Grice e Costantino Costantino I. Costantino I Cesare e poi
Augusto dell'Impero romano Testa dell'acrolito monumentale di Costantino (Musei
Capitolini) Nome originale: Flavius Valerius Constantinus Regno Cognomina ex virtute: Pius Felix Invictus Maximus Victor Triumphator Germanicus
maximus IV Sarmaticus maximus III Gothicus maximus II Dacicus maximus Adiabenicus
Arabicus maximus Armeniacus maximus Britannicus maximus Medicus maximus (ante
315[9][10]) Persicus maximus (nel 312/313,[12] ante 315[9]) Nascita 27 febbraio 274[13] Naissus Morte 22 maggio 337 Nicomedia[14] Sepoltura Chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli Predecessore Costanzo Cloro (per parte dei territori di competenza amministrati) e
Flavio Severo (per la carica di Cesare d'Occidente) Successore Costantino II (cesare dal 317) Costanzo II (cesare dal 324) Costante I
(cesare dal 333) Dalmazio (cesare dal 335) Coniuge Minervina Fausta Figli Crispo Costantina Costantino II Costanzo II Costante I Elena
Dinastia Costantiniana Padre Costanzo Cloro Madre Elena Flavio Valerio Constantino (Constantino I) Moneta di
Costantino (327 circa) con la rappresentazione del monogramma di Cristo sopra
il labaro imperiale Nascita Naissus, 27 febbraio 274 Morte Nicomedia, 22 maggio 337 Cause della morte naturali Luogo di sepoltura Chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli Religione cristianesimo convertito dal paganesimo Dati militari Paese servitor Impero
romano Forza armata Esercito romano Grado Augusto Comandanti Costanzo Cloro e Massimiano Guerre Guerra civile romana (306-324) Campagne germanico-sarmatiche di
Costantino Invasioni barbariche del IV secolo Campagne siriano-mesopotamiche di
Sapore II Battaglie Battaglia di Verona Battaglia di Torino Battaglia di
Ponte Milvio Battaglia di Cibalae Battaglia di Mardia Battaglia dell'Ellesponto
Assedio di Bisanzio (324) Battaglia di Adrianopoli Battaglia di Crisopoli
Nemici storici Massenzio e Licinio Comandante di Esercito romano voci di militari presenti su Wikipedia
Manuale San Costantino I Raffigurazione di san Costantino nella basilica di
Santa Sofia a Istanbul. L'imperatore, che la Chiesa ortodossa ha definito
«Simile agli Apostoli», proclamandolo santo, è raffigurato nell'atto di
dedicare la basilica. Imperatore Nascita Naissus, 27 febbraio 274 Morte Nicomedia, 22 maggio 337 Venerato da Chiesa cristiana ortodossa Santuario principale Chiesa dei Santi Apostoli Ricorrenza 21 maggio Manuale V · D · M Battaglie di Costantino I nella
guerra civile. Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come
Costantino il Vincitore, Costantino il Grande e Costantino I (in latino:
Flavius Valerius Aurelius Constantinus; in greco antico: Κωνσταντῖνος ὁ Μέγας?,
Konstantînos o Mégas; Naissus, Nicomedia), è un filosofo italiano. Costantino è
una delle figure più importanti dell'impero romano, che riformò largamente e
nel quale permise e favorì la diffusione del cristianesimo. Tra i suoi
interventi più significativi, la riorganizzazione dell'amministrazione e
dell'esercito, la creazione di una nuova capitale a oriente, Costantinopoli, e
la promulgazione dell'Editto di Milano sulla libertà religiosa. La Chiesa
ortodossa e le Chiese di rito orientale lo venerano come santo, presente nel
loro calendario liturgico, col titolo di Eguale agli apostoli; mentre il suo
nome non è presente nel Martirologio Romano, il catalogo ufficiale dei santi
riconosciuti dalla Chiesa cattolica. Le fonti primarie sulla vita di Costantino
e sulle relative vicende da imperatore devono essere prese con la dovuta
cautela. La principale fonte contemporanea è costituita da Eusebio di Cesarea,
autore di una Storia Ecclesiastica che non manca di esaltare la gloria e la
nobiltà di Costantino in quanto imperatore, a cui fece seguito una Vita di
Costantino che ne costituisce una vera e propria agiografia. Anche Lattanzio,
nel suo De mortibus persecutorum, delinea in modo netto la distinzione fra il
pio Costantino e il perverso Diocleziano (Salona). Distinzione forse non del
tutto disinteressata, visto che Lattanzio, nato in Nordafrica da famiglia
pagana e convertitosi al cristianesimo, dovette fuggire precipitosamente da
Nicomedia, sede imperiale di Diocleziano, all'alba dell'ultima persecuzione
contro i Cristiani. La stessa cautela deve valere per la Storia Nuova di Zosimo.
Infine, l'appendice alla storia di Ottato di Milevi sullo scisma donatista
racchiude alcune lettere che Costantino avrebbe inviato ai cristiani del
Nordafrica e che, se autentiche, potrebbero rivelare alcuni tratti del pensiero
dell'imperatore riguardo alla questione. Albero genealogico della
dinastia costantiniana che ha in Costanzo Cloro il vero capostipite. Costantino
nacque a Naissus (odierna Niš, in Serbia), un modesto centro situato nella
provincia romana della Mesia Superiore, figlio di Costanzo Cloro, militare e
politico romano di origini illiriche e nativo della Dardania. Costantino e di
madrelingua latina e, ha sempre difficoltà nel padroneggiare il greco, tanto da
doversi avvalere d'interpreti con locutori ellenofoni. Si conosce pochissimo
della sua gioventù. Perfino la sua data di nascita è incerta. Forse è proprio
durante l'adolescenza che gli fu affibbiato il soprannome dispregiativo “Trachala,”
da interpretare nel senso di "viscido come una lumaca". Nominato
Prefetto del pretorio delle Gallie (cioè comandante militare) e in base al
sistema della Tetrarchia voluta da Diocleziano, nominato Cesare dall'Augusto di
Occidente, Massimiano, di cui sposa la figliastra Teodora. Costantino e
affidato all'Augusto d'Oriente, Diocleziano, ed educato a Nicomedia presso la
corte dell'imperatore, sotto il quale comincia la carriera militare: fu
tribunus ordinis primi e con questo grado fu al seguito dello stesso
Diocleziano nel suo viaggio in Egitto. Successivamente partecipò attivamente
alla campagna contro i Sasanidi condotta da Galerio per poi tornare a servizio
di Diocleziano con il quale lascia definitivamente l'Egitto attraversando la
Palestina. Combatté ancora tra le file dell'esercito di Galerio sul confine
danubiano, ove si distinse nelle guerre contro i Sarmati. Diocleziano abdicò a
favore del proprio Cesare Galerio e lo stesso fa Massimiano in Occidente, a
favore di Costanzo Cloro. Galerio nomina proprio Cesare il nipote Massimino
Daia e impone a Costanzo, con il sostegno di Diocleziano, come nuovo Cesare
Flavio Severo, un ufficiale di alto rango che aveva militato tra le file dello
stesso Galerio.E in questo frangente che Costantino raggiunse il padre in
Britannia (alcune fonti vogliono che quella di Costantino sia stata una vera e
propria fuga da Nicomedia, dove Galerio avrebbe voluto trattenerlo per
garantirsi la fedeltà di Costanzo Cloro) e condusse con lui alcune campagne
militari nell'isola.Circa un anno dopo, Costanzo Cloro morì nei pressi di
Eburacum, l'odierna York. Qui l'esercito, guidato dal generale germanico Croco
(di origine alamanna), proclama Costantino nuovo Augusto d'Occidente, mettendo
a repentaglio il meccanismo della tetrarchia, ideato da Diocleziano proprio per
porre termine all'uso ormai consolidato degli eserciti di proclamare di propria
iniziativa gli imperatori. Per tale ragione Galerio, che al tempo era l'unico
Augusto legittimo rimasto in carica, e inizialmente scettico nel riconoscere
l'investitura di Costantino, tuttavia alla fine si convinse a cooptarlo nel
collegio imperiale ma con il rango di Cesare, promuovendo invece come nuovo
Augusto d'Occidente Flavio Severo. Costantino da parte sua accettò la decisione
di Galerio e, per dimostrare come riconoscesse l'autorità di Severo quale nuovo
superiore in grado, cede a quest'ultimo il controllo della diocesi Iberica,
mentre a lui sarebbe rimasto il governo delle Gallie e della Britannia. La
sofferta nomina di Costantino a Cesare, per quanto gestita e riassorbita nei
quadri della tetrarchia, aveva mostrato la debolezza del sistema di successione
per cooptazione creato da Diocleziano. Infatti Massenzio, figlio dell'Augusto
emerito Massimiano, scontento di essere stato tagliato fuori da qualsiasi
posizione di potere, si fece acclamare imperatore a Roma con l'appoggio dei
pretoriani, dell'aristocrazia senatoria e della plebe urbana.[38] Galerio per
l'occasione decise di agire senza indugi e con durezza, ordinando a Severo, che
risiedeva a Milano, di marciare verso Roma per sedare la rivolta ma, giunto in
prossimità della città, le truppe al suo comando disertarono poiché venute a
conoscenza che Massimiano, per il quale avevano militato prima della sua
abdicazione, si era schierato a sostegno del figlio. Severo, fatto prigioniero,
fu poi ucciso.Galerio allora tenta di organizzare in prima persona una
spedizione in Italia, ma non ottenne alcun risultato e fu costretto a ritirarsi
nell'Illirico. Durante questi eventi, Costantino e impegnato sul confine renano
a combattere con successo i Franchi e si era mantenuto neutrale nella disputa
tra Galerio e Massenzio. Massimiano cerca dunque di farselo alleato e, per
attirarlo alla sua causa, lo raggiunse a Treviri, offrendogli in sposa la
figlia Fausta e il titolo di Augusto. Costantino accettò l'offerta di alleanza
e, dopo essere convolato a nozze, si fa proclamare Augusto sul finire
dell'anno. Tornato a Roma, Massimiano entra in urto con Massenzio, al potere
del quale non voleva più essere subordinato e, costretto a fuggire dalla città
poiché le truppe erano rimaste leali al figlio, fu riaccolto alla corte di
Costantino in Gallia. Galerio, nel tentativo di porre rimedio alla crisi
istituzionale creatasi, convoca a Carnuntum un convegno al quale presero parte,
oltre a lui, anche Massimiano e, soprattutto, Diocleziano. In questa
circostanza e creato Augusto Liciniano Licinio, un commilitone di Galerio,
mentre Costantino fu degradato nuovamente a Cesare e Massimiano dovette
deporre, questa volta definitivamente, le vesti imperiali per una seconda
volta. Contestualmente Massenzio fu dichiarato hostis publicus («nemico
pubblico»).[47] Tornato deprivato di ogni potere, Massimiano inizia a
tramare contro Costantino. Approfittando dell'assenza del genero, impegnato a
sedare una sollevazione dei Franchi, il vecchio Erculio si proclamò per la
terza volta imperatore e, assunto il comando della truppe stanziate a
Marsiglia, si arroccò nella città.[49] Costantino, tornato in fretta dal
confine renano, la pose d'assedio ma, ancor prima che iniziassero le ostilità,
i soldati all'interno della città si arresero e consegnarono Massimiano, a cui
fu però risparmiata la vita.[50] Agli inizi del 310, dopo un ennesimo complotto
ordito da Massimiano e sventato questa volta dalla figlia Fausta, Costantino
ordinò la messa a morte del suocero[51] e successivamente, attorno alla metà
dell'anno, decise di riappropriarsi del titolo di Augusto che gli era stato
tolto a Carnuntum, ottenendo stavolta il consenso di Galerio. Alla morte di
Galerio nel 311, Costantino si alleò con Licinio, mentre Massenzio con
Massimino Daia. Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio,
riunito un grande esercito formato anche da barbari catturati in guerra, oltre
a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla volta
dell'Italia attraverso le Alpi, forte di 90 000 fanti e 8 000 cavalieri.[53]
Lungo la strada, Costantino lasciò intatte tutte le città che gli aprirono le
porte, mentre assediò e distrusse quante si opposero alla sua avanzata. Egli,
dopo aver battuto due volte Massenzio prima presso Torino e poi presso Verona,
lo sconfisse definitivamente nella battaglia di Ponte Milvio,[54] presso i Saxa
Rubra sulla via Flaminia, alle porte di Roma, il 28 ottobre del 312. Con la
morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di
Costantino.[55] Durante questa campagna sarebbe avvenuta la celebre e
leggendaria apparizione della croce sovrastata dalla scritta In hoc signo
vinces che avrebbe avvicinato Costantino al cristianesimo. Secondo Eusebio di
Cesarea questa apparizione avrebbe avuto luogo proprio nei pressi di
Torino.[56] Nel 318 circa ebbe dalla moglie Fausta Costantina.
