus
est solum nomen presencium et nichil est commune enti et non-enti, sive
preterito, presenti, et futuro, secundum quod dicit Aristoteles in primo
Metaphysice ».
160 Ivi, p. 280.
161 Ivi.
96 Alfonso Maierù
temporale ‘2, l’autore risponde che il nome, di per sé, né significa
né consignifica il tempo, ma, piuttosto, l’imzpositio che è all’ori-
gine del nome è in relazione alla « res praesens » da nominare,
e la significatio che ne consegue non può prescindere da ciò !9,
Dalla stessa posizione muove Ruggero Bacone nel Corzpen-
dium: in polemica con Riccardo Rufo di Cornovaglia, nega che il
nome designi un « esse habituale » indifferente alla connotazione
temporale e quindi valido per presente, passato e futuro!” e si
richiama all’originaria imzpositio del nome che esige la presenza
della cosa designata !9. E all’obiezione che il nome « significat
sine tempore », risponde che ciò è detto « quantum ad modum
significandi, non quantum ad rem », che anzi, usare un termine
per designare una realtà non più esistente o non esistente è usarlo
equivocamente e, in fondo, dare ad esso una nuova impositio !£;
e ancora: una vox petde la sua significatio una volta distrutta la
« res signata »; se dunque una vox significa una realtà non più
presente, lo fa perché riceve una nuova imzpositio 19.
16 Ivi, p. 283: «His suppositis, est dubitacio super jam dicta quod
nomen significat sine tempore, igitur hujusmodi termini ‘homo’ ‘Sor’, cum
sint nomina, non determinant sibi tempus aliquod, nec appellata magis
presencia quam preterita vel futura ».
163 Ivi: «[...] inponitur enim nomen rei presenti et appellato presenti.
Oportet enim quod sit presens et ens actu cui nomen inponatur. Set hoc
dupliciter: aut ens actu et presens in rerum natura, ut ‘homo’ ‘asinus’,
aut secundum animam, ut ‘chimera’ et hujusmodi ficta apud intellectum
et cognicionem ».
14 Compendium ..., cit., p. 55.
165 Ivi, p. 54: «Nunquam enim homines, quando inponunt nomina
infantibus vel animalibus suis, respiciunt nisi ad res presentes sensui, et
ideo non abstrahunt a presenti tempore, nec ab actuali »; cfr. Ars Meliduna,
in n. 155.
16 Ivi, p. 57: «Sic possumus inponere illis nomina, set alia inposi-
cione et alia quam illa que entibus fit, et equivoce; ut Cesar potest per
nouam inposicionem significare Cesarem preteritum vel futurum vel mortuum,
set equiuoce enti et non enti ».
167 Ivi, p. 60: in part.: «Si enim non est pater, non est filius, nec
Terminologia logica della tarda scolastica 97
I testi ora esaminati rappresentano indubbiamente i documenti
d’una sopravvivenza di tesi tradizionali, talora riprese polemica-
mente (da Bacone) contro l’affermarsi di quella considerazione
dell’appellatio che abbiamo detto sintattica: il termine può essere
considerato nel momento della sua utilizzazione in una proposi-
zione, e in tal caso ha appellatio quando la supposizione di
esso è rapportata al presente. Una tale considerazione è possibile
grazie al sostituirsi della dottrina logica della suppositio, come
dottrina generale del termine nella proposizione, a quella del-
l’appellatio, che, muovendo da premesse prevalentemente gram-
maticali (nomen appellativum), si era affermata prima come dot-
trina del rapporto intercorrente tra il momzen comune e i suoi
appellata e poi come dottrina del zomzen condizionato dal tempo
del verbo nella proposizione; i due modi di considerare l’appel-
latio sono esemplificati, fra l’altro, dalle due opinioni che abbiamo
visto nel testo delle Suzzule dello ps. Bacone.
Ma, insopprimibile, rimane l’esigenza di rapportare il nome
al suo momento istitutivo, quando si pongono le premesse del-
l’appellatio e della significatio; la tesi del decadere della vox dalla
sua significatio quando vien meno la « res appellata » sostenuta da
Ruggero Bacone finisce, però, per distruggere la possibilità non
solo d’un discorso logico, ma d’un qualsiasi discorso.
Niente di nuovo, rispetto a quanto si è detto, si trova nella
tradizione dei commenti ad Aristotele fioriti nel secolo XIII !8.
e contrario: set signum et signatum sunt relatiua, ergo perempto signato,
non erit vox significatiua ».
18 Si veda, ad esempio, ALserto Magno, Praedicamentorum liber I,
in Opera, I, cit., pp. 157b (i derominativa) e 158b: «Et quod dicitur
appellationem (quae dicitur quasi ad pulsum, et componitur ab 4 praepo-
sitione et pello, pellis) notat, quod alienum pulsum sit ad id quod deno-
minatur, sicut et nomen proprium appellatio vocatur proprie, quia ex col-
lectione accidentium ad id significandum appulsum est. Nomen enim com-
mune propter hoc dicitur appellativum, eo quod in eo multa pelluntut in
unum, et ideo est commune multorum ». Ma si veda, per questi riferi-
98 Alfonso Marerù
5. Il secolo XIV
La trattazione della dottrina dell’appellatio qual è svolta dai
maestri del secolo XIV presuppone la conoscenza dei problemi
finora esaminati, da quello dei patonimi a quello del « nomen
appellativum » a quello, ancora, che è posto dalla domanda se
l’appellatio sia una proprietà del predicato e se rimandi a una
forma o natura universale.
Di Occam si è parlato a proposito dei patonimi; si è visto che
la sua dottrina è punto di arrivo di una tradizione di analisi,
puntualizza lo status dei problemi e fissa una terminologia. Per
quanto riguarda l’appellatio, il « Venerabilis Inceptor » ne precisa
il significato una prima volta in rapporto a suppositio, una seconda
distinguendo due accezioni di appellare. Ecco il primo passo, tratto
dalla Sumzmza logicae:
Est [...] sciendum, quod ‘suppositio’ accipitur dupliciter, scilicet
large et stricte. Large accepta non distinguitur contra pes arena
sed appellatio est unum contentum sub suppositione. Aliter accipitur
stricte, secundum quod distinguitur contra appellationem !9,
Il secondo passo si legge nell’Elementarium logicae:
‘Appellare’ autem et ‘appellatio’ dupliciter accipitur; uno modo pro
significare plura, per quem modum dicuntur quaedam nomina esse
nomina appellativa, non praccise quia significant sed quia significant
plura. Ideo nomina propria non sunt nomina appellativa [...]. Aliter
accipitur appellare pro termino exigere vel denotare seipsum debere
sub propria forma, id est ipsummet praedicari in aliqua alia propo-
sitione. Et sic solebant (dicere) quod praedicatum appellat suam for-
mam et subiectum non appellat suam formam [....] !°.
Nel primo testo Occam afferma che « appellatio est unum
menti e per altri, Miztellateinische Worterbuch, s.w. appellatio e appel-
lativus.
169 Summa logicae, cit., pp. 175-176.
0 Elementarium logicae, cit., pp. 217-218.
i
Terminologia logica della tarda scolastica 99
contentum sub suppositione » nel senso che essa è un capitolo
della supposizione !; appellatio invece si contrappone a suppo-
sitio solo se si intende che questa è proprietà del soggetto e quella
del predicato: a chiarire il secondo valore giova il testo del-
l’Elementarium. La prima accezione di appellatio, appellare è
legata alla dottrina del « nomen appellativum », la seconda invece
caratterizza l’appellatio come proprietà del predicato che « appel-
lat suam formam ». Ma cosa valga questa espressione si ricava da
altri passi: nella Sumzzza logicae l’espressione vale: « ipsum (sc.
praedicatum) et non aliud » !2, nell’Elementarium essa è glossata
con « praedicatum ipsum non mutatum seu variatum nec alio sibi
addito » !#: dal punto di vista logico, una proposizione il cui
predicato « appellat suam formam » è vera quando lo stesso ter-
mine, non mutato, cioè assunto per tutto ciò che esso importa dal
punto di vista della sigrificatio, è predicato « de illo, pro quo
subiectum supponit, vel de pronomine demonstrante illud praecise,
pro quo subiectum supponit » ! facendo una proposizione vera;
così, perché sia vera la proposizione « album fuit nigrum », è
necessario che sia stata vera una volta la proposizione: « hoc est
nigrum ». Ora, non è richiesto in tali proposizioni che ciò valga
anche per il soggetto !5: è noto infatti che il verbo condiziona
ciò che segue ad esso, non ciò che precede, e che il soggetto di
una proposizione con verbo di tempo o comunque di valote di-
verso dal semplice presente ha supposizione per ciò che è o pet
ciò che può essere (o per ciò che fu, o sarà), mentre il predicato ha
171 Per Pu. Bonner (Ockbam's Theory of Signification, « Franciscan
Studies», VI [1946], pp. 143-170, ora in Collected Articles on Ockham, cit.:
v. in part. p. 230, n. 51) e il De RiJ€ (op. ciz., II, i, p. 564) è quel capitolo
che riguarda la supposizione di un termine in relazione a cose esistenti; ma
cfr. nn. 186 e 187.
172 Summa logicae, cit., p. 195 (l’espressione occorre anche a p. 242).
173 Elementarium logicae, cit., p. 218.
174 Summa logicae, cit., p. 195.
175 Elementarium logicae, cit., p. 218.
100 Alfonso Maierà
supposizione, nel suo valore specifico, per il tempo e il valore
indicato dal verbo !.
Nella dottrina dell’appellatio di Riccardo di Campsall vanno
distinte due fasi: la prima è quella che emerge dalle Questiones
super librum Priorum analeticorum, la seconda si riscontra nella
Logica.
Nel primo testo, appellare occorre sia in concorrenza con sup-
ponere, almeno in un caso in cui si tratta della suppositio del
predicato !”, sia nell'espressione « predicatum appellat suam for-
mam », che è usata come medium di argomentazione 18. l’autore
non fa riferimento ad alcuna connotazione temporale in questi con-
testi, e l’esclude esplicitamente là dove definisce il nome comune
o appellativo come quello che « significat naturam communem
habentem supposita » !?: qualora non avesse un « suppositum
presens » o
412 Alfonso Maierù
In conclusione, Wyclif conosce due grandi generi di probazio:
una legata ai termini mediati, l’altra, meno formalizzata, che si
ricollega forse a una tradizione vicina a quella testimoniata dai
Tractatus Anagnini”.
Infine, è importante rilevare che i maestri di formazione pari-
gina, ma anche Occam, non conoscono altro tipo di probatio
che non sia la expositio: da questo, che è il più diffuso, comin-
ceremo l’esame dei singoli modi di ‘prova’ della verità delle
proposizioni.
4. L’« expositio »
I termini exponere, expositio hanno una loro storia ante-
riore all’uso che ne fanno i logici nel medioevo, sia nel campo
blema possit pluribus modis concludi. Ad quod dubium sine verbis respon-
deo quod particularis affirmativa et universalis negativa de subiectis non
transcendentibus ad minus quadrupliciter probari possunt: a priori, a poste-
riori, aeque et indirecte; ut ista propositio: ‘homo currit’ a posteriori potest
probari sic: ‘hoc currit et hoc est homo, igitur homo currit*; a priori sic:
‘omne animal currit, homo est animal, igitur homo currit’; ab aeque sic:
‘risibile vel animal rationale curtrit, igitur homo currit*; indirecte sic: quia
contradictoria istius significantis principaliter quod homo currit est falsa,
igitur ista est vera ‘homo cutrit’ ». C'è da notare che il procedimento
a priori, quale qui esposto, ricorda molto da vicino l'operazione contraria alla
resolutio che Billingham chiama compositio; quello 4 posteriori, stando
all’esempio addotto, si identifica con la resolutio stessa; la probatio ab
aeque non contiene alcun accenno all’expositio, che è invece presente in
Wyclif; infine, la probatio indirecta è identica alla probatio indirecta ex
opposito di Wyclif. La dipendenza di Pietro da Wyclif non è proprio docu-
mentabile, come si vede: va piuttosto detto che una stessa tradizione è giunta
ai due autori, probabilmente da fonte inglese; in Wyclif l'utilizzazione di
questa quadruplice probatio è puntuale e normale, mentre Pietro, per
quanto mi risulta, non va oltre questo cenno.
5 Manca in Wyclif ogni riferimento alle « probatio per habitudinem
Terminologia vogic. delta tarda scolastica 413
della retorica ® che in quello delle tecniche di approccio agli
auctores oggetto di lectio ®. Il Mullally nota che l’origine del
termine va ricercata nell’esigenza di chiarire i vari sensi del di-
scorso, compito che già Cicerone assegnava alla dialettica 2. L’affer-
mazione torna nel medioevo *, in un contesto in cui si discute del
compito che spetta al commentatore di Prisciano; in verità, l’esi-
genza stessa della expositio, a tutti i livelli, ha la sua origine nel
bisogno di chiarire, illustrare, mostrare qualcosa mediante
discorso.
Nel secolo XII troviamo in testi di logica due usi di expomere:
uno, relativo alla vox che « exponitut per significationem alterius
predicabilium » che ha una lontana parentela con la probatio officialiter,
come si dirà nel $ 6; cfr. Tractatus Anagnini, cit., pp. 285 sgg.
9 Per la retorica, cfr. LausBERG, op. cif., pp. 700 sg., sv. exponere
ed expositio.
61 Cfr. Boezio, In Arist. Periermenias, I ed., cit., p. 132; II ed. cit.,
p. 157: expositor è il ‘commentatore’; e p. 7: « Cuius expositionem nos
scilicet quam maxime a Porphyrio quamquam etiam a ceteris transferentes
Latina oratione digessimus »; Cassionoro, Institutiones, cit., I, VIII 16,
p. 32: «[...] nequaquam vobis modernos expositores interdico ». Per la
distinzione tra autentici, disputatores, introductores e expositores cfr.
E. R. Curtius, Europdische Literatur, Bern 19619, p. 264.
MutLaLty, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. lxxiv sgg., in part.
p. lxxiv n., cita Cicerone, Bruto, xLI, 152: «[...] latentem explicare defi-
niendo, obscuram explanare interpretando [....] ». Il MuLLaLty, ivi, cita anche
De doctrina christiana di S. Agostino, III, dove le ambiguità verbali sono
chiarite con l’applicazione di regole grammaticali.
GucLieLMo DI ConcHes, De philosophia mundi, P. L. 172, 101-102:
«Antiqui vero glosatores [...] in expositione accidentium erraverunt.
Quod ergo ab istis minus dictum est dicere proposuimus, quod obscure
exponere, ut ex nostro opere causas inventionis predictorum aliquis querat
et diffinitionum Prisciani expositiones [...] » (il passo è cit. dal De Rixk,
Logica modernorum, Il, i, cit., p. 110, che segue il testo corretto da
E. JeaunEAU, Deux rédactions des gloses de Guillaume de Conches sur
Priscien, « Recherches de théologie ancienne et médiévale », XXVTI [1960],
p. 218).
414 Alfonso Maierà
vocis » #, l’altro relativo alla propositio 9. Questo secondo solo,
opportunamente precisato, diviene corrente nella logica medievale.
Che a questo stadio l’accezione sia generica, si può constatare anche
in Abelardo #; ma ben presto essa si fa più rigorosa. La propositio
in tal caso è detta exporibilis. Ma poiché essa è tale in virtù di
una vox 0 dictio, è necessario individuare quali dictiones rendano
esponibile la proposizione. Si afferma quindi che le dictiones aventi
tale proprietà sono quelle sincategorematiche o aventi un importo
sincategorematico. Pietro Ispano, nel Tractactus exponibilium, così
definisce la propositio exponibilis:
Propositio exponibilis est propositio habens obscurum sensum expo-
sitione indigentem propter aliquod syncategoreuma in ea implicite
vel explicite positum vel in aliqua dictione [....]
mentre Buridano afferma:
[...] expositio non est nisi explanatio significationis syncategoreu-
matum $,
La ricerca dell’identificazione dei termini esponibili è operata
% Glose in Arist. Sopb. el., cit., p. 212: «Figura dictionis secundum
significationem est cumz una vox exponitur per significationem alterius
vocis, ut hec vox ‘quid’ exponitur per quale vel quantum, quia iste voces
non videntur differre in significatione, tamen differunt » (cfr. anche De RK,
op. cit., II, i, p. 500, n.).
6 Introductiones dialetice secundum Wilgelmum, ms. Vienna lat. 2499,
f. 27r, cit. in De Rik, op. cit., II, i, p. 132: «Sed quocumque modo ipsi
exponant istam propositionem: ‘quoddam animal est homo’, absurdum est
eam dici regularem, quia absurdum est ut illud quod prorso continetur ab
aliquo in ordine predicamenti, de continenti regulariter predicetur »: si tratta
semplicemente della conversione della proposizione.
$ Cfr. cap. V, n. 74; v. anche KneaLE, The Development of Logic, cit.,
pp. 212-213.
ST Op. cit., p. 104.
6 Consequentiae, cit., III, 1; cfr. cap. IV, n. 147.
Terminologia logica della tarda scolastica 415
nel contesto proposizionale, giacché è fatta in vista di chiarire il
senso dell’intera proposizione f, con l’aiuto delle dottrine gram-
maticali, oltre che della tradizione aristotelico-boeziana.
L’Ars Meliduna individua in particolare le dictiones exclu-
sivae” e i quantificatori”, ma non usa la terminologia del-
l’expositio, mentre il quinto dei Tractatus Anagnini, che tratta de
quinque dictionum generibus (distributive, infinite, aggettive,
esclusive, relative) ? e che può essere considerato un trattato de
syncategorematibus come ce ne saranno nel secolo XIII”, usa il
termine exponere collocandolo in un contesto che è importante
perché vi si distingue la « propositio que exponitur » e quella
«per quam exponitur », anche se la terminologia è in concor-
renza con quella della resolutio””. Tra quelle dictiones che
l’anonimo autore chiama distributive sono individuati i compa-
rativi, e tra quelle dette aggettive, i superlativi 9, la cui analisi
6 L’Ars Meliduna, cit., p. 329, trattando della contraddizione, afferma
che dictiones come tantum, praeter, nisi, adbuc modificano il consueto rap-
porto tra le contraddittorie secondo il noto schema del ‘quadrato’ delle
proposizioni, e perciò richiedono un’attenzione particolare che tenga conto
dell'intero contesto della proposizione condizionato da quelle dictiones.
© Ivi, p. 333.
© Ivi, p. 322.
© Op. cit., p. 297 (argumentum del 5° trattato).
73 Come ad es. il trattato Syrncategoremata di GUGLIELMO DI SHYRESWOOD,
cit.
© Op. cit., p. 317: «Nos autem admittimus eas et dicimus quod
frequenter ca que exponitur est incongrua et illa per quam exponitur, con-
grua, ut ‘Romanus est fortissimus Grecorum’, hec est incongrua; hec
autem: ‘Romanus est unus Grecorum et est fortior omnibus Grecis aliis a se’,
hec est congrua. Similiter ea que exponitur est congrua, sed ea per quam
exponitur est incongrua, ut “Socrates et Cesar sunt similes’, hec est congrua;
sed hec est incongrua: ‘Socrates est talis qualis est Cesar”. Sed fottasse
nulla illarum resolutionum est congrua ».
75 Ivi, pp. 309-310.
7% Ivi, pp. 314-315.
416 Alfonso Maierùà
ha origine grammaticale” ma ha giustificazioni aristoteliche ®.
Nel secolo XIII Guglielmo di Shyreswood, fra l’altro, analizza
l’expositio dei verbi incipit e desinit. Ma Pietro Ispano, nel
testo citato, così enumera i termini o dictiones (signa, nel testo)
che rendono esponibile una proposizione:
Pro quo notandum est quod ea, quae faciunt propositionem expo-
nibilem, sunt in multiplici differentia. Nam quaedam sunt signa exclu-
siva, ut «tantum», « solum »; quaedam exceptiva, ut « praeter »,
« nisi »; quaedam reduplicativa, ut « inquantum », « secundum quod »;
quaedam important inceptionem vel desinitionem, ut « incipit »,
« desinit »; quaedam important privationem finis, ut « infinitum »;
quaedam important excessum, ut nomina comparativi et superlativi
gradus; quedam important distinctionem, ut « differt », « aliud ab »,
et sic de aliis; quaedam important specialem modum distributionis,
ut « totus », « quilibet », et sic de aliis. Unde propter ista, propositio
redditur obscura et indiget expositione, et ideo dicuntut facere propo-
sitionem exponibilem 8,
Alla metà del secolo XIII, dunque, i principi dell’expositio
sono già stabilmente fissati, come testimonia l’opera di Pietro
Ispano.
© Il MuttLALLy, op. cit., p. lxxvi, rinvia, per i comparativi, a PRISCIANO,
op. cit., III, 1 e 8, in Grammatici latini, II, cit., pp. 83 e 87.
78 ARISTOTELE, in Cat. 5, 3b 33-4a 9, afferma che la sostanza non è
suscettibile di più o meno, mentre ivi, 8, 10b 26-30 afferma che lo è
l’accidente. Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., ad I, e De differentiis topicis,
cit., 1178C: «Namque ad comparationem nihil nisi accidens venit, hoc
enim solum recipit magis et minus ». Ma v. m., In Isag., II ed. cit., p. 253:
«Quae uero secundum accidens differentiae sunt insepatabiles, ut aquilum
esse vel simum vel coloratum aliquo modo, et intentionem suscipiunt et
remissionem [...] ».
79 Syncategoremata, cit., pp. 75-78.
80 Tractatus exponibilium, cit., p. 104. In luogo di desinitionem, l’ed.
legge definitionem. Il trattato mostra l’expositio dei vari termini: esclu-
sivi (pp. 104-108), eccettivi (pp. 108-110), reduplicativi (pp. 110-114),
incipit e desinit (pp. 114-118), infinitus (pp. 118-122), comparativi e
Terminologia logica della tarda scolastica 417
Il secolo XIV però riprende la dottrina, ne riesamina i fonda-
menti e ne fissa rigidamente le regole operative.
Innanzi tutto, vengono riesaminati i termini che rendono
esponibile la proposizione. Nel Tractatus de suppositionibus, Buri-
dano afferma che delle voces incomplexae, o semplici dictiones (di-
stinte dalle voces comzplexae o orationes), che significano sempre
in stretta dipendenza dai concetti ®!, alcune hanno puro valore di
categoremi, cioè significano le cose concepite mediante concetti, e
perciò possono essere soggetto o predicato nella proposizione; altre
hanno puro valore sincategorematico perché significano solo quei
concetti che sono le operazioni mentali, come 707, vel, ecc.; altre,
infine, sono miste: o perché, oltre ai concetti che significano im-
mediatamente e da cui traggono la funzione sincategorematica,
significano le cose concepite ma zor possono essere soggetto o
predicato, o perché hanno insieme funzione di categorema e di
sincategorema ®©. In altre parole, alle voces incomplexae possono
corrispondere concetti incomplessi o complessi *; questi ultimi,
sincategoremi come fat? o categoremi con sincategorema come
chimaera, vacuum, rendono esponibile la proposizione, nel senso
che i loro molteplici significati devono essere resi espliciti « per
orationes illis aequivalentes in significando » *. La proposizione
superlativi (pp. 122-124), differt e aliud (pp. 124-126), fotus (pp. 126-128),
quaelibet e quantumlibet (p. 128).
81 Sul rapporto tra concetti e discorso mentale da un lato, voces e
orationes dall’altto in Buridano, cfr. REINA, Il problema del linguaggio in
Buridano, I, cit., pp. 412-413.
8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 187-188; cfr. REINA, op. cit.,
I, p. 405.
83 Tractatus de suppositionibus, cit., p. 189, e v. Sophismata, 1, £.
[Sra-vb], dove si afferma che tutto il racconto della guerra di Troia
(« conceptus valde multipliciter complexus ») è stato significato con la vox
incomplexa «Iliade », come «vacuum » sta per «locus non repletus cor-
pore », che implica tre concetti: locus, repletio, corpus.
8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 189 e 190 (duodecima regula).
27
418 Alfonso Maierù
exponibilis, una volta operata l’expositio, è propositio exposita;
le proposizioni ad essa corrispondenti sono le exporentes: tra la
prima e le altre c'è equivalenza e la regola fondamentale sul piano
operativo è la seguente: « Sunt [...] consequentiae formales per
exponentes syncategorematum ab exponentibus ad expositam aut
ab exposita ad aliquam exponentium » £.
Abbiamo fatto precedere il discorso su Buridano a quello su
Occam perché Buridano, posteriore a Occam, esplicitando il rap-
porto vox incomplexa - conceptus complexus, aiuta a capite Occam
(anche se la posizione dei due filosofi è diversa: alla stretta subot-
dinazione del linguaggio al pensiero in Buridano, fa riscontro in
Occam la « concezione del rapporto fra discorso mentale e di-
scorso vocale come rapporto fra due ordini paralleli di segni, ri-
spetto ad un unico ordine di significati » *), il quale tiene il discorso
più sul piano dei rapporti formali e operativi.
Nel capitolo « De propositionibus aequivalentibus hypothe-
ticis » Occam scrive:
[...] quaelibet categorica, ex qua sequuntur plures propositiones cate-
goricae tamquam exponentes, hoc est exprimentes quid ista propo-
sitio ex forma sua importat, potest dici propositio aequivalens propo
sitioni hypotheticae ®.
Si tratta di proposizioni apparentemente categoriche: sono le
proposizioni exclusivae®, exceptivae ®, reduplicativae” o inclu-
85 Burmano, Consequentiae, cit., INI, 1.
86 REINA, op. cit., I, p. 413 (cfr. Occam, Summa logicae, cit., p. 179:
suppositio materialis, simplex, personalis, per concetti e per voces) e
pp. 411-412 (suppositio materialis solo per i termini vocali e scritti secondo
Buridano).
87 Summa logicae, cit., p. 252.
88 In part. ivi, pp. 267-277.
89 Ivi, pp. 277-280.
9 Ivi, pp. 261-267.
Terminologia togica della tarda scolastica 419
denti termini connotativi e relativi (come sizzilis) o collettivi”,
oppure il relativo gui”, o termini privativi (es. coecus) e infiniti
(immateriale), o i termini designanti «figmenta animi » (es.
chimaera)*; incipit e desinit*, il verbo fit": tutte queste propo-
sizioni hanno una loro expositio, ad opera di exponentes di cui
numero e forma variano di caso in caso”. Diamo un esempio per
tutti: per la verità di « Socrates est albus » è necessario che
siano vere: « Socrates est » e « Socrati inest albedo » ®.
Alle proposizioni ricordate, Occam aggiunge le universali co-
struite con i distributivi utergue, neuter”; di tutte, poi, dà le
regole della conversione !%,
S'è detto che il secolo XIV stabilisce una volta pet tutte
le regole operative nell’ambito dell’asserita equivalenza tra la pro-
9 Ivi, pp. 252-255 (per i connotativi, v. cap. I, $ 2).
92 Ivi, pp. 260-261.
9 Ivi, pp. 255-257 (De propositionibus in quibus ponuntur termini
privativi et infiniti), e c. 13, p. 258 (De propositionibus in quibus ponuntur
termini privativi non aequivalentibus terminis infinitis): la differenza sta
in ciò che le prime hanno due exponentes, mentre le seconde « plures habent
exponentes quam duae ».
9 Ivi, pp. 258-260.
95 Ivi, pp. 280-285.
96 Ivi, pp. 286-287.
97 È detto dei privativi non equivalenti ai nomi infiniti, ivi, p. 258: « De
talibus autem non potest dari certa regula, quia secundum varietatem termi-
norum talium propositiones, in quibus ponuntur, diversimode debent
exponi ». A maggior ragione differisce l’expositio da tipo a tipo di pro-
posizione.
98 Ivi, p. 253: «[...] ad veritatem talis propositionis requiruntur duae
propositiohes, quae possunt vocari expomentes ipsius, et una debet esse in
recto et alia in obliquo. Sicut ad veritatem istius: ‘Sortes est albus’, requiritur,
quod haec sit vera: ‘Sortes est’, et quod haec sit vera: ‘Sorti inest albedo’ »
(cors. mio).
99 Ivi, p. 254; esclude però le universali costruite con omzis. che invece
saranno incluse dagli altri autori.
100 Ivi, pp. 294 sgg.
420 Alfonso Maierù
posizione exponibilis e le proposizioni exponentes, per cui la con-
giunzione delle exponentes implica, ed è implicata da, l’exponi-
bilis. Ma anche a questo proposito va ricordato qualche tentativo
precedente.
L’Ars Meliduna, analizzando le ipotetiche compositae, consi-
dera come terza specie di esse le « propositiones implicite », che
hanno luogo con il relativo !%: la proposizione che « implicat et
continet vim alterius propositionis » è detta imzplicans, l’altra è
detta implicita !; mentre, quanto ai rapporti d’inferenza tra le
due, si afferma che alla proposizione implicita segue la sua simplex,
quella proposizione « que remanet sublata relativa particula et
verbo quod ei redditur »; ad esempio: « si Socrates est aliquid quod
cutrit, Socrates est aliquid », ma all’implicita può seguire « illa
quam implicat » nel rispetto dell’« habitudo terminorum », cioè
dei rapporti tra i termini in essa posti !*, L’analisi, condotta con
l’ausilio della conseguentiae, non giunge tuttavia a riconoscere le
strutture dell’equivalenza vera e propria.
Un tentativo ancora è nel secondo dei Tractatus Anagnini:
sotto il titolo « de equipollentiis cathegoricis » si discute, fra
l’altro, di un argomentare « secundum inferentiam », quando sia
presente in rapporto inferenziale uno di questi termini: « ‘idem’,
101 Op. cit., p. 352: «[...] alie habent aliquid implicitum per relativam
particulam [....] ».
102 Ivi, p. 354: «Implicita dicitur propositio que preter principalem
significationem, — idest preter significationem que ex principalibus atten-
ditur —, tamen implicat et continet vim alterius propositionis. Ut ‘Socrates
est aliquid quod currit* implicat istam: ‘aliquid currit’; et ‘homo qui est
albus, est animal quod currit* has duas: ‘homo est albus’, ‘animal currit?.
Unde magis proprie diceretur ista imzplicans, ille implicite ».
1 Ivi: «Et generaliter: numquam ad implicitam sequitur illa quam
implicat, nisi hoc operetur habitudo terminorum. Ut [...] ‘si liquid est
homo qui est Socrates, aliguid est homo” [...]. Sed non: ‘si aliguid quod
est Socrates est homo, aliquid est Socrate»; [...] quia non coaduniatur hic
consecutio habitudine terminorum ».
Terminologia logica della tarda scolastica 421
‘indifferens’, ‘differ, ‘scitur’, ‘prete’, ‘nisi, ‘nunò’, ‘incipit’,
‘desinit’ »!*. Si tratta di un tentativo, in cui il procedimento
proprio della expositio s’inttavvede solo nel caso dei termini incipit
e desinit '5. Ma nel secolo XIII la dottrina è già fissata: basti per
tutti Pietro Ispano. Tuttavia il secolo XIV raggiunge il massimo
di chiarezza e di formalizzazione, definendone le regole sul piano
operativo. Burleigh ne dà una formulazione molto chiara. Discu-
tendo della expositio di termini come tantum, solum, incipit ecc.,
Burleigh ne richiama le regole fondamentali: a) la proposizione
exponibilis « aequipollet », cioè equivale, e quindi implica ed è
implicata, dalla congiunzione delle sue exponentes !%; b) perciò (si
ricordi la regola fornita da Buridano) dall’« exposita ad aliquam
exponentium » vale la conseguenza, giacché da tutta la copulativa
(e l’exposita ne è l'equivalente) a ciascuna parte è valida l’infe-
renza (pg 2 p, oppure pq 2 q)!”, ma non viceversa; mentre la
falsità di una parte è sufficiente alla falsità del tutto !®,
Alberto di Sassonia considera proposizioni equivalenti alle
ipotetiche quelle che contengono dictiones exclusivae (tantum,
solus, solum, unicus ecc.), exceptivae (praeter, praeterquem, nisi
1% Op. cit., p. 240.
105 Ivi, p. 241: «Item. ‘Socrates incipit esse; ergo Socrates nunc primo
est’. Item: ‘Socrates nunc ultimo est; ergo Socrates desinit esse’ ».
106 De puritate artis logicae, cit., p. 134: «Item notandum pro regula,
quod omnis propositio exclusiva aequipollet copulativae factae ex suis expo-
nentibus »; per la proposizione exceptiva, cfr. p. 165, e così via; p. 171:
«[...] exceptiva et exclusiva non sunt simpliciter categoticae sed sunt
implicite hypotheticae; valent enim copulativam factam ex suis exponen-
tibus ».
107 In part. l’exclusiva implica la sua praeiacens: op. cit., p. 138: « Con-
tra. Omnis exclusiva infert suam praeiacentem; ergo cum ista ‘Pater est’,
sit praeiacens huius: “Tantum pater est’, oportet quod sequatur: Tantum
pater est, ergo pater est ».
198 Ivi, p. 243: «Item notandum pro regula, quod ad hoc, quod
copulativa sit vera, requiritur quod utraque parts sit vera, et ad hoc ut
copulativa sit falsa, sufficit, quod altera pars sit falsa ».
422 Alfonso Maierà
ecc.), reduplicativae (inquantum, secundum quod) e quelle che
contengono incipit e desinit. Il discorso è molto particolareggiato
per ciascun caso, discutendosi ogni volta dei vari valori delle
dictiones sincategorematiche, delle regole di ciascuna proposizione,
dei sofismi che di solito vengono formulati in ordine ad un certo
tipo di proposizione; noi ci limiteremo a riprenderne le linee
generali.
La proposizione exclusiva ha esposizione per mezzo di una
copulativa composta di due categoriche, una affermativa, l’altra
negativa: « ‘tantum homo currit’, exponitur sic: homo currit
et nihil aliud ab homine currit ». Tutta la copulativa è detta da
Alberto exponens dell’esclusiva e per essa valgono le regole, già
viste, che reggono la copulativa !”, Alberto, inoltre, parla di expo-
sitio propria e impropria: la prima si ha quando l’expomens è data
nella forma tradizionale e regolare, la seconda quando l’una o l’altra
parte dell’exporens contiene elementi non appropriati: ad esempio,
della proposizione « Socrates est tantum albus », il cui predicato è
un termine connotativo, si ha questa expositio impropria: « So-
crates est albus et Socrates non denominatur aliquo alio acci-
dente ». La seconda proposizione categorica non è regolamentare,
e tutta la congiunzione è falsa. L’expositio propria invece è questa:
« Socrates est albus et Socrates non est aliud ab albo », che è
vera 159,
19 Arserto DI Sassonia, Logica, cit., III, 6, f. 20ra: «[...] et ista
copulativa dicitur exponens istius exclusivae, et utraque illarum (sc. pro-
positionum, affirmativa et negativa) sequitur ad illam [...]. Ex isto
sequitur quod quaelibet pars categorica quae est pars exponens exclusivae
sequitur ad exclusivam: propter quod quaelibet pars copulativae sequitur
ad ipsam copulativam cuius est pars ».
110 Ivi, f. 20rb; oltre che in tal caso, Alberto pone expositio propria €
impropria « quando dictio exclusiva additur termino significanti totum inte-
grale » come è domus (f. 20va, 8% regola); quando la stessa dictio « additur
termino significanti numerum », (ivi, 92 regola), o « additur termino communi
distributo habenti plura supposita » (ivi, 10° regola).
Terminologia logica della tarda scolastica 423
Anche la proposizione exceptiva ha esposizione per mezzo di
due categoriche, una affermativa, l’altra negativa, che costitui-
scono una propositio copulativa!!. Così « omnis homo praeter
Socratem currit » ha la seguente expositio: « Socrates non cutrit
et omnis homo alius a Socrate currit », mentre di « nullus homo
praeter Socratem cuttit » l’expositio è: « Socrates curtit et omnis
homo alius a Socrate non currit » !, Inoltre, ogni exceptiva ha una
praeiacens, che si ottiene da essa (« dempta [....] dictione exceptiva
et parte extra capta, residuum dicitur praeiacens exceptivae » !!5):
il rapporto dell’exceptiva con la praeiacens è regolato nel modo
seguente: « Si praeiacens exceptivae est vera, exceptiva est falsa.
Unde si ista est vera: ‘omnis homo cutrit’, ista est falsa: ‘omnis
homo praeter Socratem currit’ » 14,
Anche la reduplicativa ha esposizione per mezzo di una copu-
lativa !5: il numero dei membri di essa varia però a seconda del
numero dei termini dissimili in essa presenti !!°.
111 Ivi, III, 7, f. 21va: «Ex hoc patet quod omnis exceptiva aequi-
valet uni copulativae in significando compositae ex una affirmativa et alia
negativa: diversimode tamen, sicut iam patuit, exponendo exceptivam
affirmativam et exceptivam negativam ».
12 Ivi.
113 Ivi, f. 21vb; v. GuLieLMo DI SHyREswooD, Syrcategoremata, cit.,
p. 62: «Item si praejacens est in toto vera, exceptiva est falsa et e con-
verso »; anche un’altra accezione di praeiacens è fornita da ALBERTO (op.
cit., Lc.): « Ulterius sciendum est quod copulativa composita ex duabus
categoricis, cui copulativae propositio exceptiva aequipollet in significando,
dicitur praeiacens exceptivae ».
u4 Ivi.
115 La controprova è fornita dal caso in cui la negazione « praecedit
reduplicativam et verbum principale », giacché allora « fit propositio con-
tradictoria reduplicativae »; così la proposizione « aequivalet uni disiuncti-
vae », e cioè ha «probatio per causas veritatis »: ivi, III, 8, f. 22va;
cfr. $ 8 di questo capitolo.
116 Se la proposizione ha tre termini dissimili (es. « homo in quantum
animal est sensibilis »), ha quattro proposizioni esponenti («[...] ad veri-
424 Alfonso Maierù
Marsilio dà molto spazio all’expositio nella seconda parte delle
sue Conseguentiae. In undici capitoli discute delle proposizioni
includenti termini exceptivi (praeter, nisi e praeterquam)!", le
dictiones exclusivae (tantum, solum) "® le reduplicativae (inquan-
tum, prout, secundum eam rationem e simili)!, incipit'? e
desinit'*, o signa alietatis (differt, aliud, non idem, alterum e
simili) ‘2, infinitum'*, aggettivi di grado comparativo e superla-
tivo !4, signa collectiva (omnis)!®, totus !%, ita e sicut'?. Di tutte
Marsilio fornisce l’esposizione mediante proposizioni in congiun-
zione, nel modo ormai noto !*.
tatem istius requiritur veritas unius copulativae, compositae ex quattuor
propositionibus; v.g. istius copulativae: ‘homo est animal, et homo est
sensibilis, et omne animal est sensibile, et si est aliquod animal illud est
sensibile’ », ivi, f. 22va); se la proposizione ha due termini simili (« homo in
quantum homo est risibilis »), quattro sono le esponenti (« requiritur quod
haec sit vera: ‘homo est homo’, et quod homo sit risibilis, et quod omnis
homo sit risibilis, et si aliquod est homo quod illud sit risibile », ivi, f. 22va);
se invece tutti i termini sono simili (« ens in quantum ens est ens»),
« propter coincidentiam propositionum solum habet tres exponentes, seu
unam copulativam pro exponente, compositam ex tribus propositionibus [....]:
requiritur quod ens sit ens et omne ens sit ens, et si aliquid est ens quod
illud sit ens». Per incipit e desinit, cfr. C. WiLson, William Heytesbury.
Medieval Logic and the Rise of Mathematical Physics, Madison Wisc.
19602, p. 41.
117 In Textus dialectices, cit., ff. 194v-195v.
118 Ivi, ff. 196v-197v.
119 Ivi, ff. 198v-199v.
120 Ivi, f. 201r-v.
121 Ivi, f. 203r.
12 Ivi, f. 203v.
123 Ivi, ff. 204v-205r.
124 Ivi, ff. 205r-206r (de comparativis) e 206v-207r (de superlativis).
155 Ivi, f. 207r-v.
126 Ivi, ff. 207v-208r.
12? Ivi, f. 208r-v.
128 Ivi, f. 195v: «De exceptivis sit haec regula: a qualibet istarum ad
suas exponentes simul sumptas vel e converso est bona formalis consequentia:
Terminologia logica della tarda scolastica 425
C’è da aggiungere che, per le proposizioni esclusive, Marsilio
esige che la praeiacens costituisca il primo membro della congiun.
zione di proposizioni mediante la quale si opera l’expositio !?.
Naturalmente, il rapporto tra l’exclusiva e la praeiacens è definito
in modo diverso rispetto a quello che vige, secondo Alberto di
Sassonia, tra l’exceptiva e la sua praeiacens: « quando arguitur ab
exclusiva ad suam praeiacentem consequentia est bona » 199.
Anche Pietro d’Ailly, epigono della scuola parigina, dedica un
trattato alle proposizioni esponibili !#, nel quale non si discosta
molto dalla tradizione di Buridano, Alberto e Marsilio.
quia ibi arguitur ab aequivalente ad aequivalens »; così per gli altri casi. La
proposizione negativa è in genere prodata « per disiunctivam de partibus
contradicentibus partibus copulativae ».
129 Ivi, f. 197r: «Et propositio quae remanet deposita dictione exclusiva
vocatur ptaeiacens [...]. Prima est affirmativa, ut ‘tantum animal est homo”,
quae exponitur per copulativam bimembrem cuius prima pars est praeiacens
et secunda universalis negativa [....] ».
130 Ivi, £. 197v.
131 Cfr. op. cit.; sono sei capitoli: cap. I, f. [2v]: i termini privativi,
negativi o infiniti sono esponibili, ma «[...] de talibus non possunt poni
regulae generales vel, supposito quod possent poni, nimis longum esset et
nimis tediosum, et etiam cognito quid nominis talium dictionum, facile est
exponere propositiones in quibus ponuntur » (contro Buridano: cfr. n. 84);
afferma: «[...] illud dictum non erat verum generaliter, scilicet, omnes
propositiones in quibus ponuntur termini relativi vel cognotativi (!) aequi-
valent propositionibus hypotheticis [...] » (f. [3r]); ff. [3v-4r]: la proposi-
zione universale è esponibile se il quantificatore è ufergue o neuter, non lo
è se il quantificatore è omnis, o nullus, o quilibet; cap. II De exceptivis,
ff. [6r] sgg.; cap. III De exclusivis, ff. [14r] sgg.; cap. IV De reduplicativis,
ff. [21r] sgg., e in part., f. [21v]: «Sed tamen apparet mihi proprie
dicendum quod in propositione proprie reduplicativa reduplicatio nec est
pars subiecti nec est pars praedicati, sed se tenet ex parte formae proposi-
tionis, ideo denominat propositionem reduplicativam; et ita potuissem
dixisse de dictione et de propositione exceptiva quando locutus sum de
dictione proprie exceptiva in secundo corollario primae dubitationis princi-
palis secundi capituli, quamvis autem probabiliter dixerim oppositum »;
cap. V De incipit et desinit, ff. [24r] sgg., e in part., f. [25r]: «Ex hoc
426 Alfonso Maierù
La logica inglese posteriore a Occam ha sviluppato queste
dottrine, soprattutto in tre direzioni: da Sutton, Burleigh e
Occam !° è stata elaborata la dottrina dell’expositio dei relativi,
che poi ha ricevuto una buona sistemazione nel terzo capitolo delle
Regulae di Heytesbury; all’expositio de incipit et desinit sono stati
dedicati vari trattati, fra cui quello che costituisce il quarto capi-
tolo delle Regulae di Heytesbury; alla trattazione dell’expositio
del comparativo e del superlativo si è riallacciata in particolare la
dottrina de maximo et minimo, di cui ancora una volta Heytesbury
ha offerto un esempio d’un notevole livello nel quinto capitolo
delle sue Regulae (ma va tenuto presente che in esso la termino-
logia propria dell’expositio non è frequente !*).
In questo contesto, vengono introdotti nuovi temi, nell’analisi
dei quali sono applicate le regole dell’expositio: sono i temi propri
della filosofia della natura che caratterizzano il secolo XIV come
secolo che ‘precorse’ (si prenda l’espressione con la precauzione
usata dalla più recente storiografia) il secolo di Galileo, discutendo
il ‘limite’ di una potenza attiva o passiva, o il primo ‘quando’ di
un processo di trasformazione. Il metodo applicato nell’analisi di
questi e analoghi problemi è quello logico-calculatorio, cioè una
sintesi di procedimenti logici e di procedimenti propri della filo-
sequitur corollarie quod quaelibet propositio de incipit vel desinit exponitur
pet unam copulativam compositam ex una de praesenti et alia de praeterito
vel de futuro, sed tamen per aliam exponitur propositio de incipit et per
aliam propositio de desinit [...]»; cap. VI, altri verbi: fit (factum est,
fiet) ed equivalenti, ff. [29r-30v]; in part. il termine che segue questi verbi
« appellat suam formam » (f. [30r]).
13 WersHEIPL, Developments in the Arts Curriculum..., cit., p. 159.
133 Per i tre capitoli ultimi delle Regul4e di Heytesbury, cfr. C. WiLsoN,
op. cit., pp. 29 sgg.; per il De relativis, cfr. un cenno nel mio articolo
Il «Tractatus de sensu composito et diviso» di G. Heytesbury, « Rivista
critica di storia della filosofia », XXI (1966), pp. 255-258. Salvo errore, in
De maximo et minimo occotte una sola volta il termine exponitur al
f. 31vb; ma cfr. n. 48.
Terminologia logica della tarda scolastica 427
sofia della natura (calculationes): il risultato più celebre è il Liber
calculationum di Riccardo Swineshead.
Ma, contemporaneamente, su di un piano più propriamente
logico-formale, Billingham viene inquadrando l’expositio in un
contesto che sistema, come si è detto, tutta la trattazione della
« probatio propositionis ».
Il termine exporibilis è definito come quello che ha « duas
exponentes vel plures cum quibus convertitur » !*. È importante
rilevare che, mentre gli autori esaminati, specie quelli di forma»
zione parigina e lo stesso Occam, danno una notevole importanza
alle proposizioni exclusivae, exceptivae e reduplicativae, Billingham
dà invece importanza a proposizioni contenenti altri termini quali
omnis !, primum e ultimum'*, maximum e minimum, compa-
rativo !* e superlativo !’, incipit e desinit 9, e ai termini exceptivi
ed exclusivi, come a differt, aliud e aliter, riserva solo un cenno !4,
e alle reduplicative neppure quello. Tutto ciò testimonia di un
interesse spostato verso gli argomenti di filosofia della natura
che fiorivano ad Oxford in quel tempo. Billingham non sviluppa
nel senso delle tecniche ‘calculatorie’ questi temi, ma la scelta è
indicativa di un clima culturale.
Strode, nella Logica, discute dei termini exporibiles, trattando,
di seguito, le proposizioni exclusivae (con un cenno alle exceptivae),
le universali, semper totum infinite immediate, incipit e desinit,
differt, i gradi positivo, comparativo e superlativo (e a questo pro-
posito precisa che i termini maximum e minimum, primum e
ultimum, intensissimum e remississimum, velocissimum e tardis-
134 Cfr. Speculum, cit., p. 344.
135 Ivi, pp. 353-357.
136 Ivi, p. 358.
137 Ivi, pp. 358-360.
138 Ivi, pp. 360-362.
199 Ivi, pp. 362-363.
140 Ivi, pp. 363-365.
141 Ivi, p. 363.
428 Alfonso Maierù
simum, propinquissimum e remotissimum, utilizzati dalla filosofia
della natura, sono superlativi e perciò esponibili) e le reduplica-
tive 42. Anch’egli definisce la proposizione esponibile in rapporto
alle exponentes:
Nam dicuntur exponentes cum duae propositiones simul inferunt
aliquam propositionem formalem, vel plures, sic quod consequens sit
determinatio antecedentis cum hoc quod nulla illarum per se sufficiat
istam inferre, et ad utramque istarum tam coniunctim quam divisim
ex exposita valet consequentia, per quod excluduntur tam singularia
quam causae veritatis 193,
Questa definizione può essere così illustrata: a) le exponentes
sono due proposizioni che in congiunzione (sirz4!) fungono da
antecedente in un’inferenza logica rispetto a un’altra proposizione
(exposita); b) in modo tale che l’inferenza non valga da una
exponens al consequens; c) mentre l’exposita può fungere da ante-
cedente rispetto alla congiunzione o a una delle due exporentes
(« tam coniunctim quam divisim ») !#. L’accenno all’esclusione dei
singularia si giustifica per il fatto che il contesto riguarda
l’expositio delle universali, e l’autore nega che l’expositio di esse
possa essere fornita dai suoi singularia!S: infatti scrive:
14 Op. cit., ff. 24ra-26vb; per i superlativi elencati, cfr. ivi, f. 26ra.
18 Ivi, f. 24va.
14 Strode scrive: « sic quod consequens sit determinatio antecedentis »;
la determinatio consiste in ciò che, da un punto di vista formale, la con-
giunzione di più proposizioni (cui l’expesit4 equivale) non infertur da una
di esse: ciò è precisato nel testo. Ma forse non è da escludere che l’autore
intenda di più: si ricordi che si ha conseguentia formalis secondo Strode
quando il conseguens è «de intellectu antecedentis » (cfr. Moony, Truth
and Consequence..., cit., p. 71).
145 Op. cit., f. 24va: «Solebant tamen antiqui dicere quod univetsalis
exponitur per sua singularia, quod tamen non dico servando quid nominis
de li ‘exponi’ »; ma cfr. ivi, f. 21ra: «Mobiliter supponit cum ratione
illius sufficienter contingit propositionem in qua ponitur concludi ex una
copulativa facta ex omnibus suppositis vel, nt verius dicatur, ex omnibus
Terminologia logica della tarda scolastica 429
« [...] ‘omnis homo currit’ sic exponitur: homo currit et nihil
est homo quin ipsum, vel quod non, curtat, ergo etc. »!4;
l’expositio non può essere data neanche mediante induzione: « iste
homo currit et iste homo currit et iste homo curtit » all’infinito,
«ergo omnis homo currit »; ma sappiamo che la proposizione
universale può essere probata mediante inductio !.
Tralasciamo per il momento il riferimento alla dottrina delle
causae veritatis che verrà chiarito più avanti !*.
Giovanni Wyclif affronta la trattazione dei termini exponibiles,
precisando che la proposizione esponibile è equivalente ad una
congiunzione di proposizioni !9.
Nella Logica, egli tratta delle proposizioni exclusiva !9, excep-
tiva, universale affermativa‘, delle proposizioni includenti
uno dei termini differt, aliud, non idem'®, incipit o desinit'*.
Nella Logice continuacio, l'esame della expositio emerge a vario
titolo nei tre trattati di cui essa si compone.
Nel primo trattato si discute della universale affermativa ‘5.
eius singularibus, et etiam cum constantia debita eorum suppositorum con-
tingit omnes singulares et illarum quamlibet ex tali propositione concludere,
et primus modus dicitur probatio vel inductio, ut iste: ‘homo currit et iste
et sic de singulis et isti sunt omnes homines, ergo omnis homo currit [...] »
(testo già cit. nel cap. IV, $ 5), e f. 22ra: « Probatur etiam quod illa ‘omnis
homo currit’ non formaliter inducitur ex omnibus suis singularibus sine tali
medio [...] » (il medium, o constantia, è la proposizione «isti sunt omnes
homines »).
146 Ivi, f. 24va.
147 Cfr. cap. IV, n. 194.
14 Cfr. $ 8.
149 Cfr. Tractatus de logica, I, cit., p. 82.
150 Ivi, pp. 50-53.
151 Ivi, pp. 54-56.
152 Ivi, pp. 61-63; va notato che Wyclif conserva, a differenza di Strode,
la probatio per singulares (cfr. n. 53).
153 Ivi, p. 64.
154 Ivi, pp. 65-66.
155 Ivi, pp. 85-99.
430 Alfonso Maierù
Essa può essere provata nei quattro modi già esaminati (4 priori,
a posteriori, ex opposito, expositorie). Per quanto riguarda l’expo-
sitio della universale, l’autore precisa: « pro regula est tenendum
quod quelibet universalis affirmativa exponenda debet exponi per
suam subalternam, et universalem negativam convenientem in
subiecto, sed de contradictorio predicato » !8: cioè di « omnis
homo est animal » le exporentes sono « homo est animal » (subal-
terna) e « nullus homo est quin sit animal » (universale negativa).
Avverte però l’autore che l’expositio vatia a seconda del quantifi-
catore, del soggetto (che può essere un solo termine o più ter-
mini), del verbo (di tempo presente, o passato, o futuro, oppure
ampliativo), del predicato (che può contenere, ad esempio, un
relativo implicativo, come nella proposizione « omnis pater generat
individuum de sua substancia cui est similis in specie ») !”. Anche
per la universale negativa Wyclif pone la quadruplice probatio !8,
ma, di esse, la « probatio ex equo » non è data per mezzo di
exponentes, bensì « per suam simpliciter conversam vel quomodo-
libet aliter equipollens » !. In modo analogo, la probatio della
particolare affermativa è data in quattro modi !9,
Nel secondo trattato Wyclif affronta « ex professo » il tema
dell’expositio, che infatti resta qui caratterizzante, nel senso che
vengono talora accantonati, o meglio presupposti, gli altri modi di
probatio. L’autore tratta, nell’ordine, dell’expositio delle proposi-
156 Ivi, p. 87.
157 Ivi, p. 88: «Quadrupliciter ergo contingit exposicionem huiusmodi
variari; vel racione signi, vel racione subiecti compositi vel simplicis, vel
racione verbi, vel racione predicati »; in part. racione verbi (con la ripresa
dell’ampliatio), pp. 94-97; racione predicati, p. 98.
158 Ivi, pp. 100-106.
159 Ivi, p. 105; ma vedi p. 106: «Exponentes autem talium universa-
lium non inveni, quamvis cum diligencia sum scrutatus ».
160 Ivi, pp. 107-115 (ex equo, cioè « ex sua simpliciter conversa », p. 115).
Terminologia logica della tarda scolastica 431
zioni con i termini differt, aliud (e aliter, sic) !%; o exclusivae !®
e exceptivae 8, con i termini incipit e desinit'#*, o con le espres-
sioni per se — per accidens!©, con infinitum e inmediate'%;
delle proposizioni includenti aggettivi di grado comparativo !” o
con termini de plurali (tali sono, ad esempio, « quattuor sunt duo
et duo »; « duo homines sunt homo ») !9.
Nel terzo trattato, egli discute delle reduplicative !
ancora sulle comparative !”°.
Di tutti questi casi egli fornisce un’analisi ampia e dettagliata,
con esempi (sophismata) dai quali si traggono conclusiones che
riecheggiano (specie a proposito de incipit et desinit, de maximo et
minimo ecc.) le discussioni di filosofia della natura correnti a
Oxford. Non riteniamo di doverci soffermare su questi temi.
Segnaliamo soltanto che, in fondo, Wyclif nella Logice continuacio
torna sui principi enunciati nella Logica svolgendo la trattazione
con più ampio respiro.
In Italia, Pietro di Mantova fa un discorso del tutto analogo
a quel che abbiamo visto fare dagli altri maestri, per quanto
attiene alla expositio delle proposizioni universali, exclusivae,
exceptivae, reduplicativae, o contenenti i termini infinitus, totus,
aeternaliter, ab aeterno, semper, differt, aliud, non idem, o com-
parativi e superlativi, o immediate !". Anche per Pietro l’expositio
9 e ritorna
161 Ivi, pp. 121-127.
12 Ivi, pp. 128-141.
16 Ivi, pp. 142-155.
164 Ivi, pp. 191-202; ma cfr. n. 327.
165 Ivi, pp. 203-211.
166 Ivi, pp. 212-216.
167 Ivi, pp. 217-228.
168 Ivi, pp. 229-234.
169 Tractatus de logica, II, cit., pp. 96 sgg.
170 Ivi, pp. 129 sgg. (« de maximo et minimo »).
171 Cfr. Codices Vaticani latini. Codd. 2118-2193, rec. A. Maier, Romae
1961, pp. 31-33 (l’ordine dei trattati, come s’è detto, è diverso nelle edizioni
432 Alfonso Maierù
è operata per mezzo di una congiunzione di proposizioni e per essa
valgono le regole della copulativa !?,
L’expositio è dottrina fondamentale nelle opere di Paolo Ve-
neto, ed egli ne tratta a più riprese: nel quarto trattato della
Logica parva!®, nella prima parte della Logica magna, e sia nel
primo trattato, dove si discute dei termini esponibili, resolubili e
officiabili *, sia nei trattati dal quarto al diciottesimo sche trattano
delle dictiones che richiedono l’expositio '%, ma anche nel trattato
diciannovesimo, dove si parla della expositio dei termini modali in
forma avverbiale !%, sui quali torneremo; infine, in più luoghi della
Quadratura!”. Le regole che presiedono alla expositio sono così
sintetizzate da Paolo:
[1] Ab omnibus exponentibus simul sumptis ad suum expositum est
bona consequentia, et e converso. [...]. [2] Ab omni exponibili ad
quamlibet suarum exponentium est bona consequentia, sed non e
e nei manoscritti); v. n. 331 per incipit e desinit.
1?2 Logica, cit., f. [22rb]: «Et valet consequentia ab ista exposita ad
istam copulativam et ad quamlibet eius partem principalem, et e converso
ab ista copulativa ad illam expositam et non a qualibet parte istius copu-
lativae et principali ad istam expositam valet consequentia »; f. [28vb]:
« Oppositum tamen arguitur quod ab exclusiva ad suas exponentes est
bonum argumentum [...] » ecc.
173 Nell’ordine, viene qui discussa l’expositio dell’universale affermativa
(non della negativa, che è probata dupliciter, « aut per sua singularia aut
per suum contradictorium »), dei comparativi (positivo « comparabiliter
sumptus », cioè in comparazione di eguaglianza, comparativo [es. fortior] e
superlativo), differt, aliud e non idem, le exclusivae, exceptivae, reduplica-
tivae, immediate, incipit et desinit, totus, semper, ab aeterno, infinitum.
174 Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb.
115 Si tratta, nell'ordine, di exclusivae, exceptivae, reduplicativae e sicut,
comparativo e superlativo, de maximo et minimo, totus, semper et aeter-
num, infinitum, immediate; v. n. 337 per incipit et desinit.
176 Ivi, I, 19, f. 7ira-vb, ma anche nel trattato quarto della Logica
parva, cit.
177 Soprattutto nella prima parte, ma anche nelle altre.
Terminologia logica della tarda scolastica 433
converso nisi gratia materiae [...]. [3] Ex cuiuslibet exponentis contra-
dictorio sequitur contradictorium expositi, sed non e converso [....] 178,
Paolo da Pergola affronta gli stessi temi trattati da Paolo Ve-
neto !? e perciò non ci dilungheremo oltre.
Per concludere, notiamo che l’expositio non è un’operazione
logica che riconduca i termini mediati a quelli immediati. Ad essa
è più appropriata la descrizione fornita da Occam, e già ricordata,
secondo la quale i termini connotativi devono essere ricondotti a
quelli assoluti: ma quest’ultimi sono appunto termini mediati.
Nella expositio, inoltre una delle exponentes è negativa: ciò per-
ché i termini exporibiles sono caratterizzanti e quindi, in certo
senso, limitanti la proposizione: petciò essi hanno un certo im-
porto negativo, che va esplicitato.
5. La « resolutio»
L’operazione logica che realizza pienamente l’esigenza di ricon-
durre i termini mediati a quelli immediati è detta resolutio. Essa,
infatti, meglio d’ogni altra si riallaccia alla dottrina aristotelica
già ricordata, per la quale la proposizione mediata ha il suo prin-
cipio di dimostrazione in quella immediata, e in particolare in
quella prima e più nota a noi secondo il senso !°.
Ma i termini che designano questa operazione, cioè resolutio e
resolvere, non hanno avuto un’accezione tecnica per molti secoli.
Impiegati per designare la risoluzione della proposizione o del
sillogismo nei loro termini, come si è visto !, nel secolo XII essi
vengono usati in concorrenza con expositio, exponete. Lusi si È
178 Logica parva, cit., III.
179 Logica, cit., pp. 47-74.
180 Cfr. nn. 39 e 56.
181 Cfr. n. 5.
28
434 Alfonso Maierù
già accennato, avviene nei Tractatus Anagnini!®, nei quali, c'è
peraltro da aggiungere, si parla di resolutio con una frequenza
che non abbiamo riscontrato per expositio. Nel terzo trattato, a pro-
posito della dictio ‘qui’, considerando che, quando essa è pre-
sente, la proposizione è apparentemente categorica (dal momento
che equivale a più categoriche avendo in sé ‘implicita’ un’altra
proposizione), l'anonimo autore parla di resolutio della prima « in
copulativas »; nello stesso contesto, parla di una « resolutio in
adiectivis » diversa da quella che ha luogo « in substantivis », cioè
della resolutio che una proposizione includente un relativo ha
quando contiene un aggettivo o un sostantivo come predicato, e
della possibilità che questa resoluzio sia impedita !*. Nel trattato
182 Cfr. n. 74.
183 Tractatus Agnagnini, cit., pp. 268-269: « Iudicium predictarum impli-
citarum potest haberi ex resolutione ipsarum in copulativas. Debet autem
talis fieri resolutio ut loco relativi ponatur antecedens et loco antecedentis
ponatur relativum pronomen cum coniunctione. Unde istas concedimus:
‘aliquis bomo qui desiit esse, non est’, quia copulativa vera est: ‘aliguis
homo desiit esse et ipse non est®. Hanc autem iudicamus incongruam: ‘gli-
quis homo qui non est, desiit esse’; ponit enim aliquem hominem non esse,
quod falsum est. Secundum predictum iudicium omnes iste videntur incon-
grue: ‘Socrates erit album quod est nigrum’; ‘Socrates erit senex qui est
puer. Omnes istas dicuntur esse nugatorias et ita resolvuntur: ‘Socrates
erit album quod est nigrum’: idest album est nigrum et Socrates erit illud.
— Predictam resolutionem implicitarum non recepimus et dicimus aliter
faciendam resolutionem in adiectivis, aliter in substantivis. Et predictas ita
resolvimus: ‘Socrates erit album quod est nigrum’ idest quod est vel erit
album est nigrum et Socrates erit illud; similiter ‘Socrates erit senex qui
est puer® idest qui est vel erit senex, est puer et Socrates erit illud. —
Verumtamen dicimus quod hee voces que sola significatione sunt adiectiva,
possunt resolvi sicuti pure substantiva et secundum hoc ista erit incongrua:
‘Socrates erit senex qui est puer. — Quandoque inpeditur resolutio pre-
dictarum implicitarum in copulativas vel propter signum universale vel
propter defectum recti vel propter aliquid aliud. Propter signum univer-
sale, ut cum dicitur. ‘omnis homo qui currit, movetur® vel ‘omnis homo
currit qui movetur; hec non potest resolvi; nam si diceremus: ‘omnis
Terminologia logica della tarda scolastica 435
quinto, resolvere occorre a proposito della presenza in una propo-
sizione di un termine infinito (ad es. zon albus)!*, o di solus!9,
per indicare l’esplicitazione di quel che in tali casi la proposizione
implica.
Anche nel secolo XIII il valore di resolvere resta generico, e
può essere equivalente di exporere !. Ma è nel secolo XIV che
il significato di questo termine viene restringendosi e specializzan-
dosi. Per la verità, ciò non è riscontrabile né in Occam o Burleigh,
né in Buridano, Alberto di Sassonia e Marsilio, ma solo nei testi
degli autori inglesi fioriti intorno alla metà del secolo, e in quelli
degli italiani.
Billingham, nello Speculuzz, scrive:
Terminus resolubilis est quilibet terminus communis, sicut nomen
vel participium, qui habet aliquem terminum inferiorem se secundum
homo currit et ipse movetur®, esset non latina, quia ad dictionem confuse
positam non potest fieri relatio per relativum postpositum in alia c(1)ausula.
Similiter: ‘exaudio precem que fit ab illo’, ista non potest resolvi, quia non
dicimus: ‘prex fit ab illo et ego exaudio eam? ».
184 Ivi, p. 313: « Sciendum etiam est de nominibus infinitis [...]. Ut cum
dicitur: ‘Socrates fuit non-albus’, non est sic resolvendum ‘Socrates fuit
non-albus’ idest: Socrates fuit et non fuit albus, sed sic resolvendum est:
Socrates fuit aliguando et tunc non fuit albus ».
185 Ivi, p. 319: «Nos autem dicimus quod talis locutio potest esse
congrua et vera, etiam dictione transsumptive posita, quia non sic resol-
vimus ‘solum flumen currit idest: non alia res currit, sed ‘solum flumen
currit, idest non alia res fluit. — Dubitatur de hac dictione ‘solus’, quam
exclusionem habeat quando adiungitur nomini proprio pertinenti ad non
existentia cum verbo pertinenti ad existentia et ad non existentia. Quidam
eas non recipiunt, immo dicunt eas positas propter resolutionem, ut ‘solus
Cesar non est’, idest Cesar non est et non aliud non est ».
18 GueLIELMo DI SHyreswoon, Syncategoremata, cit., p. 65: «Quod
patet si comparetur affirmativa conclusionis ad affirmativam praemissae et
negativa ad negativam, cum tam praemissa quam conclusio resolvitur in
affirmativam et negativam ».
436 Alfonso Maierù
praedicationem; et tunc resolvitur quando capitur inferius eo in eius
probatione, et componitur quando capitur superius eo !87,
Un termine si dice resolubile, secondo Billingham, quando nella
probatio si fa ricorso ai suoi inferiora; ciò non è vero solo dei
nomi e dei participi, ma anche dei verbi (« Consimiliter fit reso-
lutio verborum ad substantiva, ut: ‘homo currit, ergo homo est
currens’, et e contra compositio ») !8*. Tale probatio per inferiora
è la resolutio, propriamente parlando; il ricorso ai termini supe-
riores è detto compositio !9.
Per quanto riguarda la resolutio, il discorso si sposta di con-
seguenza sul rapporto tra i termini inferiori e superiori, spesso
affrontato nei trattati de consequentiis. Billingham ne tiene conto
e riprende le seguenti regole: 1) « ab inferiori ad suum superius
sine aliqua dictione habente vim negationis valet consequentia »;
ad esempio è valida la conseguenza « homo cuttit, ergo animal
currit ». Ma l’inferenza vale talora anche « cum dictione habente
vim negationis » quali sono i termini esponibili, il « non » e i ter-
mini privativi e infiniti; così è valida l’inferenza: « tantum homo
currit, ergo tantum animal cutrit »; 2) « Ab inferiori ad suum su-
perius cum constantia subiecti et cum dictione habente vim nega-
tionis post superius et inferius tenent consequentia »; 3) « Ex prima
regula sequitur alia, quod negato superiori negatur inferius, quia
sequitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, quia ex
opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis. Nam
sequitur: ‘non homo cutrit et hoc est homo, ergo hoc non
currit’ » 19,
Secondo Billingham, la prima regola regge il sillogismo expo-
18 Speculum..., cit., pp. 340-341; ma cfr. pp. 367-368, e passim, dove
resolvere e resolutio hanno valore generico.
188 Ivi, p. 342.
189 Cfr. n. 45, e capp. VII, nn. 36 e 37.
190 Speculum..., cit., pp. 341-344.
Terminologia logica della tarda scolastica 437
sitorius affermativo; la seconda, il sillogismo expositorius nega-
tivo: entrambi questi sillogismi sono alla base, secondo il maestro
oxoniense, di ogni disputa, anzi della possibilità stessa della dimo-
strazione, giacché essi sono fundamentum di ogni altro sillo-
gismo !9.
Il richiamo all’espressione « syllogismus expositorius » merita
qualche cenno che ne chiarisca il significato. Essa è già in uso
nel secolo XIII!?. Nel secolo XII, invece, l’Ars Meliduna ha
l’espressione « sillogismus expositionis »: richiamandosi all’auto-
rità di Aristotele, il testo afferma: «Per sillogismum exposi-
tionis fatetur Aristotiles probari posse sillogismos tertie figure,
ubi duo dicuntur de tertio » e aggiunge: «Et dicitur me-
rito talis sillogismus expositionis, quia quodammodo exponitur
medium per suum inferius ». Ma dagli esempi addotti si può rica-
vare che non si tratta del nostro sillogismo ‘*. Più probabile che
191 Ivi, pp. 341-342: «Super quam regulam fundatur syllogismus expo-
sitorius in tertia figura [...] et iste syllogismus est fundamentum omnium
syllogismorum affirmativorum », e p. 343: « Super quem syllogismum fun-
dantur alii syllogismi negativi, quo syllogismo expositorio affirmativo vel
negativo negato, non erit ulterius disputatio, nec potest arguens aliquid pro
bare nec improbare aliquid esse; quod si arguat per syllogismum in modo
regulato et negatur illud, et tunc statim veniet ad syllogismum expositorium ».
192 Cfr. ad es., M. Fernanpez Garcia, Lexicon scholasticum philoso-
pbico-theologicum, Ad Claras Aquas 1910 (basato sulle opere di Duns Scoto),
pp. 667a-668a, dove esso è definito come quel sillogismo che ha per medium
un terminus discretus; cfr. anche rs. Duns Scoto, In librum primum
priorum Analyt. Arist. quaestiones, cit., q. XI, ff. 289b-290b.
193 Ars Meliduna, cit., pp. 381-382; infatti il testo, tra i due passi, con-
tiene quanto segue: «Exempli gratia: ‘omne animal est res, omne animal
est substantia, ergo quedam substantia est res’. Quod conclusio vera sit
potest ostendi ostenso utramque extremitatum de hoc inferiori medii Socrate
probari per tertium modum prime, hoc modo: ‘omne animal est res,
Socrates est animal, ergo Socrates est res’; similiter ‘omne animal est
substantia, Socrates est animal, ergo Socrates est substantia’ ». Basti esami-
nare questi esempi alla luce di quanto detto e di quanto diremo appresso.
438 Alfonso Maierù
si avvicini al sillogismo expositorius quello che l’Ars Meliduna
chiama inmiediatus, « cuius maior propositio est inmediata », con
preciso riferimento al rapporto inferius-superius'*. Guglielmo
d’Occam nella Suzzzza logicae scrive:
[...] syllogismus expositorius est qui est ex duabus praemissis singu-
laribus dispositis in tertia figura, quae tamen possunt inferre conclu-
sionem tam singularem quam particularem seu indefinitam, sed non
universalem, sicut nec duae universales in tertia figura possunt inferre
universalem 195,
A chiarimento di questa definizione Occam precisa che le due
premesse singolari non richiedono soltanto che il soggetto sia un
termine singolare, ma che la realtà designata da esso non sia di
fatto più cose distinte '%, Per Occam il sillogismo espositorio è
di per sé evidente, per cui, se un argomento può essere ricondotto
ad esso, questo argomento è corretto !”. Un'ultima osservazione
Nel testo aristotelico richiamato (Anal. pr. I 6, 28a 23 sg.) a expositio
corrisponde Exeo oppure txtiderdar.
1% Ivi, p. 383: « Alius mediatus, alius inmediatus. Inmediatus dicitur
cuius maior propositio est inmediata, idest terminos habens inmediatos,
scilicet tales quorum alter non potest de altero probari per medium
demonstrativum, idest per tale medium quod sit causa inferioris et inferius
superioris ».
15 Summa logicae, cit, p. 367.
16 Ivi, p. 368: «Est igitur dicendum quod syllogismus expositorius
est, quando arguitur ex duabus singularibus in tertia figura, quarum singu-
larium subiectum supponit pro aliquo uno numero quod non est plures
res nec est idem realiter cum aliquo quod est plures res », e p. 306: « Est
tamen advertendum, quod ad syllogismum expositorium non sufficit arguere
ponendo pro medio pronomen demonstrativum vel nomen proprium ali-
cuius rei singularis. Sed cum hoc oportet, quod illa res demonstrata vel
importata per tale nomen proprium non sit realiter plutes res distinctae ».
197 Ivi, p. 304: «Est autem probatio sufficiens, quia syllogismus expo-
sitorius est ex se evidens nec indiget ulteriori probatione. Et ideo multum
errant, qui negant talem syllogismum in quacumque materia [...] », e p. 306:
« Eodem modo, quando aliquis discursus potest reduci ad talem syllogismum
Terminologia logica della tarda scolastica 439
va fatta in merito alla definizione di Occam: egli afferma che il
sillogismo espositorio ha luogo nella terza figura (il termine medio,
in tal caso, è soggetto in entrambe le premesse), nella quale i sillo-
gismi non hanno mai una conclusione universale (neppure quando
hanno due premesse universali), ma possono avere solo una con-
clusione singolare, particolare o indefinita.
Billingham recepisce questa dottrina, come si può rilevare con-
frontando quanto abbiamo riferito sopra con quanto è detto da
Occam: per lui, infatti, il sillogismo espositorio è fundamentum di
tutta l’argomentazione (e ciò perché, come afferma Occam, esso è
« per se evidens»); le premesse sono costituite di termini
inferiori ai termini comuni e perciò non possono essere che sin-
golari. Billingham però si discosta da Occam perché estende
a tutte le figure il sillogismo espositorio '*, ma, ancora come
Occam, proibisce ch’esso possa concludere con una proposizione
universale (e non potrebbe essere diversamente: la conclusione
non può mai essere più ampia delle premesse, secondo il noto
adagio scolastico « amplius quam praemissae conclusio non vule »);
infatti egli fa ricorso alla resolutio solo per la probatio della inde-
finita affirmativa (e della particularis affirmativa, « quae semper
convertitur cum indefinita affirmativa ») !?: essa deve essere pro-
vata « per duo demonstrativa », giacché « non est indefinita quin
habet vel habere potest demonstrativum sibi correspondens, nec
e contra » 2°, Le due derzonstrativae fungono da premesse del
sillogismo, la indefinita (o particularis) da conclusione. E va rile-
expositorium vel per conversionem vel per impossibile vel per propositiones
acquivalentes assumptas, non est fallacia accidentis ». ù 1
198 Speculum..., cit., p. 342: « Potest tamen syllogismus sr
esse in qualibet figura: item in prima figura: ‘hoc currit et homo est ! si]
ergo homo cutrit’; exemplum secundae figurae: ‘homo est hoc et anim:
est hoc, ergo animal est homo? ».
19 Ivi, p. 351.
200 Ivi, p. 350.
440 Alfonso Maierù
vato che questo distingue l’expositio e la resolutio: la « propo-
sitio exponibilis » è convertibile con le sue exporentes in con-
giunzione, mentre le proposizioni immediate non sono convertibili
con la « propositio resolubilis ». Questa è dottrina comune a
tutti i logici in questo periodo 2,
Quanto alla indefinita negativa, essa può essere probata o
mediante il sillogismo espositorio negativo, o mediante una con-
201 BrLLincHaM, Speculum, cit., p. 344: «Terminus exponibilis est qui
habet duas exponentes vel plures cum quibus convertitur, Et in hoc differt
a resolubili, quia licet sequitur formaliter [...], non sequitur e contra; sed
in exponibilibus bene sequitur sic et e contra»; STRODE, Logica, cit.,
£.18vb: «Regula tamen est quod a resolventibus ad resolutum est bona
consequentia; sed non oportet quod valeat e contra; si (!) pro omnibus expo-
mentibus ad earum expositam consequentia tenet generaliter et e con-
tra [...]» (cfr. anche f. 24va); WwcLte, Tractatus de logica, I, cit., p. 83:
«Ex istis elicitur talis regula, quod universalis proposicio exposita convet-
titur cum suo antecedente debite exponente, licet non universaliter. Sed
quandoque proposicio resolutorie vel officialiter proposita, cum suo ante-
cedente, gracia materie, convertitur [...] »; PreTRo DI MANTOVA, Logica, cit,
f. [76vb]: «[...] semper a resolventibus ad resolutam arguitur componendo
et valet consequentia et non e contra de forma »; PAoLo VENETO, Logica
parva, cit., III: a quanto riferito sopra (v. n. 178), va aggiunto: «[4] A
resolventibus ad resolutum est consequentia bona, sed non e converso [....].
[5] Ab officiantibus ad officiatum est consequentia bona, sed non e con-
verso [...]. [6] A descriptione ad descriptum est bona consequentia, et e
converso [...] », e ancora, ., Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb: « Ex istis
elicitur talis regula, quod universalis propositio exposita convertitur cum
suis exponentibus sumptis simul, sed propositio resolutorie vel officiabiliter
probata cum suo antecedente resolutorie vel officiabiliter ipsum inferente
non convertitur nisi gratia terminorum [...] », e I, 20, f. 73vb: « Et in hoc
est differentia inter propositionem exponibilem, descriptibilem, resolubilem et
officiabilem: quia propositio exponibilis cum suis exponentibus convertitur,
propositio descriptibilis cum suis descriptionibus convertitur, sed propo-
sitio resolubilis non convertitur cum suis resolventibus: [...]. Ita similiter
propositio officiabilis non convettitur cum suis officiantibus; propterea, si
ab officiantibus ad officiatam est bona consequentia, non oportet quod e
contra sit bonum argumentum [....] ».
