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OIKT OF THE
DANTE SOCIETY
CAMBRIDGE. MASS.
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IL PENSIERO FILOSOFICO ITALIANO
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RAVENNA
TIPOGRAFIA DI C. ZIRARDINI
1890
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Oliando in questo scorcio del secolo nostra io trovo la
mente acuta e profonda dell' On, BoviOy gigante del moderno
pensiero filosofico italiano ali* Università di ^N^apoli, chiamare
t dimostrare il nostro T)ante il primo dei protestanti e V uU
timo dei cattolici ( Vedi Bovio — Saggio Critico del Diritto
Penale, pag, i2j );
Quando trovo un Ministro italiano della Pubblica h
stru^ione, V On. Voselli, che osa, con %,. Decreto // 7)e-
cemhre iSSp, fondare un laboratorio di psicologia sperimentale
presso V Università di Roma;
Quando vedo il giovine imperatore di Germania Gugliel-
mo IL che annusando la nuova aura e il nuovo sole d' Eu-
ropa e del mondo civile, mira arditamente a Prometeo in-
— 4 —
colume e trovasi novello Fetonte^ nel voler destra e genero-
samente prendere le redini del movimento ascendente, per
non esserne travolto;
Quando infine, e proprio di questi giorni^ rilevo il
primo filosofo d' Inghilterra, il rappresentante attuale del
positivismo filosofico inglese, V illustre Herbert Spencer essere
pervenuto^ nelle sue ultime pubblicazioni sociologiche, alla
conseguenza della collettività della terra;
Quando, dico, in questo secolo che muore, questi quattro
fatti e criteri importantissimi nel mondo del moderno pen-
siero filosofico io considero^ mi sento incoraggiato a superare
e rompere in parte, con la presente pubblicazione ^ quel na-
turale riserbo e quella peritanza, che ^finora m' impose la
coscienza della mia pochezza»
Mi sia adunque concesso e perdonato l'osare che ora
faccio, pubblicando la conferenza circa il pensiero ftlosofteo
italiano da Dante fino ai tempi nostri, che io avea già
apparecchiato, sebbene non potesse poi aver più luogo, in occasione
delle feste dantesche del passato Maggio qui in Ravenna.
Questa mia pubblicazione poi intendo di fare a favore
del primo fondo per il testé costituito Patronato di soc-
corso in vesti e calzature, per gli scolari poveri delle
scuole elementari di questo Comune, specie dei sobborghi, aven-
do potuto nel passato anno scolastico toccare con mano
V impellente hiso ^^^1^f Hi^ll' A r - fi tl^r"ìn-d^i , ^0 i fnm i^ rt d tv La
filosofia patristica invece, o dei Padri della Chiesa, erasi
sviluppata m Oriente da due centri rivali, Alessandria ed
Antiochia.
La patristica, incominciata col Cristianesimo, fissò la
parte dogmatica della cristiana religione , e giunge fino a
S. Agostino , morto il 450 dell' era volgare.
Di S. Agostino è celebre il modo strano d'accordare
assieme nell' uomo il libero arbitrio e la predestinazione ,
mercè la grazia divina.
— 12 —
Ma qui m'accorgo che a meglio dilucidare il nostro
punto di partenza convien pure rif^irci un pochino addie-
tro, per intuire almeno d'un tratto il lungo cammino per-
corso dalla filosofia prima di Dante.
Tutta la filosofia anteriore al mondo cristiano si può
dividere in quattro grandi epoche, i. La filosofia orientale
che ebbe sua culla tra i primi popoli civili, che la storia
ricordi, quali i Fenici, gli Assiri, i Medi e gli Egiziani:
Feticismo in religione. 2. La filosofia italo-greca incomin-
ciata con Pitagora a Cotrone nella Magna Grecia od Italia
meridionale: Sabeismo e metempsicosi in religione. 3. La fi-
losofia greca che conta tre immensi giganti del pensiero ,
luminari di tutte le nazioni e di tutti i tempi, e questi sono
Socrate, Platone ed Aristotele, i quali senza dubbio si pos-
sono considerare siccome primi e più remoti fondatori del*
la civiltà cristiana stessa: Politeismo ed antropomorfismo
in religione. 4. La filosofia romana; ma in quest' epoca
non abbiamo veramente alcuna nuova scuola filosofica di-
v/ersa dalU greca. La filosofia romana non è perciò ori-
ginale, ma pratica, politica, eclettica e giuridica sopra
tutto. Segui in parte la scuola epicurea, ma più e meglio
la scuola stoica di Zenone che poneva il fine (iell'uomo
nell'onestà e nella virtù; di qui la meravigliosa sapienza
della romana giurisprudenza, nobile vanto del mondo ro-
mano. A capo della filosofia romana è posto Cicerone,
celebre oratore e filosofo eclettico per eccellenza: Pantei-
smo e scetticismo in religione.
Parimente quattro sono le principali epoche 4clla fi-
losofia dell' èra cristiana, i. La filosofia patrìstica seguace
in buona parte della filosofia di Platone o della A^cade-
(pia, per quanto poteva condursi al dogma crispano. I p^t
- ij -
dri fissarono dapprima il gran caposaldo della cristiana re-
ligione col dogma della creazione divina fino dal 325 del-
l' èra volgare, nel celebre concilio ecumenico di Nicea,
indetto dall' imperatore Costantino. In quel concilio ed in
altri parecchi stabilirono successivamente i padri della Chie-
sa le basi dogmatiche della cristiana dottrina: Monoteismo
cristiano in religione. 2. La filosofia scolastica o dei Dottori
di scuola, seguaci specialmente d'Aristotele o del Peripato,
principe dei quali S. Tommaso d* Aquino, che mitigò la
teoria della grazia di S. Agostino, onde V apotegma teolo-
gico: Àngustiìius egei Thoma interprete. Ma in questo lungo
periodo, che giunge fino alla Riforma, la filosofia già cir-
coscritta dalla dottrina dogmatica della patristica, è ormai
ancella della teologia; laonde il pensiero filosofico è chiuso
in un ristretto campo trincerato da anatemi. 3. La filosofia
della Riforma religiosa in Germania e del cosi detto Ri-
sorgimento in Italia. É questo periodo il più fecondo di splen-
didi ingegni e di illustri filosofi e pensatori in Italia e
nelle nazioni civili d' Europa. Il pensiero filosofico emanci-
pato dà per reazione la scalata al cielo e giunge trionfante
per evoluzione e per irruzione fino a nostri tempi, sfondan-
do le dogmatiche barriere di Bisanzio. 4. La filosofia del
Rinnovamento sarebbe quella della 4. epoca dell' era cri-
stiana, e sarebbe quella appunto de nostri giorni, divisa
in due campi opposti; cioè dell* affermazione in un nuovo
mondo soprannaturale o nel già posto da una parte, e
della negazione più o meno esplicita dall'altra.
Quest' ultima nel cammino dell' umanità caratterizza
sempre un periodo di transizione a nuove riforme o co-
struzioni. Delineate cosi brevemente le grandi tappe della
filosofia pagana e della filosofia cristiana patristica, noi e i
— 14 —
vedremo ora meglio rischiarato il cammino passando dalla
filosofia scolastica a quella della Riforma e del Risorgi-
mento e quindi alla filosofia odierna del Rinnovamento.
II.
Nella esplicazione della vita dei popoli accade quel-
lo stesso che noi osserviamo nella vita dell'uomo in-
dividuo. Le potenze dell' animo una volta educate un po'
a lungo, pare si sveglino, chiaro appare ciò che innanzi
era oscuro, si ordina nel pensiero quanto si ha imparato,
si ripensano le cose apprese, se ne parla, se ne ragiona
e si passa quindi all'azione con tenace operosità. Cosi
avviene nei popoli quando la civiltà loro e la precedente
educazione sieno giunte a poco a poco alla portata dei
più : questi provano insieme la stessa necessità di pensiero
e la corrispondente esplicazione, ed il moto si propaga
irresistibilmente nelle moltitudini. Tale vigore si palesò
appunto nel popolo italiano, uscito già dalle tenebre del
medio evo e dal paventato finimondo, nel secolo dodice-
simo e giunse al colmo nel secolo decimo terzo in ogni
maniera del vivere civile, nella letteratura e nelle arti,
mentre fioriva la filosofia scolastica. Col secolo decimo terzo
noi siamo all'apice della nostra rinascenza ed alle porte
dell' umanesimo; onde più tardi l' Europa da noi ridesta
trarrà lume ed energia a risveglio ancor maggiore con la
Riforma religiosa e politica. Dante è il principe di questa
nostra rinascenza. La sua filosofia è quella di S. Tom-
maso il Dottore Angelico, autore delle due Somme, una
contro i Gentili e l' altra detta Teologica, sebbene non
ultimata. In queste due Somme si adunano ed ordinano
le dottrine precedenti dei Padri e Dottori, quali special-
— 15 —
•mente Sant' Agostino, Sant'Anselmo, Pier Lombardo, Al-
berto Magno, San Bonaventura e gli altri, con la scorta
di Aristotele. Tutte le opere di Dante, quale sommo lette-
rato, teologo e filosofo, hanno non piccola importanza nel-
la storia della filosofia, procedendo gradatamente dalla
Vita nuova, dalle poche Lettere .scoperte e pubblicate dal
prof. Carlo Witte in Germania verso il primo quarto di
questo secolo, dalla Monarchia^ dall' Eloquio volgare e dal
Convito fino alla Divina Commedia.
La filosofia di S. Tommaso e di Dante si può distin-
guere, come nei precedenti filosofi Socratici, e come in
Cicerone ed in Sant'Agostino, in due parti distinte; Tuna
che sale agli universali, V altra che scende alle conseguen-
ze. Però mentre la prima parte muove dall'esame de' fatti
interiori , Dante in essa non esclude talora il dubbio al-
meno inquisitivo, quale mezzo di ricerca del vero.
Cosi nella 3. cantica al canto 4. del Paradiso, dove
egli si fa guidare da Beatrice , che rappresenta la filosofia
cristiana, e dove con mano maestra tratta profonde tosi
teologiche e filosofiche, egli dice a proposito del nostro
naturale desiderio di sapere:
^Hjdsce a ^uisa di rampollo
tAppiè del vero il dubbio; ed è natura ,
Che al sommo pinge noi di collo in collo.
