iesa
; non capivano in modo alcuno in Italia; e
avevansi presupposto nel-1’ animo d’ aver a
fare una monarchia simile alla romana.
Dipoi, come la buo-na sorte gli
abbandonò, e eli’ egli eb*bero una mezza
rotta a Vaila dal re diFrancia, pcrderono
non solamente tutto lo Stato loro per
ribellione, ma buonaparte ne dettero ed
al papa ed al redi Spagna per viltà
ed abiezione d’animo;ed in tanto
invilirono, che mandarono nmbasciadori allo
imperadore a farsi(libatori; e scrissono al papa
lettere piene di viltà, e di sommissione
permuoverlo a compassione. Alla quale in* felicità
pervennero in quattro giorni, edopo una
mezza rotta: perchè avendo combattuto il
loro esercito, nel ritirarsivenne a combattere
ed essere oppresso circa la metà; in
modo che, l’uno de’provveditori che si
salvò, arrivò a Verona con più di
venticinquemila soldati,intra piè e cavallo. Talmentechè,
se a Vinegia e negli ordini loro fusse
stataalcuna qualità di virtù, facilmente si
po-tevano rifare, e dimostrare di nuovo ilviso
alla fortuna ed essere a tempo o a vincere,
o a perdere più gloriosamente,o ad avere accordo
più onorevole. Ma la viltà dell’ animo
loro, causata dalla qualità de’ loro ordini
non buoni nelle cose della guerra, gli
fece ad un tratto per-dere lo Stato e
1’ animo. E sempre intervewà così a
qualunque si governi come loro. Perchè
questo diventare in-solente nella buona fortuna
ed abiettonella cattiva, nasce dal modo
del proceder tuo, e dalla educazione, nella
qualetu sei nudrito: la quale quando è
debole c vana, ti rende simile a sè: quan-do-è
stata altrimenti, ti rende ancora d’ un’
altra sorte; e facendoli miglioreconoscitore del
mondo, ti fa meno rallegrare del bene, e
meno rattristare delmale. E quello che si dice
d’ un solo, si dice di molti che
vivono in una repubblica medesima; i quali
si fanno di quella perfezione, che ha
il modo del vivere di quella. E benché
altra volta sisia detto, come il
fondamento di tutti gli Stali è la buona
milizia ; e come dove non è questa, non
possono essere nè leggi buone, nè alcuna
altra cosa buona ; non mi pare superfluo
replicarlo : perchè ad ogni punto nel
leggere questa istoria si vede apparire
questa necessità; e si vede come la milizia
nonpuote essere buona, se la non è
«ecci-tata; e come la non si può
esercitare,se la non è composta di tuoi
sudditi. Perchè sempre non si sta in
guerra, nèsi può starvi ; però conviene
poterla cser-, citare a tempo di pace: e
con altri checon sudditi non si può
fare questo esercizio, rispetto alla spesa.
Era Cammilloandato, come di sopra dicemmo,
con l’esercito conira ai Toscani; ed avendoi
suoi soldati veduto la grandezza dello esercito
dei nimici, s’ erano tutti sbigot-titi,
parendo loro essere tanto inferio-ri da non
poter sostenere l’ impeto diquelli. E pervenendo
questa mala dispo-sizione del campo agli
orecchi di Cam-millo, si mostrò fuora, ed
andando par-lando per il campo a questi ed
a quellisoldati, trasse loro del capo
quella op-pinione; e nell’ultimo, senza
ordinarealtrimenti il campo, disse: Quod qinsque didicit,
aiti consucvilj facict. E chi con-sidererà bene
questo termine, e le pa-role disse loro,
per inanimarli a ire con-tro al nimici,
considererà come e’ non si poteva nè
dire nè far fare alcuna diquelle cose
ad uno esercito che prima non fusse
stalo ordinato ed esercitatoed in pace
ed in guerra. Perchè di quelli soldati
che non hanno imparato a farcosa alcuna,
non può un capitano fidar-si. e credere che
faccino alcuna cosa chestia bene; e se gli
comandasse un nuo-vo Annibaie, vi rovinerebbe
sotto. Per-chè, non potendo un capitano essere mentre
si fa la giornata in ogni parte,se
non ha prima in ogni parte ordinato di
potere avere uomini che abbino lospirito
suo, e bene gli ordini ed i modi del
procedere suo, conviene di necessitàche ci
rovini. Se, adunque, una città sarà armata
ed ordinata come Roma; cche ogni dì
ai suoi cittadini, ed in par*ticolare
ed in pubblico, tocchi a fareisperienza c della
virtù loro, e delia po-tenza della fortuna;
interverrà sempreche in ogni condizione di
tempo e’ siano dei medesimo animo, e
manterranno lamedesima loro degnila: ma
quaudo e’ sia-no disarmati, e che si
appoggerannosolo olii impeti della fortuna, e non
alla propria virtù, varieranno col variare
diquella, e daranno sempre di loro quello essempio
che hanno dato i Viniziani. Quali modi
hanno tentili alcuni a turbare una pace.Essendosi
ribellate dal Popolo romano Circe» e V elitre,
due sue colonie, sottosperanza d’ esser
difese dai Latini; ed essendo dipoi vinti i
Latini, e mancandodi quelle speranze;
consigliavano, assai cittadini che si dovesse
mandare a Romaoratori a raccomandarsi al Senato :
il qual partilo fu turbato da coloro
cheerano stali autori della ribellione, i quali temevano
che tutta la pena non si vol- tasse
sopra le teste loro. E per tor via ogni
ragionamento di pace, incitarono la moltitudine
ad armarsi, ed a correr sopra i confini
romani. E veramente,quando alcuno vuole o che
uno popolo o un principe levi al tutto
1’ animo dauno accordo, non ci è
altro modo più vero nè più stabile,
che fargli usarequalche grave scelleratezza
contro a co-lui con il quale tu non
vuoi che l’ac-cordo si faccia : perchè
sempre lo terrà discosto quella paura di
quella pena chea lui parrà per lo
errore commesso aver meritata. Dopo la
prima guerrache i Cartaginesi ebbono coi Romani, quelli
soldati che dai Cartaginesi eranostati
adoperati in quella guerra in Si*cilia
ed in Sardigna, fatta che fu la
pa-ce, se ne andarono in Affrica; dovè non essendo
satisfatti del loro stipendio, mos-sono
l’armi contra ai Cartaginesi; e fatti di
loro due capi, Nato e Spendio,occuparono
molte terre ai Cartaginesi, e molte ne
saccheggiarono. I Cartagine-si, per tentare prima
ogni altra via che la zuffa, mandarono a
quelli ainbascia-dore Asdrubale loro cittadino,
il quale pensavano avesse alcuna autorità
conquelli, essendo stato per lo addietro
lor capitano. Ed arrivato costui, e
volendoSpendio e .Muto obbligare tutti quelli
sol-dati a non sperare d’ aver mai più
pacecoi Cartaginesi, e per questo obbligarli alla
guerra; persuasono loro, ch’egliera meglio
ammazzare costui, con lutti i cittadini
cartaginesi, quali erano ap-presso loro prigioni.
Donde, non sola-mente gli ammazzarono, ma
con millesupplizii in prima gli straziarono
; ag-giungendo a questa scelleratezza unoeditto, che
tutti i Cartaginesi che per lo avvenire si
pigliassino, si dovessino insimil modo
oecidere. La qual dilibera-zione ed esecuzione
fece quello esercitocrudele ed ostinato
contra ai Cartagi-nesi. Egli è necessario , a vo-ler
vincere una giornalaj fare lJ eser-cito
confidente ed infra lorOj e con ilcapitano. A
volere che uno esercito vinca una giornata,
è necessario farlo confidente,in modo che
creda dovere in ogni modo vincere. Le
cose che lo fanno confi-dente sono: che
sia armato ed ordinato bene; conoschinsi
l’uno 1’ altro. Nè puònascer questa
confidenza o questo ordi-ne, se non in
quelli soldati che sononati e vissuti
insieme. Conviene che ’l capitano sia
stimato, di qualità che con-fidino nella
prudenza sua: e sempre confideranno, quando lo
vegghino ordi-nato, sollecito ed animoso, e che
tenga bene e con riputazione la maestà del grado
suo: c sempre la manterrà, quan-do gli
punisca degli errori, e non gli affatichi
invano; osservi loro le promes- se; mostri
facile la via del vincere; quelle cose
che discosto potessino mo-strare i pericoli, le
nasconda, le alleggerisca. Le quali cose
osservate bene, sonocagione grande che P esercito
confida, e confidando vince. Usavano i Romani
difar pigliare agli eserciti loro questa
confidenza per via di religione: donde na-sceva,
che con gli augurii ed auspizii creavano i
Consoli, facevano il dcletto,partivano con
li eserciti, e venivano alla giornata: e senza
aver fatto alcuna diqueste cose, non
inai arebbe un buon capitano e savio
tentata alcuna fazione,giudicando d’ averla
potuta perdere facilmente, se i suoi soldati
non avesseroprima inteso gli dii essere dalla
parte loro. E quando alcuno Consolo, o altroloro
capitano, avesse combattuto contra agli auspizii,
P arebbero punito; comee* punirono Claudio
Pulero. E benché questa parte in tutte P
istorie romanesi conosca, nondimeno si
pruova più certo per le parole che L.
usa nellabocca di Appio Claudio; il
quale, dolen-dosi col popolo della
insolenza de’ Tri-buni della plebe, e mostrando
che me-diatiti quelli, gli auspizii e 1’ altre
cosepertinenti alla religione si corrompeva-no,
dice così : Etudaut nttnc licet reli
-gionem. Quid cnim interest , si pulii non pasccnlur
, si ex cavea tardine rxierint ,si
occinuerit avis ? Parva sunt hcec ; sed parva
isla non contemnendoj major e*nostri
maximam Itane Rcmpublicam fe-cerunt. Perchè
in queste cose piccole èquella forza
di tenere uniti e confidenti i soldati: la
qual cosa è prima cagioned’ ogni vittoria.
Nondi manco, conviene con queste cose sia
accompagnata lavirtù: altrimenti, le non
vogliono. I Pre- nestini, avendo contra ai
Romani fuoriil loro esercito, se n*
andarono ad al-loggiare in sul fiume d’
Allia, luogo do-ve i Romani furono vinti
da* Franciosi ; il che fecero per
metter fiducia nei lorosoldati, e sbigottire i
Romani per la fortuna del luogo. E benché
questo loropartito fusse probabile, per
quelle ra-gioni che di sopra si sono
discorse ;nientedimeno il (ine della cosa
mostrò, che la vera virtù non teme
ogni mini-mo accidente. Il che l’ istorico
benissi-mo dice con queste parole, in bocca
po-ste del Dittatore, che parla così al suo
Maestro de’ cavagli : Vides tu,
fortunaillos fvelos ad Alliam conscdisse ;
al tu, frelus armis animisque, invade
medianiacietn. Perchè una vera virtù, un
ordi-ne buono, una sicurtà presa da
tantevittorie, non si può con cose di
poco momento spegnere; nè una cosa vanafa
lor paura, nè un disordine gli offen-de:
come si vede certo, che essendo
dueManlii consoli contra ai Volsci, per aver
mandato temerariamente parte del cam-po a
predare, ne seguì che in un tem-po e
quelli che erano iti, e quelli cheerano
rimasti, si trovarono assediati; dal qual
pericolo non la prudenza deiConsoli, ma
la virtù de’ propri soldati gli liberò.
Dove Tito Livio dice questeparole:
Militimi, etiam sine reclorc , sta -bilia virtus
lutala est. Non voglio lascia-re indietro
un termine usato da Fabio, sendo entrato
di nuovo con V esercitoin Toscana, per farlo
confidente; giudi-cando quella tal fidanza esser
più ne-cessaria per averlo condotto in paese nuovo,
e contra a ninnici nuovi : che,parlando avanti
la zuffa ai soldati, e detto eli*
ebbe molte ragioni, mediantele quali e’
potevano sperare la vittoria, disse che
potrebbe ancora loro dire certecose buone,
e dove e’ vedrebbono la vit-toria certa, se
non fusse pericoloso il ma-nifestarle. Il qual
modo come fu savia-mente usato, così merita
d’essere imitato. XXXIV. — Quale fama o voce o oppiatone
fa che il popolo comincia a favorire un
cittadino: e se ei di-stribuisce i magistrati con
maggior prudenza che un principe. Altra volta
parlammo come Tito Manlio, clic fu poi detto
Torquato, salvò Lu-ciò Manlio suo padre
da una accusa clic gli aveva fatta
Marco Pomponio tribuno della plebe. E benché
il modo del salvarlo fusse alquanto
violento ed istraor-dinario, nondimeno quella
Oliale pietà verso del padre fu tanto
grata all’uni-versale, che non solamente non
nc furipreso, ma avendosi a fare i Tribuni delle
legioni, fu fatto Tito Manlio nelsecondo
luogo. Per il quale successo, credo che
sia bene considerare il modoche tiene
il popolo a giudicare gli uo-mini nelle
distribuzioni sue; e che perquello noi
veggiamo, se egli è vero quanto di sopra
si conchiuse, che il popolo siamigliore
distributore che un principe. Dico, adunque,
come il popolo nel suodistribuire va
dietro a quello che si dice d’uno per
pubblica voce e fama, quandoper sue opere
note non lo conosce al-trimenti; o per
presunzione o oppinioneche s’ ha di 1 ni.
Le quali due cose sono causate o dai padri
di quelli tali, cheper esser stati
grandi uomini e valenti nelle città, si
crede che i figliuoli deb-bino esser simili a
loro, infino a tanto che per l’ opere di
quelli non s’intendeil contrario; o la è
causata dai modi che tiene quello di
chi si parla. I modimigliori che si
possono tenere, sono : avere compagnia d’uomini
gravi, di buoni co-stumi, e riputati savi
da ciascuno. E per-chè nessuno indizio si
può aver mag-giore d’uii uomo, che le compagnie
con quali egli usa; meritamente uno che
usacon compagnia onesta, acquista buon nome,
perchè è impossibile che non ab-bia qualche
similitudine con quella. 0 veramente s’
acquista questa pubblicafama per qualche
azione istraordinaria e notabile, ancora che
privata, la qualeti sia riuscita
onorevolmente. E di tutte tre queste cose
che danno nel principiobuoua riputazione ad
uno, nessuna la dà maggiore che questa
ultima : perchèquella prima de’ parenti e
de’ padri è sì fallace, che gli
uomini vi vanno arilento ; ed in poco
si consuma, quando la virtù propria di
colui che ha ad es-sere giudicato non
I’ accompagna. La seconda che ti fa
conoscere per via dellepratiche tue, è
miglior della prima, ma è mollo inferiore
alla terza ; perchè, in-fino a tanto che
non si vede qualche segno che nasca
da te, sta la riputa-zione tua fondata
in su V oppili ione, la quale è facilissima
a cancellarla. Maquella terza, essendo
principiata e fon-data in su le opere lue,
ti dà nel prin-cipio tanto nome, che
bisogna bene che tu operi poi molte
cose contrarie a questo, volendo annullarla.
Debbono, adun-que, gli uomini che nascono
in unarepubblica pigliare questo verso, ed
in- gegnarsi con qualche operazione istraor-dinaria
cominciare a rilevarsi. Il che molti a Roma
in gioventù feciono o conil promulgare una
legge che venisse in comune utilità ; o con
accusare qualchepytente cittadino come transgressore delle
leggi; o col fare simili cose nota-bili c
nuove, di che s’ avesse a parlare. Nè
solamente sono necessarie simili coseper
cominciare a darsi riputazione, ma sono ancora
necessarie per mantenerlaed accrescerla. Ed a
voler fare questo, bisogna rinnovarle; come
per tutto iltempo della sua vita fece
Tito Manlio: perchè, difeso eh’ egli ebbe
il padretanto virtuosamente e straordinariamen-te, e
per questa azione presa la primareputazione
sua, dopo certi anni com-battè con quel
Francioso, e morto glitrasse quella collana d’oro
che gli dette il nome di Torquato.
Non bastò questo,che dipoi, già in
età matura, ammazzò il figliuolo per aver
combattuto senzalicenza, ancora ch’egli avesse
superato il nimico. Le quali tre azioni
allora glidettono più nome e per tutti i
secoli lo fanno più celebre, che non
lo fece alcunotrionfo, alcuna vittoria, di
che egli fu or-natoquanto alcun altro
Romano. E la ca-gione è perchè in quelle
vittorie Manlio ebbe moltissimi simili; in
queste partico-lari azioni n’ebbe o pochissimi o
nessuno. A Scipione maggiore non arrecaronotanta
gloria tutti i suoi trionfi, quanto gli
dette l'avere, ancora giovinetto, insul
Tesino difeso il padre; e l’aver, dopo la
rotta di Canne, animosamente con laspada
sguainata fatto giurare più gio-veni
romani, che ei non abbandonerei)-bono
Italia, come di già intra loro ave-vano
diliberato: le quali due azioni fu-rono
principio alla riputazione sua, e gli
fecero scala ai trionfi della Spagnae dell’
Affrica. La quale oppinione da lui fu
ancora accresciuta, quando ei ri-mandò la
figliuola al padre e la moglie al marito
in Ispagna. Questo modo delprocedere non è
necessario solamente a quelli cittadini che
vogliono acqui-star fama per ottenere gli
onori nella loro repubblica, ma è ancora
necessa-rio ai principi per mantenersi la
riputazione nel principato loro : perchè nessuna
cosa gli fa tanto stimare, quanto dare
di sè rari esempi con qualche fatto o
detto raro, conforme al bene comune, il
quale mostri il signore o magnanimo o
liberale o giusto, e che sia tale che si
riduca come in proverbio intra i suoi
soggetti. Ma, per tornare donde noi
cominciammo questo discorso, dico come il
popolo quando ei comincia a dare un grado
ad un suo cittadino, fondandosi sopra
quelle tre cagioni soprascritte, non si
fonda male; ma quando poi gli assai
essempi de’ buoni portamenti d’uno lo fanno
più noto, si fonda meglio, perchè in
tal caso non può essere che quasi mai
s’ inganni, lo parlo solamente di quelli
gradi che si danno agli uomini nel
principio, avanti che per ferma isperienza
siano conosciuti, o che passano da una
azione ad un’altra dissimile: dove, e quanto alia
falsa oppinione, e quanto alla corruzione, sempre
fanno minori errori che i principi. E perchè
e’ può essere che i popoli s’
ingannerebbono della fama, della oppinione e
delle opere d’ uno uomo stimandole maggiori
che in verità non sono; il che non
interverrebbe aduno principe, perchè gli
sarebbe detto, e sarebbe avvertito da chi
lo consiglias-se : perchè ancora i popoli non
manchino di questi consigli, i buoni ordi-natori
delle repubbliche hanno ordinalo che, avendosi a
creare i supremi gradinelle città, dove
fusse pericoloso mettervi uomini insufficienti, e
reggendosila voglia popolare esser diritta a
creare alcuno che fusse insuffiziente, sia
lecitoad ogni cittadino, e gli sia imputato
a gloria, di pubblicare nelle concioni i di-fetti
di quello, acciocché il popolo, non mancando
della sua conoscenza, possameglio giudicare. E
che questo si usasse a Roma, ne rende
testimonio la ora-zione di Fabio Massimo,
la quale ei fece al Popolo nella
seconda guerra punica,quando nella creazione
dei Consoli i favori si volgevano a creare
Tito Otta-cilio;e giudicandolo Fabio insuffiziente a
governare in quelli tempi il consolato, gli
parlò contro, mostrando la insuffi*ziciua
sua ; tanto che gli tolse quel grado, e
volse i favori del Popolo a chi più lo
meritava che lui. Giudicano, adunque, i popoli
nella elezione a’ magistrati secondo quei contrassegni
che degli uo- mini si possono aver più
veri; e quando ei possono esser consigliati
come i principi, errano meno che i principi; e
quel cittadino che voglia cominciare ad avere i
favori del popolo, debbe con qualche fatto
notabile, come fece Tito Manlio, guadagnarseli. Quali
perìcoli si portino nel farsi capo a
consigliare una cosa ;e quanto ella ha
più dello straordinario, maggiori pericoli
vi si corrono. Quanto sia cosa pericolosa
farsi capo d’ una cosa nuova che
appartenga a molti, e quanto sia difficile
trattarla ed a condurla ; e condotta, a mantenerla, sarebbe
troppo lunga e troppo alta maleria a
discorrerla: però, riserbandola a luogo più
conveniente, parlerò solo di quelli pericoli
che portano i cittadini, o quelli che
consigliano uno principe a farsi capo d’
una diliberazione grave ed importante, in
modo che tutto il consi-glio d’ essa
sia imputato a lui. Perchè, giudicando gli uomini
le cose dal fine, tutto il male che
ne risulta, s’ imputa all’autore del consiglio; e
se ne risulta bene, ne è commendato: ma
di lunga il premio non contrappesa il
danno. Il pre-sente Sultan Sali, dello Gran
Turco, essendosi preparato (secondo che uè ri- feriscono
alcuni che vengono de’ suoi paesi) di
fare l’ impresa di Soria e di Egitto, fu
confortato da un suo Rascia, quale ei
teneva ai confini di Persia, d’an-dare
contea al Sofi: dal quale consiglio mosso,
andò con esercito grossissimo a quella
impresa; ed arrivando in paese larghissimo,
dove sono assai deserti e le fiumare
rade, e trovandovi quelle diflìculta che già
fecero rovinare molli eserciti romani, fu
in modo oppressalo da quelle, che vi
perdè per fame e per peste, ancora che
nella guerra fusse superiore, gran parte
delle sue genti : tal- ché irato contro
all’autore del consiglio, l’ammazzò. Leggesi,
assai cittadini stati confortatori d’ una
impresa, e per avere avuto quella tristo
fine, essere stati man- dati in esilio.
Fecionsi capi alcuni cittadini romani, che
si facesse in Roma il Consolo plebeo.
Occorse che il primo che uscì fuori
con gli eserciti, fu rotto ; onde a
quelli consigliatori sarebbe avvenuto qualche
danno, se non fusse stata tanto gagliarda
quella parte, in onore della quale tale
diliberazione era venuta. È cosa adunque
certissima, che quelli che consigliano una
repubblica, e quelli che consigliano un principe,
sono posti intra queste angustie, che se
non con-sigliano le cose che paiono loro
utili, o per la città o per il
principe, senza ri-spetto, ei mancano dell’
uffìzio loro; se le consigliano, egli
entrano nel pericolo della vita e dello
Stato: essendo lutti gli uomini in questo
ciechi, di giudi-care i buoni e cattivi consigli
dal fine. E pensando in che modo ei
potessino fuggire o questa infamia o questo pericolo,
non ci veggo altra via che pi- gliar
le cose moderatamente, e non ne prendere
alcuna per sua impresa, e dire V oppinione
sua senza passione, e senza passione con
modestia difenderla : in modo che, se la
città o il principe la segue, (die la
segua volontario, e non paia che vi venga
tirato dalla tua importunità. Quando tu
faccia così, non è ragione- vole che un
principe ed un popolo del tuo consiglio
ti voglia male, non essendo seguito contra
alla voglia di molti : perchè quivi si
porta pericolo dove molti han- no contradetto, i
quali poi nello infelice fine concorrono a
farti rovinare. E se in questo caso si
manca di quella gloria che si acquista
nell’ esser solo contra molti a consigliare
una cosa, quando ella sortisce buon fine,
ci sono al riucontro due beni : il
primo, di mancare del pericolo ; il
secondo, che se tu con- sigli una cosa
modestamente, e per la contradizione il tuo
consiglio non sia preso, e per il consiglio
d’altrui ne seguiti qualche rovina, ne
risulta a te grandissima gloria. E benché la
gloria che s’acquista de’ mali che abbia o la tua
città o il tuo principe, non si possa godere,
nondimeno è da tenerne qualcheconto. Altro
consiglio non credo si possa dare agli
uomini in questa parte: per-chè consigliandogli
che tacessino, e non dicessino I’ oppinione
loro, sarebbe cosainutile alla repubblica o
ai loro principi, e non fuggirebbono il
pericolo ; perchèin poco tempo diventerebbono
sospetti: e ancora potrebbe loro intervenire co-me a
quelli amici di Perse re dei Macedoni,
il quale essendo stato rotto daPaulo
Emilio, c fuggendosi con pochi amici, accadde
che nel replicar le cosepassate, uno
di loro cominciò a dire a Perse molti
errori fatti da lui, che eranostati
cagione della sua rovina; al quale Perse
rivoltosi, disse: Traditore, si chetu hai
indugiato a dirmelo ora ch’io non ho più
rimedio; e sopra queste pa-role, di sua
mano l’ammazzò. E cosi colui portò la pena
d’essere stato chetoquando ci doveva
parlare, e d’aver parlato quando ei doveva
tacere; nè fuggiil pericolo per non
avere dato il consiglio. Però credo che
sia da tenere edosservare i termini
soprascritti. La
cagione perchè « Fran-ciosi sono stali e sono
ancora giudicati nelle zuffe da principio
più cheuomini j e dipoi meno che femmine. La
ferocità di quel Francioso che pro-vocava
qualunque Romano appresso al Piume Aniene a
combatter seco, dipoila zuffa falla intra
lui e Tito Manlio, mi fa ricordare di
quello che Tito Liviopiù volte dice,
che i Franciosi sono ne principio della
zuffa più che uomini, enel successo
di combattere riescono poi meno che
femmine. E pensando dondequesto nasca, si
crede per molti che sia la natura
loro così fatta: il che credosia
vero; ma non è per questo, che questa
loro natura che gli fa feroci
nelprincipio, non si potesse in modo con I*
arte ordinare, che la gli mantenesseferoci
infino nell’ ultimo. Ed a voler provare
questo, dico come e’ sono di
treragioni eserciti: V uno dove è furore ed ordine;
perchè dall’ ordine nasce il furo-re e la
virtù, come era quello dei Romani: perchè
si vede in tutte l’ istorie,clic in
quello esercito era uno ordine buono, che
v’ aveva introdotto una di-sciplina militare
per lungo tempo. Perchè in uno esercito
bene ordinato, nes-suno debbe fare alcuna opera
se non regolato: e si troverà per questo,
chenello esercito romano, dal quale, avendo egli
vinto il mondo, debbono prendereessempio
tutti gli altri eserciti, non si mangiava,
non si dormiva, non si mer-calava,
non si faceva alcuna azione o militare o
domestica senza l'ordine delconsolo. Perchè
quelli eserciti che fanno altrimenti, non
sono veri eserciti; c sefanno alcuna
pruova, la fanno per furore e per impeto,
non per virtù. Mudove è la virtù ordinata,
usa il furore suo coi modi e co’ tempi;
nè diflicultàveruna lo invilisce, nè gli
fa mancare l'animo: perchè gli ordini buoni
glirinfrescano l’ animo ed il furore, nutriti
dalla speranza del vincere; la qualemai
non manca, infìno a tanto che gli ordini
stanno saldi. Al contrario inter-viene in
quelli eserciti dove è furore c non ordine,
come erano i franciosi : iquali tuttavia
nel combattere mancavano; perchè non riuscendo
loro col primoimpeto vincere, e non essendo
sostenuto da una virtù ordinata quello loro
furorenel quale egli speravano, nè avendo
fuori di quello cosa in la quale ei
confidassi-no, come quello era raffreddo,
mancavano. Al contrario i Romani, dubitandomeno
dei pericoli per gli ordini loro buoni,
non diffidando della vittoria, fer-mi ed
ostinali combattevano col medesimo animo e con
la medesima virtùnel fine che nel
principio: anzi, agitati dall’ arme, sempre s’
accendevano. Laterza qualità d’eserciti, è,
dove non è furore naturale, nè ordine accidentale:come
sono gli eserciti nostri italiani de’
nostri tempi, i quali sono al tuttoinutili;
e se non si abbattono ad uno esercito
che per qualche accidente sifugga, mai
non vinceranno. E senza addurne altri essempi,
si vede ciascunodi come ei fanno
pruove di non avere alcuna virtù. E perchè
con il testimonio di Tito Livio ciascuno
intenda come debbe esser fatta la buona
milizia,e come è fatta la rea; io voglio
addurre le parole di Papirio Cursore,
quando eivoleva punire Fabio maestro de’ cavalli,
quando disse: Nano hominum y nanoDeorum
verecundiam hubcat ; non cdù da impcralorum^
non auspicio, obser-ventar: sine commenta , vagì
tnililcs in pacato , in hostico errcnt;
immcmoressacramenti , se ubi velini exauctorenl
/infrequentia deserant tigna ; ncque con -veniant
ad edictum, nec discernant interdiuj nodo ;
(equo, iniquo loco, jussu,injussu imperatorie
pugncnt ; et non sigila, non ordines
serventi lalroctntimodo, cieca et fortuita,
prò solcami et sacrala rnilitia sit. Puossi
per questotesto, adunque, facilmente vedere,
se la milizia de’ nostri tempi è cieca e
fortuita,o sacrata e solenne j e quanto le manca
ad esser simile a quella die si può
chiamarmilizia ; e quanto ella è discosto da. essere
furiosa ed ordinala come la roma-na, o
furiosa solo come la franciosa. Se le
piccole battaglieinnanzi alla giornata sono
necessarie, e come si debbe fare a conoscere
unnimico nuovo , volendo fuggire quelle. E’ pare
che nelle azioni degli uomini,come altre
volte abbiamo discorso, si tvuovi, oltre
all’ altre diftìcultà, nel vo-ler condurre
la cosa olla sua perfezione, che sempre
propinquo al bene siaqualche male, il quale
con quel bene sì facilmente nasce, che
pare impossibilepoter mancare dell’ uno
volendo I’ altro. E questo si vede in
tutte le cose chegli uomini operano. E
però s’ acquista il bene con diftìcultà,
se dalla fortunatu non se’ aiutato in
modo, che ella con la sua forza vinca
questo ordinario enaturale inconveniente. Di
questo mi ha fatto ricordare la zuffa
di Manlio Tor-quato e dei Fraucioso, dove
Tito Livio dice: Tanti ca dimicatio ad
universibelli eventtim momenti fuitj ut Gallorum
excrciluSj relictis trepide castri s,in Tiburlem
agrum , inox in Campaniam transierit. Perchè io
considero dall’ uncanto, che un buon
capitano debbe fuggire al tutto di operare
alcuna cosa che,essendo di poco momento,
possa fare cattivi effetti nel suo
esercito: perchècominciare una zuffa dove
non si opel ino tutte le forze e vi
si arrisichi tuttala fortuna, è cosa al
tutto temeraria; come io dissi di sopra,
quando io dan-nai il guardare de’ passi.
Dall’ altra parte io considero come
capitani savi, quandoei vengono all’
incontro d’ un nuovo nimico, e che sia
riputato, ei sono neces-sitati, prima che
venghino alia giornata, far provare con
leggieri zuffe ai lorosoldati tali nimici;
acciocché cominciandogli a conoscere c maneggiare,
perdinoquel terrore che la fama e la
riputazione aveva dato loro. E questa partein
un capitano è importantissima ; perchè ella ha
in sé quasi una necessità cheti
constringe a farla, parendoti andare ad una
manifesta perdita, senza averprima fatto
con piccole isperienze deporre ai tuoi
soldati quello terrore chela riputazione
del nimico aveva messo negli animi loro.
Fu Valerio Corvinomandato dai Romani con
gli eserciti contro ai Sanniti, nuovi
nimici, e cheper lo addietro mai non
avevano provate 1* arme 1’ uno dell’ altro;
dove diceTito Livio, che Valerio fece
fare ai Romani coi Sanniti alcune leggieri
zuffe:jV© eos novum bellutn , ne novus hoslis .
lerreret. Nondimeno è pericolo grandis-simo, che
restando i tuoi soldati in quelle battaglie
vinti, la paura e la viltà noncresca
loro, e ne conseguitino contrari effetti ai
disegni tuoi; cioè che tu glisbigottisca,
avendo disegnalo d’ assicurarli: tanto che
questa è una di quellecose che ha il
male sì propinquo al bene, e tanto sono
congiunti insieme, che gliè facil cosa
prendere l’ uno credendo pigliar P altro. Sopra
che io dico, che• un buon capitano
debbo osservare con ogni diligenza, che non
surga alcunacosa che per alcuno accidente
possa torre Panimo alP esercito suo. Quello
che glipuò torre P animo è cominciare a perdere;
e però si debbe guardare dallezuffe
piccole, e non le permettere se non con
grandissimo vantaggio e concerta speranza di
vittoria ; non debbo fare impresa di
guardar passi, dovenon possa tenere tutto
l’esercito suo: non debbe guardare terre,
se non quelleche perdendole di necessità
ne seguisse la rovina sua; e quelle che
guar-da, ordinarsi in modo, e con le guardie
d’ esse e con l’esercito, clic trat-tandosi
della espugnazione di esse, ei possa
adoperare tutte le forze sue;P altre debbe
lasciare indifese. Perchè ogni volta che si
perde una cosa che siabbandoni, e P
esercito sia ancora insieme, e’ non si
perde la riputazione dellaguerra, nè la
speranza di vincerla: ma quando si perde
una cosa che tu haidisegnata difendere, e
ciascuno crede che tu la difenda, allora è
il danno e la per-dita ; ed hai quasi,
come i Franciosi, con una cosa di piccolo
momento perduta laguerra. Filippo di
Macedonia padre di Perse, uomo militare e
di gran condizione ne’ tempi suoi, essendo
assaltato dai Romani; assai de’ suoi paesi,
i qualiei giudicava non potere guardare,
abbandonò e guastò scoine quello che,
peressere prudente, giudicava più pernicioso
perdere la riputazione col non potere
difendere quello che si metteva a difendere,
che lasciandolo in preda alnimico, perderlo
come cosa negletta. I Romani, quando dopo
la rotta di Cannele cose loro erano
afflitte, negarono a molti loro raccomandati e
sudditi li aiuti,commettendo loro che si
difendessino il meglio potessino. I quali partiti
sonomigliori assai, che pigliare difese, e poi non
le difendere: perchè in questo par-tito si
perde amici e forze; in quello, amici solo.
Ma tornando alle piccole zuffe, dico che
se pure un capitano è costretto per la
novità del nimico far qualche zuffa, debbe
farla con tanto suo vantaggio, che non
vi sia alcun pericolo di perderla : o
veramente far come Mario (il che è migliore
partito), il quale andando contro ai
Cimbri, popoli ferocissimi, che venivano e
predare Italia, e venendo con uno spavento
grande per la ferocità e moltitudine loro,
e per avere di già vinto un esercito
romano ; giudicò Mario esser necessario, innanzi
che venisse alla zuffa, operare alcuna cosa
per la quale l’ esercito suo deponesse quel
terrore che la paura del nimico gli
aveva dato; e, come prudentissimo capitano,
più che una volta collocò l’esercito suo
in luogo donde i Cimbri con 1* esercito
loro dovessino passare. E così, dentro alle
fortezze del suo campo, volle che i suoi
soldati gli vedessino, ed assuefacessino gli
occhi alla vista di quello nimico ;
acciochè, vedendo una moltitudine inordinata, piena di
impedimenti, con arme inutili, e parte disarmati,
si rassicurussino, e diventassino disiderosi
della zuffa. 11 quale partito come fu
da Mario saviamente preso, così dagli altri
debbe essere diligentemente imitato, per non
incorrere in quelli pericoli che io di
sopra dico, e non avere a fare come i
Franciosi, qui ob rem parvi ponderis trepidi
iti Tiburietn agrum et in Campaniam
transierunt. E perchè noi abbiamo allegato in
questo discorso Valerio Corvino, voglio,
mediatiti le parole sue, nel seguente capitolo,
come debbe esser fatto un capitano, dimostrare. Come
debbe esser fatto un capitano nel quale V
esercito suo possa confidare. Era, come di
sopra dicemmo, Valerio Corvino con 1’
esercito contea ai Sanniti, *nuovi nimici
del Popolo romano: donde che, per
assicurare i suoi soldati, e per fargli conoscere
i nimici, fece fare ai suoi certe leggieri
zuffe j nè gli bastando questo, volle
avanti alla giornata parlar loro, e mostrò
con ogni efficacia quanto e' dovevano
stimare poco tali nimici, al-legando la
virtù de’ suoi soldati e la propria. Dove
si può notare, per le parole che
Livio gli fa dire, come debbe essere fatto
un capitano in chi I’ esercito abbia a
confidare j le quali parole sono queste: Tutti
ctiam intuerì cujtis ductu auspi- cioque
ineunda pugna sii: ulritm qui audtcndus
dumlaxat magnifìcus adhor- tator sit, ver
bis tantum ferox , operimi mililarium expers ; an
qui, et ipsc tela frodare, procedere ante
signa, versavi media in mole pugna sciai.
Facla mea, non dieta vos militcs sequi
volo ; nec disciplinavi modo, sed cxcmplum ctiam a
me potere , qui hac dextra tnihi tres consulalus,
summamque laudem pepcri. Le quali parole
considerate bene, insegnano a qualunque, come ei
debbe procedere a voler tenere il grado del
capitano : e quello che sarà fatto altrimenti, troverà,
con il tempo, quel grado, quando per
fortuna o per ambizione vi sia con- dotto,
torgli e non dargli riputazione; perchè non i
titoli illustrano gli uomini, ma gli uomini
i titoli. Debbesi ancora dal principio di
questo discorso consi-derare, che se i capitani
grandi hanno usato termini istraordinari a fermare gli
animi d’uno esercito veterano quando coi
nimici inconsueti debbe affrontarsi ; quanto maggiormente si abbia ad usare
l’ industria quando si comandi uno esercito
nuovo, che non abbia mai veduto il
nimico in viso. Perchè, se lo inusitato nimico
allo esercito vecchio dà terrore, tanto
maggiormente lo debbe dare ogni nimico ad
uno esercito nuovo. Pure, s’ò veduto molte
volte dai buoni capitani tutte queste
diflìcultù con somma pru- denza esser vinte:
come fece quel Gracco romano, ed Epaminonda
tebano, de’quali altra volta abbiamo parlato,
che con eserciti nuovi vinsono eserciti veterani ed
esercitatissimi. I modi che tenevano, erano:
parecchi mesi esercitargli in bat-taglie fìnte;
assuefargli alla ubbidienza ed all’ ordine: e da
quelli dipoi, con massima confidenza, nella
vera zuffa gli adoperavano. Non si debbe,
adunque, diffidare alcuno uomo militare di non poter
fare buoni eserciti, quando non gli manchi
uomini ; perchè quel principe che abbonda
d’ uomini e manca disoldati, debbe
solamente, non della viltà degli uomini, ma
della sua pigrizia e e poca prudenza dolersi. Che
un capitano debbe esser conoscitore dei eiti. Intra
1’ altre cose che sono necessarie ad
un capitano d’ eserciti, è la cognizione dei
sili e de’ paesi; perchè senza questa cognizione
generale e particolare, un capitano d’ eserciti
non può be-ne operare alcuna cosa. E perchè
tutte le scienze- vogliono pratica a voler per- fettamente
possederle, questa è una che ricerca pratica
grandissima. Questa pratica, ovvero questa
particolare cognizione, s’ acquista più mediatiti
le cacce, che per verun altro esercizio.
Però gli antichi scrittori dicono, che
quelli ^roi che governarono nel loro tempo
il mondo, si nutrirono nelle selve e nelle
cac- ce; perchè la caccia, oltre a questa
cognizione, ti insegna infìttile cose che sono
nella guerra necessarie. E Senofonte, nella
vita di Ciro, mostra che andando Ciro
od assaltare il re d’ Armenia, nel
divisare quella fazione, ricordòa quelli suoi,
che questa non era altro che una di
quelle cacce le quali mollevolte avevano
fatte seco. E ricordava a quelli che
mandava in aguato su i monti, che gli
erano simili a quelli eh’ andavano a tendere le
reti in su i gioghi; eda quelli che
scorrevano per il piano, che erano simili a
quelti che andavano a levare del suo
covile la fera, acciocché, cacciata, desse
nelle reti. Questo si dice per mostrare
come le cacce, secondo che Senofonte
appruova, sono una immagine d’ una guerra:
e per questo agli uomini grandi tale
esercizio è onorevole e necessario. Non si può
ancora imparare questa cognizione de’ paesi
in altro comodo modo che per via di
caccia; perchè la caccia fa a colui che
1’ usa sapere come sta particolarmente quel
paese dove ei 1* esercita. E fatto che
uno s’ è familiare bene una regione,
con facilità comprende poi tulli i paesi
nuovi j per-chè ogni paese ed ogni membro
di quelli hanno insieme qualche conformità, in modo
clic dalla cognizione d’ uno facilmente si
passa alla cognizione dell’ altro. Ma chi
non ne ha ancora bene pratico uno,
con difficoltà, anzi non mai se non
con un lungo tempo, può conoscer 1’
altro. E chi ha questa pratica, in
unvoltar d’ occhio sa come giace quel
piano, come surge quel monte, dove arriva quella
valle, e tutte l* altre simili cose, di
che ei ha per lo addietro fatto una ferma
scienza. E che questo sia vero, ce lo
mostra Tito Livio con lo essempio di
Publio Decio; il quale essendo Tribuno de’
soldati nello esercito che Cornelio consolo
conduceva contro ai Sanniti, ed essendosi
il Consolo ridotto in una valle, dove l’
esercito dei Romani poteva dai Sanniti
esser rinchiuso, evedendosi in tanto
pericolo, disse al Consolo : Vtdes tuj Aule
Corneli, cacume»iilud supra hostcm ? arx ilici
est spei salutisquc nostra, si eam fquoniam
caarcliquerc SamnitesJ impigre capimus. Ed innanzi
a queste parole dette da Decio,Tito L.
dice: Publtus Dcctus, tribùnus militimi , unum
editum in saltu collenij immincnteni
hostium castns , adilu arduum impedito agmini,
expeditis hauddifficilcm. Donde, essendo stato
mandatosopra esso dal Consolo con tremila
soldati,ed avendo salvo l’esercito romano j e
dise-gnando, venendo la notte, di partirsi e
sal-vare ancora sè ed i suoi soldati, gii
fa direqueste parole: Ite niecum, ut
dum lucisaliquid superest, quibus locts
hostesprcesidia ponant, qua palcat hinc
exitus,exploremus. Hcec ornnta sagulo
militariamiclus, ne ducem circuire hostes
no-larentj perlustrarli. Chi considererà,adunque,
tutto questo testo, vedrà quantosia utile e
necessario ad un capitanosapere la natura
de’ paesi: perché seDecio non gli avesse
saputi e conosciuti,non arebbe potuto giudicare
qual utilefaceva pigliare quel colle allo
esercitoromano; uè arebbe potuto conoscere
didiscosto, se quel colle era accessibile
ono ; e condotto che si fu poi sopra
esso,volendosene partire per ritornare al
Con-solo, avendo i nimici intorno, non arebbedal
discosto potuto speculare le vie
delloandarsene, e li luoghi guardati dai ni-mici.
Tanto che, di necessità conveniva,che Decio
avesse tale cognizione per-fetta: la qual
fece che con il pigliarequel colle, ei
salvò l’esercito romano;dipoi seppe, scndo
assedialo, trovare lavia a salvare sè e
quelli che erano statiseco. Come, usare la
fraudenel maneggiare la guerra è cosa gloriosa.Ancoraché
usare la fraude in ogniazione sia
detestabile, nondimanco nelmaneggiar la guerra è
cosa laudabile egloriosa; e parimente è laudato
coluiche con fraude supera il nimico,
comequello che M supera con le forze. E
ve-desi questo pei* il giudizio che
ne fannocoloro che scrivono le vite
degli uominigrandi, i quali lodano Annibaie e
gli* altri che sono stati notabilissimi in
si-mili modi di procedere. Di che per
leg-gersi assai essempi, non ne replicheròalcuno.
Dirò solo questo, che io nonintendo
quella fraudo essere gloriosa,che ti fa
rompere la fede data ed i pattifatti;
perchè questa, ancora che la tiacquisti
qualche volta stalo e regno, co-me di sopra
si discorse, la non ti acqui-sterà mai
gloria. Ma parlo di quella fraudoche
si usa con quel nimico che non
sifida di te, e che consiste proprio
nelmaneggiare la guerra : come fu
quellad’Annibale, quando in sul lago di
Peru-gia simulò la fuga per rinchiudere
ilConsolo e lo esercito romano; e quando,per
uscire di mano di Pabio Massimo,accese
le corna dello armento suo. Allequali
fraudi fu simile questa che usòPonzio
capitano dei Sanniti, per rin-chiudere 1’
esercito romano dentro alleforche Caudine-.
i( quale avendo messolo esercito suo a'
ridosso dei monti, mandòpiù suoi soldati
sotto vesti di pastori conassai armento
per il piano; i quali sen--do presi dai
Romani, e domandati doveera l’esercito dei
Sanniti, convennerotutti, secondo 1’ ordine
dato da Ponzio,a dire come egli era
allo assedio di No-terà. La qual cosa
creduta dai Consoli, fece eh’ ei si
rinchiusero dentro ai balzicaudini; dove
entrati, furono subito as-sediati dai Sanniti. E
sarebbe stata que-sta vittoria, avuta per
fraude, glorio-sissima a Ponzio, se egli avesse
seguitatii consigli del padre ; il quale
voleva chei Romani o si salvassino liberamente,
osi ammazzassino tutti, e che non si
pi-gliasse la via del mezzo, qu ce neque
ami-co* parai , ncque inimicos tollil. La qualvia
fu sempre perniziosa nelle cose diStato;
come di sopra in altro luogo sidiscorse. Che
la patria si debbo di-fendere o con
ignominia o con glo-ria; ed in qualunque
modo è ben di-fesa.Era, come di sopra
s’è dello, il Con-solo e l’esercito romano
assedialo daiSanniti: i quali avendo proposto
ai Ro-mani condizioni ignominiosissime; comeera,
volergli mettere sotto il giogo, edisarmati
mandargli a Roma: e per que-sto stando i Consoli
come attoniti, e tuttol’esercito disperato; Lucio
Lentolo le-gato romano disse, che non gli
parevache fusse da fuggire qualunque
partitoper salvare la patria: perchè,
consisten-do la vita di Roma nella vita
di quelloesercito, gli pareva da salvarlo
in ognimodo; e che la patria è ben
difesa inqualunque modo la si difende, o
conignominia, o con gloria : perchè salvandosi quello
esercito, Roma era a tempo a cancel-lare
l’ignominia: non si salvando, ancorache
gloriosamente morisse, era perdutaKoma e la
libertà sua. E così fu seguitato il suo
consiglio. La qual cosa me-rita d’ esser
notata ed osservata da qua-lunque cittadino
si truova a consigliarela patria sua:
perchè dove si diliberaal tutto della
salute della patria, nonvi debbe cadere
alcuna considerazionenè di giusto nè di
ingiusto, nè di pie-toso, nè di crudele,
nè di laudabile, nèdi ignominioso; anzi,
posposto ogni al-tro rispetto, seguire al
tutto quel par-tito che li salvi la
vita, e mantenghile lalibertà. La qualcosa è
imitata con i detti econ i fatti dai
Franciosi, per difendere lamaestà del loro
re e la potenza del lororegno; perchè
nessuna voce odono piùimpazientemente che
quella che dicesse:il tal partito è
ignominioso per il re;perchè dicono che
il loro re non puòpatire vergogna in
qualunque sua dili-berazione, o in buona o in
avversa for-tuna: perchè se perde o se
vince, tuttodicono esser cosa da re.Cap.
XLII. — Che le promesse fatteper forza
non si debbono osservare.♦ »Tornati i Consoli
con 1’ esercito di-sarmato e con la
ricevuta ignominia aRoma, il primo che
in Senato disseche la pace fatta a
Cuudo non si do-veva osservare, fu il
consolo Spurio Po-stumio; dicendo, come il
Popolo romanonon era obbligato, ma eh’
egli era beneobbligato esso, e gli altri
che avevanopromesso la pace : e però il
Popolo vo-lendosi liberare da ogni obbligo,
avevaa dar prigione nelle mani dei
Sannitilui e tutti gli altri che V avevano
pro-messa. E con tanta ostinazione tenne questa
conclusione, che il Senato ne fu contento;
e mandando prigioni lui e gli altri in
Sannio, protestarono ai Sanniti,la pace non
valere. E tanto fu in questo caso a
Postumio favorevole la fortuna, che i Sanniti
non lo ritennero; e ritornato in Roma,
fu Postumio appresso.ai Romani più glorioso
per avere perduto, che non fu l’onzio
appresso ai Sanniti per aver vinto. Dove
sono da no-tare due cose ; 1* una,
che in qualunque azione si può acquistar
gloria, perchènella vittoria s’ acquista
ordinariamente; nella perdita s’ acquista o col
mostrare tal perdita, non esser venuta per
tua colpa, o per far subito qualche azione virtuosa
che la cancelli : 1’ altra è, che non
è vergognoso non osservare quelle promesse che
ti sono state fatte promettere per forza ;
e sempre le promesseforzate che riguardano
il pubblico, quando e’ manchi la forza, si
romperanno, e fia senza vergogna di chi le
rompe. Di che si leggono in tutte l’
istorie variessempi, e ciascuno dì ne’
presenti tempi se ne veggono. E non
solamente non siosservano intra i principi
le promesse forzate, quando e* manca la
forza ; ma non si osservano ancora tutte
\* altre promesse, quando e’ mancano le
cagioni che le fanno promettere. Il che
se è cosa laudabile o no, o se da un
principe si debbono osservare simili modi o no, largamente
è disputato da noi nel nostro trattato del
Principe; però al presente lo taceremo. Che
gli uomini che nascono in una provincia ,
osservano per lutti i tempi quasi quella medesima
natura.Sogliono dire gli uomini prudenti, e non
a caso nè immeritamente, che cbi vuol veder
quello che ha ad essere, consideri quello
che è stato; perchè tutte le cose del
mondo, in ogni tempo, hanno il proprio
riscontro con gli antichi tempi.
Il che nasce perchè essendo quelle operate
dagli uomini che hanno ed ebbero sempre
le medesime passioni, conviene di necessità
che le sortischino il medesimo effetto.
Vero è, che le sono P opere loro ora
in questa provincia più virtuose che in
quella, ed in quella più che in
questa, secondo la forma delia educazione
nella quale quelli popoli hanno preso il
modo del viver loro. Fa ancorafacilità
il conoscere le cose future per le
passate; vedere una nazione lungo tempo
tenere i medesimi costumi, essendo o continovamente
avara, o continovamente fraudolenta, o avere alcun
altro si* mile vizio o virtù. E chi leggerà
le cose passale della nostra città di
Firenze, e considererà ancora quelle che
sono ne*prossimi tempi occorse, troverà i popoli tedeschi
e franciosi pieni d’ avarizia, disuperbia, di
ferocia e di infcdelità; perchè tutte queste
quattro cose in diversi tempi hanno offeso
molto la nostra città. E quanto alla poca
fede, ognuno sa quante volte si dette
danari al re Carlo Vili, ed egli
prometteva rendere le fortezze di Pisa, c
non mai le rendè. In che quel re
mostrò la poca fede, e la assai avarizia
sua. Ma lasciamo andare queste cose
fresche. Ciascuno può avere inteso quello
che segui nella guerra che feceil
popolo fiorentino contea ai Visconti duchi
di Milano; che essendo Firenze privo degli
altri espedienti, pensò dicondurre T iroperadore
in Italia, il quale con la riputazione e
forze sue assaltassela Lombardia. Promise l’
imperadore venire con assai gente, e far
quella guerra contra ai Visconti, e difendere
Firenze dalla potenza loro, quando i Fiorentini gli
dessino centomila ducati per levarsi, e centomila
poi che fusse in Italia. Ai quali
patti consentirono i Fiorentini; e pagatogli i
primi danari, e dipoi i secondi, giunto che
fu a Verona, se ne tornò indietro senza
operare alcuna cosa, causando esser restato
da quelli che non avevano osservato le
convenzioni erano fra loro. In modo che,
se Firenze non fusse stata o constretla
dalla necessitào vinta dalla passione, ed
avesse letti e conosciuti gli antichi
costumi de’borbari,non sarebbe stata nè
questa nè molte altre volte ingannata da
loro; essendoloro stati sempre a un modo,
ed avendo in ogni parte e con ognuno
usati i me-desimi termini. Come e' si vede eh’ e’
fecero anticamente ai Toscani ; i qualiessendo
oppressi dui Romani, per essere stati da
loro più volte messi in fuga erotti;
e veggendo mediami le loì* forze non poter
resistere aìr impeto di quelli;convennero
con i Franciosi che di qua dall' Alpi
abitavano in Italia, di dar lorosomma
di danari, e che fussino obbligati congiugnere
gli eserciti con loro,ed andare contea
ai Romani: donde ne seguì che i Franciosi,
presi i danari,non volleno dipoi pigliare l’
arme per loro, dicendo averli avuti non
per farguerra coi loro nimici, ma
perchè s’astenessino di predare il paese
toscano. E così i popoli toscani, per l’
avarizia e poca fede dei Franciosi,
rimasono ad untratto privi de' loro
danari, e degli aiuti che gli speravano da
quelli. Talché sivede per questo essempio
dei Toscani antichi, e per quello de’
Fiorentini, iFranciosi avere usati i medesimi
termini; e per questo facilmente si può
con-ielturare, quanto i principi si possono fidare
di loro. E' si ottiene con V impetoc con
lJ audacia molte volte quello che con
modi ordinari non si otterrebbe mai. Essendo i
Sanniti assaltati dallo esercito di Roma, e
non polendo con l’esercito loro stare alla
campagna a petto ai Romani, diliberarono,
lasciate guardate le terre in Sannio, di
passare con tutto V
esercito loro in Toscana, la quale era in triegua coi Romani;
e vedere permtal passata, se ei potevano
con la presenza dello esercito loro indurre
i Toscani a ripigliar 1’ arme ; il che avevano fregato
ai loro ambasciadori. E nel parlare che
feeiono i Sanniti ai Toscani, nel mostrar,
massime, qual cagione gli aveva indotti a
pigliar 1* arme, usarono un termine
notabile, dove dissono : Rebollasse j quod pax
sci'vicnlibus gravior t quam liboris bcllum
esset. E cosi, parie con le persuasioni,
parte con la presenza dello esercito loro,
gli indussono a pigliar 1* arme. Dove è da
notare, che quando un principe disidera d’
ottenere una cosa da un altro, debbe,
se l’ occasione lo patisce, non gli dare
spazio a diliberarsi, e fare in modo ch’ei vegga la
necessità della presta diliberazione: la quale è
quando colui che è domandato vede che dal
negare o dal differirene nasca una subita e
pericolosa inde-gnazione. Questo termine s’ è
vedutobene usare nei nostri tempi da
papalulio con i Franciosi, eda monsignordi
Fois capitano del re di Francia
colmarchese di Mantova : perchè papa
luliovolendo cacciare i Bentivogli di Bologna,e
giudicando per questo aver bisognodelle
forze franciose, e che i Yinizianistessino
neutrali j ed uvendone ricercoF uno e I’
altro, e traendo da loro ri-sposta dubbia e
varia j diliberò col nondare lor tempo
far venire I’ uno e l’al-tro nella sentenza
sua : e, partitosi daRoma con quelle
tante genti cli’ei potòraccozzare, n’ andò
verso Bologna, eda’Viniziani inandò a dire
che stessinoneutrali, ed ai re di
Francia che glimandasse le forze. Talché,
rimanendotutti ristretti dal poco spazio di
tempo,e veggeudo come nel papa doveva na-scere
una manifesta indegnazione difle-rendo o negando,
cederono alle vogliesue; ed il re gli
mandò aiuto, ed i Vi*uiziani si steltono
neutrali. Monsignordi Fois, ancora, essendo
con l’esercitoili Bologna, ed avendo intesa
la ribellione di Brescia, e volendo ire
alla ri-cuperazione di quella, aveva due
vie ;F una per il dominio del re,
lunga etediosa; l’altra brievc per il
dominiodi Mantova: e non solamente era
neces-sitato passare per il dominio di
quelmarchese, ina gli conveniva entrare
percerte chiuse intra paludi e laghi, di
cheè piena quella regione, le quali con
for-II acuì avelli, Discorsi. — 1. 49lezzo
cd altri modi erano serrate c guar-dale da
lui. Onde che Pois, diliberalod* andare
}>er la più corta, e per vin-cere ogni
di (Tic ulta nè dar tempo al
mar-chese a diliberarsi, ad un tratto mossele
sue genti per quella via, cd al
mar-chese significò gli mandasse le chiavi
diquel passo. Talché il marchese, occu-pato
da questa subita diliberazione, glimandò le
chiavi: le quali mai gli arebbemandate
se Pois più lepidamente si fusscgovernato,
essendo quel marchese in legaeoi papa e
coi Viniziani, ed avendo uusuo figliuolo
nelle mani del papa; lequali cose gli
davano molte oneste scusea negarle. Ma
assaltato dal subito par-tito, per le cagioni
che di sopra si di-cono, le concesse.
Cosi feciono i Toscanieoi Sanniti, avendo
per la presenza del-T esercito di Sannio
preso quelle armeche gli avevano negato
per altri tempipigliare.Cap. XLV. — Qual
sia miglior partitonelle giornale , o sostenere
lf impetode* nimicij c sostenuto urtargli ;
ov-vero dapprima con furia assaltargli. Erano Decio
e Fabio, consoli romani,con due eserciti
all’ incontro degli eser-citi dei Sanniti e
dei Toscani; e venendoalla zuffa ed alla
giornata insieme, è danotare in tal
fazione, quale di due di-versi modi di
procedere tenuti dai dueConsoli sia migliore.
Perchè Decio conogni impeto e cor» ogni
suo sforzo as-saltò il nimico; Fabio
solamente lo so-stenne, giudicando V assalto
lento es-sere più utile, riserbando l' impeto
suonell’ ultimo, quando il nimico
avesseperduto il primo ardore del combat-tere, e
come noi diciamo, la sua foga.Dove si
vede, per il successo della eosa,che a
Fabio riuscì molto meglio il di-segno che a
Decio : il quale si straccònei primi
impeti ; in modo che, veden-do la banda
sua piuttosto in volta diealtrimenti, per
acquistare con la mortequella gloria alla
quale con la vittorianon aveva potuto
aggiungere, ad imita-zione del padre sacrificò
sè stesso perle romane legioni. La
qual cosa intesada Fabio, per non
acquistare manco ono-re vivendo, che s’avesse
il suo collegaacquistato morendo, spinse
innanzi tuttequelle forze che s’ aveva a
tale necessitàriservate ; donde ne riportò
una felicis-sima vittoria. Di qui si vede
che ’l mododel procedere di Fubio è
più sicuro e più imitabile. Donde nasce
che una fa-mìglia iìi una città tiene
un tempo imedesimi costumi. E’ pare
clic non solamente 1’ una cittàdall*
altra abbi certi modi ed institutidiversi,
e procrei uomini o più duri opiù
effeminati; ma nella medesima cittàsi vede
tal differenza esser nelle fumi-glie I’
una dall’ altra. H che si riscontraessere
vero in ogni città, e nella cittàili
Roma se ne leggono assai essempi
:perché e’ si vede i Manlii essere
statiduri ed ostinati, i Pubi icoli uomini
be-nigni ed amatori del popolo, gli Appiiambiziosi
e ni mici della Plebe: e cosimolte altre
famiglie avere avute ciascunale qualità sue
spartite dall’ altre. La qualcosa non può
nascere solamente dal san-gue, perchè e’ conviene
eh’ ei varii me-diante la diversità dei
matrimoni; maè necessario venga dalla diversa
educa-zione che ha una famiglia dall’
altra.Perchè gl’ importa assai che un
giova-netto dai teneri anni cominci a sentirdire
bene o male di una cosa; perchèconviene
che di necessità ne faccia im-pressione, e
da quella poi regoli il mododel
procedere in tutti i tempi della vitasua. E
se questo non fosse, sarebbe im-possibile che
tutti gli Appii avessinoavuta la medesima
voglia, c Rissino statiagitati dalle medesime
passioni, comenota Tilo Livio in molti
di loro: e perultimo, essendo uno di
loro fatto Censore, ed avendo il suo
collega alla finede* diciotto mesi, come
ne disponeva lalegge, deposto il
magistrato, Àppio nonlo volle deporre,
dicendo che lo potevatenere cinque anni
secondo la primalegge ordinata dai Censori. E
benchésopra questo se ne facessero assai
con-cioni, e se ne generassino assai tumulti,non
pertanto ci' fu mai rimedio che vo-lesse
deporlo, conira alla volontà delPopolo e
della maggior parte del Senato.E chi
leggerà P orazione che gli fececontro
Publio Sempronio tribuno dellaplebe, vi
noterà tutte l’ insolenze oppiane,e tulle le
bontà ed umanità usale da in-finiti
cittadini per ubbidire alle leggi edagli
auspicii della loro patria. Che un buon
cittadinoper amore della patria debbo dimenticare l’ingiurie’
private.Era Manlio consolo con l’esercito con-ira
ai Sanniti* ed essendo stato in
unazuffa ferito, e per questo portando
legenti sue pericolo, giudicò il Senato
es-ser necessario mandarvi Papirio Cur-sore dittatore,
per sopplire ai difetti delConsolo. Ed
essendo necessario che ’lDittatore fusse
nominato da Fabio, ilquale era con
gli eserciti in Toscana; edubitando, per
essergli nimico, che nonvolesse nominarlo;
gli mandarono i Senatori due ambasciadori a pregarlo,
che,posti da parte gli privati odii,
dovesseper benefìzio pubblico nominarlo. Il
cheFabio fece, mosso dalla carità della
pa-tria; ancora che col tacere e con mol-ti
altri modi facesse segno che
talenominazione gli premesse. Dal qualedebbono
pigliare essempio tutti quelli,che cercano
d* essere tenuti buoni cit-tadini. Quando
si vede fareuno errore grande ad un
nimico ,si debbe credere che vi sia
sono in-ganno.Essendo rintaso Fulvio Legato
nelloesercito che i Romani avevano in To-scana,
per esser ito il Consolo per al-cune
cerimonie a Roma; i Toscani, pervedere se
potevano avere quello allatratta, posono un
aguato propinquo aicampi romani, e mandarono
alcuni sol-dati con veste di pastori con
assai ar-mento, e gli feciono venire alla vista dello
esercito romano: i quali così tra-vestiti si
accostarono allo steccato delcampo; onde il
Legato meravigliandosidi questa loro presunzione,
non gli pa-tendo ragionevole, tenne modo
ch’egliscoperse la fraude; e
cosi restò il di*>igno de Toscani rotto. Qui si può comoramente
notare, che un capitano dieserciti non
debbe prestar fede ad unoerrore che
evidentemente si vegga fareal nimico:
perchè sempre vi sarà sottofronde, non
sendo ragionevole che gliuomini siano tanto
incauti. Ma spesso ildisiderio del vincere
acceca gli animi degli uomini, che non
veggono altro chequello pare facci per
loro. I Franciosi avendo vinti i Romani ad
Allia, e venendo a Roma, e trovando le porte
aperte e senza guardia, stettero tutto quel
giorno e la notte senza entrarvi, temendo di fraude,
e non potendo credere clic fusse tanta
viltà c tanto poco consiglio ne’ petti
romani, che gli nbbandonassino la patria.
Quando nel 4508 s’andò per gli Fiorentini a
Risa a campo, Alfonso del Mutolo, cittadino
pisano, si trovava prigione dei Fiorentini, e
promise che s’egli era libero, darebbe una
porta di Pisa all’esercito fiorentino. Fu
costui libero. Dipoi, per praticare la
cosa, venne molte volte a parlare coi
mandati dc’commissari; e veniva non di
nascosto, ma scoperto, ed accompagnato da’
Pisani; i quali lasciava da parte, quando
parlava eoi Fiorentini. Talmentechè si poteva conietturare
il suo animo doppio ; perchè non era
ragionevole, se la pratica fussc stata
fedele, eh’ egli 1’ avesse trattata sì
alla scoperta. .Ma il disiderio che s*
aveva d’ aver Pisa, accecò in modo i Fiorentini,
che condottisi con l’ ordine suo alla porta
a Lucca, vi lasciarono più loro capi ed
.altre genti con disonore loro, per il
tradimento doppio che fece detto Alfonso. Una
repubblica, a volerla mantenere libera, ha
ciascuno di bisogno di nuovi provvedimenti ; e
per guali meriti Quinto Fabio fu chiamato Massimo.
E di necessità, come
altre volte s’ è «letto, che ciascuno
dì in una città grande 'taschino' accidenti
che abbino bisogno elei medico ; e secondo
che gli importano più, conviene trovare il
medico più savio. E se in alcune città
nacquero mai simili accidenti, nacquero in
t\oma e strani ed insperati; come fu quello
quando e’parve cha tutte le donne
romane avessino congiurato contra ai loro
maritid’ ammazzargli : tante
se ne trovò clicgli avevano avvelenati, e
tante eh’ ave-vano preparato il veleno per avvelenargli.
Come fu ancora quella congiura
de’Baccanali, clic si scopri nel tempo
dellaguerra macedonica, dove erano già
in-viluppati molti migliaia d’ uomini e didonne;
e se la non si scopriva, sarebbestata
pericolosa per quella città ; o sep-pure i Romani
non fussino stati con-sueti a gasligare le
muititudiui degli uo-mini erranti: perchè, quando
e’ non sivedesse per altri infiniti
segni la gran-dezza di quella Repubblica, e
la potenzadelle esecuzioni sue, si vede
per la qua-lità della pena che la
imponeva a chi errava. Nè dubitò far morire
per via digiustizia una legione intera
per volta,ed una città tutta; e di
confinare ottoo diecimila uomini con condizioni
straor-dinarie, da non essere osservate da
unsolo, non che da tanti: come intervennea
quelli soldati che infelicemente ave-vano combattuto
a Canne, i quali con-finò in Sicilia, c impose
loro che nonalkergassino in terre, e che
mangias-sino ritti. Ma di tutte 1’
altre esecuzioniera terribile il decimare
gli eserciti, dovea scorte da tutto uno
esercito era mortod’ogni dieci uno. Nè
si poteva, a gasli-gare una multit udine,
trovare più spa-ventevole punizione di questa.
Perchè quando una moltitudine erra, dove
nonsia 1’ autore certo, tutti non si
possonogastigare, per esser troppi; punirneparte
e parte lasciare impuniti, si fa-rebbe torto a
quelli che si punissino, egli impuniti
arebbono animo di errareun’ altra volta.
Ma ammazzare la decimaparte a sorte, quando
lutti la meritano,0,1 ' è punito si duole
della sorte; ehinon è punito, ha paura
che un’ altravolta non tocchi a lui, c
guardasi di er-rare. Furono punite, adunque,
le vene-fiche e le baccanali secondo che
meri-tavano i peccali loro. K. benché questi morbi
in una repubblica faccino cattivieffetti,
non sono a morte, perchè semprequasi s’
ha tempo a correggerli : ma nons’ ha
già tempo in quelli che riguardanolo
Stato, i quali se non sono da un
pru-dente corretti, rovinano la città. Eranoin
Roma, per la liberalità che i Romaniusavano
di donare la civilità a’ forestieri,nate
tante genti nuove, che le comin-ciavano avere
tanta parte ne’ suffragi,che ’l governo
cominciava a variare, epartivasi da quelle
cose e da quelli uo-mini dove era consueto
andare. Di cheaccorgendosi Quinto Fabio che
era Cen-sore, messe tutte queste genti
nuoveda chi dipendeva questo disordine sot-to
quattro Tribù, acciocché non potessino,
ridotte in si piccioli spazi,corrompere
tutta Roma. Fu questa cosaben conosciuta
da Fabio, e postovi sen*za alterazione
conveniente rimedio; ilquale fu tanto
accetto a quella civi-lità, che meritò
d’esser chiamato Mas*sirno Niccolò Machiavelli a
Zanobi Buondel-monti e Cosimo Rucellai salute.
Quali siano stati universalmente iprincipii
di qualunque città, e qualefosse quello di
Roma Di quanto spezie sono le repubbliche,e
di quale fu la Repubblica Romana.
Quali accidenti facessino creare inRoma i
Tribuni della plebe; il chefece la
Repubblica più perfetta ...Che la disunione
della Plebe e delSenato romano' fece libera
e potentequella Repubblica ; . . . Dove più securamente
si ponga laguardia della libertà, o nel
Popolo one’ Grandi; e quali hanno maggiorecagione
di tumultuare, o chi vuoleacquistare o chi
vuole mantenere. . . Se in Roma si
poteva ordinare unoStato che togliesse via
le inimicizieintra il Popolo ed il Senato
Quanto siano necessarie in una Re-pubblica
le accuse per mantenere lalibertà Quanto lo
accuse sono utili allerepubbliche, tanto
sono perniziose lecalunnie. hiIX. Come egli
ènecessario esser soloavolere ordinare una
repubblica dinuovo, oal tutto fuori delli
antichisuoi ordini riformarla 68X. Quanto sono
laudabili i fondatorid’una repubblica o d’uno
regno, tantoquelli d’ una tirannide sono
vitupera-bili Della religione de’ Romani 8*2XII.
Di quanta importanza sia teneroconto della
religione, e come la Italiaper esserne
mancata mediante la Chie-sa romana, è rovinata
Come i Romani si servirono dellareligione
per ordinare la città, e per seguire le
loro imprese e fermare itumulti . .I Romani
interpretavano gli auspicii secondo la
necessità, o con la prudenza mostravano di
osservare la religione, quando forzati non
1‘ osser-vavano; e se alcuno temerariamentela
dispregiava, lo punivano 100dio alle cose
loro afflitte, ricorsonoalla religione ~Un popolo
USO a vivere sotto unprincipe, se per
qualche accidente diventa libero, con difficult-à
mantienela libertà. . ^ag. Uno popolo
corrotto, venuto in li-bertà, si può con
dit'ticnltà grandissima mantenere libero In che
modo nelle città corrotte si potesse
mantenere uno Stato libero,essendovi; o non
essendovi, ordinarvelo Dopo uno eccellente
principe si puòmantenere un principe
debole; madopo un debole, non si può
con unaltro debole mantenere alcun
regno.Due continove successioni di principi
virtuosi fanno grandi effettivecome le
repubbliche bene ordinatehanno di necessità
virtuose successioni: e però gli acquisti ed
augu-menti loro sono grandi Quanto biasimo
meriti quel prin-cipe e quella repubblica che
mancad"armi proprie Quello che sia da
notare nel casodei tre Orazi romani, e
dei tre Curiazalbani Che non si debbe
mettere a pericolo tutta la fortuna e non tutte le
forze; e per questo, spesso il guardare i
passi è dannoso Le
repubbliche bene ordinatecostituiscono premii e
pene a' loro cittadini, nè compensano mai P
uno con r altro Chi mole riformare nno Stato antico
in una città libera, ritenga almeno V ombra
desmodi antichi Un principe nnoro, in
nna cittào provincia presa da Ini, debbo
faro ogni cosa nnova Sanno rarissime volte
gli nomi-ni essere al tutto tristi o al
tatto buoni. IniPer qual cagione i Romani fu-rono
meno ingrati agli loro cittadini che gli
Ateniesi Quale sia più ingrato, o un po-polo, o
un principe Quali modi debbe usare un
prìncipe o nna repubblica per fuggirò questo
vizio della ingratitudine; e qnali quel capitano
o quel cittadino per non essere oppresso da
quella Che i capitani romani per errore commesso
non furono mai istraordi- nariamente puniti;
nè furono inai an-cora puniti quando, per
la ignoranza loro o tristi partiti presi da
loro» ne fussino seguiti danni alla
repubblica, lfil Una repubblica o nno principenon
dobbe differire a beneficare gli uomini nelle
sue necessitati. Quando uno inconveniente è cresciuto
o in uno Stato o contra ad uno Stato, è
più salutifero partito temporeggiarlo che urtarlo
P&g» L'autorità dittatoria fece tene,e non
danno, alla repubblica romana :o come lo
autorità che i cittadini si toPgono, non
quelle che sono loro dai suffragi liberi
date, sono alla- vita ci^vile perniciose La
cagione perchè in Roma la creazione del
decemvirato fu nociva alla libertà di
quella repubblica, non ostante che fosse
creato per suffragi pubblichi e liberi Non
debbono i cittadini che hanno avuti i maggiori
onori, sdegnarside' minoriQuali scandali partorì
in Roma la legge agraria: e come fare una legge
in una repubblica che risguardi assai
indietro, e sia contra ad unaconsuetudine
antica della città, èscandolosissimo Le
repubbliche deboli sonomale risolute, e non
si sanno delibe-rare; e se le pigliano mai
alcuno par-tito, nasce più da necessità che
daelezione In diversi popoli si
veggonospesso i medesimi accidenti . . rrr~. m.
La creazione del decemvirato inRoma, e
quello che in essa è da no-tare: dove
si considera, intra moltealtre cose, come
si può salvare persimile accidente, o
oppressare una re-pubblica Saltare dalla
urailità alla superbia, dalla pietà alla
crudeltà, senza debiti mezzi, è cosa imprudente
ed inutile. Quanto gli uomini facilmente si possono
corrompere . Quelli che combattono per la gloria
propria, sono buoni e fedeli soldati Una
moltitudine senza capo èinutile: e non si
debbe minacciare prima, e poi chiedere P autorità
È cosa di malo esempio non osservare una
legge fatta, e massimedallo autore d'essa: e
rinfrescare ogni dì nuove ingiurie in una
città, è a chi la governa dannosissimo Gli
uomini salgono da un' ambizione ad
un'altra; e prima si cercanon essere
offeso, dipoi di offendere altrui Gli uomini,
ancora che si ingannino ne’ generali, nei
particolari non si ingannano
Chi vuolo che uno magistrato non sia
dato ad un vile o ad un tristo, lo
facci domandare o ad un troppo vile e
troppo tristo, o ad uno troppo nobile e
troppo buono Se quelle città che hanno
avuto il principio libero, come Roma, hanno difficoltà
a trovare leggi che le mantenghino; quelle
che lo hanno immediate servo, ne hanno
quasi una impossibilita L. Non debbo uno
consiglio o uno magistrato potere fermare le
azioni della città LT. Una repubblica o uno
principe debbo mostrare di fare per
liberalità quello a che la necessità lo
constringe A reprimere la insolenza di uno che
sorga in una repubblica potente, non vi è
piu securo e meno scando- loso modo, che
preoccuparli quelle vie per lo quali
o’vieno a quella potenza. Il popolo molte
volto desidera la rovina sua, ingannato da
una falsa spezie di bene : e come le
grandi speranze e gagliardo promesse facilmente lo
muovono 25S Quanta autorità abbia uno uomo grande
a frenare una moltitudine Quanto facilmente si
conduchino le cose in quella città dove
la moltitu-dine non è corrotta: e che dove è eqnalità,
non si può faro principato;e dove la
non è, non si può far
re-pubblica 26SLVI. Innanzi che seguino i
grandi acci-denti in una città o in una
provin-eia, vengono segui che gli pronosti-cano,
o Domini che gli predicono. PLa plebe
insieme è gagliarda; diper se è deboleLa
moltitudine è più savia e piùcostante che
un principe altri si può più fidare; o
di quellafatta con una repubblica, o di
quellafatta con nno principe Come il
consolato o qualunque altro magistrato in Roma
si dava senzarispetto di età Quale fu
più cagione dello imperioche acquistorono i
Romani, o la virtù,o la fortuna Con quali
popoli i Romani ebbero acombattere, e come
ostinatamentequelli difendevano la loro libertà.
. Roma divenne grande città rovi-nando le
città circonvicine, e rice-vendo i forestieri
facilmente a' suoionori Le repubbliche hanno
tenuti tre modicirca lo ampliare lingue,
insieme con 1~ accidente de-1 diluvi o delle
pesti, spegno la memo-ria dello cose, .
Come i Romani procedevano nel farela guerra
Quanto terreno i Romani davanoper colono La
cagione perchè i popoli si par-tono da’ luoghi
patrii, ed inondano ilpaose altrui Quali
cagioni comunemente faccinoX. I danari non sono
il nervo dellaguerra, secondo elio è la
comune op-pinone Non è partito prudento fare
amici-zia con un principe che abbia
piùoppinione che forze assaltato, inferire, o
aspettare laguerra Che si viene (li bassa a
gran for-tuna più con la fraude, che
con laforza t Ingannansi molte volto gli
uomini,credendo con la nmilità vincere la
su-perbia Gli Stati deboli sempre
fieno ambi-gui nel risolversi: e sempre le
deli-berazioni lente sono nocive Quanto i soldati
ne’ nostri tempi si disformino dalli
antichi ordini . Quanto si debbino stimare
daglieserciti ne’ presenti tempi le
artiglie-rie ; e se quella oppinione che se
neha in universale, è vera Come per I’ autorità
de* Romani,e per lo essempio della antica
mili-zia, si debbe stimare più le
fanterieche i cavagli . Che gli acquisti nelle
repubbli-che non bene ordinate e che secondola
romana virtù non procedono, sonoa rovina,
non a esaltazione di esse .Quale pericolo
porti quel principeo quella repubblica che
si vale dellamilizia ausiliare a mercenaria Il
primo Pretore che i Romanimandarono in
alcun luogo, fu a Capo-va, dopo
quattrocento anni che co-minciarono a far guerra
Quanto siano false molte volte leoppinioni
degli uomini nel giudicarele cose grandi
Quanto i Romani nel giudicarei sudditi per alcuno
accidente che ne-cessitasse tal giudizio,
fuggivano lavia del mezzo Le fortezze
generalmente sonomolto più dannose che utili
Che Io assaltare una città disu-nita,
per occuparla mediante la suadisunione, è
partito contrario. . . . Il vilipendio e
l’improperio ge-nera odio contra a coloro che
l’usa-no, senza alcuna loro utilità Ai principi e
repubbliche pru-denti debbe bastare vincere ;
perchè ilpiù delle volte, quando non
basti, siperde Quanto sia pericoloso ad
unarepubblica o ad uno principe non ven-dicare
una ingiuria fatta contra alpubblico o
contra al privato La fortuna accieca gli
animi de-gli uomini, quando la non vuole
chequelli si opponghino a’ disegni suoi Le
repubbliche e gli principi ve-ramente potenti non
comperano l' ami-cizie con danari, ma con
la virtù econ la riputazione delle
forzo .... Quanto sia pericoloso credere
agli sbanditi In quanti modi i Romani occu-pavano
le terre Come i Romani davano agliloro
capitani degli eserciti le commis-sioni libere A
volere che una setta o una repub-blica viva
lungamente, è necessarioritirarla spesso verso il
suo principio. Come gli è cosa
sapientissima simu-lare in tempo la pazzia 5Come
egli è necessario, a volermantenere una libertà
acquistata dinuovo, ammazzare i figliuoli di
Bru-to Pag-Non vive sicuro un
principe in unprincipato, mentre vivono
coloro chene sono stati spogliati Quello
che fa perdere uno regno aduno re
che sia ereditario di quello . Delle
congiure Donde nasce che le mutazioni
dallalibertà alla servitù, e
dalla servitùalla libertà, alcuna n1 è senza
sangue,alcuna n" è piena Chi vuole alterare
una repubbli-ca, debbo considerare il soggetto
diquella Come conviene variare coi tempi,volendo
sempre aver buona fortuna . Che uu
capitano non può fuggire lagiornata, quando
1’ avversario la vuolfare in ogni modo
Che chi ha a fare con assai, an-cora
Che sia inferiore, purché possasostenere i
primi impeti, vince. . . . Come un capitano
prudente debboimporre ogni necessità di
combattereai suoi soldati, e a quelli delli
minicitorla golP0Ye 8*a Più confidare, o innuo
buono capitano che abbia l;eser-cp° debole,
o in uno buono esercitoche abbia il
capitano debole. Le invenzioni nuove che
appari-scono nel mezzo della zuffa, e le
vocinuove che si odono, quali effetti
fac-cino Come uno e non molti siano
preposti ad uno esercito, o come i piùcomandatori
offendono Che la vera virtù si va ne'
tempidifficili a trovare; e ne* tempi facilinon
gli uomini virtuosi, ma quelliche per
ricchezze o per parentado pre-vagliono, hanno
più graziaChe non si offenda uno, e
poiquel medesimo si mandi in ammini-strazione e
governo d’ importanza. Nessuna cosa è più degna
d' uncapitano, che presentire i partiti delnimico.
Se a reggere una moltitudine èpiù
necessario lo ossequio che la
pena. Uno essempio d'umanità appresso ai
Falisci potette più d' ogni forza romana Donde nasce che Annibale con
diverso modo di procedere da Scipione, fa
quelli medesimi effetti in Italia che
quello in Ispagna. Come la durezza di
Manlio Torquato e l’umanità di Valerio Corvino acquistò
a ciascuno la medesima gloria. Per quale cagione Cammillo fnsse
cacciato di Roma. La prolungazione degl’imperi fa serva Roma. Della
povertà di Cincinnato, e dimolti cittadini romani. Come per cagione di femmine si
rovina uno Stato . Come e' si ha a
nnire una città divisa; e come quella
oppinione non è vera, che a tenere le città
bisogna tenerle disunite. Che si debbe por
mente alle opere de’ cittadini, perchè
molte volte sotto un’opera pia si nasconde
un principio di tirannide. Che gli peccati dei popoli nascono
dai principi. Ad uno cittadino che voglia
nella sua repubblica far di sua autorità
alcuna opera buona, è necessario prima spegnere l’invidia:
e come, venendo il nimico, s’ha a ordinare
la difesa d’una città
Le repubbliche forti o gli uomini
eccellenti ritengono in ogni fortuna il
medesimo animo e la loro medesima dignità. Quali
modi hanno tenuti alcuni a turbare una paco. Egli
è necessario, a voler vincere una giornata, fare l’esercito
conattente ed infra loro, e con il capittano.
Quale fama o voce o oppinione fa che il
popolo comincia a favorire un cittadino: e se
ei distribuisce I magistrati con maggior
prudenza che un principe. Quali pericoli si
portino nel farsi capo a consigliare una cosa; e
quanto ella ha più dello straordinario, maggiori
pericoli vi si corrono . La cagione perchè i
Franciosi sono stati e sono ancora giudicati nelle
zuffe da principio più che uomini, e dipoi
meno che femmine . Se le piccolo
battaglie innanzi alla giornata sono necessarie,
e come si debbo fare a conoscere un nimico nuovo,
volendo fuggire quelle . Come debbe esser
fatto un capitano nel quale 1’esercito suo
possa confidare Che un capitano debbe esser conoscitore
dei siti Come usare la fraudo nel
maneggiare la guerra è cosa gloriosa. .
Che la patria si debbe difendere o con
ignominia o con gloria; ed in qualunque
modo è ben difesa Che le promesse fatte
per forza non si debbono osservare Clie gli
uomini che nascono in una provincia,
osservano per tutti I tempi quasi quella
medesima natura E’ si ottiene con
l'impeto e con 1’audacia molte volte quello
che con modi ordinari non si otterrebbe
mai . Qual sia miglior
partito nelle giornate, o sostenere l'impeto de'
nimici, e sostenuto urtargli; ovvero dapprima con
furia assaltargli Donde nasce che una
famiglia in una città tiene un tempo i
medesimi costumi Che un buon cittadino per amore della patria debbe dimenticare l’ingiurie
private. Quando si vede fare uno errore, grande ad un nimico,
si debbe credere die vi sia sotto inganno. Una
repubblica, a volerla mantenere libera, ha
ciascuno di bisogno di nuovi provvedimenti; e
per quali meriti Quinto Fabio è chiamato
Massimo. Tito Livio. Keywords: filosofia romana, Romolo. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Livio” – The Swmming-Pool Library, Villa Speranza. For H. P. G.
Grice’s Gruppo di Gioco. Tito Livio.
Grice e Lodovici: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale della virtù – verso la meta –
la meta è l’origine -- filosofia siciliana – filosofia italiana -- Luigi
Speranza (Messina). Filosofo
italiano. – Grice: “I like Emanuele
Samek Lodovici – very Italian – his metamorfosi della gnosi is good!” -- samek
lodovici -- one of the two. Il
suo pensiero d'impronta metafisica si oppone al materialismo e al riduzionismo.
Esperto della filosofia di Plotino, Sant'Agostino e Marx, si occupa dello
gnosticismo che a suo parere si trova ripresentato in diverse filosofie e
ideologie dell'età moderna e contemporanea. Figlio del bibliotecario e
bibliografo Sergio Samek Lodovici, nativo di Carrara, che lo chiamò come suo fratello
maggiore, noto medico e politico. Rimase in Sicilia per breve tempo per poi
vivere sempre a Milano. Scampò a soli cinque anni alla tragedia di Albenga,
quando dopo il naufragio di un'imbarcazione carica di bambini era stato
inserito nel gruppo delle piccole salme, ma il tempestivo intervento di un
medico lo salvò. Di formazione e cultura cattoliche, studia a Milano dove si
laurea con «Filosofia classica e spiritualità cristiana nel Commento di
Sant'Agostino al Vangelo di San Giovanni». Insegna aTorino. Pubblicò due
monografie, una su Agostino (con il contributo del C.N.R.), e l'altra sulla
gnosi moderna, che gli valsero la cattedra di Filosofia a Trieste. In una lettera Noce si riferiva così. Nella
prima delle sue due opere fondamentali, Dio e mondo, inizia considerando la
grave accusa rivolta da Heidegger alla metafisica, ovvero di non aver compreso
che cos'è l'«essere» e di aver reificato Dio, di averlo cioè reso una
«cosa». Questa critica può essere legittima ma non nei riguardi della
metafisica neoplatonica nella forma in cui è stata mediata da Agostino. Individua
il fulcro di tale metafisica nella dottrina della «partecipazione» delle idee
col mondo, in forza della quale il rapporto di Dio col mondo è una relazione
sostanziale e non oggettualità. In Metamorfosi della gnosi, delinea una
fenomenologia della cultura come influenzata da una mentalità inconsciamente
gnostica. Tale mentalità ha assunto in sé le tesi dello gnosticismo antico,
ovvero la sostanziale negatività del mondo, la possibilità di redenzione dalla
oscurità del mondo attraverso un sapere salvifico (gnosi) e la possibilità di
un redenzione del mondo realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla
sola azione dell'uomo tramite la politica e/o la scienza. Così nel
pensiero gnostico la finitezza e la creaturalità vengono disprezzate e
rifiutate, con l'ambizione di creare l'Uomo Nuovo e la Gerusalemme terrena.
