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Monday, August 18, 2025

Grice e Marinelli

 















/% - 

il nome iv " ITILI! „ ATTIUVERSO I SEGOLI 

NOTA DI UN GEOGRAFO. 


PEL 

PROF. G. MARINELLI 




Est locus, Hosperium Graii cognomino cìicunt, 

Terra antiqua, potens armis, atque ubere glehue : 
Oenotri coinè re viri : nane fama minores 
Italiani dixisse dueis de nomine gentem. 

Viro in., A eneid., I, v. 534. 

Italia plura nomina habuit, dieta est 
enim .. Viialia. 

Servius, YIT., 327. 


Non si pnò davvero affermare che presso di noi, Ita¬ 
liani, gli studi toponomastici sieno in gran fiore. 

Dei geografi se n’è occupato di proposito quasi sola¬ 
mente il compianto Malfatti e sempre avendo per obiet¬ 
tivo un campo ristretto e cioè limitato al Trentino ('), 

(1) Malfatti B., Degl’ Idiomi parlati anticamente nel Tren¬ 
tino e dei dialetti odierni In « Giorri. di Filol. romanza », Roma, 
1877; — id. I Castelli Trentini distrutti dai Franchi, Roma, 
1883; — Saggio di toponomastica trentina, in « Annuario degli 
Alpinisti Tridentini » per Vanno 1886-87; Rovereto, 1888. Intor¬ 
no a questo stesso terreno, confr. anche Orsi Paolo, Saggio di to¬ 
ponomastica tridentina ecc., estr. dall’ « Archivio Trentino, t 
Trento, 1885. 






poiché accanto ai suoi posso appena mettere due miei la¬ 
vori nei quali presi in esame la storia e il valore di al¬ 
cuni nomi orografici spettanti alla regione veneta orien¬ 
tale (')• 

Invece accade alquanto più frequentemente d’imbatterci 
in lavoro toponomastici compiuti per opera di filologi o 
di storici o d’archeologi o, in genere, di eruditi ( 2 ). 

(1) Marinelli G., Nomi propri orografici, Alpi Gamiche e 
Giulie. In « Annali del R. Istit. tecn. di Udine dell’ anno 1872, » 
Udine, 1873; — id. Le Alpi Gamiche. Nome, limiti, divisioni 
nulla Storia e nella Scienza, estr. dal « Boll, del Club Alp. it. » 
N. 54, Torino, 1888. 

(2) Tra i filologi, anche prescindendo dall’ Ascoli, il quale o 
incidentalmente o di proposito ha frequentemente trattato di argo¬ 
menti toponomastici e, anche oggidì, corri’ è noto, accarezza il pro¬ 
getto di metter d’ accordo filologi, geografi e stalistici per racco¬ 
gliere tutti i nomi geografici d’Italia, mi permetto di ricordare 
soltanto il nome del Flechia, che ha dato a queste ricerche dei 
contributi veramente preziosi (Gonfr. Flechia G., Di alcune / orme 
de' nomi locali dell’Italia superiore, in « Atti della II. Accad. 
di Scienze» in Torino, 1871; — Nomi locali del Napolitano, 
derivati da gentilizi italici, id., ib., 1874; — Nomi locali dilu¬ 
ita, derivali dal nome delle piante ; id., il)., 1880). 

Meritano pure ricordo i lavori del Rac.ioppi (Storia della de¬ 
nominazione della Basilicata, Roma, 1874; — Paralipomeni 
delta storia della denominazione di Basilicata per « Homun¬ 
culus,» Roma, 1875; — Origini storiche investigate nei nomi 
geografici, Napoli, 1876); —e per quanto concerne le provinole te¬ 
nete quelli del LEicht ( Prima e seconda centuria di canti po¬ 
polari friulani ecc. ; — Terza centuria id., Venezia, Naratovich, 
1 8(37j — Galli Cisalpini e Transalpini nelle nomenclature terri¬ 
toriali; in « Alti del R. Ist. Ven. », 1868; - Nuove indagini sull’e 
denominazioni territoriali friulane ; ivi, 1870), benché i filologi li 
giudichino informali a metodo non rigoroso; del Di Prampero (Saggio 





[3] < 8 ™> 

Ma, nell’assieme, in questo campo l’attività nostra è 
oltremisura modesta o nemmeno da lungi paragonabile a 
quella della maggior parte delle nazioni civili straniere, 
come ognuno può di leggeri convincersi scorrendo le 
rassegne onomatologiche, die 1'Egli, l’autore dei Nomi¬ 
na gengraphica , periodicamente pubblica nel « Geogra- 
phisches Jahrbuch », fondato dal Ideimi e da parecchi anni 
diretto dal Wagner (’). 

Tale povertà di studi di questo ordine si presenta tanto 
più strana, inquantocliè proprio in Italia e fino dal secolo 
XV, per opera del Biondo da Forlì ( 5 ), apparvero i primi 
tentativi di una toponomastica comparativa un po’ vasta, 
mediante l’avvicinamento delle voci geografiche classiche 
con quelle che successivamente erano venute sostituen¬ 
dovi, e, per giunta, le ricerche di questo genere possono 


di un glossario geografico friulano dal VI al XIII secolo; in stessi 
« Atti », 1882); e di Fanne. Pellegrini (Nomi locali di città, 
terre, castelli, borghi, villaggi c casali, ordinati secondo le de¬ 
sinenze, nella provincia, di Belluno, e nei vicini paesi di Pri¬ 
miero, LivinaHongo cd Ampezzo ; in pubblicazioni della R. Depot. 
Veneta di storia patria, Venezia, 1885; Miscellanea, voi. 111). 

(1) Egli I. I., Ueber die gè genio arti gen Standpunkt dar geo- 
grapii. Onomatologic ; in « Geogr. Jahrb. » IX., 1882; Ueber 
die Fortschrittè in der g'eograph. Namvnkunde ; id., X, 1884, 
XII, 1888; XIV? 1890. 

(2) Flavi Bloniu, Italiae illustratac, Libri VII, Veronae, 
Boninus de Boninis, 1482. Per maggiore agio, si può servirsi an¬ 
che della versione italiana dell’ opera, pubblicata sotto il titolo eli 
Roma instaurata et Italia Illustrata di Biondo da Forlì ; trad. 
in buona lingua volgare per Lucio Fauno; In Viriegia, appi esso 
Domenico Giglio, 1558. Biondo da Forlì, vissuto fra il 1388 e il 
1403, fu segretario pontificio sotto quattro papi, e scrisse la Roma 
restaurata nel 1445 e la Italia Illustrata nel 1453. La prima 
edizione di quest’ ultima è del 1474 (Roma). 









( 8I °) [4] 

più die altrove riescire fruttuose per la copia e il pregio 
del materiale accumulato a motivo dell’ avvicendarsi e del 
rincorrersi di nazioni e di civiltà diverse. 

Forse una spiegazione dell’avere sinora ben poco mie¬ 
tuto in questo campo sta nella complessità delle ricerche, 
per le quali potrebbe vantare piena competenza soltanto 
chi fosse ad un tempo fornito di una coltura e di una 
preparazione filologica, storica e geografica. Né va taciuto 
che concorre ad allontanare gli studiosi da tali problemi 
il mal uso che se n’è tatto nel periodo dell’etimologie 
cervellotiche e delle ipotesi avventate o convenzionali 
sulle provenienze etniche italiane, nonché il pericolo, nel 
quale s’incorre di cadere in errori e in fantasie somi¬ 
glianti a quelle o da quelle poco diverse. 