Terminologia logica della tarda scolastica 441
sequentia, il cui antecedens sia la corrispondente proposizione uni-
versale negativa 2°,
Strode ha una dottrina del tutto analoga a quella di Billin-
gham: la resolutio o resolutio per duo demonstrativa non è altro
che il « syllogismus expositorius », che è in funzione del termine
comune °*; la resolutio è la probatio della proposizione indefi-
nita o particolare, anche se nella proposizione sono presenti altri
termini che richiederebbero un altro genere di probatio (tali sono
verbi ampliativi o di tempo passato e futuro, incipit, intelligitur,
e i termini privativi ?*). I fondamenti del sillogismo espositorio
sono quelli posti da Billingham; ma, oltre alle regole di infe-
renza che definiscono i rapporti tra termini inferiores e superiores,
Strode richiama altre regole, fondate sull’autorità di Aristotele:
una afferma che quando un termine è predicato di un soggetto che
sia suo inferior, tutto ciò che si dice del predicato si dice del
soggetto; l’altra afferma che, se in un sillogismo il medio è un
pronome dimostrativo, gli altri due termini debbono costituire
soggetto e predicato nella conclusione; c'è da aggiungere che
Strode chiama anche ‘resolutorius il sillogismo espositorio nega-
22 Cfr. Speculum..., cit., p. 352.
203 Logica, cit., f. 18vb: « Similiter tenet iste modus arguendi, ut: ‘iste
Socrates hoc non est, et iste Socrates est homo, igitur homo hoc non est’; ‘haec
non est vera et haec est aliqua propositio, igitut aliqua propositio non est
vera’. Et iste modus arguendi vocatur syllogismus expositorius vel resolutio
propositionis ratione termini sui communis; omnis nam terminus communis
non impeditus est sic resolubilis per duo pronomina », e f. 21rb: «Et con-
similiter respectu cuiuscumque casus scripti (?); nam cum talis terminus
‘omnis’ praecedit, ad resolvendum propositionem in qua ponitur ille, deleatur
ille, et loco illius ponatur pronomen demonstrativum sui suppositi cum
affirmatione eiusdem in recto de illo pronomine et erit syllogismus expo-
sitorius ». Resolvere è usato anche per indicare la prova dell’officiabile;
perciò l’aggiunta per duo demanstrativa per la resolutio (cfr. ivi, f. 18vb).
20 Ivi, f. 19ra: «Debet .amen ad concludendum particularem vel
indefinitam de verbo ampliativo quandoque aliter capi constantia quam in
illis mere de praesenti, ut ista: ‘homo cu*rebat’, sic resolvitur: ‘hoc cur-
442 Alfonso Maierù
tivo 2°; resolutorius ed expositorius sono quindi sinonimi, come
confermano i Dubia di Paolo da Pergola 2%.
rebat et hoc est vel fuit homo, ergo homo currebat’. Similiter ‘puer fuit
senex’, sic resolvitur: ‘hoc fuit senex et hoc est vel fuit puer, ergo puer
fuit senex”. Et consimiliter sic dicitur de futuro, ut ‘senex erit puet’, sic
resolvitur: ‘hoc erit puer et hoc est vel erit senex, ergo senex erit puer?.
Similiter ‘coecus potest videre’, sic resolvitur: ‘hoc potest videre de-
monstrando aliquem hominem, et hoc est vel potest esse coecus, etgo
coecus potest videre’. ‘Socrates incipit currere’ sic resolvitur: ‘hoc incipit
currere, et hoc est vel incipit esse Socrates, ergo etc... ‘Album desinit
sedere’ sic resolvitur: ‘hoc desinit sedere, et hoc est vel desinit esse
album, ergo etc.’. ‘Chimaera intelligitur: hoc intelligitur, et hoc est vel
intelligitur esse chimaera, ergo etc.’ ».
205 Consequentiae, cit., f. 26va-b: « Si tamen ex uno termino formaliter
infertur alter, et non e converso, respectu cuiuscumque verbi tam a parte
subiecti quam a parte praedicati in recto, terminus inferens dicitur inferior
et illativus dicitur superior, de quibus datur ista regula: ab inferiori ad
suum superius sine aliqua dictione habente vim negationis nec confundendi
praeposita est bona consequentia, quae fundatur super multa dicta Porphytii
et Aristotelis, scilicet de quocumque dicitur inferius, ut species, de eodem
dicitur superius, ut genus. Item Philosophus in Praedicamentis dicit: quando
alterum de altero praedicatur ut de subiecto, id est de inferiori, quicquid
dicitur de illo quod praedicatur dicitur de isto quod subicitur, quod intelli-
gitur de directa praedicatione. Item confirmatur regula per rationem [...].
Et super hac regula fundatur syllogismus qui vocatur expositorius, cuius
praemissae sunt mere singulares, cum quibus habet omnis indefinita vel
particularis resolvi, ut: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, et
sicut in tertia ita et in prima figura, ut ‘hoc est currens et homo est hoc,
ergo homo est currens’, et sicut in prima etiam in secunda. Et hoc est quod
dicit Philosophus secundo Priorum quod medio existente hoc aliquid, id
est, pronomine demonstrativo, necesse est extrema coniungi, id est consti-
tuere conclusionem. Et nota quod similiter est syllogismus resolutorius
negativus, ut ‘hoc non currit, et hoc est homo, ergo homo non currit?. —
Et notandum quod in omni tali syllogismo oportet quod solummodo illud
quod demonstratur in maiori demonstretur in minori, et sic iste modus
syllogizandi tenet ab inferiori ad suum superius sine negatione er sine
termino confundente. Sed iste modus negativus tenet per istam regulam: ab
inferiori ad suum supetius cum negatione postposita inferiori et superiori
Terminologia logica della tarda scolastica 443
Wyclif, sia nella Logica?” che nella Logice continuacio ”*,
tratta dei termini resolubiles, o comuni e mediati, che vanno
probati per mezzo dei termini immediati ?”. La resolutio è ricon-
ducibile al sillogismo expositorius, e Wyclif nota che, sebbene
esso sia più comune nella terza figura, si può avere in tutte le
figure purché la cosa denotata dal pronome hoc sia, diciamo con
espressione occamistica, una numero ”°, La resolutio è « probatio
cum debita constantia superioris de inferiori. Similiter tenet cum quacumque
dictione habente vim confundendi postposita » (cors. mio).
206 PaoLo pa PercoLA, Dubia, cit., f. 66va: «In hac secunda parte
principali huius tractatus tria [...] agere propono [...]. Secundo, syllogismum
resolutorium suis conditionibus limitabo [...] »; cfr. n. 265.
207 Tractatus de logica, cit., I, p. 4, e ancora p. 6: « Termini resolubiles
sunt termini communes qui possunt resolvi usque ad terminos singulares;
ut isti termini, anizzal, homo, etc. ».
208 Ivi, p. 82: «Sunt enim, quantum ad propositum pertinet, aliqui ter-
mini resolubiles: ut termini communes, puta nomina, verba, adverbia, et par-
ticipia habencia signa ipsius inferiora [...] ».
209 Ivi, p. 68: «Et semper terminus mediatus, si sit resolubilis, debet
probari per terminum immediatum, ut iste: homo currit, sic resolvitur: Hoc
currit: et hoc est homo, igitur homo currit. Alia proposicio: Cras ero
episcopus, sic resolvitur: tunc ero episcopus: demonstrando crastinam diem
per ly “tunc”; et tunc erit cras: igitur, etc. Ista proposicio: alicubi Deus
est, sic probatur: ibi Deus est, et “ibi” est alicubi; ergo etc. Et ista pro-
posicio: aligualiter ego moveor, sic probatur: Taliter, vel sic, ego moveor; et
“taliter” est aliqualiter; ergo, etc. ».
210 Ivi, p. 37: « Et notandum quod in qualibet figura potest fieri syl/o-
gismus expositorius. In prima figura sic: boc est homo, et Sor est hoc: ergo,
Sor est homo. In secunda figura, sic fiet syllogismus expositorius: virtus est
hoc, et bonitas est hoc; ergo, virtus est bonitas. In tercia figura sic fiet
syllogismus: boc diligit Deum, et hoc est homo; ergo, homo diligit Deum. Et
iste syllogismus expositorius in tercia figura est maxime usitatus. Et sciendum
quod oportet bene notare rem pro qua supponit hoc pronomen hoc in
syllogismo expositorio; quia si fuerit diversa supposicio in antecedente et
consequente, tunc syllogismus non valet: ut hic: hoc est Petrus (demon-
strando naturam humanam) et hoc est Paulus (demonstrando eandem na-
turam): ergo Petrus est Paulus. Hoc argumentum non valet [...] ».
444 Alfonso Maierù
a posteriori » della particolare affermativa: si tratta però di una
« probatio a posteriori inferiori », distinta da quella probatio che
l’autore chiama « a posteriori totaliter separato » (0 « demonstra-
cio 4 signo, vel demonstracio quia »)?!, Anche la particolare
negativa ha « probatio a posteriori », ma « inferendo talem parti-
cularem negativam ex singulis »; gli esempi addotti tuttavia sono
vere e proprie resolutiones??, Nel caso di proposizioni come
« chimera non intelligitur a te », Wyclif introduce un altro modo
di probatio (si ricordino i modi 4 priori, a posteriori, ex equo e
indirecte), che è detta captio ?*; anche questo è un modo di « pro-
batio » 4 posteriori 4.
211 Ivi, pp. 107-108: « Secundo modo probatur particularis a posteriori,
et hoc dupliciter: vel a posteriori totaliter separato, vel a posteriori infe-
riori. Exemplum primi: în corpore quod videtur a me sunt subiective opera
ciones vitales; ergo: corpus quod videtur a me est vivum. Et illa probacio
est famosa aput philosophos natutales, et vocatur demonstracio 4 signo, vel
demonstracio quia. Exemplum secundi est tale: hoc currit, et hoc est homo,
ergo homo currit. Et isti modi probandi innituntur sophiste, de quo datur
talis regula: Quod ad particularem affirmativam aut sibi equivalentem infe-
rendam resolutorie oportet maiorem esse singularem proposicionis inferende
et minorem esse singularem de subiecto sinonimo cum priori, et verbo ac
predicato proporcionalibus verbo et subiecto proposicionis principaliter
inferende. Verbi gracia, inferendo istam, homo currit, sic arguitur: hoc
currit, et hoc est homo; ergo, homo currit ».
212 Ivi, p. 118: « Secundus modus probandi est a posteriori, ut inferendo
talem particularem negativam ex singulis; de quibus utendum est arte con-
simili, sicut dictum est de inductione particularis affirmative. Ut, homo non
est papa, quia hoc non est papa, et hoc est homo, igitur etc. Homo non fuit
ad bellum troyanum, quia hoc non fuit ad bellum troyanum, et hoc est vel
fuit bomo; igitur, etc. ».
213 Ivi, p. 118: «Sed forte contra illud arguitur inducendo quintum
modum probandi proposicionem, qui capcio dicitur. Nam tu intelligis istam
proposicionem: aliguid quod non intelligitur a te est, cum intelligere potes
quod claudit contradiccionem. Intelligis ergo subiectum huius proposicionis,
et per consequens eius primarium significatum; et cum solum primarie
significat aliguid quod non intelligitur a te, sequitur quod tu intelligis aliquid
quod non intelligitur a te. Sic enim probatur quod #4 scis aliguam proposi-
Terminologia logica della tarda scolastica 445
Pietro di Mantova discute del sillogismo espositorio, del
quale scrive: «in quolibet syllogismo expositorio terminus qui
est medius est terminus discretus aut aggregatus ex termino com-
muni et discreto » 25, ma non parla di sillogismo risolutorio; nelle
edizioni, si può leggere solo il seguente titolo d’una parte: De
eodem syllogismo resolutorio, sotto il quale è trattata la
dottrina della resolutio. Pietro, a questo proposito, afferma:
« quaelibet propositio cuius primus terminus est resolubilis reso-
lubiliter tentus non verbalis, probari debet per duo demonstra-
tiva » 2!6; cioè all’espressione « terminus discretus aut aggregatus
ex termino communi et discreto » del testo precedente, corti-
sponde qui l’espressione « duo demonstrativa », e poiché « non
quilibet terminus discretus est immediatus, nec quilibet terminus
demonstrativus est immediatus » ?”, la probatio della proposi-
zione resolubile non può essere opera d’un qualsiasi sillogismo
espositorio, ma solo di quello che abbia come premesse propo-
sizioni immediate: il sillogismo sarà allora ‘resolutorio’, caso
particolare del sillogismo espositorio.
Per i sillogismi espositori, si precisa ch’essi possono aver
luogo in tutte le figure, e che concludono validamente se affer-
tivi, mentre alcune accortezze richiede la conclusione nei sillo-
cionem esse veram quam non scis esse veram, capiendo talem proposicionem
scitam a te: aligua proposicio est vera quam non scis esse veram. Sed dicitur
quod conclusio intenta est impossibilis ».
214 Ivi, p. 120: « Ulterius dicitur quod modus probandi per capcionem
est modus probandi a posteriori; nam posterius est me scire illam proposi-
cionem: aligua proposicio est vera quam nescio esse veram sic significantem,
quam me scire aliquam proposicionem esse veram quam nescio esse veram.
Ideo ille modus probandi, sicut quilibet alius significabilis, continetur sub
aliquo predictorum ».
25 Logica, cit., f. [73ra].
26 Ivi, f. [77ra].
27 Ivi.
446 Alfonso Maierù
gismi negativi, specie se in quarta figura 2!5, Analogamente, il sillo-
gismo ‘resolutorio’ concluderà secondo le stesse regole in tutte
le figure, dal momento che, ripetiamo, non è altro che il sillo-
gismo espositorio applicato alla probatio delle proposizioni reso-
lubili 259,
Il termine resolubile è definito: «[...] terminus communis
aut discretus non demonstrativus terminus, quo contingit aliquem
terminum immediatum notiorem reperire eandem rem significan-
tem per quem concludi potest » ?. La proposizione in cui il
termine è posto si dice probabilis®!. Pietro precisa anche che
nel resolvere le parti del discorso diverse dal verbo, il termine
notior è tale a posteriori, mentre nel caso dei verbi il termine è
notior a priori, ed è il verbo esse 2.
Pietro chiama resolvenda o composita la proposizione mediata,
e resolvens la proposizione immediata grazie alla quale si opera
la probatio; una volta effettuata la resolutio, la proposizione me-
diata è resoluta 3.
218 Ivi, f. [73ra-b].
219 Ivi, f. [76va], sotto il citato titolo «De eodem syllogismo resolu-
torio »: «Ostendemus nunc quas propositiones etiam concludere possint
expositorii syllogismi, et praemittamus quod terminorum secundum quos et
per quos probari possunt propositiones [....] ».
20 Ivi, f. [76va-b].
21 Cfr. n. 30, [4].
22 Op. cit., f. [76vb]: « Refert tamen in resolvendo et alias partes ora
tionis, quia in resolvendo alias partes orationis a verbo, capitur terminus qui
est notior a posteriori; in resolvendo vero verba capitur terminus qui est
notior a priori, scilicet verbum substantivum »; per i termini e le propo
sizioni immediati a priori o a posteriori, cfr. il testo di f. [76va], in n. 39;
per quanto riguarda il resolvere verbum, esso è definito (f. [77vb]): «est
notius verbum exprimere, scilicet substantivum et eius correspondens parti-
cipium »; ci si chiede anche (f. [77rb-vb]): «utrum quodlibet verbum
adiectivum sit resolubile in verbum substantivam et suum participium ».
23 Ivi, f. [76vb] (continuaz. del passo della n. preced.): « Huius enim
resolvendae ‘hoc currit’ resolvens est haec: ‘hoc est currens’. Ideo bene
Terminologia logica della tarda scolastica 447
La resolutio vale come probatio delle proposizioni affermative
indefinita, particolare e singolare, purché il primo termine sia reso-
lubile 24; nelle corrispondenti negative vere la resolutio è lecita
solo quando il termine, in virtù del quale è operata la resolutio,
ha supposita, altrimenti bisogna assegnare, come medium di prova,
le contraddittorie di esse 5.
Paolo Veneto conserva ancora un valore piuttosto generico
dei termini resolvere, resolutio, con riferimento al relativo impli-
cativo qui, che equivale a et (0 vel) e ille”, e alla resolutio di
sequitur tamquam a priori: ‘hoc est cutrens, igitur hoc currit’, et ideo a
resolvente ad resolvendam vel compositam in verbis valet argumentum de
forma et non e contra. In aliis autem partibus orationis non valet de forma
a resolvenda vel composita ad resolventem nec e contra, sed de forma bene
valet a resolventibus ad resolvendam. Convenit autem inter verba resol-
venda et alias pattes orationis, quia semper a resolventibus ad resolutam
arguitur componendo, et valet consequens, et non e contra de forma»; cfr.
anche f. [78rb]: « non valet argumentum de forma a composita ad resoì-
ventem, sed bene e contra a resolventibus ad compositam tam in verbis
quam in aliis ».
24 Ivi, f. [80ra]: « De indefinita autem sive particulari et singulari te-
neatur quod ipsa est probanda a primo termino a quo in ea potest sumi pro-
batio. Ex quo sequitur quod est diligenter advertendum quod non quaelibet
indefinita sive particularis probari potest per duo demonstrativa, [...] et ideo
illa ‘tantum animal est homo’ per duo demonstrativa non habet probati quia
sumeretur falsum ».
25 Ivi, ff. [79va-b], e [79vb-80ra]: « Pro omnibus igitur propositionibus
negativis veris resolubiliter probandis dicatur quod, si termini ratione quorum
probandae sunt supposita habeant, sunt resolubiliter probandae, sed si suppo-
sitis carent capiendae sunt contradictoriae concludendo istas esse veras indi-
recte eo quod contradictoriae sunt falsae, et ita conceduntut conclusiones ibi
illatae secundum istam regulam probandae »; per suppositurm, cfr. cap. IV,
nn. 62 e 99.
26 Quadratura, cit., II, 22, f. 34va: « Patet consequentia, quia relativum
non confusum est resolubile in pronomen relativum et notam copulationis,
aut in pronomen relativum et notam disiunctionis », e f. 34vb: «Nulium
relativam nominis confuse limitatum est in pronomen relativum et notam
copulationis universalite(r) resolubile », ecc.
448 Alfonso Maierù
qualsiasi verbo nel presente del verbo esse 2.
Ma, naturalmente, prevale l’uso tecnico dei termini. Scrive
nella Logica magna:
[...] est sciendum quod omnis terminus communis pro aliquo suppo-
sitivus, et omne verbum praeter verbum substantivum praesentis tem-
poris et numeri singularis, est resolubilis; omnis enim propositio in
qua subicitur huius(modi) terminus habet probari per duo pronomina
demonstrativa sibi correspondentia 28,
C'è però da notare che, in concorrenza col termine resolubilis,
Paolo usa talora resolutorius?. La «probatio resolutorie » è
propria, secondo il nostro autore, delle proposizioni indefinita
e particolare, e della singolare che non abbia come soggetto un
pronome dimostrativo 2°. Le corrispondenti negative possono esse-
re provate in tre modi: o resolutorie, o assumendo la contradit-
dittoria e dalla falsità di questa ricavando la verità di quella,
21 Ivi, II, 37, f. 40rb: «Omne verbum praeter verbum substantivum
praesentis temporis est resolubile in verbum substantivum »; «[...] su-
biectum enim huius: ‘omnis homo currit’, supponit pro omni homine qui
est solum ratione resolutionis illius verbi ‘cutrit’ in ‘sum, es, est’, sed aeque
bene resolvuntur illa verba ‘erit’, ‘fuit’ in ‘sum, es, est’, sicut illud verbum
“currit’ », ecc. Ciò in un contesto in cui si discute « de suppositione termi
norum respectu verborum praeteriti ac futuri temporis ».
28 Op. cit., I, 1, 4, f. 13rb.
29 Ivi, f. 13va: « Exempla de adverbiis resolutoriis, ut: ‘aliqualiter est”
resolvitur isto modo [....] ».
20 Logica parva, cit., IV: « Qualiter propositiones illative probentur prae-
senti doctrina dignoscitur satis plene. Et primo namque a resolutione est
inchoandum, qua indefinitae, particulares et singulares de subiecto non prono-
mine demonstrativo rationabiliter inferuntur. Quaelibet ergo talis est taliter
inferenda, ut pro antecedente sumantur duo demonstrativa, in quorum primo
praedicetur praedicatum resolvendae et in secundo subiectum: verbi gratia,
‘homo currit’ sic resolvitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’ »;
la Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb, afferma che tale probatio è propria
della indefinita, e non menziona le altre proposizioni.
Terminologia logica della tarda scolastica 449
o mediante la universale negativa corrispondente ?!, Il sillogismo
che ha come premesse due proposizioni dimostrative è detto
expositorius o demonstrativus: può essere affermativo o negativo
e ha luogo solo nella terza figura °°. È evidente che il sillogismo
demonstrativus è riconducibile alla probatio mediante demonstra-
tiva, ma Paolo Veneto non insiste nel collegare le due dottrine né
nella Logica parva, né nella Logica magna.
Paolo da Pergola, nella Logica, considera « propositio resolu-
21 Ivi, f. 13va, scrive: « Indefinita vel particularis negativa potest tripli-
citer probari: uno modo per duo demonstrativa quemadmodum est (haec)
indefinita affirmativa ut ‘homo non currit: hoc non currit et hoc est homo,
igitur homo non cutrit’. Secundo modo potest probari recurrendo ad eorum
contradictoria ipsa probando vel improbando, quo facto statim patebit veritas
indefinitae vel particularis negativae. Tertio modo potest probari per univer-
salem negativam sibi subalternantem, ut ‘aliquid non currit’ probatur sic:
‘nihil currit, igitur aliquid non currit’ ».
232 Ivi, II, 13, f. 175vb: «Et iuxta tertiam reductionem est notandum
quod syllogismus expositorius non potest fieri nisi in tertia figura. Et ratio,
quia ad syllogismum expositotium requiritur antecedentia duarum demon-
strativarum (ex demonstratarum) inferentium propositionem mediatam; modo
hoc non potest fieri in aliis figuris. Si enim dicitur in secunda figura: ‘animal
est hoc et homo est hoc, ergo homo est animal’, consequentia bona est et
formalis, sed non syllogismus demonstrativus propter causam dictam. Similiter
si dicetur: ‘hoc currit et homo est hoc, ergo homo currit’, syllogismus expo-
sitorius vocari non debet, sed syllogismus irregularis, optima consequentia
formalis existens. Eodem modo est dicendum de negativis .[...]. Numquam
tamen est dicendum quod aliquis horum sit syllogismus expositorius vel
demonstrativus; ubi autem syllogismus demonstrativus non ita stricte sume-
tur, potest sine periculo dici quod in qualibet figura talis reperitut sicut
exemplificatum est. Verumtamen est advertendum de pronomine demonstra-
tivo ne supponat pro aliquo communi, quia tunc impediret syllogismum
demonstrativum, aut quia esset terminus communis, aut quia ratione eiusdem
suppositio mutatur, sicut hic: ‘hoc est pater et hoc est filius (demonstrando
essentiam communem), igitur filius est pater’ ». Salvo errore, il « syllo-
gismus expositorius »» non è menzionato nella Logica parva, né, nelle due
opere logiche fondamentali, è messo in relazione alla resolutio.
29
450 Alfonso Maierà
bilis » sia l’indefinita e la particolare, che la singolare non dimo-
strativa 2; le loro corrispondenti negative possono essere provate
sia resolutorie, sia « per suum contradictorium » 4, in modo ana-
logo a quanto ha affermato Pietto di Mantova.
Nei Dubia, invece, Paolo affronta la trattazione del sillogismo
‘resolutorio’, del quale si afferma che è « fundamentum omnium
syllogismorum ». Perché si abbia un tale sillogismo sono neces-
sarie, tra le altre, le seguenti condizioni: Quod si syllogismus (in
rapporto alle quattro proprietà: che risulti di tre termini; « quod
semper minor fit in recto »; « quod conclusio sit omnino confor-
mis maiori »; « quod sit in figura: nam in omni figura potest
fieri syllogismus resolutorius »); Et won in modo (« quia si esset
in aliquo 19 modorum non esset syllogismus resolutorius per
immediata procedens, sed per mediata »); Et medium sit hoc
aliquid et non quale quid (« Id est, sit terminus demonstrativus
pro uno solo supponibilis et non pro pluribus [...] »). La reso-
lutio deve avvenire «per immediata apud sensum vel intel-
lectum » 5,
Da questi elementi risulta che il « syllogismus resolutorius »
altro non è che il tradizionale « syllogismus expositorius ». Ma
risulta anche, dal richiamo a ciò ch’è immediato rispetto al senso o
all’intelletto, confermato quanto s'è detto, che cioè esso va ricon-
dotto alla dottrina aristotelica dei Secondi analitici.
23 Op. cit., p. 45: «Resolubilis est triplex, scilicet indefinita, patticu-
laris, singularis non demonstrativa simpliciter quae probantur sumendo duo
pronomina demonstrativa simpliciter, primum conforme subiecto propositionis
resolubilis et secundum in recto ut patet in exemplis ».
24 Ivi, p. 46: « Particularis vero indefinita, et singularis negativa possunt
probari dupliciter, primo resolutorie et hoc ubi subiectum pro aliquo suppo-
nit, ubi vero pro nullo supponit non potest probari resolutorie quia minor
est falsa, debet igitur tunc aliter probari scilicet per suum contradicto-
rium [...]».
25 Op. cit., ff. 68vb-69ra,
Terminologia logica della tarda scolastica 451
6. I termini « officiales »
Quanto alla grafia dei termini occorrenti in questo paragrafo,
va precisato che la tradizione manoscritta del secolo XIV ha
officialis, officialiter e così via, mentre manoscritti e stampe del
secolo XV hanno officiabilis** e così via. Noi scriveremo gene-
ralmente officialis, e useremo come equivalente italiano ‘offi-
ciabile’.
Officialis deriva da officium: quest’ultima termine vale sia
‘funzione’, sia ‘compito’ e ‘fine’ ”. Il nostro officiaiis non va
confuso con quei termini « officiales » che designano dignità e
cariche pubbliche #*, anche se il valore nei due casi è analogo:
alcune persone hanno un officiuz: nella società, alcuni termini
hanno un officium nella proposizione e nel discorso; si può, anzi,
seguire un graduale passaggio dal primo al secondo valore del
termine: i maestri hanno un loro officium??, le arti hanno un
236 Ma si vedano i mss.: Vat. lat. 3038, f. 8r: « Et sicut dictum est de prae-
dictis officiabilibus vel officialibus [...] » (il testo è quello di BILLINGHAM,
Speculum..., cit., p. 367, in apparato alla r. 34), e Cambridge, Corpus Christi
College 378, f. 42r (cit. in n. 185 del cap. VII).
237 Cfr. LAauSBERG, op. cit., p. 765.
238 Nei Tractatus Anagnini, cit., p. 274 (cfr. cap. II, n. 56); cfr. anche
Occam, Summa logicae, cit., p. 34: «[...] ‘angelus’ est nomen mere abso-
lutum, saltem si non sit nomen officii sed tantum substantiae ». Secondo
M.-D. CrÙenu (Tbhéologiens et canonistes, in Études d’histoire du droit cano-
nique dediées è Gabriel Le Bras, II, Paris 1965) il termine officium in
S. Tommaso deriva da Ismoro, Etyz., cit., VI, xix, 1, per il quale le funzioni
dell'anima sono officia che si esercitano nell’unità d’una natura (p. 838):
ministerium, in sinonimia, assicura la sacralizzazione dell’officium, sia per
i teologici che per i canonisti, in ecclesiologia come in liturgia (ivi).
239 Cfr. di RosceLLINO, la lettera ad Abelardo (in J. ReINERS, Der Nomi
nalismus in der Friibscholastik, « Beitrige zur Geschichte der Philosophie des
Mittelalters », VIII, 5, Miinster i. W. 1910, p. 80): « Quia igitur suscepto
habitu doctoris officium mendacia docendo usutpasti, utique monachus esse
cessasti, quia beatus Hieronymus monachum, monachus ipse, diffiniens:
‘Monachus’ inquit ‘non doctoris sed plangentis habet officium, qui se vel
452 Alfonso Maierù
loro officium?, le arti sermocinales studiano gli officia delle
vatie dictiones *!,
Per le Summe Metenses e per il Tractatus de proprietatibus
sermonum, officium è « proprietas dictionis » o « sermonis » ?*,
mundum lugeat et domini pavidus praestoletur adventum’», e GoFFREDO
DI Fontames, Quodl. XII, q. 6, ed. J. Hoffmans, Louvain 1932: « Utrum
liceat doctori praecipue theologiae recusare quaestionem sibi positam [...] »;
la risposta è che il maestro in teologia è « doctor veritatis habens officium
publicum docendi » (pp. 105 e 107); nella disputa scolastica, l’opponens e il
respondens hanno « diversa officia » (Tractatus Anagnini, cit., p. 260).
20 Cfr. Cassioporo, Institutiones, cit., II, I, 1, p. 94: «officium eius
(sc. grammaticae) est sine vitio dictionem prosalem metricamque compo-
nere »; e ms. Oxford, Bodl. Library, Laud. lat. 67, f. 6ra (cit. dal De RiJk,
Logica modernorum, II, i, cit., p. 165): « Officium eius (sc. dialetice) est
docere, argumenta invenire ad probandam questionem propositam et de
eisdem iudicare »; considerare l’officium è un topos delle introduzioni alla
dialettica nel sec. XII (DE Rtjk, op. cit., II, i, p. 148); cfr. ms. Vienna, lat.
2486, f. 17r (in De RK, op. cit., II, i, p. 235, sotto Quod officium): « Offi-
cium uniuscuiusque artis est quod convenit opifici secundum ipsam artem » e
ancora: « huius artis officium est considerare proprietatem litterarum in sil-
labis, proprietatem sillabarum in dictionibus, proprietatem dictionum et
uniuscuiusque accidentis earum in sintasi »; Summa Sophisticorum elen-
corum, cit., p. 267: «Officium eius (sc. opificis agentis ex arte) est sic
disputare ut videantur circa propositum ea esse que non sunt ».
21 Cfr. ms. Chartres 209, f. 37rb (in R.W. Hun, op. cit., I, p. 227):
del verbo est si dice: « quantum ad officium quod exercet in oratione in ui
substantiui consideramus [...] » e « aliud est agere de uocibus per se consi-
deratis, aliud de eisdem ad uim et officium quod habent in oratione posite
relatis »; Fallacie Parvipontane, cit., p. 569: « Et notandum quoniam nomina
supponentia verbum duplex habent officium. Supponit enim quandoque
nomen pro aliquo suorum appellatorum, quandoque pro nullo ». ABELARDO
(Introductiones dialecticae, cit., pp. 73-74) parla di officium delle voces, ma
anche delle litterae; per l’officium del verbo est, si veda, cap. III, n. 26.
22 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 474: «Est ergo locus sophisticus in
dictione qui provenit ex proprietatibus dictionis. Que sunt significatio, consi-
gnificatio, officium, transumptio, constructio, ordinatio, prolatio, terminatio
eic.», e Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 707: «[...] utile vi-
detur instituere tractatum de sermonibus et diversitate proprietatum et
Terminologia logica della tarda scolastica 453
mentre le « dictiones officiales » sono quelle « quarum constructio
est deservire partibus aliis » %. La caratterizzazione del termine
officiabile come quello che ha il compito di ordinare il discorso
o determinate un contesto presuppone l’analisi sintattica delle
strutture della proposizione. Poiché il compito di ‘costanti’ e ope
ratori nella logica medievale è svolto dai sincategoremi ?#, questi
saranno i termini officiabili per eccellenza per lungo tempo, dalle
Summe Metenses* a Guglielmo di Shyteswood #9 e Ruggero Ba-
officiorum que considerantur iuxta sermonem. Que sunt copulatio, appellatio,
suppositio, et multa alia de quibus dicemus inferius ». Si noti la differenza
tra i due testi: nel primo, officium è elencato tra le proprietates, nel secondo
officia è in endiadi con proprietates: ma si può supporre un passaggio dalla
posizione del primo testo a quella del secondo. Cfr. anche DE Rijk, Soze
Notes on the Mediaeval Tract De insolubilibus..., cit., p. 100 (v. cap. II, n. 91)
e p. 112: « Sequitur de secunda specie insolubilium. Que provenit ex officio
vocis vel ex his que circumstant vocem. Que sunt tria: significatio, suppo-
sitio, appellatio. Unde videndum quod, quando ex aliquo officio quod est
in voce vel circumstat vocem, provenit insolubile, id est cassandum, si sit
accidentale ».
23 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 476: tra queste dictiones sono anno-
verate pva).
478 Alfonso Maierù
exponentium sui oppositi. Nec dicuntur exponentes nisi significantur
copulative, nec causae veritatis nisi significantur disiunctive 3%,
Secondo Strode, dunque, le causae veritatis sono opposte alle
exponentes: queste operano in congiunzione (« significantur copu-
lative »), quelle in disgiunzione (« disiunctive »); per le causae
veritatis valgono quindi le regole della disgiunzione (p > p v 9),
mentre per le exporentes valgono le regole della congiunzione
(pa 2 p). Strode se ne serve per la probatio delle negative del-
l'esclusiva, eccettiva e reduplicativa *”, ma anche delle proposizioni
in cui compaiono i termini incipit e desinit. Quanto a quest’ultimo
caso, va rilevato che Heytesbury aveva assegnato alle proposizioni
contenenti incipit o desinit una duplice expositio, tra cui si doveva
scegliere di volta in volta quella più conveniente al problema in
esame *%; i due modi dell’expositio non costituivano però una
disgiunzione di proposizioni in congiunzione. Strode, invece, as-
54 Logica, cit., f. 19rb; cfr. anche f. 24rb: «Et hoc est generaliter
(notandum): cum aliqua propositio habet exponentes, eius contradictorium
habet causas veritatis ».
35 Ivi, f. 26va: «Ista tamen ‘Socrates non est asinus in quantum
est homo? et consimiles debent dici reduplicativae et habent (probari) per
causas veritatis oppositas exponentes reduplicativae, sicut convenienter dictum
est de exclusivis et exceptivis », ma cfr. f. 24rb, dove si assegnano le causze
veritatis anche all’opposta dell’esclusiva negativa.
36 De incipit et desinit, cit., f. 23va: « Incipere dupliciter solet exponi:
videlicet per positionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut quod
in praesenti instanti est et immediate ante instans quod est praesens non
fuit; aut per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut quod
in praesenti instanti non est, et immediate post instans quod est praesens
erit. — Desinere etiam dupliciter potest intelligi, scilicet vel per remo-
tionem de praesenti et positionem de praeterito, ut quod in praesenti
instanti non est, et immediate ante instans quod est praesens fuit; vel per
positionem de praesenti et remotionem de futuro, ut quod in praesenti
instanti est et immediate post instans quod est praesens non etit ». Cfr.
agg analoghe in GueLieLMO DI SHyrEswooD, Syncategoremata, cit.,
pp. 75-7
Terminologia logica della tarda scolastica 479
segna piuttosto la disgiunzione di due congiunzioni di proposizioni
(pq v rs), e cioè le causae veritatis 7. La stessa cosa fa Marsilio,
ma solo limitatamente al caso in cui il verbo incipit « affirmatur
de subiecto singulari substantiali » (ad es. di Socrates) ®®.
Tra i logici italiani, Pietro di Mantova si serve della probazio
per causas veritatis per l'esclusiva ®, l’exceptiva mere negativa”
327 Logica, cit., f. 25ra: «Incipit communiter debet exponi per posi-
tionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut: ‘hoc nunc est et
immediate ante hoc instans quod est praesens hoc non fuit, ergo hoc incipit
esse’; vel per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc
munc non est et immediate post hoc instans quod est praesens hoc erit, ergo
hoc incipit esse’. Et e converso modo debet exponi li ‘desinit’, ut dicunt,
per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc nunc non
est et immediate ante instans quod est praesens fuit’, vel per positionem de
praesenti et remotionem de futuro, ut: ‘hoc nunc est et immediate post
instans quod est praesens non erit’. Sed ego dico quod tales potius debent
dici causae veritatis et non exponentes, ut patet in praecedenti. In istis
ergo servetur haec regula, quod non oportet aliquam propositionem de
incipit et desinit exponi nisi ut propositio simplex et singularis numeri
[...]». WycLIr, nel porre il problema, non esplicita il riferimento alle
«causae veritatis », per cui è difficile intendere se si sia staccato dal
modo di Heytesbury; cfr. Tractatus de logica, I, cit., p. 65: «Sor incipit
esse, sic exponitur: Sor nunc est, et ipse immediate ante hoc non fuit:
igitur etc. Vel sic: Sor iam primo est et ipse inmediate ante hoc non fuit:
ergo, Sor incipit esse », e p. 191: « Et hoc est quod solet dici: hoc verbum,
incipit, debere disiunctim exponi per remocionem de presenti et posi-
cionem de futuro; vel per posicionem de presenti et remocionem de prete-
rito; ut, si Sor munc est effectus et non prius fuit, tunc incipit esse. Vel
si non est in instans quod est presens, et inmediate post illud erit, tunc incipit
esse. Et sic de desinit ».
328 Cfr. Textus dialectices, cit., f. 201r.
329 Logica, cit., f. [29ra-b]: «[...] exclusiva in numero plurali affir-
mativa habet duas causas veritatis, quarum una est gratia alietatis et alia
est gratia pluralitatis: verbi gratia, ‘tantum 12 sunt apostoli dei’ altero
illorum modorum verificari potest: ‘12 sunt apostoli dei et nulla non 12
sunt apostoli dei’, vel sic: ‘12 sunt apostoli dei et non plura quam 12
sunt apostoli dei’. Unde talis propositio exclusiva in numero plurali non
debet exponi quia propositio exponibilis copulative significat et non veri-
480 Alfonso Maierù
e le proposizioni de incipit et desinit **.
Paolo Veneto avvia il processo mediante il quale questa forma
di probatio diventerà con Paolo da Pergola un procedimento
autonomo, fissando nella Logica parva la seguente regola (che, si
noti, segue quelle relative alla probatio mediante expositio, reso-
lutio, officiatio, descriptio, e a senso composto e senso diviso):
« ab una causa veritatis ad propositionem habentem illam causam
ficatur disiunctive (ex distiunctive), et ab exposita ad quamlibet suarum
exponentem est bonum argumentum formale, sed talis propositio neque
verificatur copulative neque ab ista exclusiva ad quamlibet esponentium
valet consequentia: convertitur enim cum tali disiunctiva cuius quaelibet
pars principalis est copulativa, igitur etc.». Come si può notare, la
probatio qui è data mediante la disgiunzione di due copulative. Ai ff. [41vb-
42ra], invece, Pietro di Mantova scrive: «Sed ista ‘a te differt omnis
asinus’ habet duas causas veritatis, quia primus terminus in ea mediatus
est resolubilis et exponibilis. Ideo ista significat disiunctive sic: ‘a te
differt quilibet asinus, id est a te differens est quilibet asinus’ resolvendo,
vel exponendo sic: ‘omnis qui est asinus est tecum et nullus asinus es tu,
igitur a te differt quilibet asinus’, et hoc est verum et ideo illa est vera
‘a te differt quilibet asinus’»: in questo passo l’accezione di « causae
veritatis » sembra essere generica.
35 Ivi, f. [33va]: «I...] exceptiva mere negativa non habet exponi,
sed habet causas veritatis disiunctive, et regula superius data de exposi-
tione exceptivae vera est de exceptivis non mere negativis ».
31 Ivi, £. [47rb-va]: « Incipit solet sic exponi: ‘Socrates in instanti quod
est praesens est et non immediate ante instans quod est praesens fuit veli
Socrates in instanti quod est praesens non est et immediate post instans
quod est praesens erit, igitur Socrates incipit esse’. Sed haec consequentia
non valet quia in primo esse mundi [...]; et quod illa disiunctiva sit vera
patet quia eius prima copulativa est vera in illo casu », f. [47va-b]: « Ideo
dicitur quod illae dictiones ‘incipit’ et ‘desinit’ et huiusmodi non habent
exponi sed habent causas veritatis», e f. [48ra]: « Aliquando autem li
‘incipit’ non habet illas causas veritatis per positionem de praesenti et
remotionem de praeterito vel negationem de praesenti et positionem de
futuro, sed aliquando habet easdem causas veritatis quas li ‘desinit’, quia
illae convertuntur: ‘Socrates incipit non esse’ et ‘Socrates desinit esse’ »;
cfr. WiLsoN, op. cit., p. 42.
Terminologia logica della tarda scolastica 481
est bona consequentia » *. In questo contesto, le causae veritatis
sono assegnate alla proposizione « denominata ab ablativo conse-
quentiae »: data la proposizione « homine currente risibile cutrit »,
poiché l’ablativo assoluto può essere risolto in una proposizione
condizionale (« si homo currit »), o temporale (« dum homo cur-
rit »), o causale (« quia homo currit »), la proposizione origi-
naria sarà vera quando almeno una delle proposizioni alle quali
x
equivale l’ablativo assoluto è vera**. Ma, ancora nella Logica
parva, si afferma che la proposizione esclusiva negativa ha
« duas causas veritatis, oppositas exponentibus exclusivae affir-
mativae » **. Nella Logica magna, invece, si fa ricorso alla pro-
batio per causas veritatis, oltte che per l’esclusiva negativa *5,
anche per la reduplicativa negativa 9 e per incipit e desinit *",
in modo analogo a quanto afferma Pietro di Mantova. Infine,
332 Logica parva, cit., III.
333 Ivi.
334 Ivi, IV.
335 Logica magna, cit., I, 5, f. 35va.
336 Ivi, I, 8, f. 4irb: «Si autem (sc. negatio) cadit in totum et super
reduplicationem, non habet exponi sed solum habet causas veritatis quae
sunt contradictoriae exponentium reduplicativae sibi oppositae »; nella
Logica parva, cit., IV, invece, aveva scritto: « Negativa vero reduplicativa,
cuius negatio praecedit notam reduplicationis, non est exponenda sed pro-
banda per suum contradictorium ut saepe dictum est».
337 Mentre nella Logica parva, cit., IV, l’autore ritiene che « dupliciter
exponitur », nella Logica magna, cit., I, 18, f. 65va, dopo la discussione di
molte opinioni, scrive: « Propositio ergo respectu huius verbi ‘incipit’ vel
‘desinit’ exponi non habet, sed habet causas veritatis quarum quaelibet
propositionem de incipit vel desinit potest inferre, et disiunctiva ex eisdem
cum ipsa propositione convertitur. Unde haec propositio ‘hoc incipit esse’
habet duas causas veritatis, quarum una est copulativa duarum demonstra-
tivarum, unius de praesenti affirmativae et reliquae de praeterito negativae
cum determinatione huius dictionis ‘immediate’, ut: ‘hoc nunc est et hoc
immediate ante instans quod est praesens non fuit’, Secunda causa veritatis
eiusdem est una copulativa talium duarum, unius de praesenti negativae et
alterius de futuro affirmativae cum consimili determinatione, ut: ‘hoc
31
482 Alfonso Maierà
Paolo da Pergola scrive: « Probabilis per causas veritatis est
illa propositio quae habet multas causas veritatis disiunctive
sumptas, sicut incipit, desinit et ablativus in consequentia » 38:
per quanto riguarda incipit e desinit, non c'è bisogno di altri rife-
rimenti dopo quanto si è detto. L’« ablativus in consequentia » ci
riporta alla Logica parva di Paolo Veneto, dal quale il Pergolese,
al solito, dipende *’, Tuttavia egli allarga il discorso, riservando
questo tipo di probatio alle contraddittorie di ciò che può essere
provato non solo mediante expositio, ma anche mediante reso-
lutio, descriptio e officiatio, e in genere a tutte le proposizioni
negative:
Nota quandocumque propositio probatur copulative, sive resolubiter
sive exponibiliter sive officiabiliter sive descriptibiliter, eius contra-
dictorium est probabile per causas veritatis, scilicet per disiunctivam
compositam ex partibus contradictoriis #9,
nunc non est et hoc immediate post instans quod est praesens erit’.
Similiter haec propositio ‘hoc desinit esse’ habet duas copulativas causas
veritatis, quarum una componitur ex duabus categoricis, una de praesenti
negativa et alia de praeterito affitrmativa, cum hac determinatione ‘imme:
diate’; ut: ‘hoc mune non est et hoc immediate ante instans quod est
praesens fuit’. Secunda causa veritatis ipsius est una copulativa composita
ex duabus talibus, quarum una est affirmativa de praesenti et reliqua nega-
tiva de futuro cum simili determinatione, ut: ‘hoc nunc est et hoc
immediate post instans quod est praesens non erit’. Vel, si tibi placet,
potes dare causas veritatis cum prioribus convertibiles breviores, ut: ‘si hoc
nunc est et immediate ante munc non fuit, hoc incipit esse’; et: ‘si tu
non es albus et immediate post nunc eris albus, tu incipis esse albus’. Eodem
modo dico de li ‘desinit’ ». Non ci addentriamo qui nella determinazione
dell’atteggiamento che Paolo Veneto tiene rispetto a Pietro di Mantova.
338 Logica, cit., p. 79.
33 Si noti che manca ogni cenno alle « causae veritatis » per la esclu-
siva negativa (ivi, pp. 57-60); nella trattazione De consequentiis, però, si
trova la regola riferita da Paolo Veneto nella Logica parva (ctr. ivi, p. 98).
30 Ivi, p. 84; e ancora (ivi): « Si vero est mediata (sc. propositio) debes
videre an sit affirmativa vel negativa; si est negativa, debes cam probare
per causas veritatis, aut per contradictorium, aut per singulares, ut supra
Terminologia logica della tarda scolastica 483
Il riferimento all’expositio è stato ampiamente illustrato; altret-
tanto chiaro risulta il cenno alla resolutio, officiatio, descriptio
quando si pensi, come si è detto, che in tutti questi casi la pro-
batio è data mediante congiunzione di proposizioni, la cui nega-
zione è una disgiunzione di proposizioni negative.
dictum est ». Questo passo può essere chiarito ricordando che BILLINGHAM
(Speculum..., cit., p. 357) ha assegnato l’oppositum per la probatio di
dimostrativa e universale negative o con soggetto infinito, e per l’indefinita
negativa (ivi, p. 352) ha assegnato una probatio disiunctive: cioè universale
negativa o due dimostrative (quest'ultime sono il sillogismo espositorio nega-
tivo); che PaoLo Veneto (Logica megna, cit., I, 1, 4, £. 13va) ha
assegnato tre modi di probatio alla indefinita o particolare negativa: sillo-
gismo espositorio negativo, contraddittoria, universale negativa, e che per
la universale negativa (ivi, f. 14ra) ha assegnato il contraddittorio; Wyclit
e Pietro di Mantova hanno svolto quel discorso che abbiamo richiamato
nel $ 3. Qui Paolo da Pergola, parlando in generale della proposizione
mediata negativa, richiama tutti questi vari modi di probatio accanto a quella
« per causas veritatis ».
Appendice 1
IL TRATTATO DE PROBATIONIBUS
ATTRIBUITO A GUALTIERO BURLEIGH
Il trattato contenuto — come si è detto — nei ff. 6ra-19va
del ms. Amplon. Q. 276 della Wissenschaftliche Allgemeinbiblio-
thek di Erfurt! si compone di varie guaestiones, per ciascuna
delle quali si adduce una lunga serie di argomenti (cominciando
in genere, dalla parte negativa: videtur quod non), ai quali si
risponde (in oppositum) spesso dopo aver formulato una determi-
natio brevissima, magari di una sola proposizione; ma talota si ri-
sponde di volta in volta dopo ciascun argomento.
L’autore — chiunque sia — si preoccupa di fornire una casi-
stica delle difficoltà che possono sotgere nell’obiettare, e nel
rispondere alle obiezioni, contro i sophismata?. Il trattato si
colloca quindi tra quelli che intendono offrire sussidi ai prota-
gonisti della disputa scolastica. E poiché le difficoltà nascono
sempre dall’uso dei termini cui si fa ricorso, la trattazione verte
necessariamente sul valore dei termini e sui modi di ‘provare’ le
proposizioni che li contengono.
1 Cfr. Introduzione, n. 79. Il microfilm del ms. di cui mi sono servito
non è eccellente; manca il fotogramma del f. 14r; il f. 15 del ms. dev'essere
corroso in una delle col.
2 Ms. Amplon. Q. 276, f. 6ra: «Quoniam in(n)ata est nobis via a
communibus ad propria, ideo nos de modo opponendi contra sophismata
cen E PA primo de communi modo opponendi et respondendi dica-
mus [...] ».
Terminologia logica della tarda scolastica 485
Gli argomenti trattati possono essere così riassunti:
1) ci si chiede se l’inductio sia un modo valido di probare la propo-
sizione universale 3;
2) a) se la « probatio per contradictorium » sia bora, e cioè valida ‘ e
b) se la « probatio a destructione consequentis », o anche la « pro-
batio ex opposito conclusionis inferendo oppositum praemis-
sae » sia valida 5;
3) ci si chiede « de probationibus incidentibus in multiplicibus, ut
in aequivocis »: « an sufficiat cognoscere aliquod multiplex in uno
significato » 9; ma la quaestio si articola in varie questioni:
a) «an aliquod nomen sit aequivocum » 7;
b) « an... significatio dictionis sit eius forma accidentalis » 8;
c) « utrum sufficiat probare multiplex in uno probato significato
vel non, et ad illud persuadendum oportet inquirere utrum
aequivocum significet per modum copulationis sua significata
aut per modum disiunctionis » 9;
d) «an nomen aequivocum possit distribui pro omnibus suis
significatis sive pro quolibet singulari cuiuslibet significati simul
a signo universali sibi addito » 1%;
e) « an sit contradictio in aequivocis » !!;
f) «an propositiones habentes terminum aequivocum debent dici
una vel plures » !2;
4) a) sulla base di quanto si è detto ci si chiede poi « an copulativa
sit una »!5, e
3 Ivi.
4 Ivi, f. 6va
5 Ivi, £. 7vb.
6 Ivi, f. 8vb.
7 Ivi, «quod non est, videtur»: f. 8vb; «Quod umne nomen sit
aequivocum sic videtur »: f. 10ra.
8 Ivi, f. 10vb.
9 Ivi, f. 11rb. Cfr. ps. Duns Scoro, In librum I priorum Analyticorum
Aristotelis quaestiones, cit., q. x, ff. 230b-231b: Utrum terminus aequivocus
contineat sua significata per modum copulationis.
10 De probationibus, cit., f. 11vb.
11 Ivi, f. 12rb.
12 Ivi, f. 12vb.
13 Ivi, f. 14va.
486 Alfonso Maierù
b) « an sit (contradictio in copulativis) » 14;
5) analogamente, a) « quaeritur an disiunctiva sit una vel plures » 55;
b) « an sit contradictio in disiunctivis » ‘6; ”
6) « quaeritur an haec propositio ‘homo albus currit’ sit una (vel
plures) » 17; i
7) «an falsitas implicationis falsificet propositionem » 18;
8) «an una negatio possit negare plures compositiones » 19;
9) infine, si discute de incipit et desinit: « Quaetitur de expositione
et significatione istorum verborum ‘incipit’ et ‘desini’. Primo
quaeratur quid significent, secundo utrum suum significatum
ipso (?) esse syncategorema vel categorema »:
a) «De primo sic quaeritur, utrum significent motum vel muta-
tionem » 2;
b) « Deinde quaeritur an si(n)t syncategoremata » 8;
c) «quid ponitur in huius(modi) praedicationibus (?) proposi
tionibus, et videtur quod hoc quod dico ‘incipit’ et ‘desinit’ » 2;
d) « (D)einde quaeritur de negatione istorum, et primo utrum
habeant intellectum negationis secundum quod possunt con-
fundere, dato quod aliquo modo sit ibi negatio » 8;
e) « utrum possi(n)t confundere ratione istius negationis » #;
f) j; op-
pure 7 D LC, .v.#), e non viceversa !. I sersus di una proposi-
zione in disgiunzione sono causae veritatis di essa: basta perciò
che sia vero uno dei sensus perché sia vera l’intera proposizione.
Così non è per i sersus in congiunzione, poiché in tal caso è
necessario che siano veri tutti i sensus perché si abbia la verità
vede in ciò un’accettazione della dottrina occamistica della suppositio simplex
da parte di Heytesbury.
l De propositionum multiplicium significatione, cit., ff. 252vb-253ra:
« Unde et si arguitur sic: praecise tot scis quot sunt aliqua quae Plato
scit esse, ergo non scis plura quam sunt aliqua quae Plato scit esse, non
valet argumentum. Nam per id antecedens non probatur id consequens nisi
pro altero sensu [...]»: si tratta della singolare negativa; il procedimento
è analogo a quello di cui alla n. 9; ancora, ivi, f. 253ra: « Si tamen arguitur
sd istam probandam, sic incipiatur: talis propositio sic praecise significans
potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet? (...) tunc ista est impos-
sibilis, igitur non potest esse sicut ista significat, et ista significat praecise
quod potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet, igitur non potest
esse quod potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet: neganda
est consequentia; nam consequens id, ut praedictum est, suos sensus copu-
lative significat, quorum tamen alter sequitur ex isto antecedente»; per
la proposizione in esame, cfr. n. 18; il modo della probatio richiama il
procedimento della probatio officialiter. Probare occorre un’altra volta al
f. 252va, nella discussione della universale (n. 9).
; A Ivi, f. 252va: «Ex quo etiam apparet, cum cuiuscumque proposi-
tionis copulative solum significantis contradictorium disiunctive significet
quod cuiuscumque multiplicis plures sensus copulative solum significantis
contradictorium disiunctive significat opposito modo quo etiam talis univer-
salis multiplex significat copulative ».
Terminologia logica della tarda scolastica 495
della proposizione cui la congiunzione equivale '. Anche l’espres-
sione causae veritatis ha dunque il valore noto; nel caso speci
fico, designa solo i sensus in disgiunzione !*.
Questo è il primo dei casi esaminati nel trattato. Seguono
poi il caso in cui la proposizione universale affermativa non
significa tutti i suoi sersus in forma universale, ma uno di essi
in forma universale e un altro in forma particolare ‘5; la proposi-
zione particolare affermativa o negativa !; la proposizione singolare
affermativa o negativa !”.
L’autore passa quindi ad esaminare le ipotetiche, e comincia
dalla proposizione de copulato extremo!*. Si discute poi della
13 Ivi, f. 252vb: «Nam si copulative significaret, ad eius veritatem
cuiuslibet sui sensus veritas requiretetur » (è detto della particolare, cfr.
n. 16).
14 Cfr. ivi: «[...] est fallacia consequentis arguendo a propositione
habente plures sensus disiunctive ad unum sensum», e f. 253va: « Ca]
arguitur a propositione plures causas veritatis habente ad unam istarum,
ideo est fallacia consequentis ». L'espressione causae veritatis occorre ancora
altre tre volte, ai ff. 252va, 253rb, 253va.
15 Ivi, f. 252vb: «Quaedam tamen universales sunt multiplices, non
tamen sensu; quaedam enim sunt universales multiplices quae in uno
sensu sunt universales et in alio particulares vel singulares existentes [...] ».
Se affermativa, tale proposizione significa i suoi sensus in disgiunzione; se
negativa, in modo opposto, e quindi in congiunzione (ivi).
16 Ivi: «Patet igitur quod quaelibet particularis affirmativa multiplex,
et etiam negativa quae in quolibet suo sensu est particularis, suos sensus
disiunctive significat », e: « Nam ad hoc quod verificetur particularis aliqua
sufficit quod verificetur aliquis eius sensus ».
17 Ivi: «Consimiliter etiam de singularibus est dicendum pro parte
[...]. Negativa autem singularem (!) singulari affirmative disiuctive significanti
[segue vuoto di circa sci lettere] copulative significare suppono ».
18 Ivi, f. 253ra: «Consimilis etiam responsio est ad propositiones
hypotheticas multiplices, ut sunt propositiones de disiuncto et de copulato
extremo, copulativae, disiunctivae, temporales, conditionales: non potest
esse (una) responsio. Unde primo est sciendum quod quaelibet affirmativa
496 Alfonso Maierùà
copulativa !. Sia data la proposizione
[1] « tantum Socrates est homo et aliquod istorum et plures
homines sunt »;
essa può essere intesa come composta di due proposizioni, delle
quali una risulti una proposizione de copulato extremo. Gli ele-
menti che possono essere presi in considerazione sono perciò i se-
guenti:
[2] « tantum Socrates est homo »;
[3] « aliquod istorum et plures homines sunt »;
[4] «tantum Socrates est homo et aliquod istorum »;
[5] « plures homines sunt ».
La [3] e la [4] sono proposizioni de copulato extremo, cia-
scuna delle quali ha in comune con l’altra l'elemento « aliquod
istorum » (l’extremzuze copulato è il soggetto nella [3], il predi-
cato nella [4]). I sersus della [1] possono essere dati indif-
ferenter dalla congiunzione della [2] e della [3], o dalla con-
giunzione della [4] e della [5]. Poiché non si ha motivo di
preferire una congiunzione di sersus all’altra, la [1] signifi-
cherà i suoi sersus mediante una disgiunzione, il cui primo
multiplex et hypothetica quae est particularis, indefinita vel singularis ut
praemissum est, suos sensus disiunctive significat. Unde et ista: ‘potest esse
quod potest esse quod rex sedet et nullus rex sedet [...]». Si noti che
l’autore include le proposizioni de copulato extremo tra le ipotetiche;
l’esempio addotto è quindi una proposizione de copulato extremo, propria-
mente categorica (del resto, non avrebbero altrimenti senso le indicazioni
circa la quantità della ‘ipotetica’). Negata, la proposizione in esame significa
i suoi ‘sensi’ oppositis modis copulative (ivi). La conclusione di questa
discussione è: «Idem etiam de propositionibus multiplicibus de disiunctis
extremis et affirmativis» (ivi).
19 Ivi, sotto: «Pro copulativis est tunc sciendum ex suarum partium
principalium captione solum significans copulative, sive utraque eius pars
copulative sive utraque disiunctive, sive una eius pars disiunctive et alia
copulative significet illis duobus modis quibus et istae partes significant
copulative, et cuiuslibet talis contradictorium oppositis modis quibus istae
partes significant disiunctive significabit ».
Terminologia logica della tarda scolastica 497
membro sarà la congiunzione della [2] e della [3] e il secondo
membro sarà la congiunzione della [4] e della [5] ?°.
Anche nel caso della proposizione
[6] « Socrates currit vel Plato currit et Socrates non curtrit »,
si possono avere interpretazioni diverse: la si può cioè intendere
come una congiunzione di proposizioni, formata da
[7] « Socrates currit vel Plato currit », e da
[8] « Socrates non curtrit »,
oppure come una disgiunzione di proposizioni formata da
[9] « Socrates currit », e da
[10] « Plato currit et Socrates non cutrit ».
Poiché l’una o l’altra interpretazione si addice a simili propo-
sizioni (« indifferenter copulativae vel disiunctivae possunt esse »),
i sensus della [7] saranno espressi da una disgiunzione, di cui
un membro sarà una congiunzione e l’altro ancora una disgiun-
zione . La negazione premessa alla disgiunzione dei sensus della
[7] (e così della [1]) darà luogo a una congiunzione di proposi-
zioni negative 2.
Heytesbury esamina ancora proposizioni il cui dictum può
essere inteso multipliciter®, proposizioni che hanno vari sersus
in funzione di un pronome relativo in esse presente che può
riferirsi a due diversi antecedentes”, e conclude la discussione
20 Ivi, f. 253ra-b; le [1]-[5] sono indicate da Heytesbury con le lettere
dalla « alla e; l’analisi è già nel testo, dunque.
21 Ivi, f. 253rb.
2 Ivi: «Ex quo satis patet eius contradictorium istis duobus modis
significare copulative ».
3 Ivi: «[...] est sciendum quod sunt quaedam propositiones multi-
plices quarum est dictum multiplex, a quibus ad suum dictum arguendo
fallit processus [...]»; esempio è: «non scis propositionem falsam esse
propositionem veram vel propositionem falsam sciri a te ».
2 Ivi, f. 253rb-va; esempio è: «aliquid differt ab animali quod non
differt ab animali»: antecedens del relativo quod può essere sia animal
sia aliquid; esso significa disiunctive (causae veritatis).
32
498 Alfonso Maierù
con un'analisi dei sersus delle proposizioni comprendenti una
condizionale ®.
25 Ivi, f. 253va-b. Sono di vario genere (ivi, f. 253va): « Quaedam tamen
sunt conditionales quae indifferenter copulativae vel conditionales, et
quaedam disiunctivae vel conditionales, possunt esse ». In entrambi i casi
significano i loro sensus disiunctive, mentre le contradicentes significano
i loro sensus copulative.
VII
SENSUS COMPOSITUS, SENSUS DIVISUS
1. Accezioni di «compositio », « compositus » e « divisio »,
« divisus »
I termini compositio e divisio rendono gli equivalenti greci
oivdeois e Sraipeote occorrenti nelle opere aristoteliche !, princi-
palmente in due contesti: quello del De interpretatione, dove,
a proposito dell’enunciato, che risulta di più termini, si dice che
la verità e la falsità sono attinenti alla comzpositio, o affermazione
di un termine dell’altro, e alla divisio, 0 separazione di un termi-
ne dall’altro 2; e quello del De sopbisticis elenchis, dove si parla
delle ‘fallacie’ secundum compositionem e secundum divisionem*.
In questo capitolo ci soffermeremo sulla seconda delle dot-
trine aristoteliche, ma non è inutile un rapido esame preliminare
dei valori che i due termini e i corrispondenti aggettivi assumono
1 Non ci occupiamo della Suxipeoig platonica (cfr. ad es. Phaedr.
266b 4). Per i valori degli stessi termini in retorica, cfr. LAUSBERG, op. cif.,
pp. 667 e 690-691.
2 De interpr. 1, 16a 12; cfr. transl. Boethii, « Aristoteles latinus »,
II, 1-2, cit., p. 5: «circa compositionem enim et divisionem est falsitas
veritasque »; cfr. anche 6, 17a 25-26, transl. Boethii, ivi, p. 9: « Adfirmatio
vero est enuntiatio alicuius de aliquo, negatio vero enuntiatio alicuius ab
aliquo », e Metaph. VI 4, 1027b 19 sgg. e XI 11, 1067b 26; in part. per
obvieowe cfr. Top. VI 13, 150b 22 e 14, 151a 20.31.
4 Cft..6.2;
500 Alfonso Maierùà
nei testi logici. Dei due termini, compositio è privilegiato rispetto
all’altro, per il maggior numero di accezioni con le quali occorre.
Nel suo Tractatus syncategorematum Pietro Ispano fornisce
una sistematica esposizione dei vari modi in cui può essere inteso
il termine compositio *. Compositio può essere rerum o modorum
significandi: compositio rerum è quella della forma con la ma-
teria, dell’accidente con il suo subiectum, delle facoltà con l’essen-
za (potenze dell’anima con l’anima), delle parti integrali tra loro
in un tutto (nella linea, le parti della linea rispetto al punto e della
superficie rispetto alla linea), della differenza con il genere nella
costituzione della specie 5. La corzpositio modorum significandi
può essere o di una qualità con la sostanza, espressa dal nome $,
o di un atto con la sostanza ed è espressa dal verbo”. La compo-
sitio di un atto con la sostanza può essere duplice: si può inten-
dere l’atto in quanto « habet inclinationem ad substantiam, secun-
dum quam inclinationem dicitur de altero », cioè in quanto l’atto
è considerato « ut distans », ed è il verbo di modo finito; ma può
intendersi l’atto « unitus » alla sostanza, in quanto « privatus ista
inclinatione, et sic est in participio » ®. La « compositio actus ut
distantis » è ancora duplice: può essere in rapporto con una
« substantia exterior », come nel caso della proposizione « Socrates
4 Cfr. op. cit., pp. 483 sgg. Ma si veda anche la traduzione inglese di
J.P. Mullally (PETER OF SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., pp. 17
sgg.). Si confronti quanto dice Pietto Ispano con la triplice distinzione di
compositio (rei, intellectus, sermonis) di Dialectica Monacensis, cit., p. 569.
5 PetrI HIsPANI, Tractatus syncategorematum, cit., p. 484B. Per la com-
posizione degli accidenti con il subiectum, si veda il Liber sex princi-
piorum, cit., p. 35: «Forma vero est compositioni contingens, simplici
et invariabili essentia consistens. Compositio etenim non est, quoniam a
natura compositionis seiungitur [...] ».
6 PerrI HISPANI, op. cit., p. 484B.
7 Ivi, p. 484C.
8 Ivi, p. 485F.
Terminologia logica della tarda scolastica 501
currit »°, o può essere in rapporto con una « substantia intra »,
x
quando il soggetto è sottinteso, come nel caso di « currit » !°.
In tutti questi casi, si può dire che il concetto di compositio,
in quanto fa riferimento agli elementi di cui esprime un rapporto,
rientra nella categoria di relazione !!. Opposta alla composizione
è la negatio !?. Particolarmente importante è la « compositio actus
ut distantis » perché sta alla base del costituirsi della proposi-
zione 5. Il caso più semplice è quello del verbo est: esso « consi-
gnificat compositionem », ma poiché rispetto agli altri verbi esso
è natura prius giacché « in eis intelligitur » !, tutto quello che di
esso si dice vale per gli altri verbi. Alla radice di questa interpre-
tazione sta un passo già ricordato di Aristotele 5, ampiamente
sviluppato dalla grammatica speculativa !. Che il verbo est, e
9 Ivi, p. 491D.
10 Cfr. ivi, e p. 486D: «Quod autem in verbo fit compositio actus ut
distantis, patet per hoc quod actus significatus per verbum semper significatut
ut de altero; cum nam dico “‘cutrit’, oportet intelligere substantiam determi-
natam, de qua dicatur ‘curtit’, ut praedicatum de subiecto ».
11 Si veda ivi, p. 484A: «Sciendum ergo quod compositio ad aliquid
est, quia compositio est compositorum, et compositio et composita sunt
compositione composita quare compositio in praedicamento relationis erit ».
Cfr. anche H. Roos, Das Sophisma des Boetius von Dacien « Omnis homo
de necessitate est animal» in doppelter Redaktion, « Classica et Mediae-
valia », XXIII (1962): la « necessitas habitudinis terminorum » (p. 190) non
è altro che « necessitas compositionis » (pp. 191-192).
12 Perri HisPANI op. cit, p. 490D: «Cum secundum diversitatem
compositionis (ex compositionem) diversificetur negatio, ideo post composi-
tionem, dicendum est de negatione »; ma cfr. L.M. DE Rjk, On the Genuine
Text of Peter of Spain's «Summule logicales», II, cit, p. 89: «natura
divisionis non potest cognosci nisi cognoscatur natura compositionis ».
13 PerRI HISPANI, op. cit., pp. 487A sgg.
14 Ivi, p. 483F.
15 De interpr. 3, 16b 22-25 (cfr. cap. ILI, n. 8).
16 Cfr. ad esempio Tommaso DI ERFURT, Gramzzatica speculativa,
in J. Duns ScotI Opera omnia, I, cit., xxvii, $ 1, f. 59b: «[...] Verbum
habet quendam modum significandi, qui vocatur corzpositio, de quo antiqui
502 Alfonso Maierù
quindi ogni altro verbo, significhi quella compositio che è rapporto
fra due termini nella proposizione è dottrina comune; non altret-
tanto comune è la dottrina che suo opposto sia la regatio. Si legga
Guglielmo di Shyreswood:
Sequitur de hac dictione ‘non’, et videtur quod debeat esse verbum
quia significat divisionem et haec, ut videtur, opponitut compositioni
denotatae per hoc verbum ‘est’, et sic debet esse verbum sicut et
ipsum; contraria enim ejusdem sunt generis. Et dicendum quod haec
ratio peccat dupliciter, tum quia haec dictio ‘non’ cum significet divi-
sionem tantum — haec dictio ‘est’ non significat compositionem tan-
tum ut dictum est prius et sic non significant contraria — tum etiam
quia compositio denotata sive consignificata per hoc verbum ‘est’ non
opponitur ei quod est ‘non’, quia compositio est modus significandi
dependenter, ratione cujus exigit sibi nominativum et hoc est illud
quo propositio est unum ex suis partibus. Cum autem huic consentit
Grammatici mentionem expresse non fecerunt, quem tamen modum moderni
Verbo attribuunt, moti ex dicto Philosophi I. Perihermenias, cap. 3. ubi
dicit quod hoc Verbum est, significat quandam compositionem, quam sine
extremis non est intelligere; et tamen hoc Verbum, est, in omni Verbo inclu-
ditur, tanquam radix omnium, ideo compositio omni Verbo inhaeret, per
quam Verbum distans a supposito, ad suppositum principaliter inclina
tur [...]» (ma cfr. xviii, $ 10, f. 53b, dove l’autore, trattando della figura,
afferma che essa « sumitur a proprietate rei » e che le proprietà comuni in
rebus sono tre, « proprietas simplicis, proprietas compositi, et proprietas de-
compositi », e continua: « Ab his tribus proprietatibus imponit Logicus tres
voces, ad significandum scilicet Terminum, Propositionem, et Syllogismum,
licet aliter sumatur simzplicitas, compositio, et decompositio in nomine figurae
simplicis, compositae et decompositae, quam in Termino, Propositione, et
Syllogismo. In Propositione enim et Syllogismo sumitut compositio secun-
dum distantiam circa diversa significata diversarum vocum cadens. Sed in
nomine compositae, et decompositae figurae, sumitur compositio secundum
distantiam vocum circa idem significatum eiusdem dictionis cadens »). Cfr.
anche Martino DI Dacia, Modi significandi, cit., nr. 112, p. 53: «Huic
autem modo significandi essentiali generali iungitur alter modus significandi
immediatior qui dicitur compositio, et ille complectitur ab omni verbo. Et est
compositio modus significandi sive intelligendi uniens exttemum distans cum
altero extremo »; R. BACcONE, Surzza gramatica, cit., p. 80.
Terminologia logica della tarda scolastica 503
anima, asserit et est affirmatio; cum autem dissentit, deasserit et est
negatio. Est ergo compositio hujus verbi ‘est’ sicut subjectum affirma-
tioni et negationi et opponitur negatio ejus quod est ‘non’ affirma-
tioni et non compositioni, nisi affirmatio vocetur compositio, et hoc
est aliud a compositione hujus verbi, ut dictum est !.
In breve, la compositio è anteriore all’affermazione e alla nega-
zione, e perciò la particella zor non si oppone a compositio; ma
se si assume compositio nel senso di affirmatio, la negazione non
vale divisio, e si ha una contrapposizione. L’equivalenza tra com-
positio e affirmatio, divisio e negatio è affermata da Boezio !* ad
I? Cfr. Syncategoremata, cit., pp. 71-72; ma cfr. anche p. 71: «Sed vi-
detur adhuc quod quando ‘est’ est tertium adjacens, non sit ibi praedicatum,
sed solum compositio [...] » (cfr. W. or SHERWwooD'°s Introduction to Logic,
cit., p. 27, n. 25), e Introductiones in logicam, cit., p. 33: « Sed (sc. verbum)
consignificat compositionem, quae est copula et omne aliud verbum sic con-
significat per naturam illius ». Cfr. MARTINO DI DACIA, Quaestiones super
librum Peribermeneias, in Opera, cit., q. 12 « Utrum eadem compositio in
numero est in affirmativa et in negativa », pp. 246-247: « Ad quaestionem
dico, quod certum est, quod quaestio nostra non est de compositione, quae
est actio intellectus, qua componit unum cum altero. Nam talis compositio
solum est in affirmativa. Sed tantummodo quaerit de illa compositione, quae
est modus intelligendi et datus verbo pro modo significandi, et de tali dico,
quod ipsa est eadem numero affirmativa et negativa [...] ».
18 Cfr. In Arist. Periermenias, II ed., cit., p. 49: «Igitur quotiens
huiusmodi fuerit compositio, quae secundum esse verbum vel substantiam
constituat vel res coniungat, adfirmatio dicitur et in ea veri falsique natura
perspicitur. et quoniam omnis negatio ad praedicationem constituitur [....]
igitur quoniam id quod in adfirmatione secundum esse vel constitutum vel
coniunctum fuerit ad id addita negatio separat, vel ipsam substantiae consti-
tutionem vel etiam factam pet id quod dictum est esse aliquid coniunctio-
nem, divisio vocatur». Ma già in Boezio è l’affermazione dall’anteriorità
della compositio intellectuum (e conseguentemente verborum, che su quella
si modella) rispetto all’affirmatio e alla negatio (ivi, p. 75): «Nunc vero
quoniam in intellectibus iunctis veritas et falsitas ponitur, oratio vero opi-
nionis atque intellectus passionumque animae interpres est: (quare) sine
conpositione intellectuum verborumque veritas et falsitas non videtur
existere. quocirca praeter aliquam conpositionem nulla adfirmatio vel ne-
504 Alfonso Maierù
Abelardo ”, da Occam® a Billingham® e Strode?, Burleigh,
poi, afferma in generale che il sincategorema è « dispositio com-
positionis » * e, in particolare, che i sincategoremi possono essere
riferiti o alla « compositio materialis », cioè alla proposizione
intesa materialiter (in quanto sta per se stessa), o alla « compo-
sitio formalis », cioè alla proposizione assunta nella sua valenza
significativa *. Ma si ricordi che tutta la discussione sulla propo-
sizione modale verte sulla questione se il 7z0dus determini o non
determini la compositio o l’inhaerentia costituente la proposi-
zione #5.
Se la compositio fonda la proposizione tanto che « omnis pro-
gatio est » (cors. mio).
19 Cfr. Introductiones dialecticae, cit., p. 75: « Compositionem vocat af-
firmationem quia ostendit coniungi praedicatum subiecto. Divisionem vocat
negationem quia dividit praedicatum a subiecto ». Ma come Boezio, anche
AseLARDO ritiene che la compositio intellectuum sia anteriore all’affirmatio
e alla negatio (Logica ‘Ingredientibu», cit., p. 358): «Sed tamen consigni-
ficat (sc. ‘est’), id est cum aliis significat quandam comzpositionem, id est
quendam compositum intellectum sive affirmativum sive negativum, et per
compositionem tantum compositionem intellectus accipimus [...] » (cors. mio).
% Cfr. Prooemium libri Periermenias (in Expositio aurea, cit.): « Nam in
compositione et divisione est veritas vel falsitas » e «sine compositione et
divisione, hoc est, sine affirmatione et negatione non sunt vera nec falsa ».
2 Speculum..., cit., p. 338: «Terminus est in quem resolvitur propo-
sitio, ut praedicatum et de quo praedicatur, apposito vel diviso esse vel non
esse, id est in propositione affirmativa vel negativa [...] », e il ms. Venezia,
Bibl. s. Marco, Z. lat. 277 (= 1728), f. 2r, espone (cit. ivi, p. 323): « com-
posito vel diviso, esse vel non esse, idest in propositione negativa vel affir-
mativa ».
2 Cfr. Logica, cit., f. 13rb: « Et dicuntur sola verba significare cum tem-
pore, quia ipsa sola sunt instrumenta quibus mediantibus [anima est] anima
est apta pro certo tempore componere vel dividere, id est affirmare vel
negare ».
23 Cfr. De puritate artis logicae, cit., p. 221.
2 Ivi, pp. 141, 224-225, 227, 235, ecc.
25 Cfr. cap. V, $ 3: compositio e inbaerentia sono sinonimi per le Sumzze
Metenses e Guglielmo di Shyreswood (n. 46).
Terminologia logica della tarda scolastica 505
positio est compositio » *, la proposizione composita però è la
proposizione ipotetica: così per lo ps. Apuleio ”, per Ars Me-
liduna*, per Averroè ?, per Alberto Magno
Un'altra accezione meno stretta di compositio è quella che
denota l’unione di più voces costituenti un’oratio, non necessa-
riamente una enuntiatio o propositio 8; in tal caso il termine è
equivalente del boeziano comzplexio ®, e terminus compositus sta
a designare anche l’unione di nome e aggettivo #. Ma compositio
2% L.M. De Rijk, On the Genuine Text of Peter of Spain's « Summule
logicales », III, cit., p. 46 (è il commento a Pietro Ispano di Robertus
Anglicus).
2 Cfr. Peribermeneias, cit., 2, p. 177 (v. cap. V, n. 26); cfr. SULLIVAN,
Apuleian Logic, cit., pp. 24-30.
28 Op. cit., p. 352: « Deinceps ad compositas ypotheticas transeamus.
Compositarum, prout hic accipitur ‘composita’, quatuor sunt genera ».
2 Cfr. AristoTELIS Opera cum AverROIS commentariis, I, i, Venetiis
1562 (ed. anastatica Frankfurt a. M. 1962), De interpretatione I, 721: « Ora-
tio [...] est vel simplex vel composita [...]. Composita vero est, quae ex
duabus constat orationibus simplicibus ».
3 Liber I Peribermeneias, in Opera, I, cit., p. 410b: enuntiatio simplex-
composita o hypothetica.
3 Cfr. PETER or SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., p. 20 (pro-
posizione imperfetta).
32 Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 169A: «Sine complexione enim di-
cuntur quaecunque secundum simplicem sonum nominis proferuntur, ut
homo, equus: his enim extra nihil adjunctum est. Secundum complexionem
dicuntur quaecunque aliqua conjunctione copulantur, ut aut Socrates aut
Plato, vel quaecunque secundum aliquod accidens conjunguntur »; e 181A
(il testo è nella n. 6, cap. III). Si noti però che cormzplexio vale anche
conclusio e ‘dilemma’ in Cicerone (cfr. KNEALE, op. cit., p. 178).
3 BrLLincHAM, Speculum..., cit., p. 351: « Sic cum terminis compositis,
ut ‘homo albus currit: hoc cutrit et hoc est homo albus, igitur etc.’ »; il
termine compositus nell'esempio è homo albus. Cfr. Pretro DI MANTOVA,
Logica, cit., f. [66vb]: «nomen compositum » è « vox incomplexa » risul-
tante di più parti: « Verumtamen quia consuevimus scire quid vocabulum
significaret extra compositionem, cum veniunt duo vocabula in compositione,
vocabulum illud resultans dicimus significare aut connotare illud quod istae
duae dictiones significant per se sumptae antequam intrarent compositionem »
506 Alfonso Maierù
designa anche l’unione di termini significativi nella proposizione
o nel periodo #.