Insomma, sintesi del pensiero gnostico è quella formulazione che trova il
proprio culmine nel «rifiuto di non poter essere Dio»; in tal modo nella
visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo gnostico a identificarsi con
l'infinito, sgravato com'è da qualsiasi limite. Da ciò appaiono evidenti
gli obiettivi polemici e critici di ogni metamorfosi dello gnosticismo rappresentato
nelle forme del riduzionismo antireligioso, del prometeismo marxista,
della filosofia radical-relativista diffusa attraverso i media, della
corruzione della memoria storica attuata anche attraverso la corruzione del
linguaggio ed infine nella strategia della distruzione della famiglia, che è
stata potentemente colpita in particolare con la rivoluzione sessuale e con
alcuni tipi di femminismo. Per quanto riguarda la sua pars construens,
Safferma che proprio a partire dalla post-marxistica crisi del pensiero
secolarista gnostico si deve delineare la necessità di ritornare alla tradizione
metafisica, da lui indicata sulla linea di Platone, Plotino e soprattutto
Agostino. In sintonia con l'ermeneutica
contemporanea, e pur evitandone le derive nichilistiche, riconosce la struttura
storicamente condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della
conoscenza, secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non
ha le cose», e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa
del linguaggio per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo
con cui l'uomo storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio
stesso (i baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne. Rievoca
la valenza dell'autocoscienza della ragione e delle sue vastissime
potenzialità, sia in bene che in male, e a partire da queste, ne ricorda i
limiti, i fallimenti storici e le costitutive incapacità che emergono
specialmente nel momento in cui essa viene elevata ad una illuministica
idolatria, concretizzandosi nella moderna vita di massa che «ha affermato la libertà politica da ogni
autorità spirituale, finendo per favorire il potere dell’uomo sull’uomo; ha
affermato la libertà dell’amore dalla morale per vanificarlo nel sesso; ha
affermato di lottare contro ogni religione in quanto superstizione, solo per
prepararne una più esiziale, quella della scienza e del successo.»
Piuttosto, una ragione accorta deve, restando autonoma, interagire con la
religione, per corroborarla e giustificarla razionalmente o per cercarvi le
risposte prime ed ultime. Tipica poi del suo pensiero è la «cultura del ricordo», intesa come
cultura non di una memoria archeologica bensì di una memoria che guardando ai
fallimenti del passato possa liberare il presente dalle menzogne ideologiche e
dai progetti utopistici che, ripetendosi nella storia, hanno generato i
totalitarismi del XX secolo, e che oggi producono la dittatura del relativismo
e del nichilismo. Così la memoria assume una funzione spirituale nel senso che «mi rende migliore di quello che sono». La
riflessione è dunque nel complesso di carattere etico-sapienzale, consapevole
che in ogni agire umano si esplica la ricerca della felicità, una ricerca che,
per essere efficace e compiuta, deve però essere immune da qualsiasi utopismo
onirico: è alla luce di questa precisazione che può affermare che «non vi è
nessuna felicità senza virtù, in altre parole non vi è nessuna felicità senza
quell'unica attività che è in grado di rendere l'uomo pienamente umano», perciò
«non si può pretendere che l'acquisto della felicità non passi attraverso lo
sforzo, la lotta, e in ultima analisi la sofferenza», ed è in tal modo che
trovano un senso il limite umano e la sofferenza. Non sfugge al filosofo la
coscienza della precarietà della felicità umana, però questa «ben lungi dallo
spingerci alla tristezza per l'insaziabilità dell'uomo, va tuttavia vistaottimisticamente,
come l'indizio che è un'altra la felicità conforme al livello spirituale degli
esseri umani», perché «ultima hominis felicitas non est in hac vita. Saggi: “
Plotino nel In Johannis Evangelium di Agostino, in Contributi dell'Istituto di filosofia, Vita e
Pensiero, La Lettera ai Galati” in Marcione e Tertulliano, in «Aevum», Milano, Agostino,
in Questioni di storiografia filosofica,
La Scuola, Brescia); Sul processo di Gesù e su Gesù e gli zeloti, Vita e
Pensiero, Marxismo o Cristianesimo, Ares, Sesso, matrimonio e concupiscenza in,
Etica sessuale (Milano); Tra cosmologia e metafisica. Note sul concetto di
cosmo, in “Il demoniaco nella musica, Giappichelli, La felicità e la crisi della cultura radicale
ed illuministica, in La crisi della
coscienza politica e il pensiero personalista, Libreria Gregoniana, “Dio e
mondo: relazione, causa e spazio” (EStudium); “Metamorfosi della gnosi” Ares, Dominio dell'istante, dominio della morte.
Alla ricerca di uno schema gnostico, in «Archivio di Filosofia», Istituto di
studi filosofici, Roma, “La gnosi e la genesi delle forme, in «Rivista di
Biologia», Il gusto del sapere, Universitas); “L'arte di non disperare. Il
gusto del sapere Estratti di L'arte di
non disperare M. Picker, Il mio professore di filosofia, Studi
Cattolici, Alabiso, La critica dell'attacco macro-strutturale al cristianesimo,
Catania. Giacomo L., Profili. L., Studi Cattolici, Sciffo, Le maschere della
gnosi, «Avvenire», Barbiellini Amidei, Il filosofo che insegna l'arte della speranza.,
in «Corriere della Sera», filosofo che insegna arte_della_co shtml G. Feyles,
La battaglia di Samek, in «Tempi», tempi la-battaglia-di-samek Fumagalli, L. e
Noce: Gnosi e secolarizzazione, Santa Croce, Roma //sergiofumagalli/files/ tesi.pdf
Taddeo, Verità e diritto, Trento G. Segre,
una vita per la Verità, «la Bussola Quotidiana» /la nuova bussola quotidiana.com/it/archivio
Storico Articolo-emanuele-samek- lodoviciuna vita-per-la-verit- A. Galli, Il
ritorno della gnosi, in «Avvenire», Anna, L'origine e la meta. Ares, Milano. Gnosticismo Cattolicesimo, Noce, Voegelin, Mathieu
su Santi, beati e testimoni, santiebeati. Il gusto del sapere Universitas, Documentazione
interdisciplinare di scienza e fede, Gnosi moderna e secolarizzazione
nell'analisi” Fumagalli, Pontificia Università della Santa Croce, Roma, “la
gnosi come vero avversario della verità di Restelli, sito "Cultura Cattolica.
Emanuele Samek Lodovici. Lodivici. Keywords. la virtù, l’amore sessuuale, il sessuale – la
sessualita, il maschile, il machio, il sesso maschile, il vir, virile,
virilita. Refs.: Luigi Speranza, “ Grice e Lodovici” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Lodovici: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma) The author of a fascinating essay on
philosophical psychology. Figlio di Emanuele Samek Ludovici. Giacomo Samek
Lodovici. Lodovici.
Grice e Lombardi: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale -- la filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano.
Grice: “I like Lombardi; he took seriously my idea of Philosophy’s
Longitudinal Uniity, and like Passmore or Warnock, engaged iin a study of the
‘last hundred years of Italian philosophy. This shows that his interests on
Kant, etc., are Italian-based, mainly!” Il
padre e avvocato e docente di diritto e procedura penale a Napoli, già allievo
prediletto di Bovio, deputato prima e dopo il fascismo, autore di scritti vari
di sociologia. La madre Rosa Pignatari fu nipote di Ciccotti, nella cui casa era cresciuta.
Tradusse alcuni degli scritti di Marx nelle Opere edite dal Ciccotti e la
Storia del movimento operaio di Edouard Dolleans. Laureato e libero docente in filosofia lavora
in filosofia. Pubblica “Il mondo degli uomini” (Firenze, Le Monnier) Insegna a
Roma. Presidente della Società Filosofica Italiana e (sin dalla fondazione)
della Società filosofica romana, diresse il "Centro di Ricerca per le
Scienze Morali e Sociali" presso l'Istituto di filosofia della Roma. Direttore
della rivista De Homine cui si è affiancato il Bollettino Bibliografico per le
Scienze morali e sociali. Membro dell’Accademia nazionale dei Lincei. Gli e
conferito il premio nazionale "Croce" per la filosofia. Saggi: “L'esperienza e l'uomo.”“Fondamenti di
una filosofia umanistica” (Firenze: Sansoni); “Il mondo morale;”“Feuerbach” (Firenze:
Nuova Italia); “Feuerbach e Marx: “Kierkegaard” (Firenze: La Nuova Italia); “La
libertà del volere” (Milano: Bocca); La filosofia critica, Roma: Tumminelli;
“Il problema kantiano, “Commento alla Critica della ragion pura” Kant vivo (Firenze:
Sansoni); Nascita del mondo modern (Firenze: Sansoni); Concetto e problemi di
Storia della filosofia” (Asti: Arethusa); “Le origini della filosofia” (Asti:
Arethusa); “Libertà” (Asti, Arethusa); “Dopo lo Storicismo” (Firenze: Sansoni);
“Ricostruzione filosofica” (Asti: Arethusa); “La filosofia italiana” Asti:
Arethusa, Il piano del nostro sapere, Asti: Arethusa); “La posizione dell'uomo
nell'universo, Firenze: Sansoni); “Problemi della libertà, Firenze: Sansoni, Filosofia e civiltà” (Firenze: Sansoni, Saggi
Manoscritti inediti Scritti vari di filosofia, Scritti politici Filosofia e
Società, Firenze: Sansoni, Filosofia e Società Firenze: Sansoni, Il senso della
storia” (Firenze: Sansoni); Aforismi inattuali sull'arte” (Firenze: Sansoni); Galilei:
un ante-signano”(Firenze: Sansoni, scritti per l'università, Firenze: Sansoni,
“Continuità e Rottura, Firenze: Sansoni, Una svolta di civiltà, n.d.: ERI, Gaetano
Calabrò, Torino: Filosofia, Atti del Congresso internazionale di Filosofia,
Milano: Castellani & C Editori, Il materialismo storico Atti del Congresso
internazionale di Filosofia; Roma: Fratelli Bocca, Il problema della filosofia
oggi Varie Taccuini di viaggio Dodici canzoni napoletane, su versi di Salvatore
Di Giacomo, Firenze: Forlivesi, Torino: Edizioni di Filosofia, Treccani
L'Enciclopedia italiana. Un contributo significativo per la costruzione della
filosofia italiana contemporanea, Lincei, in Biblioteca di Filosofi, Sapienza Roma.
Franco Lombardi. Lombardi. Keywords: la filosofia italiana, Galilei. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Lombardi” –
The Swimming-Pool Library.
Grice e Longino: la
ragione conversazionale e il filosofo della regina -- Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. An adviser
to Queen Zenobia. Oddly, when Zenobia is defeated by the Romans, she is taken
off to Rome, whereas her adviser is executed.
Grice e Longino: la
ragione conversazionale e il diritto romano -- Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A legal
scholar and theorist. Uno degl’uccisori di GIULIO (si veda) Cesare. Gaio Cassio
Longino. Longino
Grice e Longano: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’uomo naturale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Ripalimosani). Filosofo italiano. Grice: “Longano took ‘naturalness’
so seriously that he would apply it to anything: ‘man’ (‘uomo naturale’) and
morals (‘morale naturale’).” “I like Longano; he is a systematic logician, as
I’m not – therefore he thinks that to study semantics, which logic is, starts
with studying signs – as I did in my seminars on Peirce – so Longano is the one
I was referring when I mentioned what ‘people were at when they display an
interest in natural versus conventional signs; he also has interesting things
to say about my favourite parts of speech, syncategoremata!””Allievo di ZURLO, si trasfere a Campobasso e quindi a
Napoli dove divenne allievo di GENOVESI. Fa
parte della massoneria ed è considerato un importante esponente dell'illuminismo,
fu sostenitore dello stretto rapporto tra anima e corpo e di una visione dell'uomo
nella sua interezza. Propugna la rinascita dell'Italia, proponendo un piano di
riforme e il superamento del feudalesimo. Altri saggi: “Piano di un corpo di
filosofia morale; ossia, Estratto d'un corso di Etica, di economia e di
politica” (Napoli,“Dell'Uomo Natural Napoli, “Saggio sul commercio” (Napoli,
presso Vincenzo Flauto, Raccolta di Saggi economici per gli abitanti delle due
Sicilie, Napoli, presso Sangiacomo e Campo,
“Dell'uomo e della sua morale natura -- Esame fisico, e morale dell'uomo, Napoli,
Morelli, Dell'uomo, e sua morale natural, Della morale naturale, Napoli, M. Morelli,
Dell'uomo Religioso e cristiano, Dell'uomo
religioso, Napoli, Morelli, “Logica” Viaggio per lo contado di Molise ovvero
descrizione fisica, economica e politica del medesimo, Napoli, Viaggio per la
Capitanata, Napoli, Sangiacomo, Il Purgatorio ragionato, Lepore, postfazione di
Martelli, Campobasso, Palladino, Philosophiae rationalis elementa; De arte
logica, Napoli; De metaphysica, Napoli, Orsino; De Jure humanae, Napoli, Biblioteca
provinciale di Foggia; L'anno di Genovesi, su biblioteca provincial foggia.
Gaetano, su webcache .googleusercontent.com A. Rao, L'amaro della feudalità: la
devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli, Guida, Rizzo, La civiltà
del Purgatorio: riformismo e anti-clericalismo nella provincia molisana, S. Borgna,
su delpt.unina, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. I I
BIBLIOTECA NAZ~ Vlttorlo Emanuele
III i
XXIII \.A 52
NAPOLI t V'
PHILOSOPHIAE RATIONALI*?
ELEMENTA A V f T. ab* longano
' N ’ ’ V o L, L • DE ARTE £OGIC4 r i u ^ u A
Pe rerum ideis , et signi 'f , Jej% erroribus et ycritate* N E A p 0 L l MDCCXCI,
1 . ' Digitized by Google Digitized by Google ^ s
fcE CLARIS DIALE C TIGiE
SCRIPTORIBUS. A D /
>' JOSEPHUM GANTORIUM. > . • I 1 V v ; , % r
P Hilosopkia , Josephe pr^claridiime , in quam uno Dialectica studio ingredimur , rerun
^ divinarum , kumanarumque sapientiam
con- ticet » Hinc Dialectica inchoat ,
qutf sapientia perficit . At vir
acerrimi ingenii , divine me- mori e ,
et per quam longa meditatione , ac le-
ctione contritus Antonius Genuensis meus ami- cus , et magister , multa in sua arte logica
> pluraque in aliis desiderans ,
neminem plane , qui jure appellari
Dialecticus posset , dicebat . Habebat
itaque vir magnus comprehensam ani- *
f. \
Digitized by Google 4 m
quem si imitari non possfimifs , at qualif esse debeat , poterimus fortasse dicere i “ Ars disserendi licet a ratione proficiscatur
j proindeque quolibet in homine ingenita
; verum,- tamen a Graecis primo
elaborata , atque ab us- dem et
monumentis , et literis est cepta man-
dari . Testes enim sunt
, j arieter plurimos phi- losophos
illustres , etiam *pene innumerabiles
oratores , uti Lysias , Isocrates , Hyperides , JEschines , Lycurgus , Pericles , DemOslheoes
, aliique plures . Quibus si artem disserendi de- mas , omnem eorum vim , atque loquendi ce
- piam prorsus evertes . “ . Equidem si hac arte Pericles ( mitto
eet«- fos ) fuisset orbatus', quo pacto
tanta cum de- lectatione aculeos,
reliquisset in animis eorum , i . a a
qui- % Digitized by Google O qi/ibns esset auditus i Quis putet
suhtUitateni ingenii L. Bruto defuisse ,
qui ex oraculo A- pollinis tam acute
conjecerit , qui summam prudentiam
simulatione stu/titi.c texerit , quique
Civitatem perpetuo dominatu llt er at am fAagi- stratibus annuis , legibus , ju liciisque
devinxe- rit ? Quis denique putet Appium
Cvium , Cato- nem majorem , Cn.
Servilium, Tib. Gracchum , t-. Cott..m ,
P. Scxvolam , L. Crassum , C. Antonium ,
Hortensium , C. Cxsarem , Cicero- nem ,
aliosque disertissimos Itali x oratores nul-
la Qialecticx Arte fuisse imbutos ? Verum huc In loco non quxrimus , qui fuerint clari
Did- fectici , sed quanti pretii eorum
scripta ; tem- pus est igiiur , ai id
quod instituimus , ac- ie edere . Dialectica a Grxcis exorta } ut superius
j bnte Christum an. 4 66. , Zenoni ex urbe
P,lea in hucahia postea Velia Parmenidis
Auditori tribuitur , At Zenonis Logica ,
quid aliud , hi si ars nixandi ,
cavilldndique , ex qua Elea- tici
Sophistx profanarunt , quorum intolerabi-
lem arrogantiam Socrates Atheniensis prxstan - tissi no vir ingenio j atque morum probitate
it - - lustris abhorrens , irohica
subtilitate eorum iru st i tuta
refellere solebat . Eleaticam scholam
Leucippus Abderita Ze- lionis discipu'us
ante Christum an. 452. sum- thopere
illustravit . Etenim is fuit atomorum
sententix auctor , cujus doctrinam primus in- stauravit Democritus etiant Abderita , ante
Chri- s 3 stuni stum 420. ac postremo Epicurus
Atheniensis , a quo initium schola
Epicurea ante Chr . 300. an. accxpit . ,
, At Socrates , qui cum floreret ante
Chr. 41S. >»• owi«/ genere virtutis r
hac tamen fuit luit- de clarissimus ,
quod omnium primus homines fe- lices.
reddere studuit . Ille enim non de rerum
natura , atque astrorum motu , iit superiores philosophi , sed de animo , de perturbationibus
, de bonis et malis , deyue humana vita
, aC mo- ribus sdpienter disputavit . Quantum vero ad
ijusdem Dialecticam y tota versabatur in eo t quod principio omnia vocabula definita vellet
, deinde quibusdam minutis interrogatiunculis
pro- positiones per necessariam
consecutionem ita acute teperet , donec
adprxceps inconsideratos adversarios
perduceret. Hujus tanti viri domus t
ciinctx Greci.e quasi ludus cum esset , atque officina dicendi , minime mirum , si ejus
ex uberrimis sermonibus extiterint tot ,
thntique doctissimi viri . Sed ,, inquies , qui isti tandem fuerint ?
Hoc in nomine , inquam , non sunt
habendi , nisi ii qui maxima cum citra
Dialecticam coluerunt , quorum
illustriores fuerunt Plato , ei qito Aca-
demici , Euclides , ex quo Megarenses ptoma- narunt . Itemque Anihistenes Cynicorum p arens % atque Aristippus sbct.t Cyren.torum Conditor
. Hisce
veluti ouatuor familiis universd veterum
Dialecticorum multitudo conclusu , ad hxc usque tempora est 'ptopagata . Quare distincte me
pro- kejm ''Digitized by Google iessisse deliror,, si eorundem Xripta
Logici 'perpendam * Plato ante Chr. 39 ^- an ‘ Codrit ex parte
p!U iris , et Solone ex parte .matris
editus , in sua adolescentia exercitationibus
gymnasticis , pictu - ¥ pro morum philosophia Dialecticam
praecipuum m medum f eluit • Hinc ejus
auditorei , ut ex * 4 Digitized by Google #
Laertio discimus dicti sUAt ,et Megarenses Ut Dialectici Quantum ad ejusdem disserendi artem , tota erat iA quadam inductionum ,
ac conclusionum serie , eX qua
disputandi pressa , ratione Eubolides
illius distipuius muti a so- phismatum
genera invertit , adhibuitqhe .. At
Diodorus, qui dicitkr . Crbhus , hujus schoU alumnus sumtno nitore conjectus est ,
quoniam Stilponis argutias refellere
ignoravit i Megareu i urguendi modus in
Europi barbarie renovatus inter NOmirta/ium
, et Singularium , atque in u ter
Thomistarum et Scotistarum scholas diutii -
sime regnavit . ... ... j Altet
' Sacratis discipulus fuit Aristippus ]
qui ante Chr. 406. an, floruit i Hic , r* l/r^/ Cyrenarum Socratis fama fercitUs ,
Athenas Venit , ut eum audiret , Aristippus
fuit Secta CyrenuicX auctor 4 At tjus
sequaces j eque Phy- sicam ac
Dialecticam n egi exedunt . Non miretis
l & tur ) si ‘tohr.em ititer et voluptatem nbllum discrimen (funerent. Quin imo interiorem
dumi- taxat voluptatis , uut doloris
Sensum putabant ven es^f judicium , quia
sentiatur . Verum pb- testne quisquam
dicere, inter eUm , qhi doleat t et inter
eum qui in 'voluptate sit , nihil inter-
esse . Aut ita, qui sentiat f non apertissime msamai. 1 ix..J Postremiis Socratis disciphlus fuit
Anthiste- ' • n * s -Atheniensis ,
Cynicorum secta; Jnstituior i Paucissima
hic de arte disserendi scripsit, ut ex
Laertio, in ejus vita » _ Dos iit in gymnasio , Digilized by Google Otqtie Diogenem Sinopeuhl , quem Cynicum
co- gnominant , ' habuit auditorem . En
, Josepht doctissime , Pelui i surculos
Dia/ecticie piante , quam Zerin seruit
Soctates y fj usque discipuli
excoluerunt . Dicendum medo est f quales ei quatito? fructus unhsquisque eorum produxerit
i iLx Platonis auditoribus , ceteris
presiitere Aristoteles Schole
Peripatetice institutor et princeps ,
atque Xenocrates Magister Xenonis
Cittici , aili Stoicorum est parens i
Aristoteles Stagirites N icomachi Filius , ma- gnique Alexandri preceptor , floruit ante
Chn an. 350. Hic enim adeo prestavit ,
ut excepto Platone , parem noti invenias
. Quis enim illo gravior in loqtiendo ,
in sententiis argui ior } iri docendo
copiosiot * in edisserendo subtilior , a’c
tandem in inveniendo , disponendoque admirabi- lior ? Referti sunt ejus libri et omnigena
rerum cognitioni , et verbis illustribus
i Senex impie - tatis crimine a
sacerdotibus accusatus , aufugit t ln
Isyceeo eidem successit Theophrastus il/iai
auditor , quo mortuo pene siluit licet in ets docuerint Eicon , Aristo , Critolaus ,
Demetrius - Phalereus ) et Strato
cognomento physicus 4 Quod spectat ad
Aristotelis Dialecticam , in qua fuit
pnestantissimus y ejus libri sunt de rct-
tione disserendi multi , et multum probati 4 Etenim veteres scriptores artis hujus usque
a principe illo , atque inventore Zenone
repetitos unum in locum conduxit , et
naminatim cujus - que prscepta magna
conquisita tura perspiouS 00 * te>
Conscripsit , et enodata diligentissime exposuit i Scis enim nihil esse simul et inventum ,
et perfectum . Stagirites itaque omnium
primus attulit hanc artem omnium artium
maximam , - et quasi lucem ad ea , quit-
confusa , jejuna , et exilia cntum ante
annos scripta erant . Ad Platonis
scholdrti refertur quoque Zeno Cittieus
ante Chr. 300. an. qui fuit Xenocratis
Chalcedonii discipulus . Trigesimo sum xtatii anno Athenais ivit , ht iiras illos nosceret
, 'quorum opeta lectitarat . Principio
Craten * deinde Stilponefn i Xenocratem
, atque Diodo- rum Crontim audivit . In
Stoa scholam ape* ruit , habuit que
nonnullos discipulos , quos mo- rum
honestate plus , quam scientiis informabat i
Etenint multa de justitia , de fortitudine , de temperantia , de amicitia , deque hujusmodi
ahis Stoici graviter , et enucleate
scripserunt. Quan- tum autem ad artem
disserendi , quam ab Oratoria arte sej
ungerent , nihil in eo gene- te , quod
ad disputandum valet , praetermis- sum
est. Quaque Dialectici nunc tradunt , et
docent, nomie ab illis philosophis instuta suhtj ' kt inventa ? At, inquies, pr teter dinumeratos iisdem
fere iempbrihus floruerunt etiam
Parmenides , Xe- nocrates Ciren.ei ,
Stilpo Megarensis , ac deni- que
Epicurus tantx scholte conditor , qui si
Dialectici non sunt habendi , nescio hoc nometi cui tribui possit . Sed quid insipientius ,
quarti isti omnes i Parmenides enim , et
Xenocrates iritrtt Digitized by Googlt' .. : . . H increpabant
eorum arrogantiam , quasi irafi , Hui
cum sciri nihil possit , audeant se scire
dicere . Uipsum dicendum de Cyrenxis qdi
hegant esse quid quam , qtlod percipi possit ex- trinsecus , sed ea se sola percipere , qti.e
tactil intimo sentiant . Nihil de
Stilpone. Quam fnu'ta ille cofitra
sensus , 'quam multa contra omnia , qu.e
in consuetudine probantur ? Nihil- que
de Epicuro , 1 eujus tt>ta Dialectiea in sen- sibus erat . It e mq ile ex Dialectica tollit
defi- nitiones : nihil de diitisione
ddcet : non quomo- do efficiatur
concludaturqile ratio , tradit : non qua
via captiosa solvantur , ambigua distinguari -
tar , oftetidit ■. Tu quidem, inquis, loiurrt Epicurum e philosophorum choro sustulisti
. Ita sane, flatu qtiomodo philosophiis,
qui disse- rendi artem nullam habuit ?
qui in physicis tam plumbeus , qui Solem
bipedalem facit , qui de atomis tot
puerilia fingit ', qiii tandem regulam
veri , et falsi in sensibus ponit ? Nonne hxc discere liidus esset ? Verum ab hoc tam
credii- lo , qui numquam setlsus mentiri
putat , disci- damus. Insuper pressifis affis , et inquis , quod
Arce silas , ChrysippuS , Pyrrho , et
Carneades sum- mi Dialectici fuerint ,
qtioniam Arcesilas fuit medix Academix
parens , Chrysippus fitlcire putabatur
porticuih Stoicorum , Pyrrho scepil -
eorum' sectam , et Carneades novam Academiam eonJidit .
Primum Arcesilas
Pilanx natus in JEolide- *ntc !
4 % • . * • ^
ante Chr. 290. floruit ; Cratique in Academia successit . Juxta Laertium Arcesilus omnium
- primus utramque in partem disserere
aggressus est . Quod esi omnino falsum
ex ipso Laertio , qui in ejusdem vita
etiam scripsit : Primui Orationis modos
, quos Plato tradiderat , novit ,
'effecitque per interrogationem ct resportsionem contentiosius Id ipsum asserit Cic. libro
de • Oratore tertio: Arce silis primum.
, qui Polemo- nem audierat , ex variis
Platonis libris , et sermonibus Socratis
, hoc maxime arripuit f nihil esse certi
* quod aut sensibus , aut animo percipi
possit : quem fuerunt eximio qubdar/i
Usum lepore dicendi , aspernatum esse omne animi , sensusque judicium ; primumque
insti- tuisse , tlon quid ipse sentiret
, ostendere ; sed centra id quod quisque
se sentire dixisset , di- sputare . Ai darius libro de finibus secundo : Socrates percontando , atque interrogando
elicere solebat eorum opinibnes ,
quibuscum disserebat j iit ad ea , qu.c
hi respo id ssent , si quid vi le- tetur
, diceret . Qui mos cum a posterioribus non
esset retentus , Arcesilus euiti revocavit ,
tt instituit • Hoc ipsum in questionibus Aca- demicis novam appellant , qux milii vetus
vi- detur ; siquidem Platonem ex illa
veteri nume - • j. ramus , cujus in
libris nihil affirmatur , ei iri
utramque partem multa disseruntur , de omni- bus queritur , nihil certi dicitur . Hac de
cau- . sa sicut i Tib. Gracchum populi
Poma ni per- ' . turbatorem , ita
Arcesi/am Reip. philosophorum • „
e *
Digitized by Google . ** fversorem appellavit : Habendus ergo
Dialecticus , pt quidem summus , qui
negat quicquam sciri y neque comprehendi
posse , ne illud ipsum quod fi. ocrates
, st nihil scire ? Sed si nihil sciri ;
ni hi /que comprehendi possit, quo pacto rationis artificia convellere posse , dicebat ?
Insuper not- iis innotescit
probabilitatem maximam vim ha- bere in
artibus . Artes autem sine»scientiis esse
non posse . Qua cum fint , pateretur fortasse hoc "Raffael Urbinus aut Michael- An
gelus , aut Titianus nihil se scire ,
cum in eorum operibus esset tanta
solerjia ? Vide quxso , quos , et
quantos laqueos sibi Scepticf texuerunt . Quantum ad Chrysippum Cilicum professione Stoicum , et Zenonis Auditorem, qui ante
Chr. £ 30 . an. vixit , scis illum fuisse virum et vafrum , et ingeniosum . Scis etiam
eundem scriptitasse plusquam septigentos
libros , quorum pars maxima in
Dialecticis versabatur . Sed intellege ,
ouid Scioppius in Elementis philoso-
phia sioictp moralis : neque tamen , ait , defen- dere , ac negare velim fuisse Stoicorum
non paucos , qui specie ingenui illecti
>, inanibus ar- gutiis Ipdibria
quadam excitando severissima , et
gravissima ortionis in contemptum adduxe-
rint ; quorum princeps jure dici possit Chry- sippus , qui cum esset magna ingenii vi p
ra- dit us , mireque ad quidvis
excogitandum celer et acutus , nihil
aque solebat labofare , quam ut non
reliquarum tantum' sectarum inventori-
bqs contradiceret , sed a Magistris etiam su/q Zeno»
% e none , et Cieant e pleri sque in rebuS dissideret,, 1'uitne summus Dialecticus , teste eodem
Sciop- pio , qui persep.e scripsit eadem
, saepius sibi contraria , ac
repugnautia ? Sequitur Pyrrho
Peloponesiacus , qui primo ' picturam
exercuit , atque artate Alexandri Ma-
gni , quem suis in bellis comitatus est , floruit. Pyrrho
Anaxagarxr auditor , illa ipsa Sentiit ,
qur Arcesilas , proindeque nihil decerni > neque quidquam comprehendi posse dicebat . At
de Pyrrhoniis ita A. Gellius lib. %l.
Cum h.ec autem consimiliter tam
Pyrrhanii dicant , quam Academici ,
dtjjtrre tamen inter sese , et propter
alia qu.edam , et vel maxime propter ea existimati sunt , quod Academici quidem ipsui/t illud
nihil posse comprehendi comprehendunt ;
et nihil posse s discerni , quasi
discernunt : Pyrnhoaiii ne ii qui- dem
ullo pacto videri verum dicunt , quod aihil
esse verum videtur . Sextus autem Empyricuf Pyrrhonios inter , et Academicos aliud
discri- ' pien invenit , scilicet :
Arcesi/as amnem judicii suspensionem
habuit bonam , atque solam adji-
piationem uti semper malam putavit. Sed Pyr- rho , ej usque auditares adfirmationem non
esse secundum naturam , verum secundum
id quod apparet , disputabant . Qui i
multa ? Inter mor- tem , et vitam Pyrrho
nullum discsrimcn agno- vit , quod
Epictetus , licet hanc sectam dilige- ret
, damnabat . Sequitur po (tremo loco
Carneades illustris philosophus Grecus ,
qui habetur teri i a- Acas/t-
'Digitized by Google pii*
parens , et floruit ante Ckr. 160. an. ve-
gum qui Academi ,e auctor ? nonne scis Carnea - liem fuisse veteris instaut atorem , vel
venuq assertorem ? Hinc f icero hero de
nat . Deor. primo : la philosophia ,
ratio contra omnia dis- serendi ,
nullamque rem aperte judicandi , pro-
fecta a Socrate , repetita ah Arcesila , confir- mata a Carneade usque ad nostram viguit
xta- tem. Hic enim disputans , omnibus
veris false; quicdam adjuncta esse tanta
similitudine , ut in iis nulla insit
judicandi , ac assentiendt nota « At,
inquies , eum maximum fuisse Dialecticum,
quoniam de eo sic Cicero scripsit • Carneadis yis incredibilis illa dicendi , et varietas
argu- mentorum perquam esset optanda
nobis : qui pullam in illis suis
disputationibus rem defen- dit , quam
non probarit , nullam oppugnavit , quam
non everterit • Ulterius dices ? Nonne,
ipse Cicero eum extimuit , cum it; libro de ■ legibus primo ait : perturbatricem autem
harum omnium Academiam hanc ab Arcesila
, et Car- neade recentem exoremus , ut
sileat . Nam si invaserit in hxc , que
satis scite nobis instru- cta , et
composita videntur , nimias edet ruinas .
Quam quidem ego placare cupio , submovere tton audeo . Ex quibus tandem optime concludis ^ Carneadem summum fuisse Dialecticum • Sit sane Carneades Dialecticus , et
quident nummus . Dic mihi , vir
prestantissime , cum Logici finis sit
veritatem cujusque generis in - pdtiqare
, estne Dialecticus f qui eam tollit ,
tf ejusdemque est eversor ?
nonne in Senatu Rol\ mano maxima populi
frequentia cum is pro justitia , et in
justitiam Jisputasset , eam radici- tus
evulserit i Ulterius qui de omnibus dubitat t
dubiamne quoque reddit sui ipsius assertionem ? Similiter } qui universa ut falsa habet ,
nonne eidem est quoque falsum , quod ipse
asserit l Hinc profecto intelliges
Ciceronem timuisse Carneadem , non ut
potentem Logicum , sed ut iniqu.e mentis
hominem , quem sapienter placa- tum
malebat , quam submotum ; amicum potius
quam hostem implacabilem , inexpiabi/emque optabat . Quid tnirum ? Diis manibus ne
noceant) fortasse nos ip i quotidie non
litamur 1 Satis multa de veterrimis
Dialecticae Scripto- ribus . qui eam /em
vel invenerunt , vel auxe- runt^ vel
perpoliverunt ad Cx-aris usque aetatem.
Secundo autem ecclesi.e s.ecu/o , Alexandriae , ad quam veluti meYcutum bonarum artium cum literati omnes confluerent , invaluit quadam
phi- losophandi ratio , quae ecclectica
, dicebatur . Ejus erat ex singulis
philosophorum scholis tum tem- poris
florentibus qux-dam exprcepere , aliaque
mutare . Qu.e phihj^Qpnsndi ratio adeq placuit sanctissimis , ct doctissimis ecclesia.'
Patribus , Ut 'statim per universum
Christianorum orbem propagata fuerit.
Huic accessit , quod novatores quinti
suculi Aristoteleis , ac Stoicis praesidiis
abutentes no tros Doctores adgrediebantur , qui ut adversantium argumentationibus occurrerent
, fadem deputandi arte etiam,
imbuebantur. . • • > “ ' . Quam
- Digitized by Googli I?
Quamobrem "Dialectica iTla ex Stoica , atque Peripatetica conflabatur , qute usque ad
sxculum duodecimum in occidente fuit
tradita , maxime quia S. Augustinus eam
discipulis suis com- mendasse dicitur
. Verum labente duodecimo saeculo ,
scholastici t sive christiani
occidentales Aristotelis libros • ab
Arabibus versos , atque ab iisdem interpre-
tatos accepere . Sed pernimio rixandi ardore ducti , Dialecticam , ac Metaphysicam per
se obscuras , atque involutas novis
subtilitatibus , novisque contortissimis
qucstiunculis ac laqueis ideo foedarunt
, ut nihil supra • Etenim cum linguie
Grxc saltem praecipuos , minime expendit
? Qui ver sabulorum , et propositionum
naturam non ex- ponit ? lllene
Dialecticus , qui veritates cujus- fue
generis non videt , et principia , ex quibus
oriuntur , /10« ostendit ? lllene denique Diale • cticus , 71« /k*Ai 7 4/f rerum definitionibus
, ac divisionibus , nihilque de errorum
caussis , >0- rumque emendatione ,
t/oeer . Petrus Ramus ex pauperrimis
editus paren- tibus anno 1516., quamvis
hebes , , ac /cr/zf stupidus , quamvis
sero , ef duram servi- tutem in Navarrte
collegio serviret ; verumtamen Cleantis
instar oleo , ef lucerna mafkpuum di-
sciplinarum lumen sibi comparavit . Quin imo tanto
sciendi desiderio exarsit , ut solo labore ,
et diligentia in id Hierarum splendoris perve- nerit , ut trigesimo sue etatis anno
adversus Aristotelem scripserit , atque
sequentem thesin sustinere ausus sit :
Quaecumque ab Aristotele dicta fuissent,
esse commentitia. Rei novi- tate
attoniti , atque temeritate judices percussi
irrito conatu per diem integrum fuit Magistra- tus . Ita barbari barbare vocabant
ejusmodi scholastica exercitia . Sic
Freigius in vita Pe- tri Rami . Scripsit Ramus istitutiones
Logicas r qu ali ia. plures . Lockiuf suam Logicam e fi Jit anno
1697. ouatuor libris comprehensam , in
quorum primo pro aris , et focis
disputavit universas rerum ideas
repetendas esse partim a sensibus exterio-
ribus , partim a mentis reflexione . Quamobrem hac
in re Aristotelis opinionem instauravit , et
Cartesianorum Doctrinam sustulit . In secundo libro agit , quo pacto ide.e ipsae
acquiruntur . Tractat in tertio de
vocibus , earumque proprie- tatibus .
Quartus denique in cognitionibus hu-
manis in genere , Ac sigillat im in veritatibus y qux tam ex ratione y quam ex historia
eruun- tur , versatur . Sed qu* viri docti in eo damnant , sunt 1. repetitio earumdem rerum , et quod
maxime mirum , nullius momenti: 2. res
involutas , vel non extricat , vel male
enodat, g. irrito conatu autesivit
materiam esse cogitantem . His dictis , nunc reliquorum
Dialecticorum , si pla- cet , States ,
et gradus prosequamur . Quod in Anglia
Lokius , idipsum fecerunt in Gallia
Manotte ; in Germania Christianus
ThomasiuSy Andreas Rudigerus , et Christianus V/olfius ; in Italia denique Antonius
Genuensis t A/oysius Verneus Lusitanus ,
atque Ab. Ange- lonus.De quibus
singillatim, et ne nimius sim , ■
Stricte dicam . fc 4 Ma- t \
Mari oli e m rebus phy sitis diutissime versa- tus , etiam logicam edidit duas in partes
tri- butam , quarum aiteru quasdam
propositione * per se claras , ceu
principia continet . Alter m vero modos
, ex quibus veritates cujusque gene- ris
'ab iisdem principiis deduci possunt. Hinc
qute arguendi ratio , et quo pacto errores , er sophismata internoscenda sunt , notat ,
Summo- pere hic auctor commendandus ob
claritatem suarum cogitationum , ob
rerum ordinem , at- que ob exemplorum
delectum . Verum , quia artem Criticam tam necessariam ne quidem tetigit : nihil de veritate probabili egit :
omni- genus errorum caussas non vidit :
sequitur Ma~ riotti Logicam mancam
esse’, et imperfectam . Christianus Thomasius Hahe
natus anno 1 727. in Introductione ad
philosophiam Aulicam nie- vis , atque
erroribus , quibus Dialectici supe-
riores Logicam infuscarunt , detersit . Verum tanta Eruditionis moles viris doctis est omnino inutilis , tyrones opprimit. Hoc in' numero
ha* bendus quoque Audreas
Eudigerus. Denique Christianus Wofius
maximi nominis vir accuratissime
vocabula definivit , atque acu- tissime
veritates cujusque generis detexit , de-
monstravitque . Inquis ergo ,
hanc unam esse Logicam perfectam ?
Minime , inquam , nam le- ctores rerum
minutissimarum atque inutilium perpetua
demonstratione laborant . Insuper
exem- plorum copia eosdem fatigat, i.
perfectam cri- ticam t' Digitized by Google picam M* tradidit i Denique hctienom
tine ulla delectatione homines
negligunt. • Sequitur Antonius Gt nuens
is ai omnia sumi na natus , qui a magistris
parum institutus , ■naturam habuit
admirabilem * Omnia magna erant in eo ,
sed corporis actio singularis • .Manus
enim , humeri , latera , oc«/i , status proce-
ritas , gratia , incessus , omnisque motus cum ver- bis 4 , sententiisque consentiens , erant
hujusmo- di , ut statuo nihil fieri
potuisse perfectius. . Unus, ut scis ,
Josepkus Ciri Ilus omnium elo- quentium
jurisperitissimus , • « jurisperitorum
emnium eloquentissimus cum eo in Cathedra- poterat decertare . Illius viri domus cuncte
Ita U lia , quasi ludus quidam patuit ,
atque officina docendi . M«g nus
philosophus , et perfectus ma- gister
inter parietes aluit illam gloriam, quam
nemo quidem est postea consequutus • Hujus viri egregii interitus , non modo prasentem
li- teratorum Civium , bonorumque
penuriam attu- lit , sed etiam et
auctoritatis , et prudentia triste nobis
desiderium reliquit • Verum id , quod
propositum erat , prosequamur . Quinque
in libros tribuit ejus Dialectice
Institutiones tertio editas anno 1 7-66. , quarum finis cum sU humane rationis perf ectio ,
act eam comparandam gradatim accedere
curavit , proindeque libro primo mentem
emendare tot , tantisque erroribus tum
animi , tum corporis foedissime
inquinatam , studuit • Illam reddidit y
rerum ’ Digitized by Google rerum omnium inventricem in secundo . Hin
* idearum origo, et genera. Hinc sensuum
usus> efue humana , Digitized by Google Digitized by Google Digitized by Google V.
ARTIS O G I C M f UM.ENTA,
* * r Digitized by
Google Digitized by Google INTRODUCTIO. . y f , . ( 'trf I • ••rt' *1 ' • * -I • v •
.' * I. Logic 9 Digitized by Google
Rorumque progressibus « % P A R
S I. De Logica Docente •
• L I B. I. De mentis humana
actibus» C A P. r. Quibus partibus constat homo » 5. Homo est animal rationis compos» Q Uisqu* scit hominem esse rationis
cofri» _ potem , per quam consequentia
cernit, pene universas rerum causas
cognoscit . Insu- per plurima inter se
componens , atque rebus prresentibus
annectens futuras , non modo to- tius
vitae cursum facile videt , sed etiam cor-
porum coelestium ordinem intelligit . Prsete- rea hac divina rationis vi , nonne
innumera- biles scientias , artes ,
atque infinita instru- mentorum , et
machinarum genera invenit ? Quid plura ?
Huic uni tribuenda sunt societa- tis
primordia , hominum juta , atque officia *
Denique ratio ipsa est nostra morum norma, quam si sequamur ducem, non aberrabimus» Spiritus a corpore , in quo discriminatur
• Qu* cum sint, quisque intelligit
naturairf mentis humame toto coelo ab
illa corporis differre . Etenim corporis est
divisibilitas , co- A 3 lor « De mentis actibus lor , figura, inertia, partium resolutio. De- nique
neque movit , neque movetur , nisi ab
alio corpore impellatur . Nulla itaque vis in eo, nulla comprehensio , nullaque judicandi, ratiocinandi , reminiscenaique vis inhopret
. Verum hrec , atque alia ejusdem
generis injiint in homine . Tribuenda
sunt igitur ejus men- ti , cujus .natura
quicquid extensum , divisibi- le ,
figuratum , atque corporeum respuere de-
bet. Ex quibus perspicue constat ex corpore, atque anima hominem constare .* {. Mens sensuum exteriorum ope ideis
imbuitur , Ex dictis liquido patet
corpus esse in ho- mine unam ex partibus
praecipuis. Hinc etiam patet non posse
universas mentis humanae vi. res
comprehendi , multoque minus explicari ,
nisi prius quae in ipso- corpore obveniunt , in- telligantur . Etenim a natura ita
comparati sumus , quod sicuti corporum
ictus nostros sensus veluti explicant ,
ita sensus externi , mentis vires ceu
creant atque exsuscitant . Ex quo
sequitur nullam posse dari ia mente
actionem, nisi a sensibus exterioribus ea com- moveatur , et sensus ipsi delitescerent , si
in iisdem nulla corporum heret percussio
. A sen- sibus igitur exterioribus
exordiendum esse ducp • tum salina ,
quae ad nares ducuntur, ac 'nervos olfactorios afficiunt , ex quo in cerebro odoris , vel
faetoris sensatio excitatur. Maximae utilitatis
est hic sen- sus gustui . Animalibus
autem suffiicit ad ci- bos distinguendos
, proindeque in illis est ex quisitior ,
nam iisdem deficit alius judicandi modus
. 16. Quid gustus, ejusque fabricatio • ([ustus situs est in parte exteriori lingux
,‘ qux tt £> vel in basi . Tactus in lingua exercetur , sed
alio sensu . Nam partes oleosae ; atque
salinx ci- borum cum liquoribus
salivalibus mixtae , et resolutae
linguae papillas quodam rriodo affi-
ciunt * Ex quo oritur saporum perceptio , qux in variis hominibus , atque
animalibus vari» est , pro papillarum
dispositione . Hinc tantae in saporibus
vatietates, qux xtatis, se- xus ,
consuetudinis , morbi , atque tempera-
menti retionem sequuntur* Hinc denique tan- ta hujus sensus inconstantia» 1 8. Quid Tactus . Tactus denique est unus sensus in
universa corporis superficie diffusus ,
licet in extremis digitorum , atque
pedum sit vividior . Sensa- tio oritur ex corporum impressionibus,
qux in nostro corpore fiunt .
Impressiones vero , nervorum . ope in
cerebro transferuntur. Hinc eorporum
multitudo, durities , frigus, calor,
gravitas, asperitas. Sensus cur
non perfectiores . if. Verum multi
exquirunt, £iir sensus tara pauci , et
tani imperfecti * Utraque exquisi-
Digitized by Eorumque
progressibus , tio inepta . Primum si
sensus essent etiam jniUe , fortasse
mentis operationes essent plu- res ,
quam modo sunt? minime quidem . Quin imo
pro universis mentis actibus explicandis ,
sufficit unus sensus . Quid si deinde perfectio- res ? Dicam , quod eadem ratione , qua in
ho- minibus augerentur voluptates ,
augerentur quoque molesti*. Ha?c de sensibus
exterioribu* , . C A P. III, De t ensibus interiobus , 19, Numerantur sensus interiores . OEnsus interiores, ut superius, sunt«e- V 3 moria , vis %emreramenti y \is
affectuum, etttentio , ac sensus moralis
. De omnibus, quam breviter ad tyronum captum. t. 02. Q uiJ cerebrum , et cerebellum . • •
: 10. Universa cerebri massa, duas in
partes praecipuas ab anatomi* peritis
dispescitur , quarum altera cerebrum ,
altera Vero cere- bellum appellatur .
Cerebri substantia natu, jra mollis ,
atque pene infinitis cellulis re-,
pletur , in quibus modo nobis .prorsus inco- gnito , non solum imprimuntur, verum etiam diutissime retinentur bbjectorum
exteriorum idex , sive simulacra , sive
species , cum eo- rumdem relationibus etiam
abstractis, et per- quam longo ordine
implicatis . Mihi sufficit vel- le,
statimque idex bovis , canis , domus , urbis
teproducuntur , eaque distinte tissime quasi in- tua.
*& I>' mentis actibus .
que eomposita distinguuntur . Primi generi» »unt illa quatuor omnibus nota : videlicet
cku- lericum , sanguineum , melancolicum
, ac fleg- snuticum . Ad secundum genus
referuntur ea , qus ex iisdem
componuntur , ut sunt choxt- T ico
sanguineum , cholerico melancolicum , et eho-
-lerico JLeg muticum. Sanguineo-melancolicum, etc. Rari homines dantur , qui ab uno
dumtaxat temperamento dominantur . In
pniversis tem- peramentum mixtum
reperitur . joc 25 . AUi
temperamentorum effectus , , ir _
Hominum temperamenta si quis consideret,
profecto iptelliget rationem, cur alii sunt pae- ne stupidi ac bardi, alii vero ingeniosi:
Cur alii pro rebus metaphysicis , atque
abstractis sunt facti , alii pro enucleanda
solummodo verborum vi . Alii videntur
pene nati phi- losophi , alii oratores,
aliique pqetx . Nonne -temperamentorum
vis amnium artium , et teieutiarum ;
utiune omnium virtutum , ac vi- siorum
velu|i officina sit -habenda ? £x hac de,- nique homines inertes
, mendaces , flagitiosi t «c sacrilegi
oriuntur . 06. Animi quid passiones. Accedunt te.tio loco passiones , sive
affe- fctus , sive perturbationes; qux
non sunt, nisi quedam animi , atque
corporis .commotiones ab objectis
exterioribus in nobis ope -sensuum
excitato . Harum .omnium sedes in cqrde
collocatur , qupd nervorum intercostalx pro- pagatione cerebro adhaeret , Hac de causa
ce- Digitized by GoOgle t
Eor umque protrusimus . \j
februm , et cor amice i ater se conspirant . Etenim pro ut ideae boni , vel mali in
cere- bro ceu pinguntur , et sunt viviJ*
} sic cordis vibrationes vel retardantur
, vel adceleran- tur . En ratio , quare modo animus cordis motibus, modoque cor animi commotionibus inservit .
2 7* Prxcipua passionum divisio .
Multiplex est passionum partitio . Praecipuae vero sunt amor , odium , timor , spes ,
ambitio , avaritia , etc. qua? cujusque
vis sit , et quid in nostris judiciis
hac induunt , suo loco dice- mus. Si
quis vero amplissimam tractationem
desideret , legat opus , inscriptum : Homo na~ tur.i/is a me tertio editus anno 1778« 28. Quid Attentio . . Quid meditatio • Quarta mentis operatio est meditatio ,
quS quoddam vinculum ac nexum inter
ideas po- nimus . In meditatione
profunda sensuum exer- citatio relaxatur
» Parum differt homo per- quam longa
meditatione contritus ab eo , qui
sen- V f
' Digitized by Google Rorumque
progressibus • *S sensibus caret .
Hujusmodi fuit Nicolaus ar- canus
pnestantissimus Mathematicus , as
Antonius Genuensis recentissimoj-um philoso- phorum facile princeps , ac denique N
artus Lama rerum physicarum , ac
mathematicarum peritissimus quibuscum
familiariter viri • 47. Q uid
obstructio , rationisque compositio .
Sed mens non modo percipit , reagit , re- cordatur , ac diutina meditatione conteritur
, sed ideas etiam sua natura conjuctas,
concipit divisas . Et e contrario , qux
reapse sunt divisae, ut conjunctus
percipit. Harum a tera vocatur mentis
abstractio , altera vero ratio- .nis
compositio dicitur . Ad primum
actum idex justitir , prudenti )iodo
easdem iterum com- ponens veritates
invenit , easque in infinitum auget . 49 .Qui rationis compositione magis
polient* Sed est obtusi , atque hebetis
ingenii ideas sejungere , easdemque,
recte componere ? mi- nime quidem . Imo
'est dumtaxat virorum acris ingenii,
naturas vi; atque arte prxstan-
tis- * T X
Google 9 tilius Regulus, est aequalitatis , sive
convenien- tix judicium. At si dicam.
Italia modo flaret, ut in Augusti t
itate , continetur hoc in judi- cio
inaequalitatis narratio . Nam falsum est ,
quod nunc Italia floret . - s . Digitized by Google Eoruniaue progressibus , 27, 51. Quid ratiocinatio . Quid si mens duas inter se ideas
comparans, non distinguit, num hae inter
se conveniant, vel disconveniant ? Tum illas cum tertia idea comparat jquacunt convenire ,vel
disconvenire inteliigit . En octava
mentis operatio , quae ra- tiocinatio
nuucupatur . ex gr. Ignoro num so- lis
materia sit necne ignea . Dico . Quicquid
urit , est ignis • Verum radii sons urunt . Er- go solis materia est ignea . Insuper : Quicquid est ponderosum , est corpus . At lapides sunt
pon- derosi . Lapides igitur sunt
corpora 1 52. Duplex ratiocinandi vis
, Ex dictis facile intelligitur duo
ratiocinii genera dari . Aliud dicitur
adfirmans , aliud vero negans.
Ratiocinatio vocatur affirmans, dummodo
ideae conveniunt cum teitia , cum qua
comparantur . Alias dicitur negans . 1 li-
mi generis est hoc : Corpus in partes dividi » fur , Sed piant £ suas in paries resolvuntur
. Flaatte igitur sunt corpora . Secundi
gereris est illud: quicquid cogitat ,
judicat , raioci na- tur , quoque vult ,
et recordatur , non est cor- poreum . Mens autem humana ‘ percipit , judicat , ratiocinatur , et recordatur . Mens igitur
huma- na non est natura corporea . 53. Quid ratiociniotum senes • Quid si una idea non sufficiat pro enu- cleando nostro ratiocinio ? Tunc accipiantur duae , vel tres , vel quatuor aliae ideae ,
et fiat quxdant ratiocinationum series .
ex. gr. estne spi- «t De mentis actibus , spiritus humanus immortalis ? Hunc in
modum ratiocinor . Spiritus cogitat .
QuicquiJ cogitat est natura simplex .
Quod ejusmodi est , mu-, tationi non est
obnoxium . Quod autem non mutatur , non
destruitur * Spiritus igitur est immortalis
. 54. Quid methodus » Postrema mentis operatio consistit in
quo- dam rerum ordine ac via ' quem ipsa
sequi- tur tum in veritatum
investigatione , tum que in earumdem
explicatione ; qui modus metho- dus
appellatur . 55. Pr .edictorum actuum
reductio • 55. Hujusmodi sunt universi
mentis huma- nae actus , qui licet
facillime reduci possent *d simplicem
perceptionem , etenim simplex
comprehensio est reflexio , abstractio , com- positio , meditatio , recordatio , atque ipsa
ju- dicandi , ratiocinandique vis
Verumtamen . Mens vel ope sensuum
exteriorum , vel propria reflexione
ideis imbuatur ; Si primo modo ideae
dicuntur directx . Si secundo vo- cantur
reflexae . Insuper reflexae vel duarum
Idearum comparatione , vel ex duarum com- paratione cum tertia oriuntur . Hinc
duobus capitibus universa comprehendam.
Primo enim capite de ideis directis , in
sequenti de ideis reflexis sermo erit • Eo^umqifb progressibus i »f C A P. VI.
Pe Ueis directis , quas ope sensuum exsteriorum mens excipit , 5 *- Idearum partitio • I N recesendis omnibus ideis , ut ordine
piT>- cedam , exquiram primo earum
originem, deinde illarum naturam, tum
quo pacto menti obversantur,
distinguuntur. Que idee sensibiles , et
objectio % 57. Quantum ad Originem ,
aliae dicuntur sensibiles, directa ,
atque adventitia’ , qui omnes a sensibus
proveniunt . Aliae vero reflexae, quae
ex earumdem comparatione fiunt . Primi ge- neris
sunt ideae fi gurae , coloris , saporis , som t
frigeris , ac caloris . Ad secundum genus re- feruntur omnes ideae abstractae , uti sunt
idee justitiae , pulchritudinis ,
prudenti e , liberalitfr tis , magnitudinis
, etc. 58. Quid idete primitivte , et
quid secundari* • Hinc patet ompes ideas
vel a sensibus , vel ab ipsa mente oriri
• Qux a sensibus , dicun- tur ideae
primitive , qux autem ab ipsa men- te
oriuntur, vocantur secundarie . Patet etiam
nullo pacto mentem posse ideas abtractas ef- ficere , nisi adsint primitivae . Dicito
igitur ruentis vires a sensuum impulsionibus
excita- ri , ac ceu creari . 59. Quid idee simplices , et composite
• ldeje, quo ad earumdem naturam in
simpli- ces, j6 De intnth actibus , ces, et in compositas distinguuntur . Ide?e
sim- plices sunt ilice , in quibus
partes , seu alix idex non interveniunt
, ut idea coloris , fri- goris , motus ,
voluptatis , ac doloris. Composi- tx vero dicuntur idex , si in iisdem alix
idex simplices distinguntur . Hujusmodi sunt idex corporis , navis, urbis, domus, etc* etenim
hx plurimis ideis simplicibus
componuntur. 6q. Quotuplicis generis
sunt i dee compos it. e. Prxterea idex
compositx vel aliis ideis sim- plicibus
ejusdem generis , vel diversi generis
constant. Si primum , idex compositx dicun- tur similares , si alterum dissimilares . Ad primum genus revocantur idex diei, et
mil- liarii , qux constant ex ideis
ejusdem gene- ris . Ut idex urbis ,
domus , exercitus . Nam uti partes diei
sunt hoax , minuta prima , et minuta
secunda , et milliarii partds sunt sta-
dia , pas r us , pedes , et pollices , ipsae non sunt nisi vel temporis , vel mensurx
longitu- dines , /’ ' 6 1 . Quid idea clarte et obscur.e , etc. Tertio loco Idex ad mentem relatx,
multi- plicis sunt generis . Primo alix
sunt clare , vel obscure ; alix
distincte vel confuge ; alie complete
vel incomplete ; alix denique adequa- te
atque inadeqvate . i. si lapidem ab arbore
dignoscam , »4ea dicitur clara, alias obscura. q.
Si- meum horologium a mille aliis distin-
guam , idea dicitur distincta ; siu minus con- fusa. 3* Si omnes magnetis proprietates
sciam, «'■' mi- Digitized by Google E orumque progressibus. 31 mihi est idea cnmpleta hujus lapidis ,
aliter est incompleta . Denique si mihi
innote- scant non solum omnes magnetis
proprieta- tes , sed gradus etiam
cujusque proprietatis , tunc illa idea
dicitur adaequata , alias inadx- quata . 6 2. Qua: substantiarum , et modorum i de. e
. Itemque ad mentem referuntur ideae
sub- stantiarum , et modorum . Primi
generis sunt idea? tabulae , in qua
scribo, chartae , equi , bo- vis , etc.
quae ex se subsistunt . Secundi ge- neris sunt ideae figurx , caloris , saporis ,
gra- vitatis , et frigoris , quae non
existunt a sub- stantiarum ideis
sejunctae . de causa, neque puelli,
neque senes sunt va- lido judicio ,
quoniam puellis deest idearum multitudo,
et quaedam fluidorum xquabilitas, atque
elasvicius , Viris autem senio confectis
deficiunt idex , ob memorix labilitatem . f6. Quid vis ratiocinatrix , At sive mentis imbecillitate , sive
idearum multitudine , et varietate raro
contingit , ut ex simplici idearum
comparatione , earum convenientis, vel
disconvenientis relationem quis inveniat
, requiritur itaque ut easdem cum tertia
comparet . Hujusmodi mentis actus ,
ratiocinatio appellatur . ex. gr. scire quis aveat, num planta. sit corpus . Hunc in modum
ra- tiocinatur. Quicquid videtur , ac
tangitur, vo- catur corpus . Sed piant* videntur , atque tan- guntur . Piant x igitur sunt corpora, 77 , Duplex est ratiocinandi genui , Duo ratiocinandi genera dari possunt .
Vel enim dux idex , quarum relatio nobis
est incognita , cum tertia conveniunt ,
necne . Si primum ratiocinatio dicitur
adfirmans . Si alterum negans nuncupatur
• Primi generis est hoc ratiocinium.
Quacumque videmus , tan- gimus , atque
in partes dividimus , sunt corpo- ra .
Piant x autem , et animantia videmus, tan-
gimus, atque suas in partes dividimus . Planta igitur, et animantia sunt corpora . Secundi
ger netis est hoc aliud. Qu*vis
substantia cogitans, ratiocinanS , et
memoria, est prxdita spiritum no-
minamus • Nullum vero corptj cogitat , neque r. In quo ratiocinandi vis consistat. Ex dictis manifesto colligitur omnem viin
* ratiocinii huic uni principio inniti .
Qu, . Quantum ad primum in veterrima;
histo- ria sacra omnium gentium , etiam
imiTnnium jnvenitur , quod Dei idea
fuerit omnibus ho- minibus ubique
locorum , ac temporum pene insita . Ab
illis annalibus discimus , quibus
cxiemoniis eumdem coluerunt , quibus sym- bolis designarunt, quomodo in
calamitatibus invocarunt, et qua ratione
placarunt ceu iratum* Insuper notantur
in iis annalibus tormentorum
Digitized by Rorumque
progressibus . 43 genera , atque
execrabiles formulae , quibus impii
publice excruciabantur . Quid plura ?
Scimus etiam ex ipsis populorum praejudicia, superstitiones, deliria, absurditates ,
fxditates, aliaque innumerabilia , quae
Dei cultum vel foedarunt , vel
destruxerunt . 90- De memoria ad
naturam relata ( , ex quo historia
naturalis by Google
4 » ( Eorumque progressibus . 4^ hac tantae rationis vi Theologia oritur ,
quae Dei existentiam , ejusque adtributa
rimatur t cujus abusus , sunt impietas ,
et superstitio , quarum altera rerum
omnium opificem arro- ganter oppugnat,
altera vero faedat . Praeterea rationi
quoque spirituum tum bonorum, tuin
malorum cognitio est adtribuenda. Nonne deni- que tantae rationis auxilio ipsam rationem
intel- ligimus ? Nonne eidem etiam
debemus notitiam vitx futurae , morum
regulam nostrorum , quae sint praemia
,ac penae? Item quae sunt speran- tia ,
credenda , et timenda ? 93. De ratione
ai naturam relata , ex qua physica
. Alterum rationis objectum est natura
, sive munius , quod in corporibus in
genere , atque in eorumdem
proprietatibus , et qualitatibus
versatur . Etenim ratio vel abstracte corporum proprietates Gonsiderat , vel ipsa corporum
ge- nera . Utraque hxc contemplatio
scientiam physicam eificit . Ipsa est ,
quae quicquid in coelo , in atmospharra
, in tellure , ejusque in visceribus
continetur , proindeque astra , me
theora , universa animantium genera , omne-' plantarum classes , fossilium , ac
metallorum et mineralium series
comprehendit. Ad plenis- simam hujus d i
vinar scientis cognitionem con- jungitur
mathesis , tum pura , tum mixta , ut
Arithmetica , Geometria plana , ac solida , at- que Algebra , Mechanica, Dinamica,
Hidraiv ika , Ars B^llistica , Cosmographia
, Optica , Dio-: Di
I Dc mentis actibus . Dioptriaa , Catoptrica , Sectiones Conicae
, Trigonometria tam spharica , quam
triangu- laris . Ad naturae scientiam
quoque referuntur Astronomia , Anatomia
, Physiologia , Medici- na , Botanica,
Venatio , Agricultura, chyini- ca ,
Metallurgica , atque pmnium animalium,
et plantarum historia, 94. De ratione quo ad hominem ,
ex quo ethica , /* ■**»* UB.If, •»
Digitized by Google Ej usque
progressibus . 49 L | B, tl. - *
Signorum Artificialium ortu , ac progressu quibus humanae mentis actus clarius explicantur . C A P. I.
V '*ne innumerabiles aliae voces , quae substantias videntur notare , sed revera earumdem re- lationes exprimunt , Hujusmodi sunt
pulchri- tudo , deformitas , stupiditas
\ paupertas , nobi- •iitas , sanctitas ,
justitia , alixqqe . Iri ipsum .dici
posset de adverbiis docte , erudite , ele-
fitnter } diligenter , recte , etc.
3 5. Octava vocum classis •
Octavo loco distinguuntur rerum si-
S na , sive voces in claras er obscuras ; in istinctas et confusas ; in completas et
in incompletas; tandem in ad.equatas ,
atque in inadxquatas . Primi generis
sunt voces : quercus , ovis , aper :
obscurae vero sunt vo- ces , vis ,
energia , atfractio , gravitas . Di-
stinet* sunt Cicero , C.csar , Pompejus , Ser- toriut , Sylla . Circuli autem trianguli ,
qua- drati , etc. sunt voces complet* .
Contraq. incompletx sunt sequentes ,
lignum , lapis , pisces. Denique
adxquatx sunt: linea , super- ficies et
trian°ulum-,\ndiA?e aliquis Italus. Htec
de sermqnis elementis , tam in genere,
quam in specie . A* quo pacto hujusmodi
voces sunt inter se , vel cum tertia conjun- gendae , vel separandae , px quibus
propositio- nes, et syllogismi
efficiuntur, in sequentibus capitibus
fuse disseretur . C A P. V. De
Propositionibus . 37, Quid propositio ,
qua judicia explicantur . J Udicium
alibi definitum , est mentis actus, quo
duas ideas inter se comparans , ipsa
percipit illarum aequalitatem , aut inaequalitatem illarumque convenientiam , ve| disconvenien- tiam . Qua de re propositio non est aliud
nisi mentis judicium , quod verbis
exprimitur . Ex. gr. Sol est
ingentissima Mundi moles . Luna est
corpus opacujn . In quibus proposi-
tionibus : soli tribuitur maxima moles jl unse Alitem opacitas . Dicitur etiam propositio
, De Lojuela , licet si subjecto removetur qualitas
quaedam. JEx, gr, Itali hodierni non
habent suorum majorum virtutem . Qua in
propositione se- jungitur virtus ab
illis Italis qui modo vivunt. ’ 38.
Duobus terminis constat propositio»
Hinc patet unamquamque propositionem
ex duobus terminis constare debere, quorum alter dicitur subjectum , alter vero
praedicatum , quod plerumque est aliqua
subjecti quali- tas. Sic in prima
propositione : sol est sub- jectum •
Ingentissim* vero moles f est prxdica-
tuin.In secunda luna dicitur subjectum, opa- citas vero praedicatum. 39. Propositio constat etiam ex verbo » Hinc etiam patet , quod propositionis termini conjungendi sunt , vel separandi cum
verbo, alias nulla habetur judicii
expressio. Etenirti sublato verbo , quod
affirmationem , aut ne- gationem
continet , termini neque affirmant,
neque negant , sed dumtaxat res designant. Ex quo sequitur, quod quaevis propositio,
praeter duos terminos , constare quoque
debet ex popula , quae plerumque sumitur
ex verbo sum , es , est , Sic corpus est
extensum • Spi- ritus est substantia
cogitans . 40. Duplex est propositionum
genus . Ex quo sequitur tertio , quod
ut judi- ciorum ,sic etiam duplex datur
propositionum genus .Sunt enim
propositionum aliae affirman- tes alia?
nega/ttes. Dicuntur propositiones affir-
mantes illae, in quibus prxdicgta cum Subje- ctis
Digitized by GoogU Ejusque
progressibus . 6 $ etis conjunguntur .
In quibus vero prjedicata a subjectis
separantur , propositiones negati- vae
appellantur . Ad primum genus revocan-
tur : Leo est ferox . Homo est rationis compos , Samnites sunt bellicosi . Ad secundum
refe- runtur : Materia non cogitat .
Spiritus non est extensus . Deus non est
ipse mundus . 41. Aliud est judicium verum , alia autem propositio adfirtnans . Priusquam ad alia deveniamus , duo hic notanda ducimus . Primum est , quod persarpe evenit , quod licet judicium sit
ve* rum , ejus tamen enunciatio est
negativa . Gontraq. judicium falsum cum enunciatione affirmativa quandoq.exponitur.Primi generis
est propositio: Deus non est ipse mundus
. Secundi generis est bxc altera : Deus
est ipse mundus. In primo exemplo
judicium verum , negati- ve exprimitur .
In secundo judicium falsum adiirmative enunciatur
. 42. Quandoq. propositiones carent
terminis , ft ipso verbo. Notandum secundo , quod quaevis pro- positio non semper habet duos terminos ,
sed quandoq. omittitur unus , vel alter
. Ex. gr. Dux regit , deest pr-xdicatuin
, nempe miti- tes. Filium verberat ,
deticit subjectum, sci- licet Pater .
Inveniuntur fandem qujedam pro-
positiones, in quibus et subjectum , et prae- dicatum omittuntur, ut in illis Caesaris, per
quam notis yerbis ad Senatum , populum
q. Koma- E *um t •
JJe Loquela. num scriptis : Veni
, vi di , vici . propo. sitio nes sunt
, et reapse continent suos ter- minos ,
hoc est 2 Ego fui videns. Ego fui ve-
nien*,'Ego fui victor . V ' C A
P. . . . • - . 45 » De Materiat Forma, e t propositioni* Quantitate * /"*, ■Otk
44. Quid propositio necessaria , repugnans. , ti’cmtins. gr. Amicitia homines supponit
equa- l (S , vel ipsa ejjicit . 49. Que conditionales . 3. Conditionales' sunt, in quibus inest
aliqua conditio. , sine qua prxdicatum
nullo pacto subjecto convenire potest,
ex. gr. Si spiritus t st sui naturi
substantia cogitans , nequit esse ^
corporeus ^ 50. Que causales
. 4. Causales sunt illx propositiones ,
in quibus notatur causa , qua pfxdicatum
subje- cto convenit , necne . ex. gr.
Deus non po- test innocentem punire ,
quia justus . 5 1 . Que relate . 5. Delate sunt illx * in quibus inest aliqua terminorum ratio, ex.gr. Homo in
ar- tibus , atq. scientiis projicit , f>ro
ut est atten- tus j et labor at » * ■=• i
/ | ftjusque progressibus i iff 52. Qule
Jiscretiva . 6. Deniqufc , appellantur
discreiiva , si in- ter terminos notetur
quidim collisib . ex. gr. Castruccius
Castracanus fioh militum nume- fro, sed
virtute Flerentinos vicit i 5$. De
aliis propositionibus compositis .
Sequuntur propositiones secundi gene-
ris, qui vidfcntur esse simplices , at resolnt* Sunt iquoqbe tompositx , ipsiq. sex in
classes etiahi distingubntur . 54. Qua dicuntur exilusivtt . ' 1. Vocantilr prbpdsitiones exclusivx
illae bmnes, in quibus praedicatum
universa subjecta excludit , ptxtfer
udum . e*, gr. Una felicitas ex omnibus
bonis , est Optabilis . 55* Qua
comparativae . 2. Comparativa surit
illa: , quae oriuntur ex subjectorum ,
vel prxdicatbrum relatione, ex. gr.
Scipio Africanus fuit prxstantiorfAnni-
bale . Q. I ab iUs Maximus fuit prudcntior Mi Terentio Varrone. i> 6. Qua ihcaptiva. 3. Inceptiva sunt illae , In quibiis
prae- dicatum nusquam subjecto convenit
, sed fcse- pit convenire . eX. gr.
Regnum Neapolis inci* pit modo artibus ,
scientiisque florere . 57. Qua desit iv
a . 4. Desitiva dicuntur propositidnes
J iri qbibus pridicatum desinit subjecto
conve- ni e. ex. gr. Roma cessavit
eloquentia cum Ciceronis interitu i t s
Digitized by Google S yo De Loquela , 58. Qu.e continuativ* . 5. Postremo loco , si pridicatum , quod antea subjecto conVenit , etiam in
presens convenit, hujusmodi propositio
appellatur coi 1- tinuativa . e*.; gr.
hali etiatnniim perseverant esse
sagacissimi . „ 59. Prmdctx
propositiones , cur compositie. At
dicetis, quomodo mpdicgr propo- sitiones
habendi' sunt compositx Responde- tur,
quod harum unaquteq.' duas in nobis ex-
citat ideas , temporis nempe vel persona- rum , vel qualitatum . Sic in primo e-xemp 6^ jam allato: Sota felicitas ex omnibus bonis
est ^ expetibilis , aequivalet huic :
neque diviti*, ne- que scienti* , neque
gloria, neque honores, sed una felicitas
maximum continet hdnum , proirf- deque
expetibilis. Irt Comparativa. Dicemus,^
quod Scipio, et Atmibal fuerunt ambo duces , ■. verum Scipio in gradu majori. Illudque
ipSum dici posset de inceptivis , de
desitivis , ne- que continuativis ,
etenim irt incasptivis , praedicatum
quod nuittquam retro convenit modo
competit . In Desitivis contra , quod
retro couvenit , non amplius competit. .
Denique iri ultimis quod retro convenit , m prxsens etiam competit. Nonne ha: tres pio- positiones quantam temporum: rationem
con- tinent? v _ 6o. Quid propositio incidens »• frater huc usqtTe dinumeratas proposi- tiones j tam siriiglic* , luam’ Digitlzed by Google Ej usque progressibus . 71 flantur et
aliae , quar incidentes nuncupantur ,
quae ad compositas referri commode possunt. Incidentes aeque subjecto , ac praedicato
con- veniunt . Subjecti incidens est
haec : Attilius Regulus omnium Romanorum
fortissimus a Poe- nis interficitur .
Praedicati incidens est hxc alia .
Octavianus deseruit Ciceronem , qui omnium
philosophorum , et oratorum fuit jacile princeps. In utroq. etiam datur propositio incidens
. Antonius , Lepidus , et Octavianus
Senatum , populumq. Romanum confregerunt
, non eorum virtute , sed audacia. Hxc
de propositionis materia , sequitur
ejusdem forma . 6 1. Quid propositionis
forma . Propositionis cu jusque forma
in termi- norum unione , vel in eorumdem
separatione consistit , ex quo
propositionum c;j)irmatio,ve l earumdem
negatio oritur, ex. gr. Beneficentia
exercitium hominem reddit Deo gratum. Dicitur hxc adfirmativa propositio . Et contra
nomina- tur n-gativa , si subjecto
prtedicatum non con- veniat ut : .Horno
intemperans nequit esse sa- nus i Quo in
loco notandum ut alibi, quod judicia
vera cum propositionibus negdntibusi et
judicia falsa cum propositionibus adhrmati-
vis enunciari possint, attamen ipsa judicia eo- rum vim nusquam amittunt . 61. Qur notanda in propositionis forma
. Notatur secundo , quod in omnibus
proposi* tionibus affirmantibus
terminorum unip neces- sario sequi
debeat subjecti, non autem prjedicoti E
4 si- ' De LoyOeli , significationem : ex. gr. Omnis leo est
animali Non intelligitur , quod omnis
leo sit omne genus animalis. At in propositionibus
negan- tibus, praedicatum prorsus
excluditur, ex. gr* Nulla planta est
animal . ^Equivalet huic : nul- la planta est ulla animantium species .
Hi- sce expositis , reliquum est , ut de
proposi- tionis quantitati aliqua
dicantur . 6 3. Quid ouantitds
propositionis • Hic pro propositionis
quantitate haud intelligitur, quam
major, aut minor termi- norum
significationis extensio , qui in pro-
positione continentur . Hinc primo sequitur posse dari duas propositiones inter se
maxi- me discrepantes , quarum altera
dicitur uni- versalis : altera vero
singularis . Primi gene- ris est haec :
omnes homines ratione sunt pro- diti *
Alterius generis est haec alia : Petrus ra*
tiocinatur . 64. Alia
propositionurh vatietai. Praeterea tam
propositio universalis , quam
singularis esse possunt ambae affirman-
tes , vel artihx negantes * Propositiones o- jnnes universales sive sunt affirmativae
, sive negativae, quibusdam notis
distinguuntur} qtix siirtt : omnis , et
nullus. Prima universali- bus
affirmantibus , altera universalibus negan-
tibus inservit . Singulares vero propositiones articulis , hic , et ille notantur . . . •»; t
4» ■■ • . . . •? quibusdam
vulgaribus propositionum adjectionibus • • Qitid propositionum oppositio • H Oc in loco nomine adjectionis veniune qucedam propositionum qualitates , qu» sunt oppositio y icquipollentia j atque
conversio propositionum . Principio?
oppositio duarum propositionum
comparationem exprimit, qu* licet iisdem
terminis constent , attamen ipsae
differre possunt inter se , vel solS forma , vel sola quantitate , vel in utraque. Si pugnent
in sola forma , retenta quantitate , hae
propositiones vel sunt ambae universales
, vel ambae peculia- res. Si primum,
dicuntur contrari dicen- dum est , quod
tunc duce propositiones sunt ejusdem
vis, ac valoris et arquepollent , quan-
do altera alteri substitui possit , quin earum vis mutetur 1 ex. gr. Quicquid est justum.,
esi etiam honestum . Contraque fuod est
honestum, est quoq. justum . Ex quo
patet tunc dari requipollentiam , atq.
Conversionem inter duas propositiones ,
quando ha? reciprocari possint.
Hujusmodi sunt jam jam allata? .
71. Huc revocantur rerum definitiones , ea~ turnque divisiones . . . Cum autem definitiones, ac rerum divi- siones non sint , nisi totidem mentis
judicia, intelligitur easdem locum habere
in proposi- tionibus . Dicamus itaq.
quid sint , et quotu- pliciter , maxime
quod quamplures Dialectici JLogicam esse
artem bene definiendi, atque di- lidendi
dixerunt . 72. Quid definitio • Definitio est propositio , quS termino- rum
Ejusque progressibus . 7 ? rtam
ope aliqua idea completa , et determi,
nata explicatur . ex. gr. Homo est animal
quoddam ratione preditum , civile , atq. ad felicia tatem aptum natum. Itemq. definitiones
adhibe- mus pro rerum notis distinguendis
, ut eas ab aliis facillime secernamus .
Nonne cum dicam hominem esse, animal
ratione praeditum, civile % atq. ad
propriam felicitatem naturo, factum a
exteris animantibus eundem non distinquamusS 73» Bone definitionis not.e. Ex
quo sequitur : i. Debere ingredi in
definitionibus rerum notas intrinsecas :
quandoq. etiam possibiles . ex. gr. Homo non modo es% animal rationale , civile , et ad
feli - citatem comparandam factam , sed
quoque har- bitauin moralium capax
, 74. Alite bone definitionis note
, Ex quo consequitur *. pro omni rerum
ambi- guitate removenda, necessum est,
ut definitionis termini sint clari ,
atque definitiones cum re- bus definitis
reciprocentur. Hinc bene defini- tur.
homo animal ratiocinaris , nam ott)ne ani-
mal ratione pr editum , est homo.,
75 * Definitiones rea/es , sunt quoq. nominales. Ex quo tertio, colligitur non dari
definitio, lies reales , atq.
essentiales , ut scholx loquun- tur ,
nam rerum essentialia nobis non inno-
tescunt. Omnes itaque
definitiones sunt nQ« minum definitiones
, vel potius descriptiones, 7 6. Quid
rerum divisio . Deniq, rerum divisio
est resolutio totius in suas par. Ue Loquela, , parte? prscipuas , qur dicitur physica
in quantitatibus solidis, idealis autem
in abstra~ ftis . Ad primam divisionem
spectat illa cor- poris humani partitio
jn partes solidas, etjluidas. Ad alteram
retertur illa hgurarum planarum apud
Geometras in trilateras , quatrilateras ,
ct multilateras . Divisionis
utilitas est maxima jn rebus per quam
maxime implicitis, et per quam longis ,
quoe uno veluti mentis intuitu, ne q.
videri , neq. comprehendi possunt. Sed ex quo
orationis claritas , nisi ex recte defi-
citis , et rectius divisis propositionibus ? 77.
Alia propositionum penera . Postremo
semigeometroe jrecentes, qui nomi- nibus
mathematicis tantopere abuntuntur, dictis
quoque accensent propositiones, quas ipsi dicunt practieas, Theoreticas, demonstrabiles ,
indemon- strabiles , axiomata ,
postulata , problemata , Theoremata ,
schflta , corollaria, lemmata, et si qu*
sint alia vobis omnibus per quam co-
wnita . Sequitur syllogismus de quo Aristote- les apud Grsecos quarnplurimos libros
scripsis- se scin)us ex Laertro , i C *
*• ir v . •* * * -t ■ 4 CA-
Digilized by Google Ejusjue
pragrf sibus. \l »'* .-ia « c ,
if* A' P. VIII. : » » * * *V » , J • i •r«r
; *A ■f -- * ^ V^- ;
*#•* >5 ,I His omnibus ultimo
loco addendum est ixemplum , quod fit ,
cum ex rebus notis ad incognita profcedamus.
Ex. gr. Lacedemones , Athenienses , et
Romani fuerunt liberi , qui agriculturam
, et militiam exercuerunt • Q UI "
cumque igitur Status has artes maximo animi, tardore colit, erit etiam liber. Ex
antedicti jnodis hic est prsestantior ,
etenim ab exem- plis ortum habuerunt et
progressus ars medi- ca ; agrorum
cultura, navigatio , pictura , scu -
ptura° poesis, tactica, etc. Ecquis est inter homines, qui aliquo exemplo cognito non
luci- tur , btiatn ad aliquod scelus
patrandum j ftonne Alexander Mstgnus
Achillem , « L.l Caesar Alexandrum est
imitatus? Quid plura- • F 4 N? Digilized by Google , Ue erruriubs , .^■accenduntur et inflammantur* i \- m ul ac accensa sunt , ex statu, tanta;
omni- genae ignorantiae trans.it homo in
rerum quam- plurimarnm scientiam.
Verumtamen in tanti temporis
longinquitate , atq. in tanta artium,,
scientiarumq. progressione mens humana ad- huc res infinita», ignorat , atq. omnfgeqa
er- rorum colluvie pxne tabescit . Eam itaque curare tabescentem unius .philosophi est
cum prxceptis', et institutis . Sed prius tantx im-
beci i' itatis causas noscere, atq. praecipuas ex- tricare , fit opus . 3. Difficultas in addiscendo «> Quicumque artem aliquam, etiamsi mecha» liicam , vel scientiam sibi comparare
sedulo studet , quandain difficultatem
in se sentit , qux fere adeo magna est ,
ut eam difficilli- me superet . Quid hoc
manifestius jn sbcie- tate civili?
Forsitan esse possunt, ut iisdem lubet ,
omnes maximi philosophi , omnes Poetx ,
matheniatum cultores , atq. artifices
magni nominis ? . 4. Rerum
sciendarum infinita multitudo . Tanta
es.t rerum, naturalium copia , tanta
artium, scientiarumq. multitudo, tantaq. re-, rura falsarum , vel dubiarum infinitas ,
ut mens iisdem prope obruatur . Nonne
hoc de- legare dementis esset? 5. Libido rerum multiplicium . Quid si hisce errorum causis, libido
quoque «ccedat multas , ac diversas
artes j multas et e ’ di- JSorumque progressibus * jf diversas scientias eodem teinporfe comparan» di ? Profecto quxvis mens ex imbecilla eva- det imbecillior , et majorum errorum
fiet capax . 6.
Alia errorum cauta in sensuum obtusi- '
i ' * tat e . ‘ v Addite bis omnibus sensuum exteriorum quandam obtusitatem , atq. sonsuum
interio- rum naturalem dispositionem ,
quibus rerum corporearum ceu venenantur
, et mutantqr jmagines . Nonne eadem de
re diversi judi- cant varii homines ,
quia djversa corporis temperatione
dominantur £ Marius Pater na- tura audax
agebat audacter . Contrft Q. P':j- bius
maximus verrucosus natura lentus , left-
tjssinie proqessit , adeoq. ille pro Cimbris de- lendis , hic pro Annibale delassando , factus 7. Alienationes , et distractiones . Mentis imbecillitas etiam eruitur ex tot
, tantisq. alienationibus tum
voluntariis , tunt physicis, quae
nonnullis hominibus adeo in- ficerent,
ut pacne insensiles appareant. In flcgmaticis inertia solet esse maximi • 2. Altera errorum causa in nuturie
phaeno- menis . 1 • ’ ■ ’ Deducitur etiam errorum causa ex indeclinabj
T li difficultate cojvnoscencfi rerum
vires, essentias, relationes , et fines.
Ausi sunt quamplurimi hrec omnia rimari
; at eorum absurditates nemo nus adhuc
dinumerare potuit . Digitized by Google 4^ De erroribus , 9. Jn repetitionibus et contradictionibus
. Mentis imbecillitas quoqu^ eruitur ex
tot, tantisque repetitionibus parumdem
rerum , at- que ex tot , tantjsq.
contrarietatibus , quibus ne quidem
summi viri carent . Hujusmodi exempla
sunt sexcenta , qux hic recensere t»eque
liibet, neq. juvat. ‘ 10. In systematum
absurditatibus . His omnibus adjungite
tot systemata ab- surda , tot phaenomena
inenodabilia , tot hy- potheses
commentitias , quibus maxime re-
eentiorum libri scatent . ' 11. E x meditationis inertia ^ Mentis item imbecillitas colligitur e?
me- ditandi inertia, quoe omnibus
hominibus est pxne communis. Hac de
causa paucissimi sunt , qui rerum causas
cognoscere curant • Quid turpius, quam
se ipsum nescire, et cu- jam sui
corporis artis medies imperitis com-
mittere ? 1 2. Ex corporis
humani lentitudine . At animum
inbecijlimupi reddunt qusdam forporis
lentitudo , atque affectuum vjs , quie
eum ita percutiunt , conturbant , et commo- vent , ut mens sola rerum superficie sit
con- tenta . 13* Ex nimio sui ipsius amore . His omnibus addendum , quod nemo unus propriae debilitatis, sit conscius , neque
sibi testis esse velit . Quisquis enim
aliqua de re j ud i- Digitized by Googl Eornmaue progressibus , gg judicium affert , putat non posse melius
di- judjcari. 14. Alia errorum causa ex parentibus . Quid si hisce omnibus breviter adumbratis prsecipuis errorum causis, ultimo loco
addal tis, quod parentes, nutrjces ,
magistri , thea- tra, ineptorum librorum
lectio, ipse multi- tudinis consepsus
pueros depravant', atque abducunt a vero
? En errorum omnium prin- cipes causas,
quas singillatim indicare cura, bo, ut
declinare possitis. 15. P ex judicia
populari . Praeter jam dic$a , sunt et
alia , uti pr*ju* dicia popularia, quae
ut piant» , et animan- tia regionibus
sunt adcpmodata . Quis ea co- gnoscit,
et cognita ab iisdem audeat se li-
berare ? Nonne decipi , et decipere seculuiq ▼peitatur ? CA-
Digitized by Google De
erroribus j C A P. II. JDe erroribus mentis t - quo ad Sensus exteriores .
1 6 . Visus prostantia . 1 7 * X
sensibus, visus est reliquis pr®stantior,
quia illius ope majori 'idearum numero
mens perfunditur, quam cum cjrteris . Pte- nim hoc uno corporum colbres , 'Hgurts,
ma- gnitudines', distantiis, motum ,
atq. hu usce immensae universitatis
pulchritudinem perci- pimus , quo
orbati, nulla esset coeli fornicepS, nulla
prtur® et scnlptth® proportio , nulla
rerum dispositio, nullaq. tantae natur® im- mensitas nobis obversaretur . Attamen
quis crederet ? Ilcc sensu mens
niaximopere de- cipitur . x 7» Ex visu . i. Mens errat , cum quis objectorum exi- stentiam , qu® non videt, audacter negat
. Profecto
nemo aeris fluidum , neque inhnita
animalcula , neq. corpora longe procul dissi- ta jntuetur , licet existant . I P. Ex visu . IT. Decipimur in judicando de rerum di- stantiis , eteniin credimus solem , lunam ,
et nubes ®qualiter a nobis distare .
Verumtamen nubes non attolluntur ,
prxterquam ad duo , vel milliaria . Luna
funerat distantiam 333, Digitized
by-Goctgfc’ Eorumque progressibus .
07 33 Sol denique juxta Kebleri
supputatione* nonagintas miriones
excedit . ,10.* Ex visu . HI. Sj inter dyas Urbes , vel montes
ma- xime dj^ijos , interposita sit vallis
etiamsi amplissima , 'procul visi',
apparet una eadem- que urbs , atq. unus
idemq. mons. ac. Ex visu , IV. Fallimur etiam, quo ad corp.orum
figu- ras. Nam ellypsis cominus
perspecta a circii. lp non distinguit
ujr . Et Turris angularis vi- detur
spficerica . rtemq. du* lineae parallela
longissime protens.ce , videntur convergentes . Qontraq, duo parietes divergentes apparent paraliel 1 . Quid amplius ? linea tortuosa
procul yisa , nobis recta apparet . u *■
V. Campanae fremitus , dum sonat , non
intuetur, etiamsj sonitus. audiri nequeat , nisi partium metallicarum vibrationibus > at 4
* aerl 5 undis . liludq. ipsum dicito de
aquis palu- dosis ac lutulentis . no. Ex VISU. VI. Eademq. deceptio notatur in lucis
pro- pagatione , cujus motus putatur
fieri puncto temporis , attamen est
successivus ^ licet ce- lerrimus .