Quivi Dante , per quanto serrato nella filosofia scola-
stica mancipia della teologia, parrebbe furiere del dubbio
sistematico inquisitivo del Cartesio.
Ma per me dove giunge al colmo la valentia filosofi-
ca ed insieme teologica di Dante i al canto 17. del Para-
diso, dove egli tocca e circoscrive la sempre scottante
questione speculativa e trascendentale dell' umana libertà
— i6 —
e responsabilità conciliata con la predestinazione, nella
prescienza ed onniveggenza divina, mercè le due semplici
quanto stupende terzine, che vi riassumono S. Agostino
e S. Tommaso:
La contiti gen^ia, che fuor del quaderno
Della vostra materia non si stende.
Tutta è dipinta nel cospetto eterno.
Necessità pero quindi non prende.
Se non come dal viso in che si specchia
Nave che per corrente giù discende.
La fede, la religione è per Dante, come per tutti gli
uomini di genio e veramente grandi, una esigenza della
stessa ragione; e questo in lui appare luminosamente al
canto 3. del Purgatonio, là dove dice:
Matto è chi spera che nostra ragione
Tossa trascorrer la infinita via
Che tiene una sustan^^a in tre persone.
State contenti, umana gente^ al quia;
Che se potuto aveste veder tutto,
ihCestier non era portorir Diaria.
Cosi egli ragiona del dogma della Trinità introdotto
nella nostra religione durante T impero di Teodosio i. sul
cadere del secolo 4. La qual Trinità del resto, come è
noto, è una imitazione, un plagio religioso tolto dalle pre-
cedenti religioni orientali, e più specialmente dalla Tri-
murti di Bralima, Visnù e Siva nelle Indie Orientali.
IIL
Avendo fin qui accennato della filosofia teoreticamen-
te scolastica di Dante, consideriamone ora alcun poco la
filosofia pratica e politica.
-17-
Intendimento primario e scopo finale della Divins Com-
media è certamente la Rigenerazione morale, mediante
una grande riforma politica, per la quale nella mente ^1
poeta dovea farsi luogo ad una monarchia nniversale con
un solo Dio, un solo papa preposto al semplice governo
spirituale ed un solo imperatore pel governo civile e po-
litico. Per lui il Guelfismo è disordine necessario, solo Tim-
pero conduce il mondo a virtù , come apparisce datla stessa
sua Monarchia e dal Convito. Nobile utopia d' universa-
lismo questa di Dante, come ben disse l* On. Bovio, la
quale però non cessa di far capolino nella storia. Perciò
quanto Dante è filosofo scolastico, reverente e devoto al
papa, come vicario di Cristo e capo della Chiesa univer-
sale, altrettanto è allo stesso avverso, come principe tem-
porale. E poiché uscendo dalle tenebre del medio evo, la
Chiesa romana avea trovato forse comodo per il proprio
diritto acquisito, di ripetere da Costantino stesso, già sa«-
tificato presso la Chiesa Ortodossa d'Oriente, la donarzione
del dominio temporale; il nostro Dante accetta la tradi-
zione popolare del suo tempo, senza beneficio d'inventario
storico , e riprende sdegnosamente queir imperatore nel
canto 19. dell' Inferno dicendo:
Ahi , Cotitantitty di quanto mal fu matre,
^on la tua conversion, ma quella date
Che da te prese il primo ricco patre,
cioè il papa Silvestro.
Ma qui, come ben avvertì T illustre Bovio, la tradi-
zione popolare, allora forse messa innanzi a meglio rasso-
dare il dominio ten>porale della Chiesa, fa a pugni affatto
con la storia, che più tardi giunse a galla. Ed in vero è
risaputo da tutti che solo nel secolo ottavo comfinciarono
- j8 —
in Roma i pontefici ad emanciparsi dalla soggezione verso
gli Imperatori di Costantinopoli» in seguito al dissidio in-
sorto fra r imperatore Leone Isaurico, detto l'Iconoclasta,
e papa Gregorio II , per il culto delle imagini. È risaputo
che fino allora, come qui rammentò 1* esimio prof. Rava,
gli stessi esarchi di Ravenna , d' ordine dell' Imperatore
d'oriente, poteano opporre il veto all' elezione del pontefice,
che si faceva in Roma dal clero e dal popolo. È parimente
risaputo che, mentre i Longobardi divenuti cattolici ed
italianizzati stavano per unire in un sol regno potente
tutta r Italia, i Carolingi, cioè Carlo Martello, Pipino e
Carlo Magno, invocati dai pontefici contro i Longobardi
stessi costituirono in Italia solo sul cadere dell' 8. secolo
e sul pricinpio del 9. il dominio temporale dei papi. Ed è
appunto contro questo cosi detto Patrimonio di S. Pietro
e contro gli scandali ed i vizii della curia papale, che
tanto tuonò Dante qua e là nella sua Divina Commedia,
servendosi pur talvolta di simjjoli e figure allegoriche con
evidente allusione. E fu per questo che, come opportuna-
mente rammentò V illustre rappresentante di questo Mu-
nicipio Avv. Conte Tulio Corradini nella nobile presenta-
zione al pubblico ravennate dell' On. Bovio, il cardinale
Poggetto, per ordine del papa, ne ricercava qui le ossa
per maledirle e disperderle. Ma questa postuma e frivola
vendetta, contro il noto aforisma della romana giurispru-
denza ptirce sepulto, non potea avere in sé alcuna buona
ragione giustificativa, né anche in tempi posteriori.
In fatti, non il solo Dante ripeteva la massima parte
dei vizii e dei mali d' Italia e della Chiesa dalla corruttela
della curia romana e della corte ponteficia; ma uomini
santissimi altresì prima di lui e con lui insorsero contro
- 19 -
la vita irreligiosa ed il mal costume dei maggiori prelati e
del clero di quei tempi. E primo tra questi va citato il
ravennate S. Pier Damiano, egregio filosofo dello studio di
Ravenna e poi vescovo di Ostia, meritamente a voi rammen-
tato dal suUodato Prof. Rava e daUProf. Regoli; quindi un
S. Bernardo di Chiaravalle, una Santa Caterina da Siena,
lo stesso Petrarca ed altri parecchi; dagli scritti dei quali
chiaro apparisce come non sia il caso di meraviglia alcuna
per tanto meno che di quella potestà ecclesiastica ne disse
il nostro poeta, considerandola nel riguardo civile e politico.
La pazza misura del cardinal Poggetto, non avea quindi om-
bra di giustificazione contro i resti mortali di Dante.
Ed io penso ancora, per gli effetti moraH e psicologici
in me provati dallo studio e dalla lettura della Divina
Commedia fino da studente , che V incremento dato in
tutta Italia, in questa seconda metà del secolo nostro, allo
studio accurato di questo insigne monumento della nostra
letteratura, abbia potentemente contribuito alla emancipa-
zione degli spiriti) e quindi alla stessa unificazione della
patria nostra.
In fatti, con un crescendo di immagini odiose e dì
vibrate riprovazioni il poeta giunge al colmo alla fine del
canto 32. del* Purgatorio, designando la romana curia ed il
papa, quale principe temporale, con termini cosi obbro-
briosi e di tanto vitupero , che io ben mi riguardo dal ri-
petere quivi.
Lo stesso Lutero, io credo, a cui nella rinascenza
Dante preluse, non giunse a tal segno di esecrazione per
il papa e per la curia romana.
Ed ecco perchè io penso ed aflfermo che quel maggiore
culto per la Divina Commedia pia estesamente ci additò la
'^
— lo
vera sede cancrenosa, la vera fonte dei mali d' Italia ripe-
tutamente confermata dalla storia fiiió a nostri tempi, fino
al 1848-49; e ci ridestò meglio lo spirito di nazionalità ed
il desiderio di vedere V Italia nostra ancora una volta co-
munque unita e padrona di sé.
Perciocché come noi vedemmo lo stesso Machiavelli
approvare ed encomiare più tardi il famigerato Valentino
Borgia, perché in lui potea ripromettersene V unificatóre
d* Italia ; Dante pure alla sua volta , pur di vedere la pa-
tria politicamente riunita , non esitava d' invocare all' Italia
per fino un principe straniero , V imperatore Arrigo 7. di
Lussemburgo. E quell'imperatore accattò l'invito dei ghi-
billini e di Dante, ma mori il 13/3 in Toscana a BuoncoU'
vento, avvelenato, dicesi, d'un' ostia sacrata. Cosi sebbene
Dante e poi Machiavelli fossero cresciuti in libero reggi-
mento democratico, non dubitavano di accettare e di prefe-
rire quel principato qualunque che avesse lor dato speran-
za di voler raccogliere in un sol corpo le sparse membra
d' Italia. Ed un tale ammaestramento della nostra storia
non dovea andar più a lungo perduto. Noi abbiamo ve-
duto a' nostri giorni Mazzini e Garibaldi, innanzi al più
alto iaeàle della patria da costituirsi ad unità, sacrificare
in silenzio od apertamente, almeno prò tempore^ al loro no-
bile ideale repubblicano, di cui erano pur stati 1' uno la
mente direttrice e 1' altro il braccio possente.
Dante dunque non é solo altamente benemerito della
patria, quale principe dell'italica letteratura, ma lo é al-
tresì è davvantàggio per averci appresa e divinata la sor-
gente perenne de' nostri danni politici , e per averci inse-
gnato à voler l' Italia tutta unità in un sol corpo ad ogni
costò, additandocene h via col solo additarci il maggiore
— ai —
E poiché dalla nostra rinascenza e quindi da Dante
che solo basta a rappresentamela , quasi tutta V Europa fu
desta più tardi a vita libera e civile , ben sorga qui a Ra-
venna, che ne custodisce le sacre ossa , un degno mau-
soleo e nazionale ed internazionale, un tempio sacro per
noi Italiani, che rapresenti come ben disse il mio collega
ed amico Prof. Regoli a nome del Comitato, il simbolo
della conseguita nostra unità ed indipendenza.
Ed ora per esser breve, o gentili uditori, noi faremo
come vi ho promesso una corsa vertiginosa fino a' tempi
nostri, inseguendo per le sole maggiori vette il pensiero
filosofico italiano.
IV.