Un’accezione più tecnica di compositio, ma poco diffusa, è
quella che denota il procedimento logico della probatio quando si
procede dai termini superiori: così in Billingham *, e forse i
precedenti sono da rintracciare nei Tractatus Anagnini* e nelle
Summulae di Pietro Ispano ”.
Nella dottrina della conoscenza (in particolare del giudizio),
compositio si oppone a resolutio e designa o, platonicamente, il
processo dal molteplice all’unità oppure, aristotelicamente, il pro-
cesso dal semplice al complesso *.
(esempio può essere respublica); invece, nota il Mantovano (ivi, f. [65ra]):
« quilibet conceptus mentalis est simplex, ita quod nulla est pars orationis
in mente quae sit composita, quia tunc partes orationis significarent sepa-
rate ». HevrEsBury, De sensu composito et diviso, cit., f. 3a-b, ha terminus
aggregatus (es. « duo homines »).
* HevTesBury, De scire et dubitare, cit., f. 14vb: «[...] et quod illa
propositio significat praecise iuxta compositionem terminorum », e f. 15va:
«[...] et quod haec propositio ‘hoc est homo? significat primo et principa-
liter iuxta compositionem terminorum »; STRODE, Conseguentiae, cit., f. 32ra:
« Sed omnes istae regulae debent intelligi generaliter cum significant praecise
ex compositione suarum partium primarie praecise significantium ».
35 Cfr. cap. VI, n. 55.
3% Tractatus Anagnini, cit., p. 225: «Contra hoc quidam dicunt: illud
quod est superius cognitione, etiam fit pars in constitutione inferioris, perhi-
bentes speciem constate ex genere et substantialibus differentiis. Hoc verbo
quidem simplices abducti dicebant genus esse quasi materiam, differentias
vero quasi formas ex quibus iunctis constitueretur species. Sed dicit Magister
Adam: “omne significatum dictione est simplex et incompositum”; et dicit
‘componitur’, idest diffinitur, ‘constitutio’ pro diffinitio, ‘constitutio specie?
pro diffinitio speciei [....] ».
# Op. cit., 6. 16, p. 62: «Item, compositio illa, secundum quam redu-
cuntur inferiora ad sua superiora, opposita est illi compositioni, secundum
quam superius reducitur ad sua inferiora »; il procedimento, caratterizzato
da Billingham come compositio, è il primo, se per reducere si intende ‘ricon-
dutre’, ‘riportare’ logicamente.
3 Cfr. GarceAU, « Iudicium »..., cit., pp. 268-269; cfr. n. 5 al cap. VI
Terminologia logica della tarda scolastica 507
Per quanto riguarda, infine, la terminologia impiegata nella
trattazione del senso composto e del senso diviso, notiamo che
vengono usate le seguenti espressioni: fallacia compositionis -
fallacia divisionis, o semplicemente compositio (o coniunctio)-
divisio; sensus compositionis - sensus divisionis; sensus compositus-
sensus divisus®.
2. Aristotele
Le fallaciae del ‘senso composto’ e del ‘senso diviso’ sono
illustrate da Aristotele negli Elenchi sofistici, ai capitoli 4° e
20 #!. Incluse tra gli errori dipendenti dal linguaggio usato (rapà
TÙv Mew, secundum locutionem, o dictionem) esse sono stretta.
mente connesse, tanto da rappresentare l’una il reciproco dell’altra.
Infatti, si ha fallacia in senso composto quando si congiungono
termini che vanno tenuti divisi, e si ha fallaci in senso diviso
quando si dividono termini che vanno presi in congiunzione tra
loro. Perciò, nel corso del capitolo 20, Aristotele sugge
39 La schedatura del De sensu composito et diviso di HevresBurY ha
dato i seguenti risultati: oltre a sensus compositus e sensus divisus, l’autore
usa, per designare senso composto e senso diviso: compositio e divisio (ivi,
ff. 2ra, 2rb tre volte, 3va, 4ra), fallacia compositionis et divisionis (f. 3ra-b)
e ancora: «sensus divisus significat divise » (f. 2vb), « diversitas compo-
nendi vel dividendi » (f. 2ta), « componere vel dividere » (f. 3rb); usa inoltre
compositio per indicare l’unione di più termini che segua un altro termine,
ad esempio possibile (f. 2rb, 2va tre volte); «simplex compositio » —
« duplex compositio » (f. 3rb). Per le occorrenze nelle Regulae, cfr. n. 147.
4 De soph. el. 4, 165b 26 e 166 a 23-38.
41 Ivi 20, 177a 33-b 34. .
4 Ivi, 177a 34-35; transl. Boethii (rivista in base alle indicazioni fornitemi
da L. Minio-Paluello con lettera del 23.12.71) in Boezio, Elenchorum sophi-
sticorum Aristotelis interpretatio, P. L. 64, 1029C (si tratta della traduzione
boeziana elaborata sul greco dal Lefèvre d’Etaples): « Manifestum autem et
eas, quae propter compositionem et divisionem, quomodo solvendum, nam
508 Alfonso Maierù
risce di assumere in congiunzione i termini che, intesi divisi,
dànno luogo alla fa/lacia in senso diviso e, viceversa, di assumere
divisi i termini che, congiunti, dànno luogo alla fa/lacia in senso
composto. I medievali hanno poi fatto propria la raccomandazione
aristotelica: ripetono spesso «ubi peccat compositio, ibi solvit
divisio », e viceversa ‘, e trattano insieme le due fallaciae come due
complementari possibilità di errore. Gli esempi con i quali Ari-
stotele dà una prima illustrazione del senso composto sono: a)
« possibile est sedentem ambulare, et non scribentem scribere »;
b) « discit nunc litteras, si quis didicit quas scit »; c) « quod unum
solum potest ferre, plura potest ferre » *. È evidente che l’errore
si divisa et composita oratio aliud significat cum concluditur, contratium
dicendum »; ma v. anche De sopb. el. 23, 179a 11-14; transl. Boethii in
Boezio, op. cit., 1032B.
4 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cit., p. 246: « Conpo-
sitio est solvenda per divisionem, et divisio per conpositionem »; Fallacie
Parvipontane, cit., p. 576: « Ubi enim fallit divisio, ibi solvit compositio, et
econverso »; Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 277: «Iuxta quod dicit Ari-
stoteles, ubi fallit compositio, ibi soluit divisio, et e converso » e «ad haec
omnia docet Aristoteles simul soluere, scilicet ut si concludatur divisim, di-
cendum est quoniam coniunctim concessum fuit, et e converso »; Ps. BACONE,
Sumule dialectices, cit., p. 342: «Nemo enim debet dubitare quin fal-
lacia composicionis decurrat super hanc maximam, ‘si conjunetim ergo
divisim’, divisio super hanc maximam, ‘si divisim ergo conjunctim’; ergo (in)
fallacia composicionis conceditur composicio et probatur divisio, et in fallacia
divisionis e contrario »; ALBERTO M., Liber I Elenchorum, in Opera, IL, cit.,
p. 547b: « Adhuc autem notandum, quod licet semper simul sint compositio
et divisio in oratione quantum ad hoc quod si compositio fallit, divisio solvit,
et e converso [...]»; ALBERTO DI Sassonia, Logica, cit., V, 4, f. 40rb:
«omnis syllogismus peccans per fallaciam compositionis solvitur pet divi-
sionem et e converso »; BILLINGHAM, De sensu composito et diviso, in Spe-
culum..., cit., p. 387, ma cfr. n. 97.
% De sopb. el. 4, 166a 23-32; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1010D-
1011A. Teniamo presente anche le osservazioni di G. CoLLI, in ARISTOTELE,
Organon, trad. it. e note, Torino 1955, pp. 1008 sgg. Per il terzo esempio, il
Colli rinvia a PLaToNE, Euthyd., 294A.
Terminologia logica della tarda scolastica 509
nasce in tutti i casi dal porre in congiunzione termini che vanno
presi separatamente: la prima proposizione va intesa così: ‘chi
sta seduto può camminare, chi non scrive può scrivere’, mentre,
assumendo congiunti i termini sedentem-ambulare, scribentem-
scribere, si cade in errore; la seconda va interpretata: ‘intende le
lettere, giacché ha imparato ciò che ora conosce’ e non: ‘intende
le lettere, giacché ha ora imparato ciò che conosce’, congiungendo
didicit-nunc; la terza: ‘chi può portare un solo oggetto, può
portarne più’ uno per volta, non contemporaneamente.
Gli esempi che Aristotele utilizza per il senso diviso sono: a)
« quod quinque sunt duo et tria, paria et imparia, et quod majus
aequale, tantumdem enim est majus et adhuc amplius »; b) « ego
posui te servum entem liberum »; c) « quinquaginta virum centum
heros liquit Achilles » 4. In questo caso, gli enunciati vanno così
interpretati. Il primo: 5 è uguale a 2 e 3, e il 2 e il 3 sono rispet-
tivamente pari e dispari; non è vero che 5 è uguale a 2 e 5 è
uguale a 3 (separatamente) e quindi che 5 è insieme pari e dispari;
né è vero che qualcosa è maggiore ed uguale a qualcos'altro, che
seguirebbe se si ritenesse che 5 è uguale a 3 e che 5 è uguale a 2
(mentre è maggiore di entrambi) per il fatto che 5 è uguale a 3
e a 2. Il secondo: ‘io ho fatto di te che eri schiavo un uomo libero”,
mentre non è corretto intendere (separatamente) ‘io ti ho fatto
schiavo e io ti ho fatto libero’. Il terzo: ‘di cento uomini il divino
Achille lasciò cinquanta’, ma non separando la parola virum da
centum e congiungendola a quinquaginta.
Nel capitolo 6, poi, dove tutte le fallacie sono ricondotte
all’« ignoratio elenchi » ‘, Aristotele afferma che composizione e
divisione derivano dal fatto che il discorso, nonostante l’appa-
4 De sopb. el. 4, 166a 33-38; transl. Boethii in BoEzio, op. cit., 1011A;
il secondo esempio, che ha riscontro in TERENZIO, Andria (v. 37: «Scis: feci
ex seruo ut esse libertus inihi »), probabilmente deriva da una commedia
greca; il terzo, forse da un poema perduto.
4 De sopb. el. 6, 168a 17-20.
510 Alfonso Maierù
renza, non è lo stesso se inteso in un modo o nell’altro, e perciò
i due sensi vanno distinti alla ricerca di quello corretto ”,
Infine, nel capitolo 20, dove mostra la soluzione da dare a
questo tipo di fallacia, Aristotele dà un altro buon numero di
esempi di enunciati, nei quali l’interpretazione in un senso o nel-
l’altro conferisce al tutto un valore diverso. Ricordiamo tre di essi
che hanno avuto una certa fortuna nel medioevo. Il primo:
« Putasne quo vidisti tu hunc percussum, illo petcussus est hic?
et quo percussus est, illo tu vidisti? », donde appare la differenza
tra il dire « videre oculis percussum » e il dire « oculis percussum
videre » (‘vedere, con gli occhi, colui che è percosso’ e ‘vedere,
colui che è percosso con gli occhi’): esso avrà fortuna nel secolo
XIII, in concorrenza con il secondo esempio del senso composto
sopra riportato.
Il secondo è: « Putasne malum sutorem bonum esse? sit
autem quis bonus, sutor malus, quare sutor malus » ® e mostra
la difficoltà che nasce dal fatto che attributi opposti sono con-
giunti con lo stesso nome; il calzolaio, buon uomo e cattivo arti-
giano, non può essere ciabattino buono e cattivo insieme.
Il terzo esempio è: « Putasne ut potes, et quae potes, sic et
ipsa facies? non citharizans autem habes potestatem citharizandi,
47 Ivi, 168a 26-28; cfr. anche 7, 169a 25-26.
nei 20, 177a 36-38 e b11; transl. Boethii in Borzio, op. cit., 1029D-
# Ivi, 177b 14-15; transl. Boethii in BorzIo, op. cif., 1030A. L’esempio
occorre anche in De inferpr. 11, 20b 35-36, dove si discute della liceità di
affermare « unum de plutibus vel plura de uno » e quindi di operare un’in-
ferenza valida da due proposizioni in congiunzione tra loro con predicati
differenti e identico soggetto (ma è da notare che la transl. Boethii, « Ari-
stoteles latinus », II, 1-2, cit., p. 24, ha citharoedus dove Aristotele ha
oxvTEÙS) a una proposizione con soggetto immutato e predicati in congiun-
zione tra loro.
fa
Terminologia logica della tarda scolastica 511
citharizabis igitur non citharizans » 9; esso si ricollega al primo
degli esempi del senso composto sopra ricordato.
La dottrina di Aristotele, per quanto riguarda il nostro argo-
mento, è tutta qui. Un contributo potrebbe ticavarsi dalla discus-
sione dei sillogismi modali a premesse in senso composto o in senso
diviso, ma le due pagine della logica aristotelica non sono acco-
stabili immediatamente 5. Per l’una, come per l’altra, saranno
i maestri medievali a fornire analisi più precise e puntuali.
3. Da Boezio alla fine del sec. XII
La prima patte della Logica modernorum di De Rijk è,
come s'è detto, uno studio sulla dottrina dei sofismi nel medioevo
fino al secolo XII incluso. I risultati cui l’autore è giunto sono i
seguenti: a) la prima fonte per la dottrina dei sofismi nell’alto
medioevo è Boezio, che ne fornisce alcuni elementi nel secondo
commento al De interpretatione © e nell’Introductio ad syllogismos
categoricos *. Ma tra i sofismi esaminati da Boezio in questi testi
non figurano quelli secondo la composizione e la divisione *;
50 De soph. el. 20, 177b 22-25; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1030A.
51 Cfr. BocHENSKI, La logigue de Théophraste, cit., che registra a p. 136
(« Index des termes techniques grecs ») solo Statpeote, che però occorre, alle
pp. 63 sg. e 114, a proposito della ‘scala ontologica’ platonica, dalla quale
trae origine il sillogismo aristotelico, e del rapporto tra i termini di questo.
52 In Arist. Periermenias, II ed., cit., pp. 129-134, cit. in De Rgk, Logica
modernorum, I, cit., pp. 25-27; le fallaciae ricordate sono quelle secundum
aequivocationem, secundum univocationem, secundum diversam partem, se-
cundum diversum relatum, secundum diversum tempus, secundum diversum
modum: cfr. ivi, pp. 27-28.
5 Op. cit., 778B-780A e 803B-D; cfr. DE Rik, op. cit., I, pp. 4041.
5 Cfr. il prospetto in cui sono confrontati i risultati raccolti dai due testi
boeziani in De Rik, op. cit., I, pp. 42-43. Ma cfr. Frustula logicalia, cit,
p. 616: «Queritur cur Boetius non enumeravit divisionem et coniunctionem
et amphiboliam, que magis proprie impediunt propositionum dividentiam
512 Alfonso Maierù
b) sulla traccia di Boezio si muovono le varie Glosule in Periber-
meneias fino ad Abelardo 5; c) il primo cenno in Abelardo al
sensus per divisionem e al sensus per compositionem quale indicato
dagli Elenchi sofistici è nella Logica ‘Ingredientibus’, a proposito
delle modali: la modale in senso composto è modale de Sensu,
la modale in senso diviso è modale de re *; d) Adamo Parvipontano
nell’Ars disserendi enumera i sofismi ex coniunctione ed ex disiunc-
tione, corrispondenti al senso composto e al senso diviso di Aristo-
tele”, segno di una più decisa penetrazione degli Elenchi sofistici
nelle scuole medievali.
Ma è con i primi commenti agli Elenchi sofistici prodotti dalla
scuola di Alberico di Parigi e poi con i commenti dei Parvipon-
tani che si hanno le prime esposizioni sistematiche del senso com-
posto e del senso diviso, tanto che esse penetrano anche nelle
esposizioni del De interpretatione, là dove Boezio aveva intro-
dotto le fallaciae 8.
Noi cercheremo di ripercorrere brevemente il cammino della
dottrina utilizzando i testi editi dal De Rijk.
Le Glose in Aristotilis Sophisticos elencos dànno un’analisi
abbastanza elementare del testo aristotelico, e riferiscono opinioni
di maestri precedenti. La conpositio è definita « [....] proprietas
orationis secundum quam ea que divisim data sunt, coniunctim
accipiuntur, ut ‘iste veronensis valet bunc panem et hunc, ergo
vale duos panes’. Non sequitur, quia datum est istum veronensem
quam que enumerat ». Cfr. n. 58.
55 Cfr. De Rijx, op. cit., I, pp. 44-48.
$ Op. cit., p. 489, e Glosse super Periermenias..., cit., p. 13; cfr. De Rijk,
op. cit., I, pp. 57 sgg., dove si discute della conoscenza che Abelardo aveva
degli Elenchi sofistici.
5 Op. cit., pp. 63 e 65; cfr. De Ru, op. cit., I, pp. 72 sgg.
5 Cfr. Frustula logicalia, cit., p. 613, pp. 616 sg. (cfr. n. 54) e p. 619:
« Videntur tamen quedam esse que impediunt contradictionem, que Boetius
non ponit, scilicet divisio, compositio, accentus, amphibologia ».
Terminologia logica della tarda scolastica 513
valere hunc et hunc panem divisim, sed non coniunctim » 9. Ciò
che distingue la compositio e la divisio è questo: quando la
seconda è vera e la prima è falsa, si ha il sophismza conpositionis,
quando la conpositio è vera e la divisio è falsa, si ha il sophisma
divisionis®. I modi o le specie di composizione sono tre, per il
nostto testo: « quandoque conponimus plura uni, ut ‘iste vero-
nensis valet bunc et bunc pane; quandoque unum pluribus, ut
‘Socrates et Plato habet unum caput’; quandoque plura inter se,
ut ‘possibile est album esse nigrum’ vel ‘hic et hic veronensis
valet istum et istum panem’ »®®.
Nel testo si introduce una distinzione importante: senso
composto (corpositio) e senso diviso (divisio) possono avere oti-
gine in voce, cioè nella struttura linguistica della frase, o secur-
dum intellectum, cioè nella diversa intelligenza della frase stessa °°.
Apprendiamo che Maestro Giacomo Veneto riteneva che oggetto
dell’analisi del logico sia la struttura della frase ® giacché il logico
in essa individua le difficoltà o deficienze che dànno luogo ai
sofismi.
Un esempio di questo modo di considerare il senso composto
e il senso diviso può essere il seguente, relativo al senso compo-
sito: « ‘omne non-scribens potest scribere, sed Socrates est non-
scribens, ergo potest scribere, ergo Socrates scribit’ » dove « datum
est Socratem scribere cum potentia (sc. potest scribere) et postea
divisum est a potentia, cum intulit: ‘ergo Socrates scribi » *.
5 Op. cit., p. 209.
9 Ivi.
s Ivi.
6 Ivi, p. 246 (a De sopb. el. 20, 177b1): « Due sunt species divisionis et
conpositionis, (una) secundum intellectum, et altera secundum vocem ».
6 Ivi, p. 209: « Magister vero Iacobus dicit conpositionem et divisionem
tantum esse in voce, et non secundum intellectum. Est autem conpositio
secundum ipsum quando aliguid conponitur cum aliquo et postea accipitur
divisim et seorsum ».
# Ivi.
33
514 Alfonso Maierù
Il nostro autore, per la verità, almeno in due luoghi riconosce
che Aristotele tratta della corpositio e della divisio « secundum
vocem », e sottolinea il primato dell’oratio che esprime l’intel-
lectus ©. Questi rilievi sono importanti perché permettono di no-
tare come i maestri medievali mirassero a trasferire sul piano lin-
guistico il discorso sui sofismi, in modo da trovate su questo piano
accorgimenti formali atti a evitare errori.
Un altro testo, quasi contemporaneo alle Glose, cioè la Surzzza
Sophisticorum elencorum, critica questa tesi e il tipo di analisi
in vocibus o in sermonibus o în terminis % e sostiene che il so-
fisma in senso composto (compositionis) o in senso diviso (divi
sionis) ha origine in intellectibus, nel fatto cioè che una propo-
sizione si presta ad essere interpretata secondo diversi punti di
vista. Si richiama l’attenzione, ad esempio, sulla proposizione
« possibile est sanum esse egrum », la quale, intesa in senso
diviso, è vera, in senso composto è falsa, senza che la diversa
considerazione implichi modificazioni nella struttura linguistica
65 Ivi, p. 222 (a De sopb. el. 6, 168a 26): « Ad quod dicendum quod Ari-
stotiles loquitur hic de conpositione et divisione que fit secundum vocem et
non secundum intellectum. Et conpositio et divisio secundum intellectur
continetur sub oratione, quia oratio continet amphibologiam et conpositionem
et divisionem » (cors. mio), e p. 246 (a De soph. el. 20, 177b1; continua il testo
cit. in n. 63): « Sed cum dicit Aristotiles: “quod est secundum divisionem,
non est duplex”, tunc loquitur de divisione vocis, quia alia vox est divisa
et alia conposita ».
% Op. cit., p. 313: «Quidam enim dicunt quod hec conpositio fit in
intellectibus; quidam alii dicunt quod tantum fit in vocibus [...]. Illi qui
dicunt quod fit in sermonibus vel in vocibus [...]», e p. 314: «Et ideo
sciendum est quod secundum illos qui dicunt sophisma conpositionis tantum
esse in terminis [....]» (cors. mio).
' Ivi, p. 315: «Hec autem sententia, scilicet quod compositio dicatut
tantum in terminis, nobis non placet. Sed dicimus quod fallacia compositionis
fit in intellectibus, et hoc videlicet quod plura significantur vel intelliguntur
in aliqua oratione »; lo stesso vale per la divisio, pp. 317 sgg.
Terminologia logica della tarda scolastica 515
della frase ®. Lo stesso testo ammette, però, che i sostenitori
della tesi opposta evitavano l’errore in senso composto o in
senso diviso ricorrendo ad accorgimenti riguardanti la disposi-
zione dei termini nell’enunciato ®.
L’opposizione del nostro anonimo autore, in realtà, non vale
a negare una linea di tendenza che riconosce nella constructio,
nella ‘sintassi’, cioè nella diversa disposizione dei termini nel-
l’enunciato, l’unica possibilità di fissare regole stabili per il rico-
noscimento dell’un senso e dell’altro. Semmai, le sue critiche sotto-
lineano la necessità di un’analisi approfondita, i cui risultati val-
gano a fugare ogni dubbio °°.
6 Ivi, p. 315.
© Ivi, pp. 314-315: « Et ideo sciendum est quod secundum illos qui di-
cunt sophismata conpositionis tantum esse in terminis, fit illa talis conpo-
sitio duobus modis, aut scilicet quando prius coniungimus duas voces et
postea separamus, scilicet cum relinquimus unam et concludimus aliam, ut
superius diximus [è il caso di « potest scribere » nell’antecedente e « scribit »
nella conclusione], aut quando prius aliquod adverbium iungimus cum aliquo
verbo, postea illud idem iungimus cum alio verbo, ut in supradictis para-
logismis patuit [è il caso, ad esempio, di « verum est nunc Socratem fuisse
conclusum, ergo nunc verum est quod Socrates fuit conclusus »]. Et etiam
sciendum est quod secundum istos nulla orationum predictarum est multiplex.
Unde non est dividendum, sed dicendum quod alia est conposita et alia
divisa. Ut in istis est: ‘veruzz est nunc Socratem fuisse percussum’, hec est
composita: ‘ergo verum est quod Socrates fuit percussus nunc’, hec divisa ».
70 Sulla scia della Summa, almeno per quanto ci riguarda, si muovono
le Fallacie Vindobonenses, cit.: analoga è la caratterizzazione della fallacia
in base all’intelligere (p. 508: «Fallacia compositionis est quando compo-
sitio est falsa, et divisio vera, ut ‘omnia individua predicantur de uno solo’.
Si velis intelligere coniunctim, falsum est. Si vero divisim, verum est, idest
quod unumquodque individuum predicatur de uno solo. Fallacia divisionis
est quando divisio est falsa et compositio vera, ut ‘duo et tria sunt quinque?.
Si velis intelligere divisim, falsum est; si vero coniunctim, verum est»),
come è analoga la distinzione dei paralogismi secundum habundantiam e
secundum defectum (cfr. la Summa, cit., p. 320: « Item. Vel alii paralogismi
qui fiunt secundum habundantiam et defectionem, de quibus dubium est sub
516 Alfonso Maicrà
Più interessante la trattazione della compositio e della divisio
contenuta nelle Fallacie Parvipontane. Precisato che senso com-
posto e senso diviso sono pertinenti alla substantia vocis, cioè alla
ipsa vox, mentre accentus e figura dictionis spettano agli acci-
dentia vocis, compositio e divisio sono così descritte:
Compositio itaque est fallax coniunctio aliquorum que voce et
intellectu dividi debelre)nt vel intellectu tantum. ‘Fallax coniunctio’
dicitur ideo quia nisi sit fallacia, non est compositio. Hoc enim nomen
‘compositi’ prout hic sumitur, nomen fallacie est; ‘voce et intellectu
ideo dicitur quia compositionum alia fit voce et intellectu, ut hec:
‘possibile est album esse nigrum’, alia intellectu tantum, ut hec:
‘ista navis potest ferre centum homines”. Divisio est fallax divisio ali-
quorum que voce et intellectu coniungi deberent".
Riteniamo che ciò che è detto di compositio valga anche di divisio,
anche se non risulta esplicitamente dal testo. Compositio e divisio
sono dunque i nomi delle fallacie, la prima delle quali è una
congiunzione erronea, la seconda una divisione erronea di termini:
congiunzione e divisione erronee che hanno la loto radice non
solo nella vox ma anche in intellectu, o addirittura soltanto nel-
l'intelletto ??; con ciò il testo assume una posizione media tra chi
qua specie fallaciarum reducantur », e le Fa/lacie Vindobonenses, cit., p. 509:
«Item fiunt paralogismi secundum compositionem. (Qu)orum quidam viden-
tur fieri secundum superhabundantiam, quidam (secundum) defectum »:
ma il rilievo è già in DE Ry, op. cit., I, p. 130).
© Op. cit., p. 576.
® Più oltre (ivi, pp. 608-609) ci si chiede quale differenza vi sia tra
la fallacia «secundum plures interrogationes ut unam» e compositio e
divisio: « Eadem enim est oratio sophistica ex compositione et divisione
et secundum hanc fallaciam. Verbi gratia: ‘quingue duo sunt et tria’. Sub
hac forma proponuntur plures propositiones velut una. Potest etiam intelligi
composita, similiter et divisa. Et videntur adtendi omnes iste fallacie secun-
dum idem quod secundum copulationem terminorum. Et tamen adtendenda
est differentia quia compositio vel divisio fit secundum coniunctionem vel
disiunctionem vocis cum coniunctione vel disiunctione intellectus; fallacia
Terminologia logica della tarda scolastica 517
sosteneva che la radice del sofisma è la vox e chi sosteneva ch'è
l’intellectus. i; 3
L’anonimo autore presenta poi un’accurata analisi dei vari
‘modi’ sofistici propri del senso composto e del senso diviso. Essi
sono undici: cinque sono comuni ai due sensi, tre del senso com-
posto, tre del senso diviso. Esaminiamo i primi cinque modi
comuni.
Primus [...] est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit su-
biectus vel predicatus per se vel determinatio predicati ?3.
La proposizione « possibile est album esse nigrum » può essere
interpretata in modo da considerare possibile soggetto e il resto
predicato, o viceversa, e meglio, che il dictum « album esse
nigrum » sia soggetto e possibile sia predicato: in tal caso, la
proposizione è in senso composto (« erit oratio composita ») e
falsa; oppure, si può intendere che possibile sia « determinatio pre
dicati », cioè che a/bum sia soggetto e « possibile est esse nigrum »
sia predicato; qui possibile determina solo il predicato determi.
nando la copula est, e non è uno degli estremi della proposizione:
essa interponitur, la proposizione è in senso diviso e vera”.
Secundus modus est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit
predicatus cuiusdam cathegorice vel determinatio consequentis cuiusdam
ypothetice ”.
Data la proposizione « Socratem esse animal si Socrates est homo
autem secundum plures interrogationes ut unam facere fit secundum
modum proponendi qui fit tanquam una proponatur, cum plures propo-
nuntur. Unde non adtenditur secundum vocem ideoque extra dictionem
dicitur esse hec fallacia » (cors. mio).
3 Ivi, p. 576. NI n
7 Ivi, pp. 576-577; la prima interpretazione intende la proposizione come
un « sermo de dicto », la seconda come « sermo de re»; v. cap. V.
75 Ivi, p. 577.
318 Alfonso Maierùà
est necessarium », si può intendere che mecessarium sia predi-
cato del dictum di « si Socrates est homo, Socrates est animal »:
in tal caso la proposizione, composta di un soggetto (che è il
dictum di una ipotetica) e di un predicato, è categorica, è in senso
composto e vera; ma può intendersi che wecessarium determini
solo il conseguente dell’ipotetica « si Socrates est homo, Socrates
est animal » in modo tale che antecedente sia «si Scenes est
homo » e conseguente sia tutto « Socratem esse animal est neces-
sarium »: in questo secondo caso è in senso diviso e falsa ”.
PA foce fee si qa aliqua propositio ita sumi potest ut
È lusdam ypothetice copulate vel i i
cuiusdam condicionalis 7, 7 iabnianicaii
Sia data la proposizione « Cesar est animal et Cesar est substan-
tia, si Cesar est homo »: se la si intende come proposizione copu-
lativa, le sue due proposizioni componenti congiunte da ef sono
« Cesar est animal », « Cesar est substantia si Cesar est homo »;
in tal caso la proposizione è in senso diviso e falsa; se invece
la si intende come una proposizione condizionale tuo antece-
dens è « si Cesar est homo » e suo consequens è « Cesar est animal
et Cesar est substantia »: qui « Cesar est animal» è parte del
conseguens: la proposizione è in senso composto e vera ®,
Quartus modus est quando dictio di i A
; istrahi potest ad di
diversorum potest esse determinativa”9, si VSS IRE
Nella proposizione « quicquid est verum semper est verum », l’av-
verbio semper può intendersi in congiunzione col primo est o col
secondo est: se si intende « quicquid est semper verum est verum »
76 Ivi.
© Ivi, p. 578.
8 Ivi.
9 Ivi.
Terminologia logica della tarda scolastica 519
la proposizione è in senso composto e vera; se si intende « quic-
quid est verum, semper est verum », è in senso diviso e falsa ®0.
Quintus modus est quando aliqua dictio non posita intelligitur
apponenda, vel semel posita intelligitur repetenda 8;
Nella proposizione « Socrates videt solem ubi sol est » si può sot-
tintendere existens, e se si congiunge a Socrates (« Socrates
existens videt solem ubi sol est ») si ha senso composto falso ©,
se invece si congiunge con solerz (« Socrates videt solem existentem
ubi sol est »), si ha senso diviso vero. Invece nella proposizione
« tu es vel eris asinus » si può intendere ripetuto un termine: se
è da ripetere #4, si ha la proposizione « tu es vel tu eris asinus »
che è una disgiunzione in senso diviso e vera (è vera la prima
proposizione che la compone); se è da ripetere 4sir4s, si ha « tu
es asinus vel eris asinus » che è una proposizione « de disiuncto
predicato », in senso composto e falsa ®.
I modi propri del senso composto e del senso diviso sono
dati nel testo in parallelo e mostrano come un senso sia il reci-
proco dell’altro.
Primus [...] modus qui est compositionis proprius, est quando
aliqua predicantur de aliquo divisim que volumus fallaciter de eodem
predicari coniunctim; Primus modus qui est proprius divisionis, est
quando aliqua coniunctim predicantur que fallaciter volumus divisim
predicari de illo *.
80 Ivi, p. 579.
81 Ivi.
8 In realtà, si può chiedere a chi vada riferito existens, se a Socrates,
o a sol in «ubi sol est»; dalla conclusione del paralogismo seguente si ri-
cava che va riferita a Socrates: « Potest enim intelligi hec dictio ‘existenten’,
et sic propositio vera est; vel hec dictio ‘existens’, et sic propositio falsa
est. Fit ergo secundum hoc talis paralogismus: ‘Socrates videt solem ubi
sol est, sed ubicumque Socrates videt, ibi sol est, ergo Socrates est ubi
sol est’ » (ivi).
83 Ivi.
84 Ivi, p. 580.
520 Alfonso Maierùà
L'esempio che illustra il modo del senso composto è: « hec ypo-
tetica est simplex et est propositio, ergo est simplex propositio »
nel consequens noi congiungiamo erroneamente due termini («& siva»
plex propositio ») che andavano tenuti divisi. Per il modo del
senso diviso il testo fornisce quest’esempio: « iste homo est albus
monachus et iste homo est monachus, ergo iste homo est albus »:
nella conclusione noi predichiamo albus di homo erroneamente
separato (‘diviso’) dal termine monachus ®.
i Secundus modus secundum compositionem est quando aliquid attri-
buitur pluribus gratia cuiuslibet eorum et postea assumitur tam uam
attribuatur eis gratia eorum simul; Secundus modus secundum Siivi
stonem est quando aliquid attribuitur aliquibus gratia eorum simul
postea autem sumitur ac si attributum sit eis gratia singulorum *, i
Anche qui gli esempi illustrano come il modo della composizione
e quello della divisione siano reciproci. Per il senso composto:
« individua predicantur de uno solo, sed ista duo Socrates e
Plato sunt individua, ergo predicantur de uno solo »; è evidente
che « predicari de uno solo » è proprio di ciascuno individuo non
di più insieme. Viceversa, per il senso diviso: « isti duo hatiliies
desinunt esse, si aliquis desinit esse, ipse moritur, ergo isti duo
moriuntur »; desinere esse qui è predicato di duo homines insieme
considerati, mori è predicabile solo di ciascuno singolarmente
preso: posto perciò che solo uno dei due uomini muoia, è vero
che «isti duo homines desinunt esse », ma non che « tei duo
moriuntut » ,
Tertius modus qui est secundum compositionem, est quando aliquid
attribuitur alicui respectu diversorum temporum, postea fallaciter
infertur ac si attributum sit illud respectu unius temporis tantum 88;
Tertius modus qui proprius est divisionis, est quando aliqua negando
85 Ivi.
8 Ivi, p. 581.
87 Ivi.
8 Ivi.
Terminologia logica della tarda scolastica 521
sive affirmando attribuuntur alicui coniunctim, postea vero separatim
inferuntur ®,
Anche in quest’ultimo caso si ha, come nei due precedenti, una
diversità di predicazione. « Socrates fuit in diversis locis, ergo
verum fuit Socratem esse in diversis locis » e « album fuit nigrum,
ergo verum fuit album esse nigrum » sono esempi che illustrano
come ciò che è predicato va inteso divisimz secondo una diversa
verificazione temporale e non coriunctim, cioè con simultanea
verificazione; sono perciò esempi del senso composto. « Socrates
non potest esse albus et niger, ergo Socrates nec potest esse albus
nec potest esse niger »: la negazione qui riguarda la contempo-
ranea predicabilità di due contrari, non la predicabilità anche
‘divisa’ di essi; è un esempio di senso diviso”.
Questa lunga analisi dei vari modi — che trova riscontro in
parte nei Tractatus Anagnini* ed è presupposta dalle Fallacie
89 Ivi, p. 582.
90 Ivi, pp. 581-582.
9 Op. cit., pp. 331-332: si esaminano congiuntamente compositio e
divisio. Il testo annuncia « septem principales modos » (p. 331), ma s’inter-
rompe dopo il sesto. I primi due modi corrispondono ai primi due modi
comuni delle Fallacie Parvipontane (ivi: per il primo modo è dato l'esempio
«album possibile est esse nigrum »; il secondo segue il primo senza solu-
zione di continuità ed ha il seguente esempio: « necessarium est Socrates
esse animal, si Socrates est homo »); il terzo modo (« deceptio proveniens
ex diversa transsumptione partium orationis », ivi) può essere così illustrato:
data « quodlibet animal est de numero hominum », se si intende che est è il
predicato e tutto il resto costituisce il soggetto, la proposizione è vera e vale
« quodlibet animal de numero hominum est », cioè vive; se invece « quod-
libet animal » è soggetto, est la copula, « de numero hominum » il predicato,
allora è falsa. Manca il quarto modo. Il quinto è « deceptio proveniens ex
diversa determinatione orationis ad orationem, dictionis ad dictionem » (ivi,
pp. 331-332): dato l'esempio « decem et octo homines sunt decem et octo
asini », se si intende come se fosse « decem et octo homines sunt totidem
asini », la proposizione è falsa; se invece si sostantivizza decemz, essa vale
522 Alfonso Maierù
Londinenses® — va tenuta presente perché rappresenta un ten-
tativo serio di fissare, nella struttura della proposizione, elementi
per individuare l’origine degli errori e quindi fornire la solu-
quanto « decem res sunt decem homines et octo asini» ed è vera. Infine:
« Sextus modus est deceptio proveniens ex diversa coniunctione vel disiunc-
tione » (ivi, p. 332): data «verum est Platonem et Ciceronem et Socratem
esse duo », se la congiunzione ef è sempre copulativa (cioè congiunge propo-
sizioni), l’enunciato è falso; se una sola volta è copulativa, l’enunciato è vero
e il senso è: «ista duo enuntiabilia sunt duo ». Questi modi non hanno
riscontro nei modi comuni delle Fallacie Parvipontane, anche se l’ultimo ri-
corda il procedimento del quinto delle Fa/lacie (dove però è data la disgiun-
zione) e il penultimo quello del quarto: ma gli esempi appartengono a una
tradizione diversa.
® Op. cit., pp. 657 sgg., ha tredici modi, di cui sette comuni e tre propri
alla composizione e alla divisione. Cominciamo dai modi propri: essi ripe
tono, talora migliorandola, la formulazione delle Fallacie Parvipontane (in
particolare, cfr. p. 661: « Secundus trium propriorum modorum composi-
tioni provenit ex eo quod aliquid in una propositione predicatur collective
et post predicatur distributive. Secundum hoc sic paralogizatur: ‘Socrates
et Plato habent quatuor pedes, ergo sunt quadrupedes’ », dove formulazione
ed esempio illustrano meglio lo spirito del modus, e p. 662: «Tertius et
ultimus propriorum modorum divisioni provenit ex eo quod in una propo-
sitione aliquod verbum copulatur ratione unius instantis, in conclusione
ratione plurium », che è formulazione che allinea bene al corrispettivo modo
del senso composto il terzo del senso diviso). Dei modi comuni, il primo, il
secondo e il sesto corrispondono rispettivamente al primo, secondo e quarto
delle Fallacie Parvipontane (ivi, pp. 657-658, 660-661). Il terzo modo (ivi,
p. 658: « Tertius modus septem communium provenit ex eo quod sub eadem
forma vocis incidunt due propositiones ipotetice ») si articola in una tri-
plice suddivisione, di cui il primo elemento (pp. 658-659) è accostabile al
terzo modo comune delle Fal/acie. Gli altri due elementi sono: « Secundus
subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt due
propositiones ipotetice, quarum una est conditionalis, reliqua disiuncta » e
« Tertius subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt
due propositiones ipotetice, quarum una est copulativa, reliqua disiuncta »
(ivi, p. 659). I rimanenti modi comuni sono: «Quartus septem modorum
communium provenit ex eo quod aliqua dictio potest determinare aliquam
orationem totalem vel partem illius »: data la proposizione «omne animal
Terminologia logica della tarda scolastica 523
zione di essi. Se è vero che, come riconosce il De Rijk 2, le
analisi grammaticali hanno contribuito allo sviluppo della logica
nel secolo XII più di quanto non abbia fatto la dottrina delle
fallacie, è da ritenere che la stessa analisi dei sofismi, almeno per
quanto ci riguarda, è condotta con criteri che hanno origine gram-
maticale.
In conclusione, nel secolo XII le strutture linguistiche in cui
si concretizzano le fallacie del senso composto e del senso diviso
vengono sottoposte ad attenta analisi”. Un testo delle Sentenze
di Pietro di Poitiers (} 1205) è illuminante per quanto riguarda
un orientamento che si fa luce: quello di individuare attraverso la
stessa disposizione dei termini in una proposizione il senso com-
posto o il senso diviso:
rationale vel irrationale est homo », ome può distribuire « animal rationale
vel irrationale » e la proposizione è falsa, o solo « animal rationale » e la
proposizione è vera (p. 660). « Quintus septem modorum communium pro-
venit ex eo quod oratio potest subponere verbo vel pars orationis »: data
la proposizione « verum est Socratem esse hominem et Socratem non esse
hominem », si può intendere che soggetto sia « Socratem esse hominem et
Socratem non esse hominem » che è il dictum di « Socratem esse hominem
et Socrates non sunt homo », e la proposizione è vera; se invece Socratem
ogni volta che occorre è soggetto, il dictuz già formulato deriva da « Socrates
est homo et Socrates non est homo » e la proposizione è falsa (ivi). « Septimus
et ultimus septem modorum communium provenit ex eo quod aliqua
dictio potest intelligi preponi vel postponi »: in « album est omnis homo »,
album può essere il predicato di « omnis homo est albus » e la proposizione
è vera, oppure la proposizione può valere: «hoc album est omnis homo »
e in tal caso è falsa (p. 661). Tutti questi modi, salvo qualche analogia, non
hanno un preciso riferimento in quelli dei testi precedentemente esaminati.
9 Cfr. Logica Modernorum, cit., II, i, p. 491.
% Oltre ai testi esaminati, cfr. l'Ars Meliduna, cit., che ha un cenno alla
fallacia secundum compositionem et divisionem (p. 351; a pp. 334-335 È
un esame delle difficoltà che sorgono dall’uso dei numerali, cui si fa ricorso
da Aristotele in poi: «duo et tria sunt aliqua, aliqua sunt quinque, ergo
aliqua sunt duo et tria», ecc.); per le Sumzzze Metenses, cit., cfr. p. 477.
524 Alfonso Maierù
Et assignant hic compositionem et divisionem, sicut si dicatur: Iste
potest videre clausis oculis, id est oculis qui sunt clausi, per divisionem
verum est; si oculis clausis, id est quod simul sint clausi et videat
per compositionem falsum. Si tamen ex parte subiecti dicatur: clausis
oculis potest iste videre, magis est sensus divisionis, et verum est
Ita etiam de impenitentia finali potest iste penitere, sed si peniteat
iam non erit finalis, et ideo his positis in predicato magis erit sensus
compositionis et falsitati propinqua est locutio 9.
Il tentativo fatto dai vari maestri è stato quello di analizzare la
proposizione per vedere quale senso fosse corretto attribuirle. Ma
ora si mette in rilievo che a seconda che alcune dictiones stiano
a parte subiecti o a parte praedicati fanno meglio senso diviso o
senso composto. Questo principio si tradutrà più tardi in regole
precise: si individueranno strutture che permetteranno di valutare
facilmente il senso della proposizione e quindi la sua verità o fal-
sità. Si tratterà di regole convenzionali, arbitrarie, ma che avranno
grande importanza, specie nel secolo XIV.
4. Dalla fine del sec. XII ad Alberto di Sassonia
Il periodo che va dalla fine del secolo XII a Occam non
apporta notevoli novità nella dottrina del senso composto e del
senso diviso: ciò va detto anche di Buridano e di Alberto di Sas-
sonia *, che i i
, pure vissero quando una vera svolta veniva operata
nella | trattazione di questo tipo di fallacie. Il discorso degli
autori, ora, si muove in genere sulla traccia del testo aristotelico
e solo qua e là affiora una notazione di un qualche interesse. i
Vediamone qualcuna in via preliminare.
95 Perri PrcravensIs Sententiae, II, 17, edd. PS Moore-J.H. Garvi
DIG 5 È -J.H. Garvin-
1% Dee: Notre Dame Ind. 1950, pp. 128-129, cit. in De RuK, op. cit.,
, Ds 175.
% Il rilievo è già in Wirson, William Heytesbury..., cit., pp. 12-13.
Terminologia logica della tarda scolastica S25
Sappiamo che Aristotele suggeriva di risolvere la fallacia della
composizione intendendo divisi i termini e viceversa, ma ora si
tileva che non ogni composizione o divisione dà luogo a fallacia.
L’affermazione tradizionale va dunque intesa in senso restrit-
tivo: là dove c’è fallacia della composizione, la soluzione è la
divisio, e viceversa”.
Un altro tema che talora affiora è quello della riduzione del
senso composto e del senso diviso ad altre fallacie, per il quale
si è visto che Aristotele offre la traccia con la riduzione all’« igno-
rantia elenchi ». Ma alla fine del secolo XII in quei commenti
a Boezio editi dal De Rijk sotto il titolo Frustula logicalia si
sosteneva che Boezio non aveva accennato alla comzpositio e alla
divisio perché intendeva comprenderle sotto l’aeguivocatio, da
intendere in senso lato”. Invece Pietro Ispano, Tommaso
9? Cfr. Tommaso D'Aquino, De fallaciis, cit., nr. 657, p. 230; Occam,
Elementarium logicae, cit., pp. 121 e 123. È per lo meno equivoco ciò che si
legge nei Tractatus Anagnini, cit., p. 330: «[...] quas (sc. fallacias composi-
tionis et divisionis) ideo mixtius tractamus quia ubicumque est fallacia com-
positionis potest esse fallacia divisionis, et e converso »; si vedano invece
Fallacie Vindobonenses, cit., p. 508: « Et est sciendum quod ubicumque est
compositio, ibi est divisio, et e converso; sed non ubicumque est fallacia
compositionis est fallacia divisionis, nec e converso », e Dialectica Monacensis,
cit., p. 574: «[...] numquam in eodem paralogismo debent assignari hee
ambe fallacie, sed altera tantum »; così va intesa la Surzzza Sopb. el., cit,
p. 313: «iEt notandum est quod ubicumque est conpositio, ibidem est
divisio. Sed quando compositio facit fallaciam, tunc est sophisma composi-
tionis; quando autem divisio facit fallaciam, sophisma est divisionis ». E si
legga Occam: « Circa quas non est curiose disputandum an sint una fallacia
vel plures, aut quis vocandus sit sensus compositionis et quis divisionis. Hoc
enim parum vel nihil prodest ad alias scientias intelligendas » (Tractatus
logicae minor, cit., p. 86).
98 Op. cit., p. 617: «Comprehenderat (sc. Boetius) enim sub equivo-
catione amphibologiam, coniunctionem et divisionem, quorum sophismata
habent fieri secundum termini alicuius diversam acceptiorem », e p. 619: « Ad
quod dicendum quod ‘eguivocatio’ laxo modo accipitur a Boetio, ut dicatur:
equivocatio idest proprietas secundum quam aliquid significat plura equivoce
526 Alfonso Maierùà
d'Aquino !, Duns Scoto !" e Occam ‘® pongono il problema del
rapporto tra arzphibologia e compositio et divisio, anche se lo
stesso Occam finisce per considerarlo problema non rilevante dal
punto di vista della logica applicata !®.
Ma in questo periodo la discussione sul senso composto e sul
senso diviso trova il suo centro nella identificazione del tipo di
‘molteplicità’ che occorre in queste fallacie e delle ‘cause’ che la
determinano.
Già le Glose distinguevano le « fallaciae in dictione » secondo
una triplice molteplicità: attuale per l’anfibologia e l’equivocità,
potenziale per composizione e divisione (e, sarà specificato in
seguito, per l’accento), fantastica per la « figura dictionis » !*,
forse seguendo il commento d’Alessandto (senza dubbio l’Afro-
disio), ora perduto ‘9. Tutti gli autori che se ne occupano nei
secoli XIII-XIV !% confermano che la molteplicità potenziale ha
luogo nel senso composto e nel senso diviso.
Per quanto riguarda le cause, i testi ne identificano due in
rapporto a tutte le fallacie: causa apparentiae e causa non existen-
principaliter; et in hoc sensu amphibologia, compositio, divisio, accentus
sunt equivocatio ».
® Summulae logicales, cit., 8.10, p. 95.
100 Op. cit., nr. 656, p. 230.
101 In libros Elenchorum quaestiones, cit., q. xix, $ 2, p. 240b.
102 Cfr. Summa logicae, III, iv, 8, cit., f. 99rb (dove si discute delle
modali), e Tractatus logicae minor, cit., p. 87 (trattando dell’alternativa pro-
posizione categorica—proposizione ipotetica).
103 Elementarium logicae, cit., p. 121 (a proposito delle modali); v. n. 97.
10 Op. cit., p. 222.
105 Ma v. ALEXANDRI quod fertur in Aristotelis Sophisticos elenchos com:-
mentarium, ed. M. Wallies, « Commentaria in Aristotelem Graeca », II, m,
Berolini 1898, p. 22; cfr. PreTRo IsPANO, Surzmzulae logicales, cit., 7.08, p. 67.
106 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 569; Pietro IsPANO, op. cito;
ALserto M., Liber I Elenchorum, cit., p. 545; VINCENZO DI BEAUVAIS, op.
cit., 276; Tommaso D'Aquino, op. cit., nr. 656, p. 230; Duns Scoro, op. cit.,
q. xix, in part. p. 241; Buripano, Compendium logicae, cit., VII, 2.
Terminologia logica della tarda scolastica 527
tiae (o defectus, o deceptionis, o falsitatis); esse possono facil-
mente essere ricondotte a una definizione scolastica di fallacia che
troviamo in Pietro Ispano: « fallacia est apparentia sine existen-
tia » !”. Nel caso del senso composto e del senso diviso, si cerca
di individuare la causa della confusione tra i due sensi (« causa
apparentiae ») e il principio dell’errore (« causa non existentiae »,
« causa defectus »). Ma la discussione sulle cause chiarisce come
vada intesa la molteplicità potenziale chiarendo i vari punti di
vista dai quali può essere considerato il discorso fallace.
Molteplicità potenziale si ha quando le dictiones o voces occor-
renti nell’enunciato sono materialmente le stesse, ma dànno luogo
a diversi significati. L'identità materiale (o ‘sostanziale’) delle
voces è « causa apparentiae », la pluralità dei sensi, o pluralità
formale, o attuale !%, è « causa non existentiae ».
Tuttavia detta pluralità formale è spesso ricondotta al diverso
pronuntiare ', alla diversa prolatio !!° o punctuatio!!! che inter-
107 Op. cit., 7.03, p. 66.
108 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 570; GUGLIELMO DI SHYRESWOOD,
Introductiones in logicam, cit., pp. 89-90; Pietro ISPANO, op. cit., cit., 7.25,
p. 74, e 7.28, pp. 75-76; Ps. Bacone, Sumule dialectices, cit., pp. 334-337;
ALserTo M., op. cit., p. 548a; Tommaso D'AQUINO, op. cif., nr. 657, p. 230;
Occam, Tractatus logicae minor, cit., p. 86; BurIpANO, op. cit., VII, 3.
Si notino, in particolare, nel testo di Tommaso d’Aquino, le equivalenze
potentialiter-materialiter, formaliter-actualiter, e si legga BuRIDANO (op. cit.,
VII, 2): «Multiplicitas potentialis dicitur cum vox, existens eadem se-
cundum materiam et diversa secundum formam, habet multas significationes ».
19 Arserto M., op. cit., p. 545b: « Divisa sic pronuntianda est [...].
Composita autem oratio sic pronuntiatur [...] »; v. n. 113. Per la pronun-
tiatio nella retorica classica, cfr. CiceRoNnE, De inventione, I, VII, 9:
« [...] pronuntiatio est ex rerum et verborum dignitate vocis et corporis
moderatio »; ma cfr. LAusBERG, op. cit., p. 787. V. anche ps. BAcoNE, Sumule
dialectices, cit., p. 331.
110 Cfr. Dialectica Monancesis, cit., p. 569: «ex modo proferendi »;
Ps. Bacone, Sumule dialectices. -it., pp. 331 e 337.
Il Occam, Suzzrza logicae, cit., III, iv, 8, f. 99ra: « Causa non existentiae
est diversitas punctuationis », e Elemzentarium logicae, cit., p. 121.
528 Alfonso Maierù
viene nella utilizzazione pratica dell’enunciato !!,
Alberto di Sassonia, invece, definisce: « Causa autem defectus
est diversitas constructive orationis earundem (sc. dictionum),
sicut patet in illa ‘quidquid vivit semper est’ » !!. Il riferimento
alla constructio!!* indica che alla base di questa dottrina può
esserci una preoccupazione di origine grammaticale, che più chiara-
mente traspare, presso lo stesso Alberto e presso altri autori, pro-
prio nella descrizione della compositio e della divisio: una oratio è
composita quando « dictiones ordinantur secundum situm magis
debitum », ma è divisa quando « dictiones ordinantur secundum
situm minus debitum » !5, mentre altti maestri non privilegiano
la compositio rispetto alla divisio 9 (ma il riferimento alla construc-
12 Cfr. ALBERTO M., op. cif., p. 535a-b: « Modi autem arguendi [...] sunt
duo, scilicet secundum apparentiam acceptam in dictione, secundum quod
dictum est idem quod voce litterata et articulata pronuntiatum est sive pro-
latum: [...] omne enim quod dicendo profertur, hoc vocatur dictio: unde
hoc modo et oratio dictio est: forma enim dictionis hoc modo accepta pro-
latio est: et quae una continua prolatione profertut, una dictio: et quae
pluribus, plures est dictiones ».
113 Logica, cit., V, 4, f. 40va.
114 Per i rapporti tra comstructio, congruitas e perfectio come proprietà
del discorso secondo Martino di Dacia, cfr. PinBoRG, op. cit., pp. 54-55.
115 Così Pietro IsPANO, op. ci., 7.25, p. 74; cfr. Tommaso D'Aquino,
op. cit., nr. 657, p. 230; ALBERTO DI SASSONIA, op. cit., V, 4, f. 40rb, parla
di «magis apte construi » e «minus apte construi » rispettivamente per
sensus compositus e sensus divisus.
. 116 Cfr., ad esempio, GucLIELMO DI SHyreswooD, Introductiones in lo-
gicam, cit., p. 89: «Est [...] compositio coniunctio aliquorum, que magis
volunt componi. Divisio est separatio aliquorum, que magis volunt dividi »
(si ricordi che in altro senso Guglielmo privilegia la compositio: cfr. n. 17);-
VINCENZO DI BeAUVAIS, op. cit., 277, dove distingue composizione e divi
sione essenziale e composizione e divisione accidentale e precisa che l’oratio
è composta in rapporto alla composizione essenziale e divisa in rapperto alla
divisione essenziale e, se falsa, è resa vera rispettivamente dalla « div'-io
Terminologia logica della tarda scolastica 529
tio è rintracciabile in testi della fine del secolo XII !!?).
Per chiarire la natura di tale posizione, esaminiamo l’esempio
addotto da Alberto: è il noto sofisma « quicquid vivit semper
est ». Ci si chiede con quale verbo più propriamente semper
vada congiunto, e si risponde ch’esso va congiunto con est: dun-
que, congiunto con es fa senso composto, congiunto con vivit
fa senso diviso. Che gli avverbi « de natura sua habent determi
nare verbum », come scrive Pietro Ispano !!, è dottrina gramma-
ticale; se ne conclude che semzper « potius determinabit verbum
principale quam minus principale » !'9, cioè es? piuttosto che
vivit. Guglielmo di Shyreswood ricorda che secondo Prisciano
« adverbia magis proprie habent precedere suum verbum »!2:
di qui dunque i cenni al « situm magis debitum » che troviamo
accidentalis » e dalla « compositio accidentalis »; BurIDANO, op. cit., VII, 3.
117 Per un verso cfr. la Diglectica Monacensis, cit., p. 569; « Est itaque
quedam compositio sermonis que nil aliud est quam constructio sive ordi-
natio alicuius sermonis componibilis vel incomponibilis ad alterum cum quo
videtur potius quam cum alio coniugi, sic tamen se habens quod ab illo possit
dividi et ordinari cum alio cum quo videtur minus coniugi et ordinabile.
Divisio autem est separatio alicuius ab aliquo cum quo natum est ordinari
secundum debitum sicut qui debet esse in partibus illius orationis. Ex hoc
patet quod ista oratio que multiplex est ex compositione et divisione, quan-
tum est de se, sensum compositionis semper habet actualiter et principaliter,
sensum vero divisionis protestate »; pet l’altro cfr. le Fallacie magistri
Willelmi, cit., p. 687: « Fallatia secundum compositionem est quando infer-
tur coniunctim ex divisim dato tamquam coniunctim dato. Dicitur autem
in dictione quia fallit ex proprietate dictionis, scilicet compositione, cum sit
compositio dictionum constructio innitens compositioni », e p. 688: « Fallatia
secundum divisionem est cum infertur ex coniunctim dato quasi divisim
dato. In dictione dicitur esse quia fallit ex proprietate dictionis, ut ex divi-
sione, cum sit divisio dictionum constructio innitens divisioni. Ideoque
secundum divisionem nominatur hec fallatia ».
118 Op. cit., 7.25, p. 74.
119 Ivi.
120 Introductiones in logicam, cit., p. 91; cfr. PRISCIANO, op. cit., XV, 39,
in Grammatici latini, III, cit., p. 89.
34
530
Alfonso Maierù
nei testi. Ma sem di i i
bra un’indebita estensione caratterizzare senso
È pra il testo più illuminante tra quelli sfogliati in ordine al
‘Porto tra queste analisi e la dottrina grammaticale dell:
constructio sono le « quaestiones » di Duns Scoto sugli Ele, chi
sofistici. La sua analisi è tutta impregnata delle dista È
delle esigenze derivanti da un’impostazione in linea con la ram.
matica speculativa. In essa trovano posto e sistemazione o i
temi della pronuntiatio, prolatio e punctuatio che abbiamo vi
accennati e utilizzati dagli altri autori. i
Di cit., VII, 3, primo modo. Occam, nella Sunzza logicae, cit
A » 99ra), per questo sofisma fa riferimento solo alla diversa puachia:
Tractatus logicae minor, cit. 86. i È
sotto il pri : ‘-, p. 86, i due esempi sono dati di segui
ae polo continua poi affermando che, se c'è una lea
compositus în quo dis composto e diviso, essa è che «ille sensus est
di duo siiae di ictio componitur cum alia dictione; et ille est divisus
ictio cum nulla alia immediata sibi componitur » (p. 119): in
un’altra, non si ‘compone’ i
tra, ; npone’ con una terza dictio nella si izi
cfr. l'esame dei modi, più avanti (nn. 133 e 134), COCAINA
531
Terminologia logica della tarda scolastica
Conviene perciò seguire il suo discorso fin dall’origine.
Distinta una triplice molteplicità !2, egli afferma che la molte-
plicità potenziale si ha « quando est ibi identitas vocis secundum
materiam, et non secundum formam » ‘, e che la forza non è altro
che la prolatio 4. « Causa apparentiae » della fallacia in senso
composto e in senso diviso è: « unitas materialium cum similitudine
orationis compositae ad divisam [...] et e converso in divisione »:
non si tratta soltanto della materiale identità delle dictiones, ma
anche di una diversa somiglianza dell’un modo all’altro che sulla
materiale identità si innesta; questa diversa somiglianza si fonda
sui diversi « modi proferendi compositim vel divisim », che sono
di specie differenti '”. Ora, precisa l’autore, « [...] modus profe-
rendi est quidam modus significandi Logicalis, per quem unus
intellectus ab alio distinguitur » !%. Accanto ai modi significandi
grammaticali, che stanno a base della constructio !”, Duns Scoto
pone dunque i modi significandi logicales che fondano la diversità
dei ‘sensi’ (inzellectus) anche là dove è una stessa constructio. Essi
12 Op. cit., q. xix, $ 4, f. 24la.
13 Ivi.
14 Ivi: «Actualis multiplicitas est, quando est ibi identitas vocis
secundum materiam, et formam, quae est prolatio ».
15 Op. cit., q. xxiv, $ 5, f. 247a: « Unde dicendum, quod unitas mate.
rialium cum similitudine orationis compositae ad divisam, est causa appa-
rentiae in compositione, et e converso, in divisione. Et licet istae simili-
tudines radicaliter proveniant ex unitate materialium: istae tamen simili-
tudines super modos proferendi compositim, vel divisim fundantur, qui
tamen sunt specie differentes ». Perciò le due fallacie non vengono unifi-
cate dall’autore (cfr. q. xxiii, f. 245: «Utrum compositio et divisio sint
duae fallaciae distinctae specie »).
126 Ivi, q. xxvi, $ 4, f. 249a.
127 Ivi: « Ad rationes. Ad primam dicendum, quod si maior intelligitur
solum de modis significandi Grammaticalibus, qui sunt principia construendi
unam dictionem cum alia, tunc falsa est maior. Sed si intelligatur, quod
omnis diversitas in oratione, vel provenit ex diversitate significati, vel
modorum significandi Logicalium, tunc vera est, et minor falsa ».
sa Alfonso Maierù
sono infatti « ex parte nostra » !® e si traducono in una diversa
prolatio e in un diverso punctuare, che non toccano la con-
structio in quanto tale !®. Ma la constructio operata dai « modi
significandi » grammaticali dà luogo (naturalmente, si potrebbe
dire) al senso composto, mentre il senso diviso interviene facendo
quasi violenza alla natura delle dictiones e alla loro disposizione
nella orazio: 0, meglio, il « modus proferendi » che sta alla base
del senso composto è più rispettoso della constructio che non il
« modus proferendi » che fonda il senso diviso; ciò risulta dal-
l’esame dei tre modi, concretizzati in tre esempi, che Duns Scoto
assegna alla composizione e alla divisione !,
128 Ivi, $ 2, f. 248b: « Dicendum, quod diversitas modi proferendi est ex
parte nostra. Sed quod oratio sic prolata, hoc significet, et sub alio modo
proferendi significet aliud, hoc non est ex patte nostra ».
129 Ivi, q. xxi, $ 6, f. 243a, discutendo del rapporto tra molteplicità attuale
e molteplicità potenziale: «Est tamen intelligendum, quod licet determi
nata (ex terminata) prolatio determinet orationem multiplicem secundum
actualem multiplicitatem, et potentialem, sicut accidit in compositione, et
divisione, una tamen multiplicitas ab alia differt. Nam determinata pio:
latio orationis multiplicis secundum potentialem multiplicitatem, punctuando
ad alterum potest ipsam determinare, manente semper eodem ordine
vocum. Sed determinata prolatio, manente eodem ordine vocum, punctuando,
non determinat orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem
ad alterum sensum, sed ipsa transpositio terminorum. Si enim dicatur
Pugnantes vellem ma accipere, ly pugnantes, non pet punctuationem ad
alterum sensum potest determinati ».
130 Per il primo modo (sedentem ambulare est possibile), cfr. ivi,
q. xvi, $ 3, ff. 248b-249a: « Sed ulterius oportet videre, quis modus profe:
rendi facit sensus compositum et divisum. Et dicendum est, quod continua
prolatio eius, quod est sedentem, cum hoc quod est ambulare, causat
sensum compositum. Iste autem modus proferendi possibilis est in ora-
tione, nam sic modi significandi Grammaticales ad invicem dependentes
terminantur et quae nata sunt coniungi coniunguntur. Iste autem sensus
accidit orationi praeter aliquam violentiam, ideo iste sensus magis
appropriatur orationi. Sensus autem divisionis accidit ex discontinua
prolatione earundem partium. Et quia quae nata sunt coniungi ad invi-
Terminologia logica della tarda scolastica 533
Sembra che queste precisazioni possano illuminare testi che,
mancando di espliciti riferimenti, altrimenti risulterebbero
oscuri 15,
cem, separantur, ideo iste sensus minus appropriatur orationi, unde accidit
ei cum quadam violentia »; per il secondo modo (quingue sunt duo et
tria), ivi, q. xxx, $ 1, f. 25la: «Ad primam quaestionem dicendum,
quod Coniunctio, vel copulatio, per se copulat inter terminos: per accidens
autem inter propositiones. Et huius ratio est: nam cum Coniunctio sit
pars orationis, habet modos significandi secundum quod cum aliis partibus
orationis consttui potest; sed non construitur, nisi cum illis, inter quae
copulat, oportet igitur ista habere modos significandi sibi proportionabiles,
qui sint principium constructionis; ergo non copulat inter orationes. Sed
tamen, quia terminos inter quos copulat accidit partes unius orationis esse,
vel diversarum, ideo dicitur copulare inter terminos, vel inter orationes.
Magis tamen proprie potest dici, quod coniunctio posset copulare inter
terminos unius orationis, vel inter terminos diversarum orationum »; per
il terzo modo (quod unum solum potest ferre plura potest ferre), ivi,
q. xxxiii, $ 3, f. 253a: «Circa tamen modos intelligendum est, quod tot
sunt modi secundum compositionem, et divisionem, quot modis componere
contingit, quae nata sunt componi, et illa ad invicem dividere, resultante
diversitate sententiae. Sed ad videndum quae nata sunt componi, intelli-
gendum est, quod Priscianus dicit, in maiori volumine, quod omnis deter-
minatio, et omnia Adiectiva Nominaliter, vel Adverbialiter designata,
praeponuntur aptius suis substantivis, ut fortis Imperator fortiter pugnat,
et ratio potest esse, nam Adiectiva de se quasi infinita sunt, et ideo per
sua Substantiva determinantur. Dicit etiam Priscianus, quod licet omnia
postponere, exceptis monosyllabis, ut nunc, turc, et huiusmodi, sed hic
videtur esse dicendum, quod quando determinatio componitur cum deter-
minabili subsequenti, tunc dicitur oratio composita; et quando ab eodem
removetur, dicitur divisa: sed huic modo dicendi repugnat iste paralogismus,
Ex quinquaginta virorum centum reliquit divus Achilles, nam si praedicta
oratio dicetur composita, quando ly wvirorum componitur cum ly Quir-
quaginta, tunc propositio est falsa, cum tamen ille paralogismus sit para-
logimus divisionis, et tunc dicitur esse vera in sensu composito, sed tunc
dicendum est, quod haec est littera, Quinguaginta ex centum virorum, etc.
vel quod paralogismus ille est compositionis, ponitur tamen inter paralo-
gismos divisionis, etc. ».
131 In particolare, cfr. Ps. BACONE, op. cif., pp. 334-336 e 341-342,
oltre al testo di Occam, in n. 117. *
534 Alfonso Maierù
Accenniamo, per concludere, ai modi posti da ciascun autore.
Pietro Ispano assegna due modi al senso composto e due al senso
diviso ‘©, mentre le Sumzyle attribuite a Bacone forniscono due
modi per il senso composto e due per il senso diviso, e ne aggiun-
gono per ciascun senso un terzo in forma dubitativa !8. Il testo
12 Op. cit.: « Compositionis duo sunt modi. Primus modus provenit
ex co, quod aliquod dictum potest supponere pro se vel pro parte sui, ut
haec: “sedentem ambulare est possibile” [...]. Et sciendum quod soleat
huiusmodi orationes dici de re vel de dicto. Quando enim subiicitur pro
se, dicitur de dicto, quando subiicitur pro parte dicti dicitur de re. Et omnes
istae propositiones sunt compositae quando dictum subiicitur pro se, quia
praedicatum competentius ordinatur toti dicto quam parti dicti» (7.26
pp. 74-75); « Secundus modus ‘provenit ex eo quod aliqua dictio potest
referri ad diversa, ut “quod unum solum potest ferre, plura potest ferre” »
(ivi, 7.27, p. 75); «Divisionis duo sunt modi. Primus provenit ex eo
quod aliqua coniunctio potest coniungete inter terminos vel inter propo.
sitiones ut hic: “duo et tria sunt quinque” » (ivi, 7.29, p. 76); « Secundus
modus provenit ex co quod aliqua determinatio potest refetri ad diversa, ut
tu vidisti oculis percussum”. Haec est duplex ex eo, quod iste ablativus
“oculis” potest referri (ad) hoc verbum “vidisti”, vel (ad) hoc participium
“percussum” » (ivi, 7.30, p. 76).
133 Op. cit: «Et sunt duo modi secundum hunc locum (sc. fallaciam
compesicionis); primus, quando aliquid componitur cum uno et cum divi-
ditur “non componitur cum alio, ut ‘possibile est sedentem ambulare’ Edi
et universaliter, omnis oracio que est ex modo nominali dicitur esse secun-
dum quod est de re et dicto [...]» (p. 335); «Secundus modus est
quando aliqua diccio componitut cum uno et cum dividitur potest cum
alio componi, ut ‘quicumque scit litteras nunc didicit illas [...}'» (ivi);
«[..] 3.48 modus est quando determinacio componitur cum uno, et cum
dividitur componitur cum alio subintellecto » (p. 336); « Primus est modus
(sc. fallaciae divisionis) quando aliquid dividitur ab uno et non compo-
nitur cum alio, ut ‘quecumque sunt duo et tria sunt paria et imparia [...] »
(ivi); « Secundus modus est quando aliqua determinacio dividitur falso ab
uno et componitur cum alio posito in oracione, ut ‘deus desinit nunc
esse’ » (altro esempio è « quadraginta virorum centum reliquit dives
Achilles ») (p. 337); «In hoc tamen paralogismo dicitur esse 3.48 modus
divisionis, quia cum dividitur determinacio ab aliquo actu posito in ora-
cione componitur intellecto, set hoc forte non facit composicionem de
Terminologia logica della surda scolastica 535
delle Suzzule è riecheggiato abbastanza da vicino dalla esposi-
zione di Alberto Magno, il quale attribuisce tre modi alla compo
sitio e tre modi alla divisio !*. Vincenzo di Beauvais, che segue
qua hic loquimur, et propter hoc est ibi primus modus » (ivi).
14 Cfr. op. cit., pet il senso composto: «[...] primus provenit, quia
aliqua dictio in oratione est composita cum aliquo, et tamen non dividitur
id quod est in oratione: et tales sunt hae duae orationes, ut posse sedentem
ambulare, et posse non scribentem scribere » (p. 545b); « Secundus modus
provenit ex hoc quod aliquid componitur cum aliquo in oratione eadem
posito, et dividitur etiam ab aliquo posito in eadem oratione: et hujus
exemplum est, discere nunc litteras, siquidem didicit quas scit [...]»
(pp. 545b-546a); « Tertius modus est, quando componit cum aliquo in
oratione posito, sed sub intellectu in eadem oratione; et hujus exemplum
est quod dicitur, quod unum solum potest ferre, plura potest ferre: sensus
enim compositionis est secundum quod continua et composita est prolatio
inter haec duo, 747 solu:, cum hoc verbo infinitivo, ferre, sic, quod potest
ferre unum solum, ita quod nihil amplius plura potest ferre: sic enim
composita est et falsa: et sic dictio exclusiva respicit infinitivum ferre:
quia quod sic unum solum potest ferre, et nihil amplius, non potest ferre
plura: quia sic dictio exclusiva ponit formam suam circa hunc terminum,
unu, et excludit id quod est oppositum uni ab infinitivo super quod
ponitur posse vel possibile: et ideo quod sic unum solum potest ferre,
non potest plura ferre. Si autem discontinua et divisa sit prolatio inter
haec duo, unu solum, tunc dictio exclusiva excluditur ab isto termino,
unutt, et conjungitur cum participio subintellecto quod est ens vel existens
solum, potest ferre: et hoc est verum: et ideo divisa est vera, composita
falsa » (p. 546a); per il senso diviso: «Primus ergo modus erit, quando
aliquid dividitur ab aliquo in oratione posito, et cum nullo componitur in
eadem oratione posito: et de hoc duo sunt exempla sic, quinque sunt duo, et
tria: et formatur sic: quaecumque sunt duo et tria, sunt quinque: duo et
tria sunt duo et tria: ergo duo sunt quinque, et tria sunt quinque, quod
falsum est. Adhuc alia oratio: quaecumque sunt duo et tria, sunt paria
et imparia: quinque sunt tria et duo: ergo quinque sunt paria et imparia.
Adhuc autem penes eumdem modum accipitur et haec oratio, quae est
majus esse aequale et formatur sic: quod est majus, est tantumdem et
amplius: sed quod est tantumdem, est aequale, et quod est amplius, est inae-
quale: ergo quod est tantumdem est aequale et inaequale. — Cum autem
in his orationibus sit multiplicitas in hoc quod eadem oratio secundum
736 Alfonso Maierù
da presso Aristotele, ammette tre modi di paralogizzare per il
senso composto e tre per il senso diviso '5. Tommaso d’Aquino
conosce tre modi che valgono sia per il senso composto che per
il senso diviso, i quali però non aggiungono niente di nuovo al
materiam in omnibus his divisa et composita non eadem significat, sed
aliud, in omnibus his significat divisa et composita. Exemplum autem ; juod
est quando aliquid in eadem oratione componitur cum aliquo, et ii
ab isto componitur cum aliquo in eadem oratione posito, ut ég0 te posui
cane entem liberum: et est in hac oratione multiplicitas, ex eo quod
oc participium, erfemz, potest componi cum hoc nomine, servum, et si
est oratio composita et vera: vel dividi ab illo et componi cat e
nomine, liberum, et sic est divisa et falsa: et hoc juxta secundum oa
compositionis. — Exemplum autem ejus quod est tertius modus co »
sitionis (scilicet quod divisum ab aliquo in oratione posito ine
cum aliquo non in eadem oratione posito, sed sub subjecto intellecto) i
hoc: quadraginta virorum, centum reliquit divus Achilles: et est h
multiplicitas ex eo quod haec dictio, certurz, potest componi cum res
termino, viror4m, et tunc est adjectivum ejus et est casus genitivi: et Sic
Rae est composita et vera sub hoc sensu, centum virorum ita
orco cigno quadraginta. Vel iste terminus, centum, potest addi ad hunc
um, reftguit, et tunc componitur cum hoc termino subintellect
st: est virorum, et sic est divisa et falsa sub hoc sensu, quod de prezà
qua aginta virorum, centum reliquit divus Achilles, quod est impossibile.
sti ergo sunt modi compositionis et divisionis » (pp. 546b-547a). Ma l’aut
a Di gere chiarisce ulteriormente il meccanismo del senso composto pei
ee pag: Si autem quaeritur penes quid accipiantur modi compo-
onis et divisionis? Satis patet per praedicta: quia divisum ab aliquo i
oratlone posito: aut non componitur cum aliquo in eadem a »
sic est primus modus: aut componitur cum aliquo: et si componitur, ta
"gn cum aliquo in oratione posito, aut non posito, sed subintel-
lecto. primo modo est secundus modus, altero autem modo tettius t:
in pine quam in divisione ». >
sn pat ei senso composto: « Primus fit eo quod parti
È og soin 1 intellectae, potest ordinari cum diversis verbis,
bre sie > si ile est ambulare, possibile est ut ambulet; possibile
agi ipa cun ser re “N ut stano ambulet. Minor mul-
i ; , est vera; distingui
niter de re vera, de dicto (ex dicta) falsa. Secandas inte rn
Terminologia logica della tarda scolastica 537
testo dei suoi predecessori !*. Anche Duns Scoto assegna tre modi,
come si è visto, e sono comuni ai due sensi !”; ma Guglielmo
adverbium possit componi cum uno verbo, vel ab illo dividi, et componi
cum alio, ut hic: Quod scit aliquis nunc didicit; sed magister litteras nunc
scit; ergo nunc didicit, non valet [...]»; «Tertius fit, eo quod nota
exclusionis possit componi cum diversis verbis, ut hic: Quod unum solum
potest ferre, non potest plura ferre»; per il senso diviso: «[...] uno
modo, eo quod dictio copulativa vel disiunctiva potest copulare dictiones,
vel orationes; secundum quem sic paralogizatur: Quaecunque sunt duo et
tria, sunt paria et imparia; quinque sunt duo et tria, ergo etc. Secundo
modo, eo quod participium possit coniugi cum diversis nominibus, ut hic:
Ego posui te servum entem liberum; entem potest coniungi huic nomini
servum, et sic est vera composita, quia priori nomini natum est plus com-
poni; vel ab eodem dividi, sic est falsa divisa. Tertio modo hoc idem con-
tingit, quando aliquod nomen cum alio nomine potest coniungi vere, vel
ab codem dividi false; ut hoc nomen centurz in exemplo Aristotelis, cenzum
quinquaginta virorum reliquit Achilles. Iteque secundum divisionem potest
fieri paralogismus, quoties a coniunctim dato, infertur divisim; et e converso
secundum compositionem sic: Iste est bonus, et est clericus; ergo est bonus
clericus, et e converso potest argui similiter secundum divisionem ».
1386 Op. cit.: «Primus modus est quando aliquo dictum potest suppo-
nere verbo vel ratione totius vel ratione partis: si ratione totius supponat,
erit oratio composita, si ratione partis, erit oratio divisa » (nr. 658, p. 230):
corrisponde al primo modo del senso composto di Pietro Ispano, fa leva
sull’esempio base: « possibile est album esse nigrum », e richiama la distin-
zione della modalità de dicto dalla modalità de re; «Secundus modus pro-
venit ex eo quod aliquando praedicatum, in quo pluta adunantur per
coniunetionem copulativam vel disiunctivam, potest attribui subiecto co-
niunctim vel divisim. Si coniunctim, est oratio composita; si divisim, oratio
est divisa» (nr. 659, p. 230): anche qui, l'esempio è classico, ma è dato
al negativo: «quinque non sunt duo et tria»: la discussione verte
sull’interpretazione del rapporto tra soggetto e il predicato «duo et
tria»; «Tertius modus est, quando una dictio potest coniungi diversis
dictionibus in locutione positis: erit autem tunc secundum hoc composita
oratio, quando coniungitur cum dictione cui magis apparet, vel apta
nata coniungi; divisa (diversa: Spiazzi) vero, quando ab ea disiungitur.
Sicut in hoc paralogismo patet: Quod potest unum solum ferre, plura potest
ferre [...]» (nr. 662, p. 231).
