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Thursday, August 14, 2025

Grice e Ravizza

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n^l- BOCCA-C:  C7lTgRl'N-l;TÌ.*" 


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Pieeola  Biblioteca  di  Scienze  JHodeme    ' 


Eleganti  Toltimi  in.i2o 


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PURCHASED   FOR  THE 

UNIVERSITY  OF  TORONTO  LIBRARY 

FROM  THE 

CANADA  COUNCIL  SPECIAL  GRANT 

FOR 


2,50 
8  — 
5  — 
8  — 
8,50 
8  — 
8,50 
2  — 
2,50 


2,50 
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»  8  — 
»  2- 
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•  2,50 
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►    8,50 

•  2,50 
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2,50 

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8,50 

8,60 

4  — 

8  — 

8  — 

8  — 

2  — 


PSICOLOGIA  DELLA  LINGUA 


Prof.   FILIPPO   RAVIZZA 


n\mm  im  luì 


Magister  dixit. 


TORINO 
FRATELLI  BOCCA,  EDITORI 

MILAKO  -  ROMA  -  FIBENZE 
1905 


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Torino  —Vincenzo  Bona,  Tip.  delle  LL.  MM.  e  dei  ER.  Principi  (9888) 


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PREFAZIONE 


ì 


Questa  trattazione  intorno  alla  Psicologia  della 
lingua  si  riattacca  direttamente  al  poderoso  vo- 
lume che  Guglielmo  Wundt  ha  dedicato  al  lin- 
guaggio nella  sua  Volkerpsychologie.  Si  può  dir 
che  l'autore  abbia  cercato  di  interpretare  e 
esporre  lucidamente  l'ossatura  di  quella  difficile 
opera  a  quel  pubblico  d'Italiani  colti  che  seguono, 
riconnettendole  al  loro  ambito  intellettuale,  tutte 
le  evoluzioni  del  pensiero  filosofico  contempo- 
raneo, e  più  specialmente  al  ceto  dei  linguisti, 
i  quali,  occupati  nelle  loro  indagini  prettamente 
filologiche,  non  sempre  hanno  il  tempo  di  ripe- 
tere da  fonte  originale  tutto  quanto  essi  devono 
pur  necessariamente  conoscere,  se  non  vogliono 
correre   il    pericolo   di  continuare    a    orientarsi 


PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 


secondo  un  sottostrato  psicologico,  già  inconfu- 
tabilmente dimostrato  falso  o  manchevole.  Io 
credo  che  a  nessun  glottologo  potrà  sfuggire 
l'importanza  dell'argomento  svolto  in  questo 
manuale. 

Guglielmo  Wundt  ha  preso  il  suo  posto  ac- 
canto ai  grandi  maestri  che  da  Guglielmo  von 
Humboldt  all'Herbart,  allo  Steinthal,  al  Paul, 
hanno  segnato  in  questi  studi  un  indirizzo  ve- 
ramente nuovo.  Ma  accanto  ad  essi  il  Wundt 
ha  un  atteggiamento  spiccato  di  battaglia  che 
in  molti  punti  è  diventato  un  atteggiamento  di 
vittoria.  Che  oggi  l'antica  grammatica  descrit- 
tiva abbia  lasciato  il  suo  posto  a  una  vera  gram- 
matica storica,  nessuno  nella  patria  di  Graziadio 
J^ scoli  vorrà  dubitare;  che  oggi  nel  campo  scien- 
tifico i  rapporti  che  la  grammatica  deve  avere 
colla  psicologia  per  contro  a  quelli  che  un  tempo 
aveva  colla  logica,  sieno  ben  chiari  e  precisi, 
nessuno  vorrà  discutere,  ad  onta  che  nel  campo 
scolastico,  occorra  ancora  una  colluvie  di  cosi- 
detti  metodi  logici  e  razionali  per  l'insegnamento 
dei  linguaggi.  Anzi  quando  sono  apparsi  i  Prin- 
cipien  der  Sprachgeschichte  del  Paul,  parve  che 
tutti  i  linguisti  trovassero  nella  psicologia  chia- 
mata ogni  tanto  a  suffragare  i  fatti  linguistici, 
la  conferma  di  un   bisogno  lungamente   sentito. 


PRETAZIOXE  VII 


Esiste  Oggi  una  vera  disciplina  storica  della 
lingua;  e  il  superbo  edificio  di  Karl  Brugmann 
e  di  Berthold  Delbriick  sulla  fonetica,  sulla  mor- 
fologia e  sulla  sintassi  degli  idiomi  indogerma- 
nici, ne  è  il  testimonio  più  lucido  e  la  storia 
più  fedele.  Ma  questo  processo  dialettico  che 
oggi  è  intravisto  nel  suono,  nella  forma,  nella 
funzione,  è  oggi  veramente  studiato  nelle  sue 
cause  intime?  non  è  ancora  soltanto  esposto  come 
una  successione  esteriore  di  fenomeni?  I  metodi 
odierni  consentono,  ed  è  già  molto,  di  fare  la 
storia  di  un  fenomeno  linguistico,  di  sceverare 
talvolta  le  forme  originarie  dalle  forme  analo- 
giche. Ma  consentono  essi  del  pari  d'indagare 
le  forze  psichiche  che  a  quei  processi  presiedono  ? 
Pare  anzi  che  da  questo  compito  i  linguisti 
prescindano;  pare,  e  ognuno  potrebbe  convin-^ 
corsene  dalla  lettura  delle  "  Grtindfragen  der 
Sprachforschung  „,  che  il  Delbruck  ha  discusse 
in  relazione  alla  "  Sprachpsychologie  „  del  Wundt, 
che  la  linguistica  non  veda  nella  psicologia  che 
una  scienza  legislativa  del  linguaggio  e  accolga 
con  lo  stesso  animo  il  sistema  intellettualistico 
dell'Herbart  o  quello  volontaristico  del  Wundt, 
pronta  a  rinnegare  l'uno  per  accogliere  l'altro, 
quando  i  dati  dell'uno  non  la  lascino  vivere  e  i 
dati  dell'altro  non  la  lascino  morire.  Guglielmo 

Ratizza,  Psicologia  della  Lingua.  n 


vili  PSICOLOGIA   DELLA  LINGUA 

Wundt  vuol  fare  della  psicologia  della  lingua  e 
della  storia  del  linguaggio  due  scienze  recipro- 
camente sussidiarie,  di  cui  l'una  è  a  un  tempo 
il  sottostrato  e  la  superstruttura  dell'altra.  Si 
potrà  discutere  s'egli  sia  riuscito  nel  suo  scopo. 
Ma  nessuno  potrà  dire  che  il  suo  punto  di  vista 
non   sia   pienamente    giustificato    e   innovatore. 

Per  capire  la  portata  dell'innovazione  basterà 
dare  qualche  esempio.  Consideriamo  la  spiega- 
zione di  qualche  fatto  linguistico  presso  un'auto- 
rità incontrastata,  Hermann  Paul.  Nel  capitolo 
della  contaminazione,  dopo  aver  detto  che  il  pro- 
cesso del  fenomeno  consiste  nel  presentarsi  con- 
temporaneamente alla  coscienza  di  due  espres- 
sioni sinonimo,  cosicché  ne  l'una  né  l'altra  può 
prevalere,  ma  finisce  per  sorgere  una  forma 
^uova,  in  cui  si  fondono  elementi  dell'una  con 
elementi  dell'altra,  il  Paul  passa  a  raccogliere 
vari  casi  interessanti,  nell'ordine  dei  suoni  (per 
esempio,  l'emiliano  cminzipià  da  cominciare  e 
principiare),  in  quello  delle  forme  (p.  es.  gewohnt 
da  gewon  e  gewent),  in  quello  dei  costrutti  (per 
esempio,  ó  fimauq  tou  xpóvou  da  ó  fj|ui(Tu<;  XPÓvoc; 
e  TÒ  r\\x\<S\}  ToO  xpóvou). 

È  una  storia  del  fenomeno  ch'egli  fa  da  par 
suo,  con  dati  linguistici  inconcussi;  ma  è  una 
storia  esteriore  ;  l'intimo  motivo  psichico  di  quelle 


PBEFAZIOXE  IX 


associazioni  che  il  Paul  ammette  non  è  indagato. 
Peggio  è  nel  capitolo  del  mutamento  di  signi- 
ficato. Chi  legge  ha  qualche  volta  l'impressione 
di  trovarsi  ancora  dinnanzi  alle  distinzioni  della 
grammatica  della  scuola,  che  fornisce  anche  la 
terminologia;  si  raccolgono  i  casi  in  cui  il  con- 
tenuto del  concetto  si  restringe,  mentre  se  ne 
allarga  l'estensione,  e  gli  altri  casi  reciproci,  e 
quelli  che  raccolgono  in  sé  il  doppio  processo; 
si  dà  la  storia  estrinseca,  diligente,  esatta  di 
qualche  caso.  Lo  strato  a  cui  il  fenomeno  è  ri- 
condotto, è  ancora  superficiale;  poiché  il  muta- 
mento del  contenuto  e  dell'estensione  è  un  fatto 
logico  e  non  un  impulso  psichico.  Dei  processi 
appercettivi  e  associativi  non  si  fa  parola.  Anche 
nella  dottrina  della  frase  l'indole  della  tratta- 
zione circonscritta  alla  semplice  superstrutturK^ 
linguistica  del  fenomeno  fa  sì  che  vengano  usati 
ancora  quei  termini  di  soggetto  psicologico  e 
predicato  psicologico  che  tanto  sono  dispiaciuti 
al  Delbriick.  È  certo  che  la  mente  colta  che 
vuol  seguire  il  vero  filo  dialettico  dei  fatti  ri- 
mane inappagata,  e  sente  che  c'è  tutto  un  altro 
ordine  segreto  di  motivi  a  cui  quelle  leggi  de- 
vono essere  ridotte.  È  a  quest'ordine  che  il  Wundt 
riconnette  l'opera  sua.  Chi  se  n'ò  reso  padrone 
sente  che  l'atteggiamento  del  linguista  rispetto 


PSICOLOGIA   DELLA  LINGUA 


a  questa  psicologia  non  è  più  quello  che  pote- 
vano assumere  gli  antichi  grammatici  rispetto 
all'antica  filosofìa  della  lingua;  e  non  è  neppur 
quello  che  finora  i  nostri  glottologhi  assumevano 
rispetto  a  singoli  sistemi,  come,  p.  es.,  al  si- 
stema dell'Herbart  e  ai  suoi  interpreti.  Innanzi 
al  libro  del  Wundt  lo  storico  del  linguaggio 
non  dovrebbe  più  proporsi  la  questione  che  per 
esempio  il  Delbrùck  si  propone,  se  sia  o  no  pra- 
tica per  un  linguista  questa  o  quella  psicologia  ; 
ma  solamente  quest'altra:  sono  veramente  sicuri 
i  fatti  linguistici  di  cui  il  psicologo  ha  voluto 
servirsi?  Non  c'è  più  il  pericolo  di  ricadere  nel- 
l'interpretazione logica,  c'è  soltanto  quello  di 
essere  partito  da  una  base  malferma;  c'è  quello 
d'aver  commesso  un  errore  storico  nel  linguaggio 
*e  d'esser  giunti  fatalmente  a  un  errore  psichico, 
ma  la  linguistica  ha  trovato  il  suo  nutrimento 
naturale  e  insieme  con  essa  lo  ha  trovato  anche 
la  psicologia.  Che  in  questo  spostamento  della 
questione  esista  un  grande  progresso,  nessuno, 
credo,  vorrà  disconoscere. 

Che  poi  i  dati  linguistici  nel  Wundt  sieno  sempre 
sicuri,  nessuno,  certo,  oserebbe  dire;  tanto  più  che 
anche  qui  egli  si  muove  in  una  sfera  più  eletta  di 
quella  su  cui  si  aggirano  gl'indagatori  consueti 
della  parola;  egli  esce,  cioè,  risolutamente,  non 


PREFAZIONE 


solo  dalla  tradizione  classica  che  ha  per  tanto 
tempo  signoreggiato  le  coscienze  e  gl'intelletti,  ma 
dalla  stessa  indogermanistica,  per  estendere  la 
sua  ricerca  in  altri  idiomi,  in  ispecie  in  quello  dei 
popoli  primitivi.  Ora  questo  stesso  fatto  che  giova 
al  Wundt  come  filosofo,  gli  crea  qualche  diffi- 
denza come  linguista,  perchè  siccome  noi  non 
siamo  in  grado,  per  ora,  di  ricostruire  per  gli 
altri  linguaggi  il  tipo  proetnico  unitario  che  si 
è  ricostruito  per  gli  indo-europei,  siccome  anzi 
noi  non  sappiamo  neppure  tener  fissa  storica- 
mente la  vecchia  distinzione  di  lingue  isolanti 
agglutinanti  e  flessive,  ne  vien  la  conseguenza 
che  noi  non  possiamo  usare  per  lingue  estranee 
il  pili  fecondo  e  il  piìi  sicuro  dei  metodi,  cioè 
quello  comparativo,  e  dobbiamo  quindi  limitarci 
a  notare  i  fenomeni  analoghi  di  lingue  non  af^ 
fini;  il  che  ci  darà  dei  grandi  vantaggi  nell'or- 
dine psichico,  ma  toglierà  un  forte  sussidio  alla 
storia  esteriore  del  fenomeno.  Il  glottologo  abi- 
tuato a  non  credere  se  non  a  una  evoluzione 
confortata  da  un'evidenza  apodittica,  dove  tutti 
gli  anelli  sono  ricostruiti,  si  trova  un  po'  scon- 
certato innanzi  al  metodo  con  cui  si  discutono 
vari  fenomeni,  riassunti  nel  presente  volume, 
come,  p.  es.,  lo  sviluppo  che  in  alcune  parti  si 
verifica  del  pronome  personale  dal  pronome  pos- 


PSICOLOGIA   DELLA  LIXGUA 


sessivo,  lo  sviluppo  della  categoria  dell'aggettivo 
da  quella  del  sostantivo,  la  trasformazione  delle 
particole  in  preposizioni  o  in  avverbi,  e  simili. 
Accade  di  essere  talora  più  sorpresi  che  con- 
vinti. Ma  ognuno  intende  che  è  dischiuso  l'adito 
a  una  via  nuova;  che  se  il  materiale  sarà  meno 
infido,  se  l'indagine  sarà  meno  sconfinata,  con 
lo  stesso  metodo  si  potrà  arrivare  a  una  storia 
veramente  intima  della  parola,  non  solo  nel 
tempo,  ma  anche  nell'animo,  Tuttociò  però  non 
basterebbe  a  raccomandare  la  presente  tratta- 
zione, quando  non  si  aggiungesse  che  il  professor 
Ravizza  ha  pienamente  interpretato  il  concetto 
fondamentale  a  cui  l'opera  del  Wundt  s'informa^ 
ed  è  potuto  pervenire  ad  un'esposizione  piana, 
stringata,  e  anche  relativamente  popolare.  Inoltre 
Vnel  distribuire,  nell' integrare,  nel  riconnettere, 
egli  ha  saputo  trovare  una  forma  veramente 
originale.  Egli  ammette  naiuralmente,  come  il 
Wundt,  che  la  psicologia  della  lingua  sia  una 
superstruttura  della  storia  del  linguaggio;  ma 
mentre  il  Wundt  in  qualche  luogo  prende  sol- 
tanto il  fatto  linguistico,  come  punto  di  partenza 
per  arrivare  a  conclusioni  che  interessano  sol- 
tanto il  psicologo,  il  Ravizza  prescinde  da  tutto 
il  lavorìo  preparatorio  dei  dati  linguistici;  e  dopo 
aver  discorso  con  una  sintesi  molto  efficace  della 


PREFAZIONE 


psicologia  in  genere  e  della  rappresentazione 
verbale  in  ispecie  (astraendo  dalla  lingua  dei 
gesti  come  meno  riconnessa  coi  suoi  intenti), 
espone,  col  metodo  che  piìi  conviene  ai  glotto- 
loghi,  la  formazione  della  parola,  il  mutamento 
di  suono,  il  mutamento  di  significato,  la  sintassi, 
riconnettendo  sempre  ogni  fenomeno  ai  processi 
di  psicologia  sperimentale  esposti  nella  prima 
parte.  È  bene  un'ossatura  che  conserva  lo  spi- 
rito fondamentale  dell'opera  ;  la  quale  perde  qui 
nella  necessaria  riduzione,  tutto  l'apparato  po- 
lemico, dove  qualche  volta  l'autore  tedesco  o 
espone  cose  note  o  tenta  di  stravincere;  ma 
guadagna  il  nobile  tentativo  di  completare,  nel- 
l'ordine dell'evoluzione  esteriore,  quella  prova 
dei  fatti  che  non  sempre  nella  sua  opera  il 
Wundt  ha  potuto  raggiungere.  Si  direbbe  che  ìÉtw 
Ravizza  con  fine  intuito  abbia  capito  il  pericolo 
e  abbia  cercato,  con  esito  felice,  di  evitarlo.  Ad 
onta  di  ciò  la  trattazione  in  qualche  luogo  ha 
dovuto  essere  ben  densa,  ben  concettosa;  gli 
anelli  ci  sono  tutti,  ma  spesso  uno  ne  include 
un  altro,  anzi  più  altri.  Per  questo,  ma  non  solo 
per  questo,  non  c'è  pagina  di  questo  libro  che 
non  faccia  pensare.  Né  è  piccola  lòde.  Poiché 
se  la  scienza  è  una  battaglia  e  se  rimarrà  tale 
fino  a  che  sarà  tale   la  vita,  non  domanderemo 


XIV  PSICOLOGIA   DELLA  LINGtFA 

a  un  trattato  di  questo  genere  sopra  tutto  un 
fermentum  cogitationis?  E  qui  mi  fermo,  conscio 
di  aver  discorso  troppo  più  di  quello  che  mi 
era  concesso  e  che  m'ero  proposto. 

Dott.  Eugenio  Levi. 


I. 

INTEODUZIONE 


Psicologia,  scienze  naturali,  e  scienze  dello  spirito  —  La 
linguistica  —  Suoi  rapporti  colla  psicologia  —  Com- 
piti della  psicologia  della  lingua  —  Storia  della 
»      psicologia  della  lingua  —  Piano  di  quest'opera. 


4" 


Ratizza,  Psicologia  della  Lingua. 


Introduzione. 


Se  cerco  in  un  trattato  di  acustica  che  cosa 
sia  "  suono  ,  leggo  che  è  vibrazione  dell'aria; 
se  consulto  un  libro  di  termodinamica  per  sa- 
pere che  cosa  sia  "  calore  „  posso  trovare  che 
è  movimento  di  molecole  ;  se  domando  a  un  ot- 
tico che  cosa  sia  "  nero  ,  mi  risponde  che  è 
assenza  di  vibrazioni  dell'etere,  cioè  negazione 
di  ogni  colore,  mentre  un  fisiologo  mi  insegna 
che  è  un  processo  chimico  di  ricomposizione  che 
si  svolge  sulla  nostra  retina. 

Eppure  per  ognuno  di  noi  il  suono  non  è  una 
vibrazione,  il  calore  non  è  movimento  di  mole- 
cole, il  nero  esiste  ed  è  un  colore  e  non  un  pro- 
cesso chimico. 

Come  mai  e  suono,  e  calore,  e  colore,  che  sono 
pure  dati  della  nostra  comune  e  costante  espe- 
rienza,  possono    esser    concepiti  e  definiti   così 


PSICOLOGIA   DELLA    LINGUA 


stranamente,  così  diversamente  dalla  realtà,  ta- 
lora perfino  in  contraddizione  ad  essa? 

Astraendo  dal  soggetto. 

L'acustica,  la  termodinamica,  l'ottica  e  tutta 
la  fisica  e  tutte  le  scienze  naturali  lavorano  da 
secoli  e  secoli,  inventano  e  perfezionano  metodi 
e  mezzi  di  indagine,  compiono  ogni  giorno  mi- 
racoli di  perspicacia,  stupiscono  il  mondo  con 
critiche  audaci  che  sono  ad  un  tempo  e  le  loro 
pili  disastrose  sconfitte  e  le  loro  piìi  splendide  vit- 
torie, lanciano  nuove  teorie  che  hanno  l'arditezza 
di  divinazioni  e  sono  appoggiate  a  calcoli  di  esat- 
tezza meravigliosa,  per  raccogliere,  costruire,  as- 
sodare, e  compiere  una  concezione  logica  del 
mondo  tutta  oggettiva,  indipendente  da  noi  stessi, 
e  però  appunto  tanto  diversa  dalla  nostra  realtà. 

Ma  c'è  una  scienza,  la  quale  non  usa  di  quella 
astrazione,  una  scienza  la  quale  accetta  e  studia 
l'esperienza  nella  sua  integrità,  ed  è:  la  psico- 
logia. Per  essa:  suono,  calore,  colore  son  quali 
sono  realmente  per  ognuno  di  noi;  essa,  che  spesso, 
""e^speHe  dai  cultori  delle  scienze  naturali,  vien 
considerata  come  una  specie  di  metafisica,  è  quella 
invece  che  non  ricorre  a  nessuna  astrazione,  è  la 
scienza  della  esperienza  diretta. 

Ma  come  tale  appunto  non  solo  studia,  sotto 
un  diverso  punto  di  vista,  gli  stessi  fenomeni 
che  già  sono  oggetto  delle  scienze  naturali  ma 
anche  altri  che  a  queste  sfuggono,  come:  gli 
affetti,  il  volere,  il  ricordare,  e  insomma  tutto 
quel  complesso  di  processi  della  realtà  sogget- 
tiva che  comprendiamo  sotto  il  nome  di  anima. 


I    -    INTRODUZIONE 


Ne  viene  che  la  ^psicologia,  se  da  un  lato  in- 
tegra le  scienze  naturali  nella  concezione  della 
realtà  in  quanto  che  aggiunge  al  loro  contenuto 
quella  parte  di  realtà  dalla  quale  esse  astrag- 
gono o  che  esse  trascurano,  dall'altro  è  fonda^ 
mento  di  tutte  le  scienze  umane  o  scienze  dello 
spirito,  cioè  di  tutte  le  scienze  che  studianq^.L 
prodotti  delle  azioni  dell'uomo. 

Importantissimo  fra  questi  prodotti  il  lin- 
guaggio;  fra  queste  scienze:  la  linguistica. 

Questa,  nella  grammatica  storica  si  propone  lo 
studio  genetico  dei  singoli  fenomeni  d'ogni  lingua 
o,  secondo  una  piìi  antica  concezione,  lo  studio 
dello  sviluppo  d'ogni  singola  lingua,  cioè,  per 
così  dire,  la  dimostrazione  dei  suoi  strati  suc- 
cessivi quali  vengono  di  mano  in  mano  presen- 
tati dalla  grammxitica  descrittiva  ;  nella  gramma- 
tica comparata  confronta  i  dati  offerti  dalle 
grammatiche  delle  diverse  lingue,  confronto  dal 
quale  risultano  quali  processi  e  quali  leggi  siano 
comuni  a  parecchie  o  a  tutte  le  lingue  e  dal 
quale  è  facilitata,  suffragata  e  integrata  l'inter- 
pretazione   dei    fenomeni   d'ogni  singola  lingua. 

Sono  questi  fenomeni  e  quelle  leggi,  fenomeni 
e  leggi  di  un  prodotto  umano  che  è  essenzial- 
mente collettivo ,  poiché  di  esso  ben  poco  si 
può  ricondurre  storicamente  all'efficacia  d'un 
determinato  individuo,  di  uno  scrittore,  di  uno 
scienziato,  dell'  eroe  e  generalmente  appare  in- 
vece come  causa  e  effetto  ad  un  tempo  della 
vita  in  comune,  le  cui  cause  però,  come  quelle 
di  qualsiasi  fenomeno   collettivo,  evidentemente 


PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 


non  possono  essere  che  motivi  agenti  nell'indi- 
viduo, e  cioè  oggetto  di  studio  per  la  psicologia. 

Questa  dunque  se  dovrà  da  un  lato  render  ra- 
gione, in  base  alla  sua  conoscenza  dell'anima 
individuale,  di  quei  fenomeni  collettivi,  che  sor- 
sero e  sorgono  dagli  infiniti,  multiformi  rapporti 
di  infiniti  e  diversi  individui,  potrà  dall'altro 
trarre  essa  stessa  dalla  conoscenza  di  quei  fe- 
nomeni aiuto  nello  studio  dell'individuo. 

E  questo  secondo,  un  nuovo  compito  che  si 
offre  alla  psicologia  (1),  la  quale  fino  a  pochi 
anni  fa  non  aveva  riconosciuto  nella  linguistica 
che  un  campo  d'applicazione,  un  campo  ove  essa 
dovesse  entrare  quando  vi  fosse  chiamata  a  spie- 
gare, mentre  invece  ne  può  trarre  essa  stessa 
insegnamenti  preziosi,  appena  che,  salita  nello 
studio  dell'  individuo  dall'osservazione  degli  ul- 
timi e  piti  oscuri  elementi  dell'anima,  si  trova 
davanti  a  processi  che  sono  così  strettamente  e 
direttamente  dipendenti  dalle  condizioni  dell'am- 
biente in  cui  l'uomo  vive,  così  imperiosamente 
determinati  dalla  eredità  di  coltura  nella  quale 
è  nato  e  cresciuto,  che  possono  solo  esser  spie- 
gati dalla  conoscenza  di  questo  ambiente,  di 
questa  eredità  collettiva. 

E  con  questo  duplice  scopo,  di  interpretare  i 


(1)  Osservi  chi  già  cognito  della  materia  si  stupisse  di 
vedermi  enunciare  come  una  novità  questo  uso  della 
lingua  come  materiale  della  psicologia,  che  parlo  non 
dei  vocaboli  di  qualche  lingua  ma  della  linguistica,  e  non 
della  psicologia  etnologica  ma  dell'individuale. 


I    -    IXTEODUZIOKE 


fenomeni  e  le  leggi  della  linguistica  in  base  ai 
dati  della  psicologia  individuale,  e  di  trarre,  e 
da  quei  fenomeni  e  da  quelle  leggi,  lumi  per 
l'analisi  dell'anima  individuale,  sorge  tra  la  psi- 
cologia e  la  linguistica,  parte  integrante  d'en- 
trambe, la  psicologia  della  lingua,  la  scienza  della 
quale  questo  libriccino  vorrebbe  fornire  al  lettore 
qualche  nozione  elementare,  e  della  quale  ecco 
innanzi  tutto  brevemente  la  breve  storia. 

Breve  perchè,  non  volendo  considerare  né  la 
filosofia  della  lìngua,  che  si  propone  compiti  pu- 
ramente metafisici  (quando  non  si  sbizzarrisca  a 
ricercare  l'origine  del  linguaggio),  ne  l'uso  tanto 
diffuso  ancora,  anzi  potrei  dire  predominante,  di 
una  psicologia  volgare,  ammasso  di  tradizioni, 
di  osservazioni  grossolane,  supposizioni  logiche, 
a  spiegare  i  fatti  linguistici,  essa  storia  si  svolge 
nel  breve  giro  di  un  mezzo  secolo  coi  nomi  di 
Heymann  Steinthal,  di  Hermann  Paul  e  di  Wil- 
helm Wundt. 

Heymann  Steinthal  (nato  il  16  maggio  1823 
a  Grobzig,  dal  1863  professore  di  linguistica  a 
Berlino  dove  morì  il  14  marzo  1899)  fu  il  primo 
che  alla  logica  sostituisse  nella  interpretazione 
dei  fenomeni  del  linguaggio  una  psicologia  scien- 
tifica; quella  del  Herbart. 

Siccome  esporre  anche  solo  i  fondamenti  delle 
teorie  psicologiche  del  Herbart  sarebbe  impresa 
alquanto  ardua,  principalmente  se  volessimo, 
come  di  ragione,  tener  conto  di  ciò  che  gli  scolari 
del  filosofo  hanno  scritto  a  compimento  della  dot- 
trina e  nello  spirito  del  maestro  e  che  lo  Steinthal 


PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 


ha  pur  dovuto  consultare  e  usare  largamente,  e 
siccome  d'altronde  questa  esposizione  eccederebbe 
il  compito  nostro,  rimandiamo  il  lettore  alla  piìi 
facile  che  ne  conosciamo  quella  di  M.  Drbal  (1), 
limitandoci  qui  a  ricordare  fra  le  opere  nelle 
quali  lo  Steinthal  più  chiaramente  svolge  il  suo 
programma  psicologico-linguistico:  "  Grammatik, 
Logik,  Psycologie,  ihre  Prinzipien  und  ihr  Ver- 
hàltnis  zu  einander  (1855)  „  "  Charakteristik  der 
hauptsachlichsten  Typen  des  Sprachbaues  „  (1860, 
1881)  e,  più  letta,  la  "  Zeitschrift  fiir  Volker- 
psykologie  und  Sprachwissenschaft  „  che  pub- 
blicò dal  1860  al  1890  (2),  collaboratore  Moritz 
Lazarus. 

Un'influenza  non  così  decisiva  come  quella 
dello  Steinthal  ma  certo  più  vasta,  1'  ebbe  tra 
i  linguisti  coi  suoi  "  Prinzipien  der  Sprachge- 
schichte  „  l'Hermann  Paul  (nato  il  7  agosto  1846 
a  Salbke),  il  quale  è  più  facile  alla  lettura,  e 
toglie  i  suoi  esempi  da  lingue  generalmente  ben 
note,  anzi  per  lo  più  dal  Tedesco,  dal  Francese 
e  dall'Inglese  moderni,  fondandosi  sul  principio, 
non  solo  esposto  e  sostenuto  ma  anche  applicato 
prima  che  dal  Paul  dal  nostro  Ascoli  e  ormai 
ammesso  da  tutti,  che  la  natura  psichica  del^ 
l'uomo  non  sia  al  presente  essenzialmente  diversa 
da  quella  che  era  nel  passato,   sia  pure   remo- 


(1)  Lehrbuch  der  empirischen  Psychologie,  6.  Aufl.,  Wien 
und  Leipzig,  1897. 

(2)  Continuata  dopo  il  1890    da   Karl  Weinhold  sotto 
il  titolo  "  Zeitschrift  des  Vereins  fur  Volkskunde  ,. 


INTRODUZIONI 


tissimo,  in  un  paese  da  quel  che  sia  in  un  altro 
e  che  dunque  nella  spiegazione  dei  fenomeni 
linguistici  ai  quali  assistiamo,  possiamo  trovare 
quella  dei  fenomeni  che  la  scienza  rintraccia 
nelle  lingue  morte  e  raccoglie  presso  popoli 
lontani. 

Ma  la  maggior  importanza  dell'opera  del  Paul 
'per  la  psicologia  della  lingua  consiste  nell'essersi 
servito  nella  sua  interpretazione  sempre  ed  esclu- 
sivamente di  dati  tolti  allo  studio  dell'anima 
individuale,  dando  definitivamente  e  sistematica- 
mente lo  sfratto  a  quelle  specie  di  personifica- 
zioni dei  concetti  metafisici  e  inesatti  di  "  anima 
di  un  popolo  ,  "  spirito  della  lingua  „  e  simili, 
*che  inducevano  continuamente  linguisti  e  filosofi 
a  erronee  spiegazioni  fondate  su  fantastiche  ana- 
logie fra  questi  enti  collettivi  e  l'individuo. 

Al  Paul  segue,  coi  due  primi  volumi  della 
"  Vòlkerpsychologie  „  riflettenti  la  lingua,  Wil- 
helm Wundt  (nato  a  Neckarau  il  16  agosto 
1832)  (1),  il  quale  benché  della  valorosa  schiera 
di  fisiologi  che  lavorarono  e  lavorano  nel  campo 
della  psicologia,  e  fondatore  del  primo  labora- 
torio di  psicologia  sperimentale  (Lipsia,  verso 
il  1880),  non  s'acquietò  nello  studio  disorientato 
di  singoli  fenomeni  elementari  ma  assurse  alla 
costruzione  di  un  edificio  filosofico  che  può  ben 
degnamente  figurare  nella  filosofia  contemporanea 


(1)  Edmukd  Kòsig,    W.   Wundt,    seine   Philosophie    tind 
Psychólogie.  Stuttgart,  1901. 

Ratizza,  Psicologia  dtOa  Lingua.  2 


10  PSICOLOGIA   DELLA    LINGUA 

accanto  a  quello  meno  noto  del  nostro  Ardigò,  e 
a  quello  di  entrambi  più  celebrato,  dello  Spencer. 

Egli  si  contrappone  nell'ambito  scientifico  che 
qui  ci  interessa  per  due  riguardi  allo  Steinthal 
e  al  Paul.  Primo,  perchè  questi  s'appoggiano  alla 
psicologia  herbartiana,  egli  alla  sua,  la  speri- 
mentale. Secondo,  perchè  per  la  psicologia  egli 
vede  nei  fenomeni  collettivi  (lingua,  costume,  re- 
ligione) non  solo  un  campo  d'applicazione,  ma 
anche  una  fonte  di  materiale,  nel  senso  che  già 
abbiamo  spiegato. 

A  noi  l'economia  del  nostro  libro,  che  pur 
segue  le  orme  dell'opera  del  Wundt,  non  con- 
cederà lo  svolgimento  di  questo  secondo  compito 
che  dove  sia  strettamente  necessario  allo  svol- 
gimento del  primo,  e  perciò  ci  limiteremo ,  enun- 
ciate senza  la  mole  di  esperienze  che  le  suffra- 
gano, poche  nozioni  di  psicologia  individuale,  a 
spiegare  con  esse  di  mano  in  mano  i  fenomeni 
e  le  leggi  principali  della  lingua. 


n. 

CEMI  DI  PSICOLOGHI 


I 


1.  Sensazioni  e  sentimenti  —  Loro  intensità  e  qualità  — 

Sistemi  di  qualità  —  Diversi  modi  di  comportarsi 
dei  sentimenti  e  delle  sensazioni  —  Processi  fisio- 
logici concomitanti  —  Stimoli  fisici  e  fisiologici; 
centrali  e  periferici  —  Fisiologia  dei  sentimenti. 

2.  Formazioni  psichiche  —  Rappresentazioni  e  moti  del- 

l'animo —  Loro  proprietà  peculiari  —  Nuovi  senti- 
menti semplici  —  Classificazione  delle  rappresenta- 
zioni —  Loro  connessione  —  Classificazione  dei 
moti  dell'animo  —  Fenomeni  fisiologici  concomitanti 
—  Espressioni  mimiche  e  pantomimiche  —  Loro 
connessione  —  Loro  efi"etto  retroattivo  —  Paralle- 
lismo psico-fisico  —  Il  linguaggio  come  movimento 
espressivo. 

3.  Processi  e  atti  volitivi  —  Motivi  —  Processo  volitivo 

semplice  —  Azione  impulsiva  —  Processo  volitivo 
composto,  atto  volontario,  atto  di  scelta  —  Loro 
evoluzione  regressiva  in  atti  impulsivi,  automatici  e 
riflessi. 

4.  Coscienza  —  Attenzione,  appercezione,  percezione  — 

L'incosciente  —  Appercezione  passiva  e  attiva. 

5.  Associazioni  e  combinazioni  appercettive  —   Associa- 

zioni simultanee  e  successive  —  Assimilazioni  e  com- 
plicazioni —  Riconoscimento  e  memoria  —  Relazione 
e  comparazione  —  Sintesi  e  analisi  —  Rappresen- 
tazione totale  —  Attività  fantastica  e  intellettiva  — 
Categorie  logiche  —  Giudizio,  proposizione,  concetto, 
parola  —  Genesi  della  parola  nella  frase  —  Concetti 
generali  —  Importanza  della  parola  per  il  pensiero. 


n. 


Cenni  di  psicologia. 


Conformemente  al  duplice  contenuto  dell'espe- 
rienza diretta,  quello  oggettivo  e  quello  sogget- 
tivo, due  sono  gli  elementi  ultimi,  irriducibili, 
nei  quali  la  psicologia  riesce  a  scomporre  la 
realtà  considerata  soggettivamente  :  la  sensazione 
e  il  sentimento,  così  ad  es.  il  "  nero  „  è  una  sen- 
sazione; la  "  tristezza  „  che  esso  suscita  in  me, 
un  sentimento. 

Non  dimentichiamo  però  che,  data  la  com- 
plessità dei  fenomeni  psichici,  questi  elementi 
non  si  presentano  mai  isolati,  che  cioè,  non  ab- 
biamo mai  una  sensazione  non  collegata  a  molte 
altre  e  pura  da  sentimenti,  un  sentimento  scom- 
pagnato da  altri  sentimenti  o  da  sensazioni.  Così, 
guardando  la  lavagna  posso  dire  che  ho  la  sen- 
sazione di  "  nero  „,  ma  realmente  ho  una  infinità 
di    sensazioni    nere  ;    ciò    che    riescirà  evidente 


14  PSICOLOGIA    DELLA   LINGUA 

pensando  che  se  rompo  la  lavagna  in  metà,  e 
poi  in  quarti  e  via  via  in  parti  sempre  più  pic- 
cole avrò  ancora  delle  sensazioni  nere  fino  che 
la  particella  di  lavagna  sarà  diventata  così  pic- 
cola da  non  esser  più  visibile  affatto;  quando 
sarà  così  piccina  da  non  poter  esser  diminuita 
senza  scomparire,  avrò  una  sensazione  sola;  così 
si  ottengono  nei  laboratori  di  psicologia  speri- 
mentale sensazioni  visive,  isolate,  gettando  sulla 
retina  un  raggio  rosso  che  non  possa  colpire  che 
uno  dei  bastoncini  della  retina,  ma  anche  in  tal 
caso,  e  se  pure  l'anatomia  dell'  occhio  e  le  re- 
lative teorie  fisiologiche  non  ci  ingannano,  avrò 
veramente  una  sola  sensazione  visiva  ;  ma  quante 
altre  d'altra  natura  non  si  complicano  in  pari 
tempo  con  essa?  Tattili  di  pressione,  muscolari 
e  di  temperatura  dei  nostri  abiti,  dell'aria,  del 
modo  con  cui  sediamo,  e  ricordi  di  sensazioni 
precedenti,  e  sentimenti  di  attenzione,  di  cu- 
riosità, ond'è  che  nemmeno  in  quel  caso  otteniamo 
una  sensazione  pura  e  sola. 

Ripeto  adunque  che  nessun  elemento  psichico 
si  presenta  realmente  mai  isolato.  Nondimeno 
ci  fu  possibile  scindere  sensazioni  da  sensazioni 
e  da  sentimenti,  perchè  questi  elementi  si  com- 
binano in  tanti  e  così  vari  modi  che  compa- 
rendo ciascuno  di  essi  infinite  volte ,  e  ogni 
volta  con  elementi  diversi,  potè  venir  astratto 
dagli  altri  e  considerato  a  sé.  Così  ad  es.  se 
queir  unica  sensazione  di  rosso  resterà  costante, 
mentre  muta  la  temperatura  dell'ambiente  e  io 
cambio  di  posizione  e  l'attenzione  diventa  noia, 


II    -    CEXXI    DI    PSICOLOGIA  15 

ecco  che  essa  sensazione,  pur  non  presentandosi 
mai  sola,  si  distacca  come  indipendente  da  tutti 
gli  altri  fenomeni  concomitanti,  si  determina 
come  unità,  come  elemento  psichico. 

Tanto  le  sensazioni  che  i  sentimenti  possono 
essere  di  diversa  qualità  e  di  diversa  ititensità; 
ma  mentre  quest'ultima,  l'intensità,  tanto  delle 
sensazioni  che  dei  sentimenti,  varia  in  due  sole 
direzioni,  come  su  una  linea  retta  i  cui  estremi 
segnano  un  massimo  e  un  minimo  d'intensità,  le 
lualità  loro  sono  innumerevoli  ;  mentre  cioè  una 
sensazione  luminosa,  ad  esempio,  può  essere,  per 
la  qualità,  bianca,  rossa,  nera,  azzurra,  ecc.  e  i 
sentimenti  che  esse  destano  esser  calma,  ecci- 
tazione, tristezza,  soavità,  ecc.,  l'intensità  di 
ognuna  di  quelle  sensazioni  e  di  quei  sentimenti 
non  può  variare  che  tra  forte  e  debole. 

Siccome  però  molte  qualità  presentano  una 
certa  uniformità,  permettono  cioè  di  passare  per 
piccole  differenze  dall'una  all'altra,  se  ne  costi- 
tuiscono dei  gruppi,  che  si  chiamano  sistemi  di 
[ualità.  Tali  sarebbero  :  sensazioni  auditive,  di 
olfatto  e  di  gusto,  tattili,  luminose. 

Notiamo  che  mentre  non  è  possibile  passare 
da  un  sistema  di  sensazioni  ad  un  altro,  cioè 
che  non  vi  è  nessuna  affinità  fra  la  sensazione 
nero  e  ad  es.  la  sensazione  di  un  suono  basso, 
i  sentimenti  che  le  accompagnano  possono  essere 
gli  stessi  e  così  uniti  fra  loro,  che  la  lingua 
parla  persino  di  colori  stridenti,  di  voci  alte  e 
basse,  argentitie,  bianche,  ecc. 

Differiscono  inoltre  i  sentimenti   dalle  sensa- 


16  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

zioni  per  i  processi  fisiologici  che  le  accom- 
pagnano. 

Il  sorgere  delle  sensazioni  è  legato  a  processi 
che  chiamiamo  stimoli;  fisici  se  appartenenti  al 
mondo  esterno,  fisiologici  se  al  nostro  corpo; 
questi  ultimi  distinguiamo  ancora  in  centrali  o 
periferici  a  seconda  che  avvengono  nel  cervello 
o  in  altri  organi. 

Spesso  in  una  sensazione  rileviamo  tutti  e  tre 
questi  stimoli:  ad  es.  una  vibrazione  luminosa 
(stimolo  fisico)  eccita  l'occhio  e  il  nervo  visivo 
(stimolo  fisiologico  periferico)  e  le  terminazioni 
del  nervo  ottico  nel  cervello  (stimolo  fisiologico 
centrale);  ma  può  mancare  il  fisico,  se,  per  es., 
movendo  rapidamente  l'occhio  all'oscuro,  perce- 
piamo uno  sprazzo  luminoso  ;  o  anche  il  fisiologico 
periferico,  se  ci  ricordiamo  di  un'  impressione 
luminosa  ;  in  ogni  modo  questa  sarà  sempre  do- 
vuta sussi  stere  precedentemente  e  possiamo 
dunque  dire  che  le  sensazioni  dipendono  da 
azioni  esterne. 

Non  così  i  sentimenti.  Per  la  loro  natura  sog- 
gettiva essi  appaiono  anziché  effetti,  cause  di 
azioni  esterne;  queste  consistono  in  movimenti 
dei  muscoli  esterni,  movimenti  respiratori  e  car- 
diaci, contrazioni  e  dilatazioni  dei  vasi  sanguigni, 
dilatazioni  e  restringimenti  della  pupilla  e  simili. 

Di  tutti  questi  fenomeni  fisici  concomitanti  dei 
sentimenti,  quelli  che  furono  finora  più  comple- 
tamente studiati  sono  quelli  cardiaci,  dei  quali 
ci  dà  facilmente  contezza  il  polso  osservato  in 
qualche  arteria  periferica,  e  dai  quali  risultò  una 


II 


CENNI    DI    PSICOLOGIA 


17 


curiosa  corrispondenza  fra  il  fenomeno  conside- 
rato soggettivamente  e  oggettivamente  e  cioè  fra 
il  sentimento  e  i  suoi  processi  fisiologici,  giacché 
i  sentimenti  che  per  noi  sono  contrari,  e  come 
tali  designamo  eccitazione  e  calma,  tensione  e  sol- 
lievo, piacere  e  dispiacere,  presentano  anche  op- 
posti fenomeni  fisiologici;  così,  al  pulsar  forte 
dell'eccitazione,  si  contrappone  il  debole  della 
calma,  al  debole  e  lento  della  tensione,  il  forte 
e  accelerato  del  sollievo,  al  forte  e  lento  del  pia- 
cere, il  debole  e  accelerato  del  dispiacere,  come 
da  questi  diagrammi  tipici: 


Eccitazione. 


Depressione. 


Ra VIZZA,  Psicologia  deOa  Lingua. 


18  PSICOLOGIA   DELLA   LINGUA 


Tensione. 


Sollievo. 


,1\JX 


Piacere. 


'^^'^'WWAArwW^ 


Dispiacere. 


II    -    CENXI    DI    PSICOLOGIA  19 

Alle  sensazioni  e  ai  sentimenti,  a  questi  elementi 
ultimi,  indivisibili,  dell'anima  umana,  come  a 
quelli  che,  già  lo  dicemmo,  non  si  presentano  a 
noi  isolatamente,  il  psicologo  è  giunto  appena 
da  qualche  anno  armato  di  metodi  e  strumenti 
perfezionatissimi;  noi  ora,  rifaceado  lo  stesso 
cammino  in  senso  inverso,  dobbiamo  con  questi 
elementi  ricostruire  di  mano  in  mano  processi 
sempre  maggiori,  quelli  appunto  dai  quali  invece 
il  psicologo  è  partito  nella  sua  analisi,  come  da 
quelli  che  primi  e  evidenti  si  presentano  nella 
realtà  d'ognuno. 

I  primi  complessi  psichici  che  risultano  dalla 
combinazione  degli  elementi  studiati,  sono  le 
formazioni  psichiche,  sotto  il  quale  nome  inten- 
diamo qualunque  complesso  di  elementi  psichici, 
che  si  staccano  da  tutti  gli  altri,  come  piìi  in- 
timamente uniti  fra  loro  a  formare  un'unità; 
cosi  ad  esempio  fra  tutte  le  infinite  sensazioni 
visive  ch'io  ricevo  in  questo  istante,  tutte  quelle 
che  costituiscono  il  tavolo  che  mi  sta  davanti, 
formano  un  complesso  a  se;  così  quelle  che  costi- 
tuiscono quel  banco,  quella  lampada,  ogni  mia 
parola,  ecc. 

Questi  complessi  psichici  poi  si  dicono  rap- 
presentazioni, se  sono  costituite  sopratutto  di  sen- 
sazioni, così  :  il  tavolo,  il  banco  ;  e  moti  del- 
l'animo se  vi  predominano  i  sentimenti,  così:  la 
noia,  il  desiderio  d'uscire  che  provo  ora. 

Come  già  si  vede  da  questi  esempi,  le  rappre- 
sentazioni, pur  non  essendo  costituite  che  da 
sensazioni  di  una  delle  cinque  specie   ricordate. 