Augusto d'Occidente (313-324) Schema della battaglia avvenuta presso
Adrianopoli nel 324, dove Costantino, seppure in inferiorità numerica, prevalse
su Licinio, il quale lasciò sul campo secondo Zosimo ben 34.000 armati. Massimino
Daia veniva sconfitto da Licinio e si dava la morte. Entrando in Nicomedia
Licinio emanò un rescritto (impropriamente detto editto di Milano dal luogo
dove era stato concordato con Costantino), con cui a nome di entrambi gli
augusti rimasti veniva riconosciuta anche in Oriente la libertà di culto per
tutte le religioni, ponendo fine ufficialmente alle persecuzioni contro i
cristiani, l'ultima delle quali, cominciata da Diocleziano tra il 303 e il 304,
si era conclusa nel 311 su ordine di Galerio, prossimo a morire. Il testo
del decreto recita: (LA) «Cum feliciter tam ego [quam] Constantinus
Augustus quam etiam ego Licinius Augustus apud Mediolanum convenissemus atque
universa quae ad commoda et securitatem publicam pertinerent, in tractatu
haberemus, haec inter cetera quae videbamus pluribus hominibus profutura, vel
in primis ordinanda esse credidimus, quibus divinitatis reverentia
continebatur, ut daremus et Christianis et omnibus liberam potestatem sequendi
religionem quam quisque voluisset, quod quicquid <est> divinitatis in
sede caelesti, nobis atque omnibus qui sub potestate nostra sunt constituti,
placatum ac propitium possit existere» (IT) «Noi, dunque Costantino
Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo
discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le
disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le
prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia
consentito ai galilei e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione
che ciascuno crede, affinché il divino, qualunque essa sia, a noi e a tutti i
nostri sudditi dia pace e prosperità. -- Lattanzio, De mortibus persecutorum,
capitolo XLVIII) Nella prosecuzione il rescritto ordina l'immediata
restituzione ai galilei di tutti i luoghi di culto e di ogni altra proprietà
delle chiese. Costantino e Licinio, che ne aveva sposato la sorella
Costanza, entrarono una prima volta in conflitto (in seguito alla riappacificazione l'Illirico
passò a Costantino). In seguito alla sconfitta di Licinio, che si arrese dopo
le battaglie di Adrianopoli e di Crisopoli e venne successivamente ucciso, Costantino
rimase l'unico augusto al potere. Questo periodo cominciò con una serie di
uccisioni, a partire da quella del suo antico rivale Licinio. L'anno seguente
Costantino fa uccidere a Pola il figlio primogenito Crispo, figlio di
Minervina, per una presunta relazione con Fausta e inoltre Liciniano, figlio
della sorella Costanza e di Licinio. Quindi anche la moglie Fausta venne uccisa
soffocata o annegata nel bagno termale, riscaldato oltre la temperatura
normale. La leggenda vuole che Crispo sia stato eliminato in seguito all'accusa
di Fausta di averla insidiata, e quindi anche lei venne giustiziata quando
Costantino riconosce l'innocenza del figlio. Forse erano entrambi vittime di
falsi delatori o lei volle assicurarsi l'eliminazione dei rivali dei propri
figli come successori di Costantino. Il rimorso di Costantino e grande, secondo
quanto riporta ne “I Cesari” il suo polemico successore, il principe Giuliano. Si
erano iniziati i lavori per la costruzione della nuova capitale Nuova Roma sul
sito dell'antica Bisanzio, fornendola di un senato e di uffici pubblici simili
a quelli di Roma. Il luogo venne scelto come capitale nper le sue
eccezionali qualità difensive e per la vicinanza ai minacciati confini
orientali e ai danubiani. Inoltre, particolare non secondario, consentiva a
Costantino di sottrarsi all'influenza invadente, arrogante e irritante degl’aristocratici
presenti nel Senato romano, che tra l'altro erano della religione dell’antica
Roma. Nova Roma e inaugurata e prese presto il nome di “Costantinopoli”. Rispetto
alla vecchia città, la nuova era quattro volte più vasta: dove c'era un'antica
porta Costantino pose un foro circolare, inoltre spostò le sue mura più a
occidente di 15 stadi. La città (oggi Istanbul) resterà poi fino al 1453
capitale dell'Impero romano d’oriente. Diocesi (impero romano) e
Prefettura del pretorio. Riprendendo la divisione della riforma tetrarchica
dioclezianea che prevedeva due Augusti e due Cesari, l'Impero venne ridisegnato
e suddiviso in quattro prefetture, tutte facenti capo a un unico Imperatore: delle
Gallie, comprendente la Gallia transalpina, la Spagna e la Britannia; d'Italia, comprendente l'Italia, la Sicilia,
Sardegna e Corsica, e l'Africa dalle Sirti alla Mauretania Caesariensis; d'Oriente,
comprendente tutte le province orientali con l'eccezione delle isole di Lemno,
Imbro e Samotracia, l'Egitto e la pentapoli di Libia, oltre alla Tracia e la
Mesia inferiore; d'Illirico, comprendente le province balcaniche, vale a dire
dalla Macedonia, alla Tessaglia, a Creta all'Ellade, ai due Epiri, all'Illiria,
a Dacia, Triballia e Mesia superiore, oltre alle Pannonie sino alla Valeria. All'interno
di queste prefetture mantenne rigidamente separati il potere civile e politico,
da quello militare: la giurisdizione civile e giudiziaria era affidata a un
prefetto del pretorio, cui erano subordinati i vicari delle diocesi e i
governatori delle province. I prefetti furono, quindi, privati in parte del
potere militare,[65] lasciando loro ancora compiti di logistica militare,[66] e
diventarono amministratori delle grandi prefetture in cui era diviso l'impero.
Essi svolgevano le seguenti funzioni:[67] la suprema amministrazione
della giustizia e delle finanze (sostenendo anche le spese militari[68]).
l'applicazione e, in alcuni casi, la modifica degli editti generali. controllo
dei governatori delle province, i quali in caso di negligenza o corruzione
venivano destituiti e/o puniti. Inoltre il tribunale del prefetto poteva
giudicare ogni questione importante, civile o penale, e la sua sentenza era
considerata definitiva, al punto che neanche gli imperatori osavano lamentarsi
della sentenza del prefetto. Costantino poi controbilanciava l'importanza e la
potenza dei prefetti del pretorio con la breve durata della carica. Ogni
prefettura, divisa in tredici diocesi, di cui una (Oriente) era governata da un
Conte d'Oriente, un'altra (Egitto) da un Prefetto Augusteo, e le altre undici
da altrettanti Vicari o sottoprefetti, i quali sottostavano all'autorità del
prefetto del pretorio.[69] Ogni diocesi era ulteriormente suddivisa in
province. L'apparato burocratico venne snellito e suddiviso tra gli
affari della corte, affidati a quattro alti dignitari, e gli affari dello
Stato, affidati a tre alti funzionari: costoro, insieme con i prefetti urbani
componevano il Concistorium principis o Sacrum concistorium ("Consiglio
del principe" o "Sacro collegio"). I quattro dignitari che
regolavano le attività della corte erano: il comes rerum privatarum
("ministro degli affari privati"), che si occupava di gestire il
patrimonio privato dell'imperatore[70], il praepositus sacri cubiculi
("preposito del sacro cubicolo"), una sorta di gran ciambellano che
si occupava della vita della corte imperiale e da cui dipendevano cortigiani e
schiavi, due comites domesticorum ("ministro dei domestici"),
responsabili l'uno del personale che svolgeva il proprio servizio a piedi e
l'altro del personale a cavallo e della guardia imperiale. I tre alti
funzionari a cui competeva l'amministrazione dello Stato erano: il
magister officiorum ("maestro degli uffici"), un cancellerie che si
occupava dell'amministrazione interna e delle relazioni esterne, il quaestor
sacri palatii ("questore del sacro palazzo"), con competenza in
materia di leggi e di giustizia, che dirigeva inoltre il "Consiglio del
principe", il comes sacrarum largitionum ("ministro delle sacre elargizioni"),
che si occupava delle materie finanziarie statali. La politica amministrativa
di Costantino è controversa e in particolare è stata aspramente criticata dallo
storico illuminista Edward Gibbon, autore di Storia del declino e della caduta
dell'Impero romano (opera composta tra il 1776 e il 1788), che dà di Costantino
un giudizio estremamente negativo. Per Gibbon al tempo di Costantino: si
istituì un poderoso sistema burocratico, coniando cariche sconosciute in
antecedenza (magnifico, illustre, conte, duca, ecc.), tali da creare un
controllo vessatorio e di spionaggio su tutte le province; i pretoriani erano
in numero spropositato ed erano di origine armena, con corazze di argento e
d'oro; la capitale trasferita da Roma a Costantinopoli (depredando importanti
opere di Fidia e altri scultori della Grecia classica) accentuò l'emarginazione
del Senato romano; la tassazione esorbitante finì per spopolare anche una delle
regioni (Campania) più produttive dell'Italia; si accentuò, inoltre, la
disgregazione dell'esercito romano, sia con la nomina di barbari al massimo
comando militare, sia con la penalizzazione economica dei soldati che
salvaguardavano il confine (limes) dalle invasioni. Complessivamente, per
Gibbon, neppure Caligola o Nerone fecero più danni all'impero di Costantino.