Anche in questo, come nel campo economico e indu¬ 
striale, a quel primo difetto, proveniente da una specia¬ 
lizzazione del lavoro forse soverchia, deve provvedere la 
cooperazione, per cui filologo o storico o geografo che 
uno sia, ha modo di giovarsi degli studi altrui per la parte 
nella quale la sua coltura sia manchevole. A questo se¬ 
condo poi provvede la critica ampia e severa, che anche 
da noi ormai s’è fatta strada e per la quale vien resa 
tosto giustizia delle ipotesi infondate, dei metodi imper¬ 
fetti e delle conclusioni erronee. 

Tali o consimili considerazioni mi .si aggiravano per la 
mente nei mesi decorsi, nei quali, dovendo attendere a 
un’opera geografica sull’Italia e sentendo la necessità di 
premetterle una nota riguardante 1’ origine del suo nome 
a noi caro e le vicende che il suo significato ebbe tra¬ 
verso i secoli, dopo aver cercato molto ed invano, dovetti 
venire nella persuasione che un lavoro complessivo e com¬ 
pleto intorno a tale soggetto non esisteva nelle lettera¬ 
ture straniere e tampoco, il che pare più strano e meno 
perdonabile, nella nostra, anche se esistono cenni e studi 
frammentari riguardanti o la sola sua origine o il valore 
eh’ esso potè assumere in una od in altra epoca storica. 





Per cui, astretto dalla necessità delle cose, credetti di 
dover accingermi io stesso a riempire, come per me si 
poteva, la lacuna lamentata: il che feci in forma sommaria 
e, lo riconosco io pure, incompleta. 

Se tuttavia mi permetto presentarvi oggi la nota che ne 
risultò, a mia giustificazione, posso dichiarare che vi fui 
mosso, anzitutto dall’ interesse e dalla relativa novità del 
soggetto, poscia dal desiderio che questo mio tentativo 
valga ad eccitare altri a trattarlo con quei maggiori mezzi, 
preparazione, tempo ed ampiezza, che il nobile argomento 
veramente esige. 


Pare (‘) e non senza ragione, che il nome d’ Europa 
(la terra del ponente) sia dovuto ai Fenici e provenga 
da una voce hcreb od hi rii) (oscuro, sera, tramonto ), già 


(1) Ortelujs, Thes. gengr., Anversa Piantili, d 587, alla voce Ita¬ 
lia ■ — Cluverius, Italia antiqua, Lugli. Bat., 1624, pag. 1-16; 
Forbiger, Handbuch der Alteri Erdkundc, III. B., Leipzig, Mayer, 
1848, pag. 488; — Pauli, Real-Encyclopàdic, alla voce Italia, 
Stuttgart, 1846, IV. voi.; — Kiepert H., Lehrb. der alien Gcoyra- 
phie, Berlin, Reiraer, 1878, pag. 371. — De-Vit V., 'I otius lati- 
nitalis Onomastico n, Prato, ^1883, T. Ili, alla voce Italia , 
Micai.i, V Italia avanti il Dominio dei Romani, Torino, Pomba, 
1852, voi. I, pag. 61; — Vannucci, Storia dell’Italia antica, 
3. a ed., voi. 1, Milano, Soc. ed. lombarda, 1873, pag. 54 e seg. ; 
-Nissen, Italische Landeskunde, I. B. Land. u. Lente, Berlin, 
Wiedmann, 1883, pag. 58 e seg. ; — Deecke, Die ilalischen Spra- 
chen, in Gròber, Grundriss der roman. Philologic , Strassburg, 
Trubner, 1888; I. B., pag. 337; — Egli, Nomina geographica, 
Leipzig, Brandstetter, 1872, pag. 275, alla voce Italia-, — Heister- 
hergk, Ueber der Namen Italien, Bine hist. Untersuchung, 
Freiburg u. Tubingen, 1881 ; — Ragioppi, Per la storia del nome 
Italia, Nola (Estr. dall’ « Arch. stor. per le prov. Napol. » anno 





r 


( 812 ) [ 6 ] 

ritrovata in iscrizioni assire e sovente osata quale anti¬ 
tesi con apu (aurora, levante) 1’ Asia. Non diversamente 
gli Arabi e i Berberi chiamarono Ma-gherb o Ma-ghréb 
F estremo ponente africano e Algarve ( El-gherb ) F ibe¬ 
rico, e i Coloni degli Stati Uniti Far West l’ameri¬ 
cano. 

Nel modo stesso, almeno nei tempi primitivi, i Greci 
vollero imporre il nome di terra del tramonto, del po¬ 
nente, di Esperia ('fiaicspia) (') a quella penisola, verso 
la quale, alla sera, il sole calava oltre le onde dell’ Adria¬ 
tico e del Jonio. Ma, del pari, la chiamarono Enotria 
(Oivwxpla), la vinifera, a quanto si vuole, dalle viti che, 
anche antichissimamente doveano coronare, abbondanti e 
feraci, i pendìi delle sue terre meridionali ( a ). 

Nè le mancarono altre denominazioni : quelle di Au¬ 
sonia e di Tirrenia e di Opicia e di Japigia e di Satur¬ 
nia e di Apennina e di Chonia e di Argessa e di Ca- 
mesena e altre ancora, più o meno note, più o meno 
fortunate, tramandateci da storici e da geografi, da poeti 


IX, fase. Ili); — Cocchia E., Usatilo nome d’Italia. In quale 
provincia nascesse e come si stendesse al resto della penisola 
(a propos. del libro dell’Heisterbengk cit.) in N. Antologia, 1882, 
pag. 210-230;— Gentile Iginio, Italia, Schizzo etnografico, nella 
strenna II nip. d. Vestaverde, Anno 1. della 2. :i serie, 1884, Mi¬ 
lano, Vallardi. 

(1) Così lo troviamo adoperato intorno a 600 anni av. Cr. da 
un poeta, Stesicoro da Imera. V. in proposito Dionigi d’ Alicar- 
nasso, I, 35; il passo di Virgilio citato in epigrafe, ecc. Più tardi, 
si sa, il nome di Esperia passò alla Spagna; quindi alle isole a 
ponente dell’ Africa (Esperidi). 

(2) « Oenolria dieta est vel a vino optinio quod in Italia na- 
scitur, vel, ut Varrò dicit, ab Oenotrio rege Sabinorum » Servio, 
Aen. I, III. 


[7] (8)3) 

e da glossatori, e che una facile erudizione ci permette¬ 
rebbe di annoverare. 