137 Op. cit. gli esempi sono: (a) «sedentem ambulare est possi-
538
Alfonso Maierà
d’Oc i i
lea atti due modi comuni al senso composto e al senso
n Pe gl 5 stessi occorrono anche nei trattati di Burleigh editi
er !. Alberto di Sassonia, invece, torna ai tre modi, ma
5
adem aut aliquibus eisde i
b ‘m replicata vel repetita, eadem dicti i
cum una vel pluribus » (Elezentarium logicae, cit., pp. 119-120; di. Tresa
139 Per il pri i
imo modo con i termini i
. i modali, cfr. D i i i
di do 9 . De puritate ar,
ass per il secondo modo con et, cit, ivi, a 242: « fa pio,
oa pini tra pg inter duos terminos ia
$ 5 est locutio, ex eo d i
: I, IG È quod potest
inc bag cà propositiones. Et haec distinetio e rit deg a
mitrigria Ma iena secundum quod copulant inter terminos È
ergono meine 8 secundum quod copulat inter propositiones sic
rotta» sig con vel, cfr. ivi, p. 243: «Et est sciendum faod
“gu Legea cp ‘vel? ponitur inter duos terminos, uiciea
csbieg 3 hei potest disiungere inter terminos vel inter proposi.
ri Arg Propositiones, sic est disiunctiva, si disiungat inter
‘minos, e disiuneto extremo. Et h: istincti ;ecun
Lernia la le d j laec distinctio est s
o eri Le Secundum quod disiungit inter duos =
O nis, si !s divisionis; secundum quod disiungit i,
Li ionis; quod disiungit intel
» SIC est sensus compositionis »; e con si, cfr. la dieci hi
e
Terminologia logica della tarda scolastica 539
anche questi sono comuni ai due sensi !°.
Più interessante l’esposizione di Buridano, il quale, dopo tre
modi comuni ai due sensi che ben rispecchiano quelli dei testi
finora ricordati ‘4, esamina altri tre modi, anch'essi comuni: la
negatio può cadere sull’intera proposizione categorica, è « negatio
negans » e rende composta e falsa la proposizione, o può cadere sul
soggetto soltanto, è « negatio infinitans » e rende divisa e vera la
sofisma « Socrates dicit verum si solum Plato loquitur », ivi, p. 250, e del
sofisma « omnis homo, si est Sortes, differt a Platone », pp. 42 sg.
14 Il primo riguarda le modali (cfr. Logica, cit., V. 4, f. 40va: « oratio
respectu alicuius modi »); il secondo riguarda le proposizioni che « ratione
alicuius coniunctionis vel adverbii » possono essere intese come proposi-
zioni categoriche o ipotetiche (ivi, f. 40vb); il terzo sorge «ex co quod in
aliquibus propositionibus aliqua dictio ex diversis coniunctionibus ad diver-
sas dictiones eiusdem orationis causat diversos sensus, sicut de illa: ‘quicquid
vivit semper est’ » (ivi, f. 41ra).
141 « Primus modus est per hoc quod una determinatio potest coniungi
cum utroque duorum determinabilium et separari ab altero, vel unum detet-
minabile cum utraque (ex utroque) duarum determinationum, ut in illa
oratione: ‘quaecumque scit litteras nunc didicit illas’ [...], et in hac oratione
‘quicquid vivit semper est [...]. Similiter in illa: ‘quadraginta virorum
centum reliquit divus (ex dives) \Achilles®. In hoc autem modo sensus
compositus vocatur quando illa dictio coniungibilis diversis coniungitur
cum illo ad quod habet situm magis convenientem et divisus (ex divisis)
vocatur quando separatur ab illo ad quod habet situm magis convenientem,
ut quando coniungitur cum illo ad quod habet situm minus convenientem.
Secundus modus est per hoc quod diversi termini possunt coniunctim
esse unum subiectum vel unum praedicatum, vel possunt divisim unum
esse subiectum et alterum praedicatum, ut in hac oratione ‘sedentem ambu-
lare est possibile’ [....]. Potest enim totum dictum subici et modus praedicari
et e converso, et est sensus compositionis; vel potest una pars dicti subici
et alia praedicari et quod modus se teneat ex parte copulae, et est sensus
divisus et propositio divisa [...]. Tertius modus ponitur prout plures
termini possunt simul coniunctim subici vel praedicari in una proposi-
tione categorica, et possunt etiam divisim subici vel praedicari, et aequi-
valent tunc uni propositioni hypotheticae, ut in hac propositione: ‘quinque
sunt duo et tria’ [...]» (op. cit., VII, 3).
sia Alfonso Maierù
proposizione (è il quarto modo) !®; la negatio negans può cadere
sull’intera proposizione ipotetica, e rende la proposizione co: ‘
posta e falsa, o può cadere solo sulla prima categorica e la pro “
sizione allora è divisa e vera (quinto modo) !*; infine data lino.
tetica « homo est asinus et equus est capra vel deus est Îae
può avere una disgiuntiva, e la proposizione tutta è composta e
vera, oppure una congiuntiva, ed è divisa a falsa (sesto modo) !4,
Buridano, il quale non esclude che possano darsi altri modi
ritiene che questi siano i principali !5, i
5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham
La trattazione del senso composto e del senso diviso nel
secolo XIII e fino ad Alberto di Sassonia è caratterizzata da due
elementi: a) innanzi tutto, come si è detto, un accostamento diretto
al testo aristotelico, scavalcando la mediazione delle summulae
o dei commenti agli Elenchi sofistici fioriti alla fine del secolo XII:
questo accostamento è rivelato dai ‘modi’ presi in esame della
maggior parte degli autori che sono riconducibili in genere ad
esempi occorrenti in Aristotele; b) in secondo luogo, da un’ana-
lisi condotta con i mezzi forniti dalla grammatica speccilerive;
ed è singolare che se nel solo Duns Scoto, tra gli autori esaminati,
le dottrine vengono in luce sistematicamente, l’uso di certa termi:
nologia e certe interpretazioni vadano ricondotte alle dottrine della
lasagne speculativa nelle quali trovano la loto giustificazione,
L. sie sea come in Occam e Buridano, esse sono in via di
Nel secondo quarto del secolo XIV in Inghilterra alcuni logici
12 Ivi,
13 Ivi.
14 Ivi.
145 Ivi.
Terminologia logica della tarda scolastica 541
impostano diversamente il problema. Emergono sugli altri Gu-
glielmo Heytesbury prima e Riccardo Billingham poi. Entrambi
dedicano un trattato ai problemi del senso composto e del senso
diviso. Ma Heytesbury ne parla a lungo anche nel secondo capi-
tolo delle Regulae solvendi sophismata, cioè il De scire et dubitare,
e s'è detto che le Regulae vanno datate al 1335 ‘9, di modo che, a
questa data, Heytesbury aveva elaborato la sua dottrina, almeno
per quanto riguarda un capitolo fondamentale !. È probabile che
14 Cfr. Introduzione, n. 83.
17 Ma nei vari capitoli delle Regulae, cit., è presente la dottrina del
senso composto e del senso diviso: cfr. De insolubilibus, f. Tra: « Sed
ista obiectio et ratio nimis cavillatoria est, et bene potest dici sophistica,
quia vadit solummodo ad verba et non ad intellectum, cum intelligantur
omnia superius posita i sensu diviso; arguit autem iste cavillator contra ista
in sensu composito: nimis enim esset prolixum in verbis tantum instare,
ut nihil diceretur quod cavillatorie non posset impugnari. Ideo non tantum
ad verba nuda, sed ad sententiam referas argumentum et videbis quam
potenter concludit »; De relativis, f. 21rb: «‘Tam incipit aliquis punctus
moveri qui per tempus quod terminatur ad instans quod est praesens
quiescet, ergo iam incipit aliquis punctus moveri et ille per tempus termi
natum ad instans quod est praesens quiescet’: notum est quod non valet
consequentia, quia antecedens est verum in casu et consequens impossibile.
Unde universaliter hoc nomen relativum relatum ad terminum stantem
confuse tantum non habet sic exponi. Arguitur enim in huiusmodi exposi-
tione a sensu composito ad sensum divisum », e f. 21va, a proposito di casi
col verbo apparet (altri casi con apparet in De scire et dubitare, f. 14va);
De incipit et desinit, f. 26rb: «Ad aliud cum arguitur quod Socrates in
aliquo instanti desinet esse antequam ipse desinet esse, optime respondetur
distinguendo illam penes compositionem et divisionem. Sensus divisus est
iste: ‘in aliquo instanti antequam Socrates desinet esse, Socrates desinet
esse’, et ille sensus claudit opposita. Sersus compositus est iste: ‘Socrates
desinet esse in aliquo instanti antequam desinet esse’; in isto sensu tenendo
totum illud aggregatum a parte praedicati, satis potest concedi illa propo-
sitio »; De maximo et minimo, f. 31va-b: « Sed arguitur forte quod primum
est falsum quia non est possibile quod 4 punctus sic movendo ita cito tangat
punctum ultra 4 sicut 5, ergo 4 non poterit ita cito tangere aliquem punctum
ultra 6 sicut %. Huic dicitur concedendo conclusionem, et ex ista non
542 Alfonso Maierù
in Inghilterra le Regulae siano state al centro di discussione al
loro apparire; è certo però che del De scire et dubitare è stato
fatto un adattamento incentrato sulla dottrina del senso composto
e del senso diviso, adattamento che, sotto il titolo (che è l’incipit)
Termini qui faciunt 8, ha avuto una certa fortuna nelle scuole !9.
Viene da chiedersi quale dei due trattati di Heytesbury sia
anteriore all’altro, se le Regulae o il De sensu composito et diviso:
la fortuna arrisa al secondo capitolo delle Regu/ae, che non si
spiega se fosse stato disponibile l’altro trattato, farebbe pensare
all’antecedenza della composizione delle Regulae; l’altro trattato,
in tal caso, sarebbe stato composto per l’esigenza di sistemare
tutta la materia nel corso della discussione nell’ambito universi-
tario. Ma questa è solo un’ipotesi e non abbiamo elementi suffi-
cienti a confortarla. È un fatto però che, oltre ai termini modali,
vengono in primo piano in questa discussione i termini che riguar-
sequitur quin ita cito sicut 4 poterit tangere , poterit ipsum etiam tangere
aliquem punctum ultra è, quia ista significat sensum divisum et alia concessa
denotat compositionem », e ivi, f. 3lvb: « antecedens nam significat secundum
divisionem, consequens autem secundum compositionem » (cors. mio).
148 Cfr. appendice 1 a questo capitolo. Ma è da tener presente che anche
il primo capitolo delle Regulae, cioè il De insolubilibus, ha avuto fortuna:
cfr. WersnereL, Repertorium Mertonense, cit., pp. 212-213; il primo testo
citato dal Weisheipl è l’expositio che ne fa Johannes Venator: cfr. il mio
Lo « Speculum »..., cit., p. 313 n. 67.
149 Il trattato fra l’altro è in due codici, Padova, Bibl. Univ. 1123 e
Worcester, Cath. F. 118, che contengono, nella prima parte, una succes-
sione di piccoli trattati che potrebbero aver costituito un corpus di manuali
per principianti negli studi di logica, corpus formatosi nella seconda metà
del sec. XIV in Inghilterra (il ms. padovano è inglese); il cod. di Worcester
porta l'intestazione « Sophistria secundum usum Oxonie », mentre il rilievo
per il codice padovano è dovuto al compilatore del catalogo manoscritto
(cfr. c. 341). Il confronto fra il contenuto dei due codici merita un’analisi
più approfondita. Il WersHEIPL, The Development..., cit., p. 159, rileva
che al De scire et dubitare, comunque, si affiancano discussioni analoghe a
Oxford: si ricordi fra l’altro, la discussione di John Dumbleton (primo
libro della Surzzza) sull’intensio e remzissio della credenza, ecc.
Terminologia logica della tarda scolastica 543
dano ‘atti dell'anima’, come si vedrà in seguito; che termini
modali e verbi designanti « actus animae » sono ferzzini officiales
secondo la dottrina della probatio propositionis !°; che il De sensu
composito et diviso di Billingham tratta prevalentemente dei zer-
mini officiales!!; che in un adattamento anonimo !° dell’altro
trattato di Billingham, lo Speculum, la dottrina della probatio
dei termini officiales è ricondotta a quella del senso composto e
del senso diviso, come non è nello Speculum di Billingham. :
Tutto ciò fa pensare che i temi del De scire et dubitare di
Heytesbury, più che non quelli del De sensu composito et diviso,
abbiano avuto fortuna in Inghilterra per la dottrina che ci riguarda,
a meno che non si postuli l’esistenza, in ambiente universitario,
anteriormente a Heytesbuty e a Billingham e quindi ai manipolatori
dei loto trattati, di un testo o di un dibattito che abbia condizionato
e convogliato lo svolgimento successivo delle elaborazioni relative
al senso composto e al senso diviso sui termini che saranno poi
detti officiales !*. In tal caso però il De sensu composito et diviso
di Heytesbury con la sua ricca articolazione resterebbe sempre più
un fatto isolato che non trova precedenti, se non quelli lontani
(e non sappiamo quanto noti in ambiente oxoniense) del seco-
lo XII. Forse per sciogliere questo nodo sono necessarie altre
indagini sui manoscritti.
Ciò che caratterizza le analisi del senso composto e del senso
diviso proposte in ambiente oxoniense rispetto a quelle dei secoli
precedenti e dei contemporanei che operano in continente! è
150 Cfr. cap. VI, $ 6.
151 Vedi più avanti, p. 556.
152 Cfr. Cambridge, Corpus Christi College ms. 378, ff. 34v-45v; per esso
v. il mio Lo « Speculura »..., cit., pp. 302 e 323-324. 5
153 L’ipotesi è stata già avanzata in Lo « Speculum »..., cit., pp. 389 390
n. 128, sulla base d’un primo confronto tra i testi di Heytesbury e di
Billingham. ; i : d
154 Quando Occam scrisse il Tractatus logicae minor e l’Elementarium
(nel quale ultimo dà ampio spazio alla dottrina delle fallaciae) era in con-
544 Alfonso Maierà
l’abbandono sia del testo aristotelico — che non viene più seguito
da vicino e costituisce così solo il lontano punto di partenza
della discussione — sia dell’impostazione mutuata dalla gramma-
tica speculativa, quale abbiamo trovato in Duns Scoto: resta, di
questa, un’esigenza che ormai la logica ha fatto propria da tempo,
e cioè l’attenzione alla ‘struttura’ della proposizione esaminata;
non sono però più rodi significandi o proferendi a fornire la intel-
lectio dei vari sensus della proposizione, ma la ‘posizione’ occu-
pata dalle varie dictiones. Il tema ha avuto uno sviluppo note-
vole grazie alla discussione sulle proposizioni modali, come abbia-
mo visto nel capitolo quinto, ma ora viene esteso a tutta la
trattazione del senso composto e del senso diviso, e, più general-
mente, diventa punto cruciale delle analisi logiche di questo
periodo, giacché è su di esso che si incentra, come si è detto, anche
la discussione della probatio propositionis. Un altro elemento
caratterizzante è il controllo dei rapporti tra senso composto e
senso diviso effettuato mediante corseguentia che, accennato qua
e là in precedenza!5, viene esaltato nell’analisi proposta da
Heytesbury.
Ci siamo già occupati in altra sede del trattato di Heytesbuty !%;
tinente da tempo (v. Introduzione, n. 75).
155 Quanto ai rapporti d’inferenza dell’un senso dall’altro, già ABELARDO,
Glosse super Periermenias..., cit., pp. 29-30, rilevava a proposito delle
proposizioni con possibilis: «Et videtur semper affirmatio ‘possibilis’ de
sensu inferre affirmativam de rebus; sed non convettitur [...]. E contratio
autem negationem ‘possibilis’ de rebus inferre negationes de sensu», e
p. 32: « Cum autem affirmative de ‘possibili’ de sensu inferant affirmativas
de rebus (sed non convertitur) et negative de rebus negativas de sensu
(sed non convertitur) [...]». Cfr. Occam, Elementarium logicae, cit.,
p. 123: «Est autem sciendum quod, licet talium orationum sint semper
distincti sensus, tamen saepe unus sensus infert alium ita quod saepe
impossibile est quod unus sensus sit verus sine alio [...]». Gli altri testi
pongono paralogismi (figure sillogistiche), non conseguentiae.
156 Cfr. Il « Tractatus de sensu composito et diviso » di Guglielmo Heyte-
sbury, « Rivista critica di storia della filosofia », XXI (1966), pp. 243-263.
Terminologia logica della tarda scolastica 545
a questa esposizione rimandiamo per problemi particolari e ci
limitiamo qui a richiamare gli elementi fondamentali che carat-
tetizzano l’opera !7.
Il maestro individua otto modi del senso composto e del
senso diviso. Essi sono classificati in base ad elementi sincate-
gorematici o che hanno importo sincategorematico.
Il primo ha luogo con i termini ampliativi o modali 8: si ha
senso diviso quando il ‘modo’ viene a trovarsi tra le parti del
dictum e, se verbo, è in forma personale; si ha senso composto
quando il modo precede il dictum e sta 4 parte subiecti: il modo
in tal caso, se verbo, è impersonale !9.
Il secondo modo ha luogo con i verbi dotati di « vis confun-
157 Sarebbe da discutere lo stato del testo, anche in ordine ai commenti
che esso ha avuto in Italia, ma è questione che ci porterebbe troppo lontano.
Ci limitiamo qui a utilizzare l’edizione veneziana del 1494, che raccoglie
le opere di Heytesbury. Nel prossimo paragrafo, parlando dei maestri italiani,
diremo qualcosa circa il testo ch’essi avevano presente, almeno per quanto
riguarda la distinzione dei vari modi.
158 De sensu composito et diviso, cit., f. 2ta-b: « Et primus modus sicut
in principio fuit exemplificatum est mediante hoc verbo ampliativo ‘pos-
sum’ vel quocumque consimili ampliativo, sicut ‘convenit’, ‘verum’, ‘possi
bile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et sic de aliis, quibuscumque similibus
accidit compositio et divisio ».
159 Ivi, f. 2rb: «Et sciendum est quid sit sensus compositus et divisus
respectu primi modi, sicut et respectu aliorum modorum, et generaliter
respectu quorumcumque modorum positorum, et primo cum hoc verbo
‘potest’ sive fuerit suus modus, qualis est ille terminus ‘possibile’, ‘necesse’,
‘necessario’ vel ‘de necessitate’ et sic de talibus. De quibus sciendum est
quod quando aliquis ipsorum invenitur in aliqua prmpositione absque alio
relativo implicativo sequenti [v. il 3° modo], tunc est sensus divisus et
tunc tenetur illud verbum ampliativum in tali proposittone personaliter [...].
Sed quando illud verbum ‘potest’ vel suus modus totaliter praecedit in
aliqua propositione, tunc est sensus compositus et tunc sensus compositus
significat identitatem instantaneam possibilem respectu istius compositionis
sequentis illum terminum ‘possibile’ et tunc tenetur ibi talis terminus
35
546 Alfonso Maierù
dendi » 1: si ha senso composto quando il verbo precede gli altri
termini, e senso diviso quando tale verbo non è il primo nella
proposizione 181,
ì Il terzo modo si verifica con il pronome relativo !£. Il caso
più semplice è quello del pronome gui: esso può avere expositio
in et ille; se ha expositio, la proposizione categorica equivale a
una ipotetica, cioè alla congiunzione di due proposizioni catego-
riche; se non ha expositio, la proposizione resta categorica. Si ha
senso composto nel secondo caso, senso diviso nel primo !£,
ampliativus impersonaliter [...] »; v. cap. V, $ 7.
10 Ivi, £ 2rb: «Secundus modus est mediante termino habente vim
confundendi, sicut sunt huiusmodi verba: ‘requiro’, ‘indigeo’, ‘praesuppono’
incipio’, ‘desidero’, ‘cupio’, ‘volo’, ‘teneo’, ‘debeo?’, ‘necessarium’,
‘semper’, ‘in aeternum’, ‘aeternaliter’, ‘immediate’, et sic de aliis ». ”
del Nel primo caso non è lecito il descersus dal termine confusus ai
suoi inferiora, mentre nel secondo il termine non confusus ha supposizione
dreraioit Ma Heytesbury non si sofferma su tutto ciò.
; "Ivi: « Tertius modus est mediante termino relativo ‘qui’, ‘quae’
quod’, qualiscumque?, ‘quicquid’, et hoc maxime respectu termini com-
munis stantis confuse tantum, sicut sic arguendo: immediate post hoc erit
instans quod immediate post hoc erit, ergo immediate post hoc erit instans
et illud immediate post hoc etit ».
; 163 Ivi, £. 2va-b: «Nota hic duas regulas pro relativis. Prima est quod
illud relativum ‘qui’, ‘quae’, ‘quod’ vel ‘quid’, quandoque exponitur per
unam coniunctionem ‘et’ et per illud relativum ‘ille’, ‘illa’, ‘illud’, et ali-
quando non exponitur, [1] quando ipsum praecedit negatio vel terminus
includens negationem, [2] et quando refert terminum stantem confuse tan-
tum, [3] et quando praecedit verbum principale, sicut patet in proposi
tionibus antedictis in tertio modo. — Secunda regula est, quod quando
relativum ponitur in eadem categorica, supponit sicut suum antecedens
ut ‘omnis homo est animal quod est rationale’, sed relativum positum in
alia categorica variat suppositionem, ut ‘omnis homo est animal et illud
est rationale’: quia terminus relativus numquam debet sic exponi dum
refertur ad terminum communem stantem confuse tantum (cfr. [2]), sive
post negationem (cfr. [1]), sive post terminum distributum immediate
positum, quod fit quando propositio est in sensu composito. [...]: tunc est
sensus divisus quando illud relativum subsequitur verbum principale. Li]
Terminologia logica delli tarda scolastica 547
Il quarto modo si ha con i termini infinitus e totus che, quando
precedono tutta la proposizione, hanno valore sincategorematico,
altrimenti hanno valore di categoremi: nel primo caso la proposi-
zione è in senso diviso, nel secondo in senso composto !*.
Il quinto modo si ha con la congiunzione ef !9 posta fra ter-
mini che stanno 4 parte subiecti o 4 parte praedicati 16. essa fa
senso composto quando dalla proposizione originaria non è possi-
bile inferire una congiunzione di proposizioni, senso diviso nel
caso contrario o quando sia possibile inferire una proposizione
contenente uno dei due termini senza l’altro col quale in origine
stava in congiunzione !.
Il sesto modo si verifica quando occorre la congiunzione
tune est sensus compositus quando illud relativum praecedit verbum princi-
pale (cfr. [3]), et hoc sive illud relativum sumatur in recto sive in
obliquo ».
16 Ivi, f. 2rb: « Quartus modus est mediante termino quandoque cate-
gorematice sumpto quandoque syncategorematice, cuiusmodi est terminus
‘infinitus, -ta, -tum’, ‘totus, -ta, -tum’; et ad hunc modum possunt reduci
isti termini prius positi adverbialiter, scilicet ‘semper, ‘in aeternum?’, ‘aetet-
naliter? et sic de aliis » (l’autore li ha posti anche nel secondo modo, n. 160);
f. 2vb: «Unde generaliter quando iste terminus ‘infinitum’ vel aliquis
huiusmodi terminus syncategorematice praecedit totaliter propositionem
ita quod istum non antecedit aliquis terminus qui est determinatio respectu
istius termini stantis syncategorematice, tunc est sensus divisus [...]»: se
ne inferisce che nel caso contrario si ha senso composto (ma cfr. f. 3ra:
«[...] sed quando aliquis terminus determinabilis respectu istius praecedit
ipsum quando ponitur a parte subiecti, tune tenetur categorematice, sicut
quando ponitur a parte praedicati [...]»).
165 Ivi, f. 2rb: « Quintus modus mediante illa copula coniunctionis ‘et’,
sicut sic arguendo: isti homines sunt Romae et Ausoniae, igitur isti
homines sunt Romae ».
166 Si ricava dagli esempi che occorrono ivi, ff. 3ra-b.
167 Ivi, f. 3ra: « Respectu notae huius coniunctionis ‘et’, si fiat compo-
sitio vel divisio, faciliter potest cavillari, quia differentia faciliter apparet
inter sensum compositum et divisum»; è infatti uno dei modi più tradi
zionali. L'ultimo caso ha riscontro nel testo della n. 165.
sa Alfonso Maierà
vel'®: si ha senso diviso quando è possibile interpretare la pro-
posizione originaria come una disgiunzione di proposizioni cate-
goriche, e senso composto quando ciò non è possibile !9,
Il settimo modo ha luogo con le determinazioni ita o sicut
in quanto esse hanno il potere di limitare ‘a un certo tempo’
(passato, presente, o futuro) la supposizione dei termini se-
guenti !”; se una proposizione è preceduta da una tale determina-
zione e non è « de simplici subiecto et de simplici praedicato » 17,
si da senso composto; se invece la determinazione manca, si ha
1 Nel primo elenco dei modi, questo appare come settimo (ivi, f. 2rb):
« Septimus modus mediante ista disiunctione ‘vel’, ut patet in hoc sophi-
sma(te): ‘omnis propositio vel eius contradictoria est vera’ ». Ma nell’espo-
sizione dei modi esso è discusso come sesto (£. 3rb).
19 L’autore non fornisce molti elementi. Precisa tuttavia, nell’ambito
della validità delle regole della disgiunzione note dalla logica degli enun-
ciati (ivi, £. 3rb): «[...] si vero fuerit post distributionem vel negationem
vel aliquem terminorum habentem vim negationis distribuendi vel confun-
dendi, tunc [non] fallit argumentum tamquam ab inferiori ad suum supe-
rius cum negatione vel distributione, quia universaliter disiunctus est supe-
rior quam aliqua eius pars; ideo non sequitur: tu differs ab asino, ergo
tu differs ab homine vel ab asino » (differo è termine confundens).
170 È sesto nella prima elencazione dei modi; ivi, f. 2rb: « Sextus modus
est mediante illa determinatione ‘ita’ vel ‘sicut’, ut “ita erit’, ‘ita fuit, ‘ita
est’, ‘sicut est’, ‘sicut fuit’, ‘sicut erit’, ut sic arguendo: ita est quod Socrates
erit tantus sicut Plato, ergo Socrates erit tantus sicut Plato, vel e contra ».
I Ivi, f. 3rb: «Quando arguitur componendo vel dividendo mediante
hac determinatione ‘ita est’, ‘ita fuit’, ‘ita erit’, ‘ita potest esse’, vel respectu
termini distributi, vel respectu duplicis compositionis, vel negationis, vel
alicuius habentis talem vim cuiusmodi est iste terminus ‘necesse’, frequenter
fallit ille modus, ut sic arguendo: ita erit quod tu es omnis homo existens
in ista domo, igitur tu eris omnis homo existens in ista domo [...]. Respectu
tamen compositionis simplicis, de simplici subiecto et de simplici praedicato,
bene valet consequentia: ita erit quod tu eris episcopus, ergo tu eris
episcopus [...], et causa est, qui ad idem instans refertur determinati et illa
propositio, sed non est sic de aliis ». Sembra quindi che, per Heytesbury,
quando la proposizione che segue la determinazione ha lo stesso tempo della
determinazione, è valida l’inferenza, se invece il tempo della proposizione è
Terminologia logica della tarda scolastica 549
senso diviso, giacché in tal caso soggetto e predicato, la il tempo
del verbo non è al presente, si comportano come in qualsiasi propo-
sizione di verbo ampliativo. eda)
L’ottavo modo è proprio dei verbi che designano atti dell dia
letto o della volontà !?; alcuni di essi sono elencati nel secon "
modo tra i termini aventi «vis confundendi» . Essi hanno quia i
capacità di ‘confondere’ i termini seguenti, ma oltre fa ciò ue
il potere di far sì che il dictum seguente « appellat se pi
Si ha senso diviso quando il verbo sta tra = parti del Ing Um;
se invece totalmente lo precede '® o lo segue !, allora si ha senso
composto. Mo Le
A questi otto modi Heytesbury fa seguire in una p 14
cazione un nono modo, che poi tralascia nella span pren
zione, perché ritiene sia da considerare sotto la E e ca
niîs », ma che avrà fortuna presso i commentatori del seco ;
Ecco il testo:
Nonus modus, mediante termino nie poso a ser legni |
5 > a i
i de futuro ad eundem termim r
respectu verbi de praeterito vel d i eun È È
- a parte praedicati; respectu eiusdem verbi qui modi possunt redu
i i i eno
diverso da quello della determinazione, l’inferenza non è valida (così alm
i o i 1 n * DIRCI n
Se ruta « Octavus modus mediantibus terminis pe reni
volusitatisi sive intellectus significantibus, sicut sempe en oc verl ;
‘haesito”, ‘credo’, ‘volo’, ‘desidero’, ‘appeto’ et sic de aliis ».
s
173 Cfr. n. 160.
17 Cfr. cap. I. | 3 RE
5 De sensu composito et diviso, cit., f. 3va: « [...] et tunc est
So È pins ue
divisus in istis propositionibus, nre ed pr gen
i i jat inter huiusmodi casi
intellectus seu voluntatis media i | È :
infinitivi modi [...]. Sed quando huiusmodi verbum praecedit totaliter, tunc
t sensus compositus [....] ». . . :
ha 176 Questa precisazione è solo nel De scire et dubitare, cit., f. 13rb (è pic
attenuata nel trattato De sensu composito et diviso?), ma è Ra a
incertezza dall'autore: cfr. il mio Lo « Speculum »..., cit., pp. 389- 9
ni Alfonso Maierù
ad compositionem vel divisionem, sed magis est fallacia figurae dictio-
nis, ut ‘album erit nigrum, ergo nigrum erit album’: non sequitur 1”,
Per tutti i modi, Heytesbuty precisa che l’inferenza dal senso
composto al senso diviso, o viceversa, non vale a meno che ciò
non sia possibile « gratia terminorum » 19: così, per l’ottavo
modo, quando occorre il pronome hoc in una proposizione il cui
verbo sia scio, senso composto e senso diviso sono equivalenti
1? De sensu composito et diviso, cit., f. 2rb: il testo ha 4 parte praeteriti
invece di 4 parte praedicati.
178 Per il primo modo, cfr. ivi, f. 2va :« Arguendo a sensu diviso ad
sensum compositum, ubi sensus divisus verificetur per huiusmodi succes-
sionem respectu diversarum partium temporis cuius compositio est possibi
lis pro instanti, consequentia non valet. Sed respectu terminorum in quibus
huiusmodi compositio est possibilis per instans nec aliunde per aliquam rela-
tionem implicativam aliud denotatur per sensum divisum quam per sensum
compositum, vel e contra, valebit consequentia »; per il secondo modo, ivi:
« Arguendo a sensu composito ad sensum divisum mediante aliquo termino
habente vim confundendi terminum sicut prius est dictum, generaliter conse-
quentia non valet »; per il terzo modo, ivi: «Item respectu terminorum
relativorum non valet consequentia a sensu composito ad sensum divisum
communiter, nisi fuerit gratia materiae » (ma un discorso più complesso si
vedrà nei commenti); per il quarto, ivi, £. 2vb: «[...] respectu terminorum
qui sumuntur aliquando categorematice, aliquando syncategorematice, infe-
rendo sensum compositum ex sensu diviso fallit consequentia »; per il
quinto, ivi, f. 3ra: «Sed satis possunt faciliter aliqui respondere dicendo
quod non valet consequentia arguendo a sensu diviso ad sensum compo-
situm seu e converso mediante illa nota coniunctionis ‘et’ post terminum
distributum. Similiter cum ista coniunctio ‘et’ copulat duos terminos a parte
subiecti positos quorum unus est distributus alius non, difficilis est re-
sponsio [...] » (ma la differentia fra i due sensus faciliter apparet: cfr. n. 167);
per il sesto, cfr. n. 169; per il settimo, cfr. n. 171; per l’ottavo, ivi, f. 3va:
«In omnibus (sc. exemplis) nam est sensus divisus impertinens sensui compo-
sito et e converso et proptetea est consequentia mala [...] » e «[...] potest
igitur dici quod non valet consequentia huiusmodi arguendo a sensu diviso
ad sensum compositum nisi gratia terminorum ».
551
Terminologia logica della tarda scolastica
i ALE i drianii
giacché è irrilevante che il termine immediato (hoc) preceda o segu
; 179
verbo !?. Ho E: E°
î Il trattato di Heytesbury non è privo di ge sog
testo che abbiamo esaminato !°, e non sempre gli eleme La
valgono a chiarire la portata delle affermazioni del ce (slide
i i in ciò sia ir
i i trina. Ma aiutano in ciò s :
fissarne con chiarezza la dot i . e
a quanto sappiamo delle dottrine precedenti (per bm o a
le proposizioni cum dicto, specie le moda li, e i ta ig pe
tutto, mentre per quanto riguarda i relativi ca der ci
sun i che però no!
Y- h, Occam, Sutton ‘*, 1
e s'è detto, a Burleigh, pe a
Lnccvis in termini di senso composto e La diviso), s
mi ro Wo Siae zan] i sedi de scire — ha
Su tutti i modi, l'ottavo — ge
in Heytesbury la trattazione più estesa nel De sensu sonpasie Ù
i i sta -
ivi. Itre a quella delle Regulae). Questi verbi, cui è i
ap i ione 12, nel secolo XIV rice-
pre riservata una particolare attenzione "*, cer
vono, come si è detto, un’accurata analisi. Nella Logica
»
i ini i i insieme
i verbi scio, dubito, volo e i termini modali sono trattat
izi ivisione: si ha senso composto
i i e e alla divisione: si np
ordine alla composizione e ( cl
cina uno di questi termini precede il resto ar Line pa
i i i tra gli elemen
i ivi ndo il termine sta le del
ice i 5 in fine della proposizione (cioè
dictura; quando invece sta in tin mana
icati izione s assi
a parte praedicati), la proposi? id Art
probata in senso composto o in senso A
i iu Cit., pp. 254-255.
19 ivi, f. 3va, e Il «Tractatus »..., cit., PP. 4? sala
180 iaia a e e alla successiva eliminazione del nono ;i
basta scorrere i rilievi fatti nelle note precedenti.
181 . VI, n. 132. : nu: . dr
182 ‘n dall'Ars Meliduna, cit., p. 348, dove i verbi | piso | A
sono detti verbi « quorum significatio proprie ce si - sg
i Strope, Logica, cit., f. 19ra: « Et ideo quando in dun ga
orum: ‘scio’, “dubito”, ‘volo’ et terminus rogge peo grin
: ; ° i i ici Opos:
i iti dictum, dicitur talis pr s A
iragiorg pg sorde » ‘possibile est album esse nigrum’. F
posito, ut ‘scio Socratem currete’, pos
»
952 Alfonso Maierù
più che al posto occupato dai verbi indicanti atti dell'anima e dai
modi, bada, come si è visto !#, alla supposizione che essi conferi»
scono ai termini sui quali operano: nel senso composto causano
supposizione semplice, nel senso diviso supposizione personale.
La stessa tesi di Strode è sostenuta dall’anonimo adattamento
dello Speculum contenuto nel ms. 378 del Corpus Christi College
di Cambridge: si ha senso composto quando uno dei detti termini
(e sono zerzzini officiales) precede il resto della proposizione, senso
diviso quando sta per i termini del dictum; quando sta in fine,
allora indifferenter si può avere senso composto o senso diviso 185,
quando mediat accusativum et infinitum verbi in propositione, ut ‘album
possibile est, vel potest esse nigrum’, dicitur sensus divisus. Sed quando
finaliter sequitur, dubitandum est arguentem, an velit tenere talem propo-
sitionem arguens in sensu composito vel in sensu diviso, sicut in ista
‘omnem hominem esse animal est necessarium’. Si sumatur in sensu compo-
sito, conceditur quod sic tunc debet probati: talis propositio est necessaria,
scilicet ‘omnis homo est animal’, praecise significans quod omnis homo est
animal, ergo omnem hominem esse animal est necessatium. Et si capiatur in
sensu diviso, debet probari ut universalis, scilicet per singularia vel pet
exponentes, quarum quaelibet est falsa »; cfr. anche ff. 19rb e 26vb.
14 Cfr. capp. V, $ 7, e VI, $ 6.
185 Op. cit., f. 42r-43r: «Termini officiabiles sunt omnes termini fa-
cientes sensum compositum et solum talis propositio in sensu composito est
officiabilis. Et termini facientes sensum compositum sunt omnia signa mo-
dalia, ut ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et ‘necessarium’, et omnia
verba significantia actum mentis, ut ‘scire’, ‘nolle’, ‘credere’, ‘imaginari’,
‘percipere’, ‘dubitare’, ‘haesitare’, ‘demonstrate’ et similia. Unde quando
aliquis istorum terminorum totaliter praecedit dictum propositionis facit
sensum compositum (tantum 4dd. inferl.), ut ‘scio deum esse’, ‘possibile est
hominem esse animal’. Sed quando aliquis istorum terminorum intermediat
dictum propositionis, scilicet (ponitur) inter accusativum casum et infini-
tivum modum, tunc facit sensum divisum tantum, ut ‘hominem possibile est
cuttere’. Sed quando aliquis istorum terminorum finaliter subsequitur
dictum propositionis, tunc ista propositio potest indifferenter sumi in sensu
composito vel in sensu diviso, ut ‘hominem cutrere est possibile’. Omnis
propositio in sensu composito est officiabilis, ut ista ‘necesse est deum
esse’ sic officiatur: talis propositio est necessaria ‘deus est” propter eius
Terminologia logica della tarda scolastica 553
Il trattato Termini qui faciunt, a proposito degli stessi termini
(modali e verbi designanti atti dell'anima), scrive « [...] quando
aliquis praedictorum terminorum vel consimilium praecedat tota-
liter dictum propositionis vel finaliter subsequitur, tunc ii
illa propositio in sensu composito », e aggiunge: « sed quando -
quis dictorum terminorum mediat dictum propositionis, id est
ponitur in medio inter accusativum casum et modum infinitum,
tunc illa propositio est totaliter accepta in sensu diviso »!;
ica - SAR
la stessa tesi ritroviamo nell’anonimo trattato Termini cu.
quibus ®8.
Il trattato De sensu composito et diviso di Riccardo Billin-
gham è da ricondurre a queste ultime discussioni. be
L’autore si interessa a quello che considera il primo modo
primarium significatum ‘deum esse’, igitur necesse est deum esse. Li Lay
propositio in sensu diviso est resolubilis, si primus e sit reso! - ni
vel exponibilis, si primus terminus sit exponibilis. tì um prim: ; -
‘hominem possibile est currere’ sic resolvitur: hoc possibile est nn fa
hoc est homo, igitur etc. Exemplum secundi: ‘omnem esi pe
est currere’ sic exponitur: hominem possibile est currere et nih | est homo
quem vel quam non est possibile currere, igitur etc. Unde propositio è rg
diviso debet probari per primum terminum mediatum in illa i proposi ros :
Il primo termine sul quale la probatio si opera può essere impedito Si A DI s°
«Sed nota quod primus terminus. probabilis impeditur sex mo; 1 ni
modo, per propositionem hypotheticam, ut ‘si homo currit, “1 currit?.
Secundo modo, per propositionem modalem in sensu composito, ut pe
cutrere est impossibile’. Tertio modo, per exceptivam et per exe cp
ut ‘omnis homo praeter Socratem currit?. Quarto modo, in propositione p cr
ralis numeri, ut ‘duo homines habent duo capita’. Quinto modo, pa 5
relativum ponitur a parte praedicati et refertur ad terminum stantem discre e
vel determinate, ut ‘homo currit qui est albus?. Sexto modo; per ig
tionem negativam, quae debet probari per eius oppositum, ut n us e
currit’ ». A_ parte l’ultimo modo, ben noto agli altri sostenitori E" pro pei
i primi cinque non sono ricordati come impedienti la probatio del primo
mine: ma essi richiamano regole del senso composto note in past
(1° e 2°, 4°) o al tempo dell’autore (5°); per il terzo modo, cfr. il cap. IV.
186 Cfr. appendice 1.
187 Cfr. appendice 2.
554 Alfonso Maierà
e che ha luogo con i termini officiales: modali e verbi signifi-
canti actum mentis! Degli altri modi, egli ricorda quello che
può essere luogo con e?! o con vel!9, Ma, per quanto riguarda
il primo modo, egli afferma categoricamente ! che si ha senso
composto quando il termine comune è preceduto da un termine
officiabile e senso diviso quando il termine comune segue il
termine officiabile ‘2, giacché la probatio propositionis può essere
fatta solo in base al primo termine della proposizione !?, Per il
resto, il trattato non contiene novità né a proposito della dottrina
che qui ci interessa, né per quanto attiene alla probatio della pro-
posizione quale la conosciamo.
i È necessario rilevare, concludendo queste note, che la dot-
trina della probatio si è così impadronita di quella del senso com-
posto e del senso diviso, che in Heytesbury si presentava come
una sistemazione dei vari capitoli della logica di quel tempo-in
funzione di un preciso punto di vista. Questo predominio della
probatio sul senso composto è sul senso diviso dopo Heytesbury
permetterà, come vedremo, ai maestri italiani di spiegare il testo
. de Op. cit., p. 387: « Voco autem officiale omnem terminum verbalem
significantem actum mentis, ut ‘imaginor’, ‘intelligo’, ‘scio’, ‘credo’, ‘dubito’
‘significat’, ‘supponit’ et huiusmodi, quae communiter verba non sunt vera
actus singulis simplicis sicut sunt huiusmodi verba ‘percutio’, ‘vendo’, ‘do’
et huiusmodi »; ma si veda, per i modali, ivi e Speculur, cit., pp. 345-346.
o Ms. Paris, B.N., lat. 14715, f. 82ra: « Penes secundum modum com-
positionis et divisionis fiunt per o" (notam?) copulationis ut ‘quinque sunt
duo et tria’, quae falsa est ».
DE Cfr. ivi, f. 82ra: «Similiter in sensu diviso cum disiunctione, ut
contingit hoc esse, igitur contingit hoc esse vel non esse; tu scis 4 vel b
igitur tu scis 4; haec significat 4 esse, igitur significat & esse vel £ non
esse »: Evidentemente Billingham, che non si rifà al trattato di Heytesbury,
adotta uno schema tradizionale in due o tre modi, al quale si riferisce,
191 BILLINGHAM polemizza contro chi sostiene che si abbia senso composto
anche quando l’officiabile segue gli altri elementi della proposizione: cfr
op. cit., pp. 389 sgg. °
192 Ivi, pp. 387-389.
19 Cfr. Speculum..., cit., p. 373.
—1
Terminologia logica della tarda scolastica 553
di Heytesbury con le nuove regole, in modo da eliminare ogni
incertezza dall’opuscolo del maestro.
6. I trattati italiani dei secc. XV-XVI
In Italia la dottrina che studiamo ha avuto due forme, legate
a due diverse tradizioni. La prima (per la quale basti ricordare
Paolo Veneto), è quella più diffusa nella logica inglese, incen-
trata sui termini officiales; l’altra — della quale esamineremo,
nell'ordine, i testi di Paolo da Pergola, Battista da Fabriano,
Alessandro Sermoneta, Bernardino di Pietro Landucci e Bene-
detto Vettori — segue invece da vicino il resto di Heytesbury, che
in Italia ha avuto enorme fortuna.
Paolo Veneto tratta ex professo del senso composto e del
senso diviso nel trattato 21 della prima parte della Logica magna.
Riconosciuto che la dottrina « ortum trahit a terminis officia-
bilibus » !*, egli respinge la tesi di coloro che assumono la proposi-
zione in senso composto quando il modus! precede il dictum
o lo segue e in senso diviso quando esso sta tra le parti del
dictum '6, ma respinge anche la tesi di chi (come Pietro di Man-
tova) ritiene che si ha senso composto solo quando il modus pre-
cede il dictum, mentre quando esso sta tra le parti del dicturz 0 lo
segue si ha senso diviso !”. Per parte sua si schiera con coloro che
14 Logica magna, cit., I, 21, f. 76rb.
195 Si ricordi (cfr. cap. VI, n. 279 e il cap. V, sulle proposizioni modali),
che Paolo Veneto ammette varie specie di ‘modi’; cfr. ivi, f. 76rb-va: « Pro
quo est notandum quod omnes illi modi superius explicati, puta nominalis,
verbalis, participialis et adverbialis, sensum compositionis et divisionis expri-
mere possunt, sed qualiter est difficultas ».
196 Ivi, f. 76va: « Dicunt quidam quod universaliter quandocumque modus
simpliciter praecedit orationem infinitivam vel finaliter subsequitur eandem,
sensus compositus firmiter nominatur, ut ‘possibile est Socrates currere’,
“Socratem currere est possibile’; sed quando mediat dictum, sensus divisus
vocatur, ut ‘Socratem possibile est currere’ ».
197 Ivi: « Alli dicunt quod quando modus simpliciter praecedit est sensus
256 Alfonso Maierù
ritengono che il modus posto in fondo fa sì che la proporzione sia
assunta indifferenter in senso composto e in senso diviso:
Dico ergo aliter tenendo medium istorum, quod quandocumque modus
simpliciter praecedit dictum categoricum vel hypotheticum facit sensum
compositum, et quando mediat verbum dicti et primum extremum
tenetur in sensu diviso; sed quando finaliter subsequitur idem potest
indifferenter sumi in sensu composito et (in) sensu diviso 18, Li
Quando è in senso composto, la proposizione è officiabile in ragione
del termine officiabile che precede o segue il dictum (la proposi-
zione, con l’officiabile che segue il dicturz, aequipollet ‘9 a quella
con l’officiabile che precede); ma quando è in senso diviso essa
è resolubile. Ma bisogna fare attenzione: quando la proposizione
in senso diviso ha il zzodus «a patte praedicati », se un termine
comune precede il verbo di modo infinito, la probatio comincia
dal termine comune; ma se il verbo è preceduto solo da un termine
immediato, la probatio comincia dall’officiabile anche quando
questo sia preceduto da un termine comune posto comunque dopo
compositus ut prius, sed quando mediat vel finaliter subsequitur est sensus
divisus, ut “4 scio esse verum’ et ‘4 esse verum est scitum a me’ ». Cfr.
PieTRO DI MANTOVA, Logica, cit., f. [105va]: «Item, praemittamus quod
verba pertinentia ad actum mentis faciunt sensum compositum et sensum
divisum. Faciunt autem sensum compositum cum totaliter praecedunt dictum
propositionis, ut ‘scio hominem currere’; sensum autem divisum faciunt cum
inter partes dicti mediant aut totaliter sequuntur: ideo haec est in sensu
diviso ‘hominem scio currere’, aut ‘hominem cutrere scio’ » (è il trattato
De scire et et dubitare, e la giustificazione è che questi verbi operano la
e a sui termini seguenti, non su quelli precedenti; si veda cap. VII,
198 ; i
" Ried ale Logica magna, cit., I, 21, f. 76va; in luogo di surzi,
19 Ivi: «In sensu composito est falsa (sc. propositio ‘creantem esse
deum est necessarium’) quia tunc aequipollet huic ‘necessarium est creantem
esse deum’ et officiabilis, sicut illa valet: propositio est necessaria ‘crean:
est deus’ sic primarie significando, quod falsum est ». i
Terminologia logica della tarda scolastica 557
il verbo di modo infinito ?°, Degli officiabili, i termini modali
nella forma verbale fanno senso composto se sono presi imper-
sonalmente, senso diviso se presi personalmente ?", mentre la
loro forma avverbiale, che è esponibile, si comporta in tutto
come la forma nominale ?®.
La proposizione interpretabile in senso composto e in senso
200 Ivi: « Est ergo pro toto notandum quod quando talis modus finaliter
subsequitur et tenetur in sensu diviso, si verbum infinitivi modi terminus
mediatus praecedit, ab ipso incipiatur probatio propositionis. Si autem fuerit
terminus immediatus, a modo incipiatur probatio propositionis per offi-
ciantes, non obstante quod ipsum praecesserit terminus mediatus existens
post verbum, verbi gratia dicendo: ‘hoc esse creans est necessarium’, illa
propositio officiabilis est sicut illa cui aequipollet: ‘hoc necessarium esse est
creans’. Sed dicendo: ‘hoc creans esse est necessarium’, propositio illa est
resolubilis respectu istius termini ‘creans’, sicut illa ‘hoc creans necesse est
esse’. Ita ergo quod si dicerem ‘deum esse creantem est necessarium’, primus
terminus probabilis est li ‘deum’ et secundus est li ‘necessarium’. Sed si
dicerem: ‘deum cteantem esse est necessarium’, primus terminus est li
‘deum’ et secundus li ‘creantem’, dato adhuc quod sit appositum verbi
infinitivi ». È da notare che, allo stesso proposito (senso diviso con modo
in fine), l’autore ha sostenuto che la proposizione « creantem esse deum est
necessarium » è resolubile grazie al termine creanferz, così: « hoc esse deum
est necessarium et hoc est creans, ergo creantem esse deum est necessarium »,
e che la proposizione « hoc esse deum est necessarium » va officiata (« Et
in sensu diviso similiter, quia debet officiari immediata facta resolutione
primi termini [...]», ivi).
201 Ivi, f. 76vb: «Verumtamen est notandum quod huiusmodi verba
‘potest’ et ‘contingit’ non habent huiusmodi distinctionem. Quandocumque
nam personaliter sumuntur faciunt sensum divisum, ut ‘antichristus potest
esse’, aut ‘Socrates contingit currere’; sed quando impersonaliter sumuntur,
tune faciunt sensum compositum, ut ‘potest esse quod antichristus sit, vel
currat”, ‘contingit hominem currere’ aut ‘contingit quod Socrates legit, vel
disputat’ etc. ».
202 Ivi: « Quaecumque igitur dicta sunt de terminis officiabilibus possunt
etiam in terminis modalibus exponibilibus confirmari, ita quod quando modus
praeponitur facit sensum compositum, ut ‘necessario omnis homo est animal’,
quando mediat inter subiectum et praedicatum facit sensum divisum, ut
‘omnis homo necessario est animal’; sed quando finaliter subsequitur potest
558 Alfonso Maierù
diviso può essere vera o falsa in entrambi i sensi: ma è necessario
distinguere questi sensi, a meno che la proposizione non sia vera
in entrambi 2°. Regola generale è la seguente: « A sensu composito
ad sensum divisum et e converso non valet argumentum » 24, anche
se in casi particolari l’inferenza può essere valida 25,
I maestri che commentano il testo di Heytesbury ne espon-
gono la dottrina in sette o otto modi 2%: in genere i modi 5 e 6
di Heytesbury sono trattati in uno solo, il quinto 2”, mentre c'è
oscillazione a proposito dell’ultimo modo appena accennato da
Heytesbury: alcuni ne trattano, altri no ?®,
indifferenter sumi in sensu composito vel diviso, ut ‘omnis homo est animal
necessario’ »,
. i Ivi, f. 76va: « Dico quod quaelibet istarum (sc. propositionum) et con-
similium cum proponitur est distinguenda secundum compositionem et divi-
sionem nisi in utroque sensu fuerit vera ».
24 Logica parva, cit., III, e Logica megna, cit., I, 21, f. 76vb: «Ex
ista sententia infero istam conclusionem, quod a sensu composito ad sensum
divisum cum termino officiabili frequenter fallit argumentum [....]. Similiter
a sensu diviso ad sensum compositum non valet talis forma arguendi [...] ».
ca Ivi, f. 74va: «Et si ex his concluderes quod sensus compositus con-
vertitur cum sensu diviso, dico quod verum est quando utrobique modus est
primum probabile [...]. Sed quando modus non utrobique est primus ter-
minus, tunc sensus compositus non convertitur cum sensu diviso [...] ». Si
tratta, in tal caso, dell’equivalenza (convertitur) tra i due modi.
206 Invece di « Unde octo vel novem modis accidit [...] » del f. 2rb del-
l'edizione 1494 del testo di Heytesbury, il ms. Roma, Bibl. Casanat. 85, f. 8rb,
il ms. Venezia, Bibl. Marciana, Z. lat. 277 (= 1728), f. 12v, e l’ed. 1501 col
commento di Sermoneta, cit., f. 3rb, leggono « Unde septem vel octo
modis [...] ».
ar Il testo del 1501, cit., f. 12rab: « Quintus modus mediante illa copula
coniunctionis ‘et’ et ‘vel’ [...] »; il ms. Marciano, al f. 12v, pone solo la
« copula coniunctionis ‘et’ » e non accenna a vel; ma a f. 14r tratta di e£
e al f. 14v, di seguito, di vel.
208 I mss. Casanat. e Marciano non hanno l’ottavo modo (il nono di
Heytesbury) né, dei commenti, lo hanno quelli di Paolo da Pergola e di
Benedetto Vettori, come si vedrà.
Terminologia logica della tarda scolastica 559
Il primo di questi commenti è quello di Paolo da Pergola.
Il maestro discute sette modi e di ciascuno considera analitica-
mente gli elementi differenzianti l’un senso dall’altro e i casi in
cui l’implicazione di un senso da parte dell’altro è lecita.
Il primo modo ha luogo con i termini modali (« sive sumantur
nominaliter, sive verbaliter, sive adverbialiter »), e si ha senso
composto quando il modo « praecedit vel subsequitur dictum pro-
positionis », e, se è verbo, esso ha forma impersonale; quando
invece il modo (se verbo, in forma personale) « mediat inter partes
dicti seu extremorum » si ha senso diviso ?”.
In tre modi differiscono senso composto e senso diviso:
innanzi tutto, il senso composto esige, a differenza del senso
diviso, che i termini della proposizione abbiano una verifica
istantanea; inoltre, la proposizione in senso composto richiede
che si possa formulare la corrispondente proposizione de inesse
insieme con la proposizione modale senza che ne segua alcun incon-
veniente, ma ciò non è richiesto dal senso diviso 210. infine, il
senso composto va provato officialiter, mentre il senso diviso va
provato secondo che richiede il primo termine della propo-
sizione ?!!,
Dall’uno all’altro senso, e viceversa, vale l’inferenza solo quan-
do si verificano le seguenti tre condizioni: che anche il senso diviso
come il senso composto richieda una verifica istantanea (l’esem-
pio addotto ha il verbo potest)”; che il relativo implicativo qui,
209 Cfr. PaoLo pa PercoLA, De sensu composito et diviso, cit., p. 149.
210 Ivi; forse è un po’ forte intendere l’espressione « ponere in esse »
come formulare la proposizione de inesse corrispondente, ma cfr. n. 239.
21 Ivi.
212 Cfr. gli autori seguenti. Credo che questo sia il senso della frase di
Paoto (op. cit., p. 150): «Prima, quod compositio sit verificabilis pro
instanti et non exigat tempus limitatum. Ideo non sequitur: Tu potes pro-
ferre A propositionem, ergo potest esse quod tu proferas A propositionem ».
Qui compositio non vale senso composto (ché altrimenti avremmo una ripe-
tizione di ciò che si sa) ma vale ‘complesso’ dei termini che costituiscono una
560 Alfonso Maierà
quando è presente nella proposizione, non denoti altro nel senso
composto e altro nel senso diviso; che i termini occorrenti non
siano repugnantes o opposti (es. iustus-iniustus)?,
Nel secondo modo, con i termini confundentes, si ha senso
composto quando il termine comune ha supposizione confuse
tantum e senso diviso quando ha supposizione determinata:
poiché la supposizione determinata è verificabile mediante disgiun-
zione, ciò che differenzia l’un senso dall’altro è che nel senso
diviso si ha la verifica con disgiunzione che nel senso composto
non si può avere. Perciò dall’uno all’altro senso e viceversa non
vale l’inferenza, almeno da un punto di vista formale, anche se
può valere « gratia terminorum » ?!,
Il terzo modo ha luogo con i pronomi relativi. Senso com-
posto e senso diviso possono aversi in due modi: innanzi tutto,
si ha senso composto quando occorre nella proposizione qui
(relativo implicativo) e senso diviso quando in luogo di qui si ha
et ille; ma in entrambe le proposizioni può occotrere lo stesso
pronome qui: in tal caso il senso composto si ha quando il
pronome precede il verbo principale ed è unito al suo antece-
dente; quando invece esso segue il verbo principale, si ha senso
diviso 2! Nel primo caso, il senso diviso costituisce una ptoposi-
zione ipotetica di contro al senso composto che è proposizione
categorica; nel secondo caso il senso diviso è « magis distributus »
rispetto al senso composto. Perciò, nel primo caso l’inferenza
tra i due sensi vale solo eccezionalmente ?!5; nel secondo, l’infe-
proposizione o un dictum, e quindi sta per la proposizione stessa in senso
composto o in senso diviso. Cfr. StropE, Logica, cit., f. 23vb: «[...] ali
quando verbum requirit instans pro supposito, id est pro quo debet propo-
sitio probari vel verificati, et aliquando tempus ».
213 PaoLo DA PERGOLA, op. cit., p. 150.
214 Ivi: il testo ha solo « [...] non valet argumentum de forma », ma pare
che ciò importi che può valere « gratia materiae ».
215 Ivi.
216 Ivi, p. 151: «A resolutione de gui in et et ille, illa, ilud valet argu-
Terminologia logica della tarda scolastica 561
renza vale dal senso diviso al senso composto, e non viceversa CA
Il quarto modo, che si verifica con totus e infinitus, è spiegato
da Paolo con gli stessi elementi forniti da Heytesbury: si ha senso
diviso quando uno di essi precede tutti gli altri; se invece segue il
verbo principale, o è preceduto da un altro termine, si ha senso
composto. La differenza fra i due sensi è quella che deriva dalla
funzione di categorema o di sincategorema che i due termini pos-
sono avere, e dall’uno all’altro senso e viceversa non vale Vin-
ferenza 28, .
Il quinto modo ha luogo con et o vel (oppure 442): si ha senso
composto quando i termini congiunti da e? o vel stanno collective
e senso diviso quando stanno divisive; oppure: senso composto
è quando i termini in congiunzione o in disgiunzione stanno dalla
stessa ‘parte’ della proposizione (cioè dalla parte del soggetto o
del predicato), senso diviso quando stanno in parti diverse. La
differenza tra l’un senso e l’altro è data dal fatto che il senso com-
posto richiede la verifica di tutti i termini della congiunzione 0
della disgiunzione insieme, mentre il senso diviso comporta la
verifica di ciascun termine per sé (e quindi anche di uno in assenza
degli altri). Perciò, infine, dal senso composto al senso diviso DO
viceversa non vale la consequentia”?. Per quanto riguarda în
particolare la disgiunzione, poiché da un elemento di essa all’in-
tera disgiunzione vale l’inferenza (« hoc est homo, ergo hoc
est homo vel asinus »), Paolo da Pergola avverte che questa non
ha luogo quando la disgiunzione è preceduta da un termine distri-
mentum quinque conditionibus observatis. Prima quod non referatur ante-
cedens stans confuse tantum. ...]. Secunda quod non praecedat terminus
distributus. [...]. Tertia quod verbum principale non sit negatum. (tesa FA
Quarta quod non praecedat terminus qui indifferenter potest teneri catego-
rematice et syncategorematice. {...]. Quinta quod non praecedat terminus
modalis de sensu composito ».
217 Ivi.
218 Ivi, pp. 151-152.
219 Ivi, p. 152.
562 Alfonso Maierù
butivo o avente importo distributivo (« tu differs ab asino, ergo
tu differs ab homine vel ab asino »: non vale) ?®,
Il sesto modo si ha con la determinazione ita fuit ?!, ita erit,
ita potest esse: una proposizione è in senso composto quando è
preceduta dalla determinazione (e il verbo in tal caso è di tempo
presente, come si ricava dagli esempi), altrimenti è in senso diviso
(e il verbo non è di tempo presente, ma ha il tempo che ha la
determinazione del senso composto). Il senso composto importa
che la determinazione restringa la proposizione al tempo o al
modo indicato dalla determinazione, mentre il senso diviso consi-
dera la proposizione absolute 2. Dal senso composto al senso
diviso l’argomentazione non vale quando intervengono altri ele-
menti sincategorematici 2*; se invece è « in terminis simplicibus »,
l’argomentazione vale dall’un senso all’altro senso e viceversa ?*.
Infine, il settimo modo si ha con i termini mentali: quando
il termine mentale precede o segue il dictum della proposizione,
si ha senso composto (come per il primo modo), quando esso sta
tra le parti del dictuzz si ha senso diviso. Nel senso composto,
essendo il dictum determinato dal termine mentale, i termini
del dictum sono disposti alla confusio e alla appellatio rationis 3,
ciò che non avviene per il senso diviso.
Per quanto attiene ai rapporti fra i due sensi, l’autore elenca
nove regole, delle quali la sesta, la settima e l’ottava riguardano
220 Ivi, p. 153.
221 L’editore legge Il/la fuit (ivi).
22 Ivi.
223 In tre casi secondo l’autore: « Primo cum termino distributo »; « Se-
cundo mediante termino confundente confuse tantum» (ivi); « Tertio
respectu duplicis compatationis » (ivi, p. 154).
224 Ivi: « Sed in terminis simplicibus et sine distributione et sine termino
confundente confuse tantum respectu simplicis comparationis, a sensu com-
posito ad sensum divisum, et e contra valet argumentum ».
25 Ivi: «[...] sensus compositus est aptus natus ad confusionem et ap-
pellationem rationis, dummodo terminus fuerit capax; divisus hoc non exigit
simpliciter ». Per l’appellatio rationis, cfr. cap. I, $ 6.
a
Terminologia logica della tarda scolastica 563
i sillogismi 6 e la nona dà raccomandazioni per l’utilizzazione
del settimo modo nella disputa e nei casus obligationis ?: pet-
ciò tralasciamo queste ed esaminiamo le prime cinque.
Prima regula est ista, a sensu composito ad sensum divisum et
e contra non valet argumentum [...] nisi in tribus casibus; primo,
cum termino demonstrativo simpliciter sumpto ut: Hoc scio esse ve-
rum, ergo scio hoc esse verum [...]. Secundo, cum prunomini de-
monstrativo additur determinatio palam convertibilis cum praedicato.
Ideo bene sequitur: Hoc album scio esse album, ergo scio hoc album
esse album, et e converso. Tertio cum pronomini demonstrativo additur
determinatio palam superiori praedicato ut: Hoc coloratum scio esse
album, ergo scio hoc coloratum esse album 28.
Ma questi tre casi non valgono con i termini dubito, credo, ima-
ginor, suspicor, apparet 2.
Per quanto riguarda le regole successive, bisogna premettere
che Paolo distingue, con Heytesbury, « termini omnino noti »
(come ens, aliguod, hoc), « termini medio modo noti » (substantia,
corpus, homo, Socrates), e «termini omnino ignoti » (come le
variabili A, B, C). La seconda regola è la seguente: « A termino
magis noto ad minus notum vel omnino ignotum in terminis
mentalibus non valet argumentum, nec a minus noto ad magis
notum » 2°,
Le regole tre e quattro ? riguardano proposizioni contenenti
termini omznino ignoti: si tratta di problemi de scire et dubitare
(quando si può dire che una proposizione è scita, dubitanda, ne-
ganda ecc.), che non esaminiamo in questa sede.
Infine, la quinta regola è la seguente: « A sensu diviso ad
sensum divisum de forma non valet argumentum »: ad esempio,
226 Ivi, pp. 156-158.
21 Ivi, p. 158.
228 Ivi, pp. 154-155.
29 Ivi, p. 155.
230 Ivi.
231 Ivi, pp. 155-156.
564 Alfonso Maierù
non vale « A scio esse verum, ergo verum scio esse A », giacché
non si tratta di conversione semplice della proposizione; la con-
versa di « A scio esse verum » secondo Paolo è « scitum esse
verum est A»?
Il testo di Paolo dipende strettamente da quello di Heytesbury
e ne rappresenta una lettura attenta alle minime pieghe del
discorso, condotta secondo il criterio della « probatio proposi-
tionis » (in particolare nel primo modo), che però non è spinto,
mi pare, fino a forzare l’originale carattere del testo. Ciò che Paolo
viene esplicitando si irrigidisce però in piatte formule scolastiche,
che del resto ben rispondono alla intenzione dell’autore, il quale
vuole fornire, come dice nella dedica a Pettus de Guidonibus, una
tavola o prontuario ordinato della materia, già nota e diffusa in
modo disordinato, come strumento cui ricorrere per evitare i sofi-
smi con l’ausilio di regole certe ?*.
La seconda expositio del testo di Heytesbury che esaminiamo
in questa sede è dovuta a Battista da Fabriano.
Egli premette all'esame dei singoli modi alcune osservazioni.
Innanzi tutto, « [...] arguendo a sensu composito ad sensum divi-
sum aut e converso ut plurimum et frequenter consequentia non
tenet » 24: la proposizione in senso composto e quella in senso
diviso non si implicano reciprocamente, né l’una in qualche modo
implica l’altra, da un punto di vista generale.
Inoltre, non è possibile dare un’unica descrizione del senso
composto e del senso diviso, essendo i modi più di uno; quindi,
ad esempio, non si può caratterizzare la proposizione in senso
composto come quella in cui il modo precede o segue il dictum
e la proposizione in senso diviso come quella in cui il modo sta
tra le parti del dictum: infatti non tutte le proposizioni in senso
232 Ivi, p. 156.
233 Cfr. ivi, p. 149.
234 BarTISTA DA FABRIANO, Expositio..., cit., f. 4ra.
Terminologia logica della tarda scolastica 565
composto o in senso diviso hanno un modo e un dicturz. Quindi
è necessario fornire, per ogni modo, una descrizione appro-
priata dei due sensi ”5. L’osservazione è impottante, specie se si
tiene presente che lo stesso Paolo Veneto impostava ancora la
determinazione dei due sensi sulla posizione del termine officia-
bile nella proposizione. Battista da Fabriano ricava il rilievo dal-
l’esame dei vari modi di Heytesbuty.
I modi esaminati sono otto. Rispetto al trattato di Paolo
da Pergola, Battista considera in più il modo caratterizzato dai
termini connotativi. In breve, seguiremo l’esposizione di Battista,
sottolineandone gli elementi di novità.
Nel primo modo (con i termini modali), la forma verbale del
modo (ad es. potest) assunta personaliter fa senso diviso ?*, assun-
ta impersonaliter fa senso composto #”; la forma nominale (possi-
bile, impossibile) fa senso composto quando precede o segue il
dictum, se cade « inter partes dicti » fa senso diviso 8. Le diffe-
renze fra i due sensi sono quelle stesse elencate da Paolo da Per-
gola”? e sostanzialmente allo stesso modo è fissata qui la possi-
235 Ivi, f. 4ra-b.
236 Ivi, f. 4va: «[...] personaliter quando (sc. potest, non potest)
construuntur cum recto a patte ante », cioè quando il verbo è preceduto dal
nominativo (rectus).
237 Ivi: «Sed ista verba sumuntur impersonaliter quando non recipiunt
suppositum per rectum, sed totaliter cadunt super adaequatum significatum
alicuius propositionis ».
238 Ivi.
239 Ivi, f. 4vb: « Prima, quia propositio in sensu diviso universaliter pro-
batur secundum exigentiam termini mediati praecedentis, si quis fuerit talis,
de sensu composito autem probatur officiabiliter. Secunda est, quia propo-
sitio de sensu diviso cum li ‘possibile’ non ponitur in esse sed de sensu
composito cum li ‘potest’ vel ‘possibile’ ponitur in esse, sicut ista: ‘possibile
est te esse Romae? aut ‘potest esse quod tu sis Romae’; istae duae debent
poni in esse, id est, si possibile est te esse Romae et ponatur: ‘tu es
Romae’, nullum sequitur impossibile; et similiter, si potest esse quod tu
curras, et ponatur in esse quod tu curras, hoc admisso, nullum sequitur
566 Alfonso Maierù
bilità di inferenza da un modo all’altro 9.
Nel secondo modo, con i termini confurndentes, il senso com-
posto si ha quando il termine confundibilis segue quello confun-
dens; quando invece il termine confundibilis precede quello confun-
dens si ha senso diviso #!, Le differenze fra i due sensi sono fornite
qui molto più chiaramente che nel testo di Paolo da Pergola:
impossibile. Et hoc modo intelligitur: possibili posito in esse nullum sequitur
impossibile. Sed de sensu diviso non ponitur in esse, ut ‘album potest vel
possibile est esse nigrum’ non ponitur in esse, quia de facto album possibile
est esse nigrum et tamen, si ponatur in esse, sequitur impossibile [cioè « album
est nigrum»], ut patet. Similiter de ista ‘sedentem possibile est cur-
rere’: si ponatur in esse, sequitur impossibile, videlicet ‘sedens currit?.
Tertia differentia est, quia propositio in sensu composito cum li ‘possibile’
vel ‘potest’ requirit verificationem instantaneam respectu compositionis se-
quentis, hoc est requirit compositionem sequentem posse verificati pro
instanti mediante ista nota ‘est’, ut patet, sed de sensu diviso hoc non
requirit, sed significat successionem respectu diversarum partium temporis
respectu illorum terminorum positorum in illo dicto ».
20 Delle regole di BATTISTA, la quinta (ivi, f. 5vb) riassume le tre condi-
zioni di validità poste da Paolo; la prima (ivi, f. Sra), la terza (ivi, f. 5va)
e la quarta (ivi, f. 5va-v) sottolineano separatamente la mancanza delle stesse
condizioni. Nuova è la seconda regola (ivi, f. Srb-va): «Secunda regula:
arguendo a sensu composito ad divisum cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ in
terminis compositis non valet consequentia formaliter et simpliciter. Unde
non sequitur: ‘possibile est te esse omnem hominem, ergo tu potes esse
omnis homo’ ».
241 Ivi, f. 6rb; ma Battista caratterizza la differenza tra i due sensi
servendosi di varie formule (ivi): «[...] est sensus compositus in hoc modo
cum terminus communis stat confuse tantum sequens aliquem istorum termi-
norum vel, melius, sensus compositus est cum terminus communis stat con-
fuse tantum vel immobiliter, sensus vero divisus est cum terminus capax
confusionis stat determinate vel mobiliter; nam dicendo: ‘promitto tibi omnem
denarium’, haec est in sensu composito quantum ad hunc modum, et terminus
communis non stat confuse tantum; vel dicatut quod sensus compositus est
cum terminus confundibilis ab his terminis sequitur aliquem horum termi
norum, divisus vero cum terminus confundibilis praecedit vel cum idem
terminus stat determinate ».
Terminologia logica della tarda scolastica 567
[...] differt sensus compositus a diviso quantum ad istum modum
dupliciter. Primo, quia ista de sensu composito est probabilis ratione
termini facientis sensum compositum, sed illa de sensu diviso ratione
termini praecedentis. Secundo, quia propositio de sensu diviso requirit
verificationem disiunctivam vel copulativam, ut ‘denarium promitto
tibi’ aut ‘omnem denarium tibi promitto’, illa vero de sensu compo-
sito non requirit talem verificationem, ut ‘promitto tibi denarium’
non requiritur quod promittam tibi 4 denarium vel quod promittam
tibi & denarium, et ita de aliis similiter 2.
I due sensi sono « ad invicem impertinentes » e perciò non è
lecita l’inferenza dall’uno all’altro *, a meno che i termini che
insieme a quello confundens formano la proposizione non siano
singolari e semplici, giacché in tal caso la supposizione non varia,
sia che il termine segua sia che preceda il verbo confundens. Così
sono lecite le conseguentiae: « incipio videre Socratem, ergo So-
cratem incipio videre », « promitto tibi 5 denarium, ergo b dena-
rium tibi promitto » ?f.
Nel terzo modo, con il pronome relativo, si può avere senso
composto in tre forme: quando l’antecedens del relativo ha
supposizione « confusa tantum » (es. « promitto tibi denarium
quem tibi promitto »), quando il relativo è congiunto all’antecedens
che sia distributum (cioè quantificato da omnis) senza che tra
antecedens e relativo sia posto il verbo principale (« omnis homo
qui est albus curtit »), o quando il verbo principale è preceduto
dalla negazione (« chimaera quae currit non movetur »). Quando
non si verifica nessuno di questi casi, si ha senso diviso (es. « ali-
242 Ivi, f. Grb-va.
243 Ivi, f. 6va. Aggiunge l’autore (ivi): « Et notandum quod ‘indigeo’,
‘requiro’, ‘praesuppono’ et huiusmodi non confundunt confuse tantum nisi
cum gerundio. Unde si dicatur: ‘indigeo oculo”, li ‘oculo’ stat distributive,
sed dicendo: ‘indigeo oculo ad videndum’, li ‘oculo’ stat confuse tantum
immobiliter ».
24 Ivi, f. 8va.
568 Alfonso Maierù
quis homo qui est albus currit »)?5. Tenendo presente che il
pronome qui in una proposizione in senso composto non può
essere risolto in ef e ille e che il pronome relativo, posto nella
stessa categorica, ha la supposizione del suo artecedens, mentre,
posto in una categorica diversa da quella che contiene l’antecedens
(si tratta quindi di una proposizione ipotetica composta di due
categoriche), ha supposizione determinata e « replicat totam com-
positionem sui antecedentis » (così, data « omnis homo est animal
et illud est rationale », la seconda categorica vale « animal quod
est omnis homo est rationale », di modo che illud ha supposi-
zione determinata ma replicat [cioè richiama] tutta la compositio
precedente) 24, argomentando dal senso composto inteso nella
prima forma al senso diviso non vale la conseguentia perché
l’antecedente è vero e il conseguente è falso 2”; argomentando dal
senso composto inteso nella seconda forma al senso diviso la con-
sequentia non vale”, ma vale se si argomenta dal senso diviso
al senso composto ?*; argomentando dal senso composto nella terza
forma al senso diviso, « non valet consequentia de forma licet
valeret quandoque gratia materiae » 9.
Per quanto riguarda il quarto modo (con infinitus e totus)
l’autore non fornisce altro rispetto a quanto sappiamo ?! se non
245 Ivi, ff. &va-b e 9vab.
26 Ivi, f. 8vb.
27 Ivi, ff. 8vb-9ra.
248 Ivi, f. 9ra.
a Ivi, f. 9rb: « Arguendo tamen e converso in omnibus his, conse-
quentia est bona, quia in his quicquid significat sensus compositus significat
sensus divisus, et plus, ut dictum est ».
250 Ivi, f. Iva.
251 Senso composto è quando il termine è categorema, cioè quando è
a parte praedicati, o a parte subiecti, ma preceduto da una determinatio (ivi,
ff. 9vb e 11ra); dall’un senso all’altro e viceversa non vale la consequentia
(ivi, ff. 10ra e 11rh).
Terminologia logica della tarda scolastica 569
la determinazione chiara della differenza fra senso composto e
senso diviso:
Et differt valde sensus compositus a diviso mediante hoc termino
‘infinitus, ta, tum’. Primo, quia in sensu composito significat aliquod
certum et determinatum esse sine principio et sine fine [...]. Sed in
sensu diviso syncategorematice significat, quocumque finito dato vel
dabili, dari maius in quacumque proportione [...]. Est enim una alia
differentia, quia syncategorematice est signum confusivum et re(d)dit
totam propositionem exponibilem. Unde haec est exponibilis ‘infinitus
est aliquis numerus’ et praedicatum stat confuse tantum, ut patet.
Sed haec ‘aliquis numerus est infinitus’ non est exponibilis sed resol-
vitur, et praedicatum stat determinate ??; Differt sensus compo-
situs a diviso cum isto termino ‘totus’ etc., quia in sensu diviso reddit
propositionem exponibilem, in sensu composito est ferminus reso-
lubilis. Item in sensu diviso convertitur cum universali et est terminus
confusus, sed in sensu composito neutrum sibi convenit, ut patet.
Item differunt in significato, quia in sensu diviso et syncategorematice
‘totus’ idem est quod ‘quaelibet pars’ [...] sed in sensu composito
significat ens integrum et perfectum cui nihil deest, ut patet ex usu
loquendi et accipiendi hos terminos 25, î
Dall’uno all’altro senso l’inferenza non vale; né si dica che argo-
mentazioni come « infinita sunt finita, ergo finita sunt infinita »
sono consequentiae valide perché si procede «a conversa ad
convertentem »; risponde il maestro: « Dicatur quod nulla illarum
est bona conversio, cum continue in una tenetur idem terminus
categorematice et in alia syncategorematice » 25,
Il quinto modo, come è noto, ha luogo con le congiunzioni et
e vel: si ha senso composto quando i termini congiunti da una
delle due particelle stanno collective e senso diviso quando i ter
mini stanno divisive ; ciò significa che, mentre le proposizioni
252 Ivi, ff. 9vb-10ra (cors. mio).
253 Ivi, f. 11rb (cors. mio); a deest il testo aggiunge est.
254 Ivi, f. 1lva.
25 Ivi.
570 Alfonso Maierù
in senso diviso equivalgono, rispettivamente, a una congiun-
zione di proposizioni se si tratta della particella ez, e a una
disgiunzione di proposizioni se si tratta di vel *, le proposizioni
in senso composto richiedono che la verifica della congiunzione
o della disgiunzione avvenga rispettivamente coniunctim o di-
visim?". Ecco alcuni esempi. Le proposizioni « Socrates et Plato
sunt duo homines » e « omnis numerus est par vel impat » sono
in senso composto perché non equivalgono a « Socrates est duo
homines et Plato est duo homines » e a « omnis numerus est par
vel omnis numerus est impar »; le proposizioni « tu es homo et
albus », «tu es homo vel asinus » sono in senso diviso perché
equivalgono, rispettivamente, alle proposizioni molecolari « tu
es homo et tu es albus », « tu es homo vel tu es asinus », per le
quali valgono le regole operative della congiunzione e della disgiun-
zione. Se però il complesso di termini congiunti dalle suddette
particelle è preceduto da un « signum confusivum », distributivo
o negativo (es. differt, aliud), le proposizioni sono in senso com-
posto e le regole della congiunzione e della disgiunzione non sono
applicabili 8.
Per quanto riguarda il sesto modo, le notizie date da Battista
256 Ivi, f. 1lvb: «Et ex his patet differentia inter sensum compositum
et divisum quoad hunc modum, quoniam in sensu diviso copulatum aequi-
pollet copulativae et disiunctum disiunctivae, sed in sensu composito non.
