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PURCHASED FOR THE
UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY
FROM THE
CANADA COUNCIL SPECIAL GRANT
FOR
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2 —
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Prof. FILIPPO RAVIZZA
n\mm im luì
Magister dixit.
TORINO
FRATELLI BOCCA, EDITORI
MILAKO - ROMA - FIBENZE
1905
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Torino —Vincenzo Bona, Tip. delle LL. MM. e dei ER. Principi (9888)
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PREFAZIONE
ì
Questa trattazione intorno alla Psicologia della
lingua si riattacca direttamente al poderoso vo-
lume che Guglielmo Wundt ha dedicato al lin-
guaggio nella sua Volkerpsychologie. Si può dir
che l'autore abbia cercato di interpretare e
esporre lucidamente l'ossatura di quella difficile
opera a quel pubblico d'Italiani colti che seguono,
riconnettendole al loro ambito intellettuale, tutte
le evoluzioni del pensiero filosofico contempo-
raneo, e più specialmente al ceto dei linguisti,
i quali, occupati nelle loro indagini prettamente
filologiche, non sempre hanno il tempo di ripe-
tere da fonte originale tutto quanto essi devono
pur necessariamente conoscere, se non vogliono
correre il pericolo di continuare a orientarsi
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
secondo un sottostrato psicologico, già inconfu-
tabilmente dimostrato falso o manchevole. Io
credo che a nessun glottologo potrà sfuggire
l'importanza dell'argomento svolto in questo
manuale.
Guglielmo Wundt ha preso il suo posto ac-
canto ai grandi maestri che da Guglielmo von
Humboldt all'Herbart, allo Steinthal, al Paul,
hanno segnato in questi studi un indirizzo ve-
ramente nuovo. Ma accanto ad essi il Wundt
ha un atteggiamento spiccato di battaglia che
in molti punti è diventato un atteggiamento di
vittoria. Che oggi l'antica grammatica descrit-
tiva abbia lasciato il suo posto a una vera gram-
matica storica, nessuno nella patria di Graziadio
J^ scoli vorrà dubitare; che oggi nel campo scien-
tifico i rapporti che la grammatica deve avere
colla psicologia per contro a quelli che un tempo
aveva colla logica, sieno ben chiari e precisi,
nessuno vorrà discutere, ad onta che nel campo
scolastico, occorra ancora una colluvie di cosi-
detti metodi logici e razionali per l'insegnamento
dei linguaggi. Anzi quando sono apparsi i Prin-
cipien der Sprachgeschichte del Paul, parve che
tutti i linguisti trovassero nella psicologia chia-
mata ogni tanto a suffragare i fatti linguistici,
la conferma di un bisogno lungamente sentito.
PRETAZIOXE VII
Esiste Oggi una vera disciplina storica della
lingua; e il superbo edificio di Karl Brugmann
e di Berthold Delbriick sulla fonetica, sulla mor-
fologia e sulla sintassi degli idiomi indogerma-
nici, ne è il testimonio più lucido e la storia
più fedele. Ma questo processo dialettico che
oggi è intravisto nel suono, nella forma, nella
funzione, è oggi veramente studiato nelle sue
cause intime? non è ancora soltanto esposto come
una successione esteriore di fenomeni? I metodi
odierni consentono, ed è già molto, di fare la
storia di un fenomeno linguistico, di sceverare
talvolta le forme originarie dalle forme analo-
giche. Ma consentono essi del pari d'indagare
le forze psichiche che a quei processi presiedono ?
Pare anzi che da questo compito i linguisti
prescindano; pare, e ognuno potrebbe convin-^
corsene dalla lettura delle " Grtindfragen der
Sprachforschung „, che il Delbruck ha discusse
in relazione alla " Sprachpsychologie „ del Wundt,
che la linguistica non veda nella psicologia che
una scienza legislativa del linguaggio e accolga
con lo stesso animo il sistema intellettualistico
dell'Herbart o quello volontaristico del Wundt,
pronta a rinnegare l'uno per accogliere l'altro,
quando i dati dell'uno non la lascino vivere e i
dati dell'altro non la lascino morire. Guglielmo
Ratizza, Psicologia della Lingua. n
vili PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Wundt vuol fare della psicologia della lingua e
della storia del linguaggio due scienze recipro-
camente sussidiarie, di cui l'una è a un tempo
il sottostrato e la superstruttura dell'altra. Si
potrà discutere s'egli sia riuscito nel suo scopo.
Ma nessuno potrà dire che il suo punto di vista
non sia pienamente giustificato e innovatore.
Per capire la portata dell'innovazione basterà
dare qualche esempio. Consideriamo la spiega-
zione di qualche fatto linguistico presso un'auto-
rità incontrastata, Hermann Paul. Nel capitolo
della contaminazione, dopo aver detto che il pro-
cesso del fenomeno consiste nel presentarsi con-
temporaneamente alla coscienza di due espres-
sioni sinonimo, cosicché ne l'una né l'altra può
prevalere, ma finisce per sorgere una forma
^uova, in cui si fondono elementi dell'una con
elementi dell'altra, il Paul passa a raccogliere
vari casi interessanti, nell'ordine dei suoni (per
esempio, l'emiliano cminzipià da cominciare e
principiare), in quello delle forme (p. es. gewohnt
da gewon e gewent), in quello dei costrutti (per
esempio, ó fimauq tou xpóvou da ó fj|ui(Tu<; XPÓvoc;
e TÒ r\\x\<S\} ToO xpóvou).
È una storia del fenomeno ch'egli fa da par
suo, con dati linguistici inconcussi; ma è una
storia esteriore ; l'intimo motivo psichico di quelle
PBEFAZIOXE IX
associazioni che il Paul ammette non è indagato.
Peggio è nel capitolo del mutamento di signi-
ficato. Chi legge ha qualche volta l'impressione
di trovarsi ancora dinnanzi alle distinzioni della
grammatica della scuola, che fornisce anche la
terminologia; si raccolgono i casi in cui il con-
tenuto del concetto si restringe, mentre se ne
allarga l'estensione, e gli altri casi reciproci, e
quelli che raccolgono in sé il doppio processo;
si dà la storia estrinseca, diligente, esatta di
qualche caso. Lo strato a cui il fenomeno è ri-
condotto, è ancora superficiale; poiché il muta-
mento del contenuto e dell'estensione è un fatto
logico e non un impulso psichico. Dei processi
appercettivi e associativi non si fa parola. Anche
nella dottrina della frase l'indole della tratta-
zione circonscritta alla semplice superstrutturK^
linguistica del fenomeno fa sì che vengano usati
ancora quei termini di soggetto psicologico e
predicato psicologico che tanto sono dispiaciuti
al Delbriick. È certo che la mente colta che
vuol seguire il vero filo dialettico dei fatti ri-
mane inappagata, e sente che c'è tutto un altro
ordine segreto di motivi a cui quelle leggi de-
vono essere ridotte. È a quest'ordine che il Wundt
riconnette l'opera sua. Chi se n'ò reso padrone
sente che l'atteggiamento del linguista rispetto
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
a questa psicologia non è più quello che pote-
vano assumere gli antichi grammatici rispetto
all'antica filosofìa della lingua; e non è neppur
quello che finora i nostri glottologhi assumevano
rispetto a singoli sistemi, come, p. es., al si-
stema dell'Herbart e ai suoi interpreti. Innanzi
al libro del Wundt lo storico del linguaggio
non dovrebbe più proporsi la questione che per
esempio il Delbrùck si propone, se sia o no pra-
tica per un linguista questa o quella psicologia ;
ma solamente quest'altra: sono veramente sicuri
i fatti linguistici di cui il psicologo ha voluto
servirsi? Non c'è più il pericolo di ricadere nel-
l'interpretazione logica, c'è soltanto quello di
essere partito da una base malferma; c'è quello
d'aver commesso un errore storico nel linguaggio
*e d'esser giunti fatalmente a un errore psichico,
ma la linguistica ha trovato il suo nutrimento
naturale e insieme con essa lo ha trovato anche
la psicologia. Che in questo spostamento della
questione esista un grande progresso, nessuno,
credo, vorrà disconoscere.
Che poi i dati linguistici nel Wundt sieno sempre
sicuri, nessuno, certo, oserebbe dire; tanto più che
anche qui egli si muove in una sfera più eletta di
quella su cui si aggirano gl'indagatori consueti
della parola; egli esce, cioè, risolutamente, non
PREFAZIONE
solo dalla tradizione classica che ha per tanto
tempo signoreggiato le coscienze e gl'intelletti, ma
dalla stessa indogermanistica, per estendere la
sua ricerca in altri idiomi, in ispecie in quello dei
popoli primitivi. Ora questo stesso fatto che giova
al Wundt come filosofo, gli crea qualche diffi-
denza come linguista, perchè siccome noi non
siamo in grado, per ora, di ricostruire per gli
altri linguaggi il tipo proetnico unitario che si
è ricostruito per gli indo-europei, siccome anzi
noi non sappiamo neppure tener fissa storica-
mente la vecchia distinzione di lingue isolanti
agglutinanti e flessive, ne vien la conseguenza
che noi non possiamo usare per lingue estranee
il pili fecondo e il piìi sicuro dei metodi, cioè
quello comparativo, e dobbiamo quindi limitarci
a notare i fenomeni analoghi di lingue non af^
fini; il che ci darà dei grandi vantaggi nell'or-
dine psichico, ma toglierà un forte sussidio alla
storia esteriore del fenomeno. Il glottologo abi-
tuato a non credere se non a una evoluzione
confortata da un'evidenza apodittica, dove tutti
gli anelli sono ricostruiti, si trova un po' scon-
certato innanzi al metodo con cui si discutono
vari fenomeni, riassunti nel presente volume,
come, p. es., lo sviluppo che in alcune parti si
verifica del pronome personale dal pronome pos-
PSICOLOGIA DELLA LIXGUA
sessivo, lo sviluppo della categoria dell'aggettivo
da quella del sostantivo, la trasformazione delle
particole in preposizioni o in avverbi, e simili.
Accade di essere talora più sorpresi che con-
vinti. Ma ognuno intende che è dischiuso l'adito
a una via nuova; che se il materiale sarà meno
infido, se l'indagine sarà meno sconfinata, con
lo stesso metodo si potrà arrivare a una storia
veramente intima della parola, non solo nel
tempo, ma anche nell'animo, Tuttociò però non
basterebbe a raccomandare la presente tratta-
zione, quando non si aggiungesse che il professor
Ravizza ha pienamente interpretato il concetto
fondamentale a cui l'opera del Wundt s'informa^
ed è potuto pervenire ad un'esposizione piana,
stringata, e anche relativamente popolare. Inoltre
Vnel distribuire, nell' integrare, nel riconnettere,
egli ha saputo trovare una forma veramente
originale. Egli ammette naiuralmente, come il
Wundt, che la psicologia della lingua sia una
superstruttura della storia del linguaggio; ma
mentre il Wundt in qualche luogo prende sol-
tanto il fatto linguistico, come punto di partenza
per arrivare a conclusioni che interessano sol-
tanto il psicologo, il Ravizza prescinde da tutto
il lavorìo preparatorio dei dati linguistici; e dopo
aver discorso con una sintesi molto efficace della
PREFAZIONE
psicologia in genere e della rappresentazione
verbale in ispecie (astraendo dalla lingua dei
gesti come meno riconnessa coi suoi intenti),
espone, col metodo che piìi conviene ai glotto-
loghi, la formazione della parola, il mutamento
di suono, il mutamento di significato, la sintassi,
riconnettendo sempre ogni fenomeno ai processi
di psicologia sperimentale esposti nella prima
parte. È bene un'ossatura che conserva lo spi-
rito fondamentale dell'opera ; la quale perde qui
nella necessaria riduzione, tutto l'apparato po-
lemico, dove qualche volta l'autore tedesco o
espone cose note o tenta di stravincere; ma
guadagna il nobile tentativo di completare, nel-
l'ordine dell'evoluzione esteriore, quella prova
dei fatti che non sempre nella sua opera il
Wundt ha potuto raggiungere. Si direbbe che ìÉtw
Ravizza con fine intuito abbia capito il pericolo
e abbia cercato, con esito felice, di evitarlo. Ad
onta di ciò la trattazione in qualche luogo ha
dovuto essere ben densa, ben concettosa; gli
anelli ci sono tutti, ma spesso uno ne include
un altro, anzi più altri. Per questo, ma non solo
per questo, non c'è pagina di questo libro che
non faccia pensare. Né è piccola lòde. Poiché
se la scienza è una battaglia e se rimarrà tale
fino a che sarà tale la vita, non domanderemo
XIV PSICOLOGIA DELLA LINGtFA
a un trattato di questo genere sopra tutto un
fermentum cogitationis? E qui mi fermo, conscio
di aver discorso troppo più di quello che mi
era concesso e che m'ero proposto.
Dott. Eugenio Levi.
I.
INTEODUZIONE
Psicologia, scienze naturali, e scienze dello spirito — La
linguistica — Suoi rapporti colla psicologia — Com-
piti della psicologia della lingua — Storia della
» psicologia della lingua — Piano di quest'opera.
4"
Ratizza, Psicologia della Lingua.
Introduzione.
Se cerco in un trattato di acustica che cosa
sia " suono , leggo che è vibrazione dell'aria;
se consulto un libro di termodinamica per sa-
pere che cosa sia " calore „ posso trovare che
è movimento di molecole ; se domando a un ot-
tico che cosa sia " nero , mi risponde che è
assenza di vibrazioni dell'etere, cioè negazione
di ogni colore, mentre un fisiologo mi insegna
che è un processo chimico di ricomposizione che
si svolge sulla nostra retina.
Eppure per ognuno di noi il suono non è una
vibrazione, il calore non è movimento di mole-
cole, il nero esiste ed è un colore e non un pro-
cesso chimico.
Come mai e suono, e calore, e colore, che sono
pure dati della nostra comune e costante espe-
rienza, possono esser concepiti e definiti così
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
stranamente, così diversamente dalla realtà, ta-
lora perfino in contraddizione ad essa?
Astraendo dal soggetto.
L'acustica, la termodinamica, l'ottica e tutta
la fisica e tutte le scienze naturali lavorano da
secoli e secoli, inventano e perfezionano metodi
e mezzi di indagine, compiono ogni giorno mi-
racoli di perspicacia, stupiscono il mondo con
critiche audaci che sono ad un tempo e le loro
pili disastrose sconfitte e le loro piìi splendide vit-
torie, lanciano nuove teorie che hanno l'arditezza
di divinazioni e sono appoggiate a calcoli di esat-
tezza meravigliosa, per raccogliere, costruire, as-
sodare, e compiere una concezione logica del
mondo tutta oggettiva, indipendente da noi stessi,
e però appunto tanto diversa dalla nostra realtà.
Ma c'è una scienza, la quale non usa di quella
astrazione, una scienza la quale accetta e studia
l'esperienza nella sua integrità, ed è: la psico-
logia. Per essa: suono, calore, colore son quali
sono realmente per ognuno di noi; essa, che spesso,
""e^speHe dai cultori delle scienze naturali, vien
considerata come una specie di metafisica, è quella
invece che non ricorre a nessuna astrazione, è la
scienza della esperienza diretta.
Ma come tale appunto non solo studia, sotto
un diverso punto di vista, gli stessi fenomeni
che già sono oggetto delle scienze naturali ma
anche altri che a queste sfuggono, come: gli
affetti, il volere, il ricordare, e insomma tutto
quel complesso di processi della realtà sogget-
tiva che comprendiamo sotto il nome di anima.
I - INTRODUZIONE
Ne viene che la ^psicologia, se da un lato in-
tegra le scienze naturali nella concezione della
realtà in quanto che aggiunge al loro contenuto
quella parte di realtà dalla quale esse astrag-
gono o che esse trascurano, dall'altro è fonda^
mento di tutte le scienze umane o scienze dello
spirito, cioè di tutte le scienze che studianq^.L
prodotti delle azioni dell'uomo.
Importantissimo fra questi prodotti il lin-
guaggio; fra queste scienze: la linguistica.
Questa, nella grammatica storica si propone lo
studio genetico dei singoli fenomeni d'ogni lingua
o, secondo una piìi antica concezione, lo studio
dello sviluppo d'ogni singola lingua, cioè, per
così dire, la dimostrazione dei suoi strati suc-
cessivi quali vengono di mano in mano presen-
tati dalla grammxitica descrittiva ; nella gramma-
tica comparata confronta i dati offerti dalle
grammatiche delle diverse lingue, confronto dal
quale risultano quali processi e quali leggi siano
comuni a parecchie o a tutte le lingue e dal
quale è facilitata, suffragata e integrata l'inter-
pretazione dei fenomeni d'ogni singola lingua.
Sono questi fenomeni e quelle leggi, fenomeni
e leggi di un prodotto umano che è essenzial-
mente collettivo , poiché di esso ben poco si
può ricondurre storicamente all'efficacia d'un
determinato individuo, di uno scrittore, di uno
scienziato, dell' eroe e generalmente appare in-
vece come causa e effetto ad un tempo della
vita in comune, le cui cause però, come quelle
di qualsiasi fenomeno collettivo, evidentemente
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
non possono essere che motivi agenti nell'indi-
viduo, e cioè oggetto di studio per la psicologia.
Questa dunque se dovrà da un lato render ra-
gione, in base alla sua conoscenza dell'anima
individuale, di quei fenomeni collettivi, che sor-
sero e sorgono dagli infiniti, multiformi rapporti
di infiniti e diversi individui, potrà dall'altro
trarre essa stessa dalla conoscenza di quei fe-
nomeni aiuto nello studio dell'individuo.
E questo secondo, un nuovo compito che si
offre alla psicologia (1), la quale fino a pochi
anni fa non aveva riconosciuto nella linguistica
che un campo d'applicazione, un campo ove essa
dovesse entrare quando vi fosse chiamata a spie-
gare, mentre invece ne può trarre essa stessa
insegnamenti preziosi, appena che, salita nello
studio dell' individuo dall'osservazione degli ul-
timi e piti oscuri elementi dell'anima, si trova
davanti a processi che sono così strettamente e
direttamente dipendenti dalle condizioni dell'am-
biente in cui l'uomo vive, così imperiosamente
determinati dalla eredità di coltura nella quale
è nato e cresciuto, che possono solo esser spie-
gati dalla conoscenza di questo ambiente, di
questa eredità collettiva.
E con questo duplice scopo, di interpretare i
(1) Osservi chi già cognito della materia si stupisse di
vedermi enunciare come una novità questo uso della
lingua come materiale della psicologia, che parlo non
dei vocaboli di qualche lingua ma della linguistica, e non
della psicologia etnologica ma dell'individuale.
I - IXTEODUZIOKE
fenomeni e le leggi della linguistica in base ai
dati della psicologia individuale, e di trarre, e
da quei fenomeni e da quelle leggi, lumi per
l'analisi dell'anima individuale, sorge tra la psi-
cologia e la linguistica, parte integrante d'en-
trambe, la psicologia della lingua, la scienza della
quale questo libriccino vorrebbe fornire al lettore
qualche nozione elementare, e della quale ecco
innanzi tutto brevemente la breve storia.
Breve perchè, non volendo considerare né la
filosofia della lìngua, che si propone compiti pu-
ramente metafisici (quando non si sbizzarrisca a
ricercare l'origine del linguaggio), ne l'uso tanto
diffuso ancora, anzi potrei dire predominante, di
una psicologia volgare, ammasso di tradizioni,
di osservazioni grossolane, supposizioni logiche,
a spiegare i fatti linguistici, essa storia si svolge
nel breve giro di un mezzo secolo coi nomi di
Heymann Steinthal, di Hermann Paul e di Wil-
helm Wundt.
Heymann Steinthal (nato il 16 maggio 1823
a Grobzig, dal 1863 professore di linguistica a
Berlino dove morì il 14 marzo 1899) fu il primo
che alla logica sostituisse nella interpretazione
dei fenomeni del linguaggio una psicologia scien-
tifica; quella del Herbart.
Siccome esporre anche solo i fondamenti delle
teorie psicologiche del Herbart sarebbe impresa
alquanto ardua, principalmente se volessimo,
come di ragione, tener conto di ciò che gli scolari
del filosofo hanno scritto a compimento della dot-
trina e nello spirito del maestro e che lo Steinthal
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
ha pur dovuto consultare e usare largamente, e
siccome d'altronde questa esposizione eccederebbe
il compito nostro, rimandiamo il lettore alla piìi
facile che ne conosciamo quella di M. Drbal (1),
limitandoci qui a ricordare fra le opere nelle
quali lo Steinthal più chiaramente svolge il suo
programma psicologico-linguistico: " Grammatik,
Logik, Psycologie, ihre Prinzipien und ihr Ver-
hàltnis zu einander (1855) „ " Charakteristik der
hauptsachlichsten Typen des Sprachbaues „ (1860,
1881) e, più letta, la " Zeitschrift fiir Volker-
psykologie und Sprachwissenschaft „ che pub-
blicò dal 1860 al 1890 (2), collaboratore Moritz
Lazarus.
Un'influenza non così decisiva come quella
dello Steinthal ma certo più vasta, 1' ebbe tra
i linguisti coi suoi " Prinzipien der Sprachge-
schichte „ l'Hermann Paul (nato il 7 agosto 1846
a Salbke), il quale è più facile alla lettura, e
toglie i suoi esempi da lingue generalmente ben
note, anzi per lo più dal Tedesco, dal Francese
e dall'Inglese moderni, fondandosi sul principio,
non solo esposto e sostenuto ma anche applicato
prima che dal Paul dal nostro Ascoli e ormai
ammesso da tutti, che la natura psichica del^
l'uomo non sia al presente essenzialmente diversa
da quella che era nel passato, sia pure remo-
(1) Lehrbuch der empirischen Psychologie, 6. Aufl., Wien
und Leipzig, 1897.
(2) Continuata dopo il 1890 da Karl Weinhold sotto
il titolo " Zeitschrift des Vereins fur Volkskunde ,.
INTRODUZIONI
tissimo, in un paese da quel che sia in un altro
e che dunque nella spiegazione dei fenomeni
linguistici ai quali assistiamo, possiamo trovare
quella dei fenomeni che la scienza rintraccia
nelle lingue morte e raccoglie presso popoli
lontani.
Ma la maggior importanza dell'opera del Paul
'per la psicologia della lingua consiste nell'essersi
servito nella sua interpretazione sempre ed esclu-
sivamente di dati tolti allo studio dell'anima
individuale, dando definitivamente e sistematica-
mente lo sfratto a quelle specie di personifica-
zioni dei concetti metafisici e inesatti di " anima
di un popolo , " spirito della lingua „ e simili,
*che inducevano continuamente linguisti e filosofi
a erronee spiegazioni fondate su fantastiche ana-
logie fra questi enti collettivi e l'individuo.
Al Paul segue, coi due primi volumi della
" Vòlkerpsychologie „ riflettenti la lingua, Wil-
helm Wundt (nato a Neckarau il 16 agosto
1832) (1), il quale benché della valorosa schiera
di fisiologi che lavorarono e lavorano nel campo
della psicologia, e fondatore del primo labora-
torio di psicologia sperimentale (Lipsia, verso
il 1880), non s'acquietò nello studio disorientato
di singoli fenomeni elementari ma assurse alla
costruzione di un edificio filosofico che può ben
degnamente figurare nella filosofia contemporanea
(1) Edmukd Kòsig, W. Wundt, seine Philosophie tind
Psychólogie. Stuttgart, 1901.
Ratizza, Psicologia dtOa Lingua. 2
10 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
accanto a quello meno noto del nostro Ardigò, e
a quello di entrambi più celebrato, dello Spencer.
Egli si contrappone nell'ambito scientifico che
qui ci interessa per due riguardi allo Steinthal
e al Paul. Primo, perchè questi s'appoggiano alla
psicologia herbartiana, egli alla sua, la speri-
mentale. Secondo, perchè per la psicologia egli
vede nei fenomeni collettivi (lingua, costume, re-
ligione) non solo un campo d'applicazione, ma
anche una fonte di materiale, nel senso che già
abbiamo spiegato.
A noi l'economia del nostro libro, che pur
segue le orme dell'opera del Wundt, non con-
cederà lo svolgimento di questo secondo compito
che dove sia strettamente necessario allo svol-
gimento del primo, e perciò ci limiteremo , enun-
ciate senza la mole di esperienze che le suffra-
gano, poche nozioni di psicologia individuale, a
spiegare con esse di mano in mano i fenomeni
e le leggi principali della lingua.
n.
CEMI DI PSICOLOGHI
I
1. Sensazioni e sentimenti — Loro intensità e qualità —
Sistemi di qualità — Diversi modi di comportarsi
dei sentimenti e delle sensazioni — Processi fisio-
logici concomitanti — Stimoli fisici e fisiologici;
centrali e periferici — Fisiologia dei sentimenti.
2. Formazioni psichiche — Rappresentazioni e moti del-
l'animo — Loro proprietà peculiari — Nuovi senti-
menti semplici — Classificazione delle rappresenta-
zioni — Loro connessione — Classificazione dei
moti dell'animo — Fenomeni fisiologici concomitanti
— Espressioni mimiche e pantomimiche — Loro
connessione — Loro efi"etto retroattivo — Paralle-
lismo psico-fisico — Il linguaggio come movimento
espressivo.
3. Processi e atti volitivi — Motivi — Processo volitivo
semplice — Azione impulsiva — Processo volitivo
composto, atto volontario, atto di scelta — Loro
evoluzione regressiva in atti impulsivi, automatici e
riflessi.
4. Coscienza — Attenzione, appercezione, percezione —
L'incosciente — Appercezione passiva e attiva.
5. Associazioni e combinazioni appercettive — Associa-
zioni simultanee e successive — Assimilazioni e com-
plicazioni — Riconoscimento e memoria — Relazione
e comparazione — Sintesi e analisi — Rappresen-
tazione totale — Attività fantastica e intellettiva —
Categorie logiche — Giudizio, proposizione, concetto,
parola — Genesi della parola nella frase — Concetti
generali — Importanza della parola per il pensiero.
n.
Cenni di psicologia.
Conformemente al duplice contenuto dell'espe-
rienza diretta, quello oggettivo e quello sogget-
tivo, due sono gli elementi ultimi, irriducibili,
nei quali la psicologia riesce a scomporre la
realtà considerata soggettivamente : la sensazione
e il sentimento, così ad es. il " nero „ è una sen-
sazione; la " tristezza „ che esso suscita in me,
un sentimento.
Non dimentichiamo però che, data la com-
plessità dei fenomeni psichici, questi elementi
non si presentano mai isolati, che cioè, non ab-
biamo mai una sensazione non collegata a molte
altre e pura da sentimenti, un sentimento scom-
pagnato da altri sentimenti o da sensazioni. Così,
guardando la lavagna posso dire che ho la sen-
sazione di " nero „, ma realmente ho una infinità
di sensazioni nere ; ciò che riescirà evidente
14 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
pensando che se rompo la lavagna in metà, e
poi in quarti e via via in parti sempre più pic-
cole avrò ancora delle sensazioni nere fino che
la particella di lavagna sarà diventata così pic-
cola da non esser più visibile affatto; quando
sarà così piccina da non poter esser diminuita
senza scomparire, avrò una sensazione sola; così
si ottengono nei laboratori di psicologia speri-
mentale sensazioni visive, isolate, gettando sulla
retina un raggio rosso che non possa colpire che
uno dei bastoncini della retina, ma anche in tal
caso, e se pure l'anatomia dell' occhio e le re-
lative teorie fisiologiche non ci ingannano, avrò
veramente una sola sensazione visiva ; ma quante
altre d'altra natura non si complicano in pari
tempo con essa? Tattili di pressione, muscolari
e di temperatura dei nostri abiti, dell'aria, del
modo con cui sediamo, e ricordi di sensazioni
precedenti, e sentimenti di attenzione, di cu-
riosità, ond'è che nemmeno in quel caso otteniamo
una sensazione pura e sola.
Ripeto adunque che nessun elemento psichico
si presenta realmente mai isolato. Nondimeno
ci fu possibile scindere sensazioni da sensazioni
e da sentimenti, perchè questi elementi si com-
binano in tanti e così vari modi che compa-
rendo ciascuno di essi infinite volte , e ogni
volta con elementi diversi, potè venir astratto
dagli altri e considerato a sé. Così ad es. se
queir unica sensazione di rosso resterà costante,
mentre muta la temperatura dell'ambiente e io
cambio di posizione e l'attenzione diventa noia,
II - CEXXI DI PSICOLOGIA 15
ecco che essa sensazione, pur non presentandosi
mai sola, si distacca come indipendente da tutti
gli altri fenomeni concomitanti, si determina
come unità, come elemento psichico.
Tanto le sensazioni che i sentimenti possono
essere di diversa qualità e di diversa ititensità;
ma mentre quest'ultima, l'intensità, tanto delle
sensazioni che dei sentimenti, varia in due sole
direzioni, come su una linea retta i cui estremi
segnano un massimo e un minimo d'intensità, le
lualità loro sono innumerevoli ; mentre cioè una
sensazione luminosa, ad esempio, può essere, per
la qualità, bianca, rossa, nera, azzurra, ecc. e i
sentimenti che esse destano esser calma, ecci-
tazione, tristezza, soavità, ecc., l'intensità di
ognuna di quelle sensazioni e di quei sentimenti
non può variare che tra forte e debole.
Siccome però molte qualità presentano una
certa uniformità, permettono cioè di passare per
piccole differenze dall'una all'altra, se ne costi-
tuiscono dei gruppi, che si chiamano sistemi di
[ualità. Tali sarebbero : sensazioni auditive, di
olfatto e di gusto, tattili, luminose.
Notiamo che mentre non è possibile passare
da un sistema di sensazioni ad un altro, cioè
che non vi è nessuna affinità fra la sensazione
nero e ad es. la sensazione di un suono basso,
i sentimenti che le accompagnano possono essere
gli stessi e così uniti fra loro, che la lingua
parla persino di colori stridenti, di voci alte e
basse, argentitie, bianche, ecc.
Differiscono inoltre i sentimenti dalle sensa-
16 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
zioni per i processi fisiologici che le accom-
pagnano.
Il sorgere delle sensazioni è legato a processi
che chiamiamo stimoli; fisici se appartenenti al
mondo esterno, fisiologici se al nostro corpo;
questi ultimi distinguiamo ancora in centrali o
periferici a seconda che avvengono nel cervello
o in altri organi.
Spesso in una sensazione rileviamo tutti e tre
questi stimoli: ad es. una vibrazione luminosa
(stimolo fisico) eccita l'occhio e il nervo visivo
(stimolo fisiologico periferico) e le terminazioni
del nervo ottico nel cervello (stimolo fisiologico
centrale); ma può mancare il fisico, se, per es.,
movendo rapidamente l'occhio all'oscuro, perce-
piamo uno sprazzo luminoso ; o anche il fisiologico
periferico, se ci ricordiamo di un' impressione
luminosa ; in ogni modo questa sarà sempre do-
vuta sussi stere precedentemente e possiamo
dunque dire che le sensazioni dipendono da
azioni esterne.
Non così i sentimenti. Per la loro natura sog-
gettiva essi appaiono anziché effetti, cause di
azioni esterne; queste consistono in movimenti
dei muscoli esterni, movimenti respiratori e car-
diaci, contrazioni e dilatazioni dei vasi sanguigni,
dilatazioni e restringimenti della pupilla e simili.
Di tutti questi fenomeni fisici concomitanti dei
sentimenti, quelli che furono finora più comple-
tamente studiati sono quelli cardiaci, dei quali
ci dà facilmente contezza il polso osservato in
qualche arteria periferica, e dai quali risultò una
II
CENNI DI PSICOLOGIA
17
curiosa corrispondenza fra il fenomeno conside-
rato soggettivamente e oggettivamente e cioè fra
il sentimento e i suoi processi fisiologici, giacché
i sentimenti che per noi sono contrari, e come
tali designamo eccitazione e calma, tensione e sol-
lievo, piacere e dispiacere, presentano anche op-
posti fenomeni fisiologici; così, al pulsar forte
dell'eccitazione, si contrappone il debole della
calma, al debole e lento della tensione, il forte
e accelerato del sollievo, al forte e lento del pia-
cere, il debole e accelerato del dispiacere, come
da questi diagrammi tipici:
Eccitazione.
Depressione.
Ra VIZZA, Psicologia deOa Lingua.
18 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Tensione.
Sollievo.
,1\JX
Piacere.
'^^'^'WWAArwW^
Dispiacere.
II - CENXI DI PSICOLOGIA 19
Alle sensazioni e ai sentimenti, a questi elementi
ultimi, indivisibili, dell'anima umana, come a
quelli che, già lo dicemmo, non si presentano a
noi isolatamente, il psicologo è giunto appena
da qualche anno armato di metodi e strumenti
perfezionatissimi; noi ora, rifaceado lo stesso
cammino in senso inverso, dobbiamo con questi
elementi ricostruire di mano in mano processi
sempre maggiori, quelli appunto dai quali invece
il psicologo è partito nella sua analisi, come da
quelli che primi e evidenti si presentano nella
realtà d'ognuno.
I primi complessi psichici che risultano dalla
combinazione degli elementi studiati, sono le
formazioni psichiche, sotto il quale nome inten-
diamo qualunque complesso di elementi psichici,
che si staccano da tutti gli altri, come piìi in-
timamente uniti fra loro a formare un'unità;
cosi ad esempio fra tutte le infinite sensazioni
visive ch'io ricevo in questo istante, tutte quelle
che costituiscono il tavolo che mi sta davanti,
formano un complesso a se; così quelle che costi-
tuiscono quel banco, quella lampada, ogni mia
parola, ecc.
Questi complessi psichici poi si dicono rap-
presentazioni, se sono costituite sopratutto di sen-
sazioni, così : il tavolo, il banco ; e moti del-
l'animo se vi predominano i sentimenti, così: la
noia, il desiderio d'uscire che provo ora.
Come già si vede da questi esempi, le rappre-
sentazioni, pur non essendo costituite che da
sensazioni di una delle cinque specie ricordate.
20 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
hanno proprietà che non sono contenute in queste ;
così, se una sensazione tattile sola, che interessi
dunque una sola papilla, mi dà la sensazione di
acuto, moltissime assieme che interessano tutte
le papille di una parte della mia pelle mi danno
la superficie, lo spazio; un succedersi di sensa-
zioni uditive, mi dà il tempo ; e queste rappre-
sentazioni non sono vincolate a ogni singola
sensazione luminosa e uditiva, ma dipendono
soltanto dalla relazione in cui le infinite sen-
sazioni si trovano fra di loro.