Ma quello che a tutti s’impose fu il nome d’ Italia 
(’ l-aXix) ('), quantunque non sia ben certo nè da chi sia 

(1) D’ onde i derivati d’’lmXuiryt, Italioti. Discordano 

ancora i dotti sulla etimologia della parola Italia, accordandosi 
soltanto nell’ escluderne la provenienza da un eroe eponimo, da 
quell’ ’lraìii Italo, di cui favoleggiarono t inti e storici e poeti. Però 
chi, come il Bochart, la volle derivare dal caldeo itar, pece , quin¬ 
di Itaria ed Italia dovea essere il paese della pece, forse a mo¬ 
tivo delle foreste di conifere che possedeva (e ancora n’ è esempio 
quella della Sila in Calabria) e che venivano (| sfruttate dai traffi¬ 
canti Fenici ; chi, come il Racioppi, dal sanscritto tala, che può 
significare tanto terra, territorio, suolo, quanto pianta del 
piede e quindi presenta un’analogia coi nomi di Trinacria, tri- 
cuspidale, ed Ichnusa, sandalo, attribuiti (non però tutti concor¬ 
dando nella interpretazione, almeno del nome Trinacria, come si 
può vedere in Heisterbergk, Fragen der gltesten Geschichte 
Siciliens, nei « Berliner Studien fiir class. Philol. u. Archàol. » 
Berlin, 1889 ; in Columba G. M., La grandezza e la posizione 
della Sicilia secondo alcuni geografi greci. In « Boll. d. S. geogr. 
ital. » febbr. 1892, pag. 156; e anche in Cl. Ptol. geogr., ree. C. 
Muller, Parigi, Didot, 1883, Voi. I. par. I, pag. 388) alla Sicilia 
e alla Sardegna per la loro conformazione ; chi, come il Rosa 
( Orig. della civ. Eur., T. I, pag. 206) dal greco AlSalm, fiammeg¬ 
giante, forse a motivo dei molti vulcani, e si potrebbe continuare. 
Ma l’etimologia che ha per sé la maggiore verisimiglianza è quella 
che la mette in relazione colle voci latina vitulus e umbra villa 
torello, vitello, d’onde il e f.tcJA che troviamo in Ellani- 

co da Lesbo (contemporaneo ad Erodoto) e quindi, perduto il di¬ 
gamma ionico, Italo e Italia. La testimonianza stessa di Servio 
e di molti fra gli antichi e più ancora le inscrizioni osche e lati¬ 
ne delle monete coniate durante la guerra Sociale, ci sembrano 
decisive. Se poi la voce radicale, che ricorda il torello, alluda 


(8i4) r«i 

stato per la prima volta adoperato, nè quale parte del 
paese abbia originariamente servito a designare. 

Il comparire eli’ esso fa dapprima negli scritti (fram¬ 
mentariamente conservatici in testi posteriori) di Ippi da 
Reggio e di Antioco da Siracusa (‘), viventi nel IV. 0 e 
V.° secolo a. Cr., fa fede che certamente da tempo al¬ 
quanto più. antico esso deve essere stato in uso, in ispecie 
fra i Greci della penisola e di Sicilia. 

Quanto al suo significato originario, lasciando da banda 
congetture ormai tramontate (e non ne mancano di assai 
bizzarre), a due si possono ridurre quelle che oggidì ten¬ 
gono il posto fra quelle pubblicate dagli scrittori che si sono 
occupati di codesto argomento. E cioè alcuni (Heisterbergk, 
Nissen) son d’avviso che il nome d’Italia, dapprima, abbia 
servito a designare quella punta estrema della penisola 
oggi detta Calabrese, che dallo stretto di Messina si stende 
fino all’ istmo scilletico, cioè fino a quella strozzatura, 
larga appena una trentina di chilometri, che corre fra il 
golfo di S. Eufemia e di Squillace o, come dicevano gli anti¬ 
chi, Lametico o Vibonense o Ipponiate o Terineo (“), e il 
golfo Scilletico o Scillacio. Da tale estremo ed umile lembo 
della penisola nostra quel nome si sarebbe esteso man mano 
sino al fiume Lao (a sud dell' odierna Scalea) sul Tirreno 
e pressoché alle bassure di Sibari sul Jonio, poscia al golfo 
di Poseidonia e al Seie (Silarus) a ponente, e a Taranto 
e alla penisola Salentina a levante, propagandosi, se il 


alla ricchezza del paese in bov-i (eonl'r. Beozia ed Eubea), ovvero 
al Dio Tauro adorato dalle genti che vi ebbero stanza, divinità da 
loro assunta a simbolo etnico, con esempio non raro fra i popoli 
italici (Il ir pini dii lupo, Picenles dal Pico ecc.), è difficile adirsi. 

(1) Muller, Fragm. hist. Graec.il, 13; 1. (praef. 45), 181. 

(2) In molte carte, il golfo Lametico (di S. Eufemia) è desi¬ 
gnato col nome di Napetino, denominazione che sembra una sem¬ 
plice corruzione di quella, proveniente da errore di trascrizione. 




r«i (8i5) 

paragone non sapesse di volgarità, nella guisa stessa di 
una macchia d’olio ( ( ). 

Altri, e ricordo a proposito solamente il Cocchia e il 
Gentile, sottoponendo a novella disamina i primi frammenti 
degli scrittori che lo adoperano, esprimono l’avviso che 
il nome d ’Italia abbia originariamente servito a designa¬ 
re il paese già abitato dagli Enotri e compreso tra i fiu¬ 
mi Seie a nord e Lao a sud, cioè pres,sapoco quel terri¬ 
torio che poscia fu chiamato Lucania. La sua origine si do¬ 
vrebbe quindi rannodare con una o più migrazioni sanni li¬ 
die. La gioventù che la prima vera sacra avea destinato a 
migrare, deve aver importato nelle nuove sedi, il nome, 
derivante dal sacro « vitulus », che la precedeva nella 
marcia, divinità protettrice e simbolo della patria. 

Proveniente perciò da settentrione, colle successive 
conquiste dei Sanniti avrebbe prima raggiunto, quale limite' 
meridionale, quell’istmo scilletico, che di consueto agl’in¬ 
terpreti dei frammenti d’ Antioco Siracusano era apparso 
quale limite settentrionale del territorio da esso signifi- 
ficato primitivamente. Allorché poi i Greci fondarono le 
lor colonie, lungo le costiere meridionali della penisola, 
trovarono diffuso dal Seie allo stretto Siculo quel ramo 
sannita, che ne avea o espulsi o sottomessi Enotri, Ohoni 
e Morgheti, cioè i prisci abitatori, onde per le genti elle¬ 
niche, il nome d’ Italia , ai Sanniti dovuto, prese tanto 
largo significato quanta era la diffusione dei dominatori, 
che ben potevano rappresentare le stirpi italiche in con¬ 
trapposto alle altre e più specialmente rispetto alle elle- 


fi) Pel Nissen (pag. 86) il territorio rappresentato dal nome 
d’Italia si stende : nel 500 a. Cr. su 6600 chq. ; nel 450 su circa 
19300; nel 400 (440) su circa 27500; nel 350 su 55000. Riportia¬ 
mo tali dati, lasciandone all’ autore tutta la responsabilità, tanto più 
eh’ egli determina le superficie su elementi areometrici vecchi e 
poco attendibili. 








( 816 ) C 10 ] 

nìche stesse. E, quasi in dipendenza di questo concetto e 
forse in analogia coll’uso, col quale esso poteva venire 
adoperato in Sicilia, presso i Greci ancora, il nome d’ I- 
talia valse ben presto a designare la penisola in antitesi 
all’ isola. 