Patet etiam alia differentia, quia in sensu diviso a copulato ad quamlibet
eius partem et a qualibet parte disiuncti ad totum disiunctum valet conse-
quentia, sed in sensu composito non valet ».
251 Ivi, f. 1lva per la congiunzione ef: « Sensus veto compositus requirlt
verificationem totius copulati collective et non divisive », f. 11vb pet vel:
« Sensus vero compositus [....] requirit [...] quod verificetur totum disiunctum
collective ».
28 Ivi, f. 12ra-b. Infine, l’autore si chiede se, poste le particelle 4 parte
subiecti, i termini congiunti o disgiunti siano tutti distribuiti oppure solo
il primo; es. «omnia duo et tria sunt quinque », « omnis homo vel asinus
est asinus »: cfr. ivi, f. 12rb-va.
Terminologia logica della tarda scolastica 571
sono analoghe a quelle fornite da Paolo, comprese le regole
riguardanti la validità dell’inferenza dall’un senso all’altro, con la
sola aggiunta della non validità nel caso sia presente un relativo
implicativo ?. È da notare però la precisazione relativa al valore
della copula est della proposizione che nel senso composto segue
la determinazione: « Universaliter [...] in omnibus huiusmodi
propositionibus li ‘est’ non significat tempus quod iam e(s)t prae-
sens, sed tempus quod tunc in illo instanti ad quod fit limitatio
fuit praesens vel erit praesens » ?°. Il verbo est, cioè, perde la
connotazione temporale ad esso propria, e conserva il solo valore
sincategorematico °, lasciando che la connotazione temporale sia
affidata al tempo del verbo posto nella defermzinatio.
Anche per il settimo modo l’autore ritiene la dottrina tradi-
zionale: con i termini designanti atti dell'anima la proposizione
è in senso composto quando il verbo, « sive praecedat sive se-
quatur » 22, determina il dictum, e allora la proposizione va pro-
vata in funzione del verbo che causa senso composto; è in senso
diviso quando il verbo sta tra le parti del dictuzz ed è da probare
in funzione del primo termine della proposizione stessa. Perciò le
proposizioni esprimenti i due sensi sono « valde ad invicem imper-
tinentes et raro vel numquam convertibiles » 24, a meno che la
consequentia dall'uno all’altro senso non valga « gratia materiae
et terminorum » ?4,
L’ottavo modo è qui per la prima volta discusso. Facendo leva
sulla distinzione tra termini substantiales e connotativi o acci-
dentali, ricavata da Occam?, l’autore afferma che l’ottavo
259 Per le regole, cfr. ivi, ff. 13rb-14va; per il relativo, ivi, f. 13vb.
260 Ivi, f. 13rb.
261 Cfr. capitolo III, e capitolo IV, $ 2.
22 Op. cit., f. 14vb.
263 Ivi.
264 Ivi, f. 15va.
265 Summa logicae, cit., pp. 33-36; v. cap. I, $ 2.
572 Alfonso Maierù
modo ha luogo con i termini accidentali o connotativi, e aggiunge
che, se questo modo è meglio assimilabile alla fallacia « figurae
dictionis » o dell’accidente, se ne discute nel senso composto e nel
senso diviso perché quei termini, posti 4 parte praedicati, hanno
« appellatio rationis » se costruiti con i verbi designanti atti del-
l'intelletto, e « appellatio temporis » se sono costruiti con il verbo
al tempo passato o futuro *. Si ha senso composto quando il
termine connotativo ha appellatio (« animal fuit album », « co-
gnosco venientem »), se il termine non ha appellatio la proposi-
zione è in senso diviso (« album fuit animal», « venientem
cognosco ») ?”, L’inferenza dall’un senso all’altro non vale, se
non talora « gratia materiae » 24. Né è da dire che la consequentia
vale, ad esempio, nel caso di « album erit hoc » perché si consi-
dera « hoc erit album » come conversa della prima: infatti la
266 BATTISTA DA FABRIANO, op. cit., f. 17rb-va: « Iste est octavus et ultimus
modus. Et fit mediantibus terminis accidentalibus vel connotativis positis
quandoque a parte praedicati quandoque a parte subiecti respectu verbi
de praeterito aut de futuro aut verbi concernentis actum mentis vel intel-
lectus », e f. 17va-b: « Notandum tertio quod appellatio temporis est acceptio
termini habentis respectum ad solum tempus importatum per verbum, ut
“hoc erit album’: li ‘album’ respicit solum tempus futurum et ad hoc (ex huc)
ut ista sit vera requiritur quod aliquando erit ita quod hoc est album; sed in
illa ‘album erit hoc”, li ‘album’ stat ampliative et supponit divisive pro eo
quod est vel erit album et non requiritur quod erit ita quod est album; et
similiter dicatur respectu verbi de praeterito. Appellatio autem rationis est
acceptio termini limitati a termino praecedente concernente actum intellectus,
ut ‘cognosco venientem’: ibi est appellatio rationis [est], quia terminus se-
quens terminum concernentem actum intellectus supponit pro suo significato
sub ratione tali; unde ipsa significat quod cognosco aliquid sub ratione
venientis; sed sic non significat illa ‘venientem cognosco’, sed quod illa(m)
rem cognosco et illa est veniens, et ideo patet quod valde differunt »; il cenno
alla «fallacia figurae dictionis » e alla «fallacia accidentis » è al f. 17va.
267 Ivi, f. 17va.
268 Cfr. in part. ivi, f. 18rb.
Terminologia logica della tarda scolastica 573
conversione della prima proposizione è: « hoc erit quod est vel
erit album » ?9.
Ancora più analitica l'esposizione di Alessandro Sermoneta
rispetto a quelle esaminate; di essa ricordiamo gli elementi nuovi
e caratteristici. Scopo dell’opuscolo di Heytesbury, secondo Ales-
sandro, è quello di facilitare la soluzione dei sofismi e di aiutare
ad evitare gli errori, giacché compito di quella parte della dialet-
tica che si chiama sofistica (o sopbistaria) non è quello di far sì
che gli altri cadano in errore, quanto quello di evitare gli errori ?°°.
L’opuscolo perciò è da pospotre a quello dei Primzi analitici !:
questo mostra la corretta formazione del sillogismo, il nostro trat-
tato mostra le deceptiones; infine, esso fa parte della dialettica ??,
Del senso composto e del senso diviso non è possibile dare una
descrizione univoca — ritiene Sermoneta ”* con Battista da Fa-
briano — giacché i modi sono otto, e può succedere — aggiunge
Alessandro — che una stessa proposizione, considerata secondo
vari modi, può essere ora in senso composto, ora in senso diviso 7°.
Primo modo. Quando un termine modale « totaliter praecedit
269 Ivi, f. 17vb.
270 SERMONETA, Expositio..., cit., f. Sva: « Non enim inventa est ut aliis
concludamus falso, sed ut deceptiones vitemus ».
zm Ivi.
22 Ivi: «Ad tertium dicitur quod utilitas huius non parva est sicut
et totius dialecticae cuius est pats [...]. Item a progenitoribus nostris ars
artium et scientia scientiarum dicta est; ad omnium nam methodorum prin-
cipia viam habet [...]» (cfr. Prerro Ispano, Surzzzulae logicales, cit.,
1.01, p. 1).
23 Op. cit., f. Svb.
214 Ivi: «Secundo est notandum quod ex quo octo modis causatur
sensus compositus et divisus, non inconvenit ut respectu diversorum termi-
norum potentium causare sensum compositum et divisum una et eadem
propositio sit de sensu composito et diviso sicut ista. ‘tu potes esse
hic et Romae in 4 instanti’: est enim de sensu diviso primi modi et de
sensu composito quinti modi merito li ‘et’ ».
574 Alfonso Maierù
aut finaliter subsequitur dictum propositionis, fit sensus compo-
situs » 75, « quando vero mediat inter pattes dicti erit de sensu
diviso » 5; in particolare il verbo potest, assunto personaliter,
fa senso diviso, assunto imzpersonaliter fa senso composto ?”. Le
differenze fra i due sensi costruiti con potest e possibile e le loro
negazioni sono queste: la proposizione in senso composto è offi-
ciabile, quella in senso diviso resolubile o esponibile; la prima
« requirit verificationem instantaneam » ?*, la seconda non la
richiede; da ciò segue, in terzo luogo, che la prima « de possi-
bili » può essere « posita in esse », ma non così la seconda ”?, La
discussione delle obiezioni fornisce ulteriori chiarimenti: il modo
necessario, che, essendo avverbio, dovrebbe essere exponibilis %,
in realtà equivale al modo wecesse e petciò fa senso composto,
mentre possibiliter non equivale a possibile e quindi è esponibile e
non fa senso composto ?8!; né fanno senso composto e senso diviso
verum e falsum**: evidentemente, Sermoneta non ritiene che
questi due termini siano propriamente modali.
25 Ivi, f. 6ra.
26 Ivi, f. 6rab.
201 Ivi, f. 6rb.
218 Ivi, ma cfr. ff. 6vb-7ra: «[...] per verificationem instantaneam
in proposito non intelligimus quod praedicatum requirat mensuram instantis,
sed ponatut in esse id quod importatur per propositionem; et ideo concedit
magister quod possibile est te moveri, quia licet motus non mensuretur in
instanti, tamen debet poni in esse hoc totum in hoc instanti, veritas haec,
scilicet, quod tu moveris: non tamen quod sit ita, sed quod sibi non repugnat
pro tali instanti verum esse te moveri» (nella risposta alla quarta obie-
zione non esaminata da noi).
299 Ivi, f. 6rb.
280 Cfr. capitolo VI, $ 6.
281 Obiezione e risposta in SERMONETA, op. cit., f. 6va-b.
282 Ivi, f. 6vb: «Ad secundum dicatur quod non inconvenit li ‘verum’
et ‘falsum’ non facere sensum compositum et divisum nisi in voce aut in
scripto, non tamen proprie, cum intellectus hoc non faciat; et ratio est,
quia li ‘verum’ non ponit neque aliud dicit quam si non poneretut; ideo,
Terminologia logica della tarda scolastica 575
L’inferenza dal senso composto al senso diviso e viceversa
non vale generalmente 28.
Secondo modo. Con un termine corfundens, « sensus compo-
situs fit quando terminus communis confunditur confuse tantum
a tali termino praecedente [...]. Sensus vero divisus fit cum
sequantur huiusmodi signa terminum ab eis confundibi-
lem [...] » 4. Le differenze tra i due sersus sono quelle note 28,
così come ci è nota l’imzpertinentia dei due sensus e quindi che
la consequentia non è lecita ?*.
Terzo modo. Dopo aver precisato, secondo la tradizione, qual
è il senso composto e quale il senso diviso con i relativi e le diffe-
renze fra i due sensi ?”, Sermoneta fornisce un lungo elenco di
« documenta de mente He(nti)sberi », in cui ricapitola la dottrina
e le condizioni di verità, anche in rapporto agli altri modi:
Primum, quod sensus compositus causatur mediante hoc relativo ‘qui’
cum antecedens stat confuse tantum. Ex quo sequitur quod tunc non
valet argumentum a sensu composito ad divisum, scilicet cum relativum
resolvitur. Probatur, quod a termino stante confuse tantum ad eundem
quia omnis propositio infert suum dictum fore verum, ut scribitur in
Postpraedicamentis; et ad oppositum negatur assuntum, nec terminum
modalem dixerunt logici mobilitare, nisi cum est aptus natus facere sensum
compositum et divisum ». Tralasciamo le altre due obiezioni.
283 Ivi, f. 6rb; al f. 7ra-va l’autore elenca « quattuor documenta » tratti da
Heytesbury e un corollario, relativi alle condizioni di validità caso pet
caso, che sostanzialmente niente aggiungono a quanto hanno affermato i
commenti già esaminati.
284 Ivi, f. 7vb.
285 Ivi, f. 7vb-8ra; i verbi careo, indigeo, requiro, ecc. « faciunt con-
fundere confuse distributive mobiliter cum absque gerundiis ponuntur in
propositione, ut ‘careo pecuniis”. Quando vero cum gerundiis collocantur,
confuse tantum, ut ‘indigeo oculo ad videndum’ [...] » (ivi, f. 8ra; cfr. il
testo di Battista da Fabriano, di cui alla n. 243).
286 Ivi, ff. 7vb e 8rab.
287 Ivi, 9va.
576 Alfonso Maierù
stantem determinate non valet argumentum [...] 28; Secundum docu-
mentum est quod sensus compositus fit cum immediate hoc
relativam ‘qui’ additur termino distributo, sic scilicet quod non
mediat inter relativam et terminum distributum verbum principale;
divisus vero cum resolvitur relativum actualiter aut cum inter ter-
minum distributum, scilicet antecedens, et relativum cadit verbum
principale, ut ‘omnis homo qui est asinus currit’. Ex hoc sequitur non
valere argumentum arguendo a sensu composito ad divisum; patet,
quia tunc maior est distributio in sensu diviso quam in composito 9;
‘Tertium documentum, quod etiam causatur sensus compositus mediante
hoc relativo ‘qui’ cum principale verbum negetur, sive relativum prae-
cedat sive non; divisus autem cum resolvitur relativum 29; Quartum
documentum: sensus compositus fit cum hoc termino relativo ‘qui’
quando coniungitur termino potente stare categorematice et syncate-
gorematice, sive immediate coniungatur sive non, dummodo praecedat
talis terminus stans syncategorematice; divisus vero cum resolvitur
relativum aut non praecedit talis terminus ipsum relativum 2. Quin-
tum documentum: sensus compositus fit cum praedicto relativo ‘qui’,
cum praecedit terminus modalis faciens propositionem de sensu com-
posito; divisus vero cum ipse modus aut verbum termini modalis facit
ipsam de sensu diviso aut cum actu resolvitur relativum 22; Sextum
documentum: sensus compositus fit cum hac determinatione ‘ita erit’,
‘ita fuit’, ‘sic est’, ‘sic fuit et cum hoc relativo ‘qui’ simul, divisus
vero cum non ponitur li ‘ita erit’ etc. 29.
Di questi sei docuzzenta, i primi tre riprendono le tre forme
del senso composto di Battista da Fabriano, e gli altri tre ricol-
legano questo modo al primo, al quarto e al sesto.
Niente di nuovo aggiunge Sermoneta per i modi quarto RE
288 Ivi, f. 9vb.
289 Ivi; in luogo di distributo, il testo ha distributivo.
290 Ivi, f. 10ra.
DI Ivi.
22 Ivi, f. 10rb; al secondo au2, il testo aggiunge si.
29 Ivi.
294 Ivi, f. 1lrb-vb (differenze tra senso composto e senso diviso, non
validità della conseguentia dall'uno all’altro senso, discussione di difficoltà).
Terminologia logica della tarda scolastica DIT
quinto ?5 e sesto 2%,
Al settimo modo, invece, dedica una lunga analisi della
quale ci limitiamo a ricordare qualche punto: si ha senso composto
quando un verbo designante atti dell'anima determina il dictum
della proposizione; ciò avviene, secondo Sermoneta, sia quando
il termine precede il dictu72 sia quando esso lo segue (e ciò è
secondo l’intenzione di Heytesbury)?; si ha senso diviso solo
quando il termine sta tra le parti del dictumz ?*; ma se il verbo
cade su di un solo termine (« cognosco Socratem ») o su di un
incomplexum che significhi un complexum (« scio 4 propositio-
nem »), si ha senso composto quando il verbo precede e senso
diviso quando segue ??. Tre sono le differenze tra i due sensi:
innanzi tutto, i verbi in questione « [...] confundunt confuse tan-
tum terminum capacem confusionis cum faciunt sensum compo-
situm, sive se teneant in dicto propositionis a parte subiecti sive
a parte praedicati; unde ‘scio quod homo est animal’: tam li
‘homo’ quam li ‘animal’ confunduntur; in sensu vero diviso non
confunditur nisi illud quod se tenet a parte praedicati, ut ‘alte-
rum istorum scio esse verum’: solum li ‘verum’ confunditur »;
inoltre, « [...] in sensu composito terminus supra quem cadit
talis terminus faciens sensum compositum appellat suam formam,
et non in sensu diviso »; ma esse acquistano luce dalla differenza
fondamentale, cioè: « de sensu composito propositio est officia-
biliter probanda aut descriptibiliter, de sensu vero diviso secun-
dum exigentiam primi termini probanda est » ®°. Perciò, continua
Sermoneta, « arguendo a sensu composito ad divisum aut e
295 Ivi, f. 13ra-vb (come sopra).
296 Ivi, ff. 14rb-15ra.
297 Ivi, f. 16rb: «ut arguitur velle magister »; Sermoneta però ricorda:
«Ali vero dicunt: solum cum dictum praecedit talis terminus fit sensus
compositus [...] » (ivi).
298 Ivi.
299 Ivi, f. 16rb-va.
300 Ivi, f. 16va.
37
578 Alfonso Maierù
contra in his terminis non valet argumentum: probatur merito
differentiae ratione appellationis formae et confusionis in sensu
composito quae non servatur in diviso » *. Ma poiché appel-
latio e confusio non hanno luogo (« esse non possunt ») quando il
soggetto della proposizione è il pronome hoc non accompagnato da
un aggettivo che lo determini (« absque aliquo determinabili »),
vale l'argomento dal senso diviso al composto e viceversa perché
ciò che si intende con la proposizione in senso composto si intende
con la proposizione in senso diviso, e quindi le due proposizioni
si equivalgono (« convertuntur »)®*%; ciò si ha anche quando oc,
posto a soggetto della proposizione, è accompagnato da un deter-
minabile, purché il determinabile sia « palam convertibile cum
praedicato » oppure superius ad esso ®%,
Per quanto riguarda, infine, l’ottavo modo, che ha luogo con
i termini connotativi, si deve rilevare che Sermoneta limita la
possibilità del senso composto e del senso diviso ai casi in cui
i termini connotativi siano posti in una proposizione che abbia
il verbo di tempo passato o futuro, o participi equivalenti, oppure
abbia incipit o desinit: si ha senso composto quando il connotativo
segue il verbo e ha « appellatio temporis », e senso diviso quando
il connotativo precede il verbo, « cum a parte ante non appel-
let » 4; nessun accenno si fa qui ai verbi designanti atti mentali
(che secondo Battista da Fabriano fanno sì che il termine conno-
tativo che segua il verbo abbia « appellatio rationis ») giacché di
questo Alessandro ha già parlato nel settimo modo, come si è
visto.
La trattazione del senso composto e del senso diviso svolta
301 Ivi, f. 16va-b.
302 Ivi, ff. 16vb-17ra.
303 Ivi, f. 17ra. Seguono altre regole (ff. 20va-22vb), che riesaminano i
vati temi toccati da Heytesbury.
30 Ivi, ff. 22vb-23rb, in part. f. 22vb.
Terminologia logica della tarda scolastica 579
da Bernardino di Pietto Landucci è la più sistematica tra quelle
finora esaminate: essa utilizza e discute i trattati di logica dei
maestri più rinomati in Italia al suo tempo ®, ed accenna almeno
due volte alle opinioni di Sermoneta, che designa come « quidam
doctor » **, di modo che può essere considerata come il punto
di arrivo di una tradizione di interpreti della dottrina del senso
composto e del senso diviso.
Secondo Landucci, il trattato fa parte degli Elenchi sofistici
e perciò esso non è da porre dopo i Primi analitici, come vuole il
Sermoneta *”, Inoltre, l’autore fa sua la tesi secondo la quale non
è possibile dare una descrizione univoca di ‘senso composto’ e di
‘senso diviso’, giacché di volta in volta diverse sono le raziones
che presiedono alla individuazione dei vari modi ®%.
305 Lanpucci, Expositio..., cit.: autori espressamente ricordati, oltre ad
Aristotele, Averroè e Heytesbury, sono Strode, Pietro di Mantova, Paolo
Veneto e Paolo da Pergola. Si legga il seguente passo relativo alla discus-
sione circa la capacità di omnis di distribuire tutto il disiuzcium o il
copulatum’ «a parte subiecti » (ivi, f. 16vb): « Ad hoc dubium inventi
sunt plures modi respondendi. Primus est Petri Mantuani, qui tenet quod
totum disiunctum et totum copulatum sit subiectum. Secundus est Pauli
Veneti, cuius opinio in diversis operibus est diversificata: nam Sophismate
nono tenet quod prima pars solum sit subiectum, et in Quadratura tertio
dubio secundi principalis, et in Logica magna et etiam in Parva tenet quod
totum disiunctum vel copulatum sit subiectum, attamen solum prima pats
est distributa, et illa appellatur ab eo subiectum distributionis. Tertius modus
est Hentisberi, Sophismate septimo, qui dicit quod talis propositio est
distinguenda eo quod subiectum potest esse totum disiunctum aut una
pars tantum, quapropter utramque partem sustentando respondetur ad
argumenta probantia quod non distribuatur totum ».
306 Cfr. ivi, f. 2rb (posizione del trattato della suzzzza della logica) e
f. 3vb (per la « verificatio instantanea »): cfr. nn. 307 e 325.
307 Ivi, f. 2rb: «Circa secundum dicit quidam doctor quod iste libellus
est pars libri Priorum et quod immediate postponendus est ad illum librum,
quod quidem, salvo meliori iudicio, non puto esse verum [...]. Ideo puto
aliter esse dicendum, videlicet quod iste libellus sit pars libri Elencho-
rum [...] ».
308 Ivi, f. 2vb.
580 Alfonso Maierù
L’esame degli otto modi segue uno schema costante: in una
prima parte si descrivono il senso composto e il senso diviso e
se ne mostrano le differenze, in una seconda vengono poste le
regole dell’inferenza dall’uno all’altro senso, in una terza ven-
gono poste obiezioni (con le relative risposte) a ciò che è detto
nelle prime due parti.
In questa sede noi trascureremo quanto Landucci afferma
circa i modi terzo ®”, quarto *°, quinto ®!, sesto ®!° e ottavo (con
« appellatio temporis » soltanto) ?: in essi infatti l’autore non
prospetta nulla di nuovo rispetto a quanto già sappiamo dai com-
menti precedenti. Diverso è il caso dei modi primo, secondo e set-
timo, che sono simili tra loro, e nei quali si propone un discorso
unitario che mira a fissare per ciascuno di essi caratteristiche tali
che lo distinguano dagli altri due.
Il primo modo ha luogo con i termini modali. Ora, il termine
modale è così descritto da Landucci: « Terminus modalis est
terminus determinativus alicuius dicti et connotativus alicuius
passionis propositionis, non habens vim faciendi tale dictum appel-
lare formam » *!*. I modi sono i quattro classici, più veruzz e
falsum: Landucci non accetta la definizione di Occam secondo
cui qualsiasi termine che possa predicarsi di un dictum è da con-
siderare modus?*5; egli ritiene invece che solo quei modi che
determinino una proposizione connotandone una qualche carat-
teristica siano termini modali. Termini come scitum, dubium,
intellectum, cognitum non sono modali perché, oltre ad avere ciò
che è proprio dei modali, fanno sì che il dictum « appellet for-
309 Ivi, ff. 9vb-12vb.
310 Ivi, ff. 12vb-15rb.
311 Ivi, ff. 15rb-17vb.
312 Ivi, ff. 17vb-20rb.
313 Ivi, f. 23vb-24vb.
314 Ivi, f. 3ra.
315 Cfr. cap. V, $ 6.
Terminologia logica della tarda scolastica 581
mam » 355: essi rientrano propriamente nel settimo modo, come ve-
dremo. Senso composto e senso diviso così sono caratterizzati:
Ideo sensus compositus in primo modo causatur quando terminus
modalis totaliter praecedit aut finaliter subsequitur totum dictum
totius propositionis in qua ponitur, aut finaliter subsequitur (!); sensus
vero divisus causatur quando terminus modalis mediat inter partes
propinquas totius dicti; unde partes propinquas dicti appello totum
quod regitur a parte ante et a parte post respectu verbi illius dicti, id
est a verbo orationis infinitivae vel coniunctivae [...] 317.
Ma Landucci, dopo aver precisato che questa è l’opinione di
Heytesbury, Paolo Veneto e Paolo da Pergola !, ricorda le opi-
nioni di Strode*? e Pietro di Mantova ° e conclude: « Istarum
opinionum unaquaeque est sustentabilis et nulla est demonstrativa,
et ideo eligat scholaris illam quae sibi magis placet » ®!.
316 Op. cit., f. 3ra-b « [...] et non habet vim faciendi appellare formam
tale dictum, quod dico ad differentiam istorum terminorum ‘scitum’, ‘du-
bium’, ‘intellectum’ et ‘cognitum’, quia, licet possunt determinare dictum
propositionis et ‘connotare passionem, non tamen sunt termini modales
primi modi, ex eo quia habent vim faciendi tale dictum appellare formam ».
37 Ivi, f. 3rb.
318 Ivi: «Prima opinio est communis tenens quod diximus, et est
opinio etiam Hentisberi, Pauli Veneti in Logica parva et Pauli Pergulensis
in hoc tractatu [...] ».
319 Ivi: «Secunda est opinio Sttodi in Consequentiis suis, qui ponit
quod quando modus totaliter praecedit est in sensu composito et quando
mediat est in sensu diviso; sed quando finaliter subsequitur, tunc est distin-
guenda, quia potest capi in utroque sensu ».
320 Ivi: «Tertia est opinio Petri de Mantua in capitulo de modalibus,
ponentis modum praecedentem facere sensum compositum, mediantem vero
et subsequentem facere sensum divisum, et hoc potest etiam elici ex tractatu
soppositionum, ubi ipse tenet in octava regula quod termini modales non
habent vim confundendi nisi terminos sequentes, et ideo quando finaliter
subsequuntur non confundunt aliquem terminum, et per consequens tunc
faciunt sensum compositum »; cfr. capp. IV, n. 257, e VII, n. 197.
321 Ivi.
582 Alfonso Maierù
Le differenze fra senso composto e senso diviso sono quattro;
le prime due sono generali. Per la prima, la proposizione in
senso composto va provata in funzione del termine modale, mentre
la proposizione in senso diviso va provata « ratione primi termini,
dummodo talis terminus fuerit mediatus » #2; per la seconda, nella
proposizione in senso composto il termine modale confundit tutti
i termini comzunes presenti nel dictumz; non è così nel senso diviso,
giacché la confusio non si esercita sui termini che precedono il
modus *. Le altre due differenze riguardano potest, non potest e
possibile, impossibile. Precisato che potest fa senso composto
quando è usato impetsonalmente e senso diviso quando è usato
personalmente **, Landucci pone la terza differenza, per la
quale la proposizione in senso composto (« cum dicto praesentis
temporis » soltanto, cioè con il verbo del dictum all’infinito pre-
sente) richiede una « verificatio instantanea », che non è richiesta
dalle proposizioni in senso diviso. Cosa sia da intendere con
« verificatio instantanea » è un problema che Landucci si pone.
Rifiutata la tesi di Sermoneta (« quidam doctor »)®5 e di chi
322 Ivi, f. 3va, e continua: « Voco autem terminum mediatum omnem
terminum excepto pronomine demonstrativo singularis numeri; pronomen
vero demonstrativum singularis numeri appello terminum immediatum, et
quando ponitur pro subiecto in propositione, talis propositio dicitur imme-
diata, ut haec: ‘hoc est homo’ demonstrato Socrate. Et notanter dico ‘singu-
laris numeri’, quia in numero plurali est terminus mediatus et communis, ut
vult Paulus Venetus in Logicula »; cfr. cap. VI, n. 41.
32 Ivi, f. 3va.
324 Ivi (ciò vale anche per contingit; tra i modi è incluso anche il verbo
oportet, e di tutti e tre i verbi è detto: « personaliter vel impersonaliter
sumpta »: f. 3ra).
325 Ivi, ff. 3vb-4ra: « Unde requirere verificationem instantaneam diversi
diversimode exponunt. Nam quidam doctor dicit quod propositio de sensu
composito de li ‘potest’ etc. requirit huiusmodi verificationem, ut puta ista:
‘possibile est te moveri’, non quia praedicatum seu res importata per prae-
dicatum mensuretur instanti, quia motus non mensuratur instanti ex
quo est de numero successivorum, sed quod ponantur in esse id quod
Terminologia logica della tarda scolastica 583
ritiene che la verifica istantanea di una proposizione esige che
« sua de inesse sibi correspondens pro infinito modico tempore
possit verificati » *5, egli così spiega la frase:
[...] propositio de sensu composito de li ‘potest’ etc. requirit verifi-
cationem instantaneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod
arguendo a sua de inesse de praeterito vel de futuro ad suam de inesse
de praesenti cum tali determinatione ‘ita fuit’, seu ‘ita erit’ si sit de
futuro, consequentia valeat, ut, verbi gratia, haec propositio de sensu
composito ‘possibile est te esse Romae’ requirit verificationem instan-
taneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo ab ista de
praeterito ‘tu fuisti Romae’ vel sibi consimili ad talem de praesenti
‘tu es Romae’ cum ista determinatione ‘aliquando fuit ita quod’,
consequentia valeat; et quia huiusmodi consequentia valet, scilicet: ‘tu
fuisti Romae, ergo aliquando fuit ita quod tu es Romae’, ideo illi de
sensu composito correspondet veritas instantanea; ideo illa est vera,
immo est necessaria, quia omnes tales propositiones de sensu composito
verae sunt necessariae, et eodem modo dicatur de futuro; et si talis
consequentia non valeret de praeterito aut de futuro, tunc illa propo-
sitio de sensu composito non posset esse vera, immo esse(t) impossibi-
lis. Vel dicatur, et brevius, quod propositio de sensu composito de li
‘potest’ etc. requirit verificationem instantaneam, id est requirit ad
hoc quod sit vera quod sua de inesse de praesenti, si sit in mundo, sic
adaequate significando sit possibilis, et si sit illa de sensu composito
de negationibus praedictorum terminorum ‘potest’ et ‘possibile’, requi-
importatur per propositionem, ut puta veritas illius propositionis seu signi
ficatum, ut sit sensus quod in hoc instanti tu movearis, non tamen quod
sit ita, sed sibi non repugnat pro tali instanti verum esse te moveri.
Sed iste doctor iudicio meo volens istam differentiam declarare intricavit
se et nescivit eam exprimere, et dictum eius est falsum. Nam quaero:
per verificationem instantaneam aut ipse intelligit quod sua propositio
de inesse sit vera in instanti, aut quod suum significatum sit verum
in instanti, aut quod sibi non repugnet esse verum in istanti. Modo quo-
cumque intelligat, sequitur quod omnis propositio vera requirit verificationem
instantaneam, quod est falsum et contra Hentisberum in tractatu De incipit
et desinit, ubi ponit quod aliqua est propositio quae pro sui veritate requirit
tempus limitatum; unde omnis propositio vera, est vera in instanti, quod
probo [...] »; cfr. il testo del Sermoneta in n. 278.
326 Ivi, f. 4ra.
584 Alfonso Maierù
rit quod sua de inesse, id est indicativa illius dicti, absque negatione sit
impossibilis etc. #7,
La verifica è risolta dunque dall’autore in prima istanza in
una operazione logica complessa, nella quale sia posta come
antecedente una corseguentia e come conseguente la proposizione
in senso composto; in seconda istanza in una consequentia nella
quale sia posta come antecedente l’affermazione della possibilità
della proposizione de iresse e come conseguente la proposizione in
senso composto, ad esempio, la verifica di « possibile est album
esse nigrum » nel secondo caso va data così: « ‘album est nigrum’
est possibile sic adaequate significando, ergo possibile est album
esse nigrum », dove sia l’antecedente che il conseguente sono falsi.
La quarta differenza afferma che per i suddetti modi (potest,
possibile e non potest, impossibile) la proposizione in senso com-
posto esige che se è posta ir esse, cioè « si accipiatur sua de inesse
sibi correspondens » come spiega Landucci, allora « nullum
sequitur inconveniens », petché «si talis propositio de sensu
composito sit vera, sua de inesse sibi correspondens, si sit in
mundo, erit possibilis »; ciò invece non è vero per il senso diviso,
giacché la proposizione può essere vera e la sua de inesse essere
impossibile: così « album potest esse nigrum » è vera, ma la sua
de inesse « album est nigrum » è impossibile ®8.
Quanto alla liceità dell’inferenza dall’un senso all’altro, Lan-
ducci afferma che con potest e possibile non vale l’inferenza dal
senso diviso al senso composto né «e contra negative » quando
un verbo o participio richiede « tempus limitatum pro veritate
talis propositionis » (cioè non vale: «tu potes pertransire hoc
spatium, ergo possibile est te pertransire hoc spatium »: prima
regola) *; né vale dal senso composto al senso diviso « vel e contra
327 Ivi, f. 4rb.
328 Ivi, f. 4rb-va.
329 Ivi, f. Ava.
Terminologia logica della tarda scolastica 585
negative » con gli stessi modi «in terminis compositis seu
distributis a parte praedicati » (esempio: non vale « possibile est
te esse omnem hominem, ergo tu potes esse omnis homo »: secon-
da regola); né, sempre nello stesso caso, vale dal senso diviso
al senso composto « aut e contra negative cum terminis per se
aut per accidens repugnantibus » (« album potest esse nigrum,
ergo possibile est album esse nigrum »: terza regola)*!; né dal
senso composto al senso diviso (« et e contra negative ») con il
relativo implicativo (« possibile est antichristum esse hominem
qui est, ergo antichristum potest esse homo qui est»: quarta
regola) *°. Più generalmente (quinta regola) con tutti i termini
modali non vale de forza l’inferenza dall’un senso all’altro e
vecevetsa, date le differenze che sussistono tra senso composto e
senso diviso, purché nella proposizione siano posti termini co-
muni 53,
Il secondo modo ha luogo con i termini che hanno « vis con-
fundendi », cioè « mediantibus terminis potentibus confundere
confuse tantum vel distributive mobiliter vel immobiliter » #4, pur-
ché essi « non connotent passionem propositionis nec faciant appel-
lare formam » *5: la prima precisazione distingue il secondo modo
dal primo, mentre la seconda lo distingue dal settimo *%. Né si
330 Ivi, f. Sra.
331 Ivi, f. 5rb; e: «Unde voco terminos per se repugnare oppositos
contrarie (ut ‘album’ et ‘nigrum’), contradictorie (ut ‘homo’ et ‘non-homo?),
privative (ut ‘caecus’ et ‘videns’), relative (ut ‘dominus’ et ‘servus’); etiam
generaliter illos terminos appello per accidens repugnare qui non opponuntur
proprie aliquo istorum modorum, tamen non possunt de eodem affirmative
verificari, ut 4 locus et 4 locus, et esse adaequate in 4 et esse adequate in ©
instanti » (f. Srb-va).
332 Ivi, f. Sva.
333. Ivi, f. Svb.
334 Ivi, f. 7vb.
335 Ivi,
336 Ivi, f. 8ra: «Et notander dixi a principio: ‘dummodo tales termini
586 Alfonso Maierù
dica, aggiunge Landucci, che tali precisazioni sono superflue
giacché una stessa proposizione può essere in primo modo o in
secondo, o in secondo e in settimo, per diversi motivi *. L’autore,
pur definendo probabilis questa opinio, titiene che i modi vadano
tenuti ben distinti **: se così non fosse, il secondo modo inclu-
derebbe il primo e il settimo come suoi casi particolati, ed
Heytesbury avrebbe dovuto cominciare dal secondo la sua tratta-
zione, come invece non ha fatto’; fra l’altro, avverbi come
necessario e contingenter fanno senso composto nel secondo modo,
anche se sono modali, e solo impropriamente si dice che lo fanno
nel primo, così come impropriamente connotano una passio della
proposizione #°;. sono infatti esponibili, non officiabili, come si è
tante volte ripetuto.
Le differenze fra i due sensi sono così formulate:
Prima est, quoniam propositio de sensu diviso ad hoc quod sit vera
requirit verificationem in suppositis termini communis cum descensu
copulativo vel disiunctivo; propositio veto de sensu composito non,
quia uterque descensus sibi repugnat [...]. Secunda differentia est,
quoniam propositio de sensu composito ut plurimum probanda est
ratione termini confundentis, sed sua de sensu diviso non [...] #4.
non sint connotativi’ etc., ut pet hoc differat secundus modus a primo; dixi
etiam: ‘non facientibus appellare formam’, ut pet hoc differat a septimo ».
337 Ivi. Una posizione analoga a quella respinta aveva sostenuto SERMO-
NETA nell’introduzione alla sua Expositio (cfr. n. 274).
338 Op. cit., f. 8ra: « Ad hoc respondetur quod, licet haec opinio sic
arguens sit probabilis, tamen magis consonum videtur veritati secundum
mentem Hentisberi ipsum [!, cioè i modi 1°, 2° e 7°] separari quam non [....]».
339 Ivi, f. 8ra-b: «Etiam si secundus modus non separaretur ab illis,
tunc Hentisber errasset in isto suo tractatu, quoniam secundus modus esset
communior et subalternans primum et septimum: sed communiora sunt
praemittenda in doctrina, teste Aristotele et Commentatore in primo Physi-
corum t.c. LVII et etiam tertio Physicorum t.c. II, ergo Hentisber debuisset
tractatum suum incipere a secundo modo et non fecit, ergo errasset ».
30 Ivi, f. 8rb.
MI Ivi.
Terminologia logica della tarda scolastica 587
Esse riaffermano che la proposizione in senso diviso è probata
mediante descensus, mentre la proposizione in senso composto,
richiedendo la probatio in funzione del termine confundens, sarà
exponibilis oppure officiabilis. Di qui la regola generale fornita
da Landucci: « Arguendo a sensu composito ad sensum divisum
aut e contra in isto secundo modo non valet consequentia » #%,
Il settimo modo ha luogo con i verbi che riguardano atti
della mente: ma questi verbi possono designare atti della volontà
(volo, nolo, malo, cupio, desidero, opto, odi) o operazioni del-
l'intelletto: «absque formidine » come scio, teneo, cognosco,
concedo, nego, o «cum formidine » come dubito, credo, ima-
ginor, suspicor, apparet e simili 8.
Questi verbi possono cadere su di un « complexum verbale »,
cioè un dictum all’accusativo e l’infinito o con quod e il con-
giuntivo, o sopra un « terminum incomplexum » (Socrates, « a pro-
positio »): nel primo caso, se uno di essi precede o segue il dicturm
fa senso composto, se sta tra le parti del dictu72 fa senso diviso;
nel secondo caso, se esso precede il termine, si ha senso composto,
se segue a questo, si ha senso diviso *4.
Il senso composto e il senso diviso differiscono perché il
primo ‘confonde’ i termini comuni seguenti capaci di ‘confu-
sione’ e fa sì che il dictum o il termine seguente « appellat for-
mam », e il secondo non fa ciò *5; inoltre, la proposizione in senso
composto è officiabilis, la proposizione in senso diviso non lo è #4,
342 Ivi, f. 8rb-va.
34 Ivi, f. 20rb-va.
34 Ivi, f. 20va.
35 Ivi, f. 20vb; e ancora (ivi): «Quid autem s[c]it appellatio formae
puto notum esse ex Logica parva, quoniam ille terminus appellat formam
qui repraesentat suum significatum sub conceptu proprio ».
34 Ivi: Landucci precisa che il primo termine della proposizione in senso
588 Alfonso Maierù
Di qui le regole generali:
[1] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum aut e contra in
praedictis terminis non valet consequentia #7; [2] Arguendo a sensu
diviso ad sensum compositum et e contra in praedictis terminis ubi
praedicatum sit iste terminus ‘hoc’ et subiectum, in sensu diviso, non
sit terminus pet se notus non valet consequentia [...] 4, si foret ter.
minus per se notus bene valeret consequentia *’; [3] Arguendo a
sensu diviso ad sensum compositum ubi subiectum fuerit terminus pet
se notus absque aliquo determinabili, et praedicatum fuerit hoc pro-
nomen ‘hoc’, consequentia est bona, et e contra, mediante verbo import-
tante scientiam vel certitudinem [...]; notanter vero dixi ‘cum verbo
importante scientiam’, quia cum isto verbo ‘dubito’ non valet conse-
quentia 59,
Tralasciando le regole non riguardanti strettamente l’inferenza,
concludiamo ricordando le due regole relative a hoc quando è sog-
getto della proposizione: l’inferenza è valida dall’un senso all’altro
e viceversa se il pronome è « absque aliquo determinabili » 5,
oppure « cum suo determinabili palam convertibili cum praedicato
aut palam superius ad ipsum » #*.
L’operazione compiuta da Landucci, come si può rilevare,
è consistita nel fissare criteri distintivi in modo da giustificare
pienamente l’articolazione dei modi proposta da Heytesbuty; egli
ha mirato a precisare la dottrina tradizionale che aveva unificato
modali (primo modo) e verbi designanti atti dell’anima (settimo)
sotto lo stesso motivo della probazio officialiter, e ha identificato
composto dev'essere immediato perché essa possa essere « probata officiabi-
liter »; così è nel caso di « ego scio hominem esse animal ».
347 Ivi, ff. 20vb-21ra.
38 Ivi, f. 21ra.
349 Ivi, f. 21rb.
350 Ivi.
351 Ivi, f. 21vb.
352 Ivi, f. 22ra.
Terminologia logica della tarda scolastica 589
motivi precisi che non permettono la riduzione al secondo modo
del primo e del settimo.
Di diverso orientamento è la trattazione di Benedetto Vettori:
più vicina al testo di Heytesbury nel ritenere l’articolazione in otto
modi con la distinzione del quinto (con et) dal sesto (con vel) e
con la mancata inclusione del nono, accennato e non sviluppato
dal maestro inglese, relativo ai termini connotativi, la discussione
del Faventino si svolge su di una linea generale che non ritiene
niente della impostazione dei quattro commenti finora esaminati
e sembra anzi in diretta polemica con la matura esposizione di
Landucci, le cui tesi in certo senso vengono capovolte.
Nell’esame di questo trattato, ci limiteremo a segnalare questi
motivi di dissenso all’interno della tradizione più comune e che
servono a chiarire l’origine e la destinazione di certe precisa-
zioni, specie di Landucci: otterremo così un quadro più chiaro
dell'esame finora condotto. L'esposizione si articola in lezioni, e
sono otto in tutto; di esse una è introduttiva, mentre la sesta
discute insieme i modi cinque e sei.
Nella prima lezione Vettori chiarisce il suo atteggiamento
in questo trattato. Innanzi tutto afferma che il senso composto e
il senso diviso possono essere considerati o « secundum se et
absolute », oppure « unius per rispectum ad alterum ». Conside-
rata in se stessa, la nozione di senso composto è fondata sulla
nozione di verità o falsità istantanea (quindi sulla verifica istan-
tanea) della proposizione corrispondente al dictu7z, che ha una sua
determinazione ad opera di un modo; perciò la proposizione
in senso composto « de modo non exponibili vel verbo concer-
nente actum mentis » è officiabilis, giacché tale probatio « explicat
353 VertORI, Opusculum in Tisberum..., cit., lect. I, 1: « Et sic notitia
sensus compositi secundum se causatur ex notitia instantaneae veritatis vel
falsitatis propositionis significantis dictum vel determinatum a modo reddente
sensu(m) compositum ».
590 Alfonso Maierù
propositionem significantem dictum categoricum propositionis
officiandae, cuius praedicatum denotatur inesse subiecto secundum
idem tempus imperceptibile [...] » **. Considerato in se stesso, il
senso diviso a sua volta può essere mostrato (potest ostendi) in
due modi: «aut explicatione propositionis, aut expositione
eiusdem » #5; perciò la nozione di esso è legata alla explicatio o
alla expositio; la explicatio di « tu non potes pertransire 4 spa-
tium » è: «tu non habes potentiam ad pertranseundum 4 spa-
tium », che è falsa; mentre la expositio (0 resolutio, dice Vettori)
esige che sia vera in un tempo percettibile la proposizione « hoc
possibiliter currit »; per questo si suol dire che il senso diviso
deve « verificari temporaliter » 3%,
Considerati poi l’uno in rapporto all’altro, i due sensi rien-
trano nella dottrina della conseguentia come specie nel genere ?7.
Da queste considerazioni deriva la determinazione del posto da
assegnare al trattato tra i libri logici: in quanto i due sensi sono
considerati in sé, la nozione di senso composto e di senso diviso
è legata alla conoscenza della proposizione e in tal senso è « pars
determinationis libri Periermenias »; in quanto essi sono consi-
derati in rapporto tta loro, il trattato va posto immediatamente
dopo il trattato delle conseguenze ** e immediatamente prima dei
Primi analitici. 1 fini del trattato possono essere interno o esterno
alla logica; fine interno è la soluzione dei sofismi, fine esterno è
servire a tutte le scienze *?.
Per quanto riguarda le cause del senso composto e del
senso diviso, è da tenere presente che ‘causa materiale’ è il
354 Ivi. Si ricordi come è data la probatio officialis: « Talis propositio
est..., quae praecise significat ..., ergo... ».
355 Ivi.
356 Ivi.
357 Ivi.
358 Ivi.
359 Ivi.
Terminologia logica della tarda scolastica 591
« dictum verbale » o un suo equivalente, giacché compositio e
divisio sono proprietà logiche di cui la prima inferi cioè esige
l’istantanea verifica della proposizione, e l’altra la verifica tem-
porale, e si sa che la verifica è proprietà delle proposizioni o dei
dicta soltanto *. Inoltre, il modo, o il termine comzponens vel
dividens, dà nome e definizioni al dictum composto o diviso *! e
quindi la capacità di confondere (virtus confusiva), propria del
termine che è modo, opera o su tutto il dictuzz o solo su di
una parte di esso e fa senso composto e senso diviso *°: perciò
la virtus confusiva del modo ne è la causa formale ®4; e poiché
la confusio è opera dell’intelletto (« est de operatis ab intellectu »),
senso composto e senso diviso sono legati all’apprebensio, della
capacità di un termine di ‘confondere’ un dictumz, da parte dell’in-
telletto *4, il quale così ne è causa efficiente **. Di qui seguono
due affermazioni di notevole importanza: innanzi tutto, senso com-
posto e senso diviso non hanno luogo senza la confusio del termine;
inoltre, non hanno luogo senza il riferimento all’intelletto (sine
intellectu)**. Come si può notare, la seconda affermazione ripren-
de il vecchio tema del rinvio all’intelletto, del resto già presente
in Heytesbury, per il quale senso composto e senso diviso sono
molto simili quanto alla struttura linguistica (vox) ma omzzino
impertinentes quanto all’intelletto, in ordine alla verità e alla falsità
e « quoad formam arguendi » #7,
Ma sulla prima affermazione si fonda tutta la struttura del
trattato di Vettori. Egli si chiede infatti, subito dopo, se si possa
36 Ivi, lect. I, 2, supponitur primo, e prima conclusio.
361 Ivi, supponitur secundo.
362 Ivi, supponitur tertio.
363 Ivi, secunda conclusio.
364 Ivi, supponitur quarto.
365 Ivi, tertia conclusio.
366 Ivi.
357 HeyTEsBuRY, De sensu composito et diviso, cit., f. 2ra.
592 Alfonso Maierà
dare un’unica definizione di senso composto e senso diviso.
Ricordata l'opinione che abbiamo visto essere propria di Battista
da Fabriano, Sermoneta e Landucci, egli la rigetta come « falsa
imaginatio »*8; egli afferma che, non essendo il concetto di senso
composto e senso diviso « mere aequivocus », esso può fungere
da concetto comune e indifferenziato (indifferens) rispetto ai con-
cetti propri causati dai vari modi 9, Ora, la ratio communis pro-
pria di questo concetto è quella che si è detto: non c’è senso
composto e senso diviso « sine virtute confusiva » +
Da questa affermazione seguirebbe che la proposizione « pos-
sibile est Socratem esse istum hominem » non è in senso com-
posto perché nessuna parte del dicturz ha confusio, € che la pro-
posizione « possibile est Socratem esse hominem » è in senso
diviso giacché solo una parte del dictum ha confusio: entrambe,
invece, secondo la dottrina tradizionale, dovrebbero essere in
senso composto perché il modo precede totaliter il dictum; se-
guirebbe inoltre che la congiunzione e?, la disgiunzione vel e il
relativo implicativo, non avendo capacità di confondere, non
farebbero senso composto e senso diviso, e quindi i modi tre, cin-
que e sei non sarebbero tali”.
Per rispondere a ciò, Vettori afferma ancora una volta che
un termine fa senso composto quando ‘confonde’ o tutte le parti
del dictum o almeno la principale, cioè il soggetto, e fa senso
diviso quando confonde la parte più remota, cioè il predicato;
perciò, continua Vettori, alcuni termini che non hanno tale
capacità, non possono fare senso composto 0 senso diviso, ma
possono causare corzpositio e divisio (giacché altro è compositio,
altro senso composto, e così via); tali sono tutti termini elencati
da Heytesbury ad eccezione di quelli del primo e dell’ottavo modo,
368 VETTORI, op. cit., lect. I, 3, dubitatur primo.
39 Ivi. ; . ;
370 Ivi (in particolare il secondo corollario al primo dubbio).
371 Ivi, dubitatur secundo.
Terminologia logica della tarda scolastica 593
dei quali si parla communiter quando si tratta di senso composto
e di senso diviso *; perciò non « ex diversa applicatione modi ad
dictum » nascono le diversità tra i due sensi, ma dalla diversa
confusio *: ci sono proposizioni, il cui modo (in forma nominale)
precede il dictum, che non sono officiandae perché il soggetto di
esse non è confuso (es. in « possibile est Socratem currere » solo
il predicato è ‘confuso’), e perciò sono in senso diviso (come
« Socratem possibile est currere » e « Socratem currere est possi-
bile »; ma, mentre quella è explicanda, queste sono resolubiles);
proposizioni come « possibile est hominem esse Socratem » sono
invece in senso composto perché il soggetto è confuso e quindi
sono da probare officiabiliter o exponibiliter. Ora: se non
c'è confusio e il modus precede tutto il dictum, si avranno propo-
sizioni compositae, non in senso composto, e se il modus sta tra
le parti del dicturz, si avranno proposizioni divisae, non in senso
diviso; le compositae « possunt probari vel explicative, ut in
sensu diviso, vel officiabiliter aut expositive ut in sensu com-
posito » 3,
Ciò premesso, egli accetta le osservazioni relative alle propo-
sizioni « possibile est Socratem esse istum hominem » e « possibile
est Socratem esse hominem »; ritiene inoltre che ez, vel e qui
facciano compositio e divisio, ma non senso composto e senso
372 Ivi, supponitur primo; in part: «Quia autem stat aliquos esse
terminos non habentes vim assignatam, ideo ab actione sensus compositi
vel divisi auferuntur, licet ex eisdem causetur compositio vel divisio in
propositione: hi igitur erunt qui assignantur a Tisbero in littera, praeter
hos de primo et octavo, quibus communiter utimur in locutione sensus
compositi vel divisi [...]». È evidente qui il riferimento alla tradizione,
per la quale modali e verbi designanti atti di volontà (1° e 8° modo) fanno
senso composto e senso diviso essendo officiabili; l’autore non accenna,
infatti, al secondo modo, che per Heytesbury è appunto «cum terminis
confundentibus ».
373 Ivi, supponitur secundo.
374 Ivi, supponitur tertio.
38
Alfonso Maierù
594
diviso. Egli è cosciente che quest’affermazione nega la dottrina
di Heytesbury e degli altri logici e perciò la dà come sua IDE
personale ?. Egli continuerà così a parlare di “senso composto’ e di
‘senso diviso” secondo la terminologia tradizionale, anche in quei
casi in cui avrebbe dovuto semplicemente parlare di Lp
e divisio, e continuerà a descrivere i modi nella maniera tradi-
zionale. N
Tralasciando i modi terzo, quarto, quinto e sesto, cl soffet-
miamo brevemente sui quattro rimanenti, limitandoci ad esami-
nare la caratterizzazione fornita da Vettori. a
Primo modo. Ha luogo quando i termini ampliativi o, bageg si
operano su di un dictum verbale o un suo «prec Ss a
senso composto quando il modo precede ° segue i ic n
mentre quando sta tra le parti del dictum si ha ce De È,
il termine modale, sia quando è officiabile che quando cp ;
nibile, è sempre in primo modo 8; i verbi potest e contingi
375 Ivi, in fine: «Et sic his habitis facilis est responsio ad gup
dum corollarium, concedendo id » Laren gra soir pa er)
pro aliis autem tribus negatur notam cor n be hdi
i implicativim non facere compositionem vel divistonem, quan
ipa e nullum illorum facere sensum compositum La cap
cum nullum horum habeat vim confusivam, ut pro egg ir 3 Gu
hoc arguatur fere omnia in tertio articulo esse contra core Lodi
logicos, concedatur. Ideo volui haec dixisse Reni prop: hear
noster habeat quod obicere, et hoc de tertio articulo et per q
hodierna Pad; A her
376 Ivi t. rimo. . .
377 da n è ia la tesi di Strode e di -_ ko; Lei
magna), relativa alla distinzione da fare quando il modo s gr ps
318 Ivi, fertio, fra cui: «Ex quo sequitur è pen lic
nomen sensus compositi in propositionibus modalibus ut = uerunt q cai SI
cfr. ad es. il Landucci, per il quale in questo caso si e unta
modo; cfr. anche il testo del VETTORI, 0p. cit. lect. III, i ‘ubi sl fis ;
prima conclusio, dove si ripropone il problema per g men pira
si risponde: « Termini modales adverbialite= sumpti componuni
Terminologia logica della tarda scolastica 595
assunti impertsonalmente fanno senso composto; personalmente,
senso diviso; il dictum vero segue alla proposizione vera:
« deum esse » è dictum di « deus est »; quindi, vera questa, segue
che è vero quello e non viceversa; triplice è la differenza tra i
due sensi: a) il senso composto ha verificazione istantanea, sia
perché tutta la compositio è determinata dal modo, come vuole
Heytesbury, sia perché tutte le parti della comzpositio sono ‘con-
fuse’ dal modo, come si è detto, mentre il senso diviso richiede,
a sua volta, una successione temporale, sia perché il modo
determina una parte del dicture, sia perché è confuso solo il pre-
dicato; b) il senso composto è officiabile o esponibile, mentre il
senso diviso « probatur ratione termini mediati »; c) la terza dif-
ferenza proviene « ex parte illativae positionis »; cioè la proposi-
zione in senso composto implica una proposizione nella quale il
modo sia affermato della proposizione de inesse corrispondente
al dictum (es. « necesse est hominem esse animal, ergo haec est
necessaria ‘homo est animal’ ») e ciò non è possibile per il senso
diviso (non vale l’inferenza: « homo contingenter est animal, ergo
haec est contingens ‘homo est animal’ ») 1,
Secondo modo. Si ha con un termine che ha « vis confundendi »
(confuse tantum, mobiliter o immobiliter) nei riguardi di un
proprie et per se in primo modo », e ciò contro Heytesbury, che « ratione
suae confusionis vel immobilitationis » li tratta nel secondo modo.
379 Ivi, lect. II, 1, quarto.
380 Ivi, quinto; continua: «Ex quo patet error nostri aemuli conce-
dentis esse id ad quod esse verum sequitur suam propositionem esse veram.
Jam enim scripsimus circa notitiam insolubilem aliquam propositionem esse
falsam, cuius dictum adaequate est verum, ut haec ‘Socrates dicit falsum’,
posito quod nihil aliud dicat, et tunc ipsa est falsa, et Socratem dicere
falsum est verum ut sequens, ergo etc. Et hoc idem militat contra ponentes
obiectum scientiae-vel dubitationis esse significabile complexe et non ipsa
conclusio [...] »; quest’ultima è la posizione di Gregorio da Rimini (ma cfr.
cap. I, appendice 1).
381 Ivi, sexto.
Alfonso Maierù
596
dictum © d'un suo equivalente *: termini aventi la capacità di
“confondere” sono di tre specie: alcuni esercitano mediate tale
capacità (così omnis nella proposizione universale affermativa, e
non causa « compositio »), altri la esercitano immediate (come le
« dictiones exclusivae », e non causano « compositio »); altri infine
la esercitano sia immediate che mediate, purché non siano im-
pediti da altro sincategorema: di essi, alcuni « confundendo immo-
bilitant », altri no; fra i primi, sono incipit, desinit, promitto,
debeo, obligor, necesse, necessario € impossibiliter; fra i secondi,
scio, credo, volo, cupio, immediate **; si ha senso composto quando
sono ‘confusi’ quei termini che possono esserlo: se si ha confusio
mobilis, la verità o falsità della proposizione è mostrata dalla
dalla verità o falsità del descersus a una proposizione « de di-
siuncto exttemo »; se si ha confusio immobilis, la verità o falsità
sarà provata mediante descensus alla equivalente proposizione in
senso diviso; si ha senso diviso quando un termine comune della
proposizione non è confuso perché antecede il termine confundens:
la verità o falsità di essa sarà provata con descensus dal termine
comune non confusus, descensus che non è possibile col senso com-
posto **. Di qui deriva l’analisi dei rapporti tra primo e secondo
382 Ivi, lect. III, 1, conclusio.
383 Ivi, supponitur primo: cfr. LANDUCCI, OP. cit., f. 7vb.
34 VerTORI, op. cit., lect. III, 1, supponitur tertio, e cfr. supponitur
quarto: « Et ex hoc supponitur quarto quid nominis sensus compositi et divisi
in secundo modo. Sensus enim compositus tunc est, cum vis terminorum
confundentium confusiva et per consequens vel illius immobilitativa est in
terminum communem, ratione cuius veritas vel falsitas datae compositionis, si
ex confusione et mobilitatione est, habetur verificata vel falsificata proposi-
tione de disiuncto extremo compositioni correspondente ut descensus; et si
compositio fuerit ex immobilitatione consequente aliqualem confusionem
termini, erit verificata vel falsificata propositione exprimente descensum illius
termini communis in divisa propositione compositae correspondente, ad mo-
dum quo ea(n)dem declarat compositionem ex vi immobilitationis termini
factam. Et sic sensus divisus erit, cum vis illorum terminorum confundentium
Terminologia logica della tarda scolastica 597
modo: il secondo modo è superior al primo, che è inferior a quello
(« Le. ] differentiam secundi modi compositionis a primo esse sicut
superioris a suo inferiori ») #9; ciò è contro l’opinione di Landucci
(« Senensis quidam » scrive Vettori), ma alla obiezione di Lan-
ducci, che non si capisce perché, se così fosse, Heytesbury avrebbe
cominciato il suo trattato dal primo modo anziché dal secondo
Vettori risponde che questo si deve al fatto che comunemente si
parla di senso composto e senso diviso a proposito dei termini
che denotano la possibilità, inclusi perciò nel primo modo *%,
Accostiamo subito a questi due l’ottavo modo. I verbi desi-
gnanti atti della mente sono di due specie: alcuni designano un atto
interiore (intelligere, scire, velle), altri designano un atto este-
non transcendit in terminum communem per praecedentiam illius ad ipsos
ratione cuius veritas vel falsitas datae propositionis divisae habetur ES
descensu illius termini communis repugnante eidem in sensu composito.»
L'esempio addotto per il secondo caso del senso composto è « niecessatio:
omnis homo est animal »: l’autore non illustra come va operato il descensus
in questo caso; si limita a ribadire che «[...] datae propositionis veritas
habetur verificato vel falsificato descensu attributo illi termino i S
diviso extraneo eidem in sensu composito ». sana
sa Ivi, supponitur septimo; continua così il testo: «Quilibet enim
terminus qui ratione sui significare posse esse vel non posse esse facit
sensum compositum in primo modo cum quilibet talis habeat vim confun-
dendi tantum ratione suae confusionis, faciet sensum compositum vel divisum
in secundo modo et non e contra; patet enim aliquem esse terminum com-
ponentem vel dividentem in secundo qui nullatenus significat posse esse vel
non posse esse et sic a ratione compositionis primi modi secluditur ». Tuttavia
vii [..] supponitur sexto, quod licet quilibet terminus ‘cdimponena vel
dividens in primo modo possit ratione suae confusionis componere vel divi
cà in secundo modo, aliqua tamen est propositio in sensu composito vel
; iviso in primo quae nec est composita vel divisa in secundo modo, ut hi
‘necesse est Socratem esse istum hominem’ et ‘Socratem necesse est fees
istum hominem?. Et hoc patet per quid nominis sensus compositi o
divisi in secundo modo » (cfr. n. 384) sith
386 Ivi, sotto supponitur septimo.
598 Alfonso Maierà
riore (video, tango, audio)". Solo i primi fanno senso composto
e senso diviso in questo modo **. Tali verbi possono cadere su
di un termine incomplexus, o su di un dictum complexum (di
qui la distinzione tra probatio descriptibilis e officialis); se
cadono su di un complexum, o dictum categoricum, perdono ogni
«vis appellationis formae », giacché « appellare formam est
restringere terminum ad sui definitionem, sed dictum categoticum
nullam habet definitionem, igitur non appellabitur appellatione
formae » 39; del resto, solo con un complexum si ha senso com-
posto e senso diviso ?, e precisamente si ha senso composto
quando il verbo precede o segue il dictuz, mentre se sta tra le
parti del dictum si ha senso diviso 32. il primo ha probatio offi-
cialis, il secondo va provato secondo il termine mediato precedente,
se è presente nella proposizione ®”.
Per concludere, esaminiamo l'impostazione che Vettori dà
del settimo modo, che ha luogo — egli dice — con le determi
nazioni ita est, ita fuit, ita erit. Egli così procede: dei termini am-
pliativi, alcuni significano la possibilità (« consignificant posse esse
vel non posse esse ») e appartengono al primo modo; altri invece
consignificano il tempo, sia se sono considerati in sé (al tempo
passato o futuro), sia se considerati nella forma di participio
387 Ivi, lect. VIII, 1, supponitur primo.
388 Ivi, supponitur secundo.
389 Ivi, supponitur tertio. : ,
39 Ivi, supponitur quarto; continua: «Hoc idem patet quia sequitur
tamquam ab eodem idem: ‘tu intelligis hominem esse animal, ergo hominem
esse animal intelligis’, quod non contingeret si dictum illud formaliter
appellaretur, sicut hic non sequitur: ‘tu (ergo textus) hominem intelligis, ergo
intelligis hominem’, ut patet intuenti ».
391 Ivi, supponitur quinto.
392 Ivi, supponitur sexto. .
33 Ivi, supponitur septimo, e conclude: «Et scias istam differentiam
non causare omnimodam impertinentiam inter hos sensus, quia aliquibus
conditionibus observatis sensus illi erunt pertinentes [...] ».
i —_
Terminologia logica della tarda scolastica 599
(« Adam est praeteritus », « antichristus est futurus »: il parti
cipio è detto « distractivus ») 4; considerando che « ampliatio est
dilatatio verbi, vel ratione sui, vel ratione participii distractivi
ultra propriam sui consignificationem ad plures scilicet temporis
differentias », può accadere che unì verbo ampliato possa essere
restrictus di fatto « ad unam temporis differentiam » tra quelle
richieste dall’amzpliatio; così avviene nel nostro caso, giacché
ita, (e solo per accidens l’espressione « aliquando fuit ita ») limita
a un istante del tempo connotato la verità della proposizione #9, e
quindi l'aggiunta di if4 a un dictum è causa formale del senso
composto in questo settimo modo ?, Di qui deriva che il senso
composto si ha con l’aggiunta di ifa che restringe l’arzpliatio del
tempo del verbo nella proposizione a un istante del tempo con-
notato dal verbo che fa parte della deterzzinatio, e che è il passato
o il futuro; il senso diviso è dato dalla proposizione senza deter-
minazione e col verbo ampliato (es. senso composto: « aliquando
fuit ita quod Socrates est albus », senso diviso: « Socrates fuit
albus »)®?. Di qui ancora risulta che il senso diviso sta al senso
composto come il più ampio al meno ampio: nel primo caso quella
compositio che è il senso diviso ha verità verificabile nel tempo
3% Ivi, lect. VII, 1, conclusio, e praemittitur primo.
395 Ivi, praemittitur secundo; cfr. anche 3: « Quantum ad primum prae-
supponitur primo quid nominis restrictionis. Unde restrictio est acceptio
termini in propositione pro paucioribus quam in propositione ampliata. Dico
‘acceptio termini in propositione’, ut denotetur restrictionem non fieri
extra propositionem: est enim species suppositionis, quae est proprietas
termini proportionaliter capti. Dico ‘pro paucioribus quam’ etc., ut deno-
tetur terminum discretum non posse restringi [...]. Supponitur secundo
quod terminum restringi ad pauciora in propositione potest dupliciter intel-
ligi: vel ad pauciora scilicet supposita personaliter termino attributa, vel
ad pauciora, id est, ad pauciores temporis differentias connotatas per verbum
cui accidit ampliatio vel ratione sui vel ratione participii ampliativi, et haec
erit restrictio ampliationis cui committatur compositio septimi modi ».
39 Ivi, 1, praemittitur tertio.
397 Ivi, praemittitur quarto.
600 Alfonso Maierù
(« Veritas [...] compositionis divisae proportionatae illi de sensu
composito est temporalis et non istantanea [...] »), nel secondo
invece è istantanea (« [...] veritas limitatur ad certum instans
proportionatum propriae connotationis verbi restricti »: propor-
zionato, cioè, al passato o futuro, secondo i casi) **.
398 Ivi, supponitur septimo.
Appendice 1
IL TRATTATO TERMINI QUI FACIUNT
Il testo, che abbiamo ricordato nel capitolo precedente, si
trova in due manoscritti: Padova, Biblioteca Universitaria 1123,
ff. 10va-11vb, e Worcester, Cathedral Library, F. 118, f. 30v sgg.
Ho esaminato il ms. padovano: il testo, anonimo, ha, al f. 10va,
Incipit termini qui faciunt e, al f. 11vb, Expliciunt termini qui
faciunt. Il trattato quindi trae il suo titolo dall’incipit.
Anche a una prima lettura si può rilevare che ci si trova di
fronte non a un’opera originale, ma ad un adattamento del secon-
do capitolo delle Regulae solvendi sophismata di Guglielmo
Heytesbury, che, com'è noto, è intitolato De scire et dubitare.
Il materiale del capitolo di Heytesbury è qui organizzato in
modo da offrire in primo piano la descrizione del senso compo-
sto e del senso diviso, alla quale seguono sette casus con le rela-
tive risposte. Nel suo testo, invece, Heytesbury vuole chiarire
le difficoltà relative all’uso di scire, dubitare, ecc.; per far ciò, egli
formula gli stessi sette cass; passa quindi a descrivere senso com-
posto e senso diviso; infine risolve i casus. Heytesbury e il suo
anonimo manipolatore si propongono fini diversi.
A conferma della dipendenza del trattato Termini qui faciunt
dal testo di Heytesbury diamo di seguito in sinossi i passi più
importanti dell’uno e dell’altro (si noti la successione dei fogli
dei passi riportati: si constaterà quanto diversa sia la collocazione
dei brani paralleli nel testo di Heytesbury e nel nostro trattato).
602
Ms. Padova, Bibl. Un. 1123
(f. 10va) Termini qui faciunt
propositiones aliquando sumi in
sensu composito et aliquando in
sensu diviso [et] sunt isti et
consimiles: ‘scie’, ‘dubitare’,
‘imaginari’, ‘nolle’, ‘velle’, ‘perci-
pere’, ‘credere’, ‘intelligere’, ‘pos
sibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’,
‘necessarium’ et alii consimiles.
Unde notandum est quod quando
aliquis praedictorum terminorum
vel consimilium praecedat totaliter
dictum propositionis vel finaliter
subsequitur, tunc sumitur illa pro-
positio in sensu composito, ut illa
‘scio deum esse’, ‘dubito Socra-
tem currere’, ‘possibile est album
esse nigrum’, ‘hominem esse al-
bum est impossibile’. Et signifi
cant tales propositiones sic: ‘scio
deum esse’, id est scio quod deus
est; ‘credo Socratem cutrere’, id
est credo quod Socrates currit;
‘possibile est album esse nigrum’,
id est hoc est possibile quod al-
bum est nigrum, et sic de aliis.
Sed quando aliquis dictorum ter-
minorum mediat dictum proposi-
tionis, id est ponitur in medio in-
ter accusativum casum et, modum
infinitum, tunc illa propositio est
totaliter accepta in sensu diviso.
Et tales sunt istae: ‘4 scio esse
verum’, ‘Socratem percipio cur-
rere’, ‘album possibile est esse
nigrum’ etc. Et istae significant
sic: ‘4 scio esse verum’, id est
illud quod est 4 scio esse verum;
‘Socratem percipio currere’, id est
illud quod est Socrates percipio
Alfonso Maierù
De scire et dubitare, ed. 1494
(f. 13ra) Ad cuius evidentiam
est notandum quod aliquando acci-
piuntur propositiones quaedam in
sensu composito quibus consimi-
les sumuntur in sensu diviso quae
non convertuntur cum illis accep-
tis in sensu composito. Item scien-
dum quod huiusmodi propositio-
nes maxime fiunt per terminos
actum vel habitum animae impor-
tantes, aut posse esse vel non
posse esse, seu esse necessario vel
non esse, vel impossibile esse vel
non esse. Eiusmodi (!) sunt isti
termini: ‘scire’, ‘dubitare’, ‘intelli-
gere’, ‘imaginari’, ‘percipere’, ‘vel-
le’, ‘nolle’, ‘possibile’, ‘impossibi-
le’, ‘necesse’ et sic de aliis multis.
Quod autem cum his terminis
fiant tales propositiones satis ap-
paret iuxta communem modum lo-
quendi, ut cum dicitur: ‘scio 4
esse verum’ et ‘4 scio esse ve-
rum’. Propositiones istae multum
sunt similes, sed non convertun-
tur; una enim accipitur in sensu
diviso et alia in sensu composito
sicut et hic: ‘aliquam proposi
tionem dubito esse veram’ et ‘du-
bito aliquam propositionem esse
veram’, ‘intelligo vel imaginor ali-
quem punctum esse medium
huius corporis’ et ‘aliquem punc-
tum intelligo vel imaginor esse
medium huius (f. 13rb) corpo-
ris’ [...]; et ita apparet quod mul-
tae sunt propositiones similes sicut
istae iam praemissae et aliae
huiusmodi quae non convertun-
tur, cum una accipiatur in sensu
Terminologia logica della tarda scolastica 603
currere; ‘album possibile est esse
nigrum’, id est illud quod est
album possibile est esse nigrum
postea, vel sic: de re quae est
alba potest fieri res nigra, et sic
est de aliis.
(f. 10vb) Ad istam conclusio-
composito et alia in sensu diviso,
quia sensus compositus rato vel
numquam convertitur cum sensu
diviso, sed in maiori parte quan-
tumcumque sint similes sunt ta-
men sibi invicem impertinentes
sicut inferius patebit. Item tam-
quam pro regula est observandum
quod cum aliquis istorum termi-
norum vel similium praecedit to-
taliter dictum alicuius propositio-
nis seu sequitur finaliter, tunc
talis propositio accipienda (est) in
sensu composito, sicut sic dicen-
do: ‘scio 4 esse verum’; tota illa
propositio accipitur in sensu com-
posito, et tunc convertitur cum
hac propositione ‘scio quod 4 est
verum’, et ex hoc sequitur quod
talis propositio ‘a est verum’ vel
aliqua propositio significans quod
a est verum est scita a me. Multi
tamen sunt termini prius accepti
qui non multum competenter se-
quuntut finaliter huiusmodi dic-
tum propositionis, quia improprie
diceretur: ‘4 esse verum scio”, ‘ali-
quam propositionem esse veram
(scio)’. Aliqui tamen istorum com-
petenter possunt sequi huiusmodi
dictum finaliter. Convenienter
nam dicitur: ‘4 esse verum est
possibile’, ‘hominem currere est
possibi[bi]le', ‘hominem esse asi-
num est impossibile’: sive igitur
totaliter praecedit talis terminus
dictum huiusmodi sive sequatur fi-
naliter, erit totalis propositio dicta
accepta in sensu composito.
(f. 12va) Prima supponatur
604
nem probandam arguitur sic, et
primo supponitur ista propositio:
suppono quod omnis propositio,
de qua consideras quam non scis
esse veram nec scis esse falsam,
sit tibi dubia; deinde ponitur iste
casus, quod tu scias quod 4 sit
altera istarum duarum propositio-
num ‘deus est vel ‘homo est asi-
nus’ et lateat te quae istarum
s[clit 4...
(f. 11ra) Ad eandem conclusio-
nem probandam arguitur sic, et
ponitur iste casus, quod tu scias
quod a s[cJit unum istorum con-
tradictoriorum: ‘rex sedet’ et
‘nullus rex sedet’, ita quod tu
scias quod quodcumque istorum
sit verum quod illud sit 4 et e
contra, nescias tu tamen quae ista-
rum sit 4, sicut nec scias quae ista-
rum s[c]it vera; isto casu posito,
facio tibi istam consequentiam...
(£. 11rb) Tertio ad eandem con-
clusionem arguitur sic, et ponitur
quod Socrates sit coram te et
scias tu bene quod ‘hoc est hoc®
demonstrando Socrate et nescias
tu quod hoc est Socrates, scias
tamen bene quod ista propositio
‘hoc est Socrates’ significat prae-
cise quod hoc est Socrates, tunc
isto posito sequitur quod ista
propositio ‘hoc est Socrates’ est
tibi dubium (!)...
Alfonso Maierù
quod quaelibet propositio de qua
considerat aliquis quam ille nescit
esse veram nec scit esse falsam
sit dubia eidem; deinde ponatur
quod tu scias quod 4 sit altera
illarum: ‘deus est’, ‘homo est asi-
nus’, quarum unam scias esse ve-
ram et necessariam, scilicet istam
‘deus est’, et aliam scias esse fal-
sam et impossibilem, scilicet istam
‘homo est asinus’, et te lateat quae
illarum sit 4...
Item arguitut ad idem sic. Po-
natur quod tu scias quid sit ve-
rum istorum, demonstratis istis
contradictoriis tibi dubiis: ‘rex se-
det’, ‘nullus rex sedet’, sic quod
scias quod, quodcumque istorum
sit 4, quod ipsum sît verum, et
quod solum ipsum sit 4 et e con-
tra, et cum hoc scias quod 4 est
verum istorum, nescias tamen
quid istorum sit 4 sicut nescis
quid istorum sit verum. Istis po-
sitis, fiat haec consequentia...
Item ad idem arguitur sic. Po-
natur quod tu scias quod hoc sit
hoc, demonstrato Socrate, et ne-
scias tu quod hoc sit Socrates,
scias tamen quod haec propositio
‘hoc est hoc’ significat praecise
quod hoc est hoc, et etiam quod
ista propositio: ‘hoc est Socrates”
significat prae(f. 12vb)-cise quod
hoc est Socrates. Sit enim Socrates
coram te quem scias esse homi-
nem et nescias ipsum esse Socra-
tem, quc posito cequitur quod
Terminologia logica della tarda scolastica 605
Quarto arguitur [sic] ad ean-
dem conclusionem sic, et ponatur
quod Socrates sit coram te, scias
tu bene quod ipse est Socrates vel
Plato, nescias tamen quis istorum
ipse sit, scias tu bene quod ista
propositio ‘hoc est Socrates” signi-
ficat praecise quod hoc est Socra-
tes, tunc ista propositio ‘hoc est
Socrates’ est tibi dubia...
Quinto arguitur ad eandem
conclusionem probandam sic, et
ponitur quod tu scias quid demon-
sttetur per subiectum huius pro-
positionis: ‘hoc est homo” et quod
aliquid scias esse hominem et
nihil dubitas esse hominem et
quod tu scias istam propositionem
‘hoc est homo’ sic significantem
praecise quod hoc est homo, tunc
ista propositio ‘hoc est homo” est
scita a te esse vera vel scita a te
esse falsa...
(f. 1lva) Sexto arguitur ad pro-
bandum (!) conclusionem sic: po-
natur quod 4, è, c sint tres propo-
sitiones quarum duae primae, sci-
licet 4, d sint scitae a te, tertia
sit c dubia; et dubitantur sic
istae propositiones vel removean-
tur a te, ita quod nescias quae
istarum s[clit 4 nec quae d nec
quae c nec quae sit tibi dubia.
Isto posito, arguo sic: aliqua ista-
rum est scita a te et quaclihet
haec propositio ‘hoc est Socrates”
est tibi dubia...
Item posito quod scias quod
hoc sit Socrates vel Plato, nescias
tu tamen an hoc sit Socrates nec
scias an hoc sit Plato, et tunc erit
ista propositio tibi dubia: ‘hoc est
Socrates’...
Item suppono quod tu scias
quid demonstretur per subiectum
huius propositionis: ‘hoc est homo”
et scias quod illa propositio signi-
ficat praecise sicut termini illius
preetendunt, et quod scias aliquid
esse hominem et nihil dubites esse
hominem; quo posito, sequitur
quod ista propositio: ‘hoc est
homo’, sit scita a te esse vera vel
quod illa sciatur a te esse falsa...
Item sint 4, d, c tres proposi.
tiones, quarum duae sint scitae a
te, scilicet 4 et 2, et tertia, scili-
cet c, sit tibi dubia, et nescias
quae illarum sit 4 vel b, et simi-
licter lateat te (f. 13ra) quae illa
rum sit tibi dubia. Istis positis,
sequitur quod aliqua illarum pro-
positionum sit scita a te, quia tam
a quam È sciuntur a te per casum,
et sequitur etiam quod quaelibet
illarum sit tibi dubia...
606
istarum est dubia, ergo conclusio...