20  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

hanno  proprietà  che  non  sono  contenute  in  queste  ; 
così,  se  una  sensazione  tattile  sola,  che  interessi 
dunque  una  sola  papilla,  mi  dà  la  sensazione  di 
acuto,  moltissime  assieme  che  interessano  tutte 
le  papille  di  una  parte  della  mia  pelle  mi  danno 
la  superficie,  lo  spazio;  un  succedersi  di  sensa- 
zioni uditive,  mi  dà  il  tempo  ;  e  queste  rappre- 
sentazioni non  sono  vincolate  a  ogni  singola 
sensazione  luminosa  e  uditiva,  ma  dipendono 
soltanto  dalla  relazione  in  cui  le  infinite  sen- 
sazioni si  trovano  fra  di  loro. 

E  giova  ancora  notare  che,  mentre  scompo- 
nendo una  rappresentazione  noi  arriviamo  sempre 
a  sensazioni  che  appartengono  a  una  di  quelle 
classi  in  cui  le  abbiamo  divise:  di  tatto  (o  del 
senso  generale),  di  suono,  di  olfatto  e  gusto,  e 
di  luce,  i  sentimenti  che  le  accompagnano  non 
risultano  sempre  composti  da  tutti  i  sentimenti 
che  accompagnano  le  singole  sensazioni,  ma  pos- 
sono essere  nuovi  sentimenti  semplici  che  sorgono 
solo  colla  rappresentazione. 

Così,  se  sento  una  rappresentazione  sonora,  per 
esempio  l'accordo  do  mi,  distinguo  benissimo  in 
esso  le  due  sensazioni  do  e  mi,  ma  il  sentimento 
dell'armonia,  non  è  legato  a  nessuna  di  quelle 
due  sensazioni  prese  isolatamente;  è  un  senti- 
mento nuovo,  indecomponibile,  che  accompagna 
solamente  la  rappresentazione.  Ond'è  che  la  realtà 
più  varia,  più  ricca,  più  nuova,  più  sconosciuta,  è 
sempre  questa  soggettiva,  questa  che  nasce  e  vive 
in  noi. 

Siccome  le    rappresentazioni  presentano  delle 


II    -    CENNI    DI    PSICOLOGIA  21 

proprietà  che  non  erano  già  inerenti  a  nessuno 
dei  loro  elementi  e  che  sorgono  soltanto  dalle 
relazioni  in  cui  questi  vengono  a  trovarsi  fra  di 
loro,  è  appunto  in  base  a  queste  relazioni  fra  i 
loro  elementi   che  esse   vengono    classificate. 

E  vediamo  che  in  alcune  rappresentazioni  le 
sensazioni  che  le  compongono  sono  tutte  indiffe- 
rentemente legate  fra  loro;  così  in  un  accordo: 
es.  re,  fa,  la,  non  riusciamo  a  concepire  una  va- 
riazione dipendente  dalla  disposizione  dei  singoli 
suoni  {la  fa  re,  la  re  fa)  appunto  perchè  non  sono 
orientate  in  nessun  modo. 

Ma  di  altre  rappresentazioni  gli  elementi  sono 
orientati  fra  di  loro  in  un  modo  determinato 
che  non  posso  immaginare  permutato  senza 
che  la  rappresentazione  totale  muti.  Questo  è 
il  carattere  delle  rappresentazioni  di  spazio.  Se 
io  disegno  un  triangolo,  ognuna  delle  sensazioni 
visive  che  lo  compongono  non  può  cambiar  di 
posto  rispetto  alle  altre,  se  la  figura  deve  re- 
stare un  triangolo  ;  le  posso  però,  mantenute  le 
loro  relazioni  reciproche,  spostare  e  rivoltare  a 
piacimento  rispetto  a  me. 

Ma  neppur  questo  posso  fare  con  una  terza 
classe  di  rappresentazioni,  quelle  di  tempo,  le  cui 
parti  sono  dunque  orientate  e  fra  loro  e  rispetto 
al  soggetto  ;  di  fatti,  mentre  io  posso  imagi- 
narmi  quel  triangolo,  dietro,  sopra,  davanti  di 
me,  senza  che  esso  cessi  d'essere  un  triangolo 
e  quel  triangolo,  non  posso  immaginarmi  d'esser 
uscito  di  qui  prima  d'esservi  entrato,  l'ieri  prima 
dell'oggi,  e  così  via. 


22  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

In  base  ai  caratteri  summenzionati  possiamo 
teoricamente  classificare  le  rappresentazioni;  dob- 
biamo però  ricordare  che  vale  per  esse  quanto 
abbiamo  detto  sulla  necessaria  coesistenza  degli 
elementi  psichici,  e  che  dunque,  ad  esempio,  una 
rappresentazione  di  spazio  senza  una  di  tempo 
0  viceversa  non  sono  possibili;  io  vedo  questo 
tavolo,  ma  evidentemente  lo  vedo  per  un  dato 
tempo,  e  in  un  dato  tempo,  e  cosi  la  rappre- 
sentazione temporale  risultante  da  due  suoni 
successivi,  localizzerò  pure  alla  mia  destra,  alla 
mia  sinistra,  in  somma  in  una  parte  qualsivoglia 
dello  spazio. 

Se  è  difficile  che  occorra  una  rappresentazione 
isolata  da  sensazioni  estranee  e  da  sentimenti, 
è  impossìbile  che  occorrano  moti  dell'  animo 
liberi  da  rappresentazioni  e  li  classifichiamo 
appunto  in  base  alla  loro  relazione  colla  rap- 
presentazione, dalla  quale  non  vanno  mai  dis- 
giunti :  quella  di  tempo  ;  chiamiamo  cioè  compo- 
sizione intensiva  quel  sentimento  che  non  varia  nel 
tempo,  che  dunque  in  tutto  il  suo  decorso  è  eguale 
a  se  stesso  al  momento  in  cui  sorse  ;  così  il  sen- 
timento d'armonia  che  nasce  all'udir  un  accordo 
0  il  sentimento  ritmico  che  accompagna  il  suc- 
cedersi regolare  di  suoni  eguali  e  si  mantiene 
eguale  per  tutto  il  tempo,  in  tutta  la  sua  du- 
rata. Chiamiamo  invece  composizione  estensiva,  si 
intende  nel  tempo,  l'emozione,  cioè  una  sequela 
di  sentimenti  svolgentisi  successivamente  ma  pur 
formanti  un  decorso  connesso,  come  sarebbe  ad 
esempio  un  accesso  d'ira. 


II    -    CEXXI    DI    PSICOLOGIA  23 

Sono  appunto  le  emozioni  che  di  tutte  le  for- 
mazioni maggiormente  ci  interessano,  e  sopra- 
tutto per  i  fenomeni  fisici  concomitanti.  Questi 
in  parte  non  sono,  naturalmente,  che  complica- 
zioni di  quelli  che  vedemmo  accompagnare  i 
sentimenti  semplici,  variazioni,  cioè,  del  polso 
e  della  respirazione;  ma  a  questi  s'aggiungono 
non  solo,  nelle  emozioni  più  forti,  diffuse  alte- 
razioni d'innervazione,  come  tremito  muscolare, 
moti  convulsivi  del  diaframma ,  abbassamento 
della  tonicità  muscolare  quasi  per  paralisi,  ma 
anche,  comunissimi  e  caratteristici  a  tutte  le  emo- 
zioni, movimenti  degli  organi  esterni,  della  bocca, 
delle  braccia  e  di  tutto  il  corpo;  cioè,  movimenti 
mimici  e  pantomimici. 

A  causa  del  loro  valore  sintomatico  tutti  questi 
movimenti  sono  chiamati  movimenti  espressivi,  e 
possono  esser  distinti  in  tre  classi: 

I.  Sintomi  dell'intensità  sentimentale  dell'e- 
mozione, i  quali  consistono,  se  questa  è  piuttosto 
forte,  in  un'esagerazione,  e  se  è  fortissima  in 
una  paralizzazione  subitanea  dei  movimenti  abi- 
tuali ,  qualunque  sia  la  qualità  dei  sentimenti 
che  formano  il  contenuto  dell'emozione  ;  vediamo 
infatti  persone  cadere  tanto  per  gioia  che  per 
dolore  eccessivo. 

II.  Manifestazioni  della  qualità  sentimentale 
dell'emozione.  Fra  queste  hanno  importanza  fon- 
damentale le  contrazioni  mimiche  della  bocca, 
e,  per  connessione  muscolare,  dei  muscoli  del 
naso  e  delle  guance,  per  effetto  di  sensazioni 
dolci,  acide  o  amare ,  poiché   fanno  parte  del- 


24  PSICOLOGIA    DELLA   LINGUA 

l'espressione  di  tutti  i  sentimenti  piacevoli  o 
spiacevoli.  Siano  questi  dunque  anche  i  più  no- 
bili e  complessi ,  le  loro  manifestazioni  sono 
legate  a  quei  movimenti  coi  quali  cerchiamo 
di  avvicinare  le  parti  più  sensibili  della  nostra 
bocca  a  un  boccone  prelibato,  o  di  allontanarle 
da  uno  disgustoso. 

III.  Manifestazioni  del  contenuto  rappresenta- 
tivo delle  emozioni,  che  consistono  generalmente 
in  movimenti  pantomimici  coi  quali  o  indichiamo 
(e  originariamente  forse  afferravamo)  gli  oggetti 
{gesti  indicanti)  o  li  descriviamo  imitandone  la 
forma  coi  movimenti  nostri  {gesti  descrittivi). 

Tre  specie  di  manifestazioni  e  movimenti  che 
generalmente  non  andranno  scompagnate  fra 
loro,  giacché  corrispondono  ai  due  elementi  che 
non  vanno  mai  disgiunti  in  nessun  processo  psi- 
chico, il  sentimentale  e  il  sensazionale,  e  alla 
loro  intensità. 

Interessante  è  poi  di  osservare  come  questi  sin- 
tomi, queste  manifestazioni,  alla  lor  volta  man- 
tengano e  rinforzino  l'emozione;  così,  ad  esempio, 
l'incollerito  collo  stringere  dei  pugni,  col  serrare^ 
dei  denti,  rinforza  la  collera   che   lo  agita;  re- 
troazione del  movimento   muscolare  di  cui  pos- 
siamo esperimentare  artificialmente  l'effetto,  os- 
servando come  ci  riesca  difficile  imaginarci   ui 
sapore  dolce,  se  atteggiamo  la  bocca  all'espresi 
sione   di  amaro,   e   che   si  spiega  dalla  strettì 
associazione  nella  quale   quei  movimenti  si  tro- 
vano   colle    sensazioni  e  coi    sentimenti  che   di/ 
solito  li  accompagnano. 


II    -    CENNI   DI   PSICOLOGIA  25 

Dico,  e  ho  detto  sempre  nella  mia  trattazione, 
che  i  sintomi  fisiologici  accompagnano  i  fenomeni 
psichici,  evitando  a  bello  studio  qualunque  espres- 
sione che  potesse  far  supporre  che  questi  feno- 
meni fisiologici  siano  causa  o  effetto,  precedano 
0  seguano  il  fatto  psichico,  poiché  tutte  queste 
che  noi  chiamiamo:  "manifestazioni,  espressioni, 
sintomi  ,,  e  che  tali  in  fatti  sono  per  noi,  giacche 
solamente  da  essi  possiamo  indovinare  il  pro- 
cesso psichico  che  si  svolge  in  altri  e  la  sua 
natura,  non  sono  in  realtà  ne  causa  ne  effetto 
di  esso  processo,  ma  ne  sono  semplicemente  un 
aspetto,  sono  il  processo  stesso,  il  quale,  per  il 
soggetto  sarà:  piacere,  dolore,  collera,  ecc.;  per 
l'osservatore  invece  :  gesto,  espressione  del  viso, 
movimento  cardiaco  o  respiratorio. 

Noi,  abituati  per  necessità  a  risalire  da  essi 
al  fenomeno  psichico,  siamo  generalmente  in- 
dotti a  veder  in  questo  la  causa,  in  quelli  gli 
effetti,  a  supporre  questo  necessariamente  ante- 
cedente a  quelli;  per  contro  qualche  psicologo, 
dimentico  che  alle  scienze  naturali  (e  quindi  alla 
fisiologia)  e  alla  psicologia  si  presenta,  come 
mostrammo  pili  addietro,  in  modo  diverso  la 
stessa  realtà,  potè  vedere  nel  fenomeno  psichico 
l'effetto  di  quello  fisiologico;  ma  nessun  dato  di 
esperienza  scientifica  ci  autorizza  a  questa  sup- 
posizione, e  dobbiamo  quindi  ritenerli  i  due 
aspetti  di  un  unico,  indivisibile,  processo  psico- 
fìsico. 

Risultato  questo  della  massima  importanza 
pel  nostro  studio,   giacche   appunto  i  fenomeni 

Ra VIZZA,  Psicologia  deOa  Lingua.  4 


26  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

di  innervazione  e  circolazione  considerati,  qualora 
interessino  gli  organi  respiratori,  speciali  plessi 
muscolari  e  la  laringe,  danno  luogo  a  suoni,  al 
linguaggio. 

Fisiologicamente  considerato  il  suono  vocale  in- 
fatti non  è  che  un  movimento  espressivo  dell'ap- 
parato muscoloso  della  laringe  e  dei  muscoli 
respiratori,  i  quali,  spingendo  l'aria  sulle  corde 
vocali  le  fanno  vibrare.  Le  speciali  contrazioni 
muscolari  poi  che  danno  al  suono  così  prodotto 
quelle  qualità  di  risonanza,  di  timbro,  ecc.,  che 
lo  rendono  suono  articolato,  si  distinguono  dagli 
altri  movimenti  mimici  solamente  perchè,  oltre 
ai  muscoli  esterni,  interessano  quelli  delle  cavità 
orali  e  della  gola,  principalmente  quel  muscolo  così 
mirabile  per  sensibilità  e  mobilità  che  è  la  lingua, 
della  quale  sembra  già  proclamare  l'importanza 
pel  linguaggio  il  duplice  significato  che  ha  spesso 
il  suo  nome;  così  p.  es.  l'italiano  "  lingua  „,  il 
greco  f\waaa. 

Tale  essendo,  per  la  fisiologia,  il  linguaggio,  la 
fisiologia  del  linguaggio  avrà  per  solo  compito 
lo  studio  della  complicata  meccanica  di  quei 
muscoli  nella  produzione  dei  diversi  suoni  ;  ma  a 
noi  interessano  invece  i  processi  psichici  conco- 
mitanti; di  essi  abbiamo  visti  finora  i  più  sem- 
plici; continuiamo  dunque  pazientemente  a  salire 
verso  i  pili  complicati,  fra  i  quali  sono  anche  i 
piìi  direttamente  importanti  per  il  nostro  tema. 

Abbiamo  mostrato  in  che  consista  un'emozione; 
or  bene  un'emozione  che  finisce  in  un  improv- 
viso mutamento  del  suo  contenuto  rappresenta- 


CEXXI   DI    PSICOLOGIA  27 


tivo  e  sentimentale  è  un  processo  volitivo  e  quel- 
l'ultima parte  del  processo  volitivo,  l'improvviso 
mutamento  del  suo  contenuto,  si  chiama  atto  vo- 
litivo ;  esso  è  generalmente  anche  esterno,  ma  può 
essere  anche  solo  interno,  puramente  psichico. 
Così  ad  es.  :  desidero  un  frutto  (rappresentazione 
del  frutto  colla  relativa  emozione),  lo  prendo  o 
vi  rinuncio:  ecco  i  due  atti  volitivi,  il  primo 
esterno,  il  secondo  interno,  che  pongono  fine  alla 
mia  emozione  (desiderio  di  quella  mela). 

Nell'emozione  che  si  risolve  in  un  atto  voli- 
tivo, i  singoli  sentimenti  e  le  rappresentazioni 
che  la  costituiscono  non  hanno  mai  un  valore 
concorde  ed  eguale,  ma  alcuni  di  essi  si  levano 
sugli  altri  come  preponderanti  nella  preparazione 
dell'atto  volitivo:  li  chiamiamo  motivi;  così  ad 
esempio  può  darsi  che  io  abbia  presa  quella  mela 
per  fame. 

In  questo  caso  il  motivo  è  uno  solo  e  il  pro- 
cesso di  volere  si  dice  semplice  e  l'atto  volitivo 
che  lo  termina  azione  impulsiva;  ma  può  darsi 
che  l'emozione  che  termina  col  prendere  la  mela 
consti  di  fame,  del  profumo  della  mela,  dell'in- 
^'ito  del  proprietario  dell'albero,  ecc.,  e  avrò 
allora  un  processo  volitivo  composto,  e  l'atto  che 
vi  pone  termine  è  un  atto  volontario.  Questo  pro- 
cesso e  questo  atto  si  chiama  poi  di  scelta  se 
fra  i  motivi  alcuni  agiscono  in  senso  opposto 
agli  altri  e  vi  fu  dunque  fra  essi  una  lotta;  così 
nel  caso  preso  come  esempio,  se  all'invito  della 
fame,  dell'odore  e  del  colore  della  mela,  si  op- 
ponesse la  proibizione  del  proprietario. 


28  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

I  processi  di  volere  composti  e  i  relativi  atti 
di  scelta  volontari  possono  poi,  per  un  processo 
regressivo,  diventare  processi  semplici  e  atti  im- 
pulsivi, e  ciò  avviene  quando  lo  stesso  atto  vo- 
litivo composto  si  ripeta  più  volte;  in  tal  caso 
la  lotta  dei  motivi  si  fa  sempre  piti  debole  e 
resta  solo  quello  predominante;  ma  anche  questo 
poi  diventa  sempre  più  inavvertito  e  l'atto  di- 
venta addirittura  automatico;  infine  si  compie 
senza  che  il  soggetto  neppure  se  ne  accorga, 
esce  dal  campo  della  psicologia  per  entrare  in 
quello  della  fisiologia  come  atto  riflesso. 

Così  uno  che  impari  scherma,  ad  una  botta 
dell'avversario  indugerà  colla  parata,  indeciso 
fra  parecchi  movimenti,  e  la  sua  parata  sarà, 
quando  infine  arriverà ,  un  atto  volontario  di 
scelta;  poi  quella  botta  dell'avversario  richia- 
merà in  lui  solo  il  desiderio  di  quella  parata  e 
di  quella  sola,  che  egli  appunto  eseguirà  {atto 
impulsivo)  ;  poi  alla  botta  dell'avversario  seguirà 
subito  la  sua  parata  senza  ch'egli  neppure  av- 
verta il  desiderio  di  compierla  {atto  automatico)  ; 
spesso  infine  senza  che  egli  neppure  s'accorga 
di  compierla  {atto  riflesso). 

Questo  carattere,  d'esser  cioè  atti  volontari 
divenuti  meccanici,  che  è  provato  e  dalla  evo- 
luzione che  subiscono  continuamente  molti  dei 
nostri  atti  volontari,  e  dal  fatto  che  molti  di 
essi  si  presentano  innati  già  rispondenti  al  loro 
scopo  (poiché  quell'evoluzione  può  compiersi  an- 
ziché nella  vita  di  un  individuo  in  quella  di  molte 
generazioni),  differenzia  gli  atti  riflessi  dai  mo- 
vimenti espressivi,  e  quindi  dal  linguaggio. 


II    -    CEyXI    DI    PSICOLOGIA  29 

Anche  le  singole  formazioni  psichiche,  sia  con- 
temporanee che  successive,  sono  generalmente 
unite  fra  loro.  Questa  connessione  delle  forma- 
zioni psichiche  dicesi  coscienza,  la  quale  dunque 
è  la  combinazione  generale  dei  processi  psichici 
nella  quale  spiccano  le  singole  formazioni  come 
composizioni  più  intime. 

Di  queste  composizioni  collegate  fra  loro,  al- 
cune sono  più  chiare  e  distinte  delle  altre  :  così 
di  una  successione  regolare  di  battute  quella  che 
sento  in  questo  momento  è  più  chiara  nella  mia 
coscienza  di  quella  che  ho  appena  udito  e  questa 
più  di  quella  che  ho  udito  prima  e  questa  più 
della  precedente  che  già  sarà  divenuta  inco- 
sciente ;  di  molti  oggetti  che  vedo  quello  che 
guardo  è  il  più  chiaro.  Chiamiamo  attenzione  lo 
stato  nel  quale  un  contenuto  psichico  ci  è  più 
chiaro,  cioè  viene  appercepito,  e  appercezione  il 
processo  per  cui  un  complesso  psichico  diventa 
più  chiaro,  mentre  percezione  diciamo  lo  stato 
della  coscienza  scevro  d'attenzione. 

Insomma,  immaginando  la  nostra  coscienza 
come  un  disco  luminosissimo  al  centro,  sempre 
meno  luminoso  verso  la  periferia,  e  circondato 
dall'oscurità,  un'imagine  che  è  al  centro  vien 
'1  ppercepita  ;  se  è  nel  disco  è  percepita  più  o 
uieno  chiaramente;  se  esce  dal  disco  diventa  in- 
cosciente e  psicologicamente  non  esiste  più  ;  sic- 
come però  vediamo  continuamente  dei  complessi 
psichici  divenuti  incoscienti  riapparire  nella  co- 
scienza, dobbiamo  ritenere  che  rimasero  serbati 
in  processi  fisiologici  cerebrali  come  disposizioni 
al  riprodursi  di  complessi  eguali. 


30  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

Ora  può  darsi  che  un  complesso  psichico  (per 
tacere  di  quando  vien  solo  percepito  e  non  ap- 
percepito,  cioè  entra  nel  disco  e  ne  esce  senza 
esser  arrivato  fino  al  centro  luminoso)  entri  in 
due  modi  diversi  nel  campo  dell'attenzione  :  può 
darsi  cioè  che  vi  entri  improvvisamente  o  che  vi 
entri  invece  lentamente. 

Imaginiamoci  ancora  il  nostro  disco  luminoso. 
Ecco  a  un  tratto  là  al  centro,  nel  punto  della 
massima  chiarezza,  una  rappresentazione  coi  suoi 
sentimenti,  ci  par  allora  capitata  là,  nostro  mal- 
grado, 0  almeno  senza  nostra  volontà,  e  chia- 
miamo questo  processo  appercezione  passiva. 

Ma  altre  volte  toccano  prima  il  centro  lumi- 
noso i  sentimenti  che  accompagnano  le  rappre- 
sentazioni, mentre  queste  spuntano  appena  dal- 
l'oscurità, che  circonda  il  disco;  abbiamo  allora 
una  di  quelle  speciali  disposizioni  d'animo  di 
tensione  e  d'attesa  delle  quali  non  sappiamo  ren- 
derci ragione,  alla  quale  succede  un  senso  di 
soddisfazione  appena  anche  la  parte  rappresen- 
tativa è  giunta  nel  campo  dell'attenzione  e  vien 
appercepita;  questo  processo  chiamiamo,  in  op- 
posizione al  precedente,  appercezione  attiva. 

Conosciamo  gli  elementi  psichici:  sensazioni] 
sentimenti;  conosciamo  i  loro  primi  raggruppai 
menti  in  formazioni  psichiche  (siano  rappresene 
tazioni  che  moti  d'animo);  ma  giacche  questa 
ancora  sono  collegate  fra  loro  a  formare  la  co^ 
scienza,  dobbiamo  ora  studiare  la  natura  di  quest 
collegamenti. 

Essi  possono  presentarsi  in  uno  stato  d'atten- 


II    -    CEXXI    DI    PSICOLOGIA  31 

zione  passiva  e  li  chiamiamo  allora  associazioni, 
o  in  uno  stato  di  attenzione  attiva  e  li  chiamiamo 
combinazioni  appercettive. 

Cominciamo  a  studiare  le  associazioni.  Esse 
potranno  avvenire  fra  complessi  psichici  che  sono 
contemporaneamente  nella  coscienza  e  fra  com- 
plessi che  non  sono  contemporaneamente  nella 
coscienza;  chiamiamo  le  prime  associazioni  simul- 
tanee, le  seconde  successive. 

Sento  una  parola  e  la  capisco;  evidentemente  \ 
colla  nuova  impressione  si  sono  presentate  tutte  \ 
quelle  che  precedentemente    avevo  avuto    della/ 
stessa    parola.  Guardo   e  tocco   contemporanea-j 
mente  una  pallottola  ;  questa  risulta  per  me  ap- 
punto dall' imagine  visiva  e  tattile  simultanea- 
mente. Le  associazioni  simultanee  fra  formazioni 
omogenee  come  nel  primo  caso  (nel  quale  tutte 
e  due  le  rappresentazioni  che  si  fondevano  erano 
uditive),  si  dicono  assimilazioni;  quelle  fra  forma- 
zioni eterogenee  come  nel  secondo  caso  (fra  un'i- 
magine  visiva  e  una  tattile),  si  dicono  complica- 
zioni. 

Ed  ora  due  esempi  di  associazioni  successive. 
Rivedo  dopo  molti  anni  un  vecchio  amico  e 
lo  riconosco.  Rivedo  un  suo  manoscritto  e  mi 
ricordo  di  lui.  Nel  primo  ho  un  processo  di  ri- 
conoscimento; nel  secondo  di  memoria:  vediamo 
come  differiscano  fra  loro  e  dalle  associazioni 
simultanee.  Nel  riconoscimento  vi  sono  tanti  ele- 
menti diversi  fra  la  nuova  rappresentazione  e 
la  vecchia,  che  non  permettono  quella  rapida  fu- 
sione delle  due  formazioni  che  accadeva  invece 


32  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

nelle  simultanee,  e  questi  elementi  diversi  restana 
esclusi  dalla  fusione,  dando  luogo  al  sentimento 
speciale  di  contezza  o  di  riconoscimento. 

Nel  secondo  questi  elementi  diversi  sono  an- 
cora pili  numerosi,  tanto  che  costituiscono  una 
imagine  a  se  "  l'amico  „  ben  distinta  dalla  rap- 
presentazione presente  "  il  manoscritto  „  rife- 
rita direttamente  a  un'impressione  antecedente 
ed  accompagnata  dal  sentimento  speciale  di 
ricordanza',  entrambi  non  differiscono  dunque 
essenzialmente  dalle  due  forme  d' associazione 
simultanea;  se  non  che  il  processo  che  là  si 
presenta  in  un  atto  unico  indivisibile  nel  tempo, 
qui  soffre  un  ritardo,  per  il  quale  si  separa  in 
due  'atti:  il  primo  costituito  dal  sorgere  degli 
elementi  riproducenti ,  il  secondo  dal  sorgere 
dei  riprodotti;  i  primi  sembran  predominare  nel 
riconoscimento,  i  secondi  nel  ricordo;  quello  si 
può  quindi  concepire  come  un  assorbimento  del 
passato  nel  presente,  nel  reale;  questo  invece 
del  presente,  del  reale,  nel  passato. 

Perchè    compientisi  piìi  lentamente,  e  quindi 
più  facilmente  constatabili,  le  associazioni  suc- 
cessive  furono    scoperte    per  le  prime,  e  som 
ancora  per  qualche  psicologo  le  uniche  forme  dfl 
associazione;  ma  noi  sappiamo  ora,  forti  dei  dati] 
dell'esperimento,  che  il  processo  resta  essenzial- 
mente lo  stesso  nella  fusione   degli  elementi  ini 
rappresentazioni  e  moti  dell'animo,   nelle  asso- 
ciazioni simultanee  e  nelle  successive,  e  che, 
conseguenza,  anche  queste  risultano  dalle  assoi 
ciazioni  fra  elementi,  non  sono  dunque  quasi  anelli 


p 


» 


II    -    CEKXI    DI    PSICOLOGIA  33 

che  uniscano  due  idee  diverse,  ma  bensì  l'appar- 
tenenza di  elementi  a  diverse  combinazioni,  siano 
queste  rappresentazioni,  o  moti  d'animo;  ele- 
menti e  combinazioni  e  associazioni  che,  tenia- 
molo sempre  presente,  son  tutti  fenomeni,  pro- 
cessi, non  cose. 

Le  combinazioni  di  formazioni  psichiche  che 
si  formano  nello  stato  d'attenzione  attiva,  per 
un  atto  dunque  di  volontà,  a  differenza  delle  as- 
sociazioni che  si  formano  nello  stato  d'attenzione 
passiva,  abbiamo  chiamate  combinazioni  apper- 
cettive. 

Con  queste  noi  tocchiamo  le  piti  alte  funzioni 
psichiche,  giacche  vi  appartengono  quelle  di  re- 
lazione e  comparazione,  di  sintesi  e  analisi. 

Di  questi  processi  di  collegamento  superiori 
alle  associazioni  il  più  semplice  è  la  relazione 
di  due  contenuti  psichici  fra  loro.  La  base  è  data 
naturalmente  dalle  singole  formazioni  psichiche 
e  dalle  loro  associazioni,  ma  abbiamo  una  rela- 
zione solo  quando  gli  elementi  che  costituiscono 
l'associazione,  il  legame  fra  due  formazioni,  vien 
appercepito  come  uno  speciale  contenuto  di  co- 
scienza appartenente  alle  due  formazioni,  ma  da 
esse  distinte.  —  Cosi,  quando  riconoscendo  quel 
vecchio  amico,  acquisto  coscienza  delle  identità 
fra  la  persona  quale  la  vedo  ora  e  quale  la  ri- 
cordo, 0  quando  ricordandomi  di  lui,  perchè  ne 
rivedo  un  manoscritto ,  acquisto  coscienza  della 
relazione  fra  il  manoscritto  che  ho  davanti  e  il 
ricordo  dell'amico,  evidentemente  ho  qualche  cosa 
in  pili  dell'associazione,  ho  la  coscienza  distinta 

R  A  VIZZA,  Psicologia  deUa  Lingua.  5 


34  •  PSICOLOGIA    DELLA   LINGUA 

di  questo  atto  di  associazione,  e  i  sentimenti  di 
contezza  e  di  ricordo  acquistano  nella  relazione 
il  loro  substrato  rappresentativo;  in  essa  in- 
somma, per  dirla  con  parole  comuni,  "  ci  ren- 
diamo ragione  del  riconoscimento,  del  ricordo  „. 

La  comparazione  non  è  che  una  forma  speciale 
di  relazione,  che  si  presenta  quando  determino 
le  somiglianze  e  le  differenze  fra  le  due  forma- 
zioni che  sono  in  relazione;  d'altronde  una  re- 
lazione implica  sempre  una  comparazione  dei  due 
contenuti  psichici. 

È  dal  ripetersi  e  complicarsi  delle  due  funzioni 
di  relazione  e  confronto  che  risultano  quelle  di 
sintesi  e  di  analisi. 

La  sintesi  appercettiva,  pur  riposando  su  as- 
sociazioni, differisce  da  queste,  perchè  sceglie  fra 
il  materiale  offerto  dall'associazione,  e  parte  ne 
accetta  e  parte  ne  rifiuta;  così,  ad  es.,  da  tutto 
quanto  io  vedo,  guardando  dalla  mia  finestra 
nella  campagna,  e  da  tutto  quanto  vi  si  annette 
per  associazione,  sia  rappresentazione  che  sen- 
timento, io  rilevo  come  formante  una  rappresen- 
tazione a  se  "  un  uomo  che  percuote  un  ra- 
gazzo „  ;  questa  combinazione  è  evidentemente 
preparata  dalla  fusione  di  un'infinità  di  sensa- 
zioni e  dalle  associazioni  con  combinazioni  pre- 
cedenti, ma  diventa  una  rappresentazione  totale, 
perchè,  concentrando  su  di  essa  la  mia  attenzione, 
l'appercepisco  come  un  tutto  a  sé. 

Può  darsi  che  una  rappresentazione  totale  dif- 
ferisca di  tanto  dalla  realtà  da  apparire  come 
affatto  nuova,  e  sarà  allora  una  rappresentazione 


II    -    CENNI    DI    PSICOLOGIA  35 

fantastica;  tale  sarebbe  la  precedente  se  l'uomo 
stesse  invece  lavorando  e  il  bambino  giuocasse 
tranquillamente;  qualora  però  io  non  avessi  mai 
visto  quell'uomo  battere  quel  bambino,  perchè  in 
tal  caso  non  avrei  che  una  immagine  mnemonica. 

Comunque  sia  la  rappresentazione  totale,  reale 
0  fantastica,  a  essa  si  annette  il  processo  apper- 
cettivo à' analisi,  come  attività  fantastica  o  come 
attività  intellettiva. 

Come  attività  fantastica,  se  non  fa  che  scom- 
porre la  rappresentazione  totale  nelle  singole  rap- 
presentazioni parziali  piìi  chiare,  meglio  deter- 
minate di  quel  che  non  lo  fossero  nella  totale; 
così  ad  esempio,  se  andrò  osservando  o  imma- 
ginando più  particolarmente  il  ragazzo,  la  sua 
testa,  il  colore  dei  suoi  capelli  e  così  via:  come 
attività  intellettiva  invece,  se  non  solo  distinguo 
le  singole  parti  della  rappresentazione  totale, 
ma  ne  stabilisco  anche  le  relazioni.  Queste  re- 
lazioni mutano  di  caso  in  caso,  giacche  dipen- 
dono dalla  natura,  sia  della  rappresentazione 
totale  che  delle  singole  rappresentazioni  parziali, 
ma  pur  si  possono  riunire  nelle  classi  generali 
di  oggetti,  qualità  e  stati,  che  formano  le  categorie 
logiche. 

L'intero  processo  analitico  costituisce  un  giu- 
dizio, e  la  sua  espressione  è  la  proposizione',  i 
singoli  risultati  del  processo,  cioè  le  rappresen- 
tazioni parziali  in  relazione  logica  fra  loro,  sono 
i  concetti  e  -le  loro  espressioni  le  parole. 

La  proposizione  non  è  dunque,  come  può  ap- 
parire formalmente  e  come  insegna  la  così  detta 


36  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

"  analisi  logica  „,  il  prodotto  di  una  sintesi,  una 
riunione  di  parole,  ma  anzi,  un  processo  analitico 
nel  quale,  solo  come  parti  di  un  tutto,  stanno 
le  parole. 

Presentandosi  poi  la  stessa  parola  in  combi- 
nazioni diverse,  essa  vien  di  mano  in  mano  de- 
terminandosi, e  infine  può,  per  un  atto  di  apper- 
cezione, staccarsi  come  rappresentazione  verbale 
indipendente;  processi,  coi  quali  va  di  pari  passo 
la  formazione  dei  concetti  generali ,  giacché  è 
comparendo  come  risultato  dell'analisi  di  diffe- 
renti rappresentazioni  totali  che  un  concetto 
viene  a  poco  a  poco  a  contenere  una  grande 
quantità  dì  rappresentazioni  parziali  concrete; 
così,  ad  es.,  il  concetto  generale  "  cavallo  „  le 
rappresentazioni  concrete  di  molti  diversi  cavalli. 

Appunto  perchè  simbolo  adeguato  di  questi 
concetti  generali  è  di  tanta  importanza  per  il 
nostro  pensiero  la  rappresentazione  verbale,  la 
parola,  della  quale,  nel  capitolo  seguente,  sarà 
nostro  compito  studiare  la  struttura  psichica. 


m. 
LA  EAPPBESENTAZIOXE  VERBALE 


Importanza  della  psicopatologia  per  l'analisi  del  feno- 
meno normale  — Afasia  motrice  — Afasia  amnestica 
(amnesia)  —  Agrafia  —  Alexia  —  Sordità  verbale 
—  Supposti  centri  cerebrali  della  facoltà  verbale  — 
Significato  psicologico  delle  singole  afi"e2doni  —  Costi- 
tuzione psichica  della  rappresentazione  verbale  — 
Valore  delle  associazioni  fra  i  suoi  elementi  —  Contro 
la  teoria  della  localizzazione  —  Parafasia. 

Appercezione  della  parola  —  Esperimenti  col  tachisto- 
scopio  —  Associazioni  fra  gli  elementi  della  nudva 
rappresentazione  e  quelli  delle  precedenti  —  Apper- 
cezione —  Simultaneità  del  processo. 

Vizi  di  articolazione  —  Dislalie  —  Paralalie  —  Onoma- 
tomissie  e  loro  cause  psichiche. 

Ampiezza  dell'articolazione  normale. 

Pronuncia  di  parole  straniere. 

Classificazione  fisiologica  delle  modificazioni  fonetiche  ; 
scambio  e  mutamento. 


'.•jW^ 


m. 


La  rappresentazione  verbale. 


Nell'analisi  della  rappresentazione  verbale,  che 
^noi  dobbiamo  intraprendere,  ci  sarà  di  grande, 
d' imprescindibile,  aiuto  la  conoscenza  delle 
)erturbazioni  che  ci  presenta  la  parola  in  alcune 
lalattie  mentali,  giacche  in  queste  appunto  la 
latura  ha  esperimentato  per  noi  su  un  organo 
)sì  prezioso,  così  delicato,  così  difficilmente  ac- 
ìssibile  all'osservatore,  e  del  quale  per  conse- 
lenza  conosciamo  ancora  così  poco,  come  è  il 
lostro  cervello.  Noi  però  non  dovremo  occu- 
)arci  di  tutte  le  perturbazioni  della  parola  perchè 
lueste  escono  in  due  sensi  dai  limiti  del  com- 
)ito  nostro,  l'analisi  della  rappresentazione  ver- 
)ale;  ne  escono  cioè,  da  un  lato,  perchè  tiUte 
le  malattie  mentali  necessariamente  si  manife- 
tano  aìiche  nel  discorso,  e  dall'altro  lato  perchè 
ri  sono  disturbi  della  parola  che  non  dipendono 


40  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

che  da  imperfetto  funzionamento  dei  muscoli  della 
bocca  e  della  lingua.  Delle  prime  non  dovremo 
occuparci  perchè  in  esse  le  perturbazioni  della 
favella  non  sono  che  sintomi  secondari  di  af- 
fezioni generali  (se  un  idiota  chiama  "  pane  „ 
un  pezzo  di  legno  e  cerca  di  mangiarselo,  evi- 
dentemente non  si  tratta  solo  d'un  errore  di 
parola);  delle  seconde  no,  perchè  interessano  so- 
pratutto la  fisiologia  e  la  patologia  speciale  di 
quegli  organi.  Noi  qui  vogliamo  studiare  quelle 
malattie  che  colpiscono  la  parola  come  processo 
indipendente  da  perturbata  concezione  o  da  ir- 
regolare meccanismo  muscolare,  quelle  insomma 
che  la  rendono,  malgrado  un  perfetto  funziona- 
mento degli  organi  esterni,  un'  inadeguata,  anor- 
male espressione  di  una  vita  psichica,  che,  in 
tutte  le  altre  sue  manifestazioni,  appare  nor- 
male ;  fermiamo  dunque  la  nostra  attenzione 
sopratutto  su  quel  gruppo  di  affezioni  che  si 
raccolgono  sotto  il  nome  generale  di  afasie  (1). 


(1)  Della  bibliografia  su  questo  argomento,  ricca  ma 
nel  suo  complesso  confusa,  perchè,  generalmente,  non 
raggruppa  le  diverse  malattie  puramente  secondo  i  loro 
sintomi,  ma  secondo  le  due  supposte  cause,  in  centrali  e 
esterne,  e  perchè  varia  da  autore  a  autore  l'uso  degli 
stessi  termini  (ad  es.,  di  quello  d'afasia) ,  ricordo  come 
opera  importantissima  :  Kussmaul,  Storungen  der  Sprache, 
3*  edizione,  Lipsia  1885,  della  quale  è  un  sunto  con  qualche 
variante,  l'articolo  nella  Real-Encyclopàdie  der  gesamten 
Heilkunde  (Wien,  1885-90);  inoltre: 

LiEBMANN,  Vorlesungen  iiber  Sprachstorungen  1898  ss.; 
Sprachstorungen  und  Sprachentwickelung  nel   *  Neurologi- 


Ili    -    LA    RAPPBKSEXTAZIOXE   VERBALE  41 

Pochi  esempì,  ma  caratteristici,  ne  offre  colla 
-uà  solita  chiarezza  ed  esattezza  Charcot  (1),  ed 
cccone  qualcuno,  spogliato  di  tutti  i  particolari 
che  interessano  esclusivamente  i  medici. 

Un  maestro  calzolaio,  abile  artigiano  e  istrutto 
più  di  quanto  richieda  il  mestier  suo,  giunto  alla 
cinquantina  sano  e  robusto,  un  brutto  mattino 
vuol  levarsi  e  non  può  muoversi,  vuol  chiamare 
e  non  può  articolar  parola.  Il  povero  uomo  è 
stato  colto  da  paralisi  generale.  Ma  a  poco  a 
poco  il  male  cede,  e  il  maestro  riacquista  l'uso 
delle  membra  tanto  da  poter  attendere,  come 
aveva  fatto  per  tanti  anni,  al  cuoio  ed  alla  le- 
sina. Ma  non  può  parlare.  Eppure  la  sua  mente 
è  libera;  egli  fa  i  suoi  conti,  scrive  le  sue  let- 
tere, manda  perfino  al  medico  un'  accurata  de- 
scrizione del  suo  stato,  sente  e  capisce  tutto,  i 
suoi  muscoli  orali  sono  in  perfetto  ordine,  giacdiè 
muove  la  lingua  in  tutti  i  sensi  e  in  tutti  i  modi, 
soffia,  fischia,  divarica  e  chiude  le  labbra.  —  La 


CetUralUatt  ,,   1900,  XIX  (non  studia  che  bimbi  e 

). 

Gerdts  a.  e.,  Die  Krankheiten  der  Sprache.  Bingen, 
1890  (sopratutto  per  le  balbuzie). 

HissHELwooD  J. ,  Letter  •  Word  und  Mind-Blindness. 
London,  1900. 

Mkhinger  R.  USD  K.  Matbb,  Versprechen  und  Verlesen. 
Stuttgart,  1895. 

Snysckers  M.,  Le  hegayement  et  les  autres  défauts  de  la 
parole.  Brussel,  1900. 

S.  Feeud,  Zur  Auffassung  der  Aphasien,  1891. 

(1)  J.  Charcot,  Differenti  forme  d'afasia.  MUano,  1884. 

Ratizza,  Psicologia  della  Lingua.  6 


42  PSICOLOGIA   DELLA    LINGUA 

paralisi  gli  ha  lasciato  l'afasia  atactica  o  motrice, 
nella  quale  l'ammalato  sa  la  parola  e  può  fare 
i  movimenti  necessari  a  pronunciarla,  ma  non  se 
li  ricorda  più,  non  li  sa  più  trovare. 

Ecco  ora  il  caso  di  un  Russo,  pure  sulla 
cinquantina,  robusto,  colto,  che  occupa  un  grado 
molto  elevato  nell'esercito  del  suo  paese,  e 
che  oltre  la  lingua  russa  sa  la  francese  e  la 
tedesca.  Incontra  in  una  sala  del  suo  circolo  un 
amico  che  gli  parla  in  francese  e  con  sua  me- 
raviglia si  accorge  di  comprendere  tutto,  ma  di 
non  poter  formulare  una  risposta  nella  stessa 
lingua:  ne  lo  può  in  tedesco,  mentre  può  con- 
versare come  di  solito  in  russo;  prova  a  leggere, 
legge  benissimo  ad  alta  voce  anche  il  francese 
e  il  tedesco  ;  in  lui  dunque  non  trattasi  di  afasia 
motrice,  giacche  leggendo  articola  qualunque 
parola  e  d'altronde  articola  perfettamente  tutte 
le  parole  della  sua  madre  lingua ,  ma  trattasi  di 
afasia  amnestica,  per  la  quale  egli  non  può  più 
ritrovare  nella  sua  memoria  una  sola  parola  del 
ricco  vocabolario  francese  e  tedesco  che  posse- 
deva. Non  son  rari  i  casi  nei  quali  tale  malattia 
colpisce  persone  che  sanno  una  lingua  sola  e 
allora  essi  non  trovano  più  parole  per  esprimere 
i  loro  concetti;  è  un  caso  che  entra  nelle  sue 
forme  più  miti  anche  nel  campo  normale  e  che 
sarà  occorso  a  tutti,  quando,  ad  es.,  ci  si  presenta 
chiarissima  alla  memoria  l' immagine  di  una  data 
persona,  sappiamo  di  saperne  il  nome,  ma  non 
lo  ritroviamo  più.  fljl 

Come   vediamo,   differisce  questa  afasia  dalla 


mn 


Ili    -   LA    BAPPRESBNTAZIONE   VESSALE  43 

motrice,  perchè  non  son  più  i  movimenti  che  l'am- 
malato cerca  per  pronunciare  la  parola,  bensì 
la  parola  per  esprimere  il  suo  concetto. 

Lo  stesso  ammalato  ci  offre  anche  un  bellis- 
simo esempio  di  agrafia.  Egli,  come  vedemmo, 
sapeva  ancora  benissimo  la  sua  lingua  madre, 
il  russo,  eppure  benché  l'avesse  sempre  saputa 
scrivere,  e  benché  egli  sapesse  eseguire  colle  dita 
e  colla  penna  qualunque  movimento,  così  che 
poteva  copiare  uno  scritto,  vi  fu  un  certo  tempo 
nel  quale  non  sapeva  scrivere  spontaneamente 
una  parola.  Racconta  Charcot  :  "  Gli  chiesi  di 
dirmi  e  di  scrivere  il  luogo  della  sua  dimora  a 
Parigi  „,  e  prontamente  mi  rispose:  "  Abito  al- 
l'Hotel de  Bade,  Boulevards  des  Italiens  ,.  Ma 
quando  si  trattò  di  scrivere  le  medesime  parole, 

l'infermo  potè  appena  tracciare:   "Ab 

».  In   somma  come  l'affetto  di  afasia 

motrice  non  trova  più  i  movimenti  orali  coor- 
dinati necessari  a  rendere  la  parola,  quello 
affetto  da  agrafia  non  trova  più  i  movimenti 
coordinati  necessari  a  scriverla. 

E  lasciamo  il  nostro  Russo  per  un  signore 
francese,  direttore  di  uno  stabilimento  industriale. 
Un  giorno  va  con  amici  a  caccia  nei  dintorni 
di  Parigi  ;  vede  scappare  una  lepre,  la  prende 
di  mira,  spara,  e  uccide  il  bracco  di  un  altro 
cacciatore,  (fin  qui  nulla  di  anormale).  Benché 
questo  accidente  lo  avesse  seccato  assai,  con- 
tinua a  cacciare  fin  verso  sera ,  quand'ecco 
mentre  sta  mirando  a  un'altra  lepre,  cade  a  terra 
privo  di  sensi.  Trasportato   subito  a  casa,   rin- 


44  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

viene;  a  poco  a  poco  si  rimette.  Dopo  quattro 
giorni,  quando  comincia  a  poter  attendere  ancora 
ai  suoi  affari,  scrive  un  biglietto;  fa  per  rileg- 
gerlo, non  può;  non  vede  sul  suo  foglietto  che 
dei  segni  che  non  può  decifrare.  Capisce  quanto 
gli  vien  detto,  parla  benissimo,  scrive  corretta- 
mente; ma  non  può  piìi  leggere,  neppure  quello 
che  ha  scritto  egli  stesso. 