Naturalmente, più che di fatti emergenti con piena 
chiarezza, qui si tratta di congetture più o meno plausi¬ 
bili, in ognuna delle quali esiste qualche lato oscuro o 
controverso ; tuttavia confessiamo che a noi la ipotesi del 
Cocchia sembra più della prima conforme a verità, non 
fosse altro perchè con essa riesce facile ed esplicabile il fa¬ 
vore che il nome ben presto acquistò e la rapidità del suo 
propagarsi a settentrione e 1’ aver assunto in volger non 
lungo di tempo un alto e deciso significato politico, nazio¬ 
nale e storico, qual è quello che gli si deve riconoscere 
dopo la guerra sociale. 

Comunque sia del cammino primitivamente compiuto 
dal nome d’ Italia, certo è che fra gli scrittori greci del 
Y.°, del IV." e dei secoli successivi (Erodoto, Tucidide, 
Dionigi d’ Alicarnasso, Aristotile, Platone ecc.) esso ha or¬ 
mai ottenuta piena cittadinanza (il che, senza dubbio, ne 
favorì 1’ uso) sostituendosi un po’ alla volta a quello stes¬ 
so di Magna Grecia, f; \i.z-(àXr\ EXXà:, già antiquato ai 
tempi di Polibio. 

E, oltre alla sua divulgazione fra i Greci e forse più 
efficacemente di essa, valse a propagarlo e a sancirlo la 
lotta che i popoli del mezzogiorno della penisola dovette¬ 
ro sostenere contro Roma, già minacciante e per vincere 
la quale si strinsero assieme colle genti italiche di varie 
stirpi anche le elleniche, fin allora ad esse nemiche. 

Certo è che nei secoli IV." e 111." la macchia dolio se 
allargata e i suoi confini, procedendo lungo le coste, han 
già oltrepassata Poseidonia e d Seie, anzi avanti che scop¬ 
piasse la prima guerra cartaginese, adunque intorno al 
270 a. Cr. (e allora anche con un cerio senso di con¬ 
trapposizione al nome latino), il nome d ’Italia valeva a 




designare tutta la parte della penisola dove regnavano 
coltura greca ed osca, seppure, superati i confini della 
Campania, non avesse fin d’ allora raggiunto il promo¬ 
torio Circeo. Escluso, come meno probabile, questo li¬ 
mite, sempre però, sotto tale denominazione, va intesa 
un’ area di circa 70 mila chq. 

L’ allargamento del suo significato geografico quindi è 
rapidissimo. Nella pace del 241, con cui si chiude la pri¬ 
ma guerra punica, già esso serve a designare tutta la 
parte peninsulare del paese nostro, iorse 130000 chq. ; 
ma col finire della seconda, nel 202, esso ha ormai rag¬ 
giunta la chiostra alpina, vale a dire 'ha assunto supper¬ 
giù (e se ne eccettuiamo le isole) quel significato che oggi 
stesso possiede (*). Allora poteva corrispondere ad un a- 
rea di circa 220000 chq. 

Fin a quell’epoca il significato, talvolta esclusivo, sem¬ 
pre prevalente, della parola Italia sembra essere geogra¬ 
fico. Una perfetta indipendenza dai fatti politici certamente 
il suo procedere non ebbe ; ma, per lo meno, la corri¬ 
spondenza tra il suo valore geografico e politico non ap¬ 
parisce evidente e tanto meno intera. 

Valore nazionale e politico decisamente affermato esso, 
a dir vero, lo assunse nella Icrju sociale, quando, nel 91 
a. Cr., scoppiava contro Roma il «nembo tempestoso dei 


(1) Il medesimo concetto trovasi in Livio, XXI, 35; Polibio, 111, 
54; Cicerone, De proti. cons. 34 in Pison. 81, Philipp. V. 37; 
Pi.inio, 111, 31 ; XII, 5; Herodia.n, Vili, 1, 5; Isidoro Or. XIV, 
8, 18. La comune dei lettori può giovarsi della ediz. italiana di 
Polibio : Le storie di Polibio da Megalopoli volg. dal Dott. .T. Kohen, 
Milano, Sonzogno, 1824, Libro II, XIV pag. 254. Polibio, contempora¬ 
neo degli Scipioni, è il primo testimonio che la parola Italia al¬ 
lora comprendeva tutta la penisola fino alle Alpi. Si badi anche 

alla nota di Servio: « Alpes.secundum Catonem et Pliniuro, 

muri vice, tuebantur Italiani « Servio, Virg. Aon. X, 13. 





(818) [, 2 ] 

confederati italici ribellati, il quale, dopo aver fatto ver¬ 
sare dei veri torrenti di sangue, dovea risolversi nella con¬ 
quista della cittadinanza romana ottenuta per quanti (soci 
latini o italici che fossero) abitavano nella penisola dal Ru¬ 
bicone in giù. Quella guerra fu appunto fatta nel nome 
d 'Italia e Italica venne chiamata Corfìnium, eletta ca¬ 
pitale della lega contro Roma, mentre nelle monete osche 
od umbre e latine allora coniate, accanto ai nomi di VI- 
fELIV e d II ALIA apparve talvolta una bella testa fem¬ 
minile o virile galeata, ma anche tal’altra l’antico e sacro 
I itulus italico in atto di ferire colle acute corna e di cal¬ 
pestare la lupa romana. 

Dal Rubicone sull’Adriatico e, con minore certezza, dal- 
1 Arno sul Tirreno, sulle foci dei quali due fiumi, dopo le 
leggi .Julia e Plauta-Papiria dell’89, si posavano i f/'nes della 
Italia politica, non dovea passar molto tempo prima che 
essi venissero trasportati alle Alpi. Al concetto della ro¬ 
manità era andato sostituendosi quello di un corpo politico 
più ampio, avente comuni molti interessi e molte aspira¬ 
zioni: ormai, per affinità di schiatta e per necessità di cose, 
assuefatto ad intendere e a parlare la lingua del Lazio: cir¬ 
coscritto da confini naturali, che, oltre che da termini, va¬ 
levano da barriere militari. Ed ecco che apparisce quale un 
fatto logico la legge Poscia, colla quale, T 11 marzo del 
49, ( esare, e ne avea le sue buoni ragioni, estendeva la cit¬ 
tadinanza romana a tutta la Gallia cisalpina. Forse però 
i confini di codesta Italia politica, allora coincidente 
pressapoco colla geografica, non furon fissati in modo 
stabile prima del 42, cioè quando, dopo Filippi, Ottaviano 
ed Antonio s’accordarono di segnarli poco lungi dal Varo 
presso Nizza, a ponente, e al Fornitone, oggi Risano, un 
fiumicello che sfocia nel golfo di Trieste, appena a N. di 
Capodistria, a levante : confine questo, per vero dire, pre¬ 
cario, poi che qualche anno appresso, probabilmente nel 27 
(vale a dire all’epoca in cui Augusto divise l’Italia in XI 
legioni) e, ad ogni modo, prima del 12 a. Cr., esso ve- 




C 13 ] (819)i 

niva trasportato, quanto al ponente, al Varo, e quanto al 
levante, all’ Armi, oggi Arsa, cioè al golfo del Quarnero, 
dove l’Arsa appunto sbocca ('). 