New/tonus enim eam percurrere quolibet
minuto. secundo 20. semidiametros
terrestres , scii. 3 , 202 . milli^ria Italica putavit. 23. Ex yif : u . ¥11. Prxterea sol. videtur diametri
bipeda- 98 roribus , lis . Itemq. Planetx majores , atq. stellx
pri- rus magnitudinis apparent tanquam
faculae accensa;, verumtamen.
praestantissimi Astro- nomi recentes
Tellurem esse asserunt solis vix partem
milionesimam . Nihil dicendum de Jove ,
deq. Saturno . 24. Ex visu . VIII. Decipimur quoq- cum judicamus co- lores omnes corporibus adhaerere , licet in
iis non reperitur , nisi quaedam
radiorum lucis retlexio , cujus angulum
si varies , motatur quoque color . -
• 25. Ex visu « IX. Si in fili extremo ponatur carbo
ac- census , atq. tanta celeritate
circum torquea- tur , ut minuto secundo
circulus absolvatuy , circulum igneum
minime interruptum distin- ctissime
intuemur • 06. Ex visu . X. Decipimur item adspicientes remum in aqua aliqua immersum , ruptum judicamus. In apice akissimi montis solem videmus
ma- tutino tempore , attamon est
ejusdem ctrum. . . . Vf. Ex visa . / - -V t V*'; Ex audit** - ’ 'vc«*Jdl V. Ut lucis radii , sic acris und.e
obstacu- li inipactx resiliunt* £* hac
aer» rep$fCu*, sio ne , oritur vocis
repetitio , quam ae-ch uro dicimus ,
hujusmodi vocis repetitiones. fiud*
ratis locorum distantiis. vSylvestres autem cre- dunt esse homines , qui eosdem ‘ludificant
. Quod est iaW. ■ . ,* • ' l> ’ ' n •" * &* odMTMPk'*
A Odoratus menti quoq.i causas errorum
tri- fcuit , qui sunt sequentes . . Brimo putamus omnes odores ac fxtores corporibus
inessed. Quod est omuino falsum . Nam
corporibus non inhxrent , prxterquam effluvia
, sive paf- m insensibiles nobis .voluptatem, vel jbolestjam excitant . Si primufn , sensa-
* ^odorem . Si secundum^ wem .
Hinc, sequitur , quod si toi- xmktitur
odor , vel fator . 4 E* odoratu*. ' .
m'-"*.. Secundo decipimur, diim
judicamus ofnn hotnines «qtte ac nos
odorem , vel fetorem alicujus qprporis
sentire . Fortasse est una eademq*
nari««nfebricatio m amnibus hom* »i,bus
? Quis eniifa ignorat eundem hominem
rtfdrbo»- laborantem non sentire odores , titl prius ? Cur fta ?* quia sensus dispositio
non est eadem . Hinc bjwfnali - tempore
non setr- *+ s* I '’4 aL ^ - M i
Eorumqut progm rsi&us • 10 1
timus , quae tempore aestivo nos conturbant . • 37. Ex gustatu . • Sequitur gustatus . Hic sensus licet
no- bis maximae utilitati, attamen est
etiam mul- torum errorum causa . Primo
judicamus sa- pore ni , sci!, amarum vel
dulcem esse in dapi- bus. Verumtamen in
ipsis non inest , quam qujedam
particularum multitudo , quae linguae
nervulos plus , minusve afficiunt .
3 8. Ex gustatu . o. Decipimur,
cum putamus omnes honu- nes ceque ac nos
sentite saporem in dapibus, amaritudinem
, aut dulcedinem in vino , etc. Quod ne
quidem in ipso homine contingere .
«otest , quoniam ejusdem linguae dispositio
perpetuis mutationibus subjacet .
39. Ex tactu . Sequitur ultimo
loco tactus •, qui reliquis est minus
erroneus . Corpora enim , quae vi- deo
esse possunt spectra; sonitus, quem atu
dio esse potest vis phantasiae , illud, ipsum dicito de' faetor ibus, et saporibus. At
equum, parietem, aquam , ignem si
tetigero, de eo- rum existentia dementis
esset addubitare . Quid plura? U110
judice tactu , scimus nos existere ,
atq. extare infinita alia corpora extra
nos\ a quibus continuo impellimur , et
commovemur . Licet res sic se habet , ve- rumtamen hoc sensu mens decepta ,
frequen- tissime errat . . r* 'Wfc* ttt tn»,« • «oWawtf x 4% / q q 40. Ex Digitized by Google 4 b4 D? Prrorilatt , ? 40. Ex tactu . *• • I. Vas aere repletum *qufc ponoerostnh putamus, ac si ab illo fluido esset orbatum
. Quis nescit aerem ponderare , uti
extera cor* pora ? atque ex hoc errore
oritur alter . Arbitrantur en ; tn
otunfcs homines aeiem in nobis, neq. in
se i so gravitare, attamen re-
Centissimi philosophi centies experti sunt ae- rem gravitate , illiusq. columnam , qus
nobis imminet, aequari ponderi asperrimas in- tuemur *
43. Ex tactu. IV. Insuper
judicamus quaedarri corpora es- se sua
natura frigida , quaedam alia ex se ca-
lida. Calorem , itaq. et frigus corporibus inesi se credimus . Quod est omnino falsum .
Eto- nim calor , et frigus sunt qnxdam
anitni no- stri sensationem ; quas in
nobis , uti odores , ' 1 * ' k '
tft f
/ 7 \, - ' 1 qigjped (S.QOgle , Eorurtique progressibus. et Sapores , corpora exteriora in nobis
exci- tant . 44. Ex tactu 4 V. Decipimur quoque , cum manum ca dam irt aqua frigida mergamus , aqoam
sen- timus calidam , et contra . Quin
advertatur * quod ma«us , aqua sit
calidior , vel rigl, dior . Ex. gr. Si
in manu sint calonS 8. S ra ‘ dus , in
aqua autem 5, frigiditatis. Aqua sen-
tiri debet calida , uti 3. Contra si in aqua sint decem frigiditatis gradus , et in manu
4« caloris . Manus sentitur frigida , ut
sex . 45. Ex tactu. Ex tactu denique decipimur* , curri a , s
? th
judicium feramus de corporum duiitie ,
mollitudine , flexibilitate , etc. qux suos gra- dus habent. Nonne quotidie experimur >
quo uni durum , alteri molle videtur
? jy. ■
* - **vv, »* ». f ■■
Jflu. O/i •jv 5.'*' ir:-k ,K P-
qui temperamento cholerico
dominantur , sunt rmgmt.nm rerum
promissores, superbi , audaces, vaferrimi , ambitiosi , crudeles . Sanguinei amem
sunt 'Venerei, vinosi, voluptuarii ,
brevius ad Sa omnia. rapiuntur , qu*
sensus alliciunt , et mulcent .
Melancolici plerumq. sunc confusi ,
laboribsi , diffidentes , atq. acerrimi judicii • Flegmaticos denique experimur pavidos ,
su- perstitiosos , somnolentos,
serviles, confusos, atq. tam in virtutum
, quini in vitiorum exercitatione
inerres . 50. Ex temperamento . Quae cum ita sint, quisjue intelligit ,
quod hi omnes eodem de objecto diverse
jfidl are debeant , e >rUmque judicia
natur* cujasque e«e adtemperata . Ex qno
necessario sequi- tur idem periculum
sanguineis minimi , rne- lancolicis , et
flegmacicis Maxirhi moifienti obve rsari
. Ex quo etiam sequitur , quod una ,
eademqtie res esse debet uni maxirrce
voluptatis, alteri vero maximi doloris. Hinc quoque
redditur ratio , quare unus judex illum
ipsum absolvit , quem alter damnat. Nonne tanta
judiciorum varietas , a diversa corpo-
j-Um constituzione repetenda ? Nonne hac est multorum causa errorum ? 51. Mentis errores ex passionum vehementia
. Tertius nostrorum errorum fons , idtmque uber.
th 6 fi e erroribus , liberrimus
in passionibus inest . Quid singula»
jjersequar , cutn omnes ad unum sui ipsiu»'; amorem reducantur ? Etenim ex immoderato sui ipsius amore exortae sunt tot populorum caedes , patri» proditiones , parricidia ,
flagi- tia, scelera, incendia,
provinciarum , urbium- que direptiones .
Quis ea recensere valeret , quar Cyrus major Persarum Rex, quae Ale- xander Macedo , quxque tandem ipsi Roma- tii gesserunt ? Legite quaeso vitae
humanae monumenta historica H tam
recentia , quam illa ab ultima
antiquitate repetita , in iis tan- quam
in tabula innumerabiles amicos prodi-
tos , Sanctiora iaedera neglecta , innocentium tnilliones modo unius ambitioni , modo
ava- ritix , modo libidini , modoque
crudelitati immolatos esse videbitis .
Dici posset hoc ipsum singillatim de
timore , de spe , de am- bitione ,
coeterisque . Quid plura ? Nulla in
homine passio immodica ,qux martyrum mil- 'lione» non recenset . 51. Ex attentionis defectu • «ja. Sequitut attentio , ex cujus neglecta plurimum quoque decipimur. 1. Erramus , cum nostra attentio licet finita, eam in
quam- piurima objecta distrahamus, a.
Saepissime attentio uni objecto
adhaerens, reliqua nos ^ ignorare facit
. 3. Ipsaq. augetur vel minui- *ut , pro
ut nostra militas est major , vel mi- ti
>r . 4. Ex attentionis
neglectu fere contirf- tt.t, quod de
rebus involutis, et implicitis
judi- Digitized by Google delationes noverimus ? Deniq. ex slttentioni* defectu ortum ducunt tot, ac tanta
prs-judicia popularia , mentis
alienationes , atq. aWrdi* tates . Nihil
dicarri de sensu mbrali , qui tiumq. nos
decipit v Ha-e de mentis erroribus quo
ad sensus exteriores , et interiores •
i ertorib . , guo ai animi sensationes * 53. Ex sensationibus errores . ITT' X omnibus iis , qua? huc usque
maxima P.f curti brevitate extricata
sunt , liquido patet universaS animi
sensationes praedictorum sensuum tam
naturalem , quam temporaneam
dispbsitionem sequi debere . Cum hi sensua jnagna sunt in \'arietate, non modo inter ho- mines , sed fctiam in ipso homine , sequi
quo- que debet, quod unius sensatio abs
alterius 4 serisatlone distinguenda . En
ratio cur idem corpus , neq. :eque durum
, neq. atque pohderosum , vel molle ,
vel odorum , vel faetidum omnes sentiunt
. En quoque ratio # quare dictatum illud
sit verum . Quot homi- nes , tot
sententia. Rerum enim judicia a senr
sationibus, sensationes vero a sensuum textu- ra oriuntur . Varietas itaq. sensuum, etiam
ju* dici orum diversitatem affert . Qua?
cum sint* videamus ftiodo f quo pacto a
sensationibus C A P. IV* 4f
Recipiamur. - 44 *^ b
> quae non sunt nisi r ‘ to- • ’
l 1 1 \
/ 1 i . Digilized by Googlc p
.■ y % t t® , P? errjg/fyt *
, totidem rectiones no is conspnse, vel
dissq- «ce , habeantur absolutae. ajcfe/hr Jfceptio m IV. Decipitor quo® e cum Dei , horainunj, et plant»‘win actiones putentur ejusdem
gene» ris , tametsi tofo cxlo differant
. 6l. Sequitur aiiu deceptio . V. Sim ; it r Dliitur , dym ideas
spirituales •onnhi extensas , et mitf
riales ^oncipiat . 66 . Judicia fa^sa 'x prava idearum unione • i. JEr^at e-inn , si qu* sint
conjuncta,, separata esse ju icet .
Coi.traque qu?e nonnisi jn tote
separantur , concipit conjuncta.,, Suoqi
noris gereris suat Poetarum fabuljp . Secunda autem
sunt to F-,oms irrotibus * Omfiis
eirctilus qua tuor angulis rectis equahit »
Circulus autem est figura plana . Omnis
itaqui figura plana quatuor rectis
tequatur . . 109. Quinta syllogismi
vitiositas. IV. Syllogismus est
vitiosus , si quis e* praemissis
negantibus velit affirmativi conclu-
dere. Contraqi si e* praemissis ajentibus velit aliquid negativi concludere « Primi generis fcst : Arabes non sunt Christiani . Itali non
sunt Arabes . Ergo Itali sunt
jChristiani » Secundi generis est hic :
Africani sunt inertes. Eurtr- paei autem
stmt naturS laboriosi. Africani igi- tur
non Sunt Europii. 110. Alter syllogismi
defectus • V. Erratur etiam vi
haspirationis . Ex. gn Quicquid amas ,
non comedis . Sed pisces hatnai pisces
ergo non comedis . rir. Septimus
syllogismi defectus . VI. Mens errat in
syllogismo conficiendo j si quid pro
causa ponatur , quod reapse non sit
Causa . Ex. gr. Literarum studium
breviorem reddit Litbratorum vitam .
ii*. Octava syllogismi vitiositas»
VII. Illud quoq. dicendum si quis pro deffioti- Strato habeat , quod est in qUatstiotie . Ex.
gr» Si quis diceret . Mundi cl atrum ist
illud , ii i quo universi corpora
tendunt 1 Atqui omnia mun- di corpora in
Tellurem decidunt . TellitS igitu? ttst
mundi centrum . 113. Nona syllogismorum
vitiositas» » Vili. Vitiosus pariter
est Syllogismus , si quid* Digitized by Google Ttorumque progressibus « t 4 f qtlidquam alicui substanti* absolute
tribuatur t qiiod eidem per decidens competit.
Ex. gr. P/anetx f uti tellus , sunt
corpora opaca . Ergo habitatores habent
. 1 14* Error ab exemplo . IX. Mens errat in exemplo , quando ex r
t cognita ad incognitam quis deveniat ,
quin ei- dem rtJrum circumstanti* non
concurrant. Ex. gr. Prima bella civilia
inter pairicios , et plebeos , fecerunt
Romam maximam , atq . po- tentissimam .
Ergo si omnes Europx status bel- la
intestina foverent .(Q tiod utiq. est falsum) 4
Redderentur potentiores . II5*
Ex enthymemate i X. Errat mens in
enthimemate ob idem principium . Ex. gr.
Dux valentinus statum Ecclesia- a
tyrannis vindicavit . Fuit ergo ma-
ximtis imperator . 1 i 6.
Duodecima ex sorite vitiositas . , XI.
Captiosa est argumentatio ^ si in aliqua
jiroposititinum serie, una est erronea . Tunc Quotquot
sunt, omnes rUunt . Ex.gr. Ex omni- bus
terrx partibus Europa est melior . Ex EU-
iopse statibiis Italia . Ex Italiis regionibus re- gnum Neapolis et ex sensu exteriori fqi cilhme decipiatur , neces/e duco , V t
uni stnsui nusquam dedatis ; Quamobrem
plures Vint adhibendi . Sic visus ab
auditu : et tactus ex gustu emendatur
. TT T7 %6 ' P , ropria Votura tst
notanda . • . nus 4 . homine adeo
discriminatur.. Vt raro eveniat , dW «fc
conspirent ami- est eorundem memori, ,
temperationis, passionum, atque
attentionis differentia, ex quibus * iam
tanta judiciorum varietas , atque tanta
errorum origo . Si quis igitur
eosdem velit de- f mare, sedulo
perpendat hxc omnia. Quod si er- rores si nequeat evellere, salaem eosdem
minuit, - I2 7 * Sensationes sunt
cuique proprix . *H>Sensationes
cujusq. generis sunt cuiq.komini ** *
> ‘ • P Digitized by Goog JS orumque progressibus . ilf peculiares , atque in ipso homine variant . Qua igitur in
iis contentio . Si ipse sint re/at.e ?
120 . Excitanda est attentio.
IV. Ex attentionis contemptu , quamplurimi errores. Ipsa igitur est excitanda , et
adhiben- da . Ratio est quoque excolenda
, quam si unans sequamur ducem , nusquam
aberrabimus . 129. Vpcabula obscura
vitanda. V. Quid vocibus , uti animi
nostri signis , utilius ? Sint itaque
clare , perspicua , et non a communi usu
remot e . ltemque vocabula com- plicata
, emphatica , methaphorica , atque signi -
ficptionis expertia , vitato.
130. Declinanda sunt enunciationes absurd.t, VI. Sint enunciationes judiciis conformes ,
de- cliaenturq. falsa; , obscure , atque
absurde. 131. Ars Sophistica philqsopho
est ableganda t V II» Definito res. Sed definitiones sint
rebus clariores . Ille autem amnibus
prestant , que cum rebus definitis
reciprocentur. VIII. Vitato syl ^g is
mos erroneos • Ars enim Sophistica a
philosopho est ableganda . IX. Nusquam a re cognita ad incognitam de* veniatis , nisi prius omnes rerum
circumstantias perpendatis . 134. Soritem raro adhibito * X. Soritem raro adhibito t quia plerumq. est
- argumentatio captiosa % * 1 De- erroribus , \ 195» A scepticismi spiritu procul estote .
’ XI. A scepticismi spiritu , maxime
inconsi- derato longe procul abesto .
Argumentum , analo- gi£ fugito . Neq.
immodica sciendi curiositas vos abripiat
. J 3?• Quamobrem . XVI. Libidinem comparandi multas , et
di- versas scientias uno eodemaue
tempore vitato . \ 141. Alienationes
voluntarias fugito. X V II. Ab alienat
usibus voluntariis vos ab alienato .
Phisic.r autem si sint , attentione mi-
niiendtt . i* tll 1:42. Rc- Digitized by GoogI Morumque progressibus . is J 142. Rerum
causas cognoscere studeto. XVIII. Rerum
omnium causas , et fines co- gnoscere
studeto . Aliter nemo esse potest fe-%
lix . 143. Contrarietates , et
repetitiones fuggito. XIX.
Contrarietates , ac repetitiones fuggito .
Contrarietas enim mentis defectum , repetitio vero memori* labilitatem accusat scriptoris
. ■* f 44. Inertiam vitato . XX. Prxterea perquam longa meditatione
vos contritissimos volo } et quandam
insitam iner- tiam vitato . 14$, Affectuum vis immodica est
temperanda. XXI. Quid vehementius ,
quam passionum vis\ maxime rn at at e
vestra tam fervida\ Eam igi- tur
compescite catenis. 146, Propria
debilitas est cognoscenda , et cw- randa
« > , XXII. Pandem nemo unus homo
adhuc in- ventus est propria debilitatis
conscius , neque sibi tesris voluit esse
. Eam igitur cognoscere prius curato ,
de in adsidua librorum lectione ,
virorum consuetudine bonorum } atq. ex sui ipsius meditatione vel minuito , vel eradicato
. 147. Hactenus de errorum ortu , ac progressibus. I
PARS Ej usque progressibus 1 2
j 3 . Qua veritas moralis * Itemq. si nostra jqdicia factis
respondeant, Veritas dicitur moralis.
Hujusmodi sunt histo- rica? narrationes
; qusq. nos ab aliis quotidie inaudimus
, yel legimus . 4 . Qu£ veritas certa
. Praeterea si veritas ita est quotuplex sit dubietas. Denique dubietas , vel ponitur in
squali rationum contrariarum squalitate
, ut omnia insecta ortiuntur ex ovis ,
vel ab animalculis sper- maticis , vel a
putredine. H.xc dicitur positiva. I a ‘
Illa 4 ’ De Veritate • ' Illa vero ; «Jirs i.n idearum ignoratione
consi- Stic, aopellatur negativa . '
Estne stellarum mt~ tperus par', vel
impar ? .g. Quid' , et quot u ple x sit
f alsit as* Ex dictis clare
ihtettigituf falsitatem esse
disconvenientiam nostrorum judiciorum ab. ob- jectis exterioribus , vel. ab eorumdem.
relatio- nibus , vel ab ipsis fecti$
auditis, vel lectis, ex quo consequitur
tot dari genera falsitatum, 1 quot
numerantur veritatis' genera . Dantur itaq.
fahitates sensibiles , discursiv* e ac morales. Q in- tus ita delinitis , priusquam veritas
cujusque generis investigetur , de
veritatis existepti* paucissima dicam
. C A P. II. '
De Cujusq. veritatis exist entia ^ 9.
Exiseit veritas sensibilis : ”
fTlAmetsi mens nostra ek unoquoque sensu,
X atq. ex sui ipsius judiciis, et ratiociniis quandoque decipiatur , existunt tamen
verita- tes sensibiles,, atq.
abstractae, ut ex sequenti- bus . I. Quis addubitare potest de tot , tanto- rumq. Corporum existentia , qua?, nos
ambiunt? Nonne paene infinita objecta
nostris sensibus quotidie obversantur ?
quot , et quantos Ho- mines , plantas ,
animalia , atq. xdilicia vide- mur.' Idipsum dicito de sonis, de
saporibus, de odoribus , atq. de
sensationibus quas i n No- Digitized by Google /
Hjustpit progresiibus i'3'3
Yfobis ex tactu oriuntur. Quas veritates si quis denegaret, habendus esset demens ac delinis. Existunt itaque veritates sensibiles . Quid
plu- ra ? Nisi extarent hujusmodi
veritates, ne qui- dem existentiam
nostram sentiremus. „ 10. Existunt
veritates abstracte . 10. Mens humana
prarter ideas sensibiles, quamplurimas
alias investigat illas comparans inter
se , vel cum tertia . Ex qua compara-
tione judicia , et ratiocinia nascuntur . Hinc veritates methaphysicae, et matematic» .
Hinc artium , scientiarumq. principia ,
ex quibus infinitae demonstrationes
oriuntur . It. Existunt veritates morales . Denique si in aliqua narratione
constabi- lienda , non modo testes,
historia, et traditio sive oralis, sive
scripta, verum etiam monu- menta
concurrant , non est de illa minime
dubitandum . Quis enim sane mentis homo
dubitaret Ciceronem fuisse Consulem , in For- miano habuisse villam ? Quis dubitaret
Julium Caesarem fuisse .occisum ,
Augustum fuisse Romanum Imperatorem ? Existunt itaq, veri- tates sensibiles, demonstrativae, et
morales. 1 2. Error scepticorum . Ex His huc usque adumbratis sane eruitur a- fnotx mentis fuisse illos omnes , qui
prxdi- etas veritates acerrime , ac
pugnacissime de- negarunt , uti fuerunt
Accademici , Pyrrhonii, Cyrenaici , qui
ausi sunt ipsas nostras com-
prehensiones impugnare . Empedocles enim 1 3 as.
Google •34 Ve Veritate, asservit abstrusa esse omnia , nibil nes
senti- re, nihilq. cernere. Nonne hi
excxcant nos^ orbantq. sensibus ? Philo negavit quidquam esse , quod comprehendi posset , sic
judicium tollit incogniti , et cogniti i
Democritus con- tra solis sensibus credidit
. Parmenides , et Xenophanes quasi irati
increpabant eorum ar- | rogantiam , qui
cuin sciri nihil possent, au- deant se
scire dicere . Neque sunt audienda
contorta , et aculeata Diodori , atq. Alexini sophismata . Quid absurdius illorum
fallacibus j.onclusiunculis ? ad unum
itaq. omnes verita- tis impiignatores
disputarunt nihil percipi , ni- hil
congnosci , nihilq. sciri posse , sed verita-
tes in profundo esse demersas. Cur ita?, Quia angusti sunt sensus , imbecilli animi >
brevii curricula vitae. K Cap. t
Digitized by Googlt' EJasyue
progressibus »35 C A P.
III.
De cu. yusq. veritatis /tota
. t . , , *3« fuo cntenum veritatis * Q Uaeritur hoc in capite , quo criterio
ve- . rum a falso distinguimus. Epicurei,
qui soUs sensibus credebant , veritates
alterius ge- lieris respuebant :
Platonici ; atq; Stoici judi- cium veri
} ac falsi in una mente potiebant i
Fuerunt, et sunt, qui in ntroq. veritatis no- tam colldcant . Sensus scilicet i ri
veritatibus physicis, mentem vero, in
abstractis. Deni- que judiciorum'
certitudinem in evidentia po- tuit
Gartesius , quatti in physicam, methaphy-
sicam , et moralem dispescuit; Prima locun? habet in rebus sensibilibus; in veritatibus
ab- itractis altera ; ultima vero in
auctoritate ; 14. Refelluntur eptcurei
i ; At harum omnium opinionuni qualis
vera tit , an falsa liHbrriirife dicarri
. 1 . Quommodd soli sensus esse possUnt
judicium veri , ac falsi f si ipsi sint
tam fallaces ? non ne deci- pimur nos ab
oculis , ab auribus, ab olfactu ,
gustatu t tactuque ? si soli sensus riotant veri , ac falsi comprehenderent , sol esset
magnitu- dine bipedalis j stellae rion
essent plures , quani^ videntur . Remus in aqua esset fractus
, parelii essent soles reales ec. Denique si soli
tdnsus judicium veri, ac falsi continerent, i . L
4 quae- * 3 Refellantur platonici , ac Stoici . An ponenda veritatis noti in una mente
, sensibus exclusis ? Falluntur quoque ,
qui ita philosophantur . Nam sublatis
sensibus , nul- lum daretur in mente
judicium , nulla ratio- cinatio ,
nullaq. veritas, Quae mens sine judi-
«*ts , et quae judicia , et ratiocinia sine ideis, et quae tandem idae sine sensibus ;
quibus sublatis , nulla esset in mente
operatio ? Con- stat itaq. Pluton icorum
, ac Stoicorum opi- nionem esse fallacem
. Quid si in utroaue . . Q n 'd dicendum , si tam in sensibus ,
quam in mente , quod erat tertia ex
notis proposi* tis ? Sensus quippe
mentem corrigere pos* sunt , mens autem
emendare sensus . Sed in mente ipsa
ponendum est principium , quod quaerimus
, quoniam una mens capax est ve- ritatis
, sensus enim materiam»judicandi eidem
dumtaxat praebent.' 17* NH novi
in Cartesii evidentia. Ultimo loco ,
quo ad Cartesii evidentiam ,• dico ,
quod haec opinio eadem difficultate qua
praedictae opiniones , laboret . Etenim
cum Cartesius tot evidentiae genera posuisset^ quot sunt veritatis species , vellem ab eo
sci- re , quo pacto , quod mihi visum
est evidens, esse evidens sciam ?
quomodo judiciorum meo- rum r ‘~. • ‘
Digitized by Google Ejustque
progrehibus . f%% rum evidentiam
cognoscam* quomodo deniq. rerum
auditarum ? quamobrem non ab alio
quaerendum principio , nisi a sensibus in ve* ritatibus physicis, u mente in abstractis
,atq% ab aliorum fide in narrationibus
historicis • Quae omnia singillatim
disputata sunt , ac re- futata . l 3. Quid veritatis crittrium . Hisce quam breviter enucleatis , ad
propo- situm . Exquirimus hoc in loco
veritatem pri- mam , qui alia
demonstratur . Propositio- nem nempe hic quaerimus ex se certam , cuique cognitam , atq. cujusque veritatis
cew fulcrum , quae sui natura
demonstrari nequit* ipsi omnes alias
demonstrare possumus. iq. A dubietate
oritur veritas. Principio veritatis est
capax , qui dubitat • Nam qui omnia
adfirmat , propositionem etiam sui
adversarii esse veram dicit . Contra qut
Universa negat, quaeque ipse dicit , quoque ne- gat . Philosophus itaque in veritatis
investiga- tione a dubitatione incipere
delet. Sunt enim dubietates tamqaam nodi
, quos philosophus resolvere debpt. At
qui semper dubitat, nnsquam veritates
invenit, prqindeq. a dubitando debet de-
siste re . Nam. in dubietatum catena, si daretutf progressus in infinitum , nihil sciremus
. 20. Idem nequit esse-» et non esse
• Principium itaque pro omnigena
veritate reperienda , est illud ipsum ,
qiiod Aristoteles initio suae
Methaphysicae praescripsit . JSIihil *
po- ts$ n* Veritate , potest simul esse , et noti esse . Videamus ttuS- do., num haec propositio sit certa , evidens
^ atque adaequata . Expendendum nempe num
hujusmodi principium sit clarum cuiq; cogni- tum , num denique cujusq; veritatis
genera constabiliat ; 01» Ex quo veritas sensibilis, L Veritas phisica a sensibus oritur . Si
mi- hi igitur obversetur vesevus
ignivomus , dubi- to de ejusdem
existentia ? Turic tactum adhi- beo ,
aliosq'. homines sentio * Si mihi alii , uti
ego, judicent vesuvium esse ignivomurri . Nori potest non existere . Alias esset , et non
esset mons ignivomus. Quo nihil
absurdius; Si dicat. Illa musica , quae
me tantopere allicit , alios excruciat .
Esto . Sed si musici existet , nenio
negat . Istudq. ipsum dicito de odoribus
, saporibus , ac de sensationibus frigo-
ris , ac, caloris * quae nori extarent * nisi ea- rum objecta existerent ; , 20; Ex qud veritas methaphisica . Ratiocinia tunc efficimus dum duas ideas
cuni tertia comparemus , ex qua
comparatione ea- rumdem aequalitas y vel
inaequalitas deducitur; ex f gr.
Quiequid est extensum est corporeum.
Tabula vero est extensa i Tabula igitur est cor- porea. Extensionis itaq. idea convenit tam
cor- pori , quam tabulae ; Corpus igitur
, et tabu- ^ la conveniunt inter se;
Alias tabula esset, et non esset corpus.
Quod est iterum
absurdum; ai i Digitized by Googli V. , > , £jusque progressibus i 13$ 42. Sx
quo veritas historica • Tertio loco ,
si in aliqua historica narratio- ne
testes sunt oculati , historia , traditio , atq^ itionuihenta aeque concurrant, potestne de
fa- cto quis dubitare ? Demus igitur
Medos , Ba-i bilonios , Graecos , et
Romanos numquam ex- titisse , nonne
essent, et non essertt simul tot
historise , totq. ac tanta monumenta ab ultima antiquitate repetita? Concludamus omne verum, ac falsum a dubietate oriri , et cujusq.
verita- tis notam positam asse in
constabilita superius allata
propositione sua natura certa, cuiq.cogni-
ta , atq. adaequata . Quae cum sint , jid ulter riora procedamus C A P. IV.
k ( * Quid } et quotuplex sit
methodus * M Ethodus est via quaedam ,
qua nostra ju-J dicia i ac ratiocinia
ita disponimus , ut Veritates invenire ,
vel jam inventas cum aliis communicare
possimus . Licet alii regulas tra- dant
inveniendi ; addiscendi ; exponendi , atqv
disputandi j duae tamen mihi videntur praeci- puae, alteri , inveniendi , altera explicandi
. Pri- 1 Cia analytica , secunda vero sinthetica
. Una via. conjuncta separamus , altera
disjuncta unimus. Primus modus rerum
inventioni j alter earum- dim
explicationi inseruit . winalysis ,
idem est ac totius suas in partes
1 k4 quibus cdti* flantur lapides montis vesevi , eosdem in
su* ultima principia reducit, ita
illorum componen* tia reperit . Analytkicae contraria est sinthetica me- thodus , sive compositio , quae ex
quibusdam generalibus principiis varia
componendo in unum colligimus, itt alios
doceamus. Regulae utriusq. methodi , in
sequentibus capitibus fuse exponantur
. C A P. . Vv . * ‘ ■ 4
Et Methodo reperiendte veritatis sensibilis * Oq. Htcc a sensibus , C Ertitudo , quam physicam adpellavimus;
* ex sensibus exterioribus provenit >
eaq. nuncupatur etiam intuitiya . Quare
si objecta exteriora a sensibus
retnpveas , hxc veritas *on amplius
extat . Hinc 4 ruitur primo , quod haec
certitudo nostrorum sensuum rationem
sequi debet. Etenim pro ut sensus sunt bene conformati, et objecta exteriora multiplicia,, eo major nostrarum cognitionum sphaera
fit, atq. augetur . , 25. Sensus esse debent bene constituti • Sequitur secundo , quod si nostrorum
sen* suum fabricatio sit vitiosa,
objecta non cer* nimus distinta. En
ratio, cur ii, qui morbd hjcterico
laborant, universa objecta sub colo-
ro Digitized by Google Ei usque progressibus M* croceo 'vi/ent. En quo* ratio, «nny^ fci corpora remota , et presbyti,qu* sibi
sont proximiora, non cernunt. veritates referuntur , quae constan- tissima observatione , atq. diutinis
experimen- tis liquido constant.
Hujusmodi sunt, quae ex antiquis
Aristoteles, iElianus, Plinius, tum
jecta impellit. Def. 4.
Benevolentia est quoddam animidt-
siderium , quo ad egenos juvandos rapimur. ax. 1, Bona in natura sunt paene
infinita. et viem sceleratus .
57* Quid monumenta i * Quid si
pr®dictis ultimo loco momi-i intenta,
qu® modo extant , addatis, nemo . «anus
dubitat . Reapse quis dubitat Samnites
£xtitisse , et fuisse tam bellicosos . si urbes a Lb
ttjusgiii progressiius aestus
marini causa , et sexcenta alia * Reg. 4. Si qutesilurti resolvi possit ,
tunc videto si resolvi posset in omnes
ejus partes , vel in una » , Hujus generis sunt quaedam quaesita ,
qua plures in partes adspicienda sum .
ex. gr. lti- *us refertur ad familias,
ad civitates , ad im- peria , ad hominum
coetum , nisi hac omnia considerentur •
quaesitum non potest Bene de- finiri ,
maxime quod uni familiae , uni civi,
tati , uniq. imperio potest' esse u ilis , aliis vero maximo detrimento . Quam ad regulam si animadvertissent tot tantiq. recentes
luxus scriptores, non consenuissent vel
in eo lau- dando , vel vituperando.
' Reg. 5. Si quxsitum sit solutionis
capax t extricandum tunc remanet , num
sit simplex , vel compositum scilicet
num unum , vel plura membra habeat .. •
' Illud quippe est perquam adcuratfc definien- dum, alias -erratur . Sic in malorum
origine videndum primo quid sit malum .
Deinde num existat in universo, tum si
sit ejusdem, vel multiplicis generis
Demum si sit multi- plex, distinguendum
in omnes ejusdem cl as- tes . i
Digitized by Google ' Eorumque
progressibus. 165 'fes . Dicito hoc
ipsum de voce luxus superius
memorata. Reg. 6 . Si q tussitum
resolvi possit , tunc constabilienda
sunt principia clara frnm , ata. omni ex
parte manifesta . px contemptu hujus
praeclarissimi reguli Hobbesii
conclusiones sunt falsae , quia la Isis
principiis innituntur . Hunc in errorem inci- derunt quoq. omnes Pyrrhonii , aliiq.
veritatis infipugnatores . Reg. 7. Propositiones quot quot sunt ,
omnes Jluere debent veluti totidem
illationes ex prin- cipiis superius ,
firmatis ac stabilitis . Quod tunc
evenit , quando omnes ita inter se conne-
. etantur , ut ceu quandum catenam efficiant ^atq. una ab alia nascatur . Qui id non consequuntur , habendi sunt
in- genii plumbei . En ratio cur juventus
neccsse est, ut; consenescat in
addiscendis Euclidis Geometriae libris
planis . Etenim in illorum lectione modus adquiritur demonstrandi ,
ad- miratur in iis, quo pacto secunda de
monstra- tur ex prima propositione , et
tertia ex se- cunda . Sic deinceps . Aristotelis
aethica eo- dem ordine est conscripta ,
qua in addiscen- da juvenum profectas
esset major . Nam non de rebus abstractis
, sed de homine agitur , ve- rumtamen
nemo unus eam legit, accurat . Cur ita ? quia eorum institutores nondum
sciunt Aristotelem extitisse , fuisse
virum doctissi- . l> 3 unim j
i*66 ;• Br Peritote-». . gt mmn
, -ad Nicomacum scripsisse decem de
sethica libros. ' ' ■ •**
.nV Reg. 8. Conditis , sub qnk subjecto
prgdicu - tum convenit, est
adcuratissime definiendum* Eap- nitn
philosophi munus est rationem, reddere t
fiio pacto effectu! ad causatn referatur . -
Queritur enim a seeulo praeterito usq.* ad
prarsentem diem , num luxus sit statui alicui UtiSfS'? 1 ' . J '.w,;-' j, fi ; -i 't . ••
*>fi- Huc usq, universi scriptores
in genere quae- situm extricarunt. Sed
false omnes. Itaq. eum vel commendarunt
, vel vituperarunt » Cur ita ? Quia
quarsitum non fuit iniqua m bene
ptopositum i Sed dicendum tst : pratsens luxus est utilitati , vel detrimento regno neapolis
I, vel Rom.el Quaesito ita proposito ,
videndum mini otnnes artes primitiva ,
et secundaria possint ne numerum
artificum majorem h«» bere? Si possint,
necessum est , ut ii^plean- tWr . Siti
aditer , et remanent in toto regno
centum millia qui laborare possunt , iisdemqj -Occupatio deficit . Quaro isti centum
millia vuftis , ut iiiOpes vagentur, vel
ut expellantur e* statu, vel occidantur
, num denique in ar- . tibds itfjAis
Occupandi ? Quis npn videt 1»^ xum non
modo esse huit statui uttlem , sed
ilittirti decemriufn' ? ‘-fi
RVg. 9 . Si in qudsitb rOfoleemdo , vobis non ebniiiigat cettiiadiheth repetite , tunc
probabio- llialtm auffite , riebir
eyuhg.antd» niti MafKiri V~ ‘ ' - - *
-l V ' pro - * Digitized by
Google Ejusque progressibus 1 6f probabilitas . Verum cavete , ne hypotheses
ve- lati theses habeatis . . Quaeritur nuin sol , circa tellurem , ve]
haec circa illum moveatur. Certitudo
omnino de- fecit . Quaerenda est
probab*lita; . Utraq. est probabilis.
Tunc quaere probabiliorem. Mibi videtur
illa Cupertiici , quia mjnus me allicit.
Nam facillime intelligo revolutionem diur- nam terrx circa seipsam , atq. illam
annuam circa solem in eccliptica „ et
sojis re : «jluno- nem circa proprium
axem vigmti septem die- rum spatio
. Reg. IO. Non omnia quxsita sunt
ejusdem geperis , alia enim sunt physica
, alia metaphi • sica t aha denique
moraba . Si physica sensus ,
observationes , a/iosq. homines interrogate . Si i nethaphysica , adhibenda est ratio , ac
demon- stratio . Sin denique moralia .
Notate testes , historiam , traditionem
, ac monumenta . Licet hxc sint per se
clara, verumtarnen in rebus facti ,
nulla ratioctnii . Dum facta video,
rationem non audio Sxpe etiam in re
clara , et manifesta , qua mpluri mi testibus
utuntur . Fortasse testes imiorem rationem habent j quam ipsa ratiocinia firmissimis
prin- cipiis constabilita ? Reg. ii. Quo pacto in narrationibus
histori- cis procedendum , si monumenta
amplius non extern ? Codices consulite ,
quibus in legendis funditus sciri debet
scriptoris lingua • At ca~ L 4
vrr# l ( 8 De Veritate , * ' *, ^ *j t t ' J ^ veto ne Verslones vulgares , Hef. itxicos
con X- munes adhibeatis . ^ • Seri quorsuih hcpc - ? Quia 'nulla lingua
in aliam translatari optime potest. Quatvis .enim lingua suas habet pecujiares proprietates- ,
sectam „ religionem , imperiv firmam , mores
denique y 'propensiones , adjectus , educationem , studia , exercitia , ac partium studium
. Hrc enim omhia ad plenissima
scriptoris sensa intelligenda mixime
conducunt • Natn quiiumque- scribit
etiam nolens suis in libris I
transfundit suos mores , adfectus y tempera- mentum , opiniones , scientiam , oartium stu- dium , atq. alia sibi propria . Brevius sjui-
cumq. scribit , se ipsum describit , Quid li- ber, quam Sermo scriptus ?• Nonne
sermone, aliorum animos paene videmus?.
Hoc fusius, ac 1»T Digitized by Gpoglel
Ejusqie progrersibnj • i est
diligentissime versandum , verum maxima,
cura lectitanda , sunt omnia, ut scriptoris mens ex universis ejusdem operibus constet • Potent enim esse , quod aliquod rejecisset . En ratio quare quampluritni in
judicando errant . Quia vel integrum
librum non le- gunt , vel non intelligunt
. Quid si. reliqua scriptoris opera ,
ignorent , vel non curant scire ? At
quid statuendum , si scriptor de aliorum
opiaionibus, vel factis agat? Reg. 14.
Tunc exquirite primo , an scire po-
tuerit, 2. Num fuerit perspicax. 3. An in ju- dicando adeuratus . 4« Num in referendo
since- rus • In quibus si uni eorum
defecerit , fidem ei denegate . Sin
minus , eundem habete et dili- gentem ,
et sincerum , et veracem . Hujusmodi
sunt optimi historici noti . Li- vius ,
Sallustius, Cornelius Tacitus praestantis-
simi fuerunt historiae scriptores . Apud recen- tiores Nicolaus Macchiavellus ,
Franciscus Guicciardinus , Bernardus
Segni , Angelus de Constantia, Robertson
, David Hum,atq. hi-* storix universalis
anglJci scriptores . Quid si ex uno
scriptore quamplures acceperint ?• Reg.
15. Si quamplurimi , etiamsi mille ex
uno scriptore sua traxerunt , omnes simul tatl%. valent , quantum unus., quem transcripserunt . Quod si clare constet historicum
-fuisse * J
cujus nomen praefert . Sic Jjbnr de consolatione Ciceroni adscriptus ;
est ' Hgarjii .Ergo spurius. Contra
VirgHii .®nei- dos., suflt Virgilii ,
nam, ab ejus obitu ad praesentem usque
aetatem eidem tribuitur . Il- Judq.
ipsum dicitp de Ciceronis, Horatii, Co-
lumellae, M. Varronis operibus-. -Tertio loco si in Codice m°dp aliquid legitur , quod
in scriptqcis :$t#te , vel antiquis
Codicibus non legentur , dicitur
interpolatus . Denique si jaunc aliquid
desideretur , quod fa antiquis
:jpndieihu» e*tfeat , appellatur mutilatus .- Hd- Sjjtm omnium exempla surtt paene infinita
, jju* brevitatis gratia omittuntur ; ^t
quS rd- tione fiaec omnia internosci
possunt ? Reg. 1*7. Dicito illum librum
esse spurium , jt. -Si scribendi stylus
, vel cogitdndi ratio non sit illius
scriptoris , cujus nonfen profert . 9.
j&i a scriptoribus corvis non sit memora-
V* * Si adeo ineptus, ut cui tribuatur , nul- . Io .
Cigitized by Google EjuspK
progressibus n *7P lo modo possit
convenire. 4. Dengue libe* habendus eit
'spurius ,* -si antiqui eum rejecet
irini* /; • -■ - iV .. .. 4 ■ i . *. ■*' Reg. 18. Contra^ liber habendus est genuinus
• I. Si stylus , et cogitandi modus illi
conve • ni aut , cujus nomen >
prxsefert : 2» Si a scri- ptoribus
Coxvis sit memoratus : Si antiqui de
libri genuitaie , minime dubitarim .
Reg. 19. Lib^r habendus est interpolatus t vel spurius y si facta , et personor memorentur
scri- ptoris xtate posteriores . Ipsum
dicito de voci- bus , ac locutionibus .
Ultimo loco si doctrinas •Si st e mati
sibi proposito contrarias contineat *
Quid si scriptor fuerit ineptissimus*.
Reg. 20. 1 Codex est mutilatus si in eo aii- quid desit , quod vetustissimis in codicibus
le- gebatur : 2 . Si qux continet y vani
, cottfuseq . leguntur . * t ' Haec pro auctoritate humana satis esse
du- co . Quo ad divinam , praeter ea
superius di- cta notanda sunt etiam quae
sequuntur. Reg* 21. Oportet perpendere
.1. Nam Deus loquutus fuerit' 4. Cui
loquutus : 3. Quo in loco : 4. quando :
5. quid'., 4 . Haec omnia
manifestissima sunt in quin- que
Pentafheuchi libris a Mose scriptis . Nam Deus
loquu,tus cum universo Populo Haebrreo-
rum . In mote Sinai , post eorum egressum ab iEgypto . Quae autem loquutus fuerit in duabus Tabulis lapideis continebatur *
Quse licet j ' * De Veritate, j' v> •. licet constent ; , veruuuamen videndam
insu- • • '*•' • , i " . . f
*. per • Reg, 2*. Num qu& Deus dixit , ai/ aoj incor- rupta , vel interpolata , vel mutilata
pervene- rint. 2. i 1 / sensus , ac vrria
possint varii ac- cipi . Si autem varie
accipi possint , nemo «aaa fuo arbitratu
, ac teneri intellegat , W aat
(Catholicae Scclesix judicio , standam erit ., Hujusmodi sunt praecipuae rCgulae , qua?
me- thodo analitic.e maxime inserviunt .
Quae au- tem sequuntur ad syntketicam spectant. CAi .
Digitized by Google Ej usque
progressibus : , • , > , 4 * »
f C A P» Ultimum. \l' De
regulis explicanda veritatis , tam viva voce,
quam scriptis • I T' X omnibus
animantium generibus unus 1/ homo
veritatis capax , est quoq. loquela
praeditus , qii^ sui animi intimiora sensa expri- mit . At mirabilior ejt scriptura , qua cum absentibus temporis, ac loci loquimur •
Sed si philosqphi , si parentes, si
ludimagistri desiderent , ut juventus
utiliter haec divina rationis
instrumenta adhibeant, sequentes re-
gulas ob oculos habeant. * r
Reg. i. Initio cujusq. facultatis , magister
doceat , quid ea" sit , que fuerit ejusdem origo, progressus , vicissitudines , scriptores ,
atq. quas in partes ea distinquatur. v ;
• , ■ Cur itl ? ut sciant auditores ,
quae ipsi com- parant , atq. univers®
scienti® quandam desi- gnationem ceu^ in
parva tabula adumbratam habesmt . In
quibus enucleandis una , vel ake- ia
lectio sufficit, ne rerum multitudine deti-
neantur ii , qui paucis prsceptis sunt im- buendi . . f _ Reg. st. Maxima cum brevitate , ac
claritate simul primo controversis:
status proponatur , de- inde suas in
paries dividatur ; tum inutilibus
resectis , omnia sensim sine sensu explicentur • In hoc a quatnplnrimis erratur. Neq.enim -v t pro-
«r ffif •• - J-dolemata sciunt acute propd n ere , neq*
omnes, nodos extricare. Veriwn omne
tempus in congerenda^ cujtisq. generis
eruditione sine ullo ordine, judicio ,
■« lepore tevurit * Qujf
GrammaticorutntForensium^c medicorum ple- ynmq. est perquam inepta scribendi* ratio . Reg. 3,' Vocabula omnia definiantur , ut
quid sit res de qua agitur , plenissime
intelligatur l Hujus iftilissim* regulae
contemptus juve- nes impedit ,■ ut bene
iatelligant , atq. ad- discant . Reg. 4. Ex definitionibus officiantur
axioma* ta ; atq % postulata , ex quibus
clein emitis prae- positionum series
eruatur . , Haec rectissima docendi
ratio, quam sibi sumunt Geometr* , est
illorum omnium, tjui sciunt ratiocinari
. Divus Thfcmav’ non erat Geometra ,
veramtamtn quia divino ingenio praeditus
* ordine scripsit . Quid dicendum de
Aristotelis ethica tam pressp et ta!n stricto ordine Conscripta ? ' , « . , • Reg. ij. Definitis universe scientia
voca- bulis , initium sumatur a rebus
simplicifribus t ac facilioribus , atq.
ad maximi Compositas 9 jfuxijpeq.
difficiles procedatur . Sin aliter
fiat., discipuli non krtelligunt. Reg.'
In rationum ''catena conficienda , ita
ordiatur , ut altera 1 alteri prxluceat , atq. alte- ra alteri inserviat . Ex quo tandem
integrum disciplinae systema compingatur
omni ex parte connexum . Reg.
Digitized by Google Ej usque
progressibus . ut sciatur tempus , «
W, «■ w r«nf gesta. • • • fc '- • •. „ ■ „ •Reg. 14. natUrd ■ j ' ac pravus . Ergo pontus ut educationi
defrr tur , proinde?* magister curat
auditores* redde-, re laboriosos longius, quam res tanta dici poscit.. . §. 3. Pritpo arithmetica est scientia ,
qua mentem instruit , ut ea expedite ac
recte super qtiibusdam cyphris numericis
operetur.. At qua de causa ? ut nempe
veritates inveni- at. Hac scientia licet
quamplurimis continea- tur regulis, ut
additione , subtractione , multi -
plicatione , ac divisione, attamen additio, sub- tractio , multiplicatio , ac divisio tam in
quan- titatibus integris, quam in
fractionibus cujusque generis ad additionem
, atque subtractionem reducuntur.
Itemque regula aurea , societatis,
alligationis , positionis, ac combinationis ; non- ne ha? omnes, et si qua? sint alia? etiam
in- finitae , revocantur ad unicam
regulam aure- §. 4. Etenim
multiplicatio nihil aliud est, quam ipsa
additio concisa: et divisio est ipsa
subtractio . Sic si mihi multiplicandum esset g. per 4. duos modos adhibere possum ,
vel . • M fi 8. qua- « \1
lif * , . 8. quatuor seriam ,
factaque summa habebi- tur 32. alter
modus est si 4. accipiam octo: vel octo
accipiam quater , productus erit sem-
jper 32. ex quo pate't multiplicationem non esse, nisi ipsam additionem compendiosam
. §. 5. Id i^nm dicendum est de
"divisione ; nam ha?c est ipsa
subtractio , cum hoc uno discrimine ,
.quod subtraetio fiat semel , scili- cet
ex quantitate majori dematur minor , ut
quod remanet, videatur . In divisione vero subtractio fieri debet secundum numeros
di- visoris . Sic si dividere vellem
484. per qua- tuor . Fieri debet in uno quoque
.numero hinc primo ingreditur semel , in
secundo bis, ip tertio etiam semel,
quotus erit 121. Ergo in primo numero
subtractio fuit unius nume- ri 4. in
secundo subtractio dupli 4. et postre-
mo etiam unius 4. Ex quo 'etiam liquet di- visionem non esse , nisi ipsam subtractionem. Quod quidem non inteligendum solum de nu- meris integris , verum etiam de fractis ,
ac de fractorum fractis . §. 6. At si quis inquiet ; ad quam
regulam referuntur potentiarum
elevationes , atque ra- dicum omnium
extractiones ? Respondebitur , quod potentiarum elevationes sola
multipli- catione conficiuntur 1 '
extractftfnes vero radi- cum cujusque
generis et multiplicatione , ac
divisione , hoc est ex additione , et subtra- ctione simul . ’ " ■ ' : -f :
*• k. • # Digitized by
Google v t#«r $. 7. Sequitur postrema scientias nume
ricae •regula , qu* est sola aurea , ad
quam quot- . quot sunt , omnes
reducantur . Verum quid continet hrec:
nisi quo pacto fex tribus numeris
cognitis inveniri possit quartus numerus pro- portionalis incognitus ? Hoc parumper
perpen- damus in tyromim gratiam . §- 8. Ad quatuor classes , omnes problema- tum numericorum resolutiones vulgares
ari- / thmetki reducunt , nempe ad
regulam aure- am sive trium ; ad
societatem : ad alligatio- nem , atque
ad falsam et duplicem positio- nem
. 9. Primo regula aurea sive directa ,
vei indirecta: sive simplex vel
composita est inven- tio quarti numeri
proportionalis, post tres alios datos :
ut 4. boves ararunt I. terr® jugera ,
quot jugera arassent 16. eodem tempore ? I- temque 4.
messores metunt quandam segetum
quantitatem 8.diebus, quaeritur quanto tempore eundem campum messuissent if. messores? In utroque problemate semper quartus
proportio- . nalis inveniendus est, cum
hoc uno* discrimi- ne , quod In primo
problemate multiplicatur secundus , cum
tertio , productufn dividatur per primum
, hoc est te3. per -4. quartus pfo»
portionalis est ja. In secundo autem proble- mate 'multiplicatur inter se primus cum se- cundo-, productum dividatur per tertium,
vi- delicet 3*. per 16. quotus , hoc est
quartus proportionalis est *. Sin autem utraque sit M 4 cora-
/ #• quibus mentis adus clarius
explicantur. Cap. x. De Jignorum
artificialium origine . 4^ Cap, C. De
linguatum omnium natura .. £3 Cap. 3.
De linguarum artate conjicienda. 57 Cap.
4. De vocum divijione . 49 Cap. §. De propojitionibus . 63 Cap. 6. De mater i a, forma, £r
propofitionis quan- titate . ...... 6e
errorib.me ntis quo ad jenjus exteriores. \o^ Cap. 4. De
errorib, quo ad animi /enfationes. 107
Cap. 5. De errorib. quo ad ip/ius mentis adtus.iOQ Cap. 0. De errorib. quo ad animi Jigna
relatis , - de illorum abufu . 115 Cap. 7 De errorib. quo ad propo [itiones ,
119 Cap. i. De errorib, quo ai
/yllogi/mos , aliofq. arguendi modo s.
121 Ca p. 9. De errorib. qui ex prava
puerorum eJu - curione oriuntur ,
124 Cap. 10. Ve errorum emendatione
126 Lib. II. De veritatis ortu ,
ejufq. p r Ogre£ibus . Ca P- *• Quid , O
quotuplex Jtt veritas cujufq. veritatis
exifientiaJ _ . 5/“. .. _ uip , & quotuplex Jtt veritas . 131 . 133
Cap. 3. De cujufq. veritatis nota . 135
Cap. 4. Quid , & .quotuplex Jit methodus. 131» Cap. 5. De methodo inueniind.e veritatis
fenft- bilis . ’ 140 Cap. 6. Dg methodo demon/irqnd £ veritatis.
142 Cap. 7. De methodo reperiendx
veritatis prob , ; 15 Cap. 8. De veritate probabili. 156
Cap. 9. De regulis pradlicis reiie philo fophandi.t~v% Cap. 10. De regulis explicande veritatis , tu
n : viva voce , tum {criptis . l5 9 jjppendix , De Logices redudione ad arithmeticam. 179
A C JA. jpfd/L <r
sa SLIOTECA NAZ. Vlttorlo Emanuele III
lxTii ...fi N APOLI I
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\ LECTIONES SEX. + , Digitized by
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* RECTE COGITANDI LECTIONES SEX AUCT. AB. FRAN, LONGANOl
NEAPOLI MDCCLXXVII. EX OFFICINA MICHAELIS
MORELLI. PUBLICA AUCTORITATE. Digitized by
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IILUSTRISS. AC REVSRftfWSS. VIRO MATTHjEO JANUARIO
T E S T iE-P ICCOLOmINEO ARCHIEPISOOPO CARTHAGINIENSI, j E
T FERDINANDI IV* REGIS A SACRIS, ET COWSILIIS, AC
REGU AR-CHIGYMSfASII prefecto FRANClSCUS LONGANUS
Q Uct omnia Deus Opt. Max. d rerum primordiis condidit ho-
mini condidit hominemque i~ ppfum alteri homini . Hinc fit , ut qui
ex hominibus majori cu- ra j diligentiaque aliorum quarunt utili-
tatem , ac praCtpue in literis , artibufquc provehendis , qua funt
cujufque bene con- a 3 • Digitized by Google
flitutee Retpublics ornamentum , ii exteris proflantes, jure
inclyti habeantur , *f§r- namque flbi comparent famam . Inter hu-
jufmodi viros quinam hac noflra tempeflate merito adnumerandus , quam tu
vir Illu- flrijftme , ac Rcverendijftme ? qui ft in ex- teris
dignitatibus Tibi collatis pro tua hu- manitate , prudentia , juflitia
quod Ca- put 1 cfl , pro tua in omni re liter aria , pe- nitiori
cognitione ipfarum literarum , ea- r umque cultorum Te praflanttjftmum
pa- tronum femper prafliteris , tamen ab eo tempore , gwo //£*
Regii Archigymnafli Prx- fcllura fuit demandata , ita eas , eofque
provexifli } ut fub te uno utrique nati vi- deantur 4 Pro tuo igitur
bumanijjimo inge- nio , «r me , ac meum libellum de arte
rcSle cogitandi , qui nunc primum in lucem prodit , ac tibi libenti animo
nun- cupo , rogo excipias optime vale. Neap . pridie non.
Ap.iyy'/* \ s • LE- • Digitized by
Google L E C T I O DE EXIGUO HISTORIjC LOGIGE
COMMENTARIO. ' • ale£tica , qua» eft ars perfi-
cienda rationis humana, a Gracis exorta Zenonii Elea- ti Parmenidis
auditori , 8 c adoptione filio tribuitur, ut ex Ariftotele, Sexto
Empi- ribo, & Laertio. Verum Zenonis Logica reapfe non fuit ,
nifi ars rixandi * & ca- villandi (a) i ex qua Eleatici Sophifta
pro- fluxerunt | quorum audaciam Socrates pra- • a 4
ftan- ( a ) Floruit Zeno circa olympiadem 79., qui juxta
Valerium Maximum lib. 3*cap. 3. Nearco Agrigenti Tyranno aurem mor-
fu corripuit . Plutarchus Vero ad verfus 'Co- lotem fcripfit Zenonem fuam
linguam dentibus amputatam in Tyrannum ex- puifle. Hujus philofophi
principia natura- lia rejecit Ariftoteles libro Metaphyfico- autn
tertio cap. 4. ftantiflimo vir ingenio, atque morum
in- nocentia Angularis retundens , non aper- to marte eos
aggrediebatur , .fed quadam difputandi dexteritate proprios errores
con- fiteri eofdem cogebat. Hinc Socratis Lo- gica tota erat in eo,
ut primo vocabula omnia vellet defjnita , deinde quibufdam, minutis
interrogationibus propofitiones om- nes per neceffariam confecutionem ita
te? xeret , donec ad praeceps inconfideratos adverfarios
perduceret. A Socrate quamplurimae philofophorum familiae
profe&ae funt (b) , quarum cele- bra- ( b ) Ante
Socratem philofophi JE- thicae ftudium neglexerant . Hic vero maximo
ingenio , corde , ac fpiritu om- fiium primus homines felices reddere
cu- ravit. Is enim de anima , de paflkmibus, d'. vitiis,
virtutibus, pulcritudine, deque hujufmodi aliis, quae vel cum nobis,
vel cum focietate conjunfta funt , fapientifli- me difputavit. Adverfarios
hironia, atque induftione refutabat . Xenophon , & Pla- to ejus
do&rinam , & vitam fcripferunt. Irreligionis crimine adcufatos,
quia Grae- cis fuperftidonem deteftabatur , ac Dei Digitized
by Google 9 bratiffimae , quasque
Diale&icam furtimo cum honore excoluerunt , memorantur A-
cademici a Platone (c) Athenienfi , Me- g a «- unitatem
confitebatur , veneno obiit in carcere . Quae hujus praiftantiflimi
viri fenfa fuerunt , quo ad Deum , animam , res morales ,
aconomicas , atque politi- cas leggi poffunt in Laertio. (c)
Plato jEgynenfis , Codro ex parte Patris , & Soloni ex Matre
conjun&us , 87. olympiade natus eft . In pueritia in
exercitationibus gymnafticis, pi£lurae,mu- ficas , poefis , atque
eloquentias ftudio ope- ram navavit. Verum cum Homerum le- geret fe
excuflit , ac philofophiac fe totum dedit . Principio Cratilum , atque Hera-
clitum , poftremo o£lo annis Socratem au- divit, quem in fuis cafibus non
deferuit. Quin imo univerfa ejus bona pro Magi- ftri incolumitate
judicibus obtuLit . Poft Socratis mortem petivit jEgyptum, deinde
Italiam, atque in fchola Pythagorica ini- tiatus . Athenas redux ,
fcholam aperuit prope Ceramicum , in quo monumenta eorum erant ,
qui Marathone tam glo- ri ofe occubuerant . Plato moriens fua
bo- lo garici ab Euclide Megarenfi (/) ,
Cyre- , nai- bona illis reliquit , qui folitudini,
quieti, meditationi , atque filentio vacarent . In- ter quam
plurimos ejus difcipulos recen- fentur Ariftoteles , Speufippus ,
Xenocrates, Hyperides , Lygurgus , Demoftenes, atque Ifocrates*
Plato fuit vir divini ingenii , laboriofus, temperans, agendo
loquendo- que gravis, patiens, atque urbanus. To- to vitae
curriculo juventutem inftituit , obiitque aetate 81. annorum * Perfeus
Mi- tridates ftatuarrt, Ariftotelefque altare e- levaverunt.
Itemque dies fu» nativitatis habitus eft facer. Qu* autem de
Diale&i- ca , de rebus phyficis * moralibus , poli- ticifque
pertra&avit , funt pene divina . Is fuit Primae Academiae au&or , cui
fuc- ceflerunt Speufippus, Xenocrates, Polemon, Crates, &
Crantor, quam deinceps inftau- ravit Arcefilas , poftremo Carneades ,
qui Medi*, ac Terti* Academi* principes fue- runt. Platonis
do£irina primum inftaura- ta fuit fub Augufto,& Tiberio a Theo-
ne Smyrnenfi, atque Alcinoo; fub Traja- no a Phavorino ; fub Antonino Pio
a L. Apulejo , & Numcnio Apamenfi : fub Ccm-
Digilized by Google tiaici ab Ariftipo Cyrene Afri es
urbe ; na- ‘ Commodo a Maximo Tyrio , Plut. ac Ga-
leno.Exa£la autem barbarie eam excoluerunt BefTarionus an. 1438. ^
Marfilius Ficinus , Angelus Politianus * Aretinus * Calderi- nus,
Joannes Picus Mirandolanus an* 1463. In Platonis libris aliquam Trinitatis
notio- nem deprehendifle nonnulli fibi vifi funt . Sed hac in re
videnda eft Joannis Frederici Meyer diflertatio, Samuel Crellius ,
Joan- nes Clericus * • (d) Euclides fpiriturri fui magillri
non feq nutus eft , etenim pro morum philofo- phia , Logicam coluit
, ex quo ut in Laertio ejus auditores di£U funt & Me - garenjes
& Dialctttci . Is Athenas no£lu ibat tunica muliebri indutus , pallio
ver- ficolore amiflus* caputque rica velatus e domo fua Megara ad Socratem
commea- bat , ut ejus fermonum * ac confiliorum fieret particeps .
Rurfumque fub lucem millia pafluum paulo amplius viginti, ea- dem
tunica teftus redibat * Ita A * Gel- lius lib. 6 . Euclides enim in
arguen- do nonnifi conclufionibus utebatur. Qua- •r$
Eubulides ejus fucceftor multa fophif- matum genera invenit , adhibuitque
. At Digitized by Google 12 nato,
Peripatetici ab Ariflotele (e) Sta • , giri“ * Diodorus hujus
auditor moerore mortuus eft, quoniam Stilponis argutias refellere
ignoravit , quique Euclidseus fpiritus Eu- ropse regnavit inter Nominales,
ac Reales; inter Thomiftas & Schotiftas. ( e )
Ariftoteles Macedo Nicomachi , ac Pheftiadis filius, Platonem audivit
cir- citer 20. annos, immenfam au£orum. le- gionem habuit. In
Lycaeo fchoiam ape- ruit abfente Speufippo Platonis nepote .
Alexandrum Philippi Macedonum Re- gis filium docuit . Senefcens
impietatis crimine adcufarur a Sacerdotibus , fu- gi it . Quo ad
ejus mortem alii 0 in ./Euripum fe praecipitaffe , alii fibi ipli
necem intulifle ferunt . Hujus philo- fophi opera funt pene innumera , ut ex
Laertio . Quas Ariftoteles de hiftoria naturali , de arte oratoria , de
poefi , de ethica , dd rebus aiconomicis , politicifque. funt
quippe admiranda . Eidem in Ly- c2eo fucceflit TheoDhraftus fuus difcipulus,
quo mortuo pene filvit , licet in eo do- cuerit Lycon , Arifton ,
Critolaus , Dio- dorus , Demetrius Phalaraeus, ac Stratqp*
to- Digilized by Google girita , denique Stoici
a Zenone Cittieo(/) . ' 1 r prin- cognomerito phy (iens . Verum
fub Impe- ratoribus Romanis alias viguit haec do- ftrina . At illo
imperio proftrato omnino evanuit . Sed iterum Romanorum Pontifi»
cum cura poft ^urops barbariem denuo inftaurata , eam fummopere
excoluerunt Albertus Magnus , D. Thomas , Petru? Lombardus , Scotus
, aliique . Majori au-, tem cum fucceffu dein culta a Pompona- tio
, Jacobo Zabarella Patavino , Franci- fco atque Alexandro Piccolomineis
Senen- fibus : Itemque ab Andrea Casfalpino , Cae- fa re Cremonino
, qui Harveo praefuit in nobili fanguinis circulatione . Hac in
phi- lefophia floruit quoque Melan&onius Ger- manus , qui
poftea Nominales , & Rea- des , variafqne fcholafticorum feftas
infe- quutus eft , Quiq. etiam Stoicos, Scepticos, atque Epicureos
damnabat . Pcftremo hanc do&rinam coluerunt Nicolaus
Taurellius, Michael Picartus , Cornelius Martini , & Hermannus
Corringius cum quo Peripa- tetica philofophia corruit . (/)
Zeno Cittieus Mnefii filius aetate triginta trium annorum Athenas
primum ivit Digitized by Google 14
cipium habuerunt . Verum qua» , , aq qualis fuit illorum omnium ars
difpu- tandi : Itemque in quibus laudanda ,sVei culpanda , licet a
propofito non eflet alie* curri , attamen quia hujufmodi exquifitio
' . - .me ivit , ut purpuram venderet , iliofque tam celebres
viros cognofcerct, quorum libros perlegerat. Quo cum perveniflet,
Cratem primum, illoque religio Stilponem decem annos audivit,
coluit etiam Xenocratem, Diodorum Cronum , Polemonem inter» rogavit
, quorum omnium cognitionibus maxime imbutus fcholam aperuit in
Stoa , quamplurimofque habuit audito* res, quos vita? potius honeftate ,
quam leflionibus inftituere folebat. Zeno 88^ annorum artate occubuit ,
Artam orato- riam a Diale&ica non dillinxit. Zenonifc dtfcipuli
fuerunt Philonides , Calippus , Pofidonius , ’ Zenodes , Scion , Cleantes
, A- rilton Chius Miltiadis ftlius, Herillus Car* thaginenfis,'
Sphoerus , Cleantes Lycius , Zeno & Antipater Tharfenfes ,
Diogenes Babylonius . Apud Romanos ftoica doflrl- na in fummo fuit
honore . Poft literarum inftaurationem eam coluerunt JuftusLyp*
. fius Digitized by Google me ab
inftituto fummopere abalienaret ^ prxteritur, atque oculo peregrino
reliqua percurram , . Poft hos omnes floruit Epicurus ($)
Arhe- nienlis , qui Xenocratem , & Pamphi- lum
flus , Gafpar Scioppius , Daniel Hein- hus, aliique complures,
0}) Epicurus maximus philofcphus Gar- getti ortus in Attica
ojfymp.Top. ex Neocle & Chereftrata editus* unus eorum fuit,
quos Atfienienfes in Infulam Samos miferunt , Hic puer Matri
piaculari praeibat, atque aliquo piaculo domos conta&as
circumi- bat. Ita Lomeyer de Lujtrationibus . Hoc exorciftx genus
inhonorum erat apud antiquos. Rediit Athenas decimo fux se- tatis
anno, trigeflmo vero fexro fcholam in viridario aperuit , ibique cum fuis
a- micis tranquille vixit , Quamplurimos ha- buit difcipulos, ad
quem ex omnibus Graecia: urbibus confluebant , quocum c- tiam vitam
vivebant , nam Epicurus di- cere folebat, ut ex Cic, de finibus
lib: *• omn r f »™ rerum , quas ad beate viven* dum faptentia
comparaverat , nihil ejfe a- mscitia majus , nihil uberius , nihilque ju
- cun* Digitized by Google 1 6
Ium Platonicos , & Theophraflum Ve- ri pz-
cundius. ^Jeque hoc oratione folum , fed etiam moribus , ac vita
comprobabat . E- jus fequaces adeo Magiflro adhasferunt , ut etiam
mortuus fpiraret in fummailla tot animorum confenfione fui memoria.
ita Gajfcndus de vita, (y moribus Epicu- ri . Philofophia» corpufcularis
Epicurus non fuit au£lor , fed infkurator . Hunc mo- mordit ejus
difcipulus Metrodorus, qui ad Carneadem tranfiit. Etiam Cicero
Epicu- rum convitiis laceffivit, at ejus caufam di- xerunt
Alexander ab Alexandro, Coelius Rhodiginus,Joannes Francifcus Picus
Mi- randolanus , Marcus Antonius Bonciajius , Palingeniur, Andreas
Arnaldus , Francifcus de Quaevedo , denique Petrus Gaffendus .
. Quibus
omnibus praefuit ipfe Laertius , qui fcripfit in ejus vita: nam
fan&itatis in Deos , & charitatis in patriam fuit in eo
affe£tus ineffabilis. Ipfe Cicero de fi- nibus lib. 2. Ac mihi quidem,
quod ip- fe bonus vir fuit, & multi epicurei fue- runt , &
hodie funt , & in amicitiis fide- les, &.in omni vita conflantes
, Sc gra- ves , nec voluptate , fed officio confilia •
• , » * ripateticum audivit . Hujus Canonica five b
Dia- moderantes, hsec videtur major vis ho- neflatis , &
minor voluptatis . Ita enim vivunt quidam, ut eorum vitam refellat
oratio, atque ut caeteris exiftimentur, di- cere melius , quam facere ,
at Epicu- rus voluit melius facere , quam dicere. Quamobrem Seneca
de vita beata cap. 2. fcripfit : non ab Epicuro impulfi luxu-
riantur , fed vitiis dediti luxuriam fuam in philofophiae finu
abfcondunt; 8c eo con- currunt , ubi audiunt laudari voluptatem .
Nec aeftimatur voluptas illa Epicuri quam fobria, & ficca fit: fed ad
nomen ipfum ad volant, quaerentes libidinibus fuis patro- cinium
aliquod ac velamentum . Hic in inultis culpatur, ut ex tot |§ntifque
fcri- ptoribus tam antiquis , quani recentibus . Maxima vero animi
conflantia, qua femper vixerat urinae doloribus correptus aetatis 67
. an. 0 lymp. 127. Hic vocabulo voluptatis juventutem allexit , at
in fuis le£lionibus nihil aliud , quam virtutes , temperantiam,
frugalitatem, bonum publicum, an imi for- titudinem, vita; negle&um ,
ac voluptates animi, non autem corporis difcipuios docebat.
Ad Digitized by Google iS
Dialc&ica paucas regulas de fermoris per- fpicuitate , deque
reflo ratiocinandi ordi- ne, quas fophiflis fu* aetatis oppofuit ,
continebat . Qu*que legi poflunt in Laer- tio fuo difcipulo , in Stanleyo
, in l'hpr mafio , atque in Bruckero, H*c de veteribus
celebrioribus philo- fophis , qui Dialefticam vel invenerunt, vel
auxerunt, vel perpoliverunt ad Caela- ris ufque jEtatem , at fecundo
ecclefi* fe- culo Alexandri* , ad quam quafi ad bo- narum artium
mercatum literati omnes confluebant , invaluit quadam philofo-
phia,'qu* ccclettlca dicebatur, cujus nobile inllitutum erat ex fingulis
philofophi* fe- Ad ejus fcholam pr*ter 'virbs
confluxerunt etiam muliqp?s celeberrimas , ut The- miflia Leontii
uxor , Philenides , Erotia, Hedia, Marmaria, Bodia , Phedria, neq.
* ejus cives , neque ejus adverfarii eum vel libidinis , vel
impietatis crimine adcufa- runt. Epicuri Philofophia fine ulla inter- ruptione culta
fuit ad Augqflum ufque, Lucretius eandem collegit . Eandem quo- que
coluerunt Celfus , Lucianus , & Piogenis Laertius , H*c
phjlofophi* cum Digitized by Google
19 Ceftis tunc temporis florentibus qimlam excerpere,
quxdam mutare , aliterque ex- primere. Verum hsc philofophandi ratio
dofliflimis ecclefias Patribus adeo placuit, * ut ftatim per omnem
Chriflianum orbem fuerit ditfufa. His acceflit , quod ha:reti- ci
quinti feculi Ariftotelads , ac Stoicis prafidiis abutentes , dolores
noftros ad- grederentur , qui ut adverfariorum argu- mentationibus
, atque irrifionibus occurre- rent, eadem difputandi arte etiam
imbu- ti funt . Diale&ica
itaque eccle&ica ex Stoica, atque ex Ariftotelica componeba-
tur, qua2 ufque ad duodecimum ieculum in occidente fuit tradita , maxime
quia b z B. . cum Roma fepulta iterum revixit
initid feculi decimi feptimi , atque ignominia formarum plafticarum
alias atomos in pri- ftinum fplendorem alii reponunt Magnarius
Luxemburgenfis edidit primus ejus Demo- tritum revivtfcentem, Magnano
fucceflit Pe- trus Gaffendus vir pradlantiflimo ingenio an. 15P2.
Poft Galfendum coluerunt rao- lierius , Bumerius ,.‘Vandomus ,
Bovillo- nius , Catinat , Polignac itemque abbas
Gennet,Fontauellius aliique quarn plurimi, viri . D
20 B. Aliguftinus fuis difcipiilis eam com* mendaflfe
fertur . * Seculo autem duodecimo ScholalHci?fivt Chriftiani
occidentales Ariftotelis libros «ab Arabibus verfos , ab iifdem
interpreta- tos accepere. At hi nimio rixandi ftudio du&i
Logicam , ac Metaphyficam fatis • quidem obfcuras atque implicitas
novis fubtilitatibus , novifque quseftiunculis ac laqueis
foedarunt. Etenim cum linguam Grxcam ignorarent , Ariftotelem neque
legere , neque interpretari poffent , ejuR dem (£)
Laurentius Valla Roriis natus 1415. anno quinquagefinio fuae statis
occu- buit . Is incultam fermonis barbariem e- legantiarum libris
dsfasdare curavit. Ut ex Jovio. Natnra mordacilTimus Ciceronem
vellicabar, Arillotelem carpebat, Virgr- lio fubfannabat , uni tantum
epicuro af- furgebat. Hic cum pauca in Logica fui temporis
animadvertilfet, adverfus Magi- ftros fe fe offerebat , ac planum
diceret nullam efle Logicam , prater Laurentia-, nam . In libro de
voluptate, ac vero- bo- no epicuro .adhaefit. Hic omnium primus
philofophiam ex pyriffimis fontibus, non ex Digitized
by Google 21 dem Utiliora neglexerunt, fophiftica
dun- taxat amplificarunt. Scholaftici itacjuc Ari- ftotelici
denominati funt, & denominan- tur , licet eorum pauciflimi
Arillorelem legerint. Hujulmodi Logica futnmo in honore habita fuit
ufque ad feculum XV. illiufque veftigia etiamnum manent in
quamplurimis Monacorum familiis . Verum initio decimi fexti fcculi
, pri- mum Laurentius Valla Romanus (Z>)\ & Rodolphus
Agricola Germanus , (i) dein* b 3 de ex lutulentis
rivulis falubriter hauriendam effe docuit , explofa penitus
fcholallico- rum difciplina , qui tunc temporis prin- cipatum
obtinebat. (i) Rodolphus Agricola apud Frifios or- tus ah.
1442. Hic enim tanquam athle- ta multa tulit, fudavit,& allit
abftinuit- que venere, & vino, ut magis magifque literis
vacaret. Poltque Parifiis, & Ferra- rii Gricam, ac Latinam linguam com-
paravit , reliquum itatis partim Hebdcr- bergi, partimque Wormatii duxir.
Pofl: ejus mortem Lovanii editus fuit liber an. 1 5 1 , i/— ... ■ «*«■■■ »«»»■■ **».*-+ temeritate judices concuffi ,
irrito conatu per diem integrum imagiftramvt
fuit i ut barbari barbare vocabant.
ItaFreigius in vita Petri Rami. Scripfit
inftirutioves Lo» gicas , atque in Ariftotelem
trviniadverfh* nes, Ex Triumvirali fenrentia ejus
libri damnati furtt. At paulo poft
Diaia&tcx, atque eloquentia Cathedras obtraurtTTan- dem in S.
Bartolomad praelio occifus eft. (/) Baco magnus Angliae
Cancellarii» fub Jacobo i. unus- eorum eft qui ora* nes perfefliones
, atque imperfectiones fcholaftica; philofophiae cognovit , often*
ditque: itetftque vehementi (lime laboravit pro ea perficienda. Hujus
traClatio de aug- mentis ferendarum eft perquam utilis *
Literarqmafliduitate dx ditiflimo obiit pau- per. an. 1626., In
fcientiarum organo do rebus Logicis difertiflime difputavic , in
quibus modum optime conficiendae* Indu* clionis difleruit , cum
AriftotelicI metho- dum docerent conficiendi fylidgifmi . Quo
in Digitized by Google 24 1 . mas
Hobbefius Ahglus (w) , qui licet luam Logicam computandi anem
infcripferit , verum tamen ut caeterae illius temporis fcholaftiGa
garrulitate etiam fcatet. a ^ Poft hos meliori methodo atque a-
criori ingenii acumine de Logica egit Cartefius Gallus (») vir
do&ifiimus y cujus libellus de methodo rationis rettc
dirigendae, inquirenda in J cientiis veritatis eft val- de
praftans. Etenim is primus ^ fuit, qui. conculcatis vetuftiffimis
au&oritatis prae*, judiciis * ad veritatem inveniendam aljos
excitavit • Itemque non ex aliorum judi- cio, 'virum ex propriis viribus
omnia ex- ^ pli- ■ i .. . . .. i i r - — «...
-r‘ * — — in opere o&odecim annds
confumpfit . Hic unus novae philofophue praxurfor fuit . m )
Hobbefius Malmesburii ornis an. 1588. pfiuja aetate piaxiraos habuit
pro- greffus in linguis , quinquennio philolo- phiae fcholafticae
operam dedit . Deinde Italiam , ac Galliam peragravit. Tucidi- dem
in linguam artglicam vertit , ut fb- tus Democratici conftifiones
notaret. Lu- tetiae an. i) Joabnes Lockius Vyrigton prope
Briftblium natus an. i6p. prima litera,- rum rudimenta in Collegio
Oxfortenfi , accepit , quaque illi eide tn -puerilia vifa funt . At
Cartefti opera illum acuerunt • A Cartefii operibus ad medicinam
tranfir, qua de re anathomen , hiftoriam natura- lem , atque
chymicam comparavit . Pe* ragravit primo Germaniam * ac Pruffiam ,
deinde Galliam atque Italiam cu«l Co- mite Noftumberlando - Heflico
morbo correptus Galliam venit 1 qua benigne exceptus fuit » Vix ad
Angliam redux y Ba- *8 bris anglice editis
an. 1694. artem cogi- tandi comprehendit . Hos Petrus Cofte in
Gallicum fermonem , Burrigidius vero in Latinum vertit . Lockius enim
fum- mo mentis acumine rerum caufas rima- tur, vires humana
rationis computat, de- nique Logicos docuit qua via (e explica- ri
poflent , neque erubefeere fe nefeire , quod reapfe ignorant . Cartefianos aggre- ditur , ac
difputat omnes ideas vel fen- fuum ope , vel meditatione oriri : 2.
O- ftendit quo pa&o unaquaque idea adqui- ratur : 3.
Diligentiffime artem criticam expofuit . Poftremo de humana
cognitio- ne , de veritate cujuslibet generis , de ra- tione , de
fide , ceterifque aliis fufe la- teque pertraftavit . Attamen
reprehendi- tur . '* • • fc « — .» ■)» ■■■*■■■ i t .-.I,. , - Bataviam petivit , atque ab Anglia rege requifitus ire noluit. De Intelle£lu humano librum confecit, quem an. 1 697. edidit: rure compofuit librum de Imperio civi- li , in quo tyrannidis injuftiriam expo- fuit : eoque in loco compofuit prater
li- brum de puerorum educatione , etiam a- liquas epifiolas, ac
Chriflianifmum ratio- cinatum, quo in libro Rationis vires ni-
mium, Digitized by Google 1 9 tuf . i.
Quod faepiffime eadem magno verborum adparatu repetat . 2. Quod
quae-, dam inutilia addat : 3. Quod exempla neceflaria omittat , 4.
Quod libertatis ar- bitrium non re£le explicuerit . Ex Lockii
Schola Joannes Clericus prae- ftantiffimus philofophus prodiit , qui
uni- verfa judicandi prscepta ia fu a arte cri- tica complexus cft.
Nam 1.
de ideis. 2. de judiciis , ac propofitionibus : 3. de me- thodo ,
poftremo de argumentatione ac fvllogifmo difleruit . Poft
Clericum mariotte Gallus doflif fimus vir Logicam duas in partes
divi- fam edidit , quarum altera in quibusdam propofitionibus evidentilTimis
verfatur ; al- tera vero qua via ex praemiffis propofi-
rid* mium y quam par eft, praedicat , vitam- que
sternam iis offert , qui Chrifto cre- dunt, legemque naturalem exercent.
Oc- cubuit an. 1704. num materia poflit co- gitare , conatus eft
oftendere . At quid in- tereft utrum materia fit cogitans, nec nej?
Quid enim intereft , fi medtis human® fimplicitas in tuto collocetur ?
Fortaffe ipfa efficere poffet , juftitiam injuftiriamve noftrarum
a&ionum , noftram futuram fe- licitatem , veritatefque fyftematis
politici ?. 1 5 ° . tionibus alis deduci
re£te poflint , perrra- £lat . Culpatur primo quod de veritate pro-
babili , deque arte critica nihil dixerit ; Itemque quod ratiocinandi
artem confufe tranaverit \ quod omnium errorum cau- fas non
patefecerit , Quod in Anglia Joannes Lockius, at- que in
Gallia Clericus, ac Mariorte, id- entidem in Germania fecerunt
Chriltia- nus Thomafius , Eeibnitzius , Wolfius , aliique complures
. Primus enim fine pra:- teriti feculi introduttione ad
Pbtlofopbiam Aulicam, Dialecticam a nugis, atque er- roribus ,
quibus eam maxime infufcave- rant fcholaftici , emendavit . Id quoque fecit Andreas
Rudigerus etiam Germanus in fua pbilofopbia Syntbetica , atque in
libello de fenfu veri, ac falfi. Id ipfum dici — — - »
i ' - - {q) Leibnitzius Lypfis natus in Saxo- nia editus elt
in lucem an. 1646. ex Fre- derico , & Catherina Schmuch , illi
prae- mortuus pater a matre fuit inftitutus . Vix ex Ephebis
egrelfus maximam libro- *um copiam, quam eidem pater relique- „ rat
, legit, at «cognita magiftri indigen- tia, ad Thomafium omni in re
literaria • , • io Digitized by Google dici
poffet de Francjfeo Buddaeo, de Le- ibnitaio >(q) , Chriftiaoo Wolfio
, deque aliis pene innumeris , de quibus verbum nullum addam , ne
propofita: brevitatis li- mites praft^iantur* ' His omnibus
accenlendi denique lune praeclariflimi viri ^Antonius Genuenfis
Nea- politanus nofter Praeceptor maximo vir ingenio, ac per quam
longa meditatione, ac le&ione contritus aliaq. fortuna dignus,
Aloyfius Vernejus Lufitanus , Sorias Pi- fanus, Salvator Rugerius, atque
Ab. An- gelonus P. Coeleftinus ambo Neapolita- ni . Quorum omnium
opera amo , at- que excolo , primum ob rerum gravi- tatem ,
fecundum ob methodi clarita- tem, in tota Germania infignem
avolavit. Sub tanto Praeceptore hiftoriam , & Politices artem
calluit , Peragravit deinde omnem Germaniam , atque Italiam pro
defcri- benda Ducum Brunswifcorum hiftoria . Cum rediiffet Codicem
Juris Qentium di- plomaticum edidit. Occubuit ann. 1716. ejus vita
legitur m Kortholt , Eckard , 4 » s tem , k
fermonis latini nitorem , Pi- fanum ob methodum , atque praecepta
Lo- gica , alium praeter res , etiam ob lin- gua latina elegantiam
r poftremum^ pro- pter ejus methodum darifliraam . Digitized by
Google t INTRODUCTIO, i,
/''"VMnis humana perfe&io ab of- V_y ficiorum, & virtutum
adcu- rato exercitio unice pendet . Verum nul- Jum eft officiorum,
ac virtutum laudabile exercitium, nifi a natura: notitia, ejufque.
auftore , qui eam ad proprium dirigit fi- nem : haec vero rerum
Iatebrofarum cogni- tio. eft laborum , ac fpeculationum profun-
diffimarum fru&us , quae , rationem requi- runt omni ex pane
illuftratam . Ratio autem eft quaedam ip homine vis y five
facultas, qua 8c noeram, & aliorum cor* porum exiftentiam , eorumque
. relationes cognofcimus ; qua fumus liberi ; qua alia feparamus,
aliaque conjungimus; qua prae- terea a quantitatibus cognitis ad occultas^
incognitas pervenimus; ac idearum , $c judiciorum feries neceflario
vinculo con- ne£timus: & qua, fignorum ope , noftra intimiora
animi fenfa aliis communica- mus, errores cognofcimus, veritates
dete- gimus: qua denique juftum abinjufto,bo- A num
s •* Digitized by Google 2 Leflio 1. De mentis
aBibus . num a malo , honeftum a turpi facile de- cernimus, Haic
vis, quaecumque illa fit, dum vivimus ex fenfuum applicatione ori-
tur ; experientiis , atque obfervationibus augetur, Audio vero Logices
perficitur. Ex quibus fane concluditur , Logicam elfe fum- mo
emolumento iis omnibus, qui vel fe ipfos , vel alios perficere curant ,
Cum igi- tur mihi propofitum fuerit ipfam juven- tuti enucleare ,
refla via ac ratione proceflifle arbitror , fi primo de mentis
humanae operationum ortu , ac progrelfi- bus, tum de fignis,. quibus eas
aliis ex- plicamus; deinde de errorum , ac verita- tum fontibus,
atque augmentis pertracta- verim. Haec vero omnia quatuor leflioni-
bus compleflar : quarum prima: duae do- centem , dqae vero poftremae
leflioqes Lo- gicam utentem., yt ajunt , cohflituent . Quibus ultimo loco accedet de
Logicas redu&ione ad Arithmeticam breviflima leflio , ut a
Dhfiefttco fupputandi necefi fitas agnofeatur. LE-
Digitized by Google 3 LECTIO
PRIMA 4 *• • t v/* r 4 I • C^*\ ' DE ORIGINE
OPERATIONUM RATIONIS HUMANAE, E1USQUE MAXIMIS PROGRESSIBUS.
