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Tuesday, August 19, 2025

GRICE E SPISANI

In occasione del IV Congresso Internazionale di Logica, Metodo-  logia e Filosofia della Scienza, nel settembre  1971, ho incontrato  a Bucarest il Presidente della Repubblica Romena. All'uomo che piú decisamente ha concorso a cambiare il volto della Romania (proprio quest'anno ricorre il decimo anniversario della presidenza di Ceau-sescu e della sua assunzione della segreteria del Partito), ho chiesto quali sviluppi fossero prevedibili nei rapporti culturali e scientifici dei nostri Paesi. Egli ha risposto che molto si è fatto e molto ci si appresta a fare: ha confermato la sua fiducia in un progresso  comune dei popoli.  Da allora si è percorso un lungo cammino. Scienziati romeni e italiani hanno potuto incontrarsi a Roma come a Bucarest, a Bologna come a lasi, e, nella capitale della Repubblica Romena,  nel maggio 1973, in un clima di partecipazione attenta, si è svolto quel Simposio sulla Logica Produttiva, di cui in questo numero della rivista, dedicato al XXX Anniversario dell'Indipendenza romena, vengono pubblicati gli Atti nella sintesi di Stancovici e Stanciu.  Gli studiosi romeni hanno pienamente compreso l'urgenza e la necessità di proporre, nell'ambito della logica, il problema vivo della dialettica oggi: non semplice antitesi di elementi di cui ciascuno  - nella prepotenza di un sistema - concorrerebbe a frenare, comprimere o dominare l'altro (il suo reale ovvero presunto antagonista o sottoposto); non piú, neppure, la vocazione d'accordarsi apertamente con l'avversario, ma l'emergenza della contraddizione (che prima di tutto è autocontraddizione), capacità, cioè, di confermare il valore autosintetico del rapporto.  Non sono solamente i concetti, gli elementi del discorso, i frammenti dell'universo concettuale, a procedere, dall'interno, alla realizzazione libera di sé: sono gli uomini, i popoli, quando l'arbitrio lasci posto all'esercizio dell'autonomia. Essi danno cosí la "misura"  di se stessi.  La logica dialettica come logica dell'autocontraddizione, non erede nell'immobilità dell'identico. Non tenta di fingersi - di fronte o contro -, la differenza: è convinta della capacità dell'eguale di produrre, esso, il diverso, di andare avanti, di momento in momento,non autoritariamente, ma liberamente, nel moto della propria de-terminazione.  La dialettica può creare un mondo di esseri liberi, senza cadere nella pragmatica immobilità di un "vero" e di un "falso", che, come giustapposizioni (persino intercambiabili) spegnerebbero il processo della definizione interna delle sintesi.  Sono i canonizzatori della dialettica di vecchio stampo, gli epigoni del tardo hegelismo, a diventare, oggi, gli alleati delle soluzioni  pragmatiche,  "classicheggianti"; ed un simile modo di concepire il  processo dialettico va respinto, perché contrario alla realizzazione, nel contesto concettuale, come in quello storico, umano, di quei fattori che si vorrebbero ridotti, dalla logica del dominio e dell'op-pressione, a caratteri attributivi, subalterni, secondari di una presunta primalità della sostanza: mondi immobilizzati, nella fissità del succubo, del soggetto, nell'indifferenza dell'eguale.  Nel mondo della logica - come in quello della vita - non vi possono essere stati privilegiati e dominanti. L'universo concettuale ed umano riconfermano il valore della loro autonomia. Nessuno ha diritto di stabilire dall'esterno ciò che può trovar integra la forza d'un cambiamento interiore. La dialettica per questo è rifiuto della stasi. Non basta guardare al positivo e al negativo: c'è l'autosintesi che afferma, dal proprio interno, la sua piena reale autonomia.  Per questo si può parlare di collegamento dei processi logici - e, in generale, di tutti i processi - alle manifestazioni di "parteci-pazione diretta", in cui si realizza quella che è stata chiamata  "etica dell'eguaglianza" !  Ancora è il principio di autodeterminazione che può condurre al dissolvimento ogni politica autoritaria fondata "sull'impiego della forza"1, E sono le forme oppressive d'un pensiero che si collega, nella teoria come nella prassi, alla violenza di forze egemoni a provocare quello stato di disagio e di ribellione che ha sconvolto l'intera umanità sino a indurre a chiedere con sempre maggiore consapevolezza la cessazione dell'esercizio ravvilente della logica del dominio'.  I N. CEAUSESCO, Lo Sviluppo della Democrazia Socialista Romena, in Scritti  Scelti (1972), vol. III, Milano, 1973, pp. 105-106.  2 N. CEAUSESCU, Distensione e Lotta di Liberazione Nazionale, in Scritti Scetti (1973), vol. IV, Milano, 1974, p. 307.  1 Cfr. N. CEMUSESCU, La politica Antimperialista della Romania Socialista, in  Scritti Scelti (1973), vol. IV, p. 324:

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