A voler esser giusti, si deve però riconoscere come, 
neanche in quell’epoca, i confini politici dell’Italia posas¬ 
sero proprio sui vertici delle Alpi, nò coincidessero colla 
linea di spartiacque, e si possono, ancora sotto Augusto 
e dopo, annoverare alcuni cantoni alpini o subalpini, che 
si reggevano con forme di provincia o militari ( 1 2 ). Tut¬ 
tavia, nell’ assieme, quant’ era vasto il bel paese a mez¬ 
zodì delle Alpi, politicamente e geograficamente allora si 
considerava Italia., come ben* apparisce in forma succinta 
e significativa dalla esclamazione che Plinio, il vecchio eru¬ 
dito geografo, finita la enumerazione particolareggiata dei 
popoli alpini, e quasi a compendio della descrizione della pa¬ 
tria, pronuncia : — Haec est Italia diis sacra, hae gentes 
eius, haec oppicla populorum ! ( 3 ). 


(1) Oltre le fonti prima menzionate, confi. Sentissi, I,'Istria 
sino ad Augusto, Trieste, Hermanstorfer, 1882, pag. 308 e seg. 

(2) Ad esempio quello dei Triumpilini, abitami la vai Trompia, 
con la città di Brixia (Brescia) ; quello dei Camunni , abitanti la 
vai Camouica superiormente al lago d’Iseo, con la città di Bercjo- 
mum (Bergamo); quello dei Salassi, che occupavano la vai d’ Aosta, 
con la città di Eporedia (Ivrea). Anche dopo l’assoggettamento 
completo dei popoli alpini, conservarono forme di governo parzial¬ 
mente militari, i cantoni delle Alpe Marittime, Cozie (con Segusia, 
Susa, e sotto un principe indigeno, Cozzio) e Graie. Cnfr. Mommsen, 
Le Provincie Romane da Cesare a Diocleziano, trad. di E. De 
Ruggero, Voi. I, Roma, Pasqualucci, 1887, pag. 21 e seg. 

(3) Alcune delle quali (Liguria, Emilia, Tuscia, Campania, Cala¬ 
bria, Umbria, Puglia) inalterate nei nomi e (salvo la Liguria e la Ca¬ 
labria, delle quali la prima restrinse ed alterò grandemente il suo 
significato, 1 altra lo mutò affatto, dalla penisola Salentina passando 
a designare quella dei Brusi) talvolta anche nel valore e nei con- 






( 820 ) [ 14 ] 

Ma, nemmeno allora si consideravano Italia, nè la Si¬ 
cilia, nè le altre isole, le quali ben dovettero attendere 
il 286 d. Cr., se non forse il rimaneggiamento dell’ Im¬ 
pero compiuto da Dioclesiano e la sua nuova circoscrizio¬ 
ne amministrativa e politica, vale a dire l'anno 292, per 
avere un pieno pareggiamento nei diritti col rimanente 
della patria nostra. 

Fu appunto in quest’ ultimo anno eh’ esse concorsero 
colle altre parti della penisola a costituire la diocesi d’I¬ 
talia, parte della prefettura d’Italia ( 1 ). 

La divisione dell’ Italia in regioni, già compiuta da Au¬ 
gusto, e la creazione della diocesi d’Italia, fatta da Dio¬ 
cleziano, improntate ad un fine politico amministrativo, 
ebbero azione pure a dare una certa stabilità e determi¬ 
natezza anche al significato geografico della parola Italia 
e a quello delle sue stesse partizioni ( 2 ). 


lini, rimasero attraverso ai tempi e corrispondono persino a taluni 
fra gli attuali compartimenti italiani. 

(1) La prefettura d’Italia (Italiciana), con sede a Milano, 
abbracciava tre diocesi ; l’ Italia, l’ Illirio occidentale e 1’ Africa 
e poteva considerarsi estesa circa 1 milione di chq. La diocesi 
d’Italia, che abbracciava, come asserimmo, anche le isole, varcava 
a settentrione, notevolmente, i limiti naturali, comprendendo la pro¬ 
vincia della Raetia e cosi toccando al Reno e al Danubio. Fra questi 
confini si va poco lungi dal vero, assegnando a tale diocesi circa 
390000 chq. d’ area. Avvertasi che, fra i trattatelli geografici dei 
bassi tempi alcuni escludono le isole dall’ Italia, altri le annettono. 
Vedi in proposito Riese, Geographi latini minores, Heilbronn, Ilen- 
ninger, 1878. Abbiamo omesso di tener conto di un’altra divisione, 
esistente nel 286 d. Cr., allorquando 1’ Italia era divisa in regio- 
nes suburbicaria (Roma colle isole) e regio annonaria. Questa 
ultima, con sede a Milano, era la regione d’ Italia e si stendeva 
dal Danubio alla Macra e poi fino a Jesi. 

(2) Fu d’allora, cioè sotto l’impero, che il nome d ’ Italicus, 






[ 15 ] ( 821 ) 

Poi che, da quell’epoca, avverrà benissimo che, col 
nome A'Italia, si designi, almeno sotto iì rispetto politico, 
una parte solamente della patria nostra, la penisola, ad 
esempio, in contrapposto alle isole, ovvero anche un tratto 
della penisola stessa in contrapposto ad altri ; ma il con¬ 
cetto generale dei limiti territoriali e, mi permetto di 
dirlo, nazionali d’Italia è fissato, e se, per un momento, 
accenna ad alterarsi, torna tosto ad affermarsi nella sua 
interezza, nelle frasi dei cronisti come nei versi dei poeti, 
eco delle classiche tradizioni e riflesso forse della coscienza 
popolare immanente ( 4 ). 

Non è il caso di seguire passo passo la storia di tal 
nome attraterso i periodi fortunosissimi che seguirono la 
caduta dell’ impero romano. Ma gioverà avvertire, per 
dire di alcuni soltanto e dei maggiori, come per Paolo 
Diacono ( 2 ), lo storico dei Longobardi, per l’Anonimo Ra- 


in contrapposto a provinciali s, cominciò a venir in onore, anzi, 
dopo estesa la cittadinanza romana a tutto l’impero, esso prese la 
mano su quello di Romanus. Presso i Greci dei bassi tempi allora 
il nome d’ ’l T rA,^T-n-. Italiota (già adoperato per Greco d’Italia) 
diventò sinonimo di '1’upaC?;, Romano (es. Appiano Aless.) e più 
1 tardi ancora (per es. in Giov. Maiala, che viveva nel 690?) il nome 
d’iva/.l-:, sostantivato 4 'IzaXiì, viene adoperato in genere per abi¬ 
tante dell’ Europa occidentale. Cnfr. Sophocles A., Greek Lexi¬ 
con of thè romau and bgzantin peviod, from B. C. 146 to a. 
D. 1100 ; New York, 1888, alla voce È noto invece che 

presso i geografi arabi è la parola Rum, Romano, che equivale 
a Italiano e a Occidentale, ma anche talora a Greco e Bizantino. 

(1) Cnfr. in proposito Berretta, fìissertatio Chorographica 
de Italia meda Aevi in Muratori, Script, rerum ilal. 1727, voi. X 
e Rotando, Geografia politica e corografia della Italia Impe¬ 
riale nei sec. IX e X., in Arch. stor. it. Serie IV, T. V, Firen¬ 
ze, Cellini, 1880. 