E giova ancora notare che, mentre scompo-
nendo una rappresentazione noi arriviamo sempre
a sensazioni che appartengono a una di quelle
classi in cui le abbiamo divise: di tatto (o del
senso generale), di suono, di olfatto e gusto, e
di luce, i sentimenti che le accompagnano non
risultano sempre composti da tutti i sentimenti
che accompagnano le singole sensazioni, ma pos-
sono essere nuovi sentimenti semplici che sorgono
solo colla rappresentazione.
Così, se sento una rappresentazione sonora, per
esempio l'accordo do mi, distinguo benissimo in
esso le due sensazioni do e mi, ma il sentimento
dell'armonia, non è legato a nessuna di quelle
due sensazioni prese isolatamente; è un senti-
mento nuovo, indecomponibile, che accompagna
solamente la rappresentazione. Ond'è che la realtà
più varia, più ricca, più nuova, più sconosciuta, è
sempre questa soggettiva, questa che nasce e vive
in noi.
Siccome le rappresentazioni presentano delle
II - CENNI DI PSICOLOGIA 21
proprietà che non erano già inerenti a nessuno
dei loro elementi e che sorgono soltanto dalle
relazioni in cui questi vengono a trovarsi fra di
loro, è appunto in base a queste relazioni fra i
loro elementi che esse vengono classificate.
E vediamo che in alcune rappresentazioni le
sensazioni che le compongono sono tutte indiffe-
rentemente legate fra loro; così in un accordo:
es. re, fa, la, non riusciamo a concepire una va-
riazione dipendente dalla disposizione dei singoli
suoni {la fa re, la re fa) appunto perchè non sono
orientate in nessun modo.
Ma di altre rappresentazioni gli elementi sono
orientati fra di loro in un modo determinato
che non posso immaginare permutato senza
che la rappresentazione totale muti. Questo è
il carattere delle rappresentazioni di spazio. Se
io disegno un triangolo, ognuna delle sensazioni
visive che lo compongono non può cambiar di
posto rispetto alle altre, se la figura deve re-
stare un triangolo ; le posso però, mantenute le
loro relazioni reciproche, spostare e rivoltare a
piacimento rispetto a me.
Ma neppur questo posso fare con una terza
classe di rappresentazioni, quelle di tempo, le cui
parti sono dunque orientate e fra loro e rispetto
al soggetto ; di fatti, mentre io posso imagi-
narmi quel triangolo, dietro, sopra, davanti di
me, senza che esso cessi d'essere un triangolo
e quel triangolo, non posso immaginarmi d'esser
uscito di qui prima d'esservi entrato, l'ieri prima
dell'oggi, e così via.
22 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
In base ai caratteri summenzionati possiamo
teoricamente classificare le rappresentazioni; dob-
biamo però ricordare che vale per esse quanto
abbiamo detto sulla necessaria coesistenza degli
elementi psichici, e che dunque, ad esempio, una
rappresentazione di spazio senza una di tempo
0 viceversa non sono possibili; io vedo questo
tavolo, ma evidentemente lo vedo per un dato
tempo, e in un dato tempo, e cosi la rappre-
sentazione temporale risultante da due suoni
successivi, localizzerò pure alla mia destra, alla
mia sinistra, in somma in una parte qualsivoglia
dello spazio.
Se è difficile che occorra una rappresentazione
isolata da sensazioni estranee e da sentimenti,
è impossìbile che occorrano moti dell' animo
liberi da rappresentazioni e li classifichiamo
appunto in base alla loro relazione colla rap-
presentazione, dalla quale non vanno mai dis-
giunti : quella di tempo ; chiamiamo cioè compo-
sizione intensiva quel sentimento che non varia nel
tempo, che dunque in tutto il suo decorso è eguale
a se stesso al momento in cui sorse ; così il sen-
timento d'armonia che nasce all'udir un accordo
0 il sentimento ritmico che accompagna il suc-
cedersi regolare di suoni eguali e si mantiene
eguale per tutto il tempo, in tutta la sua du-
rata. Chiamiamo invece composizione estensiva, si
intende nel tempo, l'emozione, cioè una sequela
di sentimenti svolgentisi successivamente ma pur
formanti un decorso connesso, come sarebbe ad
esempio un accesso d'ira.
II - CEXXI DI PSICOLOGIA 23
Sono appunto le emozioni che di tutte le for-
mazioni maggiormente ci interessano, e sopra-
tutto per i fenomeni fisici concomitanti. Questi
in parte non sono, naturalmente, che complica-
zioni di quelli che vedemmo accompagnare i
sentimenti semplici, variazioni, cioè, del polso
e della respirazione; ma a questi s'aggiungono
non solo, nelle emozioni più forti, diffuse alte-
razioni d'innervazione, come tremito muscolare,
moti convulsivi del diaframma , abbassamento
della tonicità muscolare quasi per paralisi, ma
anche, comunissimi e caratteristici a tutte le emo-
zioni, movimenti degli organi esterni, della bocca,
delle braccia e di tutto il corpo; cioè, movimenti
mimici e pantomimici.
A causa del loro valore sintomatico tutti questi
movimenti sono chiamati movimenti espressivi, e
possono esser distinti in tre classi:
I. Sintomi dell'intensità sentimentale dell'e-
mozione, i quali consistono, se questa è piuttosto
forte, in un'esagerazione, e se è fortissima in
una paralizzazione subitanea dei movimenti abi-
tuali , qualunque sia la qualità dei sentimenti
che formano il contenuto dell'emozione ; vediamo
infatti persone cadere tanto per gioia che per
dolore eccessivo.
II. Manifestazioni della qualità sentimentale
dell'emozione. Fra queste hanno importanza fon-
damentale le contrazioni mimiche della bocca,
e, per connessione muscolare, dei muscoli del
naso e delle guance, per effetto di sensazioni
dolci, acide o amare , poiché fanno parte del-
24 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
l'espressione di tutti i sentimenti piacevoli o
spiacevoli. Siano questi dunque anche i più no-
bili e complessi , le loro manifestazioni sono
legate a quei movimenti coi quali cerchiamo
di avvicinare le parti più sensibili della nostra
bocca a un boccone prelibato, o di allontanarle
da uno disgustoso.
III. Manifestazioni del contenuto rappresenta-
tivo delle emozioni, che consistono generalmente
in movimenti pantomimici coi quali o indichiamo
(e originariamente forse afferravamo) gli oggetti
{gesti indicanti) o li descriviamo imitandone la
forma coi movimenti nostri {gesti descrittivi).
Tre specie di manifestazioni e movimenti che
generalmente non andranno scompagnate fra
loro, giacché corrispondono ai due elementi che
non vanno mai disgiunti in nessun processo psi-
chico, il sentimentale e il sensazionale, e alla
loro intensità.
Interessante è poi di osservare come questi sin-
tomi, queste manifestazioni, alla lor volta man-
tengano e rinforzino l'emozione; così, ad esempio,
l'incollerito collo stringere dei pugni, col serrare^
dei denti, rinforza la collera che lo agita; re-
troazione del movimento muscolare di cui pos-
siamo esperimentare artificialmente l'effetto, os-
servando come ci riesca difficile imaginarci ui
sapore dolce, se atteggiamo la bocca all'espresi
sione di amaro, e che si spiega dalla strettì
associazione nella quale quei movimenti si tro-
vano colle sensazioni e coi sentimenti che di/
solito li accompagnano.
II - CENNI DI PSICOLOGIA 25
Dico, e ho detto sempre nella mia trattazione,
che i sintomi fisiologici accompagnano i fenomeni
psichici, evitando a bello studio qualunque espres-
sione che potesse far supporre che questi feno-
meni fisiologici siano causa o effetto, precedano
0 seguano il fatto psichico, poiché tutte queste
che noi chiamiamo: "manifestazioni, espressioni,
sintomi ,, e che tali in fatti sono per noi, giacche
solamente da essi possiamo indovinare il pro-
cesso psichico che si svolge in altri e la sua
natura, non sono in realtà ne causa ne effetto
di esso processo, ma ne sono semplicemente un
aspetto, sono il processo stesso, il quale, per il
soggetto sarà: piacere, dolore, collera, ecc.; per
l'osservatore invece : gesto, espressione del viso,
movimento cardiaco o respiratorio.
Noi, abituati per necessità a risalire da essi
al fenomeno psichico, siamo generalmente in-
dotti a veder in questo la causa, in quelli gli
effetti, a supporre questo necessariamente ante-
cedente a quelli; per contro qualche psicologo,
dimentico che alle scienze naturali (e quindi alla
fisiologia) e alla psicologia si presenta, come
mostrammo pili addietro, in modo diverso la
stessa realtà, potè vedere nel fenomeno psichico
l'effetto di quello fisiologico; ma nessun dato di
esperienza scientifica ci autorizza a questa sup-
posizione, e dobbiamo quindi ritenerli i due
aspetti di un unico, indivisibile, processo psico-
fìsico.
Risultato questo della massima importanza
pel nostro studio, giacche appunto i fenomeni
Ra VIZZA, Psicologia deOa Lingua. 4
26 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
di innervazione e circolazione considerati, qualora
interessino gli organi respiratori, speciali plessi
muscolari e la laringe, danno luogo a suoni, al
linguaggio.
Fisiologicamente considerato il suono vocale in-
fatti non è che un movimento espressivo dell'ap-
parato muscoloso della laringe e dei muscoli
respiratori, i quali, spingendo l'aria sulle corde
vocali le fanno vibrare. Le speciali contrazioni
muscolari poi che danno al suono così prodotto
quelle qualità di risonanza, di timbro, ecc., che
lo rendono suono articolato, si distinguono dagli
altri movimenti mimici solamente perchè, oltre
ai muscoli esterni, interessano quelli delle cavità
orali e della gola, principalmente quel muscolo così
mirabile per sensibilità e mobilità che è la lingua,
della quale sembra già proclamare l'importanza
pel linguaggio il duplice significato che ha spesso
il suo nome; così p. es. l'italiano " lingua „, il
greco f\waaa.
Tale essendo, per la fisiologia, il linguaggio, la
fisiologia del linguaggio avrà per solo compito
lo studio della complicata meccanica di quei
muscoli nella produzione dei diversi suoni ; ma a
noi interessano invece i processi psichici conco-
mitanti; di essi abbiamo visti finora i più sem-
plici; continuiamo dunque pazientemente a salire
verso i pili complicati, fra i quali sono anche i
piìi direttamente importanti per il nostro tema.
Abbiamo mostrato in che consista un'emozione;
or bene un'emozione che finisce in un improv-
viso mutamento del suo contenuto rappresenta-
CEXXI DI PSICOLOGIA 27
tivo e sentimentale è un processo volitivo e quel-
l'ultima parte del processo volitivo, l'improvviso
mutamento del suo contenuto, si chiama atto vo-
litivo ; esso è generalmente anche esterno, ma può
essere anche solo interno, puramente psichico.
Così ad es. : desidero un frutto (rappresentazione
del frutto colla relativa emozione), lo prendo o
vi rinuncio: ecco i due atti volitivi, il primo
esterno, il secondo interno, che pongono fine alla
mia emozione (desiderio di quella mela).
Nell'emozione che si risolve in un atto voli-
tivo, i singoli sentimenti e le rappresentazioni
che la costituiscono non hanno mai un valore
concorde ed eguale, ma alcuni di essi si levano
sugli altri come preponderanti nella preparazione
dell'atto volitivo: li chiamiamo motivi; così ad
esempio può darsi che io abbia presa quella mela
per fame.
In questo caso il motivo è uno solo e il pro-
cesso di volere si dice semplice e l'atto volitivo
che lo termina azione impulsiva; ma può darsi
che l'emozione che termina col prendere la mela
consti di fame, del profumo della mela, dell'in-
^'ito del proprietario dell'albero, ecc., e avrò
allora un processo volitivo composto, e l'atto che
vi pone termine è un atto volontario. Questo pro-
cesso e questo atto si chiama poi di scelta se
fra i motivi alcuni agiscono in senso opposto
agli altri e vi fu dunque fra essi una lotta; così
nel caso preso come esempio, se all'invito della
fame, dell'odore e del colore della mela, si op-
ponesse la proibizione del proprietario.
28 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
I processi di volere composti e i relativi atti
di scelta volontari possono poi, per un processo
regressivo, diventare processi semplici e atti im-
pulsivi, e ciò avviene quando lo stesso atto vo-
litivo composto si ripeta più volte; in tal caso
la lotta dei motivi si fa sempre piti debole e
resta solo quello predominante; ma anche questo
poi diventa sempre più inavvertito e l'atto di-
venta addirittura automatico; infine si compie
senza che il soggetto neppure se ne accorga,
esce dal campo della psicologia per entrare in
quello della fisiologia come atto riflesso.
Così uno che impari scherma, ad una botta
dell'avversario indugerà colla parata, indeciso
fra parecchi movimenti, e la sua parata sarà,
quando infine arriverà , un atto volontario di
scelta; poi quella botta dell'avversario richia-
merà in lui solo il desiderio di quella parata e
di quella sola, che egli appunto eseguirà {atto
impulsivo) ; poi alla botta dell'avversario seguirà
subito la sua parata senza ch'egli neppure av-
verta il desiderio di compierla {atto automatico) ;
spesso infine senza che egli neppure s'accorga
di compierla {atto riflesso).
Questo carattere, d'esser cioè atti volontari
divenuti meccanici, che è provato e dalla evo-
luzione che subiscono continuamente molti dei
nostri atti volontari, e dal fatto che molti di
essi si presentano innati già rispondenti al loro
scopo (poiché quell'evoluzione può compiersi an-
ziché nella vita di un individuo in quella di molte
generazioni), differenzia gli atti riflessi dai mo-
vimenti espressivi, e quindi dal linguaggio.
II - CEyXI DI PSICOLOGIA 29
Anche le singole formazioni psichiche, sia con-
temporanee che successive, sono generalmente
unite fra loro. Questa connessione delle forma-
zioni psichiche dicesi coscienza, la quale dunque
è la combinazione generale dei processi psichici
nella quale spiccano le singole formazioni come
composizioni più intime.
Di queste composizioni collegate fra loro, al-
cune sono più chiare e distinte delle altre : così
di una successione regolare di battute quella che
sento in questo momento è più chiara nella mia
coscienza di quella che ho appena udito e questa
più di quella che ho udito prima e questa più
della precedente che già sarà divenuta inco-
sciente ; di molti oggetti che vedo quello che
guardo è il più chiaro. Chiamiamo attenzione lo
stato nel quale un contenuto psichico ci è più
chiaro, cioè viene appercepito, e appercezione il
processo per cui un complesso psichico diventa
più chiaro, mentre percezione diciamo lo stato
della coscienza scevro d'attenzione.
Insomma, immaginando la nostra coscienza
come un disco luminosissimo al centro, sempre
meno luminoso verso la periferia, e circondato
dall'oscurità, un'imagine che è al centro vien
'1 ppercepita ; se è nel disco è percepita più o
uieno chiaramente; se esce dal disco diventa in-
cosciente e psicologicamente non esiste più ; sic-
come però vediamo continuamente dei complessi
psichici divenuti incoscienti riapparire nella co-
scienza, dobbiamo ritenere che rimasero serbati
in processi fisiologici cerebrali come disposizioni
al riprodursi di complessi eguali.
30 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Ora può darsi che un complesso psichico (per
tacere di quando vien solo percepito e non ap-
percepito, cioè entra nel disco e ne esce senza
esser arrivato fino al centro luminoso) entri in
due modi diversi nel campo dell'attenzione : può
darsi cioè che vi entri improvvisamente o che vi
entri invece lentamente.
Imaginiamoci ancora il nostro disco luminoso.
Ecco a un tratto là al centro, nel punto della
massima chiarezza, una rappresentazione coi suoi
sentimenti, ci par allora capitata là, nostro mal-
grado, 0 almeno senza nostra volontà, e chia-
miamo questo processo appercezione passiva.
Ma altre volte toccano prima il centro lumi-
noso i sentimenti che accompagnano le rappre-
sentazioni, mentre queste spuntano appena dal-
l'oscurità, che circonda il disco; abbiamo allora
una di quelle speciali disposizioni d'animo di
tensione e d'attesa delle quali non sappiamo ren-
derci ragione, alla quale succede un senso di
soddisfazione appena anche la parte rappresen-
tativa è giunta nel campo dell'attenzione e vien
appercepita; questo processo chiamiamo, in op-
posizione al precedente, appercezione attiva.
Conosciamo gli elementi psichici: sensazioni]
sentimenti; conosciamo i loro primi raggruppai
menti in formazioni psichiche (siano rappresene
tazioni che moti d'animo); ma giacche questa
ancora sono collegate fra loro a formare la co^
scienza, dobbiamo ora studiare la natura di quest
collegamenti.
Essi possono presentarsi in uno stato d'atten-
II - CEXXI DI PSICOLOGIA 31
zione passiva e li chiamiamo allora associazioni,
o in uno stato di attenzione attiva e li chiamiamo
combinazioni appercettive.
Cominciamo a studiare le associazioni. Esse
potranno avvenire fra complessi psichici che sono
contemporaneamente nella coscienza e fra com-
plessi che non sono contemporaneamente nella
coscienza; chiamiamo le prime associazioni simul-
tanee, le seconde successive.
Sento una parola e la capisco; evidentemente \
colla nuova impressione si sono presentate tutte \
quelle che precedentemente avevo avuto della/
stessa parola. Guardo e tocco contemporanea-j
mente una pallottola ; questa risulta per me ap-
punto dall' imagine visiva e tattile simultanea-
mente. Le associazioni simultanee fra formazioni
omogenee come nel primo caso (nel quale tutte
e due le rappresentazioni che si fondevano erano
uditive), si dicono assimilazioni; quelle fra forma-
zioni eterogenee come nel secondo caso (fra un'i-
magine visiva e una tattile), si dicono complica-
zioni.
Ed ora due esempi di associazioni successive.
Rivedo dopo molti anni un vecchio amico e
lo riconosco. Rivedo un suo manoscritto e mi
ricordo di lui. Nel primo ho un processo di ri-
conoscimento; nel secondo di memoria: vediamo
come differiscano fra loro e dalle associazioni
simultanee. Nel riconoscimento vi sono tanti ele-
menti diversi fra la nuova rappresentazione e
la vecchia, che non permettono quella rapida fu-
sione delle due formazioni che accadeva invece
32 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
nelle simultanee, e questi elementi diversi restana
esclusi dalla fusione, dando luogo al sentimento
speciale di contezza o di riconoscimento.
Nel secondo questi elementi diversi sono an-
cora pili numerosi, tanto che costituiscono una
imagine a se " l'amico „ ben distinta dalla rap-
presentazione presente " il manoscritto „ rife-
rita direttamente a un'impressione antecedente
ed accompagnata dal sentimento speciale di
ricordanza', entrambi non differiscono dunque
essenzialmente dalle due forme d' associazione
simultanea; se non che il processo che là si
presenta in un atto unico indivisibile nel tempo,
qui soffre un ritardo, per il quale si separa in
due 'atti: il primo costituito dal sorgere degli
elementi riproducenti , il secondo dal sorgere
dei riprodotti; i primi sembran predominare nel
riconoscimento, i secondi nel ricordo; quello si
può quindi concepire come un assorbimento del
passato nel presente, nel reale; questo invece
del presente, del reale, nel passato.
Perchè compientisi piìi lentamente, e quindi
più facilmente constatabili, le associazioni suc-
cessive furono scoperte per le prime, e som
ancora per qualche psicologo le uniche forme dfl
associazione; ma noi sappiamo ora, forti dei dati]
dell'esperimento, che il processo resta essenzial-
mente lo stesso nella fusione degli elementi ini
rappresentazioni e moti dell'animo, nelle asso-
ciazioni simultanee e nelle successive, e che,
conseguenza, anche queste risultano dalle assoi
ciazioni fra elementi, non sono dunque quasi anelli
p
»
II - CEKXI DI PSICOLOGIA 33
che uniscano due idee diverse, ma bensì l'appar-
tenenza di elementi a diverse combinazioni, siano
queste rappresentazioni, o moti d'animo; ele-
menti e combinazioni e associazioni che, tenia-
molo sempre presente, son tutti fenomeni, pro-
cessi, non cose.
Le combinazioni di formazioni psichiche che
si formano nello stato d'attenzione attiva, per
un atto dunque di volontà, a differenza delle as-
sociazioni che si formano nello stato d'attenzione
passiva, abbiamo chiamate combinazioni apper-
cettive.
Con queste noi tocchiamo le piti alte funzioni
psichiche, giacche vi appartengono quelle di re-
lazione e comparazione, di sintesi e analisi.
Di questi processi di collegamento superiori
alle associazioni il più semplice è la relazione
di due contenuti psichici fra loro. La base è data
naturalmente dalle singole formazioni psichiche
e dalle loro associazioni, ma abbiamo una rela-
zione solo quando gli elementi che costituiscono
l'associazione, il legame fra due formazioni, vien
appercepito come uno speciale contenuto di co-
scienza appartenente alle due formazioni, ma da
esse distinte. — Cosi, quando riconoscendo quel
vecchio amico, acquisto coscienza delle identità
fra la persona quale la vedo ora e quale la ri-
cordo, 0 quando ricordandomi di lui, perchè ne
rivedo un manoscritto , acquisto coscienza della
relazione fra il manoscritto che ho davanti e il
ricordo dell'amico, evidentemente ho qualche cosa
in pili dell'associazione, ho la coscienza distinta
R A VIZZA, Psicologia deUa Lingua. 5
34 • PSICOLOGIA DELLA LINGUA
di questo atto di associazione, e i sentimenti di
contezza e di ricordo acquistano nella relazione
il loro substrato rappresentativo; in essa in-
somma, per dirla con parole comuni, " ci ren-
diamo ragione del riconoscimento, del ricordo „.
La comparazione non è che una forma speciale
di relazione, che si presenta quando determino
le somiglianze e le differenze fra le due forma-
zioni che sono in relazione; d'altronde una re-
lazione implica sempre una comparazione dei due
contenuti psichici.
È dal ripetersi e complicarsi delle due funzioni
di relazione e confronto che risultano quelle di
sintesi e di analisi.
La sintesi appercettiva, pur riposando su as-
sociazioni, differisce da queste, perchè sceglie fra
il materiale offerto dall'associazione, e parte ne
accetta e parte ne rifiuta; così, ad es., da tutto
quanto io vedo, guardando dalla mia finestra
nella campagna, e da tutto quanto vi si annette
per associazione, sia rappresentazione che sen-
timento, io rilevo come formante una rappresen-
tazione a se " un uomo che percuote un ra-
gazzo „ ; questa combinazione è evidentemente
preparata dalla fusione di un'infinità di sensa-
zioni e dalle associazioni con combinazioni pre-
cedenti, ma diventa una rappresentazione totale,
perchè, concentrando su di essa la mia attenzione,
l'appercepisco come un tutto a sé.
Può darsi che una rappresentazione totale dif-
ferisca di tanto dalla realtà da apparire come
affatto nuova, e sarà allora una rappresentazione
II - CENNI DI PSICOLOGIA 35
fantastica; tale sarebbe la precedente se l'uomo
stesse invece lavorando e il bambino giuocasse
tranquillamente; qualora però io non avessi mai
visto quell'uomo battere quel bambino, perchè in
tal caso non avrei che una immagine mnemonica.
Comunque sia la rappresentazione totale, reale
0 fantastica, a essa si annette il processo apper-
cettivo à' analisi, come attività fantastica o come
attività intellettiva.
Come attività fantastica, se non fa che scom-
porre la rappresentazione totale nelle singole rap-
presentazioni parziali piìi chiare, meglio deter-
minate di quel che non lo fossero nella totale;
così ad esempio, se andrò osservando o imma-
ginando più particolarmente il ragazzo, la sua
testa, il colore dei suoi capelli e così via: come
attività intellettiva invece, se non solo distinguo
le singole parti della rappresentazione totale,
ma ne stabilisco anche le relazioni. Queste re-
lazioni mutano di caso in caso, giacche dipen-
dono dalla natura, sia della rappresentazione
totale che delle singole rappresentazioni parziali,
ma pur si possono riunire nelle classi generali
di oggetti, qualità e stati, che formano le categorie
logiche.
L'intero processo analitico costituisce un giu-
dizio, e la sua espressione è la proposizione', i
singoli risultati del processo, cioè le rappresen-
tazioni parziali in relazione logica fra loro, sono
i concetti e -le loro espressioni le parole.
La proposizione non è dunque, come può ap-
parire formalmente e come insegna la così detta
36 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
" analisi logica „, il prodotto di una sintesi, una
riunione di parole, ma anzi, un processo analitico
nel quale, solo come parti di un tutto, stanno
le parole.
Presentandosi poi la stessa parola in combi-
nazioni diverse, essa vien di mano in mano de-
terminandosi, e infine può, per un atto di apper-
cezione, staccarsi come rappresentazione verbale
indipendente; processi, coi quali va di pari passo
la formazione dei concetti generali , giacché è
comparendo come risultato dell'analisi di diffe-
renti rappresentazioni totali che un concetto
viene a poco a poco a contenere una grande
quantità dì rappresentazioni parziali concrete;
così, ad es., il concetto generale " cavallo „ le
rappresentazioni concrete di molti diversi cavalli.
Appunto perchè simbolo adeguato di questi
concetti generali è di tanta importanza per il
nostro pensiero la rappresentazione verbale, la
parola, della quale, nel capitolo seguente, sarà
nostro compito studiare la struttura psichica.
m.
LA EAPPBESENTAZIOXE VERBALE
Importanza della psicopatologia per l'analisi del feno-
meno normale — Afasia motrice — Afasia amnestica
(amnesia) — Agrafia — Alexia — Sordità verbale
— Supposti centri cerebrali della facoltà verbale —
Significato psicologico delle singole afi"e2doni — Costi-
tuzione psichica della rappresentazione verbale —
Valore delle associazioni fra i suoi elementi — Contro
la teoria della localizzazione — Parafasia.
Appercezione della parola — Esperimenti col tachisto-
scopio — Associazioni fra gli elementi della nudva
rappresentazione e quelli delle precedenti — Apper-
cezione — Simultaneità del processo.
Vizi di articolazione — Dislalie — Paralalie — Onoma-
tomissie e loro cause psichiche.
Ampiezza dell'articolazione normale.
Pronuncia di parole straniere.
Classificazione fisiologica delle modificazioni fonetiche ;
scambio e mutamento.
'.•jW^
m.
La rappresentazione verbale.
Nell'analisi della rappresentazione verbale, che
^noi dobbiamo intraprendere, ci sarà di grande,
d' imprescindibile, aiuto la conoscenza delle
)erturbazioni che ci presenta la parola in alcune
lalattie mentali, giacche in queste appunto la
latura ha esperimentato per noi su un organo
)sì prezioso, così delicato, così difficilmente ac-
ìssibile all'osservatore, e del quale per conse-
lenza conosciamo ancora così poco, come è il
lostro cervello. Noi però non dovremo occu-
)arci di tutte le perturbazioni della parola perchè
lueste escono in due sensi dai limiti del com-
)ito nostro, l'analisi della rappresentazione ver-
)ale; ne escono cioè, da un lato, perchè tiUte
le malattie mentali necessariamente si manife-
tano aìiche nel discorso, e dall'altro lato perchè
ri sono disturbi della parola che non dipendono
40 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
che da imperfetto funzionamento dei muscoli della
bocca e della lingua. Delle prime non dovremo
occuparci perchè in esse le perturbazioni della
favella non sono che sintomi secondari di af-
fezioni generali (se un idiota chiama " pane „
un pezzo di legno e cerca di mangiarselo, evi-
dentemente non si tratta solo d'un errore di
parola); delle seconde no, perchè interessano so-
pratutto la fisiologia e la patologia speciale di
quegli organi. Noi qui vogliamo studiare quelle
malattie che colpiscono la parola come processo
indipendente da perturbata concezione o da ir-
regolare meccanismo muscolare, quelle insomma
che la rendono, malgrado un perfetto funziona-
mento degli organi esterni, un' inadeguata, anor-
male espressione di una vita psichica, che, in
tutte le altre sue manifestazioni, appare nor-
male ; fermiamo dunque la nostra attenzione
sopratutto su quel gruppo di affezioni che si
raccolgono sotto il nome generale di afasie (1).
(1) Della bibliografia su questo argomento, ricca ma
nel suo complesso confusa, perchè, generalmente, non
raggruppa le diverse malattie puramente secondo i loro
sintomi, ma secondo le due supposte cause, in centrali e
esterne, e perchè varia da autore a autore l'uso degli
stessi termini (ad es., di quello d'afasia) , ricordo come
opera importantissima : Kussmaul, Storungen der Sprache,
3* edizione, Lipsia 1885, della quale è un sunto con qualche
variante, l'articolo nella Real-Encyclopàdie der gesamten
Heilkunde (Wien, 1885-90); inoltre:
LiEBMANN, Vorlesungen iiber Sprachstorungen 1898 ss.;
Sprachstorungen und Sprachentwickelung nel * Neurologi-
Ili - LA RAPPBKSEXTAZIOXE VERBALE 41
Pochi esempì, ma caratteristici, ne offre colla
-uà solita chiarezza ed esattezza Charcot (1), ed
cccone qualcuno, spogliato di tutti i particolari
che interessano esclusivamente i medici.
Un maestro calzolaio, abile artigiano e istrutto
più di quanto richieda il mestier suo, giunto alla
cinquantina sano e robusto, un brutto mattino
vuol levarsi e non può muoversi, vuol chiamare
e non può articolar parola. Il povero uomo è
stato colto da paralisi generale. Ma a poco a
poco il male cede, e il maestro riacquista l'uso
delle membra tanto da poter attendere, come
aveva fatto per tanti anni, al cuoio ed alla le-
sina. Ma non può parlare. Eppure la sua mente
è libera; egli fa i suoi conti, scrive le sue let-
tere, manda perfino al medico un' accurata de-
scrizione del suo stato, sente e capisce tutto, i
suoi muscoli orali sono in perfetto ordine, giacdiè
muove la lingua in tutti i sensi e in tutti i modi,
soffia, fischia, divarica e chiude le labbra. — La
CetUralUatt ,, 1900, XIX (non studia che bimbi e
).
Gerdts a. e., Die Krankheiten der Sprache. Bingen,
1890 (sopratutto per le balbuzie).
HissHELwooD J. , Letter • Word und Mind-Blindness.
London, 1900.
Mkhinger R. USD K. Matbb, Versprechen und Verlesen.
Stuttgart, 1895.
Snysckers M., Le hegayement et les autres défauts de la
parole. Brussel, 1900.
S. Feeud, Zur Auffassung der Aphasien, 1891.
(1) J. Charcot, Differenti forme d'afasia. MUano, 1884.
Ratizza, Psicologia della Lingua. 6
42 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
paralisi gli ha lasciato l'afasia atactica o motrice,
nella quale l'ammalato sa la parola e può fare
i movimenti necessari a pronunciarla, ma non se
li ricorda più, non li sa più trovare.
Ecco ora il caso di un Russo, pure sulla
cinquantina, robusto, colto, che occupa un grado
molto elevato nell'esercito del suo paese, e
che oltre la lingua russa sa la francese e la
tedesca. Incontra in una sala del suo circolo un
amico che gli parla in francese e con sua me-
raviglia si accorge di comprendere tutto, ma di
non poter formulare una risposta nella stessa
lingua: ne lo può in tedesco, mentre può con-
versare come di solito in russo; prova a leggere,
legge benissimo ad alta voce anche il francese
e il tedesco ; in lui dunque non trattasi di afasia
motrice, giacche leggendo articola qualunque
parola e d'altronde articola perfettamente tutte
le parole della sua madre lingua , ma trattasi di
afasia amnestica, per la quale egli non può più
ritrovare nella sua memoria una sola parola del
ricco vocabolario francese e tedesco che posse-
deva. Non son rari i casi nei quali tale malattia
colpisce persone che sanno una lingua sola e
allora essi non trovano più parole per esprimere
i loro concetti; è un caso che entra nelle sue
forme più miti anche nel campo normale e che
sarà occorso a tutti, quando, ad es., ci si presenta
chiarissima alla memoria l' immagine di una data
persona, sappiamo di saperne il nome, ma non
lo ritroviamo più. fljl
Come vediamo, differisce questa afasia dalla
mn
Ili - LA BAPPRESBNTAZIONE VESSALE 43
motrice, perchè non son più i movimenti che l'am-
malato cerca per pronunciare la parola, bensì
la parola per esprimere il suo concetto.
Lo stesso ammalato ci offre anche un bellis-
simo esempio di agrafia. Egli, come vedemmo,
sapeva ancora benissimo la sua lingua madre,
il russo, eppure benché l'avesse sempre saputa
scrivere, e benché egli sapesse eseguire colle dita
e colla penna qualunque movimento, così che
poteva copiare uno scritto, vi fu un certo tempo
nel quale non sapeva scrivere spontaneamente
una parola. Racconta Charcot : " Gli chiesi di
dirmi e di scrivere il luogo della sua dimora a
Parigi „, e prontamente mi rispose: " Abito al-
l'Hotel de Bade, Boulevards des Italiens ,. Ma
quando si trattò di scrivere le medesime parole,
l'infermo potè appena tracciare: "Ab
». In somma come l'affetto di afasia
motrice non trova più i movimenti orali coor-
dinati necessari a rendere la parola, quello
affetto da agrafia non trova più i movimenti
coordinati necessari a scriverla.
E lasciamo il nostro Russo per un signore
francese, direttore di uno stabilimento industriale.
Un giorno va con amici a caccia nei dintorni
di Parigi ; vede scappare una lepre, la prende
di mira, spara, e uccide il bracco di un altro
cacciatore, (fin qui nulla di anormale). Benché
questo accidente lo avesse seccato assai, con-
tinua a cacciare fin verso sera , quand'ecco
mentre sta mirando a un'altra lepre, cade a terra
privo di sensi. Trasportato subito a casa, rin-
44 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
viene; a poco a poco si rimette. Dopo quattro
giorni, quando comincia a poter attendere ancora
ai suoi affari, scrive un biglietto; fa per rileg-
gerlo, non può; non vede sul suo foglietto che
dei segni che non può decifrare. Capisce quanto
gli vien detto, parla benissimo, scrive corretta-
mente; ma non può piìi leggere, neppure quello
che ha scritto egli stesso.