Non molto dopo la morte di Dante Alighieri (1321)
la fisolofia scolastica cominciò a dissolversi con Guglielmo
Occam d'Inghilterra, con Michele di Cesena, con Buona
Grazia di Bergamo e con Marsilio di Padova. La rinascen-
za avea avvivato un movimento intellettuale che più
o meno apertamente rifmtava a poco a poco ogni appog-
gio e difesa al dogma. Si cominciò a sostenere che il con-
tenuto della fede non era razionale, ed in appresso si
cominciò a distinguere la verità di fede dalla verità di
ragione. Per ultimo sofisticando si asseriva che in buona
fede ed in buona coscienza si poteva benissimo con la
ragione intendere in un modo, e con la fede credere in
un altro.
Con questo movimento del pensiero filosofico noi
giungiamo fino all' epoca della Riforma o della Prote-
sta in Germania nel secolo XVI. contemporanea al nostro
Risorgimento letterario e scientifico , tra la fine della sco-
lastica e r inizio del moderno pensiero filosofico.
— 22 —
Essen io stato fino allora doppio il giogo delle menti,
il dogma e la scuola, contro quello insorge la Germania,
contro questa V Italia; coli protestando contro Roma pa-
pale , qua rinnovando ed instaurando gli studi classici ed
umani. Aristotele il gran campione del Cristianesimo con
la scolastica, fu tosto proscritto di qua e di là dall' Alpe.
Però gli umanisti d* Italia, mentre si scagliavano pure
contro le istituzioni della Chiesa non meno che contro la
barbarie della scuola, non intaccarono il dogma. L' Italia
contentavasi di rinnovare la scienza, auspici gli stessi pon-
tefici i quali ne reggevano il movimento destramente, da
Nicolò V. (1450 circa) a Leone X. ^^521) che, non ostante
il distacco per lui avvenuto della Germanta dalla Chiesa
romana, diede il suo nome al secolo per la magnificen-
za e per lo splendore del suo pontificato , sebbene cosi
rovinoso alla Chiesa cattolica. Ma se l'Italia rinnovava
la scienza, la Germania rinnovava la coscienza, protestan-
do appunto contro le indulgenze messe a mercimonio,
contro la giustificazione per mezzo delle opere, contro la
costituzione gerarchia della Chiesa ed altro.
La filosofia che con la patristica e la scolastica era
passata dal naturalismo alla teologia, ora incomincia per
r Eurcpa occidentale un processo inverso; dalla teolagia
ritorna al naturalismo.
Le verità di fede e di ragione non più si conciliano
negli intelletti colti, ma si escludono. Non è più permes-
so in buona fede con la mente intendere in modo e con
la religione credere in altro.
In questo stato del pensiero filosofico scoppia in Italia
una fiera controversia sulla natura dell'anima umana,
specialmente nelle università di Padova e di Balogna. Si
- a3 -
impugna da una parte e si difende dall'altra la stessa im-
mortalità deir anima .
Chi formulò e mise in chiaro la presente situazione fu
il mantovano Pietro Pomponazzi o Pomponaccio, nato il
1462 e morto 1524, con una pleiade di seguaci ed opposi-
tori. Il Pomponaccio avea menato gran rumore col libro
de immortalitate anitnae.
Il primo periodo del nostro Risorgimento avea mirato
a scristianeggiare Platone ed Aristotele; il secondo incomin-
cia con Bernardino Telesio di Cosenza a ricostruire, filoso-
fando non più secondo principii teologici né aristorelici, ma
secondo principii propri, accedendo al naturalismo. A questo
secondo periodo appartengono Francesco Patrizzi, Pietro
Ramo, Giordano Bruno e Tommaso Campanella.
Di questi due ultimi almeno, ecco un breve cenno.
Giordano Bruno nacque a Nola il 1548. Questo sven-
turato ingegno, come ormai tutti sanno, fu bruciato vivo
a Roma il 17 febbraic 1600 per aver osato filosofare fran-
camente.
Tolse da Copernico il sistema eliocentrico pel quale
Galileo Galilei più tardi fu pure ammonito, processato, con-
dannato dal Santo Ufficio di Roma, relegato ad Arcetri, e
dicesi fin anco torturato. Ammise inoltre il Nolano nella
astronomia una innumerevole moltitudine di sistemi plane-
tari simili al nostro.
Il perno della sua dottrina filosofica è l'infinità della
natura contro la teoria aristotelica e teologica. Nella spiega-
zione delle comete provò come nel cielo pure sempre qual-
che cosa di nuovo si generi, in contraddizione alla dottrina
d* Aristotele sulla incorruttibilità dei cieli. Ammise inoltre
nel sole dei movimenti di rotazione e di rivoluzione, benché
— «4 —
poco sensìbili; di che il padre Denza, direttore dell'Osser-
vatorio romano e successore del celebre astronomo^ il gesui-
ta padre Secchi, in un manuale intitolato Le *Artnonie dei
Cieliy gli fa merito insigne insieme a Copernico. E questo
fo ed è ancora di grande sorpresa per me, come certo lo
sarà anche per voi, o benigni uditori, considerando da una
parte la più fervente devozione cattolica del padre Denza,
come apparisce luminosamente dalla stessa lettura di quel
libro, e dall' altra la generale alzata di scudi e le tante
pastorali al clero italiano per esecrare dagli altari sotto ogni
aspetto, il nome del Nolano. Ma il padre Denza forse
non avea preveduto, nel pubblicare quel libro, né l'apoteo-
si dei monumento in Campo di Fiore, né il conseguente
putiferio della diffamazione.
Molto sarebbe ancora a dire delle altre filosofiche spe-
culazioni del Bruno, ma la via lunga incalza. Passiamo al
Campanella.
Tommaso Campanella, nato a Stilo in Calabria il 1568
e morto il 1639 a Parigi, fu pure avversario di Aristotele
e seguace del naturalismo di Telesio. Al pari del Bruno
appartenne all'Ordine domenicano; ma fattosi promotore
di una cospirazione contro il pessimo Governo spagnuolo,
fu incarcerato per ben 27 anni, cioè dal 1599 al 1626.
Col Bruno e col Campanella si chiude il nostro Risor-
gimento, e si chiude con lo scetticismo e razionalismo di
Lucilio Vanini, altro filosofo italiano, bruciato vivo a To-
losa di Francia, sotto Taccusa d'ateismo, il 1629. In Ger-
mania invece, ove ernsi iniziato il libero esame con la
nuova Riforma, si diffuse ben presto il misticismo, del qua-
le non sono in vero ammiratore. Ma questo fatto a me
prova della bontà dell'Evangelio e della Cristiana Rteligio-
— 25 —
ne, una volta spoglia e sciolta della infarcita suppel-
lettile cottolica nella parte dogmatica. Noi pure fummo
testimoni di due nuovi dogmi proclamati durante il pon-
teficato dello stesso Pio IX.
V.
La filosofia moderna dell'Europa, continuazione del-
l' epoca che dicemmo della Riforma, incomincia coli' in-
glese Francesco Bacone nato il 1561,6 col francese Car-
tesio o Renato Des Cartes nato il 1596. Entrambi criticano
il passato ponendo nel dubbio il loro criterio di ricerca
filosofica; ma Bacone dubita per giungere al vero ed alla
scienza mediante l* esperienza, Cartesio dubita per raggiun-
gere uguale scopo mediante il puro pensiero. Bacone fonda
il Realismo che continua poi in Inghilterra ed in Francia;
Cartesio fonda l' Idealismo che si trapianta in Olanda ed
in Germania. Il Realismo segue la via dell'induzione, l'Idea-
lismo quella della deduzione.
Cosi restano segnati i due sistemi e i due metodi che
si incontreranno più tardi nella Critica della ragione pura
di Emanuele Kant.
Ciò premesso riguardo al movimento generale della
filosofia moderna europea, noi seguiamo ora il pensiero
italiano in Giambattista Vico. Nato a Napoli il 1668 e morto
il 1744, il Vico nella storia della filosofia merita un po-
sto distinto specialmente per la sua opera d'incontestato va-
lore intitolata: / principii di Scien^^a Nuova. Egli critica il
cogito cartesiano, perchè, dice, nelle ricerche non si muove
dal verOj ma dal certo: il vero è conseguito solo all'ultimo
quale risultato finale del processo logico di ricerca. Il certo
— 26 —
poi non si ottiene nella coscienza singola, ma nel senso
comune.
Per il Vico il fare 6 condizione indispensabile del
sapere, e la sua Scienza Nuova è una storia delle umane
idee.
L'ordine delle idee procede secondo l' ordine delle cose,
e r ordine delle cose umane ebbe per lui il seguente pro-
cesso: Prima le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi,
appresso le città e finalmente le accademie.
Cosi il Vico e lo stesso nostro Galileo Galilei di Pi-
sa (n. 1564 m. 1642) celebre fisico, astronomo, letterato
e filosofo, onore d'Italia e del mondo — di cui ho già fatto
cenno altrove a proposito dell' impostagli abiura, sulla
scoperta scientifica del sistema eliocentrico — integrano e
compiono il metodo induttivo di Francesco Bacone.
Ed ora, o Signori, fino al più grande filosofo moder-
no di Germania Emanuele Kant, nato a Kònisberg il
1724 e morto il 1804, vi sarebbe da enumerare e consi-
derare una lunga serie di sistemi filosofici sorti in Iq-
ghilterra, in Francia ed in Germania, ma per essere brevi
noi li sorvoleremo. Solo su Kant credo necessario soffer-
marci alquanto, essendo esso meritamente considerato
nella filosofia, quale il moderno Aristotele. Egli è V autore,
tra molti altri lavori filosofici, della cosi detta Critica della
ragione pura.
Con quest' opera egli ammette la conoscenza mate-
matica mercè le intuizioni pure, e la conoscenza fisica
mercè i concetti puri, e questo è 1' ufficio positivo della
sua critica; ma chiarisce V impossibilità della conoscenza
metafisica, cioè di oggetti che trascendono il tempo e lo
spazio e sono fuori dell' esperienza, e questo ne è 1' uffi-
— 27 —
ciò negativo. Il suo processo logico è veramente rigoroso
e senza grinze; ma V ufficio negativo suddetto fa tabula
rasa del mondo psicologico e morale; la metafisica cade
interamente demolita, V uomo è ridotto nella più semplice
espressione di misero mortale, terrestre il suo destino . Di
fronte alla sua critica della ragione pura, Kant, che si era
proposto il semplice problema della conoscenza, avea poscia
veduto sfasciarsi ogni umana trascendenza d'oltre tomba;
onde avvisò tosto al bisogno di riparo, e die mano a rico-
struire il demolito, mediante una seconda critica, la Critica
della ragione pratica, in cui si propose il problema della mo-
ralità. In questa il suo celebre imperativo categorico della
legge morale, sciolta per lui d' ogni egoismo, è il seguen-
te: Opera in modo che la massima della tua volontà pos-
sa valere come principio d'una legislazione universale.