Illud
quidem maximum efl , »g/a animum videre . Cic. Tufc.t.
C A P. I. ■ » • t r • Quibus partibus
confiet homo . 'X omnibus animantium generibus nobis
ufque ad- huc cognitis, unus homo vi fuz rationis
ceteris praftat , quia hujus fa- cultatis beneficio
non modo feipfum , fed infinita quoque obje&a exteriora cogno-
fcit. Etenim diutina corporum imprefiio- ne in fuos fenfus, eorum
exiftentiam pri- A 2 mo Digitized by Google
4 Lcttto I. mo intelliglt, deinde mentis meditatione
illorum adtributa, qualitates , 8 c relatio- nes comprehendit. Itemque
natur* leges, rerum ordinem rimatur: rerum praeterita- rum
recordatur , eafque cum praefentibus conjungens, futuras pr*fcit,ac
veluti. intue- tur. Quid multa? ad propriam felicitatem contendit ,
proprise exiftenti* principium mundique conditorem fk intelligit, &
colit. Hanc maximam ac pene divinam rationis vim mihi delineare
nitenti , vifum eft, primo idearum originem enucleare , tum quo
paflo eajdem vel inter fe, vel cum aliis '■pofltnt combinari. Sed priufquam ad h*c perpendenda aggrediamur , de homi- nis partibus paucifiima dicamus. §. 3. Principio infunt in homine par. tes, quas videmus,
dividimus , contrema- mus, dimetimur; quaque funt extenf* , relilleffres,
mutabiles. Verum
haec,atqu$ ejufmodi alia corporis funt
adtributa . Ho- mo itaque ex corpore
conftat, §.4. Infuper quilibet homo quodam ve- hementiflimo
natur* impetu ad veritatis mfrxime utilis ftudium, ad bonum com.
parandum, ad malum declinandum duci- tur . Rurfus ordinem , pulchritudinem ,
per- feftionem amat; eidemque jullitia , honsr flas,
De mentis aftibus . 5 flas, libertafque placet . Praterea flepe
magno animi mrcrore angitur , eodem tempore quo elt omni ex parte
fanus . Contra
quando- que ell hilaris, licet ejus corpus maximis cruciatibus
torqueatur . His omnibus ac- cedunt tot abftraftiones , atque
alienatio- nes invita:, tot rerum peregrinarum inven- ta, tot
artes, tot difciplina: . Qua: omnia ronnifi ab homine prorfus hebete , ac ve-
luti plumbeo, materia: folida: , atque in* ertiflima: tribui poflunt.
Quamobrem ho- mo corpore, & fpiritu conflat. §• 5* Quod
(i quis ulterius urgeret , ac diceret , hominem ex fola materia
con- flari ; quaererem ab eo : unde tanta cogi- tandi vis , tanta
agendi libertas , tantaque rerum etiam abditiflimarum fcientia?
ufl- de tanta fciendi , dominandique cupiditas? unde denique tanta
fenlationum contrarie- tas , a&ionum oppofitio , virium
interio- rum pugna , tot tantique confciefni» la- niatus ?
6 . Ex quibus omnibus planiflime de- duci arbitror: primo hominem
ex corpo- re, & fpiritu conflari: 2. errafle eos, qui vel folo
corpofe , vel uno fpiritu ipfum conflare crediderunt: 3. eos quoque
fuif- fe deceptos, qui fpiritum ipfius Dei mo- -ij 0 A 3 di*
Oigitized by Google 6 Leftio /. dificationera ,
vel particulam efle fcripfe- runt . §. 7 . Qua autem
ratione fpiritus io cor- pus , corpus vero in fpiritum agat , &
in- ter fe mutuo pene colloquantur, ac fe intelli- gant, omnino
ignoratur, ficuti etiam igno- ratur in qua corporis parte animus
loca- tus fit. Cordatiflimorum quippe virorum hac de re opinio eft
pro capite. At amo- tis his tricis, quseraraus feria , atque ad
propofitum accedamus . C A P. II. 1 * Ve fcnfibus exterioribus
. §• 8 * /'"'XUifque Icit omnem cerebri raaffam per
concavum fpinas ufque ad ejus os facrum pro- tendi . Quifque etiam
Icit ex hac mafla telam nervofam oriri , qua: fenfuum textu- ram
efficit. De quibus mox. §. p. Senfus igitur efl: quadam ani-
mi vis , qua corporum externorum im- preffiones fentimus . Verum latiore
figni- ficatione fenfus omnem vim mentis expri- mit , qua objeci
orum exteriorum ideas , five ftmuhcra , five fpecies , five idola
De mentis aftibus . 7 concipimus , five quicquid interius
fenti- mus . Primi generis fune ideae omnium rerum, quas vel
videmus, vel -tangimus, vel audimus . Secundi vero generis funt
omnium voluptatum, ac dolorum ideae. §. io. Ex quibus intelligitur
, fenfus vel efle interiores , vel exteriores . Exteriores funt
quinque notiflimi, quorbnl quatuor fedes ha- bent peculiares, unus vero
tactus efl in toto corpore diffufus f imo & reliqui ad hunc
folum reducuntur. Interiores autem fenfus funt totidem alii , fcilicet
memoria , tem- peramentum , pajjiones , attentio , ac deni- que
fenfus moralis* Senfus porro tam in- teriores, quam exteriores in omnibus
lio»- minibus diflinguuntur; etenim omnes par- tes folida: , ac
fluid* in quoque homine toto cado inter fe funt diverbe, varieque
complicatae . Quid multa? In eodem ho- mine temporis progreffu omnis
flru&ura muratur . De fmgulis , 8c primo loco de
exterioribus. §. ii. Vifus efl fenfuurti eminentiflimus, nam
vis vifiva ita requirebat , cum ipfa fit orizontis extenfioni
proportionalis , & propter hominis .indigentias efl duplex .
Oculi funt duo globuli , tribus praecipuis tunicis fepti , quarum
concavitates totidem A 4 hu- Digitized by Google
8 Lettio I. humoribus replentur , adeo denfis , ut lu-
cem refrangere poflint . Hujus autem refraftio ita a natura comparata eft
, ut in oculorum fundo , five retina objefto- rum inverfas pingat
imagines. Qu« por- ro a nervo optico excepta: , ignoto nobis modo,
in cerebro, non folum imprimun- tur fecundum reales corporum
magnitudi- nes, figuras, fitus , colores, fed quoque diutiffime in
ipfo cerebro, quin deleantur, impreflse remanent. §. 12. Cum
autem in omni animantium genere, maximeque in homine iapfu tem-
poris hujus organi figura , humoruni den- iitas , atque ipfa fibrarum
textura mute- tur, inexplicabilis ideo eife debet videndi
differentia . Qua:
omnia fi quis adcurate fupputaret , univerfam vis vifiva: quantita-
tem habebit. §. 1 3. Auditus eft alter fenfus duplica- tus ,
in auribus fitus . Auricula exterior pro aeris undulationibus , ex
corporis fo- * nori vibratione produ£tis excipiendis, in- fervit .
Hic aer ‘tamquam in infundibulo tortuofo receptus tympanum ingreditur
, atque ex hoc tranfit in labyrinthum , cui nervi acuftici
adharent, quorum ope ufque ad cerebri fibras communicatur corporis
Digitized by.Google De mentis actibus. £ fonori fremitus, qui
etiam ignota ratione in nobis ideam foni excitat. §. 14. Qux
cum ita fint , patet quod pro defipiendo foni gradu , fupputanda
eft primo corporis fonori elafticitas : 2. iftus quantitas : 3.
obje&i fonori diftantia. 4. aeris reflftentia : 5. denique ipfius
or- gani a&ualis ftatus. §.15. In naribus porro eft
odoratus ; quae quibufdam nervulis capillaribus ve- lli untur, ab
ipfo cerebro produ&is. Scitur vero ex corporibus fetidis , atque
odorir maximam effluviorum copiam continuo exhalare, qua: aerem
circumvolant. Sci- tur etiam , quod ejufmodi particulae in-
fenfiles narium nervulos olfa&orios vel- licant, ex quibus excitatur
in cerebro o- doris, vel fetoris fenfatio. §. 16. Hujus
fenfus propterea vis habe- tur ex effluviorum numero, eorumque im-
petu , ex fucci nervei fubtilitate , atque ex fibrarum cerebri
elafticitate . §.17. Quam proximus odoratui eft gu- Jius , in
lingua,* ac palaro fitus . Lingua enim eft fuperius te£la quadam
membra- na quaqua verfus iqnumeris foraminibus repleta , ex quibus
innumerabiles papilfe nerveas taftui rigidae fe produnt . Particu-
fe Digilized by Google Io Leflio I.
\x falinas , oleofas , fulphureas , aliaeqige quamplurima: in cibis
contentae iftos ner- vulos titillant, ex quibus rerum fapidarum,
vel infipidarum idea in tlobis excitatur. §. 18. Gradus hujus
fenfationis fuppu- tatur : i. ex particularum numero , &
qualitate , 2. ex noftra naturali , & mo- mentanea difpolitione . .
• ip. Tandem taStus in omnes corpo- ris, tam interiores, quam
exteriores par- tes eft diffufus ► Medulla enim oblongata inter colli vertebras , & fpinas
lateraliter nonnulla nervorum paria protendit , qui v in omnem
corporis fuperficiem propagan- tur, atque ita mirabiliter inter fefe
ordi- untur, ut portentofam membranas reticu- laris telam efficiant
. Hinc
evenit, quod quaslibet impreffio,quas in hac fit,ftatim cerebro
communicatur, atque imprimatur idea corporis exterioris. Ad hunc
fenfum referuntur omnes fenfationes frigoris , ca- loris,
gravitatis, afperitatis, &c. §.20. Vis hujus fenfus habetur ex, vi
premente, atque ex noftra aquali, & na- turali difpofitione . ,
§. 21. Hujufmodi eft fabrica fenfuum exteriorum , quos - vulgus
multiplicatos vel- let, atque etiam perferiores. At fi fen-
fus Digitized by Cop^l; j'-- De mentis
tiblibus . 1 1 Tus eflent etiam centum, attamen humanat
mentis operationes eflent ilis ipfe, quas modo habemus, nam fenfuum
multiplicitate non augerentur, verum fola idearum sphoera evaderet
major . Quantum vero ad horum imperfe&ionem , eft quoque inepta
quere- la , nam fx fenfus eflent perferiores , illa ipfa ratione ,
qua voluptatum numerus fieret major , eadem quoque dolorum co- pia
fieret numerofior « Nefcimus igitur quid petamus. C A P.
Ilf. De fenfibus interioribus. 22. TpXpofita hominis
parte exte- ri riore , perpendendum nunc eft ejus interius mirabile
magifterium , quod fummopere in cognitiones , atque in aftus
humanos influit. Senfus interio- res funt memoria , temperamentum ,
paf- fiones , attentio , ac fenfus moralis . De quibus quambreviter ad Tyronum
captum verba faciam . 23. Univerfa cerebri maflfa duas
in partes difpefcirur , quarum altera cere- brum , alterum
cerebellum nuncupatur . Hic 12 Lctth 1 .
Haec fubftantia mollis infinitis peno cel- lulis , five flexionibus
repletur , in qui- bus , modo nobis incognito , non folum .
imprimuntur , fed quoq. retinentur obje- Clorum exteriorum imprefliones,
cum eo- rundem relationibus, etiam abftra&is, & perquam
longo ordine implicatis . Mihi fufficiet duntaxat velle , & itatim in
hac fubftantia imagines canis , bovis , equi , domus, navis,
exercitus &c. diftinCte in- tueor . Itemq. hujufmodi ideae tanta
vi imprimuntur, ut iis licet femel vilis, re- corder tamen cujufq.
magnitudinem , co- lorem , litum , dimenliones , & cetera .
§. 24. His accedit , quod in hac mi- rabili cerebri fabrica, manent
non folum obje&orum ideae hefterna die mihi obver- fatae , fed
etiam illae , quae olim meam pueritiam profperam, hilaremque
reddide- runt . Itemq. in ea pilae celeritatem , te- ftudinis
tarditatem , ignis vim , vul- pis vafritiem , Sinenfium vanitatem ,
a- 1 iaque infinita quafi lego . Quid mul- ta ? In hac una tanquam
in libro diftin- Ctiflimis characteribus obfignato tot phi- lofophicarum
meditationum feriem , tot fyftematurn abfurditates , tot imperiorum
yiciflitudines, uno verbo univerfos huma- •• .. ' nae
z&d by Coogle Dic De mentis a Si ibus i 3
nae rationis progreflus , & natura ipfius revolutiones pene intueor.
Haic vis , quae- cumq. illa fit , memoria nominatur : I- pfaq.
crefcit, decrefcitq. in eodem homi- ne ; fere femper in fene£lute
debilitatur, & nimia morborum vi etiam prorfus am- mittitur ,
ut ex hiftoria . §. 25. Temperamentum eft folidorum , ac
fluidorum conftitutio, quae fere in An- gulis hominibus differt . Ex hoc facile enodatur, cur
ex hominibus alii funt ob- •tufi , torpidi , ac lenti ; alii contra
a&uo- fi , violenti , iracundi . Itemq. dantur ho- mines fere
femper hilares , feftivi , & laetantes ; alii contra taciturni ,
maerentes, triftefque. Denique funt 8c qui facillime omnia, ac
clare intelligunt . Sunt alii, qui pauciflima , & obfcure
concipiunt. Unde haec tanta varietas , nifi ex varia folidorum ,
& fluidorum permixtione ? §. 26. In quamplurimis porro
fibra funt debiles ; in aliis vero refiftentes . I- temque dantur
fibra magis , vel minus elafticac, magis vel minus molles, ac cae-
dentes , atque ex vafis alia funt latiora , alia mediocria , aliaque
anguftiora . Qui- bus pofitis , fequi neceflario deber, fluida non
poffe in omnibus a*que circulare. Ex quo 14
LeETfo /. «juo intelligltur dari cfiverfa temperamen- torum
genera . Datur ideo cbolericum ^[an- guineum , melancholicum , O*
phlegmaticum in hominibus temperamentum. §.27. Et quoniam in fanguineis
fluida aequabiliter cwrunt, ideo funt hilares, a- perti , fecuri ,
eloquentes , benefici , urba- ni , intrepidi . At quia in cholericis
fluida funt fubtiliora, & vafa apertiora, idcirco cholerici
funt celeres , impetuofi , iracun- di , ambitiofi , atque ad vindi&am
pro- penfi , §. 28. Temperamentum melaocolicum eft
fanguineo inferius. Etenim melancoli- ci funt lenti, taciturni , acri
ingenio, acri- que judicio . At omnium lentiflimi funt phlegmatici
, ob eorundem fluidorum fpiffitudinem , & vaforum anguftias .
Hinc fit, quod phlegmatici funt vultu triftes , tardi, timidi,
diffidentes, avari, obtufi , denique in virtutibus , $c vitiis
mediocres. §.29, Quicunque igitur omnem terrae fuperficiem
mente perluftraverit , generarim inveniet, primo climata frigida
homines modificare ad temperamentum phlegmati- cum , calida vero ad
cholericum : deinde inveniet in quam proxime frigidis homi- nes
effe melancholicos; in quam proxime cali- Digitized by
GoogI De mentis etlibus 15 calidis efle
fanguineos . Verum hac in ge- nere. Nam indifcriminattm ubique
loco- rum omnia temperamenta dominamur . Quin imo in ipfo homine,
eademque fa- milia notantur diverfa hominum tempera- menta. Quae
cum ita fint, fenfationes non poliunt elfe easdem in omnibus
homini- bus , & ne in ipfo quidem homine . §. 30,
Pajfiones , five affe&us, iive per- turbationes , five quodvis aliud
vocabulum adhibeas, funt quadam animi commotio- nes ab objeflis exterioribus
excitata. Ha* rum omnium fedes eft in corde , quo4 nervorum ope
cerebro adhaeret , Partiones licet multas, ac vari® , omnes tamen
to- tidem amoris fui ipfius funt modificatio- nes ac veluti
reafliones, quarum unaqua- que in noftras ideas , & judicia
maxime influit. Verum partionum vis , atque ener- gia a tyronibus
facilius fentitur , quam iif- dem explicari poflit, §.31.
Quartus fenfus interior eft atten- tio, qua nihil aliud eft , quam
quadam infita mentis occupatio in objeSo nobis cognito. Ex quo
ftatim intelligitur, quod attentio fit quadam vis obje£H impref-
fione anterior, nobis a Deo data, ut mi- nutim rerum qualitates explorare
valea- mus 16 Leftio I. mus. Hinc etiam
intelligitur, attentionem, efle quandam mentis energiam , qua; vel
in toto objefto, vel in aliqua ejus parte occupatur, ut illius ideam
adsquatam ha- beat. Attentionis vis eft in ratione com- pofita tum
indigentiae prsfentis , tum tem- peramenti , atque educationis :
Itemque attentio varia eft pro finium diverfirate ♦ §. 32. Denique fcnfus moralis eft
quae- dam anterior animi difpofitio, qua
, fine ullo magiftro turpia ab honeftis ,
bona a malis, folo natur® impetu, diftinguimus. Eadem igitur ratione , qua quis dulcia potius, quam amara guftat , ita
honefta & bona potius confequi, quam turpia, 8 c mala amat .
Hsc animi humani vis eft phyfica , ac veluti mechanica , ipfoque
Rationis prscclaro lumine multo ante- rior , & vividior , atque ex fe
ipfa explicatur in quolibet homine. Hinc pe- ne infinita hominum
multitudo beneficen- tiam, & juftitiam amat, earumque oppo-
fita deteftatur , etiamfi ignoret in natura inefle quandam vivendi normam
omnibus communem , conflantem , sternam ; quam quifque fine
magiftro fcit , fine interprete intelligit, fine coailione fequitur :
quaque denique omnes pueri , adulti , urbani , fyi- , ve-
Digitized by Google De mentis attibm . ry
veftrefque homines, ut oculis, ut auribus, ut guftu libere
utuntur. §. 33. Ex hoc fenfu oritur in quovis 'homine illa
probitas , qua: ingenita dici- tur , quasque lenti tur ab omni
humana coniideratione , a qualibet rationum fubti- lirate, a
praemiis, atque a poenis iplis fe- mota, ac diftintia. • §.
34. Ex di&is clarilTime intelligittir , animum percipere bonum
, & malum cum eorumdem gradibus non dillimili ratic- ne , quam
qua colores intuetur, harmo- niam concipit , odores lentit ,
pulchritu- dinem diligit , & abnormia deteftaiur . Ex ditiis
quoque colligitur , hunc fenfum effe univerlalem , reliquofque completii
, nam ex unoquoque fe inflruit,ut de ob- jettorum exteriorum
bonitate , ac pravi- tate dijudicare poflit . §. 35. Haec de
lenfibus tam exteriori- bus , quam interioribus , qui veluti toti-
dem fenfationum animi fulcra , ac funda- menta habendi fuut . Qua: omnia
, nifi quis diltin&c comprehenderit , nullo pa- £lo intelligcre
poterit , quid ex tot tan- tilque obje&orum imprelfionibus
animo ipfi contingat , ut ex fequentibus clarum erit
rr.-- 7 * B * 7 3 > CAP.
. V- Digilized by Google r *
Leftio I. C A P. IV De Animi
Scnfattonibus, §• 3^* OI ne objeftis exterioribus nullap eflent
in homine fenfationes, & fine his nulla in eo eflfet fcientia,
vel ars. ScnJ 'ationis nomine hic venit illa in- terior animi
commotio , qui ex corpo- rum prifentia, five preflione in nobis ex-
citatur . Cum autem fenfationes fenfuum numerum, Sc difpofitionem
fequantur, fe- cundum eorumdem ordinem explicabuntur. §. 37.
Si quis autem quacfiverit , 1. Utrum idei , Sc fenfationes fint ejedem
, vel diverlse : 2. Num fenfationes , quas animus ab objeftis
excipit fibi ipfi , vel objectis fint confom : 3. Ex quo oritur
tanta impreflionum vis , atque impetus : 4. Quare inter fe non
confundantur tot fenfationes , & fibrarum fremitus , qui animum
concutiunt: 5. Tandem quo pa- £Io easdem nofiro arbitratu
comparemus, cum ipfi non fint , nifi totidem cere- bri commotiones
, & rea&iones ab ipfo animo difitinfl® : ex quibus omnibus,
ali- ifque tandem is concludit .• fenlationum /
De mentis anibus. i» ertum , earumque progrefTum , &
varie- tatem inexplicabiles nodos continere §. 38. Principio
fenfationes vifu defini-' tx non verfantur , nifi in corporum figu-
ris, coloribus, magnitudinibus, diftantiis, & motu determinando .
Preliis enim o- cuhs ex luce a corporibus reflexa, fenfa- tio
fecundum vim prementenj , atque o- cuh flruauram modificatur. Ex his
'pref. 1 lombus in nobis attentio excitatur, qu* primum de
noftri exiftentia , deinde de objecto exteriori nos inftruir . Tum
an prefliones lint nobis confentanea , necne ex quibus denique
fenfationes grata vel molefla eruuntur , atque ex his volupta- tes
, vel dolores producuntur : qua p 0 - Itrema non folum animi, fed etiam
om- nium e ju felem deliberationum fulcra ac vires motrices habenda
funt. §- 39- Secundo animus ex una in aliam fenfationem
tranfir , id elt ex voluptate m dolorem , atque ex hoc in illam •
ex quo tranfitu , 8c cenationis; & Jurationis lenfationes
adquirit . Cellatio itaque efl ' dolorum ,. vel voluptatum fufpenfio ;
du- ratio autem ell horum continuata fuccef- 10 * Ex ejufmodi
fenfationum vel fufpen- 2 e Lcttio I. fione , vel
alterna fucceflione oriuntur in nobis defdcris , & detcflationes .
Quia ubi voluptas , vel dolor , ibi attentio . Item- que ubi
fenfatio nobis confona ; ibi vo- Juptas ; ubi fenfatio nobis diffona ,
ibi do- lor . Amamus autem voluptates , dolores odimus. Ex primis
igitur oriri debent de- ' lideria erga voluptatum objeela ; atque
ex fecundis deteflationes erga dolorum cau- las . Quapropter defideria ,
atque abomi- nationes ex fenfationibus ipfis pratentibus cum
praeteritis germinant. Senfationum itaque memoria noftrum fpiritum ,
tum ipfiufque progreffus excitat. Sed ex quo fenfationum memoria
? * §. 40. Quum ab aliquo objefto procul abfumus, ipfum
neque flati m , neque to-'* tum ex animo deletur , nam pro ut at-
tentio fuerit major , vel minor , diutius in animo ejus imprefiio remanet
. Memo- ria igitur ex attentione , Sed ex quo at- tentio ?
§.41. Ex di£lis , nulla memoria fine attentione. Nulla autem
attentio fine in- digentiis, vsl noflris,vel alioruui. Item- t|ue
quilibet homo jugiter eget, alias non confervatur. Ergo quilibet indiget
, ut ,fc tueatur , necdfaria fibi comparet , no- *■ • y t • ' . ^ # .• » f- ' ^ ' f ' V- — ' * * ^ ; • » % *• I. > y- - V 4 .
• t 1 e .... * Dfgitized.Ey' G -
De trientis risibus. ' ' 21 citura declinet : verum
neutrum fine at* ternione obtinetur, necefiitate itaque ha* mo eil attentus
, adfcoque fublata atten* tione , nulla hominis dari poteft tuitio;
& eontraquc remotis omnibus indigentiis j nulla in eo attentio.
§.42. Denique
memoria differt ab ifria- ginatione, I.-Quia memoria efl: imbecil*
la , vivida imaginatio * 2. Prima locum habet arque in rebus abftraftis,
& materia- libus, altera vero in folis corporeis . 3. Vis
memoris ideas ordinate unit , i magi natrix autem eafdern unit difpares ,
confundit & difiociat fimilares.4. Tandem memoria ex a&uum
repetitione & fit, & corroboratur; imaginatio ex fola natura
oritur. §.43. Ex huc ufque expolitis, fequitur r. Animum
humanum variis habitibus pol* fe imbui, ut (impliciter fentiendi , &
fen* tiendi tam voluptates quam dolores-, de* fiderandi ,
abominandi , reminifeendi , ima* ginandi . §.44. Sequitur 2. Mentem ab uno
fenfii tot habitibus imbui , quot ex quinque imbuitur . Qui non
alia de caula nobis multiplicati funt , quam pro fenfationuni
multitudine augenda . §.45. Sequitur 3. Univerfos mentis ha*
K » * B 3 bitus 12 Lcftio 1 . * bitus effe totidem
attentionis ac defide- riorum gradus diverfos.At fenlationes, ac
defideria ipfa non funt, nifi totidem me- rse fenfationes, videtur itaque
quod quot quot funt mentis a£lus , omnes ad lolas fenfationes
revocari poflint . §.45. Sequitur denique 4. pro omni mentis
humana: energia enucleanda fuffi- cere unum fehfum , minime vero
depra- vatum , ut clarius ex fequentibus fiet . §.47. Auditus
fonos percipit , quin ad majorem, vel minorem obje&i fonori di-
itantiam advertat . Initio quilibet amat fonos fimplices , poftea etiam
maxime compofitos . Identidem de odoratu dici poflet .
§. 48. Guftu eafdem facultates , ac vi- res adquirimus, quas vifu,
auditu, atque odoratu comparamus . In faporum multi- plicitate vix
unus & confufe fentitur. Hic fenfus eft cseteris charior , nam pro
vita fufti nenda unice neceflarius . c,i §.49. Tametfi homo videat,
audiat , contre&et, itcmque odores ,& fapores fen- tiat,
verumtamen harum omnium ortum ignorat. Deinde etiamli ta&us ex
reliquis fenfibus minimam habeat vim, homo ta- men omnis omnino
ta£lus fenfationis ex-* pers, Digifoed py GdBle
De menti s aElibus . 25 pers, non poflet vivere.
§. 50. Ita fere fenfuum corporis expla- nata analyfi ,
fenlationumque natura , ac varietate expofita , ordo poftulat , ut
de prajcipuis mentis humanne a&ibus aliqua dicamus .
C A P. V. 4 * 0 » J|/ m*- --tn x •: • •(. ' .«W *
Dtf mentis aftibm in genere . $. 51 . T)Rinium Perceptio ,
five a/mt, X ell primus mentis a£Ius , quo fenfuum ope corporum
externorum exi- ftentiam,five impreffiones fentimus : Hinc fenfatio
, idea , quomodo in neceffitatibus invocarunt, quaque ratione
iratum pla- cabant. Itemquc notau funt tormentorum 8 ^
Digitized by Google De mentis attibus, 4 j
genera , atque execrabiles formula:, qui- bus impii excruciabantur
. Contra qux
vitx honeftas , qux morum innocentia , qux jullitia , qux pietas pro
futura feli- citate confequenda requirebantur. ScimuS denique ex
ipfis tot populorum prxjudi- eia, fuperftitiones , deliramenta ,
abfurdi- tates, foeditates, aliaque innumera pue- rilia , qux Dei
cultum vel foedarunt , vel deflruxcrunt . §. 92. Secundo
quantum ad naturx hi* floriam , eidem debentur aflrorum noti* tix ;
fcilicet quid fint aflra , quo ordine difpofita, quibus in orbitis, &
quomodo moveantur , quibus viribus xquilibrantur, quibus ratis
temporibus proprios cuffus con- ficiant . Eidem debetur metheororum hi-
floria , maris , St terrx, animalium j plan- tarum , & foffilium
cognitio « Eidem de- nique totius naturx revolutionum perio-
dicarum defcriptio debetur. §. 93. Tertio humana hiftoria
quid eft, nifx ipfius memorix produ£tio ? In hac enim videtur
qualis fuit primitivus humani generis flatus , qux focietatuia
civilium origo , imperiorum omnium vi- ciffitudines , tyrannorum feritas
, heroum gloria, ambitioforum vafrities , qui na- 42 LeRio
I. vigatio , quale commercium , terne pro- ductiones ,
hominum induftria , leges , ufus, con fuet udi nes , bella, foedera,
ma- giflratus, militia i ve&igalia , fcientia; , litterati ,
morbi , exercitia gymnaftica * populorum tranfmigrationes , linguaz,
ur- bium , provinciarumque devaftationes , fpi- rituum vis ,
juventutis inftitutio , ludi , feftivitates , feri» , aliaque *
§. p4. Ad Rationem referuntur etiam Deus , natufa , & homo .
Quantum ad Deum * Philofophia , qu» eft tam excel- fa, ut hominem
pene divinum reddat , Rationis eft filia. H»C licet infinite ex- tenfa , attamen
tria funt ejufdem praci- pua obje£ta , nempe Deus , natura , &
ho- mo . Profe&o naturalis Rationis progref- fio eft incipere
ab individuis ad fpecies ab his ad genera \ atque a generibus ad
univerfalia * Hax mentis vis metaphyfi- cam produxit^ quam tanta cum
utilitate quotidie adplicamus ad Deum , ad natu- ram , ad
hominem Quae fcientia minime feparari poteft a mathe-
maticis, qua; in puras , Se in mixtas dif- pefcuntur . Arithmetica,
Geometria, Al- gebra , ad primas; ad alteras vero Me- chanica ,
Dinamica * Hidraulica , Ballifti- ca , Cofmographia , Geographia ,
Chrono- logia , Gnomonica , Optica * Dioptrica , /
Catoptrica, coniiciendique ars referuntur. Similiter ad natura
fcientias fpeftant e- tiam Notomia phyfiologia , Medicina ,
Botanica, Venatio, Agricolrura, paftora- lis , metallurgica , Chymica ,
magia na- turalis, aliaque hujufmodi* §. pvero ipfx
hominum indigentis. En quo pafto lin- gua mentis vires, contraque mens
vocum multitudinem, proprietatem, atque ener- giam invenit, &
auxit. §. 7 . Ex diflis fane colligitur duplicem - clari in
homine fe exprimendi modum . Alter nempe eft naturalis, qui in
corpo- ris motibus ; alter vero artificialis, qui m lingux
modificatione five in vocis mo- dulatione confiftit. §. 8 .
Ex di&is quoque colligitur vo- cum ortum , cuidam lingux conatui,
aug-. • jnentum indigentiis , denique perieftio- nem .
• “ • - ' ' Z ~ Digitized by Google Ac Progrejfu
ftgnorum 5 1 nem fpiritus culturae , afliduifque vitae uft-
bus deberi . §.9. Verum ita femel enodata lingua, ideae apud
homines fic redditae funt com- munes , ac familiares , ut nihil fupra
. Deinceps cognira etiam fuit neceflitas lo- quendi hominibus loci
, vel temporis ra* tione remotis. Quapropter varias imagi- nes
excogitarunt , quibus mentis a£lus ex- plicati funt. Hinc pro defignandis
homi- ne , equo , leone , bove , eorum figuras defignarunt. En quo pafto a&ioni lin-
guae naturali , accelferunt primo foni ar- ticulati pro praefentibus ,
& fcriptura pro abfentibus. Quae fcriptura initio fuit tota
fymbolica , ut tres frumenti fpica: tres annos notabant . Ex fymbolica
evafit Hie- roglyphica, quam etiamnum frequentifli- me adhibemus in
nummis , in pi&uris , in fculpturis . Sed ad exprimendos noftri
animi impetus poftremo maximum in modum influxerunt quoque pene
infinita belli , pacifque inftrumenta . ' §. io. Atque hinc
facile eruitur 1. vo- ces nihil aliud efle, quam quadam figna
abitraria , quae prater fonum , in nobis -quoque excitant conceptum
mentis , ut horno j praeter fonum huic voci proprium, 1 * D 2
ex Digilizedby 'Ac Progrejffu
ftgnorum .' 6 r
gnum , & parvum ; re&um & curvum , grave 8 c leve . Sic
Gallia eft magna cum Regno Neapolis comparata , at eft per- quam
parva Sinenfium Imperio relata . Hinc intelligitur, quod licet omnes
rela- tiones fint ideales , vcrumtamen Diale&i- ci eas
diftinguunt in ideales , atque reales . Ideales funt, qua: intercedunt
inter ideas abftradas, ut inter Tacqueti , & Cavalle- rii Geometrias
. Reales funt , qua: repe- riuntur inter pondus auri , & argenti
. §. 31. In hunc cenfum referri quoque poflunt pene innumeras
voces , qua; fub- ftantias videntur notare , fed vere relatio- nes
exprimunt, quia ipfae non explicant, nifi qualitates, ut pulcritudo,
deformitas, - do&rina, ftupiditas, vitiofitas , fon&itas ,
. juftitia . Itemque hujufmodi nomina vi- • dentur effe
abfoluta,& funt relativa. E- tenim unus homo refpe&u alterius
defor- mis videtur , pulcher , & cetera , Id ip- fum dici
polfet de adverbiis dofle , erudi- te, diligenter &c.
§.32. Ultimo loco dantur termini, li- ve voces [implices , (y
compoftt a ; C lar ce , 8c obfcura ; dijlintta, & confufce ,
comple- ice , fk incompleta j adaequata , (D 1 inada * quata. Primi generis fuqc
linea; & fuper- . fides. Digitized by Google
6 i s Lettio II. Dc Ortu , ficies Protomartyr , &
archimandrita 7 Secundi generis , funt corpus , & anima .
Tertii generis funt Petrus, & homo. Ul- timi vero generis funt
circulus , & vis . His omnibus accenfenda: etiam funt vo- ces
fmgulares , ut Annibal; generales , ut planta ; univerfales , ut res ;
determinata , ut equus a , canis b ; indeterminata , ut equus,
& leo. Si quae fint alia; voces , quas praetereo , etiam facili
negotio re- duci poffunt ad has jam expofitas . Haec de elementorum
orationis do&rina', five de vocibus tam in genere, quam in fpe-
cie ; verum quo pa 6 to eaedem vel inter fe, vel cum aliis poflint
combinari , di- cam brevius , quam res tanta pofcat , adeoque
, C A P. IV. De ftmplici vocum combinatione 3 ftve
de propofttione , r §. 33 . Alibi diftum e/1
judicium duas ideas , vel fenfationes requirere ; unam rei , quacum
conjungitur , vel feparatur •aliqua qualitas; alteram vero illius,
quae eidem tribuitur , vel removetur . Ex g. ►
. i 1 v Sol Digitizedby IbyGq.
. 'Ac Progrejfu ftgnorum 6 3 Sol eft ingentiflima ignis
moles . Luna i • eft corpus opacum . In prima propofitio- ne : ignis a6lio
foii , 8c in altera terra; opacitas Lunae tribuitur . Contraque fi
judicium ex qualitatum remotione a re- bus, quibus non conveniunt .Sic i
Itali ho- dt emi non habent prijlinam virtutem . Et : 1 'homo
in maximis divitiis innutritus raro eji mi/cricors. In quibus fane
propofitio- i nibus ab Italis pratentibus majorum glo- ria, atque
ab opulentis mifericordia fe- ; paratur . §.34. Ex quibus
liquet, quod cum fit judicium oratio verbis exprefla , ea con- flare
debet ex duobus terminis , quorujn alter rem, de qua agitur, exprimat,
al- ter quod eidem tribuitur , vel remove- tur. Sic agrorum cultura
cfi utilis . Ha:c propolitio duos habet terminos : alter eft
agrorum cultura ; alter utilis , quorum primus dicitur antecedens five
fubjeclum ; fecundus vero vocatur confequens five ad- tributum five
praedicatum . §. 35. Cum vero voces ex earum in- ventione non
inferviant, nifi pro objcftis denominandis, hinc fequitur, quod fi
quis adfirmare, vel negare aliquid velit, opor- tet , ut verbum
aliquod adhibeat , cum quo ■ w • »
• v. *•* * - . At fi dicam : Brutus Roma pugnavit , ut
fervaret reliquias mo - rientis libertatis. Incidens eft in praedica- to , Itemque datur
etiam propofitio hy- po- Digitized by Goodle l As Progrejfu
flgnorum 1 69 pothetica , cum nempe fubje&o praedica- tum
convenit fub aliqua conditione , ut : Refp. tunc erit florida , cum
juventus fue- rit optime inftituta. Ha?c de propofitionis materia,
fequitur nunc ejus forma. §. 4 6. Propofitionis forma in
termino- rum unione , vel in eorumdem feparatio- ne confiftit, ex
quo oritur propofitionum adfirmatio vel negatio . Sic : virtute quam-
protcime homines accedunt ad Deum . Con- traque : vitium non eft utile
Harum al- tera dicitur ajens , altera vero negans . §. 47.
Quo in loco notandum eft quod in propofitionibus affirmativis ter-
minorum unio fequi debeat fubjetti, non vero praedicati extenfionem . Ex. g. Om-
nis leo eft animal . Non intelligitur , quod omnis leo fit omne
animantium genus . At in propofitionibus negantibus praedica- tum
omnino excluditur. Ex.
g. Nulla planta eft anima f sequivalet huic : nulla planta eft
nulla animalium fpecies . Haec de forma propofitionum perquam fatis
§. 48. Reftat , ut poftremo loco de propofitionis quantitate aliqua
dicamus , quae nihil aliud eft y quam major , aut minor terminorum
vis , quae in pro- pofitionibus continetur . Cum autem ter- E
3 mini yo lactito II. De Ortu , mini maximam ,
vel minimam fignifica- tionis extenfionem habere poftint , hinc
fequitur , dari debere duas propofitiones inter fe maxime diftantes ,
quarum alte- . ra dicatur univerfalis , altera vero fingu- laris.
Ut: univerfi homines ratiocinantur t eft primi generis : Petrus
ratiocinatur , efl fecundi generis. Itemque amba; effe pof- funt
vel' adfirmativa , vel negativa . No- ta propolitionum univerfalium eft
vel omnis , vel nullus . Singularium vero pro- pofitionum nota eft
, hic , ille , & ce- tera. §. 4p. Inter has duas
propofitiones ma- xime extremas dantur & alias interme- dias,
qua: particulares atque indeterminata; vocantur . Ut : aliquis homo ejl
dottus . I* temque : aliqua figura omnes angulos ha- bet duobus
redis aquale §. 50. Notandum hoc in loco eft > quod poflit
dari propofitio qua; videatur fingularis,verumtamen eft univerfalis. Et con tra.
Hi nefit, quod ; ut propofitio fit u- niverfalis , requiritur . 1. Ut
plures re- ' rum fpecies fub fe comprehendat . Ex. g. Omne
triangulum ; Omnes planta , omnes lapides . 2. Requiritur ut praedicatum
ab- folure, vel faltem hypbthetice alicui fpe- ciei
Digitized by Google Ac Progrejf 4 flgnorttm . 71
ciei conveniat . Ex. g. homo boneflus ejl Reip. utilis . 3.
Requiritur , ut generis praedicatum etiam omnibus individuis con-
veniat . Ex. g. aurum in fluido demerfum in eius fundum incidit . Idem eft ac (t dicerem ; Omne
/olidum gravitate fpecifl- ca majus aqua in fundum decidit . §.51. Omnes
propofitiones univerfales in metapbyflcas , & morales dividuntur
. Primae funt , in quibus neque genus ali- quod , neque individuum
excipitur . Ex.
gr. omnis homo ex corpore , (D* fpiritu con- flat . Haec propofitio
adpellatur quoque abfoluta , utpote fubftantiae elfentialibus
innixa . In quibus vero aliquod genus , vel fpecies , vel individuum
excipitur , denominantur morales , ut.* omnes Galli a temperamento
/anguineo , (y omnes Hifpa. ni a cbolerico dominantur . Nam falfum
eft, quod omnes Galli, vel omnes Hifpani , nullo excepto, fint
fanguinei , et cholerici. §. 52. Denique quotquot funt
univerfa- les propofitiones, omnes funt vel adflr- mativa , vel
negativa , quas brevitatis gratia fcholaftici hifGe quatuor
alphabeti Uteris indigitant , quaeque funt . A, E , 1 , 0 . Prima;
duae affirmativas , duae au- tem poftremae negativas defignant .
Infu- E 4 , P« 72 Lettio II. De Ortu ,'
per A denotat univerfalem affirmativam, E negativam . Ex poftremis
I affirmati- vam particularem , O negativam quoque particularem .
Denique E continetur in A , & O in E-, dummodo propofitiones
fmt ejufdem generis. Sic : Omnia animantium genera fentiunt . Oves
vero funt animan- tes .’ Ergo fentiunt. Et fic : quicquid non
componitur , nequit in partes clivuli . Spi- ritus non componitur . Non
ejl itaque di- viftbilis . « GA P. V. ' 7 .
De quibufditm vulgaribus propofitionum adfetlionibus .
§, 53. Hic affe£lionum nomine veniunt quxdam propofitionum
qualitates , qua; funt : oppofttio , a qui poli enti a , & con-
verfto . §. 54. Primo oppofitio* duarum propo- fitionum
comparationem denotat , qua; licet iifdem terminis conflent,
attamen ipfae variare pofTunt v$l in fola forma , vel in fola
quantitate, vel in utraque. Si pugnent in fola forma, retenta
quantita- te , tunc vel funt amba; univerfales , vel ambae
particulares , Si primum, dicun- tur Digitized by
Google Ac Prdgrcjfu fignoruml 73 iur contraria , ut .* omnis
Italus ejl fagax : nullus Italus ejl fagax. Sin alias,
dicun-, tur fubcontraria : ut .* aliquis l iteratus ejl boneflus\
aliquis liter atus non ejl bonejlus f §.55. Si vero pugnent in
quantitate, retenta forma, tunc vocantur fubaltema , quae efle
poffunt , vel ambae affirmantes , vel negantes « Primi generis eft haec
; omnis homo laboriofus ejl etiam bonejlus : aliquis laboriofus ejl
bonejlus * Secundi ge- neris eft haec altera : nulla fuperjlitio
ejl utilis : aliqua fuperjlitio ejl utilis . §. 5 6 . Poftremo duae
propofitiones pof- funt inter fe aeque pugnare tum in quan- titate
, tum in forma , quo cafu di-, cuntur contradi Horia ; ut : omnis
tyrannus ejl generi humano detrimento : aliquis ty- rannus non ejl
generi humano detrimento . §. 57. Quantum ad
aequipollentiam,dico quod tunc du$ propofitiones fint ejufdem
valoris , vel aequepollent , cum altera al- teri fubftituti poteft , quin
earum vis , vel. valor mutetur ; ut : quicquid ejl vere jujlum ejl
utile . Et contra : quod sjl ve- re utile , ejl jujlum . Quo 1 eft de
unica aequi pollentia fimplici. §. Ex quo fequitur primo ,
quod tunc detur aequipollintia inter duas propofitio-
i 74 Lcfllo II. De Ortu , nes , cum definitio
reciprocari poteft cum definito. Ex. g. machina , qux horas diei
defxgnat , horologium adpcllatur . Et con* tra : horologium ejl machina ,
qua horas diei deftgnat . Secundo fit , ut quod fubje&o
convenit, praidicato quoque con- veniat . Sic omnis Japiens legislator
Reipu- hlica tranquillitatem promovet . Et vice- verfa * omnis Reip
. proj perit as a fapien - tijfimo legislatore provenit . Ex quo
etiam fit , quod omnis propofitionum converfio fit etiam
sequipollentia > proindeque de ea. nullum verbum . §. 57.
Cum definitiones , ac divifiones non fint, nili totidem judicia, hinc
intel- ligitur eafdem locum habere in propofi- tionibus . Definitio
itaque eft propofitio, qua quorumdam terminorum ope aliqua idea
completa , vel determinata exprimi- tur . Ex. g. Homo eft animal ratione
pra$ ditum , civile , atque ad propriam felicita- tem propenfum . Itemque
definitiones ad- hibemus pro rerum notis diftinguendis , ut eas ab
aliis facile fecernamus . Sic : homo efl animat rationale , civile , ad
bea - titudinem f alium. Hlfce notis diftingui- tur adeo a ceteris
animantibus, ut aliter ab iifdem diftingui non pollet . X
§.rfo. Digitized by Googlp Ac Progrcjfu
ftgnorum i 75 §1 60. Ex his fequitur. 1. Debere ingre- di in
definitionibus folas notas intrinfecas . 1. Sequitur pofle quoque ingredi
poflibi- les , 8 c impoflibiles, dummodo impoflibi- litas non fit
abfoluta , ut : homo eft ani- mal ratiocinans , politicum , ad
felicitatem fatlum , vaiiifque habitibus moralibus im- butum
. §. 61.
Ex his fequitur. 3. Pro omni rerum ambiguitate removenda * neceffe
eft , ut termini fint perquam clari . 4. Quod tunc definitio dicitur
generis , aut fpeciei , cum utriufque effentialia dinu- merantur. 5. Quod illa fit
definitio par- ticularis, quae eft rei adeommodata. §. 6z. Verum cum pmer rerum
eflen- tialia etiam nomina definire poflimus , propterea dantur
quoque definitiones no- minales . Hinc univerfae definitiones in
reales , 8 c nominales diftinguuntur . Primi generis funt definitiones
circuli , quadrati, trianguli. Secundi generis funt definitio- nes
infiniti , trilaterae , quatrilaterae figurae , §. 53. In *quo notent
juvenes, quod li- cet Diale&ici definitiones reales adpellent
illas, quae ex genere, & differentia con- fiant , verumtamen ipfae
quoque funt »0- minalcs . Nam etiam definitionibus reali? bus
Digilized by Google y6 Leftio II. De Ortu , bus
nihil aliud intelligitur , quam illud ipfum , quod illo vocabulo
Philofophi comprehendunt . Sic : homo ejl animal ra- tionis compos
, humana figura praditum , quid eft aliud , quam hujus nominis de*
finitio ? Cur ita ? Quia nemo unus ad- huc fcivit rerum effentias , aut
Tuet un- quam . §.54. Denique divifio eft totius refo-
'hitio in fuas partes componentes . Quae dicitur phyfica in quantitatibus
extenfis r & compofitis : idealis in 'abftra&is . Ad
phyficam refertur humani corporis divi- fio in partes / 'olidas , &
fluidas. Ad
alte- ram vero figurarum planarum partitio in trilateras ,
quatrilateras , & multilateras . Divifionis utilitas eft maxima in
rebus maxime complicatis ac longis, quae uno veluti mentis intuitu
videri , aut com- prehendi minime poliunt. §. 65 . Praeterea
iftis propofitionibus ac- cedunt quadam alia , quae apud Geome-
tras palfim inveniuntur, fcilicet propofitio T beor cHica & praftica
, demonflrabilis in demonflrabilis . Itemque axioma , pofiula * tum
, problema , theorema , fcholium , corol- larium ^ lemma , & fi quae
fint alia, quae utpote omnibus notae , de iifdem locati non
arbitror. Cap. 6 . Digitized b^Google r Ac Progrejfu
ftgnorum 1 77 C A P. . VI. De Compofita Terminorum
combinatione J five de fj/llogifmo , m §.66. Cum ratiocinatio
fit convenien- tis, vel difconvenientis ratio, quam duas idea:
habent cum tertia ; intelligifur inde, quod ficuri ideae cum terminis ,
& judi- cia cum propofitionibus explicantur , fic fyllogifmo ratiocinatio
enunciatur . Ex quo intelligitur , quod fyllogifmus fit o- ratio ,
qua mentis vis aliis communica- tur : atque etiam intelligitur , quod
om- nis fyllogifmus ex tribus propofitionibus conflare debeat.
Verum ejufmodi propo- rtiones inter fe ita funt colliganda: , ut
non modo terminum medium habeant communem , fed requiritur etiam , ut
ter- mini extremi inter fe uniantur . Ex. g. Omne grave tendit
deorfum. Lapis autem eji gravis. Cadit ergo. In quo fyllogif- mo
tres termini vel propofitiones funtropofitiones , Termini funt 1 gravis ,
2 apis , 3 deorfum, Propofitiones vero funt 1. Omne grave tendit deorfum . 2.
Lapis ejl gravis, 3. Ergo tendit deorfum. Qua- rum duae prima:
dicuntur pramijfa , po- flrema vero vocatur conci ufio .
§. nuenfis , aliique complures late fufeque de tot tantifque
variis fyllogifmorum fi- guris difputaverint, attamen eaj mihi fem-
per vira: funt mera» fubtilitates fcholafti- ca:, omnino inutiles, hoc
confilio potius ea pmerire volui , quam juventutem in nugis
detinere. CAP. Digitized by Google
'Ac ProgreJJu ftgnorum . 85 C A P. VII. De quibufdam vulgaribus
argumentandi i modis . . • • • *> • _■ §. 80. Primo pra fua maxima clarita- te poteft in fyllogifmo omitti major pro- pofitio , qui argumentandi 'modus 'dicitur eutbimeema . Ex. g. Hic homo cbolerico temperamento dominatur . Ergo e fi cru
ielis y ubi ioielligitur hax major
propofitio : £foirumque temperamento cbolerico domina « t. r efl crudelis. Hic autem bomo tempera- K 1 mtnto cbolerico dominatur . Ergo efl
crudelis , 81. Secundo cuique propofitioni
ad- di poteft ratio, qua praedicaturi*
convenit fubje&o , idque fieri poteft
in utrifque propofitionibus . Hic modus apud orato- res
frequentiffimus, apud Diale&icos per- quam rarus, dicitur; Epicberema
. Sic: in corpore civili quifque debet alium dilide- re y aliter
nequit in eo -dari harmonia po- litica. Petrus y autem , Francifcus ,
aliique funt in corpore civili. Ergo fe mutuo di- ligere
debent. §.82. Tertio ficuti. ex tribus fyllogif- mi
propofitionibus , ‘una tac.eri poteft ob F 2 maxi- %
* Digitized by Google §4 Lcttio II. De Ortu ,
maximam ejus evidentiam , ita aliquan- do ad manifeltandum perquam
longum , atque- implicatum ratiocinium tres propo- iitiones nou
fufficient , fed oportet alias addere , vel faltim alium fyllogifmum
, vel qnthimema. In primo cafu argumen- tum dicitur /ornes , in
altero Profyllogif- mus . §.83. Quantum ad foritem , ipfe
e(l quadam propofitionum feries , ita conne- xa , ut pradicatum
prima propofttionis in fubjetium fecundec tranfeat : pradicatum fe-
cunda: in fubjettum tertia , & ita dein- ceps , donec in. concluftone
fubjeElum prima uniatur cum pradicato ultima propofttionis . Sic :
lueratur ut laboratur : laboratur ut con- fumitur : confumitur ut luxus :
luxus ex di- vitiis * divitia vero, ut commercium . Lucratur itaque
ut commercium majus , vel minus efl. §.84. Atque hinc intelligitur
, foritem dici . bypotbeticion , fi ex fyllogifmis hy- potheticis
conflet . Ex„ g. ft Deus efl fa- pientiffimus , prafcire omnia mala
debuit * ft mala prafcita fuerint , fublata funt\ fi mala fuerint
fublata , mundus a Deo crea- tus efl ceteris melior . Sed Deus efl
fa- pientijjimus . Mundus ergo a Deo creatus ejl reliquis melior
> v 8 * » Digitized by Googli
Ac Ptogrejfu /ignorunt» 85 §.85. Quantum ad profyllogifmum ,
ipfe ejl merus fyllogifmus , cujus conci ufio in pramijjtam alterius
fyllogifmi tranfit . Ex. g. Omne ens fua natura iners , ejl
corporeum . Spiritus autem non ejl iners , jed attuo fus . Ergo non ejl
corporeus . Ve- rum quicquid non ejl corporeum in partes dividi
nequit . Spiritus itaque humanus non cjl refolubilis . , §.8
LeBio III, De errorum fimus l 12. His omnibus additur , natu- ras
res cffe adeo innumeras, ac compli- catas , ut nemini adhuc contingerit
de iifdem adcurate judica* . Denique quis umquam propria
debilitatis libi teftis eft? Quicumque fane de aliqua re judicium
adfert , exiftimat de ea non poffe me- lius judicari . Quamobrem ut
Intellectus hos errores vel devitet, vel minuat, hic pro mea virili
nunc curabo , atque ut ordine noftra procedat oratio, errores fe-
cundum ea ipfa principia , qus in altera parte enucleata funt , expendam
, fcilicet juxta Mentis, ac lingua; operationes • Quod fi dicenda
non fuffecerint ad omne ignoranti*, errorumque velum difcinden- dum
, fufficient tamen tyronibus & ut minus errata fortafle
efficient. ( C A P. II. De Mentis erroribus ad fenfus
exteriores relatis • §. 5. Sicuti fit ubi optici varient vel
in lentium difpofitione , vel numero, objefta majora , vel minora ,
magis , minufve diftantia adparent , ita oculi cum non
Digitized by Google ) Mentis ortu, ne progrcffibusl
95 fint, quam todidem tubuli optici , inter fs maxime differentes ,
tam ob eorum tunicas , quam ob eorum humores ; ex tali varietate
variae prorfus fenfationes , at. proinde ab iis complures errorum cau- -
fae oriantur neceffe eft. §. 6. Erratur 1. Cum quis objeflo-
rum exiftentiam negat , quae ipfe non videt oculo inerim ; at oculus
mycro- fcopio armatus infinita intuetur , qux ei fi- . ne tali auxilio non obverfabantur .
2. De- cipimur in diffantiis ; nam fol , luna ^ 8c nubes videntur
^qualiter diftare , verum- tamen nubes non attolluntur nifx ad duo
Y vel tria milliaria Italica : Luna ex- cedit 333330. fol vero, juxta
Kepleri ' * fupputationes , nonaginta miliones fupe- rat .
Duae urbes cum valle intermedia , etiamfi inter fe diflantiffimae ,
cominus vi- fx , videntur 1 una eademque . 3. De- cipimur quo ad
corporum figuras : : ellyp- Iis enim procul vifa. a circulo non di-
ftinguitur ; Itemque duae lineae parallelae apparent convergentes ; 8c
duo 'parietes di- vergentes videntur paralleli ; & linea fle-
xa ac torfuofa apparet refla . Quarto cam- pana pulfata , licet ejus
partes interiori fremitu concuffae , attamen videntur om- ■ nes Digitized by Google p 5 LeHio III. De en orum nes immobiles. Id ipfum dici poflet de aquis paludofis, ac lutulentis. 5. In pro- pagatioue Jucis^ etiam decipimur , cujus motus pulatur fieri in inflanti , cum ta- men iit fuccefiivus . Hinc Newtonus ob- fervavit quolibet min uto fecundo ea in percurrere. 20. Semidiametros terreflres , vid. 8 , 202. milliaria . Poflremo
erra- mus quantum ad rerum magnitudines , nam folaris difci
diameter duorum , vel trium , pedum videtur , verumtamen folis
magnitudo ab aftronomis eft millione ma- jor 'if ipfa tellure . Alias mentis
deceptio- nes , quo ad vifum omitto , ne hac in re nimius efTe
videar. ' §. 7. Sequitur auditus,. 1. hic fenfusi nos decipit
> dum judicamus fonum , vel concentum effe in ipfis inflrumentis ,
cum re vera fit in nobis . Etenim in inftru,- mentis non
reperiuntur, quam cordarum vibrationes, quae aerem movent. Itaque
aere deficiente , debent etiam deficere ejus undulationes , adeoque
fonus, ut in ma- china pneumatica , atque in altiffimis montibus
facillime obfervatum . 2. Deci- pimur , dum judicamus alios eodem
mo- do fentire , ac nos . Quod nequit acci- dere ob diverfam aurium
ftrufturam . 3, Erra- ' • Digitized by
GoogI Metitis orturae progrejjib. py Erramus , dum fonum
referimus verfus illam partem , ex qua ad nos pervenit , iicet
corpus fonorum fit alibi Quarto denique fepiflime unum fonum cum
alio confundimus . §. 8. Odoratu , & guftu etiam'
falli- mur. r. Odores, 8 c fapores in objeftis extare putamus, cum
in iis non fit,- ni- fi fola partium difpofitio , five effluvio-
rum, qu* narium, & linguai papillas ner- veas titillant: 2. His
fenfibus turbatis fe- tida , atque infipida corpora judicamus ,
qualia reapfe non funt. g.jEflimamus eun- dem fetoris , odoris , &
faporis gradum ab orpnibus circumflantibus a:que fentiri : Quod
fane eft omnino falfum , nam harum (enfationum gradatio fequi debet
organo- rum difpofitiones . §. p. Ta£us in gravitatis ,
afperitatft , caloris , & frigoris fenfationibus verfatur ;
& in his omnibus perpetuo decipimur . 1. Vas aere repletum aeftimatur
aeque pon- derofum , ac fi aere elfet orbatum . 2. Ex quo judicamus aliquid non
gravitare fu- pra nos , judicamus id elfe ponderis ex- pers . Quapropter aerem
non aeftimamus gravem , attamen columna aeris , quae nobis imminet
, putatur aequalis ponderi ) _ G 28. Digitized by
Google p$ Leflio III, De errorum 28. mercurii pollicum : 3. Si folidum in , fluido
demereatur , amittit in eo tan- tum ponderis, quantum eft volumen
flui- di folidi volumini asquale , adeoque ip- famet auri moles
gravitat minus in a- qua , quam in vino ; & minus in vino, quam
in aere. 4. Corporum quot quot funt fuperficies, etiamfi omnes
appareant laevisiatae , attamep mycrofcopio yifaf', eas jntuemur
afperas . 5. Judicamus quadam corpora fua natura calida , contraque alia
frigida ; verumtamen palor, & frigus non funt , nifi quadam
interiores corporis noftri fenfationes . Hinc fi manu fri- gida
tangatur aqua calida , haec fentitur frigida. Et contra fi manus calida
mer- gatur in aqua frigida , haec fentitur cali- da. Sane haec
tanta fenfationum contra- rietas , eft in nobis ipfls, Id |pfum di-
cendum eft de voluptatibus , ac doloribus, corumque gradibus, nam
quicquid ipfa funt , ad nos femper funt referenda . Haec de
mentis erroribus , quo ad fenfus exterio- res , illos nunc percurramus ,
qui ad iq» feriores fpe&ant . CAP. /
v Digitized by Googl Mentis ortUy ac
progrejjib. py s • C A P. III. De mentif
prroribus ad fenfus interiores relatis f • I .
§. 10. TNteriores hominis fenfus alibi X defcripti , funt memoria ,
tem- peramentum, affe&us , attentio , ac fen- fus moralis . Perpendatur modo quo pa- fto
ab iifdem decipiamur, §. 11. Primo memoria, cui univerfam
cognitionum noftrarum fphceram debe- mus, in quamplurimis nos decipit . 1. Prompte
non exhibet nobis ideas alias conceptas , cujus defe&us quilibet eft
con* fcius , 8 c maxime fcnes ; 2. Unam pro alia idea, unum pro alio nomine, unum-
que locum pro alio nobis fubminiftrat ; 3. Sua vi , atque energia
aliquando mi-* rus vividas vividioribus ideis praefert : 4.
Saepiffime in ipfis narrationibus maximi momenti deeft. 5. Idelas ,
earumque fi- gna, etiam improbo labore difpofitas, in- ter fe
confundit. Facilius retinet ilia y quae ad nos , quam quae ad
alios fpeflant. 7. Denique quandoque eft adeo vivida , pt
phantafia evadat . Hinc fane vifiones, G 2 , ilr
Digitized by Google i oo Leftio III. De errorum
illufiones , abalienationes , phanatifmus y exftafis , & quidam
mentis furor oriun- tur : Hinc etiam voluptatis , ac doloris gradus
dependent. §. 12. Secundo loco cum temperamen- tum fit certa
folidorum , aq fluidorum, conftitutio ,4ntelligitur, quod ipfum
efle poffit magis , vel minus lentum ; magis vel minus vividum,
adeoque fuftimopere influere debet in noftras idearum intelle-
ctiones , in noftra judicia, atque in ipfa ratiocinia . En caufa , cur
cholerici fere omnes flnt ambitiofl , ac crudeles . Con- tra fanguinei urbani , &
mifericordes . Cur melancholici taciturni , ac ratiocinatores ;
contra phlegmatici timidi , pufillanimes, excordes, avari. .
§.13, Atque hine facile eruitur horum omnium propeniiones &
judicia debere efle varia . Nam primi funt magni pro-? miffores ,
fuperbi , audaces , vafri , ambi- tiofl. Secundi apti, nati ad venerem,
ad vinum , ad libidinem , ad ludos , brevius ad un iverfa , qu®
fenfus alliciunt , & mul- cent : itcmque funt.hilares , ac
ftrenui milites , conflantes , liberales , fociales , qd grandia
quoque fafti . Melancholici ftmt mentis coufufe , laboriofi , diffiden-
Digitized by Google Mentis ortu , ac progreJJib. ior
tes atque acerrimi judicii . Phlegmatici denique funt natura pavidi , pufillanimes
, fuperftitiofi , fervi nati , confufi , fuperfi- ciales,
ignavi. §.14. Qua: cum ita fint, neceflario fe- qui debet,
quod circa idem objeftum his omnibus obferyatum , non aeque
judicare poflint . Itemque idem periculum fangui- neis videbitur
nullius momenti , melan- cholicis magnum, phlegmaticis maximum. Similiter eadem res uni efle debet
ma- gna:. voluptati; alteri vero maximo dolo- ri. Praeterea idem
ac£ufatus, ab uno ex- cufatur , ab altero damnatur ad mortem , a
tertio ad crucem , ab ultimo ad remos. Unde igitur tanta judiciorum
diverfitas , tiifi ab ideis variis ; unde idearum varia- tas , nift
ex fenfationum diverfitate ; unde tandem haec varietas , nili a
temperamen- tis , ad quod nifi mens advertat , .non aequo judicabit
Iove , fed potius fecundum propriam conftitutionem . §. 1 5.
Tertius noftrorum errorum fons in pafiionibus confiftit : Primo quotquot
funt in homine pafliones , omnes ad li- lium fui ipfius amorem
reducuntur; hinc eft quod noftra judicia femper ad hoc u- nicum
atque indeclinabile obje&um refe- G 3 ran 102
LeElio 111. De errorum rantur . Hinc quoque eft, quod in noflris
judiciis non aliud legitur , & obfervatur, quam quo nos temperamento
dominamur, & quo amore nos ipfos diligimus .Legatur
hiftoria Civilis ad hoc evidentiflime com- probandum, e* qua videbitur,
ob proprium * amorem filios Patribus , Patres filiis ne- cem
intulilfe identidem de fingulis animi paflioni- bus fecUndariis
dici poflet . At quis dinu- merare poterit univcrfa Intelledus
errata, quae ex odio , timore i ambitione * fpe , immodica
laetitia* defiderio * ira , audacia, timiditate , ceterifque animi
modificatio- nibus orta funt , ac quotidie oriuntur ? Loquacem
Fabium, ut ille ait, delalfa- rem , fi vellem ea omnia fingillatim
per- T Mentis ortu , ac progrejjib. 103 fgqui ;
at pauciflima dicam ad Tyronum captum, qui rerum multitudine ilon
funt. obruendi ac tot hominum ftupiditas 'derivanda eft. 6 .
Ex ipfa vo- luntatis alienatio, mentis diftra£lio , judi- ciorum
praecipitantia non modo apud po- pulum , fed penes ipfos viro§ literatos
• Nonne haec funt errorum fons , atque origo ? „ .
§. 21. Reflat, ut extremo loco de fen- fu morali dicamus , ejufque
fallacias often^ damus . V erum cum hic fenfus fit omni reflexione
, quolibet examine , & quibuf- vis praejudiciis anterior * hinc
nequaquam ab eo decipimur» At profequamur reli- qua mentis
errata» C . ■ A P. IV. ' • t De erroribus ad
mentis affus relatis » §.22. T ris cogitans , judicatrix* ac V ratiocinatrix
eft tam invo- luta , atque difficilis , ut quafi impoflibi- le fit omnium
errorum analyfim juxta univerfos mentis a£lus hic exhibere . Qua- propter confueta
ratione praecipuos tan- tummodo attingam * §. 23. Mens errat *
dum fenfationes concipit tanquam res realiter in ©bjeftis
io 6 Letlio III. De errorum exiftentes. Hinc judicamus
dolorem eflfe in cultro , faporem in ficubus , dulcedi- nem in vino
* frigorem in aqua , calo- rem in igne . 2. Dum fenfationes , quas
ut centies diftum eft i funt relate , haben- tur abfolutse , hinc dicimus
fua natura bonum * vel malum aliquod obje&um , quod tald eft
duntaxat refpe£tu rioftri . 3. Id ipfurri diceridum quoque eft de
volup- tatibus, ac doloribus, qus non funt nili totidem
rea&iones tiobis confonse , vel diflonas, ddeoque nobis folis tiiric
tempo- ris relate 4 Nihil enim in ipfis quidquam abfolutuni
concipiendum eft i 44 Decipi- mur dum ideas abftra&as , ut Dei ,
ho- minum , Sc corporum aSiones habentur ejufdem generis i licet
toto coelo inter fe diftinguantuT * §. 24. Item durii ideas
fpirituales putamus materiales , uti funt Angeli , Dsmones, 8 c c.
6 . erramus dum qua: vi- nita funt , feparata judicamus ; &
cotitra quae fola mente fepararitur , natura con- •jun£Ia putamus 4
Primi generis errata funt tot Poetarum fabellae ^ atque commenta.
Secundi autem gerieris * funt tot Roma- norum Dea: , & Dii , ut
juftitia i Viso- ria , Fortitudo , Februa , Jupiter Termi- nalis,
Digitized by Google Mentis ortu , ac progrejjtb. icj
liatis , Feretrius , & c. 7. falfe judicatur, fi relationum ideaj
ignorentur , ut in ma- lorum origine ; in Dei natura , pradcien-
tia . 8. Etiarri falfo judicatur * fi hypo- thefes habentur vera»,
priufquam ad pra- xim revocata; fuerint . Hujufmodi funt Pla- tonis
ideaj innata;, noftra intuido in Deo, qua; Malebranckio placuit *
Woowardi , Wiftoni j & Burnct fyftemata , aliaque hujufce
commenta pene infinita , potius delirantium fomnia,quam Philofophorum
opiniones . ■ t §.25. His. 9. additur, quod ex medi- tationis defe&u facile erramus ; 10.
Si ut abfolute accipiantur , quae ex quo- dam circumflandarum
concurfu intelligenda funt * Hinc male quis ntentis gradus ex
fortuna determinabit . 1 1» Facile decipitur fi a particulari idea ad
univerfalem fla- tim afcendatur, quin omnes fpecies & genera
percurrerit * Quis enim dicet li- terulis grajcis imbutunl etiam
cordatum efle virum, & folida , magriaque cogi- tantem? quis
Philofophum putabit etiam bonum agricalam ? quis denique Cafuiftam
etiam Theologum, philofophum, hiftori- cum , atque aeconomicum ?
§. 2 6 . Praeterea .12. decipimur , dum ea t quas
16 $ Lectio III. De errorum qux non intelligimus , infipienter ,
atque obftinato animo negamus . 13. Decipi- mur , cum ea quaj nobis
funt contraria , fpernimus, minuimus , damnamus 14. no- vitatis
amore : 15. Scepticifmi fpiritu in- confiderato : 16. Erratur ex
argumenti a- nalogia, five ex rerum fimilitudine : 17. Ex
libertatis abufu : iB. Ex nimia curiofi- tate: ip. Ex nimio defiderio nos
diftin- guendi a reliquis hominibus faltem ejuf- em ordinis: 20. Ex
partium ftudio,quod 3 uibufdam temporibus , ac locis nos lu-
ificat : 21. Pro privato emolumento , quod nos oblivifci facit ipfa
naturae liga- mina , ut liberemur ab interioribus fen- fationibus
moralibus . 22. Denique quo- dam ambitionis fpiritu , quo in noftro
cerebro veluti mundum univerfum conci- pimus , cujus nos centrum evadimus
, lae- tamur dum aliorum opiniones circa nos gyrant, atque ceu
deliquia pati obferva- mus . ( CAP.
Googl Di Mentis ortu , ac progrejftb',
iop' C A P. V. i jD* erroribus ad animi
ftgna relatis i §.27. OUnt voces, aut vocabula to- tidem
animi inftrumenta , vel rerum figna. Cum autem voces con- fiderari
poflint tam folitariae , quam fi- mul jun&ae , tum fimplici tum
compoti- ta ratione , hinc fit , quod totidem mo- dis in iifdem
intelle&us errare poterit , ut ex fequentibus. §. 28.
Primo erramus cum vocibus uti- mur , quae pmnis omnino
fignificationis funt expertes , ut entelechia , quam adhi- buit
Ariftoteles. 2. Cum utimur vocibus ex fe clariflimis , quae tamen
unione fiunt obfcurae , ut circulo - — Quadratus, corpus —
fpirituale . 3. Si voces adhibea- mus ambiguas , ut anima , cujus idea
va- * ria philofophorum placita fequitur: 4, Si putemus abfolutas
voces , quae funt vere relatae , ut pulcritudo , deformitas ,
vitio- fitas, juftitia. 5. Erratur, fi eidem voca- bulo eadem vis
tribuatur , etiam in ma- xima locorum , ac temporum diftantia , yt
pileus , calceus , navis , theatrum : 6. Si Digifeed by Google
fio LcRio Itl, De errorum Si verba nova , yel metaphorica ,
vel cmphatica adhibeantur , quin fit neceffa- rium. 7. Si vocibus
utamur vis indeter- minata?, ut odium, amor, voluptas, do- lor,
fenfatio, qux temperamentorum , at- que habituum ratipnem conftantiffime
fe- quuntur. 8. Si termini adhibeantur, qui res minime
intelligibiles defignant , ut infinitas, xternitas, preatio, annichilatio
, §-j#. Digifeed by Google
Earumque progrefftbus . 12 1 §. 10. Tertio quoque intelligitur,
quod , ex duabus propofitionibus una elfe poteft altera
probabilior ; unaque altera verifi- miiior. Primi generis eft haec :
Cupcrni- ei hypotbefis eji fyjiemate Tyconis proba- bilior .
Alterius generis eft fequens : Re- di opinio eji vero fwiilior , quam
illa Le- •wenoekH . Quibus ita i:itelle£lis , priuf- quam
invenienda: veritatis regulas in ma- dium proponam, opera pretium duco
quae» dam de ipfa veritatis nota , five criterio adumbrare.
C A P. II. • •- De veritatis cujufque generis nota • -
, • # . . > t • • \ §. 1 1* T 7"Eritatis nota ab
aliis in • V . Tolis fenfibus , ab aliis in fola mente, ab
aliifque denique in utrif- > que ponitur . Cartefius. vero in rerum e-
* videntia . Ex quo fit , quod Cartefio eft certum quicquid eft
evidens . Contraque omne evidens eft quoque certum. Qua- propter
evidentia certitudinem , & haec illam efficit . §. 12. At fi
Cartefius interrogetur, ei- que dicatur . 1. Quicunque judicat , ac
. ^ ac Digitized by Google 122 LeSl. IV.
De veritatum ortu, ac ratiocinatur, putat fe clare, atque evi-
dentiflime percipere , ac judicare , quis itaque evidentiam ipfam tutam
reddit : quis meam , quis aliorum evidentiam in tuto ponit , cum
ipfa fenfibus , ac cujuf- que lumini fit proportionalis ? §.13. Itemque,ii evidentia omnia
cer- titudinum genera tuta redderet , primo ipfa non deberet habere
gradus ; at eviden- ti* phyfic® pr*ftat mathematica , phyfi- ca
autem morali praevalet. 14. Praeterea fi evidentia exifteret
, nufquam efle deberent in collifione du* evidentiae. At
fuperfleies taftui con- vexa eft oculo plana : quod eft fal vifui
eft: faccharum palato. Ipfeque Jacob erat Efau taftui, Jacob autem Jfaaci
auditui. Quid denique multa? Quilibet fenfus cum fe ipfo
confligatur . Qui pi&uram adfpi- cit, videt in ea antra , fluvios ,
urbium rudera , pontes , praeliaque magis minuf- ve diftantia ,
attamen eadem & plana te- la omnia limitat, ac definit. §. 15. His omnibus
addi poteft . 1. Quod corporum exiftentia ex fenfibus ha- betur. At
hi omnes jam demonftrati funt fallaciflimi . Ipfa itaque corporum
exiften- tia videtur- e fle incerta . §. 1 6.
Digitized by Google Earumqne progrejjibus l 123
16. Secundo ft daretur certitudo, ea eflet omnium temporum , ac
locorum . Verum ipfa eft relata, haud abfolura. 17. Si ipfa exifteret faltem uni
ei- demque homini videri poflct eadem . At noftra fenfuum
conftitutio , mutabili- tas, atque ipfum mentis lumen mutantur
perpetuo. Nequit itaque efle eadem . 18. Denique fi evidentia
certitudinis eflet nota , ea efle deberet veritas primi- tiva
, quaz .mihi deberet oftendere fecun* dariam ; verum Cartefius dubitando
ad evi~ dentiam pervenit . Dubium itaque potius, quam evidentia eft
certitudinis cujufque generis nota. Hinc Ariftoteles primo me-
taphyficorum libro fcripfit nos dubitatio- ne veritates pofle confequi.
Dubitationes enim funt veluti quidam nodi , quos ft quis non videat
, (cientia: five veritatis non eft capax . At hoc pofito nonne
eflet perabfurdum ex dubio fcientiam prodire ? J §. 1 p. Ex
quibus facillime eruitur , quam inconfiderate nomen doftiflimi ,
& fapientiflimi , non dicam Galilxo , Leib- nitzio, Newtono ,
fed cuilibet alteri tri- buatur. Quis enim omnia (civit, aut fci- re
ppteft? , , §. 20. Digitized by Google
124 Lc&, IV, De veritatum ortu , §. 20. Sed ex huc ufque expofitis , ne-
mo velim deducat, non dari cujufcunque generis veritates. Nam etfi
veritas abfoluta nobis defit, non autem relata , qua pro- pe
infinita fcimus . Revera qui poterit dubitare, de tot corporum, quibus
undi- que premor , exiftentia ? Nihil refert , quod materiae
natura, vires, energia, & combinationes me lateant , cum ad ho-
rum omnium exiftentiam comprobandam mihi fufficiant folas mei animi
interio- res commotiones . Exiftit ergo certitu- do phyfica
§. 21. Itemque cum homines inter fe convenerint fignis 4, 10, ioo.
illas in- dicere quantitates , in quibus numerus ti- nus, quatuor,
decies, & centies repetitur, quis me poterit reddere dubium,
centum eflfe decuplo majorem numero decem ? §. 22. Poftremo
antequam ego Romam ivifiTem, hilari animo de ejus rebus pere-
grinis loqui audiebam . Quum viferera , eandem inveni, ut millies &
audiveram, & legeram . .Quaero 11 id dpfum mihi di- catur de
.Mediolano , de Florentia , de Bononia, deque Veneriis, eccur
narranti non credam ? Itemque hiftoricis antiquis de Babiloniis ,
Hetrufcis , Samnitibus , Digitized by Google E arum
que pro^rejjtbus 125 • Tarentinis , Gallis poft tot fecula jam
elapfa tam multa narrantibus fidem ha- bebo? Praeterea tot recentiflimis
hiftoricis afferentibus effe antipodas, Indos , tam o- rientales ,
quam occidentales , aliofue non credam ? At haec denegare , infani eft
. Exiftit itaque
evidentia, quacum verita- tum cujufcunque generis certitudo
facilli- me nobis innotefcit . c a p. m.\ De
veritatis natura , ejufque diviftone .’ §.23. ✓^VMnis propofitioex fe confiderata, V^/ vel efl vera , vel falfa . Ad nos autem relata vel eft nerta , vel incerta . Etenim nos concipere poffumus majofem , vel minorem relationum numerum inter duas ideas , quae ’ eafdem ligant . At fub primo afpeflu nullius effet utilitatis :
ju- vat itaque veritates fpeculari
fecundum no- ftras cognitiones. Hinc veritas fuperius definita fuit
: quaedam noftrorum judicio- rum congruentia cum rebus , vel cum
ea- rundem relationibus. §.24. Quod fi veritas eft noftrorum
judi- ciorum cum obje&is exterioribus conformi-
tas, V Digitized by Google ii6
LcEl. IV. De veritatum ortu , tas , ipfa igitur eft dependens .’ Nam
ubi defunt fenfationes , deefle quoque debent cogitationes ; atque
ubi deficiunt cogita- tiones deficere etiam debent veritates Lo-
gic*. Contra veritates aetern* in rerum relatione conftabilit* Dei
voluntate , qux natura fua immutabilis, etiam noftris co-
gitationibus omnino deftruftis, exiftunt . §.25. Ulterius idearum obje&um
duplici- ter menti noftrae eft conforme, vel inte- rius, vel
exterius . Namobje&um, ad quod cogitamus; vel ex noftra ipfa cogitatio;
vel exiftentiam realem habet . Prima veritas dicitur 'interior ,
altera exterior . Ex quo fequitur, quod omnis veritas exterior fit
quoque interior. At non contra. §. 26. In veritatum porro
inveftigatione, vel a principiis eas deducimns; vel ab eo- rundem
conclufionibus . Primo
modo ad veritates pervenimus intuitionc ; alio mo- do vero
ratiocinatione. Ex quo fit, quod duo veritatum genera habeamus . Primum
eft veritatum objettivarum , five intuitiva- rum. Altera vero abJhaSta ,
& difcurfiva y qu* in idearum connexione confiftit .
§.27. Ex quo facile deduco, omnes fcientis eundem certitudinis
gradum habere polfe, ' nam quot quot fcientiaj , artefque dantur,
uni- \ Digitized by Google
•l EcrUmquc progrejjtbui 12 7 Unlvefa; logicas veritates
continent adeo- que evidentias capaces. Hinc ethica, me- taphyfica
, Politica , aliasque demonftrari quoque poflimt. Reapfe ^Ethicas
auSor quinque libris comprehenfas. impietatem fuam ex falfis
priilcipiis oftendit . Iden- tidem fecit Hobbefius ; denique
Wolfius univerfa. ejus perquam prolixa opera e- tiam methodo
mathematica confcripfit . §.28. Itemque in hac tanta rerum varieta- te, fervatur
quidam ordo, qui Dei volunta- ti eft omnino conformis; hujufmodi
veri- tas dicitur metapbyfica , Qua; fane veritas cft prorfus
extrinfeca , nullimode depen- dens a noflris cogitationibus , ideoque
eft abfoluta, atque asterna. §.2 9. Poftremo veritas moralis
aliorum fidei innititur , nempe ipfa eft , fpiritus noftri
perfuafio narrantium auftoritate con- ifabilita . §. 30. Ex
his , quae ha&enus fumma cum brevitate expofui , apertiflime
erui- tur , quod veritas fit tanquam totum quod ex omnium
relationum complexio- ne deducitur , quas funt inter ideas . Ex his quoque
intelligitur , quod fi omnes idearum connexiones , vel
contradi&iones nobis innotefeaut , tunc habebimus veri-
4 Digitized by Google „128 Lctt. IV. De veritatum crtu , tatis
certitudinem . At fi {"dummodo to- tius aliquam partem agnofcamus,
non e- rit veritas, fed probabilitas . Qua: ita de- libatis,
reliqua profequamur. V. IV. De
certitudine tam intuitiva , quam demo - flrativa , probabili,
^• 3 I,_ 0 ^^ nc ’P'° met h°dus eft via,five or- . . j do , quo vel
incognita invenimus; vel inventa aliis communicamus. Quibus in re
vel a partibus ad totum ; vel ab hoc ad illas proceditur. Si primum,
metho- dus dicitur analytica , fi alterum fyn- 4 et hic a . • §.32.
Primus modus ex rebus manifeftis, & fimplicibus procedit ab obfcuras,
compo- fitas , & implicitas. Contra alter: ut ia corporis
humani anatome , fi omnium primo difquiram univerfa fluida , deinde
folida , ex quibus poftremo deducam , cor- poris humani ftru&uram ex
fluidis , ac lolidis conflari , perquam ordinate dif- pofitis
. §.33. Quod fi haec vellem aliis enucleare, principio dicam
corpus humanum ex flui- dis , Digitized by Google
Earumque progrejjibus . 12 f •dis , Sc folidis conflare , tum fingula
ex- ponam. Ex quibus fane intelligitur, quod primus modus pro re
invenienda , alter pro eadem explicanda infervit. His ita ex-
politis ad propofitum accedamus . §,34.Primo certitudo phyfica eft
quaedam noftri judicii qualitas , quae forti invi£la- que relatione
nollrum fpiritum neceflario unit cum propofitione , quam nos affir-
mare , vel negare volumus . Hujufmodi certitudo fentitur tam in omnium
corpo- rum exiftentia , quam in eorum fenfatio- nibus , late , fufeque
in prima leflione pertra£latis . §-35.Ex quo primo fequitur,
hanc cer- titudinem fequi debere nollrorum fenfuum rationem ,
obje&orumque prelftones. §.3$. Secundo fequitur, quod fi
fenfuum organa ftnt vitiofa,vel non fint in debita diliantia ,
obje&a non poffunt videri cla- re-dilfin£fa, ut in myopis, Sc
presbytis. §.37.Tertio fequitur, quod fi unus fenfus non
fufficiat , necelfe elf , ut adhibeatur alter . Sic fi vifus non
diftinguat , utrum mafla aliqua fit necne metallica , adhi- betur,
etiam taffus. §.38. Quarto requiritur, ut medium , per quod
lux tranfit , fit omnino fimplex , i en 1 30 Left. IV.
De veritatum ortu , en ratio , cur remus in aqua videatur
fra&us . §.35j.Quinto requiritur quidam lucis gra- dus pro vifione
fufficiens , alias objeftum non videtur, uti revera eft .
§.4o,Sexto convenit obje£la afpicere fe- cundum omnes eorundem
fitus. §.4i.Poftremo requiruntur perferiora in- ftrumenta ,
quae oculis funt maximo adju- mento . Haec de certitudine phyfica ,
f«- tpiitur demonftrativa . q’ a p. v. De
certitudine^ dcryonjtrativa . ‘ ' ' ... 4 §42.T>Ri
nc ipi° demonftratio nihil aliud JL eft,quam videre , num praedic^
tum conveniat, necne, fubje£lo.Qu2 rela- tio dum a definitionibus,
poftulatis, atque ex axiomatibus deducitur , vocatur dire- Ba . Si
autem aliqua contradi6lio , five abfurdum oftendatur ex propofito
princi- pio oriri, vocatur demonftratio indire&a , Primi
generis funt pene omnes Euclidis propofitiones . Secundi vero funt fexta
, feptima , alixque qpamplurim* ejufdem ^roris, ‘ , " 1
Digitized by Google Earumque progrejjibut . i 3 1
§.43.Ttemque veritas vel ex efie£libus, vel cx caufis eruitur . Primo
cafu dicitur a pofleriori , in fecundo a priori . Ad pri- mum genus
referuntur omnes illas verita- tes, quas ex obfervationibus, atque
expe- rimentis detegimus . Sic Redus deduxit , omnia infefta oriri
ex ovis . Ad aliud porro genus referuntur omnes philofopho- rum
hypothefes . De omnibus fingillatim dicemus , §•44- Qui fibi
proponit perpendere, num aliquod praedicatum fubjetlo conveniat .
1. Ex integra definitione , .vel ex ejus partibus propofitiones accipiat
pro fyllo- gifmorum catena conficienda. 2. Si circa idem obje£fum
habentur axiomata , vel poftuiata , vel alis propofitiones jam de-
monftratae, iifdem uti poteftin minoribus fyllogifmorum propofitionibus .
3,
Data propofitione , quae fibi cum aliis eft me- dius terminus
communis , revocatur ut fiat major in alio fyllogifmo. 4. Cum his
prasmiflis uniatur alia ex antecedenti- bus jam nota. 5. Tandem quotquot
funt propofitiones ita inter fe conne&antur , donec ad
fyllogifmum perveniatur, ut e- jus conclufio fit ipfa propofitio ,
quam demonfirandam fufcepimus. Hinc fi quis , , 'I 2 often-
.« % Digitized by Coogle 132 Lcfl. IV. De
•veritatum ortu , oftendcre v-llet illud ipfum , quod habet
Horatius in fatyris : nemo fua forte conten- tus ; hunc ia modum procedat
. §45.Def.i.
Felicitas eft ille hominis cu- jufque ftatus, quo omni ex parte eft
con- tentus , cuique ftatui nihil addi , vel de- trahi.
poteft. §.4. fuffi- V Digitized by Google
1 Eatutnque progrcjpbusl 137 fufficientem alicujus effe quz
in eo locum habent . §.72.Prsterea notandum, 'quod fi duo
effe*- ftus quandoque fuerint conjungi , fequi non debet eofdem
femper effe fimul . Ex*
g. apparet Cometa id noftro horinzonte, ergo aerumnae in familiis , in
imperiis ? aliquis literatus eft facinofofus , literae igi* tut
funt Civitati detrimento? Si vero at- tributum rei adhaereat , tunc
concluden- dum, quod res ita fit. Sic Europaeus non eft fua iotte
contentus : de fua forte que- rantur etiam Africanus, Afiaticus,
atque Americanus . Nullus itaque homo vitam ducit omni ex parte beatam
i §.73. Id ipfum dicendum eft, fi propofitio fit hypothetica
, dummodo ex repetitis experimentis proveniat 4 Ita homo , qui a
temperamento cholerico dominatur , ad crudelitatem natura rapitur . Sed
an vere fit crudelis, obfervanda eft ejus vita, ali*; ter erratur;
etenim inftitutio naturam po- te ft j •-
Digitized by Google fcttruthcjue progrefftonibus i 1
jj* tert immutare: ex quo intelligitur, quod propofitionum
univerfalitas a repetitis ex- perimentis , atque obfervationibus
deriva- tur ^ At quo pa£ta> a caufarum cognitio- ne ad
effe&us ratiocinandum fit , videa- mus . §.74.Primo necefle
eft, ttt omnis efFe£lus fit caufaj proportionalis , fcilicet fi
duplex, vel triplex fit effeftus, dupla , vel tripla efle quoque
debet caufa . Denique erir phyfica, vel moralis, fi effe&us fuetit
ha- jufmodi. His propofitis, fit igitur. §.75. Defii.Deus eft
em perfetfijfimum » §-7 Earumque progrejjtbm . 145 tatorum eft capax.
Sane quidam Aftro- nomi afleruerunt, eandem efle habitatam. Prima
eifc intriafeca , fecunda extrinfe- ca . v ^ -r ‘ §.114.