A poco a poco scopre che può leggere se rifa
colla mano i movimenti dello scrivere ; se gli fan
tenere le mani dietro il dorso, e gli danno da
leggere qualcosa, è obbligato a segnare coll'in-
dice della destra sul palmo della sinistra le
parole che deve leggere ; se no lo stampato e lo
scritto non sono per lui che un arruffìo di sgorbi
senza senso. Ecco Valexia o cecità verbale.
Ma non meno interessante è il caso di sordità
della parola che voglio ricordare.
Trattasi di un sarto di quarantanove anni, che
improvvisamente, senza complicazione di paralisi
motrice, si trovò nell' impossibilità di leggere, di
scrivere, di parlare e di comprendere il signifi-
cato delle parole, benché desse non dubbie prove
dell'integrità delle sue facoltà mentali eserci-
tando, come per il passato, il suo mestiere ; era
dunque affetto da alexia, agrafia, afasia motoria,
e da sordità verbale; ma a poco a poco la formai
morbosa si modifica, il suo stato migliora, e non]
gli rimase che la sordità verbale.
Se qualcuno gli domanda : " Che cosa sono le
forbici? „, sente e risponde di non aver capito
nulla; ma se gli si mostrano, dice prontamente:
Ili - LA RAPPRESENTAZIONE VERBALE
45
* Sono le forbici „ e ne spiega l' uso. Ecco dunque i
caratteri della sordità verbale : l'ammalato avverte
qualunque benché minimo rumore, dunque non è
sordo; sa parlare, sa scrivere, sa leggere e ca-
pisce perfettamente quello che legge, ma i suoni
delle parole, benché li senta perfettamente, non
hanno per lui più nessun significato, sono rumori.
In molti dei casi simili osservati nelle cliniche,
l'ammalato ebbe la compiacenza di morire e
l'onore di poter offrire il suo cervello alla lan-
cetta e al microscopio del medico fortunato, e
così primo di tutti Broca, nella sua opera fa-
mosa (1): '• Sur le siège de la faculté du lan-
guage „ e poi altri, vennero a scoprire che alle
perturbazioni summenzionate corrispondono le-
sioni più 0 meno profonde in determinate circon-
voluzioni cerebrali, generalmente dell'emisfero
sinistro, raramente, e, pare, in persone mancine,
del destro.
Eccole qui segnate.
A afasia motrice.
B sordità verbale e
amnesia,
e cecità verbale.
D alexia.
(1) Sur le siège da la faculté du language, 1861. — La
bibliografia moderna sull'argomento raccolse 0. Vogt nella
[Zeitschrift fur Hypnotismus, VI, 1897.
46 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Molto lavorarono e lavorano eminenti scienziati
su questi quattro punti del nostro cervello, e
molte supposizioni, delle quali avremo più sotto
occasione di accennare alla più importante, vi
furon costrutte. Siccome però appena da un
mezzo secolo data la scoperta di Broca, e le
malattie che le diedero origine non sono fortu-
natamente comunissimo, ne tutti gli osservatori
sono egualmente abili ne procedono cogli stessi
metodi, la fisiologia potè trarre dallo studio delle
malattie mentali solamente la conoscenza, inte-
ressante d' altronde e ricca di promesse per l'av-
venire, di alcune circonvoluzioni cerebrali come
generalmente più necessarie alla integrità della
parola. La psicologia invece può di qui ricavare
un'esatta conoscenza delle singole parti costi-
tuenti la complessa rappresentazione verbale,
giacche quei casi morbosi disgregano questa che
normalmente si presenta come un tutto omogeneo^
rallentano e sciolgono per così dire le associa-
zioni che ne tenevan unite le parti, e or l'una
or l'altra, ne tolgono.
Ecco di fatti che: nell'afasia motoria (l'amma-
lato sa la parola, ma ha dimenticato i movi-
menti per pronunciarla), dalla rappresentazione
acustica della parola, che chiameremo a, si di-
stacca r elemento motorio che chiameremo m ;
nell'amnesia (abbiamo il concetto, ma non tro-
viamo la rappresentazione fonetica) a si distacca
dal concetto che chiameremo C; nell'agrafia (il
paziente sa parlare e leggere, ma non trova più
i movimenti coordinati della mano necessari per
il
Ili - LA BAPPBESENTAZIONE VEBBALE 47
scrivere), si sono distaccati dall'imagiiie ottica o,
i relativi movimenti grafici m ^ ; nella cecità
verbale (per l'ammalato le parole scritte non
hanno più nessun significato), l' imagine ottica
è staccata dal concetto C; per cui, se noi ri-
cordiamo infine che il concetto C comprenderà
una parte rappresentativa r e una sentimentale s,
la parola scissa appare in sei componenti, rag-
gruppati a due a due, e cioè:
I. Il Concetto che indicheremo con C e che
consta, come abbiamo detto, di una rappresen-
tazione r e di un sentimento s.
n. L'Elemento fonetico F, che comprende
una parte acustica a, cioè il suono della parola
come l'abbiamo udita pronunciare da altri e da
noi, e una parte motoria m, cioè il complesso
di sensazioni dei movimenti che abbiamo fatti
nel pronunciarla.
UI. L'Elemento pantomimico P, che comprende
una rappresentazione ottica o dei gesti che ac-
compagnarono la parola e dei segni scritti che
la rappresentano e ancora una parte motoria m^,
cioè il complesso di movimenti che facemmo noi
per scrivere, o coi quali accompagnammo la pro-
nuncia di quella parola.
Riunendo i simboli dei diversi elementi, con
linee la cui maggiore o minore grossezza indichi
la maggior o minor stabilità dell'associazione fra
i due elementi che collegano e la freccia la dire-
zione di questa associazione (giacché può darsi
che uno dei due elementi associati richiami
l'altro, e non viceversa), abbiamo questo schema
48
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
della costituzione della rappresentazione ver-
bale.
2^== Elemento fonetico
C = Concetto
P== Elemento pantomimico
L m = motorio.
{ a= acustico.
^ s = sentimento.
{ r = rappresentazione,
w* = motorio.
0 = ottico.
Come si rileva, le associazioni più intime sono
dunque quelle : am, ma, a s, s a e ìn^ m, cioè :
I. quelle fra il suono della parola e i mo-
vimenti d' articolazioni e fra questi e quello ;
difatti l'amnesia è spesso accompagnata da afasia
ni - LA BAPPBESENTAZIONE VEBBALE 49
atactica e il pensare in parole appare ad ognuno
quasi un parlar sottovoce, mentre d'altra parte
nessuno può eseguire, sia pure tacitamente, i
movimenti d' articolazione e non immaginarsi i
suoni corrispondenti;
n. fra il suono e il sentimento che accom-
pagna una rappresentazione e fra questo senti-
mento e il suono, giacche spesso è scaduta dalla
memoria l'immagine e pur resta il sentimento che
l'accompagna, e questo suggerisce il suono, o vi-
ceversa il suono richiama il sentimento che ac-
compagnava r immagine benché non abbia pivi
facoltà di rievocare questa;
ni. fra i movimenti grafici e quelli d'ar-
ticolazione, giacché generalmente, scrivendo una
parola la articoliamo, sia pure incompletamente,
mentre invece, generalmente, non accompagniamo
la pronuncia di una parola coi movimenti grafici,
ciò che è espresso dalla tenuità della mm^.
Seguono le associazioni ar ed or, cioè tra il
suono od il segno della parola e la rappresen-
tazione, certo più importanti di qualcuna delle
precedenti ma non così sicure, giacché spesso
ci avviene di non ricordar più il significato di
una parola che udiamo e leggiamo.
Ancor più debolmente é collegata la rappre-
sentazione al suono o al segno grafico {ra, ró),
perchè spesso non sappiamo trovare a una
data immagine la parola parlata o scritta corri-
spondente, che pure capiremmo, leggendola o
udendola ;
0 rappresentazione ottica della parola richiama
Rà VIZZA, Psicologia deOa Lingua. 7
60 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
debolmente m ed m^, movimenti d'articolazione
e grafici; mentre però questi ultimi richiamano
r immagine ottica, e abbiamo dunque anche una
m?- 0, non la richiamano i movimenti d' artico-
lazione.
L'associazione o a , fra l' immagine ottica della
parola ed il suono, non è direttamente molto
forte, ma è sussidiata da ow, ma-, onde è che,
generalmente, leggendo, ci ricorre il suono delle
parole, perchè le andiamo in pari tempo artico-
lando, sia pure incompletamente e silenziosamente.
Qui torna acconcio di osservare che non si deve
dunque tener conto solo delle associazioni dirette
fra elemento ed elemento, ma anche di quelle
indirette. Ciò risulta già da quanto abbiamo
detto appunto ora a proposito di o a, e aggiun-
geremo che, per esempio, allo scadere della ra,
la parola può venir richiamata per le associa-
zioni r 0, om} , m} m, ma, come avveniva a un
ammalato di amnesia che trovava le parole che
voleva pronunciare , scrivendole. — Inoltre osser-
viamo che possono entrare in giuoco anche asso-
ciazioni degli elementi di una parola con quelli
di altre rappresentazioni (che non appaiono quindi
nel prospetto), come ad es., se non ricordando il
nome di una persona, lo richiamiamo alla memoria,
pensando a quello d'un suo amico, che abbiamo
letto spesso assieme al suo ; e infine che queste
associazioni ausiliarie possono naturalmente esten-
dersi ad altri elementi non appartenenti neppure
a parola come, ad esempio, se non ricordando
il nome di una persona lo rievochiamo ricor-
Ili - LA KAPPRESEXTAZIOXE VERBALE 51
dandoci un libro nel quale l'abbiamo letto o una
circostanza nella quale l'abbiamo udito.
E ancora due osservazioni per il retto inten-
dimento dello schema e cioè:
I*. Che non tutte queste vie esistono e hanno
lo stesso valore in ogni individuo. Così, a mo'
d'esempio, in alcuni è così forte la relazione a m
che non possono pensare senza parlare, e a
chiunque riesce difficile ripetere solo mental-
mente, senza accompagnarlo coi movimenti d'ar-
ticolazione, un brano che abbia studiato ad alta
voce ; in chi s'abitui a scrivere leggendo ad alta
voce sarà invece fortissima 1' o a, ecc., poiché
nello stabilirsi di queste, come di tutte le as-
sociazioni, ha gran parte V esercizio (1).
n*. E importantissima ; che il nostro disegno
rappresenta un complesso di relazioni psichiche
e non va quindi interpretato come una rap-
presentazione, sia pure schematica, di supposti
centri e supposte vie cerebrali.
Quest'ultima nota allo schema merita speciale
attenzione, perchè contraddice a una spiegazione
delle afasie, che è accettata da moltissimi, e
alla quale d'altronde non è facile rinunciare,
come a quella che è esauriente, facile e inte-
(1) Ricordo a questo proposito come il Leibnitz aintasse
la sua memoria prendendo moltissimi appunti che non
rileggeva poi più (Goethe, Radierte Bldtter nach Hand-
zeichnungen von Goethe, heraiisgegeben tott Schwerdgeburth.
Weimar, 1821).
52 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
ressante, se anche non suffragata a sufficienza
dai dati di fatto.
Scoperti quei punti nel cervello, che noi ci
limitammo a qualificare come probabilmente ne-
cessari alla integrità della parola, si volle (ap-
poggiandosi su una supposizione secondo la quale
ognuna delle cellule della corteccia del cervello,
riceverebbe in deposito una rappresentazione)
che ognuna delle parti della parola risiedesse
rispettivamente in una delle regioni cerebrali
che abbiamo ricordate, e che tra esse esistes-
sero delle vie di comunicazioni, per le quali ve-
nissero a concorrere in un punto della corteccia;
ma, innanzi tutto, nulla autorizza ad accettare
la teoria generale della localizzazione, a credere
cioè che in ogni cellula della corteccia cerebrale
riposi una rappresentazione; e inoltre, per quanto
riguarda le afasie, molti casi le contraddicono
manifestamente.
Le contraddice ad esempio il caso di quel
Russo, di cui ho parlato nell'esempio d'amnesia,
che, pur avendo dimenticato le parole francesi e
tedesche, ricordava le russe; nonché tutti i casi
di amnesia progressiva, nei quali si osserva che
le parole spariscono, e ricompaiono nella guari-
gione, per categorie grammaticali, e cioè che
l'ammalato dimentica prima i sostantivi, poi gli
aggettivi, poi i verbi, poi gli avverbi e le pre-
posizioni, e che, se guarisce, le riacquista pro-
gressivamente in senso inverso. Bisognerebbe
ammettere che in quei centri le parole vadano
a depositarsi in gruppi di cellule diversi a se-
Ili - LA rapprehentaziont; verbale 53
conda della lingua alla quale appartengono e
perfino della loro categoria grammaticale I
Le contraddice poi il fatto che gli affetti da
amnesia acquistano a poco a poco le parole eser-
citandosi a scriverle, la qual contraddizione si
risolve soltanto ricorrendo a un'altra supposi-
zione e cioè, che esercitando uno di quei centri
si riesca a riattivarne un altro.
Le contraddicono infine i casi, che qui per la
prima volta ricordiamo, di parafasia, cioè quei
casi curiosissimi nei quali all'ammalato non è an-
dato perduto il ricordo della rappresentazione
fonetica delle parole come nella amnesia, ma i
concetti si associano a parole non corrispondenti,
nei quali cioè l'ammalato, a differenza dell'affetto
d'amnesia, sa parlare, ma parla sbagliato ; benché
dunque le sue facoltà mentali complessive siano
normali, vede una sedia e la chiama " cavallo „ ,
un " cavallo „ " torre „, una " torre „ " azzurro „,
e COSI via, e senza avvedersi dell'errore e senza
star a cercare la parola, così che, a uno stra-
niero che non conosca la lingua dell'ammalato,
questi, che agisce ragionevolmente, gli parla serio
senza interruzioni, può apparire un valentis-
simo oratore, mentre invece non emette che un
"arruffio di parole senza nesso.
Esempi di parafasie presentano gli affetti da
ifasia progressiva, quando, perduta una classe
li parole, ad es. i sostantivi, li sostituiscono cogli
aggettivi 0 coi verbi a quelli associati e diranno
id es. invece di " notte „ " nero , o di " gamba „
andare „ . Ma può presentarsi pura come in un
54 PSICOLOGIA BELLA LINGUA
ammalato ricordato da Charcot, il quale, quando,
datogli l'ordine di rispondere contemporanea-
mente a voce e per iscritto, gli si domandava:
" Vi duole la testa? „ rispondeva " i dolori mi
fanno dormire „ mentre scriveva correttamente
" No, la testa non mi duole „. Casi che non si
possono spiegare colla teoria della localizzazione
a meno di ammettere che tutte le vie fra le
cellule che conservano le diverse rappresenta-
zioni si siano spostate, pur non cessando di fun-
zionare.
Ma inoltre di molte complicazioni che qui
sarebbe lungo ricordare, non dà ragione la teoria
della localizzazione, mentre lascia supporre ano-
malie che in realtà non si presentano ; e dunque,
senza poterle sostituire un'altra spiegazione fisio-
logica, e attendendo pazientemente i risultati delle
accurate e numerose indagini delle quali è ora
oggetto il nostro cervello, dobbiamo considerare
il nostro schema non come la rappresentazione
di centri e vie, ma di elementi psichici e delle
loro relazioni.
Supponendo interrotte or l'una or l'altra delle
associazioni che congiungono nel prospetto questi fl
sei elementi, il lettore troverà facilmente la spie-
gazione psicologica delle singole forme di afasie
e delle associazioni che suppliscono in esse alle
associazioni dirette, spiegazione dalla quale noi
dobbiamo astenerci giacche le forme patologiche
non ci interessarono che come mezzi per spie-
gare i fatti normali.
Piuttosto vogliamo studiare quali processi si
Ili - LA RAPPRESEXTAZIONB VERBALE 55
compiano quando appercepiamo una parola. Questo
avviene per lo più in seguito a un'impressione
esterna, sia ottica che acustica, ma poiché, se-
condo lo schema che abbiamo dato, quella ot-
tica è nell'uomo colto quella che risveglia più
facilmente e direttamente tutte le altre (abbiamo
in fatti la linea o a, non la a o), possiamo sce-
gliere quella, valendoci nelle nostre ricerche
di uno speciale apparato, detto tachistoscopio, il
quale presenta all'occhio dell' esperimentatore
una parola per il tempo e nelle condizioni che
la conoscenza dei processi visivi e di apperce-
zione indica come necessari e sufficenti perchè
venga appercepita.
E in due modi possiamo usare dello strumento :
0 facendo apparire la parola tanti intervalli di
tempo eguali quanti sono necessari perchè venga
riconosciuta, o lasciandola esposta ininterrotta-
mente finché venga riconosciuta.
Se trascuriamo i risultati dei primi tentativi
che, per mancanza di pratica nell' esperimenta-
tore, non sono mai attendibili, ecco dapprima i
risultati ottenuti facendo apparire la parola tanti
intervalli di tempo eguali finché vien riconosciuta,
risultati che d'altronde s'accordano con quelli
della più comune esperienza:
Occorre un numero tanto maggiore di esposi-
[zioni quanto più lunga e quanto meno nota è
l^la parola; il massimo numero occorre dunque
Iper lunghi complessi di lettere senza senso, il
[minimo per parole brevi e note.
Se una parola non vien riconosciuta al primo
56 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
tentativo, se ne rilevano nel successivo alcune
lettere qua e là, e, precisamente: prima quelle
che escono dal corpo comune, come le maiuscole,
le ascendenti e le discendenti, e poi alcune delle
altre, infine balza all'occhio tutta la parola.
Se la parola è nota, ma le son state sostituite
alcune lettere, che non siano delle ascendenti e
discendenti, lo scambio non vien avvertito, e se
è una parola ignota vien generalmente letta
come una nota colla quale abbia comune qualche
lettera, specie delle ascendenti o discendenti ; si
leggerà per esempio: " A... t... „ poi " A... 1... „
poi " A., to.. 1... „: infine " Automobile „ invece
di " Aristolochìa „.
Dei risultati ottenuti lasciando invece esposta
l'immagine ininterrottamente per il tempo ne-
cessario perchè venga riconosciuta, rileviamo solo
che non occorre tempo minore se si tratta di
una sola lettera anziché di una breve parola
nota, che questa anzi, generalmente, viene letta
più facilmente e esattamente.
Come per le leggi generali di associazione
molte illusioni geometriche, così per il nostro
studio sono importantissimi i casi menzionati, nei
quali non vien letta la parola veramente pre-
sentata, ma un'altra generalmente più comune.
Da essi rileviamo che, allorché riceviamo l'im-
pressione esterna, gli elementi di questa ne ri-
chiamano altri simili ; questi si trovano alla lor
volta variamente associati con molti e diversi
elementi e ricompariranno con quelli fra essi coi
quali più sovente occorsero. Sono anche tutti
I
HI - LA RAPPBESENTAZIOSE VEBBALE 57
questi elementi eguali a quelli dell'impressione
attuale, e noi allora leggiamo la parola esatta-
mente e la sua attitudine ad esser riprodotta si
rafforza; non lo sono, e abbiamo i casi di so-
stituzione sopra enunciati.
Il processo si presenta dunque come uno di
quei complessi di associazioni elementari simul-
tanee per eguaglianza e contiguità che chia-
mammo assimilazioni.
Essi però non danno ancora la nuova rappre-
sentazione; a questa occorre un altro atto che
chiude il processo d'assimilazione, quello d'ap-
percezione, atto di volontà, di attenzione, nel
quale il prodotto dell'assimilazione viene elevato
come unità chiara nel suo contenuto, distinta
dagli altri contenuti della coscienza.
Tanto questo però che i processi iniziali in ge-
nerale si compiono come si rileva da tutti gli espe-
rimenti tachistoscopici e dall'esperienza comune,
simultaneamente, cioè in un lasso di tempo in-
calcolabilmente breve, così che la parola si pre-
senta alla coscienza d'un tratto completa, e non
segue l'ordine delle singole lettere o dei singoli
suoni; ascoltando, apparirà dopo alcuni o dopo
tutti i suoni a seconda che la parola è nota e
unita per senso alle precedenti, o no : parlando,
all'inizio dei movimenti d'articolazione; scrivendo,
precede la riproduzione relativa e di un tempo
ben maggiore che nel parlare, tanto è vero che
occorre un continuo atto di volontà che la rat-
tenga perchè non si scrivano parole o parte di
parole in anticipazione, ciò che appunto avviene
Ravkza, Psicologia ddla Lingua. 8
58 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
a chi è lento nello scrivere o rapido nel pen-
sare ; leggendo , siccome l'occhio può afferrare
contemporaneamente parecchi oggetti nello spazio,
la rappresentazione verbale vien appercepita con-
temporaneamente a tutti i segni relativi; ma sia
ascoltando che parlando, sia scrivendo che leg-
gendo, essa appare d'un tratto e non parte per
parte; le singole lettere e i singoli suoni non
sono che caratteristiche dell'impressione totale,
cioè: gruppi elementari di sensazioni che, asso-
ciati a altri elementi riproduttivi, evocano la
rappresentazione totale.
Nel precedere o seguire delle rappresentazioni
verbali ai segni e suoni corrispondenti, di che
si è fatto parola, abbiamo anche la più impor-
tante tra le cause psichiche che, colle fisiologiche,
spiegano una seconda classe di errori della pa-
rola, errori che, nei casi più gravi, ci presentano
esagerati e più chiari, fenomeni normali e ge-
nerali di articolazione, la cui conoscenza ci sarà
utilissima a spiegare le leggi fonetiche del lin-
guaggio. Divìdiamo questi errori in tre gruppi
principali :
a) le dislalie;
b) le paralalie;
e) le onomatomissie.
Abbiamo le dislalie, che nelle loro forme più
leggere non escono dal campo della normalità,
quando alcuni suoni vengono pronunciati a stento
e male e il discorso vien continuamente inter-
rotto da contrazioni tetaniche all'atto di pro-
nunciare certe sillabe (balbettare, tartagliare).
I
Ili - LA RAPPRESEXTAZIONB VERBALE 59
Quando le dislalie toccano solo alcuni suoni,
danno luogo generalmente a sostituzioni ; nei casi
più leggeri, di suoni simili, come dell'r dentale
coll'r gutturale (rotacismo); nei casi più gravi
di suoni differenti assai, come del h (labiale)
col t (dentale).
Nelle paralalie, la pronuncia di ogni singolo
suono è normale, ma U loro ordine no; ciò che
implica evidentemente speciali condizioni degli
organi centrali; di fatti occorrono comunemente,
nelle forme più leggere, come lapsus linguae, in
istato di distrazione, e sono, nelle forme più gravi,
caratteristiche del linguaggio degli alienati.
In tre gruppi possiamo distinguere i fenomeni
che ci presentano le paralalie e cioè: le inter-
polazioni, le omissioìii e le trasposizioni, che già
sono definite dai loro nomi.
Sono esempi comuni di interpolazioni : " indete-
f^rminismo „ per " indeterminismo „ " p?ub-
blico , per " pubblico „ e i diversi intercalari;
di omissione: " esautirizione „ per " esautoriz-
zazione ,; di trasposizioni: " Romo e Remolo „,
in cui abbiamo una posticipazione per " Romolo
e Remo », o " plubbico „ anticipazione per " pub-
blico ,, 0 " ginelocogico „ completa trasposizione
per " ginecologico „.
Nelle onomatomissie vengono scambiate fra
loro, anziché delle sillabe vicine nel discorso,
delle parole; scambio che d'altronde si potrà
spesso ricondurre a quello di alcune sillabe,
ond'è che questo gruppo di errori non sempre
60 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
si distingue dal precedente. Ho un caso di ono-
matomissia se invece di
Ei col mantice ridesta
Fiamma e festa
E lavor nella fucina
leggo
E calor nella cucina
o invece di
... i cechi che si fanno duci
leggo
i ciuchi che si fanno duci.
Onomatomissie si commetton spesso parlando
una lingua che non si conosce bene, e ricchis-
simo poi ne è il discorso degli alienati.
Evidentemente, nelle onomatomissie la strut-
tura e il funzionamento degli organi vocali hanno
un' importanza ancora minore che non nelle pa-
ralalie, poiché, avendo scambiate delle parole fra
loro e il suono che è scomparso in una ricom-
parendo nelle altre, non ne risulta nessuna fa-
cilitazione di pronuncia e le cause devono esser
dunque sopratutto psichiche.
Poiché queste più delle fisiologiche ci interes-
sano, rileviamole brevemente nelle due classi di
errori, paralalie e onomatomissie, nelle quali esse
predominano.
Abbiamo i più bei casi di interpolazione quando
il corso del pensiero s'interrompe o finisce mentre
?,■■
I
Ili - LA RAPPRESEKTAZIOKE VERBALE 61
ancora si susseguono le rispettive rappresenta-
zioni verbali, giacche allora appunto queste sono
più facilmente esposte ad associazioni puramente
fonetiche.
Nelle ommissioni le rappresentazioni verbali
posteriori si affollano e urgono prima che le an-
tecedenti sian state espresse e perciò si presen-
tano sovente nello scrivere ; parlando, occorrono
quando il movimento d'articolazione è rallentato
da suoni inusati, o, per emozione, i pensieri si
susseguono rapidissimi.
Nelle trasposizioni abbiamo lo stesso fenomeno,
ma, 0 ritornano poi i suoni abitualmente asso-
ciati a quelli interrotti (anticipazione), o l'imma-
gine di un suono passato è ancora presente e
urge i movimenti d'articolazione quando questi
già hanno seguito le immagini successive (po-
sticipazione), caso questo più raro del precedente
perchè generalmente le immagini si succedono più
rapidamente dei movimenti d'articolazione.
Nei casi di onomatomissia è evidente l'in-
fluenza di parole associate per significato o per
suono a quelle che dovevano esser pronunciate;
associazioni che, non più per contiguità come
nei casi precedenti, e favorite generalmente da
rilassatezza nell'attenzione che presiede allo svol-
gersi coordinato del pensiero e della parola, si
svolgono in un campo più vasto.
Alle modificazioni che abbiamo menzionate e
alle quali un individuo può occasionalmente sotto-
porre i suoni e le parole di una lingua, possiamo
annetterne, alla fine di questo studio della pa-
62 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
rola come fenomeno individuale, due altri gruppi
che appartengono però interamente alla norma-
lità, e che di conseguenza già ci conducono nel
campo dei fenomeni collettivi.
Notiamo innanzi tutto che lo stesso suono non
vien in realtà pronunciato sempre egualmente
dallo stesso individuo (1), tanto meno poi da tutti
gli individui di una comunità linguistica, ma su-
bisce variazioni per la posizione di articolazione
(più 0 meno gutturale, ecc.), per la durata, per
la forza e per l'altezza (basso, acuto).
E un fatto evidente se si pensa che appunto
per queste differenze distinguiamo la voce di una
persona fra quelle di molte altre, e se si ricorda
come cambi la voce dello stesso individuo non
solo dall' infanzia all'adolescenza, alla virilità,
alla vecchiaia, ma anche a seconda delle pas-
sioni che lo agitano, degli affetti che lo oc-
cupano.
Pili sensibili sono i mutamenti ai quali vengono
sottoposti i suoni di una lingua straniera prima
di diventare d'uso generale nella nuova patria.
Il suono straniero viene innanzi tutto assimilato
a quello più assomigliante nella nostra lingua, il
quale alla sua volta è già associato ai corrispon-
denti movimenti d'articolazione ; ma quando vo-
(1) Naturalmente non intendo parlare di suoni diversi
che abbiano un sol segno come 1' e chiuso e 1' e aperto,
r s dolce e r s aspra, ecc., bensì ad esempio del suono e
in " me ,, del suono 6 in * bue ,, ecc.
Ili - LA RAPPRESENTAZIONE VERBALE 63
gliamo poi ripetere noi il suono udito, assimiliamo
ancora quei movimenti d'articolazione a quelli
che ci sono più abituali e cosi n'esce il suono
straniero modificato nel senso di una complica-
zione acustica e motoria.
Questo processo ci rende ragione del perchè
spesso riteniamo la nostra pronuncia già per
corretta quando ancora non lo è, giacche per
l'intima complicazione delle sensazioni d'artico-
lazione colle acustiche non udiamo esatto che
quello che sappiamo pronunciar esatto.
Se infine consideriamo tutti i mutamenti fo-
netici da un punto di vista pm'amente fisiologico,
e cioè tenendo conto delle diverse condizioni di
pronuncia del suono iniziale e del modificato, può
darsi che tra essi non sia possibile un passaggio
graduale attraverso suoni intermedi (così fra r
e p)o invece che con infinite, leggiere, successive
modificazioni del suono iniziale si possa arrivare
a quello finale (così dall'w all'i).
Siccome però evidentemente il mutamento che
potrebbe compiersi passando per molti suoni
intermedi, può sempre compiersi anche d'un
tratto, avremo stabilita una distinzione sicura
se chiameremo, tenendo conto delle condizioni
fisiologiche di tutto il processo, scambio di suoni
il passaggio saltuario dall'iniziale al finale (co-
munque esso sia possibile) , e mutamento di suono
una serie di leggiere modificazioni del suono
iniziale.
Dei mutamenti fonetici dei quali abbiamo stu-
diate le cause psichiche: vizi di articolazione,
64 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
ampiezza dell'articolazione normale, forestierismi,
appartengono, per la loro natura fisiologica, i
primi alla classe degli scambi di suono, i secondi
a quella dei mutamenti, e i terzi all'una e al-
l'altra; diversità fisiche del fenomeno individuale
che, colle psichiche, ci serviranno all'interpreta-
zione di quello collettivo.
IV.
FORMAZIONE
Suoni primitivi — Grido — Suo sviluppo negli animali
— n canto dell'uomo — Sviluppo del linguaggio nel
bambino — Interiezioni primarie — Parole che di-
ventano suoni primitivi — Vocativo, imperativo —
Suoni primitivi che diventano parole.
Parole — Gesti fonetici imitativi — Suoni rappresenta-
tivi e suoni imitativi — Gesti fonetici indicanti —
Metafore fonetiche — Raddoppiamento — Distinzione
delle formazioni in volgari e letterarie, originali e
per composizione ; loro caratteri — Analisi psico-
logica della formazione per composizione.
Bayizza, Psicologia della Lingua.
IV.
Formazione.
Fin qui noi abbiamo studiato dei fenomeni
linguistici neìVindmduo, ma il linguaggio è, come
abbiamo osservato, fenomeno collettivo e come
tale ci accingiamo a studiarlo ora che posse-
diamo gli elementi di psicologia individuale dei
quali, conformemente ai rapporti rilevati fra i
due ordini di fenomeni, avremo bisogno.
Cominciamo a ricercare per quali processi
psichici nascano in una lingua parole nuove.
All'uopo è opportuno di considerare anche tutto
quel materiale fonetico che sta, per così dire,
fuori della parola.
Che vi sia questo materiale riuscirà evidente
a chi ricordi come già le piìi semplici emozioni
fossero accompagnate da movimenti espressivi,
dei quali alcuni, interessando speciali plessi mu-
scolari, davan luogo a suoni, mentre la parola
non appare che come risultato dei processi più
alti di sintesi e di analisi. Questo materiale
68 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
noi vogliamo ordinare in una linea generale di
sviluppo, non intendendo con ciò di far lavoro
d'indole storica, di voler cioè stabilire un punto
d'origine del linguaggio e diversi stadi che
esso abbia percorsi per divenire quale noi lo
troviamo oggi, sia pure presso i popoli meno
civili, formato di parole ; giacche, attenendoci ai
dati di fatto che ci forniscono continuamente le
lingue dei popoli più diversi nei loro diversi pe-
riodi storici, constatiamo sempre e dappertutto
uno sviluppo della lingua nella lingua e non ab-
biamo mai indizi di un periodo prelinguistico.
Mentre dunque ricerca storica e psicologia si
integrano nello studio genetico dei singoli feno-
meni linguistici e delle singole lingue, lasciano
entrambe libero campo alle più svariate ipotesi
sul come sia nato il linguaggio. Noi vogliamo
ora soltanto, e secondo criteri puramente psico-
fisici, analizzare, ordinare, graduare dai più sem-
plici e diffusi ai più complessi e ristretti i feno-
meni fonetici che ci si presentano nel fenomeno
collettivo contemporaneamente alla parola ma
fuori di essa.
Conformemente al concetto che della lingua
ci siamo studiati di dare nel primo capitolo, dal
quale essa risultava esser parte di quel com-
plesso di movimenti espressivi mimici e panto-
mimici che accompagnano le emozioni, dobbiamo
considerare quali forme primitive , quei suoni
che producono cogli organi respiratori, molti
animali e il bambino, quando siano dominati da
emozioni.
IV - FORMAZIONE 69
Osserviamo che, sia nell'animale che nel bam-
bino, questi suoni hanno sopratutto un valore
puramente soggettivo; essi hanno cioè per prima
conseguenza un aumento (vedi pag. 24) dell'af-
fetto nell'individuo, e solo secondariamente il
sorgere di affetti corrispondenti in individui si-
mili, ma in maggior misura di tutti gli altri
movimenti espressivi, perchè alle altre sensazioni
si aggiungono le auditive.
La forma primitiva, e così la chiamiamo perchè
è la più diffusa e non manca mai dove si pre-
sentino le altre, è il grido, manifestazione di
forti affetti di dolore e d'ira; ad esso vedremo,
anzitutto brevemente per gli ammali, pili diffu-
samente poi pel bambino, come si aggiungano
altre forme ad esprimere altri sentimenti vari.
Negli animali viventi non isolatamente quei
primi affetti si modificano e i gridi di dolore e
d'ira si attenuano in quelli di aiuto, e di richiamo,
che servono in pari tempo ad esprimere affetti
dolorosi più deboli e anche piacevoli, ai quali tutti
prima non corrispondeva nessun suono.
In altri animali infine, l'uomo compreso, pur
persistendo le espressioni precedenti, quelle degli
affetti meno forti si sviluppano in una varietà
di suoni, nei quali distinguiamo e modulazione
(cioè il variare di tono) e articolazione, che pur
differendo tra loro per le cause e le condiziom*
psichiche e fisiologiche, non si escludono; che
anzi l'articolazione non va mai scompagnata
dalla modulazione.