Cosi nella prima Critica Kant, che si era proposto il pro-
blema della conoscenza, raggiunge un ideale teoretico; e
nella seconda, in cui si era proposto il problema della mo-
ralità, raggiunge un' esigenza, un postulato pratico della
slessa ragione pura; né logicamente parlando, può essere
tacciato d' Incoerenza nelle due Critiche.
Ma, come ognun vede, l'edificio della ragione pratica
pur troppo mal si regge sui ruderi arenosi lasciatile a
fondamento dal tremendo conquasso della Critica della
ragione pura. Questo filosofare, a mio debole giudizio, fa
degno riscontro alla dissoluzione della Scolastica, quando
in essa era permesso pensare ed intendere in un modo, e
credere e governarsi in un altro, per salvare capra e ca-
voli; cioè per salvare allora la ragione e la fede, ed ora
per salvare l' esigenza dell' intelletto ed insieme V esigen-
za dell'animo e del sentimento, a tutela della compagine
— as-
sociale. Molto sarebbe a dire di Fichte, Schelling, Hegel,
Herbart, Schopenhauer e d' altri seguaci ed oppositori di
Kant in Germania, ma il tema noi comporta.
VI.
Però trovo necessario di dare un più breve cenno an-
che di Augusto Comte, altro celebre capo-scuola della
moderna filosofia positiva francese; non che di Herbert
Spencer, capo-scuola ancor più celebre del moderno posi-
tivismo inglese; e quindi passeremo senza più ai nostri
ultimi filosofi italiani, per summa capita.
La filosofia positava di Augusto Comte trae lasuadop-
pia origine e dalla scuola fisiologica del Broussais e dalla
socialistica del Saint-Simon , di cui fu prima collaboratore.
Nacque il Comte a Montpellier il 1798 e mori il 1857.
Staccossi dalle dottrine sansimoniane, con la mira di
promuovere una riforma sociale. Il suo positivismo si fon-
da sulla famosa legge de' tre stati dell' uomo, cioè dello
stato teologico, metafisico e positivo^ seguendo il cammi-
no deir umanità dalle selve alle accademie.
Prima in fatti di conoscere il legame degli effetti
fisici tra loro, niente vi ebbe di più naturale ne' tempi
eroici , che di supporli prodotti da esseri intelligenti ,
simili a noi. Tutto ciò che succedeva di. arcano tra gli
uomini, senza che essi vi avessero parte, ebbe il suo Dio.
Questo lo stato teologico.
Passiamo ora al secondo , allo stato metafisico. Quan-
doi filosofi riconobbero V assurdità di queste favole mitolo*
giche, non avendo tuttavia acquistato veri lumi sulla sto-
ria naturale, immaginarono di spiegare le cause dei feno-
meni per via di espressioni astratte, comt essenze e facoltà;
- 39 -
espressioni che intanto rton ispiegavano, nulla e di cui
si ragionava come se fossero state degli esseri, delle nuo-
ve divinità sostituite alle antiche — tali i dogmi.
Ed ora passiamo al terzo, allo stato positivo. L'uomo
per ultimo, osservando V azione meccanica che i corpi hanno
gli uni sugli altri, ne ricavò ben altre ipotesi, che le mate-
matiche assodano per realtà , e V esperienza verifica via
via — tale V umanesimo.
Questa legge dei tre stati, è certo molto specios.a ed
attraente. Bovio la riassume ancor più conciso: Gli Del,
r uomo-Dio , r uomo . Il Comte ne sviluppa V ultimo sta-
to, il positivo, 1' uomo.
Va da sé che egli detesta la teologia e la metefisica
per le quali l'uomo è già passato e passa nei primi due
stati. Bisogna ora giungere alla cognizione positiva con le
scienze positive appunto, quali la Matematica, l'Astronomia,
ìa Fisica, la Chimica, la Biologia e la Sociologia, divisa
in Statica e Dinanlica; di cui la' prima tratta dell' ordine
sociale, dello Stato; l'altra del progresso.
Ed ora diamo uno sguardo al positivismo inglese. Il
più grande rappresentante della filosofia contemporanea in-
glese è certamente Herbert Spencer. Però va notato che il
positivismo inglese è alquanto diverso dal francese.
Il positivismo francese non si propone punto un pro-
blema filosofico^ l'inglese si. Il primo esamina il legame
delle scienze positive sopra accenr.atc, passando dalle più
generali alle più particolari, rispetto al loro oggetto di
studiò, per giungere fino all' oggetto-uomo; il secondo,
l'inglese, esamina nelle scienze stesse l'origine ed il va-
lore della loro conoscenza, e questa trattazione soltanto
è d'indole veramente filosofica.
- 30 —
Inoltre lo Spencer non accetta la legge de* tre stati
surriferita, né la gerarchia delle scienze, perchè egli non
ammette figliazione tra scienza e scienza , ma solo una
scambievole influenza. Contro il positivismo del Comte egli
ammette ancora V analisi psicologica ed una causa prima
quale fondamento di ogni religione . Inoltre vuole V attivi-
tà individuale sciolta il più possibile dalla subordinazione
assorbente nella vita sociale, sciolta dal collettivismo e dal-
le pastoie dello Stato, in cui il Comte pone invece la per-
fezione del Governo.
Nella dottrina dello Spencer distinguonsi poi tre ma-
niere di sapere: il saper non unificato, formato dalla più
semplice conoscenza; il saper parzialmente tfliificato, for-
mato dalla scienza; ed il sapere completamente unificato
formato dalla filosofia. Però egli njctte iu dubbio che pos-
sa conseguirsi la perfetta unificazione del sapere: rimarrà
sempre, ci dice, qualche cosa di assolutamente inconoscibile ,
dove si spazierà il sentimento religioso.
n perno poi in cui tutta s' aggira la filosofia dello
Spencer è Tevolazione; che anzi tutto l'universo in lui
evolve, ed ammette nella natura una triplice evoluzione;
organica, supero:ganica ed inorganica. Delle prime due
estesamente egli tratta nella sua Biologia , Psicologia, So-
ciologia e Morale; ed ha solo accennato all'evoluzione i-
norganica nella Astronomia, nella Cosmologia e nella Geo-
logia. Nella teorica dell' evoluzione ha quindi molti punti
di contatto col non meno celebre scienziato naturalista
il suo connazionale Carlo Darwin, circa specialmente le
esigenze della natura organica e superorganica nella sele
zione, mentre afferma n a poter l'uomo, per suo avviso,
concepire e meno conoscere il processo reale delle cose
- 31 -
che si presentano fuori dell'ambito della sua coscienza.
Nello Spencer va inoltre segnalata, in così vasta dot-
trina, una rara modestia: nessuna baldanza dommatica
neir affermare , nessuna nel negare.
VII.
Finalmente eccoci anche a' nostri moderni filosofi .
L'Italia meridionale è sempre stata la parte più fe-
conda d' ingegni speculativi della nostra patria. Questo
fatto è addimostrato dalla storia della filosofia a partire
dai tempi della Magna Grecia con la scuola di Pitagora,
fino ai nostri .
Il clima più dolce, il cielo più sereno, i colli uber-
tosi e ricchi di viti e di agrumi, le mirabili e piacevoli
marine, in fine la vita facile e gaia nei più copiosi beni
di natura, tutto questo forse meglio contribuisce ad ecci-
tare di preferenza in quei nostri connazionali lo spirito del-
le filosofiche ricerche e meditazioni .
Mentre a Napoli insegnva ancora Giambattista Vico,
di cui sopra accennai, nella stessa università professava
filosofia e saliva in gran fama Antonio Genovesi. Egli
nacque a Castiglione di Salerno il 17x2 e mori a Napoi
il 1769. Sebbene naturalmente inclinato alla libera filosofia
il padre lo volle prete, malgrado di lui. Pubblicò molti
lavori filosofici di merito in italiano, sostenendo che una
nazione che non abbia libri di scienza, scritti nella pro-
pria lingua, meglio che civile va chiamata barbara. A que-
sta novità egli teneva anche dalla cattedra, a cui traeva
in folla la città; come pure ad un'altra d'insegnarvi per
primo nel corso di filosofia l'etica e la politica.
Per consiglio di lui Bartolomeo Intieri istituì del prò-
~ }2_
prjO Beli* U::;Ter5:ti d: Xapc*^ ima csneiri Ji comiDcrcìo,
a :;9 .i^.one cbi ri si l^>^^ii^*>^ in hu'::::;© e tì:^3 Ìdss^
Tiia'i c:r j irrita a frid. Q.i^ni: T Inrleri on^nn* d^ re Car-
lo UL che lasse ca::irii2 T>^r r>rirD3 a'.'. 3 si^sso G^^aoresi .
QatHa cvat^ÌTZ fj ina-ogorata il 1754, rem' anni primi
C'^t salisse in tanta faaia il filasofj ed cjonanijstj scozze-
\>^ \tzzno Smiih col sao celebre li^ro d^ccanooiia poSi-
tica, d^l.a quale scienza oggidì s: can>idera padre e fon-
datore.
♦ Studiate il mondo, coltivate le lìngue e le matema-
tiche, pensate un poco meglio agli uomini che alle cose
che sono sopra di noi, lasciate gli arz:i::»go:ì metaà^ici ai
frati *; tali erano i franchi consigli del Genoveo]ì un i;raQ
rumore; ma egli godeva la protezione di Tanacci, cel»rbre
ministro liberale e riformatore, com- tutti sanno.
Però il suo vero pensiero filosofico appare meglio
dalle lettere {amigliari e private, che da* sui lavori ufficia-
li; ì quali non ostante le maggiori precauzioni e la prote-
zione della corte, gli fruturono non piccole molestie. Per
quanto riservato egli prenunziava gii la famosa Critica
Kantiana.
Altro illustre filosofo napoletano fu Gaetano Filangeri,
sebbene morto a soli 58 anni il 17SS.