Politica estera e frontiere Lo stesso argomento in dettaglio: Campagne
germanico-sarmatiche di Costantino, Limes romano, Diga del Diavolo e Brazda lui
Novac (limes). Le frontiere romane settentrionali e orientali al tempo di
Costantino, con i territori acquisiti nel corso del trentennio di campagne
militari (dal 306 al 337). La mappa qui sopra rappresenta anche il mondo romano
poco dopo la morte di Costantino (337), con i territori "spartiti"
tra i suoi tre figli (Costante I, Costantino II e Costanzo II) e i due nipoti
(Dalmazio e Annibaliano) Già ai tempi in cui era stato Cesare in Occidente,
attorno agli anni 306-310,[71] Costantino ottenne grandi successi militari su
Alemanni e Franchi, di cui si dice riuscì a catturare i loro re, dati in pasto
alle belve durante i giochi gladiatorii.[72] Divenuto unico augusto in
Occidente nel 313 respinse una nuova invasione di Franchi in Gallia. Dopo una
prima crisi con Licinio, al termine della quale i due augusti trovarono un
nuovo equilibrio strategico nel 317, ottenne nuovi successi contro le genti
barbare lungo il Danubio. Egli, infatti, batté sia i Sarmati Iazigi nel
322[5][73] sia i Goti nel 323.[73] Dopo il 316/317, avendo ottenuto da
Licinio anche l'Illirico, Costantino non solo respinse numerose incursioni di
Sarmati Iazigi e Goti (tra gli anni 322[73] e 332), ma potrebbe aver dato
inizio alla costruzione di due nuovi tratti di limes: il primo nella pianura
ungherese chiamato diga del Diavolo, formato da una serie di terrapieni che da
Aquincum collegavano il fiume Tibisco, per poi piegare verso sud e collegare il
fiume Mureș, percorrere il Banato fino al Danubio all'altezza di Viminacium;[74]
il secondo nella Romania meridionale chiamato Brazda lui Novac, che correva
parallelo a nord del basso corso del Danubio, da Drobeta alla pianura della
Valacchia orientale fin quasi al fiume Siret.[74] Divenuto unico augusto
nel 324, affidò ai figli la difesa dell'Occidente contro Franchi e Alamanni
(contro i quali ottenne nuovi successi nel 328[75] e il titolo di Alamannicus
maximus, insieme con Costantino II[6]) mentre lui stesso combatteva sul confine
danubiano i Goti (332[7]) e i Sarmati (335[7][8]). Divise l'impero tra i figli
assegnando a Costantino II Gallia, Spagna e Britannia, a Costanzo II le
province asiatiche, l'Oriente e l'Egitto e a Costante I l'Italia, l'Illirico e
le province africane. Alla sua morte nel 337 si preparava ad affrontare in
Oriente i Persiani. Costantino nei suoi oltre trent'anni di regno aveva
aspirato a riconquistare, non solo tutti i territori appartenuti all'Impero di
Traiano,[76] ma soprattutto a diventare il protettore di tutti i Cristiani
anche oltre le frontiere imperiali. Egli, infatti, costrinse molte delle
popolazioni barbariche sottomesse a nord del Danubio, a sottoscrivere clausole
religiose dopo averle battute più e più volte, come nel caso dei Sarmati e dei
Goti. Identica sorte sarebbe toccata al regno d'Armenia e ai Persiani se non
fosse morto nel 337.[77] Esercito Lo stesso argomento in dettaglio:
Riforma costantiniana dell'esercito romano. Mappa della ex-Dacia romana
con il suo complesso sistema di fortificazioni e difesa. In grigio la cosiddetta
diga del Diavolo e a destra (in verde) il Brazda lui Novac, di epoca
costantiniana. Le prime vere modifiche apportate da Costantino nella nuova
organizzazione dell'esercito romano, furono effettuate subito dopo la
vittoriosa battaglia di Ponte Milvio contro il rivale Massenzio nel 312. Egli
infatti sciolse definitivamente la guardia pretoriana e il reparto di
cavalleria degli equites singulares e fece smantellare l'accampamento del
Viminale.[78] Il posto dei pretoriani fu sostituito dalla nuova formazione
delle schole palatine, le quali ebbero lunga vita poi a Bisanzio ormai legate
alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi spostamenti, e non
più alla Capitale.[79] Una nuova serie di riforme furono poi portate a
termine una volta divenuto unico Augusto, subito dopo la sconfitta definitiva
di Licinio nel 324.[79] La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del
pretorio, e ora affidata a: il magister peditum (per la fanteria) e il magister
equitum (per la cavalleria).[65] I due titoli potevano tuttavia essere riuniti
in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica si
trasformava magister peditum et equitum o magister utriusque militiae[80]
(carica istituita verso la fine del regno, con due funzionari praesentalis[81]).
I gradi più bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti
centurioni e tribuni, anche i cosiddetti duces,[65] i quali avevano il comando
territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate
truppe di limitanei. Costantino, inoltre, sempre secondo Zosimo, rimosse dalle
frontiere la maggior parte dei soldati e li insediò nelle città (si tratta
della creazione dei cosiddetti comitatensi):[82] «[...] città che non
avevano bisogno di protezione, privò del soccorso quelle minacciate dai barbari
[lungo le frontiere] e procurò alle città tranquille il danno generato dalla
soldataglia, per questi motivi molte città risultano deserte. Lasciò anche che
i soldati rammollissero, frequentando i teatri, e abbandonandosi alla vita
dissoluta.» (Zosimo, Storia nuova, II, 34.2.) Nell'evoluzione
successiva il generale in campo svolse sempre più le funzioni di una sorta di
ministro della guerra, mentre vennero create le cariche del magister equitum
praesentalis e del magister peditum praesentalis ai quali veniva affidato il
comando effettivo sul campo. Costantino introdusse una riforma monetaria,
necessaria anche per fare fronte alla scarsità di monete d'oro. Venne, quindi,
introdotto il solidus d'oro, con un peso di 4,54 g pari a 1/72 di libbra, cioè
più leggero (anche se più largo e sottile) dell'aureo, che in quel momento
valeva 1/60 di libbra. Si ritornò inoltre al sistema bimetallico di Augusto
coniando la siliqua d'argento, di 2,27 g pari a 1/144 di libbra: il miliarense,
con un valore doppio della siliqua, aveva quindi lo stesso peso del solidus. Per
quanto riguarda i bronzi, il follis, ormai fortemente svalutato, venne
sostituito da una moneta di 3 g, detto nummus centonionalis, cioè 1/100 di
siliqua. Fu una riforma duratura, tanto che il peso aureo del solido
introdotto con la riforma di Costantino rimase invariato per secoli anche
durante l'impero bizantino. Ma a livello sociale le conseguenze furono
catastrofiche: tutti coloro che non avevano accesso alla nuova moneta d'oro,
infatti, dovettero subire le conseguenze dell'inflazione, a causa di una
svalutazione rispetto al solidus delle altre monete d'argento e di rame, che
non erano più protette dallo Stato. Il risultato fu una insuperabile spaccatura
tra una minoranza privilegiata di ricchi e la massa dei poveri[83]. Morte
e successione Albero genealogico della dinastia costantiniana: i
discendenti di Costantino. Costantino morì il 22 maggio 337 non molto lontano
da Nicomedia (in località Achyrona),[14] mentre preparava una campagna militare
contro i Sasanidi. La sua salma fu portata a Costantinopoli e sepolta in un
sarcofago nella Chiesa dei Santi Apostoli[84]. Costantino preferì non
nominare un unico erede, ma dividere il potere tra i suoi tre figli cesari
Costante I, Costantino II e Costanzo II e due nipoti Dalmazio e
Annibaliano.[85] Costanzo, che era impegnato in Mesopotamia settentrionale a
supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,[86] si affrettò
a tornare a Costantinopoli, dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri
del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne
il sostegno dell'esercito, componente fondamentale della politica di
Costantino.[87] Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano
dell'esercito, dei membri maschili della dinastia costantiniana e di altri esponenti
di grande rilievo dello stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti
bambini (Gallo e Giuliano, figli del fratellastro Giulio Costanzo) furono
risparmiati.[88] Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo
Eutropio Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e
condonò gli assassini;[89] Zosimo invece afferma che Costanzo fu
l'organizzatore dell'eccidio.[90] Nel settembre dello stesso anno i tre cesari
rimasti (Dalmazio e Annibaliano furono vittime della purga) si riunirono a
Sirmio in Pannonia, dove il 9 settembre furono acclamati imperatori
dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la
sovranità sull'Oriente, Costante sull'Illirico e Costantino II sulla parte più
occidentale (Gallie, Hispania e Britannia). La divisione del potere tra i tre
fratelli durò poco: Costantino II morì nel 340, mentre cercava di rovesciare
Costante, e Costanzo guadagnò i Balcani; nel 350 Costante fu rovesciato
dall'usurpatore Magnenzio, e Costanzo divenne unico imperatore. Icona
ortodossa bulgara con l'imperatore e la madre Elena e la "vera
croce". Il comportamento costantiniano in tema di culto uffiziale ha dato
spazio a molte controversie fra i filosofi -- controversie particolarmente
aspre quando essi hanno preteso di valutare non solo il comportamento pubblico,
ma le sue convinzioni interiori. In alternativa all'opinione tradizionale,
secondo cui Costantino si sarebbe convertito al cristianesimo poco prima della
battaglia di Ponte Milvio, è stata, invece, asserita la sua costante adesione
al CULTO SOLARE, mettendo in dubbio perfino il battesimo in punto di
morte. Secondo altri filosofi, poi, il culto uffiziale e per Costantino un
puro e semplice instrumentum regni. Burckhardt afferma: «Nel caso di un uomo
geniale, al quale l'ambizione e la sete di dominio non concedono un'ora di
tregua, non si può parlare del sacro consapevole -- un uomo simile è
essenzialmente a-religioso, e lo sarebbe anche se egli immaginasse di far parte
integrante di una comunità religiosa. Secondo altri filosofi ancora, poi,
occorre distinguere fra convinzioni private e comportamento pubblico, vincolato
dalla necessità di conservare il consenso delle proprie truppe e dei propri
sudditi, qualunque ne fosse l'orientamento religioso. Da questo punto di vista
è utile distinguere fra il comportamento di Costantino antecedente e quello
successivo alla battaglia di Crisopoli, grazie alla quale consegue il dominio
assoluto sull'impero. Dopo questo, si trova comunque d'accordo molti
studiosi di quell'epoca. Tra costoro, Veyne sostiene con sicurezza
l'autenticità della conversione di Costantino, ricordando, con Bury, che la sua
rivoluzione e forse l'atto più audace mai compiuto da un autocrate in spregio
alla grande maggioranza dei suoi sudditi. E ciò in considerazione del fatto che