I più perfetti suoni vocali nel regno animale
70 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
sono quelli degli uccelli canori, i quali sono prov-
visti di un apparato adattatissimo alla modula-
zione dei suoni. Il loro canto però differisce
essenzialmente, pur trascurando il contenuto rap-
presentativo, da quello dell'uomo; innanzi tutto,
perchè di suoni veramente articolati, se esclu-
diamo i molti che a noi sembrano tali perchè
li assimiliamo a suoni nostri, ne contiene po-
chissimi, e quei pochi son così incerti da non
poter essere fìssati in segni fonetici ; poi perchè
non è sorretto e legato dal ritmo. Se per
l'articolazione e per il ritmo il canto umano si
distingue dalle forme anche superiori di espres-
sioni vocali degli animali, per il ritmo sopratutto
si distingue dalle altre espressioni vocali del-
l'uomo e mostra l'origine sua di compagno del
lavoro.
E infatti nel camminare, batter biade, spaccar
legna, ecc., principalmente se parecchie persone
vi attendono di conserva, che il ritmo, il quale
appare già nei fenomeni d'innervazione, cir-
colazione e respirazione, si manifesta, si stabi-
lisce, si rafforza e si regola in gridi, in cantilene,
in canzoni.
Nello sviluppo delle manifestazioni orali del
bambino possiamo distinguere tre stadi :
Il primo, che si estende generalmente fino
alla sesta settimana, è quello dei gridi e in-
comincia, come abbiamo detto, con quelli di
dolore, generalmente per freddo e fame , che
vengon emessi a bocca aperta ed hanno suono
simile a quello delle vocali «; u, e. Ma già
IV - FORMAZIONE 71
pochi giorni dopo la nascita questi gridi ser-
vono ad esprimere anche semplice malessere per
una posizione mal comoda o simili, e la collera.
A poco a poco aumenta il numero dei suoni, alle
vocali si aggiunge qualche esplosiva e qualche
strascico nasale : ta, ani, em.
Il secondo periodo, che va dalla settima set-
timana alla fine del primo o anche del secondo
anno, è quello in cui compare una quantità di
suoni articolati, dipendenti oltre che dal continuo
aumentare e differenziarsi degli affetti, principal-
mente dei piacevoli, dalla maggiore agilità dei
muscoli della bocca e della laringe, e sopratutto
dallo spuntare dei denti incisivi. Notiamo in
questo periodo, generalmente nella seconda metà
del primo anno, anche suoni ripetuti, e spesso
anche modulazioni, affatto inarmoniche però, e
tracce di un piacere al ritmo, e infine, come mani-
festazione parziale della tendenza vivissima ad
imitare i gesti altrui, la lingua imitativa, la quale,
benché il bambino non annetta generalmente
ancora nessun significato determinato ai suoni
che sente e che ripete, ci appare come il primo,
manifesto, effetto dell'influenza diretta dell'am-
biente sul nuovo individuo, sul bambino.
Di pari passo colla lingua imitativa si sviluppa
V intelligenza della parola altrui ; già nei primi
mesi si nota che le più semplici espressioni mi-
miche degli adulti fanno nascere nel bambino
affetti corrispondenti; poi esso mostra di capire
gesti indicanti e parole, guardando gli oggetti
indicati o nominati ; arriva così un tempo nel
72 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
quale il bambino capisce molte parole, sa ripro-
durre quasi tutti i suoni della lingua che ode,
ma non usa ancora egli stesso delle parole per
designare nessun oggetto.
L'unirsi di quelle due capacità, che per pa-
recchio tempo si sviluppano separatamente, ca-
ratterizza il terzo stadio, quello della vera for-
mazione della lingua. In questa dunque il bambino
non porta, come si credette e si crede da molti,
elementi suoi, parole inventate da lui, ma mostra
anzi di soggiacere per la lingua, come pel resto
della sua vita psicofisica, all'azione dell'ambiente;
riceve cioè quanto la razza si è acquistato ed
ha elaborato per lunga serie di generazioni.
Se noi ora cerchiamo di interpretare psicolo-
gicamente lo sviluppo osservato nel bambino,
vediamo anzitutto che i primi suoni articolati,
pur essendo espressioni di sentimenti, differiscono
già dai primi gridi di fame e di freddo, perchè
esprimono sentimenti più moderati e anche pia-
cevoli, e differiscono ancora dalle parole perchè
non sono in determinata relazione con determinati
affetti, ma lo stesso suono può esprimere vari
moti dell'animo. Per questi caratteri, che hanno
comuni con analoghe espressioni di molti animali,
e perchè, quando il bambino non mostra ancora
alcun istinto di imitazione e non subisce quindi
influenza dell' ambiente, sono diversi tra bam-
bini delle diverse razze, dobbiamo dire che essi
dipendono da disposizione atavica alla rapida
formazione di speciali vie centrali, per le quali
il bambino già nelle prime settimane di vita
FORMAZIONE 73
reagisce oltre che con movimenti puramente mi-
mici, con sonori, i quali raggiungono presto nu-
mero e varietà ben maggiore di quello che non
richiederebbe l'espressione dei suoi pochi e sem-
plici moti psichici.
L'aumentata facilità d'appercezione spiega poi
l'apparire della lingua di ripetizione e l'intelli-
genza delle parole. Entrambe risultano da asso-
ciazioni di primo grado, e cioè: La prima da
un'associazione per eguaglianza per la quale alla
parola udita e al movimento d'articolazione visto,
si associa uno dei complessi fonici già abituali
che dà un suono simile ; associazione dunque che
interessa sopratutto i centri auditivi, ma coadiu-
vata dalla complicazione oggettiva dell'impres-
sione visiva del movimento, e dalla soggettiva
del movimento degli organi vocali.
La seconda da una associazione, per contiguità
fra gli elementi visivi oggetto e gesto, e l'au-
ditivo della parola, dalla quale associazione poi
scade il gesto come quello che si ripete uni-
forme con diverse parole e diversi oggetti.
L'uso della parola a designare un dato og-
getto appare dunque come una combinazione
appercettiva di secondo grado risultante dalle
due precedenti.
Spiegato così lo sviluppo generale della lingua
infantile e le sue condizioni psicologiche, vediamo
ora di renderci ragione d'alcune particolarità che
questa lingua presenta, pur non essendo che imi-
tazione della lingua degli adulti. Ne abbiamo
due degne di nota : la presenza di speciali forme
Eavizza. Psicologia della Lingua. 10
74 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
onomatopeiche e la presenza di moltissime parole
risultanti da modificazioni più o meno profonde,
di quelle usate dagli adulti.
La prima è, contrariamente a quanto può sem-
brare a prima vista, come tutta la formazione della
lingua, sopratutto effetto dell'ambiente, e trova la
sua spiegazione in due tendenze che si manifestano
nell'adulto che cerca di intrattenersi col bambino :
cioè, la tendenza ad adattare le proprie parole ai
suoni abituali al bambino, appunto come abbiamo
visto che il bambino tende ad adattare i suoi a
quelli che ode, e la tendenza a formare parole che
siano per se stesse intelligibili; per le quali due
tendenze, dunque, la parola che l'adulto rivolge
al bambino è in parte imitazione dei suoni in-
fantili, in parte rappresentazione dei caratteri
di un dato oggetto.
Le particolarità del secondo gruppo invece,
manifestano una diretta azione del bambino nella
formazione delle sue parole, e si presentano anche
quando il bambino si è già reso interamente
padrone della lingua.
Dipendono sopratutto da due condizioni:
L Dalla imperfetta appercezione ottica e
acustica di ogni singolo suono ;
IL Dalle influenze che esercitano su un
suono quelli vicini.
Nella prima hanno sopratutto importanza le
appercezioni ottiche dei movimenti che il par-
lante fa per pronunciare un dato suono e che
il bambino osserva attentamente per imitare;
ciò che spiega il predominare nella lingua in-
IV - FORMAZIONE
fantile delle labiali e dentali, cioè di quei suoni
dei quali il bambino può più facilmente vedere
i movimenti come quelli che si compiono colle
parti pili esterne dell'apparato orale; la imper-
fetta appercezione auditiva poi non è che un
effetto della imperfetta articolazione, giacche
complicandosi nella parola sensazioni auditive e
di articolazione, ne viene che , come abbiamo
già notato altrove (pag. 63), non percepiamo
perfettamente i suoni articolati che non pos-
siamo perfettamente pronunciare; così chi, ad es.,
non pronuncia diversamente IV linguale dalla
gutturale spesso non ne avverte la differenza
udendole pronunciare, e nello studio di una lingua
straniera spesso si arriva a notare la diversità
che corre fra due suoni solo quando se ne è
imparata, magari da schemi degli organi fonetici,
la diversa meccanica di articolazione.
Il secondo motivo pel quale il bambino" mo-
difica i suoni che ode, riposa sulla associazione
delle immagini verbali e sulle condizioni mec-
caniche dell'articolazione, e per quanto già di-
cemmo in proposito alla fine del capitolo prece-
dente, riesce evidente che il bambino, nel quale i
movimenti d'articolazione sono ancora mal sicuri,
vi sarà esposto pili dell'adulto.
I suoni che abbiamo studiati quali precedenti
la parola perdurano , come dicemmo , anche
quando questa siasi già costituita e l'uomo sia
in possesso di una vera lingua, e perdurano
come gridi inarticolati emessi solo nel colmo del
dolore, dell' ira e della gioia e come suoni arti-
76 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
colati che esprimono sentimenti più moderati.
Questi suoni sono appunto le interiezioni primarie,
che non sono per nulla collegate al restante ma-
teriale della lingua e appaiono qua e là, come
resti di un linguaggio primitivo, a interrompere
il discorso.
Benché numerosissime anche nelle lingue dei
popoli più civili, vanno fra essi scomparendo in
due sensi diversi e cioè o assimilandosi parole
della lingua o invece entrando esse a far parte
di parole. La prima di queste trasformazioni
sembra dovuta all'abitudine di moderare l'espres-
sione dei propri sentimenti, per cui le interiezioni
primarie vengon sostituite a poco a poco dalle
secondarie, cioè da quelle espressioni di senti-
menti che hanno forma di parola, come ZeO, me
hercle; Dio mio!; Donnervetter; parbleu, ecc.
Queste, che serbano evidente l'impronta del-
l' epoca e della coltura, in cui sono nate, aumen-
tano col diminuire delle primarie, così che ad
esse si deve ricorrer per render le molte e varie
esclamazioni primarie che si trovano negli autori
più antichi. Così il Belletti traduce con " Ahi,
me misero] Ahi, ahi! „ il àrranTraTrai, TraTrarrTra-
TTaTTTraTraTTrraTTaT — del Filottete.
Nulla però esclude che, anche fra le così dette
esclamazioni primarie, ce ne siano alcune che
paiono a noi irriducibili, ma che sono in realtà
secondarie.
Anche il vocativo, piuttosto che un vero caso,
è , come si vedrà meglio dopo aver studiati i
casi, un sostantivo usato come interiezione,
I
FORMAZIONE
quindi un' interiezione secondaria , diversa però
dalle precedenti in questo, che nel suo contenuto
anziché un sentimento, predomina una rappre-
sentazione. Cosi: " Fratello I „ *• Padre I „ possono,
astrazion fatta dal tono col quale vengon pro-
nunciate e dai gesti che le accompagnano, espri-
mere tanto gioia che dolore o sorpresa, mentre
invece il loro contenuto rappresentativo è deter-
minato, a differenza, ad es., di '•ahil^ o di
*• Evviva! „, delle quali la prima esprime solo
dolore, la seconda solo gioia, ma né l'una, né
l'altra, una determinata rappresentazione con-
creta.
Il posto che tra le forme nominali occupa il
vocativo, spetta fra le verbali a.ì\'Ì7nperativo che
altro non é, se non l'espressione esclamativa di
una determinata immagine, che però già più del
vocativo si avvicina alla parola, perchè, mentre
quello, per le molteplici complicazioni in cui può
trovarsi un oggetto, può venir interpretato in
vari modi, questo esprime generalmente una data
azione e nessun' altra ; così: Va! Vieni! Salta!
Come il vocativo non ha, generalmente, suffisso
di caso, l'imperativo non ha suffisso personale,
e ne vediamo spesso affidata la funzione a una
forma indifferente. Cosi nell'antico indiano (cfr.
Chdra, CJiàratad), nel greco-omerico, nel ger-
manico, nel lituano e nello slavo — a una forma
infinitiva, come nel nostro imperativo negativo
" Non andare! „ " Non bere! „
Lo stesso valore hanno espressioni avverbiali,
come "Qui! Via! ecc. „, le quali vengono co-
78 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
munemente considerate come frasi incomplete,
come ellissi, cioè, di " Vieni qui! Va via! „ perchè
si sottopongono a una integrazione logica, ma
dal punto di vista psicologico, e cioè in realtà,
non sono frasi, giacche non presentano traccia
di quei processi che vedemmo e vedremo essere
essenziali della frase.
Abbiamo mostrato come in certi casi ai suoni
primitivi si siano sostituite delle parole che psi-
cologicamente sono loro divenute equivalenti:
vediamo ora invece come interiezioni entrino a
far parte di parole. Questo avviene quando da
esse si formano parole che indicano appunto le
rappresentazioni connesse a quelle manifestazioni
di sentimento; così il greco oìjuiuuZiuj (gemo), da
oio|Lioi (ahimè!) — il latino " ululare „ da " uh"! „
— il tedesco " achzeh „ da " ach ! „ — il nostro
guaire e il sost, guaio da guai!, quando perdano
dunque il loro valore puramente sentimentale
per un significato oggettivo concreto.
Ma, dato anche il numerò relativamente esiguo
delle esclamazioni primarie, quello di queste for-
mazioni è molto limitato, e fuori delle denomi-
nazioni dei suoni primitivi stessi o immagini ad
essi relative, come negli esempi dati, si presenta
solamente nelle due parole " babbo „ e " mamma „.
Queste e i loro corrispondenti, poco diversi in
tutte le lingue, hanno tutti i caratteri di quella
lingua di ripetizione che, nei modi già spiegati,
si forma fra il bambino e le persone che lo av-
vicinano ; constano cioè di suoni che per i primi
il bambino può adattare fra tutti quelli che ode
IV - FORMAZIONE
e che vengono naturalmente dai circostanti e
quindi anche dal bambino riferiti or all'una, or
all'altra delle persone che gli son sempre d'at-
torno e che pili spesso li odono e li ripetono.
(Si confronti il nome di hahà che a Firenze i
bambini sogliono dare alla nutrice).
Mentre nelle lingue meno progredite esse
hanno mantenuto in forme come " papà e marna „
il loro primitivo carattere, l'hanno perdute in
altre (es.: pater, mater), generalmente assimilan-
dosi alla forma di parole affini per senso {frater,
soror).
E passiamo dai suoni primitivi alle parole.
Di queste ci presenta ogni lingua un certo nu-
mero, i cui elementi fonetici stanno in diretta,
evidente relazione col loro contenuto oggettivo ;
esse si possono suddividere in due specie:
Suoni imitativi (comunemente onomatopee), cioè
parole che servono a designar un suono per sé
o come parte caratteristica di un'impressione, e
hanno con esso una somiglianza diretta. Es. : Cu-
culo, upupa, tintinnare, gracchiare, cigolare, ecc.;
puffen, kribbeln, lutschen, etc.
Suoni rappresentatim, cioè parole che rendono
con un suono un fenomeno non accompagnato
da nessun rumore, vestono, per così dire, di una
forma fonetica una sensazione non uditiva. Es.:
tentennare, titillare, tremolìo.
L' imitazione fonetica dunque può essere T imi-
tazione del suono o l'imitazione col suono.
Sia in un caso che nell'altro essa non è già,
almeno in generale, un'artificiosa traslazione di
80 PSICOLOGIA DELLA LIXGUA
un'impressione in suoni, ma è un moto impul-
sivo, che, siccome interessa gli organi della fa-
vella, produce un suono, e la relazione tra suono
e significato è un fatto secondario, dipendente
dalla relazione fra impressione e movimenti
espressivi. Non si pronunciò originariamente un
dato suono perchè esso avrebbe dovuto avere una
data somiglianza con un' impressione oggettiva (e
i suoni del secondo gruppo non ne presentano
affatto), ma risultò invece simile all' impressione
dai movimenti degli organi orali che a quella
seguirono come parte di tutti quei movimenti
pantomimici e mimici che fa chi assiste a un
avvenimento, e che sono, o imitazione dell'avve-
nimento, 0 manifestazione dei sentimenti che esso
produce, per cui potremmo ben chiamare i suoni
sia dell'uno che dell'altro gruppo: gesti fonetici.
Da questo punto di vista son sopratutto evi-
denti le condizioni psicologiche dei suoni rappre-
sentativi, ed è chiaro come la loro affinità con
ciò che rappresentano, risulti sopratutto dai mo-
vimenti di articolazioni, I suoni che questi pro-
ducono, richiamano poi in chi ode, movimenti, e
quindi immagini, simili.
Ma la stessa spiegazione v^ale anche per i
suoni imitativi; se non che questi, oltre che ri-
chiamare un movimento simile a quello da cui
furono prodotti, sono direttamente collegati al-
l'impressione, di cui non sono che una ripeti-
zione; in essi quindi può forse col movimento
impulsivo complicarsi l'intenzione di imitare di-
rettamente un dato suono.
IV - FOBMAZIOXE 81
Tutte queste forme sarebbero in fondo, come
dicemmo, specie di gesti imitativi, ma non man-
cano però anche fra i gesti fonetici quelli indi-
canti, e sarebbero costituiti dalle parole che de-
signano organi della pronuncia, e atti relativi,
parole nelle quali generalmente agiscono sopra-
tutto appunto quegli organi che esse designano.
Così, per es., il nome per " lingua „ contiene in
molti idiomi delle dentali e delle linguali, così
quello per " dente „ delle dentali, quello per
" labbra „ delle labiali.
Dai suoni imitativi e rappresentativi, i quali
sono in relazione colla rappresentazione per via
delle rispettive sensazioni, vanno distinte le
metafore fonetiche, sotto il qual nome intendiamo
un suono articolato che stia col suo significato
nella relazione, in cui si trova, ad es., una nota
musicale con un colore (vedi pag. 15), in una
relazione cioè risultante dall'affinità dei rispettivi
contenuti sentimentali. Questo carattere della
metafora fonetica sembrerebbe suggerir subito
quali esempi di essa, parole come " acre, dolce;
duro, molle; rapido, piano; ecc. „, e potrebbe
indurre a credere che le metafore fonetiche
siano numerosissime in tutte le lingue ; ma in
questi esempi e negli altri simili, l' associazione
procede probabilmente in senso inverso a quella
che dicemmo peculiare della metafora fonetica,
in essi cioè è il significato che dà il valore sen-
timentale al suono.
Dovremo invece riconoscere una vera metafora
fonetica, escludendo per ora quelle offerteci nelle
Ratizza, Psicologia della Lingua. 11
82 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
opere letterarie e risultanti da un uso appropriato
di più parole, quando la parola che ne presenta
i caratteri non sta isolata nella lingua, ma fa
parte di un gruppo di parole di significato e
suono affine, nelle quali tutte, una variazione nel
carattere sentimentale del suono vada parallela
a una variazione nel carattere sentimentale del
significato.
Tali ci appaiono decisamente in moltissime
lingue, specialmente dei popoli primitivi, le espres-
sioni corrispondenti ai nostri avverbi di luogo
qui, là (hier, dort) e ai nostri pronomi dimo-
strativi questo, quello, nei quali la maggior lon-
tananza del luogo 0 della persona vien di solito
resa con un rinforzamento della vocale, ritenendo
" a, 0, u „ come le vocali più forti, " e „ ed " i „
come le più deboli.
Queste relazioni (e, dove manchino, ritroviamo
corrispondenti rinforzi delle consonanti), si pre-
sentano con una tale regolarità da escludere
l'idea che si possa trattare di un puro caso.
Oltre questi avverbi e questi pronomi dei quali
ciascuna forma è interamente in relazione col
suo significato, abbiamo anche esempi di una
parola o radice indifi'erente in nessuna relazione
col rispettivo significato, oppure in relazione a
esso come suono imitativo o rappresentativo e
che subisce poi delle modificazioni di suono, cor-
rispondenti alle rispettive modificazioni di signi-
ficato; così in ebraico " para = sciogliere; |)ara e?
= separare ; parai = gettar via ; parak = rom-
pere; paras = spargere; paraz = stendere, ecc.;
IV - FORMAZIONE
83
schaal = pregare e scìiiet = mendicare (iterativo);
A-aiaZ= battere e A-wrtai= venir battuto (passivo) „.
Considerate come sensazioni, senza nessun ri-
guardo al sentimento che le accompagna, queste
modificazioni non stanno coi loro significati in
maggior relazione di quello che stian le tinte
chiare ai suoni acuti o le scure ai bassi, ma e
qui e là la relazione è stabilita dai sentimenti
di depressione o eccitazione, che accompagnano
le sensazioni. L'azione intensa e ripetuta eccita,
lo stato passivo deprime, e entrambi trovano,
nelFultimo esempio, la corrispondente espressione
nella diversa tonalità della vocale.
Le metafore fonetiche poi agiscono general-
mente, e si confondono, coi suoni rappresentativi
e imitativi, giacche dobbiamo ricordarci che tutti
questi diversi mezzi d'espressione li abbiamo se-
parati gli uni dagli altri per una astrazione ne-
cessaria al nostro studio, ma in realtà sono tutte
reazioni collegate all'impressione e fra loro.
Sotto il nome di raddoppiamento riuniamo i
fenomeni che i filologi distinguono in geminazione
o formazione di una parola per ripetizione esatta
di un suono. Es.: " murmurare „, e in reduplica-
zione 0 formazione per ripetizione di un suono
con qualche modificazione. Es. kéxukq, * siso
(sero = semino), gigati {a.i = cammino) tti^ìttXti.ui
(= riempio) ; evidentemente si ha una vera for-
mazione di parola, solo quando il suono che vien
ripetuto non abbia già, preso isolatamente, un
valore, non sia cioè, o non sia stato già, una
parola; ma siccome le cause psicologiche non
84 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
differiscono nei due casi, come non differiscono
fra geminazione e reduplicazione, essendo questa
facilmente derivabile da quella per quei fenomeni
generali di mutamenti fonetici che esamineremo,
possiamo trattare qui unitamente tutte queste
diverse forme.
Quelle che ci si presentano in tutte le lingue
sono due:
I. Come espressione di un suono o di un
avvenimento, che si ripete : dunque, anzitutto, la
denominazione di molti animali dal loro verso:
cucu, turtur, ecc., e quella di voci, rumori, come
murmurare, chiacchierìo, lallen, balbettare, ecc.,
inoltre voci, come volvo, rotolo, voltolo; tyotyo
(Mpongve, Africa Occidentale) = saltellare; a zick
zack ; debadaba (Manciù) = péle-méle ; grondon
grondoni.
II. Come espressione della intensità di una
data qualità, della forza di una data azione: ce
ne offrono esempi comunissimi i nostri superla-
tivi " lungo, lungo ; magro, magro, ecc. „ e, vere
parole nuove , ele-ele (Hawai) = nero ; keo-kea
(Havai) = bianco, ecc. e i nostri imperativi " corri
corri ,; 0 da taba (Samoa) = parlare, tabataba
= gridare; da kai (Maori) = mangiare, kakai
= divorare ; così nell'antico verbo indogreco il
raddoppiamento del presente forma una classe
iterativa de' verbi da bhl = spaventarsi, abibhett
= temere.
Forme meno diffuse sono invece i due ultimi
gruppi di ripetizioni, cioè:
III. Per indicare il collettivo e il plurale: come
IT - FORMAZIONE 85
il giapponese : ono = uno, ono-ono = parecchi ; il
chinese zit = giorno, zit-zit = tutti i giorni ; il ma-
lacco : poetron = albero, poetron-poetron = bosco.
rV. Per indicare che un'azione dura, o è
compiuta : come nei perfetti TérilSa = io sono
allegro, accanto a fr]Qéw = entro in letizia;
Kexó^w^iai = io sono adirato, accanto a xoXóo|iai
= mi adiro; K€KTTmai = io posseggo, accanto a
KZdoMai = acquisto.
Se vogliamo renderci conto della natura psi-
chica di questi diversi gruppi di raddoppiamenti,
vediamo anzitutto la differenza grande che corre
fra i primi due. Nel raddoppiamento come espres-
sione di un avvenimento ripetuto entrano sopra-
tutto in giuoco le rappresentazioni; esso è come
gesto fonetico oggettivamente motivato. Se noi
indichiamo con r il singolo avvenimento che si
presenta ripetutamente e con n ogni singolo
suono, potremo indicare la loro forma originaria
di associazione con nnnn . . . {r r r . . .).
Ma la serie rrr... vien poi appercepita come
variazioni di un solo oggetto o, al quale si col-
lega, riducendosi, col predominare della rappre-
sentazione 0, la serie di suoni al semplice rad-
doppiamento nn; ciò che potremo indicare con
n n 0 {r r r r . . .).
Ben diverso è il processo nel secondo gruppo,
nel quale il raddoppiamento esprime la maggior
intensità di una qualità o di un'azione; qui l'im-
pressione oggettiva non presenta una successione,
e la trasformazione dall'aumento d'intensità in
una successione di suoni, cioè in estensione nel
86 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
tempo, non può avere che una causa soggettiva,
il sentimento, causa che d'altronde si manifesta
spesso invece nel rinforzamento di un suono o nel-
r elevazione o nel prolungamento del tono, sulle
quali il raddoppiamento può acquistare la pre-
ferenza per influenza delle forme del gruppo
antecedente (analogia).
Se indichiamo ora con q la qualità o l'azione
originaria, con n il suono che la esprime, con s
il sentimento che nasce dall' aumento d' intensità,
e che produce il raddoppiamento del suono, e
con 0 infine ancora l'oggetto che vien percepito
colla qualità o l'azione q, avremo nn o {sq).
Le due forme secondarie IIP e IV* si annet-
tono per le loro cause psicologiche alle due prin-
cipali e precisamente la IIP alla P, la IV* prin-
cipalmente alla II*.
Di fatti anche nel IIP gruppo i raddoppia-
menti (essendo espressioni di una collettività o
del plurale) sono motivati dalle rappresentazioni,
giacché , come nel P gruppo si presentava la
ripetizione di un avvenimento, qui si presentano
pili oggetti uniformemente appercepiti, ma mentre
dunque nel primo la ripetizione era necessaria-
mente data nell'oggetto stesso dell'appercezione,
qui risulta dal necessario succedersi dei singoli
atti d'appercezione.
La forma pili semplice e piìi diffusa in questo
IIP gruppo è quella del duale, nel quale il doppio
suono rende la collettività di due soli oggetti,
e che potremo esprimere con n n {o ó)] aumen-
tando il numero degli oggetti, osserviamo (prò-
IV - FORMAZIOyE 87
cesso necessario a mantenere l'idea dell'unità
collettiva), che quanto più essi sono numerosi,
tanto più chiaramente uno di essi si distacca
come rappresentazione tipica dagli altri e questi
appaiono più oscuramente, ciò che esprimeremo
con tm 0 [oo 0 . . .), dove 1' " o „ fuori della pa-
rentesi è l'oggetto che vien appercepito come
rappresentante degli altri {o o o) ad esso asso-
ciati, ed è intimamente associato al suono nn.
Un elemento oggettivo e uno soggettivo, ci
rendono infine conto della ultima forma, quella
del raddoppiamento come espressione di un av-
venimento che dura, di uno stato ; inquantochè
questo richiede una serie di atti successivi di
appercezione come per il plurale, mentre d'altra
parte ha generalmente per effetto un aumentare
del sentimento come il crescere dell'intensità,
ciò che esprimeremo con nn s [d r) dove n e r
hanno lo stesso senso come nella P, d indica la
durata e s il sentimento prodotto da (dr).
Ma se, ripresentandosi sovente questa com-
binazione, si attenua a poco a poco il sentimento
che la accompagna, e se l'idea della relazione
col principio dell'avvenimento, oscuramente con-
tenuta in d, coU'aiuto di un più perfetto sistema
di forme verbali che meglio distinguano fra pre-
sente, passato e futuro, appare più chiara, invece
della formula precedente avremo: nn(p a), in cui j»
indica appunto l'idea de\passato,e la quale rappre-
senta gli elementi psichici del raddoppiamento
quando, come èXr|\u9a (io sono venuto), è espres-
sione di un avvenimento compiuto, del passato.
PSICOLOGIA DELLA LINGUA
I processi fin qui studiati danno luogo alle
formazioni che possiamo chiamare volgari, cioè
al sorger di parole, le quali, benché abbiano forse
avuto principio da un determinato individuo e
in una ristretta comunità unita da affinità di
idee e di sentimenti, come si può dedurre dal
continuo estendersi di nuovi termini da gerghi
speciali alla lingua nazionale, pure, riposando su
condizioni psichiche generali, entrarono nell'uso
comune, né ci serbarono traccia del loro punto
d'origine.
II più importante fra i momenti della loro for-
mazione è certo uno di quelli già visti riflettenti
la relazione fra l'impressione e il gesto fonetico;
ma anche due altri che si compiono contempo-
raneamente a questi non vanno trascurati e cioè
un'associazione con parole già esistenti e affini
per suono e significato alla nuova, e un'associa-
zione con parole che hanno nel discorso la stessa
funzione.
Per la prima associazione [analogia fonetica)
la parola nuova è, per così dire, aiutata al suo
nascere dall'affinità con altre esistenti; per la
seconda (analogica sintattica) essa assume una
data forma colla quale entra a far parte di una
data categoria di parole (sostantivi, verbi, ecc.).
Così, se, supponiamo, per la prima associazione
le parole " sternere, strombazzare, svolazzare, scor-
razzare, ecc. „ coadiuvano la relazione fra le sen-
sazioni uditive e i movimenti d' articolazione
nella creazione della nuova parola " starnazzare „ ,
per la seconda essa prende quella desinenza
IV - FORMAZIONE 89
" are „ che la ordina fra le altre infinite parole
indicanti un'azione e la caratterizza per verbo.
Il primo dei due ultimi processi menzionati
può spesso mancare e allora la formazione, pro-
mossa direttamente e unicamente dall'azione
dell'oggetto sul gesto fonetico, è interamente
originale.
Noi però chiameremo così tutte quelle studiate
fin qui per distinguerle da quelle per composi-
zione, da quelle, cioè, che risultano dalla riunione
di due 0 più parole in una sola.
Questo secondo modo ci offre esempì oltre che
di formazioni volgari, come erano le originali,
anche di letterarie, cioè di quelle che presentano
il carattere di un'invenzione, di un atto volon-
tario, che sopratutto si manifesta nell'applica-
zione delle cognizioni di una lingua e letteratura
straniera.
Siano letterarie o volgari, le formazioni per
composizione differiscono dalle altre viste pel
contenuto e per la forma. Per contenuto, giacché
esso risulta non di uno, ma bensì di almeno due
concetti ; per la forma, giacché la nuova idea o
il nuovo sentimento non vengono resi con un
nuovo suono, ma a mezzo del materiale lingui-
stico già esistente.
Osserviamo subito che non è assolutamente
necessario che le due parole vengano scritte
unite e neppur vicine, perchè formino un com-
posto, ma solo che vengano appercepite come
intimamente unite, e come una sola parola si
stacchino dalla frase ; giacche questi appunto sono
Ratizza, Psicologia della Lingua. 12
90 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
i due processi che presiedono alla formazione di
un composto: quello analitico, pel quale esso,
come abbiamo visto in generale per la parola
(vedi pag. 35), si rileva dal complesso della
frase, e quello sintetico, pel quale le sue parti
vengono riunite a unità ; non sono dunque : " cervo
volante, cassa panca, ne . , . pas, reise ab „, a minor
ragione composte che non : " cassapanca, pourboire,
abreisen „,
Prevarrà poi il processo sintetico o l'analitico
a seconda dei composti, e cioè:
I. In quelli le cui parti si possono presen-
tare già come parole indipendenti nella frase,
nella stessa forma e posizione reciproca come nei
composti, ad es.: pourboire, boccadoro, un posa-
piano, l'analitico.
IL Negli altri; es. : Trinkgeld, boccaporto,
contradire, agopuntura, il sintetico.
Se vogliamo studiare, come più caratteristico
della composizione, il processo sintetico, vediamo
che esso può riposare su diversi motivi di as-
sociazione :
I. Su una associazione per contatto quando i
due concetti sono caratteristici di un dato oggetto.
IL Su una associazione per somiglianza,
quando appartengono a due oggetti diversi.
Così nella parola " biancospino „ ho eviden-
temente un esempio della P forma, giacche le
immagini del pruno e della bianchezza del fiore,,
sono associate già nella rappresentazione stessa ;
in " donna cannone, " uomo donna „ e " donna
uomo „, invece, esempi della seconda.
IV - FOBMAZIOKE 91
Ma se sono diverse le forme di associazione
che uniscono le due parti, il loro consolidarsi ad
unità segue un processo uniforme dalla semplice
unione come in " biascia rosari „ alla fusione par-
ziale, nella quale il significato della parola risul-
tante differisce alcunché da quello dei due com-
ponenti, come in " camposanto „ " prima donna „,
e infine alla fusione totale, nella quale il composto
non vien più riconosciuto come tale, ma ha il
valore di una parola semplice; Es.: dolcemente,
fotografo , anticamera , antimeridiano, antenato,
verbigrazia, pomeriggio ; processo che vien coa-
diuvato dal mutar forma e significato e dall'uscir
d'uso d'uno dei componenti o d'entrambi presi
come parole indipendenti, mentre nel composto
vengono isolati, quasi protetti da ogni evoluzione
fonetica o di concetto e mantenuti così nelle
forme e coi significati antichi.
Come vedremo, è a questo modo che si for-
marono per prefissi e suffissi le diverse categorie
di parole nelle lingue flessive.
MUTAMENTO FONETICO
Concetto e esempi — Valore — Relazione coi fenomeni
individuali.
Classificazioni logica e psico-fisica.
I. Mutamento fonetico regolare — Sue cause principali.
II. Mutamento fonetico singolare — Mutamenti per con-
tatto — Assimilazioni e dissimilazioni.
Mutamenti a distanza: formazioni per analogia, forestie-
rismi.
Prevalenza dell'elemento psichico o di qnello fisico nelle
diverse classi di mutamento fonetico.
Mutamento fonetico.