Denique verifimilitudo eft illa, quae reperitur infra certitudinis
dimidium : Itemque illa probabilitas , qux certitudi, dinis dimidio
ajquivalet , dicitur dubita- tio . Primi generis eft haec : Petrus
mi- hi dixit , me vicifle centum fcuta , fi hoc eft verum illi
fpondeo 40. En veri- fimilitudo, fin autem fpondeo 50. Dubia mihi
videtur notitia, nam ex utroque la-„ tere aequantur . Sed quidnam
requiritur , ut refle probabilitates fupputentur? §.115.
Primo neceffe eft videre, num quod quaeritur^ fit poflibile. Secundo
ad- curate fupputandi funt omnes refiftentiaj, vel difficultatis
gradus . Ex.g. morietur ne Sinenfium Imperator in novilunio Aprilis
hujus anni currentis? ut hoc problema ri- te refolvatur , fupputandus eft
numerus ci- vium : Imperatoris aetas , ejufque vita, de- inde fi
dari poffit aliquis aeris influxus perniciofus: medicorum peritia:
aliaque. nd. Tertio notandum, quod fi in quaefito ex duabus
fyllogifmi praemiffis , una fit certa, altera vero probabilis, con-
| K clu- Lett.IV. De veritetum ortu , clufio quoque effe
debet probabilis . Sia autem ambae praemiflae fint probabiles ,
conclufio continebit probabilitatem proba- bilitatis . Sic unus tertis
oculatus habet dimidium probabilitatis ; qui illum audi- vit ,
& ex eo narrat , habet dimidium primi; fcillcet dimidium dimidii, hoc
eft quartam probabilitatis partem . Denique fi illud ipfum narrat
tertius, hic habebit di- midium dimidii , nempe ortavum proba-
bilitatis gradum • Et fic deinceps , §.iii-At ex omnibus
probabilitatis ge- neribus , quae mihi maxime cordi funt , iunt
hiftoria , 8c aeconomica , in quibus vellem ut confenefcereot juvenes.,
nam prima eft objertum innumerabilium domi, militiceque fartorum.
Quaeque nos reddit yeluti prxfentes omnibus temporibus , a q J ocis
. Hoc uno facilique medio quin pniverfam telluris fuperficiem cum tot
vi- ta? difcriminibus,ac fumptibus peragremus, difcimus quicquid in
ea agitur ab abfen- tibus . Hinc ex ea cognofcimus Imperio- rum
origines, formulas, leges, vires, ar- tes, fcientias, vicifiitudines
, §. ii 8. In
aeconomia autem eft major fupputandi utilitas, etenim ex hac fuppu-
talione habei.ur navium numerus , terra- rum ,TTr\. - '
*«. I - t ; , ‘ ^ ; ^ . v • •* ■’* , ' i- -v' * '' ; • m 149 flatui nocet ? determinanda eft relationis quantitas . Revocato ad haec pauca uni- Verfo ratiocinii myftefio, fequentes recu- las Diale&ici proponunt , ut
ejufmodi quaefita enodentur . §. 112. Re*. 1. In cujufque
quaditi fd- lutiorte omnium primo determinanda eft vocabulorum vis
, maximeque fi ea fmt implicita . §. 123. Statim legis hujus
neceflltas in- N telligitur, cujus negligentia etiam apud-
fcriptores magni nominis contentiones per- petuas produxit . Definiantur
luxus , liber- tas , inanitas , prafcientia divina , et e*
radicatae erunt decertationes. Vocibus de- finitis ,
animadvertatur. §. 124. Regula 2. Semel determinata vo»
cabolorum vi , non amplius convenit ab ea recedere. * §.125.
Quamplurimi hac in re aberra- runt. Vox Deus apud ipfos Epicureos,
Sc Manichteos non fonat idem . Apud Hob- befium natura jura non
femper fignifi- cant eandem rem . Quid multa ? Carte- 1 fius ipfe
materiam fubltilem varie accepit# ‘ Videatur praterea. . §. 125 . Reg.3. Si
quzfitum fit refola- tionis capax. Quo expenfo, exquirendum K
3 dein- 't Tt > v m I 1^0 Lc 8 . 1 V. De veritatum ortu ,
deinceps eft, num totum, vel ex parte’, limites capacitatis humanas
, vel tua; tra- fcendat . Si primum deferatur inta&um , ut in
intelligenda unione mentis cum corpore . Sin alterum te ipfum concute
, vel alios te praftantiores , ac feniores in- terroga .
§.127. Quam regulam fi fciviflent tot Jiterati viri , non
confenuiflent in tot tan- tifque quadliunculis inexplicabilibus ,
at- que inutilibus , neque poli tot foculorum focula etiamnum eas
ad manus haberent. Uti eft malorum origo , humani foetus conceptio
, vis elaftica , attraflio , & ce- tera! Quid fi quicftio
fuerit folubilis? §. 128. Reg.4. Videndum, num qurefi- tum
fit fimplex , vel compofitum . Si compofitum dividendum eft in omnia e- /us membra
poflibilia . Ex quibus, inutili- bus membris refecatis , alia fic
extrincen- tur , ut unum membrum alteri praelu- ceat , ac contineat
. §. i2p.Sic in hoc quaefito : luxus eftne flatui utilis?
videndum eft. 1. Si flatus, fit Monarchicus , vel Republicanus ;
dein- de num ex propriis , vel exteris artifici- bus , ac materiis.
Tertio fi ex propriis, videndum ultimo eft num artes primi- • ■ • s DigitizedJjy Copgli » Enrumque progr
cjjibus . 155 qu?e raro habetur , probabilitas querenda eft . At non evulgari debet nifi tanquam veritas probabilis . In quo cavendum quo- que eft , ne hypothefes ut thefes ha- beantur . §.139. Eft ha&enus incertum , num ter - ra, vel fol
moveatur . Ergo ad probabi- litates recurrendum . Itemq. ex variis
ve- ritatibus probabilibus quaeratur probabilior, ut Redi
hypothefis eft probabilior ani- malculis fpermaticis Leewenhoeckii
. §.140. Reg. 10. Obfervandum porro eft quxfiti genus , nam (i fit
de rebus phy- ficis , fenfus , exprimenta , atque observa*, tiones
funt interroganda . Si de rebus» abrtra&is , rationem interroga ; fi
deni- que de rebus fa&is, confule Codices fa* ftorum .
§.141. Reg. ii. In confulendis autem codicibus , funditus fciri
debet lingua , in qua Codices fuere confcripti . Ac caven- dum a
tradu&ionibus vulgaribus, aut Le- xicis communibus. Ad hoc rite, re£le- que
intelligendum fufficiet legere Cicero- nis orationes a Ludovico Dolce in
lin- guam Italicam converfas : Quin inno Lu- cretii , &
Virgilii verGones. . §.142. Reg. 12* Ad intimiora fcriptoris
fenfe 1^4 Lett. IK De verttatuni ortu , fenla
penetranda , praeter linguam , fac etiam fcias fcriptoris patriam ^
aeetatem , faeculum adfe&us > ftudia > exerci-
tationes t §. 14$. Quorfum ha;c omnia ? Nam ea mirum quantum
influere poflunt ad au6loris intelligentiam .■ Quicunque enim fcribit his viribus occultis non modo mo* vetur , fed etiam concutitur » Ergo ho- rum omnium cognitio maximopere pro- deft . Id libentiflime oftendetem ex mul- tis kriptorum
omnium fententiis , atque opinionibus , fi in te tam clara teftibus indigetem » §. .144. Reg.i$. Non
unum aliquod Scriptoris opus diligentiffime verfandum. eft , fed fumma
indufiria legenda iunt omnia ejufdem fcriptoris opera * Quod fi de
ejus fertterttia nihil confiet : Tunc vel totum 'tei ice s vel
dubita. §.145. En potiflima ratio , cut innumeri ltt
judicando errent » Id ex eo maxime provenit > quod Vel integrum librum
non -degunt , vel non intelligunt * At quid fi fcriptor de aliorum
opinionibus j vel fa- 4 ftis agat? t - #» ^ '■■■;? i* 40. j • X, Bjgitized by (Jooglt -rU, I Eimmque
progrcjjibus . 155 5.146. Rcg. 14. Tunc quaere primo an fcire potuerit. 2.
An fuerit perfpicax. 3, An in judicando adcufatus. 4. An in re- ferendo fincerus .
In quibus omnibus vel eorum uni fi defecerit , fidem ei dene- ga ; fin minus,
eundem habe aptum, ac veracem . r* §. 147. Duo Vtllani
, mundi hiftoriam fcripferunt . Sed fciveruntne quae in eo- rum
funt libris ? maximis fcatent profe- ^ ' flo erroribus . At non fic Guicciardinus . \
Quid vero fi quamplurimi ex uno hifio- rico acceperunt? Quantum
ipfi valenf? 5.148. Reg. 15. Si quamplures ex uno hiltorico
fua traxerunt, Omnes fimul va- • 1 . lSnt , quantum ille unus , ex quo
tran- fcripta fuerunt omnia . Quod fi clare confiet , fcriptorem
fuifle faflt fcienthTi- . mum , in cognofcendo p^jfpicacem , in / .
» judicando adcuratum , ad denique irt re- . ' ferendo fincerum ,
adtribenda eft illis fides. §.145?. Reg. 16. Turtc obferva an
liber fit fpurius vel genuinus ; an interpola- tus, vel mutilatus. Si fpurius, eum reii- ce : fi
genuinus eum tene . Si interpo- latus , additiones nota ; fi denique
muti- latus , lacunas agnofce , & diftingue , po- ftea fi poter
is etiam reftitue . ' * \ §• 44 * t Digitized by
Google I 1^6 LcR. IV. Di verir arum nrfu
, §.150. Primo
liber eft fpurius,five a \ §.156. Reg. 20. 1. Oportet
perpendere, num Deus loquutus fuerit : 2. Cui : 3. Quo loco:
4. Quando: 5. Quid: 6. Si ccnftet reapfe locutum efle , videndum •
infuper eft , num quae dixerit ad nos in - ). corrupte ac genuina, vel
interpolata, aut mutilata pervenerint. Itemque fi verba pofiint
varie interpretari, tunc nemo fut> arbitratu temere ea intelligat ,
fed unius ecclefiae Catholicae judicio ftandum erit. §.157.
Hujufmodi eft methodus analy- y , tica , quae non infervit modo pro
veri- tate Djgitized by Google 158 LcH. IV. Dc
veritatum ortu , tate invenienda, fed etiam juvat pro cu- jufque
feriptoris fcientia definienda. In* ternofeimns enim ex regulis
propofitis, qui feriptores fint ferviles , fuperficiales , duri ,
difficiles ; qui profundi , nobiles , clari , folidi , phdofophi .
Itemque inter* nofeimus qui habendi fint optimi fpi ri- tus ,
peregrini . Sed ex quo tanta feriben- di varietas? Refpondetur,
§.158. Haec varietas partim repetenda eft ex corpore , partim ex
fpiritu huma- no. Secundo attentio non eft eadem in omnibus , neque
fenfuum difpofitio eft omnino conformis , Denicjue hominum inftitutio
, habitus , exercitia , cultus in infinitum variant. En feribendi
varietas. §. 1 3p. His omnibus accedunt fenfuum ufus ,
meditandi adfiduitas , librorum Ic- ilio, literatorum virorum frequentia
, iti- nera , experimenta, obfervatipnes , Item- que ad hog
conferunt Geometriae , at- que arithmeticae ftudia, quorum primum
reddit faciliores idearum combinationes , aliud nos adfuefeit ad eafdein
inter fe colligandas . §.ido. Ex his omnibus oriuntur
artium, fcientiarumque progreffus. Ex his ratio- cinandi robur ,
claritas , atque ordo . Ex Digjtizca bv
GoosL' E arumque progrejftbusl 159 his denique politica
arcana referantur, fu- perditionis myderia evanefcunt , ignoran-
tiae velum vel retrahitur , vel in mini- mas partes fcinditur . Reliquum
ed , ut de modo, quo veritas inventa aliis com-i» municatur, fedulo
pertrahemus , C A P, VIII. i' W . De regulis , quibus
explicanda ejl veritas . §. i Digitized by
Google l6l LcH. IV. De veritatum ortu , §.174. Reg. 9.
Magifler {■^caveat ^ . ne fophifmata vel
paradoxa , wl do£lri- nas novas auditoribus proponat, nam ju* venes hifce femel
imbuti , facile in tur- piflimum fcepticifmum incidunt . Quin imo . ltudiofe doceat , qui libri fint fcepticQ- rum , ut eofdem vitent. §. 175. Reg. 10. Modum doceat , quo legeqdi funt libri , ut mentem au£loris , & fpifitum confequi poflint . Qua in re , juvat le£lio
alicujus libri, atque a magi- liro notentur omnia ? ut difcipuli
profi* ciant, §.175. Reg, 11. Doceat, quod pro a* liqua
hitfaria legenda , addifcantur prius chronolqgia , ac Geographia ;
itemqu® asthica, ac politica, alias nihil proficient' §,177. Reg.
12. In fiiftoria literaria , cure? -ut juventus prima veluti
rationis (lamina in omqihus artibus , ac fcientiis agnofcar :
faciat deinde notare earum pro- grefliones , atque quibus ex caufis a
ma- ximo ad minimum devenere gradum , §. 178. Reg. 13.
Praeterea homo eft natura i nertiflimus , ergo quantum ipfe ell,
totum edftcationi debet' adeoque ma- gilter eum fedulo inftituat ,
maximeque io praceptis yit* civilis , nam fi cum non
Digitized by Google Earumque p rogrejfibus 16$
non poterit efficere philofophum , faciat faltem bonum , & pium
civem . . §* I 7 P* Nam fine fpiritu patriotico ho- mines fe
mutuo deftruant , & fine re- ligionis idea , erunt Deo ingrati ,
aliis vero hominibus pemiciofi. §. 180. Reg. 14. Sed fupra
omnia ju- ventutem ad laborem horetur , & ad- fuefcat, atque
erga alios reddat benevo- lam ; nam hxc duo funt focietatis veluti
fulcra , qua: corpus civile fullentant . §. 181. Reg. 15. Itemque
exciretur in juvenibus amor erga genitores , qui ha- bendi funt
totidem Dii terreftres;ex quo amor , & obedientia in illos oriri
de- bent , §. 182. Reg. 16. Infuper qui alios do- cet ,
excipiat animo grato juvenes , eof* que curet reddere meliores , tam in
eo- rum parte phyfica , quam morali . §.183. Quo aoftrema
cujufque generis fit , fo!a mul- tiplicatione , .ac divifione , fcilicet
fola additione, ae fiibtraftione conficiatur. Se- quitur
omnes arithmetica; regulas ad fa- lam additionem, ac fubtraftionem
reduci. §.
13. Diale&ica tantopere a Graecis exculta, deinde a noftris poli
literarum inftaurarionem, ad inftruendum Intelle£hira, ut omni
loco, ac tempore veritatem in* veniat , tendit . Hinc finis ejus eft
men- tem perficere , errores vitare , veritatef- 1 • . . - . :
que fr" • ' " ■ — " 1 ' ) »'■
1 ■ ■■ . ■ (a) Legantur tabula numerica Profla- fnrafts an, 1610,
.ub Erwert odita , qui- bu% Digitized by Google Rcduftione ad
Arithmeticam . 175 que detegere . Sed qu* eft cogitandi ma- teria, quxque ipfius mentis vis ?
atque energia ? §. 14. Refpondetur cogitandi mate- riam
a fenfuum ufu provenire , qui cor- porum imprefliones excipiendo
mentem tion modo quafi excitant, ac acuunt , fed quoque eandem
imbuunt tot tantif- que rerum ideis, ut quadam nobis inco- gnita vi
eas inter Te modo conjungens , modoque feparans ex veritatibus notis
ad incognitas deveniat . En itaque totum fcientiarum abditiflimum mytterium
ma-» nifeftatum : En fcieqdi arcana referata : en denique ars illa
pene divini, qua in- telle&us fupra res humanas fe erigens ad
peleftia perfcrutanda adfpirat , §.15. Quibus 1 ex omnibus profero
in- telligitur fenfationes efle cogitandi obje- flum, ac veluti
materiam : mentis vero artificium in judicando , ac ratiocinando
effe pofitum . Sed quid judicium , quidve ratiocinium? *• •• §. 16.
Judicium eft quidam mentis a- r . ftus — — * — • ;
— bus multiplicatio , ac divifto additione , 0 *
fubtra&atione abfolvuntur . • iy6 Lctt. V, De
Logica ftus, quo ideas inter fe ieparamus , vel eaidem conjungimus:
fic dicimus: Petrus e/i dottus: Petrus non efl ovis. In primo judicio ne6litur
do6lrina cum Petro ; in a- lio vero disjungitur ovis proprietas a
Pe- tro. Verum dari poliunt certitudines tam intuitivae, quani
demonllrativae . Ia intui- tiv^s liquet judicia non efl'e, nili itidem,
vel additiones, vel fubtrafliones, hoc eft judicia affirmativa ad
additionem , negati- va autem ad fubtra&ionem relerri . Quo
autem referuntur ratiocinia , ac tot vul- gariffimi argumentandi
modi? §.17. Ex di£lis in toto Logicae curfu, omnes mentis
ratiocinationes fatis confiat elfe duarum idearum relationes cum
ter- tia : nam fi eontigprit , ut quod inter duas ideas relatio non
mihi innotefeat , tunc «afdem cum alia confero . Cui tertiae vel ambae conveniant ,
vel minime . In pri- mo cafu ratiocinium dicitur affirmativum, in
fecundo negativum . Sic fi quaeratur ; folis moles eline ignea ? Itemque
plantae funt animatae ? neque in primo , neque in fecundo quaefito
video quid mihi affir- mandus vel negandum fit inter ideas ea- M
rundem relationes , hinc ad refolvenduni primum quaefitum .tertiam ideam
veluti in auxilium fumam, ac dic^n: quidquid u, ' rit ,
Digitized by Google Reduftione ad Arithmeticam . 177 rit
, ejt igneum * fol autem urit , efl igi- tur igneus. In quo fyllogifmo,
tertia id- ea , oim qua duas alias comparavi , eft quicquid curit.
ut qua; eidem conveniunt, inter fe quoque conveniunt. Itaque eidem
urere conveniat tam natura ignis , quam folis . Ex quo poftremo conclufum
eft , folem efle igneum . §. 18. In fecundo quasfito hanc
aliam ideam in auxilium fumam : qua ex fe moventur , funt animata .
Plantae autem ex
fe non moventur, ergo non funt animata. In hoc Tyllogifmo tertia idea eft
cx fe movere , cui convenit efle animatum, at quia eidem non
convenit plantarum na- tura, proindeque conclufum eft plantas non efle
animatas . §. ip. Ex hifce duobus exemplis ,«fit manifeftum
ratiocinium efle illud ipfum , quod in Arithmetica regula aurea ,
five trium , hoc eft ex datis tribus terminis vel veritatibus notis
, quaritur quarta in- cognita . Sic in primo fyllogifmo verita- tes
notas, funt. l.Quicquid urit . 2. Iqnis. 3. Sol urit . 4. Terminus
incognitus fol efi igneus . In alio exemplo : 1. Quod ex fe movetur
. 2. Efl animatum . 3. Planta non femoyentur. Ergo planta; non funt
ani- M nu- Digitized by Google
J7$ Left, V. De Logica ruat* efl quarta veritas incognita ,
Con* itat itaque ratiocinium efle quoque regu- lam nurnericam ,
Quantum ad caetg*as ar* gumeptandi rationes apud vulgares cogni-
tas , ipfe pon iunt , pifi diyerfe unius fyllpgifmi modificationes
, 2 p. Ex quo fit, ut illud ipfum Diale- ctico contingat in
quxfitorum folutioni- bus, quod arithmeticis in fuis problema-
tibus refol vendis f Hi enim quartum ter- minum proportionalem incognitum
poft tres datos nofos , femper inveniunt vel multiplicando fecundum
cum teifio , vel primum cum fecundo , eorurpque produ- Ctum yel
dividunt per primum , vel per tertium , Sic quoque Dialeftjci
medium terminum varie combipando cum fuis ex- tremis modo directo,
modoque reciproco omnes fyllogifmorum formas conficiunt , Jtemque
f; quis ratiocinii naturam per-, pendat , inyenif eandem ad ipfum
judi- cium referri , etenim in fyllogiljno aliud pop fit , quam
duas yoces prius ad ter- tiam , deinde inter fe referre , Sicuti
igi- tur quotquot dantur numericae regula: , omnes ad additionem
atque fubrraftionem revocantur, ita etiam omnes regula: Logica ad
unum judicium vel pegativum, vel affir* s Di(
ed by Google *R.cduftione ad Arithmeticam . 179 mativum
, hoc eft ad ipfam etiam addi- tionem , vel fubtra&ionem referuntur
. Hazc cum ita fint , quifque intelli- git primo , quod ficuti
Diale&icus ope- retur in ideis , ac fenfationibus , fic
arithmeticus in cyphris numericis : 2. Intelligitur , quod utriufque
finis fit i- dem hoc eft veritatis inventio Etiam intelligitur ,
tot regulas dari in una, quot in altera . 4. Denique patet mentis
ope- rationem in utraque efle eamdem 4 His demonftratis , nonne
fequitur inter has difciplinas dari maximam analogiam ? Non- ne Logicaj ftudiofo efle
perquam necefla- riam numericam fupputationem? nonne de- nique
fequitur mentem hac exfufcitari , acui nobilitari ? §. 21.
Quibus ita potius inchoabis', qnam explanatis , patet numericam
fup- putandi rationem omnibus efle necef- fariam , maximeque
Diale&icis . At fi jethicas, fi oeconomicus, fi politicus fint ejusdem
expertes , habendi funt bardi , & tanquam ftipites ac trunci . Quis
enim fe ipfum regere ac vincere potuerit nifi prius proprias vires
tam phyficas , quam morales fupputaverit ? quo patfto aliquis fe
cohibere prafumat , nifi antea & tem- M 2 pe- ■
. Digitized by Google Left, V, De Logic a peramenti , Sc propenfionum ,
&affeftuum impetum definierit ? Quomodo denique focialis , nifi
propria & aliena jura , ni_ fiqqe propria aliena officia ante
pra> calluerit ? ^ §.22. Quid tandem dices in
aeconomia civili, ac politica ars numerica cum noftro tempore
^paucis rrtagiftris docenda , paucifli- jnis vefo difcipulis addifcenda
eadem defera- tur? Q infantuli natura: humanae afelli! Pof- funtne
refle profpereque procedere a:que pes domeflicaE , ac civiles fine ulla
nu* merica fupputatione ? Quomodo enim fci- remus hominum
multitudinem , qui hunp regnum incolunt : quomodo confummatio- riis
quantitatem* frugum copiam, animalium fruflum , commercii extenfionem ,
indit- uri» produ^qm ? fine hac fciremps na- vium numerum , regni
fijperficiem , ter- rarum omnium produttjones , veftigalium ' yim ,
hominum cujufque coetus lahores , vita: commoda, fortunas, bona,
atates, morbos periodicos , curationes ? Penique fine ulla
fppputandi arte quisnam fcire pollet , hujus regni prafeqtem , ac
pme? yitum ft^tum, & quodammodo etiam fu- tqrum pracogpofpere ?
Quid multa? Non« Digitized by Google i RcduEltorte
dii Arithndeiicdrti . i8f fltf prafens totius Europae floritas 1
uni computanJi fpiritui tribuenda eft ? §. 23. Ex di£lis
igkur hanc in aper- tiflimam coriclufionem venio i quod fi qui
impetent , re£le facillimeque compu- tant , ejus regimen eft
philofophicum j artes , fcientiaeque florere debent , at- que
flatus omni e* parte effe debet fecu- fus ac potens* Contraque fi ubiqud
men- dici , otiofi , ignavi , fiagitiofi : fi ex fla- tii
extrahantur materiae primae * atque im- mittantur aliorum induflria: i fi
ars pe-* cuaria negligatus ac commefcium Vile- fcat : fi aftifices
, agriculae , ac laboriofi lngentiffima ve£ligaliuni pondefe dppri-
mantur : fi ftupidi } Vafri, atque iftfcied- tiffimi fublimantuf ,
deprifnentufque ho- li efll & induflriofi : fi denique rtlufici f
hi-* flriones 1 mimi , balatrones ifiagnifice ex- cipiantur ,
literatique autem viri faceflt , dicendunl in illo flatu artem
computan- di prorfus ignoraii * Inoumbac itaque huic fcrentiae quilibet
Logicae ftudiofus 1 iri fuifque operationibus confenefcac * Marti
vifum eft , quantum aeque paupefibi» prodefl i locupletibus arqufe i
sfque ne- gle£U viris 1 pueris , fenibufque nocebit «
1 ARTIS RECTE C0GJTAMD1 * SEX
lectionib. contenta Stl»f O ? H s \ 1 . JN
USUM LOGIC JE TIRONUM , LECTIO L De exigua bijtoria
Logica ComrrtentaAo * Diafeftica, qu# efl afS perficienda ra-
tionis humans, a Grsecis orta Zenoni E-' leati Parmenidis auditofi i
& adoptione filio tribuitur, cujus progfefiio f ac fata tum
apud antiquos ^ tum apud recemifti- irtos ufque ad Abbatem Angelorium
Pa- trem Coeleftirtum brevirtime d£fignatitur * Itemque itir
praecipuis fcripfofibus, cjuid itl iis ^culpatur , quidve laudatur fine
par- tiurti lludio exponitur, f LECTIO IL
De origine aperntiattunt ‘R.ationii huma* na , ejuj que maximis
progrejpbus , * Cap, I. Ex omnibus animantium ge-
neribus tiobis huc ufque. cognitis 1 unus M 4 Jio-
homo vi j. 12 rationis caeteris prsfcftat > quia hujus facultatis
beneficio fe ipfum , &' peiie, infinita alia objefta
exteriora cognofcit. Sed quo pa£to ; nifi corporum exteriorum
diutinis experimentis in fuos fenfus ? Quid fenfus , iiift qu&dam
orga- na,- quae nos videmus, tangimus , ac di- vidimus ? Verum quae
ita funt, corporea funt . Homo igitur corpore confiat, Item- qae
quilibet homo fua natura ducitur ad veritatis inveftigandae ftudium, 3 d
bonam comparandum , ad malum declinandum # Infuper rerum ordinem ,
pulcritudinem , jufiitiam , honeftatem , liberatemque di- ligit.
His addite tot divina rerum inven- ta , tot artes , tot dtfciplinas ,
quae om- nia nonnifi ab homine plumbeo materiae folidae , atque
inertiflitnae tribui poflunt * , Denique nonne maximum eft animo
ipfo animum videre? Quare homo etiam fpiriro confiat. Sed qua via
is ad veritatem inve- niendam contendit, ea tam theoretice, quam
pra&ice Loricae tironibus enucleabitur . Cap. 3. Senfus , qui
funt totidem a- nimi fenfationum fulcra y quibus mens veluti
excitatur, concutitur, atque auge- • tur, re£U difiiogutmtur in
exteriores, & in interivres. Primi funt quinque ©mrri- - •
' eo Digitized by Google eo fortius ac
facilius ratiocinatur . Deni* que quo plures teftes oculati ,
veraciores, ac Tagaciores , eo veritatum multitudo au- getur .
, Gap. 8. At fapisntiffime quifque phi- lofophatur , ii fciat
, num fubje£him,num pradicatum , vel eorundem relatio eidem iit
quarenda . Ad qua;
tria revocatis u- niverfis philofophandi myfteriis, curandum primum
eft , ut vocabula accurate defi- niantur , neque ab eorum vi iemel
de- terminata minime recedendam . Curan- dum fecundo eft, utrum
quafitum iit re- folutionis capax , alias defere : Itemque utrum
fimplex, vel compofitum . Quibus rite conftitutis : propofitiones omnes ita
ordire , ut una alteri colligatur ceu in catena annuli . Infuper videndum ,
utrum quafiti genus fit de rebus phyficis ; tunc fenfus atque
experimenta adhibe : ii de rebus abftrattis , rationem
interro- ga . Si denique de rebus fa&is, Codices confule .
Verum his in confulendis, au- siorum lingua funt callenda, atque
fcien- da eft illorum patria , astas , religio, fe- culum ,
imperium , fefta , mores , adfe- £lus , exercitiaque . Poftremo loco
inqui- rendum eft , jnum liber fit fpurius vel ge- nui-
Digitized by Google 1 $ nuinus , vel
interpolatus, vel mutilatus « Cap< 8. Quibus undique
conquifitis,fi aliis volueris ea tam viva voce, quam (cri- ptis
communicare, dic primo quid fit fa- cultas tfadenda , ex quo & quando
orta, qui fuerunt ejufdem progreflus , qua: fa- ta quique
fcriptores , eamque denique in partes diftin£te propone . Qusb omnia ceu in parva
quadam tabula funt tibi per- fpicue delineanda. Tum cura, ut omnes
rei nodi proponantur , iidemq. fingillatim in operis progreffu
refolvantur . Sed rite procefferis fi voces definias , fi a rebus
fimplicibus ad compofitas procedas, fi pa* radoxa devites * fi auditores
ad laborem utilem , atque ad vita: honeftatem in* flamtnes, fi
pedantifmura quo undique la- boramur , declines . En univerfa
informan- dae rationis ars; en principia, quibus po- litica arcana
formidando velo obdu&a re- ferantur; en fontes quibus ignorantis
te- nebrae , ac fuperftitionis tctrificse lemures cvanefcunt . En
denique via , qua in fa* erum veritatis templum ingredi quilibet
poterit . * LE- Digitized by
- _ y lECTIO VX. * . De Logica
redu&ione ad Arithmeticam Z ■ V» Verum quid funt tot arte»
, tot fcien^ tiae ? Quid hiftoria omnigena ?
Quid ipfk fidei regula a Chrifto praedicata
, a noftrifi que majoribus nobis propofita $ ni
fi to- tidem merttis humans Computationes
? Nam nifi San&iflimam
invenilfent , ne- que ipfi , neque pofteris eam colendam
commendaffent , Nonne ars computandi in Arithmetica contineatur ?
Quotquot igitur dantur artes quotquot fcientiae omnes Arithmetica
funt regulae . At ju- re merito hoc nomen ufurpat Diale&ica ;
in qua tot regulae docentur , quot in al- tera . Principio univeffae
Arithmeticae re* gulae funt additio , ac fubtraftio , nam ad primam
revocatur multiplicatio, ad alte- ram divifio . Haec tam de integris,
quam de numeris fra&is . Quo ad potentiarum elevationes ipfae
non funt , mfi multipli- cationes; extraftiones vero radicum funt
multiplicationes, ac divifiones fimul,hoc eft additiones , ac
fubtra&iones . Quid multa? Nonne ad has quoque duas revo- cantur omnes
trium numerorum regulae ? Qui* ' Digilized by
Google . JO . • -* , Quibus ita perfpe&is ,
fi quis Diale&icae prscepta perpenderit, identidem inveniet* %
Nam veritatis obje&um eft utrique facul- tati commune . Altera enim
operatur in numeris, altera in ideis . Itemque mens combinat in
utraque nempe in illa ideas, in hac vero cyphras.Rurfus omnis
veritas vel eft intuitiva, vel ex idearum combina- tione
innoiefcit, fcilicet vel addas ideas, vel eas inter fe fepares . Nonne ha; funt additio ,
fubtraflio , ac regula trium ? Uti igitur quartus numerus
proportiona- lis cum regula aurea invenitur in Arith- metica , ita
etiam quarta idea in Logi- ca cum ratiocinatione invenitur . Quis-
, quis igitur Logicam voluerit optime cal- lere , in Arithmetica;
fupputationibus fe terat ac confenefcat ; nam. ea , ut bene
Horatius : A Equa pauperibus prodejl , locupletibus . j .
aeque: /Eque neglefta viris , Pueris , Serti- bufq . nocebit
. LOGICA. FINIS . Francesco
Longano. Longano. Keywords: dell’uomo naturale, metafisica, logica. Luigi
Speranza, “Grice e Longano: esame fisico dell’uomo” “Grice e Longano: la
semiotica” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Losano: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della filosofia del diritto romano – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Casale Monferrato). Filosofo italiano. Grice: “I like Lossano; his research overlap with that
of H. L. A. Hart, but Losano is more interested in the philosophy and he is
obviously more continental, as he should, given the prominence of Kelsen in the
field!” Si occupa di filosofia del diritto e
informatica giuridica. Si laurea a Torino. Insegna a Milano e Alessandria, e
Torino. Si occupa di storia della filosofia del diritto; teoria generale del
diritto; circolazione mondiale delle idee giuridiche e sociali; filosofia
politica; diritti umani; geopolitica; informatica giuridica; privacy;
e-publishing; edizioni di archivi storici. Pubblica un completo panorama
sull'evoluzione della nozione di sistema nel diritto dalla ROMA antica ad oggi.
Cura carteggi di Jhering ed opere di Jhering e di Kelsen. Curato l'edizione critica
delle corrispondenza di Roesler. Come informatico giuridico, ha pubblicato un
manualedi informatica giuridica e diritto informatico e un progetto di legge
sulla tutela della privacy; Presidente del "Centro di calcolo automatico”
a Milano. Altri saggi: La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino; La teoria
di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per il seminario di
filosofia del diritto” (Milano. Anno Accademicom Cooperativa Libraria Università
Torinese, Torino); “Gius-cibernetica” Macchine e modelli cibernetici nel diritto,
Einaudi, Torino); Libia Materiali sui rapporti fra ideologia ed economia” (Milano.
Anno Accademico Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino); “Lo scopo
nel diritto. Einaudi, Torino, Jhering, Lo scopo nel diritto” (Aragno, Torino, Corso
di informatica giuridica, Cooperativa Milano), Corso di informatica giuridica; L'elaborazione
dei dati non numerici, Unicopli, Milano; Il diritto dell'informatica, Unicopli,
Milano Corso di informatica giuridica; Stato
e automazione. Etas Kompass, Babbage: la macchina analitica. Un secolo di
calcolo automatico, Etas Kompass, Milano Scheutz: La macchina alle differenze.
Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri, Milano); Invenzioni francesi del
Settecento. Testi originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino);
I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extra-europei,
Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed
extraeuropei, Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai
diritti europei ed extraeuropei, Laterza, Roma Bari, L'informatica legislativa
regionale. L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg e
Sellier, Torino Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano, Automi arabi. Dal
"Libro sulla conoscenza degli ingegnosi meccanismi" (Maestri, Milano);
Automi d'Oriente. "Ingegnosi meccanismi" arabi del XIII secolo,
Milano Il diritto economico, Unicopli, Milano); L'ammodernamento giuridico,
Unicopli, Milano); Corso di informatica giuridica: Informatica per le scienze
sociali, Einaudi, Torino Il diritto privato dell'informatica, Einaudi, Torino, Scritto
con la luce. Il disco compatto e la nuova editoria elettronica, Unicopli,
Milano, L'informatica e l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano,
Diritto e CD-ROM. Esperienze italiane, Giuffrè, Milano, Storie di automi. Dalla
Grecia classica alla Belle Époque, Einaudi, Torino Saggio sui fondamenti
tecnologici della democrazia, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, Istituto
per la Documentazione Giuridica, Firenze, Kelsen Umberto Campagnolo, Diritto
internazionale e Stato sovrano. L. Con un inedito di Kelsen e un saggio di
Norberto Bobbio, Giuffrè, Milano, Un giurista tropicale. Tobias Barreto fra
Brasile reale e Germania ideale, Laterza, Roma); “Sistema e struttura nel
diritto: Dalle origini alla scuola storica” (Giuffrè, Milano, Il Novecento” (Giuffrè,
Milano); Dal Novecento alla postmodernità, Giuffrè, Milano U. Campagnolo, Verso
una costituzione federale per l'Europa. Una proposta inedita. Giuffrè, Milano, "Cedant arma Un giudice e due leggi. Pluralismo
normative, Giuffrè, Milano, Funzione sociale della proprietà e latifondi
occupati, Diabasis, Reggio Emilia, Kelsen, Scritti autobiografici. Traduzione e
cura di L., Diabasis, Reggio Emilia Peronismo e giustizialismo: dal Sudamerica
all'Italia, e ritorno. M. Rosti, Diabasis, Reggio Emilia, Memoria
dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche,
Accademia delle Scienze, Torino Academia delle scienze editorial memorie morali
Campagnolo, Conversazioni con Kelsen. Documenti dell'esilio ginevrino Giuffrè,
Milano La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla de-colonizzazione”
(Mondadori, Milano); Kelsen Arnaldo Volpicelli, Parlamentarismo, democrazia e
corporativismo” (Aragno, Torino); Alle origini della filosofia del diritto a
Torino: Albini. Con due documenti sulla collaborazione di Albini con
Mittermaier, Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze
Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia delle
scienze/attivita editorial periodici-e-collane/ memorie/morali I carteggi
di Albini con Sclopis e Mittermaier. Alle
origini della filosofia del diritto a Torino, Memoria dell'Accademia delle
Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia
delle Scienze, Torino accademia delle Scienze attivita editorial, periodici-e-collane/memorie
morali Alle origini della filosofia del diritto, Il corso di Alessandro
Paternostro a Tokyo. In appendice: Paternostro, Lexis, Torino I La Rete e lo
stato” (Mimesis, Milano); Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma, Kelsen, Due saggi sulla democrazia in
difficoltà” (Aragno, Torino); “La libertà d’insegnamento in Brasile e
l’elezione del Presidente Bolsonaro” (Mimesis, Milano). (e) o (e) (e) (e) (°] (e) o (e)
o o [e] (e) o (°] o (°] o (e) (°] [e] [e] o [e] MAX
dii INSTITUTE OR LEGAL HISTORY ‘AND LEGAL THEORY
MPILHLT RESEARCH PAPER SERIES Mario G. Losano
Tra lex e ius: le leggi razziste del fascismo e le amnistie
postbelliche. Una nota anche bibliografica No. 2022-04
https://ssrn.com/abstract=4019450 o 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0 (e) o (e) [e] (e) (e) o (e) o (e) [e] o (e) o (°]
[e] o (e) o o o 0 0 o o 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 O
o 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Tra /ex e ius: le leggi
razziste del fascismo e le amnistie postbelliche Una nota
anche bibliografica Mario G. Losano 1. Ottant’anni dalle
leggi razziali del fascismo: un anniversario nella pandemia 2.
L’antisemitismo dell’epoca fascista e il contesto delle leggi razziali a)
Il problema ebraico e lo Statuto Albertino del 1848 b) Il fascismo e la
purezza della stirpe c) Leggi e documenti razzisti del fascismo: una
sintesi . Commemorare in tempi immemori: tra condanna e nostalgia .
Un esempio: la rievocazione all'Accademia delle Scienze di Torino . Una
guida: i ricordi di Liliana Segre . Un dibattito: “l’amnistia Togliatti”
del 1946 tra giusta punizione e pace sociale L’“Amnistia Azara” del 1953
e la fine della giustizia di transizione NAUAOU
Bibliografie Libri di sopravvissuti Bibliografia
2017-2021 sulle leggi razziali del 1938 Bibliografia sintetica
sull’“Amnistia Togliatti” 1946 Bibliografia sintetica sull’“Amnistia
Azara*, 1953 1. Ottant’anni dalle leggi razziali del fascismo: un
anniversario nella pandemia Nel 1938 venne pubblicato il
Manifesto della razza e in quello stesso anno il regime fascista emanò
varie norme razziste che colpivano gli italiani ebrei. Caduto il fascismo,
quell’anniversa- rio venne ricordato in convegni e scritti, ma non
subito: nel 2018, “l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali
antiebraiche del 1938 ha risollevato interesse e attenzione su quella
pagina oscura della nostra storia e sulla successiva rimozione,
protrattasi, salvo alcune lodevoli ecce- zioni, sino all’anniversario del
primo cinquantennio”!, cioè sino al 1988, quando la Camera dei
1 Guido Neppi Modona, La magistratura e le leggi razziali 1938-1943, in:
Alberto Piazza (a cura di), Le leggi razziali del 1938, Il Mulino,
Bologna 2021, p. 133. Max Planck Institute for Legal History and
Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano
2 Deputati promosse un convegno sulle leggi razziali e Michele
Sarfatti pubblicò un’esauriente raccolta di quelle leggi e delle
circolari amministrative che le accompagnarono?. In Italia il
“Giorno della Memoria” venne istituito soltanto nel 2000: “La Repubblica
italia- na riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei
cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la
Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione
italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione,
la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti
diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della
propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”3. Da
parte delle Nazioni Unite, il riconoscimento del “Giorno della Memoria”
venne soltanto cinque anni dopo, nell’Assemblea Generale del 1° novembre
2005. Nei quarant'anni dopo il fascismo “un diffuso processo di rimozione
ha nascosto sotto un impenetrabile velo di oblio il periodo della
persecuzione dei diritti” proiettando lo stigma “sul periodo della
Repubblica Sociale Italiana, sulla deportazione e lo sterminio nei campi
nazisti. Quello che è stato chiamato ‘il peso di Auschwitz? ha finito per
svalutare e minimizza- re, sino a cancellarla dalla memoria collettiva,
l’essenziale funzione preparatoria svolta dalle italianissime leggi
antiebraiche del 1938”4. Anche nel 2018 si rievocò
quell’anniversario: l’ottantesimo dall’emanazione delle leggi razziali
(che sarebbe più corretto chiamare ‘razziste’). Però, mentre si preparavano non
poche delle pubblicazioni legate a quella ricorrenza, tra la fine del
2019 e l’inizio del 2020 cominciò a diffondersi la pandemia del
coronavirus Covid-19. Il blocco della vita sociale ed economica che ne
seguì non solo impedì incontri e convegni, ma coinvolse anche le imprese
editoriali e tipografiche, con inevitabili rinvii e ritardi delle
pubblicazioni. Molti scritti collegati all’an- niversario delle leggi razziali
persero così il collegamento temporale con l’evento che inten- devano
ricordare, mentre d’altra parte subivano interruzioni e ritardi anche le
pubblicazioni che volevano commentare quegli scritti. L’esigenza di
ricordare quelle leggi vergognose era rafforzata dalla costante ripresa
degli atteggiamenti politici di estrema destra in Italia e in Eu- ropa,
nonché dal manifestarsi di forme antisemitismo che si ritenevano ormai
appartenenti a un passato lontano. Alcune fra le più recenti di queste
posizioni verranno sommariamente richiamate nel prossimo paragrafo
3. L’Accademia delle Scienze di Torino ricordò nel novembre del
2018 l’ottantesimo anni- versario delle leggi razziali con un convegno, i
cui atti pubblicati nel 2021 si aprono con una “richiesta di scuse per il
ritardo della pubblicazione di questo volume rispetto alla data di
svolgimento del convegno al quale hanno contribuito le difficoltà connesse con
la pandemia Covid-19”5. Questa situazione — comune a molti altri scritti
di quel periodo — mi indusse a 2 La legislazione
antiebraica in Italia e in Europa. Atti del convegno nel cinquantenario delle
leggi razziali, Roma, 17-18 ottobre 1988, Camera dei deputati, Roma 1989,
VIII-353 pp.; Michele Sarfatti, Documenti della legislazione antiebraica.
I testi delle leggi, cfr. infra, nota 36. 3 Art. 1 della Legge 20
luglio 2000, n. 211, Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello
sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati
militari e politici italiani nei campi nazisti. 4 Neppi Modona, La
magistratura e le leggi razziali 1938-1943, cit., p.134 s. 5
Alberto Piazza (a cura di), Le leggi razziali del 1938, Il Mulino, Bologna
2021, p. 7. Max Planck Institute for Legal History and Legal
Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 3
riunire alla fine del presente scritto le indicazioni bibliografiche che
andavano disperdendosi nei mesi della pandemia: indicazioni che si rivelarono
particolarmente numerose perché intendevano non soltanto rievocare il
passato, ma anche — attraverso la rievocazione — contra- stare il
crescente manifestarsi di atteggiamenti di estrema destra. Queste
pagine si presentano dunque come un dimesso apporto documentario, cioè
come un contributo umile ma, spero, utile per una futura storia del
diritto contemporaneo6. Dopo aver ricordato nel prossimo $ 2 l’evoluzione
dell’antisemitismo in Italia, il $ 3 si sofferma su alcuni recenti
episodi soprattutto italiani di chiara simpatia per i regimi dittatoriali prebel-
lici, mentre i tre paragrafi successivi commentano tre recenti volumi sulle
leggi razziali, sul loro contesto e sull’atmosfera dell’immediato
dopoguerra: gli atti del convegno dell’Accade- mia delle scienze ($ 4),
le memorie di Liliana Segre ($ 5) e l’analisi dell’“amnistia Togliatti”
del 1946 ($ 6). Infine l’“Amnistia Azara” del 1953 segna la conclusione tombale
della giustizia italiana di transizione ($ 7). Seguono
quattro bibliografie: la prima sulle memorie scritte da sopravvissuti alla depor-
tazione; la seconda, più estesa, sulle rievocazioni (fra il 2017 e il 2021)
delle leggi razziali del 1938; la terza sull’“amnistia Togliatti” che nel
1946 evitò molte tensioni in una società che usciva da una guerra civile,
ma che d’altra parte lasciò impuniti molti eventi inaccettabi- li; infine
la quarta sull’‘amnistia Azara” del 1953, che completò il passaggio dalle
amnistie all’amnesia. Le dittature prebelliche non
perseguitarono soltanto gli ebrei, ma anche gli avversari politici (dai
democratici ai socialisti e ai comunisti) e i diversi (gli omosessuali, “le
vite non degne d’essere vissute” i Testimoni di Geova e gli zingari): di
essi non è possibile occuparci in que- ste pagine”. Per
ragioni di spazio non è possibile esaminare l’atteggiamento dell’Italia
postbellica di fronte all’eredità tanto del fascismo quanto, in
particolare, della persecuzione degli ebrei. A partire dal dopoguerra
inizia “la costruzione del mito [...] del popolo italiano come salva-
tore degli ebrei. Si precisa da subito che non si tratta dell’invenzione di
episodi falsi, bensì di un’operazione di storytelling, che modifica la
prospettiva sul fenomeno e la percezione 6 Un quadro
generale è in Mario G. Losano (a cura di), Storia contemporanea del diritto e
sociologia storica, Franco Angeli, Milano 1997, 265 pp.; un esempio
concreto di documentazione giuridica a futura memo- ria è in Id., La
libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis,
Milano 2019, 221 pp. 7 Si vedano per esempio: Giorgio
Giannini, Vittime dimenticate. Lo sterminio dei disabili, dei rom, degli
omo- sessuali e dei testimoni di Geova, Stampa alternativa/Nuovi
equilibri, Viterbo 2011, 118 pp.; Luca Bravi - Matteo Bassoli, //
porrajmos in Italia: la persecuzione di rom e sinti durante il fascismo, Emil
di Odoya, Bologna 2013, 103 pp. (in lingua romo sinti porrajimos indica
lo sterminio: il loro Olocausto); Carla Osel- la, Rom e Sinti. Il
genocidio dimenticato, Tau Editrice, Todi 2013, XVI-238 pp. (Sulla situazione
attuale: Pao- lo Bonetti, Alessandro Simoni e Tommaso Vitale (a cura di),
La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia. Atti del Convegno
internazionale, Università degli studi di Milano Bicocca, 16-18 giugno 2010,
Giuffrè, Milano 2011, 2 volumi, XV, XV, 1362 pp.); Lorenzo Benadusi, I/
nemico dell’uomo nuovo: l'omosessualità nell’esperimento totalitario
fascista. Prefazione di Emilio Gentile, Feltrinelli, Milano 2021, XVI-427
pp. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 4
collettiva, portando in primo piano singole azioni individuali contra legem
[cioè contro le leggi fasciste] e mettendo in ombra il contesto
complessivo, normativo e culturale, dell’Italia fascista e della RSI, che
portò all’arresto di 7.570 ebrei” (p. 262)8. In altre parole, sino ad
oggi si intrecciano interventi politici e legislativi che pongono con
prevalenza l’accento su uno soltanto dei due aspetti. La vasta opera del
penalista Paolo Caroli dedica a questo accavallarsi di iniziative
postbelliche una cinquantina di pagine, per metà costituite da fitte note
biblio- grafiche: a questo scritto può rifarsi chi vuole approfondire gli
eventi legislativi e giudiziari che, dal dopoguerra sino ai giorni
nostri, caratterizzano la giustizia transizionale italiana e la supplenza
della magistratura rispetto alla politica?. 2. L’antisemitismo
dell’epoca fascista e il contesto delle leggi razziali Il fascismo
prese il potere in un’Italia che già nella fase pre-unitaria aveva concesso i
pieni diritti alle minoranza religiose presenti sul territorio: gli ebrei
e i valdesi!0. Sotto il fasci- smo la persecuzione dei valdesi derivava
dall’atteggiamento politico dei valdesi stessi: non aveva quindi
fondamenti religiosi o razziali, come avvenne invece nei confronti degli
ebrei. 8 Paolo Caroli, 1/ potere di non punire. Uno
studio sull’amnistia Togliatti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
2020, 382 pp. (Fonti e Studi per il Diritto Penale, collana diretta da Sergio
Vinciguerra e Gabriele Forna- sari, n. 2); le indicazioni tra parentesi
dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio. ? A questi temi
Caroli dedica gli ultimi due capitoli del suo libro (IV. La transizione amnesica
italiana: l’eredità dell’amnistia [Togliatti]; V. L’oblio della
clemenza).I paragrafi finali del Cap. IV, pp. 261-298, com- pletano il
presente paragrafo sulle leggi razziali del fascismo: 4. Diritto penale e
questione ebraica. Un percorso di autoassoluzione? 4.1. La Shoah nei
processi e nella legislazione dell’immediato dopoguerra; 4.2. L’innesto
del paradigma eurounitario: la Giornata della Memoria e l'aggravante del
negazionismo; 4.3. Il d.d.l. Fiano: quando il simbolo [fascista] è una
minaccia per la democrazia; 5. Lo specchio della transizione degli anni
’90. Il diritto penale per uscire dalla guerra e il diritto penale per uscire
da Tangentopoli; 5.1. Un ele- mento di differenza fra le due transizioni:
sulla maggiore responsabilità dl legislatore del 1993; 5.2. Un elemento
di analogia e continuità: l’abdicazione del legislatore e la responsabilità
lasciata alla magistratura. 10 Sulle persecuzioni dei valdesi — che
meriterebbero un’apposita ricostruzione — ci si limita qui ad alcu- ne
indicazioni bibliografiche. In generale: Dino Carpanetto - Patrizia Delpiano (a
cura di), L'Italia fra cristiani, ebrei, musulmani (secoli 17°-18°).
Immagini, miti, vite concrete, Claudiana, Torino 2020, 235 pp.
Sull’evoluzione storico-politica dei valdesi: Giorgio Spini et a/., Il glorioso
rimpatrio dei Valdesi [1689]: dall'Europa all'Italia. Storia, contesto,
significato, Torino, Claudiana 1988, 165 pp. (con pdf); Bruno Bellion et
al., Dalle valli all’Italia: i Valdesi nel Risorgimento, 1848-1998. Introduzione
di Giorgio Tourn, Claudia- na, Torino 1998. 144 pp. Sulla repressione
fascista: Giorgio Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche. Direttive
e articolazioni del controllo e della repressione, Claudiana, Torino 1990, 349
pp. (con pdf); Davide Dalmas - Anna Strumia (a cura di), Una resistenza
spirituale. “Conscientia” 1922-1927, Claudiana, Torino 2000, 430 pp.
(settimanale protestante di Roma, chiuso dal fascismo nel 1927; il volume
contiene l’indice di tutti gli articoli e la riproduzione di alcuni di
essi); Susanna Peyronel Rambaldi - Filippo Maria Gior- dano (a cura di),
Federalismo e Resistenza. Il crocevia della “Dichiarazione di Chivasso”(1943),
Claudiana, Torino 2015, 180 pp. (con pdf): documento approvato il 19
dicembre 1943 a Chivasso da resistenti prove- nienti dalle valli valdesi
e dalla Valle d’Aosta (di indirizzo repubblicano e federalista: v. anche il
manifesto di Ventotene, Per un’Europa libera e unita, dell’agosto
1941). Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Marto G. Losano 5
Tuttavia - senza voler con questo avallare il generico mito degli “italiani
brava gente” — l’anti- semitismo non era un sentimento diffuso tra gli
italiani, come attestano due storie personali. Il generale Maurizio
Lazzaro de’ Castiglioni operava sul fronte della Francia occupata: “Les
juifs et les étrangers pourchassés par les Allemands trouvent à ses còtés une
réelle protection, par humanisme certes, mais aussi pour manifester son
opposition, parfois ‘musclée’ aux Alle- mands. [...] Son comportement en
tant que commandant de l’occupation illustre les valeurs qui l’animaient.
Il a sans doute contribué à la réputation — au mythe ? — du ‘brave
Italien’”1!, Il commerciante Giorgo Perlasca militò nel fascismo in
gioventù; poi, trasferitosi in Unghe- ria e di fronte alle deportazioni
nazionalsocialiste, si finse console generale spagnolo e con- cesse i
lasciapassare che salvarono la vita a più di cinquemila di ebrei
ungheresi!?. Bisogna tenere presenti questi esempi individuali per
comprendere il contesto sociale in cui si inserirono le leggi razziali
del 1938. Esse trovarono meno antisemiti che in Germania, però non pochi
opportunistici spalleggiatori: “Se è vero, infatti, che sin dal 1938 in Italia
gli ebrei erano degradati a cittadini di serie b, va anche evidenziato
come il ruolo degli italia- ni nell’operazione di caccia all’ebreo e di
collaborazione nella deportazione fu pressoché motivato da opportunismo
di tipo economico e personale, più che da ideologia antisemita
finalizzata allo sterminio, propria invece del contesto nazista. Nei processi
davanti alle CAS [Corti Straordinarie d'Assise del dopoguerra] relativi
alla Shoah, infatti, lo scopo di lucro risulta quasi sempre presente” (p.
271). Mentre la prossima sezione di questo paragrafo ricorda
l'emancipazione delle minoranze religiose nel Piemonte risorgimentale
(estesa a tutt'Italia con l’unificazione nazionale), la sezione
successiva documenta come - sino a pochi anni prima delle leggi razziali —
l’atteggia- mento fascista rispetto ai problemi razziali fosse diverso da
quello della Germania di allora. Infine, nella terza sezione, vengono
sintetizzate le norme razziali emanate dal fascismo. 11
Jean-Louis Panicacci, L’occupation italienne, Sud-Est de la France, juin
1940-septembre 1943, Presses Univer- sitaires de Rennes, Rennes 2010, 439
pp.; Giovanni Cecini, // salvataggio italiano degli ebrei nella Francia
meridionale e l’opera del generale Maurizio Lazzaro de’ Castiglioni, Stato
Maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, Roma 2021, 208 pp.
12 L’emissione abusiva di questi lasciapassare spiega il titolo della sua
autobiografia: Giorgio Perlasca, L’îm- postore, Il Mulino, Bologna 2007,
XXIII-193 pp.; cfr. anche Enrico Deaglio, La banalità del bene. Storia di
Giorgio Perlasca, Feltrinelli, Milano 2012, 135 pp. Max Planck
Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 6 a) Il problema ebraico e lo
Statuto Albertino del 1848 Negli anni del Risorgimento si erano
occupate della questione ebraica personalità importan- ti come Carlo
Cattaneo!3 e Massimo d’Azeglio!4. Nel Piemonte sabaudo - sul cui
territorio viveva, oltre alla minoranza ebraica, anche la minoranza
valdese — il problema delle minoran- ze religiose era stato risolto nel
contesto liberale che aveva accompagnato l’emanazione dello Statuto
Albertino nel 1848. Questa costituzione venne poi estesa all’intero Regno
d’Italia nel 1871, rimanendo in vigore anche durante l’epoca fascista e
sino all’entrata in vigore nel 1948 dell’attuale costituzione.
Lo Statuto Albertino riconosce il principio di eguaglianza all’art. 24:
“Tutti i regnicoli, qua- lunque sia il loro titolo o grado, sono eguali
dinanzi alla Legge [...]. Tutti godono egualmente i diritti civili e
politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni
determi- nate dalle leggi” Esso tutela formalmente anche la libertà
individuale (art. 26), l’inviolabilità del domicilio (art. 27), la
libertà di stampa (art. 28) e la libertà di riunione (art. 32). Inoltre
“la Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello
Stato” (art. 1). Lo Statuto Albertino entrò in vigore il 4 marzo 1848:
l'emancipazione dei valdesi venne poco prima di quella data (con le
Lettere Patenti del 17 febbraio 1848), mentre l'emancipazione degli ebrei
venne subito dopo di essa (29 marzo): a entrambe le minoranze erano così
riconosciuti i dirit- ti civili e politici. Un decreto regio abolì i
privilegi ecclesiastici ed espulse i Gesuiti dallo Stato sabaudo. Una
legge di poco posteriore (la “Legge Sineo” del 19 giugno 1848) precisava che
la differenza di culto non impediva il godimento dei diritti civili e
politici e l'ammissibilità alle cariche civili e militari!S,
Questa era la situazione giuridica ereditata dal fascismo al momento
della sua presa del potere nel 1922 e, soprattutto, della sua
affermazione elettorale nel 1924, quando nel Parla- mento giunse a
detenere 400 seggi su 540. Iniziava l’epoca delle “leggi fascistissime”
b) Il fascismo e la purezza della stirpe È difficile
spiegare come, partendo da questo rapporto pacificato con la comunità
ebraica, si sia giunti alle leggi razziali del 1938. Per rispettare le
esigenze di sintesi di questa nota so- prattutto bibliografica, mi
limiterò all’esame di un solo testo, ma importante: l’Erciclopedia
13 Carlo Cattaneo, Ricerche economiche sulle interdizioni imposte
dalla legge civile agli israeliti, [Zini], Milano 1836, 143 pp. Questo
estratto dagli “Annali di giurisprudenza pratica” v. 23, porta sulla copertina
il titolo: Sulle interdizioni israelitiche, adottato nelle numerose
edizioni successive, come nella recente Interdizioni israelitiche.
Introduzione e cura di Gianmarco Pondrano Altavilla. Prefazioni di Noemi Di
Segni, Ofer Sachs, Maurizio Bernardo, Castelvecchi, Roma 2017, 169
pp. 14 Massimo d’Azeglio, Dell’emancipazione civile degl’israeliti,
Le Monnier, Firenze 1848, 57 pp. 15 Una sintesi di queste
emancipazioni è in Alberto Cavaglion (a cura di), Minoranze religiose e
diritti. Percorsi in cento anni di storia degli ebrei e dei valdesi,
1848-1948, Angeli, Milano 2001, 185 pp. (Atti delle Giornate di studio
tenute a Torre Pellice e Torino nel 1998). Max Planck Institute
for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04
Mario G. Losano 7 Italiana, comunemente nota come
Enciclopedia Treccani. Essa
consta di 35 volumi, pubblicati fra il 1929 e il 193616: ha quindi preso
forma per intero nell’epoca fascista, che ha trasfuso in essa anni di
lavoro pre-fascista dando così origine a un’opera tuttora culturalmente
valida. Giovanni Gentile (che a questa enciclopedia “ha consacrato molti
anni della propria vita, e riposto in essa uno dei maggiori titoli della
sua personale reputazione”) si muove tra due poli: da un lato, “in
un’enciclopedia non si vuol distribuire diplomi di gloria ma semplici in-
formazioni sulle persone come sulle cose che ognuno per qualsiasi motivo può
aver vaghezza di conoscere”; dall’altro, essa nasce quando “l’Italia, per
l’azione potente d’un grande Uomo e d’una grande Idea, risorgeva per la
terza volta a imperiale potenza e riaffermava nel mondo la sua
missione”!7. Esaminando in questa enciclopedia le voci sul fascismo
e sui problemi razziali, si nota che sino a pochi anni prima delle leggi
razziali l'atteggiamento ufficiale, riflesso nelle voci
dell’enciclopedia, è nettamente distaccato dall’ideologia dominante in
Germania. Anche qui il fascismo si presenta, secondo Alessandro Galante
Garrone, come una “dittatura annacqua- ta” dalla “italica disposizione
alla inefficienza del potere” cioè come “qualcosa di abissalmente diverso
dal rigore consequenziario del regime nazista. Il gatto e la tigre, come mi
pare dicesse in quegli anni dall'America Giuseppe Antonio
Borgese”!8, È inevitabile partire dal voce Fascismo, scritto dal
vice-segretario del Partito Nazionale Fa- scista, Arturo Marpicati, e, al
suo interno, dalla sezione Dottrina politica e sociale: testo non
imparziale, ma certamente autorevole, perché firmato da Benito Mussolini!9,
Nelle sei dense colonne in cui egli passa in rassegna le dottrine
confutate dal fascismo e gli indirizzi teorici e pratici di quest’ultimo,
non compare la parola ‘razza’ o ‘razzismo’; vi si legge soltanto: “La
politica ‘demografica’ del regime è la conseguenza di queste premesse” (p.
848), e subito si passa a criticare l’universalismo e
l’internazionalismo. La voce Razza del 1935 rivela qualche sorpresa
nella sezione Le razze umane, firmata da Gioacchino Sera, antropologo
dell’università di Napoli (vol. XXVIII, pp. 911-929). Egli critica gli
studi antropologici tedeschi perché scritti “con un così evidente entusiasmo
‘nordico’, che lascia trasparire troppo chiaramente la tendenziosità e
l’inaccettabilità dei risultati” (p. 928). Ne deriva un’“unilateralità
dei risultati della maggior parte di questi studi: cioè l’affermata
prevalenza dell’elemento nordico nella genesi della civiltà europea. Tale
prevalenza sarebbe determinata da una maggiore ‘creatività’ della razza
nordica, in confronto con tutte le altre, 16 Ad essi si aggiunge
il volume Appendice I del 1938, quindi ancora durante il fascismo: in esso
infatti confluiscono i vari fascicoli pubblicati fra il 1934 e il 1936
(come spiega Giovanni Gentile nella sua Pre- fazione, pp.IX-XII), seguito
da due volumi di Appendici 1938-1948, già postbellici. In queste pagine
faccio riferimento solo all’Appendice I del 1938. 17 Giovanni
Gentile, Prefazione all’Appendice I del 1938 (cfr. nota precedente); le
citazioni sono alle pp.X-XII. 18 Alessandro Galante Garrone,
Amalek, il dovere della memoria, Rizzoli, Milano 1989, 205 pp. La citazione
è a p. 142. 19 Vol. XIV (1932), sw. Fascismo, pp. 847-884. La
sottovoce Dottrina politica e sociale è firmata da Benito Mus- solini per
esteso (mentre tutte le voci sono firmate soltanto con la sigla degli autori)
ed è scritta in prima persona: “Quando, nell’ormai lontano marzo del
1919, dalle colonne del Popolo d’Italia, io convocai a Milano i
superstiti interventisti-intervenuti” (p. 848). Max Planck
Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 8 stando agli autori
suddetti. Ciò senza
dubbio non corrisponde alla realtà” (p. 928). E conclu- de: “Come la
storia della civiltà non autorizza esclusivismi di popoli nell’opera creativa
della civiltà umana, così l'antropologia non autorizza esclusivismi di
razza” (p. 929). Soltanto l’Appendice del 1938 (l’anno delle leggi
razziali) presenta il lemma Politica fasci- sta della razza come
prosecuzione e completamento della voce Razza del 1935, richiamata poco
sopra?0. L'autore Virginio Gayda - direttore del “Giornale d’Italia” gloriosa
testata della destra storica divenuta in quegli anni quasi portavoce del
governo fascista — seguendo l’inter- pretazione allora diffusa presenta
la politica razziale antiebraica dell’Italia come l’importazio- ne del
modello adottato dal fascismo in Africa Orientale: “Questo tipo nuovo d’impero,
che ammette nel suo territorio vaste masse bianche di nazionali, crea
anche un problema nuovo, che è quello dei rapporti fra nazionali e
indigeni” Per arginare il meticciato “lo Stato inter- venne con precisi
principi di netta separazione: un decreto-legge, approvato nel Consiglio
dei Ministri del 9 gennaio 1937, vietò con sanzioni penali [reclusione da 1 a 5
anni?!] le rela- zioni con carattere coniugale tra i cittadini italiani e
i sudditi dell’Africa Orientale Italiana” (p.962)22. In quel territorio
il concubinato era facilitato da un un istituto del diritto locale — il
matrimonio per mercede o pro tempore — che regolava anche gli obblighi verso i
nati dalle unioni temporanee, diffuse tra le truppe italiane23. Questo
concubinato, noto come reato di “madamato” era avversato dal regime?4:
“l'Impero si conquista con le armi, ma si tiene con il prestigio” aveva
detto Mussolini; e una circolare del governatore dell’Harar ribadiva
questo precetto con un’ineludibile alternativa: “Aut Imperium Aut
Voluptas!” La sanzione legislativa contro il “Ìmadamato” precede di
pochi mesi le leggi antiebraiche. Secondo Virginio Gayda, questa politica
si trasferisce “dal piano imperiale a quello naziona- le” a causa “di due
fatti esterni: le abbondanti immigrazioni in Italia di elementi
stranieri, 20 Appendice I, 1938, Razza (sezione: La
politica fascista della razza). Ne è autore Virginio Gayda, direttore dal
1926 al 1943 del “Giornale d’Italia” sul quale il 15 luglio 1938 venne pubblicato
l’articolo anonimo Il fascismo e i problemi della razza, che — riprodotto
il 5 agosto 1938 sul primo numero della rivista “La di- fesa della razza”
con la firma di dieci scienziati — ebbe poi larga diffusione come Manifesto
degli scienziati razzisti, anticipando la legislazione razziale.
21 “Conversione in legge del r.d.l. 19 aprile 1937-XV, n. 880, sulle
sanzioni per i rapporti d’indole coniuga- le tra cittadini e sudditi”
(https://archivio.camera.it/inventari/scheda/disegni-e-proposte-legge-e-incarti-
commissioni-1848-1943/CD0000007126/conversione-legge-del-r-d-1-19-aprile-1937-xv-n-880-sulle-
sanzioni-i-rapporti-d-indole-coniugale-cittadini-e-sudditi.html).
22 “Norme relative ai meticci” Legge 13 maggio 1940, n. 822. Cfr. anche
Giorgio Rochat, I/ colonialismo italiano, Loescher, Torino 1974, pp.
204-216. 23 Su questo tema avevo affidato una tesi, divenuta poi
libro: Marina Rossi, Matrimonio e divorzio nel diritto abissino.
Stratificazione di diritti ed evoluzione dell’istituto, Unicopli, Milano 1982,
152 pp. (2° ed. rivista e ampliata). 24 Mario Manfredini
(magistrato), Problemi di diritto penale coloniale nell'Africa orientale
italiana: il delitto di madamato, “Scuola positiva. Rivista di diritto e
procedura penale, 1938, n. 1-2, 15 pp. (estratto); Federico Bacco,//
delitto di “madamato” e la “lesione al prestigio di razza”. Diritto penale e
razzismo coloniale nel periodo fascista, in Loredana Garlati — Tiziana
Vettor (a cura di),// diritto di fronte all’infamia nel diritto: a 70
anni dalle leggi razziali, Giuffrè, Milano 2009, pp. 85-121; Gabriella
Campassi, // madamato in Africa Orientale: relazioni tra italiani e
indigene come forma di aggressione coloniale, in Miscellanea di storia delle
esplorazioni, vol. 12, Bozzi, Genova 1987, pp. 219-260. Max
Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Marto G. Losano 9 soprattutto ebraici,
fuggiti dopo il 1919 e sempre più numerosi dall’Europa Orientale e poi
dopo il 1933 dalla Germania e infine dall’Austria” (p. 962). Ne nasce “un
duplice problema: di concorrenza molesta al lavoro italiano e soprattutto
d’influenza corrosiva creata dalla menta- lità di una razza che non può
armonizzarsi con quella della razza italiana. La formulazione di questi
problemi doveva portare alla creazione di una vera politica italiana di razza,
nel senso di un’azione statale rivolta alla difesa della purità della
razza italiana e dell’esaltazione dei suoi più essenziali valori” (ivi).
Il tutto accompagnato da una vana rassicurazione: “La politica razziale
fascista riguardante gli Ebrei tende a separare la razza italiana da quella
ebraica senza assumere alcun carattere particolarmente persecutorio” (p.
963). Quale sia poi stata la realtà lo illustrano, ad esempio, le vicende
esistenziali descritte nel $ 5 e nella bibliografia Libri di
sopravvissuti (infra, p.A15.). Se si ricorda che già il 10 maggio
1933 ebbe luogo il rogo dei libri nella Piazza dell’Opera di Berlino (poi
Bebelplatz di Berlino Est), sorprende che alcune importanti voci
dell’Enciclo- pedia Treccani sulla cultura ebraica siano state affidate
ad autori ebrei sino al 1938; proprio in quello stesso anno entrava in
vigore una “delle norme per la difesa della razza nella scuola italiana”
che ordinava: “Nelle scuole d’istruzione media frequentate da alunni italiani è
vieta- ta l’adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il
divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione
di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che
siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica”?5, Alberto
Pincherle era docente universitario e redattore dell’Enciclopedia Treccani, ma
nel 1938 — a causa delle leggi razziali — dovette esiliarsi in Perù, dove
insegnò a Lima nell’Univer- sidad Nacional Mayor de San Marcos (la più
antica dell'America) e nell’Università Pontificia, fino al suo ritorno in
patria a guerra finita. Nel 1929, alla voce Antisemitismo?6, Pincherle
traccia una storia generale dell’antisemitismo, e conclude: “Anche in Italia il
dopoguerra [dal 1918] diede luogo a qualche pubblicazione antisemita. Si
tratta per lo più di traduzioni o di rimaneggiamenti di opere straniere.
Ché alla diffusione dell’antisemitismo da noi osta la tradizione del
nostro Risorgimento nazionale, al contrario di quanto accadde in
Germania, tutta favorevole, per ragioni nazionali, all’emancipazione
degli ebrei ed al loro incorpora- mento nello Stato. [...] Mancano del
resto in Italia i motivi economici e sociali che, se non giustificano,
spiegano in parte la fortuna dell’antisemitismo in altri paesi: scarsi di
numero gli ebrei italiani e quasi tutti stabiliti da secoli nel paese, sì
da essersi completamente italia- nizzati; lunga tradizione di pacifica
convivenza tra ebrei e cristiani specialmente in quelle provincie, come
la Lombardia, la Venezia, la Toscana, nelle quali la tolleranza è stata
larga- mente praticata anche dagli antichi governi; mancanza di un’alta
banca e di un’oligarchia finanziaria specificamente ebraiche” (p.
531). 25 Art. 4 del Regio decreto-legge 15 novembre 1938 — XVII,
N. 1779, Integrazione delle norme per la difesa della razza nella scuola
italiana: ctr. infra, p.12. 26 Antisemitismo, vol. III, 1929, pp.
527-531. Alberto Pincherle (1894-1979) fu docente di storia del
Cristiane- simo all’Università di Roma; da non confondere con l’omonimo
romanziere, noto con lo pseudonimo di Alberto Moravia (1907-1990).
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Mario G. Losano 10 L’ampia voce
Ebrei?7 del 1932 apre la sezione ‘Antropologia’ con queste parole:
“Occorre anzitutto affermare l’inesistenza di una pretesa razza o tipo
ebraico”; ne è autore il già ricor- dato Gioachino Sera, antropologo
dell’Università di Napoli. La sezione ‘Storia e religione’ del popolo
ebraico è affidata al rabbino maggiore di Trieste, Israele Zoller; ‘Diritto
ebraico” a Dante Lattes, rabbino a Roma; ‘Diritto post-talmudico’ a Mario
Falco, professore di diritto pubblico all’Università di Milano ed
esponente di rilievo della comunità ebraica: a lui si deve la “Legge
Falco” che nel 1930 — in parallelo con i Patti Lateranensi del 1929 -
regolò i rapporti tra lo Stato fascista e le comunità ebraiche in
Italia28. Nonostante questi rapporti di alto livello con lo Stato
fascista e la sua iscrizione dal 1933 al partito fascista, anche Falco
dovette lasciare l’insegnamento nel 1938. Morì nel 1943, mentre era in fuga per
sottrarsi alla deportazione. È importante la sua amicizia con Arturo
Carlo Jemolo?29, presso il quale trovò rifugio la sua famiglia superstite
sino alla fine della guerra. Non mancavano però ebrei fascisti,
anche in posizioni di rilievo. Venne perciò istituita la figura dell’“ebreo
arianizzato” sulla base di una specifica legge del 193930. Un’apposita
“Commissione per le discriminazioni” (nota come “Tribunale della razza” i cui
atti non erano pubblici) formulava un parere, sulla cui base il Ministero
dell'interno emanava un decreto di arianizzazione, che dichiarava “la non
appartenenza alla razza ebraica anche in difformità delle risultanze
degli atti dello stato civile” evitando così l’applicazione delle leggi
antiebrai- che. Questa disposizione “favorì un vero e proprio mercato delle
‘arianizzazioni’, alimentato da una schiera di faccendieri e truffatori,
di funzionari corrotti e di avvocati di bassa lega, basato su testimoni
falsi chiamati a dichiarare di aver avuto occasionali rapporti sessuali
con una donna ebrea sposata”3!. Gli ebrei ebbero comunque una
vita difficile. Sulle difficoltà cui andarono incontro gli ebrei fascisti
sono esemplari le vicende di un importante filosofo del diritto del
Novecento, Giorgio Del Vecchio (1878-1970). Rettore dell’università di
Roma sotto il fascismo, epurò vari docenti ma fu a sua volta espulso
sulla base delle leggi razziali. Alla fine della guerra venne reintegrato
nella sua posizione di docente come perseguitato in base alla
legislazione razziale, ma poco dopo venne nuovamente rimosso a causa della
sua attività di rettore sotto il fascismo. Per questo le sue memorie
narrano la persecuzione di un perseguitato8?. 27
Ebrei, vol. XIII (1932), pp. 327-380. Questa voce affronta tutti gli aspetti
della cultura ebraica: lingua, let- teratura, musica, numismatica.
28 Secondo Saverio Gentile, questa legge “riduceva l’autonomia statutaria
e il carattere di democrazia inter- na, al contempo assicurando allo
Stato un forte controllo sulle Comunità” (cfr. infra, nota 77, p.41).
22 Arturo Carlo Jemolo, Lettere a Mario Falco, Giuffrè, Milano 2005,
vol.1 (1910-1927); vol.2 (1928-1943). 30 Legge ne 1024 del 13
luglio 1939-XVII, Norme integrative del Regio decreto-legge 17 novembre
1938-XVI, n.1728, sulla difesa della razza italiana (Gazzetta Ufficiale
del 27 luglio 1939). Questa normativa è ana- lizzata nel $ 3. Un richiamo
indispensabile: il basilare r.d.I. 17 novembre 1938, n. 1728, e nel $ 5. La
valuta- zione della razza ebraica: la legge de 13 luglio1939 e il
“tribunale della razza”, in Gian Savino Pene Vidari, La legislazione
antiebraica del 1938-39, con la sua applicazione in Piemonte nel campo
dell’istruzione e dell’av- vocatura, in Piazza, Le leggi razziali del
1938, cit., pp. 167-171 e pp. 173-175. 31 Neppi Modona, La
magistratura e le leggi raziali 1938-1943, in Piazza, Le leggi razziali del
1938, cit., p.144 s. 32 Giorgio Del Vecchio, Una nuova persecuzione
contro un perseguitato. Documenti, Tipografia artigiana, Roma 1945,79
pp. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 11 c)
Leggi e documenti razzisti del fascismo: una sintesi Il clima fin
qui evocato e il legame sempre più stretto con il nazionalsocialismo portarono
l’Italia fascista a emanare nel 1938 le leggi razziali. I destinatari erano
soprattutto gli ebrei: 70.000 persone, a quell’epoca, secondo Gayda33;
oppure “non più di quarantaquattromila” come desume Salvatorelli da altre
fonti34. Il primo quesito che si pone è questo: come pote- vano le leggi
razziali essere compatibili con lo Statuto Albertino che, come si è visto,
aveva concesso la piena capacità giuridica a ebrei e valdesi? La risposta
è nella natura giuridica di quello stesso Statuto: esso è una
costituzione flessibile, modificabile cioè con una legge ordinaria.
Quindi l'emanazione delle leggi razziali abrogava le norme emancipatorie
dello Statuto Albertino. Esso venne così progressivamente svuotato, ma
poté restare in vigore sino alla fine del fascismo, così come la
costituzione di Weimar rimase in vigore sino alla fine del
nazionalsocialismo. La preparazione delle leggi razziali iniziò il
1° giugno 1938, quando Benito Mussolini, come Ministro dell’Interno,
istituì la “Commissione per la preparazione di provvedimenti legislativi
concernenti la difesa della razza italiana e la disciplina degli ebrei
stranieri residen- ti in Italia”35. Seguirono numerosi testi legislativi
sulla politica razziale del fascismo36. Due giorni dopo il decreto del 15
novembre 1938 sull’esclusione degli ebrei dalla scuola venne emanato il
decreto-legge “per la difesa della razza italiana”: 29 articoli “basilari per
la politica antiebraica fascista e per la definitiva perdita
dell’eguaglianza civile degli ebrei nello Stato italiano” che costituiscono
“la ‘magna charta’ dell’antiebraismo giuridico fascista”37. Per
brevità, ci si limiterà qui a citare soltanto alcuni articoli tratti dal Regio
decreto-legge del 15 novembre 1938, n. 1779, Integrazione delle norme per
la difesa della razza nella scuola ita- liana (il cui art. 4 è già stato
ricordato poco sopra); sono più che sufficienti per comprendere qual è lo
spirito di queste leggi: Art. 1. A qualsiasi ufficio od impiego
nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, fre-
quentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza
ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi
anteriormente al presente decreto; né possono essere ammesse al
conseguimento dell’abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi
anzidetti sono equiparati 33 Questa cifra è fornita
dal già citato Virgilio Gayda: Appendice I, 1938, alla voce Razza, p. 963 (cfr.
supra, nota 20). Il censimento nazionale degli ebrei del 22 agosto 1938
indica però circa 37.000 ebrei italiani e 9500 stranieri (rapporto del
sottosegretariato “Demorazza” Ministero degli Interni, in Cavaglion —
Romagnani, Le interdizioni del Duce, cfr. supra, nota 15, pp. 50-55).
34 Luigi Salvatorelli — Giovani Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista,
Einaudi, Torino 1964, p. 980. 35 Sull’intera parabola della
legislazione razziale si veda l’esauriente Giorgio Fabre, I/ razzismo del duce.
Mus- solini dal Ministero dell’interno alla Repubblica sociale italiana.
Con la collaborazione di Annalisa Capristo, Carocci, Roma 2021, 549
pp. 36 Michele Sarfatti, Documenti della legislazione antiebraica.
I testi delle leggi, in Michele Sarfatti (a cura di), 1938. Le leggi
contro gli ebrei, “La rassegna di Israel” (numero monografico), gennaio-agosto
1988, pp. 49- 167. Un elenco delle norme razziali è reperibile anche su
Internet (https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_ razziali
fasciste#Legislazione_italiana_in_chiave_razziale). 37 Gian Savino
Pene Vidari, La legislazione antiebraica del 1938-39, con la sua applicazione in
Piemonte nel campo dell’istruzione e dell’avvocatura, in Piazza, Le leggi
razziali del 1938, cit., p. 167. Max Planck Institute
for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04
Mario G. Losano 12 quelli relativi agli istituti di
educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la
vigilanza nelle scuole elementari. Art. 2. Delle Accademie,
degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono
far parte persone di razza ebraica. Art. 3. Alle scuole di
ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani,
non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. È tuttavia
consentita l’iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la
religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle
Autorità ecclesiastiche. Art. 4. Nelle scuole d’istruzione
media frequentate da alunni italiani è vietata l’adozione di libri di
testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che
siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di
razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da
persone di razza ebraica. Art. 5. Per i fanciulli di razza ebraica
sono istituite, a spese dello Stato, speciali sezioni di scuola elemen-
tare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le
comunità israelitiche possono aprire, con l’autorizzazione del Ministro
per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti le- gali per
fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all’uopo esistenti. Per gli
scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli
studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente
articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio
saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni
italiani, eccettuato l’insegnamento della religione cattolica; i libri di
testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro
per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle
comunità israelitiche. Nella parte meridionale dell’Italia
liberata dagli Alleati e, successivamente, sull’intero terri- torio
nazionale le norme razziali vennero abrogate nel 1944 in considerazione
dell’“urgente ed assoluta necessità di reintegrare nei propri diritti
anteriori i cittadini italiani appartenenti alla razza ebraica per
riparare prontamente alle gravi sperequazioni di ordine morale e politi-
co create da un indirizzo politico infondatamente volto alla difesa della
razza”38. Tuttavia la reintegrazione degli epurati nelle loro
posizioni originarie fu spesso complessa, perché i loro posti erano stati
nel frattempo affidati a colleghi vincitori di un regolare concor- so.
Ancora una volta è utile esaminare un caso paradigmatico: quello del filosofo
del diritto Renato Treves, reduce da un lungo esilio in Argentina, e
della sua complessa reintegrazione, ricostruita da Carlo Nitsch in un
volume ricco di documenti originali. Tra di essi viene citata una lettera
dell’ 11 settembre 1945 di Tito Ravà a Treves; quest’ultimo aveva chiesto
ragguagli sul suo possibile rientro in Italia: “Con l'abolizione delle
leggi razziali, — scrive Ravà, — rien- trano in servizio, oltre me, anche
Donati e Levi di filosofia del diritto: ciò disturba quelli che sono ai
nostri posti e io mi rammarico di dover disturbare Bobbio. Questi era stato
chiamato a Torino, ma non c’è posto, essendo rientrati due professori
ebrei. Ora può essere lo chiami- no a Milano. Qui a Roma Del Vecchio è
stato collocato a riposo per ragioni politiche e ne è molto amareggiato.
Per altri sono in corso provvedimenti (Maggiore, Cesarini). Tutto ciò
38 Regio Decreto-Legge, 20 gennaio 1944 n. 25, Disposizioni per la
reintegrazione dei diritti civili e politici dei cittadini italiani e
stranieri già dichiarati di razza ebraica e/o considerati di razza ebraica.
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale — serie speciale — del 9 febbraio
1944 n. 5 e convertito dal decreto legislativo luogote- nenziale 19
ottobre 1944 n. 306 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 1944,
serie speciale, n. 82). Max Planck Institute for Legal
History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario
G. Losano 13 determina un ambiente poco simpatico; perché come non
fu gradevole che siano stati occu- pati i nostri posti, così non è bello
andare al posto dei professori ora epurati. E io non sono sicuro che il
nostro ritorno sia gradito a tutti, perché sposta notevoli interessi”39.
Nel dopoguerra la costituzione repubblicana stabilì all’art. 3
l'uguaglianza di tutti gli ita- liani senza distinzioni, tra l’altro, “di
razza” Però anche questo articolo della costituzione non è del tutto
applicato, come si è visto nel primo dopoguerra con la discriminazione dei
“mulat- tini” (i nati durante l’occupazione degli alleati) e come avviene
ancora oggi con il mancato ri- conoscimento della cittadinanza italiana
ai nati in Italia (e perfettamente integrati) da genito- ri non italiani.
Silvana Patriarca, professoressa di storia alla Fordham University di New
York, ha analizzato questo aspetto della recente storia italiana,
giungendo alla conclusione che, “se nella nuova repubblica democratica l’idea
di razza non era più accettabile se applicata agli ebrei, la stessa
continuava a essere accettabile se applicata a persone dalla pelle più
scura”40. Ne è prova ancora oggi il sempre ricorrente rifiuto del
“ius soli” e nel persistere del “ius sanguinis” che attribuisce la
cittadinanza (e, quindi, anche il diritto di voto) a lontani discen-
denti di emigranti che spesso non sono mai stati in Italia e non parlano più
l’italiano. Un dibattito senza fine: “Il presidente del consiglio Paolo
Gentiloni, alla festa per i dieci anni del Partito democratico (Pd), il
14 ottobre [2017], ha detto che si sta impegnando per far approvare la
legge di riforma della cittadinanza impropriamente chiamata ius soli, che era
nel programma elettorale del Pd nel 2013 ed è bloccata al Senato da due
anni”4!, 3. Commemorare in tempi immemori: tra condanna e
nostalgia Il ricordo e la condanna delle leggi razziali del
fascismo è divenuto ancora più necessario nei tempi presenti, nei quali
la condanna delle colpe fasciste si scontra con una crescente nostalgia
per quegli anni e con un rafforzamento dei movimenti di estrema destra‘.
(Questo 32 Carlo Nitsch, Renato Treves esule in
Argentina. Sociologia, filosofia sociale, storia. Con documenti inediti e
la traduzione di due scritti di Treves, Accademia delle Scienze, Torino
2014, 239 pp. (specialmente le pp. 65-78: S 1. Tutto è mutato; $ 2. Le
difficili vie della normalizzazione: l'abrogazione delle leggi razziali e la
disciplina della revisione dei concorsi). La lettera di Tito Ravà è
citata a p. 72, mentre il testo completo è a p. 138 s. (Documento n. 17).
Il riferimento è al penalista di Palermo Giuseppe Maggiore e al filosofo del
diritto Widar Cesarini Sforza. 40 Silvana Patriarca, I/ colore
della Repubblica: “figli della guerra” e razzismo nell'Italia postfascista.
Traduzione di Duccio Sacchi, Einaudi, Torino 2021, VI-230 pp. La frase
citata è ripresa nella recensione di Nadia Ur- binati, L'Italia è una
Repubblica fondata sul razzismo, “Domani” 16 settembre 2021, p. 13.
41 Annalisa Camilli, Ius soli, ius sanguinis, ius culturae: tutto sulla
riforma della cittadinanza,“L’internazionale” 20 ottobre 2017
(https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/10/20/riforma-cittadinan-
za-da-sapere). 42 Sulla destra italiana: Mario Coglitore — Claudia
Cernigoi, La memoria tradita. L'estrema destra da Salò a Forza Nuova, Ed.