(2) Bauli, Hist. Langob. in Mon. Germ. Hist., Libr. Il, § 15, 




(« 22 ) [l6] 

vennate e pel suo imitatore, frate Guido (*), che vive¬ 
vano nell’epoca più oscura del medio Evo, come per 
Brunetto Latini ( 2 ), il maestro di Dante, e pel Petrarca, 
che ne videro e ne segnarono lo splendido risorgimento, 
V Italia « finée .... au joug des montaignes qui sont 


pag. 81 e seg, laddove enumera le 18 provinole d’Italia, com¬ 
prendendovi la Raetia 4. a et 2.“, la Sicilia, Corsica et Sardinia. 
•L’ Appendix l. a (stesso voi. pag. 188) che contiene il Calalogus 
provinciarum Italiae, posteriore certamente al Diacono, omette le 
due Rcetiae, ma vi comprende le tre isole citate. Paolo fioriva sulla 
line del sec. Vili. 

(1) Ravennatis Anonimi cosmographia et Guidonis Geogra- 
phica, ed. M. Pinder et G. Partiiey, Berolini, Nicolai, 1860, pag. 
246 e seg. 452 e seg. L’ Anon. Rav. spetta probabilmente al VI) 
sec. Guido frate gli è eerlamente posteriore, forse di qualche se-* 
colo. L'anonimo considera la Sicilia separatamente dall’ Italia. Guido 
però ora (p. 494) sembra accettare la divisione di Paolo Diacono, 
ora no (pag. 503). 

(2) Li Livre dou Tresor par Brunetto Latini, pubi, par 
P. Chabaille, Paris, imprim. imper., 1863, pag. 162. Il Latini 
annette senz’ altro la Sicilia all’ Italia, però avverte che « entro 
Secille et Ytaille si a i petit braz de mer emmi, qui est appelez 
Far de Messine, por quoi li plusor dient que Secille n’ est pas en 
Ytaille, ainz est un pais par soi. » —• Che il Latini avesse vera¬ 
mente il concetto della patria italiana, pressoché quale ebbero il 
suo scolare 1’ Allighieri, il Petrarca e il Boccaccio, risulta anche 
ria altri passi del suo Tresor. Cnfr., ad es. il capo XG. Comment 
l’Empire de Rome revint aux Italiens, pag. 85 dell’ediz. cit. 

Anche la carta d’ Italia la più antica di terraferma che si 
sia conservata, benché si riferisca all’ anno 1449, esistente nel Mu¬ 
seo Civico di Venezia, considera come Italia anche Sicilia, Sarde¬ 
gna e- Corsica. 



vers Provence et vers France et, vers Alemaigne » sia 
decisamente il 


.bel paese 

di’ Apennin parte e ’l mar circonda e l’Alpe ( ( ). 

(1) Sicura pennellata geografica, che il Bum no ( Sonetti ) più 
tardi, stemperava nella noia quartina : 

f 

0 pria si cara al ciel del mondo parte, 

Che 1’ acqua cigne e ’l sasso orrido serra, 

0 lieta sovra ogni altra e dolce terra, 

Che il superbo Apennin segna e diparte ; 

e che resta completata degnamente invece dall’ accenno dantesco a 

.Pola, presso del Quarnaro, 

Che Italia chiude e i suoi termini bagna. 

(Inferno, C. IX.) 

Il Petrarca incarna sovente ne’ suoi scritti 1’ alto e completo 
concetto dell’Italia nella sua unità geografica e nelle qualità fisiche 
che la contraddistinguono. Basta in proposito riportare fra molti 
passi analoghi (che puoi vedere anche in Bartoli, I primi due 
secoli della Lelter. italiana, Milano, Vallardi, 1885), la lettera colla, 
quale invita Benedetto XII papa, a far ritorno a Roma, e più pro¬ 
priamente il luogo in cui gli presenta lo spettacolo del paese nostro: 

« Quum primurn, ducente Deo, trascenderis Alpes, 
Italiaeque tuae pnlcherrima culta tenebis 
Occurrent miranda animis, speciesque locorum, 

Effigies hominum, tepidi clementia veris, 

Blandaque temperies. » 

E al Ciceroniano (De prov. Cons. Or. 14) « Alpibus Italiani 
rnujiierat antea natura non sine aliquo divino ninnine ; nam si ille 




( 824 ) [ 18 ] 

Anzi il concetto che le Alpi sieno il vero e proprio 
confine d’Italia apparisce ben netto negli stessi cronisti 
tedeschi del sec. XII, ad esempio in Ottone di Frisinga, 
il segretario di Federico Barbarossa, specialmente se ba¬ 
diamo all’ uso frequente eh’ essi fanno delle parole cis 
Alpes e trans Alpes per designare Italia o Alema¬ 
gna (*)• 

Nè le carte geografiche che ci restano del Medio Evo 
s’allontano dal concetto medesimo, poiché, con mirabile 
accordo (°), disegnano sempre le Alpi a guisa di muraglia 

aditus Gallorum immanitati multitudinique patuisset, numquam haec 
urbs summo imperio domicilium ac sedem praebuisset » fa eco an¬ 
cora, mutato alquanto obiettivo, la strofa petrarchesca della can¬ 
zone ai Grandi d’Italia: 

« Ben provvide natura al nostro stato 
Quando dell’ Alpi schermo 
Pose tra noi e la tedesca rabbia. » 

(1) È singolare però questo che, mentre Ottone adopera la frase 
cis Alpes per designare l’Italia, e trans Alpes la Germania, Ra- 
gevino, il suo continuatore, usi la parola cismontani per Tedeschi, 
ultramontani per Italiani. Cnfr. Gesta Friderici, II, 1, 24; III, 
14; IV, 3, in Pertz, Hannover, 1-867, e Dietrich, Die geograph. 
Anschauungen einiger Chronisten des XI u. XII Jahrhundert, 
in Zeitschrift fur wissensch. Erclkunde , V. 1885, pag. 99. 

(2) Vedi, ad esempio, la carta edrisiana del 1150 circa, citata 
più sotto; quella del Monastero di S. Severo, probabilmente del 
sec. XI (vedila in Marinelli, La geografia e i Padri della Chiesa, 
Roma, Soc. geografica, 1882, e meglio in Cortambert, Quelques-uns 
des plus anciens monuments geographiques du móyen àge, in 
« Bull. d. 1. Soc. de géogr. » Paris, oct. 1877); le carte del 
Sanudo (1306-1320) forse meglio attribuibili a Pietro Vesconte da 
Genova (Kretschmer, Marino Sanudo der Aeltere und die Kar- 







[ 19 ] ( 825 ) 

interposta fra il paese nostro e gli altri, quando pure, co¬ 
me la Tavola metallica del Museo Borgiano di Velletri 
(1452) ('), non lo vogliano affermare colla esplicita leg¬ 
genda : «hii montes dividunt Italian ab Alamania et Gallia. » 
D’altra parte, la formazione del volgare italico in 
nulla nuoce all’ idea di una nazione e di una patria, quale, 
traverso ai secoli e a mille tristi vicissitudini, è venuta 
costituendosi, tanto più che i limiti di sua diffusione cor¬ 
rispondono press’a poco ai termini geografici, e quindi, 
non appena esso s’ estrinseca con una propria letteratura, 
ecco che l’immagine geografica del Petrarca trova riscon¬ 
tro nella imagine linguistica del 

bel paese là dove il si suona 

Inf. XXXIII, c. 80, 

dell’ Alighieri. 