Siccome il gesto fonetico non è che parte di
tutto il complesso di movimenti espressivi mi-
mici e pantomimici che costituiscono la reazione
a un'impressione esterna, è evidente che esso,
considerato isolatamente, lascerà raramente sco-
prire una diretta relazione con questa impres-
sione, relazione che potrebbe risultare solo da
tutto il complesso di movimenti espressivi; ma
inoltre a oscurarla e cancellarla ove esiste, con-
corrono il mutamento fonetico e il mutamento di
significato.
Occupiamoci in questo capitolo del primo, dei
mutamento fonetico. — Il latino ^Za^a, che diventa
in francese plaie, in italiano piaga, in ispagnuolo
llaga ; factum che diventa fait, fatto ; hecho, verita-
tem che diventa vérité, verità, verdad ed infiniti
altri esempi che potremmo trarre dalle lingue più
diverse, ci insegnano che i suoni d'ogni lingua son
soggetti a mutamenti più o meno forti, più o meno
96 PSIOOLOGIA DELLA LINGUA
estesi, più 0 meno rapidi, per i quali le parole si
trasformano siffattamente che spesso solo un'accu-
rata indagine storica è in grado di riconoscerle
in due punti lontani della loro evoluzione fone-
tica, e pei quali mutamenti quindi a poco a poco
una lingua tutta si trasmuta in un'altra, onde
diciamo volgarmente che la prima muore, la se-
conda nasce.
E notiamo che di questi mutamenti ai quali
una lingua è continuamente soggetta, finora ab-
biamo sempre dovuto ricercare le tracce sopra-
tutto nel materiale letterario, perchè gli apparati
meravigliosi che trasmetteranno fedelmente ai
nostri nipoti lontani la nostra parlata, sono in-
venzioni moderne ; ma evidentemente la scrittura
non ci serba che parte di quei mutamenti, quelli
solo cioè ai quali corrispondono mutamenti di
ortografia.
Come una lettera di un Milanese della città
e di uno del contado, anzi perfino di un Napo-
letano e di un Milanese, non ci serba che po-
chissime tracce o forse nessuna delle diversità
grandi colle quali ognuno di loro pronuncia
quanto ha scritto, così ci è forse per sempre
tolta, e dico forse perchè molti miracoli fece la
filologia, la possibilità di risentire la parlata dei
nostri trecentisti, ma che, anzi quella dei nostri
bisnonni, dei nostri nonni; dove rintracceranno
in fatti i figli nostri i p/irissimi, i p/<pilli, i pwr-
pwrei , di qualche nostro vecchio professore ?
Il tedesco d'oggidì quante ne pronuncia delle e
atone che scrive e stampa?
y - MUTAMENTO FONETICO 97
Ma se non tutti, molti, e probabilmente i mag-
giori, di questi mutamenti ci serba la scrittura;
tanti almeno quanti bastino perchè se ne possa
riconoscere l'esistenza e il valore, e se ne debban
ricercare le cause.
Questo tramutarsi degli elementi fonetici di
una lingua risulterà, come ogni fenomeno col-
lettivo, dalla combinazione di infiniti fenomeni
individuali, e però ci sarà di grande aiuto nel
ricercarne le cause, la conoscenza di quelle dei
mutamenti di suono che abbiamo osservato nel-
l'individuo.
Evidentemente però i motivi che scoprimmo
là, se da un lato non bastano a spiegare tutti
i fenomeni collettivi, dall'altro contengono invece
elementi che non possiamo ricercare in questi
ultimi; non bastano a spiegare quei fenomeni i
quali si compiono così lentamente nella vita col-
lettiva ininterrotta attraverso i secoli, che ogni
individuo nella sua breve vita ne rispecchia solo
una parte minima, che sfugge alla sua coscienza ;
contengono elementi non adducibili a spiegare
fenomeni collettivi, quando ci presentano forme
patologiche, che escono come mostruose eccezioni
dalla normalità e quindi dalla generalità. Se ad
esempio 1' " a „ di una qualche parola in un pe-
riodo di mezzo millennio si trasforma in " e „,
a poco a poco, passando per tutti i suoni inter-
medi, evidentemente sfugge la parte che un solo
individuo prende a quel lento lavoro di trasforma-
zione, mentre d'altra parte le condizioni psichiche
nelle quali si trova un pazzo che arruffa parole e
Ra VIZZA, Psicologia deOa Lingua. 13
98 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
parole non associate da senso alcuno, ma solo per
il loro suono, non sono, fortunatamente, quelle in
cui si trovano tutti i membri di una comunità
sociale, ne a esse dunque potremo ricondurre
nessun fenomeno che questa ci presenti. Certo
però, come dicemmo, questi casi patologici, mo-
strandoci esagerati i caratteri di fenomeni nor-
mali, ci facilitano lo studio di questi, e ci forni-
scono dunque essi pure, ma indirettamente, dati
utili alla spiegazione dei fenomeni collettivi.
Per procedere alla interpretazione psicologica
di questi, vogliamo ordinarli, classificarli, innanzi
tutto secondo un criterio puramente logico, for-
male, secondo cioè la maggiore o minore quantità
di fatti uniformi coesistenti. Avremo così, di
fronte a delle leggi empiriche maggiori, racco-
glienti gran numero di fenomeni, quasi eccezioni
a esse, dei gruppi minori, dei fatti isolati ; quelle
riuniamo sotto la denominazione di mutamento
fonetico regolare, questi di mutamento fonetico
singolare.
Ma a questa classificazione logica, corrisponde
la fisiologica, anzi diciamo, giacche abbiamo visti
i rapporti fra questa e la psichica (pag. 63),
la psicofisica. In fatti, dipendendo gli scambi fo-
netici da associazioni speciali nelle quali un suono
vien a trovarsi, essi non possono essere generali,
mentre lo sono i mutamenti, propriamente detti,
e quindi il mutamento fonetico regolare sarà
fenomeno continuo, il singolare saltuario.
Cominciamo a occuparci del primo, e cerchiamo
dunque di scoprire le cause per le quali tutto
y - MUTAilEyTO FOKETICO 99
il materiale fonetico di un popolo si trasforma
lentamente attraverso i secoli. Moltissime sono
queste cause, e cioè, evidentemente, tutte quelle
che concorrono allo sviluppo psichico e fisico di
un popolo, giacché esse modificano di conseguenza
indirettamente o direttamente anche la lingua.
Possiamo riunirne le più importanti in tre gruppi :
I. Influenze naturali;
II. Incrocio di razze;
m. Coltura.
Appare ovvio che cambiamenti di sedi, mu-
tamenti di clima, e le conseguenti nuove con-
dizioni di vita, debbano esercitare una diretta
influenza sulla costituzione fisica e anche quindi
sugli organi vocali, che, subendo delle modifica-
zioni lentissime, sia pur minime, nella loro costi-
tuzione, produrrebbero anche suoni diversi dagli
antichi ; ma siccome pur troppo l'argomento ad-
dotto a sostegno di questa teoria, che cioè lingue
diverse fra loro presentino qualche somiglianza
nella pronuncia degli abitanti di regioni idro-
graficamente simili, non è ancora suffi'agato da
dati sicuri, né una differenza anatomica fra gli
organi orali delle diverse razze è ancora consta-
tata, così un' influenza diretta delle condizioni
naturali esterne sul sistema fonetico di una lingua
rimane una supposizione.
Più accertata é l'influenza dell'incrocio e del
contatto di due popoli, la quale noi possiamo
studiare anche oggidì nel formarsi delle lìngue
miste , come il Tedesco parlato dal volgo del-
100 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
l'Alsazia e dalle colonie tedesche dell'America
del Nord. Abbiamo visto (pag. 62-63) come un
individuo accettando una parola straniera, la
modifichi due volte a seconda delle sue disposi-
zioni associative; quando gli stessi processi si
ripeteranno in tutti o in moltissimi individui di
una comunità, a poco a poco si attenueranno ed
elimineranno, nello scambio continuo, le varia-
zioni individuali apportate alla parola straniera
e questa prenderà una forma sola per tutta la
comunità; ripetendosi gli stessi processi per mol-
tissime parole, queste verranno a formare un
nuovo materiale linguistico.
A questo le due lingue contribuiscono diver-
samente ; la lingua del popolo superiore per col-
tura dà all'altra nuove parole come espressioni
di nuovi concetti, o come espressioni nuove di
concetti antichi, mentre invece spesso la costru-
zione della frase, come quella che dipende, e lo
vedremo, dall'ordine delle rappresentazioni, e
sempre il materiale fonetico, per i due processi as-
similativi considerati, resistono all'influenza stra-
niera, e resistono tanto più tenacemente quanto
pili basso è il livello di coltura del popolo ri-
cevente, come dimostrano le profonde alterazioni
alle quali vengono sottoposte le parole che dalle
lingue europee entrano in quelle dei popoli sel-
vaggi.
Probabilmente processi simili si compirono
ai tempi delle emigrazioni e invasioni preisto-
riche e antiche, e la popolazione più numerosa
vestì dei suoi suoni la lingua del popolo più
V - MTTAMEXTO FONETICO 101
forte 0 più civile, dando luogo a numerosi fe-
nomeni di *•' reazione etnica „. Così il sistema
fonetico della lingua inglese risente ancora del
celtico, mentre vocaboli e grammatica sono quelli
delle lingue dei due popoli invasori, il germanico
e il romano ; effetto d'una reazione celtica è, se-
condo l'Ascoli, il nostro ii lombardo, e forse a rea-
zione iberica è dovuto il mutamento dell'/* latino
(es. facere) in h (es. hacer).
Mentre gli effetti degli incroci di razze possono
manifestarsi in un periodo di tempo relativamente
breve, quelli della coltura si fanno sentire molto
lentamente nel materiale fonetico di una lingua.
Elementi nuovi di coltura possono svilupparsi
in un popolo indipendentemente da ogni azione
esterna o per effetto di questa. Nel primo caso
ai nuovi concetti suppliranno le parole antiche,
0 entrando in combinazioni nuove,, o assumendo
nuovi significati secondo le leggi che studieremo
parlando del mutamento di significato; nel se-
condo, col concetto entrerà la parola straniera
e i forestierismi fioriranno; ma sia in un caso
che nell'altro, lo sviluppo della coltura non
mostra d'avere per conseguenza diretta una mo-
dificazione del materiale fonetico.
Vediamo come l'abbia invece e rilevante per
conseguenza indiretta. Innanzi tutto, per certi
usi speciali che essa può portare con sé; così
ad esempio, nella lingua delle tribù Irochesi, che
ritengono obbligo di buona creanza non chiuder
la bocca nel parlare, sono spariti i p, ph, b, bh,
in, tv, e, per restar fra noi, l'uso invalso qualche
102 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
anno fa in una classe sociale di pronunciare IV
gutturale, segnava una tendenza a far sparire
IV dentale.
Ma è difficile che vezzi simili si diffondano,
specie in una comunità vasta, in un popolo civile,
presso il quale nessuna classe o casta detta legge
col suo prestigio ; più importante è dunque l'azione
che la coltura ha sulla velocità del pensiero. Questa
aumenta quanto piìi ricco è il contenuto della
coscienza, quanto più numerose cioè sono le asso-
ciazioni già stabilite e consolidate dall'esercizio, e
ha poi a sua volta per effetto, e lo vediamo con-
frontando il discorrer d'un cittadino con quello
d'un contadino, un' accelerazione della parlata,
accelerazione che non può restare senza conse-
guenza per i suoni componenti le parole (1),
Passando a studiare il mutamento fonetico
singolare cioè lo scambio dei suoni, come feno-
meno collettivo, giova avvertire innanzi tutto
1
(1) Nel mutamento fonetico della così detta Lautver-
schiébung delle momentanee nel Germanico questa legge
dell'accelerazione ha esercitato una grande efficacia. In
fatti :
1° Nelle aspirate sorde originarie, per il rapido suc-
cedersi dei movimenti, è venuta a mancare la compat-
tezza dell'esplosiva, onde, conservandosi la preparazione
all'aspirazione, a poco a poco ne risultò una spirante ;
da pha si viene a fa, da tha a dsa o sa, da kha a cha o
ha (e in questo mutamento il Germanico ebbe sorte co-
mune col Latino e col Greco).
2° Nelle aspirate sonore originarie, legate a maggior
lentezza d'articolazione, per il contrasto fra la prepara-
V - MUTAMENTO FONETICO 103
che se anche il passaggio da un suono a un
altro nell'individuo si compie d'un tratto, è cioè
saltuario, esso non diventa che a poco a poco
fenomeno collettivo e come tale è dunque sempre
fenomeno lento, continuo. Abbiamo inoltre già
detto che le forme individuali indicano tutte le
possibili variazioni in tutta la loro estensione,
ma che queste, nel fenomeno collettivo subiscono
delle restrizioni, per le quali restano eliminate
quelle forme che si allontanano di troppo dalle
normali. Così, più precisamente : delle inserzioni
e delle omissioni diventano generali solo quelle
che hanno per effetto una facilitazione nella pro-
nuncia di un complesso fonetico; e queste, sic-
come i motivi della facilitazione dipendono da
mutamenti nelle condizioni psicofisiche generali,
rientrano per lo più nel mutamento regolare.
zione a pronunciar l'aspirata e il restringimento della
glottide propria dell'esplosiva, si venne, prevalendo la
prima:
a) alla tenue aspirata e quindi alla spirante (cfr. il
Greco e il Latino; per es. bhanAi, fero, <p€pui);
oppure, prevalendo il secondo:
bj alla semplice sonora.
3° Nelle sonore, per rapidità d'articolazione, il mec-
canismo dei movimenti già pronti per produrre un'esplo-
siva, non lascia il tempo per ottenere la vibrazione delle
corde, e così si perviene alle sorde.
4° Nelle sorde poi finalmente la celerità toglie quella
perfezione di movimenti articolativi ch'era necessaria a
produrre la completa chiusura e quindi la completa esplo-
sione; onde a poco a poco si passa da esplosiva a spi-
rante.
104 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Indipendenti da questo si presentano le anti-
cipazioni 0 le posticipazioni, ancora come forme
di assimilazioni regressive e progressive, ma solo
fra suoni attigui, cioè come associazioni per con-
tatto 0 tutto al più per vicinanza.
Onomatomissie o scambi di parole non escono
dal campo individuale che come modificazioni
che un suono di una parola subisce nel senso di
quello contenuto in altra strettamente legata
per ripetute associazioni alla prima.
Vediamo dunque di analizzare, di tutti i pos-
sibili scambi fonetici, più specialmente quelli che
la linguistica ci enumera come peculiari del feno-
meno collettivo della evoluzione delle lingue; ed
ecco innanzi tutto, raccolti sotto i nomi di assi-
milazione 0 dissimilazione, quelli che un suono
subisce per azione di un altro suono vicino.
Abbiamo un'assimilazione quando il suono in-
ducente (chiamo così quello che agisce sull'altro
che chiamo indotto) si rende eguale quello in-
dotto ; una dissimilazione invece quando il suono
inducente cambia il suono indotto, che gli era
eguale, in uno diverso: dunque i mutamenti di
" krump „ in " krumm „ e di " adsimilare „ in
" assimilare „ sono assimilazioni; il mutamento
di " turtur „ in " ÌMvtìltuha „ (antico alto ted.)
e " turtle „, di " coeluleus „ in " coerwleus „, di
" \u6tì6i „ in " Xij0TiTi „ , di " peregrinus „ in
" peregrinus „, dissimilazioni.
Tanto l'assimilazione che la dissimilazione poi
presentano due forme diverse a seconda che il
suono inducente vien prima dell'indotto, o vice-
V - MUTAMENTO FONETICO 105
versa, l'indotto prima dell'inducente : nel primo
caso abbiamo una assimilazione o una dissimi-
lazione progressiva, nel secondo una assimilazione
0 una dissimilazione regressiva; dunque il mu-
tamento di " krump „ in " krumm „ è una assi-
milazione progressiva, e quello di " turtur „ in
" turtle 3 una dissimilazione progressiva, mentre
quello di ' adsimilare ., in " assimilare „ è un'as-
similazione regressiva e quello di " coeluleus ,
in " coeruleus „ una dissimilazione regressiva.
Ma il suono vicino non ci dà che la causa
estema, formale, dirò, del mutamento ; la causa
vera, cioè il complesso di motivi dei quali esso
è l'effetto, risulta da quanto abbiam detto del
succedersi delle rappresentazioni nella coscienza
per cui un suono si trova nel discorso esposto
alla duplice influenza del suono già pronunciato
prima di esso, la cui rappresentazione già s'oscura
nella coscienza, e di quello che gli seguirà e già
appare alla coscienza; questa nozione che la psi-
cologia individuale ci ha fornito, contiene, come
vedremo, non solo, nelle sue varie applicazioni,
la spiegazione delle varie forme di assimilazione
e dissimilazione, ma anche la spiegazione del
fatto che nelle lingue dei popoli più civili, come
ad es. i moderni Indogermani, prevalgono le
forme regressive, mentre in quelle dei popoli
barbari, ad es. gli antichi Indogermani, preval-
gono, come nel bambino, le progressive.
In fatti, se noi ricordiamo quanto vedemmo
nello studio del mutamento generale, che cioè
lo sviluppo della civiltà porta anche un piìi ricco
Ratizza, Psicologia deUa Lingua. li
106 PSICOLOGIA. DELLA LINGUA
e rapido succedersi delle rappresentazioni, è chiaro
che all'uomo civile che sta per pronunciare un
suono già si presenta chiaro quello successivo,
che fa dunque sentire regressivamente, su quello
che sta per pronunciare, la sua azione, mentre
nell'uomo di più lento corso di pensiero, il suono
già pronunciato è ancora presente alla coscienza
e fa sentire la sua azione quando vien pronun-
ciato il successivo.
I diversi modi di associazione fra i due suoni,
l'antecedente e il susseguente, coll'indotto spie-
gano poi le diverse forme di assimilazione e
dissimilazione regressiva e progressiva.
Nell'assimilazione la rappresentazione del suono
inducente è così chiara nella coscienza contem-
poraneamente a quella del suono indotto, che la
assorbe, e per così dire, la sostituisce; abbiamo
dunque un caso di associazione simultanea. Nella
dissimilazione invece il suono inducente è pre-
sente alla coscienza molto meno chiaramente di
quello indotto che vien appunto pronunciato, e
però si distingue da questo e forma con esso
una successione di rappresentazioni, mutandolo
in pari tempo per maggiore facilità d'articola-
zione; abbiamo dunque nella dissimilazione un
caso di associazione successiva.
Diversi poi sono gli elementi predominanti
in queste associazioni a seconda che si tratti di
una assimilazione o dissimilazione regressiva o
di un'assimilazione o dissimilazione progressiva,
giacche quando l'effetto è regressivo, evidente-
mente il suono inducente non esiste ancora come
V - 3knjTAMENT0 FONETICO 107
impressione acustica, e l'associazione col suono
indotto avviene per mezzo delle sensazioni dei
movimenti di articolazione che già urgono; se
l'effetto è progressivo invece entrano nell'asso-
ciazione sopratutto gli elementi acustici del suono
appena pronunciato; e perciò le assimilazioni e
dissimilazioni regressive colpiscono sopratutto le
consonanti (i cui elementi predominanti sono i
movimenti d'articolazione), e l'assimilazione e dis-
similazione progressive invece le vocali (nelle
quali predominano gli elementi acustici).
Xon meno importanti di questi processi di
associazione che esauriscono il contenuto psico-
logico dei fenomeni di assimilazione e dissimi-
lazione , sono le condizioni fisiologiche della
meccanica di articolazione, che coi primi si com-
plicano, come già si vide incidentalmente; con-
dizioni fisiologiche che si possono ridurre a quelle
del maggior o minor esercizio nella pronuncia
di una data successione di suoni, onde, nessi
che per esser poco comuni presentano qualche
difficoltà, subiscono delle modificazioni.
Della stessa interpretazione psicologica e fisio-
logica sono evidentemente suscettibili l'assimi-
lazione e dissimilazione per vicinanza anziché
per contatto, nonché le altre forme più comuni
di mutamenti singolari.
Cosi ad esempio è evidente che tutte le forme
di omissione — "ne unquam , in " nunquam , ;
" weralt „ in " werlt, welt „: ' gnotus „ in " no-
tus „ — differiscono dalle assimilazioni regressive
solamente perchè il suono inducente che si pre-
108 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
senta contemporaneamente a quello indotto vien
anche pronunciato o in luogo di questo o im-
mediatamente dopo, provocando così lo scadi-
mento dei suoni intermedi, i quali, giacche la
parola nel discorso è preceduta e seguita da
altre parole , non si troveranno in condizioni
diverse per esser nel corpo (sincope, elisione)
al principio (aferesi) o in fine (apocope) della
parola. Nella metatesi il suono omesso ricom-
pare dopo quello inducente (" per, pour „ da
" prò „ ; Kapiepó^ da Kpatepó?). L'epentesi (" Ae-
sculapius „ da'AaK\Tiinó<;; " promptus, sumptus „
per " promtus, sumtus „) può esser interpretata
secondo i casi come un'assimilazione o come una
dissimilazione regressiva.
Fin'ora abbiam visto come un suono si mo-
difichi per effetto di un altro suono vicino, ma
può anche darsi, che il suono inducente appar-
tenga a una parola o a un gruppo di parole non
collegate direttamente, cioè nel discorso, a quella
contenente il suono indotto, e abbiamo allora
quei mutamenti che i grammatici chiamano " per
analogia „, e che ben potremmo dire, in rela-
zione e in opposizione alle assimilazioni già viste :
assimilazioni per lontananza. Così ad esempio:
nessuno dei suoni vicini a quello indotto può
spiegarci perchè la prima plurale dell'imperfetto
di " sterben „ che era " sturben „ sia divenuta
" starben „ , o perchè " triegen „ si sia cambiato
in " triigen „ e da " meridialis „ sia venuto
" meridionale „.
Di assimilazioni per lontananza distingueremo
V - MUTAMENTO FOyETICO 109
due classi, e cioè quelle " grammaticali „, nelle
quali il suono inducente appartiene a parole
della stessa categoria di quella contenente il
suono indotto, e quelle per " concetto „, nelle
quali il suono inducente appartiene a parola che
è in relazione colla parola del suono indotto per
il suo contenuto rappresentativo. Così è gram-
maticale il mutamento di " sterben „ in " starben „
per effetto del singolare " starb „ , e per concetto
invece quello di " triegen , in " triigen „ per
effetto di " liigen „, di " meridialis „ in " meri-
dionale „ per effetto di ^ septentrionalis -. Così
dal lat. " malum „ si ebbe, per spinta analogica
di " maladie „, il frane. " mal „ invece di "^ mei „
(v. da " sai „ " sei „).
La semplice esposizione dei fatti linguistici
dice che, in queste assimilazioni per lontananza,
sian esse grammaticali o per concetto, meno
assai che in quelle precedentemente considerate,
avranno importanza le condizioni fisiologiche di
articolazione, e che il fenomeno è sopratutto di
ragione psicologica, e precisamente, come i cor-
rispondenti fenomeni individuali della onomato-
missia, effetto di associazioni simultanee.
I diversi elementi fonetici che operano in essi
caratterizzano poi le due diverse classi di mo-
dificazioni per analogia.
Degli elementi fonetici di una parola alcuni
sono intimamente collegati al concetto fondamen-
tale di essa; altri rappresentano le varie modi-
ficazioni che quel concetto fondamentale subisce
a seconda dei rapporti nei quali si trova colle
110 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
altre parti della frase; chiamiamo i primi: ele-
menti fondamentali ; i secondi : elementi relativi ;
così di sto, stai, sta, stiamo, ecc., sarà " st „
l'elemento fondamentale, " o, ai, a, iamo, ecc. „,
saranno gli elementi relativi (1).
In tutti i processi di analogia il suono indotto
appartiene agli elementi relativi, e la differenza
è dunque data dalla diversità degli elementi in-
ducenti; infatti nei casi di assimilazione gram-
maticale , questi appartengono ai relativi, nei
casi di assimilazione per concetto ai fondamentali.
Le mutazioni fonetiche singolari considerate
fin qui, sono processi che possono svolgersi in
una lingua, presa isolatamente, astrazion fatta
cioè dalle relazioni nelle quali essa può trovarsi
con altre; nell'adozione di parole straniere (e
tali sono per il parlante anche quelle apparte-
nenti a un dialetto, o a un periodo antico della
lingua e cadute in disuso) vediamo invece ap-
punto gli effetti di tali relazioni.
Non si tratta però qui della formazione delle
(1) * Elementi fondamentali „ dico, e non " radici ,,
cioè elementi di rappresentazioni verbali, quali ci si pre-
sentano oggi nella lingua, e non già parole originarie
dalle quali dovrebbero esser derivate quelle esistenti.
La dibattuta questione del valore reale delle radici
nel senso che tutti i linguisti davano e ora molti ancora
danno a questa parola, potremmo forse risolvere nega-
tivamente ricordando come la parola non sia che un
prodotto della frase (v. pag. 35) e la supposta radice
di valore fondamentale si sia dunque in realtà trovata
sempre fra quei vari prefissi e suffissi che le conferivano
un determinato valore.
V - MUTAMENTO FONETICO 111
lingue miste, giacche questo essendo fenomeno
che coinvolge la massima parte del materiale
fonetico di una lingua ci ha interessato nel muta-
mento regolare, ma solo dell'introduzione di pa-
role isolate.
Da quanto abbiamo visto studiando il fenomeno
nell'individuo, agiscono anche qui associazioni a
distanza e differiscono dalle precedenti solamente
perchè, trattandosi di una parola straniera, non
vien sentita la distinzione fra elementi fonetici
fondamentali e relativi e quindi tutta la parola
è esposta alle associazioni che nei casi prece-
dentemente considerati agivano soltanto sugli
elementi relativi. A seconda che solamente gli
elementi fonetici di una parola o di un gruppo
di parole o invece anche il loro contenuto con-
cettuale vengano messi in relazione col vocabolo
straniero possiamo distinguere anche qui due
casi e cioè : introduzione di una parola straniera
per associazione puramente fonetica ; e, introdu-
zione di una parola straniera per associazione
fonetica e di concetto.
Ci offre un esempio della prima il nostro
" lanzichenecco „ dal tedesco " Lanzknecht „ ;
della seconda ci offrono esempi l'inglese " craw-
fish „ (fish = pesce) dal francese " écrevisse „ ;
0 il mutamento che fece il popolo tedesco di
" Landsknecht » in " Lanzknecht „ (Lanze =
lancia), di " valise „ in '' Felleisen „, o quello
che fece il greco dell'ebraico " Sanhedrin „ in
" ouvéòpiov ,, e il latino del greco " òpeixaXKO? „
in " aurichalcum -.
112 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Queste modificazioni della parola straniera,
sono tanto più profonde, quanto più basso è il
livello di coltura in cui si trova il popolo che
le compie, mentre invece trovano un ostacolo
nel diffondersi della coltura che sottrae la parola
alla incertezza della pronuncia, e nell'abitudine
a rendere suoni stranieri e ricercarne il signi-
ficato.
Con quest'ultima forma di associazioni a di-
stanza noi abbiamo esaurita l'esposizione delle
cause del mutamento singolare, e da essa noi
vediamo come questo non sia meno del re-
golare sottoposto a leggi, ma a leggi di natura
ben diversa, giacche quelle del mutamento re-
golare sono leggi empiriche, cioè raccolte di fatti
uniformi senza riguardo alla varietà delle loro
cause, mentre quelle del mutamento singolare
sono leggi psichiche, sono raccolte di fatti for-
malmente diversi fra loro sotto i loro comuni
motivi psichici; in questo senso possiamo dunque
dire che ogni mutamento fonetico è regolare.
Lo sia esso in un senso o nell'altro, esso è
sempre, come tutta la lingua, un fenomeno psico-
fisico; nel quale però o l'uno o l'altro dei due
elementi, quello psichico e quello fisico, potrà
prevalere, nessuno mancare.
Nel mutamento regolare prevale, giacche esso
dipende sopratutto dall'aumentata velocità del
succedersi delle rappresentazioni, quello psichico,
benché lo stesso concetto di coltura, dal quale
dipende quell'aumento, non meno dell'incrocio
di razze, implichino anche elementi fisici ; nelle
MUTAMEKTO FOÌTETICO 113
assimilazioni e dissimilazioni o, come le chia-
mammo, nei mutamenti per contatto, l'elemento
fisico non ha, come accennammo, minor impor-
tanza di quello psichico, mentre infine nelle
analogie e nell'introduzione di parole straniere,
cioè in tutte le assimilazioni a distanza prevale
ancora l'elemento psichico, benché anche in esse
l'abitudine a certi complessi di articolazioni, ele-
mento dunque fisico, faccia sentire la sua in-
fluenza.
Tutti questi motivi di mutamenti fonetici poi,
che noi studiamo separatamente in forme carat-
teristiche, possono invece agire di conserva in
una parola o sullo stesso suono e però spesso
sarà da attingere da essi tutti la spiegazione di
una sola modificazione ; speciale importanza hanno
in questo riguardo le assimilazioni a distanza
che sotto il nome di " analogie , continuamente
intervengono nella filologia a spiegare il diffon-
dersi di mutamenti numerosissimi.
Ratizza, Psicologia détta Lingua. 15
VI.
MUTAMEOTO DI SICtNIFICATO
Concetto ed esempi — Nostro compito.
I. Mutamento regolare — Mutamento per assimilazione,
con elemento predominante costante; con elemento
predominante variabile — Mutamento per complica-
zione — Mutamento per associazione sintattica.
II. Mutamento singolare — Denominazioni per associa-
zione singolare — Traslazioni per associazione sin-
golare — Metafora, mutamento di significato e simi-
litudine — Parole e espressioni metaforiche — Leggi
psichiche delle diverse forme di mutamento.
VI.
Mutamento di slgnijlcato (1).
Se, quando diciamo o sentiamo dire ad esempio :
" non afferro la sua idea „ , " un concetto altissimo „ ,
(1) Sebbene in genere il mutamento di lignificato nelle
parole si compia indipendentemente dal mutamento dei
suoni, pure esiste talora una specie di parallelismo tra
i due processi.
Alcuni doppioni che in origine hanno identico signifi-
cato si specializzano in significati diversi per onomatopea
secondaria. Per esempio le forme dialettali tedesche rapp^
e robe dapprima confluirono nella lingua comune indi-
cando indifferentemente il corvo e il cavallo morello;
ma poi con robe si assimilò più facilmente il suono del
gracchiare, e con rappe lo scalpitìo. Altri doppioni mor-
fologici, come i doppi plurali icorte e tcorter, lande e
lander, bande e bànder, si specializzano, il secondo plurale
con senso di pluralità di tanti oggetti singoli, il primo
con senso di pluralità collettiva (probabilmente per ana-
logia fonetica col singolare). Da questi e da molti altri
esempi si può arrivare facilmente alla conclusione di
escludere nella differenziazione dì significato la vecchia
teoria del caso storico.
118 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
" e un. krumiro „, vogliamo riflettere per poco al
valore delle parole, ci accorgiamo di usarle in
un senso che non è quello proprio, originale, e
che anzi in alcune di esse, questo valore proprio,
originario, ha ceduto, o va cedendo del tutto, il
posto a quello secondario; notiamo cioè che le
parole mutmio di significato. Di questi mutamenti,
ai quali vanno soggette parole di tutte le lingue,
di tutte le epoche, vogliamo ricercare le cause,
e cioè vogliamo stabilire i processi psichici che
collegano i singoli fenomeni alle circostanze ge-
nerali nelle quali si svolsero ; queste circostanze
ci svela la storia, quei fatti particolari la lin-
guistica, i processi psichici che ne stabiliscono
la relazione ricercheremo noi colla scorta della
psicologia individuale. Così, ad es., la linguistica
ci racconta come pecunia significasse originaria-
mente bestiame, e poi invece danaro; la storia ci
descrive come la società romana da agricola di-
ventasse bancaria; noi dovremo ricercare i pro-
cessi per i quali gli elementi psichici della nuova
civiltà sostituirono gli antichi in quella parola.
I singoli casi di mutamento di significato rag-
grupperemo secondo questi loro processi ele-
mentari costitutivi, ricordando però che, essendo
ciascuno di essi generalmente la risultante di
parecchi motivi cooperanti, le nostre distinzioni
non avranno un valore assoluto, ma indicheranno
solo il processo predominante, caratteristico. Vista
la natura psicologica dei diversi gruppi di feno-
meni, ci sarà facile infine dedurre le cause e le
leggi generali di tutto il loro complesso.
VI - MUTAMENTO DI SIGNIFICATO 119
Mutamento (di significato) per assimilazione. —
A questa forma di mutamento di significato sot-
tostanno invero continuamente tutte le parole,
giacché, come sappiamo, quando noi apperce-
piamo un oggetto, questo vien subito assimilato
a una rappresentazione passata che abbia con
quella elementi eguali, e se questa era unita a
un' immagine verbale, anche la nuova rappresen-
tazione riceve la denominazione della passata,
e il contenuto della parola dunque, siccome le
due rappresentazioni non hanno mai tutti gli ele-
menti eguali, varia appunto di quegli elementi
non comuni ad entrambe. Coà, ad es., la parola
naso avrà evidentemente in ogni singolo caso
concreto un diverso contenuto rappresentativo.
Di un vero mutamento di significato però non
parliamo che quando appaia chiaiamente e si
fissi la differenza di alcuni elementi.
Ora, giacché qualche elemento predomina sugli
altri, e appare come caratteristico di quel con-
cetto e più intimamente legato alla parola, posson
darsi due casi di mutamento per assimilazione a
seconda che, o resta costante l'elemento predo-
minante e varia il resto della rappresentazione,
o varia con altri elementi anche il predominante,
mentre i secondari restano costanti.
Evidentemente le condizioni psicologiche del
primo caso di mutamento per assimilazione sono
semplicissime, giacche, essendo la parola legata
all'elemento predominante, se questo appare in
una nuova rappresentazione richiama senz'altro
la parola che era collegata ad esso. Esempi ci
120 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
offrono le parole: gamba, piede, parlando di
tavole, sedie, ecc.; esse son collegate alla carat-
teristica della gamba come uno dei sostegni di
un animale, e però, presentandosi la parte di un
oggetto la quale abbia rispetto a questo la stessa
funzione che ha la gamba nell'animale, viene as-
similata e associata allo stesso suono.
Il secondo caso non differisce essenzialmente
dal primo se ammettiamo che al mutamento di
significato abbia presieduto un elemento carat-
teristico diverso da quello che ora si presenta
come tale, e che sia poi passato fra gli elementi
secondari, o anche totalmente scomparso, per cui
la peculiarità di questa forma di mutamento di
significato consiste sopratutto nella successiva
evoluzione del concetto, e precisamente nello
scomparire di alcuni elementi.