la popolazione che segue il culto dei galilei e circa il 8% del totale nel
principato di Costantino.Veyne ha inoltre proposto un'interessante teoria per
tentare di spiegare in modo razionale il fenomeno leggendario della visione che
potrebbe aver spinto Costantino a una conversione solo apparentemente
improvvisa. Veyne ipotizza che un sogno abbia potuto avere azione catalitica su
un terreno psicologico predisposto da esperienze e suggestioni vissute
precedentemente. È comunque fuori di dubbio la sincerità costantiniana nella
ricerca dell'unità e concordia del culto, la cui necessità deriva da un preciso
disegno politico che considera l'unità del mondo condizione indispensabile alla
stabilità della potenza imperiale. Costantino infatti interpreta in questo
senso l'antico tema, caro alla Roma sul principato della “pax deorum”, nel
senso che la forza del principato non deriva semplicemente dalle azioni di un
principe illuminato, da una saggia amministrazione e dall'efficienza di un ben
strutturato e disciplinato esercito, ma direttamente dalla benevolenza del
divino. Mentre però, nella religione della Roma antica, vi era un rapporto DIRETTO
tra il potere del principe e il divino, il principe non puo ignorare istituzioni
che, tramite i suoi vescovi, adita la fonte divina del potere. Costantino non puo
fare a meno di essere co-involto nelle lotte teologiche. Su una tale base
ideologica, questa ricerca dell'unità e della concordia comporta quindi anche
interventi molto duri nei confronti di coloro che il principe considera
eretici, che sono trattati duramente, dei pagani. I conflitti teologici si
trovarono dunque ad avere una ricaduta politica, mentre d'altra parte le sorti
interne del principato sono sempre più dipendenti dai risultati delle lotte
teologiche. Gli stessi vescovi, infatti, sollecitavano continuamente
l'intervento del principe per la corretta applicazione delle decisioni dei
concili, per la convocazione dei sinodi e anche per la definizione di
controversie teologiche. Ogni successo di una fazione comportava la deposizione
e l'esilio dei capi della fazione opposta, con i metodi tipici della lotta
politica. La religione della Roma Antica si era fortemente trasformata: sulla
spinta della insicurezza dei tempi e dell'influsso dei culti di origine
orientale, le sue caratteristiche pubbliche e ritualistiche hanno sempre più
perso di significato di fronte a una più intensa e personale spiritualità. Si
era andato diffondendo un sincretismo venato di mono-teismo (il colto solare di
un divino unico, il re sole identificato con Giove -- e si tendeva a vedere
nelle immagini degli dei tradizionali – altri che Giove -- l'espressione di un
unico essere divino: Giove. Una forma politica a questa aspirazione
sincretistica e data dall'imperatore Aureliano con l'istituzione del culto
ufficiale del Sole Invitto con elementi del mitraismo e di altri culti solari
di origine orientale. Il culto e diffuso nell'esercito, soprattutto
nell'occidente, e a esso non furono estranei né Costanzo Cloro, il padre di
Costantino, né Costantino stesso. Costantino e certamente il primo a
comprendere l'importanza della religione per rafforzare la coesione culturale e
politica dell'impero romano. Fa vietare il concubinato dei mariti, mentre
fu reso più difficile il ripudio, antenato del divorzio. La domenica e elevata
a giorno festivo pubblico. Lo Stato inizia a finanziare il clero pubblico e la
costruzione di nuove edificii o fu l'imperatore a farle erigere personalmente,
ad esempio a Roma (Antica basilica di Pietro nel monte Vaticano), ma
especialmente fuora di Roma: a Betlemme
(Basilica della Natività), Gerusalemme (Basilica del Santo Sepolcro) e
Costantinopoli (Chiesa dei Santi Apostoli). In un decreto concesse che su
richiesta di una sola delle parti contendenti, le cause civili potessero essere
giudicate innanzi ai vescovi. Fu concesso agli ecclesiastici l'esonero dagli
oneri municipali. Moneta di Costantino, con una rappresentazione del Sol
Invictus e l'iscrizione SOLI INVICTO COMITI, "al Sole Invitto
compagno" Moneta di Costantino con la rappresentazione del
monogramma di Cristo sopra il labaro imperiale Le monete coniate da Costantino
forniscono indirettamente notizie sull'atteggiamento pubblico di Costantino
verso i culti religiosi. Quando ancora ricopriva il ruolo di principe, alcune
emissioni si inserirono nel classico filone della Tetrarchia, con dediche «al
Genio del Popolo Romano» ("Gen Pop Romani"), provenienti specialmente
dalla zecca di Londinium (Londra). Ancora per alcuni anni dopo la battaglia di
Ponte Milvio le zecche orientali (Alessandria, Antiochia, Cyzicus, Nicomedia,
ecc.) continuarono a produrre monete dedicate «a Giove salvatore» (Iovi
conservatori). Nello stesso periodo le monete delle zecche occidentali (Arles,
Londra, Lione, Augusta Treverorum, Pavia, ecc) continuarono a coniare monete
dedicate «al Sole invitto compagno» e, nel caso della zecca di Pavia, anche «a
Marte salvatore» (Marti Conservatori) e «a Marte Protettore della Patria»
(Marti Patri Conservatori). L'attributo «compagno» riferito al Sole, che
manca in monete analoghe di precedenti imperatori, è singolare e occorre
chiedersene il significato. Normalmente viene interpretato come «al compagno
(di Costantino), il Sole Invitto»; indicherebbe quindi una indiretta
deificazione dell'imperatore stesso. Il vero significato, però, potrebbe anche
essere completamente diverso. Nell'età imperiale, infatti, la parola latina
comes, oltre che «compagno» indicava un funzionario imperiale e perciò da essa
è derivato il titolo nobiliare «conte». Alle orecchie dei galilei, quindi,
questa strana legenda poteva ricordare che il sole non era un dio, ma una
potenza subordinata alla divinità suprema. A sua volta l'imperatore si presenta
come l'autorità suprema in terra allo stesso modo come il sole lo era in cielo;
autorità, però, entrambe subordinate. Questa interpretazione è confermata
dall'emissione (durante la prima guerra
civile contro Licinio), la cui legenda recita: SOLI INVIC COM DN (soli invicto
comiti domini), che potrebbe essere tradotto come «al sole invitto compagno del
signore», ma che sembra più logico tradurre «al sole invitto, ministro del
Signore». La maggior parte delle zecche sia in oriente sia in occidente
passarono a emissioni laiche benaugurali, fra cui per prima quella con la
legenda «Liete vittorie al principe perpetuo» (Victoriae laetae prin. perp.).Da
quell'anno dalle monete bronzee di Costantino iniziano a sparire gli dei
tradizionali, come Elio, Marte, Giove, sostituiti dall'immagine solitaria
dell'imperatore, che volge gli occhi verso l'alto, ad un divino generico, che
può essere interpretata come Giove. La monetazione aurea invece mantiene ancora
a lungo gli dei tradizionali, forse perché rivolta ai patrizi e a persone di
rango elevato, ancora legate alla religione tradizionale Le monete con
simboli dei galilei o supposti tali sono rare e costituiscono solo circa l'1%
delle tipologie conosciute. La zecca di Pavia (Ticinum) conia nel 315 un
medaglione d'argento in cui il monogramma di Cristo era riprodotto sopra l'elmo
piumato dell'imperatore. Solo dopo la vittoria su Licinio compare la tipologia
con il labaro imperiale e il monogramma di Cristo, che trafiggono un serpente,
simbolo appunto di Licinio,[99] e simultaneamente scompaiono del tutto dalle
monete sia le immagini del sole invitto sia la corona radiata, altro simbolo
apollineo e solare. Nel 326 appare il diadema, simbolo monarchico di
derivazione ellenistica, e poco dopo il sovrano viene raffigurato con lo
sguardo rivolto in alto, come nei ritratti ellenistici, a simboleggiare il
contatto privilegiato tra l'imperatore e la divinità. L'ambiguitas
constantiniana Quanto sopra osservato a proposito delle monete di Costantino,
cioè la volontà imperiale di presentarsi come un prediletto dal cielo, senza,
però, mettere in chiaro quale fosse la divinità, può essere rilevato in molti
altri aspetti dell'impero di Costantino. Il ruolo determinante giocato da
Costantino nell'ambito della chiesa cristiana (ad esempio tramite la
convocazione di concili e il presiederne i lavori) non deve oscurare il fatto
che Costantino svolse funzioni analoghe nell'ambito di altri culti. Egli
infatti mantenne la carica di pontefice massimo della religione pagana; carica
che era stata di tutti gli imperatori romani a partire da Augusto. Lo stesso
fecero i suoi successori cristiani fino al 375. Anche la battaglia di
Ponte Milvio, con cui nel 312 Costantino sconfisse Massenzio, diede origine a
leggende discordanti, che, però, potrebbero risalire tutte a Costantino, sempre
attento a presentarsi come prescelto dal divino, qualunque essa fosse. Per
queste leggende si veda la voce in hoc signo vinces. In questo senso si
spiegano sia l'editto imperiale di tolleranza o l'editto di Milano del 313
(conferma rafforzata di un editto di Galerio del 30 aprile 311), sia l'iscrizione
sull'arco di Costantino: entrambi citano una generica "divinità", che
poteva dunque essere identificata sia con il Dio cristiano, sia con il dio
solare. L'ambiguità dell'Editto di Milano, però, è ovvia, dato che esso fu
proclamato da Licinio. Costantino persegue probabilmente il proposito di
riavvicinare i culti presenti nell'impero, nel quadro di un non troppo definito
monoteismo imperiale. Vi fu una grande confusione da parte degli osservatori
esterni del cristianesimo che portò molti ad identificare i cristiani come
adoratori del sole. Molto prima che Eliogabalo e i suoi successori
diffondessero a Roma il culto siriaco del Sol invictus, molti romani ritenevano
che i cristiani adorassero il sole: «Gli adoratori di Serapide sono
cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide chiamano se stessi Vicari di
Cristo» (Adriano) «…molti ritengono che il Dio cristiano sia il
Sole perché è un fatto noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e
che nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia» (Tertulliano, Ad nationes,
apologeticum, de testimonio animae) Questa confusione era senz'altro
favorita dal fatto che Gesù era risorto nel primo giorno della settimana,
quello dedicato al sole, e perciò i cristiani avevano l'abitudine di
festeggiare proprio in quel giorno (oggi chiamato domenica): «Nel giorno
detto del Sole si radunano in uno stesso luogo tutti coloro che abitano nelle
città o in campagna, si leggono le memorie degli apostoli o le scritture dei
profeti, per quanto il tempo lo consenta; poi, quando il lettore ha terminato,
il presidente istruisce a parole ed esorta all'imitazione di quei buoni esempi.