Septimo arguitur ad eandem
conclusionem sic: tu scis quod
hoc est Socrates et dubitas an hoc
sit Socrates eodem demonstrato,
ergo illud est scitum a te et tibi
dubium; et antecedens arguitur
sic, et ponatur quod heri vidisti
Socratem et neminem alium, et
scias tamen bene quod adhuc ille
homo quem heri vidisti est So-
crates, et sit Socrates hodie coram
te et lateat te quod iste est So-
crates, tunc sic: tu scis quod iste
homo est Socrates; hoc arguitur
sic, quia demonstrato isto homine
quem heri vidisti, scis bene quod
iste est Socrates, sed neminem
heri vidisti nisi istum hominem,
ergo demonstrato isto scis bene
quod iste est Socrates et dubitas
an iste idem sit Socrates per ca-
sum, igitur sequitur conclusio.
Alfonso Maierù
Item tu scis quod hoc est So-
crates et dubitas an hoc sit Socra-
tes, eodem demonstrato; propter
quod ponatur quod heri videris
Socratem et scias adhuc quod ille
homo quem heri vidisti est So-
crates, et videas Socratem modo,
et lateat te an sit Socrates, sed
credas quod ille homo quem nunc
vides sit Plato, et non videas ali-
quem nisi Socratem; istis positi
scis quod hoc est Socrates d
monstrato illo quem heri vidisti,
quia absque haesitatione conce-
deres quod hoc est Socrates, de-
monstrato illo quem heri vidisti,
quia scis bene quod ille quem
heri vidisti est Socrates demon-
strato illo quem heri vidisti. Scias
nam gratia exempli quod neminem
vidisti heri nisi illum qui est So-
crates, et tunc sequitur quod tu
scis quod hoc est Socrates, de-
monstrato illo quem heri vidisti,
et eodem demonstrato dubitas an
hoc sit Socrates, quia, demonstrato
illo quem iam vides, dubitas an
hoc sit Socrates, et idem est quem
iam vides et heri vidisti, igitur
eodem demonstrato scis quod hoc
est Socrates et dubitas an hoc sit
Socrates.
Appendice 2
IL TRATTATO TERMINI CUM QUIBUS
E PAOLO DA PERGOLA
P.O. Kristeller, nel secondo volume di Iter Italicum, dà notizia
di due trattati de sensu composito et diviso di Paolo da Pergola,
nessuno dei quali corrisponde a quello che abbiamo utilizzato nella
esposizione precedente e che ha l’incipit: Cum saepe numero
cogitarem.
Del primo di essi, contenuto nel ms. Sessoriano 301 della Biblio-
teca Nazionale di Roma!, il Kristeller dà questo incipit: Quoriam
ignoratis. Il secondo, invece, si troverebbe nel ms. Casanatense
85; l'incipit è: Termini cum quibus.
Il ms. Sessoriano contiene in realtà il trattato a noi noto, ma
esso non è segnalato dal Kristeller; l’incipit fornito dallo studioso
è quello di un altro trattato che nel codice precede il nostro testo.
Ecco l’indice del ms. Sessoriano:
1) ff. 1ra-54vb: (Pauli Veneti Logica parva) (manca il primo trat-
tato e metà del secondo): inc.: ef ita non immobilitant. Ideo bene
sequitur: scio omnem propositionem, et iste sunt omnes propositiones,
ergo scio istam et istam et sic de singulis (cfr. l’ed. veneziana del 1567
« apud Hieronymum Scotum », tr. II De suppositionibus, cap. V, p. 22,
30); expl.: secundum quod mei in exordio primitus asserendo promisi
(nell’ed. cit. manca l’ultimo paragrafo: merito-promisi; nel ms. segue,
di mano posteriore) E7 sic est finis. FINIS.
1 Cfr. Iter Italicum, II, London-Leiden 1967, p. 122.
2 Ivi, p. 97.
608 Alfonso Maierù
2) ff. S4vb-SSvb: Incipit tractatus brevis magistri Pauli Pergu-
lensis de sensu composito et diviso (!) ad medium inveniendum in
silogismo (ma cfr. Codices vaticani latini, II, 679-1134, rec. A. Pelzer,
Romae 1931, p. 726, Vat. lat. 1109, ff. 144v-145r, dove il testo è
attribuito a Marinus de Castignano sotto il titolo Tractatus de inven-
tione medii: il Pelzer per lo stesso testo rinvia al Vat. lat. 3037, ff.
151r-154r); inc.: Quoniam ignoratis principiis et ea que sequuntur igno-
rari habent ab his qui perfecte scire cupiunt; expl: Et sic sepe hec
legendo multa alia exempla per temetipsum per regulas ante positas
inveniri poteris. Finis. Explicit utilis tractatus ad medium in silogismo
inveniendum;
3) ff. 55vb-58vb: (Pauli Pergulensis De sensu composito et diviso: )
Item de sensu diviso et composito tractatus eiusdem. Inc.: Cum sepe
numero cogitarem; expl.: que hic scripsi plurima ex te repperies (cfr.
l’ed. M. A. Brown cit., pp. 149-158; l’explicit ha riscontro nell’ap-
parato);
4) £.59r: versus memoriales.
Il manoscritto, del sec. XV, cartaceo, di ff. 59, a due colonne,
è dovuto a due mani diverse: la prima, fino al f. 54vb, al punto
indicato; la seconda, dal f. 54vb alla fine.
Il secondo testo segnalato dal Kristeller occupa i ff. 55va-58rb
del ms. Casanatense 3, ed è anonimo. L'attribuzione di esso a Paolo
da Pergola è stata forse ricavata dal ms. Marciano, lat. VI, 248
(= 2878); questo codice infatti ha, ai ff. 92va-93vb, un trattato
de sensu composito et diviso, incipit: Termini cum quibus, attri-
buito al Pergolese (ma ai ff. 89ra-92rb ha il De sensu composito et
diviso, incipit: Cum saepe numero cogitarem, che una mano poste-
riore a quella che ha copiato il testo ha espressamente attribuito al
Pergolese: si veda il margine superiore del f. 89r). In realtà il testo
3 Per la descrizione del codice, cfr. Catalogo dei manoscritti della Biblio-
teca Casanatense, I, compilato da E. Moneti-G. Muzzioli-I. Rossi-M. Zamboni,
[Roma] 1949, pp. 153-155.
4 Cfr. J. VALENTINELLI, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum,
IV, Venetiis 1971, p. 160; il ms. è segnalato dal KRISTELLER, 0p. cit., Tk
p. 226
Terminologia logica della tarda scolastica 609
del ms. Casanatense e quello del ms. Marciano differiscono, nono-
stante abbiano lo stesso incipit, giacché il primo è notevolmente più
lungo del secondo.
Diamo di seguito i due testi, segnalando in nota, del più breve,
i punti di raccordo con l’altro; si vedrà che esso è derivato da
quello maggiore e, così come ci è pervenuto, sembra un riassunto
frettoloso del primo.
Per stabilire il testo più lungo ci siamo serviti del ms. Casana-
tense e del ms. 1123 della Biblioteca Universitaria di Padova, che
lo contiene ai ff. 9va-10va 5: anche in questo caso esso è anonimo.
Il ms. Padovano è più antico e perciò è stato preso a testo base
di questa edizione. Ma la Brown ricorda sotto lo stesso incipit
anche i testi anonimi contenuti nei mss. Oxford, New College 289,
f. 36r sgg. e Worcester, Cathedral F. 118, f. 55b sgg., che non
abbiamo preso in esame.
I*
Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu
composito, aliquando in sensu diviso, sunt isti: ‘scire’, ‘dubitare’, ‘ima-
5 Una prima analisi del contenuto del ms. è nel mio Lo « Speculum »...,
cit., pp. 308-309.
6 Cfr. Introduction a PAuL or PeRGULA, Logica..., cit., p. XI.
* P = Padova. Biblioteca Universitaria, ms. 1123, ff. 9ba-10va; C =
Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 85, ff. 55va-58ra.
In questo apparato non sono segnalate le trasposizioni e le varianti come
ergo | igitur, iste / ille. Ho letto P in microfilm negativo; si rilevano inter-
venti in inchiostro più intenso sul testo, non so se dovuti alla stessa mano
dello scriba, o a mano differente; essi non saranno tutti segnalati: noteremo
eo) le cancellature, e le aggiunte in margine o in interlinea (indicate
con Pe).
1 termini] Incipiunt termini qui cum quibus Termini P_2 composito +et C
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ginati’, ‘percipere’, ‘nolle’, ‘velle’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘neces-
sarium’ et ‘contingens’.
Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis
praedictorum terminorum praecedit totaliter dictum propositionis, ut
‘scio 4 esse verum’, vel finaliter subsequitur, ut ‘album esse nigrum
est impossibile’. Et ista propositio ‘scio 4 esse verum’, et aliae consi-
miles quae sumuntur in sensu composito, sic significat: scio quod 4 est
verum; et ista propositio ‘impossibile est album esse nigrum’ (...) et sic
singulis. Sed sumuntur propositiones in sensu diviso quando aliquis
istorum terminorum mediat dictum propositionis, id est ponitur inter
accusativum casum et infinitum modum, verbi gratia ‘4 scio esse
verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam propositionem du-
bito esse veram’. Et tales propositiones quae sumuntur in sensu diviso
sic significant: ‘a scio esse verum’ sic significat: illud quod est 4 scio
esse verum; ‘album possibile est esse nigrum’ sic significat: illud quod
est album possibile est esse nigrum.
Et ideo tales propositiones sumptae in sensu diviso et in sensu
composito sunt quasi sibi invicem impertinentes, et in sensu diviso
valet talis consequentia: ‘illud quod est 4 scio esse verum, ergo 4 scio
esse verum’; et ista consequentia simpliciter est bona: ‘hoc scis esse
verum et hoc est 4, ergo 4 scis esse verum’. Sed arguendo in sensu
composito non valet consequentia, ut hic: ‘tu scis hoc esse verum et
hoc est 4, ergo tu scis 4 esse verum’, quia antecedens est verum et conse-
quens falsum posito casu possibili: posito quod 4 convertatur cum ista
ptopositione ‘homo currit’ et posito quod tu videas hominem currere,
sed quod tu nescias pro certo an sit homo vel non, isto posito, antece-
dens est verum, videlicet ‘tu scis hoc esse verum’, quia ista convertitur
cum ista ‘tu scis quod homo currit’ et ista est vera, ergo et alia; et altera
pars antecedentis est vera, videlicet quod ‘hoc est 4°; et consequens
falsum, videlicet ‘tu scis 4 esse verum’, quia convertitur cum ista: ‘tu
scis hominem currere’, quia per casum est tibi dubium si sit homo vel
non. Sed ad concludendum propositionem in sensu composito oportet
3 possibile+et C 6 totaliter] totum C 10 propositio om P 11 sin-
gulis] similibus C. sed om C sumuntur-+autem C 12 istorum] praedicto-
rum C 13 accusativum] aliquem (2) C_ 16 significat+quod C 17-18
sicnigrum om P__ 20 suntom C etom C 21 illud] id C 23 sed+con-
similiter C 25 tu om C quia om C_ 27 posito] pono P__28 nescias]
nesceas P__ 31 4] verum P homo C_ 32 videlicet] quod C 34 non+
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accipere utramque praemissarum in sensu composito, sic: ‘scio quod
hoc est verum et scio quod tantum hoc est 4, ergo scio 4 esse verum?.
Posito quod 4 sit altera istarum: ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, et
bene scias quod 4 sit altera istarum, et sit ista gratia exempli ‘deus est’,
et lateat te quae istarum est 4 et consideres tu de istis, et scias istas
significare praecise primarie, isto posito sequitur ista conclusio: 4 scis
esse verum, et tamen tu non scis 4 esse verum. Antecedens probo sic:
hoc quod est 4 scis esse verum, demonstrando istam ‘deus est’, ergo
a scis esse verum. Ista consequentia est bona, quia consimilis modus
arguendi in sensu diviso valet, et antecedens est verum, quia istam scis
esse veram ‘deus est’ et ista est hoc quod est 4, ergo hoc quod est 4
scis esse verum, et tamen tu non scis 4 esse verum; probo, quia non
scis quod 4 est hoc verum ‘deus est’, quia latet te per casum an 4 sit
ista ‘deus est’ an ‘homo est asinus’, nec tu scis 4 esse aliquod aliud
verum per casum, ergo tu non scis 4 esse verum; ideo conceditur
conclusio.
Et si arguitur sic: ‘4 scis esse verum, ergo tu scis 4 esse verum’,
negatur consequentia, quia ista possunt stare simul: 4 scis esse verum,
et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura. Probatur sic.
Ponatur quod « sit ista propositio ‘deus est’ et quod tu scias istam, et
quod tu non ctedas aliquod 4 esse in rerum natura, tunc antecedens est
verum ‘4 scis esse verum’; probatur: illud quod est 4 scis esse verum,
ergo 4 scis esse verum; antecedens probo: istam ‘deus est’ scis esse
veram, et haec est illud quod est 4, igitur hoc quod est 4 scis esse verum,
et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura.
Alia conclusio est ista de primo casu: tu dubitas 4 esse verum
et tamen nullum 4 dubitas esse verum; prima parts patet per ca-
sum et secundam partem probo, videlicet nullum 4 dubitas esse verum:
quia nullum istorum dubitas esse verum demonstrando istam ‘deus
est” vel ‘homo est asinus’, et quodlibet 4 est alterum istorum, ergo
nullum 4 dubitas esse verum; consequentia patet et antecedens
homo C 34-35 oportet-praemissarum] requiritur quod utraque praemis-
sarum sumatur C_ 37 posito] supposito C 38 ista+gratia P—39te+ta-
men C add et delPest]lsitC =40isto+casuC 41siclsiC 42de
monstrando-est’ del Pe 46 quia+tu C 48 an+haec C 49 verumi
om C 53 scis] sis C esse-+verum C 55 tu om C 56 probatur]
probo C 57 istam] ista C 58 illud] hoc C 59 natura+quia per
casum tu non credis quod aliquod 4 sit in rerum natura C 61 4+est tibi P
per casum] ex casu C 63 dubitas-verum] est tibi dubium CU istam]
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sequitur ex casu. Ideo conceditur conclusio et negatur ista conse-
quentia: ‘tu dubitas 4 esse verum, ergo tu dubitas 4 vel 4 est tibi
dubium’, quia antecedens est verum (‘tu dubitas 4 esse verum’, quia
per casum tu nescis an 4 sit ista ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’,
ergo tu dubitas 4 esse verum) et consequens falsum, quod tu dubitas
a, quia suum contradictorium est verum: ‘tu non dubitas 4°; probatur,
quia non dubitas illud quod est 4, quia non dubitas istam ‘deus
est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas hoc quod est 4.
Similiter ista consequentia non valet: ‘tu dubitas 4 esse verum,
ergo 4 est tibi dubium’, quia antecedens est verum, ut probatum est,
et consequens falsum, videlicet ‘a est tibi dubium’, quia ista non
est tibi dubia ‘deus est’, et ista est 4, igitur 4 non est tibi dubium.
Ista conclusio est possibilis et sequens ex casu: 4 est scitum 4 te
et tamen tu dubitas 4 esse verum: antecedens probatur, quia 4 est
ista ‘deus est’ et ista est scita a te, ergo 4 est scitum a te, et conse-
quens probatur ut prius.
Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tamen tu non dubitas
aliquod 4; prima pars probatur ut prius et secundam partem probo,
quia tu non dubitas illud quod est 4, igitur tu non dubitas 4, quia
tu non dubitas istam ‘deus est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas
illud quod est 4; ideo conceditur conclusio et conceditur ista: tu
scis 4 et tamen tu non scis 4 esse verum. Prima pars patet, quia tu
scis hoc quod est 4, ergo tu scis 4; secundam partem probo, quia tu
non scis an 4 sit ista ‘deus est’ an ista ‘homo est asinus’, ergo tu
non scis 4 esse verum. Similiter ista est vera: 4 est scitum a te et
tamen non est scitum a te 4 esse verum. Et ista est vera: 4 scis esse
verum et tamen nullum verum scis esse 4, quia hoc verum non scis
esse 4 demonstrando ‘deus est’, nec hoc verum ‘homo est animal’
et sic de singulis, ergo nullum verum scis esse 4; nec aliquid scis
esse 4, quia aliquam propositionem nescis esse 4, ergo aliquid non
scis esse 4; nec 4 scis esse 4, quia 4 est ista ‘deus est’ et tu nescis
istam esse 4, igitur 4 nescis esse 4, et tamen haec est falsa ‘4 nescis
istasC 64 velletC 68estozP. 69sit]scitP 72 quia2+tu C
73 hoc] illud C 74 ista] haec C 75 dubium] dubia P est? om P
verum-+ergo 4 est tibi dubium quia antecedens est verum C 79 probatur]
probo C.81probatur] proboC = utormP = 85haeclistaC 88 4+et
G 89 non scis] nes(c)is C an?] vel C 92 tamen om P 93 de-
monstrando+istam C verum+ demonstrando C 97 a+nec 4 scis
esse idem sibi ipsi 4 quia illud quod est 4 nescis esse 4 C 98 ipsi+a
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Terminologia logica della tarda scolastica 613
esse idem sibi ipsi’.
“A èsse verum est tibi dubium’: si concedatur, tunc sic: ista
propositio ‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum altera istarum
«deus est” esse verum est tibi dubium” vel “‘homo est asinus’ esse ve-
rum est tibi dubium” et quaelibet illarum est falsa, ergo verum conver-
titur cum falso: conceditur consequentia et negatur antecedens; ante-
cedens probo sic: ‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum ista
«deus est” esse verum est tibi dubium”, quia 4 est ista ‘deus est’, ergo
si haec sit vera ‘4 esse verum est tibi dubium’, haec foret vera “‘deus
est’ esse verum est tibi dubium”: negatur quod istae duae propositiones
convertuntur.
Contra: subiecta convertuntur, copulae et praedicata convertuntur
et propositiones sunt eiusdem qualitatis et quantitatis, ergo convertun-
tur. Dicendum quod regula non est generaliter vera, quia oportet
addere quod termini pro eisdem praecise supponant in una sicut in
alia. Nam ista consequentia non valet: ‘quilibet homo est unus solus
homo, ergo omnis homo est unus solus homo’, et tamen subiecta
convertuntur, praedicata et copulae convertuntut etc. et propositiones
non convertuntur, et causa est, quia in ista ‘quilibet homo est unus solus
homo’ li ‘homo’ supponit pro masculis tantum et in alia ‘omnis
homo est unus solus homo’ li ‘homo’ supponit tam pro masculis
quam pro feminis, et ideo non convertuntur.
Ideo, si conceditur ista ‘4 esse verum est tibi dubium’, contra:
nullum istorum esse verum est tibi dubium demonstrando istam
‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, a est alterum istorum, ergo 4 esse
verum non est tibi dubium: syllogismus in quarto modo primae figurae;
si negatur, contra: prima est universalis negativa et minor est parti-
cularis affirmativa particularem negativam concludentes, et conclu-
ditur directe, igitur etc. Pro isto negatur quod maior est universalis
negativa, quia hoc totum ‘nullum istorum est verum’ est subiectum
ad li ‘est’ et est affirmativa, et negatur quod concluditur directe,
quia 4 est ista deus est et hoc est falsum quod tu nescis istam esse
idem sibi ipsi C 103 antecedens! om C 104 probo] probatur C
109 convertuntur--et C. 111 quod+ista € 115 convertunturl+et P om C
et2+tamen C 117-118 omnis-homo? om P__ 119 feminis] femellis €121
esse verum om C 122 vel+istam Casinustet C_ 123 dubium+con-
sequentia est C 124 minor] secunda C est? om C 126 igitur + syllo-
gismus C isto+dicitur quod C est] sit C 128 et!+etiam € conclu-
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quia conclusio non fit ex maiori extremitate et minoti tantum, sed de
illis duabus et de parte medii termini; ideo non concluditur directe.
Capio istas quattuor propositiones: ‘homo est homo’, ‘homo est
risibilis’, ‘homo est asinus’, ‘homo est rudibilis’; capio tunc illas duas
‘homo est asinus’ et ‘homo est rudibilis’; munc istae duae proposi-
tiones convertuntur et una istarum est vera et alia falsa, ergo verum
convertitur cum falso; consequentia patet et antecedens probo, quia
ista convertuntur cum aliquibus, ergo convertuntur; consequentia
patet, quia ex opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis,
quia sequitur: istae propositiones non convertuntur, ergo non con-
vertuntur cum aliquibus; ideo si conceditur consequens, tunc arguitur
sic: ex consequente sequitur quod ista convertuntur, ergo significant
praecise idem, ergo convertuntur inter se, ergo sequitur conclusio
probanda, quod aliquae propositiones convertuntur et tamen una est
vera et alia falsa.
Capio istas tres propositiones: ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus est’,
quarum quaelibet significat praecise quod deus est, et arguo sic: istae
propositiones convertuntur, ergo quaelibet istarum convertitut cum
cum duabus istarum, sed omnis una est vera et omnes duae istarum
sunt falsae, ergo verum convertitur cum falso. Ad primum argumentum
dicitur quando arguitur sic: istae duae propositiones convertuntur
cum aliquibus, ergo convertuntur, negatur consequentia; nec sequitur:
1sta ‘homo est risibilis” convertitur et ista ‘homo est asinus’ convertitur,
ergo istae convertuntur. Eodem modo respondendum est ad omnes tales
conclusiones, quia si talis modus arguendi sit bonus, tunc istae conclu-
siones sequentes sunt verae, et omnes tales quarum una est ista ‘hoc
est aequale’ et ‘hoc est aequale’, demonstrato uno cui ipsum primo
ditur] concludatur €129 ex] de C 130 duabus] duobus P__ 131 ho-
mo%est 07: C 132 risibilis] risibile est C asinus+et C rudibi-
listet C duas+ propositiones C 133 nunc] et tunc arguo sic C
134 alia+est C 135 quia om C 136 ista] istae propositiones C
consequentia] consequentiam C 137 patet] probo C 139 arguitur]
arguo C 140 quod 07 C 141 idem+consequentia patet per definitio-
nem istius termini converti tunc ultra ista significant praecise idem C
ergo?+a primo C 142 propositiones+inter se Cet tamen] quarum C
144 deus est*+deus est deus est deus est in mg C 146 ergo om P
quaelibet istarum] una vera illarum C 147 una+illarum C 149 dicitur
om € duae propositiones om C 151 risibilis im mg Pe om C 152:
tales om C 153. conclusiones! +consimiles C 154 sunt] essent C
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est inaequale, ‘ergo ista sunt aequalia’, negatur consequentia, et etiam
ista ‘hoc est simile et hoc est simile, ergo ista duo sunt similia’, negatur
consequentia ista, et etiam ista: ‘hoc est immediatum et hoc est imme-
diatum, ergo ista sunt immediata’: non valent huiusmodi consequentiae,
quia dicunt quidam quod numquam convertuntur aliquae proposi-
tiones nisi quando quaelibet illarum convertitur cum qualibet illarum
alia a se ipsa. La
Contra istam responsionem arguitur sic, et capio istas duas copu-
lativas “ ‘deus est’ et ‘homo est’ ”, “ ‘prima causa est’ et ‘risibile est’ ”;
tunc arguo sic: istae duae copulativae convertuntur et istae duae copu-
lativae sunt istae quattuor propositiones, ergo istae quattuor propo-
sitiones convertuntur. Pro isto negatur quod istae quattuor propo-
sitiones sunt istae duae copulativae, sed istae quattuor propositiones
cum istis duabus notis et etiam cum actu animae sunt istae duae
copulativae, quia si conceditur quod aliquae propositiones convertuntur,
quarum non quaelibet convertitur cum qualibet istarum alia a se ipsa,
sequitur talis conclusio, quod quattuor propositiones convertuntur et
nullae tres, et sint istae quattuor: ‘homo est’, ‘risibile est’, ‘homo est
asinus’ et ‘homo est rudibilis’, tunc istae quattuor propositiones con-
vertuntur, quia ‘homo est’ et ‘risibile est” convertuntur et aliae duae
convertuntur, ergo istae quattuor propositiones convertuntur, et tamen
nullae tres convertuntur, quia istae tres non convertuntur ‘homo est’,
‘risibile est’ et ‘homo est asinus’. Similiter sequitur quod centum pro-
positiones convertuntur; tamen nullae viginti, et sic de aliis quod
numquam videtur esse verum. gti
Ideo pro secundo dicitur, captis illis tribus propositionibus: ‘deus
est’, ‘deus est’, ‘deus est’, conceditur quod quicquid convertitur cum una
illarum convertitur cum duabus illarum, et hoc accipiendo illas duas
divisim; et tunc quando arguitur: duae illarum coniunctae sunt falsae,
negatur, sed bene coniunctim sunt unum falsum et propositio falsa et
tres tamen illarum non sunt propositio; et non sequitur: ista ‘deus
est’ convertitur cum ista et cum ista, ergo convertitur cum duabus
illarum, negatur consequentia, et causa quare consequentia non valet
hoc] homo C 155 primo om €157 duo om C 161 qualibet] quae-
libet P 168 istae? interl Pe 169 et om C 171 quaelibet+illarum EC
172 et+tamen C 173 tres+et nullae tres P__ quattuor+propositiones C
est!1+homo homo est P est? om P 175 convertunturl+probatur C
176 istae om Cpropositiones] species P 182 conceditur] concedo C
quod om P 185 et? om C 187 cum?] tamen C cum3+cum C
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est quia, licet ista ‘deus est’ significet praecise sicut unam illarum per
se et certum sicut alia per se, non tamen praecise significat sicut illae
duae significant, ideo non valet consequentia.
Album possibile est esse nigrum, et tamen impossibile est album
esse nigrum: prima pars probatur sic: hoc quod est album possibile
est esse nigrum, ergo album possibile est esse nigrum; et tamen impos-
sibile est album esse nigrum: probatur, nam ista est impossibilis
‘album est nigrum’ et ista praecise significat album esse nigrum, ergo
impossibile est album esse nigrum. Similiter eodem modo possunt
probari conclusiones subsequentes, videlicet: non currentem possibile
est currere, et tamen impossibile est non currentem currere. Et etiam:
sedentem possibile est ambulare, et tamen impossibile est sedentem
ambulare. Similiter: falsum possibile est esse verum, et tamen impos-
sibile est falsum esse verum. Similiter: impossibile possibile est esse,
et tamen impossibile est impossibile esse possibile; possibile est
Socratem scire hoc 4 et possibile est Socratem scire hoc 5 et omne
quod est hoc 4 est impossibile et omne quod est hoc d est impossibile,
et tamen impossibile est Socratem scire aliquod impossibile: sit 4 ista
‘homo est asinus’ et 4 ista ‘nullus deus est’, quarum utraque sic signifi-
cat praecise, et pono quod utraque illarum cras erit vera et quod Socrates
sciat tunc utramque illarum, possibile est Socratem scire utrumque
istorum, demonstrando per li ‘istorum’ 4 et 5, et quodlibet istorum
est falsum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum:
pono casum praecedentem: isto posito sequitur: possibile est Socratem
scire quodlibet istorum, et quodlibet istorum est falsum, ut patet per
casum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum, quia ista
est impossibilis ‘Socrates scit aliquod falsum’ quae praecise significat
Socratem scire aliquod falsum, ergo impossibile est Socratem scire
aliquod falsum.
Possibile est hoc 4 esse nigrum et omne quod est hoc 4 est album,
et tamen impossibile est album esse nigrum; sit tunc album aliquod
album quod cras erit nigrum, tunc sequitur conclusio. Socrates scit
aliquid esse quod non scit esse: probo, et pono quod aliquid sit
188 quare+illa C 189 unam] una C 190 certum (?)] tunc non C
195 nam om C 197 similiter+et C 198 probari+omnes C 199
etiam+non C 206 impossibile!] possibile C—aliquod om C impos-
sibile2] possibile C 209 sciat] sciet C 212 sequitur om C 213-214
per casum] ex casu C 214 tamen 07m C ista] haec C 219-220 sit-
nigrum om P 221 probo et in mg Pe pono] posito C aliquid] ali-
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quod Socrates non sciat esse, et quod Socrates sciat illud bene,
tunc capio istam propositionem ‘aliquid est quod Socrates non scit
esse’; ista est vera, ut apparet; tunc arguitur sic: Socrates scit istam
‘aliquid est quod non scit esse’, quae praecise significat aliquid esse
quod Socrates non scit esse, igitur Socrates scit aliquid esse quod non
scit esse. Si conceditur consequentia, tune sic: Socrates scit aliquid esse
quod non scit esse, ergo aliquid scit esse quod non scit esse: negatur
consequentia, quia arguitur a termino stante confuse tantum ad eundem
terminum stantem determinate. Similiter, tu scis aliquam propositionem
esse veram quam non scis esse veram: pono quod aliqua propositio
sit vera quam non scis esse veram et quod bene scias istam; tune,
posito casu: tu scis istam propositionem ‘aliqua propositio est vera
quam tu non scis esse veram’, ergo tu scis qualiter ista praecise signi-
ficat, sed illa praecise significat unam propositionem esse veram quam
non scis esse veram, ergo scis aliquam propositionem esse veram quam
non scis esse veram.
Pono quod non sint plures propositiones in mundo quam istae
duae ‘rex sedet’ et ‘nullus rex sedet’, quarum utraque est tibi dubia
et consideres de istis et scias istas esse propositiones contradicentes
inter se, et scias cum toto casu quod nulla contradictoria inter se
contradicentia sunt simul vera, isto posito, sequuntur conclusiones:
tu scis aliquam istarum esse veram et tamen nullam istarum scis esse
veram. Prima pars probatur sic: tu scis aliquam illarum esse veram,
quia tu scis quod ista sunt contradictoria ‘rex sedet’ et ‘nullus rex
sedet’ et tu scis quod omnium contradictoriorum alterum est verum,
ergo alterum illorum est verum, ergo scis aliquam istarum esse veram;
et tamen nullam istarum scis esse veram: probatur sic, quia istam
‘rex sedet’ non scis esse veram, nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse
quis P 222 sciat!] sit P illud om C bene+aliquod esse C 224
esse+tunc C apparet] patet C arguitur] arguo C Socrates scis
in mg Pe 225 quod+Socrates C 226 Socrates! inter Pe aliquid
esse in mg Pe 228 esse?+Socrates C 232 istam] illud C tunc]
isto C 233 casu tu scis] capio C 234 tu! om C veram] tu scis
illam add et del P__ 234-235 ergo-unam] quae praecise significat C 235
sed-significat in #g P° 237 non-veram] etc C 240 istas] ista C pro
positiones contradicentes] contradictoria contradicentia C 243 scist+ali-
qua illarum P 244 Prima-veram om P 245 contradictoria+demon-
strando Cet interl P° 246 alterum] illorum est alterum illorum adé
et del P 247 ergo!-verum om P aliquam] aliqua C 248 sic om
225
230
235
240
245
618 Alfonso Maierù
veram, et non sunt plures istarum, ergo nullam istarum scis esse veram.
Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram et tamen nullam
propositionem scis esse veram. Prima pars probatut ut prius, et
secundam partem probo, quia illam ‘rex sedet’ non scis esse veram,
nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse veram, et non sunt plures istarum,
ergo nullam propositionem scis esse veram.
Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram, ut probatur,
et tamen quaelibet propositio est tibi dubia: probo, quia ista ‘rex
sedet’ est tibi dubia, et ista ‘nullus rex sedet’ est tibi dubia, et non
sunt plures illarum, ergo quaelibet propositio est tibi dubia. Et simi-
liter, nulla propositio est scita a te: probatur, quia ista ‘rex sedet’ non
est scita a te, nec ista ‘nullus rex sedet’ et non sunt plures istarum,
ergo nulla propositio est scita a te. Et sic probantur conclusiones
aliae consimiles.
IT*
Incipit tractatus de sensu composito et diviso Magistri Pauli
Pergulensis.
Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu
composito, aliquando in sensu diviso sunt! isti, scilicet ‘scire’, ‘dubi-
tare’, ‘intelligere’, ‘imaginari’, ‘percipere’, ‘velle’, ‘nolle’, ‘possibile’,
‘impossibile’, ‘contingens’, ‘necessarium’ et consimiles.
Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis isto-
rum praecedit totaliter dictum propositionis, ut ‘scio esse verum’, vel
sequatur finaliter, ut ‘album esse nigrum est impossibile’. Et ista
propositio ‘scio 4 esse verum’ et alia consimilis quae sumuntur in
sensu composito sic significant quod ista propositio est scita a me
sic significando: 4 est verum, et ista ‘impossibile est album esse
CU 254 scis-veram om C 259 sunt înterl Po 261 suntom P_ 262
probantur+omnes C 263 consimiles+Expliciunt termini cum quibus P
Expliciunt termini cum quibus deo et mariae virgini gratias amen (+die
112 lulij in meg) C.
* Ho letto il ms. in microfilm. Ho cercato di limitare gli interventi a
quei casi che chiaramente li esigevano; i risultati della lettura proposta, co-
munque, non sono confortanti.
1 ssunt 775.
250
255
260
Terminologia logica della tarda scolastica 619
nigrum’ sic significat quod ista propositio est impossibilis sic signi-
ficando: album est nigrum. Sed propositiones quae sumuntur in sensu
diviso sunt quando aliquis istorum terminorum mediat dictum proposi
tionis et ponitur inter accusativum casum e(t) istum modum mediatum,
ut ‘4 scio esse verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam
propositionem dubito esse veram’; et istae propositiones sic significant:
‘a scio esse verum’, id est, istam propositionem quae est 4 scio esse
veram; ‘album potest esse nigrum’, id est, de re quae est alba potest
fieri res quae est nigra; ‘aliquam propositionem dubito esse veram?,
id est, aliquam propositionem quam ego dubito esse veram. Ideo tales
propositiones sumptae in sensu diviso sunt (f. 92vb) particulares et in
hoc sensu tenet talis consequentia: hoc 4 scio esse verum, ergo 4 scio
esse verum.
Sed? ad concludendum3 propositionem in sensu composito requi-
ritur quod utraque pars ipsarum sumatur in sensu composito, sicut:
‘scio quod hoc est verum et quod hoc tantum est verum, ergo scio
a esse verum’. Supposito quod 4 sit altera istarum ‘deus est’ vel
‘homo est albus’ et bene scias quod 4 est altera istarum, et 4 est
ista, gratia exempli, ‘deus est’, sed lateat te tamen quae illarum sit
a, et consideres tu * de istis, et scias tu 5 ipsas sic[ut] praecise significare
et tamen hoc supposito quod omnis propositio de qua considerat aliquis
quod modo scit esse veram neque scit esse falsam quam scit de natura
illi eidem (sit dubia), illo casu posito sequitur conclusio ista: 4 scis esse
verum et non scis aliquod 4 esse verum, ergo 4 scis esse verum: conse-
quentia est bona et consimilis modus arguendi valet in sensu diviso, et
antecedens est verum quia ‘deus est’ scis istam esse veram, ut patet
per casum an 4 sit ista ‘deus est’, neque tu scis 4 aliquod esse verum
ut in casu supponitur, ergo tu non scis 4 esse verum: conceditur
conclusio et sic $ arguitur: 4 scis esse verum et tamen? 4 non scis esse
verum in rerum natura.
Alia conclusio sequens ex eodem casu est ista: tu dubitas 4 esse
verum et nullum 4 dubitas esse verum. Prima pars patet per casum,
et quod nullum « est tibi dubium probatur sic: nullum illorum est
Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 34.
excludendum 725.
ut 75.
ut 775.
6 scic m25.
? cum r25.
U è Wa
620 : Alfonso Maierù
tibi dubium, demonstrando istas duas propositiones: ‘deus est’ et
‘homo est album’, sed quodlibet 4 est alterum istorum, igitur quod-
‘homo est (f. 93ra) album’, sed quodlibet 4 est alterum istorum, igitur
quodlibet 4 est tibi dubium. Consequentia patet, et antecedens sequitur
ex casu: igitur conceditur conclusio et negatur consequentia ista,
videlicet: dubitas @ ergo® 4 est tibi dubium. Ista® consequentia est
tibi possibilis et sequens ex isto casu: ‘4 est scitum a te et dubitas
(quod) 4 est verum’. Secunda pars conclusionis satis patet, et quod 4
est scitum a te probatur: quia hoc quod est 4 est scitum a te, ergo 4 est
scitum a te. Consequentia patet, quia talis consequentia valet in sensu
diviso; et antecedens probo: quia ista ‘deus est’ est scitum a te et
ista ‘deus est’ est hoc quod est a, ergo 4 est scitum a te: conclusio
conceditur.
. Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tu non dubitas aliquod 4,
igitur scitur quod tu scias 4 et tu non scias 4 esse verum, et illa
‘a est scitum a te’ et ‘4 non est scitum a te esse verum?, et illa ‘a
scis esse verum’ et ‘nullum verum scis esse verum 4°, ‘non aliquid
scis esse 4°, ‘non 4 scis esse 4’.
‘A est verum’! et ‘4 est tibi dubium’ convertitur cum alterà
istarum: “deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’
esse verum est tibi dubium”, ergo convertitur cum falso; negatur
quod “‘4 est verum’ tibi est dubium” convertitur cum altera istarum:
“deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’ esse
verum est tibi dubium”.
Contra: si 4 est forte ista ‘deus est’, igitur si haec est vera: “ ‘4 est
verum’ est tibi dubium”, haec forte est vera: “ ‘deus est’ esse verum est
tibi dubium”. Negatur consequentia, quia istae duae propositiones (non)
convertuntur. Contra: (f. 93rb) subiecta verbum (?) convertitur et possi-
bile et praedicata manent eadem et propositiones sunt eiusdem qualitatis
et quantitatis, igitur convertitur; argumentum non valet, quia istae duae
propositiones non convertuntur: ‘quilibet homo est unus solus homo”
et ‘omnis homo est nullus solus homo’, et tamen subiecta convertuntur
et copulae et praedicata sunt eadem, (et) etiam propositiones sunt
eiusdem qualitatis et quantitatis. Et !! si concedatur “ 4 est verum’ est
tibi dubium”, contra: nullum istorum esse verum est tibi dubium;
8 vel ws.
9 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 78.
10 Cfr. Ivi, 1. 99,
Ivi, 1 120.
Terminologia logica della tarda scolastica 621
concedo istas duas propositiones: ‘deus est homo” et ‘homo est asinus’,
et 4 est alterum istorum, sic esse verum non est tibi dubium: negatur
consequentia. Contra: 4 est syllogismus in quarto primae figurae; quod
non dicitur quod hoc totum materialiter supponat istum est verum est
subiectum in minori, tamen idem totum est praedicatum in maiori et
ideo non est syllogismus in quarto primae.
Capio !? istas quatuor propositiones: ‘homo est’, ‘animal rationale
(est) et ‘homo est asinus’ !3, ‘homo est risibilis’, et capio istas duas pro-
positiones ‘homo est’ et ‘homo est asinus’ et arguo sic: istae duae con-
vertuntur, et una istarum est vera et alia falsa, igitur etc.; patet conse-
quentia. Quia istae convertuntur probo, quia ex copulato sequitur oppo-
situm, quia sequitur: ista non convertuntur, igitur non convertuntur
cum aliquibus; et arguo ex consequente sic: ista convertuntur, ergo
significant praecise idem; consequentia patet per definitionem istius
termini ‘converti’, et ultra: convertuntur inter se, igitur a primo sequitur
conclusio probanda, id est, aliquae sunt propositiones convertibiles inter
se, quarum una est vera et alia falsa (f. 93va). Capio istas tres proposi-
tiones ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus (est), quarum una ex !* hoc numero
praecise significat quod deus est; tunc istae propositiones convertuntur,
igitur quaelibet propositio quae convertitur cum una istarum conver-
titur cum duabus istarum et omnes duae istarum sunt propositiones
falsae et omnis una istarum vera est propositio, ergo vera convettitur
cum falsa.
Ad! primum istorum arguitur: istae convertuntur, ergo conver-
tuntur.
Quidam responderunt negando consequentiam, quia sequitur, ut
dicunt: convertuntur, igitur praecise 6 idem significant; et etiam!”
eodem modo respondent ad omnes tales consequentias consimiles, sci-
licet: hoc est aequale et hoc est aequale, demonstrato uno ante ipsum
est inaequale, ergo ipsa sunt consimilia: negarent consequentiam et
etiam: hoc est simile (et hoc est simile), igitur ista sunt similia, quia
dicunt quod numquam est concedendum quod aliquae propositiones
convertantur nisi quaelibet illarum et quaelibet alia a se ipsa conver-
12 Cfr. Ivi, 1, 131.
13 albus 775.
14 est 775.
15 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 148.
16 precisse 775.
7 etiam et rys.
622 Alfonso Maierù
tantur, dum dicunt quod non sunt concedenda, aliqua sunt contra-
dictoria.
Contra istam regulam atguitur sic: istae duae copulativae “deus
est’ et ‘homo est’”, “‘capra est’, et ‘animal (est)””, istae quatuor propo-
sitiones !8 (sunt) istae duae copulativae, igitur quatuor convertantur et
tamen quaelibet istarum et non quaelibet alia a se ipsa convertitur.
Pro !? isto negatur: quatuor propositiones sunt istae duae copulativae,
quia, si conceditur, aliquae propositiones convertuntur. Similiter talis
conclusio, quod quatuor propositiones convertuntur et nec? sex nec
xx etc. tamen istae (f. 93vb) repios (?) quia accipiuntur duae propositio-
nes convertibiles et demum aliae duae convertibiles et nunc quod nullae
tres istarum sunt convertibiles et eodem modo est de viginti et centum
et mille quod non unus videtur etc. Ideo pro isto argumento negatur
ista consequentia: convertitur cum omnibus istis tribus, igitur conver-
tuntur cum duabus istarum, quia nullae tres istarum sunt propositiones
ut intelligibiles et falsae.
Contra: ‘deus (est) nam convertitur cum ista et cum ista, ergo 8!
convertitur cum istis, cuius consequentia negatur continue, et haec
est causa quia non valet, quia licet ista ‘deus est’ significat praecise
sicut istae videtur (?) per se et iterum significat sicut ista alia per
se, non praecise significat sicut istae duae, ideo conclusio non valet:
album 2 possibile est esse nigrum et impossibile est album esse nigrum;
prima pars probatur, scilicet ® quod est album potest esse nigrum, igitur
album possibile est esse nigrum; et impossibile est album esse nigrum:
nam ista est impossibilis: ‘album est nigrum’, quae praecise significat
album esse nigrum, igitur impossibile est album esse nigrum etc.
a tractatus de sensu composito et diviso parvus et utilis.
en.
18 propositiones quatuor 775.
19 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 167.
20 nec add ms.
21 conclusio (?) w25.
2 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 192,
23 sic licet 775.
INDICI
Norme per la consultazione degli indici:
— i numeri rinviano alle singole pagine;
— il numero in tondo indica che il termine ricorre una sola volta;
— il numero in tondo seguito dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il
termine ricorre una sola volta e soltanto nelle note (es. 110 n.);
— il numero in corsivo indica che il termine ricorre più di una volta
nel testo, o nel testo e nelle note (es. 120);
— il numero in corsivo seguito dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il
termine ricorre più di una volta soltanto nelle note (es. 130 x.);
— il trattino unisce numeri di pagine alle quali si fa un rinvio dello
stesso tipo (esempi:
174 n.).
140-150, 151 n.154 n., 155-165, 166 n-
INDICE DEI NOMI DEGLI AUTORI
E DEI TESTI ANONIMI
Abbone di Fleury 15
Abelardo, v. Pietro Abelardo
Adamo di Balsham (‘Parvipontano)
15, 23, 73, 74, 75 n., 76, 133,
143, 512
Adamo, L. 47 n.
Agostino, Aurelio 12, 125 n., 141 n.,
225 n., 413 n.
ps. Agostino 12, 13, 126
Alberico di Parigi 512
Alberto Magno 27, 54 n., 97 n., 335,
393 n., 395 n., 396 n., 397 n,
505, 508 n., 526 n., 527, 528 n.,
530 ‘n., 535
Alberto di Sassonia 27 n., 32, 33,
40, 42, 109, 110, 115, 117, 123 n.,
144 n., 178, 185-187, 197 n,
218 n., 262, 264, 266, 290, 294,
310, 321, 364, 365, 366, 367 n.,
369, 382, 421, 422, 423 n., 425,
435, 473, 474, 475 n., 508 n., 524,
528, 529, 538, 540
Albertuccius, v. Alberto di Sassonia
Albertus Parvus, v. Alberto di Sas-
sonia
Alcuino 12, 13 n.
Alessandro d’Afrodisia 21, 125 n.,
324 n., 526
Alessio, F. 26 n.
Ammonio 142 n., 328
‘Anselmo d’Aosta 53 n., 54, 56, 58,
59 n., 61
40
ps. Apuleio di Madaura 10, 11, 12,
13, 14, 125 n., 329, 505
Aristarco 48 n.
Aristotele 10, 11, 13, 14, 15, 17,
21, 27 n., 42, 49, 50 n., 51, 52,
57, n., 58, 59, 61 n., 69, 95 n,,
97, 125 n., 135, 136, 140, 142,
143 n., 204 n., 206, 217, 225 n.,
228 n., 231, 260 n., 319, 323,
324, 325 n., 326, 327, 328, 331 n.,
338, 340 n., 344 n., 345 n., 348,
352 n., 353 n., 358, 375, 379 n.,
382, 383, 385, 386, 391, 393,
394 n., 397, 398 n., 402 n., 403,
405 n., 416 n., 437, 441, 442 n.,,
458, 467 n., 475 n., 476 n., 487,
488 n., 501, 505 n., 507-510, 511,
512, 514, 523 n., 525, 536, 540n.,
579 n., 586 n.
Arnim, J. von 48 n.
Ars Burana 24, 124, 125 n., 127,
128 n., 129, 130 n., 333
Ars Emmerana 23, 24 n., 400 n.
Ars Meliduna 24, 93, 94 n., 96 n.,
124 n., 126, 127 n., 129, 130 n.,
152, 207, 297 n., 337, 342, 344n.,
382, 400 n., 401 n., 415, 420, 437,
438, 467 n., 505, 523 n., 511 n.
Avetroè 22, 505, 579 n.
Avicenna 21, 22 n.
Bacone, Roberto, v. Koberto Bacone
626 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi
Bacone, Ruggero, v. Ruggero Bacone
Battista da Fabriano 35, 36 w., 555,
564, 565, 566 n., 570, 572 n.
573, 575 n., 576, 578, 592
Baudry, L. 65 n., 132 n.
Becker-Freyseng, A. 328 n.
Beonio Brocchieri Fumagalli, M. T.
15 n., 70 n.
Bernardo di Chartres 141
Bianchelli, D. 298 n.
Billingham, R., v. Riccardo Billin-
cham
8
Bird, O. 20 n.
Birkenmajer, A. 16 n.
Bochefiski, I.M. 9 n., 18 n., 26 n,
90 n., 125 n.,, 127 n, 217 n,,
225 n., 233 n.; 323 n., 324 x,
325 n., 326 n., 327 n., 328 n,
331 n., 353 n., 355 n., 379,383 n.,
511 n.
Bohner, Ph. 9 n., 18 n., 27,28 n,,
38 n.40 n., 52 n., 58 n., 99 n,,
197 n., 218 n., 219 n,, 221 n,,
225 n., 226 n., 233 n., 251 n,
306 n., 538
Boezio 10, 11, 12 n., 13, 14, 16 n.,
17, 23, 50, 51 n., 52 n., 53 n,
54, 55 n., 56 n., 57 n.,, 61 n,
79 n., 81, 84 n., 125 n., 126 n.,
140, 142, 145, 197, 198, 199, 217,
221 n., 222, 224, 225 n., 230 n.,
231, 320, 327, 328, 329-331, 332,
333, 338 n., 339 n., 343 n.,344n.,
375, 376, 393 n., 394 n., 395 n.,
398, 399, 413 n., 416 n., 499 n,
503, 504 n., 505 n., 507 n.-510 n.,
511, 512, 525
Boh, I. 35 n.
Bonaventura 396 n.
Borgnet, A. 27 n.
Braakhuis, H.A.G. 395 n.
Brandt, S. 12 n.
Brotto, G. 36 n.
Brown, M.A. 20 n., 35 n., 608, 609
Buridano, G., v. Giovanni Buridano
Burleigh, W., v. Gualtiero Burleigh
Busse, A. 328 n.
Buytaert, E.M. 18 n., 28 n.
Campsall, R. di, v. Riccardo di
Campsall
Carisio 49 n.
Carnap, R. 41 n.
Casari, E. 201 n.
Cassiodoro 11, 54 n., 329, 413 n.,
452 n.
Chenu, M.D. 14 n., 53 n., 54 n,
59 n., 141 n., 396 n. 451 n.
Cicerone 10, 12, 13, 14, 125 n,
413, 505 n., 527 n.
Clagett, M. 37 n.
Colli, G. 508 n.
Consenzio 50 n.
Copulata tractatuum parvorum logi-
calium 146, 225 n.
Cosenza, M.E. 36 n.
Crisippo 48 n.
Curtius, E.R. 413 n.
Dal Pra, M. 23 n.
Deman, T. 398 n.
Dialectica Monacensis 24, 88, 130,
157, 158, 196 n., 207, 222 n,
225 n., 234, 334, 337, 345 n.
347, 393 n., 394 n., 453 n.,500n.,
525 n., 527 n., 529 n.
Dick, A. 11 n.
Diocle Magnesio 48 7.
Diodoro Crono 327
Diogene di Babilonia 48 #.
Diogene Laerzio 48 w.
Diomede 49 n.
Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 627
Dionisotti, C. 37 n.
Dodd, B.G. 11 n.
Donato 16, 17, 50 n.
Dorp, J., v. Giovanni Dorp
Diurr, K. 327 n., 330 n.
Dulong, M. 16 n., 524 n.
Du Marsais, C.C. 297 n.
Dumbleton, J., v. Giovanni Dum-
bleton
Duns Scoto, G., v. Giovanni Duns
Scoto
Dziewicki, M.H. 30, 67 n.
Echard, J. 36 n.
Eckert, W.P. 43 n.
Ehrle, F. 31 n.
Elie, H. 391 n.
Emden, A.B. 28 n.-30 n.
Ermini, G. 36 n.
Eudemo 10
Fabroni, A. 36 n.
Facciolati, I. 36 n.
Fallacie Londinenses 24, 78 n., 130 n.,
133 n., 142 n., 210 n.,, 211 n,
521
Fallacie Magistri Willelmi 24, 78,
152, 529 n.
Fallacie Parvipontane 23, 72 n., 73,
76, 77 n., 18, 130 n., 133 n., 134,
146, 149 n., 152, 153 n., 231 n.,,
343, 508 n., 516, 521 n., 522 n.
Fallacie Vindobonenses 23, 72 n.,
146 n., 515 n., 516 n.,, 525 n.
Federici Vescovini, G. 33 n.
Fernandez Garcia, M. 437 n.
Filone megarico 327
Flasch, K. 31 n.
Fornari, G. 296 n.
Fracanzano, A. 31 n.
Franceschini, E. 16 n.
Frustula logicalia 23, 400 n., 511 n.,
512 n., 525
Gaetano da Thiene 31 n., 35, 36,
330 n., 466
Galilei, G. 426
Garceau, B. 396 n., 506 n.
Gargan, L. 36 n.
Garlandus Compotista 22, 141 n.,
143, 146, 205 n., 210 n., 333,
393 n.
Garvin, J.H. 524 n.
Geach, P.T. 244 n.
Gerberto d'Aurillac 15
Gerardo da Cremona 21, 397 n.,
411 n.
Gerolamo 451 n.
Geyer, B. 23 n., 70 n.
al-Ghazali 21, 22 n.
Giacomo Veneto 15, 17, 21, 513
Gilson, E. 53 n.
Giovanni XXI, v. Pietro Ispano
Giovanni Buridano 32, 33 n., 41,
65 n., 67, 104, 105 n., 106, 107 n.,
108 n., 109, 110, 111, 114, 120,
121 n., 124 n., 178, 179, 181,
182, 185, 186, 214, 215, 218 n.,
219 n., 220 n., 226 n., 227,228 n.,
230, 252, 257-259, 267, 270, 294,
309, 320, 321 n., 336, 362, 363,
364 n., 366, 367 n., 382, 385, 390,
414, 417, 418, 425, 457 n., 475,
524, 526 n., 527 n., 529 n.,530n,,
539, 540
Giovanni Dorp 32 n., 108 n., 363
n., 385
Giovanni Dumbleton 542 n.
Giovanni Duns Scoto 27, 62, 196 n.,
385 n., 437 n., 501 n., 526, 530-
532, 537, 544
ps. Giovanni Duns Scoto 27, 333 n.,
628 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi
355, 378, 381 n., 382, 437 n,
485 n.
Giovanni di Salisbury 15, 93 n., 126
n., 141 n., 143 n., 225 n., 333 n,
337
Giovanni Versor 26 n.
Giovanni Wyclif 30, 67, 69 n., 144
n., 176, 177 n., 215, 271-273, 312,
330 n., 333 n., 369, 371, 382 n.,,
401, 402 n., 404, 408-412, 429,
430, 431, 440 n., 443, 444, 459,
460, 463 n., 464, 469, 479 n.,
483 n., 551
Glorieux, P. 25 n.
Glose in Aristotilis Sophisticos elen-
cos 23, 72 n., 73 n., 399, 414 n.,,
508 n., 512, 514, 526
Glosule in Priscianum, v. Glosule
super Priscianum maiorem
Glosule super Prisciamum maiorem
82, 199 n., 200 n.
Goffredo di Fontaines 452 n.
Gohlke, P. 323 n.
Goichon, A.M. 394 n.
Grabmann, M. 15 n., 20 n., 2, 25
n., 31 n., 90 n., 132 n., 136, 166
n., 167 n.
Green, G.M. 12 n.
Gregorio da Rimini 29 n., 385, 595 n.
Gualtiero Burleigh 28, 38, 39 n., 40,
66 n., 102, 103, 131 n., 132 n,
174, 175, 196 n., 213, 214, 219 n.,
226 n., 230 n., 250-252, 253, 254,
307, 319, 320, 321 n. 336, 345 n.,
361, 378, 379, 421, 426, 435, 472,
473, 4717, 484, 504, 538, 551
Guglielmo di Champeaux 204 n.,
341
Guglielmo di Conches 17, 50 n., 79,
80, 81, 84, 143, 144 n., 226 n.
413 n.
Guglielmo Heytesbury 29, 30 #., 31
n., 35, 36, 39, 42, 44, 115, 124 n.,
144 n., 229 n., 321 n., 367, 368,
385, 386, 388, 391, 407 n., 409,
426, 457, 458, 478, 479 n., 488,
489, 490, 491, 493, 494, 497, 506
n., 507 n., 540, 541, 542, 543, 544,
545 n., 546 n., 548 n., 549, 550,
551, 554, 555, 558, 561, 563, 564,
565, 573, 575, 577, 578 n., 579 n.,
581, 583 n., 586, 588, 589, 591,
592, 593 n., 594, 595, 597, 601
Guglielmo d’Occam 27, 28, 33 n.,
38, 52 n., 58, 62, 63 n., 64 n,
65, 69 n., 98, 102 n., 103, 123 n.,
131 n., 132 n., 172, 173-175, 187,
213, 214, 219, 220 n., 221 n., 226
n., 227 n., 243, 244, 245, 246-248,
249, 250, 252, 255, 257, 259 n.,
264, 279 n., 280, 283 n., 306, 325
n., 329, 333 n., 357-359, 360, 361,
366, 369, 377-379, 381 n., 385,
389, 391, 394 n., 395 n., 404, 412,
418, 419, 426, 427, 433, 435, 438,
439, 451 n. 454, 458 n., 468 n.,
469 n., 475, 504, 524, 525 n,
526, 527 n., 530 n., 533 n., 536,
540, 543 n., 544 n., 551, 571, 580
Guglielmo di Shyreswood 25, 26 n.,
90-92, 103, 135 n., 158, 166-168,
172, 196 n., 210, 211, 212, 219 n.,
220 n., 221, 229 n., 234, 297 n,,
335, 345 n., 346 n., 349, 351,
353 n., 354, 415 n., 416, 423 n.,
435 n., 453, 456, 476 n., 478 n,
502, 503 n., 504 n., 527 n., 528
n., 529
Guglielmo Sutton 426, 551
Hadot, P. 11 n.
Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 629
Henty, P.D. 46, 54, 55, 58 n., 59 n.,
131 n.
Hentisber, v. Guglielmo Heytesbuty
Hertz, M. 16 n.
Heytesbury, W., v. Guglielmo Hey-
tesbury
Hoffmann, F. 43 n.
Hoffmans, J. 452 n.
Holcot, R., v. Roberto Holcot
Houde, R. 26 n.
Hunt, R.W. 142 n., 199 n., 201,
222 n., 452 n.
Introductiones dialetice secundum
Wilgelmum 414 n.
Introductiones Parisienses 24, 52 n.,
87, 126 n., 155, 207
Isaac, J. 13 n., 15 n.
Isidoro di Siviglia 11, 13, 126 #.,
329, 394 n., 398 n., 451 n.
Jeauneau, E. 413 n.
Johannes Venator 542 n.
Jolivet, J. 123 n.
Keil, H. 16 n., 49 n., 50 n.
al-Kindi 22 n.
Kneale, W. 342 n.
Kneale, W. & M. 9 n., 90 n, 92 n,
125 n.-127 n., 136, 167 #., 202 n.,
207 n., 210 n., 244 n., 324 n,
325 n., 326 n., 327 n., 355 n,
381 n., 414 n., 505 n.
Kretzmann, N. 25 n., 26 n., 166 n.
Kristeller, P.O. 607, 608
Lacombe, G. 16 n.
Lamberto d’Auxerre 26, 89, 169,
212, 394 n.
Landucci, Bernardino di Pietro 36,
37, 387, 388 n., 555, 579, 580,
581, 582, 586, 587 n., 588, 589,
592, 594 n., 596 n., 597
Lausberg, H. 48 n., 413 n., 451 n,
499 n., 527 n.
Leclercq, J. 143 n.
Lee, S. 30 n.
Lefèvre d’Etaples, J. 507 n.
Lejewski, C. 46 n.
Lesniewski, S. 46
Liber sex principiorum 14, 16, 500 n.
Licht, P. de 36 n.
Limentani, L. 10 n.
Lindsay, W.M. 11 n.
Logica ‘Cum sit nostra’ 24, 73 n.,
86, 132 n., 156, 209, 220 n., 221,
345 n., 347, 377, 381 n., 401 n.
Logica Ut dicit’ 24, 221, 345 n.
346, 377, 400
Lohr, C. 22 n.
Lukasiewicz, J. 323 n., 324 n., 326
n., 375 n., 381 n., 383 n., 394 n.
Maier, A. 29 n., 431 n.
Maierù, A. 30 n. 408 n.
Manthey, F. 225 n.
Marciano Capella 11, 125 n., 329
Marco da Benevento 65 n.
Marinus de Castignano 608
Mario Vittorino 11, 47 n., 328
Marliani, Gerolamo 37
Marliani, Giovanni 37 n., 385 n.
Marsilio di Inghen 32, 33, 111, 113,
114, 117, 118 n., 120, 178, 182,
184, 185, 219 n., 220 n., 234 n.,
267, 268, 269, 270, 294, 296, 311,
367 n., 424, 425, 435, 479
Martin, C. 28 n.
Martino di Dacia 51 n., 54 n., 195 n,
196 n., 201 n., 206 n., 394 n,
502 n., 503 n., 528 n.
Martino Molenfelt 31 n.
630 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi
Mates, B. 327 n.
Maulevelt, T., v. Tommaso Maule-
velt
Mazzetti, S. 38 n.
Mc Call, S. 384
Meiser, C. 12 n.
Melandri, E. 56 n.
Menghus Blanchellus, v. Bianchel-
li, D.
Michele di Efeso 17, 21
Michalski, K. 31 n.
Minio-Paluello, L. 11 n., 12, 13 n-
15 n., 17 n., 21 n., 23 n., 73, 76
n., 320 n., 338 n., 340 n., 397 n,
507 n.
Molenfelt, M., v. Martino Molen-
felt
Momigliano, F. 34 n.
Mommsen, T. 16 n.
Moneti, E. 608 n.
Moody, E.A. 9 n., 41 n., 54 n.,, 62
n., 63 n., 65 n., 92 n,, 148 n,
197 n., 201 n., 218 n.,, 231 n,,
359 n., 404 n., 428, 457 n., 474
n., 475 n.
Moore, P.S. 524 n.
Morgan, A. De 471, 472, 474, 475 n.,
492
Mullally, J.P. 26 #., 31 n., 94 n,
145, 197 n., 198 n., 212 n,, 221
n., 222, 319 n., 413, 416 n., 500 n.
Muzzioli, G. 608 n.
Mynors, R.A. 11 n.
Nagel, E. 342 n.
Nagy, A. 22 n.
Nardi, B. 34 n., 35 n., 297 n.
Nicoletti, P., v. Paolo Veneto
Norberg, D. 297 n.
Notkero Labeone 15, 60 n.
Occam, G., v. Guglielmo d’Occam
Ockham, W., v. Guglielmo d’Occam
O’Donnel, J.R. 25 n., 29 n., 225 n.
Offredi, A. 385 n.
Otto, A. 127 n.
Palemone 48 n.
Paolo da Pergola 31 n., 35, 36 n.,
115, 118, 119, 120, 121, 192, 295,
296 n., 297 n., 298 n., 299 n.-301
n., 302, 303 n., 304 n., 305 n.,
316 n., 333 n., 374, 406 n., 408,
433, 442, 443 n., 449, 450, 454,
456 n., 466, 467, 471, 480, 482,
483 n., 555, 558 n., 559 n., 560 n.,
561, 563, 564, 565, 566, 571, 579
n., 581, 607, 608, 609 n., 618
Paolo Veneto 34, 35, 37, 114, 118,
119, 120 n., 188, 190, 191, 192,
215 n., 240, 241, 242, 295, 296 n.,
297, 298, 299 n., 300, 301 n., 302,
303 n., 304, 305 n., 316, 317, 372,
373, 385, 386, 391, 402 n., 405,
406 n., 407 n., 408, 432, 433, 440
n., 447-449, 456 n., 461, 463, 465,
466, 467, 469-471, 480, 482, 483
n., 555, 556 n., 565, 579 n., 581,
582 n., 594 n., 607
Parvipontano, v. Adamo di Balsham
(Parvipontano)
Pasquinelli, A. 41 n.
Pavolini, L. 46 n.
Pelzer, A. 608
Perreiah, AR. 35 n., 296 n.
Pertusi, A. 15 n.
Petrus Lucius, v. Licht, P. de
Pietro Abelardo 14, 15, 22, 23 n.,
24, 58, 59 n., 60 n,, 61, 69-71,
123 n., 131 n., 132, 143 n., 145
n., 201, 202, 203, 204 n., 205 n.,
206, 213, 221 n., 222, 233 n,
Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 631
237 n., 330 n., 333 n., 337-339,
340, 341, 342 n., 344-346, 350 n.,
367, 375, 376, 377, 381 n., 382,
383, 389 n., 393 n., 395 n., 396 n.,
398 n., 399, 400 n., 414, 451 n.,
452 n., 467 n., 504, 512, 544 n.
Pietro d’Ailly 34, 144 n., 425
Pietro Elia 17, 50 n., 81, 82, 144
n., 200 n., 222 n.
Pietro Ispano (Giovanni XXI) 26,
33 n., 61 n., 89, 91, 132 n., 136
n., 140 n., 142 n., 158, 166 n.,,
170, 172, 196 n., 212, 213 n,
219 n., 220 n., 226 n., 233 n., 318,
319 n., 335, 336, 345 n., 351, 394
n., 400 n., 414, 416, 421, 468 n.,
500, 501 n., 505, 506, 525, 526 n.,
527, 528 n., 529, 534, 537 n,
573 n.
Pietro Lombardo 141
Pietro di Mantova 34, 37 n., 114,
115, 116, 117, 188, 189, 220 n.,,
287, 288-290, 294, 298 n., 300 n.,
315, 372, 385, 401, 402 n., 403 n.,
405, 406 n., 407 n., 408, 411,
412 n., 431, 440 n., 445, 446,
450, 460, 461, 462, 465 n., 469,
479, 480 n., 481, 482 n., 483 n,
505 n., 506 n., 555, 556 n., 579 n.,
581
Pietro di Poitiers 523, 524 n.
Pinborg, J. 22 n., 28 #., 31 n., 142
n., 143 n., 225 n., 528 n.
Piper, P. 60 n.
Platone 93 n., 508 n.
Politi, B. 37, 385, 388 n., 389, 390,
391
Pompeo 50 n.
Porfirio 11, 12, 54 n., 198, 199 n.,
202 n., 413 n., 442 n.
Prantl, C. 9 n., 26, 3i n, 89 n,
169 n., 212 n., 394 n.
Preti, G. 226 n.
Price, R. 244 n.
Prior, AN. 19 n., 20 n.,, 327 n,
361 n., 384 n.
Prisciano 16, 17, 49 n., 50 n., 51 n,
53, 56, 58, 59, 61 n., 62 n., 69,
79, 81, 82-85, 143, 195 n., 199 n,
212 n., 222, 224, 225 n., 289 n.,
336, 413, 416 n., 529, 533 n.
Probo 16 n.
Promisimus (glossa) 50 n., 59 n.
81 n., 84, 133, 208, 221
Pschlacher, C. 33 n., 185 n., 234 n.
Quétif, J. 36 n.
Quintiliano 47, 48 n.
Radermacher, L. 48 n.
Ralph di Beauvais 142 n.
Rashdall, H. 25 n.
Reina, M.E. 33, 41 n., 105 n., 181 n,
220 n., 226 n., 417 n., 418 n.
Reiners, J. 451 n.
Riccardo Billingham 30, 44, 259 n.,
271, 321 n., 368, 394 n., 402 n.,
403 n., 405, 406 n., 407 n., 408,
409, 411, 412 n., 427, 435, 436,
439, 440 n., 441, 451 n., 454,
456, 457, 458, 459, 460, 461 n.,
463, 465, 468, 469, 471 n., 477,
483 n., 504, 505 n., 506, 508 n.,
540, 541, 543, 553, 554 n.
Riccardo di Campsall .28, 40, 100,
102 n., 118 n., 132 n., 137, 175,
255, 256, 257, 308, 333 n., 476
Riccardo di Ferabtich 31 n.
Riccardo Rufo di Cornovaglia 96
Riccardo Swineshead 427
Rijk, L.M. De 12 n., 14 n., 17 n-
632 Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi
20 n., 22 n., 23, 24, 25 n., 26 n,
45, 50 n., 59 n.61 n., 69, 70 n,
72 n., 74 n., 75 n., 77 n-79 n.,
81 n., 89 n.-91 n., 92 n.,93,99 n.,
124, 126 n., 128 n., 132 n., 133 n,
142 n., 143 n., 145 n., 146 n.,,
150 n., 151 n., 153 n., 156 n,,
158 n., 159, 163 n., 164 n., 199
n., 200 n., 201, 204 x., 205 n.,
207 n., 209 n., 211 n, 217 n,
218 n., 221 n., 222, 223 n., 231 n.,
233 n., 243 n., 319 n., 338 n,
339 n., 343 n., 344 n., 383 n,
394 n., 401 n., 413 n., 414 n,
452 n., 453 n., 476 n., 501 n,,
505 n., 511, 512, 516 n., 523,
524 n., 525
Roberto Bacone 25 n.
Roberto Holcot 42, 43
Robertus Anglicus 505 n.
Rodolfo Strode 30, 31 n., 35, 39, 66,
123 n., 126 n., 144 n.,, 176, 273,
276, 290, 313, 330 n., 333 n.
368, 369, 382 n., 385 n., 403 n,
404 n., 407 n., 408, 409 n., 411,
427, 428 n., 429 n., 440 n., 441,
459, 464, 477, 478, 489 n., 490 n,
491 n., 504, 506 n., 551, 552,
560 n., 579 n., 581, 594 n.
Roos, H. 16 n., 51 n., 225 n., 501 n.
Roscellino 451 n.
Rossi, I. 608 n.
Roure, L.M. 21 n.
Ruggero Bacone 25, 26, 65 n., 93,
96, 97, 132, 135 n., 394 n., 453,
502 n.
ps. Ruggero Bacone 25, 61 n., 93,
97, 123, 135 n., 168, 196 n,, 211,
330 n., 336, 353, 377, 454 n.,,
508 n., 527 n., 530 n., 533 n,
534
Russell, B. 46
Sanuto, P.A. 294 n.
Scauro 49 n.
Schepps, G. 12 n.
Schmitt, F.S. 56 n.
Scholtz, H. 56 n.
Schum, W. 29 n., 39 n.
Sermoneta, A. 31 n., 36, 40, 385,
555, 558 n., 573, 574, 575, 576,
577-579, 582, 583 n., 586 n., 592
Servio 16 n.
Sherwood, W. of, v. Guglielmo di
Shyreswood
Silvestro da Valsanzibio, Ofm. Cap.,
35 n.
Simone di Dacia 127 n.
Simone di Faversham 142 n.
Spiazzi, R. 26 n., 537 n.
Steele, R. 25 n., 94 n.
Stefen, L. 30 n.
Steinthal, H. 50 n.
Strode, R., v. Rodolfo Strode :
Sullivan, M.W. 10 n., 125 n., 505 n.
Summa Sophisticorum elencorum 23,
72 n., 399, 400 n., 452 n, 514,
515 n., 525 n.
Summe Metenses 24, 25, 88, 130,
132 n., 157, 162, 164 n., 165, 207,
224, 334, 335 n., 345 n., 348,
393 n., 404 n., 452, 453, 504 n,,
523 n.
Suppes, P. 342 n.
Sutton, W., v. Guglielmo Sutton
Swiniarski, J.J. 244 n.
Synan, E.A. 29, 100 n., 101 n., 308 n.
Tarski, A. 342 n.
Teofrasto 10, 125 n., 326, 327
Terenzio 509 n.
Termini cum quibus (trattato) 553,
607-609, 618, 619 n.-621 n., 622 n.
Indice dei nomi degli autori e dei testi anonimi 633
Termini qui faciunt (trattato) 542,
553, 601, 602
Thomas, P. 9 n., 10 n.
Tisberus, v. Guglielmo Heytesbury
Tommaso d'Aquino 26, 127 n., 336,
346 n., 352, 353 n., 379, 381,
385 n., 396 n., 451 n., 525, 526,
527 n., 528 n., 536
Tommaso di Erfurt 501 n.
Tommaso Maulevelt 31, 32 n., 277,
279, 280, 282, 283 n., 285, 290,
314
Tractatus Anagnini 24, 85, 86 n.,
124 n., 126 n., 134, 153, 222,
223 n., 231 n., 346 n., 401, 412,
413 n., 415, 420, 434, 451 n,
452 n., 456, 506, 521, 525 n.
Tractatus de dissimilitudine argu-
mentorum 23, 72 n.
Tractatus de proprietatibus sermo-
num 24, 25, 87, 157, 158, 161,
207, 211 n., 223, 224 n., 234 n,
346 n., 377, 452, 453 n.
Tractatus de significatione termino-
rum 394 n.
Tractatus de univocatione Monacen-
sis 24, 78, 130 n., 151, 223, 346 n.
Trinchero, M. 46 n.
Tritheim (Trithemius), J. 36 n.
Ugo di S. Vittore 143 n.
Valentinelli, G. 608 n.
Venator, J., Johannes Venator
Verbeke, G. 13 n.
Versor, J., v. Giovanni Versor
Vettori, B. 37, 38 w., 124 n., 555,
558 n., 589, 590, 591, 592, 594,
596 n., 597, 598
Viano, C.A. 327 n.
Villier, C. de 37 n.
Vincenzo di Beauvais 26, 61 n., 89,
127 n., 135 n., 165, 345 n., 351,
508 n., 526 n., 528 n., 535
Vyver, A. Van de 13 n.
Wadding, L. 27 n.
Wallies, M. 125 n., 328 n., 526 n.
Waszink, J.H. 94 n.
Webb, C.C.J. 15 n.
Weigel, G. 125 n.
Weisheipl, J.E. 19 n., 28 n., 29 n,
426 n., 493 n., 542 n.
Wilpert, P. 43 n.
Wilson, C. 424 n., 426 n., 480 n.,
524 n.
Wittgenstein, L. 46
Wright, G. H. von 384
Zamboni, M. 608 n.
Zonta, G. 36 n.
INDICE DEI MANOSCRITTI
Cambridge, Library of Corpus Chri-
sti College,
378: 451 n., 543 n., 552
Cracovia, Biblioteka Jagiellotiska,
1894: 32 n.
2178: 32 n.
2591: 32 n.
Erfurt, Wissenschaftliche Allgemein-
bibliothek,
Amplon. F. 135: 29 n., 39 n.
Amplon. Q. 30: 32 n.
Amplon. Q. 255: 31 n.
Amplon. Q. 276: 28 n., 196 n.,
484
Amplon. Q. 288: 31 n.
Gottinga, Universitàtsbibliothek,
Theol. 124: 31 n.
Oxford, Bodleian Library, Canon.
misc. 219: 31
Padova, Biblioteca Universitaria,
1123: 456 n., 477 n.,, 542 n,
601, 602, 609
Parigi, Bibliothèque Nationale, lat.
14715: 30 n., 477 n., 554 n.
Roma, Biblioteca Apostolica Vatica-
na,
Vat. lat. 2189: 372 n.
Vat. lat. 3037: 608
Vat. lat. 3038: 451 n.
Vat. lat. 3065: 32 s., 33. 277
n., 285 n., 314 n., 382 n.
Roma, Biblioteca Casanatense, 85:
394 n., 558 n., 607, 608, 609
Roma, Biblioteca Nazionale Centrale
« Vittorio Emanuele II »,
Sessoriano 301: 607
Venezia, Biblioteca Nazionale Mar-
ciana,
lat. VI, 160 (=2816): 30 n.,
491 n.
lat. VI, 248 (=2878): 608, 609
Z. lat. 277 (=1728): 504 n,,
558 n.
INDICE DEI TERMINI GRECI
aSivatov 326, 328; v. impossibile
&hndég 326; v. verum
àvayxatov 326, 328; v. necessarium
àvarviimés 395 n.; v. resolutorius
àErovyv 399 n.
àbprotos, v. Uvoua, pnua
amoderere 399 n.; v. probatio
anépavorg 125; v. enuntiatio
àmbpaor 125 n. (def.); v. negatio
artogpatimde, v. \byoc
Updpov 48 n.
Buatpeore 499, 511 n.; v. divisio
Sua) verv 395 n.; v. resolvere
Suvatév 326, 328; v. possibile
Exdeows 438 n.; v. expositio
txtidectar 438 n.; v. expositio
ivbeybpevov 326, 328; v. contingens
Evbotov 398; v. probabile
inwvopia 51 n.
uatagao 125 n. (def.); v. affir-
matio
satapatixòe, v. MbYoc
xatmyopeiv 47 n., 50 n.; v. appel
lare
xatmyopia 47 n., 50 n., 51 n.; +.
praedicamentum, appellatio
Mextéy 126; v. dicibile
Mic 126 n.; -mapà tiv Méeuv 507;
v. dictio, locutio
eros: -<). dmopartixoe 125 n.;
A. xatagatimòe 125 n.; -puépog
Xbyov 48 n.; v. oratio
puépos, v. Adyog
Bvopa 48 n., 50, 51 n.; -B. &bprotov
320 n.; v. nomen
$poc 393 n. (def.), 394; v. terminus
mov tu 51; »v. quale aliquid
Tong idia, xow 48 n.; v. qua-
litas
mpoonvopetv 51 n.; v. appellare
Tpoonvopia 47, 48 n., 50, 51 n.;
-t. dvravariaotog 49 n.; -oyMua
mig npoonyopias 51; v. appellatio,
vocabulum
mpéodeois 344 n.; v. appositio
rpoconuatvev 140 n., 225 n.; ».
consignificare
Tporaowe 125; -n. dueros 404 n.;
«al età tporov Tpotkoen 328;
v. praemissa, propositio
pipa 48 n.; -f. &bprotov 320; v.
verbum
onpaivev 48 n., 225 n.; v. signi
ficare
obuBorXov 51 n., 394 n.; v. nota
636
cvurépacpa 404 n.; v. conclusio
oivéecpos 48 n.
civdeoe 499; v. compositio
oyfua, v. mpoonvopla
16 297 n.; v. li
168 «0 51; v. hoc aliquid
tpérog 328 (def.); v. modus
okotg 126 n.; v. dictio
quo 125 n.
quvh 48 n.; 2. vox
INDICE DEI TERMINI LATINI
Ablativus 534 n.;
a. consequentiae 481;
a. in consequentia 482
Absolute, v. supponere
Absolutus, v. modalis, nomen, sup-
positio, terminus
Abstractum, def. 67 n.; inoltre 64 n.;
abstracta-concreta 67 n.;
ex omnibus terminis concretis pos-
sunt abstracta capi, 67 n.;
v. terminus
Accentus 512 n., 516, 526 n.