A  poco  a  poco  scopre  che  può  leggere  se  rifa 
colla  mano  i  movimenti  dello  scrivere  ;  se  gli  fan 
tenere  le  mani  dietro  il  dorso,  e  gli  danno  da 
leggere  qualcosa,  è  obbligato  a  segnare  coll'in- 
dice  della  destra  sul  palmo  della  sinistra  le 
parole  che  deve  leggere  ;  se  no  lo  stampato  e  lo 
scritto  non  sono  per  lui  che  un  arruffìo  di  sgorbi 
senza  senso.  Ecco  Valexia  o  cecità  verbale. 

Ma  non  meno  interessante  è  il  caso  di  sordità 
della  parola  che  voglio  ricordare. 

Trattasi  di  un  sarto  di  quarantanove  anni,  che 
improvvisamente,  senza  complicazione  di  paralisi 
motrice,  si  trovò  nell'  impossibilità  di  leggere,  di 
scrivere,  di  parlare  e  di  comprendere  il  signifi- 
cato delle  parole,  benché  desse  non  dubbie  prove 
dell'integrità  delle  sue  facoltà  mentali  eserci- 
tando, come  per  il  passato,  il  suo  mestiere  ;  era 
dunque  affetto  da  alexia,  agrafia,  afasia  motoria, 
e  da  sordità  verbale;  ma  a  poco  a  poco  la  formai 
morbosa  si  modifica,  il  suo  stato  migliora,  e  non] 
gli  rimase  che  la  sordità  verbale. 

Se  qualcuno  gli  domanda  :  "  Che  cosa  sono  le 

forbici?  „,  sente  e  risponde di  non  aver  capito 

nulla;  ma  se  gli  si  mostrano,  dice  prontamente: 


Ili    -    LA    RAPPRESENTAZIONE    VERBALE 


45 


*  Sono  le  forbici  „  e  ne  spiega  l' uso.  Ecco  dunque  i 
caratteri  della  sordità  verbale  :  l'ammalato  avverte 
qualunque  benché  minimo  rumore,  dunque  non  è 
sordo;  sa  parlare,  sa  scrivere,  sa  leggere  e  ca- 
pisce perfettamente  quello  che  legge,  ma  i  suoni 
delle  parole,  benché  li  senta  perfettamente,  non 
hanno  per  lui  più  nessun  significato,  sono  rumori. 

In  molti  dei  casi  simili  osservati  nelle  cliniche, 
l'ammalato  ebbe  la  compiacenza  di  morire  e 
l'onore  di  poter  offrire  il  suo  cervello  alla  lan- 
cetta e  al  microscopio  del  medico  fortunato,  e 
così  primo  di  tutti  Broca,  nella  sua  opera  fa- 
mosa (1):  '•  Sur  le  siège  de  la  faculté  du  lan- 
guage  „  e  poi  altri,  vennero  a  scoprire  che  alle 
perturbazioni  summenzionate  corrispondono  le- 
sioni più  0  meno  profonde  in  determinate  circon- 
voluzioni cerebrali,  generalmente  dell'emisfero 
sinistro,  raramente,  e,  pare,  in  persone  mancine, 
del  destro. 

Eccole  qui  segnate. 


A  afasia  motrice. 
B  sordità  verbale  e 

amnesia, 
e  cecità  verbale. 
D  alexia. 


(1)  Sur  le  siège  da  la  faculté  du  language,  1861.  —  La 
bibliografia  moderna  sull'argomento  raccolse  0.  Vogt  nella 
[Zeitschrift  fur  Hypnotismus,  VI,  1897. 


46  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

Molto  lavorarono  e  lavorano  eminenti  scienziati 
su  questi  quattro  punti  del  nostro  cervello,  e 
molte  supposizioni,  delle  quali  avremo  più  sotto 
occasione  di  accennare  alla  più  importante,  vi 
furon  costrutte.  Siccome  però  appena  da  un 
mezzo  secolo  data  la  scoperta  di  Broca,  e  le 
malattie  che  le  diedero  origine  non  sono  fortu- 
natamente comunissimo,  ne  tutti  gli  osservatori 
sono  egualmente  abili  ne  procedono  cogli  stessi 
metodi,  la  fisiologia  potè  trarre  dallo  studio  delle 
malattie  mentali  solamente  la  conoscenza,  inte- 
ressante d' altronde  e  ricca  di  promesse  per  l'av- 
venire, di  alcune  circonvoluzioni  cerebrali  come 
generalmente  più  necessarie  alla  integrità  della 
parola.  La  psicologia  invece  può  di  qui  ricavare 
un'esatta  conoscenza  delle  singole  parti  costi- 
tuenti la  complessa  rappresentazione  verbale, 
giacche  quei  casi  morbosi  disgregano  questa  che 
normalmente  si  presenta  come  un  tutto  omogeneo^ 
rallentano  e  sciolgono  per  così  dire  le  associa- 
zioni che  ne  tenevan  unite  le  parti,  e  or  l'una 
or  l'altra,  ne  tolgono. 

Ecco  di  fatti  che:  nell'afasia  motoria  (l'amma- 
lato sa  la  parola,  ma  ha  dimenticato  i  movi- 
menti per  pronunciarla),  dalla  rappresentazione 
acustica  della  parola,  che  chiameremo  a,  si  di- 
stacca r  elemento  motorio  che  chiameremo  m  ; 
nell'amnesia  (abbiamo  il  concetto,  ma  non  tro- 
viamo la  rappresentazione  fonetica)  a  si  distacca 
dal  concetto  che  chiameremo  C;  nell'agrafia  (il 
paziente  sa  parlare  e  leggere,  ma  non  trova  più 
i  movimenti  coordinati  della  mano  necessari  per 


il 


Ili    -   LA    BAPPBESENTAZIONE   VEBBALE  47 

scrivere),  si  sono  distaccati  dall'imagiiie  ottica  o, 
i  relativi  movimenti  grafici  m  ^  ;  nella  cecità 
verbale  (per  l'ammalato  le  parole  scritte  non 
hanno  più  nessun  significato),  l' imagine  ottica 
è  staccata  dal  concetto  C;  per  cui,  se  noi  ri- 
cordiamo infine  che  il  concetto  C  comprenderà 
una  parte  rappresentativa  r  e  una  sentimentale  s, 
la  parola  scissa  appare  in  sei  componenti,  rag- 
gruppati a  due  a  due,  e  cioè: 

I.  Il  Concetto  che  indicheremo  con  C  e  che 
consta,  come  abbiamo  detto,  di  una  rappresen- 
tazione r  e  di  un  sentimento  s. 

n.  L'Elemento  fonetico  F,  che  comprende 
una  parte  acustica  a,  cioè  il  suono  della  parola 
come  l'abbiamo  udita  pronunciare  da  altri  e  da 
noi,  e  una  parte  motoria  m,  cioè  il  complesso 
di  sensazioni  dei  movimenti  che  abbiamo  fatti 
nel  pronunciarla. 

UI.  L'Elemento  pantomimico  P,  che  comprende 
una  rappresentazione  ottica  o  dei  gesti  che  ac- 
compagnarono la  parola  e  dei  segni  scritti  che 
la  rappresentano  e  ancora  una  parte  motoria  m^, 
cioè  il  complesso  di  movimenti  che  facemmo  noi 
per  scrivere,  o  coi  quali  accompagnammo  la  pro- 
nuncia di  quella  parola. 

Riunendo  i  simboli  dei  diversi  elementi,  con 
linee  la  cui  maggiore  o  minore  grossezza  indichi 
la  maggior  o  minor  stabilità  dell'associazione  fra 
i  due  elementi  che  collegano  e  la  freccia  la  dire- 
zione di  questa  associazione  (giacché  può  darsi 
che  uno  dei  due  elementi  associati  richiami 
l'altro,  e  non  viceversa),  abbiamo  questo  schema 


48 


PSICOLOGIA   DELLA   LINGUA 


della    costituzione    della    rappresentazione    ver- 
bale. 


2^==  Elemento  fonetico 


C  =  Concetto 


P==  Elemento  pantomimico 


L  m  =  motorio. 
{  a=  acustico. 
^  s  =  sentimento. 
{  r  =  rappresentazione, 
w*  =  motorio. 


0  =  ottico. 


Come  si  rileva,  le  associazioni  più  intime  sono 
dunque   quelle  :   am,  ma,  a  s,  s  a  e  ìn^  m,  cioè  : 
I.  quelle  fra  il  suono  della  parola  e  i  mo- 
vimenti   d'  articolazioni   e  fra   questi  e  quello  ; 
difatti  l'amnesia  è  spesso  accompagnata  da  afasia 


ni    -    LA   BAPPBESENTAZIONE   VEBBALE  49 

atactica  e  il  pensare  in  parole  appare  ad  ognuno 
quasi  un  parlar  sottovoce,  mentre  d'altra  parte 
nessuno  può  eseguire,  sia  pure  tacitamente,  i 
movimenti  d'  articolazione  e  non  immaginarsi  i 
suoni  corrispondenti; 

n.  fra  il  suono  e  il  sentimento  che  accom- 
pagna una  rappresentazione  e  fra  questo  senti- 
mento e  il  suono,  giacche  spesso  è  scaduta  dalla 
memoria  l'immagine  e  pur  resta  il  sentimento  che 
l'accompagna,  e  questo  suggerisce  il  suono,  o  vi- 
ceversa il  suono  richiama  il  sentimento  che  ac- 
compagnava r  immagine  benché  non  abbia  pivi 
facoltà  di  rievocare  questa; 

ni.  fra  i  movimenti  grafici  e  quelli  d'ar- 
ticolazione, giacché  generalmente,  scrivendo  una 
parola  la  articoliamo,  sia  pure  incompletamente, 
mentre  invece,  generalmente,  non  accompagniamo 
la  pronuncia  di  una  parola  coi  movimenti  grafici, 
ciò  che  è  espresso  dalla  tenuità  della  mm^. 

Seguono  le  associazioni  ar  ed  or,  cioè  tra  il 
suono  od  il  segno  della  parola  e  la  rappresen- 
tazione, certo  più  importanti  di  qualcuna  delle 
precedenti  ma  non  così  sicure,  giacché  spesso 
ci  avviene  di  non  ricordar  più  il  significato  di 
una  parola  che  udiamo  e  leggiamo. 

Ancor  più  debolmente  é  collegata  la  rappre- 
sentazione al  suono  o  al  segno  grafico  {ra,  ró), 
perchè  spesso  non  sappiamo  trovare  a  una 
data  immagine  la  parola  parlata  o  scritta  corri- 
spondente, che  pure  capiremmo,  leggendola  o 
udendola  ; 

0  rappresentazione  ottica  della  parola  richiama 

Rà VIZZA,  Psicologia  deOa  Lingua.  7 


60  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

debolmente  m  ed  m^,  movimenti  d'articolazione 
e  grafici;  mentre  però  questi  ultimi  richiamano 
r  immagine  ottica,  e  abbiamo  dunque  anche  una 
m?-  0,  non  la  richiamano  i  movimenti  d' artico- 
lazione. 

L'associazione  o a ,  fra  l' immagine  ottica  della 
parola  ed  il  suono,  non  è  direttamente  molto 
forte,  ma  è  sussidiata  da  ow,  ma-,  onde  è  che, 
generalmente,  leggendo,  ci  ricorre  il  suono  delle 
parole,  perchè  le  andiamo  in  pari  tempo  artico- 
lando, sia  pure  incompletamente  e  silenziosamente. 
Qui  torna  acconcio  di  osservare  che  non  si  deve 
dunque  tener  conto  solo  delle  associazioni  dirette 
fra  elemento  ed  elemento,  ma  anche  di  quelle 
indirette.  Ciò  risulta  già  da  quanto  abbiamo 
detto  appunto  ora  a  proposito  di  o  a,  e  aggiun- 
geremo che,  per  esempio,  allo  scadere  della  ra, 
la  parola  può  venir  richiamata  per  le  associa- 
zioni r  0,  om} ,  m}  m,  ma,  come  avveniva  a  un 
ammalato  di  amnesia  che  trovava  le  parole  che 
voleva  pronunciare ,  scrivendole.  —  Inoltre  osser- 
viamo che  possono  entrare  in  giuoco  anche  asso- 
ciazioni degli  elementi  di  una  parola  con  quelli 
di  altre  rappresentazioni  (che  non  appaiono  quindi 
nel  prospetto),  come  ad  es.,  se  non  ricordando  il 
nome  di  una  persona,  lo  richiamiamo  alla  memoria, 
pensando  a  quello  d'un  suo  amico,  che  abbiamo 
letto  spesso  assieme  al  suo  ;  e  infine  che  queste 
associazioni  ausiliarie  possono  naturalmente  esten- 
dersi ad  altri  elementi  non  appartenenti  neppure 
a  parola  come,  ad  esempio,  se  non  ricordando 
il  nome  di  una  persona  lo  rievochiamo  ricor- 


Ili  -  LA  KAPPRESEXTAZIOXE  VERBALE       51 

dandoci  un  libro  nel  quale  l'abbiamo  letto  o  una 
circostanza  nella  quale  l'abbiamo  udito. 

E  ancora  due  osservazioni  per  il  retto  inten- 
dimento dello  schema  e  cioè: 

I*.  Che  non  tutte  queste  vie  esistono  e  hanno 
lo  stesso  valore  in  ogni  individuo.  Così,  a  mo' 
d'esempio,  in  alcuni  è  così  forte  la  relazione  a  m 
che  non  possono  pensare  senza  parlare,  e  a 
chiunque  riesce  difficile  ripetere  solo  mental- 
mente, senza  accompagnarlo  coi  movimenti  d'ar- 
ticolazione, un  brano  che  abbia  studiato  ad  alta 
voce  ;  in  chi  s'abitui  a  scrivere  leggendo  ad  alta 
voce  sarà  invece  fortissima  1'  o  a,  ecc.,  poiché 
nello  stabilirsi  di  queste,  come  di  tutte  le  as- 
sociazioni, ha  gran  parte  V esercizio  (1). 

n*.  E  importantissima  ;  che  il  nostro  disegno 
rappresenta  un  complesso  di  relazioni  psichiche 
e  non  va  quindi  interpretato  come  una  rap- 
presentazione, sia  pure  schematica,  di  supposti 
centri  e  supposte  vie  cerebrali. 

Quest'ultima  nota  allo  schema  merita  speciale 
attenzione,  perchè  contraddice  a  una  spiegazione 
delle  afasie,  che  è  accettata  da  moltissimi,  e 
alla  quale  d'altronde  non  è  facile  rinunciare, 
come  a  quella  che  è  esauriente,  facile  e  inte- 


(1)  Ricordo  a  questo  proposito  come  il  Leibnitz  aintasse 
la  sua  memoria  prendendo  moltissimi  appunti  che  non 
rileggeva  poi  più  (Goethe,  Radierte  Bldtter  nach  Hand- 
zeichnungen  von  Goethe,  heraiisgegeben  tott  Schwerdgeburth. 
Weimar,  1821). 


52  PSICOLOGIA   DELLA    LINGUA 

ressante,  se  anche  non  suffragata  a  sufficienza 
dai  dati  di  fatto. 

Scoperti  quei  punti  nel  cervello,  che  noi  ci 
limitammo  a  qualificare  come  probabilmente  ne- 
cessari alla  integrità  della  parola,  si  volle  (ap- 
poggiandosi su  una  supposizione  secondo  la  quale 
ognuna  delle  cellule  della  corteccia  del  cervello, 
riceverebbe  in  deposito  una  rappresentazione) 
che  ognuna  delle  parti  della  parola  risiedesse 
rispettivamente  in  una  delle  regioni  cerebrali 
che  abbiamo  ricordate,  e  che  tra  esse  esistes- 
sero delle  vie  di  comunicazioni,  per  le  quali  ve- 
nissero a  concorrere  in  un  punto  della  corteccia; 
ma,  innanzi  tutto,  nulla  autorizza  ad  accettare 
la  teoria  generale  della  localizzazione,  a  credere 
cioè  che  in  ogni  cellula  della  corteccia  cerebrale 
riposi  una  rappresentazione;  e  inoltre,  per  quanto 
riguarda  le  afasie,  molti  casi  le  contraddicono 
manifestamente. 

Le  contraddice  ad  esempio  il  caso  di  quel 
Russo,  di  cui  ho  parlato  nell'esempio  d'amnesia, 
che,  pur  avendo  dimenticato  le  parole  francesi  e 
tedesche,  ricordava  le  russe;  nonché  tutti  i  casi 
di  amnesia  progressiva,  nei  quali  si  osserva  che 
le  parole  spariscono,  e  ricompaiono  nella  guari- 
gione, per  categorie  grammaticali,  e  cioè  che 
l'ammalato  dimentica  prima  i  sostantivi,  poi  gli 
aggettivi,  poi  i  verbi,  poi  gli  avverbi  e  le  pre- 
posizioni, e  che,  se  guarisce,  le  riacquista  pro- 
gressivamente in  senso  inverso.  Bisognerebbe 
ammettere  che  in  quei  centri  le  parole  vadano 
a  depositarsi  in  gruppi  di  cellule  diversi  a  se- 


Ili  -  LA  rapprehentaziont;  verbale  53 

conda  della   lingua  alla   quale  appartengono   e 
perfino  della  loro  categoria  grammaticale  I 

Le  contraddice  poi  il  fatto  che  gli  affetti  da 
amnesia  acquistano  a  poco  a  poco  le  parole  eser- 
citandosi a  scriverle,  la  qual  contraddizione  si 
risolve  soltanto  ricorrendo  a  un'altra  supposi- 
zione e  cioè,  che  esercitando  uno  di  quei  centri 
si  riesca  a  riattivarne  un  altro. 

Le  contraddicono  infine  i  casi,  che  qui  per  la 
prima  volta  ricordiamo,  di  parafasia,  cioè  quei 
casi  curiosissimi  nei  quali  all'ammalato  non  è  an- 
dato perduto  il  ricordo  della  rappresentazione 
fonetica  delle  parole  come  nella  amnesia,  ma  i 
concetti  si  associano  a  parole  non  corrispondenti, 
nei  quali  cioè  l'ammalato,  a  differenza  dell'affetto 
d'amnesia,  sa  parlare,  ma  parla  sbagliato  ;  benché 
dunque  le  sue  facoltà  mentali  complessive  siano 
normali,  vede  una  sedia  e  la  chiama  "  cavallo  „ , 
un  "  cavallo  „  "  torre  „,  una  "  torre  „  "  azzurro  „, 
e  COSI  via,  e  senza  avvedersi  dell'errore  e  senza 
star  a  cercare  la  parola,  così  che,  a  uno  stra- 
niero che  non  conosca  la  lingua  dell'ammalato, 
questi,  che  agisce  ragionevolmente,  gli  parla  serio 
senza  interruzioni,  può  apparire  un  valentis- 
simo oratore,  mentre  invece  non  emette  che  un 
"arruffio  di  parole  senza  nesso. 

Esempi  di  parafasie  presentano  gli  affetti  da 
ifasia  progressiva,  quando,  perduta  una  classe 
li  parole,  ad  es.  i  sostantivi,  li  sostituiscono  cogli 
aggettivi  0  coi  verbi  a  quelli  associati  e  diranno 
id  es.  invece  di  "  notte  „  "  nero  ,  o  di  "  gamba  „ 
andare  „ .  Ma  può  presentarsi  pura  come  in  un 


54  PSICOLOGIA    BELLA    LINGUA 

ammalato  ricordato  da  Charcot,  il  quale,  quando, 
datogli  l'ordine  di  rispondere  contemporanea- 
mente a  voce  e  per  iscritto,  gli  si  domandava: 
"  Vi  duole  la  testa?  „  rispondeva  "  i  dolori  mi 
fanno  dormire  „  mentre  scriveva  correttamente 
"  No,  la  testa  non  mi  duole  „.  Casi  che  non  si 
possono  spiegare  colla  teoria  della  localizzazione 
a  meno  di  ammettere  che  tutte  le  vie  fra  le 
cellule  che  conservano  le  diverse  rappresenta- 
zioni si  siano  spostate,  pur  non  cessando  di  fun- 
zionare. 

Ma  inoltre  di  molte  complicazioni  che  qui 
sarebbe  lungo  ricordare,  non  dà  ragione  la  teoria 
della  localizzazione,  mentre  lascia  supporre  ano- 
malie che  in  realtà  non  si  presentano  ;  e  dunque, 
senza  poterle  sostituire  un'altra  spiegazione  fisio- 
logica, e  attendendo  pazientemente  i  risultati  delle 
accurate  e  numerose  indagini  delle  quali  è  ora 
oggetto  il  nostro  cervello,  dobbiamo  considerare 
il  nostro  schema  non  come  la  rappresentazione 
di  centri  e  vie,  ma  di  elementi  psichici  e  delle 
loro  relazioni. 

Supponendo  interrotte  or  l'una  or  l'altra  delle 
associazioni  che  congiungono  nel  prospetto  questi  fl 
sei  elementi,  il  lettore  troverà  facilmente  la  spie- 
gazione psicologica  delle  singole  forme  di  afasie 
e  delle  associazioni  che  suppliscono  in  esse  alle 
associazioni  dirette,  spiegazione  dalla  quale  noi 
dobbiamo  astenerci  giacche  le  forme  patologiche 
non  ci  interessarono  che  come  mezzi  per  spie- 
gare i  fatti  normali. 

Piuttosto  vogliamo  studiare  quali  processi   si 


Ili    -    LA    RAPPRESEXTAZIONB   VERBALE  55 

compiano  quando  appercepiamo  una  parola.  Questo 
avviene  per  lo  più  in  seguito  a  un'impressione 
esterna,  sia  ottica  che  acustica,  ma  poiché,  se- 
condo lo  schema  che  abbiamo  dato,  quella  ot- 
tica è  nell'uomo  colto  quella  che  risveglia  più 
facilmente  e  direttamente  tutte  le  altre  (abbiamo 
in  fatti  la  linea  o  a,  non  la  a  o),  possiamo  sce- 
gliere quella,  valendoci  nelle  nostre  ricerche 
di  uno  speciale  apparato,  detto  tachistoscopio,  il 
quale  presenta  all'occhio  dell' esperimentatore 
una  parola  per  il  tempo  e  nelle  condizioni  che 
la  conoscenza  dei  processi  visivi  e  di  apperce- 
zione indica  come  necessari  e  sufficenti  perchè 
venga  appercepita. 

E  in  due  modi  possiamo  usare  dello  strumento  : 
0  facendo  apparire  la  parola  tanti  intervalli  di 
tempo  eguali  quanti  sono  necessari  perchè  venga 
riconosciuta,  o  lasciandola  esposta  ininterrotta- 
mente finché  venga  riconosciuta. 

Se  trascuriamo  i  risultati  dei  primi  tentativi 
che,  per  mancanza  di  pratica  nell' esperimenta- 
tore, non  sono  mai  attendibili,  ecco  dapprima  i 
risultati  ottenuti  facendo  apparire  la  parola  tanti 
intervalli  di  tempo  eguali  finché  vien  riconosciuta, 
risultati  che  d'altronde  s'accordano  con  quelli 
della  più  comune  esperienza: 

Occorre  un  numero  tanto  maggiore  di  esposi- 
[zioni  quanto  più  lunga  e  quanto  meno  nota  è 
l^la  parola;  il  massimo  numero  occorre  dunque 
Iper  lunghi  complessi  di  lettere  senza  senso,  il 
[minimo  per  parole  brevi  e  note. 

Se  una  parola  non  vien  riconosciuta  al  primo 


56  PSICOLOGIA    DELLA   LINGUA 

tentativo,  se  ne  rilevano  nel  successivo  alcune 
lettere  qua  e  là,  e,  precisamente:  prima  quelle 
che  escono  dal  corpo  comune,  come  le  maiuscole, 
le  ascendenti  e  le  discendenti,  e  poi  alcune  delle 
altre,  infine  balza  all'occhio  tutta  la  parola. 

Se  la  parola  è  nota,  ma  le  son  state  sostituite 
alcune  lettere,  che  non  siano  delle  ascendenti  e 
discendenti,  lo  scambio  non  vien  avvertito,  e  se 
è  una  parola  ignota  vien  generalmente  letta 
come  una  nota  colla  quale  abbia  comune  qualche 
lettera,  specie  delle  ascendenti  o  discendenti  ;  si 
leggerà  per  esempio:  "  A...  t...  „  poi  "  A...  1...  „ 
poi  "  A.,  to..  1...  „:  infine  "  Automobile  „  invece 
di  "  Aristolochìa  „. 

Dei  risultati  ottenuti  lasciando  invece  esposta 
l'immagine  ininterrottamente  per  il  tempo  ne- 
cessario perchè  venga  riconosciuta,  rileviamo  solo 
che  non  occorre  tempo  minore  se  si  tratta  di 
una  sola  lettera  anziché  di  una  breve  parola 
nota,  che  questa  anzi,  generalmente,  viene  letta 
più  facilmente  e  esattamente. 

Come  per  le  leggi  generali  di  associazione 
molte  illusioni  geometriche,  così  per  il  nostro 
studio  sono  importantissimi  i  casi  menzionati,  nei 
quali  non  vien  letta  la  parola  veramente  pre- 
sentata, ma  un'altra  generalmente  più  comune. 
Da  essi  rileviamo  che,  allorché  riceviamo  l'im- 
pressione esterna,  gli  elementi  di  questa  ne  ri- 
chiamano altri  simili  ;  questi  si  trovano  alla  lor 
volta  variamente  associati  con  molti  e  diversi 
elementi  e  ricompariranno  con  quelli  fra  essi  coi 
quali    più    sovente    occorsero.  Sono  anche  tutti 


I 


HI    -    LA    RAPPBESENTAZIOSE   VEBBALE  57 

questi  elementi  eguali  a  quelli  dell'impressione 
attuale,  e  noi  allora  leggiamo  la  parola  esatta- 
mente e  la  sua  attitudine  ad  esser  riprodotta  si 
rafforza;  non  lo  sono,  e  abbiamo  i  casi  di  so- 
stituzione sopra  enunciati. 

Il  processo  si  presenta  dunque  come  uno  di 
quei  complessi  di  associazioni  elementari  simul- 
tanee per  eguaglianza  e  contiguità  che  chia- 
mammo assimilazioni. 

Essi  però  non  danno  ancora  la  nuova  rappre- 
sentazione; a  questa  occorre  un  altro  atto  che 
chiude  il  processo  d'assimilazione,  quello  d'ap- 
percezione, atto  di  volontà,  di  attenzione,  nel 
quale  il  prodotto  dell'assimilazione  viene  elevato 
come  unità  chiara  nel  suo  contenuto,  distinta 
dagli  altri  contenuti  della  coscienza. 

Tanto  questo  però  che  i  processi  iniziali  in  ge- 
nerale si  compiono  come  si  rileva  da  tutti  gli  espe- 
rimenti tachistoscopici  e  dall'esperienza  comune, 
simultaneamente,  cioè  in  un  lasso  di  tempo  in- 
calcolabilmente breve,  così  che  la  parola  si  pre- 
senta alla  coscienza  d'un  tratto  completa,  e  non 
segue  l'ordine  delle  singole  lettere  o  dei  singoli 
suoni;  ascoltando,  apparirà  dopo  alcuni  o  dopo 
tutti  i  suoni  a  seconda  che  la  parola  è  nota  e 
unita  per  senso  alle  precedenti,  o  no  :  parlando, 
all'inizio  dei  movimenti  d'articolazione;  scrivendo, 
precede  la  riproduzione  relativa  e  di  un  tempo 
ben  maggiore  che  nel  parlare,  tanto  è  vero  che 
occorre  un  continuo  atto  di  volontà  che  la  rat- 
tenga  perchè  non  si  scrivano  parole  o  parte  di 
parole  in  anticipazione,  ciò  che  appunto  avviene 

Ravkza,  Psicologia  ddla  Lingua.  8 


58  PSICOLOGIA   DELLA   LINGUA 

a  chi  è  lento  nello  scrivere  o  rapido  nel  pen- 
sare ;  leggendo  ,  siccome  l'occhio  può  afferrare 
contemporaneamente  parecchi  oggetti  nello  spazio, 
la  rappresentazione  verbale  vien  appercepita  con- 
temporaneamente a  tutti  i  segni  relativi;  ma  sia 
ascoltando  che  parlando,  sia  scrivendo  che  leg- 
gendo, essa  appare  d'un  tratto  e  non  parte  per 
parte;  le  singole  lettere  e  i  singoli  suoni  non 
sono  che  caratteristiche  dell'impressione  totale, 
cioè:  gruppi  elementari  di  sensazioni  che,  asso- 
ciati a  altri  elementi  riproduttivi,  evocano  la 
rappresentazione  totale. 

Nel  precedere  o  seguire  delle  rappresentazioni 
verbali  ai  segni  e  suoni  corrispondenti,  di  che 
si  è  fatto  parola,  abbiamo  anche  la  più  impor- 
tante tra  le  cause  psichiche  che,  colle  fisiologiche, 
spiegano  una  seconda  classe  di  errori  della  pa- 
rola, errori  che,  nei  casi  più  gravi,  ci  presentano 
esagerati  e  più  chiari,  fenomeni  normali  e  ge- 
nerali di  articolazione,  la  cui  conoscenza  ci  sarà 
utilissima  a  spiegare  le  leggi  fonetiche  del  lin- 
guaggio. Divìdiamo  questi  errori  in  tre  gruppi 
principali  : 

a)  le  dislalie; 

b)  le  paralalie; 

e)  le  onomatomissie. 
Abbiamo  le  dislalie,  che  nelle  loro  forme  più 
leggere  non  escono  dal  campo  della  normalità, 
quando  alcuni  suoni  vengono  pronunciati  a  stento 
e  male  e  il  discorso  vien  continuamente  inter- 
rotto da  contrazioni  tetaniche  all'atto  di  pro- 
nunciare  certe    sillabe  (balbettare,  tartagliare). 


I 


Ili  -  LA  RAPPRESEXTAZIONB  VERBALE       59 

Quando  le  dislalie  toccano  solo  alcuni  suoni, 
danno  luogo  generalmente  a  sostituzioni  ;  nei  casi 
più  leggeri,  di  suoni  simili,  come  dell'r  dentale 
coll'r  gutturale  (rotacismo);  nei  casi  più  gravi 
di  suoni  differenti  assai,  come  del  h  (labiale) 
col  t  (dentale). 

Nelle  paralalie,  la  pronuncia  di  ogni  singolo 
suono  è  normale,  ma  U  loro  ordine  no;  ciò  che 
implica  evidentemente  speciali  condizioni  degli 
organi  centrali;  di  fatti  occorrono  comunemente, 
nelle  forme  più  leggere,  come  lapsus  linguae,  in 
istato  di  distrazione,  e  sono,  nelle  forme  più  gravi, 
caratteristiche  del  linguaggio  degli  alienati. 

In  tre  gruppi  possiamo  distinguere  i  fenomeni 
che  ci  presentano  le  paralalie  e  cioè:  le  inter- 
polazioni, le  omissioìii  e  le  trasposizioni,  che  già 
sono  definite  dai  loro  nomi. 

Sono  esempi  comuni  di  interpolazioni  :  "  indete- 
f^rminismo  „  per  "  indeterminismo  „  "  p?ub- 
blico  ,  per  "  pubblico  „  e  i  diversi  intercalari; 
di  omissione:  "  esautirizione  „  per  "  esautoriz- 
zazione ,;  di  trasposizioni:  "  Romo  e  Remolo  „, 
in  cui  abbiamo  una  posticipazione  per  "  Romolo 
e  Remo  »,  o  "  plubbico  „  anticipazione  per  "  pub- 
blico ,,  0  "  ginelocogico  „  completa  trasposizione 
per  "  ginecologico  „. 

Nelle  onomatomissie  vengono  scambiate  fra 
loro,  anziché  delle  sillabe  vicine  nel  discorso, 
delle  parole;  scambio  che  d'altronde  si  potrà 
spesso  ricondurre  a  quello  di  alcune  sillabe, 
ond'è  che  questo  gruppo  di  errori   non   sempre 


60  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

si  distingue  dal  precedente.  Ho  un  caso  di  ono- 
matomissia  se  invece  di 


Ei  col  mantice  ridesta 

Fiamma  e  festa 

E  lavor  nella  fucina 


leggo 

E  calor  nella  cucina 
o  invece  di 

...  i  cechi  che  si  fanno  duci 


leggo 


i  ciuchi  che  si  fanno  duci. 


Onomatomissie  si  commetton  spesso  parlando 
una  lingua  che  non  si  conosce  bene,  e  ricchis- 
simo poi  ne  è  il  discorso  degli  alienati. 

Evidentemente,  nelle  onomatomissie  la  strut- 
tura e  il  funzionamento  degli  organi  vocali  hanno 
un'  importanza  ancora  minore  che  non  nelle  pa- 
ralalie,  poiché,  avendo  scambiate  delle  parole  fra 
loro  e  il  suono  che  è  scomparso  in  una  ricom- 
parendo nelle  altre,  non  ne  risulta  nessuna  fa- 
cilitazione di  pronuncia  e  le  cause  devono  esser 
dunque  sopratutto  psichiche. 

Poiché  queste  più  delle  fisiologiche  ci  interes- 
sano, rileviamole  brevemente  nelle  due  classi  di 
errori,  paralalie  e  onomatomissie,  nelle  quali  esse 
predominano. 

Abbiamo  i  più  bei  casi  di  interpolazione  quando 
il  corso  del  pensiero  s'interrompe  o  finisce  mentre 


?,■■ 

I 


Ili    -    LA    RAPPRESEKTAZIOKE    VERBALE  61 

ancora  si  susseguono  le  rispettive  rappresenta- 
zioni verbali,  giacche  allora  appunto  queste  sono 
più  facilmente  esposte  ad  associazioni  puramente 
fonetiche. 

Nelle  ommissioni  le  rappresentazioni  verbali 
posteriori  si  affollano  e  urgono  prima  che  le  an- 
tecedenti sian  state  espresse  e  perciò  si  presen- 
tano sovente  nello  scrivere  ;  parlando,  occorrono 
quando  il  movimento  d'articolazione  è  rallentato 
da  suoni  inusati,  o,  per  emozione,  i  pensieri  si 
susseguono  rapidissimi. 

Nelle  trasposizioni  abbiamo  lo  stesso  fenomeno, 
ma,  0  ritornano  poi  i  suoni  abitualmente  asso- 
ciati a  quelli  interrotti  (anticipazione),  o  l'imma- 
gine di  un  suono  passato  è  ancora  presente  e 
urge  i  movimenti  d'articolazione  quando  questi 
già  hanno  seguito  le  immagini  successive  (po- 
sticipazione), caso  questo  più  raro  del  precedente 
perchè  generalmente  le  immagini  si  succedono  più 
rapidamente   dei  movimenti  d'articolazione. 

Nei  casi  di  onomatomissia  è  evidente  l'in- 
fluenza di  parole  associate  per  significato  o  per 
suono  a  quelle  che  dovevano  esser  pronunciate; 
associazioni  che,  non  più  per  contiguità  come 
nei  casi  precedenti,  e  favorite  generalmente  da 
rilassatezza  nell'attenzione  che  presiede  allo  svol- 
gersi coordinato  del  pensiero  e  della  parola,  si 
svolgono  in  un  campo  più  vasto. 

Alle  modificazioni  che  abbiamo  menzionate  e 
alle  quali  un  individuo  può  occasionalmente  sotto- 
porre i  suoni  e  le  parole  di  una  lingua,  possiamo 
annetterne,  alla  fine  di  questo  studio  della  pa- 


62  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

rola  come  fenomeno  individuale,  due  altri  gruppi 
che  appartengono  però  interamente  alla  norma- 
lità, e  che  di  conseguenza  già  ci  conducono  nel 
campo  dei  fenomeni  collettivi. 

Notiamo  innanzi  tutto  che  lo  stesso  suono  non 
vien  in  realtà  pronunciato  sempre  egualmente 
dallo  stesso  individuo  (1),  tanto  meno  poi  da  tutti 
gli  individui  di  una  comunità  linguistica,  ma  su- 
bisce variazioni  per  la  posizione  di  articolazione 
(più  0  meno  gutturale,  ecc.),  per  la  durata,  per 
la  forza  e  per  l'altezza  (basso,  acuto). 

E  un  fatto  evidente  se  si  pensa  che  appunto 
per  queste  differenze  distinguiamo  la  voce  di  una 
persona  fra  quelle  di  molte  altre,  e  se  si  ricorda 
come  cambi  la  voce  dello  stesso  individuo  non 
solo  dall'  infanzia  all'adolescenza,  alla  virilità, 
alla  vecchiaia,  ma  anche  a  seconda  delle  pas- 
sioni che  lo  agitano,  degli  affetti  che  lo  oc- 
cupano. 

Pili  sensibili  sono  i  mutamenti  ai  quali  vengono 
sottoposti  i  suoni  di  una  lingua  straniera  prima 
di  diventare  d'uso  generale  nella  nuova  patria. 
Il  suono  straniero  viene  innanzi  tutto  assimilato 
a  quello  più  assomigliante  nella  nostra  lingua,  il 
quale  alla  sua  volta  è  già  associato  ai  corrispon- 
denti movimenti  d'articolazione  ;  ma  quando  vo- 


(1)  Naturalmente  non  intendo  parlare  di  suoni  diversi 
che  abbiano  un  sol  segno  come  1'  e  chiuso  e  1'  e  aperto, 
r  s  dolce  e  r  s  aspra,  ecc.,  bensì  ad  esempio  del  suono  e 
in  "  me  ,,  del  suono  6  in  *  bue  ,,  ecc. 


Ili  -  LA  RAPPRESENTAZIONE  VERBALE        63 

gliamo  poi  ripetere  noi  il  suono  udito,  assimiliamo 
ancora  quei  movimenti  d'articolazione  a  quelli 
che  ci  sono  più  abituali  e  cosi  n'esce  il  suono 
straniero  modificato  nel  senso  di  una  complica- 
zione acustica  e  motoria. 

Questo  processo  ci  rende  ragione  del  perchè 
spesso  riteniamo  la  nostra  pronuncia  già  per 
corretta  quando  ancora  non  lo  è,  giacche  per 
l'intima  complicazione  delle  sensazioni  d'artico- 
lazione colle  acustiche  non  udiamo  esatto  che 
quello  che  sappiamo  pronunciar  esatto. 

Se  infine  consideriamo  tutti  i  mutamenti  fo- 
netici da  un  punto  di  vista  pm'amente  fisiologico, 
e  cioè  tenendo  conto  delle  diverse  condizioni  di 
pronuncia  del  suono  iniziale  e  del  modificato,  può 
darsi  che  tra  essi  non  sia  possibile  un  passaggio 
graduale  attraverso  suoni  intermedi  (così  fra  r 
e  p)o  invece  che  con  infinite,  leggiere,  successive 
modificazioni  del  suono  iniziale  si  possa  arrivare 
a  quello  finale  (così  dall'w  all'i). 

Siccome  però  evidentemente  il  mutamento  che 
potrebbe  compiersi  passando  per  molti  suoni 
intermedi,  può  sempre  compiersi  anche  d'un 
tratto,  avremo  stabilita  una  distinzione  sicura 
se  chiameremo,  tenendo  conto  delle  condizioni 
fisiologiche  di  tutto  il  processo,  scambio  di  suoni 
il  passaggio  saltuario  dall'iniziale  al  finale  (co- 
munque esso  sia  possibile) ,  e  mutamento  di  suono 
una  serie  di  leggiere  modificazioni  del  suono 
iniziale. 

Dei  mutamenti  fonetici  dei  quali  abbiamo  stu- 
diate le  cause  psichiche:  vizi  di  articolazione, 


64  PSICOLOGIA   DELLA    LINGUA 

ampiezza  dell'articolazione  normale,  forestierismi, 
appartengono,  per  la  loro  natura  fisiologica,  i 
primi  alla  classe  degli  scambi  di  suono,  i  secondi 
a  quella  dei  mutamenti,  e  i  terzi  all'una  e  al- 
l'altra; diversità  fisiche  del  fenomeno  individuale 
che,  colle  psichiche,  ci  serviranno  all'interpreta- 
zione di  quello  collettivo. 


IV. 
FORMAZIONE 


Suoni  primitivi  —  Grido  —  Suo  sviluppo  negli  animali 
—  n  canto  dell'uomo  —  Sviluppo  del  linguaggio  nel 
bambino  —  Interiezioni  primarie  —  Parole  che  di- 
ventano suoni  primitivi  —  Vocativo,  imperativo  — 
Suoni  primitivi  che  diventano  parole. 

Parole  —  Gesti  fonetici  imitativi  —  Suoni  rappresenta- 
tivi e  suoni  imitativi  —  Gesti  fonetici  indicanti  — 
Metafore  fonetiche  —  Raddoppiamento  —  Distinzione 
delle  formazioni  in  volgari  e  letterarie,  originali  e 
per  composizione  ;  loro  caratteri  —  Analisi  psico- 
logica della  formazione  per  composizione. 


Bayizza,  Psicologia  della  Lingua. 


IV. 
Formazione. 


Fin  qui  noi  abbiamo  studiato  dei  fenomeni 
linguistici  neìVindmduo,  ma  il  linguaggio  è,  come 
abbiamo  osservato,  fenomeno  collettivo  e  come 
tale  ci  accingiamo  a  studiarlo  ora  che  posse- 
diamo gli  elementi  di  psicologia  individuale  dei 
quali,  conformemente  ai  rapporti  rilevati  fra  i 
due  ordini  di  fenomeni,  avremo  bisogno. 

Cominciamo  a  ricercare  per  quali  processi 
psichici  nascano  in  una  lingua  parole   nuove. 

All'uopo  è  opportuno  di  considerare  anche  tutto 
quel  materiale  fonetico  che  sta,  per  così  dire, 
fuori  della  parola. 

Che  vi  sia  questo  materiale  riuscirà  evidente 
a  chi  ricordi  come  già  le  piìi  semplici  emozioni 
fossero  accompagnate  da  movimenti  espressivi, 
dei  quali  alcuni,  interessando  speciali  plessi  mu- 
scolari, davan  luogo  a  suoni,  mentre  la  parola 
non  appare  che  come  risultato  dei  processi  più 
alti  di   sintesi    e    di    analisi.  Questo   materiale 


68  PSICOLOGIA   DELLA   LINGUA 

noi  vogliamo  ordinare  in  una  linea  generale  di 
sviluppo,  non  intendendo  con  ciò  di  far  lavoro 
d'indole  storica,  di  voler  cioè  stabilire  un  punto 
d'origine  del  linguaggio  e  diversi  stadi  che 
esso  abbia  percorsi  per  divenire  quale  noi  lo 
troviamo  oggi,  sia  pure  presso  i  popoli  meno 
civili,  formato  di  parole  ;  giacche,  attenendoci  ai 
dati  di  fatto  che  ci  forniscono  continuamente  le 
lingue  dei  popoli  più  diversi  nei  loro  diversi  pe- 
riodi storici,  constatiamo  sempre  e  dappertutto 
uno  sviluppo  della  lingua  nella  lingua  e  non  ab- 
biamo mai  indizi  di   un  periodo   prelinguistico. 

Mentre  dunque  ricerca  storica  e  psicologia  si 
integrano  nello  studio  genetico  dei  singoli  feno- 
meni linguistici  e  delle  singole  lingue,  lasciano 
entrambe  libero  campo  alle  più  svariate  ipotesi 
sul  come  sia  nato  il  linguaggio.  Noi  vogliamo 
ora  soltanto,  e  secondo  criteri  puramente  psico- 
fisici, analizzare,  ordinare,  graduare  dai  più  sem- 
plici e  diffusi  ai  più  complessi  e  ristretti  i  feno- 
meni fonetici  che  ci  si  presentano  nel  fenomeno 
collettivo  contemporaneamente  alla  parola  ma 
fuori  di  essa. 

Conformemente  al  concetto  che  della  lingua 
ci  siamo  studiati  di  dare  nel  primo  capitolo,  dal 
quale  essa  risultava  esser  parte  di  quel  com- 
plesso di  movimenti  espressivi  mimici  e  panto- 
mimici che  accompagnano  le  emozioni,  dobbiamo 
considerare  quali  forme  primitive ,  quei  suoni 
che  producono  cogli  organi  respiratori,  molti 
animali  e  il  bambino,  quando  siano  dominati  da 
emozioni. 


IV    -    FORMAZIONE  69 


Osserviamo  che,  sia  nell'animale  che  nel  bam- 
bino, questi  suoni  hanno  sopratutto  un  valore 
puramente  soggettivo;  essi  hanno  cioè  per  prima 
conseguenza  un  aumento  (vedi  pag.  24)  dell'af- 
fetto nell'individuo,  e  solo  secondariamente  il 
sorgere  di  affetti  corrispondenti  in  individui  si- 
mili, ma  in  maggior  misura  di  tutti  gli  altri 
movimenti  espressivi,  perchè  alle  altre  sensazioni 
si  aggiungono  le  auditive. 

La  forma  primitiva,  e  così  la  chiamiamo  perchè 
è  la  più  diffusa  e  non  manca  mai  dove  si  pre- 
sentino le  altre,  è  il  grido,  manifestazione  di 
forti  affetti  di  dolore  e  d'ira;  ad  esso  vedremo, 
anzitutto  brevemente  per  gli  ammali,  pili  diffu- 
samente poi  pel  bambino,  come  si  aggiungano 
altre  forme  ad  esprimere  altri   sentimenti  vari. 

Negli  animali  viventi  non  isolatamente  quei 
primi  affetti  si  modificano  e  i  gridi  di  dolore  e 
d'ira  si  attenuano  in  quelli  di  aiuto,  e  di  richiamo, 
che  servono  in  pari  tempo  ad  esprimere  affetti 
dolorosi  più  deboli  e  anche  piacevoli,  ai  quali  tutti 
prima  non  corrispondeva  nessun  suono. 

In  altri  animali  infine,  l'uomo  compreso,  pur 
persistendo  le  espressioni  precedenti,  quelle  degli 
affetti  meno  forti  si  sviluppano  in  una  varietà 
di  suoni,  nei  quali  distinguiamo  e  modulazione 
(cioè  il  variare  di  tono)  e  articolazione,  che  pur 
differendo  tra  loro  per  le  cause  e  le  condiziom* 
psichiche  e  fisiologiche,  non  si  escludono;  che 
anzi  l'articolazione  non  va  mai  scompagnata 
dalla  modulazione. 