Qui citiamo, ad es. : maresciallo e penna. Ma-
resciallo {marah = cavallo ; schalk = fante, gar-
zone) significava originariamente press'a poco
stalliere; poi, mutando le condizioni politiche e
gli usi strategici, la caratteristica del governare
i cavalli passa in seconda linea e maresciallo si
chiama il sopraintendente ai cavalli e alle sal-
mone; e infine per la maggior importanza che
queste assumono nell'esercito, anche la seconda
caratteristica s'oscura e maresciallo è il coman-
dante supremo.
Così penna indica innanzi tutto una parte
del rivestimento degli uccelli, e in questo signi-
ficato vive tuttora, ma ne assunse anche uno
secondario dacché fu tagliata a punta e usata
I
I
VI - MUTAMENTO DI SIGNIFICATO 121
per scrivere ; in questo senso il valore primo si
oscurò, quello secondario di servire a scrivere
divenne predominante e con questo la parola
passò a indicare lo strumento appuntato di me-
tallo che serve a quello scopo.
Mutamento (di significato) per complicazione. —
Sotto questo titolo intendiamo, conformemente
alla definizione che abbiamo data di associazione
per complicazione, il trasferimento di una parola
da una rappresentazione appartenente ad un dato
sistema di sensazioni ad una appartenente ad un
altro; ades.:c?o/ce detto di suono anziché di sapore.
Il caso pili semplice si presenterà quando la prima
rappresentazione contenga già elementi della se-
conda, i quali, perchè abbia luogo una vera com-
plicazione, non potranno essere che sentimenti.
Così " basso, alto, acuto „, che designano origi-
nariamente sensazioni visuali o tattili, vengono
usati parlando di auditive, di suoni; " caldo,
freddo „ vien detto di tinte, perchè i sentimenti
che accompagnano queste sensazioni appartenenti
a sistemi diversi sono gli stessi.
Se invece le denominazioni di impressioni
esteme vengon usate per stati soggettivi come
angustia (strettezza) per ci-uccio; amaro detto di
parole, di dolore; c?w7-o, del cuore, dell'animo; il
clarus, latino, che in origine si riferiva solo alla
vista ; ponderare, pesare per calcolare ; probabil-
mente non solo sentimenti, ma anche sensazioni
stabiliscono la relazione, giacché, ad es. , fra
espressioni: volgere il pensiero, ordinare le idee, e
volgere il viso, ordinare delle note, non v'è diffe-
Eavizza, Psicologia della Lingua. 16
122 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
renza che nella vivezza delle immagini, nella in-
tensità delle sensazioni.
Ed è sopratutto da queste associazioni per
sentimenti e sensazioni comuni a impressioni
esterne e interne, dalla loro persistenza, dalla
loro evidenza, che traggono origine sempre nuove
parole a esprimere sempre più delicati, lievi, moti
dell'animo.
Più evidente è poi la presenza di sensazioni
affini nei due contenuti successivi della parola,
nella denominazione di sensazioni da oggetti :
come viola (colore) dal fiore; porpora (rtopcpupa;
TTopcpupeoq , purpureus = " vivacissimo , splen-
dente „ , detto di qualunque colore, probabilmente
da TTUp = " fuoco „ e da qpupuu =: " agito „) ; nelle
quali vediamo sparire tutti gli elementi visivi
eccetto uno, e tutti gli elementi tattili, onde il
concetto espresso dalla parola passa dalla classe
degli oggetti a quella delle qualità.
Abbiamo detto che i casi più semplici di mu-
tamento complicativo di significato sono quelli,
nei quali qualche elemento del primo valore della
parola si presenta anche nell'ultimo; diciamo ora
che sono anche i più comuni; in fatti all'infuori
di essi non ci resta da considerare che la deno-
minazione dei processi intellettivi, dei loro pro-
dotti, delle facoltà intellettuali, ad es. ricordare,
ricordo; comprendere, ecc., nei quali il valore
intellettuale non può esser stato dato alla pa-
rola che per un'associazione secondaria, cioè ap-
poggiata su un valore intermedio materiale e in-
tellettuale ad un tempo, che ha unito il secondo
i
VI - JIUTÀMEKTO DI SIGNIFICATO 123
concetto al primo, giacche, a differenza dei casi
di denominazione di stati soggettivi, l'azione o
lo stato che formano il contenuto primo della
parola non possedono nessun elemento ne senti-
mentale, ne rappresentativo del secondo : così non
sentiamo piìi in " spiritus = anima „ lo " spìritus
= fiato, respiro , se non sappiamo che un tempo
il fiato era appunto ritenuto come l'essenza vi-
vificatrice dell'organismo.
A questi due gruppi maggiori di mutamento
di significato, quello per assimilazione e quello
per complicazione, aggiungiamo quei casi nei
quali una parola assume il significato, affatto
estraneo al proprio, di un'altra colla quale fre-
quentemente occorre nel discorso, muta cioè di
significato per un'associazione estema, sintattica;
così l'aggettivo: capitale ha preso valore di città
capitale, e ascella di axilla brachii, e bonne di
bonne domestìque.
Tutti i fenomeni trattati fin qui dimostrano
processi psichici comuni, generali ; così che pos-
siamo ritenerli come sorti contemporaneamente
e indipendentemente in parecchi punti di un dato
territorio linguistico; li chiameremo dunque coi
termini già usati pel mutamento fonetico, casi
di mutamento regolare, serbando per gli altri il
nome di rmUamento singolare.
Comprenderà questo adunque tutte quelle
forme individuali, diverse, che come *" arbi-
trarie „, " capricciose „ vengon comunemente
messe fuori d'ogni legge, quasi che " arbitrio ,
" capriccio , non siano parole esprimenti prò-
124 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
cessi psichici, dei quali dunque potremo ricer-
care in ogni caso gli elementi e le forme e le
leggi relative.
Quelle in fatti fra esse di cui ci è dato rin-
tracciare la genesi storica, ci appaiono non meno
delle forme di mutamento regolare fondate su
associazioni, ma specialissime, ma cooperanti una
sol volta e per lo più in un solo individuo o in
una cerchia ristretta d' individui, ciò che non
significa affatto, che esse siano psicologicamente
irregolari, giacche riposano sulle leggi generali
di associazione, ne che siano meno diffuse di
quelle regolari, giacché le condizioni che fanno
accettare e usare una parola non devono esser
di necessità le stesse che presiedettero alla sua
formazione, e se queste sono individuali, possono
esser quelle generali. Così sarà un caso di mu-
tamento singolare di significato se il nome del
veloce messaggero degli Dei " Mercurius „ fu
assegnato al più veloce dei pianeti, giacche è
questo un avvicinamento di idee che solamente
degli astronomi possono aver fatto; una volta
però assegnato da essi il nome, era naturale che
i profani lo accettassero.
In un primo gruppo di queste interessanti
forme di mutamento possiamo riunire i casi di
denominazione per associazione singolare, di cui ci
offrono due begli esempi le parole moneta e gas.
Ognun sa come la prima parola non fosse ori-
ginariamente che uno dei tanti appellativi di
Giunone e significasse " ammonitrice „, e come
dall'esser sorta la prima zecca romana in vici-
VI - MUTAMENTO DI SIGNIFICATO 125
nanza di un tempio dedicato allo Juno moneta,
si chiamasse dapprima " moneta „ la zecca e poi
il denaro che vi si coniava, e in quest'ultimo
significato la parola, nelle sue varie forme di
moneta, e nwnnaie, e Miinze, e money, corresse
poi il mondo.
Forse meno nota è l'origine della seconda
parola, di " gas „. — Sorse questa nel labora-
torio del medico e mistico Giovan Battista van
Helmont, che verso l'anno 1600 denominava così,
corrompendo la parola " Caos „, un corpo aeri-
forme da lui scoperto e che egli riteneva ap-
punto affine alla materia del " Caos „ e al
" Blas „, un'aria fredda che ai tempi di quel
chimico emanavan le stelle.
La prima denominazione ci appare dunque
come il risultato di due successive associazioni
per contiguità fra il tempio e la zecca, fra la
zecca e il denaro che vi si conia ; la seconda, di
due associazioni per somiglianza fra la materia
del caos, quella delle stelle e la nuova, compli-
cate con mutamenti fonetici.
Un secondo gruppo formano le traslazioni del
nome di un oggetto a un altro, quando, s'intende,
non appartengono al mutamento regolare. La
caratteristica dei fenomeni appartenenti a questo
gruppo è la singolarità non tanto di un'associa-
zione quanto della successione di associazioni e
il loro numero, per cui, tolte le intermedie, nes-
suna relazione appare fra il primo e l'ultimo ter-
mine della serie. Così la derivazione del francese
loupe = lente d'ingrandimento da lupus = lupo,
126 PSICOLOGIA DELLA LI^^GUA
ci appare comprensibile solo coli' intromissione
di lupus e lupa, denominazione data a un'ulcera
voracissima e rotonda, che per la prima qualità
dunque è associata a lupus = lupo e per la se-
conda appunto alla loupe = lente.
Qui aggiungeremo in un terzo gruppo quelle
metafore che sono entrate nell'uso comune. In
vero, il valore originario della parola metafora
(traslazione) potrebbe giustificare un'assunzione
di tutti i fenomeni di mutamento di significato
sotto questo titolo, ma noi, pur riconoscendo
come sia difficile fissare un esatto criterio di
distinzione tra i due fenomeni, riterremo inco-
minciar la metafora dove la traslazione da un
significato all'altro è avvertita, ond'è che i fe-
nomeni del mutamento di significato diventano
posteriormente metafore solo per chi si renda
ragione della relazione logica fra i diversi con-
cetti che formano successivamente il contenuto
della parola.
Caratteri pel riconoscimento della metafora e
dei suoi confini coi due fenomeni affini del mu-
tamento di significato da un lato, e della simi-
litudine dall'altro, non si possono dedurre che
dallo studio delle sue relazioni con tutta la rap-
presentazione totale, colla frase cioè, della quale
è parte. Da questo studio rileviamo che: La pa-
rola che ha mutato di valore non desta altra
rappresentazione che quella inerente al nuovo si-
gnificato acquisito, e tutte le parti della rappre-
sentazione totale appaiono dunque come omo-
genee. Così s'io dico a uno: " sei un imbecille „
VI - MUTAMENTO DI SIGNIFICATO 127
non appare il valore primitivo di imbecille (mal-
fermo, debole), ma solo il nuovo che gli è proprio
in quella frase.
La similitudine contrappone l'una all'altra
due immagini aventi qualche elemento comune;
così s'io dico: " Mio cugino mangia come un
lupo „, mio cugino e il lupo appaiono contrap-
posti l'uno all'altro ma pur colla nota comune
della voracità.
La metafora si presenta invece in una rap-
presentazione totale come parte eterogenea, e
avvertita come tale , che richiama però per
facili associazioni le omogenee ; così ho una
metafora quando dico: " una persona è un
orso „ ; nella metafora dunque appare anzitutto
r immagine metaforica come predominante, ma
a essa si collega, per l'affinità di qualche ele-
mento e per effetto delle altre parti della rap-
presentazione totale il significato omogeneo a
queste, colle quali si fonde; ond'è che a diffe-
renza della similitudine, nella quale le due imma-
gini vengono sempre appercepite come diverse
e distinte, la metafora può perdere coll'uso del
suo primo valore e avvicinarsi sempre più a
quello dei mutamenti di significato.
Anzitutto son le parole metaforiche che più
facilmente vengono accettate nella lingua co-
mune ; così gli appellativi asino, porco, ecc. rife-
riti a uomini, '• devotissimo servo „ nella chiusa
delle lettere; un " cielo a pecorelle „, ecc.; più
difficilmente le espressioni metaforiche, come: la
falce della morte; le ingiurie del tempo; deux tétes
128 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
sous un bonnet ; ein Herz und eine Seele ; un'anima
in due corpi ; soffiar nel fuoco, per aizzare ; cascar
dalle nuvole; scendere in lizza; rompere una lancia;
calzare il coturno; nelle quali ultime l'affievolirsi
del carattere di metafora è facilitato dall'oscu-
rarsi dal valore originario di qualche parola che
ne fa parte.
Da quanto abbiamo esposto prima di venire
a trattare della metafora, appaiono come cause
psichiche del mutamento di significato i processi
di associazione; le sue leggi saranno dunque
quelle che regolano le associazioni, quelle cioè
di somiglianza, di contiguità (nello spazio e nel
tempo) e di eliminazione degli elementi non as-
similabili, le quali leggi ci dicono che nelle as-
sociazioni 0 si uniscono fra loro elementi eguali,
o si uniscono fra loro elementi vicini, e che per
conseguenza gli altri elementi scadono.
Quest'ultima legge come quella che si mani-
festa in ogni processo di associazione, presiede
ad ogni forma di mutamento, mentre, delle due
prime, quella di somiglianza caratterizza l'assi-
milativo, quella di contiguità il complicativo.
Il mutamento singolare non presenta forme
speciali di associazioni ; se non che esse, anziché
compiersi simultaneamente come nel regolare,
per la maggiore disparità degli elementi avven-
gono piìi lentamente, spesso per effetto di rifles-
sione, sono cioè di quelle che chiamammo suc-
cessive.
Sappiamo che le associazioni si compiono fra
elementi di rappresentazioni complesse, e queste
I
VI - MUTAMENTO DI SIGKIFICATO 129
formano dunque il substrato anche dei fenomeni
di mutamento di significato.
Già in fatti dovemmo ricercare nella frase
(cioè appunto nella rappresentazione totale) la
spiegazione del mutamento per associazione sin-
tetica e di quello per metafora ; solo nella frase
noi possiamo capire che la parola antica vien
usata in un significato nuovo, e solo come parti
delle rispettive rappresentazioni totali il primo
contenuto rappresentativo d'una parola ha qualche
relazione col successivo; così, ad es., la gamba
del tavolo con quella di un animale.
Ora, la funzione che vedemmo presiedere alla
formazione e scomposizione della rappresenta-
zione totale è la appercezione, e questa adunque,
nel suo doppio processo sintetico e analitico
(v. pag. 34) , è la causa ultima del mutamento
di significato, mentre le singole associazioni sono,
come vedemmo, i motivi immediati delle sue
varie forme.
Ravizza, Psicologia deOa Lingua. 17
i
I
vn.
PSICOLOGIA DELLA SI^^TASSI
I. Specie di frasi — Definizione di frase — Frasi incom-
plete — Equivalenti di frase — Frase esclamativa,
attributiva, predicativa — Frase assertiva, descrittiva
e narrativa — La copula — Frase interrogativa.
IL Le parti del discorso — Caratteristiche morfologiche
e sintattiche — Quattro categorie principali di pa-
role — Valore fondamentale del sostantivo — Evo-
luzione del sostantivo in aggettivo — Caratteristiche
di qualità, di valore — Genere — Numerali e nu-
mero, varie espressioni del singolare e del plurale
— Pronomi — Pronome personale, suo SAdluppo dal
possessivo, dal sostantivo — Pronome possessivo,
suo sviluppo dal personale — Pronome dimostrativo
e derivati — Casi — Loro sviluppo nelle diverse
lingue — Casi di determinazione interna — Casi di
determinazione estema — Loro confondersi e sparire
— Verbo — Suoi caratteri e sue funzioni rispetto al
sostantivo — Suo sviluppo da questo — Coll'aiuto
di pronomi — Coll'aiuto di parole ausiliarie — La
metafora fonetica nel verbo — Il numero — Conte-
nuto dei generi, modi e tempi — Particelle primarie
e secondarie — L'influenza della frase nella differen-
132 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
ziazione delle parti del discorso — Verbo — Agget-
tivo — Forme originali pel personale o pel posses-
sivo — Derivazione del relativo dal dimostrativo —
Il periodo — Paratassi pura — Paratassi congiun-
tiva — Ipotassi.
III. Struttura della frase — Relazione chiusa e aperta —
Frase appercettiva e associativa — Struttura della
frase predicativa — Struttura del periodo, le due
forme fondamentali di paratassi e le due d' ipotassi
che ne derivano — Motivi della trasformazione della
unione paratattica nella ipotattica — Sviluppo della
forma predicativa dalla attributiva — La relazione
aperta e chiusa nelle frasi assertive — Costruzione
— Le sue due leggi principali — Loro valore nelle
diverse specie di frasi — Motivi del fissarsi di una
data costruzione.
IV. Il pensiero nelle diverse lingue — Caratteristiche
interne, pensiero frammentario e discorsivo, pensiero
nominale e verbale, pensiero concreto o astratto.
>c>c>oc>ocx>oc>c>c^>^>c>^^><
vn.
Psicologia della sintassi.
Conformemente ai processi psichici dai quali
vedemmo risultare la frase, la potremo definire
" l'espressione fonetica della scomposizione di
una rappresentazione totale nelle sue parti; in
relazione logica fra di loro „.
Sappiamo che a ognuna di queste parti cor-
risponde una parola e notiamo ora che una pa-
rola può anzi contenere, e contiene generalmente,
non solo nelle lingue agglutinanti ma anche nelle
nostre, più di una rappresentazione parziale (così
vengo, la persona, l'azione e il tempo), onde in
essa si può spesso continuare il processo anali-
tico iniziato nella frase; ne viene dunque che,
ogni rappresentazione parziale risultante dalla
scomposizione intellettiva della totale, di regola
consterà almeno delle due parti principali di una
rappresentazione verbale, cioè del concetto, e di
tutto il complesso di sensazioni auditive, musco-
134 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
lari, ecc. che abbiamo menzionate nel capitolo II
e che qui chiameremo, in opposizione al con-
cetto, parola.
Ma può darsi che ad alcune rappresentazioni
parziali, presenti nella totale, vengano a man-
care le corrispondenti parole, e restino dunque,
non rafforzate dagli elementi in questa contenute,
più deboli, oscure, indeterminate delle altre; è
questo il caso delle frasi incomplete. Es: Giìi il
cappello. Il treno! Fuoco!
E spesso queste rappresentazioni parziali alle
quali manca la parola sono molto importanti
dal punto di vista logico ; così i verbi impersonali
del tipo u€i, variati, pluit, es rauscht, il ghie, vano
se hlyska, sia che abbiano o no un soggetto for-
male {es, il, vono), esprimono una forma della
lingua compendiaria , e la rappresentazione par-
ziale sottaciuta, o indeterminatamente espressa,
designa il complesso degli elementi percettivi
dati contemporaneamente col processo implicito
nel verbo.
Talora poi la frase incompleta ha la par-
venza di un vero ellissi grammaticale, come in
questi casi: èH òvuxujv Xéovia, dii meliora, der
graf nun so eilig zum tore hinaus. Specialmente
nei due primi esempì i suffissi dei casi farebbero
credere che un tempo fosse espresso nella frase
il verbo. Ma può darsi che in origine a quelle
forme mancasse il segnacaso, e che le rappre-
sentazioni parziali s'indicassero così come si suc-
cedevano nell'animo e che solo per analogia
delle frasi complete: " èH òvuxujv X^ovta tvojGi „
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 135
" dii dent meliora „ e simili, siasi poi anche in
quelle frasi che riproducevano un tipo originario
posto il caso che ormai era diffuso nelle frasi
normali.
Ma può darsi anche che tutta la rappresenta-
zione totale contenente oscure e indistinte le
minori rappresentazioni parziali, trovi la sua
espressione complessiva in una parola, o in un
gesto ; potremo allora, meno ancora che nel caso
precedente , parlare di frase, giacche ancor più
incompleto appare il processo che caratterizza
questa e avremo dunque solo degli equivalenti
di frase; così se alla domanda " Esci questa
sera? „ rispondo " Si „.
A seconda poi della sua funzione la frase può
essere esclamativa, assertiva e interrogativa ; specie
che non mancano in nessuna lingua e sono con-
trassegnate dai tre punti : d'esclamazione, fermo,
e d'interrogazione.
La frase esclamativa è l'espressione verbale
di un' emozione, che può essere semplicemente
un sentimento, come nelle frasi " Che uomo ! Bel
divertimento! „, o anche un processo volitivo,
cioè un desiderio o un comando, come nelle frasi
' Scappa! Vieni! „.
Come vediamo, la frase esclamativa finisce
senza una chiara distinzione formale nella escla-
mazione, ma riterremo le citate, frasi, sia pure
incomplete, perchè la parola o le parole che
le compongono richiamano per facile associa-
zione, quando pure non la esprimano, almeno
un'altra parte della rappresentazione totale, in
136 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
relazione logica colla espressa. Così, le prime
richiamano determinazioni dell'uomo e del di-
vertimento, cioè attributo, e formano dunque
delle frasi attributive; le seconde richiamano una
persona che eseguisce un comando, esaudisce
una preghiera, un soggetto dunque del quale si
dice qualche cosa, si enuncia un predicato, for-
mano dunque frasi predicative.
Dalla frase esclamativa il cui contenuto è
sopratutto sentimento e volontà, si distingue la
frase assertiva perchè il suo contenuto è sopra-
tutto un complesso di rappresentazioni.
A seconda della natura di queste possiamo
distinguerle in frasi:
I. descrittive o esplicative;
II. narrative.
Le prime mettono in relazione un oggetto con
una sua proprietà; la quale può essere espressa
da un aggettivo (frase descrittiva): Es. Il popolo
è forte; o da un sostantivo (frase esplicativa):
Es. Egli è un eroe; voce di popolo voce di Dio.
Le seconde rilevano di un oggetto o di più
oggetti in relazione fra di loro, gli stati mute-
voli, che sono espressi dal verbo. Es. Egli la-
vora; quell'uomo e il suo amico uccisero il
cavallo.
Ma se per il predominare delle rappresenta-
zioni sul sentimento la frase assentiva si contrap-
pone alla esclamativa, le sue due forme pei loro
caratteri logici si annettono, l'una, e cioè li
descrittiva-esplicativa alla frase esclamativa-at-j
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 137
tributiva (di sentimento), l'altra, la narrativa
alla esclamativa-predicativa (comando e pre-
ghiera) ; difatti le prime contengono una deter-
minazione del soggetto e sono dunque frasi at-
tributive, mentre le seconde contengono qualche
cosa che si dice del soggetto cioè un predicato,
e son dunque frasi predicative.
La logica riduce anche le prime in frasi pre-
dicative usando del verbo " essere „ , della copula,
e considera come predicative le frasi che già
l'hanno; ma se ciò è permesso alla logica, la
quale ha per oggetto del suo studio il " giudizio , ,
non lo è alla psicologia, la quale non può di-
menticare che in molte lingue non esiste verbo
" essere „ ; che in molte altre la copula è nata,
vedremo come, da verbi di contenuto reale che
introdotti nella così detta frase ellittica dareb-
bero luogo a un non senso (1), e infine che nelle
nostre lingue questo verbo non aggiunge nessun
nuovo elemento al contenuto della frase attri-
butiva nella quale si inserisce.
Per noi dunque " voce di popolo, voce di Dio „
è una frase a non minor ragione di " voce di
popolo è voce di Dio „, e questa è come quella
una pura frase attributiva.
Che inserita nella frase attributiva per renderla
predicativa la copula non abbia contenuto reale.
(1) Così nel vedico * sahàsram tè inyuto visvavara =
mille di te i cariaggi o ricco di doni , — l'introduzione
del verbo * carati , (= muoversi, viaggiare , procedere).
Eavizza, Psicologia della Lingtta. 18
138 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
non vuol dire però che non ne abbia mai, essa
spesso indica il tempo, specie il passato e il futuro,
e dà luogo alla formazione di frasi di carattere
attributivo (nominale) e predicativo (verbale) in-
sieme. Così " Egli è un lavoratore „ è frase pura-
mente attributiva; " Egli lavora, o lavorava „
sono frasi puramente predicative; " Egli fu un
lavoratore, e sarà un lavoratore „ sono frasi
attributive e predicative.
Anche di frasi interrogative abbiamo due specie :
la dubitativa che ha il contenuto di un' asseri-
tiva ma ne richiede la conferma o la negazione,
Es. Il babbo è partito? Sei ammalato?; e la do-
manda reale che si riferisce a un contenuto
ignoto all'interrogante, e che egli vuol conoscere
dalla risposta. Es. Quando è partito il babbo?
Che malattia hai? Le risposte sia alle prime
(un " sì „ 0 un " no „) che alle seconde (" ieri „,
" reumatica „), giacche hanno senso soltanto colle
rispettive domande, sono equivalenti di frasi, e
formano con ognuna di esse la rappresentazione
totale, il contenuto di una asseritiva.
Per questa identità di contenuto varrà anche
per le interrogative quanto già dicemmo su at-
tributo e predicato; ma d'altra parte esprimendo
la domanda un desiderio, avendo cioè anche un
contenuto sentimentale, verrà ad occupare un
posto fra le asseritive e le esclamative.
Colla diversa natura psichica della frase e dei
suoi elementi, sta in istretta relazione quella
della funzione che alle singole parole spetta
nella frase e che appare nelle loro diverse forme,
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 139
in quelle cioè che i grammatici chiamano le
parti del discorso.
Le paHi del discorso.
Le caratteristiche secondo le quali le parole
vengon distribuite nelle diverse classi di nome
sostantivo, ìiome aggettivo, verbo, ecc., possono es-
sere di due specie e cioè morfologiche (o esterne)
e sintattiche (o interne).
Sono morfologiche quando aderiscono al vo-
cabolo, cioè alla parola anche presa isolatamente,
fuori da qualunque contesto, come avviene ge-
neralmente in Latino e in Greco. Sintattiche
quando risultano solo dal complesso della frase,
mentre il vocabolo per se è amorfo, non dà
modo di riconoscere di quale classe di concetti
sia espressione ; ciò che però non ci deve in-
durre nell'opinione che una data lingua non di-
stingua diverse categorie di parole, giacche queste
non vivono in realtà che nel discorso, essendo
il considerarle isolate artificio di grammatici, e
nel discorso hanno ogni volta un loro valore
particolare , che potrà risultare o dalla loro po-
sizione, 0 da determinativi, e pel quale dunque
appartengono anche esse a una data categoria.
Tali le parole del chinese. Esempi ce ne for-
nisce l'inglese, dove, ad es., la parola scritta
down può essere sostantivo (I piuma, II duna) ;
preposizione e avverbio (giù); aggettivo (triste);
e in fine verbo [scoraggire, antiquato). D'ai-
140 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
tronde in quasi tutte le lingue colle caratteri-
stiche morfologiche cooperano alla distinzione
delle parole le sintattiche.
Comunque appaia questa distinzione, essa di-
pende, come dicemmo, dalla funzione della parola
nella frase, e corrisponde quindi alle tre classi
di concetti che da questa vedemmo risultare:
quella degli oggetti, quella delle qualità, e quella
degli stati (e mutamenti di stato).
In fatti possiamo distinguere in quasi tutte le
lingue le tre classsi di parole corrispondenti,
cioè il sostantivo , l' aggettivo e il verbo , alle
quali aggiungeremo, raccolte sotto il nome di
particelle, tutte quelle che servono ad esprimere
i rapporti fra le antecedenti, nelle lìngue in cui
questi rapporti hanno assunto forma in parole
speciali e non vengano rese con modificazioni di
quelle delle altre tre classi.
Nelle lingue piti sviluppate a questo riguardo
in ognuna di quelle categorie principali se ne
possono poi distinguere moltissime di secondarie
corrispondenti a varietà dei concetti generali;
così gli antichissimi nomi indogermanici di pa-
rentela (vedi: Vater, Mutter, Bruder, Schwester,
Tochter, Yetter) pur differendo fra loro per gli
elementi fonetici fondamentali sono riuniti dalla
comune terminazione; ma non le molte categorie
secondarie e neppure le quattro principali sono
rigidamente separate fra loro, che anzi anche
nelle lingue nostre, aggettivo e sostantivo, come
già indica la grammatica accogliendoli sotto la
denominazione di nome, e, sopratutto in altre
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 141
lingue, anche nome e verbo si confondono, e
frequentissimi poi sono in tutte le lingue i pas-
saggi da una categoria all'altra.
Dopo di che, è evidente che la ripartizione
in nome, verbo e particelle che noi abbiamo
scelto per la trattazione non ha valore per tutte
le lingue; non è che il raggruppamento più co-
modo della materia dovendo prendere per ter-
mine di paragone le lingue nostre, nelle quali
appunto le tre categorie di parole sono quasi
sempre distinte.
Siccome qualità e stato non sono concepibili
che inerenti a un oggetto, è il nome che in tutte le
lingue ha la maggior importanza nella rappresen-
tazione del pensiero e probabilmente dunque
quello che costituisce il piti antico materiale, di
cui verbo e aggettivo appaiono come derivazioni
secondarie.
Il nome che fa da aggettivo si distingue dap-
prima da quello che fa da sostantivo solo per il
significato; ma questo significato speciale per il
quale esso aggettivo appare differente dal nome
sostantivo, ha per effetto una variazione di forma
e cioè la mozione e nelle lingue indogermaniche
la comparazione. Ed ecco qualche traccia dello
sviluppo iniziale di queste caratteristiche dell'ag-
gettivò.
In molte lingue americane la qualità è ancora
espressa da un nome che vien aggiunto senza
mutamento al nome reggente, come sarebbe a
dire, per es., legno pietra per legno duro.
Anche le lingue indogermaniche ci presen-
142 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
tano evidenti tracce del passaggio di sostantivo
in aggettivo. Si pensi al hellator equus di Ver-
gilio, all'avrip aipanuuTriq dei Greci, al bos arator
di Svetonio. A volte il passaggio è dovuto a
uso predicativo ; è noto l' impiego aggettivale
a cui arrivò in tedesco il nome schade. Cfr. in
Mhd. hure schade er lebe; altre volte è dovuto
a quelle forme di composti possessivi, che furono
tanto in uso nel Sanscrito, e che non sono ignote
agli altri linguaggi indogermanici. Si pensi a
poòoòdtKTuXog in origine dito rosso, e poi ditiro-
sato 0 dal dito rosso ; al nostro magnanimo ; al
tedesco harfuss da bar vuoz.
In alcune lingue polinesiache la mozione del
numero che logicamente sembra di esclusiva
spettanza del nome appare invece solo nell'ag-
gettivo. Così da laau tele = albero grande, laau
telele = alberi grandi.
Il Brugmann c'insegna (Gr. II. 420) che i
suffissi che ora servono a graduare l'intensità
del concetto aggettivale non differiscono mor-
fologicamente da quelli che servivano a indi-
care varietà qualitative del concetto sostantivo;
inoltre i comparativi formati da diverso tema
(es. malus, pejor) si presentano probabilmente
come resti di un'epoca in cui la più spiccata
caratteristica dell' aggettivo , la comparazione
indogermanica, come morfologicamente ci si pre-
senta, non esisteva ancora, e le differenze di grado
non erano che differenze di qualità, le quali, come
dicemmo, i sostantivi esprimevano non meno e
non diversamente degli aggettivi.
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 143
Né queste caratteristiche di qualità che do-
vevano esser numerosissime nel gruppo indo-
germanico, dove vediamo, ad es. , oltre pater,
mater, frater, ecc. (v. pag. 140), collegati da
un suffisso comune, gli aggettivi in ter derivati
da sostantivi con valore locale {campester, sil-
vester , ecc.) , mancano generalmente in altre
lingue nelle quali le parole constino di radicali
e di prefissi e suffissi.
Probabilmente per effetto dell'associazione fra
le rappresentazioni, le parole venivano dunque
a formare certe classi caratterizzate da certe
affinità fonetiche; ma coU'andar del tempo o mu-
tava il significato di alcune parole o fra le rap-
presentazioni sorgevano nuove relazioni che non
potevano trovare adeguata espressione, giacche
persistevano le caratteristiche antiche, e anche
queste infine, perduto il loro significato origi-
nario, si confondevano colla radicale.
Una però di queste distinzioni qualitative si
mantenne ed è quella per valore^ che possiamo
ricondurre a due processi d'associazione:
I. A una associazione reale fra diverse rap-
presentazioni che in una data comunità lingui-
stica avevano valori simili, come: donne, bambini
e animali ; o animali e oggetti (esseri bassi in
contrapposizione a esseri elevati, uomini e Dio);
e per la quale dunque i vocaboli corrispondenti
ricevevano dei prefissi e suffissi comuni.
II. A una associazione formale (analogia,
assimilazione a distanza), per la quale una parola
cui non si annetteva originariamente alcuna de-
144 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
terminazione di valore, per somiglianza fonetica
veniva accolta in una o in un'altra categoria;
ad un tempo effetto e causa, coi processi più
sopra menzionati dell'oscurarsi del significato
delle caratteristiche.
Così si spiegano, ad esempio, la distinzione
che fa l'Eschimese di nomi per esseri e per cose,
0 il Pulo (Africa centrale) di quelli per " ragio-
nevoli „ e " irragionevoli „ , non meno di quella
che noi chiamiamo per generi.
Il genere tramandato nei vari linguaggi non
permette però di stabilire per il periodo proetnico
degli idiomi indogermanici gruppi di significato,
ma bensì gruppi di forme. Così sembrano proetnici
i gruppi femminili in à e in ié, i gruppi neutri
e maschili in o.
Ma tutti i gruppi che sorgono secondo i di-
versi suffissi del genere possono esser facilmente
alterati e sospinti. Così si dice, ad esempio, nei
dialetti " die Fràulein „ quando il valore originario
diminutivo scompare; le guide, le garde quando
subentra il significato dell'uomo che è duce o
custode.
Il mutamento di genere avviene spesso per
associazioni di significato (così dimanche è di-
venuto maschile per influenza degli altri giorni
della settimana) o per assimilazioni fonetiche
(così jpapa, profeta in provenzale sono femmi-
nili).
A volte il genere rimane invariato, ma la
desinenza del vocabolo muta per analogia delle
desinenze di vocaboli dello stesso genere. Con-
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 145
fronta nuora e suocera dai pur femminili nurus
e socrus.
S'intende che la facilità del mutamento di
genere è in ragione diretta della mancanza di
caratteristiche formali.
Così in tedesco è facile il mutamento di ge-
nere in sostantivi usati generalmente al plurale.
Così Fasten (Quaresima) generalm. plurale, al
singolare occorre neutro e femminile; Ostern
(Pasqua) e Weihnachten (Natale), al sing., neutri,
femminili e anche maschili.
Se l'indicazione della qualità degli oggetti,
[salvo, in certe lingue, quella del valore (genere),
[si è confusa ed è scomparsa, quella invece del
loro numero si è sviluppata nei numerali e nelle
caratteristiche del numero del nome.