Ma i' grande riformatore delia filosofia italiana è il ca-
labrese Pasquale Galluppi. Egli nacque a Tropea il 1770 e
mori a Napoli il 1846. Scrisse moltissime opere, di cii le
principali sono: Saggio filosofico sulla critica ddla c^nosctn^ùj
;;li EUnunti di filosofia^ Lettere filosoficbt sulle vicende del-
la filosofia da Cartesio fino a Kant, Legioni di logica e
metafisica» Fisolofia della volontà ecc: senza gli opascoli
sulla libertà di srampa ecc.
Djal ^.82^ CQjfiiin^ì^ il QV*€ggiO; tt^ Gajlwppi ^RjO$mi-
ni , forge ii du(5 primi filosofi italiani della prima metà di
qui^sto secolo. ,
Il Qomis del Galljappi si diffuse in Europa, ed il i&^&,
a proposta del Cousin , fu nominato socio corrispondente
dell'^ Accadjemia disile scienze in Francia,, in concorrenza
dell' Hamiiion ; ed il L841, dietro proposta di Guizot , fu
insignito della croce della legion d'onore. La sua filoso-
fia è dieir esperienza , mediante i rapporti soggettivi 4' iden-
tità e di differenza. Ma quantunque il Galluppi abbia sem-
pre disconosciuto la parentela della sua filosofia con Kant,
vi apparisce l'inftusso del Criticismo. Per questa attinen-
za la dottrina del Galluppi fu combattuta da Vincenzo
de Grazia e da Ottavio Goleccbi , pure meridionali , seb-
bene, almeno per me, un po' parenti del filosofo Camea-
de, vi^) ?.enso m.a.Moniano . Meritano quindi distinta men-
zione ^a^dpjnenico Romagnosi di Salso Maggiore e Mei-
cbi^r^ GÌ0Ì4 dii Pi^c^nza, ambi seguaci in parte più o
meno loptana ^Ua filosofia di Condijilac che insegnò a
Parma per un decennio, e si considera quale capo deUa
scuola sensualista.
Ma accanto al Galluppi per valore filosofico va posto
Aji^?iirigine delle
idee, si jffiQ^Q^^ U problema della conoscenza, ricercando
il ppni(9 4aMe s.eoisibtiUtà ed intelletto si congiungono per
pcodutla. É però dubbio se egli abbia raggiunto il compi-
to pjcapQ&tosi: le sue soluzioni in questa e nelle altre aue
— 54 —
opere farono impegnate dal Gioberti, ingegno non meno
acato.
Dopo il Nuovo Saggio suiderto, si hanno di lai il
RinfUK' amento della niosona italiani, i FnnsiTti della filo-
sofia morale, la S:-W-2 c:*k7S'':::j: iti sistemi relativi al
principio della morale, V ^nt^cpcls^ìjy I-i fi.Ji.yfj (Ul TH*
ritto, la TsL:ck;:j, li Lc^^^a e la Tisssjzs, opera postuma.
Però ia tutte queste pabblicazioai egli tenne d'occhio
dapprima alla Critica Kantiana, poi alla costruzione dialet-
tica dell'Hegel.
È poi risapuco il dissidio insorto, or non è molto,
tra i Rosminiani da una parte e tra ì Tomisti dalP altra
nel clero italiano; dissidio terminato con la vittoria dei
Tomisti, e su cui non si è per
anco pronunciata la serena imparzialità della storia.
Il Gioberti è altamente benemerito della nazione ita-
liana , non meno che della filosofia. Egli merita davvero
on posto d' onore ed un culto d' ammirazione nella mente
; V. V-SP
— 35 -
e nel cuore d' ogni buon italiano , come filosofo politico
e patriota. Chiunque di noi abbia cara la nostra patria ,
deve nutrire in cuore un senso di rispetto e di venerazio-
ne al nome ed alla memoria di tant' uomo.
Vincenzo Gioberti nacque a Torino il i8oi^ di mo-
desta condizione; abbracciò il sacerdozio e fu cappellano
di corte. Esiliato il 1833 per opinioni politiche, visse in
Francia e nel Belgio fino ah 1848. Rimpatriò in gran
trionfo e fu ministro di Carlo Alberto , appena data la
costituzione. Caduta la fortuna d'Italia tornò a Parigi,
dove pubblicò V ultimo suo lavoro di molto polso, T)el
Rinnovamento Civile d' Italia, e poco dopo mòri (1852)
povero e glorioso. Ecco segnate le tappe della sua vita
breve ed immortale ; ma a dire degnamente di lui troppo
qui ora ci vorrebbe , troppo mi sento inferiore al compito.
La filosofia del Gioberti non si limita al problema
della conoscenza come nel Galluppi specialmente, ed an-
cora nel Rosmini.
Essa gira^più largo ^ e campeggia nella politica che
ne è la mira costante , e dalla genesi della conoscenza si
dilata alla genesi delle cose. Là polemica del Gioberti
contro Rosmini si limita a cercare se alla genesi della
nostra conoscenza basti la forma dell' essere ideale. Ne-
gava Gioberti ed affermava Rosmini; solo più tardi quest'ul-
timo parve capacitarsi delle difficoltà del suo formidabile
avversario.
Ma le opere di Gioberti vanno considerate e studiate
nel riguardo "pratico, politico e nazionale anche là dove me-
no traspare questo nobile ideale. Per ampiezza ed acutezza
d' ingegno filosofico sarebbe potuto forse divenire il Pla-
tone o 1* Aristotele d'Italia, ma egli più che al titolo
j
-3«-
di informatore éelk^ filosofia volle ambire a quello' ji
Pater patria.
Egli volle farsi il bailo della Nazione italiana, e ben lo fu.
La vita civile ed intelletiivar dei popoli , come la
vita fisica e morale degli individui , corre per tre distinte
età che sono: la puerizia- , la gioventù e la maturezza o
virilità. Ebbene, le opere del Gioberti in soli dieci anni
circa, dal 1840 al 1850, percorrono T inrero ciclo , destan-
do l' Italia fino a spingerla a resurrezione politica, alla guer-
ra d'indipendenza. Il suo intento fallito materialmente e
temporaneamente nel 1848-49, era già raggiunto moral-
mente , che nel volere d* un popolo mai manca il volere
di Dio.
Le sue opere tutte , verso k fine di quel decennio,
erano divenute la Bibbia degli Italiani da un capo all'altra
d' Italia; ma più spezialmente quelle d' indole pohtica di-
retta, qualt Tkl Primato morale e civik thgli Italiani^ I
Prolegomeni al Primato, Il Gesuita moderno. Il suo ideale
politico era trasfuso nella Nazione, era diventato un
bisogno imperioso universalmente sentito-, ed il suo nome
velava benedetto dalle Alpi al Boeo. Lo st-esso Pio IX.,
sperando di governare il movimento nazionale, benedisse
dapprima all'impresa ed alla guerra d'indipendenza, tra*
scfi^iifato diAa forza irresistibile dell' opinione pubblica in
Italia; riservandosi coi primi rovesci a maledire. Però a
discolpa va notato che il papa allora non era per anco in
fallibile .
Fallifta r impresa nazionale, cadde il favore popolare
del Gioberti, ed alquanto freddamente fu accolta ormai
r tritima sua opera suddetta Del rinnovamento civile d' Ita-
lia del 185 1, un anno prima della sua morte. Ma con
-37-
qaest* opera ponderosa, onde forse rimase fisicamente e-
saorito, egli compie e 'finisce la sua missione politica, per
r Italia, k quale è destinata a sorgere senz'altro ad uni-
tà ed indipendenza.
E qui piacerai, a proposilo di questo VJnnovamento del
Gioberti, riportare il commento e la chiosa che ne fa per
•siiitesi PAusonio ^Franchi ntìlk celebre sua Ultima Critica,
in cui bruscamenre «e solennemente disdice al suo passato
di scettico e razionalista, per ritornare in Cattolicismo con
'S. Tommaso, in quel Cattcdicismo che aveva prima sfolgo-
rato con logica irrefragabile.
Nel Rinnovamento del Gioberti, dice il Franchi, ri-
mane ancora qualche cosa di cattolico e di monarchico ,
ma coperto e soverchiato da dottrine affatto razionalistiche
e democratiche, e continua: « Non è più l' Italia che de-
ve acconciare la sua esistenza al reggimento della Chiesa
e del Principato, ma tocca a loro di adattare i loro isti-
»tuti a servizio d'Italia. Se no, peggio è per loro; che d'ora in-
nanzi nell'ordine teoretico il principio e criterio d'ogni vero
si è la sovranità della ragione, e nell* ordine pratico la re-
gola e misura d' ogni bene si è la sovranità della nazione.
Laonde o la Chiesa si piega a rendere razionale il suo in-
segnamento, ed il principato a rendere nazionale il suo
governo ; e allora troveranno l' una e l' altro in Italia una
èra nuova di potenza. e di gloria. O invece prosegue Tu-
na a deprimere la ragione con credenze da fanciulli, e l'al-
tro ad opprimere la nazione con leggi da barbari; ed al-
lora tutti e due avranno finito di regnare e d' esistere in
Italia. »
Fin qui il commento del Franchi resipiscente.
Ed ecco come, maturata l'educazione .politica del pò-
à
-38-
polo italiano, il Gioberti con franco e libero linguaggio si
rivolge ai rettori della Chiesa e dello Stato per patrocina-
re la causa del popolo stesso, per abilitare V Italia a sor-
gere a libera Nazione.
Possa il suo esempio d' amor indomato per il paese
nativo ispirare sempre la gioventù nostra a nobili e ge-
nerosi sentimenti adeguati; possa il suo esempio vivificare
la presente e le future generazioni italiane.
Tutto ciò, parlando del Gioberti, sia detto natural-
mente senza punto detrarre ai meriti eminenti di tanti
altri nostri pensatori e campioni che più o meno imme-
diatamente contribuirono con lui e. dietro lui alla nostra
unificazione e libertà; pur militando con lo stesso propo-
sito in campo diverso, quali specialm.entc tra i più illustri
Mazzini e Garibaldi.
Cosi, o Signori, restra fin qui alia meglio abbozzato
il nostro Sant' Antonio; ma rimane ancora a dire qualche
cosa della quarta ed ultima epoca della filosofia cristiana,
della filosofia che ho chiamato del Rinnovamento.