I  più  perfetti  suoni  vocali  nel  regno   animale 


70  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

sono  quelli  degli  uccelli  canori,  i  quali  sono  prov- 
visti di  un  apparato  adattatissimo  alla  modula- 
zione dei  suoni.  Il  loro  canto  però  differisce 
essenzialmente,  pur  trascurando  il  contenuto  rap- 
presentativo, da  quello  dell'uomo;  innanzi  tutto, 
perchè  di  suoni  veramente  articolati,  se  esclu- 
diamo i  molti  che  a  noi  sembrano  tali  perchè 
li  assimiliamo  a  suoni  nostri,  ne  contiene  po- 
chissimi, e  quei  pochi  son  così  incerti  da  non 
poter  essere  fìssati  in  segni  fonetici  ;  poi  perchè 
non  è  sorretto  e  legato  dal  ritmo.  Se  per 
l'articolazione  e  per  il  ritmo  il  canto  umano  si 
distingue  dalle  forme  anche  superiori  di  espres- 
sioni vocali  degli  animali,  per  il  ritmo  sopratutto 
si  distingue  dalle  altre  espressioni  vocali  del- 
l'uomo e  mostra  l'origine  sua  di  compagno  del 
lavoro. 

E  infatti  nel  camminare,  batter  biade,  spaccar 
legna,  ecc.,  principalmente  se  parecchie  persone 
vi  attendono  di  conserva,  che  il  ritmo,  il  quale 
appare  già  nei  fenomeni  d'innervazione,  cir- 
colazione e  respirazione,  si  manifesta,  si  stabi- 
lisce, si  rafforza  e  si  regola  in  gridi,  in  cantilene, 
in  canzoni. 

Nello  sviluppo  delle  manifestazioni  orali  del 
bambino  possiamo  distinguere  tre  stadi  : 

Il  primo,  che  si  estende  generalmente  fino 
alla  sesta  settimana,  è  quello  dei  gridi  e  in- 
comincia, come  abbiamo  detto,  con  quelli  di 
dolore,  generalmente  per  freddo  e  fame ,  che 
vengon  emessi  a  bocca  aperta  ed  hanno  suono 
simile   a    quello    delle  vocali   «;    u,    e.   Ma  già 


IV    -    FORMAZIONE  71 


pochi  giorni  dopo  la  nascita  questi  gridi  ser- 
vono ad  esprimere  anche  semplice  malessere  per 
una  posizione  mal  comoda  o  simili,  e  la  collera. 
A  poco  a  poco  aumenta  il  numero  dei  suoni,  alle 
vocali  si  aggiunge  qualche  esplosiva  e  qualche 
strascico  nasale  :  ta,  ani,  em. 

Il  secondo  periodo,  che  va  dalla  settima  set- 
timana alla  fine  del  primo  o  anche  del  secondo 
anno,  è  quello  in  cui  compare  una  quantità  di 
suoni  articolati,  dipendenti  oltre  che  dal  continuo 
aumentare  e  differenziarsi  degli  affetti,  principal- 
mente dei  piacevoli,  dalla  maggiore  agilità  dei 
muscoli  della  bocca  e  della  laringe,  e  sopratutto 
dallo  spuntare  dei  denti  incisivi.  Notiamo  in 
questo  periodo,  generalmente  nella  seconda  metà 
del  primo  anno,  anche  suoni  ripetuti,  e  spesso 
anche  modulazioni,  affatto  inarmoniche  però,  e 
tracce  di  un  piacere  al  ritmo,  e  infine,  come  mani- 
festazione parziale  della  tendenza  vivissima  ad 
imitare  i  gesti  altrui,  la  lingua  imitativa,  la  quale, 
benché  il  bambino  non  annetta  generalmente 
ancora  nessun  significato  determinato  ai  suoni 
che  sente  e  che  ripete,  ci  appare  come  il  primo, 
manifesto,  effetto  dell'influenza  diretta  dell'am- 
biente sul  nuovo  individuo,  sul  bambino. 

Di  pari  passo  colla  lingua  imitativa  si  sviluppa 
V intelligenza  della  parola  altrui  ;  già  nei  primi 
mesi  si  nota  che  le  più  semplici  espressioni  mi- 
miche degli  adulti  fanno  nascere  nel  bambino 
affetti  corrispondenti;  poi  esso  mostra  di  capire 
gesti  indicanti  e  parole,  guardando  gli  oggetti 
indicati  o    nominati  ;   arriva  così  un  tempo  nel 


72  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

quale  il  bambino  capisce  molte  parole,  sa  ripro- 
durre quasi  tutti  i  suoni  della  lingua  che  ode, 
ma  non  usa  ancora  egli  stesso  delle  parole  per 
designare  nessun  oggetto. 

L'unirsi  di  quelle  due  capacità,  che  per  pa- 
recchio tempo  si  sviluppano  separatamente,  ca- 
ratterizza il  terzo  stadio,  quello  della  vera  for- 
mazione della  lingua.  In  questa  dunque  il  bambino 
non  porta,  come  si  credette  e  si  crede  da  molti, 
elementi  suoi,  parole  inventate  da  lui,  ma  mostra 
anzi  di  soggiacere  per  la  lingua,  come  pel  resto 
della  sua  vita  psicofisica,  all'azione  dell'ambiente; 
riceve  cioè  quanto  la  razza  si  è  acquistato  ed 
ha  elaborato  per  lunga  serie  di  generazioni. 

Se  noi  ora  cerchiamo  di  interpretare  psicolo- 
gicamente lo  sviluppo  osservato  nel  bambino, 
vediamo  anzitutto  che  i  primi  suoni  articolati, 
pur  essendo  espressioni  di  sentimenti,  differiscono 
già  dai  primi  gridi  di  fame  e  di  freddo,  perchè 
esprimono  sentimenti  più  moderati  e  anche  pia- 
cevoli, e  differiscono  ancora  dalle  parole  perchè 
non  sono  in  determinata  relazione  con  determinati 
affetti,  ma  lo  stesso  suono  può  esprimere  vari 
moti  dell'animo.  Per  questi  caratteri,  che  hanno 
comuni  con  analoghe  espressioni  di  molti  animali, 
e  perchè,  quando  il  bambino  non  mostra  ancora 
alcun  istinto  di  imitazione  e  non  subisce  quindi 
influenza  dell'  ambiente,  sono  diversi  tra  bam- 
bini delle  diverse  razze,  dobbiamo  dire  che  essi 
dipendono  da  disposizione  atavica  alla  rapida 
formazione  di  speciali  vie  centrali,  per  le  quali 
il  bambino    già   nelle    prime  settimane  di   vita 


FORMAZIONE  73 


reagisce  oltre  che  con  movimenti  puramente  mi- 
mici, con  sonori,  i  quali  raggiungono  presto  nu- 
mero e  varietà  ben  maggiore  di  quello  che  non 
richiederebbe  l'espressione  dei  suoi  pochi  e  sem- 
plici moti  psichici. 

L'aumentata  facilità  d'appercezione  spiega  poi 
l'apparire  della  lingua  di  ripetizione  e  l'intelli- 
genza delle  parole.  Entrambe  risultano  da  asso- 
ciazioni di  primo  grado,  e  cioè:  La  prima  da 
un'associazione  per  eguaglianza  per  la  quale  alla 
parola  udita  e  al  movimento  d'articolazione  visto, 
si  associa  uno  dei  complessi  fonici  già  abituali 
che  dà  un  suono  simile  ;  associazione  dunque  che 
interessa  sopratutto  i  centri  auditivi,  ma  coadiu- 
vata dalla  complicazione  oggettiva  dell'impres- 
sione visiva  del  movimento,  e  dalla  soggettiva 
del  movimento  degli  organi  vocali. 

La  seconda  da  una  associazione,  per  contiguità 
fra  gli  elementi  visivi  oggetto  e  gesto,  e  l'au- 
ditivo della  parola,  dalla  quale  associazione  poi 
scade  il  gesto  come  quello  che  si  ripete  uni- 
forme con  diverse  parole  e  diversi  oggetti. 

L'uso  della  parola  a  designare  un  dato  og- 
getto appare  dunque  come  una  combinazione 
appercettiva  di  secondo  grado  risultante  dalle 
due  precedenti. 

Spiegato  così  lo  sviluppo  generale  della  lingua 
infantile  e  le  sue  condizioni  psicologiche,  vediamo 
ora  di  renderci  ragione  d'alcune  particolarità  che 
questa  lingua  presenta,  pur  non  essendo  che  imi- 
tazione della  lingua  degli  adulti.  Ne  abbiamo 
due  degne  di  nota  :  la  presenza  di  speciali  forme 

Eavizza.  Psicologia  della  Lingua.  10 


74  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

onomatopeiche  e  la  presenza  di  moltissime  parole 
risultanti  da  modificazioni  più  o  meno  profonde, 
di  quelle  usate  dagli  adulti. 

La  prima  è,  contrariamente  a  quanto  può  sem- 
brare a  prima  vista,  come  tutta  la  formazione  della 
lingua,  sopratutto  effetto  dell'ambiente,  e  trova  la 
sua  spiegazione  in  due  tendenze  che  si  manifestano 
nell'adulto  che  cerca  di  intrattenersi  col  bambino  : 
cioè,  la  tendenza  ad  adattare  le  proprie  parole  ai 
suoni  abituali  al  bambino,  appunto  come  abbiamo 
visto  che  il  bambino  tende  ad  adattare  i  suoi  a 
quelli  che  ode,  e  la  tendenza  a  formare  parole  che 
siano  per  se  stesse  intelligibili;  per  le  quali  due 
tendenze,  dunque,  la  parola  che  l'adulto  rivolge 
al  bambino  è  in  parte  imitazione  dei  suoni  in- 
fantili, in  parte  rappresentazione  dei  caratteri 
di  un  dato  oggetto. 

Le  particolarità  del  secondo  gruppo  invece, 
manifestano  una  diretta  azione  del  bambino  nella 
formazione  delle  sue  parole,  e  si  presentano  anche 
quando  il  bambino  si  è  già  reso  interamente 
padrone  della  lingua. 

Dipendono  sopratutto  da  due  condizioni: 
L  Dalla    imperfetta    appercezione  ottica    e 
acustica  di  ogni  singolo  suono  ; 

IL  Dalle    influenze    che    esercitano    su    un 
suono  quelli  vicini. 

Nella  prima  hanno  sopratutto  importanza  le 
appercezioni  ottiche  dei  movimenti  che  il  par- 
lante fa  per  pronunciare  un  dato  suono  e  che 
il  bambino  osserva  attentamente  per  imitare; 
ciò  che   spiega  il   predominare  nella  lingua  in- 


IV    -    FORMAZIONE 


fantile  delle  labiali  e  dentali,  cioè  di  quei  suoni 
dei  quali  il  bambino  può  più  facilmente  vedere 
i  movimenti  come  quelli  che  si  compiono  colle 
parti  pili  esterne  dell'apparato  orale;  la  imper- 
fetta appercezione  auditiva  poi  non  è  che  un 
effetto  della  imperfetta  articolazione,  giacche 
complicandosi  nella  parola  sensazioni  auditive  e 
di  articolazione,  ne  viene  che ,  come  abbiamo 
già  notato  altrove  (pag.  63),  non  percepiamo 
perfettamente  i  suoni  articolati  che  non  pos- 
siamo perfettamente  pronunciare;  così  chi,  ad  es., 
non  pronuncia  diversamente  IV  linguale  dalla 
gutturale  spesso  non  ne  avverte  la  differenza 
udendole  pronunciare,  e  nello  studio  di  una  lingua 
straniera  spesso  si  arriva  a  notare  la  diversità 
che  corre  fra  due  suoni  solo  quando  se  ne  è 
imparata,  magari  da  schemi  degli  organi  fonetici, 
la  diversa  meccanica  di  articolazione. 

Il  secondo  motivo  pel  quale  il  bambino"  mo- 
difica i  suoni  che  ode,  riposa  sulla  associazione 
delle  immagini  verbali  e  sulle  condizioni  mec- 
caniche dell'articolazione,  e  per  quanto  già  di- 
cemmo in  proposito  alla  fine  del  capitolo  prece- 
dente, riesce  evidente  che  il  bambino,  nel  quale  i 
movimenti  d'articolazione  sono  ancora  mal  sicuri, 
vi   sarà  esposto  pili  dell'adulto. 

I  suoni  che  abbiamo  studiati  quali  precedenti 
la  parola  perdurano ,  come  dicemmo ,  anche 
quando  questa  siasi  già  costituita  e  l'uomo  sia 
in  possesso  di  una  vera  lingua,  e  perdurano 
come  gridi  inarticolati  emessi  solo  nel  colmo  del 
dolore,  dell'  ira  e  della  gioia  e  come  suoni  arti- 


76  PSICOLOGIA   DELLA   LINGUA 

colati  che  esprimono  sentimenti  più  moderati. 
Questi  suoni  sono  appunto  le  interiezioni  primarie, 
che  non  sono  per  nulla  collegate  al  restante  ma- 
teriale della  lingua  e  appaiono  qua  e  là,  come 
resti  di  un  linguaggio  primitivo,  a  interrompere 
il  discorso. 

Benché  numerosissime  anche  nelle  lingue  dei 
popoli  più  civili,  vanno  fra  essi  scomparendo  in 
due  sensi  diversi  e  cioè  o  assimilandosi  parole 
della  lingua  o  invece  entrando  esse  a  far  parte 
di  parole.  La  prima  di  queste  trasformazioni 
sembra  dovuta  all'abitudine  di  moderare  l'espres- 
sione dei  propri  sentimenti,  per  cui  le  interiezioni 
primarie  vengon  sostituite  a  poco  a  poco  dalle 
secondarie,  cioè  da  quelle  espressioni  di  senti- 
menti che  hanno  forma  di  parola,  come  ZeO,  me 
hercle;  Dio  mio!;  Donnervetter;  parbleu,  ecc. 

Queste,  che  serbano  evidente  l'impronta  del- 
l' epoca  e  della  coltura,  in  cui  sono  nate,  aumen- 
tano col  diminuire  delle  primarie,  così  che  ad 
esse  si  deve  ricorrer  per  render  le  molte  e  varie 
esclamazioni  primarie  che  si  trovano  negli  autori 
più  antichi.  Così  il  Belletti  traduce  con  "  Ahi, 
me  misero]  Ahi,  ahi!  „  il  àrranTraTrai,  TraTrarrTra- 
TTaTTTraTraTTrraTTaT  —  del  Filottete. 

Nulla  però  esclude  che,  anche  fra  le  così  dette 
esclamazioni  primarie,  ce  ne  siano  alcune  che 
paiono  a  noi  irriducibili,  ma  che  sono  in  realtà 
secondarie. 

Anche  il  vocativo,  piuttosto  che  un  vero  caso, 
è ,  come  si  vedrà  meglio  dopo  aver  studiati  i 
casi,    un    sostantivo    usato    come    interiezione, 


I 


FORMAZIONE 


quindi  un'  interiezione  secondaria ,  diversa  però 
dalle  precedenti  in  questo,  che  nel  suo  contenuto 
anziché  un  sentimento,  predomina  una  rappre- 
sentazione. Cosi:  "  Fratello  I  „  *•  Padre  I  „  possono, 
astrazion  fatta  dal  tono  col  quale  vengon  pro- 
nunciate e  dai  gesti  che  le  accompagnano,  espri- 
mere tanto  gioia  che  dolore  o  sorpresa,  mentre 
invece  il  loro  contenuto  rappresentativo  è  deter- 
minato, a  differenza,  ad  es.,  di  '•ahil^  o  di 
*•  Evviva!  „,  delle  quali  la  prima  esprime  solo 
dolore,  la  seconda  solo  gioia,  ma  né  l'una,  né 
l'altra,  una  determinata  rappresentazione  con- 
creta. 

Il  posto  che  tra  le  forme  nominali  occupa  il 
vocativo,  spetta  fra  le  verbali  a.ì\'Ì7nperativo  che 
altro  non  é,  se  non  l'espressione  esclamativa  di 
una  determinata  immagine,  che  però  già  più  del 
vocativo  si  avvicina  alla  parola,  perchè,  mentre 
quello,  per  le  molteplici  complicazioni  in  cui  può 
trovarsi  un  oggetto,  può  venir  interpretato  in 
vari  modi,  questo  esprime  generalmente  una  data 
azione  e  nessun' altra  ;  così:  Va!  Vieni!   Salta! 

Come  il  vocativo  non  ha,  generalmente,  suffisso 
di  caso,  l'imperativo  non  ha  suffisso  personale, 
e  ne  vediamo  spesso  affidata  la  funzione  a  una 
forma  indifferente.  Cosi  nell'antico  indiano  (cfr. 
Chdra,  CJiàratad),  nel  greco-omerico,  nel  ger- 
manico, nel  lituano  e  nello  slavo  —  a  una  forma 
infinitiva,  come  nel  nostro  imperativo  negativo 
"  Non  andare!  „    "  Non  bere!  „ 

Lo  stesso  valore  hanno  espressioni  avverbiali, 
come    "Qui!  Via!  ecc.  „,   le  quali  vengono  co- 


78  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

munemente  considerate  come  frasi  incomplete, 
come  ellissi,  cioè,  di  "  Vieni  qui!  Va  via!  „  perchè 
si  sottopongono  a  una  integrazione  logica,  ma 
dal  punto  di  vista  psicologico,  e  cioè  in  realtà, 
non  sono  frasi,  giacche  non  presentano  traccia 
di  quei  processi  che  vedemmo  e  vedremo  essere 
essenziali  della  frase. 

Abbiamo  mostrato  come  in  certi  casi  ai  suoni 
primitivi  si  siano  sostituite  delle  parole  che  psi- 
cologicamente sono  loro  divenute  equivalenti: 
vediamo  ora  invece  come  interiezioni  entrino  a 
far  parte  di  parole.  Questo  avviene  quando  da 
esse  si  formano  parole  che  indicano  appunto  le 
rappresentazioni  connesse  a  quelle  manifestazioni 
di  sentimento;  così  il  greco  oìjuiuuZiuj  (gemo),  da 
oio|Lioi  (ahimè!)  —  il  latino  "  ululare  „  da  "  uh"!  „ 
—  il  tedesco  "  achzeh  „  da  "  ach  !  „  —  il  nostro 
guaire  e  il  sost,  guaio  da  guai!,  quando  perdano 
dunque  il  loro  valore  puramente  sentimentale 
per  un  significato  oggettivo  concreto. 

Ma,  dato  anche  il  numerò  relativamente  esiguo 
delle  esclamazioni  primarie,  quello  di  queste  for- 
mazioni è  molto  limitato,  e  fuori  delle  denomi- 
nazioni dei  suoni  primitivi  stessi  o  immagini  ad 
essi  relative,  come  negli  esempi  dati,  si  presenta 
solamente  nelle  due  parole  "  babbo  „  e  "  mamma  „. 
Queste  e  i  loro  corrispondenti,  poco  diversi  in 
tutte  le  lingue,  hanno  tutti  i  caratteri  di  quella 
lingua  di  ripetizione  che,  nei  modi  già  spiegati, 
si  forma  fra  il  bambino  e  le  persone  che  lo  av- 
vicinano ;  constano  cioè  di  suoni  che  per  i  primi 
il  bambino  può  adattare  fra  tutti  quelli  che  ode 


IV    -    FORMAZIONE 


e  che  vengono  naturalmente  dai  circostanti  e 
quindi  anche  dal  bambino  riferiti  or  all'una,  or 
all'altra  delle  persone  che  gli  son  sempre  d'at- 
torno e  che  pili  spesso  li  odono  e  li  ripetono. 
(Si  confronti  il  nome  di  hahà  che  a  Firenze  i 
bambini  sogliono  dare  alla  nutrice). 

Mentre  nelle  lingue  meno  progredite  esse 
hanno  mantenuto  in  forme  come  "  papà  e  marna  „ 
il  loro  primitivo  carattere,  l'hanno  perdute  in 
altre  (es.:  pater,  mater),  generalmente  assimilan- 
dosi alla  forma  di  parole  affini  per  senso  {frater, 
soror). 

E  passiamo  dai  suoni  primitivi  alle  parole. 

Di  queste  ci  presenta  ogni  lingua  un  certo  nu- 
mero, i  cui  elementi  fonetici  stanno  in  diretta, 
evidente  relazione  col  loro  contenuto  oggettivo  ; 
esse  si  possono  suddividere  in  due  specie: 

Suoni  imitativi  (comunemente  onomatopee),  cioè 
parole  che  servono  a  designar  un  suono  per  sé 
o  come  parte  caratteristica  di  un'impressione,  e 
hanno  con  esso  una  somiglianza  diretta.  Es.  :  Cu- 
culo, upupa,  tintinnare,  gracchiare,  cigolare,  ecc.; 
puffen,  kribbeln,  lutschen,  etc. 

Suoni  rappresentatim,  cioè  parole  che  rendono 
con  un  suono  un  fenomeno  non  accompagnato 
da  nessun  rumore,  vestono,  per  così  dire,  di  una 
forma  fonetica  una  sensazione  non  uditiva.  Es.: 
tentennare,  titillare,  tremolìo. 

L' imitazione  fonetica  dunque  può  essere  T  imi- 
tazione del  suono  o  l'imitazione  col  suono. 

Sia  in  un  caso  che  nell'altro  essa  non  è  già, 
almeno  in  generale,  un'artificiosa  traslazione  di 


80  PSICOLOGIA    DELLA    LIXGUA 

un'impressione  in  suoni,  ma  è  un  moto  impul- 
sivo, che,  siccome  interessa  gli  organi  della  fa- 
vella, produce  un  suono,  e  la  relazione  tra  suono 
e  significato  è  un  fatto  secondario,  dipendente 
dalla  relazione  fra  impressione  e  movimenti 
espressivi.  Non  si  pronunciò  originariamente  un 
dato  suono  perchè  esso  avrebbe  dovuto  avere  una 
data  somiglianza  con  un'  impressione  oggettiva  (e 
i  suoni  del  secondo  gruppo  non  ne  presentano 
affatto),  ma  risultò  invece  simile  all'  impressione 
dai  movimenti  degli  organi  orali  che  a  quella 
seguirono  come  parte  di  tutti  quei  movimenti 
pantomimici  e  mimici  che  fa  chi  assiste  a  un 
avvenimento,  e  che  sono,  o  imitazione  dell'avve- 
nimento, 0  manifestazione  dei  sentimenti  che  esso 
produce,  per  cui  potremmo  ben  chiamare  i  suoni 
sia  dell'uno  che  dell'altro  gruppo:  gesti  fonetici. 

Da  questo  punto  di  vista  son  sopratutto  evi- 
denti le  condizioni  psicologiche  dei  suoni  rappre- 
sentativi, ed  è  chiaro  come  la  loro  affinità  con 
ciò  che  rappresentano,  risulti  sopratutto  dai  mo- 
vimenti di  articolazioni,  I  suoni  che  questi  pro- 
ducono, richiamano  poi  in  chi  ode,  movimenti,  e 
quindi  immagini,  simili. 

Ma  la  stessa  spiegazione  v^ale  anche  per  i 
suoni  imitativi;  se  non  che  questi,  oltre  che  ri- 
chiamare un  movimento  simile  a  quello  da  cui 
furono  prodotti,  sono  direttamente  collegati  al- 
l'impressione,  di  cui  non  sono  che  una  ripeti- 
zione; in  essi  quindi  può  forse  col  movimento 
impulsivo  complicarsi  l'intenzione  di  imitare  di- 
rettamente un  dato  suono. 


IV    -    FOBMAZIOXE  81 


Tutte  queste  forme  sarebbero  in  fondo,  come 
dicemmo,  specie  di  gesti  imitativi,  ma  non  man- 
cano però  anche  fra  i  gesti  fonetici  quelli  indi- 
canti,  e  sarebbero  costituiti  dalle  parole  che  de- 
signano organi  della  pronuncia,  e  atti  relativi, 
parole  nelle  quali  generalmente  agiscono  sopra- 
tutto appunto  quegli  organi  che  esse  designano. 
Così,  per  es.,  il  nome  per  "  lingua  „  contiene  in 
molti  idiomi  delle  dentali  e  delle  linguali,  così 
quello  per  "  dente  „  delle  dentali,  quello  per 
"  labbra  „   delle  labiali. 

Dai  suoni  imitativi  e  rappresentativi,  i  quali 
sono  in  relazione  colla  rappresentazione  per  via 
delle  rispettive  sensazioni,  vanno  distinte  le 
metafore  fonetiche,  sotto  il  qual  nome  intendiamo 
un  suono  articolato  che  stia  col  suo  significato 
nella  relazione,  in  cui  si  trova,  ad  es.,  una  nota 
musicale  con  un  colore  (vedi  pag.  15),  in  una 
relazione  cioè  risultante  dall'affinità  dei  rispettivi 
contenuti  sentimentali.  Questo  carattere  della 
metafora  fonetica  sembrerebbe  suggerir  subito 
quali  esempi  di  essa,  parole  come  "  acre,  dolce; 
duro,  molle;  rapido,  piano;  ecc.  „,  e  potrebbe 
indurre  a  credere  che  le  metafore  fonetiche 
siano  numerosissime  in  tutte  le  lingue  ;  ma  in 
questi  esempi  e  negli  altri  simili,  l' associazione 
procede  probabilmente  in  senso  inverso  a  quella 
che  dicemmo  peculiare  della  metafora  fonetica, 
in  essi  cioè  è  il  significato  che  dà  il  valore  sen- 
timentale al  suono. 

Dovremo  invece  riconoscere  una  vera  metafora 
fonetica,  escludendo  per  ora  quelle  offerteci  nelle 

Ratizza,  Psicologia  della  Lingua.  11 


82  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

opere  letterarie  e  risultanti  da  un  uso  appropriato 
di  più  parole,  quando  la  parola  che  ne  presenta 
i  caratteri  non  sta  isolata  nella  lingua,  ma  fa 
parte  di  un  gruppo  di  parole  di  significato  e 
suono  affine,  nelle  quali  tutte,  una  variazione  nel 
carattere  sentimentale  del  suono  vada  parallela 
a  una  variazione  nel  carattere  sentimentale  del 
significato. 

Tali  ci  appaiono  decisamente  in  moltissime 
lingue,  specialmente  dei  popoli  primitivi,  le  espres- 
sioni corrispondenti  ai  nostri  avverbi  di  luogo 
qui,  là  (hier,  dort)  e  ai  nostri  pronomi  dimo- 
strativi questo,  quello,  nei  quali  la  maggior  lon- 
tananza del  luogo  0  della  persona  vien  di  solito 
resa  con  un  rinforzamento  della  vocale,  ritenendo 
"  a,  0,  u  „  come  le  vocali  più  forti,  "  e  „  ed  "  i  „ 
come  le  più  deboli. 

Queste  relazioni  (e,  dove  manchino,  ritroviamo 
corrispondenti  rinforzi  delle  consonanti),  si  pre- 
sentano con  una  tale  regolarità  da  escludere 
l'idea  che  si  possa  trattare  di  un  puro  caso. 

Oltre  questi  avverbi  e  questi  pronomi  dei  quali 
ciascuna  forma  è  interamente  in  relazione  col 
suo  significato,  abbiamo  anche  esempi  di  una 
parola  o  radice  indifi'erente  in  nessuna  relazione 
col  rispettivo  significato,  oppure  in  relazione  a 
esso  come  suono  imitativo  o  rappresentativo  e 
che  subisce  poi  delle  modificazioni  di  suono,  cor- 
rispondenti alle  rispettive  modificazioni  di  signi- 
ficato; così  in  ebraico  "  para  =  sciogliere;  |)ara e? 
=  separare  ;  parai  =  gettar  via  ;  parak  =  rom- 
pere; paras  =  spargere;  paraz  =  stendere,  ecc.; 


IV    -    FORMAZIONE 


83 


schaal  =  pregare  e  scìiiet  =  mendicare  (iterativo); 
A-aiaZ= battere  e  A-wrtai= venir  battuto  (passivo)  „. 

Considerate  come  sensazioni,  senza  nessun  ri- 
guardo al  sentimento  che  le  accompagna,  queste 
modificazioni  non  stanno  coi  loro  significati  in 
maggior  relazione  di  quello  che  stian  le  tinte 
chiare  ai  suoni  acuti  o  le  scure  ai  bassi,  ma  e 
qui  e  là  la  relazione  è  stabilita  dai  sentimenti 
di  depressione  o  eccitazione,  che  accompagnano 
le  sensazioni.  L'azione  intensa  e  ripetuta  eccita, 
lo  stato  passivo  deprime,  e  entrambi  trovano, 
nelFultimo  esempio,  la  corrispondente  espressione 
nella  diversa  tonalità  della  vocale. 

Le  metafore  fonetiche  poi  agiscono  general- 
mente, e  si  confondono,  coi  suoni  rappresentativi 
e  imitativi,  giacche  dobbiamo  ricordarci  che  tutti 
questi  diversi  mezzi  d'espressione  li  abbiamo  se- 
parati gli  uni  dagli  altri  per  una  astrazione  ne- 
cessaria al  nostro  studio,  ma  in  realtà  sono  tutte 
reazioni  collegate  all'impressione  e  fra  loro. 

Sotto  il  nome  di  raddoppiamento  riuniamo  i 
fenomeni  che  i  filologi  distinguono  in  geminazione 
o  formazione  di  una  parola  per  ripetizione  esatta 
di  un  suono.  Es.:  "  murmurare  „,  e  in  reduplica- 
zione 0  formazione  per  ripetizione  di  un  suono 
con  qualche  modificazione.  Es.  kéxukq,  *  siso 
(sero  =  semino),  gigati  {a.i  =  cammino)  tti^ìttXti.ui 
(=  riempio)  ;  evidentemente  si  ha  una  vera  for- 
mazione di  parola,  solo  quando  il  suono  che  vien 
ripetuto  non  abbia  già,  preso  isolatamente,  un 
valore,  non  sia  cioè,  o  non  sia  stato  già,  una 
parola;   ma    siccome  le  cause  psicologiche  non 


84  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

differiscono  nei  due  casi,  come  non  differiscono 
fra  geminazione  e  reduplicazione,  essendo  questa 
facilmente  derivabile  da  quella  per  quei  fenomeni 
generali  di  mutamenti  fonetici  che  esamineremo, 
possiamo  trattare  qui  unitamente  tutte  queste 
diverse  forme. 

Quelle  che  ci  si  presentano  in  tutte  le  lingue 
sono  due: 

I.  Come  espressione  di  un  suono  o  di  un 
avvenimento,  che  si  ripete  :  dunque,  anzitutto,  la 
denominazione  di  molti  animali  dal  loro  verso: 
cucu,  turtur,  ecc.,  e  quella  di  voci,  rumori,  come 
murmurare,  chiacchierìo,  lallen,  balbettare,  ecc., 
inoltre  voci,  come  volvo,  rotolo,  voltolo;  tyotyo 
(Mpongve,  Africa  Occidentale)  =  saltellare;  a  zick 
zack  ;  debadaba  (Manciù)  =  péle-méle  ;  grondon 
grondoni. 

II.  Come  espressione  della  intensità  di  una 
data  qualità,  della  forza  di  una  data  azione:  ce 
ne  offrono  esempi  comunissimi  i  nostri  superla- 
tivi "  lungo,  lungo  ;  magro,  magro,  ecc.  „  e,  vere 
parole  nuove  ,  ele-ele  (Hawai)  =  nero  ;  keo-kea 
(Havai)  =  bianco,  ecc.  e  i  nostri  imperativi  "  corri 
corri  ,;  0  da  taba  (Samoa)  =  parlare,  tabataba 
=  gridare;  da  kai  (Maori)  =  mangiare,  kakai 
=  divorare  ;  così  nell'antico  verbo  indogreco  il 
raddoppiamento  del  presente  forma  una  classe 
iterativa  de'  verbi  da  bhl  =  spaventarsi,  abibhett 
=  temere. 

Forme  meno  diffuse  sono  invece  i  due  ultimi 
gruppi  di  ripetizioni,  cioè: 

III.  Per  indicare  il  collettivo  e  il  plurale:  come 


IT    -    FORMAZIONE  85 


il  giapponese  :  ono  =  uno,  ono-ono  =  parecchi  ;  il 
chinese  zit  =  giorno,  zit-zit  =  tutti  i  giorni  ;  il  ma- 
lacco  :  poetron  =  albero,  poetron-poetron  =  bosco. 
rV.  Per  indicare  che  un'azione  dura,  o  è 
compiuta  :  come  nei  perfetti  TérilSa  =  io  sono 
allegro,  accanto  a  fr]Qéw  =  entro  in  letizia; 
Kexó^w^iai  =  io  sono  adirato,  accanto  a  xoXóo|iai 
=  mi  adiro;  K€KTTmai  =  io  posseggo,  accanto  a 
KZdoMai  =  acquisto. 

Se  vogliamo  renderci  conto  della  natura  psi- 
chica di  questi  diversi  gruppi  di  raddoppiamenti, 
vediamo  anzitutto  la  differenza  grande  che  corre 
fra  i  primi  due.  Nel  raddoppiamento  come  espres- 
sione di  un  avvenimento  ripetuto  entrano  sopra- 
tutto in  giuoco  le  rappresentazioni;  esso  è  come 
gesto  fonetico  oggettivamente  motivato.  Se  noi 
indichiamo  con  r  il  singolo  avvenimento  che  si 
presenta  ripetutamente  e  con  n  ogni  singolo 
suono,  potremo  indicare  la  loro  forma  originaria 
di  associazione  con  nnnn  . .  .  {r r r  . . .). 

Ma  la  serie  rrr...  vien  poi  appercepita  come 
variazioni  di  un  solo  oggetto  o,  al  quale  si  col- 
lega, riducendosi,  col  predominare  della  rappre- 
sentazione 0,  la  serie  di  suoni  al  semplice  rad- 
doppiamento nn;  ciò  che  potremo  indicare  con 
n  n  0  {r  r  r  r  . . .). 

Ben  diverso  è  il  processo  nel  secondo  gruppo, 
nel  quale  il  raddoppiamento  esprime  la  maggior 
intensità  di  una  qualità  o  di  un'azione;  qui  l'im- 
pressione oggettiva  non  presenta  una  successione, 
e  la  trasformazione  dall'aumento  d'intensità  in 
una  successione  di  suoni,  cioè  in  estensione  nel 


86  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

tempo,  non  può  avere  che  una  causa  soggettiva, 
il  sentimento,  causa  che  d'altronde  si  manifesta 
spesso  invece  nel  rinforzamento  di  un  suono  o  nel- 
r  elevazione  o  nel  prolungamento  del  tono,  sulle 
quali  il  raddoppiamento  può  acquistare  la  pre- 
ferenza per  influenza  delle  forme  del  gruppo 
antecedente  (analogia). 

Se  indichiamo  ora  con  q  la  qualità  o  l'azione 
originaria,  con  n  il  suono  che  la  esprime,  con  s 
il  sentimento  che  nasce  dall'  aumento  d' intensità, 
e  che  produce  il  raddoppiamento  del  suono,  e 
con  0  infine  ancora  l'oggetto  che  vien  percepito 
colla  qualità  o  l'azione  q,  avremo  nn  o  {sq). 

Le  due  forme  secondarie  IIP  e  IV*  si  annet- 
tono per  le  loro  cause  psicologiche  alle  due  prin- 
cipali e  precisamente  la  IIP  alla  P,  la  IV*  prin- 
cipalmente alla  II*. 

Di  fatti  anche  nel  IIP  gruppo  i  raddoppia- 
menti (essendo  espressioni  di  una  collettività  o 
del  plurale)  sono  motivati  dalle  rappresentazioni, 
giacché ,  come  nel  P  gruppo  si  presentava  la 
ripetizione  di  un  avvenimento,  qui  si  presentano 
pili  oggetti  uniformemente  appercepiti,  ma  mentre 
dunque  nel  primo  la  ripetizione  era  necessaria- 
mente data  nell'oggetto  stesso  dell'appercezione, 
qui  risulta  dal  necessario  succedersi  dei  singoli 
atti  d'appercezione. 

La  forma  pili  semplice  e  piìi  diffusa  in  questo 
IIP  gruppo  è  quella  del  duale,  nel  quale  il  doppio 
suono  rende  la  collettività  di  due  soli  oggetti, 
e  che  potremo  esprimere  con  n  n  {o  ó)]  aumen- 
tando il  numero  degli  oggetti,  osserviamo  (prò- 


IV    -    FORMAZIOyE  87 


cesso  necessario  a  mantenere  l'idea  dell'unità 
collettiva),  che  quanto  più  essi  sono  numerosi, 
tanto  più  chiaramente  uno  di  essi  si  distacca 
come  rappresentazione  tipica  dagli  altri  e  questi 
appaiono  più  oscuramente,  ciò  che  esprimeremo 
con  tm  0  [oo  0  .  . .),  dove  1'  "  o  „  fuori  della  pa- 
rentesi è  l'oggetto  che  vien  appercepito  come 
rappresentante  degli  altri  {o  o  o)  ad  esso  asso- 
ciati, ed  è  intimamente  associato  al  suono  nn. 

Un  elemento  oggettivo  e  uno  soggettivo,  ci 
rendono  infine  conto  della  ultima  forma,  quella 
del  raddoppiamento  come  espressione  di  un  av- 
venimento che  dura,  di  uno  stato  ;  inquantochè 
questo  richiede  una  serie  di  atti  successivi  di 
appercezione  come  per  il  plurale,  mentre  d'altra 
parte  ha  generalmente  per  effetto  un  aumentare 
del  sentimento  come  il  crescere  dell'intensità, 
ciò  che  esprimeremo  con  nn  s  [d  r)  dove  n  e  r 
hanno  lo  stesso  senso  come  nella  P,  d  indica  la 
durata  e  s  il  sentimento  prodotto  da  (dr). 

Ma  se,  ripresentandosi  sovente  questa  com- 
binazione, si  attenua  a  poco  a  poco  il  sentimento 
che  la  accompagna,  e  se  l'idea  della  relazione 
col  principio  dell'avvenimento,  oscuramente  con- 
tenuta in  d,  coU'aiuto  di  un  più  perfetto  sistema 
di  forme  verbali  che  meglio  distinguano  fra  pre- 
sente, passato  e  futuro,  appare  più  chiara,  invece 
della  formula  precedente  avremo:  nn(p  a),  in  cui  j» 
indica  appunto  l'idea  de\passato,e  la  quale  rappre- 
senta gli  elementi  psichici  del  raddoppiamento 
quando,  come  èXr|\u9a  (io  sono  venuto),  è  espres- 
sione di  un  avvenimento  compiuto,  del  passato. 


PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 


I  processi  fin  qui  studiati  danno  luogo  alle 
formazioni  che  possiamo  chiamare  volgari,  cioè 
al  sorger  di  parole,  le  quali,  benché  abbiano  forse 
avuto  principio  da  un  determinato  individuo  e 
in  una  ristretta  comunità  unita  da  affinità  di 
idee  e  di  sentimenti,  come  si  può  dedurre  dal 
continuo  estendersi  di  nuovi  termini  da  gerghi 
speciali  alla  lingua  nazionale,  pure,  riposando  su 
condizioni  psichiche  generali,  entrarono  nell'uso 
comune,  né  ci  serbarono  traccia  del  loro  punto 
d'origine. 

II  più  importante  fra  i  momenti  della  loro  for- 
mazione è  certo  uno  di  quelli  già  visti  riflettenti 
la  relazione  fra  l'impressione  e  il  gesto  fonetico; 
ma  anche  due  altri  che  si  compiono  contempo- 
raneamente a  questi  non  vanno  trascurati  e  cioè 
un'associazione  con  parole  già  esistenti  e  affini 
per  suono  e  significato  alla  nuova,  e  un'associa- 
zione con  parole  che  hanno  nel  discorso  la  stessa 
funzione. 

Per  la  prima  associazione  [analogia  fonetica) 
la  parola  nuova  è,  per  così  dire,  aiutata  al  suo 
nascere  dall'affinità  con  altre  esistenti;  per  la 
seconda  (analogica  sintattica)  essa  assume  una 
data  forma  colla  quale  entra  a  far  parte  di  una 
data  categoria  di  parole  (sostantivi,  verbi,  ecc.). 

Così,  se,  supponiamo,  per  la  prima  associazione 
le  parole  "  sternere,  strombazzare,  svolazzare,  scor- 
razzare, ecc.  „  coadiuvano  la  relazione  fra  le  sen- 
sazioni uditive  e  i  movimenti  d' articolazione 
nella  creazione  della  nuova  parola  "  starnazzare  „ , 
per  la    seconda    essa   prende    quella    desinenza 


IV    -   FORMAZIONE  89 


"  are  „  che  la  ordina  fra  le  altre  infinite  parole 
indicanti  un'azione  e  la  caratterizza  per  verbo. 

Il  primo  dei  due  ultimi  processi  menzionati 
può  spesso  mancare  e  allora  la  formazione,  pro- 
mossa direttamente  e  unicamente  dall'azione 
dell'oggetto  sul  gesto  fonetico,  è  interamente 
originale. 

Noi  però  chiameremo  così  tutte  quelle  studiate 
fin  qui  per  distinguerle  da  quelle  per  composi- 
zione, da  quelle,  cioè,  che  risultano  dalla  riunione 
di  due  0  più  parole  in  una  sola. 

Questo  secondo  modo  ci  offre  esempì  oltre  che 
di  formazioni  volgari,  come  erano  le  originali, 
anche  di  letterarie,  cioè  di  quelle  che  presentano 
il  carattere  di  un'invenzione,  di  un  atto  volon- 
tario, che  sopratutto  si  manifesta  nell'applica- 
zione delle  cognizioni  di  una  lingua  e  letteratura 
straniera. 

Siano  letterarie  o  volgari,  le  formazioni  per 
composizione  differiscono  dalle  altre  viste  pel 
contenuto  e  per  la  forma.  Per  contenuto,  giacché 
esso  risulta  non  di  uno,  ma  bensì  di  almeno  due 
concetti  ;  per  la  forma,  giacché  la  nuova  idea  o 
il  nuovo  sentimento  non  vengono  resi  con  un 
nuovo  suono,  ma  a  mezzo  del  materiale  lingui- 
stico già  esistente. 

Osserviamo  subito  che  non  è  assolutamente 
necessario  che  le  due  parole  vengano  scritte 
unite  e  neppur  vicine,  perchè  formino  un  com- 
posto, ma  solo  che  vengano  appercepite  come 
intimamente  unite,  e  come  una  sola  parola  si 
stacchino  dalla  frase  ;  giacche  questi  appunto  sono 

Ratizza,  Psicologia  della  Lingua.  12 


90  PSICOLOGIA    DELLA    LINGUA 

i  due  processi  che  presiedono  alla  formazione  di 
un  composto:  quello  analitico,  pel  quale  esso, 
come  abbiamo  visto  in  generale  per  la  parola 
(vedi  pag.  35),  si  rileva  dal  complesso  della 
frase,  e  quello  sintetico,  pel  quale  le  sue  parti 
vengono  riunite  a  unità  ;  non  sono  dunque  :  "  cervo 
volante,  cassa  panca,  ne  . , .  pas,  reise  ab  „,  a  minor 
ragione  composte  che  non  :  "  cassapanca,  pourboire, 
abreisen  „, 

Prevarrà  poi  il  processo  sintetico  o  l'analitico 
a  seconda  dei  composti,  e  cioè: 

I.  In  quelli  le  cui  parti  si  possono  presen- 
tare già  come  parole  indipendenti  nella  frase, 
nella  stessa  forma  e  posizione  reciproca  come  nei 
composti,  ad  es.:  pourboire,  boccadoro,  un  posa- 
piano, l'analitico. 

IL  Negli  altri;  es.  :  Trinkgeld,  boccaporto, 
contradire,  agopuntura,  il  sintetico. 

Se  vogliamo  studiare,  come  più  caratteristico 
della  composizione,  il  processo  sintetico,  vediamo 
che  esso  può  riposare  su  diversi  motivi  di  as- 
sociazione : 

I.  Su  una  associazione  per  contatto  quando  i 
due  concetti  sono  caratteristici  di  un  dato  oggetto. 
IL  Su    una   associazione    per    somiglianza, 
quando  appartengono  a  due  oggetti  diversi. 

Così  nella  parola  "  biancospino  „  ho  eviden- 
temente un  esempio  della  P  forma,  giacche  le 
immagini  del  pruno  e  della  bianchezza  del  fiore,, 
sono  associate  già  nella  rappresentazione  stessa  ; 
in  "  donna  cannone,  "  uomo  donna  „  e  "  donna 
uomo  „,  invece,  esempi  della  seconda. 


IV    -    FOBMAZIOKE  91 


Ma  se  sono  diverse  le  forme  di  associazione 
che  uniscono  le  due  parti,  il  loro  consolidarsi  ad 
unità  segue  un  processo  uniforme  dalla  semplice 
unione  come  in  "  biascia  rosari  „  alla  fusione  par- 
ziale, nella  quale  il  significato  della  parola  risul- 
tante differisce  alcunché  da  quello  dei  due  com- 
ponenti, come  in  "  camposanto  „  "  prima  donna  „, 
e  infine  alla  fusione  totale,  nella  quale  il  composto 
non  vien  più  riconosciuto  come  tale,  ma  ha  il 
valore  di  una  parola  semplice;  Es.:  dolcemente, 
fotografo ,  anticamera ,  antimeridiano,  antenato, 
verbigrazia,  pomeriggio  ;  processo  che  vien  coa- 
diuvato dal  mutar  forma  e  significato  e  dall'uscir 
d'uso  d'uno  dei  componenti  o  d'entrambi  presi 
come  parole  indipendenti,  mentre  nel  composto 
vengono  isolati,  quasi  protetti  da  ogni  evoluzione 
fonetica  o  di  concetto  e  mantenuti  così  nelle 
forme  e  coi  significati  antichi. 

Come  vedremo,  è  a  questo  modo  che  si  for- 
marono per  prefissi  e  suffissi  le  diverse  categorie 
di  parole  nelle  lingue  flessive. 


MUTAMENTO  FONETICO 


Concetto  e  esempi  —  Valore  —  Relazione  coi  fenomeni 

individuali. 
Classificazioni   logica  e  psico-fisica. 

I.  Mutamento  fonetico  regolare  —  Sue  cause  principali. 

II.  Mutamento  fonetico  singolare  —  Mutamenti  per  con- 

tatto —  Assimilazioni  e  dissimilazioni. 

Mutamenti  a  distanza:  formazioni  per  analogia,  forestie- 
rismi. 

Prevalenza  dell'elemento  psichico  o  di  qnello  fisico  nelle 
diverse  classi  di  mutamento  fonetico. 


Mutamento  fonetico. 