Lo sviluppo dei primi possiamo seguire facil-
mente osservando la prevalenza dei sistemi de-
cimale, quinario e vigesimale, l'uso dei gesti ad
esprimere numeri, e l'esistenza in popoli primitivi
di espressioni numeriche come " piedi di struzzo „
(per " quattro „), " una mano , (per " cinque „),
" le due mani „ (per " dieci „), " tutto un uomo „
(per " venti „), ecc.
Da questi dati noi possiamo dedurre che i
numerali non si formarono già secondo il pro-
cesso logico matematico aggiungendo un'unità
al numero precedente, ma che erano dapprima
denominazioni di determinati oggetti (per lo più
parti del corpo), e che via via in forza di asso-
ciaziani per assomiglianza passarono a indicare
sempre nuovi gruppi di oggetti, separandosi co£à
Ratizza, Psicoloffia della Lingua. 19
146 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
a poco a poco da ogni determinata rappresen-
tazione concreta per divenire parole astratte di
valore generale, processo simile a quello che
vediamo ripetersi nel bambino, senonchè a questi
vien fornita dall'ambiente una parola già libera
da ogni contenuto concreto particolare.
Come pili indeterminata della indicazione di
un numero esatto, quella del plurale dei nomi
e pronomi presenta maggior varietà di espres-
sioni.
Lingue alle quali essa manchi completamente,
non esistono , bensì molte ve ne sono, nelle
quali essa è assai incompleta, giacché parecchi
oggetti vi vengono concepiti non come una somma
ma come una cosa nuova e espressi con un col-
lettivo (1).
In alcune, come nella lingua dei Negri Bari,
vi sono dei collettivi per esprimere oggetti che
abitualmente non si presentano isolati (come
dita^ mosche, ecc.) e nomi con valore singolare
invece per gli altri {fiume, giorno...); con suffissi
si forma dai primi il rispettivo singolare, dai se-
condi il rispettivo plurale.
Più diffusa è la posposizione dei pronomi per-
ei) Si pensi del resto ai collettivi delle nostre lingue.
Il contrasto fra l'ordine psicologico e l'ordine gramma-
ticale e il diifondersi di un grammaticale numero plurale,
ha fatto sì che i collettivi sieno talora fatti plurali. Cfr.
ahd Unte, ingl. folks, fr. gens, etc.
Ci sono ancora nei linguaggi moderni alcuni sostantivi,
che non sono suscettivi di un numero grammaticale :
tali sono le designazioni di materia.
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 147
sonali di terza persona singolare e plurale per
indicare il numero, come sarebbe a dire " cavallo
esso „ al singolare, e " cavallo essi „ al plurale;
0 l'aggiunta di un collettivo come " mucchio,
folla, ecc. , per indicare una pluralità vasta e
indeterminata, o di un numerale (specialmente
dei primi tre) per indicare il singolare o una
pluralità piìi ristretta; comunissime sono poi
nelle diverse lingue le forme onomatopeiche di
plurale e particolarmente il raddoppiamento della
prima sillaba e l'allungamento dell'ultima, che ab-
biamo già menzionate nel cap. della Formazione.
Di tutte queste forme di plurale, le prime di-
pendono direttamente dalla rappresentazione, le
onomatopeiche sopratutto dal sentimento che la
accompagna, mentre i prefissi e i suffissi, che
costituiscono un'ultima forma, non hanno che un
valore logico, astratto, non sono piìi che sim-
boli senza un proprio contenuto rappresentativo
0 sentimentale.
È questa la forma più diffusa nelle lingue se-
mitiche e indogermaniche, ed è risultata, come
ce lo dimostrano molte forme intermedie, dalle
altre sopra ricordate per l'oscurarsi o della re-
lazione onomatopeica o del. significato delle pa-
role usate ad indicare il plurale.
Dal nome si distinguono per la loro funzione
nella frase e per la loro forma i pronomi, i
quali classifichiamo a seconda del loro signifi-
cato in due gruppi:
I. Personali e possessivi, che rappresentano
il concetto di persona;
148 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
IL Dimostrativi e interrogativi, ai quali si
annettono gli indefiniti e i relativi, che sosti-
tuiscono nomi di cose e di persone.
Sebbene logicamente il possessivo implichi già
di per 'se l'esistenza di un pronome personale,
pure, ricordando che in realtà la parola non esiste
in se ma nella frase, non dovremo stupirci se
in alcuni linguaggi troveremo invertito il solito
processo normale, troveremo cioè che il pro-
nome possessivo precede il personale, il quale ne
è morfologicamente una derivazione.
Sono formate col possessivo, ad es., le espres-
sioni per pronomi personali nella lingua dei
Groenlandesi, che dicono il mio qui per io, il tuo
là per tu, ecc., e, per effetto però di un processo
posteriore regressivo nel quale il pronome per-
sonale venne sostituito dal possessivo, quelle
formole di cortesia che ci vennero da Bisanzio,
come " Sua Altezza, la Signoria Vostra, la mia
pochezza „, ecc.
Ma nel suo sviluppo normale, più generale, il
pronome personale si svolge indipendentemente
dal possessivo, differenziandosi a poco a poco
dal nome. Con questo ha comuni, in moltissime
lingue, i numeri, i casi e le relative desinenze,
segno che le persone del discorso non sono an-
cora state rilevate come differenti da tutti gli
altri oggetti. Ma poi scadono nel pronome dei
casi che si mantengono nel nome, e i casi che
restano, assumono caratteristiche speciali e per-
fino radici diverse fra loro, per cui dunque non
solo le persone del discorso vengono differenziate
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 149
da tutti gli altri concetti, ma anche la stessa
persona appare diversa a seconda delle sue fun-
zioni nella frase.
Pili comunemente ancora vien differenziato con
mutamento di radicale il duale, il triale e plu-
rale dal singolare, giacche in essi la diversità
è motivata oggettivamente dalla rappresenta-
zione.
Sono notevoli i gradi di questo processo. Per
esempio, in varie lingue viene differenziato il
plurale dal singolare ma solo per la prima e
per la seconda persona, e non viene differenziato
per la terza; giacche la terza, come si vede
anche per il pronome dimostrativo, è quella che,
rispetto agli oggetti, meno afferma la sua indi-
vidualità.
Rientrano ancora nei bisogni di differenzia-
zione nell'ordine dei pronomi personali l'uso
dell' inclusivo e dell' esclusivo (rispetto alla per-
sona che ascolta) cioè di una sola parola per :
io e tu, io ed egli, diffuso in vari idiomi polinesii,
americani e dravidici, e le varie classi nel pronome
di terza persona, a seconda che l'agente sta fermo,
siede, cammina, è animato o inanimato, ecc.
Dal personale poi il possessivo può derivare
per tre diversi processi:
I. Per semplice abbreviazione e riduzione
di suono;
II. Da un caso del personale (per lo più
dal genitivo);
in. 0 come aggettivo con forme proprie,
risalendo le quali ritroviamo però facilmente il
150 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
personale con valore anche di possessivo, ond'è
che tutti questi tre processi ci svelano l'affinità
tra possessivo e personale e ci mostrano come
questo si tramuti in quello per gli stessi motivi
psichici pei quali il nome dà origine all'agget-
tivo, prendendo cioè valore indipendente nell'an-
nettersi a un sostantivo.
Un secondo gruppo di pronomi costituiscono,
come abbiamo detto, col dimostrativo e coll'in-
terrogativo tutti quelli che nelle varie lingue al-
l'uno 0 all'altro di questi si riconnettono, cioè:
il relativo (sorto in A. I., in Gr. e in Got. da
un anaforico, in Latino, in Lituano e in Slavo
dall'interrogativo) e l'indefinito.
Il dimostrativo, che oltre all'avere in certe
lingue l'ufficio di tutti questi pronomi, fornisce
spesso anche il personale di terza persona, ha
la particolarità d'indicare nelle sue forme, e
spesso con metafore fonetiche (vedi pag. 81-82), i
diversi gradi di distanza (questo, quello), ciò che
mostra una certa affinità cogli avverbi di luogo
(qui, là); infatti esso non è ancora in molte
lingue che una particella dimostrativa, la quale
poi, riferendosi a persone o a cose varie, finisce
per prendere a sua volta quelle caratteristiche
del valore che abbiamo viste esser proprie del
nome e diventa così un pronome.
Come le caratteristiche di sostantivo, agget-
tivo, pronome, genere e numero, anche i casi
sono prodotti di una evoluzione.
S'intendono generalmente per casi di un nome
le diverse forme che esso assume a seconda dei
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 151
rapporti nei quali si trova con altre parole della
sua frase; ma non dobbiamo dimenticare che
questi rapporti possono apparire anche in altri
due modi, e cioè dalla semplice posizione della
parola nella frase o da particelle che l'accom-
pagnino, ond'è che i casi come mutamenti di
forma non sono realmente che una delle tre
classi di casi, ciascuna delle quali può o isola-
tamente 0 di conserva con un'altra o con tutte
e due le altre determinare il valore speciale di
una data parola nella frase,
E studiando lo sviluppo di tutto il complesso
fenomeno, noi vediamo:
I, Lingue che non presentano nessuna o
solo piccolissima traccia di forme pei singoli
casi, come l'Ottentoto, il Boscimano, il Dinka.
Quelle che in queste lingue chiamiamo prime
tracce di casi, non sono in realtà che parole
aventi generalmente un loro valore proprio, e
che occorrendo unite a un nome servono a in-
dicarne modificazioni del senso, analoghe a quelle
dei casi. Fondendosi tutte queste parole col nome
che accompagnano, iniziano il passaggio alle :
II. Lingue caratterizzate da sovrabbondanza
di casi, ma sopratutto di quelli indicanti rap-
porti oggettivi di tempo, luogo, strumento, giacche
invece quelli così detti grammaticali, restano
spesso senza segni speciali. Ricorderemo qui
quasi tutte le lingue americane, quelle dell'O-
ceania, e sopra tutte il Basco, le Urali-altaiche
e le Caucasiche;
in. Lingue che non hanno che poche forme
,
152 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
speciali per indicare relazioni fondamentali dei
concetti, mentre tutte le altre sono rese col-
l'aiuto di particelle (preposizioni) speciali; tali
sono le lingue indogermaniche.
Siccome generalmente, progredendo dalla P
alla III* di queste tre classi, aumenta l'autonomia
delle diverse parti del discorso fra loro e la ric-
chezza di vocaboli, specialmente astratti, possiamo
considerarle come gradi nello sviluppo dei casi;
ma dacché sappiamo non esser il caso come forma
necessario compagno del caso come concetto,
e trovandosi in ognuna di quelle classi qualche
lingua sotto altri rapporti più o meno progre-
dita (così nella prima il Cinese classico), do-
vremo ritenere che tutte le lingue muovano in-
vero dal primo stadio, ma che o possano svilupparsi
in esso, 0 nel secondo, o passare direttamente
dal primo al terzo, o infine percorrerli tutti e
tre nell'ordine in cui gli abbiamo dati.
Ma noi vogliamo ora, accettando la definizione
ristretta che dei casi danno i grammatici, ricer-
care come essi si sviluppino da temi indifferenti
del primo stadio, e come scompaiano. E lo ri-
cercheremo anzitutto pel nominativo, per Vac-
cusativo, pel genitivo e pel dativo (come caso
dell'oggetto lontano), i quali chiamiamo casi di
determinazione interna, perchè le relazioni di con-
cetti a essi corrispondenti generalmente non ri-
chiedono, e in moltissime lingue non hanno, ne
forme, ne particelle speciali, risultando evidenti
dalla loro posizione. Così la posizione che occupano
rispetto al verbo due nomi, soggetto e oggetto,
TU - PSICOLOGIA PELLA SINTASSI 153
non lascerebbe dubbio sul loro valore anche se
non venissero differenziati in nominativo e accu-
sativo. Così basterebbe ad esprimere l'oggetto
lontano la sua posizione rispetto al compimento
diretto, e la determinazione attributiva che si
esprime generalmente col genitivo appare anche
senza di esso dall'orientamento del nome deter-
minante rispetto al determinato.
Se tutte queste relazioni dei concetti, ma so-
pratutto le funzioni di soggetto e oggetto diretto o
lontano e di determinazione attributiva, non hanno
forme speciali in lingue non molto sviluppate,
dipende da un carattere di queste, e cioè dalla
regolarità della loro costruzione, il che si spiega
dal fatto che in esse, come nel linguaggio mi-
mico, le rappresentazioni vengono espresse di
mano in mano che si presentano nell'ordine vo-
luto dalle impressioni esterne, o dalla forza dei
sentimenti che le accompagnano, e così vengono
a formarsi costrutti tipici, entro i quali ogni
parte occupa costantemente un dato posto. Ma
poi, da un lato lo svolgersi e complicarsi della
vita psichica che intessendo rapporti nuovi e
vari fra le immagini tende a rompere questa re-
golarità, e dall'altro la tendenza a diffondersi
per forza di associazioni a tutta la categoria del
'nome dell' uso di forme speciali per esprimere
modificazioni del concetto, che già vige per i casi
di determinazione estema, promuovono la for-
mazione di caratteristiche fonetiche anche pel
nominativo, per l'accusativo, pel dativo e pel
genitivo.
Ratizza, Psicologia deUa Lingua. 20
154 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Di fronte a questi presentano i casi di deter-
minazione esterna, e cioè tutti gli altri, due ca-
ratteri speciali e cioè:
I. Che stabiliscono, fra due concetti, rela-
zioni che non sono già contenute in essi e che
variano fra la stessa coppia di concetti, di modo
che se non vengono espresse con forme speciali,
possono venir integrate in mille modi diversi e
sempre aggiungendo ai due concetti uno nuovo
di relazione;
II. Che il loro numero è vario nelle diverse
lingue, potendo in alcune mancare affatto, in altre
esprimere un'infinità di rapporti d'ogni natura.
E però molto raro che manchino, giacché le
relazioni espresse da loro ripetono per lo più la
loro origine dalla realtà oggettiva, ed è quindi
naturale che ad esse prima che alle altre si as-
socino speciali rappresentazioni verbali; queste
possono essere infatti anzitutto nomi o aggettivi,
es. " faccia „ per davanti a ; " schiena „ per
dietro a; " alto „ per su, o particelle. Quanto
pili sovente poi tutte queste parole vengono
usate insieme al nome di cui modificano il con-
cetto, tanto più facilmente perdono del loro valore
originario, anche perchè in pari tempo, e in parte
per conseguenza di questo stesso impallidire del
loro significato, sottostanno a mutamenti fonetici
e da nomi e particelle diventano prefissi o
suffissi.
Benché i casi di determinazione esterna come
abbiamo detto, e come si spiega considerando la
loro origine da relazioni concrete, variino assai
I
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 155
sia di numero che di contenuto nelle diverse lingue,
ne troviamo però alcuni comuni a quasi tutte, e
sono quelli esprimenti relazioni più frequenti,
corrispondenti cioè al maggior numero di rap-
presentazioni concrete ; tali sono l'ablativo, il lo-
cativo, lo strumentale nei loro triplici valori, lo-
cali, temporali e condizionali ; essi saranno anche
quelli che, per gli stessi motivi che spiegano la
loro frequenza e perchè possono, come aventi
valore più generale, sostituire gli altri di deter-
minazione esterna, resisteranno più a lungo a
quello scadere dei casi che segna il passaggio
dal secondo al terzo stadio. Ma i processi di
associazione pei quali questi vengon mano mano
a sostituire gli altri casi di determinazione esterna
agiscono infine anche fra di essi, e se difficil-
mente modificano quelli esprimenti relazioni di
luogo, giacche i loro contenuti sono troppo og-
gettivi, facilmente si fanno sentire su quelli di
condizione, che indicano relazioni sopratutto sog-
gettive e ognuna delle quali si associa facil-
mente a parecchie altre (così quella di mezzo a
quella di modo, maniera, causa, effetto, ecc.),
mentre le relazioni di tempo, pur accompagnando
come secondarie, ma necessarie, quelle di luogo
e sopratutto di condizione, trovano espressione
propria nello svolgersi della frase, e cioè nelle
congiunzioni ; processi di riduzione che implicano
mutamenti di significato, i quali s'intrecciano, a
vicenda come cause e come effetti, a mutamenti
fonetici.
Ma non solo fra i diversi casi della determi-
156 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
nazione esterna è un continuo confondersi e fon-
dersi dei rispettivi valori, ma anche fra essi e
quelli di determinazione interna. I rispettivi pro-
cessi associativi non si inizieranno finché i casi
di determinazione interna saranno caratterizzati
dalla posizione nella frase, e quelli di determi-
nazione esterna da forme speciali ; ma, rimasti di
questi ultimi (e ne abbiamo visto il modo) solo
quelli di valore più generale, quelli dunque che,
spogliati da determinati elementi oggettivi, piìi
facilmente vengono assimilati a quelli di deter-
minazione interna, che alla lor volta d'altronde
contenevano necessariamente qualche elemento
temporale e locale, e provvisti gli uni e gli altri
di suffissi (o prefissi) che li rendono suscettibili
anche di associazioni fonetiche, ecco ridursi i casi
a pochissimi che rappresentano ad un tempo re-
lazioni di determinazione interna ed esterna.
In questo terzo stadio, che segna il massimo
decadimento dei casi, il bisogno di caratterizzare
quelli di determinazione esterna trae da nomi,
da aggettivi, come già nel primo stadio, sempre
nuove particelle, le quali vengono usate a indi-
care le varie modificazioni delle relazioni gene-
rali rappresentate nei casi, particelle che però,
a differenza di quelle sorte nel primo stadio, non
vengono di regola posposte al loro nome e non
si fondono più con esso in nuovi suffissi; non
vengono più posposte perchè, per la maggiore
estensione della facoltà appercettiva, non vien
più appercepito prima l'oggetto e poi le sue re-
lazioni, ma anzi essendo già espresse le più gè-
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 157
nerali di queste dal suffisso del caso, si presenta
come più importante la modificazione speciale
di esse che vien dunque espressa in primo luogo ;
non si fondono più col nome e per questo stesso
motivo, e perchè aumentando sempre più di nu-
mero quanto più si affievolisce il valore delle
caratteristiche dei casi, anche di quelli di deter-
minazione interna, ultimi rimasti, ognuna di esse
viene adoperata relativamente di raro e, per il
continuo mutare di associazioni, con nomi diversi.
Dal nome sia sostantivo che aggettivo si di-
stingue il verbo, cioè la parola che indica uno
stato (e do a questo nome il valore che ha nelle
scienze esatte, dove comprende anche il muta-
mento di stato):
I. Perchè presuppone il concetto del nome
mentre questo può benissimo esistere senza di
quello ;
IL Perchè in esso è contenuta l'idea di
tempo, dal quale invece astrae, logicamente si
intende, il primo.
Se confrontiamo poi le loro funzioni, nella
frase rileviamo che il verbo è l'espressione del-
l'opinione 0 della volontà, funzione che dalla
specie di proposizione in cui meglio appare, di-
cesi assertiva o predicativa, mentre il nome in-
dica l'oggetto al quale essa si riferisce.
Ma non in tutte le lingue queste funzioni ap-
paiono così distinte come nelle nostre, dalle
quali appunto deduciamo i nostri concetti di
verbo e nome; in alcune la parte fondamentale
della frase, quella che assume la funzione che
158 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
nelle lingue indogermaniche spetta al verbo, è
un nome, al quale si annettono determinazioni
di stato, come, nelle nostre lingue, al concetto
di stato quelle nominali (1),
Ne si creda che questa indifferenza sia pura-
mente formale, cioè che quelle lingue non pos-
seggano bensì che una sola forma di parole
ma con contenuto corrispondente a quello del
nostro verbo e del nostro sostantivo; neppure
si creda che posseggano dei concetti indifferenti
e di stato e di oggetto ad un tempo, giacche,
dove poi nomi e verbi vengono evolvendosi di-
stintamente, quelli mantengono la loro forma
antica che prima corrispondeva anche al nostro
verbo e questi appaiono come forme posteriori ;
quelle lingue dunque tradiscono evidentemente
un pensiero di natura diversa dal nostro, nel
quale i concetti di cose hanno la prevalenza.
(1) Del resto anche nelle stesse lingue indogermaniche
le funzioni del nome e del verbo non restano anche nei
periodi storici del linguaggio perfettamente distinte. Al-
cune forme, per entro al verbo, mancano delle così dette
caratteristiche verbali, anche dei suffissi personali, e mo-
strano il tema puro (cfr. l'imperativo bhara (pépe, ecc.).
La categoria del participio è sorta, come ognun sa, da
quella dell'aggettivo; l'infinito non è che il caso d'un
sostantivo irrigidito. È solo l'analogia il principio a cui
si deve la varia ricchezza di queste forme: ma il nucleo
originale da cui provengono è il nome.
Del nome e del verbo insieme tengono i nomina agentis
e i nomina actionis, come si rivela dal loro costrutto;
dator divitias, insta orator, curatio rem, ecc.
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 159
Così dice l'Atabasco " la mia lagrima, la tua
lagrima, la sua lagrima, ecc. „ per " io piango,
tu piangi, egli piange, ecc. „.
Per due processi dal nome si svolgono le forme
verbali :
I, Combinandosi con pronomi;
II. Combinandosi con parole ausiliarie aventi
valore per sé, come i nomi, o indicanti solo una
modificazione di un altro concetto, come le par-
ticelle.
Dei quali processi il primo dà gli elementi
che esprimono le sue relazioni col soggetto, e
in alcune lingue anche coll'oggetto, il secondo
quelli che lo distinguono anzitutto dal nome, dal
quale trasse origine, e caratterizzano poi i diversi
modi e tempi dello stato.
Benché non manchino lingue nelle quali sono
i pronomi personali che servono ad annettere
al nome il concetto di persona che gli dà ca-
rattere verbale (così in qualche lingua malese
" io servitore, tu servitore, ecc, „, per " io servo,
tu servi, ecc), questo ufficio spetta per lo piìi
al possessivo. Ciò appare evidente sopratutto in
qualche lingua nella quale, pur essendosi chia-
ramente distinta dalla forma personale quella
possessiva, vengono ancora usate entrambe a
modificare il concetto di nomi, ma la prima so-
pratutto di nomi sostantivi o aggettivi, la se-
conda di nomi verbali, dicendosi dunque ad es,
" io padre, tu padre, ecc., io forte, tu forte, ecc. ,
per " io sono padre, tu sei padre.,,, io sono forte,
160 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
tu sei forte, ecc. „, ma " il mio andare, il tuo
andare, ecc. „ per " io vado, tu vai, ecc. „.
Questo prevalere del possessivo sul personale
nella formazione del verbo trova la sua spiega-
zione psicologica nel fatto che mentre la persona
e il suo predicato formano una coppia di con-
cetti ognuno dei quali ha per sé un valore reale
e può esser pensato distinto dall'altro, la deter-
minazione attributiva contenuta nel possessivo
vien a formare col nome un unico concetto e si
fonde quindi con esso, fusione fonetica che a sua
volta accelera quella dei concetti che la pro-
muove.
Come abbiamo detto, coi pronomi personali e
possessivi e contemporaneamente a essi concor-
rono alla formazione di verbi delle parole ausi-
liarie.
Di queste alcune, senza esser già verbi, poiché
appunto ancora non ne esistono, pur ne con-
tengono indefinito e incerto il concetto ; così il
suffisso " wa „ 0 " we „ col quale i Waudalà
(Africa) caratterizzano il verbo, indica anche
" fare „. Dando poi diverse di queste parole ausi-
liarie sensi diversi allo stesso concetto fondamen-
tale, iniziano la formazione di generi, modi e
tempi del verbo. Così nella lingua dei Mando una
parola che significa " fare „ caratterizza il conti-
nuativo, una che significa " venire „ il futuro.
Generalmente queste parole ausiliarie hanno
valore avverbiale di tempo e di luogo, di gran-
dezza, e modificano secondo il loro senso quello
della parola alla quale si annettono, così che, ad
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 161
es., un " più tardi „, un " quindi „ indicano il fu-
turo ; un " già, allora , il passato ; un " grande,
molto „, l'intensivo, ecc. (1).
Queste parole ausiliarie perdono a poco a poco
il loro significato come parole indipendenti per
diventare come prefissi , come suffissi o come
infissi elementi di quella fondamentale.
Questo appunto è avvenuto nelle lingue indo-
germaniche, ma non dobbiamo credere ne che
avvenga in tutte le lingue, ne che almeno sia
peculiarità di quelle pili sviluppate; che in al-
cune lingue, come in molte africane, nelle ma-
lesi, nelle polinesie, nella cliinese, non avvenga
abbiamo già visto ; che non sia in relazione colla
maggior o minore ricchezza di concetti e collo
sviluppo grammaticale è evidente, se si consi-
dera che nelle lingue urali, altaiche e americane,
infinitamente inferiori al Chinese, quella fusione
è perfetta e costante ; essa sembra piuttosto es-
sere in relazione colla maggiore o minore capa-
cità della singola parola nelle diverse lingue, e
SF presenta dunque nelle lingue agglutinanti nelle
quali una sola parola rende un complesso di
concetti, e non nelle monosillabiche, nelle quali
ogni concetto si mantiene distinto e viene distin-
tamente espresso.
(1) È ultima traccia di questo stadio primitivo è forse,
ad es., dell'antico Indiano l'uso di pura e in Omero di
iiàpo<;, col presente per indicare il passato. Cfr. RV. 1.
105.7: 'ahain so asmi yah pura sute rarftìw» kanicit... ,,
" dicevo qua... , ; àXX' ópaeo iróXefióvb' oloc; Tropee; eCx^oi dvai
(A, 264) ; " ma orsù, muovi ora alla guerra quale ti vantavi
d'essere „ .
Bjìtizza, Psicoloffia deUa Lingua. 21
162 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Nelle lingue poi nelle quali, come nelle indo-
germaniche, quegli elementi ausiliari si sono
confusi da tanto tempo e così intimamente colla
parola da perdere ogni traccia del loro valore
primitivo, noi vediamo ricominciare un processo
simile a quello che abbiamo seguito nel primo
sviluppo del verbo; a indicare cioè modificazioni
del concetto fondamentale, vengono usati pro-
nomi personali e particelle che però, non più
favorite dalla scarsità e uniformità delle associa-
zioni di concetti di uno stato di coltura primi-
tiva, e usate ciascuna relativamente poco e con
verbi diversi, perchè numerose, non si fondono
pili con essi. Il loro uso però e la loro attitu-
dine a modificare il senso del verbo e indicarne
i rapporti col soggetto e cogli oggetti accelerano
il decadere dei prefissi e suffissi.
Terzo ed ultimo elemento che noi possiamo
rintracciare nello sviluppo del verbo oltre i due
menzionati a pag. 159 e dei quali trattammo fin
qui, è costituito da una classe speciale di quelle
metafore fonetiche che ricordammo a suo tempo,
nelle quali, modificazioni di una azione vengono
indicate con variazioni fonetiche di corrispon-
dente contenuto sentimentale.
Così nella lingua dei Dinka (Africa) un allun-
gamento della vocale segna il passaggio del verbo
dall'attivo nel passivo. Tale l'uso del raddop-
piamento diffuso in moltissime lingue per forme
iterative, continuative e intensive.
Il fatto però che nelle lingue nelle quali la
separazione delle diverse categorie di parole è
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 163
ancor molto incompleta, gli esempi di raddop-
piamento sono rari, e che tutte le forme di me-
tafore fonetiche spesso si presentano nei prefissi
e suffissi, fa supporre che il processo che pos-
siamo chiamare daWesterno, quello cioè dell'ap-
posizione di parole ausiliarie, sia il primitivo,
pili diffuso e piìi importante di formazione del
verbo ; quello invece daWinterno, cioè delle me-
tafore fonetiche, il secondario.
Benché da parole ausiliarie venga dato al verbo
non solo la determinazione del concetto (genere,
modo, tempo) che può, come vedemmo, risultare
anche da metafore fonetiche, ma anche quella
di numero, è sopratutto la prima che c'interessa.
La seconda non si sviluppa nel verbo diversa-
mente che nel nome, se non che gli elementi dai
quali essa risulta invece di annettersi agli ele-
menti fondamentali della parola come nel nome,
si annettono agli elementi pronominali ; processo
del quale è facile renderci ragione se pensiamo
che solo cose e persone possono venir contate,
e solo dunque come attinente al concetto di per-
sona, il quale poi a sua volta entra in quello
verbale, apparirà in questo una indicazione di
numero.
Dovendo invece, perchè piìi propria del verbo,
studiare la natura psicologica della determina-
zione di genere, modo e tempo, noi vediamo an-
zitutto: nel genere il contenuto oggettivo del
verbo ; chiamano infatti i grammatici generi del
verbo l'iterativo, il frequentativo, l'intensivo, il
durativo, ecc., che indicano rispettivamente che
164 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Io stato o il mutamento indicato dal verbo si
ripete, si presenta sovente, diventa più forte,
perdura, ecc., indipendentemente dal modo con
cui venga appercepito dalla persona. Nel modo
lo stato d'animo del soggetto appercepiente ; in
fatti l'ottativo, il dubitativo, l'imperativo, ecc.,
che indicano desiderio, dubbio, comando, esprimono
appunto stati d' animo del soggetto. Nel teìnpo
infine un puro concetto di relazione reale, giacche
essa non indica uno stato né dell'oggetto, né
del soggetto, ma la posizione di un avvenimento
rispetto allo stato momentaneo di coscienza del
soggetto.
Giova però ricordare che solo in forza d'una
astrazione noi possiamo considerare separata-
mente le tre classi di determinazione e i rispet-
tivi motivi psichici, poiché non solo essi trovano
generalmente una unica collettiva espressione
fonetica, ma spesso perfino i loro contenuti si
confondono. Così nel riflessivo e nel passivo, che
sono generi, l'elemento oggettivo non é certo
pili evidente del soggettivo; il continuativo è un
genere, l'ottativo è un modo, ma in entrambi é
pur evidente l'elemento temporale, nel primo
come relazione collo stato momentaneo dell'og-
getto, nel secondo come relazione coll'avveni-
mento futuro ; così il tempo futuro assume spesso
il valore del modo imperativo (Es. : andrai da quel
signore e gli dirai...).
Ci resta da spiegare ora come si formino le
preposizioni, gli avverbi e le congiunzioni, pa-
role tutte le quali avendo il carattere comune
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 165
dell'invariabilità e non essendo generalmente ben
distinte fra loro per forma e funzione, furon riu-
nite dai grammatici sotto la denominazione di
particelle. Ne restano escluse, benché invariabili,
le esclamazioni, perchè, come abbiamo %àsto, non
contenendo tutti gli elementi costituenti la pa-
rola, sono piuttosto suoni naturali.
Anche le particelle però come le esclamazioni
(vedi pag. 76) si possono ripartire in primarie
e secondarie.
Le primarie sono quelle che fin dalla loro ori-
gine si presentano come parole invariabili di
significato determinato. Esse hanno dapprima il
valore di una esclamazione dimostrativa, premesse
cioè a una parola servono a richiamare su di
essa, e quindi sul concetto in essa contenuto,
l'attenzione, ma coll'uso il contenuto sentimen-
tale scompare e resta il valore dimostrativo, e
la particella diventa una preposizione. Al valore
concreto, locale, di questa se ne aggiunge poi
per associazione uno temporale e infine uno con-
dizionale.
Delle particelle secondarie, di quelle cioè de-
rivate da parole di un' altra categoria, gli av-
verbi e le congiunzioni seguono due diversi pro-
cessi di formazione.
I primi infatti sorgono, nel periodo sintetico
della lingua, dalle parole ausiliarie del verbo e
dalla loro fusione sia fra loro che con particelle
primitive e si fondono poi come prefissi o suffissi
o infissi nel verbo ; nel periodo analitico e quindi
tuttora nelle nostre lingue, ne derivano conti-
166 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
nuamente da nomi e aggettivi a indicare le piii
varie e più delicate modificazioni di concetti.
Negli idiomi indogermanici talora la formazione
dell'avverbio non è ancora ben distinta da quella
dell'aggettivo : oi vuv av9puuTT0i , ignari sumus
ante malorum , superior stabat lupus , euòov
■navvùxioi, ecc.
Le congiunzioni invece, non esistono nelle lingue
primitive, e derivano posteriormente dai pronomi
dimostrativi e quindi dai relativi e interrogativi
(così il tedesco dass dal dimostrativo das, il la-
tino quod dal relativo quod, V italiano che dal
relativo che, ecc.), o anche da avverbi (1).
Se noi vogliamo ora rintracciare i rapporti
che corrono fra le varie specie di frase e questo
sviluppo delle categorie di parole che abbiamo
brevemente esposto, vediamo, considerando anzi-
tutto lo svolgersi del verbo dal nome, che a un
periodo analitico della rappresentazione totale,
nel quale prevale il pensiero oggettivo espresso
nel nome con possessivi e parole ausiliarie e nel
quale la frase è dunque attributiva, segue un
periodo sintetico, nel quale pronomi e parole
ausiliarie fondendosi col sostantivo a formare il
verbo danno luogo alla frase predicativa; e che
infine, ricominciando un periodo analitico, nel
(1) L'associazione del concetto di congiunzione con
quello della preposizione, il passaggio dall'una all'altra
categoria si ha in frasi di questo genere : * ipse dux cum
aliquot principibus capiuntur „ ; " Kein gott ist ohne ich „
(Lutero).
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 167
quale però il pensiero non è più come nel primo
essenzialmente oggettivo, ma invece astratto
(come appare dal sorgere dei verbi ausiliari e
dei sostantivi verbali), la frase prende carattere
predicativo-attributivo.
Generalmente più tardi e più imperfettamente
del verbo (come dicemmo) si distinse dal sostan-
tivo l'aggettivo per effetto della frase attributiva.
Esso infatti come la forma specifica della rela-
zione attributiva più intima, si sviluppa, quasi
certamente, dal caso genitivo che è quello attri-
butivo per eccellenza; mentre invece gli attri-
buti del nome di contenuto verbale, diventano
col mutarsi di questo in verbo e col sorgere
quindi della frase predicativa, gli avverbi.