Fin qui la parte oggettiva ed accademica: ora la
parte soggettiva o meglio pratica e politica.
Seguitemi per qualche altro tratto, e voi vi scorgerete
un contorno del quadro forse abbastanza originale e più
attraente.
PA.RTE II.
O PRATICA E POLITICA
I.
È ancor dubbio}se V epoca del Rinnovamento filoso-
fico sia ancora incominciata; non crederei lecito né affer-
marlo né negarlo.
— 39 —
■ Egli è però certo che^ dopo tante contraddizioni e
dopo tanto sfacelo morale di sistemi filosofici in alterna
demolizione, è generalmente sentito il bisogno di nuove
costruzioni filosofiche a più razionale soddisfazione delle
esigenze della mente e del cuore.
Tutti i yari sistemi filosofici, che ora tengono il
campo, si possono dividere in due grandi schiere: V una
che prescinde affatto dalla metafiisica, da ogni idea tra-
scendentale e costruisce, per mio avviso, suU' arena, se
pure avvertendo già al lavoro di Sisifo si cura di costrui-
re più oltre: V altra che tende alla riforma della metafi-
sica e vi prova nuove costruzioni; ovvero, come V ostrica
aggrappata allo scoglio, resta immobile nella metafisica
già posta.
In una parola tutta la sequela dei diversi sistemi
filosofici, con tutte le rispettive gradazioni e sfumature,
si può ormai dividere in due campi troppo ben distinti;
r uno dei pensatori credenti, e V altro dei pensatori non
credenti.
I primi sono ispirati e guidati dalla mente e dal
cuore, dalla ragione e dal sentimento; i secondi solo dalla
mente, solo dalla ragione.
Per lo passato trattavasi di credere in un modo
piuttosto che in un altro, di accettare o non accettare
questa o quella parta di religione monoteista o cristiana,
questa o quella parte di metafisica in filosofia. Oggidì la
differenza è ben più marcata: credere o non credere nel
mondo d' oltre tomba, nel mondo dello spirito.
Ma infine anche la dogmatica, sebbene fuori del cam-
po filosofico, non è che una rigida esigenza della stessa
filosofia che aflFerma.
I
I liógmi religlMi fi&ii sodò cìA Iti ^r^du%iòtA simbo-
lica delle afferma'Mtìfl! della filosofia sA 'dio delle «firbe
che rifuggono dalla fredda ^ectìlaiiohe della ràgltitìè, e
s'appassionano fn^e^e della '|)Sedia ^ 'di ^^a'àfò edipee
l' immaginazione ed il ■seflfiiri'ehtft.
Abbattiamo ^ufé 'Ogni tngtiJera 'di - sdpemfeionì e
pregiudizi, di cui iloi ìtiiliìtni e 'ih 'ba^^O'e iti alto^'h^ìtoo
troppo famosi -^ ~i\ito che nulla credehti ! 'Abbassò pure
ogni tnaniera di rozzo "feticismo è 'd'Idolatria; iiia lò^n-
So e francamente sostengo che il berte dell'umanità e
quello stésso del nostro paese, della nòstra -patria, recla-
maiio Vivamente la vittoria, la rii^0^tipunto -per 'la IbrO ^piénfa 'e tollét'ihzla in
questo terreno, divennero pot tanto grattai é'^ot^tì.
— 4^ —
l^a, ^e io tódo -e tWriro assai cdmttwnàévdtè dicro-
ismo dèlta ritirata di Cristoforo Bonàvitto, 4jella filosofia
AHi^òii^to Frtfbctó, non 1' approvò nfè k) -itgìiìtb mai tillo
scolto 4o^^è egli hn riparato. Tb siò per la ikortruifdne
nfdlìa nuòVa Riforma che raccògjtrerà tutte !fe ^nfessioni
d^llà religiótie dfistiafiii, titortiaiido per ^tónto possile
atta primitiva dottrina evacifgelica;, che 46 ravviso più cbn-
faed allo stèsso idéjflc 3' an?vfer-
salisnoR). -Per nife ^i ^égu^ci di Cripto 'llèvonò essfei'e pure
in Cristo tutfti fratelli davvero; altrittfeiiti la ^bubna no
velia é ifrtra itegli effetti prtttiicJi della ^tesjJa sua efnun-
ciaz Iòne, 'fitto 'nella prima sua -tóse, con coi pfocTama
gli 'Ul5mitìi tutti »ti1i 'fóro eguali, tutti 'tra loro fratèlli, tutti
©gUrflmente fi'j^li xli ©fo; Qjafestò 41 Véro GaHttlici^tno
•deir avvehire.
L'ideale cristiano, con Cristo principe del socialismo,
cfeve an
i
— 44 —
rivoluzione sociale con graduali riforme, -per ispontanea
evoluzione. Ecco il nuovo ideale cristiano.
n.
Il Cattolidsmo Vizioso attuale ha per gli Italiani il torto
gmvbsimo, già consegnato nella storia troppe volte ed a
caratteri indelebili, d'aver sempre osteggiato per lunghi se-
coli, cioè fino dal reame longobardo, T unificazione e
r indipendenza della patria -nostra. E ciò a semplice tutela
del dominio temporale, puntellato per ultimo dalla infalli-
bilità pontificia, senza smettere ancora ogni maniera d' osti-
lità al presente stato di cose; in onta -alla vantata Provvi-
denza che per ultimo ci volle uniti e liberi, malgrado il
sedicente Cattolicismo stesso.
Sebbene la retta applicazione della dottrina evangeli-
ca, negli ordin^rmenti sociali dei popoli cristiani, sia pur
troppo ancor di là dal venire , per sé stessa e bene inter-
pretata la religiose cristiana è certamente la religione del-
la civiltà e del progresso.
Considerata ne' suoi effetti pratici, élla può dirsi san-
tissima ed è veramente di sommo confono all' umanità sof-
ferente, nei mali materiali e morali ineluttabili della vita
preseilte.
Cristo còl suo eroico sacrificio pose tra gli uomini la
postuma sanzione e spezzò ed infranse per primo l' orrtbi-
*le catena della schiavitù, sciogliendo un problema sociale
coltro cui emsi -fiaccata tutta la sapienza antica, con a
dapo lo stesso Aristotele.
Ma agli Italiani che vedono piùlà della semplice • buc-
cia e sentono e provano amor di patria, per necessità di
iHMi può -a iftieno di destare, -massime a tempi 'nostri.
un senso, di nausea; e di ripugnanaa il soddisfare catoU^
camente a' doveri religiosi accedendo nella Chiesa ai di-
vini uffici.
— E perchè mai ciò ?
Perchè vi fungono sacerdoti che, in ossec^uio al ponte-
fice non più re, più che della, stessa loro missione religio-
sa, sono preoccupati della loro missione politica, e rim-
piangendo il passato della terra der morti, maledicono più
o meno ecclesiasticamente alla patria unità. -^ Perchè I-
talia, Nazione, Patria, libertà ed unità politica da una
parte, e Cattolicismo e Religione dall' altra, si escludono
per dir poco necessariamente.
Cosi stando le cose, se mai mi fòsse permesso di dir
franco il mio pensiero, per me io credo che^arebbe tem-
po di troncare il dissidio in Italia tra Chiesa e Stato, e
di tagliar corto orni ai da pame del Governo nazionale.
Sarebbe ti^mpo che cessasse la conseguente demolizione
religiosa e odorarle,, la cui responsabilità, per le mondane
nair^ delle somme chiavi, è certo assai maggiore nella Chie-
sa stessa^ a contronto dello Stata Sarebbe tempo in una
parola che gli italiani iniziassero un movimento di ensr-
gica $, decisiva- secessione dal Cattolicismo^ per essew. più
credenti ^ più cristiani nei limiti e nelle misure de^i cti-
stiani e della Germania e dell' Inghilterra e della Svizzera
in parte, non che dell'Olanda e della Danimarca e della
Svezia e della Norvegia e della stessa Russia in Europa,
come ahrave in Oriente ed in America.
Tale secessione può effettuarsi pel bene del popolo e
della Nazione italiana, con quei secerdoti, che non man-
cano, i quali coscienti del divino loro mandato, si spoglia-
no francamente^ e sostenuti dal Governo e dal popolo me-
glio si spoglierebbero, d' ogni veste politica antinazionale,
per occuparsi serena ed esclusivamente della sola loro
missione religiosa.
Cesserebbe cosi in Italia la perenne incompatibilità tra
Cattolicismo e Patriottismo; ed inoltre questo sarebbe il
primo passo alla necessaria fusione di tutti i popoli cristia-
ni, in una sola e comune dottrina dogmatica, di cui noi
avremmo il merito dell' iniziativa.
Ed in vero , non è egli assurdo che i cristiani catto-
lici insegnino e pretendano che Cristo morendo, solamente
per loro abbia meritato il premio della vita celeste, il pre-
mio del Paradiso, luogo di quasi uguaglianza ? Non è egli
assurdo che altrettanto si ascrivano e sostengano per loro
conto i cristiani protestanti^ con pari accanimento; non che
alla loro volta gli stessi cristiani d' oriente greco-ortodossi,
con tutte le divisioni e suddivisioni di questi e di quelli?
Non è ben più logico, civile ed umanitario V aflfer-
mare invece che Cristo meritò^ come volle meritare, il pre-
mio d' una vita tutura ben più felice della vita presente a
tutti indistintamente i suoi seguaci che da Lui prendono
nome, a tutti indistintamente i buoni Cristiani ?
Questa nuova affermazione cristiana è per me tanto
evidente e necessaria che io non dubito che, come i po-
poli cristiani un giorno non lontano s'accorderanno in-
sieme direttamente e fraternamente a comune soddisfa-
zione de' comuni bisogni economici e politici; s' accorde-
ranno altresì direttamente e con razionale unitormità per
soddisfare fraternamente a lor biso^^fni relimoii e cristiani.
E ciò senza ulteriori esclusivismi, fonti d' odii e dissidii
politici bene spesso, senza ulteriori reciproci anatemi che
fanno a' pugni con la progredita civiltà e col buon senso
de' tempi nostri.