Lo ripetiamo : a questo consenso assai generale nel- 
T interpretare ad un modo il significato geografico e na¬ 
zionale della voce Italia, fan singolare riscontro le vi¬ 
cende e i valori diversi che, dalla caduta del romanesimo 


ten des Petrus Vesconte, in « Zeitschr. d. Gesellsch. fiir Erdk. zu 
Berlin, » 4891) ; quella di fra Mauro (1459) più volte riprodotta; 
tutti indistintamente i codici e le edizioni di Tolomeo ecc. 

(1) Vedila anche recentissimamente riprodotta in fac-simile dal 
Nordensktold, Om elt Aftrick Frati XV : de Seklet af den i 
Metal Graverade Vcirldskarta som fòrvaratsi Kardinal Stephan 
Borgias Museum i Velletri. Aftryck ur « liner » 1891. Stockholm, 
Normans, 1891. La data del 1452 è attribuita a tale carta dal Le- 
lewel. Invece 1’ Heeren le assegna quella del 1410 e più recente¬ 
mente il Ruge si mostra indeciso. Gnfr. Ruge, Zar Geschiehte der 
Kartographie, in « Z. fùr wiss. Erdkunde », 1891, pag. 39. Del 
resto, nel sec. XV tale concetto è ormai generale. Vedilo nel Biondo 
da Forli, in Leonardo da Vinci ecc. 





r 


(826) [20] 

in poi, esso ebbe sotto il rispetto politico. Nè alludiamo 
soltanto ai tempi medioevali, allorché il regnum Italicurn 
poteva adoperarsi a sinonimo di Langobarclicum (*), ov¬ 
vero, a curioso contrasto, i governatori delle provincie 
bizantine dell' Italia meridionale potevano chiamarsi « ca- 
tapani Italìae et Calabriae » ( 2 ), d’ onde forse Roggero 
li normanno (i cui domini sul continente non si sten¬ 
devano, per verità, molto largamente) prendeva argo¬ 
mento d’ assumere, con felice presagio, quel titolo di « rex 
Siciliae et Italiae », che tanto parve uggioso ai Pisani ( s ). 

(1) Cnfr. in proposito i citati lavori del Beretta e del Rolan¬ 
do. Sulla variazione di signilìcato di altri nomi regionali, cnfr., ad 
esempio, per la Liguria, Cipolla, Appunti sulla storia di Asti 
dalla caduta dell’ Imp. rom. al princ. del sec. X. In Atti del 
li. Ist. Veneto , 1889-90, pag. 345 e 685 e seg. ; e per la Lucania 
ed altre regioni contermini Homunculus (Racioppi) Paralipomeni 
della storia della denominazione di Basilicata, Roma, Barbera, 
1875. 

(2) Cristoforo nel 1029 e Bugiano nel 1020 si proclamavano 
nei diplomi « protospatarius et catapanus Italiae et Calabriae », 
ed Argiro nel 1052 e 1054 « magister, vestis, catapanus Italiae, 
Siciliae et Calabriae ». Cnfr. Homunculus, cit., pag. 54, pag. 122. 

(3) E noto che nel 1136 i Pisani «fecerunt stolum (oggi si di¬ 
rebbe un meeting) contra Rogerium Siciliae eomitem, qui faciebat 
se vocari in tota terra sua regem Italiae. » Bartoli, 1. cit., pag. 37. 
Anche Edrisi adotta il titolo voluto dal re suo padrone e lo chia¬ 
ma « re di Sicilia, Italia, Longobardia e Calabria ». Cnfr. L’ Italia 
descritta nel libro del re Ruggero compilato da Edrisi. Testo 
arabo pubi, con versione e note da M. Amari e C. Schiaparelli, 
Roma, Salvinoci, 1883, pag. 2. É però più che probabile che la pa¬ 
rola Italia vi sia usata pressoché nel senso stesso dei diplomi bizan- 

► tini citati. Per l’intera penisola gli Arabi preferiscono la forma 

bilad Rum, paese dei Romani, non escludendo che per Rum essi 
intendono anche l’impero bizantino. E interessante osservare come 



[ 21 ] ( 827 ) 

Ma a nessuno può ancora esser uscito di mente il ricor¬ 
do di quella republica Italiana proclamata a Lione nel 26 
gennaio del 1802 e di quel regno d ’Italia del 1805. an¬ 
nunciato in data del 26 ventoso (17 marzo), limitati l’una 
e 1’ altro tra confini tali, la cui bizzarria non trovava ri¬ 
scontro se non nella violazione dei più fondamentali di¬ 
ritti storici e geografici ('). 
t 

t 

anche la parola Longobardia nei secoli X, XI e XII sia emigrala 
da settentrione a mezzogiorno. Nel 956 Mariano Antqnto s’intitola 
« Patricius et Strategus Calabriae ei Longobardiae », nel 1025 Leone 
firma « spathuro can H iatus a ser.retis et judex Longobardiae et 
Calabriae » (Homunculus op. cit., pag 53), e YAnkitbardìah (Lan- 
gobardia) o bilad ’ankubardah (paese dei Longobardi) si i nel testo 
come nelle carte di Edrisi, è sempre una provincia meridionale che 
s’ estende sulla Puglia e sulla Capitanata. 

(I) Oltre che negli atlanti storici dello Spruner, del Droysen 
e del Giiisleri ( Testo allenile di geografia storica generale, Eoo 
Moderno, Tav. 15; Bergamo, 1890) che si citano perchè più alla 
mano, il lettore potrà formarsi un’ idea di tali stati e dei loro con¬ 
fini servendosi delle foriti seguenti. Per la Republica Italiana : la 
carta intitolata: La Republique hu tienile divisée en ses deporta¬ 
rne, nt.*, declive au gener. ciloyen Trillili, Ministre de guerre, par 
T cclit. de T Alias tre-nouveau, à Veriise; 1803 (scala 1:650000 
circa) e Pinkerton, Geographie moderne, Paris, Denta, Ari. XII 
(1804), voi. Ili, pag. 590; — pel Regno d’ Italia e per i suoi 
successivi rimaneggiamenti : la Carla dell’Italia superiore e di 
parte degli stali limitrofi, ridia, della carta di Rader D'Albe 
falla nel deposito generale della Guerra per ordine di S. E. il 
Min. della Guerra del Regno d’ Italia. Dis. e ine. da 0. Caniani 
Scala circa 1:1 milione); quella intitol. Le VII Deparlemens 
Italiens enlre V Isonzo et le Mincio, nouvellement réunis au 
Rogatone d’Ilalie par le Traité de Paix de Presbourg da 26 
Xbre 1.805 et par la convention confìniaire de Vontainebleau 
du Ì0 ottobre 1807, Bussano, 1808. Chez Reinondini (Se. 1:5341)00 





( 828 ) [ 22 ] 

Poi anche quei nomi e gli enti politici più o meno 
artificiali ed assurdi eh’essi designavano, scomparvero, e 
il dolce nome d’Italia, sembrò aneli’esso per un momento 
doversi relegare, se non fra gli arcaismi, almeno tra le 
voci storiche od etniche, ovvero, e come tale anzi fu so¬ 
lennemente proclamato in un atto politico, fra le semplici 
espressioni geografiche ('). 