Anche quel predominare in una lingua di forme
originarie pei pronomi personali o invece pei
possessivi, al quale abbiamo accennato, è in re-
lazione colla struttura della frase; infatti se
questa ha dato luogo, come nelle lingue mono-
sillabiche, alla formazione di rappresentazioni
verbali ben distinte, ognuna delle quali contiene
un solo concetto, il pronome personale vi è più
importante, e il possessivo non ne è che una
derivazione; se la parola invece si confonde
nella e colla frase, come nelle lingue aggluti-
nanti, ecco che predominano i possessivi ; le cause
del primo fenomeno ritroviamo in una netta di-
stinzione delle rappresentazioni parziali fra loro,
del secondo nell'appercezione di ogni singolo og-
getto e quindi anche di ogni persona solo nelle
sue relazioni colle altre rappresentazioni parziali.
168 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
È poi sopratutto nella costruzione della frase
che lascia tracce il mutarsi del pronome dimo-
strativo 0 iiidejfinito nel relativo.
Questo processo infatti più che dal sorgere
di una forma speciale pel relativo è caratteriz-
zato dall' avvicinarsi del pronome al nome dal
quale senta la dipendenza e, come in tedesco,
dalla trasposizione anche di altre parti della
frase; esso inoltre è uno dei processi che danno
origine alla forma di frase più complessa, alla
frase di cui alcune parti presentano esse stesse
il carattere di frase e cioè al periodo, giacché,
mentre il dimostrativo non costituisce che una
unione puramente paratattica di due frasi coor-
dinate, il relativo introduce una dipendente.
Al costituirsi del periodo cooperano non meno
dei pronomi relativi le particelle congiuntive.
Quando queste manchino affatto, abbiamo la
paratassi pura, cioè una semplice successione di
frasi semplici, parallele, non collegate da nessuna
parola (Es. : il gatto miagola, il cane abbaia).
Se si può ben dire che nessuna lingua si trovi
completamente in questo stato, possiamo invece
riscontrare in parecchie la paratassi congiuntiva,
nella quale qualche frase incomincia con parole
indicanti in quale relazione di tempo, o di spazio
o anche più astratta, essa si trovi colla prece-
dente ; come quando diciamo : " Cesare si diresse
ad Ariovisto, allora questi si vide perduto „.
Abbiamo infine V ipotassi cioè la riunione di
più frasi principali e dipendenti a mezzo di par-
ticelle subordinanti.
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 169
Se quest'ultimo stadio segna di fronte al pre-
cedente, dal punto di vista psicologico, una mag-
giore estensione della rappresentazione totale, e
quindi una maggior potenza di appercezione,
esso segna dal punto di vista sintattico un pre-
dominare della funzione predicativa sulla attri-
butiva, poiché in esso i compimenti si annettono
alle parti della frase principale, non già come
attributi, ma come predicati, e perciò appunto
in nuove frasi.
Struttura della frase.
Delle diverse parti della frase : soggetto e
predicato; predicato e oggetto; soggetto o og-
getto e attributo; predicato e avverbio, stanno
fra loro a due a due in relazione che può es-
sere chiusa o aperta.
È chiusa quando non lascia adito, rimanendo
nella stessa frase, all'annessione di nuove rap-
presentazioni non comprese nella rappresenta-
zione totale.
In tale relazione stanno soggetto e predicato ;
predicato e oggetto, ciascun membro delle quali
coppie può ben constare di piìi parti coordinate,
ma già esistenti come tali nella rappresenta-
zione primitiva. Così s'io dico: " Carlo è avvo-
cato a, " Carlo e Giovanni sono avvocati ,, o
" Io vendetti la casa e il giardino „.
In relazione aperta stanno invece il soggetto o
Eavizea, Psicologia deUa Lingua. 22
170 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
l'oggetto coll'attributo, e il predicato verbale col-
l'avverbio, giacché un attributo o una determina-
zione avverbiale spesso ne richiamano nel momento
in cui vengono enunciati, altri e altri che si ag-
giungono ai precedenti nella stessa frase, e che
non erano presenti nella rappresentazione totale
primitiva. Così s'io dico: " Carlo è un giovane
avvocato, abile, intelligente, laborioso, onesto „.
Indicheremo la relazione chiusa fra due membri
della frase, che per le sue qualità psicologiche
suesposte potremo chiamare appercettiva, con AB, e
l'aperta, che psicologicamente chiameremo associa-
tiva, con A-B che potrà prolungarsi in A-B-C ecc.,
e giacché abbiamo visto il predicato entrare co-
stantemente nella chiusa, e l'attributo sia del
nome che del verbo, nella aperta, le due carat-
teristiche coincideranno con quelle di frasi pre-
dicativa e attributiva e la presenza d'entrambe
sarà propria delle predicative attributive, alle quali
tutte accennammo e che ora esamineremo più
particolarmente.
La forma più semplice di frase predicativa è
quella che separa un'unica rappresentazione in
due parti mettendole fra loro in relazione : " La
carrozza parte; il fulmine cadde „. Ma ognuna
delle due parti, cioè tanto il soggetto che il
predicato, può constare a sua volta di due parti,
e cioè il primo del soggetto e del suo attributo,
il secondo del verbo e dell'oggetto, o del verbo
e dell'avverbio, le quali appaiono, logicamente
considerate, come i due elementi di altrettante
frasi predicative, subordinate alla prima e mag-
VII - PSICOLOGIA DELLA SIIJTASSI 171
giore. Così nella frase: " I consiglieri dissen-
zienti presentarono le dimissioni al presidente „
possiamo continuare dopo separato soggetto e
predicato a stabilire la funzione predicativa che
logicamente corre fra le parti di ognuno di essi
prese a due a due. " I consiglieri dissentivano „
" le dimissioni vennero presentate ,, ciò che non
potremo fare senza un'astrazione logica e senza
mutamenti delle forme grammaticali, giacche
queste nella frase intera sono determinate non
solo dal rapporto di queste parti minori fra loro
a due a due, ma da quello fra esse e il sog-
getto e il predicato vero.
Anche queste frasi però si chiamano, come le
prime, frasi semplici, giacché hanno un solo sog-
getto e un solo predicato e le parti, delle quali
questi constano, formano un concetto unico che
era già contenuto nella primitiva rappresenta-
zione totale. Per questo il contenuto di una frase
predicativa semplice si presenterà tutto simul-
taneamente, ciò che non esclude che or l'una or
l'altra rappresentazione parziale possa apparire
più 0 meno chiaramente.
Frase composta o periodo invece chiamiamo
quella che consta di piìi frasi semplici, fra le
quali corrano le relazioni che corrono fra le parti
di una frase semplice ; queste diverse frasi sem-
plici, come vedemmo, possono essere unite a due
a due per paratassi o per ipotassi ; nel primo
caso i loro contenuti appaion come indipendenti ;
nel secondo uno è il principale, l'altro subordi-
nato a esso.
172 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
Due sono le forme fondamentali di unione pa-
ratattica, ognuna delle quali dà origine a una
speciale forma ipotattica. Una frase può cioè
annettersi a un solo concetto della frase pre-
cedente, e in questo caso è un pronome dimo-
strativo che introduce e collega la seconda frase ;
diventando più intima la relazione con quel con-
cetto della frase precedente, viene incorporata
ad essa, il dimostrativo si muta in relativo e
l'unione è diventata ipotattica.
Si vegga per esempio un caso di transizione
in Omero, 0, 461 :
àX\' ou XfiBe Aiòq ttukivòv vóov, 6(; pa cpùXacraev
"Ektop'j drap TeuKpov TeXajuuuviov euxo? àrniupa
" ma non stette nascosto alla savia mente di
Giove; anzi questi custodiva Ettore e tolse la
gloria a Teuro Telamonio „.
È facile il sorgere dell' ipotassi : " non stette
nascosto alla savia mente di Griove, che aveva
in custodia Ettore „.
Non bisogna però credere che la forza origi-
naria anaforica del pronome si deva ravvisare in
tutte le frasi relative ; anzi per la maggior
parte gli usi del relativo sono dovuti all'ana-
logia: ed è allora impossibile ricondurli al punto
d'origine. Così al luogo i, 329: 0(; |Lièv ctirrivris
aÙTÒ(; ^r) Kal ànnvéa eiòr] xaiòe Katapoiviai nàvrec;
PpoTOÌ àXYe' ÒTTiacTuj = " a colui che è ostile e
sa cose ostili, tutti i mortali augurano dolori „,
Può darsi però che alcuni linguaggi, come per
esempio il Latino, ottengano questa prima specie
d'ipotassi per la evoluzione dell'indefinito anziché
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 173
del dimostrativo, in relativo. Qui in orbe romano
est, is civis romanus fiat (Uno si trova nel mondo
romano, egli divenga cittadino romano).
La seconda frase può invece riferirsi a tutto
il contenuto della precedente; e allora è unita
a essa da una congiunzione paratattica che potrà
essere o coordinativa (e, o, ecc.) o avversativa
(ma. invece, ecc.) o limitativa (pure, del resto,
nondimeno, ecc.), e la frase dipendente, nella
quale essa si trasforma, specialmente se intro-
dotta da congiunzione coordinativa che già come
paratattica indichi delle relazioni di tempo, di
luogo, ecc., si riferisce pure a tutto il complesso
contenuto della principale, non a uno dei suoi
contenuti parziali come la relativa, e perciò si
mantiene sempre più indipendente di questa,
tanto che generalmente viene preposta o pro-
posta alla principale, ma raramente incorporata
ad essa.
Questo momento si può stabilire storicamente
in parecchi linguaggi.
Così, ad es., nei comici latini molti vocaboli
che nell'uso classico servono al periodo come
congiunzioni, servono ancora alla frase come
particelle. Tali " e«i»t, igitur, dum „. Cfr.: "Ru-
dens abi modo, ego dum hoc curabo recte„.
Qui dum è avverbio che vuol dire : intanto ; a
poco a poco se ne evolve il senso di ' mentre „
e la paratassi diventa ipotassi.
Così dicasi di modo. Nella frase : " haec studia
non improbo, modo moderata sint „, modo è ancora
avverbio, e il periodo è parattico : a poco a poco
174 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
modo assume il valore congiuntivo di purché, e
ripotassi è sorta.
Invero una gran parte di congiunzioni subor-
dinanti non possono esser ricondotte al primitivo
uso anaforico del tema, ma devono esser consi-
derate come veri casi di relativo che associan-
dosi ad altre funzioni arrivano fino ad assumere
il significato vario e complesso di congiunzioni.
Tali l'indiana " yàd „ = gr. ùx;; le greche eì^ ò =
" a che „ , èqp' uj ^= " a condizione che „ .
Ma questo caso non c'interessa, poiché non
segna che il trasformarsi di una forma d' ipo-
tassi in un'altra, mentre noi vogliamo studiare
il processo psichico che segna il trasformarsi
della paratassi nella ipotassi. E esso ci appare
il seguente: già nella paratassi congiuntiva, a
differenza che nella semplice, benché le due rap-
presentazioni totali successive siano solo asso-
ciate, si manifesta un sentimento della natura
della relazione nella quale una frase sta colla
precedente; sentimento che a poco a poco fa
posto a una vera rappresentazione di questa re-
lazione e che trova la sua espressione in parti-
colari significati temporali, locali, ecc., delle par-
ticelle correlative, finché la loro relazione appare
così manifesta e sicura che le due rappresenta-
zioni si fondono in una sola, sia che quella col-
legata alla precedente per mezzo del dimostra-
tivo venga assorbita come frase relativa, sia che
quella collegata alla precedente da congiunzione
si ordini con questa in una maggiore rappresen- '
tazione. Differenze che, chiamando T la rappre-
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 175
sentazione totale, A-B, C-D, ecc. le due parti
principali di ogni frase, e l'elemento congiuntivo
(sia pronome che congiunzione), potremo rap-
presentare così:
Paratassi Ipotassi
Frase dipendente Frase dipendente
relativa congiuntiva
T, Ti T, T
A B I C D AB t""""! ^,
C(c) D ^ B I Q ^
Se dalla paratassi congiuntiva si arriva per
evoluzione delle particelle in congiunzioni alla
ipotassi, quando F ipotassi è formata si può da
questa regredire alla paratassi. P. es. , nella
frase " ormai tu sei stato punito ; quantunque
che punizione è questa? „ la congiunzione quan-
tunque, che di solito introduce una dipendente,
qui s'accompagna ad una principale. Spesso la
congiunzione nisi, che suole introdurre una protasi
di periodo ipotetico negativo, introduce invece
una avversativa principale, ed equivale a sed.
Come il periodo ipotattico si sviluppa gene-
ralmente dal paratattico, si sviluppa nella frase
la forma predicativa da quella attributiva.
Nella primitiva frase attributiva una qualità
o uno stato che per la forma delle rispettive
parole non si differenziano ancora affatto dal
sostantivo, vengono unite senz'altro a una per-
sona 0 a una cosa; il nome verbale però può
176 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
occupare due posti diversi a seconda dei due
diversi significati che può assumere; può cioè
seguire immediatamente il soggetto e allora non
è che un puro attributo di questo, e può pre-
cedere un nome che ne dipende come oggetto e
ne completa il significato, nel qual caso già si
fa sentire la funzione predicativa. Alla forma-
zione di questa invero già nel primo caso pos-
siamo trovar motivi quando più nomi verbali
attributivi si riferiscano allo stesso oggetto, come,
ad es., un Boscimano dice: " egli salutare, egli
uscire, egli andare, egli cacciare „ giacche quella
sequela di associazioni riferentisi tutte a una
sola rappresentazione, sulla quale si mantiene
ferma l'attenzione, viene a costituire un processo
appercettivo, base appunto della relazione chiusa;
ma più evidenti motivi di questa evoluzione tro-
viamo in quei casi nei quali il soggetto è accom-
pagnato oltre che da un nome verbale attributivo
anche da un nome verbale col suo oggetto, come,
ad. es., in: " egli andare prendere acqua; egli
andare vedere il leone; egli andare prendere
arco „, dove quell'andare viene a dare valore di
agente al soggetto, mentre il secondo verbo esce
dalla funzione attributiva unendosi col suo og-
getto e contrapponendosi così al soggetto come
predicato.
Però anche in lingue nelle quali il verbo già
spiega la sua funzione predicativa persiste sotto
forma di nomi verbali e perfino di intiere espres-
sioni attributive associate e annesse al soggetto
e all'oggetto la relazione aperta, e in tutta la
YII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 177
sua integrità ci appare d'altronde ancora nelle
nostre lingue stesse nelle frasi di contenuto sen-
timentale — cosi neir " Antigone „ : " Unica speme
mia , solo sostegno , sorella amata , alfin ti ab-
braccio... „ — giacche in esse sollevano gli affetti
sempre nuove immagini, che si dispongono, come
sorgono, l'una all'altra associate.
Ne nelle frasi asseritive domina esclusiva-
mente la funzione predicativa, che anzi, come
già dicemmo, la maggior parte di esse appar-
tengono nelle nostre lingue a una forma mista
predicativa-attributiva , giacche il contenuto di
una frase chiusa, dovendo esser nella prima rap-
presentazione totale, non può oltrepassare i li-
miti della coscienza, e d'altra parte nell'analisi
che di questa rappresentazione totale si svolge
nella frase predicativa, rappresentazioni parziali
vengono appercepite più chiaramente, e diven-
tano motivi di associazioni, che potranno esser
respinte dal procedere dell'analisi della prima
rappresentazione totale o potranno invece for-
zarla e annettervisi. E in due modi vi si annet-
tono: 0 assumendo esse pure la forma predica-
tiva e assimilandosi come parti organiche alla
frase generale, nel qual caso non si distingue-
ranno dalle parti originarie di questa, o unen-
dosi come attributi in relazione aperta a una
data parte di essa frase, nel qual caso appari-
ranno come appendici secondarie, eterogenee alla
rappresentazione primitiva.
Tali ci appaiono le parti stampate in corpo
comune nel periodo del Manzoni : " Quello su cui
E A VIZZA, Psicologia deUa Litigua. 23
178 PSICOLOGIA. DELLA LINGUA
meditava in quel momento don Abbondio, convale-
scente della febbre dello spavento, anzi più gua-
rito (quanto alla febbre) che non volesse lasciar
credere, era un panegirico in onore di San Carlo,
detto con molta enfasi, e udito con molta am-
mirazione nel Duomo di Milano, due anni prima „
e molti esepipi piìi evidenti, benché certo non
belli come saggi di stile, giacche in essi le as-
sociazioni secondarie vengono a disgregare e
rompere la originaria rappresentazione totale, ci
offre il Cellini; così nel capitolo XXIII della sua
Vita :
" E perchè io sapevo certissimo, che appresso
" a questa gran Principessa c'era di molti mia
" amici che con essa eran venuti di Firenze;
" ancora perchè lei ne aveva fatto favore, me-
" diante il castellano; che volendomi aiutare,
" disse al Papa, quando la Duchessa fece l'en-
" trata in Roma, che io fui causa di salvare per
" pili di mille scudi di danno, che faceva loro
" una grossa pioggia ; per la qual cosa lui disse,
^ ch'era disperato, e che io gli messi cuore; e
" disse come io avevo acconcio parecchi pezzi
" grossi di artiglieria inverso quella parte, dove
" i mugoli erano più istretti, e di già cominciati
" a piovere un'acqua grossissima, per la qual
" cominciato a sparare queste artiglierie, si fermò
" la pioggia, e alle quattro volte si mostrò il
* sole, e che io ero stato intera causa, che
" quella festa era passata benissimo; per la qual
" cosa quando la Duchessa lo intese, aveva
* detto: „.
VII - PSICOLOGIA DELLA SIXTASSI 179
Certamente anche nelle frasi assertive le emo-
zioni promuovono il sorgere di nuove rappre-
sentazioni, ma vi agiscono sopratutto indiretta-
mente in quanto che producono un rilassamento
dell'attenzione che presiede al processo analitico
della rappresentazione totale, e aprono quindi
in questa l'adito alle rappresentazioni associate.
E che l'emozione vi abbia parte secondaria
lo vediamo in casi nei quali essa è regolata
dall'attenzione, dalla volontà cioè, di svolgere
una data rappresentazione totale, giacche allora
le parti di queste si dispongono invero l'una
dopo l'altra senza nessun legame, in forma dunque
puramente paratattica, ma nemmeno è lasciato
adito fra l'una e l'altra all'intromettersi di ele-
menti associativi. Così quando il Manzoni rac-
conta: " Don Abbondio, vide confusamente, poi
" vide chiaro, si spaventò, si stupì, s'infuriò,
" pensò, prese una risoluzione „.
Se noi, vista la struttura della frase, studiamo
come corrisponda a essa nelle diverse lingue
l'ordine delle singole sue parti, vediamo che,
dove tradizione letteraria non disturbi l'azione
dei motivi psichici dando forme diverse a con-
tenuti simili, le parole si seguono sempre se-
condo l'importanza dei loro concetti, così che il
primo posto sarà occupato dalla parola che con-
tiene la rappresentazione principale della frase,
generalmente cioè dal soggetto, spesso però invece
0 dal predicato verbale o dall'oggetto.
E facile la spiegazione psicologica di questa
legge se si considera che le singole rappresen-
180 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
tazioni verbali non si presentano alla coscienza
solo nel momento in cui devono prender parte
nella frase, ma già nella prima rappresentazione
totale esistono e agiscono sull'attenzione e ven-
gono dunque poi appercepite successivamente,
in ordine corrispondente al loro maggior o minor
effetto su di questa.
Questa speciale legge di psicologia della lingua
entra cioè nella maggiore legge psicologica che
le parti di un tutto vengono appercepite l'una
dopo l'altra secondo la loro impressione sulla
coscienza.
E questa legge governa non solo la posizione
delle parti principali della frase fra loro, ma
anche quella reciproca degli elementi dei quali
consta ognuna di quelle parti maggiori, quella,
ad es., dell'aggettivo rispetto al suo sostantivo,
dell' avverbio rispetto al suo verbo , ecc. ; se
non che la posizione reciproca di queste parole
così intimamente legate fra loro, che spesso si
fondono in una sola, come abbiamo visto, è gene-
ralmente di minore importanza pel significato,
giacche le rispettive appercezioni acustiche sono
così vicine che ne formano quasi una sola si-
multanea, associata col complesso dei due conte-
nuti concettuali. Così " uomo onesto „ e " onesto
uomo „. Ricordiamo però che un " uomo galante „
non è sempre un " galantuomo „, che una " spe-
culazione cattiva „ non a sempre una " cattiva
speculazione „.
Inoltre deve esser fatta astrazione da quei
linguaggi che, come il Greco, hanno sfruttato la
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 181
differenza fra la posizione attributiva predicativa
dell'aggettivo e dei complementi. Cfr., p. es., oi
arpatióÙTai là ònXa èqp* mnoiq eOecJav = " i soldati
deposero le armi sui cavalli „ ; ol (TTpaTiujTai xà
ècp' iTtTT0i<; ònXa eOedav = " i soldati deposero le
armi equestri „ ; f\ vncfo? èffxÓTTi = " l'estremità
dell'isola „; n iGxà.v(\ vfjcroq= " l'isola estrema
(fra tutte) „.
Accanto e di conserva a questa legge dell'an-
ticipazione dei concetti più importanti, un'altra
possiamo rintracciare nella costruzione della frase,
ed è quella dell'intreccio delle sue parti, per la
quale, quelle logicamente collegate, vengono se-
parate, quelle invece indipendenti fra loro riunite,
legge che deriva dalla tendenza a mantenere
anche nel processo analitico l'unità della rap-
presentazione totale primitiva. Così tutte quelle
forme che i grammatici designano coi nomi di
fusione, ecc. " Solo Tancredi avvien che lei co-
nosca ,. " Questi mercati giudico io che fossero
la cagione, (Machiavelli). " Matrem jubeo re-
quiras „. Spesso è solo qualche particola della
dipendente che entra nella sopraordinata : Trin.,
V. 457. " Stas. Abin hinc dierecte? Stas. si herele
ire occupiam, votes „.
Si notano ancora le prolessi di questo genere
'• te flocci facio an periisses prius , e sim.
E un altro effetto della forza unificatrice della
prima rappresentazione totale abbiamo quando,
come nei noti versi di Carducci:
182 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
0 solitaria casa d'Ajaccio
Cui verdi e grandi le querce ombreggiano
E i poggi coronan sereni
E davanti le risuona il mare !
la coordinata a una dipendente appare nella
forma di una coordinata alla principale. Ne altri
motivi psichici ci spiegano il mantenersi o il su-
bentrare di attributi nominali delle singole parti
della frase in luogo di frasi dipendenti; il man-
tenersi sotto forma di nomi verbali (participi
e infiniti) dopo che la forma attributiva della
frase si è mutata in predicativa ; subentrare
sotto forma di veri sostantivi derivati da verbi
quando l'aumentata capacità di pensiero astratto
arricchisce la lingua di sostantivi di azioni.
Così diremo alla latina : " partito il fratello,
egli... „, che risolto in forma predicativa suo-
nerà : " Dopo che il fratello fu partito, egli „
e nella nuova forma attributiva, che manca al
Latino classico : " Dopo la partenza del fratello,
egli „ ; delle quali espressioni, la prima e l'ul-
tima (e questa non certo perchè sia più breve
della seconda, non contando che una parola di
meno) ci appaiono nella loro forma attributiva
come pili intimamente collegate al concetto prin-
cipale, che non la seconda, nella quale la de-
terminazione di tempo si svolge predicativamente
in una frase secondaria.
Ma questi sono motivi che complicano la co-
struzione delle sole frasi asseritive, mentre nelle
esclamative e nelle interrogative il principio che
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 183
le parole si dispongono secondo il grado d'im-
portanza dei relativi concetti, ha maggior va-
lore; e però la frase esprimente un desiderio o
un comando incomincia generalmente coll'impe-
rativo, e l'interrogativa colla parola esprimente
l'oggetto su cui verte la domanda.
Più difficile della ricerca dei motivi pei quali
or l'una or l'altra parte della frase preceda le
rimanenti è quella dei motivi pei quali una data
disposizione si è venuta fissando a preferenza
di altre in una lingua, giacche la interpretazione
psicologica presuppone la ricerca storica e questa
è finora su questo punto molto incompleta, così
che dobbiamo accontentarci di supposizioni. Pro-
babilmente il sorgere e svilupparsi in un popolo
di una data forma letteraria, ad es., dell'epica,
ha diffaso l'uso di una data forma di frase, ad
esempio, della narrativa, nella quale il predicato
precede generalmente il soggetto, e per asso-
ciazione poi anche frasi di contenuto diverso
hanno assunto di preferenza quella forma che
già predominava e che si è mantenuta anche
quando sono cessati i motivi che la produssero.
E quale causa di questo perdurare possiamo
forse menzionare questa, che, collo stabilirsi di
date posizioni per date parti della frase, queste
perdettero la loro forma esterna, le caratteri-
stiche cioè fonetiche della loro funzione nella
frase, e tanto più necessaria divenne di conse-
guenza la stabilità di posizione dalla quale sol-
tanto poteva risultare il loro valore. Altri mo-
tivi andranno ricercati in ogni singolo caso nei
184 PSICOLOGIA BELLA LINGUA
caratteri speciali delle singole lingue, per effetto
dei quali e gli stessi motivi potranno dar luogo
a costruzioni diverse, e la stessa costruzione di-
pendere da motivi diversi.
Il pensiero nelle diverse lingue.
Colla scorta dei criteri acquistati fin qui nello
studio psicologico dei fenomeni linguistici, noi
possiamo ora accingerci a rintracciare le carat-
teristiche più generali non solo esterne ma anche
interne delle diverse lingue.
Ed escludendo dalle caratteristiche esterne quelle
che non stanno in diretta relazione colla natura
psichica della lingua consideriamo sopratutto la
struttura della parola e della frase, e sotto
questo riguardo noi possiamo distinguere e con-
trapporre principalmente :
I. Lingue isolanti e lingue agglutinanti;
II. Lingue con sole forme nominali e lingue
con forme verbali;
III. Lingue con predominio della forma esterna
e lingue con predominio della forma interna (vedi
pagina 139);
IV. Lingue nelle quali si sviluppò prima-
mente il pronome possessivo e lingue nelle quali
ebbe la precedenza il personale;
V. Lingue a prefìssi e lingue a suffissi;
VII - PSICOLOGIA DELLA SIITTASSI 185
VI. Lingue che distinguono sostantivi a se-
conda del loro valore (genere) e lingue che non
fanno questa distinzione;
Vn. Lingue a frase attributiva e lingue a
frase predicativa;
VIEL Lingue a costruzione paratattica (sem-
plice 0 per congiunzioni) e ipotattica (pronome
relativo e congiunzioni ipotattiche);
ÌX. Lingue a costruzione di frase fissa e
libera.
Per caratteristiche interne intendiamo le qua-
lità e relazioni psichiche da cui traggono origine
le diverse caratteristiche esteme, quel complesso
di speciali leggi di associazione e di apperce-
zione che si manifestano nella formazione delle
categorie di parole, nel movimento della frase,
nella disposizione delle sue parti; e cioè, limi-
tando il nostro compito alla ricerca delle più
generali :
L La connessione,
n. L'indirizzo e
nL II contenuto del pensiero.
Secondo la connessione del pensiero, conside-
rando cioè il modo con cui i pensieri che si
manifestano nella lingua sono legati fra loro,
possiamo contrapporre come estremi di una scala
lunghissima il pensiero frammentario al discor-
sivo. Quello è caratterizzato esternamente dalla
mancanza di particelle congiuntive e dal susse-
guirsi di frasi semplici, tutte dello stesso valore,
Ravizza, Psicologia della Lingua. 24
186 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
non collegate e contenente ciascuna solo una
rappresentazione senza determinazioni secondarie ;
questo da un completo e connesso sviluppo di
tutte le parti contenute nella rappresentazione
totale.
Ecco, ad esempio di pensiero frammentario,
come un Boscimano racconta una caccia alla iena :
" Esso Boscimano vede iena dormente, esso va
tirare alla iena coU'arco, essa iena va correr via,
essa iena va cader giù, essa iena essa muore.
Esso Boscimano rincorre iena, esso macella iena,
esso va prender rete, esso va metter iena in
rete, esso va a casa, esso va mangiare iena,
esso va dormire, ecc. „ (1); al quale possiamo con-
trapporre come esempio di discorsivo la stessa
narrazione come la faremmo noi.
Per indirizzo del pensiero intendiamo il modo
con cui vien appercepito un dato contenuto del-
l'esperienza, sia esso una rappresentazione di-
rettamente costituita di impressioni esterne, sia
una complicazione di impressioni presenti e pre-
cedenti. Così, se nella lingua degli Jacuti (Siberia)
si dice " sua lagrima „ e nella nostra " egli
piange „ il contenuto reale è lo stesso, ma nella
prima vien appercepito come una cosa, un og-
getto, nella seconda come un'azione; e però di-
stingueremo un pensiero nominale e un pensiero
verbale, ognuno dei quali trae dalla rappresen-
(1) Friedrich Mùllee, Grundriss der Sprachwissenschaft,
IV B. I Abt. Nachtràge. Wien, 1888.
VII - PSICOLOGIA DELLA SINTASSI 187
tazione totale, a esprimere questa e i rapporti
delle sue parti, concetti diversi; il nominale,
oggetti in relazione fra loro ; il verbale, le modi-
ficazioni che gli oggetti subiscono.
La natura delle rappiesentazioni e dei concetti
che prevalgono nel contenuto di una lingua for-
mano la terza caratteristica ; e secondo essa noi
distingueremo un pensiero concreto e un pensiero
astratto^ dando però a quest'ultimo termine un
senso più vasto che nella logica , chiamando
cioè già astratto un concetto che comprenda
diversi gruppi di rappresentazioni reali aventi
qualche carattere comune; così, ad esempio,
animale che comprende bue, cavallo, lepre, ecc.;
uomo usato tanto per uomo che per donna, che
per bambini e per vecchi.
In opposizione a questa forma sarà concreto
il contenuto di una lingua quando le sue parole
sono più strettamente legate a singole determi-
nate rappresentazioni reali, quando dunque, ad
esempio, ci saranno parole per indicare lo stare
in piedi, o seduto, o a giacere e nessuna per
indicare lo stare, e l'essere in generale; quando
cinque s'indichi con mano, venti con uoiìio, ecc.
Ma ricordiamo che con questa ricerca, non
abbiamo inteso di dare i criteri di una nuova
classificazione delle lingue e tanto meno di un
giudizio sul loro maggiore o minor grado di
sviluppo e quindi di una disposizione di esse in
una linea di evoluzione : classificazione e giudizio
che anzi escludiamo, osservando: come quelle ca-
ratteristiche si combinino variamente nelle di-
188 PSICOLOGIA DELLA LINGUA
verse lingue, così che nessuna di queste può
interamente contrapporsi a un'altra, e come di-
verse caratteristiche interne possano manifestarsi
spesso nella stessa caratteristica esterna, mentre
diverse forme di pensiero possono invece assumere
la stessa espressione, nozione che, esposta piìi
particolarmente di quel che non sia concesso di
fare qui, potrebbe, rompendo i tradizionali rap-
porti nei quali crebbe il nostro pensiero colla
nostra lingua, tornare di utile non meno che alla
linguistica, alla filosofia.
•^0/^^^^
INDICE
INDICE
Prefazione P<^- v
I. — Introduzione , 1
II. — Cenni di psicologia , 11
III. — La rappresentazione verbale .... , 37
IV. — Formazione , 65
V. — Mutamento fonetico , 93
VI. — Mutamento di significato , 115
VII. — Psicologia della sintassi ,131
106.
107.
108.
i*:q.
HoBASSO. li' iiiip«riiUlHiiio artistico L,
Lombroso. I segni rivelatori della pertkUuadUtà. — Con figure
Oddi. Oli aliiuentl e la loro funziono
Bossi. I suggrestionatori e la rolla
Vaccai. I^e fetste di Bonia antica
Marchesiki. II dominio dello Spirito
Seroi. GH Arii in Europa e in Asia. — Con fig^nre ....
Zakotti Bianco. Istorie di mondi
Harnack. JL'essenza del Cristianesimo
James. «Il ideali della vita
Baccioni. Dall'alcblmia alla cliimica. — Con fignire ....
Cappelletti. I<a leggenda Napoleonica. — Con figure . . .
Mach. Analisi delle sensazioni
Labasca. Gesù Cristo. — Con figure
Anderson. l.e ciTiltà estinte dell'oriento
CocGNET. I piaceri della tavola. — Con figure
SiOHELE. JL.'intelIigeuza della folla
HiCKSON. l<a vita nei mari. -- Con figure
Costa. Il Bnddba
Solerti. Iie origini del melodramma
Brofferio. Per lo Spiritismo
Clodd. Storia dell'Alfabeto. — Con figure
Del Lungo. Croethe e Helmliolz
FiNOT. I<a filosofia della lougerità
Alifpi e CoMANDucci. I.a liquefazione dei gas e dell'aria .
Fraccaroli. L'irrazionale nella letteratura
CoNN. n meccanismo della Tita
Levi. Delitto e pena nel pensiero dei 6reei
Del Cerro. Fra le qnlnte della Storia
YiAZZi. Psicologia dei sessi
Sergi. £TOlnzioue umana IndiTldnale e sociale
Clodd. Ii'uomo priiuitiTO. — Con figure
Baldwix. Intelligenza
Cappelletti. I^a rirol azione
Lombroso. Io» Tita dei bambini. — Con figure
Emerson, l'omini rappresentatlTl
MoEBirs. Inferiorità nieutale della donna
GuMFLowicz. Il concetto sociologico dello Stato
Agresti. Ia filosofia nella letteratura moderna ....
Lombroso. I rantaggi della degenerazione. — Con figure .
Pegrassi. 1« illusioni ottiche. — Con figure
MoRASSo. lA nuoTa arma (Ia macchina)
Henger. I/O stato socialista
Canestrini, ©li amori degli animali. — Con figure ....
Eizzatti. Dalla pietra filosofale al radio. — Con figure . .
Carltle. Passato e presente
CouGNET. Il ventre dei popoli
Bizzarri. Base fisica del male
Cappelletti. Storie e leggende
Clodd. Storia della creazione
Zanotti-Bl\nco. Astrologia ed astronomUi
Hall. Il suolo
Baratta. Curiosità Tinciane
Fraccaroli. I<a questione della scnola
Evans. I<ao-tse e il libro della via e della Tlrtù ....
Clodd. 9Uti e sogni
Labanca. Il papato
Villa. !■' idealismo moderno
Fanciulli. Ii'indlTldno nel suol rapporti sociali ....
SB. — I volumi di questa serie esistono pure elegantemente legati in tela
con &egi artistici, con ««Ma lira d'aumento


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