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Friday, February 2, 2024

GRICE E NUMA

PLINIO IL VECCHIO

Cassius Hemina, vetustus auctor annalium, in quarto libro tradit Cneum Terentium scribam in Ianiculo effodisse arcam, in qua Numa, qui Romae regnaverat, sepultus erat. 

Addit etiam in arca repertos esse libros a rege Numa scriptos quingentis et triginta annis ante. 

Fuisse e charta Numae libros Cassius etiam scribit, refertos multis rebus obscuris. 

Cassius etiam tradit libros in arca integros repertos esse magno cum stupore omnium et a scriba senatui portatos esse. 

Quoniam omnes notabant libros, in terra infossos, permansisse integros, Cassius Hemina ipse suam rationem praebebat.

Dicebat enim eos libros in arca sub lapide quadrato positos esse et propter hoc integros mansisse.

Praeterea, quod libri citrati fuerant magna cum cura, tineae illos non tetigerant. 

Tamen, lectis libris, multa scripta inventa sunt de Pythagorica philosophia et propter hoc a praetore ussi sunt. 

Hoc idem tradit Piso quoque in libro primo commentariorum suorum, sed libros septem (="sette") iuris pontificii, totidem Pythagoricos fuisse narrat. 

Valerius Antias autem in opera sua etiam senatus consultum tradit quo eos uri iussum est. 

Cassio Emina, antico autore di annali, nel quarto libro tramanda che lo scrivano Gneo Terenzio avesse disseppellito nel Gianicolo il sarcofago, nel quale Numa, che aveva regnato a Roma, era stato sepolto.  Aggiunge inoltre che nel sarcofago erano stati trovati i libri scritti dal re Numa cinquecentotrenta anni prima.  Cassio scrive anche che i libri di Numa erano di carta, pieni di molte cose misteriose.  Cassio tramanda anche che i libri nel sarcofago fossero stati trovati integri con grande stupore di tutti e che fossero stati portati dallo scrivano al senato.  Poiché tutti notavano che i libri, sepolti sotto terra, erano rimasti integri, Cassio Emina stesso fornisce la sua spiegazione.  Dice, in effetti, che questi libri erano stati posti nel sarcofago sotto una pietra quadrata e per questo erano rimasti integri.  Inoltre, poiché i libri erano stati cosparsi con grande cura di olio di cedro, i tarli non li avevano toccati.  Tuttavia, letti i libri, furono trovati molti scritti sulla filosofia pitagorica e per questo furono bruciati dal pretore.  Questa stessa notizia la tramanda anche Pisone nel primo libro dei suoi commentari ma narra che i sette libri del diritto pontificio fossero stati altrettanto pitagorici.  Valerio di Anzio inoltre nella sua opera tramanda anche la consultazione del senato nella quale fu ordinato che essi fossero bruciati.

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