Siccome  il  gesto  fonetico  non  è  che  parte  di 
tutto  il  complesso  di  movimenti  espressivi  mi- 
mici e  pantomimici  che  costituiscono  la  reazione 
a  un'impressione  esterna,  è  evidente  che  esso, 
considerato  isolatamente,  lascerà  raramente  sco- 
prire una  diretta  relazione  con  questa  impres- 
sione, relazione  che  potrebbe  risultare  solo  da 
tutto  il  complesso  di  movimenti  espressivi;  ma 
inoltre  a  oscurarla  e  cancellarla  ove  esiste,  con- 
corrono il  mutamento  fonetico  e  il  mutamento  di 
significato. 

Occupiamoci  in  questo  capitolo  del  primo,  dei 
mutamento  fonetico.  —  Il  latino  ^Za^a,  che  diventa 
in  francese  plaie,  in  italiano  piaga,  in  ispagnuolo 
llaga  ;  factum  che  diventa  fait,  fatto  ;  hecho,  verita- 
tem  che  diventa  vérité,  verità,  verdad  ed  infiniti 
altri  esempi  che  potremmo  trarre  dalle  lingue  più 
diverse,  ci  insegnano  che  i  suoni  d'ogni  lingua  son 
soggetti  a  mutamenti  più  o  meno  forti,  più  o  meno 


96  PSIOOLOGIA   DELLA    LINGUA 

estesi,  più  0  meno  rapidi,  per  i  quali  le  parole  si 
trasformano  siffattamente  che  spesso  solo  un'accu- 
rata indagine  storica  è  in  grado  di  riconoscerle 
in  due  punti  lontani  della  loro  evoluzione  fone- 
tica, e  pei  quali  mutamenti  quindi  a  poco  a  poco 
una  lingua  tutta  si  trasmuta  in  un'altra,  onde 
diciamo  volgarmente  che  la  prima  muore,  la  se- 
conda nasce. 

E  notiamo  che  di  questi  mutamenti  ai  quali 
una  lingua  è  continuamente  soggetta,  finora  ab- 
biamo sempre  dovuto  ricercare  le  tracce  sopra- 
tutto nel  materiale  letterario,  perchè  gli  apparati 
meravigliosi  che  trasmetteranno  fedelmente  ai 
nostri  nipoti  lontani  la  nostra  parlata,  sono  in- 
venzioni moderne  ;  ma  evidentemente  la  scrittura 
non  ci  serba  che  parte  di  quei  mutamenti,  quelli 
solo  cioè  ai  quali  corrispondono  mutamenti  di 
ortografia. 

Come  una  lettera  di  un  Milanese  della  città 
e  di  uno  del  contado,  anzi  perfino  di  un  Napo- 
letano e  di  un  Milanese,  non  ci  serba  che  po- 
chissime tracce  o  forse  nessuna  delle  diversità 
grandi  colle  quali  ognuno  di  loro  pronuncia 
quanto  ha  scritto,  così  ci  è  forse  per  sempre 
tolta,  e  dico  forse  perchè  molti  miracoli  fece  la 
filologia,  la  possibilità  di  risentire  la  parlata  dei 
nostri  trecentisti,  ma  che,  anzi  quella  dei  nostri 
bisnonni,  dei  nostri  nonni;  dove  rintracceranno 
in  fatti  i  figli  nostri  i  p/irissimi,  i  p/<pilli,  i  pwr- 
pwrei ,  di  qualche  nostro  vecchio  professore  ? 
Il  tedesco  d'oggidì  quante  ne  pronuncia  delle  e 
atone  che  scrive  e  stampa? 


y    -    MUTAMENTO    FONETICO  97 

Ma  se  non  tutti,  molti,  e  probabilmente  i  mag- 
giori, di  questi  mutamenti  ci  serba  la  scrittura; 
tanti  almeno  quanti  bastino  perchè  se  ne  possa 
riconoscere  l'esistenza  e  il  valore,  e  se  ne  debban 
ricercare  le  cause. 

Questo  tramutarsi  degli  elementi  fonetici  di 
una  lingua  risulterà,  come  ogni  fenomeno  col- 
lettivo, dalla  combinazione  di  infiniti  fenomeni 
individuali,  e  però  ci  sarà  di  grande  aiuto  nel 
ricercarne  le  cause,  la  conoscenza  di  quelle  dei 
mutamenti  di  suono  che  abbiamo  osservato  nel- 
l'individuo. 

Evidentemente  però  i  motivi  che  scoprimmo 
là,  se  da  un  lato  non  bastano  a  spiegare  tutti 
i  fenomeni  collettivi,  dall'altro  contengono  invece 
elementi  che  non  possiamo  ricercare  in  questi 
ultimi;  non  bastano  a  spiegare  quei  fenomeni  i 
quali  si  compiono  così  lentamente  nella  vita  col- 
lettiva ininterrotta  attraverso  i  secoli,  che  ogni 
individuo  nella  sua  breve  vita  ne  rispecchia  solo 
una  parte  minima,  che  sfugge  alla  sua  coscienza  ; 
contengono  elementi  non  adducibili  a  spiegare 
fenomeni  collettivi,  quando  ci  presentano  forme 
patologiche,  che  escono  come  mostruose  eccezioni 
dalla  normalità  e  quindi  dalla  generalità.  Se  ad 
esempio  1'  "  a  „  di  una  qualche  parola  in  un  pe- 
riodo di  mezzo  millennio  si  trasforma  in  "  e  „, 
a  poco  a  poco,  passando  per  tutti  i  suoni  inter- 
medi, evidentemente  sfugge  la  parte  che  un  solo 
individuo  prende  a  quel  lento  lavoro  di  trasforma- 
zione, mentre  d'altra  parte  le  condizioni  psichiche 
nelle  quali  si  trova  un  pazzo  che  arruffa  parole  e 

Ra VIZZA,  Psicologia  deOa  Lingua.  13 


98  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

parole  non  associate  da  senso  alcuno,  ma  solo  per 
il  loro  suono,  non  sono,  fortunatamente,  quelle  in 
cui  si  trovano  tutti  i  membri  di  una  comunità 
sociale,  ne  a  esse  dunque  potremo  ricondurre 
nessun  fenomeno  che  questa  ci  presenti.  Certo 
però,  come  dicemmo,  questi  casi  patologici,  mo- 
strandoci esagerati  i  caratteri  di  fenomeni  nor- 
mali, ci  facilitano  lo  studio  di  questi,  e  ci  forni- 
scono dunque  essi  pure,  ma  indirettamente,  dati 
utili  alla  spiegazione  dei  fenomeni  collettivi. 

Per  procedere  alla  interpretazione  psicologica 
di  questi,  vogliamo  ordinarli,  classificarli,  innanzi 
tutto  secondo  un  criterio  puramente  logico,  for- 
male, secondo  cioè  la  maggiore  o  minore  quantità 
di  fatti  uniformi  coesistenti.  Avremo  così,  di 
fronte  a  delle  leggi  empiriche  maggiori,  racco- 
glienti gran  numero  di  fenomeni,  quasi  eccezioni 
a  esse,  dei  gruppi  minori,  dei  fatti  isolati  ;  quelle 
riuniamo  sotto  la  denominazione  di  mutamento 
fonetico  regolare,  questi  di  mutamento  fonetico 
singolare. 

Ma  a  questa  classificazione  logica,  corrisponde 
la  fisiologica,  anzi  diciamo,  giacche  abbiamo  visti 
i  rapporti  fra  questa  e  la  psichica  (pag.  63), 
la  psicofisica.  In  fatti,  dipendendo  gli  scambi  fo- 
netici da  associazioni  speciali  nelle  quali  un  suono 
vien  a  trovarsi,  essi  non  possono  essere  generali, 
mentre  lo  sono  i  mutamenti,  propriamente  detti, 
e  quindi  il  mutamento  fonetico  regolare  sarà 
fenomeno  continuo,  il  singolare  saltuario. 

Cominciamo  a  occuparci  del  primo,  e  cerchiamo 
dunque  di  scoprire  le  cause   per   le  quali  tutto 


y    -    MUTAilEyTO    FOKETICO  99 

il  materiale  fonetico  di  un  popolo  si  trasforma 
lentamente  attraverso  i  secoli.  Moltissime  sono 
queste  cause,  e  cioè,  evidentemente,  tutte  quelle 
che  concorrono  allo  sviluppo  psichico  e  fisico  di 
un  popolo,  giacché  esse  modificano  di  conseguenza 
indirettamente  o  direttamente  anche  la  lingua. 
Possiamo  riunirne  le  più  importanti  in  tre  gruppi  : 

I.  Influenze  naturali; 
II.  Incrocio  di  razze; 
m.  Coltura. 

Appare  ovvio  che  cambiamenti  di  sedi,  mu- 
tamenti di  clima,  e  le  conseguenti  nuove  con- 
dizioni di  vita,  debbano  esercitare  una  diretta 
influenza  sulla  costituzione  fisica  e  anche  quindi 
sugli  organi  vocali,  che,  subendo  delle  modifica- 
zioni lentissime,  sia  pur  minime,  nella  loro  costi- 
tuzione, produrrebbero  anche  suoni  diversi  dagli 
antichi  ;  ma  siccome  pur  troppo  l'argomento  ad- 
dotto a  sostegno  di  questa  teoria,  che  cioè  lingue 
diverse  fra  loro  presentino  qualche  somiglianza 
nella  pronuncia  degli  abitanti  di  regioni  idro- 
graficamente simili,  non  è  ancora  suffi'agato  da 
dati  sicuri,  né  una  differenza  anatomica  fra  gli 
organi  orali  delle  diverse  razze  è  ancora  consta- 
tata, così  un'  influenza  diretta  delle  condizioni 
naturali  esterne  sul  sistema  fonetico  di  una  lingua 
rimane  una  supposizione. 

Più  accertata  é  l'influenza  dell'incrocio  e  del 
contatto  di  due  popoli,  la  quale  noi  possiamo 
studiare  anche  oggidì  nel  formarsi  delle  lìngue 
miste ,   come  il  Tedesco  parlato   dal  volgo  del- 


100  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

l'Alsazia  e  dalle  colonie  tedesche  dell'America 
del  Nord.  Abbiamo  visto  (pag.  62-63)  come  un 
individuo  accettando  una  parola  straniera,  la 
modifichi  due  volte  a  seconda  delle  sue  disposi- 
zioni associative;  quando  gli  stessi  processi  si 
ripeteranno  in  tutti  o  in  moltissimi  individui  di 
una  comunità,  a  poco  a  poco  si  attenueranno  ed 
elimineranno,  nello  scambio  continuo,  le  varia- 
zioni individuali  apportate  alla  parola  straniera 
e  questa  prenderà  una  forma  sola  per  tutta  la 
comunità;  ripetendosi  gli  stessi  processi  per  mol- 
tissime parole,  queste  verranno  a  formare  un 
nuovo  materiale  linguistico. 

A  questo  le  due  lingue  contribuiscono  diver- 
samente ;  la  lingua  del  popolo  superiore  per  col- 
tura dà  all'altra  nuove  parole  come  espressioni 
di  nuovi  concetti,  o  come  espressioni  nuove  di 
concetti  antichi,  mentre  invece  spesso  la  costru- 
zione della  frase,  come  quella  che  dipende,  e  lo 
vedremo,  dall'ordine  delle  rappresentazioni,  e 
sempre  il  materiale  fonetico,  per  i  due  processi  as- 
similativi considerati,  resistono  all'influenza  stra- 
niera, e  resistono  tanto  più  tenacemente  quanto 
pili  basso  è  il  livello  di  coltura  del  popolo  ri- 
cevente, come  dimostrano  le  profonde  alterazioni 
alle  quali  vengono  sottoposte  le  parole  che  dalle 
lingue  europee  entrano  in  quelle  dei  popoli  sel- 
vaggi. 

Probabilmente  processi  simili  si  compirono 
ai  tempi  delle  emigrazioni  e  invasioni  preisto- 
riche e  antiche,  e  la  popolazione  più  numerosa 
vestì   dei   suoi   suoni  la   lingua   del  popolo   più 


V    -    MTTAMEXTO    FONETICO  101 

forte  0  più  civile,  dando  luogo  a  numerosi  fe- 
nomeni di  *•'  reazione  etnica  „.  Così  il  sistema 
fonetico  della  lingua  inglese  risente  ancora  del 
celtico,  mentre  vocaboli  e  grammatica  sono  quelli 
delle  lingue  dei  due  popoli  invasori,  il  germanico 
e  il  romano  ;  effetto  d'una  reazione  celtica  è,  se- 
condo l'Ascoli,  il  nostro  ii  lombardo,  e  forse  a  rea- 
zione iberica  è  dovuto  il  mutamento  dell'/*  latino 
(es.  facere)  in  h  (es.  hacer). 

Mentre  gli  effetti  degli  incroci  di  razze  possono 
manifestarsi  in  un  periodo  di  tempo  relativamente 
breve,  quelli  della  coltura  si  fanno  sentire  molto 
lentamente  nel  materiale  fonetico  di  una  lingua. 

Elementi  nuovi  di  coltura  possono  svilupparsi 
in  un  popolo  indipendentemente  da  ogni  azione 
esterna  o  per  effetto  di  questa.  Nel  primo  caso 
ai  nuovi  concetti  suppliranno  le  parole  antiche, 
0  entrando  in  combinazioni  nuove,,  o  assumendo 
nuovi  significati  secondo  le  leggi  che  studieremo 
parlando  del  mutamento  di  significato;  nel  se- 
condo, col  concetto  entrerà  la  parola  straniera 
e  i  forestierismi  fioriranno;  ma  sia  in  un  caso 
che  nell'altro,  lo  sviluppo  della  coltura  non 
mostra  d'avere  per  conseguenza  diretta  una  mo- 
dificazione del  materiale  fonetico. 

Vediamo  come  l'abbia  invece  e  rilevante  per 
conseguenza  indiretta.  Innanzi  tutto,  per  certi 
usi  speciali  che  essa  può  portare  con  sé;  così 
ad  esempio,  nella  lingua  delle  tribù  Irochesi,  che 
ritengono  obbligo  di  buona  creanza  non  chiuder 
la  bocca  nel  parlare,  sono  spariti  i  p,  ph,  b,  bh, 
in,  tv,  e,  per  restar  fra  noi,  l'uso  invalso  qualche 


102  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

anno  fa  in  una  classe  sociale  di  pronunciare  IV 
gutturale,  segnava  una  tendenza  a  far  sparire 
IV  dentale. 

Ma  è  difficile  che  vezzi  simili  si  diffondano, 
specie  in  una  comunità  vasta,  in  un  popolo  civile, 
presso  il  quale  nessuna  classe  o  casta  detta  legge 
col  suo  prestigio  ;  più  importante  è  dunque  l'azione 
che  la  coltura  ha  sulla  velocità  del  pensiero.  Questa 
aumenta  quanto  piìi  ricco  è  il  contenuto  della 
coscienza,  quanto  più  numerose  cioè  sono  le  asso- 
ciazioni già  stabilite  e  consolidate  dall'esercizio,  e 
ha  poi  a  sua  volta  per  effetto,  e  lo  vediamo  con- 
frontando il  discorrer  d'un  cittadino  con  quello 
d'un  contadino,  un'  accelerazione  della  parlata, 
accelerazione  che  non  può  restare  senza  conse- 
guenza  per  i  suoni  componenti  le  parole  (1), 

Passando  a  studiare  il  mutamento  fonetico 
singolare  cioè  lo  scambio  dei  suoni,  come  feno- 
meno collettivo,  giova   avvertire   innanzi   tutto 


1 


(1)  Nel  mutamento  fonetico  della  così  detta  Lautver- 
schiébung  delle  momentanee  nel  Germanico  questa  legge 
dell'accelerazione  ha  esercitato  una  grande  efficacia.  In 
fatti  : 

1°  Nelle  aspirate  sorde  originarie,  per  il  rapido  suc- 
cedersi dei  movimenti,  è  venuta  a  mancare  la  compat- 
tezza dell'esplosiva,  onde,  conservandosi  la  preparazione 
all'aspirazione,  a  poco  a  poco  ne  risultò  una  spirante  ; 
da  pha  si  viene  a  fa,  da  tha  a  dsa  o  sa,  da  kha  a  cha  o 
ha  (e  in  questo  mutamento  il  Germanico  ebbe  sorte  co- 
mune col  Latino  e  col  Greco). 

2°  Nelle  aspirate  sonore  originarie,  legate  a  maggior 
lentezza  d'articolazione,  per  il  contrasto  fra  la  prepara- 


V    -    MUTAMENTO    FONETICO  103 

che  se  anche  il  passaggio  da  un  suono  a  un 
altro  nell'individuo  si  compie  d'un  tratto,  è  cioè 
saltuario,  esso  non  diventa  che  a  poco  a  poco 
fenomeno  collettivo  e  come  tale  è  dunque  sempre 
fenomeno  lento,  continuo.  Abbiamo  inoltre  già 
detto  che  le  forme  individuali  indicano  tutte  le 
possibili  variazioni  in  tutta  la  loro  estensione, 
ma  che  queste,  nel  fenomeno  collettivo  subiscono 
delle  restrizioni,  per  le  quali  restano  eliminate 
quelle  forme  che  si  allontanano  di  troppo  dalle 
normali.  Così,  più  precisamente  :  delle  inserzioni 
e  delle  omissioni  diventano  generali  solo  quelle 
che  hanno  per  effetto  una  facilitazione  nella  pro- 
nuncia di  un  complesso  fonetico;  e  queste,  sic- 
come i  motivi  della  facilitazione  dipendono  da 
mutamenti  nelle  condizioni  psicofisiche  generali, 
rientrano  per  lo  più  nel  mutamento  regolare. 


zione  a  pronunciar  l'aspirata  e  il  restringimento  della 
glottide  propria  dell'esplosiva,  si  venne,  prevalendo  la 
prima: 

a)  alla  tenue  aspirata  e  quindi  alla  spirante  (cfr.  il 
Greco  e  il  Latino;  per  es.  bhanAi,  fero,  <p€pui); 
oppure,  prevalendo  il  secondo: 
bj  alla  semplice  sonora. 

3°  Nelle  sonore,  per  rapidità  d'articolazione,  il  mec- 
canismo dei  movimenti  già  pronti  per  produrre  un'esplo- 
siva, non  lascia  il  tempo  per  ottenere  la  vibrazione  delle 
corde,  e  così  si  perviene  alle  sorde. 

4°  Nelle  sorde  poi  finalmente  la  celerità  toglie  quella 
perfezione  di  movimenti  articolativi  ch'era  necessaria  a 
produrre  la  completa  chiusura  e  quindi  la  completa  esplo- 
sione; onde  a  poco  a  poco  si  passa  da  esplosiva  a  spi- 
rante. 


104  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

Indipendenti  da  questo  si  presentano  le  anti- 
cipazioni 0  le  posticipazioni,  ancora  come  forme 
di  assimilazioni  regressive  e  progressive,  ma  solo 
fra  suoni  attigui,  cioè  come  associazioni  per  con- 
tatto 0  tutto  al  più  per  vicinanza. 

Onomatomissie  o  scambi  di  parole  non  escono 
dal  campo  individuale  che  come  modificazioni 
che  un  suono  di  una  parola  subisce  nel  senso  di 
quello  contenuto  in  altra  strettamente  legata 
per  ripetute  associazioni  alla  prima. 

Vediamo  dunque  di  analizzare,  di  tutti  i  pos- 
sibili scambi  fonetici,  più  specialmente  quelli  che 
la  linguistica  ci  enumera  come  peculiari  del  feno- 
meno collettivo  della  evoluzione  delle  lingue;  ed 
ecco  innanzi  tutto,  raccolti  sotto  i  nomi  di  assi- 
milazione 0  dissimilazione,  quelli  che  un  suono 
subisce  per  azione  di  un  altro  suono  vicino. 

Abbiamo  un'assimilazione  quando  il  suono  in- 
ducente (chiamo  così  quello  che  agisce  sull'altro 
che  chiamo  indotto)  si  rende  eguale  quello  in- 
dotto ;  una  dissimilazione  invece  quando  il  suono 
inducente  cambia  il  suono  indotto,  che  gli  era 
eguale,  in  uno  diverso:  dunque  i  mutamenti  di 
"  krump  „  in  "  krumm  „  e  di  "  adsimilare  „  in 
"  assimilare  „  sono  assimilazioni;  il  mutamento 
di  "  turtur  „  in  "  ÌMvtìltuha  „  (antico  alto  ted.) 
e  "  turtle  „,  di  "  coeluleus  „  in  "  coerwleus  „,  di 
"  \u6tì6i  „  in  "  Xij0TiTi  „  ,  di  "  peregrinus  „  in 
"  peregrinus  „,  dissimilazioni. 

Tanto  l'assimilazione  che  la  dissimilazione  poi 
presentano  due  forme  diverse  a  seconda  che  il 
suono  inducente  vien  prima  dell'indotto,  o  vice- 


V    -    MUTAMENTO    FONETICO  105 

versa,  l'indotto  prima  dell'inducente  :  nel  primo 
caso  abbiamo  una  assimilazione  o  una  dissimi- 
lazione progressiva,  nel  secondo  una  assimilazione 
0  una  dissimilazione  regressiva;  dunque  il  mu- 
tamento di  "  krump  „  in  "  krumm  „  è  una  assi- 
milazione progressiva,  e  quello  di  "  turtur  „  in 
"  turtle  3  una  dissimilazione  progressiva,  mentre 
quello  di  '  adsimilare  .,  in  "  assimilare  „  è  un'as- 
similazione regressiva  e  quello  di  "  coeluleus  , 
in    "  coeruleus  „    una   dissimilazione  regressiva. 

Ma  il  suono  vicino  non  ci  dà  che  la  causa 
estema,  formale,  dirò,  del  mutamento  ;  la  causa 
vera,  cioè  il  complesso  di  motivi  dei  quali  esso 
è  l'effetto,  risulta  da  quanto  abbiam  detto  del 
succedersi  delle  rappresentazioni  nella  coscienza 
per  cui  un  suono  si  trova  nel  discorso  esposto 
alla  duplice  influenza  del  suono  già  pronunciato 
prima  di  esso,  la  cui  rappresentazione  già  s'oscura 
nella  coscienza,  e  di  quello  che  gli  seguirà  e  già 
appare  alla  coscienza;  questa  nozione  che  la  psi- 
cologia individuale  ci  ha  fornito,  contiene,  come 
vedremo,  non  solo,  nelle  sue  varie  applicazioni, 
la  spiegazione  delle  varie  forme  di  assimilazione 
e  dissimilazione,  ma  anche  la  spiegazione  del 
fatto  che  nelle  lingue  dei  popoli  più  civili,  come 
ad  es.  i  moderni  Indogermani,  prevalgono  le 
forme  regressive,  mentre  in  quelle  dei  popoli 
barbari,  ad  es.  gli  antichi  Indogermani,  preval- 
gono, come  nel  bambino,  le  progressive. 

In  fatti,  se  noi  ricordiamo  quanto  vedemmo 
nello  studio  del  mutamento  generale,  che  cioè 
lo  sviluppo  della  civiltà  porta  anche  un  piìi  ricco 

Ratizza,  Psicologia  deUa  Lingua.  li 


106  PSICOLOGIA.    DELLA  LINGUA 

e  rapido  succedersi  delle  rappresentazioni,  è  chiaro 
che  all'uomo  civile  che  sta  per  pronunciare  un 
suono  già  si  presenta  chiaro  quello  successivo, 
che  fa  dunque  sentire  regressivamente,  su  quello 
che  sta  per  pronunciare,  la  sua  azione,  mentre 
nell'uomo  di  più  lento  corso  di  pensiero,  il  suono 
già  pronunciato  è  ancora  presente  alla  coscienza 
e  fa  sentire  la  sua  azione  quando  vien  pronun- 
ciato il  successivo. 

I  diversi  modi  di  associazione  fra  i  due  suoni, 
l'antecedente  e  il  susseguente,  coll'indotto  spie- 
gano poi  le  diverse  forme  di  assimilazione  e 
dissimilazione  regressiva  e  progressiva. 

Nell'assimilazione  la  rappresentazione  del  suono 
inducente  è  così  chiara  nella  coscienza  contem- 
poraneamente a  quella  del  suono  indotto,  che  la 
assorbe,  e  per  così  dire,  la  sostituisce;  abbiamo 
dunque  un  caso  di  associazione  simultanea.  Nella 
dissimilazione  invece  il  suono  inducente  è  pre- 
sente alla  coscienza  molto  meno  chiaramente  di 
quello  indotto  che  vien  appunto  pronunciato,  e 
però  si  distingue  da  questo  e  forma  con  esso 
una  successione  di  rappresentazioni,  mutandolo 
in  pari  tempo  per  maggiore  facilità  d'articola- 
zione; abbiamo  dunque  nella  dissimilazione  un 
caso  di  associazione  successiva. 

Diversi  poi  sono  gli  elementi  predominanti 
in  queste  associazioni  a  seconda  che  si  tratti  di 
una  assimilazione  o  dissimilazione  regressiva  o 
di  un'assimilazione  o  dissimilazione  progressiva, 
giacche  quando  l'effetto  è  regressivo,  evidente- 
mente il  suono  inducente  non  esiste  ancora  come 


V    -    3knjTAMENT0    FONETICO  107 

impressione  acustica,  e  l'associazione  col  suono 
indotto  avviene  per  mezzo  delle  sensazioni  dei 
movimenti  di  articolazione  che  già  urgono;  se 
l'effetto  è  progressivo  invece  entrano  nell'asso- 
ciazione sopratutto  gli  elementi  acustici  del  suono 
appena  pronunciato;  e  perciò  le  assimilazioni  e 
dissimilazioni  regressive  colpiscono  sopratutto  le 
consonanti  (i  cui  elementi  predominanti  sono  i 
movimenti  d'articolazione),  e  l'assimilazione  e  dis- 
similazione progressive  invece  le  vocali  (nelle 
quali  predominano  gli  elementi  acustici). 

Xon  meno  importanti  di  questi  processi  di 
associazione  che  esauriscono  il  contenuto  psico- 
logico dei  fenomeni  di  assimilazione  e  dissimi- 
lazione ,  sono  le  condizioni  fisiologiche  della 
meccanica  di  articolazione,  che  coi  primi  si  com- 
plicano, come  già  si  vide  incidentalmente;  con- 
dizioni fisiologiche  che  si  possono  ridurre  a  quelle 
del  maggior  o  minor  esercizio  nella  pronuncia 
di  una  data  successione  di  suoni,  onde,  nessi 
che  per  esser  poco  comuni  presentano  qualche 
difficoltà,  subiscono  delle  modificazioni. 

Della  stessa  interpretazione  psicologica  e  fisio- 
logica sono  evidentemente  suscettibili  l'assimi- 
lazione e  dissimilazione  per  vicinanza  anziché 
per  contatto,  nonché  le  altre  forme  più  comuni 
di  mutamenti  singolari. 

Cosi  ad  esempio  è  evidente  che  tutte  le  forme 
di  omissione  —  "ne  unquam  ,  in  "  nunquam  ,  ; 
"  weralt  „  in  "  werlt,  welt  „:  '  gnotus  „  in  "  no- 
tus  „  —  differiscono  dalle  assimilazioni  regressive 
solamente  perchè  il  suono  inducente  che  si  pre- 


108  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

senta  contemporaneamente  a  quello  indotto  vien 
anche  pronunciato  o  in  luogo  di  questo  o  im- 
mediatamente dopo,  provocando  così  lo  scadi- 
mento dei  suoni  intermedi,  i  quali,  giacche  la 
parola  nel  discorso  è  preceduta  e  seguita  da 
altre  parole ,  non  si  troveranno  in  condizioni 
diverse  per  esser  nel  corpo  (sincope,  elisione) 
al  principio  (aferesi)  o  in  fine  (apocope)  della 
parola.  Nella  metatesi  il  suono  omesso  ricom- 
pare dopo  quello  inducente  ("  per,  pour  „  da 
"  prò  „  ;  Kapiepó^  da  Kpatepó?).  L'epentesi  ("  Ae- 
sculapius  „  da'AaK\Tiinó<;;  "  promptus,  sumptus  „ 
per  "  promtus,  sumtus  „)  può  esser  interpretata 
secondo  i  casi  come  un'assimilazione  o  come  una 
dissimilazione  regressiva. 

Fin'ora  abbiam  visto  come  un  suono  si  mo- 
difichi per  effetto  di  un  altro  suono  vicino,  ma 
può  anche  darsi,  che  il  suono  inducente  appar- 
tenga a  una  parola  o  a  un  gruppo  di  parole  non 
collegate  direttamente,  cioè  nel  discorso,  a  quella 
contenente  il  suono  indotto,  e  abbiamo  allora 
quei  mutamenti  che  i  grammatici  chiamano  "  per 
analogia  „,  e  che  ben  potremmo  dire,  in  rela- 
zione e  in  opposizione  alle  assimilazioni  già  viste  : 
assimilazioni  per  lontananza.  Così  ad  esempio: 
nessuno  dei  suoni  vicini  a  quello  indotto  può 
spiegarci  perchè  la  prima  plurale  dell'imperfetto 
di  "  sterben  „  che  era  "  sturben  „  sia  divenuta 
"  starben  „ ,  o  perchè  "  triegen  „  si  sia  cambiato 
in  "  triigen  „  e  da  "  meridialis  „  sia  venuto 
"  meridionale  „. 

Di  assimilazioni  per  lontananza  distingueremo 


V    -    MUTAMENTO    FOyETICO  109 

due  classi,  e  cioè  quelle  "  grammaticali  „,  nelle 
quali  il  suono  inducente  appartiene  a  parole 
della  stessa  categoria  di  quella  contenente  il 
suono  indotto,  e  quelle  per  "  concetto  „,  nelle 
quali  il  suono  inducente  appartiene  a  parola  che 
è  in  relazione  colla  parola  del  suono  indotto  per 
il  suo  contenuto  rappresentativo.  Così  è  gram- 
maticale il  mutamento  di  "  sterben  „  in  "  starben  „ 
per  effetto  del  singolare  "  starb  „ ,  e  per  concetto 
invece  quello  di  "  triegen  ,  in  "  triigen  „  per 
effetto  di  "  liigen  „,  di  "  meridialis  „  in  "  meri- 
dionale „  per  effetto  di  ^  septentrionalis  -.  Così 
dal  lat.  "  malum  „  si  ebbe,  per  spinta  analogica 
di  "  maladie  „,  il  frane.  "  mal  „  invece  di  "^  mei  „ 
(v.  da  "  sai  „   "  sei  „). 

La  semplice  esposizione  dei  fatti  linguistici 
dice  che,  in  queste  assimilazioni  per  lontananza, 
sian  esse  grammaticali  o  per  concetto,  meno 
assai  che  in  quelle  precedentemente  considerate, 
avranno  importanza  le  condizioni  fisiologiche  di 
articolazione,  e  che  il  fenomeno  è  sopratutto  di 
ragione  psicologica,  e  precisamente,  come  i  cor- 
rispondenti fenomeni  individuali  della  onomato- 
missia,  effetto  di  associazioni  simultanee. 

I  diversi  elementi  fonetici  che  operano  in  essi 
caratterizzano  poi  le  due  diverse  classi  di  mo- 
dificazioni per  analogia. 

Degli  elementi  fonetici  di  una  parola  alcuni 
sono  intimamente  collegati  al  concetto  fondamen- 
tale di  essa;  altri  rappresentano  le  varie  modi- 
ficazioni che  quel  concetto  fondamentale  subisce 
a  seconda  dei  rapporti  nei   quali  si  trova  colle 


110  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

altre  parti  della  frase;  chiamiamo  i  primi:  ele- 
menti fondamentali  ;  i  secondi  :  elementi  relativi  ; 
così  di  sto,  stai,  sta,  stiamo,  ecc.,  sarà  "  st  „ 
l'elemento  fondamentale,  "  o,  ai,  a,  iamo,  ecc.  „, 
saranno  gli  elementi  relativi  (1). 

In  tutti  i  processi  di  analogia  il  suono  indotto 
appartiene  agli  elementi  relativi,  e  la  differenza 
è  dunque  data  dalla  diversità  degli  elementi  in- 
ducenti; infatti  nei  casi  di  assimilazione  gram- 
maticale ,  questi  appartengono  ai  relativi,  nei 
casi  di  assimilazione  per  concetto  ai  fondamentali. 

Le  mutazioni  fonetiche  singolari  considerate 
fin  qui,  sono  processi  che  possono  svolgersi  in 
una  lingua,  presa  isolatamente,  astrazion  fatta 
cioè  dalle  relazioni  nelle  quali  essa  può  trovarsi 
con  altre;  nell'adozione  di  parole  straniere  (e 
tali  sono  per  il  parlante  anche  quelle  apparte- 
nenti a  un  dialetto,  o  a  un  periodo  antico  della 
lingua  e  cadute  in  disuso)  vediamo  invece  ap- 
punto gli  effetti  di  tali  relazioni. 

Non  si  tratta  però  qui  della  formazione  delle 


(1)  *  Elementi  fondamentali  „  dico,  e  non  "  radici  ,, 
cioè  elementi  di  rappresentazioni  verbali,  quali  ci  si  pre- 
sentano oggi  nella  lingua,  e  non  già  parole  originarie 
dalle  quali  dovrebbero  esser  derivate  quelle  esistenti. 

La  dibattuta  questione  del  valore  reale  delle  radici 
nel  senso  che  tutti  i  linguisti  davano  e  ora  molti  ancora 
danno  a  questa  parola,  potremmo  forse  risolvere  nega- 
tivamente ricordando  come  la  parola  non  sia  che  un 
prodotto  della  frase  (v.  pag.  35)  e  la  supposta  radice 
di  valore  fondamentale  si  sia  dunque  in  realtà  trovata 
sempre  fra  quei  vari  prefissi  e  suffissi  che  le  conferivano 
un  determinato  valore. 


V    -    MUTAMENTO    FONETICO  111 

lingue  miste,  giacche  questo  essendo  fenomeno 
che  coinvolge  la  massima  parte  del  materiale 
fonetico  di  una  lingua  ci  ha  interessato  nel  muta- 
mento regolare,  ma  solo  dell'introduzione  di  pa- 
role isolate. 

Da  quanto  abbiamo  visto  studiando  il  fenomeno 
nell'individuo,  agiscono  anche  qui  associazioni  a 
distanza  e  differiscono  dalle  precedenti  solamente 
perchè,  trattandosi  di  una  parola  straniera,  non 
vien  sentita  la  distinzione  fra  elementi  fonetici 
fondamentali  e  relativi  e  quindi  tutta  la  parola 
è  esposta  alle  associazioni  che  nei  casi  prece- 
dentemente considerati  agivano  soltanto  sugli 
elementi  relativi.  A  seconda  che  solamente  gli 
elementi  fonetici  di  una  parola  o  di  un  gruppo 
di  parole  o  invece  anche  il  loro  contenuto  con- 
cettuale vengano  messi  in  relazione  col  vocabolo 
straniero  possiamo  distinguere  anche  qui  due 
casi  e  cioè  :  introduzione  di  una  parola  straniera 
per  associazione  puramente  fonetica  ;  e,  introdu- 
zione di  una  parola  straniera  per  associazione 
fonetica  e  di  concetto. 

Ci  offre  un  esempio  della  prima  il  nostro 
"  lanzichenecco  „  dal  tedesco  "  Lanzknecht  „  ; 
della  seconda  ci  offrono  esempi  l'inglese  "  craw- 
fish  „  (fish  =  pesce)  dal  francese  "  écrevisse  „  ; 
0  il  mutamento  che  fece  il  popolo  tedesco  di 
"  Landsknecht  »  in  "  Lanzknecht  „  (Lanze  = 
lancia),  di  "  valise  „  in  ''  Felleisen  „,  o  quello 
che  fece  il  greco  dell'ebraico  "  Sanhedrin  „  in 
"  ouvéòpiov  ,,  e  il  latino  del  greco  "  òpeixaXKO?  „ 
in  "  aurichalcum  -. 


112  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

Queste  modificazioni  della  parola  straniera, 
sono  tanto  più  profonde,  quanto  più  basso  è  il 
livello  di  coltura  in  cui  si  trova  il  popolo  che 
le  compie,  mentre  invece  trovano  un  ostacolo 
nel  diffondersi  della  coltura  che  sottrae  la  parola 
alla  incertezza  della  pronuncia,  e  nell'abitudine 
a  rendere  suoni  stranieri  e  ricercarne  il  signi- 
ficato. 

Con  quest'ultima  forma  di  associazioni  a  di- 
stanza noi  abbiamo  esaurita  l'esposizione  delle 
cause  del  mutamento  singolare,  e  da  essa  noi 
vediamo  come  questo  non  sia  meno  del  re- 
golare sottoposto  a  leggi,  ma  a  leggi  di  natura 
ben  diversa,  giacche  quelle  del  mutamento  re- 
golare sono  leggi  empiriche,  cioè  raccolte  di  fatti 
uniformi  senza  riguardo  alla  varietà  delle  loro 
cause,  mentre  quelle  del  mutamento  singolare 
sono  leggi  psichiche,  sono  raccolte  di  fatti  for- 
malmente diversi  fra  loro  sotto  i  loro  comuni 
motivi  psichici;  in  questo  senso  possiamo  dunque 
dire  che  ogni  mutamento  fonetico  è  regolare. 

Lo  sia  esso  in  un  senso  o  nell'altro,  esso  è 
sempre,  come  tutta  la  lingua,  un  fenomeno  psico- 
fisico; nel  quale  però  o  l'uno  o  l'altro  dei  due 
elementi,  quello  psichico  e  quello  fisico,  potrà 
prevalere,  nessuno  mancare. 

Nel  mutamento  regolare  prevale,  giacche  esso 
dipende  sopratutto  dall'aumentata  velocità  del 
succedersi  delle  rappresentazioni,  quello  psichico, 
benché  lo  stesso  concetto  di  coltura,  dal  quale 
dipende  quell'aumento,  non  meno  dell'incrocio 
di  razze,  implichino  anche  elementi  fisici  ;  nelle 


MUTAMEKTO  FOÌTETICO  113 


assimilazioni  e  dissimilazioni  o,  come  le  chia- 
mammo, nei  mutamenti  per  contatto,  l'elemento 
fisico  non  ha,  come  accennammo,  minor  impor- 
tanza di  quello  psichico,  mentre  infine  nelle 
analogie  e  nell'introduzione  di  parole  straniere, 
cioè  in  tutte  le  assimilazioni  a  distanza  prevale 
ancora  l'elemento  psichico,  benché  anche  in  esse 
l'abitudine  a  certi  complessi  di  articolazioni,  ele- 
mento dunque  fisico,  faccia  sentire  la  sua  in- 
fluenza. 

Tutti  questi  motivi  di  mutamenti  fonetici  poi, 
che  noi  studiamo  separatamente  in  forme  carat- 
teristiche, possono  invece  agire  di  conserva  in 
una  parola  o  sullo  stesso  suono  e  però  spesso 
sarà  da  attingere  da  essi  tutti  la  spiegazione  di 
una  sola  modificazione  ;  speciale  importanza  hanno 
in  questo  riguardo  le  assimilazioni  a  distanza 
che  sotto  il  nome  di  "  analogie  ,  continuamente 
intervengono  nella  filologia  a  spiegare  il  diffon- 
dersi di  mutamenti  numerosissimi. 


Ratizza,  Psicologia  détta  Lingua.  15 


VI. 
MUTAMEOTO  DI  SICtNIFICATO 


Concetto  ed  esempi  —  Nostro  compito. 

I.  Mutamento  regolare  —  Mutamento  per  assimilazione, 

con  elemento  predominante  costante;  con  elemento 
predominante  variabile  —  Mutamento  per  complica- 
zione —  Mutamento  per  associazione  sintattica. 

II.  Mutamento  singolare  —  Denominazioni  per  associa- 

zione singolare  —  Traslazioni  per  associazione  sin- 
golare —  Metafora,  mutamento  di  significato  e  simi- 
litudine —  Parole  e  espressioni  metaforiche  —  Leggi 
psichiche  delle  diverse  forme  di  mutamento. 


VI. 
Mutamento  di  slgnijlcato  (1). 


Se,  quando  diciamo  o  sentiamo  dire  ad  esempio  : 
"  non  afferro  la  sua  idea  „ ,  "  un  concetto  altissimo  „ , 


(1)  Sebbene  in  genere  il  mutamento  di  lignificato  nelle 
parole  si  compia  indipendentemente  dal  mutamento  dei 
suoni,  pure  esiste  talora  una  specie  di  parallelismo  tra 
i  due  processi. 

Alcuni  doppioni  che  in  origine  hanno  identico  signifi- 
cato si  specializzano  in  significati  diversi  per  onomatopea 
secondaria.  Per  esempio  le  forme  dialettali  tedesche  rapp^ 
e  robe  dapprima  confluirono  nella  lingua  comune  indi- 
cando indifferentemente  il  corvo  e  il  cavallo  morello; 
ma  poi  con  robe  si  assimilò  più  facilmente  il  suono  del 
gracchiare,  e  con  rappe  lo  scalpitìo.  Altri  doppioni  mor- 
fologici, come  i  doppi  plurali  icorte  e  tcorter,  lande  e 
lander,  bande  e  bànder,  si  specializzano,  il  secondo  plurale 
con  senso  di  pluralità  di  tanti  oggetti  singoli,  il  primo 
con  senso  di  pluralità  collettiva  (probabilmente  per  ana- 
logia fonetica  col  singolare).  Da  questi  e  da  molti  altri 
esempi  si  può  arrivare  facilmente  alla  conclusione  di 
escludere  nella  differenziazione  dì  significato  la  vecchia 
teoria  del  caso  storico. 


118  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

"  e  un.  krumiro  „,  vogliamo  riflettere  per  poco  al 
valore  delle  parole,  ci  accorgiamo  di  usarle  in 
un  senso  che  non  è  quello  proprio,  originale,  e 
che  anzi  in  alcune  di  esse,  questo  valore  proprio, 
originario,  ha  ceduto,  o  va  cedendo  del  tutto,  il 
posto  a  quello  secondario;  notiamo  cioè  che  le 
parole  mutmio  di  significato.  Di  questi  mutamenti, 
ai  quali  vanno  soggette  parole  di  tutte  le  lingue, 
di  tutte  le  epoche,  vogliamo  ricercare  le  cause, 
e  cioè  vogliamo  stabilire  i  processi  psichici  che 
collegano  i  singoli  fenomeni  alle  circostanze  ge- 
nerali nelle  quali  si  svolsero  ;  queste  circostanze 
ci  svela  la  storia,  quei  fatti  particolari  la  lin- 
guistica, i  processi  psichici  che  ne  stabiliscono 
la  relazione  ricercheremo  noi  colla  scorta  della 
psicologia  individuale.  Così,  ad  es.,  la  linguistica 
ci  racconta  come  pecunia  significasse  originaria- 
mente bestiame,  e  poi  invece  danaro;  la  storia  ci 
descrive  come  la  società  romana  da  agricola  di- 
ventasse bancaria;  noi  dovremo  ricercare  i  pro- 
cessi per  i  quali  gli  elementi  psichici  della  nuova 
civiltà  sostituirono  gli  antichi  in  quella  parola. 
I  singoli  casi  di  mutamento  di  significato  rag- 
grupperemo secondo  questi  loro  processi  ele- 
mentari costitutivi,  ricordando  però  che,  essendo 
ciascuno  di  essi  generalmente  la  risultante  di 
parecchi  motivi  cooperanti,  le  nostre  distinzioni 
non  avranno  un  valore  assoluto,  ma  indicheranno 
solo  il  processo  predominante,  caratteristico.  Vista 
la  natura  psicologica  dei  diversi  gruppi  di  feno- 
meni, ci  sarà  facile  infine  dedurre  le  cause  e  le 
leggi  generali  di  tutto  il  loro  complesso. 


VI    -    MUTAMENTO    DI    SIGNIFICATO  119 

Mutamento  (di  significato)  per  assimilazione.  — 
A  questa  forma  di  mutamento  di  significato  sot- 
tostanno invero  continuamente  tutte  le  parole, 
giacché,  come  sappiamo,  quando  noi  apperce- 
piamo  un  oggetto,  questo  vien  subito  assimilato 
a  una  rappresentazione  passata  che  abbia  con 
quella  elementi  eguali,  e  se  questa  era  unita  a 
un'  immagine  verbale,  anche  la  nuova  rappresen- 
tazione riceve  la  denominazione  della  passata, 
e  il  contenuto  della  parola  dunque,  siccome  le 
due  rappresentazioni  non  hanno  mai  tutti  gli  ele- 
menti eguali,  varia  appunto  di  quegli  elementi 
non  comuni  ad  entrambe.  Coà,  ad  es.,  la  parola 
naso  avrà  evidentemente  in  ogni  singolo  caso 
concreto  un  diverso   contenuto  rappresentativo. 

Di  un  vero  mutamento  di  significato  però  non 
parliamo  che  quando  appaia  chiaiamente  e  si 
fissi  la  differenza  di  alcuni  elementi. 

Ora,  giacché  qualche  elemento  predomina  sugli 
altri,  e  appare  come  caratteristico  di  quel  con- 
cetto e  più  intimamente  legato  alla  parola,  posson 
darsi  due  casi  di  mutamento  per  assimilazione  a 
seconda  che,  o  resta  costante  l'elemento  predo- 
minante e  varia  il  resto  della  rappresentazione, 
o  varia  con  altri  elementi  anche  il  predominante, 
mentre  i  secondari  restano  costanti. 

Evidentemente  le  condizioni  psicologiche  del 
primo  caso  di  mutamento  per  assimilazione  sono 
semplicissime,  giacche,  essendo  la  parola  legata 
all'elemento  predominante,  se  questo  appare  in 
una  nuova  rappresentazione  richiama  senz'altro 
la  parola  che  era  collegata  ad  esso.  Esempi  ci 


120  PSICOLOGIA   DELLA  LINGUA 

offrono  le  parole:  gamba,  piede,  parlando  di 
tavole,  sedie,  ecc.;  esse  son  collegate  alla  carat- 
teristica della  gamba  come  uno  dei  sostegni  di 
un  animale,  e  però,  presentandosi  la  parte  di  un 
oggetto  la  quale  abbia  rispetto  a  questo  la  stessa 
funzione  che  ha  la  gamba  nell'animale,  viene  as- 
similata e  associata  allo  stesso  suono. 

Il  secondo  caso  non  differisce  essenzialmente 
dal  primo  se  ammettiamo  che  al  mutamento  di 
significato  abbia  presieduto  un  elemento  carat- 
teristico diverso  da  quello  che  ora  si  presenta 
come  tale,  e  che  sia  poi  passato  fra  gli  elementi 
secondari,  o  anche  totalmente  scomparso,  per  cui 
la  peculiarità  di  questa  forma  di  mutamento  di 
significato  consiste  sopratutto  nella  successiva 
evoluzione  del  concetto,  e  precisamente  nello 
scomparire  di  alcuni  elementi. 