— 47 —
La dotrina cristiana in fatti, e precisamente la cat-
tolica viene pur troppo male inférpfetata dal clero che ne
fa una palestra politici in odio segnatamente all' ideale
d'autonomia ed unità degli Italiani. Ed è parimente avver-
sata dal moderno socialismo — non ostante la teoria sociali-
sta collimi eminentemente con la dottrina cristiana stessa e
quasi ne promani — perchè il clero torcendone il senso ed
interpretandola a rovescio, ne fa strumento quasi di polizia
a tutela della proprietà illipiitata e del capitale proprio
ed altrui, contro il precetto cristiano: Quod superest, date
pauperibus. Ma per sé la religione cristiana è immune af-
fatto da queste macchie, onde il clero la rende abborrita.
Tutto questo è cosi chiaro che splende di luce meridiana,
e prova una volte di più il bisogno d'una comune Rifor-
ma tra i popoli civili, la quale purghi e scevri la Religione
Cristiana da queste mende, estranee al patrimonio della fe-
de, come da ogni ulteriore feticismo nel culto.
III.
Ma qui forse da taluni mi si opporrà: Meglio stare o
passare nel campo de' non credenti; meglio attenersi al-
l' umanesimo: basta cristianesimo; basta religione.
Però, dico io, bisogna pure rilevare e misurare per
tempo le serie e gravi conseguenze che fatalmente ci si
affaccerebbero per tal via.
Ed in fatti, levata al popolo la vita dell' anima senza
premio e senza pena in una vita fatara, ogni promessa
d'alleviamento de' suoi travagli e delle sue miserie è de-
risoria e vana. Una volta indotto a rinunciare alla felicità
futura per la felicità presente, il popolo giustamente la
pretenderà di presente. Se la felicità umana consiste tutta
ì
e sola nei beial dì fortuna, nei godimonU 4eli 3^,9^ il po-
polo senz* altro vorr^, ed a ragione, qq^^tj be^ni; ^ vajrrà
per sé 1q ricchezze ch^. appiiuto ^ono fon^ e n^^zso. e con-
dizione di tali beni.
Il popolo ha pure diritto inplpr^ dj, l^VjOraire. q^^lchQ
ora di meno, di guadagnare qualchj^ lira d^ piìi> di ni>in-
giare, di abitare c^ di vestire un po' meno n^jsQramepte; e
su 'questo noi tutti d'accordo, m^ basterà questo a f.irIo
ricco e felice ? E come potr4 lin^it^rQ le ^w aspi.ra;sÌQQÌ, se
non gli resta altra speranza che la felicità della ricchezza,
né altra legge che la soddisfazione dei suoi desideri, né
altro fine che 1' ebbrezza dei piaceri ?
Non. mi par necessario addurre altre considerazioni
e ragionamenti per dimostrare, o benigni uditori, come
in questo campo , tra le diverse condizioni sociali , npn vi
pos^a essere 2\ltrsi equazione possibile, che una liquidazio-
ne universale della civiltà non solo, ma anche della so-
cietà stessa. Del resto il popolo stesso queste cose vede,
misura, intuisce e saggiamente scongiura, se i rettori non
sono da menp.
Per contrario, T istintivo sentimento religioso nel po-
polo, se bene indirizzato^ é il più saldo fondamento d'p|;pi or-
dine sociale, la più alta espressione del i^pado un^anp, la
consacrazione della dignità individuale , la fonte delle virtù
private o pubbliche, V ispiratore de* più granai specifici e
degli stessi eroismi, si particolari che collettivi.
Ecco perché nel nostro dissidio tra Chiesa e S,ta»to,
io penso che commette un vero sacrilegio chi da una fV*
te, per sostenere il dominio temporale, lo f^ elemento
essenziale della religione ,perturbando le cos^cienze; e com?
mette grave imprudenza pure chi dall' altra parte , pier op-
pugnare quel potere, attacca la religione.
-49-
f titìùóM lo Stato ha il diritto >4*ìftéì(Flné il dovere
di tené'^' cónto del sétiiimétiiq fcti^ìósò , hiit è
te defia nióratità é della rèttitààfòé é jptlvàtà ' e pìi^^^^
col diflFonderlq e coj pfoteggérlo"; tìè p\i8 dìsitìtét^sàarsi
decita moralità pùbblica.
Il sentiménto refi^osp, quando Ì forte, pv^fo e bène
applicato, forma la poteìjizà è la grandezza delle nazióni.
Ma ciò cbe pìii lo combatóé é lo stésso divorzio dei-
la Chiesa e del saceMòzio cattolico dal sapere , dal movi-
merito del progresso umano in tutte le parti dello scibile,
ih una parola il divorzio cattolico dall' evoluzione del pen-
siero moderno. Divorzio che, còme accennai, lamentava
già il Griobéiti net Rinnovamento, e che in seguito fino a
noi più s* accrebbe; noa potendo più oltre assoggettarsi
gli studiosi ali* inteftettUalé evirazione. A ìquesto s* aggiun-
ge r accennato a^anhai'^i degli ecclesiastici stéssi, pi& cne
pet glMnteres^ spirìtriali, pei ìnàtèrìali vantàggi dégfi in-
dividui e délìi Casta; non cÉle il lóf'o disconoscere "qùéflo
che è pure nobilissimo sentimento deir animo umai^o^ l'a-
tnof di patriiy pigliaùdo in tutto questo il mal esempio
daH* alto ;
La storia d^ ogni popolo e d* ogni tempo ci aiiUQa,e-
stfà icfae la fede, l'a religione è un bisógno in^vid^aàle e
sociale. Lo stesso Voltaire afferma, dietro il pròprio roTÌ-
tìlo, che se Dio non fbsse, bisognerebbe inventariò. Ma
è altre'sì uiì bisógno individuale e sodiate il progresso ci-
vile, economico e scientifico, anzi un bisognò più imme-
diato e sensibile •
Ora, cótne ognun vedé^ è necessario che le soddis^a-
ziohf d? questi due bisógni, del sentimento e delT^ ihtéllet-
to, per lo meno Dòn si'esdudàiioV Sé la storia ci dice:
Guaì alla Società civile che opprime e distrugge la pro-
pria fede religiosa! essa ci dice pure: Guai a quella so-
cietà religiosa che rinnega il progresso della civiltà ed in-
sulta alle conquiste della scienza!
Per tanto è per il benessere sociale che in Italia tra
Chiesa e Stato vuoisi eliminare ogni dissidio, come ogni
vincolo d'alleanza. Solo richiedonsi libertà, rispetto e tol-
leranza reciproca per ciascuno dei due Istituti, giusta la
formola cavouriana: Libera Chiesa^ in libero Stato. Ma
se non è più possibile uscire dal diuturno dissidio, dal
conflitto attuale e passare alla formola cavouriana; se chi
regge le coscienze, non curando il conseguente sfacelo mo-
rale, non cessa mai di rimpiangere e di imprecare per ri-
vendicazioni che offendono il senso patrio degli Italiani;
io penso che ormai lo Stato à diritto ed insieme dovere
di provvedere ad un tale stato di cose, senza più oltre
disinteressarsene; ha diritto e dovere di provvedere e ri-
parare ormai alla presente demolizione morale e religiosa,
mercè la secessione ricosiruttrice , di cui accennai.
Per tutte le ragioni fin qui addotte, io non esito, co-
me dissi, nella duplice schiera in cui si possono divide-
re i moderni sistemi filosofici, di attenermi alla schiera
dell' a^rmazione ^ alla schiera dei credenti; e precisamen-
te a quella pa,rte di credenti che nella loro affermazione mira-
no ad una nuova Riforma, ad una nuova ricostruzione che in-
sieme abbracci tutti i seguaci della cristiana religione. Co-
si se il mio concetto è in proposito assai ardito, il mio
linguaggio non sarà per questo meno franco. Per me la
parola orale o scritta non è fatta mai per mentire il pen-
siero, né mi piacciono quelle circonlocuzioni e quegli eu-
femismi che lo coprono o peggio lo travisano .
— 5^ —
IV.
Ecco perchè altrove, ne* ftiieì Problemi Sociali^ men-
tre parea venisse a cessare in Italia o per lo meno si mi-
tigasse il conflitto tra Chiesa e Stato; mi sono augurato
in Leone XIII. il ristoratore e riparatore dei danni gravis-
simi recati all'ovile di Cristo, dai troppo superbi ed in-
cauti suoi predecessori omonimi, Leone III. e Leone X.;
onde il distacco da Roma della Chiesa d' oriente col pri*
mo, e la Riforma Protestante nella Chiesa d'occidente
col secondo.
Ma più dotto che sapiente Leone XIII , che di quei
fatali Leoni riunisce addizionalmente gli ordinativi, pare
ormai ne riunisca fatalmente anche gli esiziali difètti.
Tuttavia V ideale di questa fusione , di questo univer-
salismo cristiano , è un bisogno inlperioso dell' età moder-
na , la quale più non tollera privilegi , differenze , mono-
polii ed esclusivismi di alcuna guisa.
Laonde la realizzazione ne avverrà/ io non dubito,
quando i presenti popoli cristiani, insieme meglio affratel-
lati, fra non molto avranno imparato — sui dettami d'u-
na giustizia arbitrale che esclude ogni prepotenza partico-
lare od oligarchica — a comporsi tra loro e per sempli-
ce loro conto le gravi questioni proprie ed iaternazioiuli
non solo economiche, ma anche civili, politiche ed etno-
grafiche , e quindi morali e religiose. E ciò senza intervento
delle rispettive autorità politiche ed ecclesiastiche, e ma-
gari loro malgrado.
Finora la storia ci ha sempre rappresetitati i governi
degli stati e delle nazioni sempre pronti a guerreggiitirsi
materialmente e moralmente, mossi da particolari interest
si di espansione, di conquista e di predominio esterno ^ o
-- ja —
da panicolari e dinastiche nlecessità di equilibrio e di ap
CfnbafUmo int^riiO. Per t«l guisa y^c^mim qu^ sempre
Mila storia y da inccigbi e da sa^tì^ dj private a$9Jl^zioiPii
arbi^ariaoieQite gipc^arsi e n^?ie^^r$i a rey^fildagUo gli iai^-
re^i generali j e I0 stes^jp %vvmm dei popoli e delle na-
zioliL
Ma ormai esultUaio., oaaimiama ed allelajàflio pare»
chfe l'umamt^. sta per uscire di questo brutto circolo vi-
aiojSO di fiinoata tutela in cui i popoli fratelli sono ai^sati
ed avventati a combattersi in :onsciamente gli uni contro
gjyi alt^i, per ]!agk>m e mire particolari . La stioria ci ap.e
ora una b^Ua 9 gloriosa pagina; incomincia quest' airao
una nuota. tea di mtaa^una civiltà cristiana;, i popoli or-
mal s'intendono ffa loro, e dt^ sé provvedono fraterna-
noiite aUe loro Usc^nc.