Zero in Condotta, Milano 2003, 183 pp.; Saverio Ferrari, Da Salò ad Arcore. La
mappa della destra eversiva, L’Unità, Roma 2006, 159 pp.; Gianluca
Passarelli - Dario Tuorto, La Lega di Salvini: estrema destra di governo,
Il Mulino, Bologna 2018, 168 pp.; Ugo Maria Tassinari, Naufraghi. Da
Mussolini Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 14
clima ostile alla democrazia parlamentare si manifesta anche in Europa e fuori
d'Europa: ma non è qui possibile occuparcene4.) Senza perdersi in
distinzioni e condanne che sarebbero inappropriate in queste note soprattutto
bibliografiche, basti qui accennare sommariamente allo stillicidio di
prese di posizione “nostalgiche” che tendono a ripresentarsi
ciclicamente, per poi essere dimenticate. Per esempio, nel
1989 Alessandro Galante Garrone pubblicava “un grido d’allarme” contro “i
pericoli sempre latenti o risorgenti dell’antisemitismo in Italia e nel mondo”
e ricordava che “verso la fine degli Anni Cinquanta e della prima metà
degli anni Sessanta si ebbe in varie parti del mondo una preoccupante
ondata di razzismo e in particolare di antisemitismo. [...] Anche
l’Italia ne fu insudiciata” Proprio come ai nostri giorni, anche allora si
discusse sulla chiusura di organizzazioni di estrema destra e la Germania
sciolse il “Bund Heimatfreier Jugend” (BHJ) e la DNAP (“Demokratische Nationale
Arbeiterpartei” dalla sigla sinistra- mente simile alla
“Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei” NSDAP di Hitler). “Altre
ricorrenti manifestazioni di antisemitismo si sono ripetute nei decenni
successivi, cioè sino ai giorni nostri’ cioè al 1989, e su di essi
Galante Garrone andò pubblicando una serie di articoli “sul quotidiano
“La Stampa?” di Torino, fra il 1960 e il 1965” In altre parole, nulla di
nuovo sotto il sole44. Per limitarci ai casi più recenti, nel
febbraio del 2021 la consigliera comunale torinese del Movimento Cinque
Stelle, Monica Amore, è accusata di razzismo per una vignetta
satirica a sfondo razzista sugli ebrei pubblicata sui social (e poi rimossa a
furor di polemiche). Il procuratore aggiunto Emilio Gatti l’ha
iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di diffama- zione
aggravata dall’odio razziale. L’inchiesta è stata aperta ufficialmente ieri
dalla procura di Torino a seguito dell’esposto depositato a
Palagiustizia da un legale incaricato dal presidente della comunità
ebraica Dario Disegni. Il post raffigurava un collage di testate
giornalistiche del gruppo Gedi accompa- gnato da immagini
evidentemente antisemite e cioè la caricatura di due uomini con naso
pronunciato, Kippah e la Stella di David giunte alla consigliera
attraverso un canale Telegram. Lei, in cima al post, aveva scritto:
“Interessante”45. Qualche mese dopo, il Sottosegretario all’Economia
nell’attuale governo Draghi — Claudio Durigon, della Lega - proponeva di
ritornare alla toponomastica fascista in un comizio a Latina, città sorta
nelle terre dell'Agro Pontino bonificate dal fascismo e inaugurata il 18
di- alla Mussolini: 60 anni di storia della destra
radicale, Immaginapoli, Pozzuoli 2007, 304 pp. Sui rappporti dei
movimenti italiani con quelli stranieri: Piero Ignazi, L'estrema destra in
Europa, Il Mulino, Bologna 2000, 268 pp.; Pierre Milza, Europa estrema:
il radicalismo di destra dal 1945 ad oggi, Carocci, Roma 2005, 487
pp. 43 Qualche accenno è nel mio Democrazia senza democratici:
Weimar alle porte?, in Hans Kelsen, Due saggi sulla democrazia in
difficoltà (1920-1925), Aragno, Torino 2018, pp. V-XXII; inoltre: Id.,
Germania, agosto 2018: manifestazioni neonaziste, privacy e libertà
d'informazione, “Diritto dell’informazione e dell’informa- tica” 2018,
pp. 673-688; Id., La libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del
Presidente Bolsonaro, Mimesis, Milano 2019, 221 pp. 44 Dieci
di questi articoli sono riprodotti in Galante Garrone, Amalek, il dovere della
memoria, cit., pp. 9-35. Le citazioni provengono dalla breve Premessa e
da p.9. 45
https://www.lastampa.it/torino/2021/02/18/news/post-antisemita-la-consigliera-amore-indagata-per-
istigazione-all-odio-razziale-1.39923630 Max Planck Institute for
Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04
Mario G. Losano 15 cembre 1932 con il nome di Littoria (divenuto
poi Latinia nel 1944 e l’attuale Latina nel 1945): Il 4
agosto [2021], in un comizio a Latina dove parlava accanto a Matteo Salvini,
Durigon propone di cambiare il nome al giardino comunale per
reintitolarlo al fratello del duce, Arnaldo, come era durante il
fascismo, accusando l’attuale sindaco di aver fatto un’operazione politicamente
orientata quando nel 2017 ha intitolato il parco ai magistrati Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino: “Questa è la storia di Latina che qualcuno ha
voluto anche cancellare con quel cambio di nome a quel nostro par- co,
che deve tornare a essere quel Parco Mussolini che è sempre stato” Ma il
sindaco Damiano Colella spiega che nessuno “ha cancellato la storia di
Latina. Nel 1943 il podestà stabilì di cambiare tutta la toponomastica. E
da quel giorno Parco Arnaldo Mussolini è diventato Parco Comunale. Quando
nel 2017 abbiamo intitolato il parco a Falcone e Borsellino non l’abbiamo
fatto per rivalsa nei confronti della storia della città. Abbiamo scelto
i valori e il sacrificio di due uomini dello Stato che hanno perso la
vita per l’affermazione della legalità e della giustizia contro la mafia”
Infatti “la delibera numero 248 del 31 luglio 1943 cambiò tutta la
topomomastica: Piazza Ciano divenne piazza Giulio Cesare, piazza
Predappio piazza del Mercato, piazza Littorio cambiò nome in piazza d’Italia,
insieme a tutte le vie, viale delle Camicie nere per esempio divenne via
Giosuè Carducci”46. Si noti che “in realtà Arnaldo Mussolini non
ha rapporti con la storia cittadina, perché è morto nel 1931, prima della
fondazione di Littoria, nome originario di Latina, battezzata dal
fratello Benito Mussolini”47. La sortita del Sottosegretario leghista va
collocata nella situazione locale, alla vigilia delle elezioni
comunali di Latina, con la Lega che tenta di captare i voti della destra
con candidati dai sospetti coinvolgimenti in vicende di mafia o di corruzione,
ora oggetto di processi da parte della Lega contro “Domani” il giornale
che ha pubblicato queste notizie. La vicen- da Durigon si salda così alla
richiesta di sanzioni per le liti temerarie intentate contro i giornali per
le notizie pubblicate: ma questa polemica sulle liti come strumento per
soffocare la stampa libera è una vicenda diversa48, La
politica italiana dibatté sull’opportunità di far dimettere questo membro del
Governo, cosa che avvenne 22 giorni dopo quell’affermazione sul “Parco
Mussolini” anche “per le rela- zioni emerse con personaggi legati ai clan
di Latina” - “rapporti pericolosi”4. Mentre in Italia questa disputa era
in parte soffocata dal ritorno degli atleti italiani dalle Olimpiadi (dove per
la prima volta avevano raggiunto il record di 40 medaglie), la notizia non
passava inosservata all’estero: Il The Times di
Londra dedica un pezzo al sottosegretario leghista: “Let's dedicate local park
to Musso- lini, says italian minister” (“Dedichiamo un parco a Mussolini,
dice un ministro italiano”). Così anche Abc Neuws, il portale della
celebre emittente americana (“Crescono le tensioni dopo la proposta di
dedi- 46 Daniela Preziosi, / partiti si accorgono che
Durigon è impresentabile: adesso cacciatelo, “Domani” 11 agosto 2021, p
1. 47 Nello Trocchia, Con i richiami a Mussolini Durigon coltiva i
voti fascisti per la Lega, “Domani” 12 agosto 2021, p.1. 48
Gaia Zini, Durigon sta cercando di fermare ‘Domanî’ a colpi di querele,
“Domani” 12 agosto 2021, p. 2. 49 Giovanni Tizian — Nello Trocchia,
Durigon si dimette e accusa i giornali di averlo infangato, “Domani” 27
agosto 2021, p. 4; id., I/ sindacalista di Durigon dava ordini al clan di
Latina,“Domani” 27 ottobre 2021, p.3. Max Planck
Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 16 care un parco a
Mussolini”) che come Euronews — colosso che trasmette in 155 Paesi — riprende
il titolo della American Press. Ma c'è pure il francese L’opirion, che
parla di “nostalgia fascista”50, In pieno Ferragosto era giunta
anche un’altra dichiarazione, come minimo qualunquista, di un candidato
sindaco di Milano per il centrodestra: “Io non distinguo le
persone tra fascisti e antifascisti, contro questo o contro quell’altro. Le
persone non le distinguo se non per uomo, donna e persone perbene” Luca
Bernardo, candidato della destra alle Amministrative di Milano,
preferisce non prendere posizione. E così ammette che per lui fascisti e
antifascisti uguali sono” [...] Parole che suonano come una difesa del
sottosegretario leghista Clau- dio Durigon, che nei giorni scorsi si era
augurato che un parco di Latina fosse dedicato ad Arnaldo
Mussolini©!, In tempo già preelettorale — nell’autunno del 2021
hanno avuto luogo le elezioni locali in importanti comuni — l’esempio del
Sottosegretario Durigon fece scuola, e anzi qualcuno rincarò la dose,
proponendo che Piazzale dei Partigiani, a Roma, tornasse ad essere intitolato
ad Adolf Hitler come ai tempi dell’occupazione nazionalsocialista:
Dopo le polemiche sul caso del Sottosegretario all’Economia della Lega Claudio
Durigon che, du- rante un comizio a Latina aveva proposto di
intitolare di nuovo il parco ad Arnaldo Mussolini, [...], ora arriva
un’altra idea di intitolazione che fa discutere. A lanciarla, come riporta “La
Repubblica” è Andrea Santucci, vigile del fuoco ed ex consigliere
comunale leghista di Colleferro, che si dichiara favorevole a intitolare
di nuovo piazzale dei Partigiani a Roma, ad Adolf Hitler. Le sue parole:
“Nel bene e nel male questa è la nostra storia, credo anche che per la
cecità di alcuni perdiamo moltissimo in termini di turismo nel voler
nascondere”52, Quasi all’inizio dell’inverno del 2021 alcune
eredità del passato fascista riemersero in una storia che non è solo
individuale. Dopo le mancata reviviscenza, a Latina, del parco che fu
intitolato ad Arnaldo Mussolini, nella poco lontana Anzio (dove sbarcarono gli
Alleati nel 1944) Edith Bruck — scrittrice ebrea ungherese sopravvissuta
alla Shoa e naturalizzata italiana — rifiutò il Premio per la Pace con
una lettera al sindaco: “Avrei volentieri accettato, se nel frat- tempo
non avessi saputo che è stata negata la benemerenza a una mia correligionaria,
Adele di Consiglio, sopravvissuta alla barbarie nazifascista, e invece è
stata riconfermata a Mussoli- ni”53, Infatti nel 2019 il Partito
Democratico aveva proposto di revocare la cittadinanza ono-
50 L. Giar.,I/ caso [Durigon] arriva sul “Times”e in tutta Europa, ma non
al Tg2,“Il Fatto Quotidiano” 15 agosto 2021, p.4. S1 L.
Giar., Milano, Luca Bernardo fa il nostalgico: “Non distinguo tra fascisti e
antifascisti”, “Il Fatto Quotidiano” 14 agosto 2021, p. 14. Inoltre:
“Certo che c’è differenza tra i due, se vogliamo andare sul semantico. So
che cosa mi volete chiedere, so che cosa vi rispondo’, ha replicato ai cronisti
a margine di un evento. E a domanda diretta se possa definirsi
antifascista, Bernardo tergiversa ancora: ‘No, io non mi definisco né A,
né B, né Z. Mi definisco un cittadino della città di Milano, che vuol dire che
è aperto e liberale. La libertà conquistata grazie ai nostri nonni
dobbiamo portarla sempre avanti. Io mi definisco Luca Bernardo che arriva
dalla società civile” S2 “Intitolare a Hitler piazzale dei
Partigiani”: bufera su ex consigliere leghista di Colleferro
(https://www.
huffingtonpost.it/entry/intitolare-a-hitler-piazzale-dei-partigiani-bufera-su-ex-consigliere-leghista-a-
colleferro_it_611652dee4b07c140313e96c). 53 [Redazionale,] Anzzo,
onorificenza a Mussolini: Bruck rifiuta il premio, “Il Fatto Quotidiano” 3
Novembre 2021, p. 16. Max Planck Institute for Legal History
and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano
17 raria a Mussolini e di conferirla ad Adele di Consiglio.
L’allora sindaco respinse entrambe le richieste, e oggi Edith Bruck
rifiuta di essere associata al cittadino onorario Benito Mussolini,
responsabile della deportazione degli ebrei italiani, e quindi anche della sua.
La risposta del sindaco attuale suona però non come una discolpa, ma come
un’aggravante: “Mussolini ha la cittadinanza onoraria dal 1924. Prima di
me ci sono stati tre sindaci comunisti, due socialisti, uno repubblicano,
uno Ds e nessuno l’ha mai revocata. Anzi questo argomento non è stato mai
discusso in Consiglio comunale dal 1946 al 2021”54, Questi e altri
eventi e interventi pubblici palesemente nostalgici culminarono, il 9
ottobre 2021, nelle manifestazioni di piazza a Roma che portarono alla
devastazione della sede cen- trale del sindacato CGIL: un assalto nel
quale ebbero una posizione di rilievo gli esponenti del movimento di
estrema destra Forza Nuova. L’irruzione nelle sedi sindacali non è una
no- vitàs5, ma la devastazione romana richiamò alla memoria di molti
l'assalto e l’incendio della Camera del Lavoro di Torino del 1921 -
giusto un secolo fa — e l’affermarsi dello squadrismo fascista.
Non si tratta di casi isolati, benché frequenti: in realtà, questa
tradizione di “fascismo eter- no” non si è mai spenta e trova il suo caso
più emblematico in Verona, in una sequenza che inizia nel 1920 e dura
ancora oggi: Nero era il colore dello sparuto drappello di
“diciannovisti” capeggiati da Italo Bresciani, fondatore e
segretario del piccolo Fascio di Verona, il “terzogenito” nato appena due
giorni dopo la fondazione a Milano, il 23 marzo 1919, dei Fasci di
combattimento. Nera fu l’evoluzione in città del Partito nazio-
nale fascista. [...] Nell’agosto del 1920 la prima visita di Mussolini in
città: il futuro duce atterra con un Aviatik nella scalcinata
piazza d’armi di stradone Santa Lucia. Diciotto anni dopo, un’altra
visita. Trionfale. [...] Dopo l’8 settembre 1943 Verona diventa il
teatro di fondazione della Repubblica so- ciale italiana, sede di
cinque ministeri e di importanti comandi tedeschi. Il nome della città si
incide dunque anche nella storia del fascismo repubblicano:
accostato prima al Manifesto di Verona (il piano programmatico per il
governo della RSI, in cui si definivano gli obiettivi politici del Partito
fascista repubblicano, nato dalle ceneri del Partito nazionale fascista)
e poi al celebre processo di Verona, che condannò Galeazzo Ciano e altri
gerarchi accusati di avere tramato con Badoglio per fare arrestare
Mussolini. [...] È sempre a Verona che, tra il 1943 e il 1945, il comando
generale della Gestapo allestisce la sua base in Italia. [... Nel
dopoguerra] Il territorio scaligero diventa un crocevia per diverse
organiz- zazioni neofasciste: la Rosa dei Venti del generale Amos
Spiazzi; Ordine Nuovo; la sanguinaria sigla Ludwig — responsabile
di dieci “omicidi per caso” — e il Fronte Nazionale di Franco Freda sono gli
zii. Poi sono arrivati i nipotini. Che portano avanti la tradizione
della ‘ditta’. Neri sono i movimenti che, da metà anni Ottanta, mettono
radici a Verona56. 54 Paolo Ferrario, Anzio. Il
“rifiuto” di Edith Bruck: “Mat accanto a Mussolini”, “L'Avvenire” 3 novembre
2021 (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-rifiuto-di-edith-bruck-mai-accanto-a-mussolini).
SS Per esempio: “Lavoratrici, lavoratori! Un criminale attentato fascista
è stato compiuto contro la sede della CGIL [dalle] forze della estrema destra
che temono l’unità dei lavoratori e la loro combattività sindacale:
lavoratrici, lavoratori! rispondete con la lotta unitaria: uniti si vince.
Federazione milanese del Pci” (Manifesto del PCI del 1964).
56 Paolo Berizzi, Verona, la città in fondo a destra: dal fascismo al
fascismo, *MicroMega” 29 Ottobre 2021
(https://www.micromega.net/verona-estrema-destra-berizzi/). La “singolarità del
caso Verona, il labora- torio italiano della destra radicale” è descritta
per esteso nel volume (da cui è tratto l’articolo di “Micro- mega”) di
Paolo Berizzi, È gradita la camicia nera, Rizzoli, Milano 2021, 249 pp.
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Mario G. Losano 18 Nell’autunno
del 2021 si moltiplicarono in Italia i moti di piazza, nei quali estremisti
di destra e, in misura minore, di sinistra si infiltrarono nelle
manifestazioni organizzate dai mo- vimenti contrari alle misure
anti-pandemiche, come No-Vax e No-Green Pass. Un esempio inquietante di
questa simbiosi è la manifestazione dei No-Vax del 30 ottobre, quando i
parte- cipanti sfilarono per le vie di Novara con pettorine a strisce
bianche e grigie contrassegnate da numeri, in un demenziale richiamo ai
campi di stermino nazisti: volevano così protestare contro l’obbligo del
certificato vaccinale nei luoghi pubblici, odiato simbolo della
“dittatura sanitaria” La Procura della Repubblica indaga sul
“negazionismo” dei partecipanti, anche se per poter “negare” bisognerebbe
“sapere” o almeno “avere una vaga idea” mentre in questo caso l’ignoranza
abissale si rivela più preoccupante della violazione di certe norme
giuridi- che. Purtroppo tra gli italiani è presente un elevato tasso di
analfabetismo funzionale”, e in queste aree di regressione culturale si
inseriscono i gruppi di estrema destra: “La vergogna dell’ignoranza” così
lAssociazione Nazionale Partigiani Italiani ha commentato la sfilata di
Novara. Soprattutto il partito di estrema destra “Forza Nuova” ha
organizzato sistematicamente l’in- filtrazione in vari settori della
destra presentabile e dei movimenti incolti, attraverso l’attività del
suo leader Roberto Fiore, arrestato dopo l’assalto alla sede sindacale di Roma.
Nel 2006 “Alessandra Mussolini, successivamente eletta alla Camera,
lascerà il seggio all’europarlamen- to al neofascista Fiore, che a
Bruxelles compirà passi decisivi nel progetto di infiltrazione di sigle
sicuramente più presentabili e ascoltate di quanto lo è Forza Nuova” Fiore ha
finanziato con fondi esteri “un’associazione molto ascoltata tra i critici
della gestione governativa della pandemia. A questo si aggiunge
l’infiltrazione metodica nei salotti della chiesa conservatrice e
oltranzista” per esempio nell’associazione Pro Vita & Famiglia (la quale
nega però questo legame)58. Questo doppio livello consente a Forza nuova,
da un lato, di “contare nei palazzi della politica pur senza
rapresentanza parlamentare” e, dall’altro, di infiltrarsi a Roma e a
Milano, a Torino e a Trieste nelle manifestazioni contro “la dittatura
sanitaria” inneggiando alla dittatura del ventennio. A Milano “il gruppo
ha cantato slogan di chiara matrice fascista durante la partecipazione al
corteo contro il certificato verde” e sono stati fermati “8 militanti del
gruppo di estrema destra per apologia del fascismo” In conclusione, “il
bilancio finale del corteo parla di 83 denunce e di un 22enne arrestato
nei concitati momenti del tentato (e fallito) assalto alla Camera del
lavoro, sede della Cgil [di Milano, questa volta]. Sono ormai 57
“Il 70% della popolazione italiana si colloca al di sotto del livello 3, il
livello di competenze considerate necessarie per interagire in modo
efficace nella società del XXI secolo”: così si esprime
sull’analfabetismo funzionale il rapporto ISFOL, “Istituto per lo sviluppo
della formazione professionale dei lavoratori”: ente pubblico di ricerca
vigilato dal Ministero del Lavoro
(https://Awww.ithappens.it/analfabetismo-fun-
zionale-esiste-anche-quello-di-ritorno/). I dati ufficiali sono nel Rapporto
nazionale sulle competenze degli adulti
(https://www.isfol.it/piaac/i-risultati-di-piaac). 58 Una
dettagliata analisi di questa strategia del ‘doppio binario” è in Giovanni
Tizian, Anatomia dell’infil- trazione fascista nell’èra dei complotti,
“Domani” 18 ottobre 2021, p. 2 s., da cui sono tratte le citazioni nel
testo. “Le affermazioni presenti nell’articolo volte ad accostare la onlus [Pro
Vita & Famiglia] al partito Forza Nuova sono false, inesatte, oppure
nemmeno pertinenti” scrive in una Richiesta di rettifica il presi- dente
della onlus, Antonio Brandi, riservandosi azioni legali (“Domani” 26 ottobre
2021, p. 8). Max Planck Institute for Legal History and Legal
Theory Research Paper Series No. 2022-04 Marto G. Losano 19
oltre 300 i denunciati nei 14 cortei che vanno avanti dal 24 luglio
[2021]”5?: e questo nella sola Milano. Poiché queste gravi
tensioni presenti in tutt'Italia assumevano spesso un aspetto quasi
eversivo, i partiti di centro-sinistra chiesero di applicare contro Forza Nuova
la XII disposi- zione transitoria della costituzione (“È vietata la
riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”)
e presentarono varie mozioni parlamentari a questo fine. Il Parla- mento
rinviò però ogni decisione. Nel dibattito parlamentare e politico
di quei giorni è stata richiamata più volte la “Legge Scelba” del 1952
(modificata nel 1975); poiché essa riporta alla memoria le tensioni ormai
lontane dell’immediato dopoguerra, vari giornali l’hanno illustrata ai lettori
odierni: La norma di riferimento è la legge del 20 giugno 1952, n.
645. Meglio conosciuta come “legge Scelba” (dal nome del politico
Dc che, alla guida di un comitato interministeriale del governo De Gasperi,
la elaborò) rientra nelle norme di attuazione della XII
disposizione transitoria e finale della Costituzione: “E vietata la
riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” si
legge. La norma attua questo principio mettendo nero su bianco il
concetto di “riorganizzazione” del “partito fascista” e prevedendo
due strade per lo scioglimento dei gruppi: tramite il ministro dell’interno,
sulla base di una sentenza di un tribunale, oppure in maniera più
diretta attraverso un decreto del governo, ma solo in casi
“straordinari di necessità e di urgenza”90, Delle due vie
prospettate nel 1952, il parlamento del 2021 scelse quella della sentenza
giudi- ziaria, che permetteva di guadagnare tempo rinviando ogni
decisione e affidandosi così alla tanto criticata funzione suppletiva
della magistratura: suppletiva cioè della decisione politica cui non
riescono a giungere i governi deboli e le coalizioni troppo frammentate:
Nessun vincolo arriva dal Parlamento allo scioglimento di Forza Nuova. Le
quattro mozioni del cen- trosinistra che chiedevano all’esecutivo
di utilizzare la legge Scelba e di sciogliere con decreto la for-
mazione di estrema destra, e i suoi simili, sono approdate oggi
pomeriggio in Senato. Ma, il tempo di presentarle, e sono state
ritirate, diventando un ordine del giorno unitario. Un atto cioè,
d’indirizzo, ma non vincolante. Che può essere letto come la
legittimazione ulteriore di quello che sembra essere l’orientamento del
governo: prima di scrivere anche una sola riga del decreto legge di
scioglimento, aspettiamo che la magistratura si esprima sui fatti del 9
ottobre, sulla devastazione della Cgil a Roma. Dopo un lungo
dibattito il Senato ha approvato per alzata di mano l’ordine del giorno del
centrosini- stra: l’atto avrà poco più che una valenza simbolica®!,
Il condizionare lo scioglimento di un movimento neofascista
all’esistenza di una futura sen- tenza giudiziaria aveva tre precedenti.
Da un lato, lo scioglimento di movimenti neofascisti era già avvenuto nel
1973 con “lo scioglimento di Ordine Nuovo, movimento nato nel 1969 e
sciolto dal Ministro dell’interno Taviani in seguito alla sentenza di
accertamento della ricosti- tuzione del partito fascista, nel processo in
cui era pubblico ministero Vittorio Occorsio, poi 5?
Cesare Giuzzi, Corteo no pass, un fermo e 83 denunciati, “Corriere della Sera”
25 ottobre 2021, p. 12. 60 Gabriele Bartoloni, Sanzioni e
scioglimento dei partiti fascisti, cosa prevede la legge Scelba
(https://www. repubblica.it/politica/2021/10/12/news/iter_scioglimento_partito_fascista-321832696/).
61 Federica Olivo, Su Forza Nuova la maggioranza si sgonfia: il governo
non sarà costretto a scioglierla (https://
www.huffingtonpost.it/entry/su-forza-nuova-la-maggioranza-si-sgonfia-il-governo-non-sara-costretto-a-
scioglierla_it_61704651e4b066de4f5d2b7e). Max Planck Institute for
Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04
Mario G. Losano 20 ucciso in un attentato rivendicato proprio da
Ordine Nuovo”; nel 1975 con lo scioglimento di Avanguardia Nazionale; nel
2000 con lo scioglimento del Fronte nazionale. D’altro lato, le
esitazioni attuali del governo non sono infondate, e i dubbi sull’opportunità
dello sciogli- mento sono stati sintetizzati dai giuristi Michele Ainis e
Vladimiro Zagrebelsky: lo sciogli- mento rischierebbe di provocare
“un’inversione di prospettiva tra persecutore e perseguitato” (Ainis), né
esso è lo strumento più adatto a cancellare i rigurgiti neofascisti
(Zagrebelsky)93. Per fronteggiare il problema delle organizzazioni
neofasciste la “Legge Scelba” era stata attualizzata nel 1993 con la
“Legge Mancino” che qui può essere soltanto menzionata: Nel 1993
il governo Amato emanò il Decreto Legge n.122 contenente “misure urgenti in
materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa” poi convertito
nella legge 205/93 e oggi conosciuta come Legge Mancino. La Legge Mancino
costituisce ancora oggi il principale strumento legislativo contro i
crimini d’odio, mirando a sanzionare e a prevenire le condotte di discriminazione
razziale, etnica e religiosa, attraverso il divieto di ogni
organizzazione movimento o gruppo che abbia tra i propri scopi
l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici,
nazionali o religiosi. L’art. 7 comma 3 della legge Mancino consente lo
scioglimento di organizzazioni, associazioni, movi- menti o gruppi che
abbiano favorito la commissione dei reati elencati dall’art. 5 della medesima
Legge (oggi descritti all’art. 604 fer del codice penale [64]). Si tratta
di tutti quei reati commessi per finalità di discriminazione o di odio
etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare
l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno
tra i loro scopi le medesime finalità” Ma qui conviene arrestarsi:
il Parlamento ha approvato un atto che, come si è detto, “avrà poco più
che una valenza simbolica” mentre nell’autunno del 2021 le manifestazioni
contro la “dittatura sanitaria” vengono strumentalizzate dai nostalgici
delle dittature tout court. Questa reviviscenza dell’estrema
destra non avviene solo in Italia. Sempre in quegli stessi giorni, il
governo polacco era coinvolto nella polemica (anche giudiziaria) sulla legge
con cui vietava a società straniere di possedere più del 49% di reti
televisive o radiofoniche in Polonia: in questo modo eliminava le catene
critiche rispetto al governo, come TVN24, con- trollata dall’americana
Discovery International. Inoltre quello stesso governo prendeva una
misura che negava il risarcimento agli ebrei che erano stati espropriati
durante l’occupazione nazionalsocialista della Polonia, entrando così in
collisione con gli Stati Uniti: Prosegue il suo corso tra le
polemiche anche la legge che blocca i risarcimenti agli ebrei (e non
ebrei) espropriati durante la Seconda guerra mondiale e nella furia
nazionalizzatrice del regime comunista. Ponendo il limite massimo di 30
anni per la presentazione del ricorso da parte degli ex proprietari, o
degli eredi, il governo vanifica in blocco tutte le istanze. [...] Per chiudere
definitivamente il capi- 62 Antonio Caputo,
Neofascismo e ordine democratico: sciogliere Forza Nuova necesse
est,“Micromega” 22 Otto- bre 2021 (https://Avww.micromega.net/sciogliere-forza-nuova/).
Caputo analizza anche la “Legge Manci- no” appena accennata nel
testo. 63 Ivi; e Vladimiro Zagrebelsky, “La Stampa” 16 ottobre 2021
(https://www.lastampa.it/topnews/lettere-e-
idee/2021/10/16/news/i-pro-e-i-contro-di-un-decreto-su-forza-nuova-1.40814678).
64 Per un’analisi del contenuto di queste norme: Modifiche agli articoli
604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o
discriminazione per motivi di sesso, di genere, di orientamento sessuale o di
identità di genere A.C. 107, A.C. 569, A.C. 868, A.C. 2171, A.C. 2255
Dossier n° 217/1 — Il testo unificato adottato come testo base 14 luglio
2020 (https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/gi0109a.Pdf).
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series
No. 2022-04 Mario G. Losano 21 tolo risarcimenti, e
per giustificare la decisione, il legislatore si è fatto forte di un complicato
fardello pregresso di atti giuridico-amministrativi, risalente ai
decenni passati. Ma ciò che ha scatenato l’ira degli Stati Uniti e
di Israele sono state le allusioni al rischio di possibili “tentativi di
truffa” da parte di millantatori, indice per Washington e
Gerusalemme di una politica “cripto-antisemita” Non esplicita, ma
già nei fatti6S, Anche la Francia registra da tempo un crescente
antisemitismo. Nelle manifestazioni che ogni sabato scendono in campo
contro la c.d. ‘dittatura sanitaria’ in varie città della Francia
“fioriscono dei numeri sull’avambraccio (riferimento ai deportati nei campi di
concentra- mento) o delle stelle gialle sulla giacca (richiamo alla
politica antisemita nazista)”66, Si molti- plicano le scritte “Qui?”
(Chi?), il cui valore antisemita va però spiegato. “Qui?” fa riferimento
a un’allusione antisemita del generale a riposo Dominique Delawarde, che il 18
giugno 2021, in una trasmissione su CNews, continuava ad accusare un
complotto mondiale “qui contròle le Washington Post, /e New York Times,
chez nous [cioè in Francia] BFM-TV et tous les journaux qui viennent se
grouper autour”, senza però citare alcun nome. La ripetuta domanda “Chi?”
resta senza risposta, e il conduttore a questo punto interrompe la
trasmissione. Ma da quel momento la domanda “Chi?” diviene uno slogan
degli antisemiti: il 7 agosto un’insegnante di destra, in una
manifestazione contro la politica sanitaria, inalbera un cartello con i
nomi dei “traditori” — tutti ebrei — accompagnati dallo slogan “Mais
Qui?” (“Ma chi?”): e la “Q” è adorna di diaboliche corna”.
Riassumendo i fatti recenti — “Sui cartelli compaiono i ‘Chi? diretti
contro la comunità ebraica, derivati da un’allusione antisemita del
generale a riposo Dominique Delawarde; su un centro di vaccinazione
vengono dipinte delle stelle di Davide; una stele in omaggio a Simone
Veil, in Bretagna, è stata vandalizzata tre volte in una settimana” —- “Le
Monde” non può fare a meno di chiedersi: “Que se passe-t-il en France?”
68, E non solo in Francia: all’inizio di settembre del 2021, Papa
Francesco condannava il cre- scente antisemitismo durante il suo viaggio
in Ungheria e Slovacchia, le cui comunità ebrai- che avevano softerto
molto durante l’epoca nazionalsocialista, ma nelle quali l'antisemitismo
stava riaffiorando sotto i governi sovranisti di destra. Nel 1941 l’effimero
Stato slovacco — sot- 65 Elisabetta Rosaspina, “I/
blocco dei risarcimenti contro gli ebrei è inaccettabile” Ma il governo: avanti
con la legge, “Corriere della Sera” 14 agosto 2021, p. 18. 66
Antisémitisme: le poison de la banalisation (https://www.lemonde.fr/idees/article/2021/08/18/antisemi-
tisme-le-poison-de-la-banalisation_6091734_3232.htm]). 67 “Sur la
pancarte [...] figure une série de noms de ‘traîtres’: plusieurs responsables
politiques actuels, mais aussi une dizaine de personnalités frangaises ou
américaines, qui n’ont que peu de rapport direct avec la gestion de la
crise sanitaire. Le milliardaire américain d’origine hongroise George Soros, le
fondateur du forum de Davos, Klaus Schwab, Bernard-Henry Lévy ou encore
la famille Rothschild sont ainsi cités. Leur point commun? Ils sont de
confession juive. Au centre de la pancarte figure le slogan en lettres
rouges Mais Qui?”, dont le ‘O’ est agrémenté de cornes” (Samuel Laurent -
William Audureau, “Mass qui”, de la blague virale au slogan antisémite.
Au travers de cette question rhétorique, certains opposants à la
politique sanitaire ciblent la communauté juive, accusée d’étre responsable de
la crise liée au corona- virus, Publié le 10 aoùt 2021 à 16h28 — Mis à
jour le 14 aoùt 2021 à 06h35 — https://www.lemonde.fr/ societe/article/2021/08/10/mais-qui-de-la-blague-virale-au-slogan-antisemite_6091086_3224.html).
68 Cfr. supra, nota 66
(https://Avww.lemonde.fr/idees/article/2021/08/18/antisemitisme-le-poison-de-la-
banalisation_6091734_3232.html). Max Planck Institute for Legal
History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario
G. Losano 22 to la guida di Jozef Tiso, sacerdote cattolico dalla
vita tormentata in un territorio tormenta- to5? — aveva emanato un
“codice ebraico” contenente misure antisemite analoghe alle “Leggi di
Norimberga” nazionalsocialiste del 1935 e a quelle fasciste del 1938. La
politica filo-na- zionalsocialista di Monsignor Tiso aveva imbarazzato
non poco la Santa Sede. Nel 1947, con l'ascesa al potere del comunismo,
era giunta per Monsignor Tiso la condanna a morte per collaborazionismo:
ma oggi alcuni ambienti slovacchi ne propongono la riabilitazione. Il
Pontefice esortava “a promuovere insieme un’educazione alla fraternità, così
che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non prevalgano. Penso
alla minaccia dell’antisemitismo, che ancora serpeggia in Europa e
altrove. È una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per disinnescarla
è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità” Un analogo appello
era risuonato in Ungheria: “Parole, - commentava il quotidiano dei vescovi
italiani, — che appaiono anche come una risposta indiretta al premier
Viktor Orbn, incontrato prima della Messa”70, Negli stessi
giorni, il congresso “Interfaith” — il G20 delle fedi — rilanciava a livello
inter- confessionale la stessa condanna e annunciava la preparazione di
uno studio sugli attentati a sfondo religioso compiuti nel mondo negli
ultimi quarant’anni. Nel suo intervento, il pre- sidente Mario Draghi condannava
espressamente le “manifestazioni di antisemitismo, un fenomeno in
preoccupante crescita”7!, Questo era dunque il clima in cui ci si
preparava a ricordare l’anniversario delle leggi raz- ziali del
1938. 4. Un esempio: la rievocazione dell’Accademia delle Scienze
di Torino Il 19 e 20 novembre 2018, l'Accademia delle scienze di
Torino ricordava l’ottantesimo an- niversario della legislazione razziale
del fascismo con un convegno che si proponeva, “a 80 anni dalla
promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista, di ricostruire
le 69 Thomas Anselm Lorman, The christian social
roots os Jozef Tiso’ radicalism, 1887-1939, in Rebecca Haynes — Martyn
Rady (eds.), Jr the shadow of Hitler. Personalities of the right in central and
Eastern Europe, Tauris, London - New York 2011, pp. 245-261; Ingrid
Graziano — Istvîn Eòrdògh Josef, Tiso e la questione ebraica in
Slovacchia. Prefazione di Antonello Biagini, Periferia, Cosenza 2002, 143 pp.;
Lisa Guarda Nardini, Tiso: una terza proposta, Ceseo — Liviana, Padova
1977, 87 pp.; Amedeo Giannini, Monsignor Tiso, “Rivista di Studi Politici
Internazionali” luglio-settembre 1952, n. 3, pp.450-452. 70 Mimmo
Muolo, La visita. Il Papa a Budapest e Bratislava: “Mai più odio e chiusure, ma
fraternità” “L'Avvenire” 12 settembre 2021
(https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-budapest). Una descrizione degli
incotnri del Pontefice è in Domenico Agasso, Slovacchia, il Papa al
Memoriale dell’Olocausto incontra gli ebrei: con la Shoah “qui disonorato
il nome di Dio”,“La Stampa” 13 Settembre 2021
(https:/Avww.lastampa.it/vatican-
insider/it/2021/09/13/news/slovacchia-il-papa-al-memoriale-dell-olocausto-incontra-gli-ebrei-con-la-
shoah-qui-disonorato-il-nome-di-dio-1.40698218). 71 Intervento del
premier Mario Draghi nell’ambito dell’Interfaith Forum, 15 settembre 2021
(https:/Avww.
osservatorioantisemitismo.it/articoli/intervento-del-premier-mario-draghi-nellambito-dellinterfaith-
forum/). Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Marto G. Losano 23
linee essenziali delle radici ideologiche e politiche della persecuzione, il
suo svolgimento e i suoi risultati per dare un contributo al rinnovarsi
della memoria e per stimolare le dovute riflessioni in un mondo in cui si
continuano ad alimentare odii etnici e risentimenti”72. Il programma così
annunciato costituisce la cornice delle nove relazioni, pubblicate in
volume a metà del 2021 (a causa della pandemia, come già ricordato nel $
1)73. Il curatore del volume, Alberto Piazza (già professore di
genetica all’Università di Torino), è anche autore del saggio di
apertura, in cui ripercorre le teorie razziali poste a fondamento della
legislazione fascista e le confuta sulla base delle teorie genetiche attuali,
chiedendosi infine: “Perché lo stereotipo razziale è così difficile da
estirpare?”74. Gli altri saggi si occupano del contesto in cui prese
forma la legislazione razziale fascista, delle reazioni che essa suscitò
in generale, nella società italiana e nella Chiesa cattolica; nonché delle
reazioni in specifici ambienti: l'università, la magistratura, la
comunità dei matematici, l’istruzione e l’avvocatura. Fabio Levi,
già professore di storia contemporanea all’Università di Torino, sintetizza la
transizione degli italiani da una posizione di indifferenza rispetto alla sorte
degli ebrei a una maggiore attenzione per la loro sorte: ma non sempre e
ovunque. Questa transizione correva parallela allo scoppio della guerra,
all’aggravarsi del suo svolgimento in Grecia e in Russia, ai
bombardamenti alleati del 1942, all’arresto di Mussolini il 25 luglio 1943,
all’armistizio dell’8 settembre, alla fuga del re, alla nascita di una
repubblica fascista asservita ai nazio- nalsocialisti. “Il trauma dell’armistizio
aveva ridotto di molto la distanza residua fra ebrei e non ebrei. Sia gli
uni sia gli altri erano vittime della stessa guerra”: presi nella morsa
della persecuzione antiebraica e delle distruzioni belliche, “gli ebrei
tentarono la sorte affidandosi al mondo che avevano intorno” e “in queste
condizioni si rese possibile un incontro inaspet- tato” (p. 131 s.)75:
quello con gli italiani non ebrei. Due saggi riprecorrono la storia
del razzismo prima della legislazione razziale. Massimo Salvadori - dopo
aver sottolineato che il razzismo moderno, a differenza di quello delle
so- cietà antiche e di quello fondato sulle religioni, non offre “una via
d’uscita dalla condizione degli appartenenti alle razze inferiori o
intrisecamente nemiche” (p. 31)76 — traccia una sin- tetica storia del
razzismo a partire dal Seicento, “il secolo definito della ,rivoluzione
scienti- fica”: Infatti scienziati, teologi e filosofi sostennero non
soltanto la differenza, ma anche la gerarchia delle razze e, con quest’ultima,
anche il diritto della razza superiore a dominare quella inferiore.
Insomma, da Linneo a Gobineau è “agevole scorgere elementi che si possono
definire di proto-nazismo” (p. 33). Ma è con il Novecento (e con l’opera di
Houston Steward 72 Notizie sul convegno sono
contenuti in vari siti (per esempio:
https://\www.unito.it/eventi/le-leggi-
razziali-del-1938-convegno-allaccademia-delle-scienze; i filmati dell’intero
convegno sono in: https:// www.accademiadellescienze.it/attivita/iniziative-culturali/le-leggi-razziali-11-2018).
73 Alberto Piazza (a cura di), Le leggi razziali del 1938,Il Mulino,
Bologna 2021, 217 pp. 74 Alberto Piazza, La scienza contemporanea e
le ceneri del razzismo, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., p.-
24: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo
saggio. 75 Fabio Levi, Le risposte della società italiana, in
Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 119-132: le indica- zioni
tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo saggio. 76
Massimo Salvadori, I/ razzismo prima di nazismo e fascismo, in Piazza, Le leggi
razziali del 1938, cit., pp.119- 132: le indicazioni tra parentesi dopo
le citazioni si riferiscono a questo saggio. Max Planck Institute
for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04
Marto G. Losano 24 Chamberlain, “una sorta di bibbia del
razzismo novecentesco” p. 35) che le teorie razziali sanciscono
l’assoluta superiorità degli ariani e l’insanabile contrasto con gli ebrei. In
Cham- berlain questi ultimi “subiscono una sorta di jelevazione’, in
quanto sono visti quale l’altra razza che [...] è la sola che possa
contrastare il dominio dei teutoni nel mondo”; quindi “la via allo
sterminio degli ebrei e alla riduzione degli slavi e delle altre etnie
considerate inferiori era spianata dal programma formulato da
Chamberlain” (p. 35). Hitler mise in pratica questo piano “e nel 1938 il
servile dittatore nostrano si mise al carro di quello tedesco col varare
le leggi razziali” (p. 37) Il saggio di Saverio Gentile,
professore di storia del diritto medievale e moderno dell’Uni- versità
Cattolica di Milano, considera nel suo insieme la legislazione antiebraica del
fascismo - “un fenomeno di rara complessità” (p.39)77 — e descrive al suo
interno quattro fasi, che ana- lizza poi in dettaglio: “Un primo
frangente è quello degli antefatti e della preparazione del dispositivo
discriminatorio, un secondo momento è costituito dalle norme vere e proprie,
un terzo dalle circolari amministrative — superamento delle norme —, un
quarto e ultimo stadio è quello in cui si travalicano le circolari
stesse: la fase, buia oltre ogni dire, della Repubblica sociale italiana”
Viene descritta quindi “una paurosa gradazione ascendente” in cui si pas-
sa dalla “persecuzione dei diritti” alla “persecuzione delle vite” (p. 39 s.).
Ancora una volta l’esperienza coloniale è additata come fonte della
discriminazione razziale: “È proprio in colonia che si adoperano, veicolano
e immettono nel circuito, nel panorama e nel linguaggio giuridico
concetti e categorie nuove a cui [...] si fece riferimento in fase di
elaborazione della normativa antiebraica. Anzi, il maggior portato
dell’esperienza coloniale fu probabilmente .la giuridicizzazione del
concetto di razza” (p. 52). Di fronte al Manifesto della razza, la
Chiesa cattolica espresse un cauto rifiuto attraverso po- sizioni non
omogenee. Da un lato, Pio XI condannò il razzismo antisemita, ma, d’altro lato,
l’articolata gerarchia della Chiesa assunse atteggiamenti variamente sfumati:
Francesco Tra- niello, già professore di storia contemporanea
all’Università di Torino, li riconduce alla “viva preoccupazione che la
politica dell'Asse, inaugurata da Mussolini nel 1936, stesse portando a
un’omologazione ideologica e fattuale del regime fascista a quello
nazionalsocialista” col suo “razzismo paganeggiante del sangue e della
terra, condannato sotto il profilo dottrinale dall’enciclica papale Mit
brennender Sorge del marzo 1937” (p.62)78.Il punto cruciale era però
“l’interconnessione tra la questione ebraica e quel sistema di relazioni con il
regime fascista che, per quanto possibile, la Chiesa non intendeva
mettere a repentaglio” (p. 63), sistema sancito dal Concordato del 1929
(“che aveva ulteriormente innalzato il livello del supporto consensuale
della Chiesa all'opera di Mussolini” p. 65). Di conseguenza, “l’incidenza
del- la linea negoziale adottata dalla Santa Sede sul complesso della
legislazione antisemita fu 77 Saverio Gentile, Le
premesse della campagna razziale dell’Italia fascista: profili politici e
storico-giuridici, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp.
39-58: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a
questo saggio. 78 Francesco Traniello, Le risposte della Chiesa
cattolica alla legislazione e alla politica antisemita del regime
fascista, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., pp. 59-83: le
indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono a questo
saggio. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 25
nell’insieme molto limitata, riducendosi a qualche aggiustamento normativo
ottenuto dai contatti ufficiali e più spesso informali”: ad esempio, lo
Stato non avrebbe considerato “con- cubinato, penalmente perseguibile, la
fattispecie di matrimoni razzialmente misti celebrati con rito cattolico”
ovvero avrebbe considerato l’appartenenza “alla razza ‘non ebraica’ dei
figli di matrimoni misti nati dopo il 1° ottobre 1938 che fossero stati
battezzati entro cinque giorni dalla nascita” (p. 75 s.). Il
mondo universitario italiano era stato colpito nel 1931 dall’obbligo dei
docenti di pre- stare giuramento di fedeltà al fascismo, cui pochi si
erano sottratti7?. Ben più gravi erano invece i vuoti che si aprivano con
le leggi razziali80. Annalisa Capristo, bibliotecaria presso il Centro di
Studi Americani, raccoglie una nutrita schiera di testimonianze e sottolinea
che “per decenni l’Italia non ha fatto veramente i conti con il suo
passato razzista e antisemita” Una valutazione “è stata compiuta solo a
partire dal 1988 ed è tuttora in corso” (p. 90)8! e “uno degli ambiti più
studiati è quello accademico” per tre ragioni: la presenza ebraica vi era
rilevante; il regime fascista diede particolare enfasi a questo intervento; vi
fu una forte “compromissione degli intellettuali non ebrei nella politica
antisemita del fascismo” (p. 91). Queste considerazioni vengono
approfondite con documenti sugli atteggiamenti di Gentile, Croce, Einaudi
(del quale vengono riportate “annotazioni diaristiche” con “inveterati
stereo- tipi antisemiti” p. 105), seguite dall’“allineamento zelante dei
matematici italiani” (p. 107) e dalla documentazione sugli archeologi
(“una testimonianza raggelante” p. 115). Opposta fu la posizione
dell’economista Attilio Cabiati (destituito per aver scritto al Ministro delle
Fi- nanze di ritenere “antigiuridica” la normativa razziale, p. 118) e
del costituzionalista Ernesto Orrei, di cui — per sbaglio! — venne
pubblicato il libro in cui esprimeva il proprio sdegno per l’epurazione
dei docenti ebrei82: “La scuola e la biblioteca sono come le chiese dello
Stato moderno: non si respinge nessuno” (p. 116). Il tema dei
matematici italiani espulsi è ripreso da Paolo Valabrega, già professore di
geo- metria al Politecnico di Torino, che si fonda “soprattutto sulle
informazioni avute da colleghi più anziani, che hanno conosciuto
direttamente — o attraverso testimonianze dirette — i fatti del 1938, e
ne hanno parlato con me in tante conversazioni” (p. 185)83. Ne risulta un
contri- buto ricco di dati individuali, anche di matematici non ebrei.
Fra i tanti nomi, vanno ricor- dati tre matematici non ebrei, ma “molto
contrari alle leggi razziali” (p. 199): Tullio Viola a Roma e, a Torino,
Piero Buzano e Francesco Tricomi (1897-1978); quest’ultimo, “contrario al
79 Helmut Goetz, I/ giuramento rifiutato. I docenti universitari e il
regime fascista, La Nuova Italia, Firenze 2000, XXIII-314 pp.; e la mia
recensione in “Sociologia del diritto” 2000, n. 2, pp. 202-204. 80
L’elenco dei professori ebrei espulsi è in Ugo Caffaz, Discriminazione e
persecuzione degli ebrei nell'Italia fascista, Consiglio Regionale della
Toscana, Firenze 1988, 101 pp. 81 Annalisa Capristo, Le reazioni
degli ambienti accademici italiani, in Piazza, Le leggi razziali del 1938,
cit., pp. 85-118: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si
riferiscono a questo saggio. 82 Ernesto Orrei, Intorno alla
questione ebraica. Lineamenti di storia e di dottrina, s.n., Roma 1942 164 pp.
Il volume venne subito ritirato dalle autorità, ma è oggi presente in
alcune biblioteche. 83 Paolo Valabrega, La legislazione antiebraica
del 1938-39: la comunità matematica italiana, in Piazza, Le leggi
razziali del 1938, cit., pp. 185-204: le indicazioni tra parentesi dopo le
citazioni si riferiscono a questo saggio. Max Planck
Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 26 fascismo da sempre,
addirittura si convertì, pur non essendo religioso, alla religione
valdese, perseguitata dal fascismo. In Val Pellice [una delle “valli
valdesi” del Piemonte] si rifugiò alla fine del 1943, partecipando per un
breve periodo alla lotta partigiana” (p. 199). L’impatto delle
leggi razziali sull’università — che si è già visto nell’analisi di
Annalisa Capristo (supra, p. 25) — viene ripreso da Gian Savino Pene
Vidari (1940-2020), professore di storia del diritto medievale e moderno
nell’Università di Torino, che ricorda come l’Uni- versità di Torino
abbia “espulso con zelo amministrativo 58 persone: a ricordo ed
espiazione l'Ateneo da poco ne ha tracciato con un’apposita, efficace e
dettagliata mostra nel palazzo del Rettorato tutte le vicende personali e
scientifiche, connesse con la propaganda razzista” (p. 163)84. Le
autorità accademiche del tempo si limitarono a dare scarne notizie su
quegli allontanamenti: solo all'Accademia di medicina di Torino il presidente
Luigi Bobbio (padre di Norberto) “ha dato la notizia della decadenza, ma
con un’espressione di stima e di rin- graziamento per i soci allontanati:
si tratta di un accenno gentile, non frequente, ripetuto in Italia in
qualche altra rara occasione” (p. 164). L’esame di altri gruppi
professionali conferma un’immagine di sostanziale acquiescenza al regime.
L’analisi del comportamento della magistratura italiana di fronte alle leggi
razziali può essere approfondito partendo dalla bibliografia pubblicata
da Giuseppe Speciale nel suo volume del 2007 e aggiornata in un suo
successivo articolo8S. Inoltre è particolarmente viva la testimonianza di
chi, all’epoca delle leggi razziali, fu un giovane magistrato di prima
nomina: Alessandro Galante Garrone, eminente figura dell’antifascismo,
che esamina con equilibrio la situazione della magistratura negli anni
della dittatura — e i suoi cedimenti: “Episodi più che altro penosi,
patologici. Diciamo ancora che questa magistratura scorata e avvilita ebbe,
proprio sotto la repubblica di Salò e il tallone tedesco, qualche sussulto di
fierezza, come il non prestare giuramento e qualche energica protesta
collettiva, in varie regioni italiane. Ma nel complesso, di fronte alle
leggi razziali del 1938, essa ebbe, più che tutto, imbarazzo e disa- gio
di coscienza: scantonò e tacque. Tutto sommato, penombre, e qualche ombra più o
meno densa, e qualche debole luce”86, Sulla magistratura
durante l’epoca fascista è opportuno limitarci a questi accenni, e ritor-
nare al volume dell’Accademia delle Scienze torinese. In esso Guido Neppi
Modona, già pro- 84 Gian Savino Pene Vidari, La
legislazione antiebraica del 1938-39, con la sua applicazione in Piemonte
nel campo dell'istruzione e dell’avvocatura, in Piazza, Le leggi razziali
del 1938, cit., pp. 159-183: le indicazioni tra parentesi dopo le
citazioni si riferiscono a questo saggio. 85 Giuseppe Speciale,
Giudici e razza nell'Italia fascista, Giappichelli, Torino 2007, XI-296 pp.;
Id., La giustizia della razza. I tribunali e l'art. 26 del r.d. 1728 del
17 novembre 1938, in Luigi Lacchè (ed.),1/ diritto del Duce. Giustizia e
repressione nell’Italia fascista, Donzelli, Roma 2015, pp. 249-278;
l'aggiornamento bibliografico è a p. 249, nota 1. Inoltre: Giuseppe
Speciale, Le /eggi antiebraiche nell’ordinamento italiano. Razza,
diritto, esperienze, Pàtron, Bologna 2013, 324 pp. Vedi anche: Ernesto De
Cristofaro, Una figura paradossale della legge: il diritto razzista, pp.
137-147; Giuseppe Speciale, Giudici e razza negli anni della discriminazione:
voci dalle sentenze (1938-1942), pp. 149-171; in Giuseppe Ruggieri (ed.),
Io sono l’altro degli altri: l’ebraismo e il destino dell’Occidente,
Firenze, Giunti, 2006, 309 pp. 86 Galante Garrone, Amalek, il
dovere della memoria, cit.; in particolare, il capitolo La memoria
dell’offesa, che contiene A quarant'anni dalle leggi antiebraiche, e
Cinquant’anni dopo: ricordi e rilessioni di un giudice, pp. 136-158. La
citazione è a p. 158. Max Planck Institute for Legal History and
Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano
27 fessore di diritto e procedura penale nell'Università di
Torino, ricorda che, all’entrata in vigo- re delle leggi razziali, il
ministero della giustizia chiese che i singoli magistrati dichiarassero
di non appartenere alla “razza ebraica”. nel gennaio del 1939 quattordici
magistrati vennero dispensati d’ufficio, mentre quattro chiesero di
essere messi a riposo: “non risulta che alcuno dei circa 4200 magistrati
in servizio abbia preso in qualche modo le distanze dall’espulsione” (p.
136)87. È “l’immensa palude abitata da figure silenti” evocata da Saverio
Gentile88. Molti però non rimasero silenti, ma anzi parteciparono
attivamente alle riviste razziste del regime: “La difesa della razza” “La
nobiltà della stirpe” e, in particolare, “Il diritto razzista” Neppi
Modona elenca pagine di nomi e funzioni, e constata — con un elenco di casi
esempla- ri — che a guerra finita nessuno è stato condannato. Non poteva
mancare la carriera Gaetano Azzariti, presidente del Tribunale della
razza, poi nel dopoguerra “Ministro della Giustizia nel primo Governo
Badoglio, [...] consulente giuridico del guardasigilli Togliatti nel
1945- 46, infine presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche
nel 1949. In pensione dal 1951, è nominato nel 1955 dal presidente
Gronchi giudice della Corte costituzionale, di cui nel 1957 diviene
presidente eletto dai suoi colleghi della Corte sino al 1961, anno della
morte” (p. 145 s.). Al Tribunale della razza appartenevano anche Antonio Manca
e Giuseppe Lampis, anch’essi divenuti giudici costituzionali nel
dopoguerra. Ecco la loro (vittoriosa) difesa: il Tribunale della razza
era “una commissione tecnico-giuridica, composta in preva- lenza di
magistrati, che consentiva di far dichiarare ariane persone che agli atti dello
stato civile risultavano ebree. Parecchie famiglie israelite furono così
sottratte ai rigori della legge” (p. 145)82. Infine, Luigi Oggioni passa
dal tribunale di cassazione della RSI alla Corte costi- tuzionale
dell’Italia postbellica: nominato nel 1966 da parte del Presidente della
repubblica Giuseppe Saragat, dal 1975 fu vice-presidente di quella
Corte. Non mancarono però magistrati con la “spina dorsale” come
Peretti Griva?0 (una cui sen- tenza su questioni razziali provocò
circolari di rimbrotto perché in contrasto con la posizione del Ministero
degli interni) e altri ancora di cui Neppi Modona rende conto. In questa
inda- gine egli ha esaminato “una fonte inedita, i verbali delle adunanze
del Consiglio giudiziario del distretto di corte d’appello di Torino nel
decennio dal 1937 al 1946” sulla valutazione dei magistrati. Su quelle
“centinaia di pareri i riferimenti alla razza sono episodici e casuali,
in tutto solo quattro” (p. 152 s.); da essi “non risulta che alcuno abbia
manifestato un sia pur 87 Guido Neppi Modona, La
magistratura e le leggi raziali 1938-1943, in Piazza, Le leggi razziali del
1938, cit., pp. 133-158: le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni
si riferiscono a questo saggio. 88 Saverio Gentile, La legalità del
male. L'offensiva mussoliniana contro gli ebrei nella prospettiva
storico-giuridi- ca (1938-1945), Giappichelli, Torino 2013, XIV-614
pp. 89 Ulteriori notizie in Massimiliano Boni, Gaetano Azzariti:
dal Tribunale della razza alla Corte costitu- zionale, “Contemporanea”
2014, pp. 577-607 (https://Awvww.academia.edu/25984366/Gaetano_Azzariti_
dal_tribunale_della razza alla corte costituzionale). Una precisa descrizione
della sua carriera è in Antonella Meniconi, La magistratura e la politica
della giustizia durante il fascismo attraverso le strutture del ministero
della giustizia, in Luigi Lacchè (ed.), I/ diritto del Duce, cit., pp.
89-91. 90 Francesco Campobello (a cura di), Una spina dorsale.
Domenico Riccardo Peretti Griva: magistrato, anti- fascista, fotografo,
Edizioni SEB, Torino 2017, 179 pp.; Alessandro Galante Garrone, Peretti Griva:
una spina dorsale, “Nuova Antologia” ottobre-dicembre 1998, pp.42-54.
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Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 28
timido dissenso o riserva nei confronti della politica razziale del regime o,
al contrario, abbia manifestato adesione a tale politica” (p. 154). Se ne
può concludere che “l’alta e la bassa ma- gistratura si sono trovate
accomunate nel medesimo processo di rimozione della legislazione e della
politica razzista del fascismo”; di conseguenza, “quali che siano stati i
motivi della rimozione, la realtà è che i conti con il passato
filo-razzista della magistratura italiana sono ancora tutti da fare” (p.
157 s.)?!. Nei tribunali operavano anche numerosi avvocati e
procuratori, fra i quali l’epurazione venne realizzata con la legge del
29 giugno 1939, n. 1054. La situazione del Piemonte è stata descritta
sulla base di documenti inediti: “Obiettivo della legge fascista era la
cancellazione dei professionisti ebrei dai rispettivi albi”; però veniva
istituito un “albo aggiunto” per inclu- dervi “gli ebrei ‘discriminati’ per
particolari meriti nazionali” (cioè arianizzati, come si è vi- sto):
“nell’albo torinese del 1941 dopo i 722 avvocati ‘ariani’ erano aggiunti in
calce 10 ‘ebrei discriminati’, e quindi riparificati agli ariani” (p.
178). Massimo Salvadori concludeva il convegno torinese del 2018
con una constatazione — “non basta accrescere la conoscenza: occorre
coltivare la memoria” — e con un quesito che si dovrebbe sempre tener
presente: sarebbe necessario che “chi ha la fortuna di vivere in tempi
migliori di quelli che abbiamo evocato e di cui abbiamo qui scritto non ceda ai
facili eccessi di moralismo nei confronti di coloro che piegarono la
schiena per salvaguardare se stessi e che domandi con sincerità a se
stesso: ‘To che cosa avrei fatto, avrei superato la prova?””92, 5.
Una guida: i ricordi di Liliana Segre Gli astratti furori delle
norme antiebraiche si sono tradotti nelle concrete softerenze di milio-
ni di individui, quando non nella loro morte spesso atroce. A partire dal
dopoguerra molte persone hanno descritto la loro propria tragedia,
affinché non si dimenticasse l’orrore che avevano vissuto, nella
convinzione che il tramandarne la memoria avrebbe (forse) impedito il
ripetersi di tragedie analoghe. Nel settembre del 1938 Liliana
Segre era una bambina milanese otto anni, espulsa dalla scuola perché
ebrea. A 13 anni venne deportata ad Auschwitz, dove morirono suo padre ed
entrambi i nonni paterni. Sopravvissuta al campo di concentramento e tornata in
Italia, rimase in silenzio per anni, poi condivise i suoi ricordi con
migliaia di giovani, che incontrò durante trent'anni di costante impegno
nelle scuole di tutt'Italia. Il 19 gennaio 2018 — pro- prio
nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziste, già ricordato più volte —
Liliana Segre venne nominata senatrice a vita. A novant’anni, il 9
ottobre 2020, incontrò i giovani di una comunità di Arezzo per quella che
lei stessa definì la sua “ultima testimonianza pubblica”
?1 Per un quadro generale: Neppi Modona, La magistratura dalla
liberazione agli anni Cinquanta, in Storia dell’Italia repubblicana, vol.
III/2, Einaudi, Torino 1997, pp. 83-137. 92 Massimo L. Salvadori,
Conclusioni, in Piazza, Le leggi razziali del 1938, cit., p. 207.
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series
No. 2022-04 Mario G. Losano 29 inclusa nel 2021 in un
volume insieme con altri documenti?3. Questa testimonianza è ora affidata
alla lettura di ciascuno di noi e va meditata nel silenzio delle nostre
coscienze. Le testimonianze individuali si sono moltiplicate nel
corso degli anni, anche sotto la pres- sione delle rinascenti simpatie
per gli autoritarismi tanto attuali quanto passati (qui evocate nel $ 3).
La testimonianza di Liliana Segre è accompagnata da un elenco selettivo di
Libri di altri sopravvissuti (riprodotto qui alle p.415.). Però la
memorialistica su quegli anni è più este- sa: è già stato citato il libro
di Giorgio Del Vecchio (cfr. supra, nota 32); altri ancora affiorano
ripensando anche alle persone che abbiamo conosciuto?4; e indelebile è il
ricordo della mia insegnante al Liceo Galvani di Bologna, Sandra Basilea,
che ci leggeva in veneziano Giacinto Gallina e che ci commosse con il suo
libro Sez viva Anne? del 1956: “Io li amo i miei ragazzi. E ne ho sempre
tanti. Ragazzi e ragazze” Parlava a noi (“non c'è nulla di più bello che
due occhi di adolescente che ascoltano un argomento più grande di noi”)
rivolgendosi ad Anna Frank, e si presentava così: “Chi sono? Sono una
superstite di quell’orribile marasma. Sono viva. Scampata per miracolo.
Vivo ancora. Sono passati ormai più di dieci anni da quel lon- tano 1945.
Ma vi sono anni della vita che non si dimenticano più. Incidono nel
sangue”95, Per Sandra Basilea, l’uscire in un giorno di primavera
dalla stanza dove era rimasta nasco- sta per 550 giorni è un ricordo
imperituro, ma — guardandosi intorno nel fervore del dopo- guerra — si
chiede: “Non sono troppi gli immemori?”; e conclude sulla salutare inevitabilità
dell’oblìo: “Tutti forse dimentichiamo. Forse è destino che sia così. Dobbiamo
anche dimen- ticare. Dimenticare i dolori per riprendersi, i rancori per
perdonare, la vita passata per quella futura che si evolve e procede
instancabilmente”96. Se Sandra Basilea si sofferma sull’oblio
individuale, vedremo come Ernest Renan lo esten- da alla vita di
un’intera nazione, quando essa esce da una catastrofe fortemente divisiva
(cfr. infra, p.39). La curatrice del volume di Liliana Segre,
Alessia Rastelli, ha arricchito il volume di interes- santi
Approfondimenti: una Nota biografica su Liliana Segre (pp. 89-92), una
Cronologia che ripercorre con chiarezza gli eventi storico-politici dal
1919 al 1945 (pp. 93-119) e, infine, delle Proposte di lettura e documenti
sulla Shoah italiana (pp. 121-135), che comprendono la bibliografia dei
Libri di Liliana Segre, i Libri di altri sopravvissuti (ricordati poco sopra) e
una selezione di volumi suddivisi per argomento. 93 Liliana
Segre, Ho scelto la vita. La mia ultima testimonianza pubblica sulla Shoa.
Prefazione di Ferruccio de Bortoli. A cura di Alessia Rastelli,
Solferino, Milano 2021, 121 pp. 94 Per esempio, Massimo Ottolenghi,
Per un pezzo di patria. La mia vita negli anni del fascismo e delle leggi
razziali, Blu Edizioni, Torino 2009, 189 pp.; Massimo Ottolenghi, Ricordi di un
“gagno” di “Giustizia e li- bertà”, “Micromega” n. 3, 2015, pp. 279-290
(avvocato, figlio dell’internazionalista Giuseppe Ottolenghi
dell’Università di Torino). “Gagno” significa bambino o ragazzo in
piemontese. 25 Sandra Basilea, Sei viva Anne?, Cappelli, Bologna
1956, 157 pp. Le citazioni sono a p. 10 e a p. 12. Su Sandra Basilea:
Elena Corsi, La persecuzione narrata, in Antonia Grasselli (ed.), Stranzeri in
patria: gli ebrei bolognesi dalle leggi antiebraiche all’8 settembre del
1943, Pendragon, Bologna 2006, pp. 75-77; in questo volume sono
analizzati anche altri testi memorialistici di ebrei scampato. 96
Ivi, p. 151. Max Planck Institute for Legal History and Legal
Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 30
Forse i più giovani non hanno presente il convulso sovrapporsi di eventi
tra il 1943 e il 1945; però è necessario ripercorrerli a grandi linee —
seguendo la Cronologia di Alessia Rastel- li sopra ricordata — per
rendersi conto dell’intersecarsi e del sovrapporsi di eventi spesso in
reciproco contrasto, perché riflessi d’una realtà frammentata e
contraddittoria. Nel 1943, il 10 luglio gli angloamericani sbarcano
in Sicilia; il 25 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo depone Mussolini
e il Re e Imperatore Vittorio Emanuele III lo fa arrestare; 1’8 settembre
il governo firma l’armistizio con gli alleati e fugge da Roma; i tedeschi
occu- pano l’Italia centro-settentrionale e il 23 settembre nell’Italia
del Nord nasce la Repubblica Sociale Italiana (RSI). Essa è guidata dal
Partito Fascista Repubblicano, il cui programma è contenuto nel Manifesto
di Verona, in cui si legge: “Gli appartenenti alla razza ebraica sono
stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica” (punto 7).
In stretta col- laborazione con i nazisti inizia così la deportazione
degli ebrei italiani: a simbolo di questo nuovo corso assurge la
deportazione in Germania, avvenuta il 16-18 ottobre 1943, di oltre mille
ebrei romani, dei quali soltanto sedici sopravvissero. Nel 1944, da
Milano partono i treni per Auschwitz che deportano anche Primo Levi e
Liliana Segre; si intensifica la lotta partigiana e il 24 aprile viene
costituito il governo di unità nazionale presieduto da Pietro Badoglio;
il 4 giugno gli alleati liberano Roma e il 6 giugno sbarcano in
Normandia; l’Italia è divisa in due, con l’esercito della RSI che, a fianco dei
te- deschi, combatte contro gli angloamericani che risalgono la penisola,
affiancati dall’esercito regio di Badoglio; una parte dei militari
fascisti si sbanda (Tutti a casa è appunto il titolo del celebre film del
1960 di Luigi Comencini su quei giorni); altri passano alla lotta
partigiana; altri entrano nell’esercito “di Salò”; ma 800.000 rifiutano
di servire sia nella RSI sia sotto i te- deschi e vengono internati in
Germania: è la tacita resistenza degli IMI, gli “Internati Militari
Italiani) non meno eroica della resistenza armata. Nel 1945, il 27
gennaio l’esercito sovietico libera Auschwitz; il 25 aprile il Comitato
di Liberazione Nazionale ordina l’insurrezione generale contro i
nazi-fascisti: è la data della “Liberazione” oggi festa nazionale; il 30
aprile si suicida Hitler e il 7 maggio la Germania si arrende; il 6 e 9
agosto gli americani sganciano le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki
e il 2 settembre il Giappone si arrende. La Seconda Guerra Mondiale è finita.
Il 20 novembre 1945 iniziano i processi di Norimberga contro i criminali
nazionalsocialisti e il 29 aprile 1946 inizia il processo di Tokyo contro
i militaristi giapponesi, mentre per l’Italia si registra una “mancata
Norimberga”97. Accanto a questa “grande storia” dell’Italia scorre
la “piccola storia” quotidiana degli ita- liani: bombardamenti,
sfollamenti, tessere annonarie, rappresaglie dei nazisti e dei “repub-
blichini” azioni anche arbitrarie dei partigiani, mentre la lotta per i grandi
ideali (dell’una e dell’altra parte) si interseca con meschine e violente
rivalse politiche e vendette personali. 27 Michele Battini, La
mancata Norimberga italiana, Laterza, Bari-Roma 2003, XII-189 pp.; Filippo
Focardi, Criminali a piede libero: la mancata “Norimberga italiana”, in
Giovanni Contini - Filippo Focardi —- Marta Petricioli (a cura di),
Memoria e rimozione: i crimini di guerra del Giappone e dell’Italia, Viella,
Roma 2010, pp. 187-202 (Atti del Convegno tenuto a Firenze nel 2007);
Guido Caldiron, La mancata Norimberga italiana, in Ora e sempre
Resistenza, “Micromega” n. 3, 2015, pp. 236-246. Max Planck
Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 31 Il 2 giugno 1946 l’Italia
diviene una repubblica parlamentare, ricostruisce un suo apparato statale
che — oltre a garantire il funzionamento della nazione - deve anche punire i
reati com- messi nel convulso triennio appena trascorso. In particolare,
deve punire i reati commessi dai fascisti, e deve farlo nell’ambito della
nuova legalità repubblicana, i cui tribunali sono però ancora in
maggioranza retti da magistrati con un passato di acquiescenza al fascismo
(come si è visto sopra, p. 26). L’Italia esce da una guerra
mondiale, ma anche da una guerra civile, lasciandosi alle spalle un’epoca
nella quale le istituzioni monarchiche e fasciste hanno goduto di un largo
appog- gio popolare. Un quesito ineludibile si pone alle nuove
istituzioni repubblicane: devono assumersi l’onere di reprimere i reati
fascisti, come ad esempio i reati connessi alle leggi an- tiebraiche?
Fiat justitia et pereat mundus? La nuova repubblica preferì la via della pace
sociale e della conciliazione, che però è anche la via dell’impunità:
l’“amnistia Togliatti” del 1946 si colloca in quest’Italia dilaniata dal
passato, divisa sul presente ma fiduciosa nel futuro. 6. Tra
giusta punizione e pace sociale: “l’amnistia Togliatti” del 1946
Dopo i tormentati giorni successivi all’armistizio dell’8 settembre 1944 e la
conclusione delle attività militari sul territorio italiano, nel
tentativo di salvare la monarchia Vittorio Emanuele II abdicò il 9 maggio
1946 a favore del figlio Umberto II, che dal 1944 al 1946 era stato Luo-
gotenente Generale del Regno d’Italia: è sua la firma sui decreti
luogotenenziali esaminati tra poco. Il 2 giugno il referendum
istituzionale trasformò l’Italia in repubblica e quindi Umberto Il - il
“Re di maggio” — dovette partire per l’esilio il 18 giugno. Nel
contempo, sotto la guida di Alcide De Gasperi, veniva formato il primo governo
re- pubblicano, il cui ministro della giustizia era Palmiro Togliatti,
segretario del Partito Comu- nista Italiano: un inevitabile
riconoscimento della rilevanza avuta dai comunisti nella lotta di
Liberazione, destinato però a non avere seguito. Togliatti fu vice-primo ministro
nel 1944-45 e Ministro di Grazia e Giustizia nel 1945-46: in quest’ultima
veste varò l’amnistia che prese il suo nome e che verrà qui brevemente
esaminata, avendo come testo di riferimento una recente analisi
soprattutto tecnico-giuridica, cioè penalistica, di quest’amnistia?8.
Il suo autore, Paolo Caroli, sintetizza così la sua opera: “Nel primo
capitolo si offre una ricostruzione del contesto storico-giuridico della
transizione italiana, sia con riferimento ai delitti fascisti che a
quelli commessi dai militari italiani all’estero, ai delitti della Resistenza
e a quelli dei militari tedeschi. Il secondo capitolo si concentra
sull’amnistia Togliatti, analizzan- 98 Paolo Caroli,
I/ potere di non puntre. Uno studio sull’amnistia Togliatti, Edizioni
Scientifiche Italiane, Na- poli 2020, 382 pp. (Fonti e Studi per il
Diritto Penale, collana diretta da Sergio Vinciguerra e Gabriele
Fornasari, n. 2); le indicazioni tra parentesi dopo le citazioni si riferiscono
a questo saggio. Cfr. in partico- lare: 2.6.I/ “grande ripiegamento”:
dalla pena alla clemenza; 2.7. L’esercizio del potere di clemenza:
l’amnistia Togliatti; 2.8. Gli interventi di clemenza successivi
(1946-1966), pp. 48-57, e due capitoli di analisi dell’amni- stia
Togliatti, pp. 101-211; importante la Brbliografia, pp. 331-382.
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series
No. 2022-04 Mario G. Losano 32 do i delitti a cui si
applica [... ed] evidenziando lo iato tra /aw in the books e law in action.
Il terzo capitolo sottopone il provvedimento di amnistia a un sindacato
critico, ricorrendo a un duplice parametro: da un lato i criteri offerti
dalla dottrina penalistica, dall’altro quelli della giustizia di
transizione e del diritto penale internazionale. Il quarto capitolo allarga lo
sguar- do alla transizione nel suo insieme, comparando l’esperienza
italiana con quella spagnola e sudafricana” ma affrontando anche un
problema italiano recente, cioè confrontando l’espe- rienza postbellica
“con ciò che avvenne nel passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica,
in quella stagione nominata Tangentopoli”9, iniziata nel 1992. Nel quinto
capitolo, infine “si sviluppano considerazioni più generali sulla
clemenza collettiva e sulla non punibilità” nell’I- talia di oggi (p.
16). Nella fase postbellica di transizione anche istituzionale,
cioè tra il 1944 e il 1946, vennero emanati anzitutto due decreti
luogotenenziali per il perseguimento penale dei reati com- messi sotto il
fascismo: uno sulla Purzizione dei delitti e degli illeciti del fascismo,
l’altro sulle Sanzioni contro il fascismo! Quest'ultimo — che può essere
considerato “la Magna Charta della giustizia transizionale italiana” (p.
37) — istituisce l’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo
e individua le fattispecie penali che saranno giudicate dalle Corti
Straor- dinarie d'Assise (CAS), poi Sezioni speciali delle Corti
d’Assise: Art. 1. Sono abrogate tutte le disposizioni penali
emanate a tutela delle istituzioni e degli organi poli- tici creati dal fascismo.
Le sentenze già pronunciate in base a tali disposizioni sono annullate.
Art. 2.I membri del governo fascista, e i gerarchi del fascismo,
colpevoli di aver annullate le garanzie costituzionali, estinte le
libertà popolari, creato il regime fascista, compromesse e tradite le sorti
del Paese condotto alla attuale catastrofe, sono puniti con l’ergastolo
e, nei casi di più grave responsabilità, con la morte. Essi
saranno giudicati da un’Alta Corte di giustizia composta di un presidente e di
otto membri, nominati dal Consiglio dei Ministri fra alti magistrati, in
servizio o a riposo, e fra altre personalità di rettitudine
intemerata. Art. 3. Coloro che hanno organizzato squadre fasciste,
le quali hanno compiuto atti di violenza o di devastazione, e coloro che
hanno promosso o diretto l’insurrezione del 28 ottobre 1922 sono puniti
secondo l’art. 120 del Codice penale del 1889. 99
Rilevanti i due paragrafi sulla “transizione degli anni ’90”: “Il diritto
penale per uscire dalla guerra e il diritto penale per uscire da
Targentopoli: a. Un elemento di differenza fra le due transizioni: sulla
mag- giore responsabilità del legislatore nel 1993; 6. Un elemento di
analogia e continuità: l’abdicazione del legislatore e la responsabilità
lasciata alla magistratura” (pp. 288-298). 100 Rispettivamente:
Decreto Legislativo Luogotenenziale, 26 maggio 1944, n. 134, Punizione dei
delitti e degli illeciti del fascismo; Decreto Legislativo
Luogotenenziale, 27 luglio 1944, n. 159, Sanzioni contro il fascismo
(“Gazzetta Ufficiale” serie speciale, 29 luglio 1944, n.41). Sull’insieme delle
norme di quei giorni: Massimo Donini, La gestione penale del passaggio
dal fascismo alla Repubblica in Italia,“Materiali per una storia della
cultura giuridica” 2009, pp. 183-216; Nello Martellucci, Le sanzioni contro il
fascismo ed il 496 c. p., Priulla, Palermo 1946, 31 pp. L’articolo del
codice penale italiano citato nel titolo ha il seguente contenuto: “False
dichiarazioni sulla identità 0 su qualità personali proprie o di
altri.Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti,
interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria
o dell’altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o
a persona incaricata di un pubblico servizio, nell’esercizio delle
funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Mario G. Losano 33 Coloro che
hanno promosso o diretto il colpo di Stato del 3 gennaio 1925 e coloro che
hanno in seguito contribuito con atti rilevanti a mantenere in vigore il
regime fascista sono puniti secondo l’art, 118 del Codice stesso.
Chiunque ha commesso altri delitti per motivi fascisti o valendosi della
situazione politica creata dal fascismo è punito secondo le leggi del
tempo. Art.4.1 delitti preveduti dall’articolo precedente sono
giudicati, a seconda della rispettiva competenza, dalle Corti d’assise,
dai Tribunali e dai Pretori. Le Corti d’assise sono costituite dai
due magistrati, previsti dal Testo unico delle disposizioni le- gislative
sull’ordinamento delle Corti di assise, e da cinque giudici popolari estratti a
sorte da appositi elenchi di cittadini di condotta morale e politica
illibata. Seguono poi le pene, delle quali vengono qui di seguito
presentati soltanto alcuni esempi, che richiedono però una spiegazione
preliminare. Il lettore di questo testo (e di altri ad esso successivi,
qui non riportati) può constatare come, nell’indicare i fatti soggetti a
punizione, vengano usati termini così vaghi, da lasciare largo spazio
all’interpretazione del giudice nello stabilire il livello di gravità del
comportamento, o addirittura l’esistenza del reato, e quindi nel decidere
se la pena vada comminata, e in che misura, oppure no. Questa
vaghezza terminologica può avere due cause. Una deriva dalla natura politica o
fat- tuale del comportamento punito, il quale non è quantificabile o
comunque delimitabile con precisione. Chi vive in un Stato totalitario, e
per di più occupato da un esercito nemico, nella propria attività
professionale inevitabilmente “collabora” con il nemico: a partire da
quale momento questa inevitabile “collaborazione” diviene colpevole
“collaborazionismo”!0 In base all’art. 3 appena citato, come distinguere
gli “atti rilevanti a mantenere in vigore il re- gime fascista” dagli
atti irrilevanti a questo fine? L'altra causa della genericità
terminologica deriva dall’arrière pensée attribuibile al legislatore, che
pratica una politica giuridica simboli- ca, anche se in apparenza dura:
il legislatore compie il bel gesto di punire con severità certi
comportamenti, sapendo che quella severità verrà attenuata (e anche molto)
perché l’appli- cazione di quelle norme è affidata a una magistratura che
ha ancora le sue radici nell’epoca fascista, come si vedrà tra
poco. Ecco ora il testo di alcune norme, da considerare tenendo
conto delle osservazioni sin qui svolte sulla loro terminologia:
Art 8. Chi, per motivi fascisti o avvalendosi della situazione politica
creata dal fascismo, abbia com- piuto fatti di particolare gravità
che, pur non integrando gli estremi di reato, siano contrari a norme di
rettitudine o di probità politica, è soggetto alla interdizione
temporanea dai pubblici uffici ovvero alla privazione dei diritti
politici per una durata non superiore a dieci anni. Art. 9. Senza
pregiudizio dell’azione penale, i beni dei cittadini i quali hanno tradito la
patria ponen- dosi politicamente ed attivamente al servizio degli
invasori tedeschi sono confiscati a vantaggio dello Stato.
Art. 12. Sono dispensati dal servizio [cioè epurati]: 1) coloro che,
specialmente in alti gradi, col par- tecipare attivamente alla vita
politica del fascismo o con manifestazioni ripetute di apologia fascista,
101 Giuliano Vassalli — Giuseppe Sabatini, I/
collaborazionismo e l’amnistia politica nella giurisprudenza della Corte
di Cassazione. Diritto materiale, diritto processuale, testi legislativi, La
giustizia penale, Roma 1947, VIII-645 pp. (analizza le sentenze del
periodo 1944-1947). Max Planck Institute for Legal History and
Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano
34 si sono mostrati indegni di servire lo Stato; 2) coloro che,
anche nei gradi minori, hanno conseguito nomine od avanzamenti per il
favore del partito o dei gerarchi fascisti. Mentre sono dispensate
(cioè epurate) altre figure legate al partito fascista e alla sua
attività (artt. 13-17), in altri casi sono previste forme (altrettanto
vaghe) di diritto premiale, come ad esempio nell’art. 18: “Chi, dopo 1°8
settembre 1943, si è distinto nella lotta contro i tede- schi, può essere
esente dalla dispensa e da ogni misura disciplinare” Segue poi
l’“Avocazione dei profitti di regime” (artt. 26-30), cioè la confisca
dell’arricchimento individuale realizzato sfruttando le opportunità
offerte dal regime fascista: Art. 26: Gli incrementi patrimoniali
conseguiti dopo il 28 ottobre 1922, da chi ha rivestito cariche pubbliche
o comunque svolta attività politica, come fascista, si presumono profitti di
regime, a meno che gli interessati dimostrino che gli arricchimenti hanno
avuto lecita provenienza. Ciò vale anche se i beni abbiano cessato di
appartenere alla stessa persona. Infine, una norma nella cui formulazione
“la responsabilità del legislatore è più evidente” — , P 5 P
osserva il penalista Paolo Caroli — punisce “le sevizie particolarmente
efferate” all’art. 3 del decreto dell’“Amnistia Togliatti che è opportuno
vedere per intero: Art. 3. Amnistia per altri delitti politici. È
concessa amnistia per i delitti di cui agli articoli 3 e 5 del decreto
legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, ed all’art. 1 del decreto
legislativo luogote- nenziale 22 aprile 1945, n.142, e per i reati ad
essi connessi a’ sensi dell’art. 45, n. 2, Codice procedura penale, salvo
che siano stati compiuti da persone rivestite di elevate funzioni di direzione
civile o po- litica o di comando militare, ovvero siano stati commessi
fatti di strage, sevizze particolarmente efferate, omicidio o saccheggio,
ovvero i delitti siano stati compiuti a scopo di lucro!02, Il
termine ‘sevizie’ (si noti il plurale) “presuppone un livello estremo di
disumanità. Esso non dovrebbe perciò tollerare l’apposizione di aggettivi
che ne qualifichino l’intensità. Le sevizie, in quanto tali, dovrebbero
essere già di per sé al livello massimo di gravità. Tuttavia il
legislatore rende il termine ancora più selettivo, affiancandovi un avverbio ed
un aggetti- vo e richiede, affinché tali sevizie abbiano efficacia
ostativa [cioè impediscano l’applicazio- ne dell’amnistia], che esse
siano ‘particolarmente efferate’”” (p. 155 s.). Il risultato pratico di
questa scelta terminologica fu che le ‘sevizie’ senz’altra qualificazione e le
‘sevizie efferate’ vennero amnistiate dai tribunali, con sentenze che
sono “addirittura ripugnanti all’umana coscienza”103, Per la Corte di
Cassazione, la sevizia particolarmente efferata è “soltanto quella che,
per la sua atrocità, fa orrore a coloro stessi che dalle torture non siano
alieni” (Cassazione, 7 marzo 1951, Camerino). Con un’aberrante
interpretazione di questo tipo, nota un com- mentatore, “giudice
dell’efferatezza diventava la sensibilità dello stesso seviziatore” (p.
157)104. Il progressivo svuotamento delle sanzioni avvenne con
varie norme e circolari interpreta- tive, nonché “con l’entrata in vigore
della Costituzione” perché “l’art. 111 consente anche ai
102 Testo integrale dell’“Amnistia Togliatti”. Decreto Presidenziale, 22
giugno 1946, n. 4, Amnistia e indulto per reati comuni, politici e
militari, “Gazzetta Ufficiale” Serie Generale n. 137 del 23 giugno 1946;
corsivo mio (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1946/06/23/046U0004/sg).
103 Carlo Galante Garrone, Guerra di liberazione (dalle galere), “Il
Ponte” 1947, p. 1059. 104 La citazione è tratta da Massimo Donini,
La gestione penale del passaggio dal fascismo alla Repubblica in
Italia,“Materiali per una storia della cultura giuridica” 2009, p. 211.
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Mario G. Losano 35 condannati in
via definitiva di presentare ricorso al fine di ottenere l’amnistia. Ciò di
fatto annulla gli effetti di gran parte del lavoro dell’Alta Corte di
giustizia” (p. 49). Infine, il per- seguimento penale “dei crimini
fascisti in Italia conosce un punto d’arresto con l’amnistia del 1946, qualificata
dagli storici come ‘colpo di spugna’, una combinazione di ‘amnesia e
amnistia” (p. 49). Una precisa esegesi del testo dell’“Amnistia
Togliatti” e il dibattito sulle sue numerose manchevolezze va lasciato ai
penalisti. Proprio le indeterminatezze testuali favorirono “un vero e
proprio attivismo della magistratura” segnata — come si è visto — dalla forte
impronta ricevuta nell’epoca fascista: “Dall’inizio del secolo al
fascismo, il sistema si basava su una sorta di ‘dialogo’ fra aperture
sociali da parte del legislatore ed applicazione in senso restrittivo da
parte di una magistratura conservatrice, che faceva massimo uso degli spazi di
discrezionali tà consentita” In altre parole: “La logica del bastone e
della carota nei confronti delle classi subalterne e dei movimenti
politici di opposizione vede dunque, in un evidente gioco delle parti, il
legislatore offrire la carota e la magistratura brandire il bastone a difesa
della conser- vazione. L'applicazione dell’amnistia in Italia si reggeva
proprio su questo gioco delle parti fra legislatore e magistratura” (p.