Acceptio, def. 100; inoltre 77 n.,
78 n., 113, 118, 174, 175 n., 177
n., 269, 525 n., 599 n.;
a. terminorum 490 n.;
a. vocis 490 n.;
a. disiunctim o copulative (per co-
pulativam propositionem) 269
Accidens 58, 62 n., 82 n., 222 n,
409, 416 n., 422, 505 n.;
a. sive forma 69 n.;
a. subiectum 64;
accidentia adiacentia 206;
a. vocis 516;
secundum a. 55;
v. adiectivum, determinare, dicere,
fallacia, falsum, nomen, praedica-
re, praedicatio, significare, ter-
minus
Accidentalis, v. compositio, concre-
tum, divisio, forma, nomen, pro-
prietas, suppositio, terminus
Accipere 219 n.;
a. in sensu compositionis 359 n.;
a. coniunctim-divisim 615;
a. significative 219 n.;
v. definitio, denominativum, modus,
usus
Accusativus 347 n., 552 n., 553, 602,
610, 619
Adaequate, v. significare
Adaequatus, v. significatio, signifi-
catum
Adiacere, v. accidens, appellatio, esse
Adiacentia, v. coniungere, copulare,
copulatio, definitio, praedicare,
VOx
Adiectivatio 212
Adiectivum, def. 219 n.; inoltre 90
n., 145 n., 175 n., 191 n., 208 n,
209 n., 320, 434, 533 n., 536 n.;
adiectiva nominaliter vel adverbiali-
ter designata 533 7.;
a. accidentis 171, 213 n.;
a. nominis 336;
a. verbi 336;
v. substantivatum
Adiectivus, v. determinatio, dictio,
nomen, participium, terminus,
verbum, vocabulum
Adf-, v. aff-
Adp-, v. app-
Adverbialis, v. determinatio, modus
638
Adverbialiter, v. adiectivum, capere,
significare, sumere, terminus
Adverbium 48 n., 192 n., 211, 212
n., 227 n., 268 n., 294 n., 333 n,
334, 335, 336, 337, 338 n., 343 n.,
346 n., 348 n., 353 n., 354 n.,
359, 369 n., 386-388, 391, 443 n.,
453 n., 462, 515 n., 529, 537 n,
539 n.;
adverbia componentia et personalia
212 n.;
adverbia impersonalia 212 n.;
adverbia localia 212 n.;
a. negativum 203 n.;
adverbia numeralia 253, 271 n., 284
n., 303 n;
adverbia resolutoria 448 n.;_
a. temporale 212 n., 237 n., 336;
a. demonstrandi 406 n.;
a. hortandi 336;
a. negandi 460 n.;
a. optandi 336;
a. qualitatis 212 n.;
a. quantitatis 212 n.;
a. similitudinis 270 n.;
a. determinativa compositionis 359
n;
v. verbum
Adversarius 491 n.
Aequivoca (nomina) 146, 485
Aequivocatio, def. 74, 76, 78, 525
n.; inoltre 74, 75, 76 n., 77, 78,
140 n., 146, 147 n., 362, 525,
526 n.; v. fallacia
Aequivocus, v. nomen, praedicatio,
terminus, aequivoca
Affirmare 321, 479, 504 n., 521
Affirmatio 197 n., 203 n., 321, 330,
354 n., 441 n., 499 n., 503, 504 n.,
544 n.; v. qualitas, xxt&gaote
Alienare 179
Indice dei termini latini
Alienatio, def. 185 n.; inoltre 109,
185
Alîetas, v. signum
Amphibolia 511 n.; v. amphibologia
Amphibologia 512 n., 514, 526; ».
amphibolia
Ampliare 78, 94 n., 107, 139, 145,
146 n., 149, 151, 152, 162, 168 n.,
169, 175, 177 n., 179 n., 186 n.,
188 n., 189, 190 n., 364 n.;
a. copulative aut disiunctive, aut
disiunctim aut copulatim 188 n.;
v. amplificare, verbum, vis
Ampliatio, def. 170, 182, 186, 190,
599; inoltre 19, 44, 76-78, 86, 95,
139, 145, 146, 147, 148 n., 149 n,,
151, 152, 153, 154, 157, 162, 165,
168-170, 172, 175, 177 n., 178,
179 n., 182, 184 n., 185, 186, 188,
189 n., 192, 231 n., 232, 328,
346 n., 430 n., 599;
a. respectu suppositorum 170;
a. respectu temporis 170;
v. amplificatio, appellare, appellatio,
restrictio
Ampliative, v. stare, supponere
Ampliativus, v. participium, praedi-
catum, terminus, verbum
Amplificare 175 n., 176 n.;
v. ampliare
Amplificatio 175, 176 n.;
v. ampliatio
Analysis 396 n.
Antecedens (opp. consequens) 19,
101 n., 235, 237 n., 239, 243 n,
278 n., 286-n., 292 n., 389 n,
393 n., 399 n., 428, 440 n,, 441,
443 n., 448 n., 449 n,, 461 n,
490 n., 493, 494 n., 497, 518,
541 n., 542 n., 606, 610-614, 620
(v. oppositum);
Indice dei termini latini
a. exponens 440 n.;
a. (pronominis relativi) 285 n., 293,
434 n., 546 n., 561 n., 567, 568,
575, 576
Apparentia, v. causa
Appellare, def. 87 n., 88 n.; -a. du-
pliciter accipitur 98; -a. = esse
commune 102, 103 n.; -a. = prae-
dicare 103 n.; inoltre 47, 49 n.,
50 n., 53 n., 57, 58, 70, 71 n,
72 n., 84, 85, 87 n., 88, 89 n., 90,
91, 92, 93 n., 95 n., 98, 99, 100,
101 n., 102, 103 x., 105, 106,
107 n., 108 n., 111-113, 116, 119,
128 n., 129 n., 130 n., 132 n., 151,
153 n., 168, 179 n., 225 n., 228,
342 n., 343 n., 393 n., 394 n., 578,
579 n., 598;
a. ampliationem 118 n., 119;
. complexionem 110;
a. non complexionem, sed formam
lil n.;
. conceptus 262 7#.;
a. formam, def. 598; inoltre 84, 98,
99, 101 n., 106, 107, 109, 110,
115, 116, 117 n., 119, 175 n,
426 n., 549, 577, 580, 581 n., 585,
586 n., 587, 598 (+. dictio, praedi-
catum);
a. hoc aliquid 72 n.;
a. individua 101 n.;
a. rationem 84, 107, 113, 114, 116
n., 260, 261 n.;
a. propriam rationem-omnes rationes
108 n.;
a. substantiam 85 n. (v. nominare);
a. significatum formale 113;
unum totum sub una significatione
uno nomine a. 56;
res appellata 93 n., 97, 105 n.;
v. instituere, institutio, rpoomnyopetv
Appellatio, def. 49 n., 86 n., 87, 89,
p
D
PPDpp ap pp
639
90 n., 94 #., 101, 103, 118, 207
n.; -a. dicitur quattuor modis 89
n.; -a. dupliciter accipitur 98;
-a. = proprietas praedicati 109 n.;
inoltre 19, 44, 45, 47-49, 50 n.,
58, 59 n., 68,70, 71-74, 75, 76-79,
80, 82, 83, 84, 85, 86-93, 94 n.,
95, 97-99, 100, 101 n., 102-105,
106, 108 n., 109, 111, 112, 114-
116, 117, 118, 126 n., 128 n., 129,
130 n., 131, 132 n., 133, 135, 139,
147, 148 n., 149, 150 n., 151 n.,
152, 153, 155 n., 157, 161 n,,
163 n., 164 n., 168, 172, 175, 182,
203 n., 221, 260 n., 347, 453 n,
572, 578;
. alia discreta alia communis 95 n.;
. manerialis 0 simplex 81;
materialis 81;
personalis 95 n.;
reciproca 49 n.;
. variata 47;
. ampliationis, def. 119 n.; inoltre
118, 193;
. dicti 124, 127-130, 150, 151 n,
349 n., 356;
. dictionis 78 n.;
a. enuntiabilis 129, 344;
»
. formae, def. 119; inoltre 109, 116
n., 118, 120, 121, 122, 132 n,,
173, 578, 587 n., 598;
. rationis, def. 107, 113, 572 n.;
inoltre 108 n., 110, 114, 116 n.,
120, 260 n., 562, 572, 578;
. rationis vel conceptus 107 n.;
. suppositi 134;
. temporis, def. 118 n., 572 n;
inoltre 118, 572, 578, 580;
termini 88 n.;
a. alia termini communis, alia ter-
mini singularis 89 n.;
640
a. termini communis, alia pro ipsa
re in communi, alia pro suis infe-
rioribus 90 n.;
vocum 93 n.;
. per modum adiacentis, per mo-
dum non adiacentis 106 n.;
a. pro formali significato, def. 111;
a. pro ratione 111;
sufficientia appellationis 135 n.;
ex figura appellationis 71 n.;
sub figura appellationis 51, 71, 72;
ex similitudine appellationis 72 n.;
habere appellationem ab aliquo 59
n;
v. restringere, tpoonvopia
Appellativum, v. appellativus
Appellativus 47 n., 58, 98 n.;
appelativum 79 n., 97 n.;
v. nomen, terminus
Appellatum 73, 76 n., 77, 85, 86,
89, 93 n., 94, 95, 97, 101, 128,
131, 132 n., 133-137, 148, 156,
160 n., 168, 174 n., 223 n., 452
Di
appellata dicuntur praesentia suppo-
sita 88 n.;
a. praesens 96 n.;
appellata praesentia, praeterita, fu-
tura 95 n., 96 n.;
appellata actualiter entia, tria habi-
tualiter entia 136;
sufficientia appellatorum 135, 136,
167 n.
Apponere 136, 157, 166 n., 167 n.,
168 n., 170, 171, 203 n., 204 n,,
209 n., 223 n., 225 n., 259, 331 n.,
344 n., 368, 519
Appositio 45, 176 n., 344;
appositiones id est praedicata 352 n.;
v. tphodeore
Appositum, v. appositus
P »
Indice dei termini latini
Appositus=ex parte praedicati posi-
tus 157;
appositum 160 n., 557 n.;
a parte appositi 160 n.;
ex parte appositi 159 w., 160 n.;
esse in apposito 209 n.;
v. terminus
Aptitudo 241 n.; v. nomen
Arguens 437 n., 552 n.
‘Arguere cavillatorie 491 n.; v. forma,
modus
Argumentare, v. modus
Argumentatio 41 n., 395 #., 401 n.
Argumentum, def. 398, 400; izoltre
290, 295 n., 386, 394 n., 398,
399-401, 415 n., 432 n., 440 n.,,
443 n., 447 n., 452 n., 461, 468
n., 480 n., 493 n., 494 n., 541 n,,
548 n., 558, 560 n., 562 n., 563,
575, 576, 578, 579 n., 614, 620,
622;
a. notius ac probabilius 399;
solutio argumentorum 386 n.;
v. enthymema, exemplum, inductio,
syllogismus
Ars: -a. logica 218 n. (v. logica);
. nova 15;
. vetus 16;
. disputandi 399 (v. disputare);
inveniendi 395 n.;
. iudicandi 395 n. (v. iudicare);
. resolvendi 395 n. (v. resolvere);
. anche officium, sermocinalis
Articularis, v. nomen
Articulatio, v. vox
Articulatus, v. vox
Articulus 48 7., 49 n., 297 n.
Ascendere 244
Ascensus, def. 239; inoltre 233 n.,
239 n., 240
Assumere 439 n.
Assumptio 398 n., 399 7.
2 pp ps so po
Indice dei termini latini
Attribuere 339 n., 520 n.;
a. coniunctim 521;
a. coniunctim vel divisim 537 n.
Attributio 208 n.; v. subiectus
Auctores 413
Authentici 413 n.
Calculationes 427
Capere: -c. adverbialiter-nominaliter
466 n.;
c. exponibiliter 372 n.;
c. modaliter 464 n.;
v. abstractum
Captio 444; v. modus
Casuale, v. casualis
Casualis 45, 338 (v. inflexio, mo-
dus);
casuale 303 n.
Casus 172 n., 549 n.; v. accusativus,
genitivus, nominativus, rectus,
obligatio, obliquus, verbum
Categorema 215 n., 226 n., 228,
454 n., 486;
categoreuma 229 7.
Categorematice, v. stare, sumere, te-
nere
Categorematicus 226 n.
Categoreuma, v. categorema
Categoria, v. praedicamentum
Categorica 355 n., 420, 422 n., 482
n., 517, 538 n., 546 n.;
c. implicita 129 n.;
c. simpliciter 421 n.;
c. de inesse 403 n.;
v. dictum, propositio
Causa: -c. apparentiae, def. 531;
inoltre 280 n., 526, 527, 531 n.;
c. deceptionis 527;
c. defectus, def. 528; inoltre 527;
c. falsitatis 208 n., 475 n., 476 n,
527;
41
641
c. non existentiae, def. 527 n.; inol-
tre 526, 527;
c. veritatis, def. 473 (v. probare,
probatio, propositi); -causae ve-
ritatis sufficientes 476 n.; izoltre
428, 429, 472-475, 476 n., 477-482,
488, 494, 495, 497 n.;
v. institutio, inventio
Causalis, v. consequentia
Cavillator 541 n.
Certificabile 402 n.; v. probabile
Coartare 139, 161, 163 n., 166 n.,
169 n., 195 n.
Coartatio, def. 165 n.; inoltre 88,
139, 152, 159, 161; ». restrictio
Coartatus, v. suppositio
Cohaerere, v. modus
Cohaerentia 343;
c. praedicati ad subiectum 342;
v. nota
Cointellectum, v. connotatum
Collective 256, 561; ». praedicare,
stare, tenere, verificare
Commune, v. communis
Communis 221 (v. appellare, dictio,
esse, nomen, ratio, suppositio, ter-
minus, vox);
natura humana c. 370 n.;
commune, def. 221 n.; inoltre 221
n., 370 n.;
naturaliter commune, def. 221;
via a communibus ad propria 484 n.
Comparatio 87 n., 92 n., 293 n,
416 n., 562 n.;
c. aequalitatis 266 n.;
c. secundum excessum 266 n.;
v. distributio
Comparativus 266 n., 270 n., 277,
284 n., 286 n., 293 n., 303 n., 416,
424 n.; v. terminus
642
Complexio 110 n., 111 n., 197, 505;
v. appellare, dicere
Complexivus, v. conceptus
Complexum, v. complexus
Complexus: -complexa, incomplexa
(designatio sophistica) 74 (v. con-
ceptus, dictum, incomplexum, ter-
minus, vox);
complexum 259, 371, 455, 462-464,
465, 467, 468, 469, 471, 577, 581,
598; v. connexum
Componere 97 n., 198 x., 394 n.,
407 n., 436, 440 n., 447 n., 482 n.,
503 n., 504 n., 507 n., 513,
530 n., 533, 534 n.-537 n., 538 n.,
548 n., 591, 594 n., 597 n.;
c. = definire, 506 n.;
v. adverbium, diversitas
Componibilis, v. terminus
Composita, v. compositus
Compositio, def. 502 n., 512, 513 n.,
516 n., 528 n.; inoltre 159 n.,
167 n., 198, 199 n., 214, 225 n.,
230 n., 319, 334, 335-337, 344 n.,
346, 347, 349, 350, 351, 353 n.,
354 n., 365 n., 369 n., 403 n,
407 n., 436, 456, 486, 490 n,
499, 500, 501, 502-508, 512 n.,
513, 514, 515 n., 516, 521 n,,
522 n., 524-526, 528, 529 n., 531
n., 532 n., 534 n., 535, 536 n.,
541 n., 542 n., 545 n., 547 n,,
548 n., 550, 554 n., 558 n., 559 n.,
566 n., 568, 591, 592-597, 599;
. accidentalis 529 n.;
. contingens 349;
. duplex 507 n.;
. formalis 486 n., 504;
. indicativa vel infinitiva 370;
. materialis 486 n., 504;
. necessaria 336;
. simplex 507 n., 548 n.;
nnonanann
Indice dei termini latini
c. actus ut distantis 501;
c. intellectus 503 n., 504 n.;
c. rerum o modorum significandi
500;
c. sermonis 529 n.;
c. terminorum 506 #.;
c verborum 503 #.;
c. secundum distantiam 502 7.;
secundum compositionem 381, 499,
523 n.;
via compositionis 396 n.;
v. adverbium, consignificare, deno-
minare, determinare, determinatio,
dictio, disponere, dispositio, falla-
cia, forma, locutio, modalis, mo-
dus, necessitas, oratio, paralogi-
smus, propositio, sensus, sophisma,
oUvieog
Compositum, v. compositus
Compositus 499;
composita 366, 420, 505 n.;
compositum 198, 501 x.;
v. conditionalis, copulativa, dictio,
intellectus, minor, modalis, nomen,
oratio, prolatio, propositio, sen-
sus, sermo, subiectum, terminus
Comprobare 395 n.
Comprobatio 395 n.
Conceptus 394 7.;
c. complexivus 214;
c. complexus 417 n., 418;
c. mentalis 220 n., 506 n.;
v. appellare, appellatio, ratio
Concludere 43, 229 n., 275 n,
412 n., 428 n., 429 n.,, 441 n,,
446 n., 447 n., 461 n., 508 n.,,
515 n., 541 n., 610;
c. copulative-disiunctive 274 n.;
c. directe 613, 614;
c. divisim 508 n.;
c. formaliter 275 n.
Indice dei termini latini
Conclusio, def. 398, 400; inoltre
43 n., 45, 186 n., 210 n., 241 n.,
329 n., 397, 410 n., 431, 435 n,
437 n., 439, 442 n., 445 n., 450,
457, 485, 505 n., 522 n., 541 n,
603, 604-606, 611, 612, 614-617,
618, 619, 620, 622; v. cuprépacpo
Concretum, def. 68 n.;
c. accidentale 66 n.;
c. substantiale 66 7.;
v. abstractum, terminus
Conditio 375, 376, 380;
conditiones contrariae, contradicto-
riae, subalternae et subcontrariae
371 n.;
v. modalis, necessarium, nota
Conditionalis 460 #., 518;
c. necessaria 380;
c. de dicto et composita, de re et
divisa 381;
v. consequentia, nota, propositio
Conditionatim, v. descendere
Confundere 149, 164, 177 n., 192
n., 210 n., 217, 222, 223, 230 n.,
255 n., 260 n., 261, 265 n., 285 n.,
286 n., 291 n., 474 n., 486,
548 n., 577, 581 n., 582;
c. confuse distributive 265 n., 266
n., 283, 285 n.;
c. confuse distributive mobiliter
302 n., 303 n., 575 n.;
c. confuse tantum 251, 252, 259 n.,
267 n., 268, 284 n., 285, 286 n.,
287, 291 n.-293 n., 294, 302 n.,
304, 459, 562 n., 567 n., 575,
577, 585, 595;
c. confuse tantum —immobiliter
303 n., 304 n.;
c. confuse tantum mobiliter 303 #.,
304 n.;
643
c. distributive 265, 266, 284 n.
293 fi;
c. distributive mobiliter 303 n.;
c. distributive mobiliter vel immo-
biliter 585;
c. immobiliter 233 7., 595;
c. immobiliter vel mobiliter 233 #.;
c. mobiliter 233 n., 595;
c. necessitate signi 233 n.;
c. sine distributione 260 n., 283 n.;
c. sine distributione confuse tantum
283 n.;
potestas confundendi 260 n.;
v. immobilitare, signum, syncatego-
rema, terminus, virtus, vis
Confundibile 284 n.;
c. non confusum-confusum 284 n.;
v. terminus
Confuse 217, 447;
minus c. 233 n.;
v. confundere, consignificare, copu-
lare, dictio, negare, significare,
stare, supponere, tenere, vis
Confusio, def. 224; inoltre 73 n.,
155, 157, 217, 221, 222-224, 231,
232, 234, 243, 247, 250, 254 n,
255 n., 258, 261 n., 272, 273,
276, 277, 284 n., 295, 300, 302,
306, 556 n., 562, 577, 578, 582,
391-593, 595 n., 596 n., 597 n.;
. immobilis 596;
. mobilis 596;
. necessitate modi 233 n.;
. necessitate rei 233 n.;
auferre confusionem 223 7.;
v. modus, terminus
Confusivus, v. signum, virtus, vis
Confusum, v. confusus
Confusus 217, 222;
confusum 261 n.;
ononn
644
v. confundibile, copulatio, relativum,
suppositio, tempus, terminus, vox
Congruitas 528 n.;
c. intellectus 403 n.;
Congruus, ». intellectus, locutio, pro-
positio
Coniunctim 428, 508 n., 513, 537 n.,
539 n., 570; v. accipere, attribuere,
descensus, intelligere, praedicare,
subicere
Coniunctio 49 n., 196 n, 197,
198 n., 202 n., 227 n., 355 n.,
453 n., 503 n., 505 n., 507, 511 n.,
512, 516 n., 522 n., 525 n., 533 n,
534 n., 539 n., 546 n., 550 n;
c. copulativa 147 n., 294 n.;
c. copulativa vel disiunctiva 196 n.,
537 1
c. disiunetiva 147 n.;
. expletiva 330 n.;
v. copula, nota, vis
Cadunpee 203 n., 207 n., 393 n,
504 n., 505 n., 515 n., 532 n,
534 n., 535 n., 537 n., 539 n
576 n.;
c. in adiacentia-in essentia 203 n.;
c. intransitive 205 n.;
coniunctae (prop.) 615
Connexum 371; v. complexum,
modus
Connotare: -c. = secundario signifi-
care 66; inoltre 66 n., 104, 106,
111, 177 n., 183 n., 215 n, 388 n,
505 n., 599 n.;
c. accidentalem proprietatem 67 n.;
. accidentaliter 67;
c. passionem propositionis 388 n.,
389 n., 581 n., 585;
c. qualitatem 66 n.;
c. tempus 144 n.
Connotatio 66 n., 67 n., 144;
o
D
Indice dei termini latini
. extranea 67 n.;
. accidentalis proprietatis 67 n.;
. temporis 144 n.;
. verbi restricti 600
Connotativum 65 n.; v. nomen, ter-
minus
Connotatum 65 #.;
connotata = cointellecta 66 n.
Conpraedicativum 230 n.
Consequens 42 n., 235, 238 #., 239,
243 n., 278 n., 286 n., 292 n,
389 n., 393 n., 428, 443 n,
461 n., 493, 494 n., 518, 520,
541 n., 542 n., 610-612, 614, 621;
v. determinatio, fallacia, modus,
necessitas, oppositum, probatio
Consequentia 18, 20, 39, 40, 41 n.,
42 n., 107, 234, 235, 236 n., 239,
241 n., 243 n., 246, 253 n., 254,
258, 273 n.275 n., 278 n., 282,
284 n., 286 n., 345 n., 377 n,
381, 389 n., 420, 425, 428, 432,
436, 440, 442 n., 447 n., 449 n.,
469, 472, 474 n., 477, 480 n,
481, 490 n., 493 n., 494 n,
541 n., 544, 548 n., 550 n., 561,
564, 566 n., 567, 568, 569, 570 n.,
571, 572, 575, 576 n., 583, 584,
587, 588, 590, 610-615, 617, 620,
621, 622;
. formalis 418, 424 n., 428 n.;
. materialis 235;
. necessaria 377;
. rationalis, conditionelis, causalis
236;
c. syllogistica 40;
v. ablativus, inferentia, necessitas,
nota
Consignificare, def. 144 n.; -c. est
polisemis (!) 143; inoltre 61 n.,
82 n., 139, 141 n., 142, 143,
popopno
noann
Indice dei termini latini
144 n., 181 n., 198, 224, 225,
226 n., 228, 454 n., 503 n., 504 n.,
598;
c. compositionem 501;
c. tempus 140 n., 141 n.;
c. tempus sine differentia 181 n.,
215 n.;
c. tempus confuse-determinate 209;
tempus consignificatum in verbo 159;
v. copulare, denotare, rpoconualvev
Consignificatio: -c = secundaria si-
gnificatio 140 n., 153; -c = modus
significandi 190 n.; izoltre 17, 78,
87, 140, 142 n., 143, 144, 146,
147 n., 161, 166 n., 167 n., 168 n.,
169, 171, 172, 215 n., 452 n;
c. varia 143;
c. temporis 46, 140, 141 n., 181;
c. verbi 159 n., 190
Consignificativas 226; v. dictio
Consignificatum, v. consignificatus
Consignificatus, v. tempus;
consignificatum 140 w., 159 n.
Constantia, def. 236, 237 n., 274 n.;
inoltre 148, 234, 236, 237, 273,
274, 429 n., 441 n., 443 n. (0.
copulatim);
. debita 274 n., 275 n., 429 n.;
. debita singularium 275 n.;
. debita suppositorum 275;
. sufficiens 236;
. sufficiens suppositorum 274 n.;
. singularium 275 n.;
. singularium vel suppositorum
274 n.;
c. suppositorum 273 n.;
c. subiecti 274 n., 436
Constitutio (=definitio) 506 n.
Constringere 190 n.
Constructio 338 n., 341 n., 452 n.,,
onpanonn
645
453, 515, 528, 529 n., 530, 531,
332, 333: ns
c. specialis 262 n.;
quantum ad constructionem 338;
secundum constructionem 339, 341;
v. modalis, modus
Construere 531 n., 553 n.
Contingens 328; v. compositio, mo-
dalis, èvBeydpuevov
Continuitas subiecti cum praedicato
167 n.
Contractus, v. falsitas, veritas
Contradictio 444 n., 485, 486, 512 n.;
v. oppositio
Contradictorium, v. probare, probatio
Contradictorius, v. conditio
Contrahere 151 n.
Convenientia 87
Copula 41 n., 109 n., 179 n., 181 n.,
184 n., 186 n., 204 n., 214 n.,
227 n., 229 n., 230, 247 n., 270 n.,
291 n., 321, 336 n., 346, 355 n.,
363 n., 365 n., 503 n., 613, 620;
. principalis 270 n.;
. simplex 363 n.;
. verbalis 365 n.;
. vocalis 214 n.;
c. coniunctionis ‘et* 547 n., 558 n.;
a parte copulae 355 n.;
ex parte copulae 321, 539 n.;
v. determinatio, modus, officium, syn-
categorematicus
Copulare: +c. = adiacenter signifi
care 211; -c. = significare simul
esse 196 n.; inoltre 154 n., 195 n.,
198 n., 202, 203 n., 205, 207,
208, 209 n., 210 n., 211 n., 212 n,
213, 399 fi 305 n, 922 1
533 n., 537 n., 538 n., 550 n.;
c. intransitive=consignificare 205 n.;
c. confuse 212 n.;
onnn
646
. confuse et distributive 212 w.;
confuse tantum 212 n.;
. determinate 212 n.;
. discrete 212 n.;
. personaliter 212 w.;
. simpliciter 212 n.;
in adiacentia, in essentia 203 n.;
. tempus confuse-determinate 209 w.;
. modus, officium, significare, ter-
minus
Copulatim 188, 189 n.;
c. cum medio (o cum constantia)
274;
v. ampliare, descendere, descensus
Copulatio, def. 207, 209-212, 213;
inoltre 19, 44, 91 n., 94 n., 153 n,
195-199, 201, 202, 203 n., 204 n.,
205, 206, 208-212, 213, 214,
260 n., 453 n., 533 n.;
. sive impositio 195 n.;
. confusa 211;
. confusa distributiva 211;
. confusa tantum 211;
. determinata 211;
. distributiva 211 n.;
. distributiva immobilis 211 n.;
. intransitiva 205 n.;
simplex aut personalis 212 n.;
. adiacentiae 205 n.;
. essentiae 203, 205 n.;
. terminorum 516 n.;
. verbi 210 n.;
. secundum actum, secundum habi-
tum 210 n.;
v. nota, officium, significare, vis
Copulativa (prop.) 422 n., 432 n.,
472, 473 n., 480 n., 486, 489 n,
491 n., 497, 615 (v. propositio);
c. composita 423 n., 424 n., 482 n.
Copulative 188, 189 n.; v. acceptio,
ampliare, concludere, descendere,
graonnnnnnn
00NnAnnnann5a0NnnN
Indice dei termini latini
descensus, probare, significare,
supponere, tenere, verificare
Copulativus, v. coniunctio, descensus,
dictio, verificatio
Copulatum, v. copulatus
Copulatus, v. descensus, terminus;
copulatum 208 n., 211 w., 570 n.,
579 n., 621;
c. ex terminis de praedicamento ‘ubi’
et ‘quando’ 271 n.
Deceptio, v. causa
Declarabile 402 n.; v. probabile
Decompositio 502 n.
Deducere ad inconveniens 411 n.
Defectus, v. causa
Definire 396 n., 413 n., 451 n,
467 n.; v. componete
Definitio 55, 56, 57, 60 n., 61 n,
74, 91, 210 n., 379, 387, 409, 410,
413 n., 598;
d. sive descriptio 468 n.;
d. nominalis 65 n.;
d. quid nominis 65, 105;
definitiones non secundum essentiam
sed secundum adiacentiam acceptae
61 n.;
definitiones quaedam secundum rei
substantiam, quaedam secundum
formae adhaerentiam assignatae 60;
v. constitutio, probare
Definitivus, v. oratio
Demonstrare 268 n., 289 n., 398 n.,
442 n., 443 n., 449 n., 459 n,
604-606, 611, 613, 614, 619, 621;
v. adverbium, officium
Demonstratio 397 #.;
d. a signo 444;
d. quia 444
Demonstrativa (prop.) 411 n.;
v. propositio
Indice dei termini latini
Demonstrative, v. tenere
Demonstrativum 409 n., 439, 445,
447 n., 449 n.; v. pronomen, re-
solutio, resolvere
Demonstrativus, v. scientia, syllogi-
smus, terminus
Demonstratum 133 #.
Denominans-denominatum 69 n.
Denominare 97 n., 230 n., 355 7,
422, 425 n., 481;
d. compositionem 353 #.;
v. denominans
Denominatio 121 w., 405 n.
Denominative 55, 59 n., 382 n.
Denominativum, def. 50; -d. multi-
pliciter accipitur 64 n.; -triplicia
sunt denominativa 67 n.; inoltre
54 n., 59 n., 61 n., 64 n., 66 n,
67 n.,97 n.; v. derivativum
Denominativus, v. praedicatio, termi-
nus, vocabulum
Denominatum, v. denominans, ter-
minus
Denotare 98, 115, 116, 117, 186 n.,
202 n., 214, 229 n., 260, 360 n.,
378, 502, 550 n., 590, 599 n.;
d. sive consignificare 502
Derivativum 54 n.; v. denominativum
Descendere 228, 235, 240, 241, 244,
253, 254, 256, 260, 262 n., 264 n.;
d. conditionatim et disiunctim 278 n.;
d. copulatim 278 n.;
d. copulative 241 #., 290, 299 n.;
d. disiunctim 241 n., 242 n.;
d. disiunctive 241 n., 242 n., 299 n.;
d. nec copulative nec disiunctive
251 n.;
. difformiter 264 n.;
. uniformiter 264 n.;
. ad singulare 246 n., 272;
. ad supposita 260;
ALALALA
647
d. ad universale 272;
d. per disiunctivam propositionem
278 n.;
v. propositio
Descensus, def. 235; -d. est quadru-
plex 238; inoltre 44, 232, 233-236,
237, 238, 240-242, 244, 245, 246,
249, 251, 253, 254, 257, 261,
262 n., 263, 264, 267 n., 272,
273, 274 n., 275, 278, 279, 281,
289, 301, 304, 546 n., 587, 596,
597 n.;
d. coniunctim 290;
d. copulatim 241, 299 n.;
d. copulative 241, 257, 473;
d. copulativus, def. 238; inoltre
239, 586;
d copulatus, def. 238;
d. disiunctim 241, 255, 300;
d. disiunctive 241, 473;
d. disiunctivus, def. 238; inoltre
239, 586;
d. disiunctus, def. 238; inoltre 239;
d. insufficiens, def. 240; inoltre 239,
240;
d. sufficiens, def. 239; inoltre 240;
d. difformiter et non uniformiter
282;
d. ad inferiora 233, 468;
d. ad singulatria 260 n.;
d. de copulato extremo 281;
v. immobilitare
Describere 402 n., 462, 467, 469,
470 n.; v. propositio
Descriptio, def. 468; inoltre 395 n.,
440 n., 462 n., 467-469, 470,
471, 480, 482, 483; v. definitio
Descriptibilis, v. probatio
Descriptibiliter, v. probare
Descriptivus, v. oratio
648
Descriptum 440 n., 469 n.; v. pro-
positio
Designare 85 n., 103 n., 107 n,
134 n., 198 n., 202 n., 375;
v. adiectivum
Designatum 74
Desinere 478 n., 482; ». incipere,
propositio
Desinitio 416
Determinabile 112, 185, 539 n., 578,
588;
d. subsequens 533 n.;
d. superius 184;
v. terminus
Determinare 145, 365 n., 371, 373 #.,
403 n., 465, 471, 486 n., 529,
532 n., 551 n.;
d. compositionem 336, 353 n.;
d. inhaerentiam accidentis et subiecti
80;
d. inhaerentiam praedicati cum su-
biecto 335;
d. qualitatem 60;
d. qualitatem circa substantiam 84 n.;
d. qualitatem agendi 343 n.;
d. verbum 336;
v. adverbium, vis
Determinate, v. consignificare, copu-
lare, stare, supponere
Determinatio 163, 178 n., 185,
187 n., 192, 229, 291 n., 333,
344 n., 363 n., 375, 376, 428,
481 n., 482 m., 484, 530 n,
534 n., 539 n., 547 n., 548 n.,
563, 568 n., 571, 576, 583, 599;
d. adiectiva 159;
d. adverbialis non modalis 358 n.;
determinationes adverbiales-nomina-
les 334;
d. intrasumpta-extrasumpta 375;
d. superior 184;
Indice dei termini latini
. compositionis 350;
. consequentis 517;
. copulae 355, 357 n.;
dicti 390;
inhaerentiae 333;
. obliqui 159;
. praedicati 339, 343, 517;
. subiecti 230 n., 339;
. verbi 348 n.;
. modus, propositio
Determinatuii, v. determinatus
Determinatus, v. ratio, significatio,
suppositio, tempus, terminus;
determinatum 178 n., 261 n., 530
Dialectica, def. 400, 573 n.; -d.=
scientia disputandi ex probabilibus
399 n.; v. officium
Dialecticus 398 #.;
dialectici 56 n., 144 n., 225 n.
Dicere: - secundum accidens d. 57;
. cum modis 331 n.;
. de dicto 351 n.;
. de re 351 n.;
. non proprie 268 n.;
secundum complexionem 505 n.;
. sine complexione 505 n.;
v. modus, subiectum
Dicibile 125, 126 n.; v. Mextév
Dictio 63 n., 67 n., 72, 73 n., 77,
78 n., 86, 92 n, 94 n., 126, 134 n,
135 n., 140 n., 147, 162, 177 n.,
197, 208, 212 n., 223 n., 228, 248,
249 n., 251, 259, 266 n., 267,
274 n., 276, 277, 287 n., 29%,
320, 321, 381 n., 415, 416, 417,
422, 425 n., 432, 434, 435 n.,
436, 442 n., 443 n., 452, 453 n,
454 n., 467 n., 480 n.,, 481 n.,,
502, 505 n., 517 n., 518, 519,
521 n., 522 n., 523 n., 524, 527,
528 n.-530 n., 531, 532, 534 n.,
SÌ Pe pe RE pd
e aaa apaoa
Indice dei termini latini
535 n., 536 n., 537 n.-539 n., 544;
adiectiva 110 n., 166 n.;
adiectiva appellat suam formam
110 n. (v. appellare);
. communis generis 297 n.;
. composita cum aliquo 535 n.;
confuse posita 435 n.;
confuse significans 223;
. consignificativa 225 n.;
. copulativa vel disiunctiva 537 n.;
. determinans compositionem 335;
d. exceptiva 277, 290, 292, 303,
404 n., 421, 425 n. (v. exceptivus);
d. exclusiva 249 n., 276 n., 277,
291, 295 n., 303, 415, 421, 422 n.,
424, 475 n., 535 n., 596 (v. exclu-
sivus);
dictiones modales 277, 334;
. officialis 453, 454 n. (v. officium);
. reduplicativa 303, 422, 424;
. significans actus mentales 459;
. significativa 208;
. substantiva 110 n., 111 n.;
. syncategorematica 229 n., 251,
283 n., 336;
extra dictionem 517 n.;
v. appellatio, fallacia, figura, forma,
locutio, proprietas, significatio,
subiectus, HE, puo
Dictum, def. 123 n.; inoltre 45,
118, 123, 124, 125, 126 n., 127,
128, 129, 130 n., 151, 335, 347-
352, 354-356, 357 n., 358, 360,
361, 362, 363-367, 368, 369, 370,
371, 372, 374, 382, 389, 390,
455, 461, 462, 463 n., 464 n,
465, 467, 497, 518, 523 n.
534 n., 537 n., 539 n., 545, 549,
551, 352, 355, 356, 259;
560 n., 562, 564, 565, 571, 574,
575 n., 577, 580-582, 584, 587,
pp
AAALALAALA
DAALALALA
649
589, 591-595, 596, 598, 599, 603;
. vel significatum 124 n.;
. categoricum 471, 556, 590, 598;
complexum 598;
. hypotheticum 471, 556;
. multiplex 497 n.;
. singulare 354 n., 361;
. verbale 591, 594;
. propositionis, def. 123 n.; inoltre
124 n., 125, 341 n., 354 n., 359,
371, 490 n., 552 n., 553, 556 n,
559, 574, 577, 581, 602, 603, 610,
618, 619;
v. appellatio, conditionalis, determi-
natio, dicere, expositio, minor, mo-
dalis, oratio, propositio, sermo,
significatum, subicere, supponere
Differentia 583 n., 598 n.;
d. substantialis 506 n.;
d. temporis 112, 181, 182, 184,
187. n., 189, 214;
v. ratio
Discrete, v. copulare, stare, supponere
Discretio 376;
d. substantiae 71 n.;
d. terminorum 393
Discretum, v. discretus
Discretus, v. appellatio, suppositio,
terminus;
discretum 220 n.; dupliciter sumi-
tur d. 220 n.
Discontinuitas orationis 167 n.
Disiunctim 188, 189 7;
d. cum medio 274;
v. acceptio, ampliare, descendere, de-
scensus, exponere
Disiunctio 196 n., 512, 516 rn.
522 n., 548 n., 554 n.; v. modus,
nota, significare
Disiunctiva (prop.) 425 n. » 472,
650
475 n., 480 n., 482, 489 n., 497;
v. propositio
Disiunctive 180, 189 n., 477, 480 n.,
495 n.; v. ampliare, concludere,
descendere, descensus, probatio,
significare, supponere, tenere, veri-
ficare
Disiunctivus, v. coniunctio, descen-
sus, dictio, verificatio
Disiunctum, v. disiunctus
Disiunctus 548 n. (v. descensus, tet-
minus);
disiunctum 570 n., 579 n.
Disiungere 393 n., 537 n., 538 n.
Disponere compositionem 335
Dispositio 227, 335;
d. compositionis 336, 504;
d. tertiae figurae 43 n.;
v. modus
Disputare 218 x., 452 n.;
d. ex probabilibus 399;
v. ars, determinatio, disserere
Disputatio 218 n., 437 n.;
d. realis 394 n.
Disputatores 413 n.
Disserere idem est quod disputare
400 n.
Distinctus, v. significatio, suppositio
Distrahere 178; v. terminus
Distractivus 599
Distribuere 211 w., 233 n., 242, 243,
254, 255 n., 259, 279 n., 286 n.,,
287, 291 n-293 n., 295, 485,
548 n., 579 n.;
habere naturam distribuendi 259;
v. modus, vis
Distributus, v. suppositio, terminus
Distributio 100 n., 108, 210 n., 224,
241, 254, 259, 295, 363 n., 474 n.,
493 n., 548 n., 562 n., 576;
d. per comparationem 259 n.;
Indice dei termini latini
v. confundere, modus, subiectum
Distributive, v. confundere, copulare,
negare, praedicare, stare, sumere,
supponere, tenere, vis
Distributivus 234 n.;
modo distributivo 262 n.;
v. copulatio, signum, suppositio, syn-
categorema
Diversitas componendi vel dividendi
507 n.; v. relativum
Dividere 504 n., 507 n., 513, 515 n.,
533 n.-537 n., 548 n., 591, 594 n.,
597 n.; v. diversitas
Divise, v. significare
Divisim 428, 508 n., 513, 537 n.,
539 n., 570; v. attribuere, conclu-
dere, inferre, intelligere, praedicare
Divisio, def. 516 n., 528 n., 529 n;
inoltre 167 n., 337, 499, 501 n.,
502, 503, 504 n., 507, 508, 511 n.,
512 n., 513, 514, 516, 521 n.
522 n., 524-526, 528, 529 n,
531 n., 532 n., 534 n., 535, 536 n.,
541 n., 545 n., 547 n., 550, 554 n.,
558 n., 591, 592, 593, 594;
d. accidentalis 528 n.;
secundum divisionem 381, 499,
523 n., 529 n., 537 n., 538 n., 542;
v. fallacia, locutio, modus, oratio,
paralogismus, propositio, sensus,
sophisma, Suatpeous
Divisive 253, 561; v. accipere, stare,
tenere, verificare
Divisus 499; v. conditionalis, minor,
modalis, oratio, prolatio, proposi-
tio, sensus, sermo, terminus
Duplicitas sophistica 75
Elenchus, v. ignorantia
Enthymema, def. 401 n.; inoltre
400 n., 401 n.
Indice dei termini latini
Enuntiabile 125-129, 130 n., 154,
522 n., 551 n.;
enuntiabilia insolubilia 126 n.;
v. interrogabile, nomen, praedicamen-
tum, subiectum, verbum
Enuntiare 49 n., 126, 133 n., 330
Enuntiatio 18, 49 n., 55 n., 73, 125,
126, 229 n., 230 n., 330, 341 n.,
352 n., 354, 499 n., 505;
e. simplex-composita (hypothetica)
505 n.;
enuntiationes simpliciter 351, 352 n.;
e. de inesse 345 n.;
v. modus, pars, verbum, vis,
ambpavare, Mdyoc
Esse: -e. actuale 177 n., 178 n.;
e. commune 177 n.;
e, intelligibile 178 n.;
e. potentiale 178 n.;
‘est’ secundum adiacens 198, 199,
203, 213, 237;
‘est’ tertium adiacens 198, 199, 200,
203, 204 n., 205 n., 213, 503 n.;
v. appellare, modus, ponere, praedi-
camentum, praedicare, significare,
subiectum, verbum
Exceptiva (prop.) 373 n., 423 n,
432 n., 479, 480 n.; v. propositio
Exceptivus 553 n.; v. dictio, signum,
terminus
Excludere 454 n.
Exclusio 297 n., 435 n.; v. nota
Exclusiva (prop.) 373 n., 432 #.,
479 n., 480 n., 481; v. propositio
Exclusivus 553 n.; v. dictio, signum,
terminus
Exemplum 400 n., 401 n.
Existentia, v. causa
Expletivus, v. coniunctio, propositio
Explicare 402 n.; v. propositio
651
Explicatio 590
Exponens (exponentes) 192 n.
250 n., 259, 275 n., 287 n., 292 n.,
369, 409, 418-422, 424 n., 428,
430, 432, 433, 473 n., 475, 478,
479 n., 480 n., 481, 552 n.
Exponere 84 n., 113 n., 179 n,
180 n., 186 n., 259, 270 n,
286 n., 287 n., 340 n., 342 n,
343, 402 n., 403 n., 407 n., 409 n.,
410 n., 412, 413, 414 n., 415,
419 n., 422, 423 n., 425 n., 426 n.,
428 n., 429, 430, 433, 435, 437,
462, 464 n., 475 n., 476 n., 479 n-
481 n., 541 n., 546 n., 553 n.
582 n.;
e. disiunctim 479 n.;
e. de re, de sensu 340;
v. antecedens, probare, propositio
Exponibile, v. exponibilis
Exponibilis 255 n., 330 n., 383,
402 n., 420 n., 574 (v. modus,
propositio, terminus);
exponibile 19, 40, 402 n., 432
Exponibiliter, v. capere, probare,
stare, tenere, terminus
Exposita (prop.) 421, 428, 432 n.,
440 n., 480 n.; v. propositio
Expositio, def. 414; inoltre 39, 63 n.,
185 n., 198 n., 259, 266 n., 273,
276, 287, 409 n., 410, 412, 413,
415, 416, 418, 419, 421, 423, 425,
426, 427, 428, 429433, 434,
438 n., 440, 456, 467, 477 n,
478, 480, 482, 483, 486, 487,
541 n., 542 n., 546, 564, 590,
594 n.;
e. propria, impropria 422;
e. de re, de dicto 343;
v. syllogismus, &xdeowe
Expositive, v. probare
652
Expositor 65 n., 413 #.
Expositorie, v. probare
Expositorius 442; ». syllogismus
Expositum 407 n., 432, 433; v. pro-
positio
Extrapraedicamentale 126 n.
Extremitas maior, minor 614;
e. propositionis 393 n.;
v. extremum
Extremum 227 n., 496, 502 n,
538 n., 556, 559;
e. propositionis 187 n., 355 n.;
e. propositionis categoricae 227 n.;
v. descensus, extremitas, propositio
Fallacia, def. 527; inoltre 39, 72 n.,
507, 508, 516, 517 n., 525 n.,
529 n., 531 n., 538 n., 543 n;
. accidentis 439 n., 572 n.;
. aequivocationis 454 n.;
. secundum aequivocationem 511 n.;
. compositionis, def. 515 n.; inoltre
507, 508 n., 514 n., 525 n., 534 n.;
f. secundum compositionem, def.
529 n.;
f. consequentis 472, 473, 474 n,
476 n., 477 n., 49 n., 495 n.;
f. divisionis, def. 515 n.; inoltre 507,
508 n., 525 n., 534 n.;
f. secundum divisionem, def. 529 n.;
f. figurae dictionis 550, 572 n. (v.
figura);
f. secundum univocationem 511 n.;
f. secundum diversam partem (rela
tum, tempus, modum) 511 n.;
f. secundum plures interrogationes ut
unam 517 n.;
v. modus
Fallere 508 #.
Falsificare 486, 490 n.
neh
Indice dei termini latini
Falsitas 476 n., 486, 499 n., 503 n.,
504 n., 524, 589 n., 596 n., 597 n.;
f. contracta 353 n.;
f. contracta fallibilis, infallibilis
353 n;
f. simpliciter 353 n.;
v. causa, improbare, notitia
Falsum 338 n., 339 n.;
f-verum 345 n., 346 n.;
f-verum = accidentia propositionis
345 n.;
v. modalis
Figmenta animi 79, 80, 419
Figura 43 #., 72 n., 450, 502 n.
(». appellatio);
f. simplex, composita, decomposita
502 n.;
f. (syll.) 396 n., 439 n., 443 n,,
449 n.;
f. prima 437 n., 439 n., 442 n,
443 n., 613, 621;
£. secunda 439 n., 442 n., 443 n,
449 n.;
f. tertia 437, 438 n., 442 n., 443 n,
449 n. (v. dispositio);
f. dictionis, def. 72 n., 78; inoltre
72, 78 n., 146 n.,, 152, 208 n,,
414 n., 516, 526, 549, 572 (v.°
fallacia)
Forma 15 n., 42, 59, 71 n., 81 n,
82, 88 n., 92 n., 98, 103, 104 n,
106 n., 109 n., 110 n., 149 x,
158, 163 n., 165 n., 170, 171 n,
199, 284 n., 493 n., 506 n., 535 n.;
quo est 81;
" stauendì 558 n., 591;
. compositionis 396 ds:
£ dictionis 528 n.;
f. accidentalis dictionis=significatum
eius? 485;
f. loquendi 350;
mmm
Indice dei termini latini
. praedicati 103 n., 457 n.;
. propositionis 418, 425 n.;
. resolutionis 396 n.;
. subiecti 457 n.;
. termini 106, 137;
. vocis 522 n., 531;
. sive ratio a qua imponitur (no-
men) 54 n.;
materia formata a forma 64 n.;
de forma 440 n.;
ratione formae 163 n.;
sub propria forma 98, 360 n.;
v. accidens, appellare, appellatio, de-
finitio, nomen, praedicare, praedi-
catum, significare, sumere, termi-
nus, valere, vox
Formale 42 n.;
f. propositionis 41 n., 42;
f. in propositione 319;
formalia syllogismi 396 7.
Formalis, v. compositio, consequen-
tia, formale, logica, principium,
significatio, significatum, suppositio
Fundamentum 199, 200, 203 n., 204,
206; v. subiectum
Futuritio 177 n.
Ph Ph ihr i
Genitivus 536 n.
Gerundius 567 n., 575 n.
Glossatores 413 n.
Gradus, v. comparativus, positivus,
superlativus
Grammatica, v. officium
Habitualis, v. suppositio, suppositum
Habitudo 100 n., 101 w., 258, 454 n.,
460 n.;
h. terminorum 379, 395 n., 420;
v. necessitas, probatio
Habitus, v. copulatio, modus, sup-
positio
653
Hoc aliquid 51, 72 n., 450;
hoc aliquid-quale aliquid 72 n.;
v. appellare, significare, còSE cu
Hypothetica 304 n., 355 n., 378,
421 n., 496 n., 517, 520, 538 n.;
h. copulata 518;
v. dictum, propositio
Identitas, v. relativum
Ignorantia elenchi 509, 525
Illativus, v. terminus
Immediatum, v. immediatus
Immediatus, v. propositio, syllogi-
smus, terminus;
immediatum 397 n., 450
Immobilis 240; v. confusio, copu-
latio, suppositio
Immobilitare 242, 243, 249, 257 n.,
258, 266, 276 n., 278 n., 284 n.,,
286 n., 295 (v. vi:
i. = impedire descensum 304;
i. confundendo 596
Immobilitatio 595 n.
Immobilitare 242, 243, 249, 257 n.,
266, 276, 278 n., 286 n., 295
Immobiliter, v. confundere, stare,
supponere, vis
Impertinens 550 n., 571, 591, 603,
610; v. terminus
Impertinentia 518 n.
Implicare 420; v. officium
Implicatio 45, 159, 486
Implicativus, v. relatio
Implicitus 420, 434 n.; v. categorica,
negatio, propositio, terminus
Imponere 54 n., 60, 71, 83 n., 96 n.,
108 n., 140 n., 214 n.,, 218 n.
261 n., 321;
i. nomen 82, 93 n.;
i. ad significandum 260;
v. forma, intentio, nomen
654
Impositio 46, 70, 83, 92, 93, 96,
108, 114, 140 n., 181, 195, 286 n.,
490 n.;
i. primaria 476 n.;
i. vocis 93 n.;
secundum impositionem 490 n.;
v. copulatio, intentio, nomen
Impositor 70 n., 82, 289 n.
Impossibile 328, 331, 333 n., 439 n.;
v. modalis, propositio, &SUvatov
Impossibilitas 353 n.
Improbabile 400
Improbare 400, 437 n., 449 n,
457 n.;
i. = ostendete falsitatem propositio-
nis 401
Improbatio 186 n.
Inceptio 416
Incipere 290, 303 n., 478 n., 479;
i. et desinere (incipit et desinit)
242, 259, 277, 287, 292, 303,
416, 419, 421, 422, 424, 426, 427,
429, 431, 432 n., 441, 442 n., 478,
479 n., 480 n., 481, 482, 486, 487,
578, 596 (v. propositio)
Incomplexum, v. incomplexus
Incomplexus, v. terminus, vox;
incomplexum 227 n., 468-471, 577;
i. significativum complexi 469 (v.
complexus)
Incompositum 506 n.
Incongruus 45; v. propositio
Inconveniens, v. deducere
Indefinita (prop.) 356 n. 401,
439, 442 n., 449 n.; v. propositio
Indistinctio, def. 75; inoltre 74, 75 n.
Individuum 94 7., 101 n., 133 n,,
221 n., 246 n.; v. appellare, nomi-
nare
Inducere 444 n.;
i. formaliter 429 n.
Indice dei termini latini
Inductio, def. 401 n.; inoltre 239,
274 n., 275, 400 n., 401 n., 429,
444 n., 485, 493; v. argumentum,
probare
Inductive, v. probare
Inesse, v. categorica, oratio, propo-
sitio
Inferentia 231 n., 420
Inferior 103, 185, 220, 224, 236,
246, 406, 438, 441, 442 n., 597 n.;
i. quidditative-essentialiter 184;
v. inferius, pronomen, terminus
Inferius 90, 102 n., 103 n., 121 n.,
174 n., 220 n., 233 n., 274 n,,
286 n., 406, 407 n., 409, 410 n.,
436, 437, 442 n., 443 n., 506 n.,
546 n.; v. appellatio, descensus,
probatio
Inferre 399, 401 n., 428, 521;
i. divisim 537 n.j
i. fallaciter 520;
i. formaliter 273 n., 275 n., 442 n;;
i. resolutorie 444 n.
Infinitare 320; v. negatio
Infinitive, v. tenere
Infinitivus, v. compositio, modus,
oratio, terminus, verbum
Infinitus, v. modus, nomen, oratio,
terminus, verbum
Inflexio casualis 82 7.
Inhaerere 335, 502 n.; v. modus
Inhaerentia 335 n., 504;
i. modificata subiecti cum praedi-
cato 336;
. praedicati ad subiectum 377;
. praedicati cum subiecto 346;
. verbi 338;
. determinare, determinatio, nota,
propositio
Inopinabile 400
Insolubile 20, 40, 453 7.
eee
Indice dei termini latini
Insolubilis, v. enuntiabile, notitia
Instituere 93 n.;
i. voces ad appellandum 93 n.;
v. placitum
Institutio 70, 93, 134 n., 221;
i. voluntaria 70, 221 n.;
i. ad placitum 104;
i. vocum non ad significandum sed
tantum ad appellandum 93 n.;
causa institutionis vocum 93 n.
Intellectus 514, 516 n., 517;
i. compositus 504 7.;
i. congruus 403 n.;
in intellectibus 514;
secundum intellectuam 252, 513,
514 n.;
v. compositio, congruitas, nomen,
notus, significatio
Intelligere: -i. primarie, secundarie
69 n.;
i. coniunctim 515 n.;
i. divisim 515 n., 521;
terminus posterius intelligi 403 n.;
v. modus
Intelligibile, v. esse, significare
Intensissimum et remississimum 427
Intensio 542 n.; v. intentio
Intentio 22, 145 n., 218 n., 226,
289, 394 n.;
. = mana 394 n.;
. animae 221 n.;
. imponentis 70;
. et remissio 416 n.;
v. intensio, passio, terminus
Interiectio 48 n., 50 n, 227 n.
Intermediare 552 n.; v. interponere,
mediare
Interponere 348 n., 352, 517; v.
intermediare, mediare
Interrogabile 128 n., 129 n.
Introductores 413 n.
655
Inventio 395 n.;
causa inventionis nominum 82;
via inventionis 396 n.
Inventor 70
Iudicare 396 n., 452 n.;
i. de veritate propositionis 460 n.;
v. ars, scientia
Tudicium 395 n., 434 n., 579 n,
583 n.
Tungere 515 n.
La, ». li
Le, v. li
Lectio 413
Li 296, 297; v. signum (s. materia-
litatis)
Limitare 191 n., 192 n.;
i. ad officium 402 n.
Limitatio 191 x.
Locus sophisticus 452 n.
Locutio 435 n., 524, 537 n., 593 n.;
|. congrua 435 n.;
1. multiplex 538 #.;
1 multiplex secundum compositio-
nem et divisionem, o in sensu
composito, in sensu diviso 361;
secundum locutionem o dictionem
507;
v. subiectum, MÉ1<
Logica: -1.=scientia differendi
395 n; -l=scientia rationis
396 n.; inoltre 42 n., 218 n., 221,
396 n. (v. ars);
1. antiqua 18, 28, 38;
1. formalis 42, 43;
1. moderna 18, 38;
1. naturalis 42;
1. nova 18;
1. vetus 18;
1. fidei 42;
1. modernorum 18, 22, 25, 28, 44
656
Logicus 403 n., 502 n., 575 n,
594 n.; v. ars
Loqui: -l communiter 334;
1. improprie 268;
1. proprie 268, 454 n.;
stricte loquendo 359 n;
v. forma, modus, usus
Ly, v.
Maior (praemissa) 442 n., 444 n.,
450, 613, 621
Manerialis, v. appellatio
Maneries 77, 83
Materia: -m. termini 106;
m. vocis 59 n., 531;
ratione materiae 163 n.;
v. forma, vox
Materialitas, v. signum
.Materialis, v. appellatio, compositio,
consequentia, significatum, suppo-
sitio
Materialiter 227 n., 390, 504;
v. stare, sumere, supponere
Maximae (prop.) 398, 468 n.
Maximum-minimum 426, 427, 431
Mediare 369, 371, 549 n., 552 n.,
553, 555 n., 556, 557 n., 559,
574, 576, 581, 602, 610, 619;
v. intermediare, interponere
Mediatum, v. mediatus
Mediatus, v. propositio, syllogismus,
terminus;
mediatum 450
Medium, def. 237; inoltre 234, 236,
237, 273, 299, 301 n., 397 n,
400, 406, 407 n., 429 n., 437,
438 n., 447, 450; v. copulatim,
disiunctim
Medius, v. terminus
Mentalis, v. conceptus, praecedere,
propositio, terminus
Indice dei termini latini
Minimum, v. maximum
Minor (praemisa) 442 n., 444 n.,
450, 613, 621;
m. composita-divisa, de re-de dicto
536 n.
Mobilis 234 n., 240; ». confusio,
suppositio, terminus
Mobilitare 242, 249, 257 n., 258,
266, 276, 278 n., 286 n., 295,
575 n.; v. vis
Mobilitas 232, 234, 240, 242
Mobilitatio 596 n.
Mobilitatum 242, 249, 257 n., 258,
259, 266, 276 n., 278 n., 284 n,
286 n., 295
Mobiliter, v. confundere, stare, sup-
ponere, vis
Modalis 330, 349 (v. determinatio,
dictio, signum, terminus, verbum);
m. (prop.) 339 n., 342 n., 343 n,
344 n., 345 n., 346, 351, 352 n.,
354 n., 355 n., 359, 363 n., 364 n.,
365, 372 n., 373 n., 381 n., 386,
403 n. (v. modus, oratio, propo-
sitio, quantitas);
m. modo adverbiali, verbali, nomi
nali 359;
modales improprie dictae, proprie
dictae 389;
m. absoluta 375, 376, 380;
modales compositae 364;
m. divisa 366;
m. cum conditione 375, 376;
m. de dicto 150, 342 n., 352, 380,
537 n.;
m. de re 340, 341, 342 n., 352, 357,
380, 512, 537 n.;
m. de sensu 340, 342 n., 512;
m. de sensu composito, de sensu di-
viso 388;
m. de possibili et impossibili, de
Indice dei termini latini
necessario et contingenti, vero et
falso 362 n.;
m. in sensu 338 n.;
m. in sensu composito 356 n.;
m. in sensu diviso 361;
m. quantum ad constructionem
338 n.;
m. secundum divisionem 361;
m. secundum sensum 340;
m. sine aliqua conditione-secundum
conditionem 380;
m. affirmativa est a compositione
modi, negativa a negatione modi
352 n.;
dicimus qualibet modali tantum de
dicto agi 344;
m. nominalis est singularis 352 n.
Modaliter, v. capere, probare, su-
mere, tenere
Modernus, v. logica
Modificare 369 n., 370;
Moduli 329 n.; v. modus
Modus, def. 213 n., 329 n., 333,
335, 386, 390; -m. = determinatio
334; -m. = determinatio adverbia-
lis 334; -m. = determinatio com-
positionis 361; -m. = determinatio
copulae 355 n.; -m. = determinatio
praedicati 350; -m. = determinatio
verbi 333; -modi=differentiae
entium, differentiae propositionum
363, 364, 382; -m.= dispositio
334; -m. = dispositio compositio-
nis, praedicati, subiecti 361 n.;
-m. = medius habitus terminorum
337; -m. = pars praedicati, subiecti
361 n.; -m. idest qualitas 334;
-m. = qualitas praedicati 333;
-m. = terminus determinativus
connexi 371 n.; -m. proprie sump-
tus, improprie sumptus 387, 388;
657
-modi sunt sex 352 n., 385 ss.;
-modi sunt innumeri 358 n.; inoltre
43 n., 110 n., 151, 213 n., 328,
329-333, 334, 335, 336, 337 n.,
338 n., 343, 345 n., 346, 347, 348,
351, 352 n-354 n., 355, 356 n.,
357, 360 n., 361, 363, 365 n,
366 n., 367, 371, 373 n., 377,
378, 381 n., 386, 387, 390, 391,
396 n., 403 n., 437 n., 442 n,,
450, 463 n., 502 n., 504, 518, 519,
521 n., 522 n., 523 n., 533 n-
539 n, 545 n-548 n. 549,
553 n., 554 n., 555, 556, 557 n.,
558 n., 567, 570 n., 572 n., 573 n.,
576, 579 n., 580, 581, 582, 586 n.,
589 n., 593, 595 n., 596 n., 597,
599 n., 613, 619;
m. adverbialis 336, 338 n., 342 n.,
348 n., 352 n.354 n. 358 n,
359 n., 555 n.;
- casualis 338 n, 342 n.;
. verbi casualis 49 ns
. exponibilis 589 (v. exponibilis);
. expressus 360;
. infinitivus 339, 347 n., 354 n,,
465, 549 n., 552 n., 557 n.
(v. oratio);
m. infinitus 553, 602, 610;
m. magnus, m. parvus 333, 334;
m. modalis 361;
m. nominalis 336, 345 n., 348 n,
352 n.-354 n., 534 n., 555 n.;
. participialis 555 n.;
. regulatus 437 n.;
. resolutorius 395 n.;
. verbalis 359 n., 555 n.;
. accipiendi oppositionem 359 n.;
. arguendi 177 n., 275 n., 329 n
359, 441 n., 461 n., 528 n. 611,
614, 619;
BBBBB
BBBBBB
658
argumentandi 401 n.;
. cohaerendi 343;
compositionis 345 n., 519;
confusionis 260, 261 n.;
. confusionis non distributivae
261 n.;
specialis confusionis 262 n.;
consequentis 329 n.;
copulandi 208 n.;
dicendi 533 n.;
distribuendi specialis 259;
specialis distributionis 416;
. divisionis 519, 520, 534 n.;
essendi 195 n.;
. fallaciae 329 n., 454 n;
. inhaerendi praedicatum cum su-
biecto 335, 345 n.;
m. intelligendi 142, 195 n., 503 n.;
‘m. loquendi 79, 101 n., 476 n,
490 n., 602;
. communis loquendi 266 n.;
. necessitatis 333 n.;
nominandi 71;
. opponendi 484 7.;
. possibilitatis 347 n.;
. praedicandi 105 x.;
. probandi 329 n., 409 n., 444 n.,
445 n.;
m. probandi efficacior, m. probandi
facilior 410 n. ;
m. probandi a posteriori 444 n.,
445 n.;
m. probandi per captionem 445 n.;
m. proferendi, def. 531; inoltre
527 n., 532, 544;
m. proferendi compositim vel divi-
sim 531;
m. proponendi 517 n.;
m. propositionis 331 n.;
m. propositionum modalium 362 n.;
m. rei 212;
BBBBB
BBBBBBBBBS
BBBBBBS
Indice dei termini latini
m. respondendi 484 n., 579 n.;
m. scribendi 329 n.;
m. significandi 80, 96, 142, 190 n.,
195 n., 196 n., 202 n., 329 n,
348, 453 n., 501 n.-503 n., 531,
532, 533 n., 544 (v. compositio,
consignificatio);
m. significandi dependenter 502;
m. significandi essentialis generalis
502 n.;
m. significandi grammaticalis 531 n.,
532 n.;
m. significandi logicalisi. 329 n.,
Salon
m. significandi sive intelligendi
502 n.;
m. supponendi 208 n., 345 #.;
m. suppositionis 108 n.;
m. suppositionis non distributivae
261 n.;
. syllogizandi 442 n.;
a parte rei, a parte nostra 353;
. in sensu 338;
. in sensu, in voce 339;
quantum ad constructionem 338;
. quantum. ad enuntiationem
338 n.;
m. quantum ad sensum 338;
m. secundum sensum 338 n.;
m. secundum compositionem, secun-
dum divisionem 520, 533 n.;
m. fieri cum distantia per modum
generalis, per modum specialis
201 s.;
per modum disiunctionis 488 n.;
habere modum in praedicato 333;
ex patte modi 362 w.;
v. dicere, distributivus, fallacia, mo-
dalis, moduli, negatio, proferre,
propositio, subiectus, suppositio,
vis, tpéTtog
BBBBBB
Indice dei termini latini
Multiplicitas 488 n., 532 n., 535 n.,
536 n.;
m. actualis, def. 531 n.;
m. potentialis, def. 527 n.;
v. oratio
Naturalis, v. suppositio
Necessitas 353 n., 375, 379;
n. absoluta 378, 379, 380;
. conditionata 379, 380;
. respectiva 378, 379;
. simplex 379;
temporalis 379;
compositionis 501 n.;
consequentiae 379, 380;
. consequentis 379, 380;
. habitudinis terminorum 501 n.;
. totius vel alterius partis temporis
379;
n. ex suppositione 379;
v. confundere, confusio, modus, no-
men, nota, suppositio, tenere
Necessarium, v. necessarius
Necessarius, v. compositio, conditio-
nalis, consequentia, propositio;
necessarium 328;
n. absolute, sub conditione 380
(v. modalis, propositio, &vayxatov)
Negare 255 n., 276, 298 n., 318,
319, 321, 331 n., All n., 436 n,
475 n., 486, 493 n., 504 n., 520,
576 n., 612, 613-615, 621, 622;
n. confuse distributive 276;
n. confuse et distributive vel univer-
saliter 321;
v. adverbium, negatio
Negatio 42 n., 160 n., 186 n., 197 n.,
203 n., 214 n., 224, 249, 251, 255
n., 259 n., 265 n., 266 n., 270 n.,
271 n., 276, 283 n.286 n., 291 n.,
292 n., 295 n., 318-321, 330,
BppPpDbpPbEDD
659
331 n., 332 n., 348, 354 n., 359 n.,
363 n., 400 n., 436 n., 437 n,,
442 n., 454 n., 460 n., 473 n,
475, 481 n., 486, 499 n., 501, 503,
504 n., 539, 544 n., 546 n., 548 n.,
583;
n. exercita 255 n., 318, 320;
negationes implicitae 321;
n. inclusa 270 n.;
n. infinitans 258, 265 n., 320, 321,
539;
n. negans 258, 259 n., 270 n., 284 n.,
319, 321, 539, 540;
n. praecedens 250 n., 362;
n. simplex 347;
n. modi 354 n.;
v. modalis, particula, qualitas, termi-
nus, virtus, vis, &Ttdgaote
Negative, v. tenere
Negativus, v. adverbium
Nomen, def. 49 n., 50 n., 53; inoltre
47, 48 n., 49 n., 50, 52 n., 53,
54 n., 55 n., 56, 57, 58, 59, 60,
61 n., 65, 69, 70, 76 n., 79, 80,
81 n., 82 n., 83, 84 n., 89 n,
92 n., 93 n., 95, 96 n., 97, 98,
102 n., 103, 108 n., 129 n., 132 #..,
141 n., 146 n., 148, 149, 150 n,,
168, 171, 176 n., 187 n., 192 n,
202 n., 203 n., 209 n,, 210 n,
218 n., 222 n., 223 n., 225 n,
227 n., 228 n., 244, 246 n., 262 n.,
270 n., 294 n., 320, 334, 337,
346 n., 348 n., 352 n., 354 n,
388, 389, 393 n., 395 n., 400 n,
406 n., 416, 435 n., 443 n., 447 n.,
452 n., 462, 476 n., 488 n., 502 n,
505 n., 516 n., 536 n., 537 n.;
n. absolutum 65, 451 n.;
n. accidentale 153;
660
n. adiectivum 80 n., 157, 207 n,
208 n., 211, 212 n., 213, 334
(v. adiectivum, qualitas);
n. aequivocum 133 n., 485 (v. aequi-
voca);
n. appellativam 48, 49 n., 50 n.
32; ST; 73; "TI; 78, 95; II; B
99, 100 n., 102, 128 n., 147-149,
150, 404;
'. nomina articularia 86 n., 131 n., 155;
commune 52 n., 97 n., 102, 133 n.;
compositum 505 n.;
connotativum, def. 65;
generale 222 n.;
impositum 65 n., 82 n.;
infinitum 320, 435 n.;
numerale 223 n.;
obliquum 157;
proprium 48, 49 n., 50 n., 72 n,
84 n., 97 n., 98, 100 n., 127,
128 n., 246 n., 314 n., 404, 438 n.;
relativum 541 n.;
n. significativuam et appellativum,
significativum non appellativum,
appellativum non significativum
eh
n. substantivum 59, 192 n., 207 n.,
208 n., 211, 212 #.;
n. sumptum 59, 60, 209 n. (v.
sumptum);
n. syncategorematicum 228 n.;
nomina synonyma 117 n.;
n. verbale 49 n.;
n. accidentis 208 n.;
n. enuntiabilium 343 n., 382 n.;
n. existentiae rei-non existentiae rei
339 ni;
. figmentorum 82 (v. figmenta)
formae 59;
. intellectus 339 x.;
. necessitatis 331 n.;
BPPDDBPPEP
p
PEPD
Indice dei termini latini
. officii 451 n.;
. orationis 339 n.;
. possibilitatis 331 n.;
praesentium vel existentium 95;
propositionis 338 n.;
rerum 218 n.;
secundae impositionis 343 n., 382;
. subiecti 208 n.;
. substantiae 451 n.;
nomina aptitudinem remotivam no-
tantia 149 n.;
nominis participatio 54;
qualitas nominum 50 #.;
nominis transfiguratio 54;
dare nomina 82 n.;
participare re, participare nomine 54;
v. appellare, appellatio, inventio, offi-
cium, quid, virtus, $voua
Nominales 141
Nominalis, v. definitio, determinatio,
modus
Nominaliter, v. adiectivum, capere,
modus, quod, significare, sumere,
tenere
Nominare 60 n., 61, 62 n., 70, 71 n.,
79 n., 80, 82, 84, 85, 120 n,
205 n., 225 n., 344, 394 n.;
n. idest appellare substantiam 84 n.,
85 (v. appellare);
n. substantiam 60, 79 n., 82 n.;
n. individua 80, 81 n.;
n. speciem 81 n.
Nominatio 70, 71, 74-76, 80, 82, 83,
84, 131 n., 201, 202 n.;
ex similitudine nominationis 71
Nominativus 347 n., 502; v. rectus
Nota 185 n., 204 n., 206, 333, 394 n.
(1. obpporov);
n. conditionalis 277, 459;
n. conditionis 42 n., 304 n.;
n. cohaerentiae 457 n.;
BHEPBEPPBED
Indice dei termini latini
n. coniunctionis 547 n., 550 n.
594 n.;
n. consequentiae 292 n.;
n. copulationis 197 n., 447 n., 538 n.,
554 n.;
. disiunctionis 447 n., 594;
. diversitatis 223 n.;
. exclusionis 299, 537 n.;
. inhaerentiae 457 n.;
. necessitatis 333 n.;
. rationis 304;
n. reduplicationis 481 n.
Notior, v. notus
Notitia: -n. insolubilis 595 n.;
n. terminorum 410 x.;
n. veritatis vel falsitatis 403 n.
Notus, v. argumentum, probare, pro-
positio, terminus;
notior (notius) 397 n., 406 n.;
notiora et priora apud nos, apud
naturam 411 n.;
n. per sensum vel intellectum 406 n.
Numeralis, v. adverbium
DIPDDODD
Obligatio (obligationes) 20, 30,
42 n.;
casus obligationis 563;
Obligatorius, v. verbum
Obligatus 42 n.
Obliquitas 347 n.
Obliquus 86 n., 279, 287 n., 547 n.;
v. determinatio, nomen, subiectum,
verbum
Obscuritas 259 n.
Officiabilis, v. officialis
Officiabiliter, v. officialiter
Officiale, v. officialis
Officialis 226 n., 451 (v. dictio, pro-
batio, significatum);
o. (prop.) 456 n. (v. propositio);
661
o. (terminus) 451 n., 456 #., 468 n.
(v. terminus);
officiale 402 n., 454 n.
Officialiter 451, 467; v. probare, pro-
batio, propositio, stare, sumere
Officians (officiantes) 440 #.,
461 n., 469, 557 n.; v. propositio
Officiare 372 n., 461, 462, 464 n.,
469, 552 n., 557 n.
Officiata (prop.) 440 n., 456 n,
461 n., 469; v. officiatum, pro-
positio
Officiatio 410, 456, 480, 482, 483
Officiatum 440 n.; v. officiata
Officium 226, 402 n., 451, 452,
453 n., 454 n., 460;
. artis 452 n.;
. copulae 204;
. copulandi 204;
. copulationis 204;
. demonstrandi 454 n.;
. dialecticae 452 n.;
. dictionis 453 n.;
. docendi 452 n.;
. doctoris 451 n.;
grammaticae 452 n.;
. implicandi 453 n.;
. mentis 277, 459;
. nominis 132 n.;
praepositionis 454 n.;
referendi 453 n.;
substantivi verbi 205 n.;
. vocis 453 n.;
. limitare, nomen
Opponens 452 n.
Opponere 411 n.; v. modus, oppo-
nens
Oppositio 345 n. (v. modus);
o. contradictionis 331
Oppositum 411 n., 483 n., 54i n,
614, 621;
soo0900L9ILLI.L LIO
662
o. antecedentis, consequentis 436;
o. propositionis 477;
v. probare, probatio, propositio
Oratio 18, 94 n., 126, 127, 129 n.,
136, 200 n., 203 n., 218 n., 225 n..,
227 n., 284 n., 288 n., 29 n.
318, 319, 344, 369 n., 376, 393 n.,
417, 452 n., 505, 514, 515 n.,
521, 522 n., 523 n., 528 n.,531 n.,
532, 533 n--536 n., 537 n., 538 n.,
539 n., 544 n.;
o. composita, def. 528; inoltre 285,
505 n., 508 n., 515 n., 517, 527 n.,
531 n., 533 n., 536 n., 537 n,
538 n.;
o. composita ex syncategoremate et
termino communi 283 n.;
o. coniunctiva 581;
o. definitiva vel descriptiva 467 n.;
o. divisa, def. 528; inoltre 508 n.,
527 n., 531 n., 533 n., 536 n-
538 n.;
o. infinita 467;
o. infinitiva 356, 462-464, 555 n.
581;
o. modalis, de inesse 354 n.;
o. multiplex ex compositione et di-
visione 529 n.;
o. multiplex secundum actualem
multiplicitatem et ’potentialem
532 n.;
o. simplex 505 n.;
o. sophistica 516 n.;
o. subiecta (=dictum) 341 n.;
o. infinitivi modi 363 n.;
o. de re, de dicto 534 n.;
v. discontinuitas, nomen, pars, si-
gnum, syncategorema, terminus,
bros
Orator 398 n.
Ordinare 211 n., 361
Indice dei termini latini
Ordinatio 452
Ordo, v. probare
Paralogismus 515 n., 519 n., 525 n.,,
533 n., 534 n., 537 n.;
p. compositionis 533 n.;
p. divisionis 533 #.;
p. secundum compositionem 516 n.;
p. secundum abundantiam et defec-
tionem 515 n.
Paralogizare 522 n., 537 n.
Pars: -p. enuntiationum 393 n.;
p. orationis 48 n., 49 n., 50 n., 211,
225 n., 226 n., 287, 289, 446 n.,
447 n., 506 n., 521 n., 523 n.,,
533 n.3
p. propositionis 393 7.;
v. copula, modus, praedicatum, subi-
cere, subiectum, supponere, suppo-
situm, vox
Participialis, v. modus
Participium 48 n., 49 n., 90 n,
107 n., 108 n., 115, 116, 119,
147 n., 148 n., 153 n., 154 n,
165 n., 171 n., 203 n., 260 n.,,
284 n., 288 n., 291 n., 443 n.,
446 n., 462, 500, 534 n., 535 n.,
536 n., 537 n.;
p. = participiale verbum vel casuale
49 n.;
verba casualia id est participia
93 n;
p. adiectivum 117 n.;
p. ampliativum 599 n.
Particula: -p. negativa 331 n.;
p. negationis 331 n.
Particularis (prop.) 356 n., 362,
363 n., 373 n., 401, 412 n,
439, 444, 449 n., 476 n., 613;
v. propositio, signum
Parva logicalia 18, 44
Indice dei termini latini
Passio animae 394 n., 503 n;
v. intentio
Pertinens, v. sensus
Peiorem (regola del) 327
Perfectio 528 n.
Personaliter, v. copulare
Personalis, v. adverbium, appellatio,
copulatio, suppositio
Persuasibile 402 n.; v. probabile
Placitum: -ad placitum 106 n.
476 n.;
ad placitum instituentis 63 n.;
ex placito instituentium 221 n.;
secundum placitum 141 n.;
v. institutio, significare, vox
Ponere in esse 366 w., 565 n., 566 n.,
574, 582 n., 584; v. praedicamen-
tum
Positivus gradus 276 n.
Possibile 328, 331, 333 n.; v. mo-
dalis, propositio, Suvatév
Possibilitas 331 n., 353 n; v. modus,
nomen, privatio
Posterius, v. intelligere, prius
Postponere 523 n., 579 n.
Potentiale, v. esse
Potestas, v. confundere
Praecedere 369, 546 n., 559, 561 #.,
571, 575, 576 n., ST7 n., 581 n.
(v. negatio);
p. simpliciter 555 n., 556;
p. totaliter 370 n., 371 n., 372,
545 n., 547 n., 549 n., 551 n,,
552 n., 553, 556 n., 573, 581,
602, 603, 610, 618;
p. vocaliter 403 n.;
non p. in voce vel in scripto, sed
. in significatione 463 n.;
Praedicabile, v. praedicabilis
Praedicabilis: -res p. 211;
praedicabile 125 n., 126 n., 132 n.;
663
v. probatio,: terminus
Praedicamentum 105 n., 201 n.