Poi ci alziamo tutti e preghiamo e, come detto poco prima, quando le preghiere
hanno termine, viene portato pane, vino e acqua, e il presidente offre preghiere
e ringraziamenti, secondo la sua capacità, e il popolo dà il suo assenso,
dicendo Amen. Poi viene la distribuzione e la partecipazione a ciò che è stato
dato con azioni di grazie, e a coloro che sono assenti viene portata una parte
dai diaconi. Coloro che possono, e vogliono, danno quanto ritengono possa
servire: la colletta è depositata al presidente, che la usa per gli orfani e le
vedove e per quelli che, per malattia o altre cause, sono in necessità, e per
quelli che sono in catene e per gli stranieri che abitano presso di noi, in
breve per tutti quelli che ne hanno bisogno.» (Giustino, II secolo)
Questa scelta liturgica era inevitabile. Il giorno del sole, infatti, non solo
era proprio il primo della settimana, quello in cui Gesù era risorto, ma anche
aveva una valenza metaforica teologicamente e scritturalmente corretta.
L'abitudine di chiamare tale giorno "giorno del Signore" (dies
dominica, da cui, appunto il nome domenica) compare per la prima volta alla
fine del primo secolo (Apocalisse 1, 10[100]) e poco dopo nella didaché, prima
cioè che il culto del Sol Invictus prendesse piede. Anche la decisione di
celebrare la nascita di Cristo in coincidenza col solstizio d'inverno ha dato
origine a molte controversie, dato che le date di nascita di Gesù fornite dai
Vangeli sono imprecise e di difficile interpretazione. Le prime notizie di
feste cristiane per celebrare la nascita di Cristo risalgono circa all'anno
200. Clemente Alessandrino riporta diverse date festeggiate in Egitto, che
sembrano coincidere con l'Epifania o col periodo pasquale (cfr. Data di nascita
di Gesù). Nel 204 circa, invece, Ippolito di Roma propone il 25 dicembre (e la
correttezza storica di tale scelta sembrerebbe essere stata approssimativamente
confermata da recenti scoperte). La decisione delle autorità romane, tuttavia,
di uniformare la data delle celebrazioni proprio il 25 dicembre potrebbe essere
stata stabilita in buona parte per motivi "politici" in modo da
congiungersi e sovrapporsi alle feste pagane dei Saturnali e del Sol
invictus. La confusione delle date liturgiche fra i culti continuò per un
certo periodo, anche perché ovviamente l'editto di Tessalonica, che proibiva i
culti diversi dal cristianesimo, non determinò la conversione immediata dei pagani.
Ancora ottanta anni dopo, nel 460, il papa Leone I sconsolato scriveva:
«È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di
entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la
scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore
dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto
che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni
apparenza di ossequio a questo culto degli dei.» (Papa Leone I, 7° sermone
tenuto nel Natale del 460 - XXVII-4) La sovrapposizione fra culto solare
e culto cristiano ha dato origine a molte controversie, tanto che alcuni hanno
sostenuto che il cristianesimo sia stato pesantemente influenzato dal mitraismo
e dal culto del Sol invictus o addirittura trovi in essi la sua radice vera.
Questa ipotesi si forma durante il Rinascimento, ma si è diffusa negli ultimi
decenni del XX secolo, tanto da essere considerata (se non accettata) perfino
negli ambienti più progressisti delle chiese cristiane. Un esempio di questa
ipotesi ce lo fornisce il vescovo siriano Jacob Bar-Salibi che, alla fine del
XII secolo, scrive:[102] «Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre
la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di
festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i
dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa
festività, decisero in concilio che la "vera" Natività doveva essere
proclamata in quel giorno.» (Jacob Bar-Salibi) Anche l'allora
cardinale Joseph Ratzinger (poi papa Benedetto XVI) parla della
cristianizzazione della festa antico romana dedicata al sole e agli dei che lo
rappresentavano.[103] Nel 321 fu introdotta la settimana di sette giorni
e fu decretato come giorno di riposo il dies Solis (il "giorno del
Sole", che corrisponde alla nostra domenica). (LA) «Imperator
Constantinus.Omnes iudices urbanaeque plebes et artium officia cunctarum
venerabili die solis quiescant. ruri tamen positi agrorum culturae libere
licenterque inserviant, quoniam frequenter evenit, ut non alio aptius die
frumenta sulcis aut vineae scrobibus commendentur, ne occasione momenti pereat
commoditas caelesti provisione concessa. * Const. A. Helpidio. * <a 321 PP.
V NON. MART. CRISPO II ET CONSTANTINO II CONSS.>» (IT) «Nel venerabile
giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si
lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera
legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si
possa rimandare la mietitura del grano o la cura delle vigne; sia così, per
timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento
opportuno, stabilito dal cielo.» (Codice giustinianeo 3.12.2)
Benché dopo la sconfitta di Licinio il cristianesimo di Costantino trovi sempre
più conferme pubbliche, occorre non dimenticare che: «Mentre egli e sua madre
abbelliscono la Palestina e le grandi città dell'impero di sfarzosissime
chiese, nella nuova Costantinopoli egli fa costruire anche dei templi pagani.
Due di questi, quello della Madre degli dèi e quello dei Dioscuri, possono
essere stati semplici edifici decorativi destinati a contenere le statue
collocatevi come opere d'arte, ma il tempio e la statua di Tyche,
personificazione divinizzata della città, dovevano essere oggetto di un vero e
proprio culto».[104] Probabilmente il progetto politico di Costantino di
tollerare il Cristianesimo, se non frutto di una conversione personale
autentica, nacque dalla presa d'atto del fallimento della persecuzione contro i
cristiani scatenata da Diocleziano. La sconfitta così clamorosa di Diocleziano
aveva dovuto persuadere Costantino che l'Impero aveva bisogno di una nuova base
morale che la religione tradizionale era incapace di offrirgli. Bisognava,
quindi, trasformare la forza potenzialmente disgregante delle comunità
cristiane, dotate di grandi capacità organizzative oltre che di grande
entusiasmo, in una forza di coesione per l'Impero. Questo è il senso profondo della
svolta costantiniana, che finì per chiudere la fase movimentista del
cristianesimo trascendente e aprire quella del cristianesimo politicamente
trionfante. Dal 313 in poi i cristiani furono inseriti sempre di più nei gangli
vitali del potere imperiale. Inoltre, alla Chiesa cristiana, già alimentata
cospicuamente dal flusso delle contribuzioni spontanee dei fedeli, furono
concesse numerose esenzioni e privilegi fiscali, moltiplicandone la ricchezza.
Dopo l'esercito, la Chiesa cristiana grazie a Costantino stava diventando il
secondo pilastro dell'Impero.[105] La leggenda della donazione
costantiniana Secondo una tarda leggenda medievale, Costantino, dopo la
battaglia di Ponte Milvio, fece dono a papa Silvestro I (convinto di essere
stato da lui guarito dalla lebbra), dello splendido Palazzo Laterano (di
proprietà della moglie Fausta), consegnando così al papa romano la città di
Roma e dando avvio, con quell'atto di devoluzione, al potere temporale dei
papi,[106] ma la cosiddetta Donazione di Costantino (nota in latino come
"Constitutum Constantini", ossia "decisione",
"delibera", "editto") è un documento apocrifo conservato in
copia nelle Decretali dello Pseudo-Isidoro (IX secolo) e, come interpolazione,
in alcuni manoscritti del Decretum di Graziano (XII secolo). Nel 1440 il
filologo italiano Lorenzo Valla[107] dimostrò in modo inequivocabile come il
documento fosse un falso. Colonna di Costantino I a Costantinopoli.