Qui  citiamo,  ad  es.  :  maresciallo  e  penna.  Ma- 
resciallo {marah  =  cavallo  ;  schalk  =  fante,  gar- 
zone) significava  originariamente  press'a  poco 
stalliere;  poi,  mutando  le  condizioni  politiche  e 
gli  usi  strategici,  la  caratteristica  del  governare 
i  cavalli  passa  in  seconda  linea  e  maresciallo  si 
chiama  il  sopraintendente  ai  cavalli  e  alle  sal- 
mone; e  infine  per  la  maggior  importanza  che 
queste  assumono  nell'esercito,  anche  la  seconda 
caratteristica  s'oscura  e  maresciallo  è  il  coman- 
dante supremo. 

Così  penna  indica  innanzi  tutto  una  parte 
del  rivestimento  degli  uccelli,  e  in  questo  signi- 
ficato vive  tuttora,  ma  ne  assunse  anche  uno 
secondario  dacché  fu  tagliata  a  punta  e  usata 


I 


I 


VI    -    MUTAMENTO    DI    SIGNIFICATO  121 

per  scrivere  ;  in  questo  senso  il  valore  primo  si 
oscurò,  quello  secondario  di  servire  a  scrivere 
divenne  predominante  e  con  questo  la  parola 
passò  a  indicare  lo  strumento  appuntato  di  me- 
tallo che  serve  a  quello  scopo. 

Mutamento  (di  significato)  per  complicazione.  — 
Sotto  questo  titolo  intendiamo,  conformemente 
alla  definizione  che  abbiamo  data  di  associazione 
per  complicazione,  il  trasferimento  di  una  parola 
da  una  rappresentazione  appartenente  ad  un  dato 
sistema  di  sensazioni  ad  una  appartenente  ad  un 
altro;  ades.:c?o/ce  detto  di  suono  anziché  di  sapore. 
Il  caso  pili  semplice  si  presenterà  quando  la  prima 
rappresentazione  contenga  già  elementi  della  se- 
conda, i  quali,  perchè  abbia  luogo  una  vera  com- 
plicazione, non  potranno  essere  che  sentimenti. 
Così  "  basso,  alto,  acuto  „,  che  designano  origi- 
nariamente sensazioni  visuali  o  tattili,  vengono 
usati  parlando  di  auditive,  di  suoni;  "  caldo, 
freddo  „  vien  detto  di  tinte,  perchè  i  sentimenti 
che  accompagnano  queste  sensazioni  appartenenti 
a  sistemi  diversi  sono  gli  stessi. 

Se  invece  le  denominazioni  di  impressioni 
esteme  vengon  usate  per  stati  soggettivi  come 
angustia  (strettezza)  per  ci-uccio;  amaro  detto  di 
parole,  di  dolore;  c?w7-o,  del  cuore,  dell'animo;  il 
clarus,  latino,  che  in  origine  si  riferiva  solo  alla 
vista  ;  ponderare,  pesare  per  calcolare  ;  probabil- 
mente non  solo  sentimenti,  ma  anche  sensazioni 
stabiliscono  la  relazione,  giacché,  ad  es. ,  fra 
espressioni:  volgere  il  pensiero,  ordinare  le  idee,  e 
volgere  il  viso,  ordinare  delle  note,  non  v'è  diffe- 

Eavizza,  Psicologia  della  Lingua.  16 


122  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

renza  che  nella  vivezza  delle  immagini,  nella  in- 
tensità delle  sensazioni. 

Ed  è  sopratutto  da  queste  associazioni  per 
sentimenti  e  sensazioni  comuni  a  impressioni 
esterne  e  interne,  dalla  loro  persistenza,  dalla 
loro  evidenza,  che  traggono  origine  sempre  nuove 
parole  a  esprimere  sempre  più  delicati,  lievi,  moti 
dell'animo. 

Più  evidente  è  poi  la  presenza  di  sensazioni 
affini  nei  due  contenuti  successivi  della  parola, 
nella  denominazione  di  sensazioni  da  oggetti  : 
come  viola  (colore)  dal  fiore;  porpora  (rtopcpupa; 
TTopcpupeoq  ,  purpureus  =  "  vivacissimo  ,  splen- 
dente „ ,  detto  di  qualunque  colore,  probabilmente 
da  TTUp  =  "  fuoco  „  e  da  qpupuu  =:  "  agito  „)  ;  nelle 
quali  vediamo  sparire  tutti  gli  elementi  visivi 
eccetto  uno,  e  tutti  gli  elementi  tattili,  onde  il 
concetto  espresso  dalla  parola  passa  dalla  classe 
degli  oggetti  a  quella  delle  qualità. 

Abbiamo  detto  che  i  casi  più  semplici  di  mu- 
tamento complicativo  di  significato  sono  quelli, 
nei  quali  qualche  elemento  del  primo  valore  della 
parola  si  presenta  anche  nell'ultimo;  diciamo  ora 
che  sono  anche  i  più  comuni;  in  fatti  all'infuori 
di  essi  non  ci  resta  da  considerare  che  la  deno- 
minazione dei  processi  intellettivi,  dei  loro  pro- 
dotti, delle  facoltà  intellettuali,  ad  es.  ricordare, 
ricordo;  comprendere,  ecc.,  nei  quali  il  valore 
intellettuale  non  può  esser  stato  dato  alla  pa- 
rola che  per  un'associazione  secondaria,  cioè  ap- 
poggiata su  un  valore  intermedio  materiale  e  in- 
tellettuale ad  un  tempo,  che  ha  unito  il  secondo 


i 


VI    -    JIUTÀMEKTO    DI    SIGNIFICATO  123 

concetto  al  primo,  giacche,  a  differenza  dei  casi 
di  denominazione  di  stati  soggettivi,  l'azione  o 
lo  stato  che  formano  il  contenuto  primo  della 
parola  non  possedono  nessun  elemento  ne  senti- 
mentale, ne  rappresentativo  del  secondo  :  così  non 
sentiamo  piìi  in  "  spiritus  =  anima  „  lo  "  spìritus 
=  fiato,  respiro  ,  se  non  sappiamo  che  un  tempo 
il  fiato  era  appunto  ritenuto  come  l'essenza  vi- 
vificatrice dell'organismo. 

A  questi  due  gruppi  maggiori  di  mutamento 
di  significato,  quello  per  assimilazione  e  quello 
per  complicazione,  aggiungiamo  quei  casi  nei 
quali  una  parola  assume  il  significato,  affatto 
estraneo  al  proprio,  di  un'altra  colla  quale  fre- 
quentemente occorre  nel  discorso,  muta  cioè  di 
significato  per  un'associazione  estema,  sintattica; 
così  l'aggettivo:  capitale  ha  preso  valore  di  città 
capitale,  e  ascella  di  axilla  brachii,  e  bonne  di 
bonne  domestìque. 

Tutti  i  fenomeni  trattati  fin  qui  dimostrano 
processi  psichici  comuni,  generali  ;  così  che  pos- 
siamo ritenerli  come  sorti  contemporaneamente 
e  indipendentemente  in  parecchi  punti  di  un  dato 
territorio  linguistico;  li  chiameremo  dunque  coi 
termini  già  usati  pel  mutamento  fonetico,  casi 
di  mutamento  regolare,  serbando  per  gli  altri  il 
nome  di  rmUamento  singolare. 

Comprenderà  questo  adunque  tutte  quelle 
forme  individuali,  diverse,  che  come  *"  arbi- 
trarie „,  "  capricciose  „  vengon  comunemente 
messe  fuori  d'ogni  legge,  quasi  che  "  arbitrio  , 
"  capriccio  ,    non  siano  parole  esprimenti  prò- 


124  PSICOLOGIA   DELLA  LINGUA 

cessi  psichici,  dei  quali  dunque  potremo  ricer- 
care in  ogni  caso  gli  elementi  e  le  forme  e  le 
leggi  relative. 

Quelle  in  fatti  fra  esse  di  cui  ci  è  dato  rin- 
tracciare la  genesi  storica,  ci  appaiono  non  meno 
delle  forme  di  mutamento  regolare  fondate  su 
associazioni,  ma  specialissime,  ma  cooperanti  una 
sol  volta  e  per  lo  più  in  un  solo  individuo  o  in 
una  cerchia  ristretta  d' individui,  ciò  che  non 
significa  affatto,  che  esse  siano  psicologicamente 
irregolari,  giacche  riposano  sulle  leggi  generali 
di  associazione,  ne  che  siano  meno  diffuse  di 
quelle  regolari,  giacché  le  condizioni  che  fanno 
accettare  e  usare  una  parola  non  devono  esser 
di  necessità  le  stesse  che  presiedettero  alla  sua 
formazione,  e  se  queste  sono  individuali,  possono 
esser  quelle  generali.  Così  sarà  un  caso  di  mu- 
tamento singolare  di  significato  se  il  nome  del 
veloce  messaggero  degli  Dei  "  Mercurius  „  fu 
assegnato  al  più  veloce  dei  pianeti,  giacche  è 
questo  un  avvicinamento  di  idee  che  solamente 
degli  astronomi  possono  aver  fatto;  una  volta 
però  assegnato  da  essi  il  nome,  era  naturale  che 
i  profani  lo  accettassero. 

In  un  primo  gruppo  di  queste  interessanti 
forme  di  mutamento  possiamo  riunire  i  casi  di 
denominazione  per  associazione  singolare,  di  cui  ci 
offrono  due  begli  esempi  le  parole  moneta  e  gas. 

Ognun  sa  come  la  prima  parola  non  fosse  ori- 
ginariamente che  uno  dei  tanti  appellativi  di 
Giunone  e  significasse  "  ammonitrice  „,  e  come 
dall'esser  sorta  la  prima  zecca  romana  in  vici- 


VI    -    MUTAMENTO   DI    SIGNIFICATO  125 

nanza  di  un  tempio  dedicato  allo  Juno  moneta, 
si  chiamasse  dapprima  "  moneta  „  la  zecca  e  poi 
il  denaro  che  vi  si  coniava,  e  in  quest'ultimo 
significato  la  parola,  nelle  sue  varie  forme  di 
moneta,  e  nwnnaie,  e  Miinze,  e  money,  corresse 
poi  il  mondo. 

Forse  meno  nota  è  l'origine  della  seconda 
parola,  di  "  gas  „.  —  Sorse  questa  nel  labora- 
torio del  medico  e  mistico  Giovan  Battista  van 
Helmont,  che  verso  l'anno  1600  denominava  così, 
corrompendo  la  parola  "  Caos  „,  un  corpo  aeri- 
forme da  lui  scoperto  e  che  egli  riteneva  ap- 
punto affine  alla  materia  del  "  Caos  „  e  al 
"  Blas  „,  un'aria  fredda  che  ai  tempi  di  quel 
chimico  emanavan  le  stelle. 

La  prima  denominazione  ci  appare  dunque 
come  il  risultato  di  due  successive  associazioni 
per  contiguità  fra  il  tempio  e  la  zecca,  fra  la 
zecca  e  il  denaro  che  vi  si  conia  ;  la  seconda,  di 
due  associazioni  per  somiglianza  fra  la  materia 
del  caos,  quella  delle  stelle  e  la  nuova,  compli- 
cate con  mutamenti  fonetici. 

Un  secondo  gruppo  formano  le  traslazioni  del 
nome  di  un  oggetto  a  un  altro,  quando,  s'intende, 
non  appartengono  al  mutamento  regolare.  La 
caratteristica  dei  fenomeni  appartenenti  a  questo 
gruppo  è  la  singolarità  non  tanto  di  un'associa- 
zione quanto  della  successione  di  associazioni  e 
il  loro  numero,  per  cui,  tolte  le  intermedie,  nes- 
suna relazione  appare  fra  il  primo  e  l'ultimo  ter- 
mine della  serie.  Così  la  derivazione  del  francese 
loupe  =  lente  d'ingrandimento  da  lupus  =  lupo, 


126  PSICOLOGIA   DELLA  LI^^GUA 

ci  appare  comprensibile  solo  coli' intromissione 
di  lupus  e  lupa,  denominazione  data  a  un'ulcera 
voracissima  e  rotonda,  che  per  la  prima  qualità 
dunque  è  associata  a  lupus  =  lupo  e  per  la  se- 
conda appunto  alla  loupe  =  lente. 

Qui  aggiungeremo  in  un  terzo  gruppo  quelle 
metafore  che  sono  entrate  nell'uso  comune.  In 
vero,  il  valore  originario  della  parola  metafora 
(traslazione)  potrebbe  giustificare  un'assunzione 
di  tutti  i  fenomeni  di  mutamento  di  significato 
sotto  questo  titolo,  ma  noi,  pur  riconoscendo 
come  sia  difficile  fissare  un  esatto  criterio  di 
distinzione  tra  i  due  fenomeni,  riterremo  inco- 
minciar la  metafora  dove  la  traslazione  da  un 
significato  all'altro  è  avvertita,  ond'è  che  i  fe- 
nomeni del  mutamento  di  significato  diventano 
posteriormente  metafore  solo  per  chi  si  renda 
ragione  della  relazione  logica  fra  i  diversi  con- 
cetti che  formano  successivamente  il  contenuto 
della  parola. 

Caratteri  pel  riconoscimento  della  metafora  e 
dei  suoi  confini  coi  due  fenomeni  affini  del  mu- 
tamento di  significato  da  un  lato,  e  della  simi- 
litudine dall'altro,  non  si  possono  dedurre  che 
dallo  studio  delle  sue  relazioni  con  tutta  la  rap- 
presentazione totale,  colla  frase  cioè,  della  quale 
è  parte.  Da  questo  studio  rileviamo  che:  La  pa- 
rola che  ha  mutato  di  valore  non  desta  altra 
rappresentazione  che  quella  inerente  al  nuovo  si- 
gnificato acquisito,  e  tutte  le  parti  della  rappre- 
sentazione totale  appaiono  dunque  come  omo- 
genee. Così  s'io  dico  a  uno:  "  sei  un  imbecille  „ 


VI    -    MUTAMENTO    DI    SIGNIFICATO  127 

non  appare  il  valore  primitivo  di  imbecille  (mal- 
fermo, debole),  ma  solo  il  nuovo  che  gli  è  proprio 
in  quella  frase. 

La  similitudine  contrappone  l'una  all'altra 
due  immagini  aventi  qualche  elemento  comune; 
così  s'io  dico:  "  Mio  cugino  mangia  come  un 
lupo  „,  mio  cugino  e  il  lupo  appaiono  contrap- 
posti l'uno  all'altro  ma  pur  colla  nota  comune 
della   voracità. 

La  metafora  si  presenta  invece  in  una  rap- 
presentazione totale  come  parte  eterogenea,  e 
avvertita  come  tale ,  che  richiama  però  per 
facili  associazioni  le  omogenee  ;  così  ho  una 
metafora  quando  dico:  "  una  persona  è  un 
orso  „  ;  nella  metafora  dunque  appare  anzitutto 
r  immagine  metaforica  come  predominante,  ma 
a  essa  si  collega,  per  l'affinità  di  qualche  ele- 
mento e  per  effetto  delle  altre  parti  della  rap- 
presentazione totale  il  significato  omogeneo  a 
queste,  colle  quali  si  fonde;  ond'è  che  a  diffe- 
renza della  similitudine,  nella  quale  le  due  imma- 
gini vengono  sempre  appercepite  come  diverse 
e  distinte,  la  metafora  può  perdere  coll'uso  del 
suo  primo  valore  e  avvicinarsi  sempre  più  a 
quello  dei  mutamenti  di  significato. 

Anzitutto  son  le  parole  metaforiche  che  più 
facilmente  vengono  accettate  nella  lingua  co- 
mune ;  così  gli  appellativi  asino,  porco,  ecc.  rife- 
riti a  uomini,  '•  devotissimo  servo  „  nella  chiusa 
delle  lettere;  un  "  cielo  a  pecorelle  „,  ecc.;  più 
difficilmente  le  espressioni  metaforiche,  come:  la 
falce  della  morte;  le  ingiurie  del  tempo;  deux  tétes 


128  PSICOLOGIA   DELLA  LINGUA 

sous  un  bonnet  ;  ein  Herz  und  eine  Seele  ;  un'anima 
in  due  corpi  ;  soffiar  nel  fuoco,  per  aizzare  ;  cascar 
dalle  nuvole;  scendere  in  lizza;  rompere  una  lancia; 
calzare  il  coturno;  nelle  quali  ultime  l'affievolirsi 
del  carattere  di  metafora  è  facilitato  dall'oscu- 
rarsi  dal  valore  originario  di  qualche  parola  che 
ne  fa  parte. 

Da  quanto  abbiamo  esposto  prima  di  venire 
a  trattare  della  metafora,  appaiono  come  cause 
psichiche  del  mutamento  di  significato  i  processi 
di  associazione;  le  sue  leggi  saranno  dunque 
quelle  che  regolano  le  associazioni,  quelle  cioè 
di  somiglianza,  di  contiguità  (nello  spazio  e  nel 
tempo)  e  di  eliminazione  degli  elementi  non  as- 
similabili, le  quali  leggi  ci  dicono  che  nelle  as- 
sociazioni 0  si  uniscono  fra  loro  elementi  eguali, 
o  si  uniscono  fra  loro  elementi  vicini,  e  che  per 
conseguenza  gli  altri  elementi  scadono. 

Quest'ultima  legge  come  quella  che  si  mani- 
festa in  ogni  processo  di  associazione,  presiede 
ad  ogni  forma  di  mutamento,  mentre,  delle  due 
prime,  quella  di  somiglianza  caratterizza  l'assi- 
milativo, quella  di  contiguità  il  complicativo. 

Il  mutamento  singolare  non  presenta  forme 
speciali  di  associazioni  ;  se  non  che  esse,  anziché 
compiersi  simultaneamente  come  nel  regolare, 
per  la  maggiore  disparità  degli  elementi  avven- 
gono piìi  lentamente,  spesso  per  effetto  di  rifles- 
sione, sono  cioè  di  quelle  che  chiamammo  suc- 
cessive. 

Sappiamo  che  le  associazioni  si  compiono  fra 
elementi  di  rappresentazioni  complesse,  e  queste 


I 


VI    -    MUTAMENTO    DI    SIGKIFICATO  129 

formano  dunque  il  substrato  anche  dei  fenomeni 
di  mutamento  di  significato. 

Già  in  fatti  dovemmo  ricercare  nella  frase 
(cioè  appunto  nella  rappresentazione  totale)  la 
spiegazione  del  mutamento  per  associazione  sin- 
tetica e  di  quello  per  metafora  ;  solo  nella  frase 
noi  possiamo  capire  che  la  parola  antica  vien 
usata  in  un  significato  nuovo,  e  solo  come  parti 
delle  rispettive  rappresentazioni  totali  il  primo 
contenuto  rappresentativo  d'una  parola  ha  qualche 
relazione  col  successivo;  così,  ad  es.,  la  gamba 
del  tavolo  con  quella  di  un  animale. 

Ora,  la  funzione  che  vedemmo  presiedere  alla 
formazione  e  scomposizione  della  rappresenta- 
zione totale  è  la  appercezione,  e  questa  adunque, 
nel  suo  doppio  processo  sintetico  e  analitico 
(v.  pag.  34) ,  è  la  causa  ultima  del  mutamento 
di  significato,  mentre  le  singole  associazioni  sono, 
come  vedemmo,  i  motivi  immediati  delle  sue 
varie  forme. 


Ravizza,  Psicologia  deOa  Lingua.  17 


i 


I 


vn. 
PSICOLOGIA  DELLA  SI^^TASSI 


I.  Specie  di  frasi  —  Definizione  di  frase  —  Frasi  incom- 
plete —  Equivalenti  di  frase  —  Frase  esclamativa, 
attributiva,  predicativa  —  Frase  assertiva,  descrittiva 
e  narrativa  —  La  copula  —  Frase  interrogativa. 

IL  Le  parti  del  discorso  —  Caratteristiche  morfologiche 
e  sintattiche  —  Quattro  categorie  principali  di  pa- 
role —  Valore  fondamentale  del  sostantivo  —  Evo- 
luzione del  sostantivo  in  aggettivo  —  Caratteristiche 
di  qualità,  di  valore  —  Genere  —  Numerali  e  nu- 
mero, varie  espressioni   del   singolare  e  del  plurale 

—  Pronomi  —  Pronome  personale,  suo  SAdluppo  dal 
possessivo,  dal  sostantivo  —  Pronome  possessivo, 
suo  sviluppo  dal  personale  —  Pronome  dimostrativo 
e  derivati  —  Casi  —  Loro  sviluppo  nelle  diverse 
lingue  —  Casi  di  determinazione  interna  —  Casi  di 
determinazione  estema  —  Loro  confondersi  e  sparire 

—  Verbo  —  Suoi  caratteri  e  sue  funzioni  rispetto  al 
sostantivo  —  Suo  sviluppo  da  questo  —  Coll'aiuto 
di  pronomi  —  Coll'aiuto  di  parole  ausiliarie  —  La 
metafora  fonetica  nel  verbo  —  Il  numero  —  Conte- 
nuto dei  generi,  modi  e  tempi  —  Particelle  primarie 
e  secondarie  —  L'influenza  della  frase  nella  differen- 


132  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

ziazione  delle  parti  del  discorso  —  Verbo  —  Agget- 
tivo —  Forme  originali  pel  personale  o  pel  posses- 
sivo —  Derivazione  del  relativo  dal  dimostrativo  — 
Il  periodo  —  Paratassi  pura  —  Paratassi  congiun- 
tiva —  Ipotassi. 

III.  Struttura  della  frase  —  Relazione  chiusa  e  aperta  — 
Frase  appercettiva  e  associativa  —  Struttura  della 
frase  predicativa  —  Struttura  del  periodo,  le  due 
forme  fondamentali  di  paratassi  e  le  due  d' ipotassi 
che  ne  derivano  —  Motivi  della  trasformazione  della 
unione  paratattica  nella  ipotattica  —  Sviluppo  della 
forma  predicativa  dalla  attributiva  —  La  relazione 
aperta  e  chiusa  nelle  frasi  assertive  —  Costruzione 
—  Le  sue  due  leggi  principali  —  Loro  valore  nelle 
diverse  specie  di  frasi  —  Motivi  del  fissarsi  di  una 
data  costruzione. 

IV.  Il  pensiero  nelle  diverse  lingue  —  Caratteristiche 
interne,  pensiero  frammentario  e  discorsivo,  pensiero 
nominale  e  verbale,  pensiero  concreto  o  astratto. 


>c>c>oc>ocx>oc>c>c^>^>c>^^>< 


vn. 

Psicologia  della  sintassi. 


Conformemente  ai  processi  psichici  dai  quali 
vedemmo  risultare  la  frase,  la  potremo  definire 
"  l'espressione  fonetica  della  scomposizione  di 
una  rappresentazione  totale  nelle  sue  parti;  in 
relazione  logica  fra  di  loro  „. 

Sappiamo  che  a  ognuna  di  queste  parti  cor- 
risponde una  parola  e  notiamo  ora  che  una  pa- 
rola può  anzi  contenere,  e  contiene  generalmente, 
non  solo  nelle  lingue  agglutinanti  ma  anche  nelle 
nostre,  più  di  una  rappresentazione  parziale  (così 
vengo,  la  persona,  l'azione  e  il  tempo),  onde  in 
essa  si  può  spesso  continuare  il  processo  anali- 
tico iniziato  nella  frase;  ne  viene  dunque  che, 
ogni  rappresentazione  parziale  risultante  dalla 
scomposizione  intellettiva  della  totale,  di  regola 
consterà  almeno  delle  due  parti  principali  di  una 
rappresentazione  verbale,  cioè  del  concetto,  e  di 
tutto  il  complesso  di  sensazioni  auditive,  musco- 


134  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

lari,  ecc.  che  abbiamo  menzionate  nel  capitolo  II 
e  che  qui  chiameremo,  in  opposizione  al  con- 
cetto, parola. 

Ma  può  darsi  che  ad  alcune  rappresentazioni 
parziali,  presenti  nella  totale,  vengano  a  man- 
care le  corrispondenti  parole,  e  restino  dunque, 
non  rafforzate  dagli  elementi  in  questa  contenute, 
più  deboli,  oscure,  indeterminate  delle  altre;  è 
questo  il  caso  delle  frasi  incomplete.  Es:  Giìi  il 
cappello.  Il  treno!  Fuoco! 

E  spesso  queste  rappresentazioni  parziali  alle 
quali  manca  la  parola  sono  molto  importanti 
dal  punto  di  vista  logico  ;  così  i  verbi  impersonali 
del  tipo  u€i,  variati,  pluit,  es  rauscht,  il  ghie,  vano 
se  hlyska,  sia  che  abbiano  o  no  un  soggetto  for- 
male {es,  il,  vono),  esprimono  una  forma  della 
lingua  compendiaria ,  e  la  rappresentazione  par- 
ziale sottaciuta,  o  indeterminatamente  espressa, 
designa  il  complesso  degli  elementi  percettivi 
dati  contemporaneamente  col  processo  implicito 
nel  verbo. 

Talora  poi  la  frase  incompleta  ha  la  par- 
venza di  un  vero  ellissi  grammaticale,  come  in 
questi  casi:  èH  òvuxujv  Xéovia,  dii  meliora,  der 
graf  nun  so  eilig  zum  tore  hinaus.  Specialmente 
nei  due  primi  esempì  i  suffissi  dei  casi  farebbero 
credere  che  un  tempo  fosse  espresso  nella  frase 
il  verbo.  Ma  può  darsi  che  in  origine  a  quelle 
forme  mancasse  il  segnacaso,  e  che  le  rappre- 
sentazioni parziali  s'indicassero  così  come  si  suc- 
cedevano nell'animo  e  che  solo  per  analogia 
delle  frasi  complete:  "  èH  òvuxujv  X^ovta  tvojGi  „ 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  135 

"  dii  dent  meliora  „  e  simili,  siasi  poi  anche  in 
quelle  frasi  che  riproducevano  un  tipo  originario 
posto  il  caso  che  ormai  era  diffuso  nelle  frasi 
normali. 

Ma  può  darsi  anche  che  tutta  la  rappresenta- 
zione totale  contenente  oscure  e  indistinte  le 
minori  rappresentazioni  parziali,  trovi  la  sua 
espressione  complessiva  in  una  parola,  o  in  un 
gesto  ;  potremo  allora,  meno  ancora  che  nel  caso 
precedente ,  parlare  di  frase,  giacche  ancor  più 
incompleto  appare  il  processo  che  caratterizza 
questa  e  avremo  dunque  solo  degli  equivalenti 
di  frase;  così  se  alla  domanda  "  Esci  questa 
sera?  „  rispondo  "  Si  „. 

A  seconda  poi  della  sua  funzione  la  frase  può 
essere  esclamativa,  assertiva  e  interrogativa  ;  specie 
che  non  mancano  in  nessuna  lingua  e  sono  con- 
trassegnate dai  tre  punti  :  d'esclamazione,  fermo, 
e  d'interrogazione. 

La  frase  esclamativa  è  l'espressione  verbale 
di  un'  emozione,  che  può  essere  semplicemente 
un  sentimento,  come  nelle  frasi  "  Che  uomo  !  Bel 
divertimento!  „,  o  anche  un  processo  volitivo, 
cioè  un  desiderio  o  un  comando,  come  nelle  frasi 
'  Scappa!  Vieni!  „. 

Come  vediamo,  la  frase  esclamativa  finisce 
senza  una  chiara  distinzione  formale  nella  escla- 
mazione, ma  riterremo  le  citate,  frasi,  sia  pure 
incomplete,  perchè  la  parola  o  le  parole  che 
le  compongono  richiamano  per  facile  associa- 
zione, quando  pure  non  la  esprimano,  almeno 
un'altra   parte  della  rappresentazione  totale,  in 


136  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

relazione  logica  colla  espressa.  Così,  le  prime 
richiamano  determinazioni  dell'uomo  e  del  di- 
vertimento, cioè  attributo,  e  formano  dunque 
delle  frasi  attributive;  le  seconde  richiamano  una 
persona  che  eseguisce  un  comando,  esaudisce 
una  preghiera,  un  soggetto  dunque  del  quale  si 
dice  qualche  cosa,  si  enuncia  un  predicato,  for- 
mano dunque  frasi  predicative. 

Dalla  frase  esclamativa  il  cui  contenuto  è 
sopratutto  sentimento  e  volontà,  si  distingue  la 
frase  assertiva  perchè  il  suo  contenuto  è  sopra- 
tutto un  complesso  di  rappresentazioni. 

A  seconda  della  natura  di  queste  possiamo 
distinguerle  in  frasi: 

I.  descrittive  o  esplicative; 

II.  narrative. 

Le  prime  mettono  in  relazione  un  oggetto  con 
una  sua  proprietà;  la  quale  può  essere  espressa 
da  un  aggettivo  (frase  descrittiva):  Es.  Il  popolo 
è  forte;  o  da  un  sostantivo  (frase  esplicativa): 
Es.  Egli  è  un  eroe;  voce  di  popolo  voce  di  Dio. 

Le  seconde  rilevano  di  un  oggetto  o  di  più 
oggetti  in  relazione  fra  di  loro,  gli  stati  mute- 
voli, che  sono  espressi  dal  verbo.  Es.  Egli  la- 
vora; quell'uomo  e  il  suo  amico  uccisero  il 
cavallo. 

Ma  se  per  il  predominare  delle  rappresenta- 
zioni sul  sentimento  la  frase  assentiva  si  contrap- 
pone alla  esclamativa,  le  sue  due  forme  pei  loro 
caratteri  logici  si  annettono,  l'una,  e  cioè  li 
descrittiva-esplicativa  alla  frase  esclamativa-at-j 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  137 

tributiva  (di  sentimento),  l'altra,  la  narrativa 
alla  esclamativa-predicativa  (comando  e  pre- 
ghiera) ;  difatti  le  prime  contengono  una  deter- 
minazione del  soggetto  e  sono  dunque  frasi  at- 
tributive, mentre  le  seconde  contengono  qualche 
cosa  che  si  dice  del  soggetto  cioè  un  predicato, 
e  son  dunque  frasi  predicative. 

La  logica  riduce  anche  le  prime  in  frasi  pre- 
dicative usando  del  verbo  "  essere  „ ,  della  copula, 
e  considera  come  predicative  le  frasi  che  già 
l'hanno;  ma  se  ciò  è  permesso  alla  logica,  la 
quale  ha  per  oggetto  del  suo  studio  il  "  giudizio  , , 
non  lo  è  alla  psicologia,  la  quale  non  può  di- 
menticare che  in  molte  lingue  non  esiste  verbo 
"  essere  „  ;  che  in  molte  altre  la  copula  è  nata, 
vedremo  come,  da  verbi  di  contenuto  reale  che 
introdotti  nella  così  detta  frase  ellittica  dareb- 
bero luogo  a  un  non  senso  (1),  e  infine  che  nelle 
nostre  lingue  questo  verbo  non  aggiunge  nessun 
nuovo  elemento  al  contenuto  della  frase  attri- 
butiva nella  quale  si  inserisce. 

Per  noi  dunque  "  voce  di  popolo,  voce  di  Dio  „ 
è  una  frase  a  non  minor  ragione  di  "  voce  di 
popolo  è  voce  di  Dio  „,  e  questa  è  come  quella 
una  pura  frase  attributiva. 

Che  inserita  nella  frase  attributiva  per  renderla 
predicativa  la  copula  non  abbia  contenuto  reale. 


(1)  Così  nel  vedico  *  sahàsram  tè  inyuto  visvavara  = 
mille  di  te  i  cariaggi  o  ricco  di  doni  ,  —  l'introduzione 
del  verbo  *  carati  ,  (=  muoversi,  viaggiare ,    procedere). 

Eavizza,  Psicologia  della  Lingtta.  18 


138  PSICOLOGIA   DELLA  LINGUA 

non  vuol  dire  però  che  non  ne  abbia  mai,  essa 
spesso  indica  il  tempo,  specie  il  passato  e  il  futuro, 
e  dà  luogo  alla  formazione  di  frasi  di  carattere 
attributivo  (nominale)  e  predicativo  (verbale)  in- 
sieme. Così  "  Egli  è  un  lavoratore  „  è  frase  pura- 
mente attributiva;  "  Egli  lavora,  o  lavorava  „ 
sono  frasi  puramente  predicative;  "  Egli  fu  un 
lavoratore,  e  sarà  un  lavoratore  „  sono  frasi 
attributive  e  predicative. 

Anche  di  frasi  interrogative  abbiamo  due  specie  : 
la  dubitativa  che  ha  il  contenuto  di  un'  asseri- 
tiva  ma  ne  richiede  la  conferma  o  la  negazione, 
Es.  Il  babbo  è  partito?  Sei  ammalato?;  e  la  do- 
manda reale  che  si  riferisce  a  un  contenuto 
ignoto  all'interrogante,  e  che  egli  vuol  conoscere 
dalla  risposta.  Es.  Quando  è  partito  il  babbo? 
Che  malattia  hai?  Le  risposte  sia  alle  prime 
(un  "  sì  „  0  un  "  no  „)  che  alle  seconde  ("  ieri  „, 
"  reumatica  „),  giacche  hanno  senso  soltanto  colle 
rispettive  domande,  sono  equivalenti  di  frasi,  e 
formano  con  ognuna  di  esse  la  rappresentazione 
totale,  il  contenuto  di  una  asseritiva. 

Per  questa  identità  di  contenuto  varrà  anche 
per  le  interrogative  quanto  già  dicemmo  su  at- 
tributo e  predicato;  ma  d'altra  parte  esprimendo 
la  domanda  un  desiderio,  avendo  cioè  anche  un 
contenuto  sentimentale,  verrà  ad  occupare  un 
posto  fra  le  asseritive  e  le  esclamative. 

Colla  diversa  natura  psichica  della  frase  e  dei 
suoi  elementi,  sta  in  istretta  relazione  quella 
della  funzione  che  alle  singole  parole  spetta 
nella  frase  e  che  appare  nelle  loro  diverse  forme, 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  139 

in    quelle    cioè    che  i    grammatici    chiamano  le 
parti  del  discorso. 


Le  paHi  del  discorso. 

Le  caratteristiche  secondo  le  quali  le  parole 
vengon  distribuite  nelle  diverse  classi  di  nome 
sostantivo,  ìiome  aggettivo,  verbo,  ecc.,  possono  es- 
sere di  due  specie  e  cioè  morfologiche  (o  esterne) 
e  sintattiche  (o  interne). 

Sono  morfologiche  quando  aderiscono  al  vo- 
cabolo, cioè  alla  parola  anche  presa  isolatamente, 
fuori  da  qualunque  contesto,  come  avviene  ge- 
neralmente in  Latino  e  in  Greco.  Sintattiche 
quando  risultano  solo  dal  complesso  della  frase, 
mentre  il  vocabolo  per  se  è  amorfo,  non  dà 
modo  di  riconoscere  di  quale  classe  di  concetti 
sia  espressione  ;  ciò  che  però  non  ci  deve  in- 
durre nell'opinione  che  una  data  lingua  non  di- 
stingua diverse  categorie  di  parole,  giacche  queste 
non  vivono  in  realtà  che  nel  discorso,  essendo 
il  considerarle  isolate  artificio  di  grammatici,  e 
nel  discorso  hanno  ogni  volta  un  loro  valore 
particolare ,  che  potrà  risultare  o  dalla  loro  po- 
sizione, 0  da  determinativi,  e  pel  quale  dunque 
appartengono  anche  esse  a  una  data  categoria. 
Tali  le  parole  del  chinese.  Esempi  ce  ne  for- 
nisce l'inglese,  dove,  ad  es.,  la  parola  scritta 
down  può  essere  sostantivo  (I  piuma,  II  duna)  ; 
preposizione  e  avverbio  (giù);  aggettivo  (triste); 
e  in    fine    verbo    [scoraggire,    antiquato).    D'ai- 


140  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

tronde  in  quasi  tutte  le  lingue  colle  caratteri- 
stiche morfologiche  cooperano  alla  distinzione 
delle  parole  le  sintattiche. 

Comunque  appaia  questa  distinzione,  essa  di- 
pende, come  dicemmo,  dalla  funzione  della  parola 
nella  frase,  e  corrisponde  quindi  alle  tre  classi 
di  concetti  che  da  questa  vedemmo  risultare: 
quella  degli  oggetti,  quella  delle  qualità,  e  quella 
degli  stati  (e  mutamenti  di  stato). 

In  fatti  possiamo  distinguere  in  quasi  tutte  le 
lingue  le  tre  classsi  di  parole  corrispondenti, 
cioè  il  sostantivo ,  l' aggettivo  e  il  verbo ,  alle 
quali  aggiungeremo,  raccolte  sotto  il  nome  di 
particelle,  tutte  quelle  che  servono  ad  esprimere 
i  rapporti  fra  le  antecedenti,  nelle  lìngue  in  cui 
questi  rapporti  hanno  assunto  forma  in  parole 
speciali  e  non  vengano  rese  con  modificazioni  di 
quelle  delle  altre  tre  classi. 

Nelle  lingue  piti  sviluppate  a  questo  riguardo 
in  ognuna  di  quelle  categorie  principali  se  ne 
possono  poi  distinguere  moltissime  di  secondarie 
corrispondenti  a  varietà  dei  concetti  generali; 
così  gli  antichissimi  nomi  indogermanici  di  pa- 
rentela (vedi:  Vater,  Mutter,  Bruder,  Schwester, 
Tochter,  Yetter)  pur  differendo  fra  loro  per  gli 
elementi  fonetici  fondamentali  sono  riuniti  dalla 
comune  terminazione;  ma  non  le  molte  categorie 
secondarie  e  neppure  le  quattro  principali  sono 
rigidamente  separate  fra  loro,  che  anzi  anche 
nelle  lingue  nostre,  aggettivo  e  sostantivo,  come 
già  indica  la  grammatica  accogliendoli  sotto  la 
denominazione   di   nome,   e,  sopratutto   in   altre 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  141 

lingue,  anche  nome  e  verbo  si  confondono,  e 
frequentissimi  poi  sono  in  tutte  le  lingue  i  pas- 
saggi da  una  categoria  all'altra. 

Dopo  di  che,  è  evidente  che  la  ripartizione 
in  nome,  verbo  e  particelle  che  noi  abbiamo 
scelto  per  la  trattazione  non  ha  valore  per  tutte 
le  lingue;  non  è  che  il  raggruppamento  più  co- 
modo della  materia  dovendo  prendere  per  ter- 
mine di  paragone  le  lingue  nostre,  nelle  quali 
appunto  le  tre  categorie  di  parole  sono  quasi 
sempre  distinte. 

Siccome  qualità  e  stato  non  sono  concepibili 
che  inerenti  a  un  oggetto,  è  il  nome  che  in  tutte  le 
lingue  ha  la  maggior  importanza  nella  rappresen- 
tazione del  pensiero  e  probabilmente  dunque 
quello  che  costituisce  il  piti  antico  materiale,  di 
cui  verbo  e  aggettivo  appaiono  come  derivazioni 
secondarie. 

Il  nome  che  fa  da  aggettivo  si  distingue  dap- 
prima da  quello  che  fa  da  sostantivo  solo  per  il 
significato;  ma  questo  significato  speciale  per  il 
quale  esso  aggettivo  appare  differente  dal  nome 
sostantivo,  ha  per  effetto  una  variazione  di  forma 
e  cioè  la  mozione  e  nelle  lingue  indogermaniche 
la  comparazione.  Ed  ecco  qualche  traccia  dello 
sviluppo  iniziale  di  queste  caratteristiche  dell'ag- 
gettivò. 

In  molte  lingue  americane  la  qualità  è  ancora 
espressa  da  un  nome  che  vien  aggiunto  senza 
mutamento  al  nome  reggente,  come  sarebbe  a 
dire,  per  es.,  legno  pietra  per  legno  duro. 

Anche  le   lingue    indogermaniche    ci    presen- 


142  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

tano  evidenti  tracce  del  passaggio  di  sostantivo 
in  aggettivo.  Si  pensi  al  hellator  equus  di  Ver- 
gilio,  all'avrip  aipanuuTriq  dei  Greci,  al  bos  arator 
di  Svetonio.  A  volte  il  passaggio  è  dovuto  a 
uso  predicativo  ;  è  noto  l' impiego  aggettivale 
a  cui  arrivò  in  tedesco  il  nome  schade.  Cfr.  in 
Mhd.  hure  schade  er  lebe;  altre  volte  è  dovuto 
a  quelle  forme  di  composti  possessivi,  che  furono 
tanto  in  uso  nel  Sanscrito,  e  che  non  sono  ignote 
agli  altri  linguaggi  indogermanici.  Si  pensi  a 
poòoòdtKTuXog  in  origine  dito  rosso,  e  poi  ditiro- 
sato  0  dal  dito  rosso  ;  al  nostro  magnanimo  ;  al 
tedesco  harfuss  da  bar  vuoz. 

In  alcune  lingue  polinesiache  la  mozione  del 
numero  che  logicamente  sembra  di  esclusiva 
spettanza  del  nome  appare  invece  solo  nell'ag- 
gettivo. Così  da  laau  tele  =  albero  grande,  laau 
telele  =  alberi  grandi. 

Il  Brugmann  c'insegna  (Gr.  II.  420)  che  i 
suffissi  che  ora  servono  a  graduare  l'intensità 
del  concetto  aggettivale  non  differiscono  mor- 
fologicamente da  quelli  che  servivano  a  indi- 
care varietà  qualitative  del  concetto  sostantivo; 
inoltre  i  comparativi  formati  da  diverso  tema 
(es.  malus,  pejor)  si  presentano  probabilmente 
come  resti  di  un'epoca  in  cui  la  più  spiccata 
caratteristica  dell'  aggettivo  ,  la  comparazione 
indogermanica,  come  morfologicamente  ci  si  pre- 
senta, non  esisteva  ancora,  e  le  differenze  di  grado 
non  erano  che  differenze  di  qualità,  le  quali,  come 
dicemmo,  i  sostantivi  esprimevano  non  meno  e 
non  diversamente  degli  aggettivi. 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  143 

Né  queste  caratteristiche  di  qualità  che  do- 
vevano esser  numerosissime  nel  gruppo  indo- 
germanico, dove  vediamo,  ad  es. ,  oltre  pater, 
mater,  frater,  ecc.  (v.  pag.  140),  collegati  da 
un  suffisso  comune,  gli  aggettivi  in  ter  derivati 
da  sostantivi  con  valore  locale  {campester,  sil- 
vester ,  ecc.) ,  mancano  generalmente  in  altre 
lingue  nelle  quali  le  parole  constino  di  radicali 
e  di  prefissi  e  suffissi. 

Probabilmente  per  effetto  dell'associazione  fra 
le  rappresentazioni,  le  parole  venivano  dunque 
a  formare  certe  classi  caratterizzate  da  certe 
affinità  fonetiche;  ma  coU'andar  del  tempo  o  mu- 
tava il  significato  di  alcune  parole  o  fra  le  rap- 
presentazioni sorgevano  nuove  relazioni  che  non 
potevano  trovare  adeguata  espressione,  giacche 
persistevano  le  caratteristiche  antiche,  e  anche 
queste  infine,  perduto  il  loro  significato  origi- 
nario, si  confondevano  colla  radicale. 

Una  però  di  queste  distinzioni  qualitative  si 
mantenne  ed  è  quella  per  valore^  che  possiamo 
ricondurre  a  due  processi  d'associazione: 

I.  A  una  associazione  reale  fra  diverse  rap- 
presentazioni che  in  una  data  comunità  lingui- 
stica avevano  valori  simili,  come:  donne,  bambini 
e  animali  ;  o  animali  e  oggetti  (esseri  bassi  in 
contrapposizione  a  esseri  elevati,  uomini  e  Dio); 
e  per  la  quale  dunque  i  vocaboli  corrispondenti 
ricevevano  dei  prefissi  e  suffissi  comuni. 

II.  A  una  associazione  formale  (analogia, 
assimilazione  a  distanza),  per  la  quale  una  parola 
cui  non  si  annetteva  originariamente  alcuna  de- 


144  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

terminazione  di  valore,  per  somiglianza  fonetica 
veniva  accolta  in  una  o  in  un'altra  categoria; 
ad  un  tempo  effetto  e  causa,  coi  processi  più 
sopra  menzionati  dell'oscurarsi  del  significato 
delle  caratteristiche. 

Così  si  spiegano,  ad  esempio,  la  distinzione 
che  fa  l'Eschimese  di  nomi  per  esseri  e  per  cose, 
0  il  Pulo  (Africa  centrale)  di  quelli  per  "  ragio- 
nevoli „  e  "  irragionevoli  „ ,  non  meno  di  quella 
che  noi  chiamiamo  per  generi. 

Il  genere  tramandato  nei  vari  linguaggi  non 
permette  però  di  stabilire  per  il  periodo  proetnico 
degli  idiomi  indogermanici  gruppi  di  significato, 
ma  bensì  gruppi  di  forme.  Così  sembrano  proetnici 
i  gruppi  femminili  in  à  e  in  ié,  i  gruppi  neutri 
e  maschili  in  o. 

Ma  tutti  i  gruppi  che  sorgono  secondo  i  di- 
versi suffissi  del  genere  possono  esser  facilmente 
alterati  e  sospinti.  Così  si  dice,  ad  esempio,  nei 
dialetti  "  die  Fràulein  „  quando  il  valore  originario 
diminutivo  scompare;  le  guide,  le  garde  quando 
subentra  il  significato  dell'uomo  che  è  duce  o 
custode. 

Il  mutamento  di  genere  avviene  spesso  per 
associazioni  di  significato  (così  dimanche  è  di- 
venuto maschile  per  influenza  degli  altri  giorni 
della  settimana)  o  per  assimilazioni  fonetiche 
(così  jpapa,  profeta  in  provenzale  sono  femmi- 
nili). 

A  volte  il  genere  rimane  invariato,  ma  la 
desinenza  del  vocabolo  muta  per  analogia  delle 
desinenze  di  vocaboli   dello  stesso  genere.  Con- 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  145 

fronta  nuora  e  suocera  dai  pur  femminili  nurus 
e  socrus. 

S'intende  che  la  facilità  del  mutamento  di 
genere  è  in  ragione  diretta  della  mancanza  di 
caratteristiche  formali. 

Così  in  tedesco  è  facile  il  mutamento  di  ge- 
nere in  sostantivi  usati  generalmente  al  plurale. 
Così  Fasten  (Quaresima)  generalm.  plurale,  al 
singolare  occorre  neutro  e  femminile;  Ostern 
(Pasqua)  e  Weihnachten  (Natale),  al  sing.,  neutri, 
femminili  e  anche  maschili. 