202 n., 260 n., 414 n.;
p. enuntiabilium 126 n.;
esse in praedicamento 52 n.;
esse de praedicamento substantiae
111 n;
esse in praedicamento qualitatis 52 n.,
66 n.;
esse in praedicamento quantitatis
66 n.;
esse in praedicamento relationis
501 n.;
esse in praedicamento substantiae
52 n., 66 n;
in praedicamento ponere 60;
v. copulatum, extrapraedicamentale,
significare, xxtnyopla
Praedicare 52 n., 55 n., 57, 60, 61 n.,
92 n., 98, 102 n., 103, 104, 109 n.,
156, 176 n., 203 n.205 n., 206,
219 n., 228 n., 230, 241 n., 246 n.,
346, 347 n., 348 n., 351, 352 n.,
356 n., 360, 361, 414 n., 442 n,
448 n., 456, 520, 539 n.;
absolute 375;
accidentaliter 204 n.;
collective, distributive 522 n.;
coniunctim, divisim 519;
de subiecto 57, 61 n.;
‘esse’ confuse, determinate 210 n.;
in adiacentia 61 n., 204;
in essentia 61 n.;
principaliter, per accidens 204 n.;
secundum adiacentiam 61 n.;
p. solam formam 92 n.;
p. tertium adiacens 213 n., 230;
v. appellare, modus, praedicatum,
subicere
Praedicatio 486, 503 n. (v. vis);
vp poso pd
664
p. denominativa, univoca, aequivoca
65 n.;
p. directa 442 n.;
p. per accidens atque impropria
204 n.;
p. secundum accidens 57
Praedicativum, v. praedicativus
Praedicativus, v. propositio;
praedicativum 230 n.
Praedicatum 66 n., 68 w., 91, 92 n,
95 n. 99, 100 n., 101 #., 102 n.,
103, 105, 106 n., 107, 116 n,
126 n., 130 n., 134 n., 140 n,,
144, 149 n., 160 n., 167 n., 169,
173 n., 175 n., 185 n., 186 n.,
203 n-205 n., 210 n., 212 n,
213 n., 214, 215 n,, 218 n,
227 n., 228 n., 229 n., 230, 233
n., 245, 247, 249 n., 255 n., 265
n., 266 n., 267 n., 268 n., 270 n.,
272, 274 n., 278 n., 279 n., 283
n., 284 n., 285 n., 291 n., 292 n,,
303 n., 319, 321, 334, 335, 340,
343 n., 347 n., 351, 355 n., 360,
361 n., 364 n., 366 n., 371 n,
377, 379, 380, 381 n., 382 n,
393 n., 405 n., 425 n., 430, 444
n., 448 n., 453 n., 475 n., 501 n,,
503 n., 504 n., 524 n., 534 n.,
537 n., 539 n., 557 n., 563 n,
569, 578, 582 n., 588, 590, 613,
620, 621;
p. ampliativum 107;
p. appellat suam formam, def. 115;
inoltre 98, 100, 101, 103, 104 n.,
109 n., 110 n. (v. appellare);
p. simplex 548;
p. sub propria forma praedicare
101 n.;
a parte praedicati 83, 95 n., 106,
107, 166 n., 228, 229 n., 230 n,
lndice dei termini latini
256 n., 266, 278 n., 279, 284 n.,
344, 355, 356 n., 370, 442 n.,,
524, 541 n., 547, 549, 550 n., 551,
553 n., 556, 568 n., 572, 577,
585;
ex parte praedicati 84 n., 90 n., 91,
155;
talia sunt subiecta qualia permittun-
tur ab eorum praedicata 68 n.;
v. appositio, appositus, cohaerentia,
continuitas, determinare, determi.
natio, extremitas, extremum, for-
ma, inhaerentia, modus, proposi-
tio, qualitas, subiectum, terminus
Praedicatus 151 x., 343, 517; v. dic-
tio, modus
Praeiacens, def. 425 n.; inoltre 421
n., 423, 425
Praemissa 42 n., 43 n., 186 n., 435
n., 439, 457, 485, 602, 611;
praemissae mere singulares 442 n.;
v. maior, minor, tpotaotg
Praeponere 523 n., 533 n., 557 n.
Praepositio 48 n., 227 n., 453 n.,
454 n.; v. officium
Praeteritio 177 n.
Primum-ultimum 427
Principium materiale-formale 395 n.
Prius-posterius 395 n.; v. notus, pro-
bare, probatio
Privatio 331, 416;
p. possibilitatis 331 n.
Privativus, v. terminus
Probabile, v. probabilis
Probabilis 586 (v. argumentum, pro-
positio, terminus);
probabile 177 n., 398, 399, 400 n.,
402 n., 463, 482, 558 n. (v. cer-
tificabile, declarabile, disputare,
improbabile, persuasibile, #vSotov)
Probabilitas 398 n.
Indice dei termini latini
Probare 229 n., 273 n., 276, 290,
295 n., 370 n., 399, 400-402, 403
n., 404, 405 n., 407 n., 409, 410,
411, 412 n., 425 n., 429, 432 n.,
437, 440, 443, 444 n., 445,
446 n., 447 n., 448, 449 n., 450
n., 452 n., 457 n., 458-460, 470 n.,
473, 478 n., 485, 493, 494 n.,
508 n., 551, 552 n., 553 n., 565
n., 571, 577, 578, 579 n., 586,
587, 595, 604, 605, 611-614, 616,
617, 618, 619, 620, 621, 622;
p.=ostendere veritatem propositionis
401;
probari vel verificari 560 n. (v. ve-
rificare);
p. quadrupliciter: a priori, a poste
riori, ex opposito et ab aequo
409;
. quadrupliciter: a priori, a poste-
riori, aeque, indirecte 412 n.;
p. ab aeque 412 n.;
p. ab aequo 409;
p. ex aequo 430;
p. a posteriori 409, 410 n., 412 n.,
430, 444 n.;
p. a posteriori inferiori 444 n.;
a posteriori totaliter separato
444 n.;
. a priori 409, 410 n., 412 w., 430;
. copulative 482;
. descriptibiliter 482, 577;
explicative 593;
exponendo 464 n.;
exponibiliter 482, 593;
. expositive 593;
. expositorie 410, 430;
. indirecte 412 n.;
. indirecte ex opposito 409;
. ex opposito 410 n., 430;
. per oppositum 553 n.;
uo)
vo vtvvvIvvdUvvv
665
p. inductive 493;
p. inductive per sua singularia
411 n;
p. inductive per suas singulares
410 n.;
p. per inductionem 493;
p. per singulares 482 n.;
p. modaliter 368 7.;
p. officialiter (officiabiliter) 369,
382, 383, 389 n., 464, 465, 482,
559 n., 565 n., 577, 588 n., 593;
p. resolubiliter 389 n., 447 n., 464,
482;
p. resolutorie 448, 450;
p. resolvendo 464 n.;
p. per causas veritatis 482 n.;
p. per contradictorium 481 n., 482
n;
p. per convertibile magis notum
409;
p. per definitionem 409;
ordo probandi 373 n.;
v. exponere, describere, officiare,
modus, propositio, resolvere
Probatio 40, 44, 231, 232, 250, 273,
275-277, 287, 371 n., 383 n., 397,
398, 399, 400 n., 401-403, 404 n.,
406-412, 429 n., 430, 436, 438 n.,
439, 441, 444 n., 445-447, 448 n.,
449, 452, 455, 456, 457, 458,
461, 463, 464-466, 468, 469, 472,
476 n., 4TT, 478 n., 480, 482, 483,
487, 489, 493, 494 n., 506, 543,
553 n., 554, 556, 587, 589;
p. vel inductio 275 n.;
p. ab aeque 412 n.;
p. ex aequo 430, 444;
p. a destructione consequentis 485;
p. a posteriori 411, 443, 444;
p. a posteriori inferiori 444;
p. a posteriori totaliter separato 444;
666
. a priori 411, 444;
. descriptibilis 598;
. disiunctive 483 n.;
. indirecta 412 n., 444;
indirecta ex opposito 412 n.;
. officialis 590 n., 598;
. officialiter 413 n., 494 n., 588;
p. per causas veritatis 423 n., 471,
472, 479, 481 n., 483 n;;
Pp. per contradictorium 485, 487;
p. per habitudinem praedicabilium
412 n., 456;
p. per inferiora 436;
p. per singulares 429 n.;
p. propositionis 20, 40, 44, 45, 234,
271, 368, 373, 374, 393, 401, 403
n., 409 n., 427, 543, 544, 554,
557 n.;
p. resolutorie 448;
p. sufficiens 438 n.;
v. descriptio, expositio, officiatio,
resolutio, propositio, &méSewtrc
Proferre 505 n., 528 n., 532 n.;
p. continue, discontinue 167 n.;
p. simpliciter, cum modo 330;
v. modus, vox
Prolatio 297 n., 527, 528 n., 530,
531, 532;
p. continua, discontinua 532 n.;
p. continua et composita, disconti-
nua et divisa 535 n.;
una continua p.-plures prolationes
528 n.
Proloquium 125 n.
Pronomen 48 n., 49 n., 72 n., 90 n.,
104 n., 157, 165, 203 n., 289 n,
405 n., 441 n., 443 n., 454 fia
588;
p. demonstrans 52 n., 99, 101 n.,
109 n., 110 n., 115, 132 n., 219
n., 360, 366 n.;
dv'Uvvvovu
Indice dei termini latini
p. demonstrativum 246 #., 274 n.,
289 n., 314 n., 363 n., 404, 438
n., 441 n., 442 n., 448, 449 n,
450 n., 453 n., 563 (v. demon-
strativum);
p. demonstrativum in singulari: nu-
mero 404 n.;
p. demonstrativum pluralis numeri
406 n.;
p. inferius 404;
p. relativum 223 n., 434 n., 447 n,
453 n. (v. relativum, antecedens,
referens)
Pronuntiare 331 n., 527, 528 n.
Pronuntiatio, def. 527 n.; inoltre
530
Pronuntiatum 125 n.
Propinquissimum-remotissimum 428
Propositio, def. 490 n.; inoltre 52 n.,
55 n., 66 n., 68 n., 88 n., 98,
100 n., 101 #., 102 n., 104, 105,
106 n., 108 n., 109 n., 110 n,
112 n., 113, 114 n., 115, 116,
117, 124 n., 125, 127, 128 n,
129 n.,, 130 n., 132 n., 134 n,
144 n., 148 n., 150 n., 173, 176 n.,
179 n., 180 n., 185 n., 186 n,
188 n., 189 n., 192 n., 196 N,
197 n., 200 n., 202 n.,, 203 Ù;
205 n., 210 n., 214, 218 n., 219 n,
227 n., 230, 231 n., 241 n, 247,
249, 250 n., 253 n., 255 n., 260
n., 265 n., 267, 268 n., 269,
270 n., 273 n., 274 n, 275,
276 n., 279 n., 280 n., 283 n-
285 n., 287 n., 288, 289 n., 290,
292 n., 294 n., 296 n., 304, 319,
321, 329 n., 330, 331 n., 332 n,
339 n., 340, 341, 342 n., 345 n,
347 n., 354, 355, 356 n., 359 n,
360, 363 n-365 n., 366, 367 n.,
Indice dei termini latini
368, 370 n., 371, 372, 373 n.,
376, 378, 381 n., 382, 389 n.,
390, 394 n., 395 n., 396, 397 n.,
398 n., 399 n., 400 n., 401, 402,
403 n., 404, 405 n., 408 n., 409,
410, 412 n., 414, 415, 416, 418,
419 n., 420, 422 n., 424 n., 425
n., 428, 429 n., 438, 439 n., 440
n., 441 n., 443 n.446 n., 447 n.,
448, 455, 456 n., 457, 460, 461,
462 n., 463, 464 n., 466, 470-472,
473 n-477 n., 478 n., 480, 481 n.,
482, 485, 486, 490 n., 491 n.,
492, 494 n., 495 n., 497 n., 502,
504, 505, 506 n., 511 n., 518,
519 n., 520, 522 n., 533 n., 534
n., 538 n., 539 n., 541 n., 545 n,
546 n., 547 n., 548 n., 549 n,
551 n., 552 n.,, 553, 556 n,
558 n., 559 n., 560 n., 562 n.,
565 n., 566 n., 567, 571, 573 n,
574 n., 575 n., 576, 577, 579 n,
582 n., 583, 584, 585, 587, 589 n.,
590, 595 n., 597 n., 599 n., 602-
605, 607, 609, 610-615, 617, 622;
p. adversativa 330 n.;
p. categorica 164 n., 181 n., 196 n.,
329 n., 355 n., 378, 381, 403 n.,
418, 423 n., 475 n., 538 n., 539 n.
(v. categorica, extremum);
p. categorica de copulato extremo
278 n.;
p. categorica de copulato subiecto
vel praedicato 196 n.;
p. categorica de disiuncto extremo
260;
p. categorica de disiuncto subiecto
180 n., 186 n.;
p. categoria: aliqua de inesse, aliqua
de modo 378;
p. comparativa 330 n.;
667
p. composita 329 n., 364 n., 366 n.,
380, 426 n., 446, 447 n., 505,
534 n., 593, 596 n.;
p. conditionalis 292 n., 329 n., 376-
378, 381, 495 n., 498 n.;
p. congrua 415 n.;
p. contingens 335, 364 n.;
p. contradictoria 356 n., 476 n.;
p. copulativa 197 w., 236 n., 250 n.,
266 n., 267 n., 268, 275, 278 n.,
293 n., 366 n., 421 n., 423, 424
n., 425 n., 426 n., 428 n., 434,
464 n., 475 n., 481 n., 482, 485,
492, 493 n., 495 n., 496 n., 498
n., 570 n., 622 (v. acceptio, co-
pulativa);
p. aequivalens uni copulativae 250
n;
p. cum modo 331 #., 337;
p. cum subiecto infinito 441 n.;
p. demonstrativa 439, 481 n. (v. de-
monstrativa);
p. demonstrativa sive immediata
407 n.;
p. descendens 235, 238, 239;
p. descensa 235, 237, 238, 239;
p. descripta 470;
p. descriptibilis, def. 469, 470 n.
471; inoltre 440 n., 470;
p. disiunctiva 236 n., 246 n., 260,
267 n., 273 n., 423 n., 473 n,
475 n., 481 n., 482, 486, 495 n.,
499 n., 538 n., 570 n. (v. disiune-
tiva, descendere);
p. divisa 179 n., 180 n., 366 n,
380, 539 n., 593, 596 n.;
p. exceptiva 264 n., 283 n., 403 n.,
418, 421 n., 423, 424 n., 425,
427, 429, 431, 473 n., 478 n,
480 n., 486 (v. exceptiva);
p. exclusiva 248, 249 n., 267 n.
668
270 n., 280, 403 n., 418, 421 n.,
422, 425, 427, 429, 431, 473 n.,
478 n., 479 n., 486 n. (v. exclu-
siva);
. expletiva 330 #.;
. explicanda 593;
. exponenda 464 n.;
. exponibilis, def. 414; inoltre 402
n., 414, 416, 418, 420, 421, 440,
472, 477 n., 479 n., 553 n., 569
(v. exponibilis);
p. exposita 418, 428, 440 n. (v.
exposita, expositum);
p. hypothetica 129 w., 186 n., 196 n.,
329 n., 418, 425 n., 495 n., 522 n,
538 n., 539 n., 553 n;
p. hypothetica copulativa-disiunctiva
522 n.;
p. hypothetica conditionalis-disiunc-
ta 522 n.;
p. hypothetica de disiuncto subiecto
179 n., 180 n,;
p. immediata 397 n., 406 n., 409,
410 n., 438, 582 n.;
p. immediata a posteriori 405 #n.;
p. immediata a priori 405 n.;
implicans 420;
. implicita 420;
. impossibilis 335, 382 n.;
incongrua 415 n., 434 n., 465;
indefinita 271 n., 272 n., 356 n.,
362, 363 n., 366 n., 441 n., 447
n., 448 n., 449 n., 450 n., 496 n.
(v. indefinita);
p. mediata 402 n., 449 n., 482 n.;
p. mentalis 373 n., 394 n.;
p. modalis, def. 333, 351 n.; -p.
modalis large, stricte, strictissime
333 n.; -p. modalis large, stricte
358; inoltre 44, 45, 173 n., 323,
332, 334, 345 n., 346, 348 n.,
lie Mo Mao Mu]
PPP
Indice dei termini latini
351, 353 n., 354, 355 n., 358 n.,
359 n., 362, 363 n., 373 n., 553
n., 581 n., 594 n. (v. determi-
natio, inhaerentia, modalis, mo-
dus);
p. modalis modo adverbiali, nomi-
nali, verbali 359 n.;
p. modalis composita 363 n., 365 n.,
366 n. (v. qualitas);
p. modalis cum determinatione 375;
p. modalis cum determinatione in-
trasumpta 376;
p. modalis de dicto, de re 344 n.,
348, 384:
p. multiplex 493 n., 496 n., 497 n.;
p. necessaria, def. 381 n.; inoltre
335, 347 n., 360, 363 n., 378,
381 n., 382 n., 464 n.;
p. officialis, def. 462 n., 466; inol-
tre 440 n., 455, 456, 459, 462,
552 n., 556 n., 557 n., 589 (v.
officialis);
p. officianda 462 n., 590, 593;
p. officians 456, 459, 460, 461 n.
(v. officiata, officiatum);
p. particularis 271 n., 272 n., 285 n.,
356 n., 362, 441 n., 442 n., 444 n,
447 n., 448 n., 450 n., 492 n,
495 n., 496 n. (v. particularis);
p. possibilis 335, 381 n., 461 n.;
p. praedicativa 329 x., 331 n., 376;
p. probabilis 403 w., 405 n., 446,
455, 567;
p. probabilis a primo termino 402 n.;
p. probabilis per causas veritatis, def.
482; inoltre 472;
p. probabilis per oppositum 456 n.;
p. probata 456, 470;
p. probata resolutorie vel officiali-
ter 440 n.;
Indice dei termini latini
p. proposita resolutorie vel officia-
liter 440 n.;
p. reduplicativa 418 n., 423, 425 n.,
427, 431, 473 n. (v. reduplica-
tiva);
p. resolvenda 446 (v. resolvenda);
p. resolvens 446 (v. resolvens);
p. resolubilis 440, 449, 450 n., 553
n., 557 n., 593;
p. resoluta 440 x., 446, 447 n. (v.
resoluta, resolutum);
p. simplex 329 x., 330, 331 n., 341,
342 n., 420;
p. simplex de inesse 371 n.;
p. simplex et singularis numeri 479
n.;
p. singularis 264 n., 271 n., 275,
349 n., 356 n., 361, 362, 363 n.,
366 n., 429 n., 438 n., 444 n,
447 n., 448 n., 495 n., 496 n;
p. singularis de subiecto conditio-
nato 282;
. subalterna 430;
subcontraria 356 n.;
. substitutiva 329 n.;
temporalis 495 n.;
. universalis 228, 267 n., 270 n.,
275 n., 280 n., 283 n., 285 n,
349 n., 356 n., 361 n., 362, 363
n., 369, 373 n., 428 n., 430 n,
454 n., 492 n., 493, 552 n. (v.
universalis);
p. de copulato extremo 256, 263,
267, 278 n., 495, 496;
p. de desinit 426 n.;
p. de dicto 344, 351, 382, 383;
p. de disiuncto extremo 176 n.,
238 n., 267 n., 495 n., 496 n,
538 n., 596;
p. de disiuncto praedicato 519;
p. de disiuncto subiecto 186;
vo
669
p. de impossibili 464 n.:
p. de incipit 426 n.;
p. de incipit et desinit 426 n., 479
n., 480 (v. incipere);
p. de inesse 324, 334, 335, 338, 339
n., 340, 341, 342, 345, 346, 348,
351, 352, 354, 355, 356, 357 n.,
358, 359 n., 360-362, 363 n., 364-
366, 376, 387, 389, 464 n., 559,
583, 584, 595 (v. significato);
p. de inesse seu de simplici inhae-
rentia 365 n.;
p. de inhaerentia modificata 365;
p. de modo 173, 337, 349, 355 n.,
356 n., 361, 378;
p. de modo sive modalis 357;
p. de necessario 378 w., 381, 382 n.,
464 n.;
p. de necessario conditionali 378;
p. de necessario quando 378;
p. de necessario simpliciter 378;
p. de necessario simpliciter pro sem-
per 378;
p. de necessario ut nunc 378;
p. de possibili 381 n.;
p. de re 340 n., 351, 383;
p. de sensu 340 n., 341, 344;
p. de sensu composito 355 n. (v.
quantitas);
p. de sensu diviso 355 n., 357 n.;
p. de subiecto recto, de subiecto
obliquo 354 n.;
p. in sensu compositionis 359;
p. in sensu composito 355 n., 356 n.;
p. in sensu divisionis 359;
p. in sensu diviso 355 n.;
p. magis nota 410 n.;
p. per se nota 398 w.;
p. secundum compositionem et di-
visionem 359;
v. connotare, dictum, extremitas, ex-
670
tremum, falsum, forma, formale,
improbare, maximae, nomen, op-
positum, oratio, probare, proba-
tio, resolutio, sensus, significatum,
subiectum, sumptum, supponere,
veritas, TpéTtaote
Proprietas 218 n., 453 #.;
proprietates accidentales, substantia-
les 209 n.;
p. incommunicabilis 53;
p. dictionis 452, 529 n.;
p. sermonis 181;
p. termini 599 n.;
proprietates terminorum 18, 19, 38,
39, 44, 152, 267;
p. simplicis, compositi, decompositi
502 n.;
v. appellatio, connotare, connotatio,
suppositio
Punctuare 530 n., 532
Punctuatio 527, 528 n., 530, 532 n.,
538 n.
Quaestio, def. 400; inoltre 56 n.,
386, 485
Quale 56, 57, 414 n.;
q. aliquid 73 n., 450 (»v. hoc ali
quid, significare, rowév tu)
Qualitas 50 n., 52 n., 53 7., 54, 57,
79 n., 80, 82, 83 n., 84 n., 166 n,
199, 200;
. singularis-communicata 53 n.;
. substantiae 71 n.;
« nominis adiectivi 165 n.;
. praedicati 343 n.;
q. (propositionis) 353 n., 354 n.,
371 n., 613, 620;
q.=affirmatio et negatio 264 n.;
q. propositionum 42 n.;
q. propositionum modalium compo-
sitarum 363 n.;
sQ QI
Indice dei termini latini
v. adverbium, connotare, determina-
re, modus, nomen, praedicamen-
tum, significare, substantia, rrové-
Tae
Quando 260 n.
Quantitas 293 n.;
q. continua, discreta 211 n.;
q. (propositionis) 265 n., 354 n.,
361, 363 n., 366, 373 n., 613,
620;
q. modalium 362;
q. propositionum de modo in sensu
composito 356 n.;
v. adverbium, praedicamentum
Quantum 414 n.
Quia, v. demonstratio
Quid nominis 425 n., 428 n., 596 n.,
597 n., 599 n.; ». definitio
Quidditative, v. inferior
Quo est, v. forma, quod est
Quod: -q. coniunctionaliter 463,
464;
q. coniunctive 465;
q. nominaliter 436, 464;
q. relative 465
Quod est-quo est 53, 81; v. si-
gnificare
Ratio 55, 56, 57, 61 n., 74, 75 n,
103 n., 108, 113, 114, 118, 119-
121, 122, 229 n., 250 n.,, 260 n.,
261 n., 275 n., 361 n.,, 394 n,,
470, 502, 530 n., 579;
rationes vel conceptus 108 n.;
r. cavillatoria et sophistica 541 n.;
r. communis 261 n., 592;
r. determinata 114 n.;
r. finita et determinata 229 n.;
r. propria 261 n.;
non est differentia inter significa
tum et rationem propriam 119;
Indice dei termini latini
r. rerum 218 n.;
v. appellare, appellatio, forma, lo-
gica, nota
Rationalis, v. consequentia
Reales 298 n.
Rectitudo 347 x.
Rectus (casus) 45, 177 n., 279, 287
n., 4A1 n., 442 n.,, 450, 547 n,
565 n.; v. subiectum, verbum
Reducere 506 n.
Reductio 396 n., 449 n
Reduplicatio 425 n., 475 n., 481 n.;
v. nota
Reduplicativa (prop.) 432 n., 475 n.,
478 n., 481 n.; v. propositio
Reduplicativus, v. dictio, signum
Referens 289 n.; v. pronomen, re-
lativum
Relatio 435 n.;
r. implicativa 550 n.;
v. praedicamentum
Relativum 19, 39, 223 n., 285 n,
289 n., 293 n., 434 n., 435 n,
447 n., 465, 546 n., 547 n., 553
n., 575, 576;
r. non confusum 447 n.;
r. implicativum 594;
r. diversitatis 259, 265 n.;
r. identitatis 265, 293;
v. pronomen, referens
Relativus, v. nomen, suppositio, ter-
minus
Remissio 145 n., 542 n.; v. intensio,
intentio
Remississimum, v. intensissimum
Remotissimum, v. propinquissimum
Repugnans, v. terminus
Res: -r. appellata 93 n., 97, 105 n.;
r. existens 132 n. (v. significare);
r. praedicabilis 211;
671
r. significata 60 n., 111 n, 117,
195 n., 349, 453 n.;
r. subiecta 205 #., 344 n.;
v. appellare, appellatio, compositio,
conditionalis, definitio, dicere,
exponere, expositio, minor, mo-
dalis, modus, nomen, oratio, pro-
positio, ratio, sensus, significatio,
suppositio, tenere, universale, vox
Resolubile, v. resolubilis
Resolubilis 448;
resolubilia 402 #.;
v. propositio, terminus, verbum
Resolubiliter 369; v. probare, stare,
sumere, tenere
Resoluta (prop.) 440 n., 447 n.;
v. propositio, resolutum
Resolutio 117 n., 190 n., 273, 276,
357, 393 n., 394, 395 n., 396 n.,
407 n., 410, 411, 412 n., 415, 433,
434, 435 n., 436, 439, 441, 443,
444-446, 447, 448 n., 449 n.
455 n., 456, 467, 480, 482, 483,
506, 557 n., 560 n., 590; i
r. propositionis 396 n., 441 n.;
r. syllogismi 396 n.;
r. verborum ad substantiva 407 n.,
436;
r. per duo demonstrativa 441;
via resolutionis 396 n.;
v. forma
Resolutorie, v. inferre, probare, pro-
batio, propositio
Resolutorius 395 7., 442, 448;
v. adverbium, modus, scientia, syl-
logismus, &vaXvtixde
Resolutum 440 #.
Resolvenda (prop.) 447 n., 448 n.;
v. propositio, resolvere
Resolvens : (resolventes) 440 #n.,
447 n.; v. propositio, resolvere
672
Resolvere 116 n., 223 n., 342 n,
393 n., 395 n., 402 n., 407 n,
433, 434 n., 435, 436, 441 n-
443 n., 446, 447, 448 n., 459,
464 n., 465, 480 n., 553 n., 575,
576;
r. verbum 446 n.;
r. per duo demonstrativa 464 n.;
v. ars, probare, SuaX.xdew
Respondens 452 n.
Restricte, v. stare
Restrictus, v. suppositio, terminus
Restrictio, def. 158, 162, 165 n.
169, 170, 184 n., 599 n.; inoltre
18, 44, 76-78, 86, 88, 95, 134 n.,
139, 145, 146, 147, 151, 152,
153, 155, 157, 159, 161, 163-166,
168-171, 172, 175, 176 n., 178,
182, 184, 185, 188, 191, 192,
213 n., 599 n.;
. maturalis, def. 164 n.;
. simplex o naturalis 164;
. usualis, def. 164 n.;
. ampliationis 599 n.;
. termini=coartatio termini 164 n.
(v. coartatio)
Restrictivam-restringens 184
Restringentes 164 n.
Restringere, def. 164 n.; inoltre 78,
86 n., 107 n., 108 n., 137, 139,
140 n., 145, 146 n., 151, 152,
155 n., 156-158, 159 w., 160, 161,
162, 165 n., 166 n., 167 n., 168,
169, 171 n., 175, 176 n., 178 n,
179 n., 182, 184, 185 n., 186 n,
191 n., 192 n., 598, 599 n.;
r. appellationem 86 n.;
v. restrictivum
Restringibilis 184 n.; v. terminus
Rhetor 398 n.
muonmo
Indice dei termini latini
Scientia: -s. demonstrativa 397 #.;
s. resolutoria 395 n.;
s. sermocinalis 41;
s. inveniendi 395 n.;
s. iudicandi 395 n.;
v. dialectica, logica
Sensus 195 n., 340, 489, 490, 491,
492, 493 n., 494498, 532 n.
538 n., 541 n., 544, 550 n., 558 n.,
575 n., 581 n., 598 n.;
sensus significati disiunctive 477;
diversi sensus 340;
integrus s. propositionis 340;
sensus pertinentes 598 n.;
de sensu 340, 341, 342 n., 344
(v. exponere, modalis, propositio);
de sensu, de rebus 544 7.;
de sensu propositionis 342 n.;
in sensu 341 (v. modalis, modus);
secundum sensum 339, 341;
s. compositionis 353 n., 507, 524,
525 n., 529 n., 535 n., 538 n,
539 n., 555 n. (v. accipere, pro-
positio);
s. per compositionem 512;
s. compositus 20, 44, 45, 229 n.,
303 n., 355 n., 359 n., 370 n., 371,
372, 373 n., 374, 386, 387, 388 n.,
391, 462, 463 n., 499, 507, 528 n.,
530 n., 532 n., 533 n., 538 n,
539 n., 541 n., 545 n., 546 n,
547 n., 549 n., 550 n., 551 n,
552 n., 553, 555 n., 556, 557 n.,
558 n., 561 n., 562 n., 563, 564,
565 n., 566 n., 567, 568 n., 569,
570 n., 573 n., 574-577, 578, 581,
582 n., 583, 586, 587, 588, 589 n.,
593, 594 n., 596 n., 597 n., 600,
602, 603, 609, 610, 611, 618, 619,
622 (v. locutio, modalis, propo-
sitio, sumere);
Indice dei termini latini
s. divisionis 353 n., 507, 524,
525 n.,:529 n., 532 n., 538 n.,
555 n. (v. propositio);
s. per divisionem 512;
s. divisus 20, 44, 45, 229 n., 359 n.,
366 n., 370 n., 371, 372, 373 n.,
374, 386, 387, 391, 462, 463 n.,
499, 507, 528 n., 530 n., 532 n.,
538 n., 539 n., 541 n., 542 n,
545 n., 546 n., 547 n., 549 n,
550 n., 552 n., 553, 554 n., 555 n.,
556, 557 n., 558, 562 n., 563,
564, 565 n., 566 n., 567 n., 568 n.,
569, 570 n., 573 n., 574, 575 n.,
576, 577, 578, 581, 586, 587, 588,
593, 594 n., 596 n., 602, 603, 609,
610, 611, 619, 622 (v. locutio,
modalis, propositio)
Sententia 125 n., 130 n.
Separare 515 n., 539 n.
Sequi 571, 575 ;
s. a priori 447 n.;
s. finaliter 370 n., 372, 463, 552 n.,
603, 618;
s. immediate 258;
s. mediate 252, 370 n.;
s. totaliter 371, 556 n.;
v. terminus
Sermo 48 n., 198 n., 218 #., 229 n.,
230 n., 393 n., 394 n., 399, 452,
453 n., 468, 500 n.;
s. compositus vel divisus 167 n.;
s. de dicto, de re 517 n.;
in sermonibus 514;
v. compositio, proprietas, virtus
Sermocinalis 452; v. scientia
Signatum 97 n.; v. signum
Significabile 390, 391;
s. complexe 390, 391, 595 n.
Significare, def. 66 n.; -s. multipliciter
accipitur 131 n.; -s. dividitur in
4
n UI W
673
supponere et copulare 207 n.;
inoltre 60, 62 n., 64 n., 65, 66 n.,
67 n., 70, 71 n., 72 n., 79 n,
80, 81 n., 82, 83, 84 n., 85, 89 n.,
90, 93 n., 94 n., 96 n., 97 n., 98,
101 n.-103 n., 107, 108, 110 n.,
111 n., 114 n,, 116 n., 117, 118 n.,
119, 120 n., 127, 128 n., 129 n,,
132 n., 140 n., 142 n., 144, 146 n.,
149 n., 154, 158, 167 n., 173,
176, 177, 180, 181 n., 187, 191 n.,
195 n., 198 n.201 n., 202 n,
203 n., 208, 209 n., 211, 212,
214 n., 215 n., 218 n., 222 n,
226 n., 267 n., 288 n., 289 n.,,
293 n., 320, 348 n., 351, 364 n.,
372 n., 376, 390, 391, 399 n,
409, 417, 422 n., 423 n., 454 n.,
457 n., 461, 463 n., 465, 467 n.,
470 n., 476 n., 486, 489, 490 n.,
491 n., 494, 501 n., 502, 505 n.,
506 n., 514 n., 532 n., 536 n.,
542 n., 549 n., 554 n., 566 n.
568 n., 569, 572 n., 589 n., 590,
597 n., 602, 610, 616, 618, 619;
adaequate 120 n., 121 n., 372 n.,
461, 490 n., 583, 584;
. ad placitum 402 n.;
. adverbialiter, nominaliter 348 n.;
. confuse 223 n. (v. dictio);
. copulative 477, 478, 479 n., 489 n.,
490 n., 491 n., 492 n-496 n,
497 n., 498 n;
. copulative sive disiunctive 207;
. disiunctive 177 n., 477, 478,
480 n., 489 n., 490 n., 492 n,
494 n-496 n., 497 n., 498 n.;
. diffuse 222 n.;
. divise 507 n.;
. personaliter pro persona vel sim-
pliciter pro natura 67 n.;
674
. praesentialiter 87 n.;
s. praecise 368 n., 455, 457, 464 n.,
491 n., 494 n., 506 n., 552 n,
590 n., 604, 605, 614, 616, 617,
621, 622;
. praecise primarie 506 n., 611;
. primarie 410 n., 444 n., 460,
470 n., 490 n., 491 n., 556 n.;
. primario 65;
. primo 65;
. primo et principaliter 506 n.;
. principaliter 60, 66 n., 141 n.,
206, 412 n., 490 n.;
. primo loco, secundo loco 60 n.;
. secundarie 69 n., 491 n.;
. secundario 65, 101 n., 141 n.
(v. connotarte);
. qualitercumque 471 w., 475 n.;
. syncategorematice 569;
. cum tempore 181 n., 214, 504 n.;
. sine tempore 96;
. ex forma adiacente 59 n.;
. per modum copulationis aut per
modum disiunctionis 485;
. per se, per aliud 57, 58;
. per se et ut unum 56, 57;
. ut unum 57;
. accidens 80, 82 n., 206;
actus mentales 277;
. aliquid, scilicet universale 72 n.;
. essentiam 67 n., 83, 84 n.;
formam 81 n., 90 n., 92 #.;
. formam adiacentem 59 n.;
. fotrmam substantialem vel acci-
dentalem primarie 68 n.;
. formam et suppositum 68 n.;
. hoc aliquid 51, 72 n., 103 n,
209 n.;
. idem 143, 205 n.;
. id quod est 81 n.;
. quo est et id quod est 81 n.;
Indice dei termini latini
s. intelligibile 79 n.;
s. naturam communem habentem
supposita 100;
s. purum esse 331 n.;
s. quale aliquid 51, 73 n., 133 n.,
209 n.;
s. qualitatem, def. 83; inoltre 51,
69 n., 80, 83, 84, 85 n., 209 n.;
s. qualitatem finite, substantiam infi-
nite 208 n.;
s. qualitatem principaliter, subiectum
secundario 60, 85 n.;
s. qualitatem propriam, qualitatem
communem 79 n.;
s. rem existentem 90 n.;
s. res diversorum praedicamento-
rum 60;
s. significatum 114, 119;
s. significatum formale 115, 116;
s. significatum secundum determina-
tam rationem 113 n.;
s. substantiam 51, 69 n., 79, 80,
83, 84 n., 85 n, 90 n;j
. substantiam confuse 222 n.;
. substantias praecise 52 n.;
. substantiam principaliter 66 n.;
. substantiam secundario 80;
. substantiam cum qualitate 53;
. substantiam et qualitatem 50 n.,
53, 84;
s. modo substantiae 81, 82;
s. tempus 141 n., 571;
s. tempus confusum, determinatum
209 n.;
res significata 60 n., 111 n., 117,
195 n., 349, 453 n.;
v. copulare, dictio, imponere, insti-
tutio, modus, suppositum, verbum,
virtus, vox, ompotvev
Significatio, def. 92 n.; inoltre 17,
58, 60 n., 61, 66 in., 67 n., 68,
pIHLUVLW
Indice dei termini latini
70, 71, 72 n., 74, 82, 84, 86, 87,
89), 91, 93: n 94, 95; 96, ‘9,
101 n., 102 n., 104, 112, 113,
116, 126 n., 127 n., 131 n., 134 n,
135, 139, 140 n., 141 n., 146,
149 n., 161, 164, 166 n., 168 n,,
172, 175, 177, 178 n., 182, 196 n.,
202 n., 208 n., 211 n. 212,
223 n., 226, 227, 289 n., 339 n,
347 ‘ng 369 1, 373 1%; 375,
402 n., 413, 414 n., 434 n., 452 n,
453 n., 476 n., 486, 489, 490 n.,
491 n., 508 n., 551 n.;
adaequata 490 n.;
. distincta 121 n.;
. determinata 230 n.;
. finita et determinata 226 n.;
. finita 226 n., 230 n.;
. formalis 116;
prima 61 n.;
. primaria 69 n., 140, 490 n.;
. principalis 60, 140 n., 142 n.
147 n., 154, 206, 208, 490 n.;
s. propria 202 n.;
secundaria 60 n., 140, 142 n.
(v. consignificatio);
. totalis 490 n.;
. dictionis 485;
. intellectus 70;
. propositionum de inesse 346 n.;
. rei 70, 218 n.;
. vocis 93 n., 218 n.;
. per se 58 n.;
secundum significationem 61 n.;
res cum propria significatione co-
niuncta 218 n.;
v. appellare, praecedere, vis
Significative, v. stare, sumere
Significativus, v. dictio, incomple-
xum, nomen, terminus, vox
Significatum 52 n., 54, 64, 68 n., 80,
nYLLOL UV Ww
v
ILLY VW
675
92 n., 113, 117 n., 120, 122, 125,
126, 127, 131 n., 132 n., 140 n.,
142 n., 159 n., 176 n., 177 n,
183 n., 196 n., 219 n., 220 n,
244, 246 n., 314, 477, 485, 486,
488 n., 493 n., 502 n., 506 n,
531 n., 569, 572 n., 583 n., 587 n.;
s. duplex, materiale et formale 111;
s. formale, def. 111 n.; inoltre 112 n.,
116, 120 (v. appellare, appellatio);
s. materiale, def. 111 n.; inoltre 112,
116;
s. duplex, primarium et secundarium
69 n.;
s. primarium 68 w., 69 n., 382 n,
409, 444 n., 470, 471 n., 553 n;
s. secundarium 69 x.;
s. adaequatum 120 #., 121 n., 470,
471, 565 n;
. non ultimatum 220 n., 269;
. principale 65 n., 159 n.;
. speciale 195 x.;
. totale 120 n., 121 n.;
. dicti 371 n.;
. propositionis 125, 126 n., 127 n.,
382 n., 490 n.;
s. termini 92 n.;
s. primarium termini, def. 68 n.;
s. primarium termini concreti acci-
dentalis 69 n.;
significata officialia 454 n.;
v. dictum, forma, ratio, significare,
supponere, terminus
Signum 64 n., 69 n., 70, 97 n,
120 n., 132 n., 136, 161, 198,
211 n., 229 n., 242, 243 n., 246 n.,
270 n., 291 n., 295 n., 318,
363 n., 409, 416, 430 n., 443 n,
453 n., 471, 575;
s. aequivalens orationi 291 n.;
signa affirmativa 230 n.;
naVLWAW
676
signa collectiva 424;
s. confundens 177 n., 302;
s. confusivum 569, 570;
s. distributivam 211 n., 214 n,
230 n., 242, 252, 264 n., 271 n,
277, 287 n., 304;
s. exceptivum 270 n., 416 n;
signa exclusiva 416;
signa modalia 552 n.;
signa negativa 291 n., 295 n., 302;
s. particulare 243 n., 363 n.;
signa reduplicativa 416;
s. universale 224, 228, 247, 249,
251, 283 n., 434 n., 485;
s. universale affirmativum 233 n.,
245, 255 n., 262 n., 265 n., 267 n.,
270 n., 276 n., 279 n., 283 n,
291 n., 295 n., 302, 454 n. (v. vis);
signa universalia affirmativa aequiva-
Jlentia orationibus 291 n.;
universale distributivum 283 n.;
universale negativum 284 n., 455;
alietatis 424;
materialitatis 296, 383 n.;
. demonstratio, li, signatum, sup-
positio
Simplicitas 502 n.
Singularis 366 n., 373 n., 401 n,,
450 n.; v. dictum, modalis, prae-
missa, probare, probatio, proposi-
tio, qualitas, subiectum, suppositio,
terminus
Singulare 42 n., 101 n., 133 n,
219 n., 220 n., 246, 271-273, 275,
289, 369, 370 n., 428, 429 n.,
432 n., 460, 477, 485, 493, 552 n.;
singularia sufficienterenumerata
275 n.;
v. constantia, descendere, descensus,
inductio, probare
Solutio, v. argumentum
aeouo%
Indice dei termini latini
Sophisma 19, 74, 403 n., 431, 484 #.,
525 n., 548 n.;
s. compositionis 513, 514 n., 515 n.,
525 n.;
s. divisionis 513, 525 n.
Sophistaria 573
Sophisticus, v. duplicitas, locus,
oratio, ratio
Stare: -s. ampliative 190 n., 572 n.;
s. categorematice 228, 229 m., 576;
. collective, divisive 569;
. communiter, discrete 192;
. confuse 283 n., 284 n., 287 n.;
. confuse et distributive 249, 266 n.,
270 n., 275 n., 284 n., 285 n,
286 n., 287 n.;
s. confuse distributive mobiliter
284 n.;
s. confuse et distributive vel immo-
biliter 275 n.;
s. confuse tantum 245, 271 n.
276 n., 278 n., 283 n.285 n,
286 n., 287 n., 292 n., 293 n,
294 n., 459 n., 541 n., 546 n.,
561 n., 566 n., 569, 575, 617;
s. confuse tantum immobiliter 567 n.;
s. confuse tantum vel immobiliter
566 n.;
s. confuse tantum mobiliter 303 n.;
s. determinate 268, 283 n., 284 xn.,
286 n., 292 n., 553 n., 566 n,
569, 576, 617;
s. determinate vel mobiliter 566 n.;
s. discrete 553 n.;
s. distributive 241 n., 243 n., 290,
292 n., 293 n., 295 n., 567 n.;
s. exponibiliter 465 n.;
s. immobiliter 243 n., 249, 266,
276 n.;
s. materialiter 228, 289 n., 367 n.;
s. mobiliter 240, 241 n., 249, 266;
AV Ww
Indice dei termini latini
. officialiter 463;
. personaliter 457 n.;
. resolubiliter 463;
. restricte 182;
. significative 367 n.;
. simpliciter 457 n.;
s. syncategorematice 228, 547 n., 576
Status, def. 178, 183 n.; imoltre 178,
180, 184
Stoici 48 n., 49 n., 225 n.
Subalternus, v. conditio, propositio
Subcontrarius, v. conditio, propositio
Subicere 94 n., 102 n., 241 n., 346,
347 n., 348 n., 349 n., 351,352 n,
354 n., 356 n., 361, 373 n., 442 n.,
448, 534 n.5
dictum s. pro se, pro parte dicti
351 n;
res subiecta 205 x., 344 n.;
simul coniunctim s. vel praedicare
539 n.
Subiectio 77
Subiectum 51, 55-57, 58, 59 n., 61,
62 n., 63, 77, 84 n., 91, 92 n,
94 n., 95 n., 98, 99, 100 n., 101 n.,
102 n., 103, 104, 105, 106 n.,
108 n., 109 n., 110 n., 115, 116 n.,
130 n., 140 n., 144, 156 n., 157,
160 n., 163 n., 167 n-169 n,
175 n,,, 179 n, 185 n, 186 n,
203 n., 204 n., 205 n., 208 n.,
210 n., 214, 215 n., 218 n., 227 n.,
229 n., 230, 233 n., 241 n., 247,
248, 249 n., 250 n., 253 n., 255 n.,
264 n., 267 n., 270 n., 272,
274 n., 276 n., 279 n.,, 280 n.,,
283 n., 284 n., 289 n., 291 n,
292 n., 319, 321, 334, 335, 340,
347 n., 349 n., 351, 352 n., 354,
355 n., 357 n., 360, 361 n., 363 n.,
364 n., 366 n., 371, 377, 379, 380,
nIVVYLWV
677
381 n., 382 #., 393 n., 412 n,
425 n., 430, 438 n., 442 n., 444 n.,
448 n., 450 n., 453 n., 454 n.
457 n., 467, 500, 501 n., 503,
504 n., 536 n., 537 n., 539 x,
557 n., 579 n., 588, 590, 605, 613,
620, 621;
. compositum vel simplex 430 n.;
. simplex 548;
. singulare 349 n.;
. singulare substantiaie 479;
. aggregatum ex recto et obliquo
287 n.;
s. attributionis 354;
s. distributionis 579 n.;
duplex s., s. enuntiabilis et s. pro-
positionis 349 n.;
s. locutionis 354;
s. verbi 405 n.;
a parte subiecti 84, 95 n., 106,
107 n., 108, 176 n., 227, 228,
229 n., 230 n., 233 n., 247,
255 n., 266, 283, 284 n., 287 n.,
344, 352, 355, 356 n., 442 n,
524 n., 545, 547, 549, 550 n,
568 n., 570 n., 572 n., 577, 579 n.;
a parte subiecti vel praedicati 176 n.;
ex parte subiecti 90 n., 91, 155,
157, 362, 524;
dici de subiecto, esse in subiecto
61 n.;
esse in subiecto 207 n.;
de subiecto (in eo quod quid) 55;
in subiecto 55;
v. cohaerentia, constantia, continui
tas, determinare, determinatio,
extremitas, extremum, forma, fun-
damentum, inhaerentia, nomen,
praedicare, praedicatum, proposi-
tio, significare, suppositio, ter-
minus
nonna
678
Subiectus 151 #., 343, 517; ». dictio,
modus, oratio, terminus
Subsequi 559, 581 n.;
s. finaliter 552 n., 553, 555 n., 556,
557 n., 574, 581, 602, 610;
v. sequi
Substantia 50 n., 53, 54 n., 56, 57,
80-82, 83 n., 84 n., 91, 92 n,
198 n., 208 n., 222 n., 501, 503 n.;
s. an qualitas 56;
s. et qualitas 53, 56, 79, 88 n.;
s. prima 51, 71 n.;
s. secunda 51, 52 x., 71 n.;
s. vocis 516;
v. appellare, definitio, determinare,
discretio, nomen, nominare, predi-
camentum, qualitas, significare
Substantialis, v. concretum, differen-
tia, proprietas, subiectum, ter-
minus
Substantiatio 212
Substantivatum 207 x.; v. adiectivum
Substantivum 90 n., 175 n., 191 ».,
211 n., 259, 320, 434, 467, 533 n.;
v. nomen, vis
Substantivus, v. dictio, terminus,
verbum
Sufficientia, v. appellatio, appellatum,
suppositum
Sumere: -s. adverbialiter 303 n., 559,
594 n.;
s. categorematice 229 n., 547 n.,
550 n.;
s. categorice 0 syncategorice et mo-
daliter 464 n.;
s. distributive 290;
s. impersonaliter 557 n., 565, 574,
582 n.;
s. materialiter 356 n.;
s. nominaliter 303 n., 559;
s. officialiter 0 resolubiliter 463;
Indice dei termini latini
s. personaliter 557 n., 565, 582 n.;
s. significative 52 n., 105, 227 n.,
356 n., 363 n.;
s. syncategorematice 287 n., 547 n.,
550 n.;
. verbaliter 559;
. in propria forma 366 n.;
. in sensu composito 359 n., 403 n.;
modus, sumptum, superlativus,
terminus
Summa 33, 39
Summulae 18, 19, 23, 24, 25, 38, 86,
88 n., 93, 132, 206, 210, 540
Sumptum 59 #n., 60 n., 61 n,
398 n.; v. nomen, propositio
Superior 184, 235, 441, 442 n., 597;
v. modus, superius, terminus
Superius 102 n., 121 #., 274 n,
286 n., 406, 407 n., 436, 438,
442 n., 443 n., 506 n., 578, 588
Superlativus 266 n., 277, 286 n.,
293 n., 303 n., 416, 424 n.;
s. gradus comparabilitersumptus
276 n.
Supponibilis (terminus demonstrati-
vus) 450
Supponere, def. 66 n., 208 n.; inoltre
66 n., 78 n., 86 n., 88 n., 89 n,
90, 91, 92 n., 94 n., 95, 99,
100, 101 n., 102 n., 104, 105 n.,
106 n., 109 n., 110 n., 111 n,
112, 115, 116 n., 126 n., 129 n,
132 n., 133 n., 135 n., 136, 137,
140 n., 145 n., 147-149, 150 n,
154, 155 n., 156, 158, 159 n.,
161 n., 164 n., 166, 167 n., 168,
170, 171, 173 n., 176, 177 n,
179 n., 180, 181 n., 184, 185 n.,
186 n., 187, 188 n., 189, 190 n.,
191 n., 201, 202 n., 207, 208,
209 n., 212 n., 213, 214, 218,
covw
Indice dei termini latini
YU
svInysaw
219 n., 220 n., 233 n., 240, 241 n.,
247, 251 n., 262 n., 264 n., 266,
267 n., 271, 274 n., 278 n., 283 n,,
285 n., 288 n., 289 n., 290, 291 n.,
295 n., 297 n., 344, 360, 363 n.,
364 n., 366 n., 371, 390, 406 n.,,
438 n., 443 n., 448 n., 450 n.,
452 n., 454 n., 466, 475 n., 523 n.,
534 n., 537 n., 546 n., 572 n,
613;
. absolute 390;
. ampliative 185 n.;
. copulative, disiunctive 177 n.;
. confuse et distributive 242 n.,
248, 249 n., 250 n., 251, 253 n.,
265 n., 269, 270 n., 272 n., 273 n.,
284 n., 291 n.;
. confuse et distributive immobiliter
254, 283 n.;
. confuse mobiliter et distributive
233 n.;
. mobiliter, id est confuse distri-
butive 272;
. confuse tantum 157, 191 n., 245,
247, 248, 255 n., 267 n., 268 n.,
270 n., 271 n., 272, 273 n., 278 n.,
279 n., 280 n., 283 n., 291 n,
295 n., 474 n., 560;
. simpliciter confuse tantum 272;
. confuse tantum vel immobiliter
274 n.;
. determinate 248, 250 n., 268 n.,
272 n., 273 n., 290, 474 n.;
. discrete 273 n.;
. distributive 191 n., 275, 291 n.;
immobiliter 241 n., 242 n., 276 n.;
. materialiter 220 n., 382 n., 621;
. materialiter et simpliciter 286 n.;
. mobiliter 233 n., 241 n., 269,
276 n., 428 n;
679
s. personaliter 220 n., 273 n., 299 n.,
371 n.;
s. principaliter 67 n.;
s. simpliciter 220 n., 371 n.;
s. pro praesentibus 92;
s. pro propositione 356 n., 363 n.;
s. pro se 52 1.;
dictum s. pro se, pro parte dicti
351;
s. pro se, pro significato 52 n.;
v. modus, significare, suppositum,
terminus
Suppositio, def. 87 n., 94 n., 210,
218 n., 219 n., 287, 295; -s. quasi
pro alio positio 219 n.; -s. accipitur
dupliciter 98; -s. = proprietas
subiecti 103; izoltre 19, 40, 44,
45, 66 n., 77, 78, 80, 86, 87, 88,
89, 90, 91, 93, 94, 97, 98, 99,
100, 101 n., 102 w., 103-105,
108 n., 112, 116 n., 128, 131 n.,
134 n., 135, 149 n., 153, 154,
157, 158, 159, 161 n., 163 n,,
165 n., 167 n., 169, 175, 177 n-
181 n., 184 n., 210, 211, 212 n.,,
218 h., 219 n., 223 n, 233 n,
243, 247, 250 n., 251 n., 256,
259 n., 274 n., 285 n., 288 n,
289 n., 294 n., 298 n., 306, 307-
317, 364 n., 371 n., 448 n., 449 n.,
453 n., 460, 581 n., 599 n.;
s. absoluta 158, 253, 307, 309;
s. accidentalis, def. 158 n.; inoltre
158, 170, 180 n., 309;
. actualis 158;
. aequa, inaequa 312;
. coartata 88 n., 161 n.;
. communis, def. 255, 271; inoltre
161 n., 180 n., 223 n., 262 n,
271, 306-312, 315, 316, 317;
s. comparata 307;
vv
680
s. confusa, def. 224, 244, 247 n.,
268, 298; inoltre 44, 217, 224,
233 n., 247 n., 262 n., 271, 272,
306-311, 314, 316, 317;
s. confusa necessitate signi vel modi,
necessitate rei 233 n.;
s. confusa distributiva, def. 244, 258,
263, 269, 290, 301 n.; inoltre
102 n., 232, 233, 245, 250, 255,
262 n., 264 n., 269 n., 271, 272,
274 n., 284 n., 289, 298, 299 n.,
306-315, 316, 317;
s. confusa distributiva immobilis,
def. 256, 282, 301; inoltre 245,
253 n., 256, 262 n., 264 n., 306-
308, 310, 313, 314, 316, 317;
s. confusa distributiva mobilis, def.
253 n., 256, 280, 299 n., 301;
inoltre 245, 253 n., 262 n., 264 n.,
306-308, 310, 313, 314, 316, 317;
s. confusa mobilis-immobilis 234;
s. confusa tantum, def. 244, 251,
255, 258, 262, 269, 277, 278, 289,
299 n.; inoltre 102 n., 211 n,
232, 233, 245, 247, 248, 250-252,
254, 255, 256, 257, 258, 262, 264,
266-268, 269, 270, 271, 272,
273 n., 276, 277-279, 281, 283,
289, 291, 292-294, 298, 299 n.,
305-308, 310, 311, 313-315, 316,
317;
s. non distributiva sive confusa tan-
tum 258, 259, 309;
s. simpliciter confusa tantum 273,
312;
s. confusa tantum immobilis, def.
300; inoltre 300, 316, 317;
s. confusa tantum mobilis, def. 299;
inoltre 300, 316, 317;
s. determinata, def. 220 n., 281 n.;
inoltre 262 n., 277, 281, 284 n.,
a Uan Ww
UYU %
Indice dei termini latini
289, 306-311, 313-315, 316, 317;
. discreta 161 mn., 306-311, 313,
315, 316, 317;
. distincta 271, 312;
. distributa, def. 281 n.; imoltre
277, 281, 314;
. formalis, def. 219 n.; -s. formalis
duplex 219 n.; inoltre 103 n.,
219 n., 307, 308, 312;
. generalis 307;
. habitualis 158;
. impropria 306-309, 312;
. indeterminata, def. 221;
. materialis, def. 296; inoltre 81,
219 n., 262 n., 269 n., 289 n,,
298 n., 306-308, 310, 311, 312,
314, 316, 317, 363 n., 418 n.;
. impersonalis et materialis 309;
. materialis vel simplex 313;
. naturalis, def. 158 n.; inoltre
101 n., 158, 162, 170, 180, 181 n.,
214, 309;
. personalis, def. 220 n., 296, 298 n.;
inoltre 67, 90 n., 95 n., 102,
131 n., 219 n., 269 n., 271, 289 n,
298 n., 306-310, 311, 312-317,
372, 418 n;
. propria 219 n., 306-309, 312;
. proprie dicta, communiter dicta
212;
. relativa 253 n., 309;
. relativa = s. respectiva 253 n.;
. respectiva 158, 253, 307;
. restricta 170;
. simplex, def. 219 n., 220 n.
298 n.; imoltre 67 n., 81, 90 n,
108 n., 131 n., 219 n., 289 n.,
298 n., 306-308, 310, 312, 314,
317, 370 n., 371, 418 n., 494 n;
. simpliciter dicta 298 n.;
Indice dei termini latini
s. singularis, def. 271; inoltre 271,
312;
s. specialis 307;
s. universalis 312;
s. variata 77;
s. secundum actum, secundum habi-
tum 91, 210 n.;
mutare suppositionem 276;
recipere suppositionem 241 #.;
v. modus, necessitas
Suppositum 53, 54 n., 67 n., 93 n.,
100 n., 101, 134, 136, 137, 140 n.,
159 n., 170, 176 n., 180, 184,
189, 191 n., 199, 207 n., 208 n.,
209, 218 n., 219 n., 226 n., 233 n.,
235, 236, 238 n., 239-241, 246,
253, 254, 257, 260, 273 n., 275,
288 n., 290, 422 n., 428 n., 429 n,
441 n., 447, 457 n., 560 n., 565 n,
586, 599;
s. actuale, habituale 100, 101 n.;
s. in significando tantum, def.
236 n.;
s. in supponendo tantum, def. 236 n.;
inoltre 235;
s. in supponendo et significando si-
mul, def. 236 n.;
s. per se, per accidens 246 n.;
s. praesens 88, 100 (v. appellatum);
pluralitas suppositorum 189 n.;
sufficientia suppositorum 274 n.;
ex parte suppositi 160 n.;
v. ampliatio, appellatio, constantia,
descendere, significare
Syllogismus, def. 401 n.; inoltre
41 n., 331 n., 349 n., 376, 395 n,
399 n., 401 n., 437 n., 438 n.
442 n., 443 n., 450, 502 n., 613,
621;
s. demonstrativus 449 n.;
s. expositionis 437;
681
s. expositorius, def. 438; inoltre
261 n., 407 n., 435 n., 437, 438,
439 n., 441, 442 n., 443, 445,
446 n., 449, 450;
s. expositorius vel demonstrativus
449 n.;
s. immediatus, def. 438 n.;
s. irregularis 449 n.;
s. mediatus 438 n.;
s. resolutorius 407 n., 441, 442 n.,
443 n., 445, 446 n., 450;
v. consequentia, figura, forma, mo-
dus, peiorem, resolutio
Syllogizare 355 n.
Synonymum, v. synonimus
Synonymus 118 n.;
synonymum 62 w., 117 n.;
v. nomen
Syncategorema, def. 227; -s. est du-
plex 230; inoltre 19, 144, 213 n.,
214, 224, 225 n., 226 n., 228,
229 n., 230 n., 241 n., 251, 252,
265 n., 266, 267 n., 268 n., 279 n..,
283 n., 284 n., 285 n., 286 n.,
418, 454 n., 486;
s. aequivalens orationi 285 n.;
s. affirmativum 285 n.;
s. confundens 284 n., 287;
s. distributivuam 279 n.;
s. includens orationem 283 n.;
s. negativum 285 n.;
v. oratio
Tardissimum-velocissimum 427
Temporalis, v. adverbium, necessitas,
propositio, veritas
Tempus: -t. confusum, determinatum
210 n.;
t. consignificatum 362;
v. ampliatio, appellatio, connotare,
connotatio, consignificare, consigni-
682
ficatio, copulare, differentia, falla-
cia, necessitas, significare
Tenere: -t. categorematice 229 n.,
547 n., 561 n., 569;
t. confuse 134 n., 150 n., 152 n,,
223, 224;
. confuse et distributive 233 n.;
. copulative 268 n.;
. copulative seu collective 268;
. demonstrative 405 n.;
. disiunctive, non disiunctive 268 n.;
. distributive 262 n.;
. divisive 294 n.;
. exponibiliter 372 n., 464 n.;
. infinitive 319 n.;
. modaliter 390;
. negative 319;
. necessitate rei pro 233 #.;
. nominaliter 464 n., 465;
. nominaliter et non modaliter 465;
. resolubiliter 445;
. syncategorematice 229 n., 251,
561 n., 569
Terminare 394 n.
Terminatio 452 n.
Terministae 298 n.
Terminus, def. 504 n.; -t. tripli-
citer accipitur 227 n.; -trimem-
bris divisio terminorum 408 #.;
-termini seu modi 364 n.; inoltre
55 n., 64 n., 66 n., 67 n., 68,
69 n., 77 n., 86 n.88 n., 89 n,
90 n., 91, 92 n., 95, 98, 101 n,
102 n., 104 n., 105, 106 n., 107
n., 108 n., 111 n., 113, 114, 116,
117, 118 n., 119, 120 n., 121 n,
127, 132 n., 134 n., 135 n., 136,
137, 140 n., 151, 153 n., 154 n,
157, 158, 159 n., 160, 163 n.
164 n., 165 n., 166 n., 169, 171
n., 173 n., 174, 175 n-177 n,
atomo memteimetmtmemme
mette
Indice dei termini latini
179 n., 180 n., 181 n., 184 n,
185 n., 186 n., 188 n., 189 n,
190 n., 191 n., 196 n., 208, 213
n., 218 n.-220 n., 223 n., 227 n,
228, 233 n., 240, 241 n., 242 n.,
243 n., 246, 247, 249, 250 n,
251, 252, 253 n., 254, 255 n,
259, 260, 265 n., 266, 268, 269,
270 n., 271 n., 272, 273 n., 274
n., 275, 276 n., 278 n., 282, 283
n., 284, 285, 286 n., 287, 288 n.,
289 n., 290, 291 n.293 n., 294,
295, 296 n., 297, 302, 303 n,
304, 320, 321, 364 n., 369 n.,
370 n., 371, 372 n., 373 n., 393,
394 n., 395, 396, 402 n., 403 n.,
405 n., 408 n., 419 n., 422 n.,
440 n., 441 n., 442 n., 445, 446
n., 447 n., 448, 459 n., 460, 461,
462, 464 n., 466, 469, 474 n.,
475 n., 490 n., 502 n., 514, 515
n., 525, 533 n., 534 n., 535 n,
536 n., 538 n., 539 n., 541 n,
545 n.-548 n., 550, 551 n., 552 n.,
553, 557 n., 558 n., 560, 561 n.,
562 n., 566 n., 567 n., 569, 571,
572 n., 573 n., 575, 576 n., 577,
578, 581, 582, 583, 585, 587 n.,
588, 593 n., 596 n., 597 n., 598,
599 n., 602, 603, 605, 610, 613,
617, 618, 619;
. absolutus 67 n., 111 n., 404;
. abstractus-concretus 66 n., 67 n.
(v. abstractum, concretum);
. accidentalis 67 n., 160 n., 486,
549, 572 n.;
. adiectivus 164, 212 n.;
. aequivalens orationi 267 n.;
. aequivocus 196 n., 485;
. aggregatus 320, 506 n.;
Indice dei termini latini
t. ampliativus 176 w., 186 n., 187
n., 404 n., 545 n;
t. appellativus 106 n., 113 n.;
t. appositus 157, 504 n.;
t. capax confusionis 302 n., 303 #.;
t. comparativus 286 n.;
t. complexus 121 n.;
termini componibiles 407 #.;
t. communis, def. 404 n.; -t. com-
munis habet duplex significatum,
primarium et secundarium 68 n.;
inoltre 88 n., 100 n., 101 n., 102
n., 103 n., 134 n., 135 n.,, 155,
156, 158, 159 n., 160 n., 161 n.,
163 n., 166 n., 167 n., 174, 191
n., 209 n., 210 n., 223 n., 233 n,
244, 245, 246 n., 251, 252, 253 n.,
254, 255 n., 260 n., 264 n., 265
n., 267 n., 269, 270 n., 271 n.,
272, 279 n., 280 n., 284 n., 285,
286 n., 290, 291 n., 294 n., 303 n.,
314 n., 404, 406 n., 409 n., 441
n., 443 n., 445, 448, 449 n., 460,
464 n., 474 n., 546 n., 566 n,
575, 582, 586, 596 n., 597 n. (v.
appellatio, oratio, verbum);
t. communis distributus 422 n.,
474 n.;
t. communis non distributus 303 n.,
304 n., 474 n.;
t. communis non restrictus 136, 157,
166 n., 167 n.;
t. communis substantialis sive acci-
dentalis 159 n., 160 n.;
t. compositus 121 n., 320, 504 n.,
505, 566 n., 585;
termini concernentes actum mentis
303, 455;
t. confundens 19, 271, 295, 442 n.,
560, 566, 567, 575, 586, 587, 593
ni, 596;
683
t. confundibilis 566, 575;
termini confundibiles et supponen-
tes 291 n.;
t. confusus 155 n., 223, 254, 261,
546 n., 596; È
t. connotativus 111 n., 404, 425 n.,
572 n., 586 n.;
t. connotativus dicitur habere du-
plex significatum, materiale et for-
male 111 n.;
t. copulans 208 n., 211 #.;
t. copulatus-disiunctus 121 n.;
t. demonstrativus 407 n., 445, 450,
563 (v. supponibilis);
t. demonstrativus simplex 405 n.;
t. non simpliciter demonstrativus
119;
t. denominativus potest accipi du-
pliciter 64 n.;
t. denominatus 67 n.;
t. determinabilis 547 n.;
t. determinatus 261;
t. non determinatus 373 n.;
t. discretus, def. 404 n.; inoltre
404, 406 n., 437 n., 445, 599 n.;
termini disparati 185;
termini distrahentes 178, 290, 370
n., 460;
t. distributus 241, 242, 259, 261,
295, 302, 314 n., 474 n., 550 n,
561 n., 562 n., 567, 576, 585;
t. divisus 504 w.;
termini exceptivi 424, 427;
termini exclusivi 427;
t. exponibilis, def. 427; inoltre 276,
277, 403 n., 407 n., 408 n., 427,
429, 433, 440 n., 466, 480 n,
553 n., 587;
t. illativus 442 n.;
t. immediatus, def. 405, 582 n.;
684
inoltre 403 n., 404, 405 n., 407 n.,
443 n., 445, 557 n.;
t. immediatus a posteriori, def.
405 n.;
t. immediatus a priori, def. 405 n.;
t. impediens 290;
t. impeditus 441 n.;
termini impettinentes 567;
t. implicitus 321;
t. includens negationem 265 w.;
t. inclusus 285 n.;
t. incomplexus 587, 598;
t. inferens 442 n.;
t. inferior 274 x., 404 (v. inferior);
t. infinitatus 270 n.;
t. infinitus 291 w., 419 n.;
t. maior 55 n.;
t. medius 445, 614;
t. mediatus, def. 404, 582 n.; inol-
tre 402 n., 403 n., 404, 405 n,
407 n., 443 n., 480 n., 553 n,
557 n., 565 n., 582, 595;
t. mediatus et communis 582 n.;
t. mentalis 117 n., 394 n., 563;
termini mentales substantiales 117;
t. minor 55 n.;
t. mobilis 240;
t. modalis, def. 580; inoltre 277,
290, 303 n., 369 n., 370 n., 371,
372 n., 387, 390, 459 n., 460,
464 n., 551 n., 561 n., 575 n,,
576, 581, 594 n. (v. modus);
termini modales exponibiles 557 n.;
t. modalis captus adverbialiter et
exponibiliter 372 n.;
termini negativi 277;
termini non negativi 459 n.;
t. officialis (officiabilis), def. 454,
459, 460, 552 n., 554 n.; inoltre
277, 370 n., 372 n., 407 n., 408
n., 409 n., 454, 459 n., 460, 462,
Indice dei termini latini
466, 468, 469, 543, 552, 554, 555,
557 n., 558 n., 587 (v. officia
lis);
t. praedicabilis 101 n.;
t. praedicatus 94 n., 134 n.;
t. privativus 291 n., 419 #.;
primus terminus probabilis 463 n.,
553: fia, 297 hi
t. relativus 253 n., 425 n., 546 1n.,
576 n.;
termini repugnantes 560;
termini repugnantes per se, per ac-
cidens 585;
t. resolubilis, def. 435, 443 n., 446;
inoltre 276, 403 n., 407 n., 408 n.,
440 n., 441 n., 443, 445, 466,
480 n., 553 n., 569;
t. non restrictus 135 n., 157;
t. restringibilis 184;
t. mediate sequens 251;
t. significativus 179 n.;
t. simplex 320, 406 n., 562;
t. singularis 90 n., 179 n., 241 n,
265 n., 404 (v. appellatio);
t. subiectus 55 n., 94 n., 129 #.,,
134 n., 153 n., 154 n.,, 205 n.
(v. subiectum);
t. substantialis 67 n., 160 #., 571;
t. substantivus 106 n.;
t. superior 235, 274 n., 436;
t. supponens 288 n.;
t. suppositivus 448;
t. syncategorematicus 226 n., 454 n.;
t. universalis 136, 211 n.;
t. verbalis 549 n.;
t. vocalis 109 n., 118 n., 220 n,;
termini notiores 406;
t. notior a posteriori 446;
t. notior a priori 446;
t. per se notus 405 n., 407 n., 588;
termini omnino noti, medio modo
Indice dei termini latini
noti, omnino ignoti 563;
t. primae intentionis 466;
t. secundae intentionis 286 n., 370
n., 371, 382 n., 460;
t. secundae intentionis vel imposi-
tionis 466;
t. secundae impositionis 370 n., 460;
t. aut sibi consimilis in forma 474;
v. acceptio, appellatio, compositio,
copulàtio, copulatum, discretio, ha-
bitudo, intelligere, materia, neces-
sitas, notitia, propositio, proprie-
tas, restrictio, significatum, usus,
Bpoc
Transfiguratio, v. nomen
Transsumptio 452 n., 521 n.
Ultimum, v. primum
Univocatio, def. 74, 77, 78, 146;
«tres species univocationis 77;
inoltre 74 n., 75, 77, 78, 146, 151,
208 n.; v. fallacia
Univocum 146 n.
Universale, def. 221 n.; -u. est
duplex 221 n.; inoltre 133 n., 221,
228 n., 272, 273, 467 n., 468;
universalia in rebus ponere 60 n.;
v. descendere, significare
Universalis (prop.) 275 n., 282, 356
n., 401, 411 n. 412 n., 425 n,
430, 492, 613 (v. propositio);
u. multiplex 492, 494 n., 495 n.;
u. negativa subalternans 449 n.
Usus: -u. loquendi 57, 490 n.;
u. loquendi et accipiendi terminos
569;
communis u. loquendi 155;
u, loquentium 248, 286 n
Valere de forma 447 n., 560 n., 563,
566 n., 568, 585
685
Velocissimum, v. tardissimum
Verbalis, v. dictum, modus, nomen
Verbum, def. 140 n., 144; inoltre
48 n., 49, 55 n., 87 n., 88 n,
90 n., 95, 106, 107, 108 n., 109 n.,
110 n., 111 n., 113 n., 114, 115,
116, 117, 129 n., 130 »., 132 n.,
134 n., 136, 141 n., 142 n., 144 n.,
147-149, 150 n., 151, 152 n-154
n., 156, 157, 159, 160 n., 161 n,
163 n., 166 n., 167 n., 168 n,
169, 171, 172 n., 173 n., 175 n.,
176 n., 177 n., 179 n., 181 n,
185 n., 186 n., 189 n., 190 n,
192 n., 197 n., 198 n.,, 202 n,
203 n., 204 n., 206, 209 n., 210
hi; 211, 212 4 213; 215 n, 218
n., 223 n., 225 n., 227 n., 228 n,
230 n., 233 n., 241 n., 260, 261
n., 267, 271 n., 284 n., 287 n,,
288 n., 303 n., 304 n., 320, 331
n., 336, 338 n., 346 n., 349 n.,
352 n., 353 n., 355 n., 359, 365
n., 371, 386, 387, 388, 391, 405 n.,
406 n., 430 n., 442 n., 443 n,
444 n., 446 n., 447 n., 448, 452 n.,
462, 481 n., 486, 491 n., 501 n.,
502, 503, 515 n., 522 n., 523 n.,,
529, 534 n., 536 n., 537 n., 545 n.,
549, 556, 557 n., 560 n., 572 n.,
576, 581, 588, 599 n., 620;
verba activa, passiva 262 n.;
v. adiectivam 117 n., 201, 202, 206,
214, 336, 347 n.;
v. adiectivum resolubile 446 n.;
verba ampliandi 95;
v. ampliativum 176 n., 177 n., 405
n., 441 n., 545 n.;
verba desiderativa 149;
v. distans 502 n.;
verba impersonalia 341 n.;
686
. infinitivam 535 n., 557 n.;
. infinitum 198 n., 291 n., 320;
. modale 359 n.;
. modificatum adverbio 343 n.;
verba nuncupativa 201;
verba obligatoria 304 n.;
v. obliquum 177 n., 352 n.;
verba optativa 149;
v. principale 359 n., 423 n., 475 n.,
529, 546 n., 547 n., 561 n., 576;
minus principale 529;
privativum 259;
rectum 177 n.;
. resolubile 446 n., 448 n.;
. restrictum 600 (v. connotatio);
. substantivam 93 n., 116 n., 199-
201, 202 n., 203 n., 204 n., 354 n.,
405 n., 406, 446 n., 448, 452 n.
(v. officium);
v. substantivum resolubile 448 n.;
v. vocativum 201, 202;
v. enuntiationis 150 n.;
verba ad enuntiabilia pertinentia
151;
verba ad enuntiationem pertinentia
134 n., 149;
v. concernens actum mentis 589;
v. significans actum animae 271 n.;
verba significantia actum mentis 117,
552 n.;
v. significans actum vel habitum
mentis 119;
verba spectantia ad actum mentis
292 n.;
verba ad conceptum vel ad volunta-
tem spectantia 286 n.;
verba ad sensum pertinentia 134 n.;
verba pertinentia ad rutum animae
162;
v.=terminus communis 191, 215 n.;
casus verbi 172, 173 n.;
<<<c%<
Sssssss
Indice dei termini latini
infinitum verbi 552 n.;
v. adiectivum, compositio, consignifi-
care, consignificatio, copula, co-
pulatio, determinare, determinatio,
inhaerentia, modus, participium,
resolvere, resolutio, subiectum, vis,
pîiua
Verificabilis 365 n., 366 n., 559 n.
Verificare 116, 273 n., 280 n., 360 n.,
370 n., 477, 550 n., 566 n., 570 n.,
583, 585 n. (v. probare);
collective 570 n.;
copulative 480 n.;
. disiunctive 479 n., 490 n;
. temporaliter 590
Verificatio 219 n., 360, 490 n., 567,
570 n., 586;
v. disiunctiva vel copulativa 567;
v. instantanea, def. 574 n.; inoltre
566 n., 574, 579 n., 582, 583
Veritas 339 n., 344 n., 360, 365 n.,
366 n., 409, 419 n., 424 n., 449 n.,
473 n., 476 n., 477, 490 n., 492 n.,
495 n., 499 n., 503 n., 504 n,
574 n., 583 n., 584, 596 n., 597 n.,
600;
v. aeterna 464 n.;
v. contracta 353 n.;
v. contracta fallibilis, infallibilis
353 n.;
v. instantanea 583, 589 n.;
v. simpliciter 353 n.;
v. temporalis 600;
quantum ad veritatem, quantum ad
vocem 345 n.;
de veritate propositionis 20;
v. causa, iudicare, notitia, probare
Verum, v. falsum, modalis, &Amdég
Virtus: -v. confudendi 251, 252;
v. confusiva 591, 592;
<Sss
Indice dei termini latini
v. distributionis 253;
v. negationis 177 n.;
v. nominum 491;
v. sermonis 102 n., 174, 248 n., 285
n., 490 n.;
v. significandi 101 n.
Vis: -v. ampliandi 136, 157, 159 n.,
160, 162, 167 n., 168 n., 169,
209;
v. confusiva 594 n., 596 n.;
v. confudendi 224, 252, 271, 276,
277, 285, 286, 287, 294, 302, 321,
442 n., 443 n., 545, 546 n., 549,
550 n., 581 n., 585, 595;
v. confudendi confuse distributive
266;
v. confudendi confuse tantum 267,
268 n.;
v. confudendi confuse tantum mo-
biliter 304;
. confudendi aut distribuendi 290;
. confudendi immobiliter 304;
. coniunctionis 194;
. copulationis 202 n.;
. determinandi 365 n.;
enuntiationis 341 n.;
. immobilitativa 596 n.;
immobilitandi 242, 243 n.;
. mobilitandi 242, 243 n.;
modi 342;
. negationis 274 n., 276, 436, 442
n., 548 n.;
. praedicationis 199, 200;
. significationis 205 n.;
. signi universalis affirmativi 293 n.;
. substantivi 199, 200;
. verbi 199, 200 n., 204;
. vocis 490 n.
Vocabulum, def. 49 n.; inoltre 47,
48, 49, 50 n., 53 n., 59 n., 60,
Sdi di
Vv
v
Vv
Vv
Vv
Wi
687
63 n., 70 n., 81 n., 218 n., 394 n.,
505 n. (v. mpoonvopla)
v. adiectivam 145 n.;
vocabula denominativa 54, 59 n.
Vox 17, 52 n., 67 n., 68, 69, 70, 74,
79 n., 84, 96, 97, 103, 109 n,
126 n., 129, 132 n., 142, 154,
181, 195, 197, 208, 218 n., 373 n.,
382, 394 n., 402 n., 413, 414,
417 n., 418 n., 434 n,, 452 n,
453 n., 463, 502 n., 505, 514 n.,
515 n; 516, 517, 527, 932 4%;
591;
v. articulata 195 n.;
v. litterata et articulata 528 n.;
prima articulatio vocis 195 n.;
v. communis 221 n.;
voces complexae 417;
v. confusa 217 n.;
v. incomplexa 417, 418, 505 n.;
v. prolata 221 n.;
voces res significantes 218 n.;
v. significativa 68, 69, 70, 79, 97 n.,
132 n., 140, 141 n., 180, 214 n,,
218 n., 231, 467 n.;
v. significativa ad placitum 140 n.;
v. universalis 221 n.;
identitas vocis 531;
ex parte vocis 67 n.;
in voce 513, 514, 574;
secundum vocem 252, 513 n., 514,
517;
v. praedicata accipitur sive ut ma-
tetiae, id est in essentia, sive ut
formae, videlicet. in adiacentia
205 n.;
v. acceptio, accidens, appellatio, for-
ma, impositio, instituere, institu-
tio, materia, modus, officium,
praecedere, significatio, substantia,
veritas, vis, QWW)
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