Sotto di essa l'imperatore avrebbe posto amuleti pagani e reliquie cristiane a
protezione della città La leggenda della donazione quindi probabilmente voleva
dare un fondatore illustre, il primo imperatore cristiano, al successivo
disegno politico di imporre il Cristianesimo come unica religione ufficiale
dell'impero romano. Tale sviluppo però ebbe luogo solo a partire dall'epoca
tarda, con Graziano e Teodosio quindi verso la fine del IV secolo (391). Dopo
la caduta dell'Impero d'occidente, nel 476, la "donazione" divenne la
base giuridica del Papato per legittimare il proprio potere temporale sulla
città di Roma e la sua indipendenza dall'imperatore. La conversione
Costantino mantenne il titolo di Pontifex Maximus che gli spettava come
imperatore e condusse una politica di mediazione tra i vari culti dell'Impero e
anche tra le diverse correnti del nascente Cristianesimo. Ricevette il
battesimo cristiano solo in punto di morte,[14][108] per mano di un suo
consigliere, il vescovo ariano Eusebio di Nicomedia.[109] Alcuni storici, però,
ritengono che questo racconto possa essere stato tramandato per motivi
politico-religiosi e propagandistici.[110]. Va detto che il battesimo ricevuto
sul letto di morte da catecumeno era un'usanza del tempo, quando non essendo
stato ancora riconosciuto il sacramento della confessione si preferiva
annullare tutti i propri peccati prima della morte, che avveniva così in
albis. Senza escludere l'utilità politica attesa da Costantino
dall'alleanza con la Chiesa cattolica, alcuni documenti risalenti al periodo
dell'Editto di Milano rivelerebbero un avvicinamento dell'imperatore al
cristianesimo ben più marcato di quanto descritto da parte della storiografia,
in una lettera del 314-315 di Costantino a Elafio, suo vicario imperiale in
Africa, si rivolgeva infatti circa lo scisma donatista con queste parole[111]:
«… non sarò mai soddisfatto né mi aspetterò prosperità e felicità dal potere
misericordioso dell'Onnipotente fino a quando non sentirò che tutti gli uomini
offrono al Santissimo la retta adorazione della religione cattolica in una
comune fratellanza…» solo dieci anni più tardi scriveva a Sapore II re di
Persia con medesimi accenti[112]: «…Io sarò soddisfatto solo quando vedrò che
tutti pregheranno, con fraterna concordia d'intenti, nell'autentico culto della
Chiesa universale…» ciò farebbe pensare che il battesimo venne
amministrato in punto di morte a Nicomedia solo come termine di un lungo
processo di conversione che non fu estraneo a contaminazioni con ambienti
dell'arianesimo, nella cui fede fu battezzato. Tali contaminazioni gli
costarono la mancata canonizzazione cattolica (per la Chiesa cattolica,
coerentemente, la santificazione spetta solo a coloro che sono stati battezzati
secondo le norme cattoliche) e gli concessero l'inserimento ufficiale solo tra
i santi ortodossi; accadde diversamente per la madre Elena, che si commemora il
18 di agosto, il cui battesimo fu invece celebrato in osservanza di tale
liturgia. Fu dunque l'adesione all'arianesimo negli ultimi anni della sua vita,
quelli successivi alla partenza per la nuova Costantinopoli, a indurre la Chiesa
di Roma a prenderne le distanze; ciò avvenne attraverso la riscrittura
agiografica della vita, da parte di papa Silvestro I (314–335) così come
descritta negli Actus Silvestri.[113]. Non è altresì da escludere che
sulla conversione di Costantino abbiano influito in modo determinante gli
eventi succedutisi dagli inizi del IV secolo con la constatazione del
fallimento delle persecuzioni del 303 e l'editto di Galerio del 311 che tentava
di far rientrare la religione cristiana nell'alveo di tutte le altre religioni
ammesse nell'impero, che tradiva il timore dell'universalismo del cristianesimo
che metteva a rischio le istituzioni romane basate sulle differenze
etniche[114]. Dal papiro di Londra numero 878, che contiene una parte di
un editto del 324, e da un'attenta riconsiderazione storica pare che Costantino
fosse animato da "un effettivo accostamento al sentimento
cristiano"[115]. Che sia stato per convinzione personale o per
calcolo politico, Costantino appoggiò comunque la religione cristiana
soprattutto dopo l'eliminazione di Licinio nel 324, costruendo basiliche a
Roma, Gerusalemme e nella stessa Costantinopoli; conferì alle chiese il diritto
di ricevere beni in eredità e quelle maggiori furono dotate di vaste proprietà;
diede ai vescovi vari privilegi e poteri giudiziari, quali quello di essere
giudicati da loro pari ponendo le basi al principio relativo al vescovo di Roma
del prima sedes a nemine iudicatur; concesse gli episcopalis audientia. Fu in
epoca costantiniana inoltre, una volta identificata la Chiesa secondo la
definizione paolina di Corpus Mysticum e ritenuta capace di ricevere donazioni
ed eredità, che ebbe luogo il concetto, prima sconosciuto nella legislazione
romana, di persona giuridica nella successiva legislazione[116]. Il
riformatore cristiano Lo stesso argomento in dettaglio: Concilio di Nicea
I. L'icona di San Costantino nel Castello di Lari (Toscana), opera
realizzata per i 1700 anni dell'editto di Milano del 313 La politica di
Costantino mirava a creare una base salda per il potere imperiale sull'assioma
che c'era un unico vero dio, una sola fede e quindi un unico legittimo
imperatore. Nella stessa religione cristiana per questo motivo era dunque
importantissima l'unità: Costantino fu promotore, pur non essendo battezzato,
di diversi concili, per risolvere le questioni teologiche che dividevano la
Chiesa. In tali concili presenziò come pontifex maximus dei romani o
"vescovo di quanti sono fuori della chiesa". Il primo fu quello
convocato ad Arelate (primo concilio di Arles), in Francia nel 314, che
confermò una sentenza emessa da una commissione di vescovi a Roma, che aveva
condannato l'eresia donatista, intransigente nei confronti di tutti i cristiani
che si erano piegati alla persecuzione dioclezianea: in particolare si trattava
del rifiuto di riconoscere come vescovo di Cartagine Cipriano, il quale era
stato consacrato da un vescovo che aveva consegnato i libri sacri. Ancora
nel 325, convocò a Nicea il primo concilio ecumenico, che lui stesso inaugurò,
per risolvere la questione dell'eresia ariana: Ario, un prete alessandrino
sosteneva che il Figlio non era della stessa "sostanza" del padre, ma
il concilio ne condannò le tesi, proclamando l'omousia, ossia la medesima
natura del Padre e del Figlio. Il concilio di Tiro del 335 condannerà tuttavia
Atanasio, vescovo di Alessandria, il più accanito oppositore di Ario,
soprattutto a causa delle accuse politiche che gli vennero rivolte.
L'imperatore fece costruire numerose chiese cristiane, tra cui le basiliche del
Santo Sepolcro a Gerusalemme, la basilica di Mamre e la basilica della Natività
a Betlemme. A Roma eleva la basilica del Laterano e la prima basilica di San
Pietro. Per la sua sepoltura decise di non farsi seppellire nel mausoleo dove
era già la madre a Roma, ma si fece costruire un mausoleo a Costantinopoli
vicino o all'interno della chiesa dei Santi Apostoli, tra le reliquie di questi
ultimi, che cercò di radunare. Eusebio di Cesarea narra che Costantino fu
munifico e ornò gli edifici di oro, marmi, colonne, e splendidi arredi.
Purtroppo nessuna delle basiliche originali di Costantino si è conservata fino
ai giorni nostri, salvo pochi resti di fondazioni. In tutto l'impero, i templi
pagani, salvo poche eccezioni, non vennero riconvertiti in chiese, ma
abbandonati, perché inadatti al nuovo culto che richiedeva la presenza di
numerosi fedeli all'interno. I culti pagani invece si svolgevano all'aperto,
con la cella del tempio riservata al dio. Vi fu quindi la riconversione ad uso
religioso di un particolare tipo di edificio romano, la basilica civile.
Culto Anche se divenuto cristiano, alla morte Costantino venne divinizzato
(divus), per decreto del senato, con la cerimonia pagana dell'apoteosi, come
era consuetudine per gli imperatori romani. Costantino, nonostante avesse iniziato
a costruire un grandioso mausoleo di famiglia a Roma, lo lasciò a sua madre (il
cd. Mausoleo di Elena) e volle essere sepolto a Costantinopoli, nella Chiesa
dei Santi Apostoli, divenendo così il primo imperatore a essere sepolto in una
chiesa cristiana. Costantino è considerato santo dalla Chiesa ortodossa,
che secondo il Sinassario Costantinopolitano lo celebra il 21 maggio assieme
alla madre Elena. La santità di Costantino non è riconosciuta dalla
Chiesa cattolica (infatti non è riportato nel Martirologio Romano), che
tuttavia celebra sua madre[117] il 18 agosto. A livello locale il culto
di san Costantino è comunque autorizzato anche nelle chiese di rito
romano-latino. In Sardegna, per esempio, la festa del santo (nella tradizione
religiosa sarda) ricorre il 7 luglio. Il 23 aprile invece, viene festeggiato a
Siamaggiore, in provincia di Oristano, l'unico paese dell'isola in cui
Costantino Magno Imperatore ne è anche il patrono. Nell'isola esistono due
santuari principali dedicati all'imperatore: uno si trova a Sedilo, nel centro
geografico dell'isola, in provincia di Oristano, dove il 6 e 7 luglio di ogni
anno si corre l'Ardia, una sfrenata e spettacolare corsa a cavallo di origine
bizantina che rievoca la vittoria del 312 a Ponte Milvio; l'altro è a Pozzomaggiore,
in provincia di Sassari. Altre attestazioni minori si hanno in vari luoghi
della Sicilia; l'ultimo sabato di luglio, a Capri Leone, paese in provincia di
Messina, si festeggia la festività in suo onore, dove per devozione paesana
egli è divenuto Santo Patrono. Suggestiva la processione serale, con il
simulacro di Costantino Imperatore portato a spalla dai fedeli.
Titolatura imperiale Lo stesso argomento in dettaglio: Monetazione
tetrarchica e Monetazione di Costantino e dei Costantinidi. Titolatura imperiale Numero di volte Datazione evento Tribunicia potestas 33 volte:[118][119] la prima volta il 25 luglio del 306, la seconda il 10
dicembre del 306, la terza nel settembre del 307, la quarta il 10 dicembre del
307 e poi annualmente ogni 10 dicembre fino al 337 (anno in cui non assunse
l'iterazione perché premorì il 22 maggio).[118][119] Consolato 8 volte:[118] nel 307 (I), 312 (II), 313 (III), 315 (IV), 319 (V), 320
(VI), 326 (VII), 329 (VIII). Salutatio imperatoria 32 volte:[118] la prima nel 306 quando fu proclamato Caesar, poi nel 307 (2°
e 3°), 308 (4°), poi rinnovata ogni anno dal luglio del 309 fino al luglio del
336.[118] Titoli vittoriosi Germanicus maximus IV (nel 307, 308, 314 circa e
328-329;[5][6][7][8][9]); Sarmaticus maximus III[6] (317/319,[10] 323[5] e
334[5]);[7][8][9] Gothicus maximus II (328 o 329 e 332[5][6][7][9]); Dacicus
maximus (336[5][6]); Adiabenicus (ante 315[9]); Arabicus maximus (tra il 315 e
il 319[10]); Armeniacus maximus (tra il 315 e il 319[10]); Britannicus maximus
(ante 315[9][10]); Medicus maximus (ante 315[9][10]); Persicus maximus (nel
312/313,[12] ante 315[9]). Altri titoli Caesar (dal 306 al 308), Filius Augustorum (dal 308 al
310)[120] e Augustus (dal 310 al 337);[118] Pius, Felix, Pontifex Maximus (dal
306);[118] Invictus, Pater Patriae, Proconsul dal 310;[121] Maximus dal
312;[2][118] Victor (in sostituzione di Invictus) dal 324;[118][122]
Triumphator (titolo aggiunto tra il 328 ed il 332).[4] Località italiane in cui
è attestato il culto a San Costantino imperatore Calabria Calabria,
Provincia di Vibo Valentia, San Costantino Calabro Calabria, Provincia di Vibo Valentia,
Briatico, San Costantino di Briatico (frazione) Lucania Basilicata,
Provincia di Potenza, San Costantino Albanese Basilicata, Provincia di Potenza,
Rivello, San Costantino (frazione) Sardegna Sardegna, Provincia di
Oristano, Siamaggiore, Parrocchiale di San Costantino Magno Imperatore
Sardegna, Provincia di Oristano, Sedilo, Santuario di Santu Antinu Sardegna,
Provincia di Sassari, Pozzomaggiore, Chiesa di San Costantino (Pozzomaggiore)
Toscana Toscana, Provincia di Pisa, Casciana Terme Lari, Castello dei
Vicari a Lari Toscana, Provincia di Pisa, Casciana Terme Lari, Santuario di San
Martino in Petraja a Casciana Terme Trentino-Alto Adige Trentino-Alto
Adige, comune di Fiè allo Sciliar, frazione di San Costantino/St. Konstantin,
Chiesa di San Costantino Trentino-Alto Adige, comune di Naz-Sciaves, frazione
di Raas, Chiesa dei Santi Egidio e Costantino Note ^ Costantino si attribuì il
titolo Invictus dopo la propria autoproclamazione ad Augusto, nella seconda
metà del 310. Si veda nel merito Thomas Grünewald, Constantinus Maximus
Augustus. Herrschaftspropaganda in der zeitgenössischen Überlieferung,
Stoccarda 1990, pp. 46-61. Il senato di Roma gli accordò questo titolo
dopo la vittoria su Massenzio. Si veda Lattanzio, De mortibus persecutorum XLIV
11-12. ^ Costantino adottò il titolo Victor in sostituzione di Invictus nel
324, dopo la vittoria definitiva su Licinio. Si veda nel merito Thomas
Grünewald, Constantinus Maximus Augustus. Herrschaftspropaganda in der
zeitgenössischen Überlieferung, Stoccarda 1990, pp. 134-144. Costantino
adottò il titolo Triumphator al tempo delle campagne gotiche sul confine
danubiano. Si veda nel merito Thomas Grünewald, Constantinus Maximus Augustus.