E, in effetto, esso era un 'espressione ad un tempo 
storica ed etnica e geografica. Oltre a ventiquattro se¬ 
coli di storia, dei quali venti almeno col significato at¬ 
tuale o di poco diverso, gli avevano data la cittadinanza 
nell’ uso e lo aveano introdotto nel glossario di tutte le 
nazioni civili ( 4 ), anzi gli avevano segnato il posto d’ ono- 

circa), o lilialmente la Carici deli’ llulìa colle presenti sue divi¬ 
sioni politiche. Approvata dallu Dirci, itener, di pubi. Istruì. 
per uso delle Scuola del Degno di Italici. Costr. ed ine. dalli Fr. 
Bordigli. Milano, Artaria, 1812 (Scala 1:750000 circa). 

(1) « L’ Italie est une expression géog rapii ique. » Frase contenuta 
nel Dispaccio che il Principe di Mettermeli, in data 6 agosto 1847, 
spediva agli ambasciatori e inviati 'austriaci alle corti di Londra, 
Pietroburgo, Berlino c Parigi, sui torbidi che allora si segnalava¬ 
no in Italia. Cnlr. le Mémoiros, docuinents et écrits dtvers, lais- 
sés par le prence de 'Meilernich, pubi, par son fìls le prince 
Richard de Meilernich, ecc. T. VII, Paris, Plon, 1883, pag. 414 
e seg. Vedi anche la lettera riservata al bar. Apponyi, ainh. a Pa¬ 
rigi, nella stessa data, ivi a pag. 416. 

(2) A deiignare sia politicamente, sii geograficamente, sia etni¬ 
camente la nostra patria, presso tutte le nazioni civili, si adopera 
ormai la voce Italia, o inalterata o quasi. Cosi gli Spaglinoli e i 
Portoghesi la dicono Italia, i Francesi Italie, gl’inglesi Italy, i 
Tedeschi Italien , i Russi e in genere gli Slavi Italia o Tuba, i 
Greci 'Iri Lituani Itola, gli Armeni Italici o Idalia, i Turchi 
Talia ecc. Sta però il fatto che presso gli Arabi durante il medio 
Evo, e Io vedemmo, l’Italia era il bilad Rum, il parse dei Rum 


[23] ( 8 2fl) 

re fra i nomi geografico-nazionali, poi che, salvo forse la 
Grecia, nessuna fra le nazioni nè fra gli stati d’Europa 
vanta da cosi lungo volger di tempo un nome rimasto 


(Romani) e, del pari, presso alcuni scrittori ebrei (cufr. Lelewel, 
Slavia, pag. "13, Gèo<jr. du moy. àgc, 111 e IV.) si trova vagamente 
usata Titubai e più frequentemente Cliitlim o Celhim (cnl'r. anche 
De-VVit, Onoinasticon, alla voce Italia ed altri) che però si ado¬ 
pera anche per « isola » o per « spiaggia del Mediterraneo », per 
« Cipro », « Grecia », « isole italiane ». 

Giova ancora avvertire come, nel medio evo presso le genti ger¬ 
maniche, si trovino sostituite o talvolta avvicinate alle voci classiche 
Italia e Italiani, alcune forme provenienti da quella voce wahl 
o vaili o viali (evidentemente derivala da gallicus ) che servi dap¬ 
prima a designare i Celti (Ga li), poi si adoperò per straniera, 
per chi non parlasse tedesco o parlasse male e che poi, coi 
suoi derivati, servì ad indicare, genti di nascita o lingua cella 
o latina o romanizzata, con un uso diffusissimo, cioè esteso 
dalla Gran Bretagna alla Valacchia. Più tardi tali voci si de¬ 
terminarono nell’uso piu specificatamente, quindi propriamente 
P Italia apparisce designata nei documenti tedeschi come Wal- 
chendland, Wahlenland, o anche semplicemente Wahlcn, e 
Walischlande, Wàlschland e Welschland, e F Italiano come 
wahl, walch, wal, Wall, inaliseli, wàlisch, iva'sch, ivàlsch, 
wrlsch. Fra i numerosi esempi che si poti ebbero citare di que¬ 
st’uso (enfr. i vocab. scient. tedeschi e fra altri Schmeller, lìayeri- 
sche Wórterbuch, Zw. Ausg. bearb. von G. K. Frommen, Munchen, 
Oldenburg, 1875, pag. 904-906 dèi voi. II; ricordo per la sua sin¬ 
golarità quel curioso poema del Wiilhsclier Gasi (F Ospite italiano) 
che Bernardino dei Cerchiaci, un cividalese, scriveva sul principio 
del sec. X111 (V. in Dibliothek dir deutsclien National Literatur, 
Stuttgart, 1852). Tali forme assai diffuse in Germania pel passato, 
lo sono ancora nell’ uso popolare e non sembrano escluse dal let¬ 
terario. 1 minatori veneziani nel sec. scorso erano ancora designati 
nel Fichtelgebirge col nome di Wahlcn e jn tutta F Austria tede- 






( 830 ) 


quasi inalterato nell’uso e accettato universalmente. E 
questo significa che, nonostante nequizie di uomini e di 
tempi, nonostante sventure, se meritate o meno non è il 
momento di dire, ma lacrimevoli sempre, e lotte e divi¬ 
sioni e servitù ed esizi, il concetto storico, nazionale, 
naturale, da quel nome rappresentato, avea perdurato con 
mirabile costanza, anzi era andato sempre più maturan¬ 
dosi. Kpperciò 1’ espressione geografica finì col corrispon¬ 
dere quasi esattamente con un’ espressione politica, il 
nuovo regno d’Italia. 

E non poteva essere altrimenti. 


sca il Trentino è tuttavia chiamato Wàhchtiroì; come der Walisch 
è il mereiaiuolo ambulante italiano. Pochi anni addi, tro il chia¬ 
rissimo dott. Gius. v. Zahn pubblicava nella Monlags Ritinte di 
Vienna (N. 47-49 dell’anno 1882) un interessante lavoro storico 
col titolo di 11 ditehe Gcistc , gli Ospiti italiani , e si potrebbe 
continuare. Tale nso, dalla lingua tedesca (alto e basso tedesco) 
passò ad altre lingue germaniche, onde il danese e l’islandese 
Valland (Italia) ecc, e alle lingue slave, onde il ceco Wlachy e 
il polacco Wlochy o Wlosky od Ulosky (Italia) e il Mach o wlah 
o anche Lah e Laher e Lashki (Italiano), lahov (spettante all’ita¬ 
liano), talloiiije (popolo italiano) e Lashko (Italia) degli Sloveni, 
e perfino alla lingua ungherese, nella quale triti* ogt-i il nome uf¬ 
ficiale e popolare d’ Italia è Olaszorszàg (orzsàg sign. paese, ter¬ 
ritorio, regno). 


(Estr. dal Tomo III, Ser. VII degli Atti del I!. Istituto veneto 
di scienze, l. llere ed urti) 

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