Se   l'indicazione    della   qualità  degli   oggetti, 

[salvo,  in  certe  lingue,  quella  del  valore  (genere), 

[si  è  confusa  ed  è   scomparsa,  quella  invece  del 

loro  numero  si  è  sviluppata  nei  numerali  e  nelle 

caratteristiche  del  numero  del  nome. 

Lo  sviluppo  dei  primi  possiamo  seguire  facil- 
mente osservando  la  prevalenza  dei  sistemi  de- 
cimale, quinario  e  vigesimale,  l'uso  dei  gesti  ad 
esprimere  numeri,  e  l'esistenza  in  popoli  primitivi 
di  espressioni  numeriche  come  "  piedi  di  struzzo  „ 
(per  "  quattro  „),  "  una  mano  ,  (per  "  cinque  „), 
"  le  due  mani  „  (per  "  dieci  „),  "  tutto  un  uomo  „ 
(per  "  venti  „),  ecc. 

Da  questi  dati  noi  possiamo  dedurre  che  i 
numerali  non  si  formarono  già  secondo  il  pro- 
cesso logico  matematico  aggiungendo  un'unità 
al  numero  precedente,  ma  che  erano  dapprima 
denominazioni  di  determinati  oggetti  (per  lo  più 
parti  del  corpo),  e  che  via  via  in  forza  di  asso- 
ciaziani  per  assomiglianza  passarono  a  indicare 
sempre  nuovi  gruppi  di  oggetti,  separandosi  co£à 

Ratizza,  Psicoloffia  della  Lingua.  19 


146  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

a  poco  a  poco  da  ogni  determinata  rappresen- 
tazione concreta  per  divenire  parole  astratte  di 
valore  generale,  processo  simile  a  quello  che 
vediamo  ripetersi  nel  bambino,  senonchè  a  questi 
vien  fornita  dall'ambiente  una  parola  già  libera 
da  ogni  contenuto  concreto  particolare. 

Come  pili  indeterminata  della  indicazione  di 
un  numero  esatto,  quella  del  plurale  dei  nomi 
e  pronomi  presenta  maggior  varietà  di  espres- 
sioni. 

Lingue  alle  quali  essa  manchi  completamente, 
non  esistono ,  bensì  molte  ve  ne  sono,  nelle 
quali  essa  è  assai  incompleta,  giacché  parecchi 
oggetti  vi  vengono  concepiti  non  come  una  somma 
ma  come  una  cosa  nuova  e  espressi  con  un  col- 
lettivo (1). 

In  alcune,  come  nella  lingua  dei  Negri  Bari, 
vi  sono  dei  collettivi  per  esprimere  oggetti  che 
abitualmente  non  si  presentano  isolati  (come 
dita^  mosche,  ecc.)  e  nomi  con  valore  singolare 
invece  per  gli  altri  {fiume,  giorno...);  con  suffissi 
si  forma  dai  primi  il  rispettivo  singolare,  dai  se- 
condi il  rispettivo  plurale. 

Più  diffusa  è  la  posposizione  dei  pronomi  per- 


ei) Si  pensi  del  resto  ai  collettivi  delle  nostre  lingue. 
Il  contrasto  fra  l'ordine  psicologico  e  l'ordine  gramma- 
ticale e  il  diifondersi  di  un  grammaticale  numero  plurale, 
ha  fatto  sì  che  i  collettivi  sieno  talora  fatti  plurali.  Cfr. 
ahd  Unte,  ingl.  folks,  fr.  gens,  etc. 

Ci  sono  ancora  nei  linguaggi  moderni  alcuni  sostantivi, 
che  non  sono  suscettivi  di  un  numero  grammaticale  : 
tali  sono  le  designazioni  di  materia. 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  147 

sonali  di  terza  persona  singolare  e  plurale  per 
indicare  il  numero,  come  sarebbe  a  dire  "  cavallo 
esso  „  al  singolare,  e  "  cavallo  essi  „  al  plurale; 
0  l'aggiunta  di  un  collettivo  come  "  mucchio, 
folla,  ecc.  ,  per  indicare  una  pluralità  vasta  e 
indeterminata,  o  di  un  numerale  (specialmente 
dei  primi  tre)  per  indicare  il  singolare  o  una 
pluralità  piìi  ristretta;  comunissime  sono  poi 
nelle  diverse  lingue  le  forme  onomatopeiche  di 
plurale  e  particolarmente  il  raddoppiamento  della 
prima  sillaba  e  l'allungamento  dell'ultima,  che  ab- 
biamo già  menzionate  nel  cap.  della  Formazione. 

Di  tutte  queste  forme  di  plurale,  le  prime  di- 
pendono direttamente  dalla  rappresentazione,  le 
onomatopeiche  sopratutto  dal  sentimento  che  la 
accompagna,  mentre  i  prefissi  e  i  suffissi,  che 
costituiscono  un'ultima  forma,  non  hanno  che  un 
valore  logico,  astratto,  non  sono  piìi  che  sim- 
boli senza  un  proprio  contenuto  rappresentativo 
0  sentimentale. 

È  questa  la  forma  più  diffusa  nelle  lingue  se- 
mitiche e  indogermaniche,  ed  è  risultata,  come 
ce  lo  dimostrano  molte  forme  intermedie,  dalle 
altre  sopra  ricordate  per  l'oscurarsi  o  della  re- 
lazione onomatopeica  o  del.  significato  delle  pa- 
role usate  ad  indicare  il  plurale. 

Dal  nome  si  distinguono  per  la  loro  funzione 
nella  frase  e  per  la  loro  forma  i  pronomi,  i 
quali  classifichiamo  a  seconda  del  loro  signifi- 
cato in  due  gruppi: 

I.  Personali  e  possessivi,  che  rappresentano 
il  concetto  di  persona; 


148  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

IL  Dimostrativi  e  interrogativi,  ai  quali  si 
annettono  gli  indefiniti  e  i  relativi,  che  sosti- 
tuiscono nomi  di  cose  e  di  persone. 

Sebbene  logicamente  il  possessivo  implichi  già 
di  per 'se  l'esistenza  di  un  pronome  personale, 
pure,  ricordando  che  in  realtà  la  parola  non  esiste 
in  se  ma  nella  frase,  non  dovremo  stupirci  se 
in  alcuni  linguaggi  troveremo  invertito  il  solito 
processo  normale,  troveremo  cioè  che  il  pro- 
nome possessivo  precede  il  personale,  il  quale  ne 
è  morfologicamente  una  derivazione. 

Sono  formate  col  possessivo,  ad  es.,  le  espres- 
sioni per  pronomi  personali  nella  lingua  dei 
Groenlandesi,  che  dicono  il  mio  qui  per  io,  il  tuo 
là  per  tu,  ecc.,  e,  per  effetto  però  di  un  processo 
posteriore  regressivo  nel  quale  il  pronome  per- 
sonale venne  sostituito  dal  possessivo,  quelle 
formole  di  cortesia  che  ci  vennero  da  Bisanzio, 
come  "  Sua  Altezza,  la  Signoria  Vostra,  la  mia 
pochezza  „,  ecc. 

Ma  nel  suo  sviluppo  normale,  più  generale,  il 
pronome  personale  si  svolge  indipendentemente 
dal  possessivo,  differenziandosi  a  poco  a  poco 
dal  nome.  Con  questo  ha  comuni,  in  moltissime 
lingue,  i  numeri,  i  casi  e  le  relative  desinenze, 
segno  che  le  persone  del  discorso  non  sono  an- 
cora state  rilevate  come  differenti  da  tutti  gli 
altri  oggetti.  Ma  poi  scadono  nel  pronome  dei 
casi  che  si  mantengono  nel  nome,  e  i  casi  che 
restano,  assumono  caratteristiche  speciali  e  per- 
fino radici  diverse  fra  loro,  per  cui  dunque  non 
solo  le  persone  del  discorso  vengono  differenziate 


VII    -   PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  149 

da  tutti  gli  altri  concetti,  ma  anche  la  stessa 
persona  appare  diversa  a  seconda  delle  sue  fun- 
zioni nella  frase. 

Pili  comunemente  ancora  vien  differenziato  con 
mutamento  di  radicale  il  duale,  il  triale  e  plu- 
rale dal  singolare,  giacche  in  essi  la  diversità 
è  motivata  oggettivamente  dalla  rappresenta- 
zione. 

Sono  notevoli  i  gradi  di  questo  processo.  Per 
esempio,  in  varie  lingue  viene  differenziato  il 
plurale  dal  singolare  ma  solo  per  la  prima  e 
per  la  seconda  persona,  e  non  viene  differenziato 
per  la  terza;  giacche  la  terza,  come  si  vede 
anche  per  il  pronome  dimostrativo,  è  quella  che, 
rispetto  agli  oggetti,  meno  afferma  la  sua  indi- 
vidualità. 

Rientrano  ancora  nei  bisogni  di  differenzia- 
zione nell'ordine  dei  pronomi  personali  l'uso 
dell'  inclusivo  e  dell'  esclusivo  (rispetto  alla  per- 
sona che  ascolta)  cioè  di  una  sola  parola  per  : 
io  e  tu,  io  ed  egli,  diffuso  in  vari  idiomi  polinesii, 
americani  e  dravidici,  e  le  varie  classi  nel  pronome 
di  terza  persona,  a  seconda  che  l'agente  sta  fermo, 
siede,  cammina,  è  animato  o  inanimato,  ecc. 

Dal  personale  poi  il  possessivo  può  derivare 
per  tre  diversi  processi: 

I.  Per  semplice   abbreviazione   e  riduzione 
di  suono; 

II.  Da  un    caso  del    personale  (per   lo   più 
dal  genitivo); 

in.  0  come   aggettivo   con   forme   proprie, 
risalendo  le  quali  ritroviamo  però  facilmente  il 


150  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

personale  con  valore  anche  di  possessivo,  ond'è 
che  tutti  questi  tre  processi  ci  svelano  l'affinità 
tra  possessivo  e  personale  e  ci  mostrano  come 
questo  si  tramuti  in  quello  per  gli  stessi  motivi 
psichici  pei  quali  il  nome  dà  origine  all'agget- 
tivo, prendendo  cioè  valore  indipendente  nell'an- 
nettersi  a  un  sostantivo. 

Un  secondo  gruppo  di  pronomi  costituiscono, 
come  abbiamo  detto,  col  dimostrativo  e  coll'in- 
terrogativo  tutti  quelli  che  nelle  varie  lingue  al- 
l'uno 0  all'altro  di  questi  si  riconnettono,  cioè: 
il  relativo  (sorto  in  A.  I.,  in  Gr.  e  in  Got.  da 
un  anaforico,  in  Latino,  in  Lituano  e  in  Slavo 
dall'interrogativo)  e  l'indefinito. 

Il  dimostrativo,  che  oltre  all'avere  in  certe 
lingue  l'ufficio  di  tutti  questi  pronomi,  fornisce 
spesso  anche  il  personale  di  terza  persona,  ha 
la  particolarità  d'indicare  nelle  sue  forme,  e 
spesso  con  metafore  fonetiche  (vedi  pag.  81-82),  i 
diversi  gradi  di  distanza  (questo,  quello),  ciò  che 
mostra  una  certa  affinità  cogli  avverbi  di  luogo 
(qui,  là);  infatti  esso  non  è  ancora  in  molte 
lingue  che  una  particella  dimostrativa,  la  quale 
poi,  riferendosi  a  persone  o  a  cose  varie,  finisce 
per  prendere  a  sua  volta  quelle  caratteristiche 
del  valore  che  abbiamo  viste  esser  proprie  del 
nome  e  diventa  così  un  pronome. 

Come  le  caratteristiche  di  sostantivo,  agget- 
tivo, pronome,  genere  e  numero,  anche  i  casi 
sono   prodotti  di  una  evoluzione. 

S'intendono  generalmente  per  casi  di  un  nome 
le  diverse  forme  che  esso  assume  a  seconda  dei 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  151 

rapporti  nei  quali  si  trova  con  altre  parole  della 
sua  frase;  ma  non  dobbiamo  dimenticare  che 
questi  rapporti  possono  apparire  anche  in  altri 
due  modi,  e  cioè  dalla  semplice  posizione  della 
parola  nella  frase  o  da  particelle  che  l'accom- 
pagnino, ond'è  che  i  casi  come  mutamenti  di 
forma  non  sono  realmente  che  una  delle  tre 
classi  di  casi,  ciascuna  delle  quali  può  o  isola- 
tamente 0  di  conserva  con  un'altra  o  con  tutte 
e  due  le  altre  determinare  il  valore  speciale  di 
una  data  parola  nella  frase, 

E  studiando  lo  sviluppo  di  tutto  il  complesso 
fenomeno,  noi  vediamo: 

I,  Lingue  che  non  presentano  nessuna  o 
solo  piccolissima  traccia  di  forme  pei  singoli 
casi,  come  l'Ottentoto,  il  Boscimano,  il  Dinka. 
Quelle  che  in  queste  lingue  chiamiamo  prime 
tracce  di  casi,  non  sono  in  realtà  che  parole 
aventi  generalmente  un  loro  valore  proprio,  e 
che  occorrendo  unite  a  un  nome  servono  a  in- 
dicarne modificazioni  del  senso,  analoghe  a  quelle 
dei  casi.  Fondendosi  tutte  queste  parole  col  nome 
che  accompagnano,  iniziano  il  passaggio  alle  : 

II.  Lingue  caratterizzate  da  sovrabbondanza 
di  casi,  ma  sopratutto  di  quelli  indicanti  rap- 
porti oggettivi  di  tempo,  luogo,  strumento,  giacche 
invece  quelli  così  detti  grammaticali,  restano 
spesso  senza  segni  speciali.  Ricorderemo  qui 
quasi  tutte  le  lingue  americane,  quelle  dell'O- 
ceania, e  sopra  tutte  il  Basco,  le  Urali-altaiche 
e  le  Caucasiche; 

in.  Lingue  che  non  hanno  che  poche  forme 


, 


152  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

speciali  per  indicare  relazioni  fondamentali  dei 
concetti,  mentre  tutte  le  altre  sono  rese  col- 
l'aiuto  di  particelle  (preposizioni)  speciali;  tali 
sono  le  lingue  indogermaniche. 

Siccome  generalmente,  progredendo  dalla  P 
alla  III*  di  queste  tre  classi,  aumenta  l'autonomia 
delle  diverse  parti  del  discorso  fra  loro  e  la  ric- 
chezza di  vocaboli,  specialmente  astratti,  possiamo 
considerarle  come  gradi  nello  sviluppo  dei  casi; 
ma  dacché  sappiamo  non  esser  il  caso  come  forma 
necessario  compagno  del  caso  come  concetto, 
e  trovandosi  in  ognuna  di  quelle  classi  qualche 
lingua  sotto  altri  rapporti  più  o  meno  progre- 
dita (così  nella  prima  il  Cinese  classico),  do- 
vremo ritenere  che  tutte  le  lingue  muovano  in- 
vero dal  primo  stadio,  ma  che  o  possano  svilupparsi 
in  esso,  0  nel  secondo,  o  passare  direttamente 
dal  primo  al  terzo,  o  infine  percorrerli  tutti  e 
tre  nell'ordine  in  cui  gli  abbiamo  dati. 

Ma  noi  vogliamo  ora,  accettando  la  definizione 
ristretta  che  dei  casi  danno  i  grammatici,  ricer- 
care come  essi  si  sviluppino  da  temi  indifferenti 
del  primo  stadio,  e  come  scompaiano.  E  lo  ri- 
cercheremo anzitutto  pel  nominativo,  per  Vac- 
cusativo,  pel  genitivo  e  pel  dativo  (come  caso 
dell'oggetto  lontano),  i  quali  chiamiamo  casi  di 
determinazione  interna,  perchè  le  relazioni  di  con- 
cetti a  essi  corrispondenti  generalmente  non  ri- 
chiedono, e  in  moltissime  lingue  non  hanno,  ne 
forme,  ne  particelle  speciali,  risultando  evidenti 
dalla  loro  posizione.  Così  la  posizione  che  occupano 
rispetto  al  verbo  due  nomi,  soggetto  e  oggetto, 


TU    -    PSICOLOGIA    PELLA    SINTASSI  153 

non  lascerebbe  dubbio  sul  loro  valore  anche  se 
non  venissero  differenziati  in  nominativo  e  accu- 
sativo. Così  basterebbe  ad  esprimere  l'oggetto 
lontano  la  sua  posizione  rispetto  al  compimento 
diretto,  e  la  determinazione  attributiva  che  si 
esprime  generalmente  col  genitivo  appare  anche 
senza  di  esso  dall'orientamento  del  nome  deter- 
minante rispetto  al  determinato. 

Se  tutte  queste  relazioni  dei  concetti,  ma  so- 
pratutto le  funzioni  di  soggetto  e  oggetto  diretto  o 
lontano  e  di  determinazione  attributiva,  non  hanno 
forme  speciali  in  lingue  non  molto  sviluppate, 
dipende  da  un  carattere  di  queste,  e  cioè  dalla 
regolarità  della  loro  costruzione,  il  che  si  spiega 
dal  fatto  che  in  esse,  come  nel  linguaggio  mi- 
mico, le  rappresentazioni  vengono  espresse  di 
mano  in  mano  che  si  presentano  nell'ordine  vo- 
luto dalle  impressioni  esterne,  o  dalla  forza  dei 
sentimenti  che  le  accompagnano,  e  così  vengono 
a  formarsi  costrutti  tipici,  entro  i  quali  ogni 
parte  occupa  costantemente  un  dato  posto.  Ma 
poi,  da  un  lato  lo  svolgersi  e  complicarsi  della 
vita  psichica  che  intessendo  rapporti  nuovi  e 
vari  fra  le  immagini  tende  a  rompere  questa  re- 
golarità, e  dall'altro  la  tendenza  a  diffondersi 
per  forza  di  associazioni  a  tutta  la  categoria  del 
'nome  dell'  uso  di  forme  speciali  per  esprimere 
modificazioni  del  concetto,  che  già  vige  per  i  casi 
di  determinazione  estema,  promuovono  la  for- 
mazione di  caratteristiche  fonetiche  anche  pel 
nominativo,  per  l'accusativo,  pel  dativo  e  pel 
genitivo. 

Ratizza,  Psicologia  deUa  Lingua.  20 


154  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

Di  fronte  a  questi  presentano  i  casi  di  deter- 
minazione esterna,  e  cioè  tutti  gli  altri,  due  ca- 
ratteri speciali  e  cioè: 

I.  Che  stabiliscono,  fra  due  concetti,  rela- 
zioni che  non  sono  già  contenute  in  essi  e  che 
variano  fra  la  stessa  coppia  di  concetti,  di  modo 
che  se  non  vengono  espresse  con  forme  speciali, 
possono  venir  integrate  in  mille  modi  diversi  e 
sempre  aggiungendo  ai  due  concetti  uno  nuovo 
di  relazione; 

II.  Che  il  loro  numero  è  vario  nelle  diverse 
lingue,  potendo  in  alcune  mancare  affatto,  in  altre 
esprimere  un'infinità  di  rapporti  d'ogni   natura. 

E  però  molto  raro  che  manchino,  giacché  le 
relazioni  espresse  da  loro  ripetono  per  lo  più  la 
loro  origine  dalla  realtà  oggettiva,  ed  è  quindi 
naturale  che  ad  esse  prima  che  alle  altre  si  as- 
socino speciali  rappresentazioni  verbali;  queste 
possono  essere  infatti  anzitutto  nomi  o  aggettivi, 
es.  "  faccia  „  per  davanti  a  ;  "  schiena  „  per 
dietro  a;  "  alto  „  per  su,  o  particelle.  Quanto 
pili  sovente  poi  tutte  queste  parole  vengono 
usate  insieme  al  nome  di  cui  modificano  il  con- 
cetto, tanto  più  facilmente  perdono  del  loro  valore 
originario,  anche  perchè  in  pari  tempo,  e  in  parte 
per  conseguenza  di  questo  stesso  impallidire  del 
loro  significato,  sottostanno  a  mutamenti  fonetici 
e  da  nomi  e  particelle  diventano  prefissi  o 
suffissi. 

Benché  i  casi  di  determinazione  esterna  come 
abbiamo  detto,  e  come  si  spiega  considerando  la 
loro  origine  da  relazioni   concrete,  variino  assai 


I 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  155 

sia  di  numero  che  di  contenuto  nelle  diverse  lingue, 
ne  troviamo  però  alcuni  comuni  a  quasi  tutte,  e 
sono  quelli  esprimenti  relazioni  più  frequenti, 
corrispondenti  cioè  al  maggior  numero  di  rap- 
presentazioni concrete  ;  tali  sono  l'ablativo,  il  lo- 
cativo, lo  strumentale  nei  loro  triplici  valori,  lo- 
cali, temporali  e  condizionali  ;  essi  saranno  anche 
quelli  che,  per  gli  stessi  motivi  che  spiegano  la 
loro  frequenza  e  perchè  possono,  come  aventi 
valore  più  generale,  sostituire  gli  altri  di  deter- 
minazione esterna,  resisteranno  più  a  lungo  a 
quello  scadere  dei  casi  che  segna  il  passaggio 
dal  secondo  al  terzo  stadio.  Ma  i  processi  di 
associazione  pei  quali  questi  vengon  mano  mano 
a  sostituire  gli  altri  casi  di  determinazione  esterna 
agiscono  infine  anche  fra  di  essi,  e  se  difficil- 
mente modificano  quelli  esprimenti  relazioni  di 
luogo,  giacche  i  loro  contenuti  sono  troppo  og- 
gettivi, facilmente  si  fanno  sentire  su  quelli  di 
condizione,  che  indicano  relazioni  sopratutto  sog- 
gettive e  ognuna  delle  quali  si  associa  facil- 
mente a  parecchie  altre  (così  quella  di  mezzo  a 
quella  di  modo,  maniera,  causa,  effetto,  ecc.), 
mentre  le  relazioni  di  tempo,  pur  accompagnando 
come  secondarie,  ma  necessarie,  quelle  di  luogo 
e  sopratutto  di  condizione,  trovano  espressione 
propria  nello  svolgersi  della  frase,  e  cioè  nelle 
congiunzioni  ;  processi  di  riduzione  che  implicano 
mutamenti  di  significato,  i  quali  s'intrecciano,  a 
vicenda  come  cause  e  come  effetti,  a  mutamenti 
fonetici. 

Ma  non  solo  fra  i  diversi  casi  della  determi- 


156  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

nazione  esterna  è  un  continuo  confondersi  e  fon- 
dersi dei  rispettivi  valori,  ma  anche  fra  essi  e 
quelli  di  determinazione  interna.  I  rispettivi  pro- 
cessi associativi  non  si  inizieranno  finché  i  casi 
di  determinazione  interna  saranno  caratterizzati 
dalla  posizione  nella  frase,  e  quelli  di  determi- 
nazione esterna  da  forme  speciali  ;  ma,  rimasti  di 
questi  ultimi  (e  ne  abbiamo  visto  il  modo)  solo 
quelli  di  valore  più  generale,  quelli  dunque  che, 
spogliati  da  determinati  elementi  oggettivi,  piìi 
facilmente  vengono  assimilati  a  quelli  di  deter- 
minazione interna,  che  alla  lor  volta  d'altronde 
contenevano  necessariamente  qualche  elemento 
temporale  e  locale,  e  provvisti  gli  uni  e  gli  altri 
di  suffissi  (o  prefissi)  che  li  rendono  suscettibili 
anche  di  associazioni  fonetiche,  ecco  ridursi  i  casi 
a  pochissimi  che  rappresentano  ad  un  tempo  re- 
lazioni di  determinazione  interna  ed  esterna. 

In  questo  terzo  stadio,  che  segna  il  massimo 
decadimento  dei  casi,  il  bisogno  di  caratterizzare 
quelli  di  determinazione  esterna  trae  da  nomi, 
da  aggettivi,  come  già  nel  primo  stadio,  sempre 
nuove  particelle,  le  quali  vengono  usate  a  indi- 
care le  varie  modificazioni  delle  relazioni  gene- 
rali rappresentate  nei  casi,  particelle  che  però, 
a  differenza  di  quelle  sorte  nel  primo  stadio,  non 
vengono  di  regola  posposte  al  loro  nome  e  non 
si  fondono  più  con  esso  in  nuovi  suffissi;  non 
vengono  più  posposte  perchè,  per  la  maggiore 
estensione  della  facoltà  appercettiva,  non  vien 
più  appercepito  prima  l'oggetto  e  poi  le  sue  re- 
lazioni, ma  anzi  essendo  già  espresse  le  più  gè- 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  157 

nerali  di  queste  dal  suffisso  del  caso,  si  presenta 
come  più  importante  la  modificazione  speciale 
di  esse  che  vien  dunque  espressa  in  primo  luogo  ; 
non  si  fondono  più  col  nome  e  per  questo  stesso 
motivo,  e  perchè  aumentando  sempre  più  di  nu- 
mero quanto  più  si  affievolisce  il  valore  delle 
caratteristiche  dei  casi,  anche  di  quelli  di  deter- 
minazione interna,  ultimi  rimasti,  ognuna  di  esse 
viene  adoperata  relativamente  di  raro  e,  per  il 
continuo  mutare  di  associazioni,  con  nomi  diversi. 

Dal  nome  sia  sostantivo  che  aggettivo  si  di- 
stingue il  verbo,  cioè  la  parola  che  indica  uno 
stato  (e  do  a  questo  nome  il  valore  che  ha  nelle 
scienze  esatte,  dove  comprende  anche  il  muta- 
mento di  stato): 

I.  Perchè  presuppone  il  concetto  del  nome 
mentre  questo  può  benissimo  esistere  senza  di 
quello  ; 

IL  Perchè  in  esso  è  contenuta  l'idea  di 
tempo,  dal  quale  invece  astrae,  logicamente  si 
intende,  il  primo. 

Se  confrontiamo  poi  le  loro  funzioni,  nella 
frase  rileviamo  che  il  verbo  è  l'espressione  del- 
l'opinione 0  della  volontà,  funzione  che  dalla 
specie  di  proposizione  in  cui  meglio  appare,  di- 
cesi assertiva  o  predicativa,  mentre  il  nome  in- 
dica l'oggetto  al  quale  essa  si  riferisce. 

Ma  non  in  tutte  le  lingue  queste  funzioni  ap- 
paiono così  distinte  come  nelle  nostre,  dalle 
quali  appunto  deduciamo  i  nostri  concetti  di 
verbo  e  nome;  in  alcune  la  parte  fondamentale 
della  frase,  quella  che  assume   la  funzione   che 


158  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

nelle  lingue  indogermaniche  spetta  al  verbo,  è 
un  nome,  al  quale  si  annettono  determinazioni 
di  stato,  come,  nelle  nostre  lingue,  al  concetto 
di  stato  quelle  nominali  (1), 

Ne  si  creda  che  questa  indifferenza  sia  pura- 
mente formale,  cioè  che  quelle  lingue  non  pos- 
seggano bensì  che  una  sola  forma  di  parole 
ma  con  contenuto  corrispondente  a  quello  del 
nostro  verbo  e  del  nostro  sostantivo;  neppure 
si  creda  che  posseggano  dei  concetti  indifferenti 
e  di  stato  e  di  oggetto  ad  un  tempo,  giacche, 
dove  poi  nomi  e  verbi  vengono  evolvendosi  di- 
stintamente, quelli  mantengono  la  loro  forma 
antica  che  prima  corrispondeva  anche  al  nostro 
verbo  e  questi  appaiono  come  forme  posteriori  ; 
quelle  lingue  dunque  tradiscono  evidentemente 
un  pensiero  di  natura  diversa  dal  nostro,  nel 
quale  i   concetti   di  cose  hanno   la  prevalenza. 


(1)  Del  resto  anche  nelle  stesse  lingue  indogermaniche 
le  funzioni  del  nome  e  del  verbo  non  restano  anche  nei 
periodi  storici  del  linguaggio  perfettamente  distinte.  Al- 
cune forme,  per  entro  al  verbo,  mancano  delle  così  dette 
caratteristiche  verbali,  anche  dei  suffissi  personali,  e  mo- 
strano il  tema  puro  (cfr.  l'imperativo  bhara  (pépe,  ecc.). 
La  categoria  del  participio  è  sorta,  come  ognun  sa,  da 
quella  dell'aggettivo;  l'infinito  non  è  che  il  caso  d'un 
sostantivo  irrigidito.  È  solo  l'analogia  il  principio  a  cui 
si  deve  la  varia  ricchezza  di  queste  forme:  ma  il  nucleo 
originale  da  cui  provengono  è  il  nome. 

Del  nome  e  del  verbo  insieme  tengono  i  nomina  agentis 
e  i  nomina  actionis,  come  si  rivela  dal  loro  costrutto; 
dator  divitias,  insta  orator,  curatio  rem,  ecc. 


VII    -   PSICOLOGIA   DELLA    SINTASSI  159 

Così  dice  l'Atabasco  "  la  mia  lagrima,  la  tua 
lagrima,  la  sua  lagrima,  ecc.  „  per  "  io  piango, 
tu  piangi,  egli  piange,  ecc.  „. 

Per  due  processi  dal  nome  si  svolgono  le  forme 
verbali  : 

I,  Combinandosi  con  pronomi; 

II.  Combinandosi  con  parole  ausiliarie  aventi 
valore  per  sé,  come  i  nomi,  o  indicanti  solo  una 
modificazione  di  un  altro  concetto,  come  le  par- 
ticelle. 

Dei  quali  processi  il  primo  dà  gli  elementi 
che  esprimono  le  sue  relazioni  col  soggetto,  e 
in  alcune  lingue  anche  coll'oggetto,  il  secondo 
quelli  che  lo  distinguono  anzitutto  dal  nome,  dal 
quale  trasse  origine,  e  caratterizzano  poi  i  diversi 
modi  e  tempi  dello  stato. 

Benché  non  manchino  lingue  nelle  quali  sono 
i  pronomi  personali  che  servono  ad  annettere 
al  nome  il  concetto  di  persona  che  gli  dà  ca- 
rattere verbale  (così  in  qualche  lingua  malese 
"  io  servitore,  tu  servitore,  ecc,  „,  per  "  io  servo, 
tu  servi,  ecc),  questo  ufficio  spetta  per  lo  piìi 
al  possessivo.  Ciò  appare  evidente  sopratutto  in 
qualche  lingua  nella  quale,  pur  essendosi  chia- 
ramente distinta  dalla  forma  personale  quella 
possessiva,  vengono  ancora  usate  entrambe  a 
modificare  il  concetto  di  nomi,  ma  la  prima  so- 
pratutto di  nomi  sostantivi  o  aggettivi,  la  se- 
conda di  nomi  verbali,  dicendosi  dunque  ad  es, 
"  io  padre,  tu  padre,  ecc.,  io  forte,  tu  forte,  ecc.  , 
per  "  io  sono  padre,  tu  sei  padre.,,,  io  sono  forte, 


160  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

tu  sei  forte,  ecc.  „,  ma  "  il  mio  andare,  il  tuo 
andare,  ecc.  „  per  "  io  vado,  tu  vai,  ecc.  „. 

Questo  prevalere  del  possessivo  sul  personale 
nella  formazione  del  verbo  trova  la  sua  spiega- 
zione psicologica  nel  fatto  che  mentre  la  persona 
e  il  suo  predicato  formano  una  coppia  di  con- 
cetti ognuno  dei  quali  ha  per  sé  un  valore  reale 
e  può  esser  pensato  distinto  dall'altro,  la  deter- 
minazione attributiva  contenuta  nel  possessivo 
vien  a  formare  col  nome  un  unico  concetto  e  si 
fonde  quindi  con  esso,  fusione  fonetica  che  a  sua 
volta  accelera  quella  dei  concetti  che  la  pro- 
muove. 

Come  abbiamo  detto,  coi  pronomi  personali  e 
possessivi  e  contemporaneamente  a  essi  concor- 
rono alla  formazione  di  verbi  delle  parole  ausi- 
liarie. 

Di  queste  alcune,  senza  esser  già  verbi,  poiché 
appunto  ancora  non  ne  esistono,  pur  ne  con- 
tengono indefinito  e  incerto  il  concetto  ;  così  il 
suffisso  "  wa  „  0  "  we  „  col  quale  i  Waudalà 
(Africa)  caratterizzano  il  verbo,  indica  anche 
"  fare  „.  Dando  poi  diverse  di  queste  parole  ausi- 
liarie sensi  diversi  allo  stesso  concetto  fondamen- 
tale, iniziano  la  formazione  di  generi,  modi  e 
tempi  del  verbo.  Così  nella  lingua  dei  Mando  una 
parola  che  significa  "  fare  „  caratterizza  il  conti- 
nuativo,  una   che  significa    "  venire  „   il  futuro. 

Generalmente  queste  parole  ausiliarie  hanno 
valore  avverbiale  di  tempo  e  di  luogo,  di  gran- 
dezza, e  modificano  secondo  il  loro  senso  quello 
della  parola  alla  quale  si  annettono,  così  che,  ad 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  161 

es.,  un  "  più  tardi  „,  un  "  quindi  „  indicano  il  fu- 
turo ;  un  "  già,  allora  ,  il  passato  ;  un  "  grande, 
molto  „,  l'intensivo,  ecc.  (1). 

Queste  parole  ausiliarie  perdono  a  poco  a  poco 
il  loro  significato  come  parole  indipendenti  per 
diventare  come  prefissi ,  come  suffissi  o  come 
infissi  elementi  di  quella  fondamentale. 

Questo  appunto  è  avvenuto  nelle  lingue  indo- 
germaniche, ma  non  dobbiamo  credere  ne  che 
avvenga  in  tutte  le  lingue,  ne  che  almeno  sia 
peculiarità  di  quelle  pili  sviluppate;  che  in  al- 
cune lingue,  come  in  molte  africane,  nelle  ma- 
lesi, nelle  polinesie,  nella  cliinese,  non  avvenga 
abbiamo  già  visto  ;  che  non  sia  in  relazione  colla 
maggior  o  minore  ricchezza  di  concetti  e  collo 
sviluppo  grammaticale  è  evidente,  se  si  consi- 
dera che  nelle  lingue  urali,  altaiche  e  americane, 
infinitamente  inferiori  al  Chinese,  quella  fusione 
è  perfetta  e  costante  ;  essa  sembra  piuttosto  es- 
sere in  relazione  colla  maggiore  o  minore  capa- 
cità della  singola  parola  nelle  diverse  lingue,  e 
SF  presenta  dunque  nelle  lingue  agglutinanti  nelle 
quali  una  sola  parola  rende  un  complesso  di 
concetti,  e  non  nelle  monosillabiche,  nelle  quali 
ogni  concetto  si  mantiene  distinto  e  viene  distin- 
tamente espresso. 


(1)  È  ultima  traccia  di  questo  stadio  primitivo  è  forse, 
ad  es.,  dell'antico  Indiano  l'uso  di  pura  e  in  Omero  di 
iiàpo<;,  col  presente  per  indicare  il  passato.  Cfr.  RV.  1. 
105.7:  'ahain  so  asmi  yah  pura  sute  rarftìw»  kanicit...  ,, 
"  dicevo  qua...  ,  ;  àXX'  ópaeo  iróXefióvb'  oloc;  Tropee;  eCx^oi  dvai 
(A,  264)  ;  "  ma  orsù,  muovi  ora  alla  guerra  quale  ti  vantavi 
d'essere   „ . 

Bjìtizza,  Psicoloffia  deUa  Lingua.  21 


162  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

Nelle  lingue  poi  nelle  quali,  come  nelle  indo- 
germaniche, quegli  elementi  ausiliari  si  sono 
confusi  da  tanto  tempo  e  così  intimamente  colla 
parola  da  perdere  ogni  traccia  del  loro  valore 
primitivo,  noi  vediamo  ricominciare  un  processo 
simile  a  quello  che  abbiamo  seguito  nel  primo 
sviluppo  del  verbo;  a  indicare  cioè  modificazioni 
del  concetto  fondamentale,  vengono  usati  pro- 
nomi personali  e  particelle  che  però,  non  più 
favorite  dalla  scarsità  e  uniformità  delle  associa- 
zioni di  concetti  di  uno  stato  di  coltura  primi- 
tiva, e  usate  ciascuna  relativamente  poco  e  con 
verbi  diversi,  perchè  numerose,  non  si  fondono 
pili  con  essi.  Il  loro  uso  però  e  la  loro  attitu- 
dine a  modificare  il  senso  del  verbo  e  indicarne 
i  rapporti  col  soggetto  e  cogli  oggetti  accelerano 
il  decadere  dei  prefissi  e  suffissi. 

Terzo  ed  ultimo  elemento  che  noi  possiamo 
rintracciare  nello  sviluppo  del  verbo  oltre  i  due 
menzionati  a  pag.  159  e  dei  quali  trattammo  fin 
qui,  è  costituito  da  una  classe  speciale  di  quelle 
metafore  fonetiche  che  ricordammo  a  suo  tempo, 
nelle  quali,  modificazioni  di  una  azione  vengono 
indicate  con  variazioni  fonetiche  di  corrispon- 
dente contenuto  sentimentale. 

Così  nella  lingua  dei  Dinka  (Africa)  un  allun- 
gamento della  vocale  segna  il  passaggio  del  verbo 
dall'attivo  nel  passivo.  Tale  l'uso  del  raddop- 
piamento diffuso  in  moltissime  lingue  per  forme 
iterative,  continuative  e  intensive. 

Il  fatto  però  che  nelle  lingue  nelle  quali  la 
separazione  delle  diverse   categorie  di  parole  è 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  163 

ancor  molto  incompleta,  gli  esempi  di  raddop- 
piamento sono  rari,  e  che  tutte  le  forme  di  me- 
tafore fonetiche  spesso  si  presentano  nei  prefissi 
e  suffissi,  fa  supporre  che  il  processo  che  pos- 
siamo chiamare  daWesterno,  quello  cioè  dell'ap- 
posizione di  parole  ausiliarie,  sia  il  primitivo, 
pili  diffuso  e  piìi  importante  di  formazione  del 
verbo  ;  quello  invece  daWinterno,  cioè  delle  me- 
tafore fonetiche,  il  secondario. 

Benché  da  parole  ausiliarie  venga  dato  al  verbo 
non  solo  la  determinazione  del  concetto  (genere, 
modo,  tempo)  che  può,  come  vedemmo,  risultare 
anche  da  metafore  fonetiche,  ma  anche  quella 
di  numero,  è  sopratutto  la  prima  che  c'interessa. 
La  seconda  non  si  sviluppa  nel  verbo  diversa- 
mente che  nel  nome,  se  non  che  gli  elementi  dai 
quali  essa  risulta  invece  di  annettersi  agli  ele- 
menti fondamentali  della  parola  come  nel  nome, 
si  annettono  agli  elementi  pronominali  ;  processo 
del  quale  è  facile  renderci  ragione  se  pensiamo 
che  solo  cose  e  persone  possono  venir  contate, 
e  solo  dunque  come  attinente  al  concetto  di  per- 
sona, il  quale  poi  a  sua  volta  entra  in  quello 
verbale,  apparirà  in  questo  una  indicazione  di 
numero. 

Dovendo  invece,  perchè  piìi  propria  del  verbo, 
studiare  la  natura  psicologica  della  determina- 
zione di  genere,  modo  e  tempo,  noi  vediamo  an- 
zitutto: nel  genere  il  contenuto  oggettivo  del 
verbo  ;  chiamano  infatti  i  grammatici  generi  del 
verbo  l'iterativo,  il  frequentativo,  l'intensivo,  il 
durativo,  ecc.,  che  indicano  rispettivamente  che 


164  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

Io  stato  o  il  mutamento  indicato  dal  verbo  si 
ripete,  si  presenta  sovente,  diventa  più  forte, 
perdura,  ecc.,  indipendentemente  dal  modo  con 
cui  venga  appercepito  dalla  persona.  Nel  modo 
lo  stato  d'animo  del  soggetto  appercepiente  ;  in 
fatti  l'ottativo,  il  dubitativo,  l'imperativo,  ecc., 
che  indicano  desiderio,  dubbio,  comando,  esprimono 
appunto  stati  d'  animo  del  soggetto.  Nel  teìnpo 
infine  un  puro  concetto  di  relazione  reale,  giacche 
essa  non  indica  uno  stato  né  dell'oggetto,  né 
del  soggetto,  ma  la  posizione  di  un  avvenimento 
rispetto  allo  stato  momentaneo  di  coscienza  del 
soggetto. 

Giova  però  ricordare  che  solo  in  forza  d'una 
astrazione  noi  possiamo  considerare  separata- 
mente le  tre  classi  di  determinazione  e  i  rispet- 
tivi motivi  psichici,  poiché  non  solo  essi  trovano 
generalmente  una  unica  collettiva  espressione 
fonetica,  ma  spesso  perfino  i  loro  contenuti  si 
confondono.  Così  nel  riflessivo  e  nel  passivo,  che 
sono  generi,  l'elemento  oggettivo  non  é  certo 
pili  evidente  del  soggettivo;  il  continuativo  è  un 
genere,  l'ottativo  è  un  modo,  ma  in  entrambi  é 
pur  evidente  l'elemento  temporale,  nel  primo 
come  relazione  collo  stato  momentaneo  dell'og- 
getto, nel  secondo  come  relazione  coll'avveni- 
mento  futuro  ;  così  il  tempo  futuro  assume  spesso 
il  valore  del  modo  imperativo  (Es.  :  andrai  da  quel 
signore  e  gli  dirai...). 

Ci  resta  da  spiegare  ora  come  si  formino  le 
preposizioni,  gli  avverbi  e  le  congiunzioni,  pa- 
role tutte  le  quali  avendo   il   carattere  comune 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  165 

dell'invariabilità  e  non  essendo  generalmente  ben 
distinte  fra  loro  per  forma  e  funzione,  furon  riu- 
nite dai  grammatici  sotto  la  denominazione  di 
particelle.  Ne  restano  escluse,  benché  invariabili, 
le  esclamazioni,  perchè,  come  abbiamo  %àsto,  non 
contenendo  tutti  gli  elementi  costituenti  la  pa- 
rola, sono  piuttosto  suoni  naturali. 

Anche  le  particelle  però  come  le  esclamazioni 
(vedi  pag.  76)  si  possono  ripartire  in  primarie 
e  secondarie. 

Le  primarie  sono  quelle  che  fin  dalla  loro  ori- 
gine si  presentano  come  parole  invariabili  di 
significato  determinato.  Esse  hanno  dapprima  il 
valore  di  una  esclamazione  dimostrativa,  premesse 
cioè  a  una  parola  servono  a  richiamare  su  di 
essa,  e  quindi  sul  concetto  in  essa  contenuto, 
l'attenzione,  ma  coll'uso  il  contenuto  sentimen- 
tale scompare  e  resta  il  valore  dimostrativo,  e 
la  particella  diventa  una  preposizione.  Al  valore 
concreto,  locale,  di  questa  se  ne  aggiunge  poi 
per  associazione  uno  temporale  e  infine  uno  con- 
dizionale. 

Delle  particelle  secondarie,  di  quelle  cioè  de- 
rivate da  parole  di  un'  altra  categoria,  gli  av- 
verbi e  le  congiunzioni  seguono  due  diversi  pro- 
cessi di  formazione. 

I  primi  infatti  sorgono,  nel  periodo  sintetico 
della  lingua,  dalle  parole  ausiliarie  del  verbo  e 
dalla  loro  fusione  sia  fra  loro  che  con  particelle 
primitive  e  si  fondono  poi  come  prefissi  o  suffissi 
o  infissi  nel  verbo  ;  nel  periodo  analitico  e  quindi 
tuttora  nelle  nostre  lingue,  ne    derivano   conti- 


166  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

nuamente  da  nomi  e  aggettivi  a  indicare  le  piii 
varie  e  più  delicate  modificazioni  di  concetti. 
Negli  idiomi  indogermanici  talora  la  formazione 
dell'avverbio  non  è  ancora  ben  distinta  da  quella 
dell'aggettivo  :  oi  vuv  av9puuTT0i ,  ignari  sumus 
ante  malorum ,  superior  stabat  lupus ,  euòov 
■navvùxioi,  ecc. 

Le  congiunzioni  invece,  non  esistono  nelle  lingue 
primitive,  e  derivano  posteriormente  dai  pronomi 
dimostrativi  e  quindi  dai  relativi  e  interrogativi 
(così  il  tedesco  dass  dal  dimostrativo  das,  il  la- 
tino quod  dal  relativo  quod,  V  italiano  che  dal 
relativo  che,  ecc.),  o  anche  da  avverbi  (1). 

Se  noi  vogliamo  ora  rintracciare  i  rapporti 
che  corrono  fra  le  varie  specie  di  frase  e  questo 
sviluppo  delle  categorie  di  parole  che  abbiamo 
brevemente  esposto,  vediamo,  considerando  anzi- 
tutto lo  svolgersi  del  verbo  dal  nome,  che  a  un 
periodo  analitico  della  rappresentazione  totale, 
nel  quale  prevale  il  pensiero  oggettivo  espresso 
nel  nome  con  possessivi  e  parole  ausiliarie  e  nel 
quale  la  frase  è  dunque  attributiva,  segue  un 
periodo  sintetico,  nel  quale  pronomi  e  parole 
ausiliarie  fondendosi  col  sostantivo  a  formare  il 
verbo  danno  luogo  alla  frase  predicativa;  e  che 
infine,    ricominciando   un   periodo  analitico,    nel 


(1)  L'associazione  del  concetto  di  congiunzione  con 
quello  della  preposizione,  il  passaggio  dall'una  all'altra 
categoria  si  ha  in  frasi  di  questo  genere  :  *  ipse  dux  cum 
aliquot  principibus  capiuntur  „  ;  "  Kein  gott  ist  ohne  ich  „ 
(Lutero). 


VII    -    PSICOLOGIA   DELLA    SINTASSI  167 

quale  però  il  pensiero  non  è  più  come  nel  primo 
essenzialmente  oggettivo,  ma  invece  astratto 
(come  appare  dal  sorgere  dei  verbi  ausiliari  e 
dei  sostantivi  verbali),  la  frase  prende  carattere 
predicativo-attributivo. 

Generalmente  più  tardi  e  più  imperfettamente 
del  verbo  (come  dicemmo)  si  distinse  dal  sostan- 
tivo l'aggettivo  per  effetto  della  frase  attributiva. 
Esso  infatti  come  la  forma  specifica  della  rela- 
zione attributiva  più  intima,  si  sviluppa,  quasi 
certamente,  dal  caso  genitivo  che  è  quello  attri- 
butivo per  eccellenza;  mentre  invece  gli  attri- 
buti del  nome  di  contenuto  verbale,  diventano 
col  mutarsi  di  questo  in  verbo  e  col  sorgere 
quindi  della  frase  predicativa,  gli  avverbi. 