Così s'^Ttsicinà ormai il .gkncno del nnu) vo Eyas^elìo »
in cui le Nazioni e gU Stati uditi d'Husopa, non pi& te-
ntiti a balk, regéletanao armonica e direttamonte le cose
loro, anch^ senza e contro, i mpetcrvì goverm, finché nan
siénó meglio trab tonnati a base democratica «
0ià nelle due Americhe il reggimento repubblicano,
fi^mdo io^ion viso alla propaganda per la Pace e per V Ar-
JHttxtD Imarnazionale — a cui ormai formalmente aderì-
arcuo ^atà quégli Stati^ in numero di ben diciotto, unici
tnttt iofiieme in> una potentissima lega — h^ ora saggia-
mente resi inuttli tutti i dispendi per la guerra e per gli
eserciti. É ciò sebbene non tutti quegli Stati vadano sem-
pre immuni da qualche interno turbamento* Gii in Eu*
nq)» pure, la propaganda per la Pace e per V Arbitrato ha
pitt»Uàzato in pochi anni. la politica armigera ed aggressi-
va degU Stati pia potenti. Già nella stessa opinione pub-
— 5J —
blica europea si fai strada ognor fìh V ideale ddl* Aclmra-
to, e gli stessi eserciti permanenti vengono nniversaimen*
te considerati quali inndli sanguisughe e vampir delle
stremate nazioni . in onta al reg^pmento monarchico ed «•
rìstocratico. E mentre il nuovo continente di leziose al
vecchio y noi vediamo ora i governi eorcpei — sempre in-
tenti con inauditi sforzi ad accumular armi ed armati per
meglio aggredirsi o difendersi -^ costretti meritamente da
imperioso quanto sovrano volere dei popoli^ a scambiarsi
cortesemente le destre.
La gran pagina della nuova storia, la nuova èraglo»
rìosa è stata inaugurata nei due continenti il primo Ma^o
1890. Tutti i popoli civili del mondo cristiano, nella no»
merosa classe che li rappresenta, cioè negli operai del la-
vero sudato, s'accordano insieme per festeggiare il loro
lavoro in un giorno convenuto, il i. Maggio. Questo gror-
no tutti concorrono per discutere e per regolare insième
ed internazionalmente a tempo e luogo la rispc:tl/a qui-
stione economica, la questione del lavoro, quale primo
avviamento alla graduale soluzione della complessa que-
stione sociale*
Per me è questo un fatto grandissimo, è questo il
gran prodromo, T inizio della nuova èra, in cui i popoli
rappresentati più direttamente nelle classi operaie « gra-
datamente tra loro stabiliranno non solo gli interessi im»
terìali ed economici, ma eziandio gli interessi civili, poli*
tici, emc^rafici, religiosi e morali, come ripeio; taglian-
do fuori e riducendo all' impotenza i Governi ,coi formida*
bili loro eserciti, ormai non più formidabili, ma inutili.
Ed ecco come i popoli affiratellati fonderanno pure in
una sola e più razionale confessione cristiana i aspettivi
— 54 —
bisogni religiosi è morali, come sopra accennai. E ciò in
onta alle attuali diverse confessioni in lotta ed anatema
tra loro, vantando ciascuna per sé il monopolio del vero e
sacro patrimonio della dottrina di Cristo, a mezzo di in-
consulti corifei affatto esclusivisti.
V.
Quind' innanzi i popoli civili meglio educati al giusto
concetto ed all' uso moderato della libertà — il sommo
tra i beni morali individuali e colletti vi, la massima con-
quista della civiltà moderna — imporranno agli stessi go-
vernanti i propri voleri, a semplice soddisfazione dei propri
bisogni. E questo essi faranno per mezzo di imponenti quan-
to misurate dimostrazioni pubbliche, con solenni e popo-
lari imperativi categorici, senza uscire dai limiti legalitari
con atto alcuno di vandalismo o di sedizione, senza torce-
re altrui un capello. Né paia questa un'utopia .
Noi vedemmo testé a Londra, e precisamente la festa
del lavoro , il i. del passato Maggio, uno spettacolo nuo-
vo e quasi incredibile del più equilibrato uso della libertà,
in mezzo ad un immenso popolo di parecchie centinaia di
migliaia di dimostranti. Si é calcolato che tutti quegli o-
perat, con interminabili processioni di migliaia e migliaia
di associazioni, precedute da bandiere e stendardi d'ogni
maniera e gradazione, oltrepassassero il mezzo milione; né
la cifra può sorprendere per chi sappia che Londra conta
circa quattro milioni d'abitanti. Tutte le principali e più
contigue piazze ne rimasero letteralmente stipate, mentre
centinaia di oratori saliti sopra improvvisate tribune, arrin-
gavano ad un tempo in diversi luoghi e da' punti princi-
pali quell'interminabile folla.
J
— 55 —
Ebbene, in mezzo a tanta moltitndine di dimostranti,
tra quali certo chi sa mai quanti allora affamati e digiuni,
niente di sedizioso, ordine perfetto; contenti e paghi qoe»
gli operai che il Governo prendesse atto delle loro doman*
de a soddis&zione dei loro bisogni, votando i loro deside*
rati con immensi urri, e &cendoU alle competenti aatoriti
da apposite commissioni presentare.
Questo solenne esempio di franca concessione di po-
polari libertà da una parte, e di moderato uso delle stesse
dall' altra, quanto non dà di che pensare ed arrossire agli
altri popoli del continente europeo; ed a noi Italiani in par-
ticolare! Quanta distanza di contegno nelle popolari adu-
nanze per noi, troppo nuovi ed inesperti del modico e ret-
to uso della libertà, ma quanta restrizione ancora in alto,
neiraccórdaré e nell* interpretare le stesse libertà statutarie.
Ci pensino a tempo^ ci pensino i paladini delle isti-
tuzioni in Italia al timone dello Stato; che anche il nostro
popolo , come V inglese, ha bisogno di educarsi al sacer^
dozio della libertà.
Pensino che è sempre fresco d'attualità il celebre afo-
risma di Ovidio, in proposito: Nitimur in vetitum semper^
cupimusque negata.
Pensino che accanto alla soppressione ed all'oppressio-
ne germoglia appunto rigogliosa e fiera la reazione, quanto
spontanea e naturale. Certe situazioni vogliono essere fran-
camente affrontate, quando non torni punto corretto il sop*
primerle o lo spostarle.
Coii il popolo Stesso viene poi educato all'onesto uso
della libertà; che se ne sarà tenuto lontano, non . sopra
tanto apprezzarla da valersene rettamente e contenersi al-
l' occorrenza.
j I
Si dÌ3&e e si va ogni giorno diceQ4o q proclatnando
-r^ sfc^it dz cbi mira al potere ^ vi s'aggrappa o tende
a riaggrapparvi^i -n- ch^ la monarchia k il nostro unica
t^Us^na^p,, la sola tavola ^i salv^^^a per la conservazione
delia nostra upità, come lo f^ già per il conseguimento
d^lla nostra um^azione.
E sia purè: io qui uol contesterò; m^. non posso a
tf^nf^ ii const^;i,re che $i f^ prmaii in omaggio alla forma,
troppo fipre9P d^Ua stessa sostanza.
E4 ìa v^rci^ se ci. è proprio necessaria la iorma per la
nostrfi cpesipx^e,, perchè tanta profusione d' armi e di arma-
t;i e di pi^licp deiv^ro per su0òlcQrla? Non sarebbe .g4i
questp in vece un vero compronpt^tterla e minarla?
In fatti.» un biMncio di me:^zo miliardo annuo circa
per U Qu^rra e per la Marina, un ben quattordici milioni
an^ui per la Usta civili^, la n^aggiore in Europa se non
,^rrp, e tuqre le amqynistr^ipai e le liberta stesse statuta^
rie subprdin^te a qi^es^o ^cces$prio di forma; via, non pc^
corre dissimularlo, tutto questo è un lussp da una pa^fte. e
\;i,i;i, sa^ri^cìo 4^11* Altra, che diventano ognor più iiisop-
ports^bili a,Ì popolo italiano; ^ giova in buona fede pro^
clamarlo altamente, perchè sia meglio avvertito T abisso e
P^r tempo provveduto.
Che se si continua alla forma immolare siffattamente
Ut sostanza^ v^gg^^no i nocchieri che un qualche giorno
un' irjrompente volontà 4i popolo ridesto non trovi più lo-
gico di sacrificare la forma stessa alla sostanza» anche sup
.tn^lgca^P ^4 a malincuore. 1\ Brasile \ì informi; che di-
versamente, fatto il loro tempo» anche gli dei conviene se
ne vadaAPi daj mercato degji interpreti e sacerdoti ini^nzi
al popolo una volta compromessi.
- 57 —
Kè giova Taddurte T esempio diegH zhriSV^tiifmt^ùtxh
nestare la mala via; noi dok V'amo seaz'altfo.i^qu»Ubrttre' i
bilanci pubblici coi mezzi e coi bisogni de ll}|l!ili^on^;40bjstanza saVii. e ignardìa^
ghi in vece inribus nnitis.
VI.
Ed anche qui, dove ci vengono ,n\e^o i tpezzi 6nffir
ziari, è proprio il casp di prendere e^snp^pio Itmbo d^ Italia
irredenta; la patria nostra, in un tempo piii niella loa-^
tano, sarà fatalmente quanto pacificamente integr^^ta^ in
tutta la sua pienezza geografica^ ed etnografico» imptrcioc-
che, giova ripeterlo, ciò che una nas^ione, ciò cheati pò*
polo intero vuole, Dio stesso lo vuole sena*a.kro.
Ed ecco come e perchè io vorrei conciliata td solu-
zione del nostro scottante problema economico e militn stra peregrinatliofte,
dopo il lungo e vorticoso viaggio accademica-poUti'., per yli scolari poveri delle Scuole Ele-
mentari dri Gomi'--e di Ravenna.)
k
Mm I.'^i'">';
M
■ ptniiwa niouHco llailano d*
lllllililii
éj .
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