Herrschaftspropaganda in der zeitgenössischen Überlieferung, Stoccarda 1990,
pp. 147-150. Timothy Barnes, The victories of Constantine, in Zeitschrift
fur Papyrologie und Epigraphik 20, 1976, pp.149-155. CIL VI, 40776.
CIL VIII, 8477 (p 1920). CIL VIII, 10064. CIL VIII, 23116.
Iscrizione databile al 319 sulla quale troviamo diversi titoli vittoriosi:
«Imperatori Caesari Flavio Constantino Maximo Pio Felici Invicto Augusto
pontifici maximo, Germanico maximo III, Sarmatico maximo Britannico maximo,
Arabico maximo, Medico maximo, Armenico maximo, Gothico maximo, tribunicia potestate
XIIII, imperatori XIII, consuli IIII patri patriae, proconsuli, Flavius
Terentianus vir perfectissimus praeses provinciae Mauretaniae Sitifensis numini
maiestatique eius semper dicatissimus.» (CIL VIII, 8412 (p 1916)) ^
Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta
dell'impero, Roma, 2008, p.53; C.Scarre, Chronicle of the roman emperors, New
York, 1999, p.214. Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 8,
2-4; Giovanni Malalas, Cronografia, XII, p.311, 2-14; IL Alg-1, 3956 (Africa
proconsularis, Tenoukla): Dddominis nnnostris Flavio Valerio Constantino
Germanico Sarmatico Persico et Galerio Maximino Sarmatico Germanico Persico et
Galerio Valerio Invicto (?) Pio Felici Augusto XI. ^ Il giorno e il mese sono
largamente accettati, mentre l'anno è talvolta anticipato al 271 o ritardato al
275 o anche molto più tardi (ad esempio "ca. 280" secondo
l'Enciclopedia Europea della Garzanti del 1977. Fonti WEB citano addirittura il
289.). Il suo biografo ufficiale, Eusebio di Cesarea, dice soltanto che la sua
vita fu approssimativamente lunga il doppio del suo regno, cioè circa 62-63
anni. Purtroppo Eusebio dichiara che il suo regno durò 32 anni (e non 31), in
quanto contava come interi anche gli spezzoni incompleti dell'anno di nascita e
di morte; ciò ha indotto in errore alcuni storici, che anticipano di due anni
la sua nascita. Nel merito si veda inoltre Barnes, The New Empire of Diocletian
and Constantine, pp. 39-42. Sesto Aurelio Vittore, De Caesaribus, 41.16;
Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca, 337, p. 234, 8-10; Eutropio, Breviarium
historiae romanae, X, 8.2; Annales Valesiani, VI, 35; Orosio, Historiae
adversos paganos, VII, 28, 31; Chronicon paschale, p.532, 7-21; Teofane
Confessore, Chronographia A.M. 5828 (testo latino); Michele siriaco, Cronaca,
VII, 3. ^ Il titolo imperiale ufficiale era IMPERATOR CAESAR FLAVIVS
CONSTANTINVS PIVS FELIX INVICTVS AVGVSTVS; dopo il 312 aggiunse MAXIMVS
("il grande") e dopo il 325 sostituì INVICTVS con VICTOR, in quanto
INVICTVS ricordava il culto del Sol Invictus. ^ Costantino I, in Santi, beati e
testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it. ^ Origo Constantini
Imperatoris 2, 2. ^ Barnes, Constantine and Eusebius, 3, 39–42; Elliott,
Christianity of Constantine, 17; Odahl, 15; Pohlsander, "Constantine
I"; Southern, 169, 341. ^ Charles M. Odahl, Constantine and the Christian
empire, London, Routledge, 2001, pp. 40–41, ISBN 978-0-415-17485-5. ^ Ada
Gabucci, Ancient Rome : art, architecture and history, Los Angeles, CA, J. Paul
Getty Museum, 2002, p. 141, ISBN 978-0-89236-656-9. ^ Barnes, Constantine and
Eusebius, 3; Lenski, "Reign of Constantine" (CC), 59–60; Odahl,
16–17. ^ Drijvers, J.W. Helena Augusta: The Mother of Constantine the Great and
the Legend of Her finding the True Cross (Leiden, 1991) 9, 15–17. ^ Barnes,
Constantine and Eusebius, 3; Barnes, New Empire, 39–40; Elliott, Christianity
of Constantine, 17; Lenski, "Reign of Constantine" (CC), 59, 83;
Odahl, 16; Pohlsander, Emperor Constantine, 14. ^ Eleanor H. Tejirian e Reeva
Spector Simon, Conflict, conquest, and conversion two thousand years of
Christian missions in the Middle East, New York, Columbia University Press,
2012, p. 15, ISBN 978-0-231-51109-4. ^ Barnes, The New Empire of Diocletian and
Constantine, pp. 39-42. ^ Epitome de Caesaribus, 41.16 ^ Come convincentemente
dimostrato in A. Alflödi, Constantinus... proverbio vulgari Trachala...
nominatus, in BHAC, 1970, (Bonn 1972) pp. 1-5. Nel merito si veda anche V.
Neri, Le fonti della vita di Costantino nell'Epitome de Caesaribus, in Rivista
storica dell'antichità XVII-XVIII/1987-88, Bologna 1989, p. 255. ^ Lattanzio,
De mortibus persecutorum, 18, 10. ^ Costantino I, Oratio ad sanctorum coetum
16. ^ Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino I, 19. ^ Origo Constantini
Imperatoris 2, 3. Tra il 299 ed il 307 i Tetrarchi iterano il titolo Sarmatico
massimo per quattro volte e ciò ben testimonia l'intenso sforzo bellico profuso
contro tale popolazione barbara. Si veda Barnes, Constantine. Dynasty, Religion
and Power in the Later Roman Empire, pp. 179-180. ^ Lattanzio, De Mortibus
Persecutorum, 18, 8-14; Eutropio X, 2, 1. ^ Lattanzio, De mortibus persecutorum
24, 3-8; Zosimo II, 8, 3. ^ Origo Constantini Imperatoris 2,4; Zonara XII. ^
Epitome de Caesaribus, 41, 3. ^ Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 25, 1-5 ^
Moreau, Lactance. De la mort des persécuteurs, II, p. 346. ^ Lattanzio, De
Mortibus Persecutorum, 26, 1-3; Zosimo II, 9, 2-3. ^ Lattanzio, De Mortibus
Persecutorum, 26, 6-9. ^ Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 26, 10. ^
Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 27, 2-3. ^ Barnes, Constantine. Dynasty,
Religion and Power in the Later Roman Empire, p. 71. ^ Pasqualini, Massimiano
Herculius. Per un'interpretazione della figura e dell'opera, p. 87. ^
Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 28, 1-2. ^ Lattanzio, De Mortibus
Persecutorum, 28, 3-4; Zosimo II, 11, 1. ^ Lattanzio, De Mortibus Persecutorum,
29, 1. ^ Sulle deliberazioni di Carnuntum si veda Roberto, Diocleziano, pp.
247-249. ^ Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 29, 3. ^ Lattanzio, De Mortibus
Persecutorum, 29, 4-7. ^ Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 29, 8. ^
Lattanzio, De Mortibus Persecutorum, 30, 1-6. ^ Lattanzio, De Mortibus
Persecutorum, 32, 5. Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1. ^ Eutropio,
Breviarium historiae romanae, X, 4. ^ Barnes, Constantine and Eusebius, pp.
42–44. ^ Nella pianura tra Rivoli e Pianezza: Vittorio Messori e Giovanni
Cazzullo, Il Mistero di Torino, Milano, Mondadori, 2005, ISBN 88-04-52070-1. p.
212 ^ Zosimo, Storia nuova, II, 26. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 28.
Zosimo, Storia nuova, II, 29. ^ Battesimo di Costantino, su treccani.it. URL
consultato il 21 febbraio 2021. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una
superpotenza, Einaudi, 2004. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 30. Zosimo,
Storia nuova, II, 33.1. Zosimo, Storia nuova, II, 33.2. Zosimo,
Storia nuova, II, 33.3. ^ Ammiano Marcellino, Storie, XX, 4, 6, 8, 20. ^ Gibbon
(a cura di Saunders), pag. 254-255. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 33.4. ^ Gibbon
(a cura di Saunders), pag. 256-257 ^ Per la traduzione di "comes" con
"ministro" si interpreti: Ita etiam qui sacri Palatii ministeriis ac
officiis praeficiebantur, eorumdem ministeriorum ac officiorum Comites dicti,
ut ex infra observandis constat., cfr. Du Cange, II, 423 Anselmo Baroni,
Cronologia della storia romana dal 235 al 476, p. 1026-1027. ^ Eutropio,
Breviarium historiae romanae, X, 3. Zosimo, Storia nuova, II, 21,
1-3. V.A. Maxfield, L'Europa continentale, pp. 210-213. ^ Anselmo Baroni,
Cronologia della storia romana dal 235 al 476, p. 1029. ^ Flavio Claudio
Giuliano, De Caesaribus, 329c. ^ C.R.Whittaker, Frontiers of the Roman empire.