183 s.). Tenendo presente questa situazione conviene ora ritornare
al 1946 per soffermarsi breve- mente sul contenuto dell’“amnistia
Togliatti”105. Un suo chiaro commentario è la relazione con cui Togliatti
stesso accompagnò il provvedimento, presentandolo come “un provvedi-
mento generale di clemenza” (p. 143). L’amnistia riguardava i delitti comuni
puniti con una pena detentiva inferiore ai 5 anni e commessi entro il 18
giugno 1946 (art. 1), nonché “i delitti politici commessi dopo la
liberazione” (art. 2): però non veniva definito che cosa si intendesse
per delitto politico. Altri articoli introducevano importanti forme di indulto
fuori dai casi di amnistia: la pena di morte era commutata in ergastolo;
l’ergastolo in reclusione per 30 anni; le pene detentive superiori a 5
anni erano ridotte di un terzo; quelle inferiori a 5 anni venivano
condonate (art. 8-10). L’“amnistia Togliatti” provocò la
scarcerazione immediata di molti fascisti e venne critica- ta non solo dai
movimenti partigiani, ma anche all’interno del Partito Comunista
Italiano: infatti vennero scarcerati i fascisti, ma non i partigiani
arrestati prima e durante la Liberazio- ne. Tipica è la posizione
dell’esponente del Partito d’Azione Mario Berlinguer (1891-1969),
senatore socialista dopo il 1948 (e padre di Enrico, futuro segretario generale
del PCI). Il 28 luglio 1946 - quindi poco prima dell““Amnistia Togliatti“
aveva presentato alla Camera un provvedimento di “larga amnistia e di
condono” infatti egli si dichiarava favorevole a un provvedimento di
amnistia che riguardasse tanto i reati politici quanto anche quelli
comuni, adducendo due ragioni a favore di questa sua proposta: il
mutamento della coscienza giuri- dica dopo il ’44 rispetto ai reati
comuni e l‘esigenza di ridurre i processi arretrati che erano andati
accumulandosi!0, Di fronte all’“amnistia Togliatti” ne valuta il pro e il
contro: da un 105 Mario Bracci, Come nacque
l’amnistia, “Il Ponte” 1947, pp. 1090-1107; in generale: Romano Canosa,
Storza dell’epurazione in Italia. Le sanzioni contro il fascismo
1943-1948, Baldini e Castoldi, Milano 1999, X-465 pp. 106 Mario
Berlinguer, Lineamenti della prossima amnistia, “La Giustizia Penale” 1953, p.
378. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 36
lato, la ritiene pericolosa perché “dimentica le vittime per perdonare i
persecutori”!07; ma, dall’altro lato, dà “atto al governo di questo gesto
saggio e patriottico, segno di generosità, di forza e di fiducia
nell’Italia che si rinnova”108, Nell’immediato dopoguerra, inoltre,
bisognava tenere presente la collocazione politica tanto del governo
quanto della magistratura: quest’ultima “è ora chiamata a giudicare mem-
bri del passato regime, i quali [...] rappresentano comunque la conservazione,
a fronte di un nuovo governo che di fatto [...] è un governo
rivoluzionario. Esso era inoltre composto da partiti come il PCI, sino a
poco prima bandito come illegale e bollato come sovversivo del concetto
stesso di ordine costituito. L'atteggiamento della magistratura non
rappresenta quindi un intervento improvviso e imprevedibile, ma
un’evoluzione coerente e perfettamen- te prevedibile” (p. 184 s.).
All’interno società italiana del dopoguerra si intrecciavano ancora “moti
di violenza, mi- nacce neofasciste, ritorno di partigiani alla macchia,
omicidi eccellenti e omicidi di classe” (p. 54), mentre nel contesto
internazionale l’Unione Sovietica, da alleata delle democrazie
occidentali nella ‘guerra calda’, si era trasformata nella loro nemica nella
‘guerra fredda”. All’interno dell’Italia veniva quindi meno quella
solidarietà tra i partiti antifascisti di destra e di sinistra che aveva
caratterizzato la Resistenza, mentre all’esterno appariva chiaro che gli
Stati Uniti non potevano accettare che nel governo italiano fosse presente il
maggior partito comunista dell'Occidente. Di conseguenza, nel 1947 il PCI
venne escluso dal governo De Gasperi: resterà fuori dall’area governativa
sino alla sua dissoluzione nel 1991109, Il grave attentato a
Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948 può essere preso a simbolo delle
ten- sioni sociali e politiche dell’immediato dopoguerra!!0; un simbolo
con una doppia valenza. Da un lato, l’attentato porta alla luce in
forma estrema gli atteggiamenti fortemente osti- li ancora presenti in
tutto il Paese: “Operai e contadini in piazza, sciopero generale prima
spontaneo poi ufficiale, l’urlo della folla in marcia, le fabbriche occupate,
le sedi cattoliche devastate, le camionette della Celere in azione, i
comizi del Pci, i primi colpi, le prime vio- lenze. [...] Il 15 [luglio
1948] compaiono i mitra: i dimostranti sparano, i celerini rispondono, si
contano i primi morti. Togliatti ha invitato alla calma, ma l’Italia è un
vulcano. Genova, Firenze, Torino e Venezia sono in rivolta. Il Governo
mette in campo l’esercito. Sono le ore più drammatiche della breve storia
repubblicana. Siamo nell’anticamera della guerra civile”;
107 Mario Berlinguer, L’ammnistia è pericolosa. Dimentica le vittime per
perdonare i persecutori, “Non Mollare” 20 luglio 1946, p. 1. Contrario
all’amnistia anche A. Battaglia, A proposito dell’amnistia. Una cattiva
legge ed una indebita circolare, “Rivista Penale” 1946, p. 852.
108 Mario Berlinguer, Incongruenza e iniquità dell’amnistia, “La
Giustizia Penale” 1945-46, pp. 484-487. 109 Il 3 febbraio 1991 il
XX Congresso del PCI decise di mutare nome in Partito Democratico della
Sinistra, destinato a successivi cambi di nome e a un costante calo
elettorale. 110 La notizia dell’attentato nella stampa di quei
giorni è raccolta nel sito della Fondazione Feltrinelli
(https://fondazionefeltrinelli.it/app/uploads/2020/11/1948_Attentato-a-Togliatti.pdf).
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Marto G. Losano 37 infine,
“l’estate rovente del ’48 va in archivio, portandosi dietro una guerra civile
che non c'è stata e un bilancio pesante: 30 morti e 800 feriti”111,
Dall’altro lato, nel giorno stesso in cui fu vittima dell’attentato
all’uscita dal parlamento, l'atteggiamento moderato di Togliatti tenne a
freno un partito in cui molti militanti ex parti- giani avevano ancora le
armi in cantina: “Le uniche parole che il segretario [del PCI] pronun-
cia prima di entrare di entrare in sala operatoria sono “State calmi; non
perdete la testa!””112, Il carisma del segretario generale e la
disciplina del partito, nonché la ferma reazione del governo, evitarono
giorni drammatici alla giovanissima repubblica. 7. L’“Amnistia
Azara” del 1953 e la fine della giustizia di transizione Il clima
fin qui illustrato spiega perché, a partire da quello stesso 1948, si sussegua
uno stil- licidio di norme e di atti di clemenza individuale. Assume un
particolare rilievo nel 1953 l’“amnistia Azara” dal nome dell’allora
ministro della giustizia!!3. Essa vuole (queste le parole del relatore
alla Camera dei deputati, Francesco Colitto) “chiudere il ciclo fin troppo lungo
di una lotta politica assai aspra e drammatica, cancellando i residui della
dura guerra civile e dare così inizio ad una nuova èra di solidarietà
nazionale”1!4. Il medesimo spirito irenico traspare dalla presentazione
al Senato di questo “progetto di clemenza”: PRESIDENTE. L’ordine
del giorno reca la discussione del disegno di legge: “Delegazione al
Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e
indulto” già approvato dalla Camera dei deputati. Di- chiaro
aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il senatore Piola. Prima
che egli inizi il suo di- scorso, mi sia consentito di ricordare al
Senato che un provvedimento di clemenza deve essere discusso
11! Marco Innocenti, 14 luglio 1948: l'attentato a Togliatti,
(https://st.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/
Tempo%20liberoX20e%20Cultura/2008/07/Storia-storie-togliatti-14-luglio.shtml).
112 Su questa celebre frase (narrata in più varianti, ma tutte con la
stessa carica pacificatrice): Fabrizio Ron- dolino, I/ nostro PCI
1921-1991. Un racconto per immagini, Rizzoli, Milano 2020, p. 134 (a p. 180 il
mani- festo per il ritorno di Togliatti alla Festa dell’Unità il 26
settembre 1948); Marcella e Maurizio Ferrara, Conversando con Togliatti,
Edizioni di Cultura Sociale, Roma 1953, p. 375. 113 La carriera del
magistrato Antonio Azara (1883-1967) riflette la mutevolezza dei suoi tempi:
negli anni del fascismo fu giudice di cassazione dal 1936, collaborò alla
preparazione del codice civile del 1942 (ottimo codice tuttora vigente),
fu membro del comitato scientifico delle riviste “La nobiltà della
stirpe” e “Diritto Razzista” rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale
Italiana (venendo per questo espulso dalla magistratura) e dal 1948 alla
morte fu senatore della Democrazia Cristiana. Come ministro della
giustizia nel 1953-54 emanò un provvedimento di indulto e amnistia per i reati
politici commessi entro il 18 giugno 1948 (D.P.R 19 dicembre 1953, n.
922), noto come “Amnistia Azara”. Antonio Azara, Amnistia e indulto. Discorsi
pronunciati alla Camera dei deputati nelle sedute del 2 e del 18 dicembre
1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [1954?], 38 pp.; Id.,
Direttive fasciste nel nuovo Codice civile, Giuffrè, Milano 1939, 45 pp.
(https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.presidente.
repubblica:1953-12-19;922!vig=). 114 Alfredo Jannitti Piromallo,
Esposizione critica della giurisprudenza sui decreti di amnistia e d’indulto
dell’ulti- mo decennio, Società Editrice Libraria, Milano 1954, 414 pp.;
la citazione è a p. 56 s. (2° ed. aggiornata con il decreto di amnistia e
indulto 19 dicembre 1953, n. 922, illustrato articolo per articolo).
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Mario G. Losano 38 in un’atmosfera
che non contrasti con le elevate finalità che esso si propone. Il senatore
Piola ha facoltà di parlare. proLa. Illustre Presidente, onorevoli
colleghi: il richiamo e l’augurio che il nostro Presidente ha fatto, di
mantenere la discussione nell’ambito della più assoluta serenità, trova
certamente concordi tutti i colleghi. Dirò brevi parole sul progetto in
esame, risultato dei lavori della Commissione, nella quale è regnata
quella stessa serenità di discussione che si verificherà in quest’Aula. Il
progetto è giunto al Senato monco, in relazione a quello che era stato il
progetto governativo, avendo l’altro ramo del Parlamento respinta
l’amnistia; la Commissione all’unanimità ha ritenuto che dovesse essere
integrato in quella parte che le vicende della discussione, alla Camera,
avevano annullato. Non spetta a questo Consesso di indagare sulle ragioni
complesse per le quali dal progetto era stato eliminato l’articolo primo;
ma era doveroso per l’armonia stessa del provvedimento di clemenza che la
Commissione si facesse parte diligente col creare l’altro pilastro sul
quale il provvedimento stesso doveva poggiare. Ed è così che accanto
all’indulto si propone all’approvazione del Senato l’amnistia!!5,
Anche questo decreto del 1953 contiene dunque norme sia sull’amnistia, sia
sull’indulto. In esso l’amnistia è “generale” mentre la particolare
ampiezza dell’indulto aveva animato il dibattito sull’approvazione del
provvedimento: secondo alcuni, infatti, quell’ampio indulto sembrava una
misura per far uscire dalle carceri tutti i politici. L'amnistia sancita dal
decreto presidenziale n. 922 del 19 dicembre 1953 è nota come “amnistia
Azara” perché promossa dall’allora Ministro della Giustizia, Antonio
Azara (1883-1967), “magistrato fascista e noto- riamente razzista
(sostenitore delle “leggi razziali” e membro della rivista “Diritto
razzista”). Tale decreto n.922, congiunto alla legge n. 921 sulla
liberazione condizionale, emanata giusto il giorno precedente 18 dicembre
1953, determinò la scarcerazione dei collaborazionisti che erano ancora
reclusi” 116, Basti qui richiamare in forma abbreviata i due
articoli iniziali di questo testo, la cui analisi complessiva sarebbe
lunga e tecnicamente complessa: Art. 1. È concessa amnistia:
a) per ogni reato, non militare o finanziario, per il quale è stabilita
una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola o
congiunta a pena pecuniaria, oppure soltanto una pena pecuniaria. [Segue
un elenco di reati esclusi dall’amnistia.] b) per tutti i reati
preveduti dal regio decreto-legge 22 aprile 1943, n. 245, e sue successive
modifica- zioni, nonchè per tutti i reati preveduti da leggi antecedenti
e successive al decreto-legge anzidetto in ordine alla disciplina dei
consumi, degli ammassi e dei contingentamenti; c) per il reato di
diffamazione a mezzo della stampa; d) peri reati militari di
assenza dal servizio preveduti dagli articoli 146, 147, prima parte, e 151 del
Co- dice penale militare di guerra commessi dall’8 settembre 1943 al 15
aprile 1946, in quanto non siano stati compresi in precedenti decreti di
amnistia; e) per ogni reato, non militare o finanziario, per il
quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a sei
anni, sola o congiunta a pena pecuniaria, commesso da minori di anni
diciotto, ferme restando le esclusioni di cui alla lettera a);
f) per i reati finanziari preveduti [segue elenco].
115 Senato della Repubblica, Seduta del 13 dicembre 1953, Discussione del
disegno di legge: Delegazione al Presidente della Repubblica per la
concessione di amnistia e indulto, p. 2671 (https://www.senato.
it/service/PDF/PDFServer/BGT/473525.pdf). Relatore è il senatore Giacomo Piola
della Democrazia Cristiana. 116 Dalla tesi di Mauro Luciano
Malo, La giustizia di transizione tra fascismo e democrazia, p. 200 s.
(http://
dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/18408/855495-1250948.pdf?sequence=2).
Max
Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 39 Art. 2. È concesso indulto: a)
per i seguenti reati commessi dall’8 settembre 1943 al 18 giugno 1946: reati
politici, ai sensi dell’art. 8 del Codice penale, e i reati connessi;
nonchè i reati inerenti a fatti bellici, commessi da coloro che ab- biano
appartenuto a formazioni armate: 1) commutando la pena dell’ergastolo nella
reclusione per anni dieci e, qualora l’ergastolo sia stato già commutato
in reclusione per effetto dell’indulto, riducen- do ad anni dieci la pena
della reclusione sostituita a quella dell’ergastolo; 2) riducendo ad anni
due la pena della reclusione superiore ad anni venti e condonando
interamente la pena non superiore ad anni venti; b) per ogni
reato commesso non oltre il 18 giugno 1946 da coloro che abbiano appartenuto a
forma- zioni armate, e non fruiscano del beneficio indicato nella
precedente lettera. In sintesi, quell’amnistia e alcune norme
successive “estesero definitivamente a tutti i condan- nati (compresi i
latitanti), i benefici delle scarcerazioni e delle amnistie. In questo modo
in carcere non rimase più nessuno, e la giustizia del dopoguerra così si
concluse” 117, Se la condanna esige il ricordo, l’amnistia impone
l’oblìo: e forse, come il dimenticare è essenziale per la mente
dell’individuo, così il dimenticare è necessario affinché una nazione
possa vivere senza eccessive tensioni. L'Italia ha molto dimenticato, e la
natura e le dimensio- ni di questo oblio imporrebbero un’ulteriore, vasta
ricerca. Essa potrebbe svolgersi all’inse- gna di quando aveva affermato
Ernest Renan nel 1882: L’oblio, e dirò persino l’errore storico,
costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una na- zione, ed
è per questo motivo che il progresso degli studi storici rappresenta spesso un
pericolo per le nazionalità. La ricerca storica, infatti, riporta alla
luce i fatti di violenza che hanno accompagnato l’o- rigine di tutte le
formazioni politiche, anche di quelle le cui conseguenze sono state benefiche:
l’unità si realizza sempre in modo brutale. [....] Una
nazione è un’anima, un principio spirituale. Due cose, che in realtà sono una
cosa sola, costituiscono quest’anima e questo principio spirituale; una è
nel passato, l’altra è nel presente. Una è il comune possesso di una
ricca eredità di ricordi; l’altra è il consenso attuale, il desiderio di
vivere insieme, la volontà di continuare a far valere l’eredità ricevuta
insieme. [...] L’essenza di una nazione sta nel fatto che tutti i
suoi individui condividano un patrimonio comune, ma anche nel fatto che
tutti abbiano dimenticate molte altre cose!!8, Nella giustizia
transizionale dell’Italia del dopoguerra le amnistie “Togliatti” e “Azara”
sono i primi passi sulla via dell’oblìo; altri se ne aggiusero,
soprattutto dopo le turbolenze del 1968. Omettendo ulteriori
approfondimenti, se ne può tracciare un primo quadro complessivo: “Negli
anni ’50 e ’60 i provvedimenti di amnistia e di indulto per fatti politici sono
cinque su un totale di nove atti del genere (i decreti emessi in
relazione a fatti politici contengono di solito disposizioni anche in
ordine a reati comuni). Il primo è del 1953 (D.P.R. 19/12/1953, n.922) e
l’ultimo è del 1970 (D.P.R. 22/5/70, n. 283). Gli altri sono del 1959 (D.P.R.
11 luglio, n.460), del 1966 (D.P.R. 4 giugno, n.332) e del 1968 (D.P.R.
25 ottobre, n. 1084). Dopo il 1970 non vi sono più amnistie per fatti
politici. Di conseguenza i provvedimenti di questo tipo
117 Ivi (http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/18408/855495-1250948.pdf?sequence=2).
118 Ernest Renan, Che cos'è una nazione? E altri saggi, Donzelli, Roma 1993, p.
7, p. 19, p. 8. Sull’oblìo indivi- duale in Sandra Basilea, cfr. supra,
p. 29. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 40
risultano essere cinque nei trentacinque anni compresi tra il 1950 ed il 1985:
queste sono le dimensioni della ‘clemenza’ politica in Italia in tempi
recenti”!!9, La riabilitazione del passato culminò nel 1960 con la
formazione del Governo Tambroni, che ottenne la fiducia 1’8 aprile: un
monocolore democristiano con l’appoggio esterno del Movimento Sociale
Italiano, diretto erede della Repubblica Sociale Italiana e, quindi, del
partito fascista (che una norma della costituzione del 1948 vieta di
ricostituire “sotto qualsiasi forma?129; di qui la scelta di denominarlo
“Movimento” e non “Partito”). Questa inaccettabile alleanza politica
aveva il suo simbolo in Giorgio Almirante (1914-1988), già
sottosegretario nel governo della Repubblica Sociale Italiana,
co-fondatore e poi segretario generale del Mo- vimento Sociale Italiano,
nonché deputato nel parlamento repubblicano dal 1948 al 1988. La fiducia
a quel governo di centro-destra provocò violente manifestazioni in tutto il
paese e Fernando Tambroni presentò le sue dimissioni il 18 luglio 1960.
Ma oggi la fiamma tricolore — che fu il simbolo dell’estinto Movimento
Sociale Italiano — continua ad essere presente nel simbolo del partito di
estrema destra “Fratelli d’Italia” che nelle elezioni passate ha
acquistato una posizione rilevante e che negli attuali sondaggi
elettorali presenta una crescita costan- tel21, anche se sembra aver
subìto un rallentamento nelle elezioni locali dell’ottobre 2021. In
questo richiamo al ‘passato che non passa’ ritorna l'atmosfera ‘nostalgica’
(già evocata nel $ 3.Commemorare in tempi immemori: tra condanna e
nostalgia) e la constatazione che, nella re- pubblica nata dalla
Resistenza, si sta ormai affermando sempre più la desistenza, cioè il
cedere il passo alle pulsioni di destra sopite ma non cancellate, al
“fascismo eterno” evocato da Um- berto Eco!22. Ed era proprio la
desistenza quello che Piero Calamandrei temeva — già nel 1946: Finita
e dimenticata la Resistenza, tornano di moda gli “scrittori della desistenza”:
e tra poco recla- meranno a buon diritto cattedre ed accademie.
Sono questi i segni dell’antica malattia. E nei migliori, di
fronte a questo rigurgito, rinasce il disgusto: la sfiducia nella libertà, il
desiderio di appartarsi, di lasciare la politica ai politicanti. Questo
il pericoloso stato d’animo che ognuno di noi deve sorvegliare
119 Amedeo Santosuosso, Gli anni ’50 e ’60 (https://Awww.inventati.org/apm/abolizionismo/santpoli/santpo-
li6.html). 120 Costituzione della Repubblica italiana (1948),
Disposizioni transitorie e finali, XII: È vietata la riorganiz- zazione,
sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo
48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata
in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e
alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista. 121
Secondo un sondaggio dell’importante Istituto Nazionale di Ricerche Dembòpolis
“se si votasse oggi [cioè il 28 agosto 2021] il primo partito sarebbe
Fratelli d’Italia con il 21% delle preferenze. La Lega, però, insegue ad
appena lo 0,2 di distanza, accreditandosi al 20,8 per cento. - Non distante dai
partiti del centrodestra il Pd, che otterrebbe il 19,5%. Il Movimento 5
Stelle, invece, si assesterebbe al 16,6 per cento, mentre tutti gli altri
partiti sarebbero sotto la soglia del 10%. — Forza Italia [il partito di
Silvio Berlusconi], infatti, è accreditata al 7 per cento, seguita da
Azzore al 2,6%, Sinistra Italiana al 2,2 per cento, Leu all’1,9 per cento
e infine Italia Viva all’1,7%”
(https:/Avww.lagone.it/2021/08/29/sondaggi-politici-
elettorali-oggi-28-agosto-fratelli-ditalia-lega-e-pd-racchiusi-in-appena-un-punto-e-mezzo/).
122 Umberto Eco, I/ fascismo eterno, La nave di Teseo, 2018, 51 pp. Eco
indica “una lista di caratteristiche tipi- che di quello che vorrei
chiamare l’“Ur-Fascismo” o il “fascismo eterno” Tali caratteristiche non
possono venire irreggimentate in un sistema: molte si contraddicono
reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o di
fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare
una nebulosa fascista” Max Planck Institute for Legal History
and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano
41 e combattere, prima che negli altri, in se stesso: se io mi
sorprendo a dubitare che i morti siano morti invano, che gli ideali per
cui son morti fossero stolte illusioni, io porto con questo dubbio il mio
con- tributo alla rinascita del fascismo. Dopo la breve epopea della
resistenza eroica, sono ora cominciati, per chi non vuole che il mondo si
sprofondi nella palude, i lunghi decenni penosi ed ingloriosi della
resistenza in prosa. Ognuno di noi può, colla sua oscura resistenza
individuale, portare un contributo alla salvezza del mondo: oppure, colla
sua sconfortata desistenza, esser complice di una ricaduta che, questa
volta, non potrebbe non esser mortale!23, Bibliografie124
Libri di sopravvissuti Rispetto all’elenco contenuto a p.
122 s. del volume di Liliana Segre (cfr. supra, S$ 5. Una guida: i ricordi
di Liliana Segre, pp. 29-31), i titoli sono qui riportati in ordine
alfabetico secondo il cognome dell’autore e, ove possibile, è stata
indicata la prima edizione e qualcuna delle successive. Quasi tutti i titoli
hanno però ulteriori edizioni, con vari curatori o prefatori.
Bruck, Edith, Chi ti ama così, Lerici, Milano 1959, 112 pp.; Feltrinelli,
Milano 2021, 109 pp. (cfr. supra, p. 165.). Id., Signora
Auschwitz. Il dono della parola, Marsilio, Venezia 1999, 93 pp. Id.,//
pane perduto, La nave di Teseo, Milano 2021, 126 pp. Bucci, Andra
— Tatiana Bucci, Noî, bambine ad Auschwitz. La nostra storia di sopravvissute
alla Shoah. A cura di Umberto Gentiloni Silveri e Marcello Pezzetti. In
collaborazione con Stefano Palermo, Mondadori Milano 2018, XIX-133
pp. Fiano, Nedo, A 5405. Il coraggio di vivere. Prefazione Fiamma Nirestein;
presentazione Ernesto Galli della Loggia; contributo storico Marcello
Pezzetti, Monti, Saronno 2003, 240 pp.; Premesse di Andrea, Emanuele e
Enzo Fiano, San Paolo, Cinisello Balsamo 2018, 234 pp. Levi,
Primo, Se questo è un uomo, De Silva, Torino 1947, 197 pp.; Einaudi, Torino
1963, 221 pp. Id., La tregua, Einaudi, Torino 1963, 255 pp.
Id.,/ sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, 167 pp.
Millu, Liliana I/ fumo di Birkenau, La Prora, Milano 1947, 237 pp.;
Giuntina, Firenze 1979, 163 pp.; Id., Tagebuch. Il diario del
ritorno dal Lager. Prefazione di Paolo De Benedetti. Introduzione di Piero
Stefani, Giuntina, Firenze 2006, 103 pp. (postumo) Modiano,
Sami, Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz-Birkenau e altri esili. A
cura di Marcello Pezzetti e Umberto Gentiloni Silveri, Rizzoli, Milano
2013, 209 pp.; Walter Veltroni, Tana libera tutti. Sami
123 Piero Calamandrei, Desistenza, “Il Ponte” 1946, n. 10, p. 837 s.
(inoltre: https://jacopogiliberto.blog. ilsole24ore.com/2013/10/21/desistenza-un-vecchio-articolo-di-piero-calamandrei-da-rileggere-con-
attenzione/). 124 Queste bibliografie sono pubblicate anche nella
rivista on line dell’Institut fur Zeitgeschichte di Monaco di Baviera e
Berlino: Le leggi razziali in Italia (1938): dall’amnistia all’amnesia. Una
bibliografia, “Sche- punkte” 21 (2021), Nr. 11 (in stampa).
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series
No. 2022-04 Mario G. Losano 42 Modiano, il bambino
che tornò da Auschwitz, Feltrinelli, Milano 2021, 155 pp. (Veltroni raccoglie
la testimo- nianza diretta di Sami Modiano e la trascrive per i più
giovani). Nissim, Luciana, Ricordi della casa dei morti, in
Luciana Nissim — Pelagia Lewinska, Donne contro il mostro, Ramella,
Torino 1946, pp. 17-58; anche in Luciana Nissim Momigliano, Ricordi della casa
dei morti, e altri scritti, Giuntina, Firenze 2008, pp. 35-71
(postumo). Springer, Elisa, // silenzio dei vivi. All'ombra di
Auschwitz, un racconto di morte e resurrezione, Marsilio, Venezia 1997,
122 pp. Szòrenyi, Arianna, Una bambina ad Auschwitz. A cura di
Mario Bernardi, Mursia, Milano 2014, 111 pp. Terracina, Piero,
Pensate sempre che siete uomini. Una testimonianza della Shoah. Con una
postfazione di Lisa Ginzburg, Ponte alle Grazie, Milano 2021, 97 pp.
(postumo). Venezia, Shlomo, Sonderkommando Auschwitz. A cura di
Marcello Pezzetti e Umberto Gentiloni Silveri; da un’intervista di
Béatrice Prasquier, Rizzoli, Milano 2007, 235 pp. All’elenco di
Liliana Segre si possono aggiungere: Basilea, Sandra, Se: viva
Anne?, Cappelli, Bologna 1956, 157 pp. (cfr. supra, p. 29). Del
Vecchio, Giorgio, Una nuova persecuzione contro un perseguitato. Documenti,
Tipografia artigiana, Roma 1945, 79 pp. (cfr. supra, p.10).
Grasselli, Antonia (ed.), Strarzeri in patria: gli ebrei bolognesi dalle leggi
antiebraiche all’8 settembre del 1943, Pendragon, Bologna 2006, 198
pp. Ottolenghi, Massimo, Per un pezzo di patria. La mia vita negli
anni del fascismo e delle leggi razziali, Blu Edi- zioni, Torino 2009, 189
pp. Id., Ricordi di un “gagno” di “Giustizia e
libertà”,“Micromega” n. 3, 2015, pp. 279-290. Una bibliografia
2017-2021 sulle leggi razziali del 1938 La bibliografia che segue
elenca soltanto i titoli dei libri (non quindi degli articoli) in cui compaiono
le parole “leggi razziali” e si limita agli anni dal 2017 al 2021, cioè
agli anni prossimi l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali del
1938. Questa selezione è necessaria perché il Sistema Bibliotecario Nazionale
indica complessivamente circa 650 titoli dedicati a questo tema.
2021 Benussi, Sabrina — Annalisa Di Fant (a cura di),
Razzismo in cattedra. Il liceo F. Petrarca di Trieste e le leggi razziali
del 1938, EUT, Trieste 2021, 151 pp. Convivere con Auschwitz. Il
rafforzamento del dovere della memoria per la pace e la democrazia
nell’ottantesimo dal preannuncio a Trieste delle famigerate leggi
razziali. 5° convegno: 25 gennaio 2018, EUT, Trieste 2021, 127 pp. (Atti
del convegno tenuto a Trieste nell’ambito della Settimana della Memoria).
Di Veroli, Andrea, Giulio Amati da uomo a numero. La vita di un ebreo
italiano spezzata dalle leggi razziali, Chillemi, Roma 2021, 186
pp. Fanesi, Pietro Rinaldo, GU ebrei italiani nelle Americhe dopo
le leggi razziali del 1938. Introduzione di Andrea Mulas. Postfazione di
Silvana Amati Roma, Nova Delphi, Roma 2021, 129 pp. Max Planck
Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper Series No.
2022-04 Mario G. Losano 43 Fidanza, Vittorio, La
lunga notte. Gli italiani
fra leggi razziali e deliri totalitari, Associazione Culturale Mitico
Channel, Foggia 2021, 199 pp. Foà, Ugo, I/ bambino che non poteva
andare a scuola. Storia della mia infanzia durante le leggi razziali in
Italia, Manni, San Cesario di Lecce 2021, 85 pp. Lombardo,
Giacomo, L’ Italia s’è vespa. Una vespa che racconta i due volti dell’ Italia e
della Piaggio, dalla promulgazione delle leggi razziali del 1938 fino al
boom economico degli anni 50, Snt, 25 pp. Pegrari, Maurizio —
Antonio Porteri (a cura di), Le leggi razziali contro i beni e le professioni
degli ebrei in Italia (1938-1945), Travagliato — Torre d’Ercole, Brescia
2021, 232 pp. 2020 Alatri, Giovanna, Asili infantili
dall'Unità alle leggi razziali: ebrei a Roma. Prefazione di Riccardo Di
Segni. Introduzione Paolo Mieli, Fefè, Roma 2020, 119 pp.
Calivà, Mario, Le leggi razziali e l'ottobre del 1943, Besamuci, Nardò (Lecce)
2020, 167 pp. Casula, Carlo Felice - Giovanni Spagnoletti,
Alessandro Triulzi (a cura di), La conquista dell’impero e le leggi
razziali tra cinema e memoria, Annali - Archivio audiovisivo del movimento
operaio e democratico, Effigi, Arcidosso (Grosseto) 2020, 206 pp.
Malaguti, Gino — Barbara Previato, Giorgio Malaguti, Espulsi e
licenziati: alunni e docenti delle scuole modene- si e le leggi razziali
del 1938, Nonantola - Centro studi storici nonantolani, Il Fiorino, Modena
2020, 108 pp. Pagliara, Alessandro (a cura di), Antichistica
italiana e leggi razziali. Atti del Convegno in occasione dell’ottante-
simo anniversario del Regio Decreto Legge n. 1779 (Università di Parma, 28
novembre 2018), Athenaeum, Parma 2020, IX-247 pp. Riccardi,
Andrea - Gabriele Rigano (eds.), La svolta del 1938. Fascismo, cattolicesimo e
antisemitismo. Postfazio- ne di Agostino Giovagnoli, Guerini, Milano
2020, 271 pp. Severino, Gerardo, Le /eggi razziali e la Guardia di
Finanza. Il caso del finanziere di mare Ettore Marco Cesana (1912-1994),
Museo Storico della Guardia di Finanza, Roma 2020, 126 pp. 2019
Battifora, Paolo (a cura di), 1938-2018: 80° dell’emanazione delle leggi
razziali. Testimonianze, saggi, riflessioni, “Storia e memoria. Rivista
semestrale” (Numero speciale — Istituto ligure per la storia della Resistenza
e dell’età contemporanea Raimondo Ricci, Genova) 2019, 160 pp.
Brusco, Carlo, La grande vergogna: l’Italia delle leggi razziali.
Prefazione di Liliana Segre, Gruppo Abele, Torino 2019, 174 pp.
Cardinali, Cinzia — Anna di Castro, Ilaria Marcelli (a cura di), Voci di
carta. Le leggi razziali nei documenti del- la città di Siena. Catalogo
della mostra documentaria, Archivio di Stato di Siena, 26 ottobre 2018 — 31
gen- naio 2019, Pacini Giuridica, Pisa 2019, 113 pp. Cecini,
Giovanni, Ebrei non più italiani e fascisti. Decorati, discriminati,
perseguitati, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2019, 193 pp.
Vol. 2.; con prefazione di Riccardo Segni. In 4° di copertina: Secondo di tre
volumi realizzati nell’ambito del progetto “Le leggi razziali e il Valore
Militare (1938-2018)? Id., Le leggi razziali e il Valore Militare.
Antologia di testi e documenti, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2019, 257
pp. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Marito G. Losano 44 Vol. 3. In 4* di copertina: Terzo di tre
volumi realizzati nell’ambito del progetto “Le leggi razziali e il Valore
Militare, (1938-2018)? Di Ruscio, Liliana — Rita Gravina, Bice
Migliau (a cura di) Le leggi antiebraiche del 1938. Materiali per
riflettere e ricordare, s.l.s.n. (Tipografia Pubbliprint), Roma 2007, 190
pp. Duranti, Simone, Leggi razziali fasciste e persecuzione
antiebraica in Italia, Unicopli, Milano 2019, 330 pp. Iossa,
Vincenza — Manuele Gianfrancesco (a cura di), Vietato studiare, vietato
insegnare. Il Ministero dell’edu- cazione nazionale e l’attuazione delle
norme antiebraiche, 1938-1943. Prefazione di Michele Sarfatti, Palombi,
Roma 2019, 284 pp. Nigro, Giuseppe, Opposte direzioni: le famiglie
Friedmann e Sonnino in fuga dalle leggi razziali. Prefazione di Alfonso
Botti. Con una nota di Angelo Proserpio, Biblion, Milano 2019, 220 pp.
Perini, Mario (a cura di), L'Italia a 80 anni dalle leggi antiebraiche e
a 70 dalla Costituzione. Atti del Con- vegno tenuto a Siena nei giorni 25
e 26 ottobre 2018. Con una presentazione di Francesco Frati e con
un’introduzione di Floriana Colao, Pacini Giuridica, Pisa 2019, 478 pp.
Riccardi, Andrea — Gabriele Rigano (a cura di), La svolta del 1938.
Fascismo, cattolicesimo e antisemitismo. Postfazione di Agostino
Giovagnoli, Guerini, Milano 2020, 271 pp. 2018
Affricano, Marta, Una bambina ebrea ai tempi delle leggi razziali, Le
Graffette, Sassuolo 2018, 78 pp. Berger, Sara — Marcello Pezzetti / (a
cura di), 1938: vite spezzate, Gangemi, Roma 2018, 239 pp.
Boratto, Rosanna — Luca Ruffino, 1938 /e leggi razziali: i diritti negati tra
discriminazioni e persecuzioni, Comitato provinciale di Udine della
Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Udine 2018, 66 pp.
Bozzi, Elisabetta (a cura di), 1938-2018 : le “leggi razziali”) l’antiebraismo
fascista dalla persecuzione dei diritti alla Shoah, ANPI, Magenta 2018, 1
vol. Ca’ Foscari allo specchio: a 80 anni dalle leggi razziali.
[Con la supervisione di Alessandro Casellato], Cata- logo della mostra,
CFZ Ca’ Foscari Flow Zone, Venezia, dal 9 al 31 gennaio 2018 in occasione del
Giorno della memoria, [s.l., s.n.], 2018, 85 pp. (Le) case e
le cose : le leggi razziali del 1938 e la proprietà privata. Catalogo della
mostra, 22 novembre 2018 — 31 gennaio 2019, Fondazione 1563 per l’arte e
la cultura della Compagnia di San Paolo, Torino 2018, 40 pp. Cassarino,
Salvatore, Nego nel modo più assoluto di essere ebreo. Documenti e riflessioni
sull’applicazione delle leggi razziali nella provincia di Ragusa
(1938-1943). Prefazione di Saro Distefano, Sicilia Punto L, Ragusa 2018,
143 pp. Cavicchi, Alba - Dino Renato Nardelli (a cura di), Le
leggi razziali nell’Italia fascista, Istituto per la storia dell'Umbria contemporanea
(Isuc), Perugia 2018, 285 pp. Collotti, Enzo, I/ fascismo e gli
ebrei. Le leggi razziali in Italia. Prefazione di Donatella Di Cesare RCS,
Milano 2018, IX-219 pp. (prima edizione 2003). Critelli,
Claudio — Surace Angela (a cura di), Leggi razziali e drammi personali: i
documenti raccontano, [Tipografia Essezeta], Varese 2018, 55 pp.
Delsante, Ubaldo, Con la faccia infarinata: ebrei a Collecchio dalle
leggi razziali alla fine della seconda guerra mondiale (1938-1945), (Corcagnano:
Graphital), Collecchio 2018, 95 pp. Dix, Gioele, Quando tutto
questo sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi
razziali, Monda- dori, Milano 2018, 151 pp. (Edizione speciale edita per
i periodici del Gruppo Mondadori; prima edizione: Mondadori, 2014;
seconda edizione: Oscar Mondadori, 2015). Max Planck Institute for
Legal History and Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04
Mario G. Losano 45 Fogarollo, Edda, Note scordate: tre musicisti
ebrei nella tempesta delle leggi razziali. Prefazione di Liliana
Picciotto. Con CD musicale a cura di Giovanni Cardillo e Francesco Buffa,
Sillabe, [Livorno] 2018, 159 pp. Graffone, Valeria, Espulsioni
immediate: l’Università di Torino e le leggi razziali, 1938, Zamorani, Torino
2018, 164 pp. Guadagni, Davide (a cura di), Due anniversari:
80° dalle leggi razziali, 70° dalla Costituzione, Pisa University Press,
Pisa 2018, 151 pp. Id. (a cura di), Una giornata particolare: la
cerimonia del ricordo e delle scuse. Pisa, 20 settembre 2018 — San
Rossore 1938: 80° dalla firma delle leggi razziali italiane, Pisa University
Press, Pisa 2018, 32 pp. Irico, Pier Franco (a cura di), Vo: 0n
siete italiano: a ottant'anni dalle leggi razziali, gli ebrei trinesi e i
regi- decreti del 1938, ANPI, Associazione nazionale partigiani d’Italia
di Trino, Trino 2018, 48 pp. [Liceo classico e linguistico statale
Vincenzo Gioberti di Torino,] Non dimenticare: le conseguenze delle leggi
razziali del 1938 al liceo Gioberti, [s.n.], Torino 2018, 52 pp.
Pardo, Lucio, Barbarie sotto le due torri: leggi razziali e Shoah a Bologna,
[Centro stampa regionale], [Bologna] 2018, 126 pp. Id. -
Carolina Delburgo (a cura di), Dopo la barbarie: il difficile rientro, [s.1.],
Centro stampa della regione Emilia-Romagna 2019, 120 pp.
(II) rumore del vuoto: assenze e presenze nell’istituto magistrale Laura Bassi
durante le leggi razziali [progetto didattico: Luchita Quario e Maria
Giovanna Bertani], Regione Emilia Romagna Assemblea Legislativa, Bologna
2018, 30 pp. Sega, Maria Teresa, // banco vuoto. Scuola e leggi
razziali: Venezia 1938-45. Prefazione di Gadi Luzzatto Voghera, Cierre,
Sommacampagna 2018, 154 pp. Vercelli, Claudio, 1938: francamente
razzisti: le leggi razziali in Italia, Edizioni del Capricorno, Torino
2018, 165 pp. Volpe, Pompeo — Giulia Simone, “Posti liberi”:
leggi razziali e sostituzione dei docenti ebrei all’Università di Padova,
Padova University Press, Padova 2018, 172 pp. 2017
Foà, Dario e Aida, Quando due parallele si incontrano: due ragazzi ebrei dalle
leggi razziali ad oggi, S. Belforte, Livorno 2017, 160 pp.
Meneghetti, Francesca, Nor sapevo di essere ebrea. Carla Rocca di fronte alle
leggi razziali (1938-1945), Istresco, Treviso 2017, 79 pp.
Rossi, Gianni Scipione, Lo squalo e le leggi razziali. Vita spericolata di
Camillo Castiglioni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2017, 285 pp.
Triggiani, Ilaria (a cura di), La memoria contro ogni discriminazione.
Giorno della memoria 2016: martedì 26 gennaio 2016, Assemblea legislativa
delle Marche, Ancona 2017, 129 pp. Bibliografia sintetica
sull’“Amnistia Togliatti” del 1946 Questa bibliografia si limita
ai titoli di un numero limitato di libri perché, per ulteriori ricerche, si
può ricorrere alla vasta Bibliografia contenuta nel volume del penalista
Paolo Caroli, // potere di non punire. Uno studio sull’amnistia
Togliatti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2020, pp. 331-382.
Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research Paper
Series No. 2022-04 Mario G. Losano 46 Agosti, Aldo,
Togliatti, l’amnistia e i ragazzi di Salò, in: Italia 1943-46: guerra di
liberazione e nascita della Repubblica. Scritti sulla Resistenza, sulla
guerra civile e sulla Costituente, L'Unità — Nuova iniziativa editoriale,
Roma 2002, pp. 143-152. Battini, Michele, Peccati di memoria. La
mancata Norimberga italiana, Laterza, Roma-Bari 2003, XII-189 pp.
Bugni (Arno), Ermenegildo, Riffessioni su due periodi storici : la Repubblica
di Montefiorino, il dopoguerra, l’amnistia di Togliatti e il dopo... A
cura di William Pedrini, ANPI, Comitato provinciale di Bologna, Bologna
2007, XVIII-136 pp. Lucio, D'Angelo, I socialisti e la
defascistizzazione mancata, Franco Angeli, Milano 1997, 123 pp.
Franzinelli, Mimmo, L’Amnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui
crimini fascisti, Mondadori, Milano 2006, 381 pp. Ristampato con una
postfazione di Guido Neppi Modona: Feltrinelli, Milano 2016, 393 pp.
[Caroli: “La principale monografia storica al riguardo” // potere di non punire,
cit., p. 50]. Id., Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna:
impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943- 2001,
Mondadori, Milano 2002, 418 pp. Giannantoni, Franco, / giorni
della speranza e del castigo. Varese 25 aprile 1945: la resa nazifascista, il
Tribunale del popolo, il campo di concentramento di Masnago, i processi
della Corte d’Assise, gli eccidi delle bande irregolari, il progetto
Alleato di “occupare” la provincia, il fallimento delle Commissioni Epurazione
e Illeciti Arricchimenti del regime, l’amnistia Togliatti, Emmeceffe,
Varese 2013, 663 pp. Marchionne, Antonio, Amristia Togliatti. I
provvedimenti clemenziali al mutar di regime: l’amnistia del ’46, [tesi
di laurea a.a. 2011-2012, Università di Napoli Federico II].
Peregalli, Arturo — Mirella Mingardo, Togliatti guardasigilli 1945-1946. In
appendice: circolari e documenti, Colibrì, Paderno Dugnano 1998, 127
pp. Santosuosso, Amedeo — Floriana Colao, Politici e aministia:
tecniche di rinuncia alla pena per i reati politici dall’unità ad oggi,
Bertani, Verona 1986, 278 pp. Scalabrino, Francesco, /
guardiasigilli comunisti Togliatti e Gullo. Sanzioni contro il fascismo e
processo alla Resistenza, in: Giovanni Miccoli et al. (a cura di), La
grande cesura. La memoria della guerra e della Resistenza nella vita
europea del dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2001, pp. 327-353.
[Nelle bibliografie risultano entrambi i nomi Scalabrino, Francesco e
Scalambrino, Francesco.] Scalambrino, Francesco, Gullo e “amnistia
Togliatti”, in Giuseppe Masi (a cura di), Mezzogiorno e Stato nell’opera
di Fausto Gullo, Orizzonti meridionali, Cosenza 1998, III-416 pp. (Collana di
studi e ricerche dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo
e dell’Italia contemporanea). Bibliografia sintetica
sull’“Amnistia Azara” del 1953 I testi su questa amnistia e sul
suo autore sono pochi e di difficile reperimento. Essi sono qui suddivisi
in tre sottosezioni: a) Per una biografia di Antonio Azara; b) Testi
legislativi; c) Scritti sull’“Amnistia Azara”. a) Per una
biografia di Antonio Azara Berri, Mario, Antonio Azara:
necrologio, “Il diritto fallimentare e delle società commerciali” 1967, n.
2, p. 160 s. (estratto). Insediamento del primo Presidente
della Corte di Cassazione sen. dott. Antonio Azara. Udienza delle Sezioni
unite civili del 12 novembre 1952), Stamperia Nazionale, Roma 1952, 20
pp. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory Research
Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 47
Insediamento del Procuratore generale presso la Corte suprema di Cassazione
sen. dott. Antonio Azara. Udienza delle Sezioni unite civili del 15
febbraio 1951, Stamperia nazionale, Roma [1951?], 21 pp. (Il)
trentennio della Rivista di diritto agrario, 1922-1952. Scritti di Antonio
Azara [et a/.] ; in appendice: I giudizi dopo il primo decennio,
Tipografia B. Coppini, Firenze 1953, 161 pp. Tritto, Francesco,
Azara, Antonio, in: Dizionario Biografico degli Italiani , Istituto della
Enciclopedia Italiana, Roma 1988, Vol. 34:
https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-azara_(Dizionario-Biografico).
b) Testi legislativi Amnistia-indulto e liberazione
condizionale: legge 18-12-1953, n. 920, legge 18-12-1953, n. 921, D.P.R.
19-12- 1953, n. 922, Schiano, S. Maria Capua Vetere 1953, 16 pp.
Calvanesi, Giovanni, Amnistia, indulto, liberazione condizionale. Testo
completo dei provvedimenti: commento generale ed analitico articolo per
articolo, richiami legislativi e giurisprudenziali, formulario, indice
completo di tutti i reati compresi negli atti di clemenza (Decreto
del Presidente della Repubblica 19 dicembre 1953, n. 922, pubblicato
nella G. U. del 21 dicembre 1953, n. 292, Legge 18 dicembre 1952, n. 921,
pubblicata nella G. U. del 11 dicembre 1953, n. 292), Ed. Istituto Dante,
Roma 1954 (Tip. Pug, Pontificia Università Gregoriana), 131 pp.
Decreto del Presidente della Repubblica 19 dicembre 1953, n. 922,
Concessione di amnistia e di indulto (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1953/12/21/053U0922/sg;
GU Serie Generale n.292 del 21-12-1953). Del Curatolo, Enrico,
D.P. 12/12/1953 n. 922: Amnistia e indulto per reati comuni finanziari,
militari, politici; D.P. 18/12/1953 n. 923: liberazione condizionale,
Marrese, Bari 1953, 62 pp. (In cop.: Con commento e giu- risprudenza,
elenco articoli C.P. amnistiati; in appendice: reati elettorali ed elenco
amnistie ed indulti dal 8/9/1943 ad oggi.) Gorgoglione, Gino
(a cura di), / decreti di clemenza: in materia penale, politica, militare,
finanziaria, valutaria, annonaria, disciplinare, elettorale,
amministrativa, tributaria e di polizia. Manuale pratico sugli istituti
giuridici dell’amnistia e dell’indulto con prontuario dei decreti dal
1944 al 1953, note illustrative, criteri di applicazione, richiami
giurisprudenziali e prospetto riassuntivo dei decreti emessi dal 1900 al 1943,
Giuffrè, Milano 1954, 126 pp. (2° ed. riveduta e ampliata).
Jannitti Piromallo, Alfredo, Esposizione critica della giurisprudenza
sui decreti di amnistia e d’indulto dell’ul- timo decennio, Società
editrice libraria, Milano [1951], VII-349 pp. (2° ed., 1954, aggiornata con il
decreto dell’“Amnistia Azara” cfr. infra, c). Id.,
Esposizione critica della giurisprudenza sui decreti di amnistia e d’indulto
dell’ultimo decennio, Società Editrice Libraria, Milano 1954, 414 pp. (2°
ed. aggiornata con il decreto di amnistia e indulto 19 dicembre 1953, n.
922, illustrato articolo per articolo). Testo completo (dalla
Gazzetta Ufficiale n. 292 in data 21 dicembre 1953) delle leggi 18 dicembre
1943, n. 920- 921-922, per la concessione amnistia ed indulto, Ceretti,
Genova 1953, 8 pp. (Supplemento a: Ruote del lotto, n. 51-52).
c) Scritti sull’“Amnistia Azara” Amnistia e indulto : leggi
18 Dicembre 1953, nn. 920 e 921, decreto P.R. 19 dicembre 1953, n. 922, L. Di
G. Piro- la, Milano 1953, 16 pp. Azara, Antonio, Amnistia e
indulto. Discorsi pronunciati alla Camera dei deputati nelle sedute del 2 e del
18 di- cembre 1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [19542],
38 pp. Max Planck Institute for Legal History and Legal Theory
Research Paper Series No. 2022-04 Mario G. Losano 48
Bartholini, Salvatore, La delegazione legislativa in materia di amnistia e indulto,
Giuffrè, Milano 1955, 47 pp. (estratto da “Rivista trimestrale di diritto
pubblico”). Basso, Lelio, Per un’amnistia riparatrice, Camera dei
deputati, Roma 1953, 49 pp. Berlinguer, Mario, Su/l’amnistia del
1953. Discorso pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta del 26
novembre 1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [1953?], 40 pp.
Bracci, Arnaldo, Brevi cenni di giurisprudenza sull’applicazione
dell’amnistia di cui al D.P.19 dicembre 1953, n. 922, al reato di
contrabbando di tabacchi esteri,“La Giustizia Penale” aprile 1956, 4 pp.
(estratto). Capalozza, Enzo, I/ reato politico nell’ultimo
provvedimento di amnistia ed indulto, “Il Nuovo Diritto” Gennaio 1954, 6
pp. (estratto). Colitto, Francesco, Ammnistia ed indulto: discorso
pronunciato alla Camera dei Deputati nella seduta del 2 dicembre 1953,
Tipografia della camera dei deputati, Roma [1954], 37 pp. De
Francesco, Giuseppe Menotti, La tesi monarchica sull’amnistia: discorso ...,
s.n., Roma 8 pp. Id., L’amnistia e l’indulto in relazione
all’articolo 79 della costituzione : discorso ...,S.) : s.n.,, 11 pp.
Jannitti Piromallo, Alfredo Esposizione critica della giurisprudenza sui
decreti di amnistia e d’indulto dell’ulti- mo decennio, Società Editrice
Libraria, Milano 1954, 414 pp. (2° ed. aggiornata con il decreto di amnistia
e indulto 19 dicembre 1953, n. 922, illustrato articolo per articolo;
sulla 1° ed., 1951, anteriore all’“Amnistia Azara” cfr. supra, b).
Malizia, Saverio, Giurisprudenza completa sull’amnistia e indulto :
Decr. 19-12-1953 n. 922 e L. 18-12-1953 n.920 e 921, Gazzettino Forense,
Padova 1955, 50 pp. Perazzoli, Giuseppe, / limiti di applicabilità
dell’amnistia per i reati di assenza dal servizio, “Archivio penale”
1953, fasc. 7-8, 7 pp. (estratto) Riccio, Stefano, Sull’amnistia e
l’indulto. Discorso pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta del
19 novembre 1953, Tipografia della Camera dei deputati, Roma [1953?], 29
pp. Santamaria, Dario, Considerazioni sull’applicabilità
dell’amnistia al reato continuato, “Rivista Italiana di Diritto Penale”
1954, fasc. 3, pp. 297-333. Scardia, Marcello, // concetto di
formazioni armate nel recente decreto di amnistia e indulto, “La
giustizia penale” luglio 1954, fasc. 7, 10 pp. (estratto) (anche: Tipografia della
camera dei deputati, Roma [1954]). Siracusano, Delfino,
Ancora sull’amnistia e sull’immutabilità dell’accusa, Compagnia industriale
tipografi- ca editrice meridionale, Catania [1954?] , 7 pp. (in:
“Rassegna giuridica di Catania” a. 6, n. 4, Udienza del 30 ago.
1954) Spallicci, Aldo, Su/l’amnistia. Discorso pronunciato al
Senato della Repubblica nella seduta del 17 dicembre 1953, Tip. del
Senato, Roma 1954 , 7 pp. Max Planck Institute for Legal History and
Legal Theory Research Paper Series No. 2022-04 Mario Giuseppe Losano. Losano. Keywords: filosofia del diritto romano, Livio
-- Luigi Speranza, “Grice e Losano: storia del diritto romano – what Kelsen
never had!” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Losurdo: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale del ribelle aristocratico – filosofia italiana – Luigi Speranza
(Sannicandro di Bari). Filosofo
italiano. Grice: “Losurdo has contributed to a collection on ‘fatti normativi’
which is fascinating!” -- Grice: “I like
Losurdo: describing Nietzsche as the aristocratic rebel is genial; he also
engages in some linguistic botanising with his ‘linguaggio dell’impero’:
something Romans and Brits know well – cf. ‘Great Britaiin’ and my little
England!” Italian
philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle
aristocratico” -- essential Italian philosopher.
Si laurea a Urbino sotto la guida di SALVUCCI con la
tesi, “La semantica di Rodbertus”. Direttore dell'Istituto di Scienze
filosofiche e pedagogiche Pasquale Salvucci ad Urbino, insegna storia della
filosofia nella stessa università presso la facoltà di Scienze della
Formazione. Inoltre fu presidente dell'hegeliana Società internazionale
Hegel-Marx per il pensiero dialettico, membro della Società di scienze di
Leibniz a Berlino (un'associazione di scienziati che si rifà alla settecentesca
Accademia Reale Prussiana delle Scienze nella tradizione di Leibniz) e
direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Dalla militanza
comunista alla condanna dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della
questione afroamericana e di quella dei nativi, L. e studioso anche partecipe
della politica nazionale e internazionale. Di formazione marxista,
descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista
eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi
allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Kant e il
suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico tedesco,
specie di Hegel, nel tentativo di riproporne l'eredità (sulla scia di Lukács in
particolare), alla riaffermazione dell'interpretazione del marxismo tedesco e
non (GRAMSCI (si veda) e i SPAVENTA (si veda)), con incursioni nell'ambito del
pensiero nietzscheano (la lettura di un Nietzsche radicale aristocratico) e di
quello heideggeriano (in particolare la questione dell'adesione al nazismo di Heidegger).
La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del
pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in particolare dai temi
della critica radicale del liberalismo, del capitalismo, del colonialismo e
dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo (Arendt),
nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e del materialismo
storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo in ambito
marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della tradizione
intellettuale europea del liberalismo, in particolare della tradizione classica
e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di enfatizzare l'importanza
della libertà individuale in pratica il liberalismo reale è a lungo
contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi diritti, con
conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio. Afferma che le
origini del nazismo si trovano in quelle che considera politiche colonialiste e
imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le posizioni intellettuali e
politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e Hegel furono i più grandi
pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo più grande critico.
I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare nell'ambito della storia delle idee,
riguardano inoltre l'indagine delle questioni di storia e politica
contemporanee, con una attenzione critica costante al revisionismo storico e la
polemica contro le interpretazioni di Furet e Nolte. In particolare critica una
tendenza reazionaria tra gli storici contemporanei revisionisti riconoscibile
nel lavoro di autori come Nolte, che traccia l'impeto dietro l'Olocausto agli
eccessi della rivoluzione russa; o Furet, che collega le purghe staliniane a
una «malattia» originata dalla rivoluzione francese. Secondo L. l'intenzione di
questi revisionisti è di sradicare la tradizione rivoluzionaria in quanto le
loro vere motivazioni hanno poco a che fare con la ricerca di una maggiore
comprensione del passato, ma si trovano nel clima e nei bisogni ideologici
delle classi politiche, come è più evidente nel lavoro dei revivalisti
imperiali Johnson e Ferguson. Fornisce inoltre una nuova prospettiva su
rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e quelle contro il
colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle posizioni elogiative che
la maggior parte delle biografie prende nell'analisi di Gandhi e la
nonviolenza. L. volge la sua attenzione alla storia politica della
filosofia moderna tedesca da Kant a Marx e del dibattito che su di essa si
sviluppa in Germania, per poi procedere a una rilettura della tradizione del
liberalismo, in particolare partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia
rivolte a Locke per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli
schiavi. Riprendendo ciò che afferma Arendt in Le origini del totalitarismo,
per Losurdo il vero peccato originale del Novecento è nell'impero coloniale di
fine Ottocento, dove per la prima volta si manifesta il totalitarismo e
l'universo concentrazionario. Controversia degli storici L. critica il
concetto di totalitarismo, sostenendo che fosse un concetto polisemico con
origini nella teologia cristiana e che applicarlo alla sfera politica
richiedeva un'operazione di schematismo astratto che utilizza elementi
isolati della realtà storica per collocare la Germania nazista e altri regimi
fascisti e l'Unione Sovietica e l'esperienza del socialismo reale e di altri
Stati socialisti nello stesso insieme, servendo così l'anticomunismo degli
intellettuali della guerra fredda piuttosto che riflettere la ricerca
intellettuale. Forte critico dell'equiparazione tra nazismo e comunismo
(in particolare quello sovietico) fatta da studiosi come Furet e Nolte, ma
anche da Arendt e Popper, nonché del concetto di «olocausto rosso», il suo
Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, sollevò un dibattito sulla
figura di Iosif Stalin, sul quale a suo avviso peserebbe una sorta di leggenda
nera costruita per screditare tutto il comunismo. Porta l'esempio che nel lager
vi era volontà omicida esplicita in quanto l'ebreo che vi entrava era destinato
a non uscire più (vi è una despecificazione naturalistica) mentre nel gulag no
(si tratta di despecificazione politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi
quelli che il nazismo chiamava Untermensch – sottouomini -- mentre nel secondo
(in cui afferma finissero solo una parte dei dissidenti), pur essendo una
pratica da condannare, erano rinchiusi dissidenti da rieducare e non da
eliminare. L. afferma che «il detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la
guardia stessa era tenuta a chiamarlo in questo modo] e dopo l'inizio del
biennio delle grandi purghe che seguono l'assassinio di Kirov] è comunque un
cittadino». Riprendendo anche l'opinione di Levi (internato ad Auschwitz,
secondo cui il lager era moralmente più grave del gulag) e contro Solženicyn
(internato in Siberia e che affermava l'equiparazione della volontà
sterminazionistica),sostiene che pur essendo grave che un Paese socialista nato
per abolire lo sfruttamento usi sistemi imperialisti e capitalisti, il gulag
sia analogo a molti campi di concentramento occidentali (i cui governi hanno
sostenuto e sostengono di essere paladini della libertà), che per certi versi
furono anche più affini al lager in quanto campo di sterminio e non di
rieducazione, riprendendo la storia del genocidio indiano. Egli sostiene anche
che i campi di concentramento e le colonie penali britanniche erano peggio di
qualsiasi gulag, accusando anche politici come Churchill e Truman di essere
autori di crimini di guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di
quelli che sono stati poi attribuiti a Stalin. L. ritiene inoltre che i
comunisti soffrano di autofobia, cioè paura di se stessi e della propria
storia, problema patologico che va affrontato, a differenza dell'autocritica
sana. Despecificazione politico-morale e despecificazione naturalistica La
despecificazione è l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità
dei civili. Esistono due tipi di despecificazione: La despecificazione politico-morale
(in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o morali). La
despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori
biologici). Per L. la despecificazione naturalistica è qualitativamente
peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre quest'ultima offre
almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia, questo non è
possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione naturalistica, che è
irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che sono di per sé
immodificabili. A differenza di altri pensatori ritiene quindi che l'olocausto
degli ebrei non è incomparabile ed è quindi disposto ad ammettere in questo
caso una tragica peculiarità. La comparatistica che L. offre a proposito non
vuole essere una relativizzazione o uno sminuire, ma semplicemente considerare
l'olocausto degli ebrei come incomparabile significa perdere la prospettiva
storica e dimenticarsi dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o dell'olocausto
americano (l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto negli Stati Uniti
mediante la continua deportazione sempre più a ovest e la diffusione ad arte
del vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il genocidio armeno.
Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata da Guido Liguori su
Liberazione (organo ufficiale del Partito della Rifondazione Comunista) di
Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro in cui L. critica la
demonizzazione di Stalin effettuata dalla storiografia maggioritaria e cerca di
sottrarlo a quella che definisce «la leggenda nera su di lui», è al centro di
una polemica all'interno della redazione del suddetto quotidiano. Venti
redattori inviano una lettera di protesta al direttore del giornale in cui si
critica sia il tentativo di riabilitazione di Stalin presente nel libro di
Losurdo sia la recensione di Liguori (giudicata troppo positiva nei confronti
del libro), oltre che la scelta del direttore del giornale di pubblicare tale
recensione. Il libro riceve delle recensioni critiche per le sue affermazioni e
per la metodologia di lavoro utilizzata.I critici di L. lo accusano di essere
un «neostalinista». Grover Furr, autore di Krusciov mentì e descritto come un
«revisionista storico», un «revisionista in una ricerca lunga una carriera per
scagionare Stalin» e un «prezioso contributo alla scuola revisionista storica
degli studi sovietici e comunisti», elogia il lavoro di L., in particolare
quello su Stalin, iniziando un'amicizia reciproca. Nel introduce Furr a un editore italiano che
pubblica la traduzione italiana di Khruschev mentì, per cui scrive
l'introduzione. Aveva già scritto l'introduzione e il retrocopertina del libro
di Furr sull'assassinio di Kirov che rimane inedito. Negli estratti di un
convegno organizzato per rivalutare la figura di Stalin a cinquant'anni
dalla morte critica le rivelazioni contenute nel rapporto segreto di Chruščёv,
l'allora segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
Secondo Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai crimini commessi
da quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle falsità presenti in
quel rapporto che Chruščёv lesse nel corso del Congresso. Nella relazione al
convegno dà credito a una delle accuse principali che stavano alla base della
sanguinosa repressione staliniana contro gli oppositori, ovvero l'esistenza
nell'Unione Sovietica della «realtà corposa della quinta colonna» pronta ad
allearsi col nemico. Losurdo ribadisce di non voler riabilitare Stalin, seppur
calato nella sua epoca, volendo presentare solo un'analisi dei fatti più
neutrale e attuare un revisionismo sull'esperienza generale del socialismo
reale ritenuta passata, ma utile da studiare per capire le dinamiche future del
socialismo. Losurdo apparteneva alla corrente del marxismo-leninismo, ma
ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede della pluralità della
lotta di classe, da collocare nel contesto dell'attenzione che rivolge al
processo di emancipazione femminile e dei popoli colonizzati. Vicino prima al
Partito Comunista Italiano, poi al Partito della Rifondazione Comunista e
infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito nel Partito Comunista
d'Italia e nel Partito Comunista Italiano, di cui è stato membro, fu anche
direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Critico del liberalismo,
della NATO e dell'imperialismo, in particolare quello statunitense, Losurdo
contestò l'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Xiaobo, considerato un
sostenitore aperto del colonialismo occidentale, in particolare per la sua
idealizzazione del mondo occidentale e per aver affermato che ci sarebbe
bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong Kong è
cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina,
ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è
oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza». Saggi: “Auto-censura e
compromesso” (Napoli, Bibliopolis); “La questione nazionale, restaurazione.
Presupposti e sviluppi di una battaglia politica” (Urbino, Università degli
Studi);“La rivoluzione e la crisi della cultura” (Roma, Riuniti); “Lukacs” Urbino,
Quattro venti, Il comunismo e sui critici (Urbino, Quattro venti, La catastrofe
e l'immagine” (Milano, Guerini, Metamorfosi del moderno.Urbino, Quattro venti);
“La tradizione liberale. Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Riuniti); “Tramonto
dell'Occidente? Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli
studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino,
Quattro venti, Antropologia, prassi, emancipazione. Problemi del comunismo, e Urbino,
Quattro venti, Égalité-inégalité. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto
italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica,
Urbino, Quattro venti, Prassi. Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno
organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca
Comunale di Cattolica (Urbino, Quattro venti); La comunità, la morte,
l'Occidente. L’ideologia della guerra, Torino, Boringhieri, Massa folla
individuo. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi
filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro
venti, La libertà dei moderni, Roma, Riuniti, Napoli, La scuola di Pitagora,.
Rivoluzione francese e filosofia, Urbino, Quattro venti); “Democrazia o
bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale” (Torino, Bollati
Boringhieri, Il comunismo e il bilancio storico del Novecento, Gaeta,
Bibliotheca, Napoli, La scuola di Pitagora, Gramsci e l'Italia. Atti del
Convegno internazionale di Urbino, Napoli, La città del sole, La seconda
Repubblica. Liberismo, federalismo, post-fascismo, Torino, Boringhieri); “Autore,
attore, autorità” (Urbino, Quattro venti); Il revisionismo storico. Problemi e
miti, Roma, Laterza, Utopia e stato d'eccezione. Sull'esperienza storica del
socialismo reale, Napoli, Laboratorio politico, Ascesa e declino delle
repubbliche, Urbino, Quattro venti, Lenin, Atti del Convegno internazionale di
Urbino, Napoli, La città del sole, Metafisica. Il mondo Nascosto, Roma, Laterza,
Gramsci dal liberalismo al comunismo critic, Roma, Gamberetti, Dai fratelli
Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in
Italia” (Napoli, La città del sole); “Hegel e la Germania. Filosofia e
questione nazionale tra rivoluzione e reazione, Milano, Guerini, Nietzsche. Per
una biografia politica, Roma, Manifesto); “Il peccato originale del Novecento,
Roma, Laterza, Dal Medio Oriente ai Balcani. L'alba di sangue del secolo
americano, Napoli, La città del sole, Fondamentalismi. Atti del Convegno
organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca
comunale di Cattolica. Cattolica Urbino, Quattro venti, URSS: bilancio di
un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, Urbino, Quattro venti, L'ebreo,
il nero e l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, Fuga
dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e auto-fobia, Napoli, La
città del sole, poi Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la rivoluzione
cinese oggi, La sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La città del sole, Universalismo
e etno-centrismo nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, La
comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'ideologia della guerra (Torino,
Boringhieri); “Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e
bilancio critico, Torino, Boringhieri, Cinquant'anni
di storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di culture tra Oriente
e Occidente. Atti del Convegno di Urbino, Napoli, La città del sole, Dalla
teoria della dittatura del proletariato al gulag?, Marx e Engels, Manifesto del
partito comunista, Laterza, Bari, Contro-storia del liberalismo, Roma, Laterza,
La tradizione filosofica napoletana e l'Istituto italiano per gli studi
filosofici, Napoli, nella sede dell'Istituto, Auto-censura e compromesso nel
pensiero politico di Kant, Napoli, Bibliopolis, Legittimità e critica del
moderno. Sul marxismo di Gramsci” (Napoli, La città del sole); “Il linguaggio
dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana” (Roma-Bari, Laterza); “Stalin.
Storia e critica di una leggenda nera, Roma, Carocci); “Paradigmi e fatti
normativi. Tra etica, diritto e politica, Perugia, Morlacchi, La non-violenza.
Una storia fuori dal mito, Roma, Laterza, La lotta di classe. Una storia
politica e filosofica, Roma, Laterza, La sinistra assente. Crisi, società dello
spettacolo, guerra, Carocci,. Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle
promesse del passato alle tragedie del presente, Carocci. Il comunismo occidentale.
Come nacque, come morì, come può rinascere, Laterza. PCI Ancona: cordoglio per la scomparsa, su il
partito comuista italiano, A. Orsi, Scienza e militanza. Un ricordo, MicroMega,
Cordoglio, Il Metauro, Verso, Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia
americana, Roma, Laterza. Il comunista contro-corrente. Un comunista eterodosso.
Auto-censura e compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, Hegel e la libertà dei
moderni, Roma, Riuniti, Napoli, La scuola di Pitagora, Lukacs, Urbino, Quattro
venti, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una
storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del
sole, Nietzsche. Il ribelle aristocratico. La comunità, la morte, l'Occidente.
Heidegger e l'deologia della guerra; Controstoria del liberalismo, Laterza, Revisionismo
storico. Peccato originale del
Novecento. La non-violenza. Una storia
fuori dal mito. La non-violenza. Una
storia fuori dal mito, su L'Ernesto, Associazione Marx, Dalla teoria della
dittatura del proletariato al gulag?, in
Marx, Engels, Manifesto del partito comunista, Editori Laterza, Bari David
Broder. Jacobin. Stalin. Storia e critica di una leggenda nera. URSS: bilancio
di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, Urbino, Quattro venti,
Popper falso profeta, Contro Popper, Armando Editore, B. Lai e L.
Albanese. Fuga dalla storia? Il
movimento comunista tra auto-critica e auto-fobia. Il linguaggio dell'impero.
Lessico dell'ideologia, Lettere su Stalin; Stalin. Storia e critica di una
leggenda nera, su sissco. Stalin. Storia
e critica di una leggenda nera. A.
Romano, Canfora e lo stalinismo che non
fa male, ilcannocchiale. In Memoriam, La Città del Sole, Stalin nella storia
del Novecento, R. Giacomini, Teti, Una teoria generale del conflitto sociale",
Intervento al Congresso Nazionale del PdCI. Il Consiglio Direttivo
dell'associazione Marx Il Nobel per la
pace» a un campione del colonialismo e della guerra, il cavallo oscuro della
letteratura, Open Magazine, Open Magazine, H. Arendt Controstoria del
liberalismo A. Gramsci Genocidio indiano Grandi purgh, Heidegger, Marx, Nietzsche
Olocausto, Stalin Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" - blogspot.com.
Intervista RAI Filosofia, su filosofia.rai. Intervist RTV Svizzera, su you tube.com.
Domenico Losurdo. Losurdo. Keywords: il ribelle aristocratico. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Losurdo, e
Nietzsche, ribelle aristocratico," per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.
Grice e Lottieri: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale del bene commune – diritto individuale – l’età degl’eroi – la
ragione del stato -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Brescia). Filosofo italiano.
Grice: “I like Lottieri; he has quoted Hobbes and Hume and Gauthier from a
game-theoretical approach to co-operation, conversational and other – all very
Griceian, if I may mayself so say it!” Allievo
di Caracciolo, studia a Genova, Ginevra e Parigi, su la filosofia di Mosca.
Insegna a Siena e Verona. Da vita all'Istituto Bruno Leoni, un istituto che si
ispira alla tradizione intellettuale di Einaudi e Ricossa, e di cui egli è
direttore del dipartimento Teoria Politica. Cura Leoni. La filosofia di L. si sviluppa all'interno del liberalismo
classico e, grazie allo studio degli autori elitisti, si delinea quale critica
del sistema di dominio iscritto nei regimi democratici rappresentativi. Mostra l'adesione
a tale prospettiva, che rapidamente evolve grazie al contatto con il
libertarianismo. Il suo libertarianismo ottieri metta in discussione "la
psicologia regolamentativa e anti-innovativa del burocrate", avverso a
ogni forma di rischio e cambiamento. Il saggio sul libertarismo evidenzia
l'adesione ai temi classici del pensiero liberale lockiano e giusnaturalista
(difesa della proprietà, del mercato, dell'auto-nomia negoziale), ma anche il
maturare di questioni che sono invece tutte interne al realismo politico:
specie nel confronto con Schmitt, Brunner e MIGLIO (si veda). Mentre il
testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine sociale/comunitario (Denaro
e comunità) è una critica della sociologia, a cui è rimproverato di avere
frainteso la natura inter-personale della moneta e delle relazioni di mercato,
il saggio su Leone muove dal pensatore torinese per delineare una filosofia
libertaria anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and the Law. In
particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene individuato come uno
studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza filosofico-giuridica alla
teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più da economisti e teorici politici. “Denaro
e comunità: relazioni di mercato e ordinamenti giuridici nella società liberale”
(Napoli, Guida) “Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie
sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Macerata, Liberi “Le ragioni del
diritto: libertà individuale e ordine giuridico” (Treviglio Mannelli, Rubbettino);
“Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno” (Soveria Mannelli,
Rubbettino); “Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da
Filippo il Bello a Wiki Leaks” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Liberali e non:
(cf. Griceiani e non.) percorsi di storia del pensiero politico” (Brescia, La
Scuola); Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma, Studium, Un'idea elvetica di libertà. Nella crisi
della modernità europea” (Brescia, Scuola); ““Beni comuni, diritti individuali
e ordine evolutivo,”Torino, IBL. Nella sua filosofia sull'unificazione europea,
in particolare, è cruciale l'opposizione tra l'armonizzazione spontanea
emergente dal basso e l'unificazione coercitiva. Lottieri identifica quattro
superstizioni o quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di
creare un nuovo stato chiamato ‘Europa'. Primo, l'idea che la libertà
individuale e il poli-centrismo giuridico causino tensioni e, in definitiva,
conflitti; Secondo, che il mercato derivi dall'ordine giuridico creato dallo
Stato; Terzo, che l'esistenza di una distinta identità europea esiga la
costruzione di un singolo stato continentale; e quarto, che un'Europa unificata
e più armoniosa e meglio in grado di sostenere lo sviluppo delle sue componenti
più povere. Individuato come uno degl’esponenti di un liberalismo
particolarmente radicale e volto a proporre una sorta di fuga dallo stato:
Dario Fertlio, "Libertari: la grande fuga dallo Stato, Corriere della
Sera. Una disamina molto critica al limite dell'insulto personale di tale
liberalismo libertarian si ha nella recensione che Vitale dedica al volume su
Rothbard scritto a quattro mani da lui assieme a Diciotti (basato su un
confronto assai franco tra prospettive molto diverse): una recensione che,
rivolgendosi al solo Diciotti, si chiudeva con l'invito per il futuro “ad
occuparsi di un autore più interessante con un autore più interessante” (E. Vitale,
“Rothbard, un Trasimaco piccolo piccolo. E una modestissima proposta”, Teoria politica).
Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Mannelli, Rubbettino). Un riferimento
garbatamente polemico alle sue posizioni gius-naturaliste di si trova in D
Antiseri (Laicità.. Le sue radici, le sue ragioni, Rubbettino). La stessa
contrapposizione è al fondo di una discussione tra i due riguardante proprio i
contenuti di quel volume://blog. centrodietica/?p=2005. Questo saggio e una presentazione completa e
approfondita della filosofia libertaria nelle sue diverse varianti, mentre si
evidenzia anche un approccio libertario ai problemi eco-logici. Ce sono riserve
nei riguardi delle tesi libertarie e dell'ispirazione anarchica della sua teoria
del diritto. Nella sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei private” (Soveria
Mannelli, Rubbettino) pure Grondona sviluppa alcune critiche nei riguardi
dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da lui mentre in maggiore
sintonia con le sue posizioni si trova Favaro (“ Dell'irrazionalità della legge
per la spontaneità dell'ordinamento” (Napoli, Scientifiche). Mostra che,
contrariamente a un'opinione diffusa, le distanze fra la concezione del diritto
di Leoni e quella di Hayek sono notevoli. In ogni caso non e Hayek a
influenzare Leoni ma il secondo a influenzare, almeno in parte, il primo. Per
un'equilibrata analisi del saggio si veda: M. Grondona, "Recensione Le ragioni del diritto", Nuova
Giurisprudenza Ligure. Carlo Lottieri. Lottieri. Keywords: bene commune,
diritto individuale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Lottieri” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Luca: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale nell’arte d’amare – filosofia italiana – Luigi Speranza (Marostica). Filosofo italiano.
Grice: “Luca expands on Alcibiades –
I have touched the topic of Alcibiade when discussing eudaemonia, as literally
having to do with the eudaemon – and the expression occurs in connection with
Socrate/Alcibiade -- Grice: “One good thing about Luca is that if my philosophy
revolves around ‘reason,’ his does it around ‘eros’!” -- Frequenta il Liceo
Ginnasio Brocchi di Bassano del Grappa. Si
laurea a Firenze, con la tesi, “Platone e il problema del linguaggio” con
relatore Adorno. È stato incentrato
inizialmente sulla tematica dell’’amore’ nella tradizione greco-romana del
Convitto e Fedro. Mmantenuto però una costante apertura al ‘mythos’ di Omero, nella
convinzione che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti
sociali, rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano,
nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità. In Labirinti
dell’Eros, pur sviluppandosi la tematica all'interno di un arco di tempo
definito, l’intento non è quello di affrontare l’argomento nella sua unita
longitudinale ma di esprimere, senza costrizioni di un “per-corso pre-figurato”
una distinzione logico concettuale, attraverso la quale conseguire, almeno, un
punto fermo nell'amatoria. Riguarda anche lo sviluppo della tradizione
pitagorico-platonica, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto
alla metafisica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza di dare
conto "dei fenomeni" o sensibilia. Si orientata alla tarda produzione
platonica e al pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche
attraverso la cosmologia. Saggi: “Il Simposio, Nuova Italia, Firenze, Platone,
Fedro, Nuova Italia, Firenze, Eros e Epos: il lessico d'amore nei poemi
omerici, L’amatoria, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO); “Platone e
la sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio, Venezia, Labirinti
dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio, Marsilio Venezia. Roberto Luca. Luca.
Keywords: l’arte d’amare, Ovidio, il convito, I dialogui dell’amore: il convito
e Fedro, l’amore degl’eroi – achille e patroclo – niso ed eurialo – la filosofia
dell’amore nel convito, la morte di Patroclo, la morte di Niso, la morte di
Eurialo, l’eroe tragico, Achille eroe tragico, Eurialo e Niso, eroi tragici,
Enea, eroe tragico, Aiace, eroe tragico, Catone di Utica, eroe tragico, la
morte di Eurialo – la morte d’Eurialo – la pederastia – Eurialo piu giovane da
Niso. Luigi Speranza, “Grice e Luca: amatoria conversazionale: la massima o
principio dell’amore proprio conversazionale e la massima dell’amore all’altro.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Luca” – The Swimming-Pool Library. Luca.
Grice e Lucano: la
ragione convrsazionale al portico romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. The nephew of Seneca, he achieves fame with a poem
about the civil war between GIULIO (si veda) Caesar and Pompeo. He follows the
Porch, as tutored by Lucio Anneo Cornuto. Farsaglia. Marco Anneo Lucano. Lucano.
Grice e Lucceio:
la ragione conversazionale e l’orto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. A historian and a friend of CICERONE.
Some of Cicerone’s letters to L. suggests that he may have followed the sect of
L’ORTO. Citato da Svetonio. Amico di Giulio
Cesare. Citato da Livio. Lucio Lucceio. Keywords: Livio. Lucceio.
Grice e Luciano: la
ragione conversazionale e la gnossi -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Roma). Filosofo italiano. A gnostic, a follower of Cerdo. Luciano.
Grice e Luciano:
la ragione conversazionale e il cinargo romano -- Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool
Library (Roma).
Filosofo
italiano. He studies at Rome with Nigrino
-- whom some suspect to be his invention – and Albino, of the Accademia.
Also influenced by Demonax, whose philosophical outlook is more eclectic,
although he is generally regarded as a member of the Cinargo. He is famous for
his essays and dialogues, mostly satirical, many of which have survived. A
number of philosophers appear in them, although not all of them may have
existed. As a satirist, he is more interested in mocking pomposity and exposing
hypocrisy than in advocating any positive doctrine. Loeb. Luciano.
Grice e Lucilio: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Sessa
Aurunca). Filosofo italiano. Alcuni romani insigni nutrirono interesse vivo per
i problemi della filosofia. L. Ciò si può dire di un membro del circolo degli
Scipioni, nato da famiglia ricca e distinta. L. ha un fratello che e
senatore e, per mezzo della figlia, nonno di Pompeo. L. conosce la cultura
greca (di cui si penetra) nell’Italia meridionale e a Roma, ove passa la
maggior parte della vita. Forse soggiorna anche in Atene. Come cavaliere L.
partecipa alla guerra contro Numanzia, agli ordini di Scipione Emiliano
L'Affricano, con cui aveva già stretti rapporti.In seguito appoggia
del'Affricano energicamente l'azione politica. L. fa parte, oltrechè del
circolo degli Scipioni, di uno più ampio. L. e amico dell'accademico
Clitomaco, che gli dedica un libro. Morì a Napoli. L. scrive XXX libri di
satire -- un genere filosofico --, di cui restano frammenti.In esse satire, L.
rappresenta e critica la vita romana dell’età sua, interessandosi soprattutto
di questioni politiche.Dei vizi del tempo L. e giudice severo. L. si
occupa molto di problemi logico-grammaticali, retorici e letterari.Si interessa
anche di filosofia speculativa, alla quale deve avere dedicato una
satira. Nei framm. del l. 28 la teoria dell’ORTO è confutata
verisimilmente da uno dall’ACCADEMIA, anche perchè vi si trovano varie notizie
sulla storia di tale scuola. La forma e il contenuto delle satire di L.
rivelano l’influsso della filosofia popolare del cinismo di Bione e di
Menippo. Un ampio frammento in cui L. dipinta la virtù romana, secondo
alcuni proviene da Panezio, secondo altri da Cleante: però qualche storico pone
L. in relazione con l'Accademia. A poetical philosopher, he writes many satirical
works. Although philosophy is one of his subjects, many of his writings are
concerned with social morals and standards of public life. Only fragments
survive. Climotaco dedicates a ‘saggio’ on the suspension of judgment to him.
Ed. Warmington Loeb, Remains of Old Latin. Gaio Lucilio. Keywords: Livio. Lucilio.
Grice e Lucilio:
la ragione conversazionale e il portico romano -- l’implicatura conversazionale -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo
italiano. A poetic philosopher. Best known as the friend of Seneca, to whom CXXIV
letters are written discussing a wide range of issues from a primarily point of
view of the Porch. Gaio Lucilio
Minore.
Grice e Lucio: la
ragione conversazionale e il cinargo romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. Of the Cynargo and an opponent of
Favorino. Lucio.
Grice e Lucrezio: la ragione
conversazionale e l’orto romano – l’limplicatura conversazionale dell’alma
figlia di Giove – Roma == filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di
Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Pompei). Filosofo
italiano. Grice: “By far the most
important concept in Lucrezio’s philosoophy is that of clinamen that Strawson
translates as the ‘swerve.’ It was saved from extinction by an Italian – as the
novel tells you!” Grice: “While Strawson reads it in Latin, I prefer the
version in the vulgar!” – Grice: “And by the vulgar I mean Marchetti!” Grice:
“It’s amazing how well Marchetti interprets Lucezio – there is a little
treatise on Epicureanism in the Lucrezio by Marchetti which is interesting. A
real continuity in Italian philosophy!” -- possibly the most important Italian
philosopher. Seguace dell'epicureismo. Della sua vita ci
è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né
sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato,
eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta
nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione,
forse postuma, del poema di L., che egli starebbe curando. Ma in scrittori
romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca, Frontone, Marco
Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio, senza tuttavia
fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che non si tratta
di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è San Girolamo nel
suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui, ispirandosi ad
alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato morto suicida. Tale dato non concorda
tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso,
secondo il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile,
nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo
dato ha fatto propendere a credere che Lucrezio mori nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni.
Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate
direttamente dall'antichità. Ignoto risulta anche il luogo di nascita,
che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un
Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di
numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente
un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo
la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del
probabile) le origini campane di L.. Neppure la sua militanza politica sembra
essere ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra affatto
ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro solitamente
stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il desiderio
dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere di tutti
la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante il
fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato e
appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli
optimates. Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare
alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i
Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo
in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e
perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata
da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti
sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza
del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava
un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio
Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone. Secondo lo storico
Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio:
nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile
parente, Marco Lucrezio Frontone) appartenente quasi sicuramente all'antica
famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa
famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro
della "filosofia del giardino", diretta da Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa
di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa
dei papiri"). Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi
disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno
risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato
Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del
maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di
Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il
portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco
diffuso), romano, e sapiente epicureo. Non si sa se il poema fosse
diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato
in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato
lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che
difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut
scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le
poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e
tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse
suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di
qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso
dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo. Il
destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato
per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio,
che, tornato a Roma, sarebbe morto. La
notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna
di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio
nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è
apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De
poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una
spiegazione semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici
che si aveva all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per
Lucrezio, di epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto
impazzire improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento
da piombo, oltre che dei detti "filtri"). Se Lucrezio soffrì di
un disagio psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia,
non fu a causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare
l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura
politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la
rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che
lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù,
alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche,
definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea fortuna") e
non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della
morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a
volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla
morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè
avvenuta per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe
essere la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per
giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di
Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici
politici. Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei
vincitori, come quella di Marc’antonio che colpirà Cicerone, e molti si
toglievano la vita, in quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e
Orazio, estimatori di L., facevano parte della corte di Augusto, e dovevano
quindi allinearsi alla linea culturale dettata dall'imperatore, assertore
dell'antica moralità e diffusore della leggenda di Cesare (per cui venivano
cancellate le espressioni scomode di dissenso), e dal suo amico Mecenate, in
cui l'epicureismo, se non sfumato come in Orazio appuntocosì come ogni opera
che non fosse celebrativa del princeps e della grandezza di Roma non trovava
spazio, per cui Lucrezio verrà ricordato solo come grande poeta, tralasciandone
l'aspetto filosofico. Secondo Della Valle, quindi, Lucrezio si sarebbe
tolto la vita come gesto di protesta contro la classe politica in ascesa, o
perché condannato a morte da essa. Lucrezio, per il periodo in cui è
vissuto, personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era profondamente
intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia della congiura
di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti, isolarsi dalla
realtà politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai negotia politici e
uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del potere. Le più forti
correnti stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato la classe dirigente
romana in quanto più conformi alla tradizione guerriera dell'Urbe.
L'epicureismo era invece presente anche attraverso il citato Filodemo e altri
in Campania, dove Virgilio avrebbe approfondito la sua conoscenza
dell'epicureismo. Orazio non lo nomina, ma è evidente che lo conosce, e
ideologicamente gli è più vicino di altri. La natura poetica del De rerum
natura fa sì che Lucrezio col suo pessimismo esistenziale avanzi profezie
apocalittiche, visioni quasi allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice),
che accompagnano il poema. Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno
dato di lui l'immagine di un ateo psicotico in preda alle forze del male.