Anche  quel  predominare  in  una  lingua  di  forme 
originarie  pei  pronomi  personali  o  invece  pei 
possessivi,  al  quale  abbiamo  accennato,  è  in  re- 
lazione colla  struttura  della  frase;  infatti  se 
questa  ha  dato  luogo,  come  nelle  lingue  mono- 
sillabiche, alla  formazione  di  rappresentazioni 
verbali  ben  distinte,  ognuna  delle  quali  contiene 
un  solo  concetto,  il  pronome  personale  vi  è  più 
importante,  e  il  possessivo  non  ne  è  che  una 
derivazione;  se  la  parola  invece  si  confonde 
nella  e  colla  frase,  come  nelle  lingue  aggluti- 
nanti, ecco  che  predominano  i  possessivi  ;  le  cause 
del  primo  fenomeno  ritroviamo  in  una  netta  di- 
stinzione delle  rappresentazioni  parziali  fra  loro, 
del  secondo  nell'appercezione  di  ogni  singolo  og- 
getto e  quindi  anche  di  ogni  persona  solo  nelle 
sue  relazioni  colle  altre  rappresentazioni  parziali. 


168  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

È  poi  sopratutto  nella  costruzione  della  frase 
che  lascia  tracce  il  mutarsi  del  pronome  dimo- 
strativo 0  iiidejfinito  nel  relativo. 

Questo  processo  infatti  più  che  dal  sorgere 
di  una  forma  speciale  pel  relativo  è  caratteriz- 
zato dall' avvicinarsi  del  pronome  al  nome  dal 
quale  senta  la  dipendenza  e,  come  in  tedesco, 
dalla  trasposizione  anche  di  altre  parti  della 
frase;  esso  inoltre  è  uno  dei  processi  che  danno 
origine  alla  forma  di  frase  più  complessa,  alla 
frase  di  cui  alcune  parti  presentano  esse  stesse 
il  carattere  di  frase  e  cioè  al  periodo,  giacché, 
mentre  il  dimostrativo  non  costituisce  che  una 
unione  puramente  paratattica  di  due  frasi  coor- 
dinate, il  relativo  introduce  una  dipendente. 

Al  costituirsi  del  periodo  cooperano  non  meno 
dei  pronomi  relativi  le  particelle  congiuntive. 

Quando  queste  manchino  affatto,  abbiamo  la 
paratassi  pura,  cioè  una  semplice  successione  di 
frasi  semplici,  parallele,  non  collegate  da  nessuna 
parola  (Es.  :  il   gatto   miagola,  il  cane  abbaia). 

Se  si  può  ben  dire  che  nessuna  lingua  si  trovi 
completamente  in  questo  stato,  possiamo  invece 
riscontrare  in  parecchie  la  paratassi  congiuntiva, 
nella  quale  qualche  frase  incomincia  con  parole 
indicanti  in  quale  relazione  di  tempo,  o  di  spazio 
o  anche  più  astratta,  essa  si  trovi  colla  prece- 
dente ;  come  quando  diciamo  :  "  Cesare  si  diresse 
ad  Ariovisto,  allora  questi  si  vide  perduto  „. 

Abbiamo  infine  V  ipotassi  cioè  la  riunione  di 
più  frasi  principali  e  dipendenti  a  mezzo  di  par- 
ticelle subordinanti. 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  169 

Se  quest'ultimo  stadio  segna  di  fronte  al  pre- 
cedente, dal  punto  di  vista  psicologico,  una  mag- 
giore estensione  della  rappresentazione  totale,  e 
quindi  una  maggior  potenza  di  appercezione, 
esso  segna  dal  punto  di  vista  sintattico  un  pre- 
dominare della  funzione  predicativa  sulla  attri- 
butiva, poiché  in  esso  i  compimenti  si  annettono 
alle  parti  della  frase  principale,  non  già  come 
attributi,  ma  come  predicati,  e  perciò  appunto 
in  nuove  frasi. 


Struttura  della  frase. 

Delle  diverse  parti  della  frase  :  soggetto  e 
predicato;  predicato  e  oggetto;  soggetto  o  og- 
getto e  attributo;  predicato  e  avverbio,  stanno 
fra  loro  a  due  a  due  in  relazione  che  può  es- 
sere chiusa  o  aperta. 

È  chiusa  quando  non  lascia  adito,  rimanendo 
nella  stessa  frase,  all'annessione  di  nuove  rap- 
presentazioni non  comprese  nella  rappresenta- 
zione totale. 

In  tale  relazione  stanno  soggetto  e  predicato  ; 
predicato  e  oggetto,  ciascun  membro  delle  quali 
coppie  può  ben  constare  di  piìi  parti  coordinate, 
ma  già  esistenti  come  tali  nella  rappresenta- 
zione primitiva.  Così  s'io  dico:  "  Carlo  è  avvo- 
cato a,  "  Carlo  e  Giovanni  sono  avvocati  ,,  o 
"  Io  vendetti  la  casa  e  il  giardino  „. 

In  relazione  aperta  stanno  invece  il  soggetto  o 

Eavizea,  Psicologia  deUa  Lingua.  22 


170  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

l'oggetto  coll'attributo,  e  il  predicato  verbale  col- 
l'avverbio,  giacché  un  attributo  o  una  determina- 
zione avverbiale  spesso  ne  richiamano  nel  momento 
in  cui  vengono  enunciati,  altri  e  altri  che  si  ag- 
giungono ai  precedenti  nella  stessa  frase,  e  che 
non  erano  presenti  nella  rappresentazione  totale 
primitiva.  Così  s'io  dico:  "  Carlo  è  un  giovane 
avvocato,  abile,  intelligente,  laborioso,  onesto  „. 
Indicheremo  la  relazione  chiusa  fra  due  membri 
della  frase,  che  per  le  sue  qualità  psicologiche 
suesposte  potremo  chiamare  appercettiva,  con  AB,  e 
l'aperta,  che  psicologicamente  chiameremo  associa- 
tiva, con  A-B  che  potrà  prolungarsi  in  A-B-C ecc., 
e  giacché  abbiamo  visto  il  predicato  entrare  co- 
stantemente nella  chiusa,  e  l'attributo  sia  del 
nome  che  del  verbo,  nella  aperta,  le  due  carat- 
teristiche coincideranno  con  quelle  di  frasi  pre- 
dicativa e  attributiva  e  la  presenza  d'entrambe 
sarà  propria  delle  predicative  attributive,  alle  quali 
tutte  accennammo  e  che  ora  esamineremo  più 
particolarmente. 

La  forma  più  semplice  di  frase  predicativa  è 
quella  che  separa  un'unica  rappresentazione  in 
due  parti  mettendole  fra  loro  in  relazione  :  "  La 
carrozza  parte;  il  fulmine  cadde  „.  Ma  ognuna 
delle  due  parti,  cioè  tanto  il  soggetto  che  il 
predicato,  può  constare  a  sua  volta  di  due  parti, 
e  cioè  il  primo  del  soggetto  e  del  suo  attributo, 
il  secondo  del  verbo  e  dell'oggetto,  o  del  verbo 
e  dell'avverbio,  le  quali  appaiono,  logicamente 
considerate,  come  i  due  elementi  di  altrettante 
frasi  predicative,  subordinate  alla  prima  e  mag- 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SIIJTASSI  171 

giore.  Così  nella  frase:  "  I  consiglieri  dissen- 
zienti presentarono  le  dimissioni  al  presidente  „ 
possiamo  continuare  dopo  separato  soggetto  e 
predicato  a  stabilire  la  funzione  predicativa  che 
logicamente  corre  fra  le  parti  di  ognuno  di  essi 
prese  a  due  a  due.  "  I  consiglieri  dissentivano  „ 
"  le  dimissioni  vennero  presentate  ,,  ciò  che  non 
potremo  fare  senza  un'astrazione  logica  e  senza 
mutamenti  delle  forme  grammaticali,  giacche 
queste  nella  frase  intera  sono  determinate  non 
solo  dal  rapporto  di  queste  parti  minori  fra  loro 
a  due  a  due,  ma  da  quello  fra  esse  e  il  sog- 
getto e  il  predicato  vero. 

Anche  queste  frasi  però  si  chiamano,  come  le 
prime,  frasi  semplici,  giacché  hanno  un  solo  sog- 
getto e  un  solo  predicato  e  le  parti,  delle  quali 
questi  constano,  formano  un  concetto  unico  che 
era  già  contenuto  nella  primitiva  rappresenta- 
zione totale.  Per  questo  il  contenuto  di  una  frase 
predicativa  semplice  si  presenterà  tutto  simul- 
taneamente, ciò  che  non  esclude  che  or  l'una  or 
l'altra  rappresentazione  parziale  possa  apparire 
più  0  meno  chiaramente. 

Frase  composta  o  periodo  invece  chiamiamo 
quella  che  consta  di  piìi  frasi  semplici,  fra  le 
quali  corrano  le  relazioni  che  corrono  fra  le  parti 
di  una  frase  semplice  ;  queste  diverse  frasi  sem- 
plici, come  vedemmo,  possono  essere  unite  a  due 
a  due  per  paratassi  o  per  ipotassi  ;  nel  primo 
caso  i  loro  contenuti  appaion  come  indipendenti  ; 
nel  secondo  uno  è  il  principale,  l'altro  subordi- 
nato a  esso. 


172  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 


Due  sono  le  forme  fondamentali  di  unione  pa- 
ratattica, ognuna  delle  quali  dà  origine  a  una 
speciale  forma  ipotattica.  Una  frase  può  cioè 
annettersi  a  un  solo  concetto  della  frase  pre- 
cedente, e  in  questo  caso  è  un  pronome  dimo- 
strativo che  introduce  e  collega  la  seconda  frase  ; 
diventando  più  intima  la  relazione  con  quel  con- 
cetto della  frase  precedente,  viene  incorporata 
ad  essa,  il  dimostrativo  si  muta  in  relativo  e 
l'unione  è  diventata  ipotattica. 

Si  vegga  per  esempio  un  caso  di  transizione 
in  Omero,  0,  461  : 

àX\'  ou  XfiBe  Aiòq  ttukivòv  vóov,  6(;  pa  cpùXacraev 
"Ektop'j  drap  TeuKpov  TeXajuuuviov  euxo?  àrniupa 
"  ma  non  stette  nascosto  alla  savia  mente  di 
Giove;  anzi  questi  custodiva  Ettore  e  tolse  la 
gloria  a  Teuro  Telamonio  „. 

È  facile  il  sorgere  dell' ipotassi  :  "  non  stette 
nascosto  alla  savia  mente  di  Griove,  che  aveva 
in  custodia  Ettore  „. 

Non  bisogna  però  credere  che  la  forza  origi- 
naria anaforica  del  pronome  si  deva  ravvisare  in 
tutte  le  frasi  relative  ;  anzi  per  la  maggior 
parte  gli  usi  del  relativo  sono  dovuti  all'ana- 
logia: ed  è  allora  impossibile  ricondurli  al  punto 
d'origine.  Così  al  luogo  i,  329:  0(;  |Lièv  ctirrivris 
aÙTÒ(;  ^r)  Kal  ànnvéa  eiòr]  xaiòe  Katapoiviai  nàvrec; 
PpoTOÌ  àXYe'  ÒTTiacTuj  =  "  a  colui  che  è  ostile  e 
sa  cose  ostili,  tutti  i  mortali  augurano  dolori  „, 

Può  darsi  però  che  alcuni  linguaggi,  come  per 
esempio  il  Latino,  ottengano  questa  prima  specie 
d'ipotassi  per  la  evoluzione  dell'indefinito  anziché 


VII    -    PSICOLOGIA   DELLA    SINTASSI  173 

del  dimostrativo,  in  relativo.  Qui  in  orbe  romano 
est,  is  civis  romanus  fiat  (Uno  si  trova  nel  mondo 
romano,  egli  divenga  cittadino  romano). 

La  seconda  frase  può  invece  riferirsi  a  tutto 
il  contenuto  della  precedente;  e  allora  è  unita 
a  essa  da  una  congiunzione  paratattica  che  potrà 
essere  o  coordinativa  (e,  o,  ecc.)  o  avversativa 
(ma.  invece,  ecc.)  o  limitativa  (pure,  del  resto, 
nondimeno,  ecc.),  e  la  frase  dipendente,  nella 
quale  essa  si  trasforma,  specialmente  se  intro- 
dotta da  congiunzione  coordinativa  che  già  come 
paratattica  indichi  delle  relazioni  di  tempo,  di 
luogo,  ecc.,  si  riferisce  pure  a  tutto  il  complesso 
contenuto  della  principale,  non  a  uno  dei  suoi 
contenuti  parziali  come  la  relativa,  e  perciò  si 
mantiene  sempre  più  indipendente  di  questa, 
tanto  che  generalmente  viene  preposta  o  pro- 
posta alla  principale,  ma  raramente  incorporata 
ad  essa. 

Questo  momento  si  può  stabilire  storicamente 
in  parecchi  linguaggi. 

Così,  ad  es.,  nei  comici  latini  molti  vocaboli 
che  nell'uso  classico  servono  al  periodo  come 
congiunzioni,  servono  ancora  alla  frase  come 
particelle.  Tali  "  e«i»t,  igitur,  dum  „.  Cfr.:  "Ru- 
dens  abi  modo,  ego  dum  hoc  curabo  recte„. 

Qui  dum  è  avverbio  che  vuol  dire  :  intanto  ;  a 
poco  a  poco  se  ne  evolve  il  senso  di  '  mentre  „ 
e  la  paratassi  diventa  ipotassi. 

Così  dicasi  di  modo.  Nella  frase  :  "  haec  studia 
non  improbo,  modo  moderata  sint  „,  modo  è  ancora 
avverbio,  e  il  periodo  è  parattico  :  a  poco  a  poco 


174  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

modo  assume  il  valore  congiuntivo  di  purché,  e 
ripotassi  è  sorta. 

Invero  una  gran  parte  di  congiunzioni  subor- 
dinanti non  possono  esser  ricondotte  al  primitivo 
uso  anaforico  del  tema,  ma  devono  esser  consi- 
derate come  veri  casi  di  relativo  che  associan- 
dosi ad  altre  funzioni  arrivano  fino  ad  assumere 
il  significato  vario  e  complesso  di  congiunzioni. 
Tali  l'indiana  "  yàd  „  =  gr.  ùx;;  le  greche  eì^  ò  = 
"  a  che  „ ,  èqp'  uj  ^=  "  a  condizione  che  „ . 

Ma  questo  caso  non  c'interessa,  poiché  non 
segna  che  il  trasformarsi  di  una  forma  d' ipo- 
tassi in  un'altra,  mentre  noi  vogliamo  studiare 
il  processo  psichico  che  segna  il  trasformarsi 
della  paratassi  nella  ipotassi.  E  esso  ci  appare 
il  seguente:  già  nella  paratassi  congiuntiva,  a 
differenza  che  nella  semplice,  benché  le  due  rap- 
presentazioni totali  successive  siano  solo  asso- 
ciate, si  manifesta  un  sentimento  della  natura 
della  relazione  nella  quale  una  frase  sta  colla 
precedente;  sentimento  che  a  poco  a  poco  fa 
posto  a  una  vera  rappresentazione  di  questa  re- 
lazione e  che  trova  la  sua  espressione  in  parti- 
colari significati  temporali,  locali,  ecc.,  delle  par- 
ticelle correlative,  finché  la  loro  relazione  appare 
così  manifesta  e  sicura  che  le  due  rappresenta- 
zioni si  fondono  in  una  sola,  sia  che  quella  col- 
legata alla  precedente  per  mezzo  del  dimostra- 
tivo venga  assorbita  come  frase  relativa,  sia  che 
quella  collegata  alla  precedente  da  congiunzione 
si  ordini  con  questa  in  una  maggiore  rappresen-  ' 
tazione.  Differenze  che,  chiamando  T  la  rappre- 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  175 

sentazione  totale,  A-B,  C-D,  ecc.  le  due  parti 
principali  di  ogni  frase,  e  l'elemento  congiuntivo 
(sia  pronome  che  congiunzione),  potremo  rap- 
presentare così: 

Paratassi  Ipotassi 

Frase  dipendente     Frase  dipendente 
relativa  congiuntiva 

T,     Ti  T,  T 

A      B      I      C      D        AB  t""""!     ^, 

C(c)  D        ^      B     I     Q      ^ 


Se  dalla  paratassi  congiuntiva  si  arriva  per 
evoluzione  delle  particelle  in  congiunzioni  alla 
ipotassi,  quando  F  ipotassi  è  formata  si  può  da 
questa  regredire  alla  paratassi.  P.  es. ,  nella 
frase  "  ormai  tu  sei  stato  punito  ;  quantunque 
che  punizione  è  questa?  „  la  congiunzione  quan- 
tunque, che  di  solito  introduce  una  dipendente, 
qui  s'accompagna  ad  una  principale.  Spesso  la 
congiunzione  nisi,  che  suole  introdurre  una  protasi 
di  periodo  ipotetico  negativo,  introduce  invece 
una  avversativa  principale,  ed  equivale  a  sed. 

Come  il  periodo  ipotattico  si  sviluppa  gene- 
ralmente dal  paratattico,  si  sviluppa  nella  frase 
la  forma  predicativa  da  quella  attributiva. 

Nella  primitiva  frase  attributiva  una  qualità 
o  uno  stato  che  per  la  forma  delle  rispettive 
parole  non  si  differenziano  ancora  affatto  dal 
sostantivo,  vengono  unite  senz'altro  a  una  per- 
sona 0   a  una  cosa;   il   nome   verbale  però  può 


176  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

occupare  due  posti  diversi  a  seconda  dei  due 
diversi  significati  che  può  assumere;  può  cioè 
seguire  immediatamente  il  soggetto  e  allora  non 
è  che  un  puro  attributo  di  questo,  e  può  pre- 
cedere un  nome  che  ne  dipende  come  oggetto  e 
ne  completa  il  significato,  nel  qual  caso  già  si 
fa  sentire  la  funzione  predicativa.  Alla  forma- 
zione di  questa  invero  già  nel  primo  caso  pos- 
siamo trovar  motivi  quando  più  nomi  verbali 
attributivi  si  riferiscano  allo  stesso  oggetto,  come, 
ad  es.,  un  Boscimano  dice:  "  egli  salutare,  egli 
uscire,  egli  andare,  egli  cacciare  „  giacche  quella 
sequela  di  associazioni  riferentisi  tutte  a  una 
sola  rappresentazione,  sulla  quale  si  mantiene 
ferma  l'attenzione,  viene  a  costituire  un  processo 
appercettivo,  base  appunto  della  relazione  chiusa; 
ma  più  evidenti  motivi  di  questa  evoluzione  tro- 
viamo in  quei  casi  nei  quali  il  soggetto  è  accom- 
pagnato oltre  che  da  un  nome  verbale  attributivo 
anche  da  un  nome  verbale  col  suo  oggetto,  come, 
ad.  es.,  in:  "  egli  andare  prendere  acqua;  egli 
andare  vedere  il  leone;  egli  andare  prendere 
arco  „,  dove  quell'andare  viene  a  dare  valore  di 
agente  al  soggetto,  mentre  il  secondo  verbo  esce 
dalla  funzione  attributiva  unendosi  col  suo  og- 
getto e  contrapponendosi  così  al  soggetto  come 
predicato. 

Però  anche  in  lingue  nelle  quali  il  verbo  già 
spiega  la  sua  funzione  predicativa  persiste  sotto 
forma  di  nomi  verbali  e  perfino  di  intiere  espres- 
sioni attributive  associate  e  annesse  al  soggetto 
e  all'oggetto  la  relazione   aperta,  e  in  tutta  la 


YII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  177 

sua  integrità  ci  appare  d'altronde  ancora  nelle 
nostre  lingue  stesse  nelle  frasi  di  contenuto  sen- 
timentale —  cosi  neir  "  Antigone  „  :  "  Unica  speme 
mia ,  solo  sostegno ,  sorella  amata ,  alfin  ti  ab- 
braccio... „  —  giacche  in  esse  sollevano  gli  affetti 
sempre  nuove  immagini,  che  si  dispongono,  come 
sorgono,  l'una  all'altra  associate. 

Ne  nelle  frasi  asseritive  domina  esclusiva- 
mente la  funzione  predicativa,  che  anzi,  come 
già  dicemmo,  la  maggior  parte  di  esse  appar- 
tengono nelle  nostre  lingue  a  una  forma  mista 
predicativa-attributiva ,  giacche  il  contenuto  di 
una  frase  chiusa,  dovendo  esser  nella  prima  rap- 
presentazione totale,  non  può  oltrepassare  i  li- 
miti della  coscienza,  e  d'altra  parte  nell'analisi 
che  di  questa  rappresentazione  totale  si  svolge 
nella  frase  predicativa,  rappresentazioni  parziali 
vengono  appercepite  più  chiaramente,  e  diven- 
tano motivi  di  associazioni,  che  potranno  esser 
respinte  dal  procedere  dell'analisi  della  prima 
rappresentazione  totale  o  potranno  invece  for- 
zarla e  annettervisi.  E  in  due  modi  vi  si  annet- 
tono: 0  assumendo  esse  pure  la  forma  predica- 
tiva e  assimilandosi  come  parti  organiche  alla 
frase  generale,  nel  qual  caso  non  si  distingue- 
ranno dalle  parti  originarie  di  questa,  o  unen- 
dosi come  attributi  in  relazione  aperta  a  una 
data  parte  di  essa  frase,  nel  qual  caso  appari- 
ranno come  appendici  secondarie,  eterogenee  alla 
rappresentazione  primitiva. 

Tali  ci  appaiono  le  parti  stampate  in  corpo 
comune  nel  periodo  del  Manzoni  :  "  Quello  su  cui 

E  A  VIZZA,  Psicologia  deUa  Litigua.  23 


178  PSICOLOGIA.    DELLA  LINGUA 

meditava  in  quel  momento  don  Abbondio,  convale- 
scente della  febbre  dello  spavento,  anzi  più  gua- 
rito (quanto  alla  febbre)  che  non  volesse  lasciar 
credere,  era  un  panegirico  in  onore  di  San  Carlo, 
detto  con  molta  enfasi,  e  udito  con  molta  am- 
mirazione nel  Duomo  di  Milano,  due  anni  prima  „ 
e  molti  esepipi  piìi  evidenti,  benché  certo  non 
belli  come  saggi  di  stile,  giacche  in  essi  le  as- 
sociazioni secondarie  vengono  a  disgregare  e 
rompere  la  originaria  rappresentazione  totale,  ci 
offre  il  Cellini;  così  nel  capitolo  XXIII  della  sua 
Vita  : 

"  E  perchè  io  sapevo  certissimo,  che  appresso 
"  a  questa  gran  Principessa  c'era  di  molti  mia 
"  amici  che  con  essa  eran  venuti  di  Firenze; 
"  ancora  perchè  lei  ne  aveva  fatto  favore,  me- 
"  diante  il  castellano;  che  volendomi  aiutare, 
"  disse  al  Papa,  quando  la  Duchessa  fece  l'en- 
"  trata  in  Roma,  che  io  fui  causa  di  salvare  per 
"  pili  di  mille  scudi  di  danno,  che  faceva  loro 
"  una  grossa  pioggia  ;  per  la  qual  cosa  lui  disse, 
^  ch'era  disperato,  e  che  io  gli  messi  cuore;  e 
"  disse  come  io  avevo  acconcio  parecchi  pezzi 
"  grossi  di  artiglieria  inverso  quella  parte,  dove 
"  i  mugoli  erano  più  istretti,  e  di  già  cominciati 
"  a  piovere  un'acqua  grossissima,  per  la  qual 
"  cominciato  a  sparare  queste  artiglierie,  si  fermò 
"  la   pioggia,  e  alle   quattro   volte  si   mostrò  il 

*  sole,  e  che  io  ero  stato  intera  causa,  che 
"  quella  festa  era  passata  benissimo;  per  la  qual 
"  cosa   quando    la    Duchessa    lo    intese,    aveva 

*  detto: „. 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SIXTASSI  179 

Certamente  anche  nelle  frasi  assertive  le  emo- 
zioni promuovono  il  sorgere  di  nuove  rappre- 
sentazioni, ma  vi  agiscono  sopratutto  indiretta- 
mente in  quanto  che  producono  un  rilassamento 
dell'attenzione  che  presiede  al  processo  analitico 
della  rappresentazione  totale,  e  aprono  quindi 
in  questa  l'adito  alle  rappresentazioni  associate. 

E  che  l'emozione  vi  abbia  parte  secondaria 
lo  vediamo  in  casi  nei  quali  essa  è  regolata 
dall'attenzione,  dalla  volontà  cioè,  di  svolgere 
una  data  rappresentazione  totale,  giacche  allora 
le  parti  di  queste  si  dispongono  invero  l'una 
dopo  l'altra  senza  nessun  legame,  in  forma  dunque 
puramente  paratattica,  ma  nemmeno  è  lasciato 
adito  fra  l'una  e  l'altra  all'intromettersi  di  ele- 
menti associativi.  Così  quando  il  Manzoni  rac- 
conta: "  Don  Abbondio,  vide  confusamente,  poi 
"  vide  chiaro,  si  spaventò,  si  stupì,  s'infuriò, 
"  pensò,  prese  una  risoluzione  „. 

Se  noi,  vista  la  struttura  della  frase,  studiamo 
come  corrisponda  a  essa  nelle  diverse  lingue 
l'ordine  delle  singole  sue  parti,  vediamo  che, 
dove  tradizione  letteraria  non  disturbi  l'azione 
dei  motivi  psichici  dando  forme  diverse  a  con- 
tenuti simili,  le  parole  si  seguono  sempre  se- 
condo l'importanza  dei  loro  concetti,  così  che  il 
primo  posto  sarà  occupato  dalla  parola  che  con- 
tiene la  rappresentazione  principale  della  frase, 
generalmente  cioè  dal  soggetto,  spesso  però  invece 
0  dal  predicato  verbale  o  dall'oggetto. 

E  facile  la  spiegazione  psicologica  di  questa 
legge  se  si  considera  che  le   singole  rappresen- 


180  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

tazioni  verbali  non  si  presentano  alla  coscienza 
solo  nel  momento  in  cui  devono  prender  parte 
nella  frase,  ma  già  nella  prima  rappresentazione 
totale  esistono  e  agiscono  sull'attenzione  e  ven- 
gono dunque  poi  appercepite  successivamente, 
in  ordine  corrispondente  al  loro  maggior  o  minor 
effetto  su  di  questa. 

Questa  speciale  legge  di  psicologia  della  lingua 
entra  cioè  nella  maggiore  legge  psicologica  che 
le  parti  di  un  tutto  vengono  appercepite  l'una 
dopo  l'altra  secondo  la  loro  impressione  sulla 
coscienza. 

E  questa  legge  governa  non  solo  la  posizione 
delle  parti  principali  della  frase  fra  loro,  ma 
anche  quella  reciproca  degli  elementi  dei  quali 
consta  ognuna  di  quelle  parti  maggiori,  quella, 
ad  es.,  dell'aggettivo  rispetto  al  suo  sostantivo, 
dell'  avverbio  rispetto  al  suo  verbo ,  ecc.  ;  se 
non  che  la  posizione  reciproca  di  queste  parole 
così  intimamente  legate  fra  loro,  che  spesso  si 
fondono  in  una  sola,  come  abbiamo  visto,  è  gene- 
ralmente di  minore  importanza  pel  significato, 
giacche  le  rispettive  appercezioni  acustiche  sono 
così  vicine  che  ne  formano  quasi  una  sola  si- 
multanea, associata  col  complesso  dei  due  conte- 
nuti concettuali.  Così  "  uomo  onesto  „  e  "  onesto 
uomo  „.  Ricordiamo  però  che  un  "  uomo  galante  „ 
non  è  sempre  un  "  galantuomo  „,  che  una  "  spe- 
culazione cattiva  „  non  a  sempre  una  "  cattiva 
speculazione  „. 

Inoltre  deve  esser  fatta  astrazione  da  quei 
linguaggi  che,  come  il  Greco,  hanno  sfruttato  la 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  181 

differenza  fra  la  posizione  attributiva  predicativa 
dell'aggettivo  e  dei  complementi.  Cfr.,  p.  es.,  oi 
arpatióÙTai  là  ònXa  èqp*  mnoiq  eOecJav  =  "  i  soldati 
deposero  le  armi  sui  cavalli  „  ;  ol  (TTpaTiujTai  xà 
ècp'  iTtTT0i<;  ònXa  eOedav  =  "  i  soldati  deposero  le 
armi  equestri  „  ;  f\  vncfo?  èffxÓTTi  =  "  l'estremità 
dell'isola  „;  n  iGxà.v(\  vfjcroq=  "  l'isola  estrema 
(fra  tutte)  „. 

Accanto  e  di  conserva  a  questa  legge  dell'an- 
ticipazione dei  concetti  più  importanti,  un'altra 
possiamo  rintracciare  nella  costruzione  della  frase, 
ed  è  quella  dell'intreccio  delle  sue  parti,  per  la 
quale,  quelle  logicamente  collegate,  vengono  se- 
parate, quelle  invece  indipendenti  fra  loro  riunite, 
legge  che  deriva  dalla  tendenza  a  mantenere 
anche  nel  processo  analitico  l'unità  della  rap- 
presentazione totale  primitiva.  Così  tutte  quelle 
forme  che  i  grammatici  designano  coi  nomi  di 
fusione,  ecc.  "  Solo  Tancredi  avvien  che  lei  co- 
nosca ,.  "  Questi  mercati  giudico  io  che  fossero 
la  cagione,  (Machiavelli).  "  Matrem  jubeo  re- 
quiras  „.  Spesso  è  solo  qualche  particola  della 
dipendente  che  entra  nella  sopraordinata  :  Trin., 
V.  457.  "  Stas.  Abin  hinc  dierecte?  Stas.  si  herele 
ire  occupiam,  votes  „. 

Si  notano  ancora  le  prolessi  di  questo  genere 
'•  te  flocci  facio  an  periisses  prius  ,  e  sim. 

E  un  altro  effetto  della  forza  unificatrice  della 
prima  rappresentazione  totale  abbiamo  quando, 
come  nei  noti  versi  di  Carducci: 


182  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

0  solitaria  casa  d'Ajaccio 

Cui  verdi  e  grandi  le  querce  ombreggiano 

E  i  poggi  coronan  sereni 

E  davanti  le  risuona  il  mare  ! 

la  coordinata  a  una  dipendente  appare  nella 
forma  di  una  coordinata  alla  principale.  Ne  altri 
motivi  psichici  ci  spiegano  il  mantenersi  o  il  su- 
bentrare di  attributi  nominali  delle  singole  parti 
della  frase  in  luogo  di  frasi  dipendenti;  il  man- 
tenersi sotto  forma  di  nomi  verbali  (participi 
e  infiniti)  dopo  che  la  forma  attributiva  della 
frase  si  è  mutata  in  predicativa  ;  subentrare 
sotto  forma  di  veri  sostantivi  derivati  da  verbi 
quando  l'aumentata  capacità  di  pensiero  astratto 
arricchisce  la  lingua  di  sostantivi  di  azioni. 
Così  diremo  alla  latina  :  "  partito  il  fratello, 
egli...  „,  che  risolto  in  forma  predicativa  suo- 
nerà :   "  Dopo  che  il  fratello  fu  partito,  egli „ 

e  nella  nuova  forma  attributiva,  che  manca  al 
Latino  classico  :  "  Dopo  la  partenza  del  fratello, 
egli „  ;  delle  quali  espressioni,  la  prima  e  l'ul- 
tima (e  questa  non  certo  perchè  sia  più  breve 
della  seconda,  non  contando  che  una  parola  di 
meno)  ci  appaiono  nella  loro  forma  attributiva 
come  pili  intimamente  collegate  al  concetto  prin- 
cipale, che  non  la  seconda,  nella  quale  la  de- 
terminazione di  tempo  si  svolge  predicativamente 
in  una  frase  secondaria. 

Ma  questi  sono  motivi  che  complicano  la  co- 
struzione delle  sole  frasi  asseritive,  mentre  nelle 
esclamative  e  nelle  interrogative  il  principio   che 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SINTASSI  183 

le  parole  si  dispongono  secondo  il  grado  d'im- 
portanza dei  relativi  concetti,  ha  maggior  va- 
lore; e  però  la  frase  esprimente  un  desiderio  o 
un  comando  incomincia  generalmente  coll'impe- 
rativo,  e  l'interrogativa  colla  parola  esprimente 
l'oggetto  su  cui  verte  la  domanda. 

Più  difficile  della  ricerca  dei  motivi  pei  quali 
or  l'una  or  l'altra  parte  della  frase  preceda  le 
rimanenti  è  quella  dei  motivi  pei  quali  una  data 
disposizione  si  è  venuta  fissando  a  preferenza 
di  altre  in  una  lingua,  giacche  la  interpretazione 
psicologica  presuppone  la  ricerca  storica  e  questa 
è  finora  su  questo  punto  molto  incompleta,  così 
che  dobbiamo  accontentarci  di  supposizioni.  Pro- 
babilmente il  sorgere  e  svilupparsi  in  un  popolo 
di  una  data  forma  letteraria,  ad  es.,  dell'epica, 
ha  diffaso  l'uso  di  una  data  forma  di  frase,  ad 
esempio,  della  narrativa,  nella  quale  il  predicato 
precede  generalmente  il  soggetto,  e  per  asso- 
ciazione poi  anche  frasi  di  contenuto  diverso 
hanno  assunto  di  preferenza  quella  forma  che 
già  predominava  e  che  si  è  mantenuta  anche 
quando  sono  cessati  i  motivi  che  la  produssero. 

E  quale  causa  di  questo  perdurare  possiamo 
forse  menzionare  questa,  che,  collo  stabilirsi  di 
date  posizioni  per  date  parti  della  frase,  queste 
perdettero  la  loro  forma  esterna,  le  caratteri- 
stiche cioè  fonetiche  della  loro  funzione  nella 
frase,  e  tanto  più  necessaria  divenne  di  conse- 
guenza la  stabilità  di  posizione  dalla  quale  sol- 
tanto poteva  risultare  il  loro  valore.  Altri  mo- 
tivi andranno  ricercati  in  ogni  singolo  caso  nei 


184  PSICOLOGIA    BELLA  LINGUA 

caratteri  speciali  delle  singole  lingue,  per  effetto 
dei  quali  e  gli  stessi  motivi  potranno  dar  luogo 
a  costruzioni  diverse,  e  la  stessa  costruzione  di- 
pendere da  motivi  diversi. 


Il  pensiero  nelle  diverse  lingue. 


Colla  scorta  dei  criteri  acquistati  fin  qui  nello 
studio  psicologico  dei  fenomeni  linguistici,  noi 
possiamo  ora  accingerci  a  rintracciare  le  carat- 
teristiche più  generali  non  solo  esterne  ma  anche 
interne  delle  diverse  lingue. 

Ed  escludendo  dalle  caratteristiche  esterne  quelle 
che  non  stanno  in  diretta  relazione  colla  natura 
psichica  della  lingua  consideriamo  sopratutto  la 
struttura  della  parola  e  della  frase,  e  sotto 
questo  riguardo  noi  possiamo  distinguere  e  con- 
trapporre principalmente  : 

I.  Lingue  isolanti  e  lingue  agglutinanti; 

II.  Lingue  con  sole  forme  nominali  e  lingue 
con  forme  verbali; 

III.  Lingue  con  predominio  della  forma  esterna 
e  lingue  con  predominio  della  forma  interna  (vedi 
pagina  139); 

IV.  Lingue  nelle  quali  si  sviluppò  prima- 
mente il  pronome  possessivo  e  lingue  nelle  quali 
ebbe  la  precedenza  il  personale; 

V.  Lingue  a  prefìssi  e  lingue  a  suffissi; 


VII    -    PSICOLOGIA    DELLA    SIITTASSI  185 

VI.  Lingue  che  distinguono  sostantivi  a  se- 
conda del  loro  valore  (genere)  e  lingue  che  non 
fanno  questa  distinzione; 

Vn.  Lingue  a  frase  attributiva  e  lingue  a 
frase  predicativa; 

VIEL  Lingue  a  costruzione  paratattica  (sem- 
plice 0  per  congiunzioni)  e  ipotattica  (pronome 
relativo  e  congiunzioni  ipotattiche); 

ÌX.  Lingue  a  costruzione  di  frase  fissa  e 
libera. 

Per  caratteristiche  interne  intendiamo  le  qua- 
lità e  relazioni  psichiche  da  cui  traggono  origine 
le  diverse  caratteristiche  esteme,  quel  complesso 
di  speciali  leggi  di  associazione  e  di  apperce- 
zione che  si  manifestano  nella  formazione  delle 
categorie  di  parole,  nel  movimento  della  frase, 
nella  disposizione  delle  sue  parti;  e  cioè,  limi- 
tando il  nostro  compito  alla  ricerca  delle  più 
generali  : 

L  La  connessione, 

n.  L'indirizzo  e 

nL  II  contenuto  del  pensiero. 

Secondo  la  connessione  del  pensiero,  conside- 
rando cioè  il  modo  con  cui  i  pensieri  che  si 
manifestano  nella  lingua  sono  legati  fra  loro, 
possiamo  contrapporre  come  estremi  di  una  scala 
lunghissima  il  pensiero  frammentario  al  discor- 
sivo. Quello  è  caratterizzato  esternamente  dalla 
mancanza  di  particelle  congiuntive  e  dal  susse- 
guirsi di  frasi  semplici,  tutte  dello  stesso  valore, 

Ravizza,  Psicologia  della  Lingua.  24 


186  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

non  collegate  e  contenente  ciascuna  solo  una 
rappresentazione  senza  determinazioni  secondarie  ; 
questo  da  un  completo  e  connesso  sviluppo  di 
tutte  le  parti  contenute  nella  rappresentazione 
totale. 

Ecco,  ad  esempio  di  pensiero  frammentario, 
come  un  Boscimano  racconta  una  caccia  alla  iena  : 
"  Esso  Boscimano  vede  iena  dormente,  esso  va 
tirare  alla  iena  coU'arco,  essa  iena  va  correr  via, 
essa  iena  va  cader  giù,  essa  iena  essa  muore. 
Esso  Boscimano  rincorre  iena,  esso  macella  iena, 
esso  va  prender  rete,  esso  va  metter  iena  in 
rete,  esso  va  a  casa,  esso  va  mangiare  iena, 
esso  va  dormire,  ecc.  „  (1);  al  quale  possiamo  con- 
trapporre come  esempio  di  discorsivo  la  stessa 
narrazione  come  la  faremmo  noi. 

Per  indirizzo  del  pensiero  intendiamo  il  modo 
con  cui  vien  appercepito  un  dato  contenuto  del- 
l'esperienza, sia  esso  una  rappresentazione  di- 
rettamente costituita  di  impressioni  esterne,  sia 
una  complicazione  di  impressioni  presenti  e  pre- 
cedenti. Così,  se  nella  lingua  degli  Jacuti  (Siberia) 
si  dice  "  sua  lagrima  „  e  nella  nostra  "  egli 
piange  „  il  contenuto  reale  è  lo  stesso,  ma  nella 
prima  vien  appercepito  come  una  cosa,  un  og- 
getto, nella  seconda  come  un'azione;  e  però  di- 
stingueremo un  pensiero  nominale  e  un  pensiero 
verbale,  ognuno  dei   quali  trae  dalla   rappresen- 


(1)  Friedrich  Mùllee,  Grundriss  der  Sprachwissenschaft, 
IV  B.  I  Abt.  Nachtràge.  Wien,  1888. 


VII    -   PSICOLOGIA   DELLA   SINTASSI  187 

tazione  totale,  a  esprimere  questa  e  i  rapporti 
delle  sue  parti,  concetti  diversi;  il  nominale, 
oggetti  in  relazione  fra  loro  ;  il  verbale,  le  modi- 
ficazioni che  gli  oggetti  subiscono. 

La  natura  delle  rappiesentazioni  e  dei  concetti 
che  prevalgono  nel  contenuto  di  una  lingua  for- 
mano la  terza  caratteristica  ;  e  secondo  essa  noi 
distingueremo  un  pensiero  concreto  e  un  pensiero 
astratto^  dando  però  a  quest'ultimo  termine  un 
senso  più  vasto  che  nella  logica ,  chiamando 
cioè  già  astratto  un  concetto  che  comprenda 
diversi  gruppi  di  rappresentazioni  reali  aventi 
qualche  carattere  comune;  così,  ad  esempio, 
animale  che  comprende  bue,  cavallo,  lepre,  ecc.; 
uomo  usato  tanto  per  uomo  che  per  donna,  che 
per  bambini  e  per  vecchi. 

In  opposizione  a  questa  forma  sarà  concreto 
il  contenuto  di  una  lingua  quando  le  sue  parole 
sono  più  strettamente  legate  a  singole  determi- 
nate rappresentazioni  reali,  quando  dunque,  ad 
esempio,  ci  saranno  parole  per  indicare  lo  stare 
in  piedi,  o  seduto,  o  a  giacere  e  nessuna  per 
indicare  lo  stare,  e  l'essere  in  generale;  quando 
cinque  s'indichi  con  mano,  venti  con  uoiìio,  ecc. 

Ma  ricordiamo  che  con  questa  ricerca,  non 
abbiamo  inteso  di  dare  i  criteri  di  una  nuova 
classificazione  delle  lingue  e  tanto  meno  di  un 
giudizio  sul  loro  maggiore  o  minor  grado  di 
sviluppo  e  quindi  di  una  disposizione  di  esse  in 
una  linea  di  evoluzione  :  classificazione  e  giudizio 
che  anzi  escludiamo,  osservando:  come  quelle  ca- 
ratteristiche si   combinino   variamente   nelle  di- 


188  PSICOLOGIA    DELLA  LINGUA 

verse  lingue,  così  che  nessuna  di  queste  può 
interamente  contrapporsi  a  un'altra,  e  come  di- 
verse caratteristiche  interne  possano  manifestarsi 
spesso  nella  stessa  caratteristica  esterna,  mentre 
diverse  forme  di  pensiero  possono  invece  assumere 
la  stessa  espressione,  nozione  che,  esposta  piìi 
particolarmente  di  quel  che  non  sia  concesso  di 
fare  qui,  potrebbe,  rompendo  i  tradizionali  rap- 
porti nei  quali  crebbe  il  nostro  pensiero  colla 
nostra  lingua,  tornare  di  utile  non  meno  che  alla 
linguistica,  alla  filosofia. 


•^0/^^^^ 


INDICE 


INDICE 


Prefazione P<^-  v 

I.  —  Introduzione ,  1 

II.  —  Cenni  di  psicologia ,  11 

III.  —  La  rappresentazione  verbale  ....  ,  37 

IV.  —  Formazione ,  65 

V.  —  Mutamento  fonetico ,  93 

VI.  —  Mutamento  di  significato ,  115 

VII.  —  Psicologia  della  sintassi ,131 


106. 
107. 
108. 

i*:q. 


HoBASSO.  li' iiiip«riiUlHiiio  artistico L, 

Lombroso.  I  segni  rivelatori  della  pertkUuadUtà.  —  Con  figure 

Oddi.  Oli  aliiuentl  e  la  loro  funziono 

Bossi.  I  suggrestionatori  e  la  rolla 

Vaccai.  I^e  fetste  di  Bonia  antica 

Marchesiki.  II  dominio  dello  Spirito 

Seroi.  GH  Arii  in  Europa  e  in  Asia.  —  Con  fig^nre   .... 

Zakotti  Bianco.   Istorie  di  mondi 

Harnack.  JL'essenza  del  Cristianesimo 

James.  «Il  ideali  della  vita 

Baccioni.  Dall'alcblmia  alla  cliimica.  —  Con  fignire  .... 
Cappelletti.  I<a  leggenda  Napoleonica.  —   Con  figure  .    .    . 

Mach.  Analisi  delle  sensazioni 

Labasca.  Gesù  Cristo.  —   Con  figure 

Anderson.  l.e  ciTiltà  estinte  dell'oriento 

CocGNET.  I  piaceri  della  tavola.  —  Con  figure 

SiOHELE.  JL.'intelIigeuza  della  folla 

HiCKSON.  l<a  vita  nei  mari.  --  Con  figure 

Costa.  Il  Bnddba 

Solerti.  Iie  origini  del  melodramma 

Brofferio.  Per  lo  Spiritismo 

Clodd.  Storia  dell'Alfabeto.  —  Con  figure 

Del  Lungo.  Croethe  e  Helmliolz 

FiNOT.  I<a  filosofia  della  lougerità 

Alifpi  e  CoMANDucci.  I.a  liquefazione  dei  gas  e  dell'aria  . 

Fraccaroli.  L'irrazionale  nella  letteratura 

CoNN.  n  meccanismo  della  Tita 

Levi.  Delitto  e  pena  nel  pensiero  dei  6reei 

Del  Cerro.  Fra  le  qnlnte  della  Storia 

YiAZZi.  Psicologia  dei  sessi 

Sergi.  £TOlnzioue  umana  IndiTldnale  e  sociale 

Clodd.  Ii'uomo  priiuitiTO.  —  Con  figure 

Baldwix.  Intelligenza 

Cappelletti.   I^a  rirol  azione 

Lombroso.   Io»  Tita  dei  bambini.  —   Con  figure 

Emerson,   l'omini  rappresentatlTl 

MoEBirs.  Inferiorità   nieutale   della  donna 

GuMFLowicz.  Il  concetto  sociologico  dello  Stato 

Agresti.  Ia  filosofia  nella  letteratura  moderna      .... 
Lombroso.  I  rantaggi  della  degenerazione.  —   Con  figure  . 

Pegrassi.  1«  illusioni  ottiche.    —    Con  figure 

MoRASSo.   lA  nuoTa  arma   (Ia  macchina) 

Henger.  I/O  stato  socialista 

Canestrini,  ©li  amori  degli  animali.  —   Con  figure  .... 
Eizzatti.  Dalla  pietra  filosofale  al  radio.  —  Con  figure .    . 

Carltle.  Passato  e  presente 

CouGNET.  Il  ventre  dei  popoli 

Bizzarri.  Base  fisica  del   male 

Cappelletti.  Storie  e  leggende 

Clodd.  Storia  della  creazione 

Zanotti-Bl\nco.  Astrologia   ed   astronomUi 

Hall.  Il  suolo 

Baratta.   Curiosità  Tinciane 

Fraccaroli.  I<a  questione  della  scnola 

Evans.  I<ao-tse  e  il  libro  della  via  e  della  Tlrtù     .... 

Clodd.  9Uti  e  sogni 

Labanca.  Il  papato 

Villa.  !■'  idealismo  moderno 

Fanciulli.  Ii'indlTldno  nel  suol  rapporti  sociali     .... 


SB.  —  I  volumi  di  questa  serie  esistono  pure  elegantemente  legati  in  tela 
con  &egi  artistici,  con  ««Ma  lira  d'aumento

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