A social ad economic study, Baltimora & London, 1997, p.202. ^ Zosimo,
Storia nuova, II, 17, 2. Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da
Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p.53. ^ Giovanni Lido, De
magistratibus, II, 10; Zosimo, Storia nuova, II, 33.3. ^ Y.Le Bohec, Armi e
guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008,
p.110 ^ Zosimo, Storia nuova, II, 34.2. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era
una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 142. ^ Più tardi, nel 358, il vescovo
Macedonio fece traslare il sarcofago imperiale nell'attiguo mausoleo del
martyrium di S. Acacio. ^ Chronicon paschale, p.532, 1-21. ^ Bury, p. 12. ^ Chronicon
paschale, p.533, 5-17; Passio Artemii, 8 (8.12-19); Zonara, L'epitome delle
storie, XIII, 4, 25-28. ^ In particolare furono uccisi i fratellastri di
Costantino I, Giulio Costanzo, Nepoziano e Dalmazio, alcuni loro figli, come
Dalmazio Cesare e Annibaliano, e alcuni funzionari, come Optato e Ablabio. ^
Eutropio, Breviarium historiae romanae, X, 9. ^ Zosimo, Storia nuova, ii.40. ^
Burckhardt, Costantino il Grande e i suoi tempi, tr.it. Longanesi 1957, p.521 ^
Ad esempio, Guido Clemente, titolare della cattedra di storia romana
all'università di Firenze, autore di una Guida alla storia romana; Augusto
Fraschetti, docente di storia economica e sociale del mondo antico presso la
Sapienza di Roma, autore de La conversione. Da Roma pagana a Roma cristiana;
Arnaldo Marcone docente di Storia romana all'università di Udine, autore di
Pagano e cristiano. Vita e morte di Costantino; Robin Lane Fox, docente di
Storia antica presso il College di Oxford, autore di Pagani e cristiani; e
molti altri titolati studiosi del mondo antico, come Andrea Alfoldi, Franchi
de' Cavalieri, Norman Baynes, Marta Sordi, Klaus Bringmann. ^ Paul Veyne,
Quando l'Europa è diventata cristiana (312-394), Collezione Storica Garzanti,
Milano, 2008 pp. 64-65 ^ G. Filoramo, La croce e il potere, Mondadori, Milano,
2011, pag. 145 e sgg. ^ E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 31. ^
Il ripudio nel tardo Impero: una costituzione di Teodosio II, su
jus.vitaepensiero.it. ^ Dal Gesù storico al Cristo della fede: la svolta
costantiniana, su homolaicus.com. ^ Costantino e la legislazione antiereticale.
La costruzione della figura dell'eretico ^ Notizie in inglese sulle monete di
Costantino in bronzo con simboli cristiani ^ Apocalisse 1, 10, su La Parola -
La Sacra Bibbia in italiano in Internet. ^ La nascita di Gesù è avvenuta
secondo i vangeli circa quindici mesi dopo l'annuncio a Zaccaria della nascita
del Battista. La collocazione di questo evento nell'ultima settimana di
settembre, in accordo con la tradizione cristiana, è compatibile con le notizie
oggi disponibili sul turno di servizio sacerdotale al tempio della classe
sacerdotale di Abia, alla quale apparteneva Zaccaria. Cfr. Data di nascita di
Gesù ^ da Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries, Yale,
Ramsay MacMullen, 1997, p. 155 ^ La scelta del 25 dicembre per celebrare il
Natale cristiano: dal dies natalis del Sol invictus, espressione del culto
solare di Emesa (e del dio Mitra), alla celebrazione del Cristo, “sole che
sorge”, su gliscritti.it. URL consultato il 3 gennaio 2014. ^ Burckhardt, cit.
(p. 539) ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi,
2004, pp. 157-158. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza,
Einaudi, 2004, p. 156. ^ nella sua opera De falso credita et ementita Constantini
donatione ^ Sozomeno, Historia Ecclesiastica, II,34; Eusebio di Cesarea, Vita
Constantini, IV,61–63; Socrate Scolastico, Historia Ecclesiastica, I,39;
Teodoreto di Cirro, Historia Ecclesiastica, I,30. ^ Girolamo, Chronicon. ^
Alessandro Barbero, Costantino il Vincitore, Salerno, 2016, ISBN
978-88-6973-138-9 ^ In Epistula Constantini ad Aelafium, CSEL, 26, p.206. ^ v.
Antonio Carile in L'imperatore e la Chiesa. Dalla tolleranza (312) alla
supremazia della religione cristiana (380), alle contese per la cattolicità
delle chiese; Enciclopedia Costantiniana (2013), Treccani ^ Gli Actus Silvestri
sono menzionati la prima volta nel Decretum Gelasianum, documento attribuito a
papa Gelasio I (492-496), come affermato in: Marilena Amerise, Il battesimo di
Costantino il Grande. Storia di una scomoda eredità (Hermes Einzelschriften,
95), Franz Steiner Verlag, München 2005, p.93 e ss.; Wilhelm Pohlkamp
Archiviato il 21 aprile 2009 in Internet Archive. aveva identificato nei
manoscritti una versione più antica (A), datata alla fine del IV- inizi del V
secolo, e una versione più recente (B), del tardo V - inizi del VI secolo. ^ v.
A. Carile in L'imperatore e la Chiesa cit. ^ Ranuccio Bianchi Bandinelli e
Mario Torelli, L'arte dell'antichità classica, Etruria-Roma, Utet, Torino 1976,
pag 112. ^ Alberto Perlasca, Il concetto di bene ecclesiastico, pp.50-51. ^
Anche se si pensa che la madre di Costantino propendesse più per la religione
ebraica, tanto da restare delusa alla notizia della conversione al
cristianesimo del figlio (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una
superpotenza, Einaudi, 2004, p. 156). Scarre, p. 214. Thomas
Grünewald, Constantinus Maximus Augustus. Herrschaftspropaganda in der
zeitgenössischen Überlieferung, Stoccarda 1990, pp. 163-172. ^ Galerio attribuì
questo titolo a Costantino e Massimino Daia subito dopo il convegno di
Carnuntum, sostituendolo a quello di Cesare. Si veda nel merito Alexandra
Stefan, Un rang impérial nouveau à l’époque de la quatrième Tétrarchie: Filius
Augustorum. Première partie. Inscriptions révisées: problèmes de titulature
impériale et de chronologie, in Antiquité Tardive 12, 2004, pp. 273-291. ^
Costantino si attribuì il titolo Invictus, e con ogni probabilità anche quello
di Pater Patriae insieme alla carica di Proconsul, dopo la propria
autoproclamazione ad Augusto, nella seconda metà del 310. Si veda nel merito
Thomas Grünewald, Constantinus Maximus Augustus. Herrschaftspropaganda in der
zeitgenössischen Überlieferung, Stoccarda 1990, pp. 46-61. ^ Costantino adottò
il titolo Victor in sostituzione di Invictus dopo la vittoria definitiva su
Licinio. Si veda nel merito Thomas Grünewald, Constantinus Maximus Augustus.
Herrschaftspropaganda in der zeitgenössischen Überlieferung, Stoccarda 1990,
pp. 134-144. Bibliografia Fonti (LA) Ammiano Marcellino, Historiae X.
(testo a fronte in inglese disponibile qui). Aurelio Vittore, De Caesaribus
(versione latina) Consolaria costantinopolitana, s.a. 325. Chronicon paschale.
Costantino I, Oratio ad sanctorum coetum. Epitome de Caesaribus (versione
latina). Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, I-IV, (testo in latino e
traduzione in inglese); Storia ecclesiastica (traduzione in inglese). Eutropio,
Breviarium historiae romanae (testo latino), IX-X . Giordane, De origine
actibusque Getarum; Vedi qui testo latino. Girolamo, Cronaca, versione francese
QUI. Lattanzio, De mortibus persecutorum, XXIV; Vedi qui testo latino. Origo
Constantini Imperatoris; Vedi qui testo latino e traduzione in inglese. Orosio,
Historiarum adversus paganos libri septem, libro 7 Vedi qui testo latino.
Notitia dignitatum, Notitia dignitatum (testo latino) . Panegyrici latini, IV,
VII, IX e XII, QUI il testo latino. Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica,
I. Sozomeno, Historia Ecclesiastica, I. Teodoreto di Cirro, Historia
Ecclesiastica, I. Teofane Confessore, Chronographia (testo latino) . Zonara,
L'epitome delle storie, XIII Vedi qui testo latino. Zosimo, Storia nuova, I-II
traduzione inglese del libro I, QUI. Studi Andreas Alföldi, Costantino tra
paganesimo e cristianesimo, Laterza, Roma-Bari, 1976. Alessandro Barbero,
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und Epigraphik 20, 1976, pp. 149–155. (EN) Timothy Barnes, Constantine and
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(EN) Timothy Barnes, The New Empire of Diocletian and Constantine, Cambridge,
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Diehl, La civiltà bizantina, Garzanti, Milano, 1962. (a cura di) Angela Donati
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Gemma Sena Chiesa, catalogo a cura di Gemma Sena Chiesa, Ed. Mondadori Electa,
Milano 2012, ISBN 978-88-370-9270-2. Filmografia Costantino il Grande del 1961,
regia di Lionello De Felice, con Cornel Wilde, Belinda Lee e Massimo Serato.
Voci correlate Aeroporto Costantino il Grande Niš (Serbia) Antica basilica di
San Pietro in Vaticano Ardia Arco di Costantino Arco di Malborghetto Arte
costantiniana Basilica della Natività Basilica del Santo Sepolcro Basilica
Palatina di Costantino (ad Augusta Treverorum, oggi Treviri) Basilica di
Massenzio (a Roma) Basilica di San Giovanni in Laterano Basilica di San Paolo
fuori le mura Cesaropapismo Colonna di Costantino Monumento a Costantino
Imperatore Donazione di Costantino Flavia Giulia Elena In hoc signo vinces
Monogramma di Cristo Statua colossale di Costantino I Terme di Costantino Ponte
di Costantino (Danubio) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
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Collegamenti esterni Costantino I imperatore, detto il Grande, su Treccani.it –
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monete di Costantino in bronzo, su constantinethegreatcoins.com. Predecessore Imperatore romano Successore Costanzo Cloro (con Galerio) 306 - 337 Costantino II V · D · M Imperatori romani e relative linee di
successione V · D · M Diocleziano Controllo di autorità VIAF (EN) 97746098 · ISNI (EN) 0000 0001 2096 6935
· SBN PUVV453673 · BAV 495/52856 · CERL cnp00945275 · ULAN (EN) 500115703 ·
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