Appoggiandosi alla psicoanalisi qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi
cambiamenti di immagine e di pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia
delirante o di problemi di ordine psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di
Lucrezio appare oggi più plausibilmente un tentativo di mistificazione per
screditare il poeta, così come la presunta morte per suicidio sarebbe stato
l'esito di un modo di pensare perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi
dell'epilessia poi, viene avanzata sulla base dell'arcaica credenza che il
poeta fosse sempre un invasato; elemento quest'ultimo da collegare alla
credenza che gli epilettici fossero sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle
loro creazioni. Comunque altri scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio
affermarono che egli non fosse pazzo e che non si fosse ucciso. L'ipotesi della
follia e del suicidio attestata dal Chronicon di Girolamo si fondava su
illazioni di Svetonio, peraltro di difficile verifica. Potrebbe anche esserci
stata una confusione dovuta all'abbreviazione “Luc.,” impiegata
indifferentemente nei codici latini per indicare i nomi di Lucillius, Lucullus
e Lucretius. Plutarco scrisse infatti di un certo Licinio LUCULLO (si veda),
politico, generale e cultore dei piaceri, che morì dopo essere impazzito a
causa di un filtro d'amore. L'errore di interpretazione dell'abbreviazione “Luc.”
potrebbe così aver permesso lo scambio dei due personaggi. A causa
dell'impossibilità di ricostruire i momenti salienti della sua vita, dunque, il
progetto filosofico che egli volle esprimere è ricostruibile interamente solo
dalla sua opera, considerata tra le più vigorose d'ogni età. Bisogna ora
individuare le motivazioni che spinsero L. a scrivere il De rerum natura, che
fondamentalmente sono due. La prima è una ragione etico-filosofica, in quanto
Lucrezio, affascinato dalla filosofia epicurea, desiderava invitare il lettore
alla pratica di tale filosofia, incitandolo a liberarsi dall'angoscia della
morte e degli dèi. La seconda motivazione invece è di carattere storico. L. era
conscio che la situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in giorno: Roma
era quadro ormai di continui scontri bellici e conseguenti dissidi;
giustappunto egli, con un evidente positivismo, voleva incoraggiare il
cittadino-lettore romano a non perdere la fiducia verso un successivo miglioramento
della situazione. L. si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma,
riportandolo all'epicureismo che era stato declinato in favore dello stoicismo.
La prima cosa da distruggere era la convinzione provvidenzialistica stoica e
più propriamente romana. Non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe
terrifero e de le acque", come farà dire Virgilio alla Sibilla Cumana in
un colloquio con Enea. Non c'è una ragione seminale universale responsabile
della vita nel cosmo, destinata a deflagrare per poi ricominciare un nuovo,
identico, ciclo esistenziale, come voleva la fisica stoica, ma un mondo che non
è unico nell'universo, peraltro infinito, essendo uno dei tanti possibili. Non
c'è quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi,
ed un giorno perirà nel suo tempo. La religione, considerata come Instrumentum
regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile
come utile ma falsa. Egli afferma fin dal libro I del De rerum natura. Tanto
male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un giorno, vinto dai
terribili detti dei vati, forse cercherai di staccarti da noi. Davvero,
infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere le norme
della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori! Giustamente, poiché se
gli uomini vedessero la sicura fine dei loro travagli, in qualche modo
potrebbero contrastare le superstizioni e insieme le minacce dei vati... Queste
tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo occorre che non i raggi del sole
né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la
scienza... E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla,
allora già più agevolmente di qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre
ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza, e in qual modo ciascuna si compia
senza opera alcuna di dèi. Lucrezio colpiva direttamente la credenza negli dèi
latini sostenendo che non c'è preghiera che schiuda le fauci di una tempesta,
giacché essa è regolata da leggi fisiche e gli dèi, seppur esistenti e anche
loro composti da atomi così sottili che ne assicurano l'immortalità, non si
curano del mondo né lo reggono; ma la religione deve essere inglobata nella
scoperta e nello studio della natura, che rasserena l'animo e fa comprendere la
vera natura delle cose: infatti l'unico principio divino che regge il mondo è
la divina voluptas, Venere: il piacere, la vita stessa intesa come animazione
regge l'universo, ed è l'unica cosa in grado di fermare lo sfacelo che sta
portando Roma alla fine: Marte, ovvero la Guerra. Proprio per questo, egli
elogia Atene, creatrice di quegli intelletti più grandi che hanno illuminato la
natura e quindi l'uomo stesso, ed in ultima istanza Epicuro, sole invitto della
conoscenza rasserenatrice. Non solo, egli stesso si sente quasi un poeta
rasserenatore delle tempeste umane e proprio per questo si sente profondamente
affine ai poeti delle origini, il cui luogo principe è in Empedocle (secondo
infatti per elogi solo a Epicuro) ma con una sola grande differenza: egli non è
portatore di una verità divina fra le umane genti, ma di una verità affatto
umana, universale e per tutti, che attecchirà ben presto per la salvezza di
Roma. Epicuro è comunque, per Lucrezio, il più grande uomo mai esistito, come
risulta dai tre inni a lui dedicati (chiamati anche "trionfi" o
"elogi"): «E dunque trionfò la vivida forza del suo animo. E si
spinse lontano, oltre le mura fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore
e la mente l'immenso universo, da cui riporta a noi vittorioso quel che può
nascere, quel che non può, e infine per quale ragione ogni cosa ha un potere
definito e un termine profondamente connaturato. Perciò a sua volta abbattuta
sotto i piedi la religione è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al
cielo. Il De rerum natura e un poema didascalico in esametri, di genere
scientifico-filosofico, suddiviso in sei libri (raccolti in diadi), comprendente
un totale di 7415 versi, che illustrano fenomeni di dimensioni progressivamente
più ampie: dagli atomi si passa al mondo umano per arrivare ai fenomeni
cosmici. Riproduce il modello prosastico e filosofico epicureo e la struttura
del poema Περὶ φύσεως di Empedocle (anche un'opera di Epicuro aveva il medesimo
titolo). Secondo i filologi vi sono corrispondenze e simmetrie interne che
corrisponderebbero ad un gusto alessandrino. L'opera infatti è suddivisa in tre
diadi, che hanno tutte un inizio solare ed una fine tragica. Ogni diade
contiene un inno ad Epicuro, mentre il secondo e il terzo libro (in
quest'ultimo è presente anche un'esposizione della sua estetica) si aprono
entrambi con un inno alla scienza. Essendo un poema didascalico, ha come
modello Esiodo e quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello esiodeo
come massimo strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri modelli
potrebbero essere i poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che usavano
il poema didascalico come sfoggio di erudizione letteraria. Il destinatario e i
destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara propago, ovvero il
rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si identifica con Gaio
Memmio. Più in generale, si può dire che il destinatario che l'autore si
prefigge di conquistare è il giovane aperto ad ogni esperienza, che un giorno
prenderà il posto dei politici e attuerà quella rivoluzione propugnata con
tanto fervore da L.. Ma, almeno con Memmio, egli fallì: da adulto divenne un
dissoluto, fraintendendo il significato di piacere catastematico epicureo, e fu
allontanato dal Senato probri causa, cioè per immoralità. Riparò quindi in
Grecia, dove scrisse poesie licenziose e dove ce lo menziona anche Cicerone
(nelle Ad Familiares), intenzionato a distruggere la casa e il giardino in cui
proprio Epicuro risiedette, per costruirsi un palazzo, suscitando lo sdegno
degli epicurei che fecero istanza a CICERONE stesso di intervenire per
impedirglielo, senza che però Cicerone ci riuscisse. In un simile progetto L.
scelse di doversi rifare ad un modello di stile arcaico, che vedeva in Livio
Andronico, ma soprattutto in Ennio e in Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra
loro quanto meno vari: l'egestas linguae (povertà della lingua), lo vede
costretto a dover arrangiare le lacune terminologiche e tecnicistiche con
l'arcaismo, ancora che proprio L., insieme a Cicerone, sia uno dei fondatori
del lessico astratto e filosofico latino, e a colmare e ancor meglio
comprendere l'oscurità del filosofo con la mielosa luce della poesia. Discendendo
più in profondità nelle anguste gole del poema, si notano anche altri problemi
cui dovette far fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di pregnanza
filosofica in latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché poté,
egli evitò la semplice translitterazione (ad es. "atomus" per Ατομος)
e preferì invece usare altri termini presenti già nella sua lingua magari
dandogli altra accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando neologismi.
Ed è proprio grazie all'arcaismo che L. riesce a rendere possibile tutto
questo: infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo
"munificenza" ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e
moderni) delle figure di suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e
omoteleuti. Molto importante è anche il fatto che L.non si limitò a trasmettere
il messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece attraverso
un poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della filosofia,
parla per squarci imaginifici. Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si
caratterizza come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune
esplicazioni che nel suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il
concetto di parenklisis che Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione
chiara. Nella Lettera ad Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis ma poi
parla piuttosto di una deviazione per urto. Il celebre passaggio del libro II
del De rerum natura dice: Perciò è sempre più necessario che i corpi
deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di poter
immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è
evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non
possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile
constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione
dalla linea retta del loro percorso? Lucrezio precisa poi ulteriormente le
modalità del clinamen aggiungendo: «Infine, se ogni moto è legato sempre ad
altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine certo, se i germi
primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche inizio di movimento che
infranga le leggi del fato così che da tempo infinito causa non sussegua a
causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo libero arbitrio, donde
proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai fati, in virtù della quale
procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il nostro percorso non in un
momento esatto, né in un punto preciso dello spazio, ma quando lo decide la
mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio volere suggerisce
l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle membra]» Per
quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega direttamente agli atomi
nel loro processo creativo, scrivendo: Così è difficile rescindere
da tutto il corpo le nature dell'animo e dell'anima, senza che tutto si
dissolva. Con particelle elementari così intrecciate tra loro fin dall’origine,
si producono insieme fornite d’una vita di eguale destino: ed è chiaro che
ognuna di per sé, senza l’energia dell’altra, le facoltà del corpo e dell’anima
separate, non potrebbero aver senso: ma con moti reciprocamente comuni spira
dall’una e dall’altra quel senso acceso in noi attraverso gli organi. Lucrezio riprende
in maniera radicale la tesi già di Epicuro. La religione è la causa dei mali
dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la
ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter
accedere alla felicità, da raggiungere attraverso la liberazione dalla paura
della morte. Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra
ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La ratio è vista da Lucrezio
come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre
dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo,
quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e
cieca ignoranza, che lo stesso L. denomina spesso con il termine
"superstitio". Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti
umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza.
Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa. Afferma
che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce come esempio
il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una rappresentazione falsata
della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è perciò la causa principale
dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini. L. riprende i temi principali
della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la
"parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la liberazione dalla
paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente
fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico
ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in
Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità malinconica. Da un
punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi (animali e
vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al calore e
all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio evoluzionistico:
le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del tempo, perché quelle
malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli organi necessari alla
conservazione della vita sono riuscite a riprodursi. Tale concezione atea,
materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura sarà ereditata e
rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna, in particolare
gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie, anch'essi atei dichiarati e a
loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio sarà inoltre seguito da Ugo Foscolo
e Giacomo Leopardi. L. nega ogni sorta di creazione, di provvidenza e di
beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è affrancato dalla condizione di
bisogno tramite la produzione di tecniche, che sono trasposizioni della natura.
Però, il progresso non è positivo a priori, ma solo finché libera l'uomo
dall'oppressione. Se è invece fonte di degradazione morale, lo condanna
duramente. Lucrezio introduce nel III libro del De rerum natura una
chiarificazione che nel mondo latino era stata trascurata generando non poche
confusioni, circa il concetto di “animus” in rapporto a quello di “anima” «Vi
sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa del corpo, che abbandona
i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la natura dell'animo e
dell'anima quasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di armonia, recato ai
musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse tratto d'altrove e
trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu ascolta le mie
parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti tra loro, e
formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il pensiero a
dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e che ha
stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti l'angoscia e
il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque la mente,
l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo, obbedisce e
si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola prende
conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il corpo. L.
riprende il concetto ellenico di anima come "soffio vitale che vivifica ed
anima il corpo, ciò che i greci chiamavano psyché. Questo soffio pervade tutto
il corpo in ogni sua parte e lo abbandona solo “con l'ultimo respiro".
L'"animus" invece è identificabile col "noùs" ellenico,
traducibile in latino con mens. Dunque animus e mens paiono essere o la stessa
cosa o due elementi coniugati dell'unità mentale. L'indicazione della “zona
centrale del petto” come sede fa pensare al concetto di “cuore”, ricorrente
ancora oggi nel linguaggio comune per indicare la sensibilità umana, centro
dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora che l'animus sia insieme e
conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio vitale. L'angoscia esistenziale
Il De rerum natura è ricchissimo di elementi tipici dell'esistenzialismo
moderno, riscontrabile specialmente in Leopardi, che dell'opera di L.era un
profondo conoscitore, anche se in realtà non è noto il lasso di tempo in cui
Leopardi lesse L.. Questi elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a
sottolineare il pessimismo di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare
il mondo a partire dalla filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci
sarebbero due spinte contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa
nel riscatto dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli
esseri viventi e dal loro destino di dolore e morte. Altri studiosi, però
ritengono che l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione
umana non sia altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più
fortemente la funzione salvifica della ratio epicurea. S'intende, ciechi alla
dottrina di Epicuro. Sul luogo di
nascita: anche se c'è chi afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi
all'unanimità che fosse originario della Campania: di Napoli, di Ercolano, o,
secondo recenti studi epigrafici, di Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e
L. sono attestati, e la gens Lucretia ha delle ville cfr: Biografia di
Lucrezio; o perlomeno vi avesse abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio
Foppiani, Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo, cfr.
anche la Lucrezio Caro, Tito su Enciclopedia Treccani Sulla data di nascita: molti optano per il 98
a.C. o secondo altri 96 a.C. Secondo
alcune fonti: Lucretius testimonia vitae Luciano Canfora, Vita di L.,
Sellerio, o secondo altri 53 a.C., cfr.
Paolo Di Sacco, M. Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura
latina" 1 "L'età arcaica e la
repubblica", Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Modulo. Testimonianze
su Lucrezio Canfora. Lucrezio, De rerum
natura, Lucrezio, De rerum natura, Enrico Fichera, I "templa serena"
e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella letteratura, Roma, Bonanno
edizioni, Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts, Monaco.
Enciclopedia dell'arte antica Cfr.
Gerlo, Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario contemporaneo Nel romanzo epistolare di Tiziano Colombi, Il
segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, Nomi romani: glossario Canfora, Cicerone, Ep. ad Quintum fratrem, II
9. S L.
Canfora, Classici: L. e il De rerum natura Aldo Oliviero, Il
suicidio di L., su lafrontieraalta.com. Ettore Stampini, Il suicidio di L.,
Messina, Tipografia D'Amico, La risposta di Virgilio a L. Guido Della Valle (Napoli), pedagogista e
docente universitario, autore di Tito L Caro e l.'epicureismo campano, Napoli,
Accademia Pontaniana, L. in Enciclopedia Italiana L.: informazioni biografiche
ibidem La natura delle cose, Milano, Rizzoli, Eneide, lLa natura delle
cose, cit. supra81. L., La natura delle cose, La natura delle cose. Il De rerum natura di L.
Introduzione a Lucrezio accesso= Memmio su Enciclopedia Italiana Lo stile
di Lucrezio C. Craca, Le possibilità
della poesia. Lucrezio e la madre frigia in «De rerum natura» IBari, Edipuglia,
Epicuro, Opere, E. Bignone, Laterza Lucrezio, La natura delle cose, Biagio
Conte, Milano, Rizzoli, La natura delle cose, cit. supra271. De rerum natura, Diego Fusaro, Tito L. Caro,
su filosofico.net. e rerum natura, VTasso segue L. stilisticamente, non
ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV, ripresa
nel proemio della Gerusalemme liberate, La natura delle cose, cit. supra, De rerum
natura, Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana. Lucrezio, introduzione Edizioni De rerum
natura, (Brixiae), Thoma Ferrando auctore, De rerum natura libri sex nuper
emendati, Venetiis, apud Aldum, In Carum Lucretium poetam commentarij a Pio
editi, Bononiae, in ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, De rerum
natura libri sex a Lambino emendati atque restituti & commentariis
illustrati, Parisiis, in Gulielmi Rovillij aedibus, De rerum natura libri VI,
Patavii, excudebat Josephus Cominus, De rerum natura libri sex, Revisione del
testo, commento e studi introduttivi di Giussani, Torino, E. Loescher (importante edizione critica, tuttora
fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e versione
Flores, Napoli, Bibliopolis, Traduzioni italiane Della natura delle cose libri
sei tradotti da Marchetti, Londra, per G. Pickard. La natura, libri VI tradotti
da Rapisardi, Milano, G. Brigola, Della natura, Armando Fellin, Torino, POMBA. Della
natura, Versione, introduzione e note di Cetrangolo, Firenze, Sansoni, La
natura delle cose, Introduzione di Gian Biagio Conte, Traduzione di Canali,
Testo latino e commento Dionigi, Milano, Rizzoli, La natura, Introduzione,
testo criticamente riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti,
Milano, Garzanti (Per la specifica sul
De rerum natura si rimanda a tale voce) V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze,
Le Monnier, A. Bartalucci, L. e la retorica, in: Studi classici in onore di
Cataudella, Catania, Edigraf, M. Bollack, La raison de L. Constitution d'une
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lucretienne, Parigi, Les editions de Minuit, 1978. G. Bonelli, I motivi
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l'epicureismo, Edizione italiana Alberto Grilli, Brescia, Paideia, Camardese,
Il mondo animale nella poesia lucreziana tra topos e osservazione realistica,
Bologna, Patron, Canali, L. poeta della ragione, Roma, Editori Riuniti, Luciano
Canfora, Vita di Lucrezio, Palermo, Sellerio, G. Della Valle, Tito L. Caro e
l'epicureismo campano, Seconda edizione con due nuovi capitoli, Napoli,
Accademia Pontaniana, Gerlo, Pseudo-L. in: «L'Antiquité Classique»,F.
Giancotti, L. poeta epicureo. Rettificazioni, Roma, G. Bardi, Giancotti,
Religio, natura, voluptas. Studi su L. con un'antologia di testi annotati e
tradotti, Bologna, Patron, Giardini, Lucrezio. La vita, il poema, i testi
esemplari, Milano, Accademia, Greenblatt, Il manoscritto. Come la riscoperta di
un libro perduto cambiò la storia della cultura europea, traduzione di Zuppet,
Milano, Rizzoli, H. Jones, La tradizione
epicurea, Genova, ECIG, R. Papa, Veterum poetarum sermo et reliquiae quatenus
Lucretiano carmine contineantur, Neapoli, A. Loffredo, Perelli, L. poeta
dell'angoscia, Firenze, La Nuova Italia, Perelli, L.. Letture critiche, Milano,
Mursia, A. Pieri, L. in Macrobio. Adattamenti al testo virgiliano, Messina,
Casa Editrice D'Anna, V. Prosperi, Di soavi licor gli orli del vaso. La fortuna
di Lucrezio dall'Umanesimo alla Controriforma, Torino, N. Aragno, G. Sasso, Il
progresso e la morte. Saggi su Lucrezio, Bologna, Il Mulino, R. ScarciaE.
ParatoreG. D'Anna, Ricerche di biografia lucreziana, Roma, Edizioni
dell'Ateneo, O. Tescari, Lucretiana, Torino, SEI,O. Tescari, L., Roma, Edizioni
Roma, A. Traglia, De Lucretiano sermone ad philosophiam pertinente, Roma,
Gismondi, Scritti letterari Canali, Nei pleniluni sereni. Autobiografia
immaginaria di Tito Lucrezio Caro, Milano, Longanesi, E. Cetrangolo, L..
Tragedia, Roma, Edizioni della Cometa, Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone,
Palermo, Sellerio. Piergiorgio Odifreddi, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio,
la mia Venere, Milano, Rizzoli, Alieto Pieri, Non parlerò degli dèi. Il romanzo
di L., Firenze, Le Lettere, Epicureismo Esistenzialismo ateo Storia
dell'ateismo Tito L. Caro, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Tito L.
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Caro Opere di Tito L. Caro, su Liber Liber.
openMLOL, Horizons Audiolibri di Tito L. Caro, su LibriVox. Goodreads. De
Rerum Natura: testo con concordanze e liste di frequenza, su intratext.com. Intervista
a Luca Canali su passioni e razionalità in Lucrezio, dall'Enciclopedia
multimediale delle scienze filosofiche, su conoscenza.rai. Analisi critica del
pensiero di Lucrezio, su lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia
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romaniFilosofi romani 15 ottobre Roma Tito Lucrezio Caro Atomisti Epicurei Filosofi
atei Lucretii Storia dell'evoluzionismo Pre-esistenzialisti Personalità
dell'ateismo. Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia. Alma
figlia di Giove, inclita madre Del gran germe d'Enea, Venere bella,
Degli uomini piacere e degli Dei: Tu che sotto i girevoli e lucenti
Segni del cielo il mar profondo, e tutta D’ animai d'ogni specie orni la
terra, Che per se fora un vasto orror soUngo: Te Dea , fnggono i
venti: al primo arrivo Tuo svaniscon le nubi: a te germoglia Erbe e
fiori odorosi il suolo indnstre: Tu rassereni i giorni foschi, e rendi
Col dolce sguardo il mar chiaro e tranquillo, E splender fai di maggior
lume il ciclo. Qualor deposto il freddo ispido manto L'anno
ringiovanisce, « la soave Aura feconda di Favonio spira, Tosto tra fronde
e fronde i vaghi augelli. Feriti il cor da' tuoi pungenti dardi , Cantan
festosi il tuo ritorno, o Diva; Liete scorron saltando i grassi
paschi Le fiere , e gonfi di nuor' acqae i fìami Varcano a nuoto e
i rapidi torrenti: Tal da' teneri tuoi rezzi lascivi Dolcemente
allettato ogni animale Desioso ti segue ovunque il gnidi. In
somma tu per mari e monti e fiumi, Pe'boschi ombrosi e per gli aperti
campi, Di piacevole amore i petti accendi, E cosi fai che si
conservi '1 mondo. Or se tu sol della Natura il freno Reggi a
tua voglia , e senza te non vede Del di la luce desiata e bella,
Nè lieta e amabil fassi alcuna cosa: Te , Dea, te bramo per compagna
all'opra, In cui di scriver tento in nuovi carmi Di Natura i
segreti e le cagioni Al gran Memmo Gemello a te si caro , In ogni
tempo, e d’ogni laude ornato. Tu dunque , o Diva , ogni mio detto
aspergi D’eterna grazia, e fa’ cessare intanto E per mare e per
terra il fiero Marte, Tu, che sola puoi farlo : egli sovente
D’ amorosa ferita il cor trafitto Umil si posa nel divin tuo
grembo. Or mentr’ ei pasce il desioso sguardo Di tua beltà,
ch'ogni beltade avanza, E che l’anima sua da te sol pende, Deh
! porgi a lui , vezzosa Dea , deh ! porgi A lui soavi preghi , e fa'ch’
ei renda Al popol suo la desiata pace. Che se la patria nostra è da
nemiche Armi abitata, io più seguir non posso con animo quieto il
preso stile, nè può di Memmo il generoso figlio aS
l^egar sé stesso alla comaa salate. Tu, gran prole di Memmo, ora mi
porgi Grate ed attente orecchie, e ti prepara, Lungi da te
cacciando ogni altra cura, Alle vere ragioni , e non volere I
miei doni sprezzar pria che gl’ intenda. Io narrerotti in che maniera il
cielo con moto alterno ognnr si volga c giri j Degli Dei la natura,
e delle cose Gli alti principi , e come nasca il tutto ; Come poi
-si nutrichi, e come cresca, Ed in che finalmente ei si risolva:
£ ciò da noi nell’avvenir dirassi primo corpo, materia, o primo
seme, o corpo genitale , essendo quello Onde prima si forma ogni
altro corpo: Che d'uopo é pur che’n somma eterna pace Yivan gli Dei
per lor natura , e lungi Stian dal governo delle cose umane, Scevri
d' ogni dolor, d’ogni periglio, biechi sol di lor stessi, e di lor
fuori di nulla bisognosi, e che nè metto Nostro gli alletti, o colpa
accenda ad ira. Giacca l’ umana vita oppressa e stanca Sotto
religìon grave e severa. Che mostrando dal ciel l’altero capo
Spaventevole in vista e minacciante ne soprasta. Un iiom d’Atene il
primo e, che d’ergerle incontra ebbe ardimento Gli occhi ancor che
mortali, e le s’oppose. Questi non paventò nè eie! tonante Nè
tremoto che ’l mondo empia d’ orrore, Nè fama degli Dei, nè fulmin torto
j Ma qual acciar su dura alpina cote quanto s’agita più tanto più
splende. Tal dell’animo suo mai sempre invitto Nelle difficoltà
crebbe il desio a Di spezzar pria d'ogni altro i saldi
chiostri, E r ampie porte di Natura aprirne. Cosi vins' egli
, e con l' eccelsa mente Varcando oltre a' confin del nostro mondo, e
bastante a capir spazio infinito. Quindi sicuramente egli n’ insegna
Gid che nasca o non nasca, ed in qual modo Ciò che racchiude l' Universo
in seno Ha poter limitato , e tcrmin certo : E la religion
co’pié calcata, L' alta vittoria sua c’ erge alle stelle. Nè creder
già che scelerate ed empie sian le cose eh’ io parlo. Anzi sovente
L' altrui religion ne’ tempi^antichi Cose produsse scelerate ed
empie. Questa il fior degli eroi scelti per duci Deir oste
argiva in Aalide indusse Di Diana a macchiar l' ara innocente Col
sangue d' Ifigenia , allor che cinto di bianca fascia il bel virgineo
crine vid’ella a se davanti in mesto volto Il padre, e alni vicini i
sacerdoti Celar 1’ aspra bipenne , e '1 popol tutto Stillar per gli
occhi in larga vena il pianto Sol per pietà di lei , che muta e
mesta Teneva a terra le ginocchia inchine. Nè giovi punto all’innocente
e casta povera verginella in tempo tale, ch’ a nome della patria il
prence avesse All’ esercito greco un re donato ; Che tolta
dalle man del suo consorte Fu condotta all’ aitar tutta tremante:
Non perchè terminato il sacrifizio, legata fosse col soave
nodo d’un illustre imeneo. Ma per cadere Nel tempo stesso delle
proprie nozze A* piè del genitore ostia dolente per dar felice e
fortunato evento All' armata navale. Error si grave Persuader la
religion poteo. Tu stesso dall’orribili minacce de’ poeti atterrito, a i
detti nostri di negar tenterai la fe dovuta. Ed oh, quanti potrei
fìngerti anch'io Sogni e chimere, a sovvertir bastanti Del viver
tuo la pace, e col timóre Il sereno turbar della tua mente.
Ed a ragion, che se prescritto il fine vedesse l'uomo alle miserie
sue. Ben resister potrebbe alle minacce Delle religioni, e de'
poeti. Ma come mai resister può, s' ei teme Dopo la morte aspri
tormenti eterni. Perchè dell' alma è a lui l’essenza ignota: S' ella
sia nata, od a chi nasce infusa, E se morendo il corpo anch' ella
muoia? Se le tenebre dense , e se le vaste Paludi vegga del tremendo
Inferno, O s' entri ad informare altri animali Per ^divino
voler, siccome il nostro Ennio cantò , che pria d' ogn' altro colse
In riva d'Elicona eterni allori. Onde intrecciossi una ghirlanda al
crine FRA L’ITALICA GENTI illustre c chiara? Bench' ci ne' dotti
versi affermi ancora Che sulle sponde d' Acheronte s' erge Un
tempio sacro a gl' infernali Dei , Ove non 1' alme o i corpi nostri
stanno. Ma certi simulacri in ammirande Guise pallidi in
volto, e quivi narra d’aver visto l'imagine d’Omero Piangere
amaramente, e di Natura Raccontargli i segreti e le cagioni. Dunque
non pnr de’più sublimi effetti Cercar le cause, e dichiarar
conviensi Della luna e del sole i morimenti. Ma come possan
generarsi in terra tutte le cose, e con ragion sagace principalmente
investigar dell' alma, £ dell'animo uman l’occulta essenza, E
ciò che sia quel, che vegliando infermi, £ sepolti nel sonno, in guisa
n'empie d’alto terror , che di veder presente Parne , e d’udir chi
già per morte in nude ossa ò converso, e poca terra asconde e so ben io
qual malagevol’ opra Sia r illustrar de’ Greci in toschi
carmi L’ oscure invenzioni, e quanto spesso Nuove parole
converrammi usare, non per la povertà della mia lingua ch’alia greca
non cede , e più d’ ogn’ altra piena è di proprie e di leggiadre vocij ma
per la novità di quei concetti Ch’esprimer tento, e che nuli’ altro espresse.
Pur nondimcn la tua virtude ò tale, e lo sperato mio dolce conforto
Della nostr’amistà, eh’ ognor mi sprona A soffrir volentieri ogni
fatica, E m’induce a vegliar le notti intere, sol per veder con
quai parole io possa Portare innanzi alla tua mente un lume, Ond’
ella vegga ogni cagione occulta. Or si vano terror, si cieche
tenebre Schiarir bisogna, e via cacciar dall’ animo nn co’ be’
rai del sol, non già co’ lucidi dardi del giorno a saettar poc’
abili fuorché l’ombre notturne e i sogni pallidi, Ma col mirar della
Natura, e intendere D’occulte cause e la velata imagine. Tu, se di
conseguir ciò brami, ascoltami. Sappi , che nulla per diyin volere
Pad dal nalla crearsi, onde il timore, che qaind'il cor d'ogni mortale
ingombra , Vano è del tutto, e se tu vedi ognora Formarsi molte
cose in terra e ’n cielo, nè d'esse intendi le cagioni, e pensi
Perciò che Dio le faccia , erri e deliri. Sia dunque mio principio
il dimostrarti, Che nulla mai si può crear dal nulla. Quindi assai
meglio intenderemo il resto £ come possa generarsi il lutto
Senz'opra degli Dei. Or se dal nnlla- Si creasser le cose, esse di
seme Non avrian d'uopo, e si vedrian produrre Uomini ed animai nel
seti dell' acque, nel grembo della terra uccelli e pesci, e nel vano
dell’aria armenti e greggi; Pe' luoghi culli, e per gl' inculti il
parto D'ogni fera selvaggia incerto fora; Nè sempre ne darian
gl'istessi frutti Gli alberi , ma diversi ; anzi ciascuno D' ogni
specie a produrgli allo sarebbe. Poiché come potrian da certa madre nascer
le cose, ove assegnati i propri semi non fosser da ^Natura a tutte
1 Ma or perché ciascuna è da principi certi creala , indi ha il
natale ed esce Lieta a godere i dolci rai del giorno, ov'è la sua
materia e -i-vorpi primi: E quindi nascer d'ogni cosa il
tutto Non può, perchè fra loro alcune certe cose hall l'interna
facoltà distinta. Inoltre ond' è che primavera adorna sempre è
d’ erlie e di fior? che di mature Biade all' estiv' arsura ondeggia il
campo? e che sol quando Febo occupa i segni O di Libra o di Scorpio,
allor la vite Suda il dolce liquor che inebria i sensi? Se non perché
a'ior tempi alcuni certi Semi in un concorrendo, atti a produrre
Son ciò che nasce, alJor che le stagioni Opportune il richieggono, e la
terra «I Di rigor genital piena c di succo, Puote all’ aure inalzar
sicuramente Le molli erbette e l’altre cose tenere i che se pur generate
esser dal nulla Potessero, apparir dovrian repente In contrarie
stagioni e spazio incerto , Non vi essendo alcun seme , che
impedito Dall' Union feconda esser potesse O per ghiaccio o per sol
ne' tempi avversi. Né per crescer le cose avrian mestiere di spazio
alcuno in cui si unisca il seme, i' elle fosser del nulla atte a nutrirsi.
Ma nati appena i pargoletti infanti Diverrebbero adulti , e in un
momento Si vedrebber le piante inverso il cielo Erger da terra le
robuste braccia. Il che mai non succede. Anzi ogni cosa cresce, come
conviensi , a poco a poco, E crescendo, conserva e rende eterna
La propria specie. Or tu confessa adunque Che della sua materia , e del
suo seme Nasce, si nutre e divien grande il tutto. S’arroge a
ciò, che non daria la terra il dovuto alimento ai lieti parti. Se non
cadesse a fecondarle il seno Dal del 1' umida pioggia, e senza cibo propagar
non potrebber gli animali La propria specie, e conservar la
vita, Ond' è ben verisimile, che molte Cose molti fra lor corpi
comuni Àbbian, come le voci han gli elementij Anzi, che sia senza
principio alcuna. In somma ond' è che non forma Natura uomini
tanto grandi e si robusti, che potesser co’ piè del mar profondo varcar
l’ acque sonanti e con la mano sveller dall’imolor l’alte montagne, e
viver molt’ etadi , e molti secoli? L. is known only for his long poem De rerum natura in
which he sets out the doctrines of the Garden. As the only substantial
systematic work of the Garden to survive from antiquity it is a work of
considerable significance. Unfortunately, it is difficult to judge how accurate
an account of the school’s teaching as there is little with which to compare
it. However, the Garden tended towards conservatism in doctrinal matters and so
it isunlikely L. strays far from orthodoxy. The first two books of the poem are
mainly concerned with espounding atomism, the middle two are concerned with
human nature and knowledge, and the last to analyse a number of natural
phenomena. Tito Lucrezio Caro. Lucrezio. Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura
delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Lucrezio: implicatura atomica”
– “implicatura e composizionalita” – “implicatura elementare” – “implicatura
simplex” “implicatura simplice” “implicatura complessa”, “alma figlia di Giove”
--. Lucrezio.
Grice
e Lucullo: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. Si distingue nella guerra sociale come tribunus
militum. Avendo avuto quale pro-questore sotto SILLA (si veda) nella guerra
mitridatica l’incarico di recarsi dalla Grecia in Cirenaica e in Egitto e di
raccogliere una flotta, L. volle avere presso di sè Antioco d’Ascalona in quel
pericoloso viaggio sul mare. Pretore, propretore in Africa, e console,
ottenne il governo proconsolare della Cilicia e il comando della guerra contro
Mitridate e sconfisse prima questo, poi il suo alleato Tigrane re di
Armenia. Negl'anni del suo comando, batiè con poche forze grossi eserciti
nemici. Ma per il malcontento dei soldati le cose peggiorarono, sicchè i suoi
avversari lo fanno richiamare a Roma ove soltanto gli e concesso il trionfo. L.
contribuì potentemente alla diffuzione della filosofia in Roma. L. e oratore,
storico -- scrive una storia della guerra sociale -- e si interessa vivamente
per la filosofia, tanto che volle compagno Antioco sia da pro-questore che
da pro-console e con gli studi filosofici si consola degli insuccessi
politici. A rich Roman who
makes a career in public and military life. A friend and pupil of Antioco, his
philosophical tastes appear to have been quite eclectic. He spends his last
years quietly going insane. Lucio Licinio Lucullo. Keywords: Livio. Lucullo.
Grice e Luporini: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale -- i corpi di Vinci – il
leopardi fascista – leopardi fascisti – ultra-filosofico -- filosofia italiana
– Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming Pool
Library (Ferrara). Filosofo
italiano. Grice: “I like Luporini; I lerarned from him how silly Austin is when
talking of ‘material object’ – a contradiction in terminis for Kant who uses
‘materie’ very strictly; Luporini’s study of Leopardi is brilliant – and he has
explored the genius of Vinci, which is good!” Si recò a Friburgo, dove frequenta
le lezioni di Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le lezioni di
Hartmann. Si laurea a Firenze. Insegna a Cagliari, Pisa e Firenze. Dopo un in
interesse per l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al Partito
Comunista, per il quale fu eletto senatore nella terza legislature. Tra le
altre iniziative parlamentari, fu firmatario di un progetto di legge,
"Istituzione della scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni.” Fonda la
rivista Società. Collabora ai periodici
politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita, Critica marxista.
Durante il dibattito che, a seguito degli eventi, porta alla trasformazione del
PCI in PDS, si schierò decisamente contro la "svolta" di Occhetto,
aderendo alla mozione "due" di opposizione interna, in un'orgogliosa
difesa e per un rilancio della prospettiva e degli ideali comunisti. Il marxismo
di Luporini si fonda su una critica radicale allo storicismo, sul rifiuto di
ogni concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo, quello
marxista in particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente
storicista del progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta
letture dogmatiche del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e
meccanicismo, ma, pur apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò
di far dialogare tutto il marxismo italiano, non ne condivideva l'anti-umanismo,
in quanto il pensiero di Marx conserva per lui un profondo umanesimo, anche
negli scritti successivi alla "rottura epistemologica" in cui le
strutture, cioè i modelli interpretativi della società, non sono astratti ma in
funzione degli individui concreti, umani.
Nello stesso ambito marxista, tra i suoi obiettivi polemici vi furono
quelle posizioni che proponevano una interpretazione di radicale discontinuità
tra Marx e Hegel, cioè quelle di Volpe e della sua scuola. Centrale è infatti
per Luporini la nozione di “contra-dizione,” la marxiana "oggettività
reale", che lo pone comunque in relazione con Hegel. Marx deve essere
considerato una concezione aperta e complessa, dove materialismo e dialettica
compongono una sintesi mai totalizzante (da qui il suo interesse per
l'elaborazione di Gramsci) e parte fondamentale di una più generale teoria dei
condizionamenti umani. Fondamentale è il
concetto di formazione economico-sociale, espressione già utilizzata da Sereni,
ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il marxismo di costituire un
modello per l'analisi degli specifici modi di produzione della società
capitalista, nonché per la previsione scientifica delle sue varie forme. La
legge generale delle formazioni economico-sociali è tratta dall’Introduzione ai
Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica di Marx. La struttura
economica va indagata secondo logica scientifica e bisogna stabilire un
"criterio oggettivo", il momento dominante che condiziona tutti gli
altri assetti produttivi. L'approccio
storico-genetico non è un continuum evoluzionistico come nella tradizione
storicistica, è la fase dell'osservazione e descrizione empirica del fenomeno
dalla sua origine ed è secondario rispetto all'approccio genetico-formale, cioè
all'indagine che permette di stabilire la categoria dominante di una
determinata fase storica della produzione. Il modello de Il Capitale può dunque
aspirare all'universalità, ma anche alla flessibilità di applicazione. La
formalizzazione di un “modello” attraverso il metodo genetico, individua anche
il processo per cui i rapporti di produzione si riflettono in qualcos’altro, la
coscienza dei singoli, le relazioni inters-oggettive (l’inter-azione’) e le
radici stesse della vita morale. È palese così il contrasto di L. ad ogni
disegno provvidenzialista e di filosofia della storia e anche in questo si
rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo tra Hegel e Marx. Per quanto
riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia non è permeata solo di
pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza attiva. La formazione
filosofica di Leopardi, infatti, illuminista e materialista, permette di
leggere ad esempio, nelle "magnifiche sorti e progressive" de
"La Ginestra", una possibilità di rinnovamento politico-sociale non in
antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un compito storico degli
esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità esistenziale. “Filosofia
e politica: scritti dedicati a L., Firenze, La Nuova Italia, Una completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata
pubblicata nel numero speciale dedicato a Luporini di "Il Ponte"
(Firenze). Oltre agli studi sulla storia della filosofia e a un'elaborazione
teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si ricordano, fra le sue opere
principali: “Situazione e libertà”
(Firenze, Monnier); “Filosofi vecchi e nuovi” (Firenze, Sansoni); “Spazio e
materia in Kant” (Firenze, Sansoni); “L'ideologia comunista” (Riuniti, Roma);
“Dialettica e materialismo, Roma, Riuniti,
Il soggetto e il comune, Il marxismo e la cultura italiana, in Storia
d'Italia, I documenti, Einaudi. Un'incidenza notevolissima ha sugli studi
leopardiani il suo saggio Leopardi progressivo.
Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann vedi l'aneddoto in Intervista in
"Repubblica", E. Sereni, Da Marx a Lenin: la categoria di formazione
economico-sociale, Quaderni di Critica marxista, Realtà e storicità: economia e
dialettica nel marxismo, in Critica marxista, Per l'interpretazione della
categoria formazione economico-sociale, in Critica marxista, Le radici della
vita morale, in Morale e società,
Riuniti, Roma); S. Lanfranchi, Dal Leopardi ottimista della critica fascista al
Leopardi progressivo della critica marxista, Saggi critici in Garin, Esistenza
e libertà, in Critica marxista, G. Mele, Esistenzialismo e significato della
libertà, Critica Marxista, A. Zanardo, Un orizzonte filosofico materialistico,
in Critica marxista, C. Rocca, Esistenzialismo e nichilismo «Belfagor», R.
Mapelli, Milano, ed. Punto Rosso, Ponte, Ponte, Convegni Quarant'anni di filosofia in Italia.
"Critica marxista", Il fascicolo contiene gli atti delle due giornate
di studio sulla sua filosofia oorganizzate dalla Facoltà di Lettere e filosofia
dell'Firenze e dalla fondazione Gramsci di Roma, Feltrinelli. Nella loro
maggior parte i contributi riprendono gli interventi al Convegno promosso
dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di Filosofia. Treccani Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Senato della Repubblica; Biblioteche dei Filosofi
(SNS), su picus unica. L'ultima lezione (una grande avventura intellettuale
attraverso il Novecento), su hyperpoli. Sebbene
questo titolo rimandi a questioni di critica letteraria, e di fatto i risultati
della critica leopardiana costituiscano l’oggetto principale da cui muove
questo studio, essi saranno presentati e analizzati nelle prossime pagine
innanzitutto come un ‘documento’ storico : un documento che forse non ci darà
risposte soddisfacenti per comprendere meglio il pensiero leopardiano, ma
contribuirà invece alla nostra riflessione sull’iter culturale e ideologico di
alcuni intellettuali italiani. Per affrontare il problema della transizione e
tentare di isolare alcuni elementi di continuità e di rottura, il discorso
svolgerà un percorso circolare : partendo dal saggio pubblicato da L. Leopardi
progressivo, al quale, in un primo momento, si accennerà solo molto brevemente
; seguendo poi un cammino a ritroso per rintracciare l’itinerario e le origini
anche abbastanza lontane del dibattito – iniziato sin da prima del Ventennio –
da cui trae origine questo testo ; e tornando infine al 1947 e al libro di L.,
molto noto, anche fuori dalla cerchia degli specialisti di Leopardi, tanto da
esser divenuto un ‘classico’ studiato spesso sin dal liceo1. 2 Scrive
Sebastiano Timpanaro a proposito del titolo scelto da Luporini : « un titolo
che per un vers (...) 3 Si tratta del v. 51 della Ginestra, in G. Leopardi,
Poesie e prose, vol. I, Poesie, a cura di M. A. L., Leopardi progressivo. La
scelta dell’aggettivo progressivo, benché avesse un’eco politica particolare
nella cultura comunista del primissimo dopoguerra2, era dettata dal richiamo
letterario alle « magnifiche sorti e progressive » de La Ginestra di Leopardi3.
Ma nella citazione di Luporini l’aggettivo perdeva il sapore amaramente ironico
di quel verso leopardiano ed assumeva invece un significato totalmente
positivo, per indicare una forma di fiducia nel « generale progresso
dell’incivilimento »4 che, secondo il critico, emana dalla lettura complessiva
di una poesia come La Ginestra e, forse soprattutto, da un’attenta analisi
dello Zibaldone di Leopardi. Questa fiducia non risiede però, per Luporini,
nell’individuo, bensì nella moltitudine, ovvero nel popolo e nella sua virtù, e
sfocia in una dichiarazione di solidarietà tra gli uomini tutti, contro la
natura, per un progresso generale della condizione umana. La vivacità
delle reazioni che suscitò il saggio quando fu pubblicato dà una preziosa
indicazione di quanto originale e quanto importante fosse l’interpretazione
proposta da L. Per illustrare l’accoglienza che ricevette è particolarmente
utile la recente testimonianza di Brunetti, che sarebbe poi diventato
professore di filosofia e specialista di Galilei, ma che allora era ancora al
terzo anno di studi della Scuola normale superiore di Pisa, dove Luporini
appunto insegnava. Brunetti ricorda perfettamente Leopardi progressivo,
la cui lettura creò interesse e agitazione fra i normalisti : ne discutevano
animatamente nei corridoi, nelle stanze e durante i pasti nella sala da pranzo
soprattutto gli italianisti Bollati, Blasucci, Dante della Terza, che
trascinavano tutti gli altri. Era lecita una definizione politica del poeta ?
Era corretta siffatta operazione ideologica ? Non era forse più opportuna una
ricomposizione unitaria del pensiero leopardiano. Brunetti, Il « nostro » L.,
in L., a cura di M. M La discussione, animata e per certi versi lacerante, si
protrasse per giorni, riecheggiando sotto le volte dei corridoi nel Palazzo dei
Cavalieri. Fu però efficace, perché fece rientrare la sensazione provocatoria
del saggio e ricondurre l’elemento ideologico e il « tecnicismo filosofico »
nelle giuste dimensioni, sortendo d’altro canto l’effetto di mettere in
discussione l’apollineità in cui la critica crociana mirava a rinchiudere la
poesia e insieme il poeta. Non è un caso che da quello stesso anno anche il
lavoro critico di Luigi Russo si attestò in una valorizzazione della «
politicità » dei poeti, rompendo, proprio lui, il dominante schema crociano.
Una pietra gettata nello stagno, una fertile provocazione intellettuale.5
4 Quanto racconta Brunetti è, per molti aspetti, significativo e
rappresentativo del clima ideologico e culturale di quegli anni, e della transizione
che si sta operando, anche nel piccolo mondo della critica letteraria.
L., Leopardi progressivo, cit., p. 38 e 92. 7 W. Binni, La nuova poetica
leopardiana, Firenze, Sansoni. Sebbene molto diversi, il testo di
Brunetti definisce il testo di L. un’« operazione ideologica », in quanto offre
una lettura non solo eminentemente politica dell’opera leopardiana, ma una
lettura esplicitamente comunista. L. vede in Leopardi un « anticipatore di
ulteriori dottrine, fedele ai principi della democrazia rivoluzionaria, anche
più avanzata »6. In questo senso, il 1947 segna, col saggio di L. – e col
saggio altrettanto noto di Binni, La nuova poetica leopardiana, pubblicato lo
stesso anno7 – una svolta decisiva nella storia della fortuna leopardiana,
inaugurando la proficua stagione della critica leopardiana del secondo
Novecento, segnatamente della critica detta marxista. D’altra parte,
Brunetti considera che l’opera di L, era, nel contesto culturale della seconda
metà degli anni Quaranta, una vera e propria « pietra gettata nello stagno » e
una « fertile provocazione intellettuale », in quanto rimetteva in questione il
« dominante schema crociano ». Con quest’ultima osservazione, Brunetti non
rende, tuttavia, conto di quanto fosse recente tale « dominio ». Se è vero,
infatti, che il metodo crociano si era imposto nel mondo culturale di quel
primissimo dopoguerra, durante tutto il Ventennio e anche durante la guerra
esso era stato sì prevalente, ma solo nella cerchia, in realtà abbastanza
ristretta, degli intellettuali ostili o estranei al fascismo. Di sicuro non era
stato lo « schema dominante » imposto negli studi letterari, nelle riviste,
nelle accademie e nelle università dell’Italia fascista. 8 Croce conia la
voce « allotrio » per indicare ciò che è estraneo all’estetica, rifacendosi al
vocab Per l’influenza di Gentile sul mondo culturale in epoca fascista, si veda
in particolare G Il ruolo di Cian negli studi letterari del Ventennio e nel
periodo di transizi. Marpicati compie studi di letteratura italiana a Firenze,
pubblica alcune raccol . Ecco quanto scriveva, ad esempio, Cian, rivolgendosi a
Croce e ai suoi discepoli. Mi sia consentito di rimandare in questa sede a due
testi miei, entrambi accessibili in linea : S. In realtà, durante il
Ventennio solo una minoranza di critici – pur trattandosi di una minoranza
quantitativamente e soprattutto qualitativamente importante – aveva seguito
l’idea crociana dell’autonomia dell’arte, e quindi perlopiù evitato di dare una
lettura apertamente politica dei testi letterari. Erano relativamente pochi i
critici che aderivano al principio secondo cui gli elementi che in un’opera
d’arte contengono un messaggio dichiaratamente politico o morale sono « allotri
»8, ovvero estranei alla vera poesia del testo, perché non corrispondono allo
slancio primo e poetico dell’intuizione estetica. A questi si opponeva la
critica di stampo fascista, nelle cui file, ben più folte, troviamo uomini di
grande influenza e di grande potere nell’ambiente culturale ed accademico, come
un Gentile, un Cian, ma anche un Marpicati. Essi contestavano, anche
violentemente, la lezione crociana12, mentre rivendicavano, per tutti i testi
letterari, la legittimità di una lettura morale, politica, improntata
all’attualità. La tendenza ad ‘attualizzare’ il significato delle opere fu portata
a tal segno da far loro presentare, talvolta e anzi spesso, i classici della
letteratura italiana come precursori del fascismo. Non era dunque la prima
volta che si buttavano pietre nello stagno della critica crociana ; si potrebbe
quasi dire, anzi, che non si era fatto altro che buttarvi pietre durante tutto
il Ventennio. In realtà, i primi sintomi di « insofferenza » Russo li
diede sin dal 1941, mentre scriveva un arti. Perciò, quando Brunetti denuncia «
l’apollineità » in cui Croce rinchiude i poeti, e quando ricorda l’itinerario
di Luigi Russo – che in quegli anni, dopo esser stato a lungo un fedele
discepolo crociano, da Croce prende appunto le distanze14 – egli ci fa intuire
non tanto una rottura, quanto una ‘transizione’ interessante. Tra i critici che
erano stati antifascisti negli anni Venti e Trenta, molti cominciano, sin dai
primissimi anni Quaranta, a maturare un progressivo allontanamento dalla
posizione crociana, proprio perché si sentono vincolati da quell’implicito
divieto di ‘allotrismo’ che caratterizza la produzione critica crociana,
rivendicando la possibilità di considerare « la politicità nascosta » anche
nella « grande poesia. Sembrano ormai giunti al punto di rottura. Ma quel che
preme qui sottolineare è che vi è dunque una continuità, non certo nei
contenuti politici – affatto diversi – ma potremmo dire nel metodo e nei
presupposti teorici ed estetici che vengono opposti a Croce durante e dopo il
Ventennio, ovvero nella comune rivendicazione allotrica. Il testo di L.
segna senz’altro una svolta nella fortuna critica di Leopardi nel Novecento,
quando lo si studia come punto di partenza di una tradizione critica, e in
questo modo esso viene generalmente e giustamente valutato. L’intento di questo
lavoro sarà invece di considerarlo come punto di approdo problematico di
un’altra tradizione critica, non posteriore ma anteriore, vigente nel Ventennio
e di stampo generalmente fascista, con cui il testo di L., nonostante le
fondamentali differenze, ha in comune almeno due aspetti essenziali. Il primo è
appunto l’opposizione all’estetica crociana che è già stata evocata e che
potrebbe, senz’altro, esser estesa a gran parte della critica letteraria, non
trattandosi di una specificità leopardiana ; il secondo è l’idea – sulla quale
verterà più precisamente questo studio – di un fondamentale ottimismo
leopardiano. Ora, una certa paternità del tema dell’ottimismo leopardiano, così
come lo sviluppa Luporini, può essere attribuita a Gentile e ad un suo saggio
sulle Operette morali di Leopardi. Questo, invece, è un discorso specifico,
valido per la sola critica leopardiana. L’ipotesi di una continuità tra
l’interpretazione che L. dà di Leopardi e la produzione critica con una comune
opposizione a Croce, ma anche una comune matrice – almeno parziale –
gentiliana, è convalidata sia dall’analisi dei testi, come vedremo, che dalla
stessa biografia di L. e da quanto lui stesso racconta della propria
esperienza. La vicenda umana, ideologica e culturale di L. in quel decennio che
va dalla seconda metà degli anni Trenta alla fine degli anni Quaranta è, per
molti aspetti, emblematica proprio di quel profilo di intellettuale nella
transizione tra fascismo e Repubblica. L., Critica e metafisica nella
filosofia kantiana, « Rendiconti della Reale Accademia Nazi. Il testo faceva
parte di un volume scritto dai docenti del liceo dove L. insegnava, in occasi. Nella
sua autobiografia, Bobbio cita un disegno di Renato Guttuso che illustra una
delle p C. L., Qualcosa di me stesso, in
L. L. si laurea a Firenze, dopo aver
studiato anche in Germania, dove fu in contatto con Heidegger e Hartmann. La
sua tesi di filosofia su Kant, d’impostazione esistenzialistica, è letta e
molto apprezzata da Gentile, il quale decide di presentarla all’Accademia dei
Lincei di cui era socio. Dopo aver conseguito la laurea, L. insegna al liceo,
prima a Livorno, dove pubblica un primo testo su Leopardi, di cui dà
un’interpretazione esistenzialistica e la cui impostazione reca già segni
evidenti di anticrocianesimo. Torna a Firenze ed entra a far parte del
movimento liberalsocialista di Capitini e Guido Calogero, nel quale frequenta
anche Bobbio, Guttuso e Morra. Gentile
lo chiama alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove era disponibile un posto
di lettore di tedesco. C’era, tra Gentile e L., un rapporto che L. stesso ebbe
a definire di grande franchezza politica, sin da quando i due uomini si
conobbero meglio, e fino alla morte di Gentile. L. non aveva approvato la
decisione del movimento liberal-socialista di confluire nel Partito d’Azione e
si era perciò ritirato per aderire invece al Partito Comunista. L. si trova quindi
agli esatti antipodi politici di Gentile. Eppure egli stesso racconta di come
avesse tentato di convincerlo ad abbandonare la Repubblica di Salò e avesse
anche creduto di riuscire nel suo intento, definendo tragica ma anche
consapevole la sua fine. Non mi soffermerò sull’ultima fase di Gentile,
tragica. Ricordo solo che, certo illusoriamente, cercai di persuaderlo a che si
tirasse fuori dal fascismo, nel frattempo divenuto la Repubblica di Salò. Al
Salviatino, dove abita, ha con lui un incontro che non finiva mai, perché non
riuscivo a rimanere solo con lui. Quando ce la feci, lo misi al corrente di
quello che stava succedendo, dandogli delle notizie che evidentemente non gli
davano le autorità fasciste – era stato anche ucciso uno del suo entourage –
mentre io le avevo dalla rete clandestina in cui mi trovavo. Me ne uscii con la
sensazione che forse qualcosa avevo ottenuto. Invece, non era così : due giorni
dopo, venne fuori che il ministro Biggini s’era recato lì, al Salviatino, per
offrirgli la presidenza dell’Accademia d’Italia, e che Gentile aveva accettato
(ma, quand’ero stato da lui, non me l’aveva detto). E così s’avviò verso un
destino di cui in qualche modo aveva consapevolezza. Poche settimane dopo
quest’episodio, Gentile propone a Luporini di diventare bibliotecario
dell’Accademia d’Italia. Ma Luporini rifiuta, sancendo così la fine del suo
rapporto con Gentile : un rapporto che, nella nostra prospettiva, è senz’altro
importante e che invece è stato quasi integralmente passato sotto silenzio. In
realtà, di L. si ricorda soprattutto l’attività posteriore al 1945, in
particolare quella che svolse come co-fondatore – con Bandinelli – della
rivista “Società”, e in seguito come direttore della stessa. La storia di
questa rivista illustra l’evoluzione di molti intellettuali di sinistra dopo la
Liberazione, proprio per il vincolo che venne rapidamente a crearsi col partito
comunista. Parlando di « Società » e dei suoi intenti programmatici, L.
dichiara che per lui, l’idea principale era 21 Ibid., p. 244. d’una
saldatura fra quella cultura degli anni trenta di cui ho parlato – quella
rottura con il passato che eravamo venuti preparando lentamente, modestamente,
molecolarmente – e la cultura di quelli che venivano da fuori, soprattutto i
dirigenti comunisti, e segnatamente Togliatti. Perciò, non ero d’accordo con
Vittorini, con la sua idea, nel « Politecnico » d’una « nuova cultura ». I
contenuti li avevamo in comune, più o meno ; però io ero per un continuismo,
non assoluto, naturalmente, ma rispetto a quel che ho detto. Per illustrare
meglio le forme di questo « continuismo », bisogna rifarsi alle pagine che
precedono questa citazione, in cui Luporini descrive l’ambiente culturale della
Firenze degli anni Trenta e il gruppo di intellettuali antifascisti che vi
frequentava. L. dichiara in quest’occasione che « da un certo punto di vista la
vera dittatura era proprio quella idealistica » e che, nel campo specifico
della letteratura e della storiografia, l’idealismo « dittatoriale » era forse
più crociano che non gentiliano Continua poi la narrazione del proprio
iterintellettuale, negli anni Trenta e Quaranta, che L. descrive come un
percorso che consta di due tappe fondamentali, due svolte, anzi due
transizioni. La prima avviene negli anni Trenta, quando Luporini prende le
distanze dall’idealismo crociano e scopre l’esistenzialismo ; la seconda, negli
anni Quaranta, quando dall’esistenzialismo L. si sposta verso posizioni
marxiste. Questi pochi elementi biografici offrono due spunti notevoli per
l’analisi della produzione di L. In
primo luogo, il rapporto personale più approfondito che L. aveva con Gentile e
non con Croce induce a riconsiderare l’influenza dell’uno e dell’altro sulla
sua prima formazione, da giovane studente e studioso di filosofia e di
letteratura. In secondo luogo, nell’esprimere a posteriori il programma della
sua rivista Società, L. formula una
precisa volontà culturale ed ideologica propria di quel periodo di transizione,
che consiste nel superare l’idealismo crociano e nel consentire una forma di «
continuismo » tra una certa cultura anticrociana degli anni Trenta e quella
degli anni Quaranta. Applicati alla critica leopardiana del dopoguerra, questi
due elementi dimostrano quanto fosse complessa e problematica l’eredità della
critica fascista e della critica idealista. L., Con Heidegger. Alcune
riflessioni, oggi, tra filosofia e politica, in Heidegger. G. Gentile, Manzoni
e Leopardi, in Opere, Firenze, Sansoni. Leopardi, d’altronde, offre una
prospettiva privilegiata per analizzare il rapporto tra Croce, Gentile e L..
Era il poeta prediletto di Luporini : « Leopardi è stato sempre il mio autore
», dichiarava L., e come tale, egli continuò a leggerlo e a rileggerlo da un
capo all’altro della sua vita. Ma era anche un poeta molto amato da Gentile –
benché numerose e importanti fossero le differenze tra il materialismo dell’uno
e l’attualismo dell’altro – e la costanza del suo interesse per Leopardi ci è
testimoniata dalla regolarità con la quale il filosofo siciliano pubblicò testi
sul pensiero e sulla poesia di Leopardi, poi raccolti in un unico volume24.
D’altro canto, invece, Leopardi non è stato un autore particolarmente
apprezzato né compreso da Croce. Citiamo qui l’allegro commento di uno studioso
che era stato suo discepolo, Vincenzo Gerace, e che nel 1929 dichiarava
: Gerace, Leopardiana, in La tradizione e la moderna barbarie. Prose
critiche e filosofiche, Folig. Croce non ama Leopardi. Non può amarlo. Gli dà
forte sui filosofici nervi. Gli è d’impaccio al teorico passo, uso a scalciare
stizzoso, ovunque lo trovi, quel terribile nemico della sua teoria estetica :
l’intellettualismo e il moralismo nel mondo dell’arte. Or se c’è un
intellettualista e un moralista convinto e di altissimo stile nella storia della
nostra poesia, e tenace in teorie e in fatti, questi è Leopardi.25 26 B.
Croce, Leopardi in Poesia e non poesia, Bari, Laterza. Gerace allude qui
senz’altro al celebre testo che Croce pubblica dapprima su « La Critica » e poi
nel volume Poesia e non poesia del 192326. La principale critica che Croce
rivolge alla poesia di Leopardi è di esser intrisa di elementi allotri, di
momenti meditativi, filosofici, polemici, che sono, per il critico idealista,
profondamente estranei alla pura ispirazione e intuizione poetica. Come tali,
Croce non li considera veramente poetici, tanto che, nel suo esame complessivo
dei versi leopardiani, egli considera che solo un numero relativamente ridotto
corrisponda alla sua definizione di poesia. Croce non emette riserve unicamente
sulla poesia di Leopardi, ma ne esprime di ancora più forti sul valore della
sua filosofia. Per Croce, il pensiero leopardiano è dettato innanzitutto dal
sentimento, anzi dal risentimento per una « vita strozzata », ed è dunque
troppo soggettivo per essere considerato un pensiero filosofico universale. In
questa prospettiva, Croce interpreta il pessimismo o ottimismo di Leopardi come
un indizio dell’origine prettamente sentimentale del suo pensiero, e quindi
come una prova della sua pochezza concettuale : « La filosofia », afferma
Croce, « in quanto pessimistica o ottimistica è sempre intrinsecamente
pseudo-filosofia, filosofia a uso privato »27. 28 I due testi si trovano
oggi nel volume di Gentile, Manzoni e Leopardi, cit. Il primo, Le Operett. In
queste pagine, Croce sta in realtà dialogando con colui che era, da molti anni
ma per pochi mesi ormai, un amico ed un collaboratore, Gentile, il quale aveva
pubblicato, due saggi – il primo sulle Operette morali, il secondo intitolato
Prosa e poesia nel Leopardi – decisivi per la questione della filosofia
pessimistica o ottimistica di Leopardi 28. Anche Gentile, come Croce, giudica
severamente la qualità filosofica del pensiero leopardiano, dichiarando che «
se cerchiamo in lui il filosofo, avremo lo scettico, ironista, materialista
piuttosto mediocre nell’invenzione »29. Gentile formula, tuttavia,
un’interpretazione ben diversa, molto più feconda ed originale, della questione
del pessimismo o ottimismo di Leopardi. Senza negare del tutto il suo
pessimismo, Gentile lo ridimensiona attribuendolo storicamente e
concettualmente alla sola influenza della filosofia materialista, direttamente
ereditata dai Lumi. Si tratta quindi di un « pessimismo della ragione »
settecentesca, che Gentile giudica, tutto sommato, superficiale e poco
originale, e al quale oppone invece un « ottimismo del cuore », profondamente
radicato nell’animo leopardiano. Così scrive nel 1919 : « Il Leopardi,
pessimista di filosofia, e quasi alla superficie, fu invece ottimista di cuore,
e nel profondo dell’animo : tanto più acutamente pessimista col progresso della
riflessione, e tanto più altamente e umanamente ottimista »30. 31 Vi è,
nello Zibaldone, un’unica occorrenza del termine « ultrafilosofia », come vi è,
del resto, un (..Ricordiamo, a tale proposito, il giudizio formulato da Augusto
Del Noce, secondo cui Gentile « sent (...) 33 F. Pasini, Tutto il pessimismo
leopardiano, Parenzo, Coanna. Gentile dà particolare rilievo alla tesi di
un’ultra-filosofia leopardiana, supponendo l’esistenza di una sorta di pensiero
leopardiano oltre la filosofia pessimistica e materialistica: un pensiero più
autentico, perché più intimamente poetico, più spirituale e quindi, per
Gentile, più leopardiano. La rivalutazione gentiliana delle Operette morali e
l’interpretazione in chiave ottimistica del pensiero leopardiano segnano un
momento importante nella storia della critica, avviando un nuovo filone
esegetico che gode di particolare successo durante il Ventennio. Si assiste
allora, come nota un critico, ad un « capovolgimento, del punto di vista dal
quale si usava considerare Leopardi » : da « poeta del pessimismo » che era «
per tutti », Leopardi « è diventato il poeta dell’ottimismo. Sanctis,
Schopenhauer e Leopardi, in Scritti critici e Ricordi, Torino, Utet. Per una
presentazione dei testi, dei contenuti e degli autori di questa particolare
produzione crit (...) Sanctis esalta l’effetto positivo prodotto dalla lettura
della poesia leopardiana, dichiarando che Leopardi produce l’effetto contrario
a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare ; non
crede alla libertà, e te la fa amare »34. Negli anni Venti e Trenta, tuttavia,
l’intento della critica leopardiana è rivelare elementi intrinsecamente
positivi ed ottimistici, non nell’effetto prodotto sui lettori, ma alla matrice
stessa del pensiero leopardiano. L’opposizione proposta da Gentile nel 1919,
tra un pessimismo della ragione ed un ottimismo del cuore viene ampliamente
ripresa e riesplorata, dando adito a tutta una serie di interpretazioni che
potremmo definire irrazionali e fideistiche. Oltre il pessimismo materialista,
oltre il razionalismo disperato, la cui importanza viene sistematicamente
sminuita, molti critici cercano ed esaltano lo slancio ottimistico della fede
leopardiana : fede nella poesia, ma anche e spesso soprattutto fede nella
patria e nella stirpe italiana. In questo senso potremmo interpretare alcune
letture mistiche che vengono date di Leopardi e del suo pensiero negli anni
Trenta soprattutto. Lanfranchi, De centenaire en centenaire. L’Italie fasciste
célèbre ses poètes (Foscolo, Leo Non è certo questo il luogo per analizzare
questa produzione, vasta seppur povera di elementi filologici e critici
realmente nuovi. Ai fini del nostro discorso, preme tuttavia osservare che un
argomento ricorre sovente tra questi testi, che consiste nel dare una
spiegazione prettamente contestuale e storica al pessimismo di Leopardi,
negandogli di fatto un valore universale. Il motivo fondamentale del pessimismo
leopardiano è, per la critica di stampo fascista degli anni Venti e Trenta, di
natura politica, anzi patriottica. Leopardi non ha assistito né agli albori del
Risorgimento, né alla prima guerra mondiale, né tanto meno alla marcia su Roma
: se invece fosse stato spettatore e attore di tali avvenimenti, egli –
assicurano tali critici – non sarebbe stato pessimista. Questo argomento
costituisce un vero e proprio topos oratorio, ripetuto centinaia di volte in
occasione dei discorsi ufficiali e delle commemorazioni del Ventennio, poiché,
nonostante sia fondato su un anacronismo e quindi scientificamente non abbia
alcun valore, la sua efficacia retorica è notevole. E segnatamente lo si trova
quando, in occasione del centenario della morte, il regime organizzò, spesso
controllandoli e canalizzandoli, tutta una serie di festeggiamenti ufficiali,
in cui Leopardi veniva molto spesso presentato come un precursore del
fascismo36. 22 Vi furono però alcune celebrazioni che riuscirono a
rimanere in margine delle commemorazioni ufficiali e quindi a garantire una
certa libertà di espressione rispetto alla produzione su Leopardi. Tra queste,
troviamo l’annuario di un liceo livornese, che nel 1938 pubblicò un numero
speciale con vari studi consacrati a Leopardi. Il secondo, intitolato Il
pensiero di Leopardi, era proprio il testo di L., che in quel liceo appunto
insegnava filosofia. In questo saggio, l’intento primo di Luporini non è solo
di presentare un Leopardi esistenzialista, ma anche e forse soprattutto di
contestare la posizione dell’idealismo, sia crociano che gentiliano,
rivendicando innanzitutto il valore filosofico del pensiero leopardiano e
quindi anche del suo pessimismo. L. non
esita a metterlo a confronto con i maggiori filosofi dell’Occidente : 37
C. L, Il pensiero di Leopardi, Tra il pessimismo del Pascal, ultima grandiosa
affermazione del medioevo religioso e il pessimismo del Leopardi, c’è l’età
dell’illuminismo nei suoi ideali più alti, c’è Cartesio e Kant (che pur
Leopardi non conosceva), c’è insomma il pensiero moderno che fonda tutto il
valore dell’uomo nella sua dignità morale e questa sua dignità morale nella
verità che egli ha raggiunto colle proprie forze, rivelata alla sua
ragione.37 38 Secondo Sebastiano Timpanaro : « L’esperienza
esistenzialistica L. se l’era ormai lasciata (...) 39 C. L., Leopardi
progressivo, cit., p. 97. 40 Ibid., pp. 101-102. 23 Sarebbe opportuno
comprendere se vi siano elementi comuni tra i due testi di L. su Leopardi,
scritti a distanza di dieci e decisivi anni. Sussistono poche tracce del Leopardi
esistenzialista del 1938 nel Leopardi progressivo del 194738. Un lascito più
evidente consiste invece nella condanna duratura e permanente di Croce – di cui
L. cita esplicitamente « l’infelice giudizio » su Leopardi. Per L., non solo la
poesia di Leopardi è sempre vera poesia, ma anche il suo pensiero, potremmo
dire, è vero pensiero, vera filosofia. Leopardi, dice L., « fu un pensatore
progressivo ; in certo modo, dentro i limiti della sua funzione di moralista,
di non-tecnico della filosofia né di alcuna disciplina particolare, il più
progressivo che abbia avuto l’Italia nel xix sec. »40. 24
L’interpretazione data da Gentile – che invece L. nel suo testo non cita mai –
e la stagione di studi sul Leopardi ottimistico che essa inaugurò per il
Ventennio fascista lasciano invece dietro di sé, e sul saggio di L. in
particolare, un’eredità molto più complessa da cogliere e da valutare.
Nell’insistere sul materialismo del pensiero leopardiano, Luporini intendeva
senz’altro opporsi alla lettura idealistica e spirituale di Gentile. È inoltre
significativa la scelta di L., che non parla di un Leopardi ottimista, ma
progressivo, rifacendosi perciò ad un lessico di tutt’altra connotazione
ideologica. Vi sono, tuttavia, anche alcuni elementi di continuità, e ci
soffermeremo brevemente su tre di questi. 41 Ibid., pp. 49 e 69. 42 S.
Timpanaro, Classicismo e illuminismo, cit., p. 180. 25 Il primo sta
nell’origine contestuale e storica che Luporini attribuisce al pessimismo
leopardiano, il quale deriva, secondo lui, da una delusione storica : la
delusione della Rivoluzione francese. « Questa delusione – scrive Luporini –
non spiega solo il pessimismo storico di Leopardi, ma il suo successivo e
rapido pessimismo cosmico; ossia spiega tutto il pensiero leopardiano. I due
pessimismi nascono da un unico germe, appartengono a un unico processo di
pensiero »41. Esprimendo un giudizio complessivamente molto positivo sul testo
di L., Timpanaro emette la principale sua riserva proprio su questa
interpretazione, che giudica insufficiente in quanto non rende conto del «
valore permanente del pessimismo leopardiano »42. Nella nostra prospettiva, è
importante notare che la spiegazione storica, benché usasse altri mezzi e
perseguisse altri fini, era già usata in modo sistematico dalla critica fascista,
escludendo a priori l’idea di un pessimismo non fondato sulla storia, ma sulla
condizione umana in senso universale e astorico. L., Leopardi
progressivo, cit., p. 50. 44 Ibid., p. 60. 26 Il secondo elemento di continuità
sta nel giudizio, proprio di Luporini ma anche della critica fascista, secondo
cui nonostante il pessimismo scaturito dalla delusione storica, vi fosse in
Leopardi una “inconcussa e nascosta fede”43, qualcosa che lo induceva comunque
a sperare. Come Gentile, anche Luporini dà un notevole rilievo a quell’unica
occorrenza del termine « ultrafilosofia » nello Zibaldone, ma le attribruisce
contenuti affatto diversi perché in essa « sembra condensarsi la “disperata
speranza” dell’individuo Leopardi »44. 45 Ibid., p. 38. Timpanaro considera
che non era « accettabile » il « rimprovero » mosso a L. Il terzo ed ultimo
elemento di continuità, tra il testo di L. e la produzione critica del
Ventennio, sta infine nel presentare Leopardi quale un « anticipatore di
ulteriori dottrine »45. In entrambi i casi, Leopardi diventa precursore
politico di un’ideologia del Novecento e, in entrambi i casi, diventa
precursore di un’ideologia strutturalmente ottimistica. L’ottimismo era,
infatti, un aspetto culturale e ideologico programmatico per il fascismo ma,
d’altra parte, il progresso – e quindi la visione ottimistica del divenire
umano che lo sottende – è a sua volta un perno essenziale dell’ideologia
comunista. L., Leopardi moderno, intervista a cura di F. Adornato, «
L’Espresso ». Su questo punto vorremmo abbozzare le nostre prime rapide
conclusioni. Parallelamente al discorso critico più tradizionale e canonico,
che sin dall’Ottocento va definendo le varie fasi del pessimismo leopardiano,
si possono rintracciare nel Novecento le tappe di elaborazione del mito di un
Leopardi ottimista : un mito che forse proprio durante il Ventennio conosce la
maggiore diffusione, ma che non muore con la caduta del regime fascista. Il suo
permanere, sotto forme diverse, è forse proprio dovuto al vincolo che lo unisce
ad ideologie strutturalmente ottimistiche, le quali, quando designano nel
Leopardi un precursore, lo « piegano » naturalmente in questo senso. Alla luce
di queste considerazioni, assumono un significato particolare le parole che
pronuncia lo stesso Luporini, in un altro periodo di transizione, alla fine
degli anni Ottanta, davanti al crollo del regime comunista e davanti alla crisi
di quest’altra ideologia novecentesca. Non a caso, Luporini ritorna allora a
studiare Leopardi, per trovarvi l’espressione del suo sgomento : « Il sapersi
soli di fronte alla storia, senza speranze – senza nessuna garanzia, senza
nessuna ideologia, senza nessuna consolazione »46. Siamo molto lontani dal
messaggio ottimistico del Leopardi progressivo, e rimane poco delle antiche speranze
di L.. Rimane però quello stesso amore per Leopardi, e quel sentimento della
sua ‘attualità’ più pregnante : 47 Ibid. Nella nostra epoca così confusa
e in fase di assestamento, nella crisi di tutte le categorie con le quali ci
siamo mossi finora, questa mi sembra un’idea liberatoria. Si può, anzi si deve,
essere disillusi : ma non per questo inerti e rassegnati. Essere nichilisti e
insieme attivi : ecco l’attualissimo messaggio di Leopardi. 47 Débat
Inizio pagina. Il testo Leopardi progressivo fu pubblicato per la prima volta
nel volume Filosofi vecchi e nuovi : Scheler-Hegel-Kant-Fichte-Leopardi,
Sansoni, Firenze. Come L. scrive in un’avvertenza ad una nuova edizione, datata
del febbraio 1980, « questo Leopardi progressivoebbe subito una sua risonanza
particolare, così che poi, nel corso di tutti questi anni, molte volte sono
stato sollecitato a ripubblicarlo in edizione separata. Questa domanda
proveniva da varie parti, ma soprattutto dal mondo della scuola (insegnanti e
studenti), il che mi ha sempre fatto particolare piacere. L., Avvertenze, in
Id., Leopardi progressivo, Roma, Editori Riuniti). 2 Scrive Sebastiano
Timpanaro a proposito del titolo scelto da Luporini : « un titolo che per un
verso alludeva polemicamente alle “magnifiche sorti e progressive” derise nella
ninestra (volendo indicare che Leopardi, nemico del falso progresso
borghese-moderato, mirava ad un progresso molto più radicale, al di là
dell’orizzonte politico della propria epoca e del proprio ambiente), per un
altro accoglieva quell’accezione un po’sottile e non immune da ambiguità che
questo aggettivo ebbe per alcuni anni nel linguaggio politico italiano : non
equivalente a “progressista” (che sapeva troppo di radicalismo borghese), ma
piuttosto a “democratico avanzato”, di una democrazia destinata, senza
rivoluzione, a sfociare nel socialismo. Gli equivoci politici di quest’uso di
“progressivo” ne causarono la rarefazione e poi la scomparsa quando era ancora
in vita Togliatti, che ne era stato, se non l’inventore, certo il massimo diffusore
attraverso la formula della “democrazia progressive -- TIMPANARO,
Anti-leopardiani e neo-moderati nella sinistra italiana, Pisa, ETS. Si tratta
del v. 51 della Ginestra, in G. Leopardi, Poesie e prose, Poesie, a cura di
Rigoni, con un saggio di Galimberti, Milano, Mondadori (I Meridiani. L.,
“Leopardi progressive”. Brunetti, Il « nostro » professore L., in L., a cura di
M. Moneti, numero speciale della rivista « Il Ponte ». L., Leopardi
progressivo. Binni, La nuova poetica leopardiana, Firenze, Sansoni. Sebbene
molto diversi, il testo di L. e quello di Binni hanno in comune l’originalità
dell’impostazione critica, che contribuì a rinnovare gli studi leopardiani nel
dopoguerra. La migliore illustrazione e analisi di tale svolta critica si trova
forse ancora nelle pagine, ormai non più recenti, di TIMPANARO, Classicismo e
illuminismo nell’Ottocento italiano, Pisa, Nistri Lischi. Croce conia la voce «
allotrio » per indicare ciò che è estraneo all’estetica, rifacendosi al
vocabolario filosofico tedesco dell’Ottocento, e al greco “ἀλλóτριος,” che
signifca « estraneo, altrui ». Per l’influenza di Gentile sul mondo
culturale in epoca fascista, si veda in particolare G. Turi, Gentile : una
biografia, Firenze, Giunti. Il ruolo di CIAN negli studi letterari nel periodo
di transizione è stato recentemente studiato d’Allasia in una serie di lavori,
tra cui « Il virus malefico » dell’ideologia nazionale e le illusioni di un «
maestro di metodo » : Vittorio Cian, in Fascisme et critique littéraire. Les hommes, les idées, les
institutions, a cura di Vento e Tabet, Caen, PUC (Transalpina). MARPICATI compie studi di letteratura italiana a
Firenze, pubblica alcune raccolte di poesie e vari testi di critica letteraria.
Ma sin dalla prima guerra mondiale mette da parte l’attività letteraria – alla
quale si consacra solo sporadicamente – per dedicarsi invece alla politica,
dapprima a Fiume, poi nella militanza e nel regime fascisti. Assume vari
incarichi prestigiosi, tra cui quello di Cancelliere dell’Accademia d’Italia, poi
di direttore, dell’ISTITUTO NAZIONALE DI CULTURA FASCISTA, e anche di vice
segretario del Partito Nazionale Fascista. Ecco quanto scriveva, ad esempio,
Cian, rivolgendosi a Croce e ai suoi discepoli : « Questi cerebrali, più o meno
giovini, chierici sterili e sterilizzatori, officianti nella cappella
all’insegna dello Spegnitoio, dovrebbero ormai decidersi. O smetterla,
rassegnandosi a tacere e a sparire dalla scena letteraria – e sarebbe tanto di
guadagnato – oppure mettersi al passo coi tempi nuovi » (V. CIAN, Rassegna
bibliografica, Giornale Storico della letteratura italiana. Mi sia consentito
di rimandare in questa sede a due testi miei, entrambi accessibili in linea :
S. Lanfranchi, La recherche des précurseurs, Lectures critiques et scolaires de
Alfieri, Foscolo et Leopardi dans l’Italie fasciste --
archives-ouvertes.fr/docs /00/37/21/89/7-12-08.pdf] ; Id., « Verrà un dì
l’Italia vera », Poesia e profezia dell’Italia futura nel giudizio fascista, «
California Italian Studies », II, 1, 2011 [http://escholarship.org/uc/ismrg_cisj],
In realtà, i primi sintomi di’insofferenza RUSSO li da mentre scrive un
articolo sulla critica foscoliana recente, nel quale rivendicava la «
politicità » di un testo come Le Grazie e la legittimità di una lettura che non
si attenesse ad un’analisi strettamente letteraria, estetica e formale. Questo
esempio viene a dimostrare quanto detto subito dopo nel nostro studio, ovvero
l’ipotesi di un allontanamento progressivo dalle posizioni crociane durante gli
anni Quaranta (L. Russo, Le Grazie di Foscolo e la critica contemporanea,
“Italia che scrive”. L., “Critica e metafisica nella filosofia kantiana,
« Rendiconti della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Classe di Scienze
morali, storiche e filologiche », Il testo faceva parte di un volume scritto
dai docenti del liceo dove L. insegna, in occasione del centenario della morte
di Leopardi: L., Il pensiero di Leopardi, in Studi su Leopardi, Livorno,
Belfronte e C. (Pubblicazioni del R. Liceo Ciano, 1), Nella sua autobiografia,
BOBBIO cita un disegno di GUTTUSO che illustra una delle prime riunioni
clandestine del movimento, riunito nella villa di Morra, vicino a Cortona. Vi
si vedono Bobbio, L., Capitini (con davanti a sé un testo che porta la scritta
« Non violenza »), MORRA, lo stesso GUTTUSO e CALOGERO (con un altro testo
intitolato invece « Liberalismo sociale ») (Bobbio, Autobiografia, Roma-Bari,
Laterza. L., Qualcosa di me stesso, in Questo testo è la trascrizione
dell’ultima lezione tenuta, dall’autore, nella Facoltà di Lettere di Firenze,
al momento dell’andata fuori ruolo. Luporini, Con Heidegger. Alcune
riflessioni, oggi, tra filosofia e politica, in Heidegger in discussione, Atti
del Convegno internazionale « L’eredità di Heidegger », Roma, a cura di Bianco,
Milano, Angeli. Gentile, Manzoni e Leopardi, in Opere, vol. XXIV, Firenze,
Sansoni, Gerace, Leopardiana, in La tradizione e la moderna barbarie. Prose
critiche e filosofiche, Foligno, Franco Campitelli. Croce, Leopardi in Poesia e
non poesia, Bari, Laterza. I due testi si trovano oggi nel volume di GENTILE,
Manzoni e Leopardi, cit. Il primo, Le Operette morali, fu pubblicato per la
prima volta in « Annali delle Università toscane », poi come proemio di
un’edizione delle Operette morali curata da Gentile (G. Leopardi, Operette
morali, con proemio e note di Gentile, Bologna, Zanichelli; il secondo, Prosa e
poesia nel Leopardi, fu invece pubblicato nel « Messaggero della domenica
». Vi è, nello Zibaldone, un’unica occorrenza del termine «
ultrafilosofia », come vi è, del resto, una sola occorrenza del termine «
pessimismo », ma nella critica leopardiana questi due hapax hanno goduto di
grandissimo successo. Leopardi scrive. E un popolo di filosofi sarebbe il più
piccolo e codardo del mondo. Perciò la nostra rigenerazione dipende da una, per
così dire, ultrafilosofia, che conoscendo l’intiero e l’intimo delle cose, ci
ravvicini alla natura. E questo dovrebb’essere il frutto dei lumi straordinari
di questo secolo -- manoscritto dello Zibaldone. Ricordiamo, a tale proposito,
il giudizio formulato da Noce, secondo cui GENTILE « sentì se stesso come il
filosofo di Leopardi, come il suo vero continuatore perché l’attualismo avrebbe
realizzato quell’ultrafilosofia a cui Leopardi aspira: Noce, Gentile, Per una
interpretazione filosofica della storia contemporanea, Bologna, Il Mulino.
PASINI, Tutto il pessimismo leopardiano, Parenzo, Coanna, Sanctis, Schopenhauer
e Leopardi, in Scritti critici e Ricordi, Torino, Utet. Per una presentazione
dei testi, dei contenuti e degli autori di questa particolare produzione
critica leopardiana, oggi poco nota, rimando alla mia già citata tesi di
dottorato (S. Lanfranchi, La recherche des précurseurs, LANFRANCHI, De
centenaire en centenaire. L’Italie fasciste célèbre ses poètes (Foscolo,
Leopardi, in Fascisme et critique littéraire, Caen, PUC (Transalpina 12). L.,
Il pensiero di Leopardi. Secondo TIMPANARO: L’esperienza esistenzialistica [L.]
se l’era ormai lasciata decisamente alle spalle ; eppure essa aveva lasciato
una traccia nell’interesse per i temi leopardiani della “vitalità” e del
rapporto natura-ragione, nel rifiuto di un’interpretazione troppo
storicisticamente angusta del problema Leopardi. Timpanaro, Anti-leopardiani e
neomoderati. L., Leopardi progressivo, Timpanaro, Classicismo e illuminismo, c
L., Leopardi progressivo.TIMPANARO considera che non era accettabile il «
rimprovero » mosso a Luporini, di aver fatto di Leopardi un « precursore del
marxismo. Timpanaro, Classicismo e illuminismo. Ma certe pagine del libro di
Luporini e alcune formule in esse contenute (segnatamente quell’anticipatore di
ulteriori dottrine) se non rendono « accettabile » un tale giudizio, perlomeno
ne spiegano l’origine. L.,
Leopardi moderno, intervista a cura d’Adornato, « L’Espresso ». Cesare Luporini. Luporini. Keywords: corpo e mente,
corpo animato – l’anima di Vinci – la mente di Leonardo – i corpi di Vinci – il
Leopardi fascista. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Luporini” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Luzzago: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale – filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Grupo di Gioco di
H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Brescia). Filosofo italiano. Nato da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più importanti
famiglie del patriziato cittadino, e educato alla pratica devota e
all'apostolato. Nel convento di S. Antonio dei gesuiti si impegna in un corso
di filosofia. Dibatte in pubblico 737 argomenti filosofici! Con l'aiuto di
Borromeo partecipa a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di Brera. Si
laurea a Padova. Desideroso di entrare a far parte della Compagnia di Gesù, le
difficoltà economiche della famiglia, causate da alcune transazioni inopportune
del padre, glielo impedirono. Conservatore dei Monti di Pietà, e protettore della Compagnia delle Dimesse di S.
Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso e le Zitelle.
Ri-organizza e da nuovo impulse a un'altra istituzione sorta dopo il Concilio
di Trento: la Scuola della dottrina cristiana. Fonda la Congregazione di S.
Caterina da Siena. Per far sì che il suo operato continuasse, fonda la
Congregazione dello Spirito Santo, che raccolse i membri della classe dirigente
cittadina con l'obiettivo di co-operare più efficacemente e concordemente al
sostegno di tutte le buone istituzioni e mantenere un clima di Concordia.
Infatti, intercede per la conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso
in conflitto. La sua indole caritativa
emerse soprattutto quando venne a far parte del Consiglio di Brescia, dove sa
armonizzare le strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte
vi sono indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello
della Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esamina le strutture di
beneficenza per poi proporle a Brescia. Ha la possibilità di conoscere F. Neri.
In un'epistola a Morosini, e informato che Clemente VIII, prende in
considerazione il suo nome per la carica di arcivescovo di Milano. Fu avviata
presso la Congregazione dei riti la causa di beatificazione. Leone XIII,
riconosciute le sue virtù eroiche, gli conferì il titolo di venerabile. Dizionario Biografico degli Italiani, A. Cottinelli,
Vita del venerabile patrizio bresciano: dedicata ai comitati parrocchiali,
Tipografia e libreria Salesiana, A. Cistellini, Il movimento cattolico a
Brescia, Morcelliana. A. Fappani, Enciclopedia bresciana, Opera San Francesco
di Sales, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, S. Negruzzo, L'allievo santo: Roccio precettore, in «Annali di Storia
dell'Educazione e delle Istituzioni Scolastiche», S. Negruzzo, Dalla scuola
dell'ajo al collegio dei gesuiti: il caso di L., in Dalla virtù al precetto.
L'educazione del gentiluomo, Brescia,
Fondazione Civiltà Bresciana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro
Luzzago. Luzzago. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Luzzago” – The Swimming-Pool Library.
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